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L’impero di Costantinopoli durò dieci secoli dopo la crisi che coinvolse l’Occidente.

In questo
lasso di tempo fiorì la civiltà bizantina: essi si ritenevano eredi della civiltà romana, e
ritenevano l’Antica Bisanzio l’unico impero cristiano al mondo.
Il mondo bizantino era ricco di città e di commerci, che collegavano le varie regioni.
L’artigianato era particolarmente fiorente, e un’importante novità fu l’introduzione della
lavorazione della seta. L’agricoltura rimaneva il settore dominante (vite, olivo, cereali).
L’impero bizantino era l’unico vero e proprio Stato europeo complesso: poteva contare su
amministrazione, burocrazia, leggi, esercito e flotta.
Al vertice dello Stato c’era l’imperatore, che univa nella sua figura potere politico e religioso,
diventando autorità sia civile che ecclesiastica. Questo fenomeno è noto come
cesarepapismo (“cesare”: imperatore + “papa”), e fu la causa del distacco dell’imperatore
bizantino dal pontefice di Roma.
La capitale Costantinopoli era il cuore dell’impero bizantino. Ricalcava il modello di Roma.
Come a Roma era presente un senato, ma qui non ebbe mai una effettiva rilevanza: come
già sottolineato, era l’imperatore l’autorità politica, e tra di lui e il popolo non c’erano
significative mediazioni. L’interazione con i sudditi avveniva principalmente attraverso il
cerimoniale, quando faceva le sue apparizioni pubbliche.
Giustiniano fu il grande protagonista della storia di Costantinopoli nel VI secolo. Si occupò
del ripristino delle antiche frontiere romane: l’universalità dell’impero si fonde ora con l’idea
di universalità del cristianesimo. L’espansione politica e militare va quindi concettualmente a
coincidere con l’affermazione della fede cristiana. La soppressione della Scuola di Atene
(529) rappresentò il trionfo del cristianesimo sul paganesimo.
Per realizzare il suo progetto universalistico, Giustiniano doveva prima di tutto risolvere le
controversie religiose di alcune aree dell’impero. Il più urgente era quello tra nestoriani
(sostenevano la compresenza in Cristo di una natura umana e una divina) e monofisiti
(unica natura divina di Cristo). Giustiniano emana l’editto dei Tre capitoli (544), in cui
condanna la dottrina nestoriana, ma senza riuscire a risolvere definitivamente il conflitto.
Corpus iuris civilis (565): è la colossale opera legislativa di Giustiniano, anch’essa volta a
ricostruire le basi della potenza romana.
La rinconquista giustinianea delle frontiere inizia nel 533 con la sconfitta dei Vandali in Africa
ad opera dell’esercito di Belisario: fu una vittoria facile, con un piccolo esercito, che dimostrò
la debolezza nemica.
Dopo questo successo, Giustiniano decise di riconquistare l’Italia, allora sotto l’occupazione
gotica.
Alla morte di Teodorico, il trono ostrogoto fu assunto da Atalarico, un bambino di 11 anni: fu
la madre Amalasunta ad esercitare il potere in suo nome. Amalasunta fu fortemente
contrastata dall’aristograzia gotica, e per questo cercò la protezione di Giustiniano;in seguito
Atalaricò morì e lei fu uccisa.
Giustiniano inviò nuovamente Belisario e il suo esercito. La campagna militare (iniziata nel
535) fu inizialmente favorevole ai Bizantini, con la conquista dell’Italia meridionale. Ci fu una
svolta con il re goto Totila, che organizzò la resistenza con grande abilità. La campagna di
concluse nel 552 con la battaglia di Gualdo Tadino. Il regno gotico era stato annientato, ma
l’Italia era un paese devastato.
Prammatica sanzione (554): editto con cui Giustiniano prometteva un nuovo assetto alla
penisola italica (tra cui una divisione amministrativa e militare, una riforma fiscale e la
restituzione del patrimonio fondiario).
Sempre nel 554 fu conquistato il regno dei VIsigoti (sud-est della penisola iberica). Il
Mediterraneo è ormai in gran parte romano.
Ma cosa succedeva, nel frattempo, sul fronte orientale?
Incombeva la minaccia persiana: il re Cosroe I approfittò dell’impegno bizantino in Italia
penetrando in Siria, distruggendo Antiochia e saccheggiando l’Armenia.
Nel frattempo, anche la penisola balcanica veniva invasa dai barbari (Slavi e Bulgari).
Bisanzio, non riuscendo a reagire, fu costretta a rinunciare alla riconquista dell’Occidente e
alle sue aspirazioni universalistiche.
Dopo la morte di Giustiniano, l’orizzonte dell’impero bizantino si restringe al territorio
balcanico e mediorientale.
La minaccia degli Slavi nella penisola balcanica si fece negli anni Ottanta del VI secolo
sempre più forte; al contempo i Persiani rinnovavano i loro attacchi lungo il fronte sud-est.
Il nuovo imperatore Eraclio avviò una riforma militare e amministrativa dell’impero: il
territorio viene suddiviso in temi, e a capo di ciascuno viene posto uno stratego: si voleva
favorire lo stanziamento dei soldati sul territorio, trasformandoli in soldati-contadini,
interessati a difendere le proprie terre.
Eraclio riuscì così a sferrare un potente attacco all’impero persiano, che venne
definitivamente sconfitto tra il 626 e il 630, riconquistando Armenia, Mesopotamia
occidentale, Egitto, Siria e Palestina.
A Costantinopoli, Eracliuo affrontò a sua volta il conflitto tra nestoriani e monofisiti,
sostenendo la uova dottrina del monotelismo: in Cristo sono presenti due nature, umana e
divina, ma unite in una sola volontà.
La dottrina viene dichiarata eretica dalla chiesa di Roma: inizia un lungo contrasto tra Chiesa
di Roma e impero, sempre in merito al primato religioso del papa.
Eraclio, intanto, portava avanti il processo di orientalizzazione dell’impero.
Verso la fine del VII secolo, i Bizantini cercano di recuperare il controllo sui Balcani. Furono
costretti a riconoscere l’organismo slavo-bulgaro che lì si era formato.
I Bizantini alternarono una politica del terrore ad una di carattere culturale e religioso.
Da segnalare l’opera di evangelizzazione di Cirillo e Metodio, in seguito alla quale gli Slavi
meridionale divennero cristiani.

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