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Modernità del nero e fashion design giapponese

Elda Danese

In una t-shirt della linea Play di Comme des Garçons due piccoli occhi bianchi sono gli
unici segni che emergono dalla superficie nera del tessuto: sono spalancati al centro della
sagoma di un cuore, figurina ricorrente in molti capi di questa serie, che nell’oscuro colore
perde la sua connotazione ingenua. Anche l’iconica testa di Mickey Mouse, replicata sulle
magliette della linea Black dello stesso marchio, acquista un significato nuovo nella forma
di una silhouette brutalmente riempita di nero: come se i simboli pop della cultura occiden-
tale giovanile fossero stati consumati per combustione e il tenero sentimento che hanno a
lungo suscitato fosse stato congelato da una ventata di coolness.
Il nome stesso della linea del marchio giapponese riafferma tautologicamente il rappor-
to della stilista Rei Kawakubo con il nero: black è il colore fondamentale delle collezioni e
dell’allestimento dei temporary corners, sorta di scatole nere poste in negozi di diverse città.
L’essenzialità della tinta è associata in questo caso a forme basiche, a interventi grafici e a
scritte che, nel contrasto con il bianco, rimandano al mondo della scrittura, dell’inchio-
stro e della carta. Nella comunicazione della linea il total black si estende anche al corpo:
la campagna pubblicitaria che ne ha accompagnato la presentazione al pubblico utilizzava
immagini in bianco e nero in cui i dettagli di occhi, mani e bocca erano segnati da un denso
e scuro maquillage1. La scelta di Kawakubo – così come il lavoro di altri designer giappo-
nesi contemporanei – si inserisce appieno nel fenomeno culturale dei karasuzoku (gang
dei corvi), stile adottato in Giappone da gruppi di persone che si vestono costantemente e
totalmente di nero.
L’estrema sintesi formale risultante dalla colorazione scura degli indumenti tende a
tramutare in segno anche la forma corporea. In alcuni casi un simile effetto viene messo
in risalto dall’interpretazione fotografica della figura umana come silhouette: i dettagli
e il volume dell’abito affondano nell’oscurità del tessuto e l’insieme appare come una
sagoma ritagliata sul fondo. In queste foto l’aspetto bidimensionale del vestito – leggibile
come segno grafico – si trasferisce all’intera figura. In alcune rappresentazioni di fotografi
come Nick Knight e Paolo Roversi risulta evidente l’attenzione che i designer giapponesi
attribuiscono alla qualità bidimensionale dell’abito che, nella sua nerezza, sembra diven-
tare calligrafico, appartenere al mondo del sumi-e, la tradizione pittorica dell’inchiostro
nero. Distesi sul piano, molti capi disegnati da Yohji Yamamoto, da Rei Kawakubo o da
Issey Miyake possiedono una netta identità grafica ed estetica, per diventare, una volta

1 Fa parte delle immagini impiegate nella comunicazione grafica di Black anche la famosa foto di Robert Map-
Immagini della campagna Black di Comme des Garçons, 2011. plethorpe del 1983 che ritrae in bianco e nero il potente e ambiguo profilo della bodybuilder Lisa Lyon.

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indossati, imprevedibili e mutevoli volumi plastici. La sensibilità nei confronti dell’ombra e dell’oscurità, intesa anche in senso gnoseolo-
In una nota fotografia di Nick Knight di un abito di Yamamoto – in cui si può rilegge- gico, sarebbe perciò parte integrante dell’interpretazione del nero che i designer giappone-
re in chiave contemporanea il profilo della tournure ottocentesca – l’aerea massa di tulle si hanno dato della moda occidentale:
vermiglio posta sul retro sboccia dal profilo di una silhouette totalmente nera. L’acceso «Black is arrogant. But sometimes black can protect you. Sometimes black doesn’t
contrasto cromatico e la diversità dei materiali suggeriscono inoltre una differenza di ge- bother people. Sometimes it is very strong. Black means a lot» (Yamamoto 2005: 14).
nere: il profilo frontale dell’indumento appare androgino, mentre la parte posteriore fa Così rispondeva Yohji Yamamoto a Hans Ulrich Olbrist che, nel corso di un’inter-
riferimento a una maniera occidentale di enfatizzazione delle parti erogene femminili. In vista, gli chiedeva di parlare dell’importante ruolo del nero nel suo lavoro. Poco prima di
molte altre occasioni sia Yamamoto che Kawakubo si avvalgono del contrasto dei poli op- questa affermazione, inoltre, il designer giapponese aveva dichiarato il proprio interesse
positivi nero-rosso e nero-bianco, facendo agire attraverso questi accostamenti una netta per la produzione di forme, silhouette, fluidità, azioni, movimenti. Anche nel suo caso, la
ed energica espressività. I linguisti Brent Berlin e Paul Kay, in un’indagine sulla quantità preferenza per il monocromo, per la riduzione decorativa e cromatica fa parte di una stra-
e la qualità delle parole che ogni lingua ha per definire tinte specifiche (Cfr. Berlin, Kay tegia che mira a privilegiare l’espressione della forma e del movimento.
1969), sono giunti a constatare che tutte le lingue naturali possiedono fra i due e gli undici “Il nero è arrogante, ma talvolta il nero ti protegge, non disturba le persone”. Dalle paro-
nomi fondamentali di colore, e che in particolare esiste una gerarchia tra di essi: se una le del designer giapponese emerge un immaginario della moda affine al pensiero che in essa
lingua ha due nomi di colori, questi staranno ad identificare il nero e il bianco; se ne ha tre, ha riconosciuto una fondamentale manifestazione della modernità: da un lato la discrezio-
ai primi due si aggiunge il rosso; a seguire gli altri colori. ne e l’omologazione necessarie alla convivenza sociale e, d’altra parte, la forza e il desiderio
A partire dal 1981, anno del suo debutto a Parigi, Comme des Garçons ha legato la di affermazione individuale. I ritratti del fotografo tedesco August Sander, che Yamamoto
propria fama all’uso dei tessuti lacerati e del nero. Nel 1985 la fondatrice del marchio, Rei ha citato come riferimento del suo lavoro, restituiscono l’immagine di persone inserite ade-
Kawakubo, affermava che la ragione principale della sua predilezione per il total black era guatamente nel proprio contesto e nei propri abiti. Questi indumenti le caratterizzano e le
dettata dalla volontà di restare concentrata sul controllo del volume e di non disperdere identificano come individui e, allo stesso tempo, le rendono parte costitutiva della folla e del
attraverso i colori l’immagine unitaria del proprio lavoro. Per lei, come per Yamamoto contesto urbano. Lo sguardo del designer è rivolto all’Europa degli anni Venti, al rigore e
– che nel 1995 aveva creato una linea di abbigliamento Noir – nessun colore del vocabola- alla sobria formalità dell’abbigliamento di quel periodo. Le silhouette di quegli indumenti
rio della moda è stato più importante del nero. Nella loro rilettura della moda occidentale e la loro tradizione storica sono però osservate e ripensate da un nuovo punto di vista. Egli
il nero ha acquistato una nuova valenza, inglobando e ridefinendo criticamente i vari guarda all’abbigliamento dei samurai e dei monaci buddisti, all’immagine di isolamento e
significati che aveva assunto nel corso del tempo: sobrietà, erotismo, nobiltà, eleganza, po- di forza spirituale e fisica emanante dalle loro figure. Yamamoto ne parla in questi termini:
vertà, cordoglio. A questi se ne sono sovrapposti altri, la cui matrice è rintracciabile nella «Lo spirito del samurai è nero. Il samurai deve essere capace di gettare il suo corpo nel
sensibilità e nella cultura orientale. A questo proposito sia Susannah Frankel – autrice di nulla, il cui colore e immagine coincidono con il nero» (Koren 1984: 57).
uno dei testi del catalogo della mostra Future Beauty. 30 Years of Japanese Fashion (Fukai Allo stesso tempo egli identifica il suo uso del nero con l’uso dell’indaco scuro degli
2011) –, sia una studiosa come Patricia Mears (2010), hanno citato il testo di Junichiro abiti popolari della tradizione giapponese.
Tanizaki, Libro d’ombra. Ma l’immaginario legato a questo colore non riguarda solo il nero dell’indumento: si
Il testo di Tanizaki era stato scritto in un momento cruciale della storia del Giappone: esprime anche nel gusto delle foto in bianco e nero in cui colore dell’abito e dell’ambiente
nonostante a metà degli anni Trenta, periodo della prima edizione del libro, l’apertura sono accomunati nel paesaggio di luci ed ombre della stampa fotografica. Non è un caso
all’Occidente fosse un fenomeno relativamente recente, la nazione era già stata sottoposta che i designer giapponesi scelgano spesso, per la narrazione delle loro collezioni e per l’i-
a una drastica trasformazione, divenendo il paese più occidentalizzato dell’Asia, soprattut- dentificazione dei propri marchi, immagini in bianco e nero: memorabili sono le foto di
to per quanto riguarda l’introduzione delle nuove tecnologie. Paolo Roversi per Yamamoto, o quelle di Peter Lindbergh per Comme des Garçons, am-
bientate in un set dalla cupa atmosfera protoindustriale2.
«C’è forse, in noi orientali, un’inclinazione ad accettare i limiti e le circostanze della vita. Negli anni Ottanta, periodo in cui sono state scattate queste fotografie, la moda e le sue
Ci rassegniamo all’ombra, così com’è, e senza repulsione. La luce è fievole? Lasciamo che le rappresentazioni restituivano il processo di emancipazione femminile attraverso l’appro-
tenebre ci inghiottano, e scopriamo la loro beltà. Al contrario, l’Occidente crede nel pro-
gresso, e vuol mutare di stato. È passato dalla candela al petrolio, dal petrolio al gas, dal gas
2 Il servizio fotografico venne realizzato per la mostra Peter Lindbergh for Comme des Garçons, tenutasi al Centre
all’elettricità, inseguendo l’ultima particella d’ombra» (Tanizaki 1982: 67-68).
Georges Pompidou di Parigi nel 1986.

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priazione degli stilemi dell’abbigliamento formale maschile: era questo uno dei modi con
cui si manifestava la pressione sociale delle donne per l’affermazione individuale, per la con-
quista di un lavoro qualificato e di rilievo. Ma l’interpretazione del power dressing da parte
dei designer giapponesi non ricalcava l’estrema enfatizzazione delle forme corporee tipica
della moda di quegli anni – in cui la solida struttura sartoriale maschile veniva ibridata con
la tensione muscolare, con lo slancio dell’elevazione dei tacchi – quanto piuttosto il segno
aperto di abiti dalle forme mutevoli ma straordinariamente calibrate. I riferimenti sono da
cercare nelle radici della modernità occidentale, nelle forme classiche e autorevoli dell’abbi-
gliamento maschile o nel workwear, rivisti però da una diversa prospettiva, in cui l’oggetto
viene considerato come una forma mai interamente controllata, che include l’accidente, il
caso e l’azione di chi lo indosserà. Negli anni Ottanta l’affermazione del cross gender porta-
va con sé anche l’espressione di una sessualità potente, imperiosamente assertiva: il nero e i
colori sobri acquistavano così una diversa valenza che sconfinava e si sovrapponeva a quella
del fetish, della ribellione, del romanticismo, dell’esistenzialismo e del punk. Al contrario, in
Kawakubo e Yamamoto, il nero si riferisce piuttosto al passato e alla modernità delle divise
e degli abiti maschili e, solo attraverso questo percorso, alla petite robe noir di Chanel, poiché
nel loro lavoro l’uso del nero vale soprattutto come espressione di potere astratto, androgino.
«Sulla passerella, marciando a un battito ritmato come un clan di donne guerriere arri-
vano le modelle indossando abiti nero inchiostro, tagliati ampi, squadrati, scostati dal cor-
po con nessuna linea, forma o silhouette riconoscibile». Con queste parole, in un articolo
dall’eloquente titolo Feminist versus Sexist apparso sul “Times”, Suzy Menkes descriveva
la sfilata della collezione di Kawakubo del 1983, leggendovi l’espressione di una nuova
combattività femminile.

Bibliografia
Mears, Patricia
Berlin, Brent, Kay, Paul 2010 Formalism and Revolution: Rei
1969 Basic Color Terms, Their Universality Kawakubo and Yohji Yamamoto, in Steele,
and evolution, University of California Press, Valerie, et Al., Japan Fashion Now, Yale Uni-
Berkeley. versity Press.

Frankel, Susannah Menkes, Suzy


2011 In the Praise of Shadow, in Fukai, 1983 Feminist versus Sexist, in “The Times”,
Akiro, et Al., Future Beauty. 30 Years of Japa- 22 Marzo
nese Fashion, Merrell, Londra.
Tanizaki, Junichiro
Koren, Leonard 1982 Libro d’ombra, Bompiani, Milano.
1984 New Fashion Japan, Kodansha
America, New York. Yamamoto, Yohji
2005 Yohji Yamamoto in conversation with
Abiti della collezione di Yohji Yamamoto A/I 1983-84, foto Hans Feuren, Vogue US July 1983, p. 161. Col- Hans Ulrich Olbrist, in “A Magazine # 2”,
lezione privata. guest curator Yohji Yamamoto.

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