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Le prime grafiche
La storia della grafica contemporanea inizia alla fine del secolo XVIII a Parigi grazie ad una rivoluzione
culturale, la distanza tra il produttore e il consumatore non è più diretta, in una città cosi grande diventa difficile
venire a conoscenza dei vari prodotti a causa della distanza, questa situazione viene risolta tramite la pubblicità.
Esplode l’uso del muro come modo di comunicazione, inizialmente tramite manifesti individuali fatti a mano e
poi, in seguito agli esiti della rivoluzione industriale, grazie ai macchinari da essa introdotti. Ci sono quindi due
fasi: una fase sperimentale lenta ed artigianale ed una fase più matura ed evoluta.
I primi a sperimentare questa nuova tecnica furono i pittori.
La litografia è una tecnica di stampa planografica, la stampa non è più meccanica, essa
avviene per base chimica. Consiste nel disegnare figure con una particolare matita grassa su una matrice di
pietra. Dopo aver trattato la superficie della lastra litografica con una soluzione acida, si procede inumidendo la
matrice dopo di che si inchiostra, utilizzando un rullo in pelle o in caucciù. L'inchiostro, a base oleosa, ipofilo e
idrorepellente, aderisce solo sui tratti disegnati con la matita grassa, mentre viene respinto dalla superficie
umida della pietra. Nella successiva fase di stampa solo l'inchiostro che ha aderito al disegno viene impresso sul
foglio di carta. Questa tecnica non è più modulare come le tecniche precedenti (ogni volta che bisognava
cambiare la forma di stampa per crearne una nuova bisognava fonderla e crearne una ad hoc per ogni stampa).
L’evoluzione contemporanea di questa tecnica si chiama stampa offset: la differenza è il fatto che oggi viene
utilizzata una lastra di metallo incurvata e messa su un cilindro che entra a contatto con il caucciù sul quale
finisce l’inchiostro pulito.
Folies Bergere, Jules Cheret 1879.
Ambientato nella Belle Epoque, è a colori, le immagini sono integrate con il testo.
Si tratta di cromolitografia, fu sviluppata in Inghilterra a seguito della rivoluzione
industriale. Utilizza gli stessi principi della litografia, per ogni differente colore è
necessaria una differente matrice. Grazie alla cromolitografia è quindi possibile
utilizzare tanti colori, più velocemente, con maggiori sfumature e toni molto più
brillanti.
Il 1880 rappresenta un momento di tensione fra la Francia e la Prussia che sfocerà nella
guerra Franco-Prussiana. È raffigurato un elmo prussiano a terra: metafora della morte del
nemico senza però mostrare violenza. Di fianco un soldato francese vittorioso.
I graphic designer creano opere che dialogano immediatamente con il pubblico perciò
bisogna guardare alle loro opere per interpretare lo spirito del loro tempo più che a quelle
degli artisti che lavorano ad un livello più complesso da interpretare
Quando attraverso gli elementi para-testuali si riesce a far capire quali siano i valori di un determinato oggetto,
l’immagine diventata più potente perché l’immagine arriva in maniera più emotiva allo spettatore, riuscire a
trasmettere questo meccanismo dello show, don’t tell significa raggiungere il miglior livello di comunicazione
possibile. Quando la distanza tra significante e significato diminuisce si ha un prodotto culturale facilmente
fruibile, di puro intrattenimento, quando aumenta quello che succede non è il vero messaggio. Il livello di
lettura di queste opere è più profondo, si ha l’opportunità di creare grandi copertine con maggiori spazi di
manovra, questo significa che il meccanismo di show don’t tell non può essere applicato a qualsiasi situazione.
Japonisme 1889.
Il giapponismo in francese japonisme è l'influenza che l'arte giapponese ha avuto
sull’Occidente, in particolare sugli artisti francesi. Il termine Japonisme stava ad
indicare l'attrazione e l'interesse dei pittori francesi verso l'arte del Sol Levante. In
quegli anni si stava sviluppando l’impero del Giappone che iniziò ad aprirsi al mondo
esterno, le stampe Giapponesi sono le cosiddette stampe del mondo fluttuante, il
termine si riferisce al luogo in cui venivano sviluppate: nelle periferie delle città dove si
svolgevano attività illecite.
Questa passione per l'arte giapponese non avrebbe avuto luogo se le stampe giapponesi
non fossero sopraggiunte in Olanda tramite la Compagnia delle Indie, e poi diffuse in
tutta Europa. Queste stampe ritraevano scene di vita quotidiana ed erano impostate sulla
rappresentazione bidimensionale, e quindi sul colore piatto e l'assenza di chiaroscuri,
ma dinamica; la linea curva, semplice e sinuosa suggeriva l'idea del movimento. Altre
caratteristiche sono il taglio fotografico e la prospettiva essenziale. Interessante è
l'attenzione dedicata all'elemento dell'acqua e allo studio della figura femminile.
La presenza delle lampade è dovuta a una motivazione storica: nel 1891 era da poco
arrivata la corrente elettrica e il Moulin Rouge fu uno dei primi locali ad essere
elettrificato e quindi si stavano facendo pubblicità, il locale aveva una valore aggiunto.
La figura scura e picchiettata in primo piano è il ballerino Valentin-le-Désossé
(conosciuto come il disossato) personaggio della scena notturna parigina dell’epoca
che sembra introdurre la figura chiara al centro, la ballerina Goulue che probabilmente
sta ballando il can-can.
Nella composizione del manifesto Lautrec aveva in mente una fotografia, l’intento era
quello di riprodurre un momento esatto proprio come se fosse una scatto fotografico. La fotografia era già stata
inventata ma era ancora una tecnica da definire e richiedeva che le persone stessero ferme per qualche istante
per poter effettuare lo scatto. L’intento di Lautrec era proprio quello di riprodurre esattamente una fotografia,
infatti il manifesto venne realizzato con uno sguardo fotografico, grazie a ciò dall’idea iniziale di show, don’t
tell dei manifesti di Cheret qui si permette allo spettatore di dare un’occhiata di quello che accade dentro al
locale, è come se anche chi guardasse il fosse all’interno del locale. Quello di Cheret e quello di Lautrec sono
due messaggi completamenti diversi pur adottando tecnicamente lo stesso stile.
Divan Japonais, Henri de Toulouse Lautrec 1893.
Divan Japonais è un poster litografico dell'artista francese Henri de Toulouse-
Lautrec, è stato creato per pubblicizzare un caffè-chantant che all'epoca era noto
come Divan Japonais. Il poster raffigura tre persone del periodo di Montmartre di
Tolosa-Lautrec. La ballerina Jane Avril è tra il pubblico.
L’elemento più eclatante è che proprio il fatto che a colei che dovrebbe essere la
protagonista del manifesto (la cantante che dovrebbe essere sul palcoscenico) viene
tagliata la testa per mettere in primo piano Jane Avrill che era la musa di riferimento
di Lautrec. Lautrec invitata le persone a venire in quel locale solo per il fatto che tra
gli spettatori ci fosse Jane Avrill.
Lautrec riesce a parlare ad un livello più profondo e permette alle persone di
immedesimarsi di più nelle sue opere.
Negli stessi anni si stava svolgendo la guerra Franco-Prussiana che rappresentò uno smacco
per i francesi poiché persero la guerra. Vi era un forte sentimento nazionalistico francese che
spinse a scavare nuovamente nelle proprie radici culturali ed ecco perché cento anni dopo, in
seguito a questa sconfitta, decisero di ispirarsi nuovamente al movimento artistico che più
rappresentò la Francia, il Rococò. La sconfitta venne imputata al fatto che i giovani francesi
non praticassero sport, quindi venne riproposta l’idea delle olimpiadi, le olimpiadi moderne
nacquero sulla scorta del dibattito culturale che si svolse in Francia alla fine dell’800 proprio
per la confitta subita contro la Prussia.
La tecnica di Bernhard è famosa più per il suo approccio minimalista che per la capacità comunicativa perché
Priester era il nome della marca che faceva fiammiferi, non era un collegamento particolare.
Questo genere di manifesti si chiama manifesti oggetto, ovvero manifesti in cui era rappresentato unicamente
l’oggetto di cui si parla.
Inghilterra
Lord Kitchener, Alfred Leete 1914.
Kitchener era il ministro della guerra, qui il messaggio è semplice e diretto: si tratta di un
invito ad unirsi all’esercito della nazione, dialoga anche con la parte analfabeta della
popolazione. Composizione simmetrica, centrata e classica, non segue dal punto di vista
stilistico le convenzioni che si stavano sviluppando (avanguardie, ecc), ma torna indietro.
C’è una grande commistione di elementi diversi come i caratteri e i tratti incerti, lo sfondo
non è gestito è abbandonato a se stesso. Il manifesto fu commissionato dal ministero,
l’obbiettivo era fare una cosa molto semplice con un obbiettivo razionale, il gesto del dito
puntato deriva dalla statuaria romana (momento in cui si costruisce l’immagine di un
imperatore divino, superiore alle vicende umane) infatti è un gesto tipico dell’imperatore e
viene definito ad locutio. Fa parte delle Talking hand (mani parlanti)
I guerrieri romani avevano un’armatura che faceva risaltare i muscoli proprio per incutere
timore agli avversari, questa idea verrà ripresa dai creatori dei supereroi.
Francia
Liberation, Lucien Jonas 1918.
Il manifesto sembra un quadretto quattrocentesco, la Marianna ha una cornucopia piena di
soldi grazie ai quali riesce a finanziare e a guidare l’esercito che viene nuovamente animato.
Italia
Prestito nazionale, Mario Borgoni 1918.
Viene rappresentato il primo finanziamento per la ricostruzione, è di stampo ottocentesco con
un eco futurista che mette il bimbo in una posizione di ascensione, possiamo personificarci nel
bambino perché rappresenta il nostro punto di vista.
Il De Stijl
Il De Stijl rappresenta un punto di svolta fondamentale per tutta la grafica modernista, qui
nacque il modernismo.
Il Neoplasticismo, conosciuto anche come De Stijl (che in olandese significa Lo stile) è un movimento artistico
nato in Olanda nel 1917, legato intimamente alla spirito calvinista olandese. Il termine neoplasticismo compare
per la prima volta nell'ottobre del 1917 con la pubblicazione del primo numero della rivista "De Stijl" fondata
da Theo Van Doesburg.
Questo termine viene utilizzato da Piet Mondrian e Theo van Doesburg nella redazione del Manifesto De Stijl
per descrivere la nuova forma d'arte: astratta, essenziale e geometrica. L'astrazione Geometrica esclude la
rappresentazione figurativa e le linee curve come sovrastrutture decorative, accetta solo linee e segmenti retti.
Per i neoplasticisti la Pittura deve contenersi nell'ambito dell'astrattismo geometrico realizzando la liberazione
della forma naturale dalle sovrastrutture espressive, basando tutto sugli elementi base della linea, del piano e dei
colori primari attraverso rettangoli ritmici e blocchi cromatici.
Riassumendo secondo il De Stijl tutta l’esperienza visiva deve essere ridotta a colori e linee verticali e
orizzontali. Si parte dall’oggetto reale per poi semplificarlo attraverso regole fisse e precise.
Si tratta di un allontanamento del fenomeno e di un avvicinamento del noumeno grazie al quale si riesce a
cogliere l’essenza delle cose, il fenomeno è la cosa come appare a noi mentre il noumeno è appunto la cosa in
sé. Il principale limite di questo movimento è che quello che può essere prodotto ha valenza come avanguardia
artistica, ma non riesce ad essere applicata ad altri campi perché ha regole troppo ferree.
Mucca, Theo van Doesburg 1917.
Theo van Doesburg adottò una serie di regole per passare da una grafica mimetica ad una grafica sintetica. Per
fare ciò partì dal disegno di una mucca e semplificandola in vari passaggi creò un nuovo soggetto, questo
perché secondo il De Stijl tutta l’esperienza visiva deve essere ridotta a colori primari e linee orizzontali e
verticali.
Per quanto riguarda l’anatomia del carattere esistono le grazie e i raccordi, le grazie sono degli appendici che
collegano una lettera con l’altra e derivano dalla scrittura calligrafica, danno un effetto di continuità alle lettere
presenti nella stessa parola e consentono una lettura più agevole. I raccordi indicano esattamente i punti di
unione tra una lettera e l’altra.
Tra le principali famiglie di caratteri ci sono: i caratteri graziati umanistici che rappresentano il primo
passaggio di transizione dalla scrittura calligrafica a quella tipografica e quindi sono molto vicini alla scrittura
manuale. Un’altra famiglia è quella dei caratteri graziati romani antichi che tendono ad una maggiore
organizzazione e un ordine generale, qui comincia l’allontanamento progressivo dalla calligrafia. Si passa poi ai
caratteri graziati romani moderni che continuano a presentare le grazie ma non hanno più nessun riferimento
alla calligrafia. I caratteri graziati egiziani non hanno un contrasto con le aste e i raccordi sono squadrati.
I caratteri lineari grotteschi e neogrotteschi sono caratterizzati dall’assenza delle grazie, gli ultimi presentano
un respiro maggiore.
Esistono famiglie di caratteri corsivi che imitano il pennino a china e i caratteri corsivi formali che imitano in
tutto e per tutto la calligrafia. Esistono poi anche i caratteri monospace nei quali la larghezza dei caratteri è
uguale in ogni singolo carattere, anche forzandoli.
Questo movimento si chiama costruttivismo, ovvero il designer è al servizio della rivoluzione. Il costruttivista è
un operaio della grafica, è qualcuno che mette insieme i vari elementi ma rimane dietro alle quinte. Il De Stijl e
il costruttivismo sono due input fondamentali per il modernismo.
Nel manifesto vengono utilizzati i colori della comunicazione.
Il risultato ottenuto è quello del conversational piece, un genere di pittura originario dei
Paesi Bassi nel quale i dipinti rappresentano gruppi di persone in conversazione o in
atteggiamenti di vita familiare.
Psichedelia (post-modernismo)
Negli anni 60 si diffuse la Psichedelia, si tratta di un movimento
artistico che prevedeva l’uso di sostanze stupefacenti da parte sia
dell’artista che realizza le opere sia da parte del fruitore. Il patto
implicito che tutti e due debbano essere sotto l’uso di sostanze
stupefacenti creava il cosiddetto effetto lisergico: quel tipo di
esplorazione del mondo ottenuto solo attraverso sostanze stupefacenti.
Psichedelia significa rivelazione dell’anima, è un tentativo di scoprire
qualcosa che vada oltre le cose materiali, infatti il tentativo del
movimento era quell odi utilizzare una grafica e una musica che
portassero lo spettatore ad un altro livello, il livello lisergico.
Graficamente gli artisti della Psichedelia attingevano dalla secessione viennese che aveva
scoperto che l’arte classica aveva vissuto diversi momenti (classico, ellenistico, …) e non
poteva più essere percepita come un unicum, con un unico canone e ideale di bellezza.
L’idea alla base della secessione era che ogni tempo avesse la sua arte e non esistesse un
arte eterna che andasse bene per tutti, i secessionisti erano un gruppo di giovani artisti che
si ribellarono al canone consolidato.
I grafici della pischedelia erano grafici che si fregiavano di essere autodidatti e di non aver
frequentato delle accademie, questa rappresenta una prima picconata violenta al
modernismo, all’idea di seguire delle regole. Questi artisti facevano tutto l’opposto di
quello che veniva insegnato nelle accademia, infrangendo tutti i canoni. I temi della
psichedelia sono quelli legati al divertimento. Graficamente veniva simulata l’esperienza
che si viveva con l’utilizzo delle droghe.
Nel manifesto viene citato un quadro tardo-medievale italiano, la morte di Procri. Questo
cane non è un cane qualsiasi è l’Elapo, un cane donato a Procri da Zeus che aveva una
caratteristica particolare: era un cane da caccia che non mancava mai la preda. Questa
diventa un’iperbole dell’affidabilità della macchina, la macchina da scrivere è affidabile
come il migliore fra i cani da caccia e le viene fornito un valore divino.
In seguito subentrerà una nuova generazione più ribelle che si staglierà contro i
principi del modernismo, ovvero la generazione post modernista. Beatrice Warde
durante una convention di stampatori americani spiegò la differenza tra posto
moderno e post moderno tramite la metafora del calice di vino: se un modernista
deve servire del buon vino prende un bel bicchiere di cristallo (che rappresenta la
tipografia editoriale) perché il contenitore deve essere trasparente rispetto al
contenuto, è il contenuto che deve essere privilegiato; i post modernisti invece
affermano che un ottimo vino vada accompagnato da un calice altrettanto bello e
prezioso, un calice d’oro proprio perché bisogna valorizzare il contenuto.
Nella brochure Vignelli utilizza una griglia modulare per dare forma alla brochure, si tratta di una divisione
della pagina in piccoli moduli tramite linee orizzontali e verticali, il testo o le immagini vanno collocate nei
moduli. Questo metodo ha vari vantaggi: permette di definire un formato all’inizio del progetto, questo
permette di poter comprare fin dall’inizio tutta la carta che mi serve e mi permette di ammortizzare i costi,
l’altro grande vantaggio è la velocità produttiva, c’è un insieme finito di regole e di possibilità quindi si applica
la soluzione che si ritiene più interessante e questo permette di velocizzare le procedure perché non c’è bisogno
di pensare a come creare un volantini perché conosco già le regole. Questo secondo vantaggio ha altri due
vantaggi: il primo è nei confronti dell’utente che visitando vari parchi trova delle brochure sempre fatte nello
stesso modo e riesce ad orientarsi meglio per trovare le varie informazioni; il secondo vantaggio è nei confronti
del progettista, non c’è la necessità di uno specifico progettista perché una volta che Vignalli ha effettuato il
lavoro del layout (ha definito le regole) poi chiunque sappia utilizzare gli strumenti della grafica potrà
realizzare questo lavoro.
Queste tecniche di lavoro (sopratutto la griglia) sono perfette per la stampa periodica che ha bisogno di
utilizzare uno stile simile nei vari numeri delle testate giornalistiche ma anche di una produzione veloce.
Essendo il modernismo il linguaggio della neutralità che aspira all’universalità non si mischia mai con le
vicende terrene e ciò lo rende super partes, ma dall’altro lato non lo rende mai coinvolto con le vicende umane.
Wolfgang Weingart 1984.
Wolfgang Weingart adottò a pieno la semplicità del modernismo
cercando di evolverla un po’ dal suo punto di vista, era un
designer che controllava praticamente tutto il ciclo produttivo
dei loro prodotti e questo portava alla realizzazione di prodotti di
maggiore qualità.
In questo esempio utilizza i caratteri tipici del modernismo ma
cominciando a ridurne la leggibilità con sovrapposizioni anche
se continua a mantenere l’impianto modernista.
Stampò l’opera a bassa risoluzione perché voleva mostrare di aver creato l’opera con
l’utilizzo del computer, voleva far vedere quello che si trovava dietro alla quinte della
lavorazione grafica, ovvero com’è stata creata l’opera; offuscando così i limiti tra lo stadio
di creazione dell’opera e lo stadio finale. Questo fenomeno verrà denominato
decostruzione, si tratta di un processo tipicamente post modernista, è l’idea di non
utilizzare più l’oggetto finito e perfetto ma di smantellarlo e mostrarlo nella sua
incompletezza poiché non è fermo e immutabile ma in divenire, qualcosa di organico.
Cambiò molto lo scenario estetico di riferimento nel quale centro era tornata la
rappresentazione della persona.
Stile internazionale.
Da un certo periodo in avanti tutte le nazioni hanno cominciato a realizzare palazzi
rettangolari, costruiti con gettate di cemento, vetro e acciaio; si tratta dello stile
internazionale: una moda globalizzante dove si trovano sempre gli stessi tipi di abitazioni
che sono orientate al funzionalismo puro, ma che in realtà sono le meno funzionali e
falliscono così nel loro obbiettivo primario. Ad esempio queste abitazioni consumano un
sacco di energia e sono costruite con materiali che non sono quelli tipici del luogo, non
adattandosi alle condizioni del luogo. Questo è un classico esempio dello stile
internazionale, un concetto che si applica indifferentemente dalle necessità e dalla reale
funzionalità. Questo è lo stile classico del modernismo.
Realizzò anche il manifesto per l’album di una famosa band, il manifesto risulta
volutamente come se fosse strappato questo perché Sagmeister voleva ricreare il
trattamento che i manifesti ricevevano nelle metropoli, sono infatti presenti anche delle
scritte con l’idea che non fosse stato lui come designer a farlo ma che qualcuno abbia
scritto sul manifesto e che qualcun altro l’abbia strappato. L’obbiettivo era di cambiare il
livello di comunicazione e di mettersi alla stesso piano del pubblico, voleva che il
manifesto si immergesse nel tessuto urbano.
Il fine non è il testo dal punto di vista del contenuto ma la forma con cui è espresso, la parte formale è
significativa: prende un significato a sé stante. Questo equilibrio è a base di tutta la grafica. Scegliere un
carattere non significa solo scorrere un elenco di font dal computer, è capire anche con quale tecnica andrà
realizzato (a mano o con la tipografia), scegliere la strategia per il carattere è il cuore di un problema di grafica
e di comunicazione visiva.
David Carson era un surfista, si laureò in sociologia e si candidò per il ruolo di hard
director della rivista ray gun, una rivista della cultura da spiaggia. Come molte riviste
si tratta di un luogo di sperimentazione culturale e visiva. Carson impose alla rivista la
sua idea di grafica editoriale, un’idea dove non si deve confondere la leggibilità con la
comunicazione, questa è una pagina del sommario del numero di giugno. Il sommario
non è ordinato perché aveva pensato in riferimento al suo pubblico, come facevano gli
artisti della psichedelia, anche se ci sono una serie di regole, di consuetudini e una
tradizione che dice che le cose debbano essere fatte in un certo modo non conta niente.
Viene completamente ignorata l’esistenza delle regole per realizzare un prodotto che
sia frutto del suo gusto personale.
Questa generazione appartenente alla cultura da spiaggia utilizzava molto mezzi come
Mtv che per prima rese visibile la musica tramite la trasmissione di video musicali. Si tratta di una sinestesia,
un’unione di stimoli diversi e la generazione di quegli anni fu la prima a sperimentarla. Carson adattò la sua
rivista alla generazione per cui era pensata.
Il primo passo è sapere qual’è il mio pubblico ed il secondo è sapere come ragiona: non era possibile proporre a
queste persone una rivista da leggere integralmente, quella adatta era una rivista bella da sfogliare che deve
trasmettermi qualcosa ma non deve essere didascalica
Per quanto riguarda il testo viene detto che è la scarpa più stabile che nike abbia mai fatto e incita a rilassarsi, il
cantiere che viene svelato è che uno può immaginarsi com’è stata creata questa pagina: con l’hard director che
chiama Carson ed insiste sul fatto che la scarpa sia stabile e che è questo il messaggio fondamentale. Viene
trasmesso il cantiere, l’idea della pressione avuta dal committente nel dover realizzare una pubblicità fatta in un
certo modo. Vi è un crescendo nel testo (aumenta la dimensione, il tono, la psicosi) fino a scendere con una
decompressione finale con cui ci si rilassa davvero perché la scarpa è effettivamente stabile. Persino il carattere
è destrutturato, rappresenta un’estetica specifica, ovvero lo stile di Carson. Si tratta di uno stile di grafica
musicale degli anni 90 che si chiama grunge, rappresenta una nuova generazione, con una musica e un’idea
visiva nuova. La musica grunge raccoglie gruppi musicali che non si basano sulla competenza tecnica musicale
ma usano pochi accordi che vengono distorti, è un’idea di sporcizia e semplicità musicale che viene
rappresentata anche visivamente. Questo sarà anche il limite di Carson che adotterà questo stile prevalente e si
bloccherà su quello.
La granularità è un concetto legato al digitale: i limiti fisici della stampa sono molto stringenti, il digitale
permette il download del singolo capitolo/articolo, i contenuti vengono spezzati a livello granulare (brani
musicali, giornalismo, fumetto, episodio). La granularità permette di spezzare un’opera intera nelle singole parti
che la compongono.
Le copertine non sono sempre state presenti nell’editoria libraria, nascono nell’ottocento Prima venivano
comprate solo le segnature (le singole pagine composte da fogli più grandi che venivano piegati) e poi si ricava
da un rilegatore che applicava una copertina a seconda del gusto del proprietario, questo era un approccio molto
artigianale. Agli inizi dell’ottocento si iniziò a mettere delle sovraccoperte che proteggessero le segnature dalla
polvere e dalla fuliggine.
Pian piano si cominciò ad aggiungere delle informazioni sulle copertine per poter dare un minimo di
informazione, si cominciò quindi a scrivere almeno il titolo. Nel 1876 Lewis Carroll scrive al suo editore,
Alexander Macmillan, chiedendogli di stampare il titolo del suo nuovo romanzo anche sul dorso.
Alla fine dell’ottocento aumenta il consumo di libri e cominciano a trasmettere e rispecchiare il gusto del
momento. A metà degli anni trenta si verifica il primo grande cambiamento: cambia il luogo di distribuzione e
inizia la vendita in edicola. Le edicole nascono sulle reti di spostamento delle masse di popolazione urbana. I
libri venduti nelle edicole si rivolgevano ad un pubblico molto ampio che avrebbe letto volentieri dei libri ma
non sarebbe mai andato in una libraria a comprarli, per questo motivo venivano proposti in un formato molto
economico. Ogni genere aveva un codice cromatico differente (per identificare i vari generi d’impatto), le
copertine erano semplici, fresche, destinate a diventare iconiche. L’obbiettivo era la fidelizzazione del cliente.
Un altro esperimento simile a quello di Penguin è quello della casa editrice The Albatros, si tratta di una collana
di edizioni continentali in lingua inglese che prendeva un segmento molto specifico di pubblico: gli inglesi che
facevano il grandtour in Europa oppure stranieri che leggevano in lingua originale per evitare di acquistare le
edizioni originali che erano molto più costose, era infatti un’edizione che tagliava i costi. Queste edizioni non
potevano essere esportate nell’impero britannico, erano limitate all’Europa continentale. Si tratta dello stesso
modello di business di Penguin, l’unica differenza era che quest’ultima si trovava anche in edicola. Il formato
riprede quello delle edizioni Aldine.
Questi modelli si diffusero sempre di più fino ad arrivare ad una saturazione del mercato negli anni 60, i
modelli economici si basavano sul presupposto di una vendita veloce e molto elevata così da poter mantenere il
prezzo basso. A causa della saturazione gli editori abbassarono le tirature ma non riuscirono a mantenere i
prezzi competitivi e furono costretti ad aumentare il prezzo di copertina, aumentando i tempi di vendita.
Nel frattempo stava cambiando anche la distribuzione, si tratta di un’esperienza che parte dai paesi più
industrializzati (Stati Uniti). È la grande distribuzione organizzata (gdo) ovvero il canale moderno di
distribuzione, si tratta dell’organizzazione della logistica che ha una serie di intermediari, tra il produttore e il
suo acquirenti c’è già almeno un intermediario. Mentre prima le librerie indipendenti erano il grosso del
mercato, dagli anni 60-70 il fenomeno si sposta all’interno dei negozi di catena. Queste modalità di
distribuzione influenzarono profondamente il modo in cui il libro veniva strutturato: nelle librerie indipendenti
vi era un cura maggiore del prodotto con un personale informato che sa anche consigliare ed indirizzare i
lettori, in edicola si passa ad un acquisto più veloce di prodotti ad un costo basso, con un’idea di serialità e
l’obbiettivo della fidelizzazione, nella grande distribuzione il libro è contraddistinto dal fatto che la copertina
diventa packaging (un involucro che contiene il libro) che è anche un venditore silenzioso, deve vendersi da
solo. Questo percorso di modifica della vendita del libro e la presa di consapevolezza degli editori della
differenza di approccio di vendita fa sì che nasca la cosiddetta hardcover revolution: fenomeno che esplode
negli anni 90 dove ci sono queste bellissime prime edizioni (spesso cartonate) con copertine bellissime che
avevano la funzione di attirare l’attenzione. Questo divenne possibile perché si trattava di un pubblico che si
muoveva tra gli scaffali e si prestava facilmente a far catturare le sua attenzione dalle copertine, non cercava un
libro specifico. La grande distribuzione opera su un concetto di alta locazione: dato che avere un titolo costa
deve vendere tante copie, maggiore copie vende e più è performante e rientra nel processo industriale (opera
sulla base del maggior numero di copie dello stesso libro), proprio per questo gli spazi dei punti vendita
venivano organizzati in modo da performare queste vendite e i libri erano modificati in modo da rispettare le
regole di questi grandi punti vendita (hardcover revolution). La gdo ha modificato la filiera risalendo la corrente
fino alla produzione: l’editore che pubblica un libro deve sapere dove andrà il suo libro e lo produce in
relazione al canale di vendita. L’hardcover revolutiuon rappresenta proprio la presa di coscienza della
consapevolezza che i libri sono oggetti da sfruttare.
Gli editori cominciarono così ad assumere risorse che si occupassero della grafica dei libri e nasce la figura
specialista del bookcover designer, la casa editrice che più si distingue in questo processo è la Knopf che
costruì un reparto grafico forte all’interno dell’azienda e si basava sugli steady seller, cercava una qualità degli
autori ma anche delle copertine. Fu la prima casa editrice ad essere acquistata. Le copertine create con questa
nuova sensibilità mirano a una maggiore trasparenza, tendono a privilegiare la particolarità di ogni romanzo.
Un esempio è il romanzo 1Q84: la copertina è fatta con una sovraccoperta in carta pergamena e una coperta
cartonata, si intravede qualcosa sotto, ma si può confermare solo una volta tolta la sovraccoperta in cui si vede
il volto della protagonista (scelta rara perché si va a limitare l’immaginazione del lettore). Si è voluto creare un
effetto che riporti all’idea dei due mondi paralleli presenti nel libro. Chip Kidd e la Knopf hanno sfruttatto il
mezzo libro per costruire questa copertina, hanno sfruttato la materialità del libro. Vi è un relazione tra il libro e
il gioco grafico della copertina. Il punto chiave della costruzione di queste copertine è la lettura del libro. La
base per la realizzazione di queste copertine è una grande competenza tecnica e un committente che abbia la
capacità culturale di lasciare spazio creativo al designer, che sappia contenere ed indirizzare l’idea del designer
senza distruggerla (condizioni tipiche dell’editoria newyorkese). Un altro aspetto che rientra nella gdo è quello
della collezione, il fine è anche quello di creare oggetti che siano anche un piacere estetico.
Il quarto punto di vendita dei libri è l’ecommerce, il ruolo della copertina nell’ecommerce non è ancora stato
sviluppato prima di tutto perché la copertina è la stessa che avrà il libro una volta che arriva anche se far
funzionare una copertina vista online è una cosa diversa. Una potenzialità di questo mezzo potrebbe essere la
creazione di copertine animate. Presentano però un limite: sono possibili solo online e non sul libro cartaceo.
Le copertine in queste senso devono poter funzionare su due strumenti diversi: sia nel cartaceo che nell’online.
Prima edizione.
La prima edizione è quella che si sforza maggiormente di descrivere il libro che ospita, quasi sempre gli esempi
migliori sono sulla prima edizione. L’imprenditore della prima edizione è il primo che crede in quel libro e
lavora su qualcosa a cui non ha lavorato nessuno ancora. Si crea una dicotomia fra la prima edizione e tutte le
altre, si tratta di un lavoro diverso.
Il modello forte delle copertine è quello dove l’idea della layout prevarica sul testo indipendentemente dal suo
contenuto, in sostanza la copertina è sempre uguale. Il modello debole cambia in relazione al contenuto,
denoata la volontà di fare emergere l’opera e non il designer. Solitamente nelle seconde edizioni il titolo
dell’opera è molto più grande perché ormai è già famosa ed è pertanto il titolo che deve essere privilegiato a
dispetto degli elementi grafici e visivi.
Ulysses, 1934.
Si tratta della copertina di una delle prime edizioni americane dell’Ulysses di James
Joyce, si tratta di una copertina aniconica (senza immagine) composta solo dalla
tipografia. I caratteri rappresentano un circuito tortuoso, un labirinto in cui è facile
perdersi, i colori (bianco, nero e rosso) utilizzati sono quelli della comunicazione
aziendale. Il punto di arrivo del percorso tortuoso è la zona rossa collocata in basso a
destra, punto nel quale termina lo sguardo del lettore (diagramma di Gutemberg). È
una copertina che offre varie indicazioni sull’opera che il lettore si accinge a leggere:
un’opera tortuosa, nella quale si riuscirà a giungere alla fine ma sarà un percorso
difficile.
In questo caso visivo e verbale si espandono a vicenda creando una sinergia, grazie
alla loro interpolazione si riesce a capire qualcosa di più: si legge il nome Ulisse e
guardando la copertine si possono cogliere molti suggerimenti di quello che vi è
all’interno del libro. La copertina del libro è una soglia (si apre una porta e si entra
all’interno del libro), è un luogo di partenza, un punto che serve introduce il lettore al
libro.
Le successive copertine mantengono queste caratteristiche, puntando però maggiormente all’impatto visivo e su
un gioco grafico caratterizzato da una relazione minore tra testo e paratesto. Andando avanti con le copertine si
andrà a perdere del tutto questo gioco, ci saranno copertine del tutto diverse.
All’inizio i primi designer americani oltre alla creazione delle copertine si occupavano anche della
realizzazione dell’intero libro, inserendo ad esempio al suo interno delle xilografie per illustrarlo. Questo
approccio si chiama total design e diventerà una tradizione editoriale anche se della progettazione interna non si
occuperanno più i designer ma altri personaggi.
Le seguenti edizioni sono caratterizzate dal blurb: è un breve testo elogiativo, generalmente
firmato da una persona nota, che compare sulla copertina di un libro o di un disco. La direzione è
diversa, si va a puntare su elementi che non centrano con l’opera in sé, lo spazio è dedicato
maggiormente alla parte editoriale rispetto a quella grafica. Viene mostrata una donna in procinto
di essere uccisa con una sciarpa da un uomo, viene svelato tutto il contenuto, è troppo palese
l’illustrazione, vi è una notevole semplificazione del messaggio. Nelle seguenti edizioni si perderà
tutta la sobrietà, l’eleganza e l’evocazione della prima copertina. Si passa dalle lettura tra le righe
(prima edizione) all’idea di forzare un’immagine per attirare l’attenzione come una cosa fine a sé
stessa. Un designer competente come Salter cambia stile in base all’opera, non impone il proprio
stile continuamente.
Hawkins, anni trenta.
Hawkins è un designer che si caratterizza per una sintesi grafica molto forte, crea quindi
copertine caratterizzate da un forte impatto visivo. Questo porta alla rinuncia forzata di altri
elementi, in questo caso rinuncia a una distanza tra visivo e verbale. Considerando lo
scaffale virtuale delle copertine degli anni trenta americano caratterizzato da illustrazioni a
temi semplificati e roboanti e pieno di scritte le copertine di Hawkins offre una
comunicazione assolutamente moderna, vi è una forte semplicità d’impatto caratterizzata da
una grande opposizione tra vuoti e pieni e dai colori della comunicazione.
Lustig, anni quaranta.
Un approccio simile a quello di Salter viene adottato da Lustig, ovvero di
distillare il senso del significato profondo del libro senza riferirsi a nessuno degli episodi al suo
interno, ma di scavare per cercare di restituire qualcosa che è nascosto tra le righe. Questo
viene fatto da Lustig cambiando genere stilistico, questa copertina è fatta a moduli, il testo è
piccolo e secondario, appare una freccia che conduce il lettore all’interno come invitandolo ad
entrare.
L’idea è quella di utilizzare delle forme industriali ripetute e da li poi creare qualcosa di
diverso, si tratta di uno stile del tempo. Lustig cercò infatti di farsi interprete dello stile
dell’epoca.
Questo altro lavoro di Lustig è formato da un collage delle avanguardie,
non è un collage ipotattico dove tutti gli elementi sono messi insieme, ma è paratattico:
tutte le parti sono separate, viene lasciato al collage l’idea di singoli elementi che
possono essere visti insieme. Le scritte sono organiche perché sono parte integrante
dell’immagine e hanno un valore verbale e non verbale contemporaneamente, il modo in
cui sono scritte è significativo. È presente un chiasmo: la luna e la croce, il foglio
stropicciato e la marea, si tratta di immagine opposte perché si oppongono i colori nero e
bianco, sono messe in opposizione. Questo tipo di suddivisione della pagina crea una
serie di elementi separati tra di loro che ricordano molto il fumetto, la figura retorica che
sta sotto la grammatica del fumetto è la closure: non è la vignetta in sé ma la distanza tra
le singole immagini, la chiave di interpretazione si trova nella relazioni fra queste
immagini che sono separate, viene raccontata una storia. Il pezzo di carta strappato
ricorda molto un fumetto che utilizza il metodo di divisione delle immagini perché la somma delle parti è
maggiore della loro totalità. Molti designer ricorreranno alla tecnica delle closure per le copertine perché
consente di rendere l’immagine più interessante.
Lustig è un designer maturo che ha un percorso evolutivo, che si mette in discussione e che sa cambiare stile
adattandosi al contenuto del libro e contemporaneamente allo stile del suo tempo. Lustig adottò quindi il
modello debole delle copertine facendo così emergere le singole opere piuttosto che il designer.
La grammatica del fumetto.
Rand, anni cinquanta.
Un altro designer molto famoso degli anni 50 è Paul Rand, noto sopratutto per i loghi
aziendali. Il suo lavoro migliore è la copertina del libro The Fervent Years, la storia di un
gruppo teatrale, la genialità dell’opera consiste nel fatto che fornisce tre livelli di lettura:
il primo livello è quello testuale (titolo del libro e nome dell’autore, pure informazione
editoriale), il secondo livello di lettura riguarda il contenuto non verbale ed è dato dal
fatto che si tratta di un testo organico perché comunica una funzione non verbale, si tratta
infatti di un biglietto del teatro, è anche un elemento diegetico perché è parte della storia,
come se fosse un oggetto di scena. Il terzo livello di lettura consiste nel fatto che il
biglietto è strappato perché coinvolge il pubblico come spettatore a strappare il biglietto e
ad entrare nel teatro dove c’è uno sfondo nero (come nella copertina)e sta per iniziare una
rappresentazione teatrale, il terzo livello è dato dal coinvolgimento e
dall’immedesimazione. Un altro elemento particolarmente rilevante è la semplicità della
copertina, le soluzione di design più forti sono proprio quelle più
semplici perché il messaggio passa più facilmente.
Un altro ottimo lavoro di Rand è la copertina del libro Leave cancelled, si tratta di una
prima edizione di un romanzo di periodo bellico. C’è uno sfondo rosa, un angioletto (un
amorino) con le frecce e le ali e dei punti neri, questi punti sono dodici fori applicati alla
sovraccoperta. I fori sono dodici perché sono dodici le ore narrate in questa storia, la
storia di due amanti che si stanno per lasciare e vivono l’ultima giornata insieme prima
che lui parta per la guerra. Anche qui si tratta di una bella copertina che
permette di vedere connessioni con il contenuto, lascia degli indizi di
quello che può essere il contenuto senza rivelarlo.
L’edizione dello stesso romanzo in paperback dell’anno successivo
cambia totalmente registro, tutto il non detto che c’era precedentemente
crolla e viene espresso in modo esplicito senza lasciare nessuno spazio
all’immaginazione. In questa copertina cambia anche il pubblico, è
infatti chiaramente rivolta ad un pubblico di massa.
Rand adotterà in seguito delle regole per le copertine, comincerà ad adottare dei quadrati alla
Mondrian, per poi evolversi con delle linee più ritagliate e meno precise fino a dare vita ai
ritagli stessi.
Anni sessanta.
Negli anni sessanta nascono le riviste con le foto in copertina, le pubblicità non sono più illustrate ma utilizzano
le foto, è l’era della fotografia. Entra in gioco un nuovo mezzo di comunicazione che è la televisione, si alza
l’asticella della comunicazione anche in relazione al luogo in cui vengono distribuiti i libri. In questi anni parte
quell’idea che porterà all’hardcover revolution che è quella di avere un impatto grafico e visivo che rimandi alla
tridimensionalità del libro, il libro comincerà ad essere gestito come se fosse un packaging trasformandolo in
oggetto diverso. Questa idea nasce per cercare nuovi meccanismi per contrastare l’ingerenza di altri media. Per
fare questo vengono utilizzate anche delle illusione ottiche.
Alcuni esempi: un libro che parla di sigari con una copertina che lo fa assomigliare ad una scatola di sigari,
oppure siccome il libro che assomiglia ad un giornale piegato creare una copertina che sembri una pagina di
giornale, oppure utilizzando la tipografia espressiva quindi dando forma al testo.
L’uso della fotografia sulle copertine dei libri iniziò negli anni novanta, il limite maggiore di questo approccio è
il fatto che la fotografia è qualcosa di realistico che non si adatta bene a qualcosa di fantastico come la
narrativa. In questi anni si comincia a sperimentare con più libertà fino ad arrivare ad una destrutturazione
completa.
Chip Kidd, anni ottanta.
Chip Kidd fa parte dell’ultima generazione che imparò tutta la grafica a mano e non con l’utilizzo del computer,
da lui coma da Sagmeister non emerge uno stile ma emerge un metodo, entrambi cercheranno di trovare
soluzioni uniche: Sagmeister lo farà maggiormente con i caratteri e Chip Kidd con le immagini.
Metodo della gazza ladra: Chipp Kidd è sempre molto attento a quello che lo circonda, come una gazza ladra
quando vede qualcosa che luccica (che attiri la sua attenzione) lo prende e lo porta a casa. Questo significa
essere continuamente attivo e stimolato visivamente, se per qualsiasi motivo determinate immagini gli
stimolavano qualcosa lui lo prendeva per poi forse trarne spunto per dare vita alle sue opere. Questo lavoro da
gazza ladra unito al suo istinto da collezionista gli permetterà di creare un bacino di immagini elevatissimo da
cui poter attingere.
Per esempio leggeva un romanzo e si accorgeva che una determinata immagine presente nel suo archivio era
adatta per la copertina di quel romanzo, prima quindi c’era l’immagine e poi l’opera. Lui prima cercava
l’immagine e poi leggeva il libro, faceva l’opposto di quello che tanti altri facevano e che per quel motivo era
banale. Se si parte dalla lettura del romanzo e poi si va a cercare l’immagine si sta arrivando ad un’immagine a
cui chiunque potrebbe arrivare facendo una semplice ricerca simile, da vero designer di professione adotta una
tecnica decidendo di partire dall’immagine per poi arrivare al testo. Si tratta di una tecnica molto più potente:
• perché la relazione è tra le righe, se quel romanzo mi ricorda quella determinata immagine evidentemente in
qualche modo ci vedo una relazione che anche se non è evidente è comunque più forte;
• quell’immagine probabilmente ce l’ho solo io e non si trova in un archivio, è un’immagine unica di cui non
esistono altre copie;
Con Chip Kidd non c’è uno stile, ci sono alcuni stilemi ovvero alcuni elementi visivi che sono ricorrenti. Con
lui abbiamo un metodo che viene costruito con la tecnica della gazza ladra e con l’approccio del dissuasore di
velocità: per fare rallentare le macchine su una strada per essere sicuri che le macchine rallentino l’unica
soluzione è obbligarle a rallentare utilizzando dei dossi, si tratta di un oggetto la cui forma segue la funzione,
ovvero grazie alla forma intendo facilmente a cosa serve quell’oggetto. Grazie quindi ad un’idea semplice
ottengo il risultato migliore senza bisogno di perdersi in spiegazioni, si riesce così a veicolare un messaggio
potente, sintetico ed immediato proprio perché arriva dritto al punto.
In seguito all’hard cover revolution le case editrici capirono che era strategico puntare non solo sui dei bei libri
ma anche su belle copertine.
Grey is the color of hope (1988) è una raccolta di poesie la cui particolarità era il
modo in cui era stato scritto, l’attrice era stata imprigionata dal regime sovietico a
causa della sua posizione politica e una volta uscita si portò dietro le poesie che aveva
scritto duranti gli anni di prigionia. Queste poesie erano state scritte su pezzettini di
carta in una piccola calligrafia e poi erano stati nascosti alle guardie.
In copertina c’è la foto dell’autrice e gli elementi che hanno permesse a questa raccolta
di poesie di esistere, ovvero i foglietti che sembrano creare delle sbarre che la
soffocano e la intrappolano. Tramite la copertina Chip Kidd sceglie di raccontare il
percorso di nascita di queste poesie. Il logo della casa editrice Knopf presente sulla
copertina è stato adattato allo stile di quest’ultima proprio perché è parte integrante del
libro e quindi deve adattarsi alla copertina, mentre all’interno il logo è rappresentato
nella sua versione originale.
In quest’altra copertina cambia del tutto la prospettiva, non vi è alcun elemento che possa
collegarla alla mano dello stesso autore poiché in copertina deve andarci l’opera, non la
casa editrice, il design o l’autore. Sembra una rivista di gossip, vengono utilizzati colori
leggeri perché si tratta di una lettura leggera e anche il tono riflette questa caratteristica.