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Il 68' studentesco e il 69' operaio

Il 1968 fu un anno di movimenti studenteschi già iniziati nel ’67 con l’obiettivo di portare cambiamenti radicali nella
società. Si parla di fenomeno della contestazione. Le prime cause hanno a che fare con la scadenza del sistema
scolastico, nonostante le riforme di Fanfani il sistema era rimasto arretrato. A ciò si legò il problema della
disoccupazione poiché c’erano troppi laureati e pochi posti di lavoro necessari. Queste reazioni sono da legare a
questioni internazionali: i giovani erano contrari agli interventi in Vietnam, erano influenzati dalla rivoluzione
culturale in Cina con Mao. Da questa situazione di malcontento iniziarono quindi occupazioni delle università tra cui
la Cattolica di Milano e Palazzo Campana di Torino. In alcuni scontri si arrivò anche all’intervento della polizia. Questi
movimenti dilagarono anche nel mondo del lavoro verso il 1969 quando si parla di “autunno caldo” con gli scioperi di
metalmeccanici, chimici, cementieri ed edili. I giovani cercavano ora alleati nelle fabbriche. I cosiddetti sessantottini
si unirono alle manifestazioni dei lavoratori davanti alle industrie. Un evento importante fu quando gli operai della
Marzotto scioperarono contro il nuovo piano di ristrutturazione, essi abbatterono la statua del fondatore
dell’azienda. Intanto anche nel sud c’erano rivolte da parte dei braccianti che volevano veder migliorare le proprie
condizioni e i propri salari. Qui spesso intervennero spari di polizia. In questa situazione nacquero nuove
organizzazioni come la CdF che si sarebbero occupate delle buone condizioni di lavoro degli operai. Grazie a questi
movimenti le riforme vennero approvate e nel 1970 ad esempio fu approvato lo Statuto dei Lavoratori.
Hitler : la tattica diplomatica dal 1933
Nel 1933 Hitler fu nominato cancelliere e nel giro di pochi mesi riuscì a costruire uno Stato dittatoriale al posto della
precedente repubblica in decadenza nonostante ancora non avesse la maggioranza. Il parlamento aveva votato una
legge che dava pieni poteri al governo. Attraverso i nuovi mezzi di comunicazione Hitler organizzò una forte
propaganda spingendo verso il totalitarismo. La sua idea prevedeva l’affermazione del Terzo Reich appoggiato da un
forte espansionismo aggressivo e giustificato dall’idea della superiorità della razza ariana. Come già aveva scritto nel
libro Mein Kampf, durante la precedente prigionia, la sua tattica diplomatica stava principalmente in 3 tappe:
liberare la Germania dai vincoli di Versailles e portarla al riarmo infatti: ricostituisce l’esercito, la flotta, la forza aerea
(Luftwaffe) e promulga la legge di difesa del Reich. La seconda tappa prevedeva l’unione di tutti i tedeschi d’Europa
ricostituendo la grande Germania secondo il modello pangermanista. Iniziarono così le Anschluss, le annessioni dei
Sudeti, della Renania e poi della Polonia. L’annessione di quest’ultima porterà alla Seconda Guerra Mondiale. La
terza tappa era la costruzione dello “spazio vitale” assoggettando i popoli inferiori orientali per avere rifornimenti e
manodopera.

Le rivoluzioni del 1978 e la crisi politica in Italia


Il 1978 fu un anno caratterizzato da numerosi avvenimenti di importanza rilevante sia a carattere internazionale che
italiano.
Prima su tutte l’invasione sovietica dell’Afghanistan, stato cuscinetto, che aveva sempre tollerato il governo locale
pur non affine alla politica sovietica. Nel 1978 prende il potere una fazione marxista e filosovietica (partito
democratico-popolare), che nel giro di pochi mesi si trovò palesemente in difficoltà, scatenando resistenze violente
di guerriglia tribale. L’Urss decise di fornire i sostegni richiesti dal governo di Kabul, decidendo poi di invadere la
nazione imponendo anche un nuovo capo del governo. Questo fu uno dei motivi che causò una ripresa del clima di
tensione tra le superpotenze dopo la distensione.
Altro caso internazionale importante fu la rivoluzione islamica dell’Iran, avvenuta tra 1978 e 79. Il nuovo assolutismo
monarchico con venature religiose scontentò i religiosi sciiti, che rivendicavano assoluta obbedienza all’autorità
religiosa anche negli affari secolari. La grande pressione popolare portò alla fuga dello shah, accompagnata dal
ritorno dall’esilio dell’ayatollah, che emerse come leader della rivolta, portando alla formazione della “repubblica
islamica sciita”, che determinò un nuovo ruolo politico dell’islam, accolta da gruppi di opposizione o governi in tutto
il medio oriente, stava diventando una questione che creava instabilità come in Egitto, in Libia, in Algeria, in Pakistan.
Si allentò la pressione araba su Israele, vennero firmati nel 1979 gli accordi Begin-Sadat, che portarono alla
restituzione del Sinai all’Egitto.
Il 16 ottobre 1978 veniva eletto papa con il nome di Giovanni Paolo II il cardinale Karol Wojtyla arcivescovo di
Cracovia, il primo pontefice non italiano da anni ed il primo slavo a salire alla soglia di San Pietro. Inoltre egli
proveniva da un paese comunista del Patto di Varsavia.
In Italia è il periodo del terrorismo di sinistra, con le brigate rosse e dell’approvazione di leggi come l’aborto. Il 16
marzo 1978, un commando delle Brigate Rosse rapisce Aldo Moro, presidente della Democrazia Cristiana e uccide i
cinque uomini della sua scorta. Il 14 aprile viene approvata la legge che depenalizza l'aborto. Il 9 maggio viene
ritrovato il cadavere di Aldo Moro. Il 13 maggio viene approvata la legge numero 180, ispirata al pensiero dello
psichiatra veneziano Franco Basaglia. Inoltre, il 15 giugno, a seguito delle polemiche suscitate dal libro La carriera di
un presidente di Camilla Cederna, e alle indiscrezioni che lo volevano coinvolto nello scandalo Lockheed, Giovanni
Leone si dimette da Presidente. Viene eletto Presidente della Repubblica il partigiano, anti-fascista e socialista
Sandro Pertini.

Il 68 fenomeno globale e i suoi aspetti italiani


Il 1968 fu un anno particolare in tutto il mondo, fu un anno di proteste e movimenti sovversivi in particolare parliamo
di proteste giovanili da parte degli studenti. In America i giovani protestavano contro l’intervento statunitense in
Vietnam sostenendo che non fosse una loro guerra. I giovani erano contrari ai modelli ideologici dominanti. In
Francia il 22 marzo vengono sospese le attività per poter cambiare i rapporti tra studenti e docenti. Poi ci spostiamo
a Praga dove avviene lo stesso come anche in Italia. Le richieste in generale sono una maggiore libertà, un
miglioramento del sistema scolastico, una diminuzione delle tasse universitarie e la riduzione del nozionismo e
aumentare la dialettica tra studenti e docenti. Questo fu un fenomeno globale perché ovunque i giovani hanno tutti
le stesse aspettative e contestano allo stesso tempo. Fu il primo movimento globale, ha generato una
globalizzazione. Fu un movimento anticapitalistico. Per quanto riguarda l’aspetto italiano di questo fenomeno c’è da
dire che qui le prime cause hanno a che fare con la scadenza del sistema scolastico, nonostante le riforme di Fanfani
il sistema era rimasto arretrato. A ciò si legò il problema della disoccupazione poiché c’erano troppi laureati e pochi
posti di lavoro necessari. Queste reazioni sono da legare a questioni internazionali: i giovani erano contrari agli
interventi in Vietnam, erano influenzati dalla rivoluzione culturale in Cina con Mao. Da questa situazione di
malcontento iniziarono quindi occupazioni delle università tra cui la Cattolica di Milano e Palazzo Campana di Torino.
In alcuni scontri si arrivò anche all’intervento della polizia.

La dittatura di Stalin: "socialismo in un solo paese" e industrializzazione forzata


Alla morte di Lenin nel 1922 si contrastano Trotzckij e Stalin, il primo a capo dell’Armata Rossa e sostiene
l’espansione del socialismo fuori dalla Russia, il secondo invece sostiene il socialismo isolato in Russia. Secondo
Trotzckij se la rivoluzione si fosse fermata alla sola Russia o alla sola fase della dittatura del proletariato, sarebbe
stata tradita. Per questo, dopo la guerra civile l’Armata Rossa continuò la sua espansione a est, ma fu fermata in
Polonia. Intanto in Germania e in Italia il biennio rosso veniva sconfitto. Stalin voleva industrializzare, pianificare,
riarmare l’URSS e successivamente esportare la rivoluzione (rivoluzione “per tappe”).Rafforzò gli aspetti totalitari del
regime: il PCUS coincideva con la volontà del suo capo. Creò un vero e proprio “culto della personalità”. Riguardo
l’industrializzazione forzata di Stalin dobbiamo dire che egli abbandonò la NEP e diede avvio ad una politica
economica interamente pianificata: vennero varati, dal 1928, i 3 piani quinquennali, che prescrivevano gli obiettivi
produttivi da raggiungere nei vari settori attraverso una vera e propria industrializzazione forzata. Nel giro di quattro
anni la produzione industriale raddoppiò, crescendo in modo incredibile: l’industria pesante e bellica produsse
aeroplani, automobili, trattori, macchine utensili che prima non esistevano in URSS. Allo stesso tempo però
l’agricoltura fu sacrificata, molti lavoratori furono uccisi poiché contrari al potere di Stalin. Nacquero i Gulag ovvero
campi di lavoro forzati dove appunto i lavoratori venivano portati per lavorare spesso in condizioni precarie. Negli
anni successivi, durante gli altri due piani quinquennali le condizioni migliorarono e aumentarono anche le
produzioni agricole e di industria leggera. Per rilanciare la produzione agricola, nel 1929 Stalin dà il via alla
collettivizzazione forzata delle campagne, che prevede la formazione di fattorie cooperative, unità produttive più
ampie che raccolgono i piccoli appezzamenti familiari di terreno. Ben pochi sono i contadini che accettano di far
parte delle cooperative, mentre la maggior parte dei kulaki, i contadini definiti «agiati» perché in possesso dei propri
campi e di alcuni capi di bestiame, vi si oppone fermamente. Poiché la collettivizzazione viene ritenuta necessaria
all'economia sovietica, Stalin decide che i kulaki devono essere deportati nei campi di lavoro. Quasi tutto il territorio
diviene infine produttivo.
Il centrismo degasperiano tra stabilità e riforme (1948-1953)
Nel 1948, il quarto governo De Gasperi segna la fine dell’unità resistenziale e l’avvio di una fase nuova nella vita
politica italiana, De Gasperi associa al governo i partiti minori di centro (liberali, socialdemocratici e repubblicani)
impostando il centrismo che durerà fino agli inizi degli Anni Sessanta. Il successo della politica economica ed il
conseguente rafforzamento della Dc spingono Togliatti e Nenni a passare al contrattacco, con manifestazioni di
piazza, che spesso si concludono con gravi disordini. L'esito elettorale decreta la netta affermazione della coalizione
guidata dalla Dc, mentre nel Fronte Popolare sconfitto, il Pci ottiene più consensi dell’alleato socialista (inizia così il
periodo dell’egemonia del Pci sulla sinistra italiana. Sul risultato elettorale del 1948 pesa anche l’influenza delle
vicende internazionali. Il colpo di stato in Cecoslovacchia, ad opera di un partito comunista minoritario spaventa
l’opinione pubblica. Così come fa paura la più o meno velata minaccia americana di escludere l’Italia dagli aiuti del
piano Marshall qualora le urne avessero sancito la vittoria del fronte di sinistra. Gli Alleati, inoltre, offrono a De
Gasperi la promessa del ritorno di Trieste all’Italia, mentre dagli USA arrivano lettere di italo-americani che esortano i
propri connazionali a non votare per i comunisti, esaltando la ricchezza ed il benessere che regnano negli Stati Uniti.
A ciò va aggiunto il diretto impegno in favore della Dc da parte della chiesa cattolica. Dopo il voto la tensione non si
smorza, in luglio, il leader comunista Togliatti subisce un attentato di conseguenza viene proclamato lo sciopero
generale e in tutte le piazze italiane i dimostranti si scontrano con le forze dell’ordine. La situazione viene ripresa e in
politica estera il governo, nonostante la durissima opposizione delle sinistre, decide l'adesione alla NATO, l'alleanza
militare e politica occidentale, mentre avvia una convinta strategia europeistica con l'adesione al Piano Schumann
(1950), al Trattato per la Comunità europea del carbone e dell'acciaio (1951) e al Trattato, poi naufragato, per la
Comunità europea di difesa (1952). Sul piano interno, è il momento delle grandi riforme. Mentre le scelte di politica
economica sostenute da Luigi Einaudi consentono di contrastare l'inflazione e avviare la ripresa industriale, in pochi
anni vengono approvate la riforma agraria per la distribuzione delle terre, la riforma Vanoni contro l'evasione fiscale
e un più equo sistema impositivo, la Cassa del Mezzogiorno, il piano INA Casa di Amintore Fanfani per la costruzione
di alloggi per i lavoratori, i piani per i cantieri di lavoro e rimboschimento per favorire l'occupazione.
Di fronte al pessimo quadro politico nei primi anni ‘50, De Gasperi fa approvare una riforma elettorale che punta alla
stabilità parlamentare mediante un “premio” di seggi assegnati alla coalizione di partiti che ottenga la maggioranza
assoluta dei voti. Il sistema, in pratica, è tale da consentire alla Dc di ottenere la maggioranza assoluta, a patto che
scatti il premio di maggioranza per la coalizione di centro. Alle elezioni del 1953 però l’operazione fallisce, anche a
causa della opposizione durissima contro quella che viene definita la "legge truffa".

La segmentazione internazionale dopo il 1929 e l'imperialismo fascista


La crisi del 1929 nasce negli USA a causa del suo sistema economico basato su una cattiva distribuzione sociale del
reddito e sulla scarsità del settore agricolo. L’economia inoltre non riusciva più ad assorbire quella sovrapproduzione
industriale e l’economia basata anche sulla borsa giunge così allo scoppio della “bolla speculativa” quando i valori
borsistici perdono e la bolla che si era ormai troppo gonfiata portò al crollo della borsa di Wall Street. La crisi si
espanse anche in tutta Europa nel giro di due anni e poi anche il mondo extraeuropeo con le colonie. Questa crisi
prese il nome di Grande Depressione. Ciò portò alla chiusura degli scambi internazionali e l’adozione di feroci
politiche protezionistiche, la comunità internazionale non ricercò una via di uscita comune dalla crisi. Tale scelta si
riflesse anche sul piano politico. Come reazione gli Stati crearono grandi aree economiche chiuse e reciprocamente
ostili guidate dalle grandi potenze. In questo modo il sistema economico internazionale era tornato ad essere
segmentato
All’inizio degli anni Trenta Mussolini ritiene che il clima internazionale sia favorevole a nuove conquiste per
l’imperialismo fascista. Rinuncia ai Balcani poichè troppo delicati per gli equilibri europei e si indirizza verso l’Etiopia,
unico Stato africano ancora indipendente, insieme con Egitto e Liberia. La spedizione coloniale, risolleva le sorti
dell’industria grazie alla necessità di produzione bellica e costituisce un possibile sfogo all’eccedenza di manodopera
agricola. L’azione italiana però suscita forti reazioni contrarie, sia in Europa che presso la Società delle Nazioni perché
il l’Etiopia presenta l’attacco al proprio Paese come un attentato alla pace internazionale, che mina gli equilibri di
potere in Africa; ma soprattutto perché è cambiata l’opinione pubblica dei Paesi europei verso l’Italia fascista.
Nonostante le sanzioni economiche fissate dalla Società delle Nazioni, la guerra di conquista dell’Etiopia ha inizio. È
una guerra breve ma crudele. I soldati italiani hanno il permesso di utilizzare gas di ogni tipo e di procedere a
bombardamenti indiscriminati, il che fa sì che la guerra, iniziata nell’ottobre 1935, abbia fine già nel maggio 1936,
con l’immediata proclamazione dell’impero.
Le conseguenze per l’Italia sono numerose, sul piano economico e su quello politico. Per quanto riguarda il primo,
Mussolini schiaccia ancor più il tasto sull’autarchia, mirando all’autosufficienza. Per quanto riguarda l’aspetto
politico, l’isolamento diplomatico avvicina l’Italia alla Germania di Hitler.

La rivoluzione sovietica e la nascita dell'URSS


La Rivoluzione Russa fu un evento a livello sociale e politico che caratterizzò la Russia dal 1917 sino al 1922, anno
della nascita URSS. Tale rivoluzione fu innescata dal fatto che la Russia stava soffrendo di grandi perdite a livello di
nazioni confinanti, ma anche a livello di morti, a causa dei tre anni passati partecipando nella guerra mondiale. Le
condizioni dei lavoratori e dei contadini erano misere e molti erano morti in guerra. Nel febbraio scoppia quindi la
rivoluzione che da Pietrogrado si estende a Mosca, lo zar proclama lo stato d’assedio e le truppe invece di
combattere i ribelli vi si uniscono. Da qui nascono due centri di potere, L’Vov che vuole continuare la guerra a fianco
dell’Intesa e il soviet di Pietrogrado guidato dai menscevichi e dai social-rivoluzionari. Il soviet è un’organizzazione
politica creata per la gestione del potere da parte della classe operaia. Nonostante questi ultimi erano stanchi della
guerra appoggiavano L’Vov e intanto Nicola II dovette abdicare per il fratello. i bolscevichi erano fuori dal governo
provvisorio appena creato e vi andavano contro, la loro opposizione crebbe al ritorno di Lenin in Russia. Lenin scrisse
le tesi di aprile affermando di rompere il governo provvisorio e di allearsi coi contadini tramite una riforma agraria. I
conflitti con i soviet continuarono e il governo L’Vov fallì. Inizia il governo di Kerenskij. Si giunge fino a ottobre
quando Lenin occupa con le truppe bolsceviche il Palazzo d’Inverno, sede del governo provvisorio. Costituì un
governo bolscevico e come prima cosa distribuì i territori dei grandi proprietari ai contadini, nazionalizzò le banche e
affidò la gestione delle fabbriche a una delegazione di operai. Poi col Trattato di Brest-Litovsk la Russia esce dalla
Guerra cedendo alla Germania numerose proprietà. Ciò provocò ne 1918 una guerra civile delle vecchie truppe dello
zar portando alla fine la vincita dell’armata rossa bolscevica la quale nel frattempo combatteva contro la Polonia con
cui firmò la Pace di Riga. Il ristabilimento interno finale consentì di organizzare i confini del nuovo Stato che nel 1922
prese il nome di URSS.

La strategia della tensione e il terrorismo rosso dopo il 1969


Con “strategia della tensione” ci si riferisce a quell’insieme di trame, di attentati e di stragi per spingere verso
l’instaurazione di uno Stato “forte”, autoritario, in grado di mettere fuori gioco i partiti di sinistra e di porre fine
all’ondata contestatrice di studenti e operai.
Pino Rauti fondò il gruppo “Ordine Nuovo”, uscendo dall’MSI. Un’ulteriore scissione portò alla nascita di
“Avanguardia Nazionale”, organizzazione estremista e paramilitare organizzata su due livelli: uno ufficiale, che
operava nella legalità, e l’altro clandestino, di commandos terroristici.
Nel giugno del 1969, morì Arturo Michelini, segretario del Movimento Sociale Italiano, sostituito da Giorgio
Almirante, già capo di gabinetto del ministero della Cultura Popolare della Repubblica Sociale Italiana (RSI), il quale
rappresentava l’aria fascista. Almirante volle recuperare la tradizione socialrivoluzionaria del fascismo che portò a
vari scontri.
Questi gruppi furono coinvolti nella strage di Piazza Fontana del 12 dicembre 1969.
Di lì questa dura contrapposizione eversiva ai moti studenteschi e operai, creò un clima definibile come una quasi
guerriglia urbana. I giovani divisero le città in zone di controllo in base al partito di appartenenza e ci furono azioni
violente anticomuniste. Si arrivò vicini al pensiero che potesse avvenire anche un colpo di stato da parte di questi
movimenti di estrema destra. Spesso soggetti di rilevante importanza statale vennero indagati per reati quali il
depistaggio, nel tentativo di modificare le prove relative agli attentati, spostando la responsabilità verso la sinistra.
Famoso fu lo scandalo della loggia P2, proprio in relazione alla tutela di questi movimenti, i cui membri furono
scoperti e condannati. C’era quindi una simpaticizzazione da parte dello Stato che cercava di tutelare qualsiasi azione
che potesse essere considerata anti-comunista.
Nel 1970 nasce l’organizzazione “Brigate Rosse”, secondo alcuni collegato ai moti studenteschi del 68-69.
Certamente molti dei sessantottini partecipanti alle proteste decisero di passare in seguito alla lotta armata ma
questa connessione non è confermata. L’organizzazione delle BR rivolse in principio la propria attenzione al mondo
delle fabbriche, tramite sabotaggi, passando poi nel marzo del 72 al primo sequestro di persona. L’ideologia delle
Brigate Rosse si basava sul pensiero che la fase della Resistenza al regime nazifascista non si fosse conclusa, ma fosse
stata sostituita da un’occupazione di tipo economico-capitalistico. Dal 1976 il nucleo storico brigatista si trovava
ormai in carcere, tranne Mario Moretti, da cui partì una “nuova fase” delle brigate rosse, caratterizzata da azioni più
cruente come il rapimento e l’assassinio di Aldo Moro.

Medio Oriente & Israele dal '48 al '73


In seguito alla costituzione della Lega Degli Stati Arabi, che puntò a ridurre sempre più il controllo occidentale, il
governo inglese decise di concentrare le posizioni navali su Cipro e Suez, riconsegnando il mandato sulla Palestina.
Gli ebrei scampati alla shoah (che richiedevano un rispetto della dichiarazione di Balfour quindi la costituzione di uno
Stato ebraico), migrarono verso la Palestina. Nelle loro file erano nate formazioni paramilitari che iniziavano a
scontrarsi con le organizzazioni arabe. L’ONU propose allora la spartizione della Palestina tra uno Stato ebraico e uno
arabo (a eccezione di Gerusalemme che sarebbe stata tripartita) . Il rifiuto dei palestinesi e della Lega Araba fece
scoppiare una guerra civile, a cui seguì, dopo la proclamazione dello Stato d’Israele nel 1948, una guerra tra
l’esercito ebraico e gli Stati Arabi. L’organizzazione militare degli arabi era carente e ciò permise agli ebrei di allargare
il controllo del territorio rispetto alla carta fissata. Parte della popolazione palestinese scappò dalla guerra altrove.
Una seconda fase di tensione in Medio Oriente, si ebbe con la crisi del canale di Suez, in seguito alla decisione del
governo egiziano di Nasser di nazionalizzare la Compagnia del canale nell’estate del 1956. Questa decisione nacque
come ritorsione in seguito al ritiro statunitense di un finanziamento che era già stato stanziato per costruire la diga di
Assuan sul Nilo (motivato col fatto che l’Egitto si sarebbe rivolto alla Cecoslovacchia per comprare armi). La forzatura
fu letta da parte inglese come contrasto aperto a ogni influenza occidentale in Egitto, maturò quindi l’idea di
concordare segretamente un intervento militare israeliano nel Sinai, a cui sarebbe seguito l’invio di truppe anglo-
francesi, che avrebbero cercato di detronizzare Nasser. L’impresa fallì per via delle dure distanze prese da URSS e
USA. L’invio di una forza di pace dell’ONU permise di contenere la crisi. Nel frattempo Israele riuscì a stringere
sempre più rapporti con gli USA, che temevano un’estensione dell’influenza nasseriana.
Nel 1967 Egitto e Siria, sostenuti da armi sovietiche, attuarono un blocco navale del golfo di Aqaba. La coalizione
araba fu però sconfitta nuovamente dall’esercito israeliano nella cosiddetta “Guerra dei sei giorni”. Lo Stato d’Israele
ne approfittò per occupare territori (tra cui Cisgiordania Gaza e Sinai), che non furono mai riconosciute dall’ONU, ma
che divennero insediamenti di coloni ebrei (tranne il Sinai). Nel frattempo si aggrava la situazione palestinese, che
porta alla costituzione dell’OLP (Organizzazione per la liberazione della Palestina), che determinò la crescita del
panarabismo, antiamericano e antioccidentale.
In seguito alla vittoria israeliana del 1967 ci fu un attacco egiziano e siriano di sorpresa nel 1973, giorno della festa
ebraica dell’Espiazione, che riaprì le ostilità. Israele rispose all’offensiva anche grazie al sostegno di armi americane.
La disfatta araba preoccupò l’URSS, che propose un intervento di mediazione sovietico-americana. Come
conseguenza, l’OPEC (che riuniva i paesi arabi produttori di petrolio), iniziò una strategia di aumento dei prezzi come
arma di pressione politica in chiave anti-israeliana, che determinò una crisi petrolifera di portata internazionale.

Crollo del fascismo e transizione politica del 1943


Il 1943 è l’anno decisivo per le sorti della seconda guerra mondiale e per quelle del regime fascista e vede il formarsi
di un movimento di opposizione organizzato, politico e militare, che prende il nome di Resistenza. La sconfitta delle
Armate dell’Asse sul fronte orientale a Stalingrado e su quello dell’Africa Settentrionale, determinano un mutamento
nell’andamento delle operazioni belliche: l’iniziativa passa infatti alle forze alleate contro le dittature nazifascista.
Gli anglo-americani sbarcarono poi in Sicilia: davanti all’evidente sconfitta imminente, il regime fascista entrò nella
crisi finale, con la rottura del partito e la dissociazione da parte della monarchia. Nel 1943, il “Gran Consiglio del
fascismo” approva un documento contro Mussolini, che venne fatto arrestare. Il governo fu affidato al maresciallo
Pietro Badoglio, che chiese l’armistizio, il quale venne annunciato l’8 settembre. L’occupazione tedesca del paese
non era però terminata, e l’Italia fu teatro di ulteriori scontri per altri 20 mesi. Vi fu una diffusione di istanze nazionali
e di schemi antifascisti nella Resistenza e nelle lotte di liberazione contro l’occupazione nazista. In Italia non furono
facili ne la cooperazione di forze antifasciste, ne i loro rapporti con la monarchia e il governo di Badoglio, nel ‘34 però
un’intesa tattica fece emergere la priorità della lotta di liberazione nazionale contro l’occupante tedesco e contro la
reincarnazione del regime fascista nella Repubblica Sociale italiana (detta di Salò). L’Italia è praticamente divisa in
due: Roma e il centro-nord sono sotto l’occupazione tedesca e il governo fantoccio della Repubblica sociale di Salò; il
meridione da Cassino è presieduto dalle forze alleate con il governo del maresciallo Badoglio. La situazione sarebbe
proseguita con battaglie della Resistenza partigiana fino al 1945, con la caduta dell’Asse e di Salò.

L'Europa dal '89, allargamento e euro


Il crollo del comunismo nei paesi dell’Europa centrale e orientale, iniziato in Polonia e Ungheria e simbolizzato dalla
caduta del muro di Berlino il 9 novembre 1989, ha cambiato l’Europa. Dopo oltre quarant’anni di divisione, la fine del
bipolarismo tra Oriente ed Occidente ha innescato un processo di unificazione. In seguito all’annessione della DDR
da parte della BDR, e quindi all’unificazione tedesca, la totalità della Germania fece parte delle Comunità europee.
Nasce l’idea di una possibile unificazione europea.
Nel 1990, a Parigi, si decise di creare una vera e propria organizzazione permanente (Osce, Organizzazione per la
sicurezza e la cooperazione in Europa), dotata di poteri di intervento nelle situazioni di crisi. Nel frattempo venne
anche sciolto il Patto di Varsavia, determinando la vicina fine dell’URSS.
La svolta a livello Europeo si ebbe nel 1992, con il “Trattato di Maastricht, il quale approfondì l’integrazione,
trasformando la Comunità in Unione Europea, collegando la cooperazione dei trattati Cee che si occupava del
mercato interno, a due nuovi pilastri di progettata integrazione, sulla politica estera ed interna e di giustizia. Nel
frattempo ci si avviava al percorso di unificazione monetaria. Si ipotizzava un’Europa a moneta unica, che avrebbe
dovuto avviarsi nel giro di dieci anni, fino alla nascita dell’euro (entrato effettivamente in circolazione dal 2002, senza
la partecipazione inglese). Doveva essere fin dall’inizio una moneta governata da una Banca centrale europea
indipendente, attenta alla stabilità anti-inflazionistica e soprattutto basata su una virtuosa convergenza delle
politiche di bilancio dei paesi (i “Criteri di Maastricht” fissavano le soglie di questa autolimitazione). La moneta unica
era una scelta di rigore finanziario, ma si trattava anche di un’iniziativa dalle potenzialità politiche, per il possibile
ruolo dell’euro come moneta internazionale che si affiancasse al dollaro, facendo godere l’Unione degli stessi
vantaggi di libertà riservati fino ad allora agli USA. L’inizio del cammino non fu facile: nei primi mesi dalla firma del
trattato, una ventata speculativa fece saltare lo Sme, affondando la Lira e la Sterlina. I mercati furono però
tranquillizzati ben presto dalla prosecuzione del percorso tra i rimanenti Stati. Benefici sempre più diffusi della scelta
si evidenziarono nella convergenza dell’inflazione e soprattutto dei costi di indebitamento dei paesi che si
apprestavano a entrare nella moneta unica.

Ostpolitik
Termine con cui si definisce il “nuovo corso” della politica estera della Repubblica Federale di Germania, dal
cancelliere Willy Brandt (1969-74) riconciliare la Germania col passato e doveva servire per una nuova era di rapporti
pacifici con l’est e con la DDR. Le tappe più importanti dell'Ostpolitik: il trattato di “non aggressione” con l'Unione
Sovietica (1970); il Trattato di Varsavia (1970) che ha sancito il riconoscimento del confine occidentale della Polonia,
e infine, il Trattato con la Cecoslovacchia (1973) con cui è stato abrogato il Patto di Monaco. Pur proseguendo con
slanci alterni, l'Ostpolitik ha rappresentato un punto di forza del processo di distensione culminato nella Conferenza
di Helsinki (1975) che ha confermato un accordo di sicurezza e cooperazione europea. Proprio la prosecuzione di una
politica di attenzione ai processi politici in corso nell'Est europeo ha facilitato, nel quadro di disfacimento dei regimi
comunisti, la riunificazione della Germania (1990).

Rapporto tra biennio rosso e movimento fascista


Nella memoria collettiva degli italiani il biennio 1919-1920 è noto come il "biennio rosso".Le masse rurali sono tutte
in ebollizione: al sud come al nord. La ragione è sempre la stessa: rivendicano il diritto alla proprietà della terra da
essi lavorata, soprattutto nelle campagne padane i braccianti in sciopero riescono ad ottenere consistenti aumenti
salariali e il controllo del collocamento.
Questo protagonismo delle masse trovò sbocco in una crescita vertiginosa dei sindacati - che raggiunsero i 4 milioni
di iscritti. Nel settembre 1920 gli operai metallurgici risposero ad una serrata padronale occupando le officine e
proseguendo la produzione negli impianti presidiati da "guardie rosse" armate. L'occupazione delle fabbriche fu in
effetti una prova di forza decisiva, alla quale tuttavia la dirigenza del Partito socialista non seppe dare uno sbocco
politico. Con l'abile mediazione del vecchio Giolitti essa si concluse con un compromesso che sulla carta
soddisfaceva le richieste salariali dei metallurgici, ma che nella pratica neutralizzava il movimento operaio e
riconfermava l’autorità del padronato.
Apparve allora evidente il limite più grave di quel ciclo di lotte operaie e contadine: quello di non riuscire a saldarsi in
un movimento unitario. Il socialismo italiano soffriva di una profonda divisione tra i massimalisti, che si
proclamavano rivoluzionari, ed i riformisti, che invece auspicavano una politica di collaborazione con le classi
dirigenti, il contrasto fra i due gruppi impedì al partito di operare con efficacia o per la rivoluzione o per le riforme.
Mentre la reazione armata squadrista continuava a dilagare, esplosero le profonde divisioni di un movimento
operaio ormai in ritirata. Nel settembre 1919 un corpo di volontari con a capo il poeta Gabriele D'Annunzio occupò la
città di Fiume per annetterla all'Italia. L "impresa di Fiume" non produsse alcun risultato, ma, mise in evidenza la
debolezza della classe dirigente liberale.
Fu in questo delicato momento di passaggio che balzò alla ribalta una nuova forza politica, fondata dall'ex socialista
(espulso dal partito socialista perché favorevole alla guerra) Benito Mussolini nel marzo 1919 e rimasta sino ad allora
marginale: il fascismo. Alla loro nascita i "Fasci di combattimento" avevano riunito piccoli gruppi di futuristi, ex
sindacalisti rivoluzionari e "Arditi", membri cioè delle truppe d'assalto della "grande guerra".. La vera novità del
movimento fascista fu l’introduzione della violenza nella lotta politica: il fascismo si organizzò dopo l'estate 1920 in
squadre paramilitari e scatenò una violenta guerra sociale. L'imponente rete delle organizzazioni socialiste venne
distrutta in meno di 10 mesi.
La violenza "squadrista" incontrò solo deboli resistenze da parte di un movimento operaio abituato a mezzi pacifici di
lotta politica e approfittò invece della connivenza delle autorità e degli apparati dello stato. Alle nuove elezioni
politiche del maggio 1921 i fascisti vennero inclusi nei "blocchi nazionali" promossi dalla vecchia classe dirigente:
guadagnando crescenti consensi fra i ceti medi e non poche simpatie fra i liberali e i cattolici più conservatori.
Tra il 1921 e il 1922 venne definitivamente sconfitta l'opposizione di sinistra e nel vuoto aperto dal collasso dello
stato liberale si verificò nel paese un vasto travaso di poteri e consensi verso la destra estrema. Nel novembre 1921 il
movimento dei fasci si costituì in Partito nazionale fascista, contando ben 300.000 iscritti.

Le conseguenze della Prima Guerra Mondiale in Medio Oriente


Dopo la Prima Guerra Mondiale i possedimenti extraeuropei delle grandi potenze divennero solo territori a loro
affidati da avviare all’indipendenza, ciò tramite i “mandati” della Società delle Nazioni. Finiva quindi il colonialismo
europeo, le potenze facevano da tutori in attesa che questi territori diventassero autonomi. Per quanto riguarda il
Medio Oriente nacque un interesse per il petrolio oltre che per la posizione strategica. Francia e Inghilterra si
spartirono le zone d’influenza di quest’area proprio per questo motivo. La Francia si fece mandataria del Libano e
della Siria mentre la Gran Bretagna della Palestina, Iraq e Transgiordania. Intanto nella penisola araba si affermava il
regno di Ibn Saud che fu motivo di complicazione per il potere della Gran Bretagna sul territorio, decise quindi di
dare indipendenza all’Egitto con una monarchia costituzionale mantenendo il controllo del canale di Suez. Un’altra
complicazione fu la dichiarazione di Balfour: molti ebrei dall’Europa si spostarono in Palestina dove fu promessa la
Jewish National Home. Da qui partirono le tensioni con le popolazioni arabe già presenti. Un altro avvenimento
importante fu il revisionismo del Trattato di Sèvres riguardo i turchi: venne creato uno Stato armeno e un Kurdistan
autonomo prevedendo poi la colonizzazione greca e italo-francese. Ciò portò alla rivoluzione dei nazionalisti
musulmani guidati da Mustafa Kemal che proclamarono la Repubblica di Turchia con una vera e propria guerra
contro la Grecia. Ci fu la revisione dei Trattati con il nuovo Trattato di Losanna del 1923 che consolidava il territorio
della Tracia e dell’Anatolia sotto il nuovo governo.
Comunismo di guerra, nuova politica economica, nascita URSS
Per comunismo di guerra si intende quell'insieme di provvedimenti economici e sociali presi nella Russia
postrivoluzionaria guidata da Lenin e dal Partito Comunista Russo (bolscevico) tra il 1918 e il 1921 durante la guerra
civile russa, iniziò nel giugno 1918, applicato dal Consiglio superiore dell'economia nazionale. Dal punto di vista
economico a causa delle pessime condizioni si parla appunto di comunismo di guerra che prevedeva: la
statalizzazione delle attività industriali, la nazionalizzazione e non controllo operaio, il lavoro obbligatorio e la
militarizzazione dell’organizzazione di fabbrica, il razionamento dei generi alimentari e le requisizioni forzate e infine
le prime isolate forme di conduzione socialista della terra i sovchoz e le comuni di produzione. Questi provvedimenti
erano volti a risolvere i problemi della produzione e dell’approvvigionamento ma in realtà provocarono difficoltà e
tensioni sociali che sfociarono nell’ammutinamento dei militari della base navale di Kronstadt nel 1921. La tensione
portò a passare a una Nuova Politica Economica (NEP), un adattamento alle situazioni con lo scopo di riconciliarsi al
mondo contadino e la risoluzione dell’approvvigionamento. Vennero abolite le requisizioni sui prodotti agricoli
sostituito con l’imposta, fu possibile per i contadini il libero commercio, possono anche decidere come coltivare,
possibili espansioni e sfruttamenti individuali del suolo con pratiche collettive e ritornò la gestione provata delle
aziende sotto i 20 operai, inoltre venne lasciata autonomia amministrativa alle industrie e abolita l’uguaglianza dei
salari e si procedette alla costituzione di società miste con capitale straniero. Si parla di capitalismo di stato che
mantiene il monopolio. La NEP riuscì a riportare l’equilibrio nelle campagne ma portò anche al riemergere dei ricchi
contadini kulaki e nasce la classe dei trafficanti arricchiti nepmen.
Intanto nel 1922 Lenin viene colpito da una paralisi e morirà nel 1924. Inizia la lotta per la successione ed emerge
Stalin con cui finisce la prima fase della Russia Sovietica e anche la fine dell’idea di rivoluzione permanente. Si passa
alla teoria del socialismo in un solo paese.

La rivoluzione russa tra febbraio e ottobre del '17


Le premesse della rivoluzione vedono una Russia in cui la politica è arcaica e autocratica, l’economia è agricola,
Rasputin aveva influenzato lo zar, la rivoluzione del 1905 portò alla nascita della Duma (parlamento) e dei primi
soviet (consiglio- organismi rivoluzionari dei lavoratori) a Pietroburgo e Mosca.
Al momento abbiamo 3 partiti: il partito operaio socialdemocratico si spacca in due nel 1903: bolscevichi
(maggioritari) e menscevichi (minoritari), i primi guidati da Lenin si staccano dalla tradizione del movimento operaio
occidentale, propugnano la necessità di un partito in mano a rivoluzionari e si oppongono all’intervento in guerra. I
secondi sono guidati da Martov e la loro idea di un ampio partito e parla della necessità di arrivare alla rivoluzione
borghese e poi proletaria, sono favorevoli alla guerra. L’altro partito è quello costituzionale democratico. Poi
abbiamo i socialisti rivoluzionari. Il febbraio 1917 a Pietrogrado scoppia la rivolta, un moto popolare spontaneo che
le truppe non sono in grado di controllare, la città è nelle mani degli insorti che costituiscono un soviet. Si cerca
quindi la soluzione di un governo provvisorio guidato da L’Vov con cui entra Kerenskij. Lo zar abdica e la rivoluzione
dilaga. Abbiamo quindi due poteri: soviet e governo. Ad aprile Lenin arriva in Russia e diffonde le Tesi di Aprile
sostenendo che la guerra imperialista deve diventare guerra contro la borghesia e i gruppi dominanti. In più scrive
che la Russia è il paese adatto alla rivoluzione marxista, rovescia la teoria originale che parlava della necessità di un
paese avanzato per poter fare una rivoluzione. Lo scopo finale della rivoluzione sarebbe stata la repubblica dei
soviet. Il luglo scoppia una rivoluzione di operai e soldati che sono contrari alla partenza di altri soldati in Galizia.
Molti bolscevichi sono arrestati e Lenin scappa. Si forma il nuovo governo di Kerenskij più conservatore. Kornilov
tenta un colpo di stato di destra ma viene fermato dalla guardia rossa, ciò porta a un rafforzamento del consiglio dei
bolscevichi che assumono il controllo soviet di Mosca e Pietrogrado con presidente Trotzkij. La nuova influenza
bolscevica pone le basi per i 10 giorni che sconvolsero il mondo, Lenin passa all’azione, 6-7 novembre (ovvero 24-25
ottobre del calendario russo) scoppia la rivolta a Pietrogrado, il 7 si ha la presa del Palazzo d’Inverno.

La guerra parallela Italiana durante la Seconda Guerra Mondiale: i suoi fallimenti fino al ’43
10 giugno 1940 l’Italia entra in guerra perché secondo Mussolini non esistono altre possibilità come mediatori,
pensando a un conflitto lampo vedendo le prime vittorie di Hitler, Mussolini si convince a entrare in guerra così al
termine si sarebbe garantito almeno qualche spoglia. Entra nel conflitto e Mussolini vuole tentare una guerra
autonoma e parallela per costruire un proprio impero mediterraneo e balcanico. La sua idea iniziale era di attaccare
la Libia per liberarsi degli inglesi a Suez ma cambiò programmi attaccando nell’ottobre del 1940 la Grecia. Questo
combattimento finì male per l’Italia che si vide di fronte a una forte resistenza greca e dovette aspettare il futuro
intervento tedesco che ottenne la vittoria su Grecia e Iugoslavia nel 1941. L'Asse aveva poi deciso di portare le
operazioni militari in Africa: l'occupazione del canale di Suez avrebbe colpito le colonie inglesi e bloccato i
rifornimenti all'Inghilterra. La nostra Marina dovette operare priva di portaerei, di una propria aviazione
specializzata, senza radar; tuttavia tenne testa alla controffensiva inglese per oltre tre anni. L'Africa Orientale non
poté più avere rifornimenti e fu abbandonata a se stessa, ma, per ordine del Duce, le truppe italiane attaccarono la
Somalia inglese a avanzarono verso l'Egitto (agosto-settembre 1940). Dopo qualche successo iniziale dal 1942 iniziò
invece la rovina dell’Asse perché gli Stati Uniti iniziarono ad aiutare la Gran Bretagna e in più nel 1943 essi
sbarcarono in Sicilia e l’Italia fu costretta ad arrendersi con il maresciallo Badoglio a capo dell’operazione poiché
Mussolini era stato fatto arrestare proprio dal Consiglio del fascismo.

Cause e svolgimento della 1°guerra mondiale


L'Europa era scossa da una serie di crisi nei rapporti internazionali e da conflitti locali che contribuirono ad acuire la
tensione tra le varie potenze. L'Inghilterra, la maggiore potenza navale, industriale e coloniale del mondo, male
sopportava la concorrenza della Germania che si era impegnata in una corsa all'ingrandimento del suo impero
coloniale, mirando alla supremazia nel continente. La Russia, fermata dal Giappone nel 1905 nelle sue mire
espansionistiche in Oriente, concentrò di nuovo la sua attenzione sulla penisola balcanica, scontrandosi con gli
interessi dell'Austria, spalleggiata dalla Germania. Nel 1907 gli schieramenti contrapposti, legati ai vari interessi in
gioco, erano ormai chiari, tanto che Francia, Inghilterra e Russia stipularono l'accordo della triplice intesa, in funzione
anti tedesca ed anti austriaca, accordo tramutato in alleanza vera e propria nel 1914. Nel 1911 si aprì una nuova crisi
marocchina tra Francia e Germania. Nel 1912 abbiamo la prima guerra balcanica contro i turchi. La tensione, aveva
poi determinato l'affannosa corsa agli armamenti, specialmente da parte tedesca. In Serbia era sempre più attiva
all'azione degli irredentisti slavi che preoccupava l'Austria per l'integrità del suo impero. Fu proprio in questo settore
che scoppiò la scintilla che fece esplodere la prima guerra mondiale. Il 28 giugno del 1914 l'arciduca Ferdinando
d'Austria e sua moglie furono assassinati a Sarajevo da uno studente bosniaco. L’Austria inviò alla Serbia un
durissimo ultimatum e ricevendo un rifiuto da quest’ultima il 28 luglio l’Austria dichiarò guerra alla Serbia. Nel giro di
pochi giorni, scattò il sistema delle alleanze. Immediatamente Russia scese in campo a sostegno della Serbia
innescando la contro-mobilitazione tedesca ed il giorno dopo anche la Francia e l’impero britannico. La Germania
bloccata pensa di mettere in atto i piano Schlieffen ovvero passare per Belgio neutrale e attaccare i francesi e poi
spostarsi verso est ma i belgi bloccano i tedeschi che si rendono colpevoli di molti crimini di guerra pur di proseguire.
Da qui inizia la guerra di posizione in cui si coordinavano bombardamenti e attacchi umani da una trincea all’altra,
una guerra di logoramento.
Intanto l’Inghilterra cerca di bloccare la Germania via mare ma essi li sconfiggono con gli U-Boot che usarono per
attaccare anche gli USA che aiutavano gli inglesi. Intanto l’impero ottomano entra a fianco della Germania. Anche il
Giappone entra in guerra contro la Germania occupando diverse sue colonie. L’Italia in precedenza neutrale
dichiarerà guerra alla Germania solo nel 1915, dopo aver firmato il Patto di Londra (per ottenere il completamento
dell’unità nazionale con Trento, Trieste ed alcune zone dell’Istria e della Dalmazia). Ogni attacco italiano risultò
fallimentare e intanto sul fronte orientale i russi si ritirano. Entra poi la Bulgaria a fianco della Germania. Avremo poi
la battaglia di Verdun, la più lunga tra Germania e Francia. Gli inglesi intanto convincono La Mecca a intervenire al
loro fianco promettendo la nascita di un futuro Stato musulmano sui territori dell’impero una volta finita la guerra.
Stringono anche un accordo coi francesi che entrerà in contrasto col precedente. Nel 1917 i tedeschi iniziano a capire
che potrebbero perdere, decide quindi di riprendere con i sottomarini per affondare le navi mercantili. Gli inglesi a
questo punto intercettano un messaggio tedesco con il Messico a cui propone di allearsi, gli USA così entrano in
guerra. La Russia con la rivoluzione interna si indebolisce. Entrerà poi anche la Cina in aiuto degli Alleati.
La Russai decide di uscire dalla guerra e così il fronte orientale si sposta. Con l’arrivo degli americani e il blocco
navale contro la Germania inizia a mostrare come finirà la guerra: gli Alleati sono i vincitori.

L’Italia nella Seconda Guerra Mondiale: 1940-1943


Scoppiato il conflitto Mussolini riesce a dichiarare l’Italia non belligerante nonostante i due Stati fossero legati dal
Patto d’Acciaio, questo perché Hitler aveva attaccato la Polonia e aveva firmato il patto Molotov-Ribbentrop senza la
consultazione italiana. L’Italia entrerà in guerra il 10 giugno 1940 quando Mussolini convinto della possibilità di
ottenere qualche spoglia dalla guerra che sembrava una guerra lampo decide di invadere la Grecia per espandere il
proprio territorio nel Mediterraneo e nei Balcani. L’Italia portò la guerra anche in Africa nelle colonie in Libia e in
Africa Orientale…. VEDI PRECEDENTE

La seconda Guerra Fredda


Negli anni ‘80 si parlava di una seconda guerra fredda che portò alla fine del periodo della distensione. Da una parte
si trattò di un contraccolpo delle dinamiche rivoluzionarie nel Terzo Mondo e dell’altro fu effetto della divergenza tra
le superpotenze per come intendevano il nuovo processo della competizione economica globalizzata. Reagan rilanciò
il riarmo già intrapreso da Carter ma con toni duri contro il comunismo internazionale e l’Unione Sovietica. Per
rispondere alle minacce occorreva consolidare il sistema economico, rafforzare la dotazione militare e alzare la
pressione diplomatica sull’URSS. Il riarmo aveva anche una funzione essenziale ovvero rilanciare l’economia liberista
della crescita produttiva interna e contrastare la stagnazione del 1981-82. Il governo quindi aumentò le forze
convenzionali terrestri e marine sviluppando costosi programmi di innovazione per l’aeronautica e modernizzando il
settore dei missili. Ci fu nel 1983 anche lo sviluppo del Strategic Defense Initiative, un sistema di dispositivi sui
satelliti che avrebbero distrutto ogni missile in arrivo verso gli USA. Si pensò che facesse parte di un tentativo a
indurre l’URSS che aveva un’economia arretrata a competere. Tra il 1982 e 1984 i canali riservati alle superpotenze
vennero interrotti, nel 1983 ci fu la crisi degli euromissili e a Mosca si diffuse la paura di un possibile attacco nucleare
dagli USA. Intanto continuava la confrontation nel Terzo Mondo, l’America cercava di influenzare a proprio favore
regimi e partiti salvaguardando relazioni economiche. Reagan mandava aiuti per sedare guerriglie comuniste
(America Latina, El Salvador, Guatemala, Nicaragua, Angola, Afghanistan).
I paesi europei volevano evitare di allontanarsi da quella distensione che si era protratta per quegli anni fino al
riamo reageniano. Gran Bretagna nel 1982 fece una rapida mossa per conquistare le isole Falkland all’Argentina.
Intanto cresceva l’importanza economica della Brd.

L'economia keynesiana e il Welfare State del secondo dopoguerra


Quando le sorti della guerra erano più chiare gli Alleati iniziarono a tenere delle conferenze per stabilire in anticipo la
linea della pace futura. In queste conferenze emerse la questione economica tra le preoccupazioni degli americani:
bisognava garantire la cooperazione internazionale. La potenza economica più solida doveva garantire stabilità e
crescita internazionale. Nel 1944 fu tenuta la conferenza monetaria e finanziaria di Bretton Woods nella quale
emerse la proposta dell’economista inglese Keynes: un organismo deve gestire una moneta internazionale detta
bankor senza imporre però margini di fluttuazione monetaria e di flessibilità delle politiche economiche degli
aderenti. Invece di questa proposta però fu accettata quella statunitense che voleva invece il continuo cambio fisso
tra le monete e lo strumento di compensazione più limitato e non automatico tra gli Stati creditori e debitori: gli USA
volevano mantenere i propri margini d’azione e offrirono infatti il dollaro come perno di tutto il sistema
garantendone la convertibilità in oro.
Nel secondo dopoguerra continuarono però problemi di cooperazione tra le grandi potenze: Londra ebbe un duro
braccio di ferro con gli USA per difendere il proprio sistema imperiale e il blocco monetario della sterlina. Il governo
Attlee creò un sistema di Welfare State: Stato sociale. Questa denominazione designa un sistema socio-politico-
economico in cui la promozione della sicurezza e del benessere sociale ed economico dei cittadini è assunta dallo
Stato come sua responsabilità, con particolare riguardo per il sistema educativo e formativo, le politiche del lavoro,
la prevenzione e la tutela della salute, la previdenza, l'assistenza delle fasce più deboli della società, il sostegno delle
famiglie. Per prima la Gran Bretagna con il partito laburista impone questo sistema per garantire a tutti assistenza
pubblica. Questo sistema si diffuse in tutta Europa dato il bisogno di maggiore uguaglianza per condizioni di vita
dignitose.

Gli anni ’50 nella politica internazionale: la crisi del 1956


La prima metà degli anni ’50 vede la stabilizzazione dei due blocchi lasciando affievolire le tensioni tra potenze.
Questo periodo segna negli USA il culmine della second red scare con la paura dell’allarme spionistico e delle
infiltrazioni comuniste. Un altro elemento di tensione era l’idea di mondo libero della Spagna franchista e gli
spostamenti verso sinistra di alcuni paesi europei. In questo periodo sale al potere Eisenhower. Il 1953 fu anno di
mutamento con la morte di Stalin perché il nuovo sovrano tentò di cambiare dalla situazione del dopoguerra,
Malenkov fece riforme economiche, il Gulag fu ridimensionato e la censura allentata. Nel 1955 ci fu la Conferenza di
Ginevra con pochi risultati ma simbolo di una ricerca di stabilità internazionale. Lo stesso anno abbiamo il Patto di
Varsavia che bloccava il comunismo, avremo una crisi del movimento comunista mondiale che vede ad esempio
l’Ungheria nel tentativo di proclamare la neutralità, verrà fermata comunque dalle truppe russe che occuparono
Budapest. In occidente c’era la questione del Canale di Suez: l’Egitto voleva nazionalizzare la Compagnia del Canale,
di conseguenza francesi e inglesi volevano rispondere con l’invio di alcune truppe ma l’Onu bloccò questa
operazione. Invece gli Stati Uniti allacciarono intanto un grande rapporto con Israele.
Un anno importante fu il 1956 che vide stabilizzare ancora di più i blocchi: comandano URSS e USA. L’URSS grazie a
Chruscev conobbe un rafforzamento, l’economia reggeva la sfida della crescita con gli USA con successi in campo ad
esempio aerospaziale e intanto decide tener conto degli interessi nazionali dei paesi satelliti. Nello stesso anno l’Onu
raggiunge un assestamento: l’organizzazione si allarga e si consolida, entrano Italia e altri paesi ex satelliti dell’Asse.
Germania e Cina dovettero ancora aspettare. L’Onu era l’unica organizzazione di dialogo e cooperazione
internazionale.

La situazione internazionale dell’Italia dopo il 45 Costituzione, costituente e il referendum


Dopo la Seconda Guerra Mondiale l’Italia ebbe un trattato con gli alleati dell’Asse, questo trattato portò delusioni
perché vide Trieste, che era contesa con la Iugoslavia, staccarsi e diventare un territorio libero e le colonie furono
perse tutte. Internamente all’Italia nel 1945 abbiamo prima il governo Parri: l’idea era di non portare più al potere
personaggi legati al fascismo e di creare un governo che rappresentasse l’intera nazione in ogni sua parte. Questo
primo governo comprendeva: DC, PCI, Pd’A, PSIUP, PLI, DL. Tutti insieme formavano il CLN (Comitato di Liberazione
Nazionale). Nello stesso anno avremo poi il primo degli 8 anni di governo di De Gasperi.
Si giunse al momento decisivo tra repubblica o monarchia, il 2 giugno 1946 ci fu il referendum per chiedere ai propri
elettori quale fosse la scelta. Questo referendum ebbe grande importanza perché fu il primo a suffragio universale,
anche le donne erano chiamate al voto e furono istituiti gruppi appositi per approfondire per poter scegliere
autonomamente. 2 GIUGNO 1946: prevalsero la DC e i partiti di massa democristiani, socialisti e comunisti erano i
primi. Prevalentemente a Nord le votazioni furono repubblicane a Sud monarchiche. Nacquero delle difficoltà e
Umberto decise di abdicare facilitando la situazione e mettendo fine a un possibile conflitto, egli fu definito “re di
maggio” poiché in carica per poche settimane. Il 18 giugno furono dati i risultati: REPUBBLICA. Enrico De Nicola
divenne Capo provvisorio dello Stato.
L’Assemblea della Costituente per il lavoro sulla Costituzione organizzò una commissione di 75 membri. Il Presidente
della commissione Ruini aveva così organizzato i lavori:
18 della commissione guidati dal democristiano Tupini per “Diritti e doveri dei cittadini”
18 della commissione guidati dal comunista Terracini per “Organizzazione costituzionale dello Stato”
18 della commissione guidati dal socialista Ghidini per “Lineamenti economici e sociali”
Ruini coordinava dall’esterno e alla fine creò un comitato più stretto per evitare troppe sovrapposizioni. De Gasperi
ne rimase fuori. Non mancarono i conflitti ad esempio tra Chiesa e Stato tanto che a volte si parlava di compromesso
storico. Questa nuova Costituzione era molto rigida, essa evitava qualsiasi tipo di scivolamento autoritario, cercava di
dare maggiore valore al parlamento. Si creò un equilibrio tra Stato centrale e autonomie locali creando le regioni con
poteri sufficientemente forti per non renderle organi di decentramento, fermandosi sulla soglia del federalismo. Fu
deciso il sistema di elezione proporzionale ma non fu registrato sulla Carta. Solo a metà degli anni ’50 poi essa fu
completamente messa in atto. Per anni si combattè la guerra della Costituzione non messa in atto o tradita. Con
l’entrata della Costituzione nel 1948 ci furono le prime elezioni per la Camera dei Deputati e per il Senato della
Repubblica.

La Guerra Fredda Italiana


Finita la Seconda Guerra Mondiale De Gasperi si trova di fronte a una situazione complicata, nel mondo si
contrappongono USA democratico e URSS comunista e all’interno in Italia egli decide di cucire insieme queste due
identità e nel 1948 socialisti e comunisti verranno cacciati dal governo. L’Italia ora è una Repubblica ma è un paese
sconfitto e povero, la situazione economica era critica. A livello internazionale la situazione si sta deteriorando con i
due blocchi tra capitalismo e comunismo. Conferenza di Pace di Parigi per riorganizzare la situazione in Europa, De
Gasperi rappresenta l’Italia e cerca di spostare la visuale verso le democrazie statunitensi. De Gasperi si reca infatti a
Washington per stringere l’alleanza americana. Il nostro paese impoverito cercava aiuto economico, intanto la
politica estera del nostro paese raggiunge un’atlanticizzazione. Il primo passo concreto per l’Italia fu l’invio nel 1947
110 milioni di dollari e alimenti e poi l’inserimento nel piano Marshall per sostenere la nuova Italia, già prima
durante la guerra col piano UNRRA. L’Italia essendo in mezzo tra oriente e occidente è un territorio importante per
gli equilibri mondiali, era importante che diventasse un paese democratico. Ora il Presidente Truman elabora la
dottrina Truman del contenimento dell’avanzata comunista nel mondo. Nel 1947 nasce il Cominform che riunisce i
partiti comunisti europei, nei confronti dell’Italia i sovietici impongono un veto contro l’ingresso all’Onu dell’Italia. Si
determinò la spaccatura tra i partiti con la nascita del PSDI di Saragat che si separa dal PSI di Nenni, c’è un periodo di
agitazione in cui le sinistre guadagnano voti. Una delle pressioni che De Gasperi deve ora contrastare è la possibile
frattura della DC. Nella mobilitazione dell’elettorato ebbe importanza l’azione di Gedda che voleva partecipazione
dell’Azione Cattolica con la DC. L’Italia rimane fedele a De Gasperi che spingeva verso più contatti con gli altri Paesi, i
voti del 18 aprile 1948 porteranno a intraprendere appunto questa via democratica.

Resistenza, Repubblica Sociale Italiana (RSI) e occupazione della Germania


Con il termine esistenza si indicano tutti i movimenti di opposizione che diedero vita, nel corso della Seconda guerra
mondiale, a forme di lotta armata e non armata contro il nazifascismo. Si tratta di un fenomeno di rilevanza europea
che tocca, seppur in forme diverse, tutti i paesi che conobbero l’occupazione militare nazista e/o fascista. Nel caso
italiano di resistenza si parla a partire dall’8 settembre 1943 quando, dopo il fallimento della guerra fascista e la
manifesta impossibilità di proseguire le ostilità contro gli Alleati anglo-americani, che avevano conquistato dal luglio
1943 gran parte del Meridione d’Italia, per iniziativa di quelle forze politiche e sociali che si erano riconosciute nel
regime fascista e che avevano estromesso Mussolini il 25 luglio 1943, si giunse ad un armistizio che segnò la fine
delle ostilità.
La repubblica sociale italiana (RSI) nasce nel 1943, comprendeva le regioni del Centro-Nord a eccezione del Trentino,
dell’Alto-Adige, della provincia di Belluno, del Friuli e della Venezia Giulia, dell’Istria, annesse di fatto al Terzo Reich,
aveva sede a Salò. Il programma della RSI, esposto nel «manifesto di Verona» e approvato dal congresso del Partito
fascista repubblicano (Verona 15-16 novembre 1943), riesumava, nel tentativo di conquistare il consenso popolare,
le formule rivoluzionarie del primo fascismo e prevedeva, tra l’altro, l’abbandono delle corporazioni e la creazione di
una Confederazione nazionale del lavoro, forme avanzate di legislazione sociale e la partecipazione dei lavoratori agli
utili delle imprese.

La conclusione della guerra fredda e la dissoluzione del blocco sovietico


Fino al 1989 si potevano distinguere quei due blocchi composti da USA con gli aderenti alla NATO e URSS con
l’accordo militare stipulato dal Patto di Varsavia. Nel 1985, con l’elezione di Michail Gorbaciov la politica sovietica
cambia. Il progetto è caratterizzato da due parole chiave: perestroika, riferito al complesso di riforme miranti ad una
ristrutturazione economica, e glasnost, termine (“trasparenza”) che punta a promuovere una maggiore
partecipazione pubblica alla vita politica del paese. A partire da questi concetti Gorbaciov porta avanti una campagna
volta a ridurre le tensioni con gli USA, iniziando lui stesso con l’annuncio di una moratoria sui test nucleari. Le due
potenze giungono così ad un accordo che prevede la rimozione dei missili a media gittata, mentre l’URSS avvia un
programma di riduzione delle proprie forze armate e di ritiro dall’Afghanistan. Frattanto la politica riformista di
Gorbaciov viene abbracciata anche da alcuni Stati satellite come la Polonia e l’Ungheria. Quest’ultima, nel 1989, apre
le frontiere con l’Austria accelerando così processi come la caduta del muro di Berlino, nel 1989, e dei regimi
comunisti della regione. Il 26 dicembre del 1991 l’URSS si dissolve definitivamente a causa dello scioglimento del
Patto di Varsavia, mettendo fine anche al conflitto che ha caratterizzato gli ultimi quarant’anni di storia.
La crisi del 1929:La crisi internazionale dopo la prima guerra mondiale
Gli anni ’20 iniziati con un profondo sviluppo economico si concludono nel ’29 invece con una grande crisi che a
partire dall’America porterà al decadimento dell’economia anche europea. Tutto inizia dalla cattiva distribuzione
sociale del reddito e dalla scarsità di produzione agricola. Inoltre non si riusciva più ad assorbire quella
sovrapproduzione del settore industriale che in questi anni aveva conosciuto un grande sviluppo. L’economia era
inoltre molto legata alla borsa, per guadagnare si compravano azioni e le s rivendevano a prezzi maggiori, nel ’29 le
azioni crescono di valore e tutti cercano di vendere. Il famoso Giovedì Nero 24 ottobre 1929 vengono venduti 13
milioni di titoli, di conseguenza i titoli perdono valore e si ha così lo scoppio della bolla speculativa della borsa di Wall
Street. Questa crisi a partire dall’America nel giro di 2 anni giunge anche in Europa. Questo periodo prese il nome di
Grande Depressione.

Il terrorismo di sinistra o rosso dopo il 1969 in Italia


Si tratta di un fenomeno che alcuni fanno ricollegare alle rivolte del ’68, il passato faceva da retroterra per molti che
poi negli anni ’70 si sono dati alla lotta armata. Queste persone erano di posizioni estreme, tra i principali punti
bisogna ricordare Potere Operaio che diedero una sorta di inizio alle organizzazioni terroristiche. Importante fu lo
scoppio della bomba in Piazza Fontana nel 1969 e dopo iniziarono le discussioni sulla lotta armata. Le organizzazioni
terroristiche di ispirazione ideologica di sinistra hanno prevalentemente diretto le loro azioni contro coloro che
consideravano ‘nemici’ del popolo o, quanto meno, ‘ingranaggi’ del sistema di sfruttamento capitalistico. Tra le
organizzazioni abbiamo le Brigate Rosse (BR) un gruppo di giovani di Trento insieme ad altri di Reggio Emilia. Erano
principalmente attenti alle questioni delle fabbriche. Poi abbiamo Prima Linea (PL). La prima azione rilevante fu il
rapimento del sostituto procuratore Mario Sossi nel 1974. Successivamente oltre ai numerosi attentati terroristici in
particolare riguardo le BR abbiamo il famoso sequestro con la seguita uccisione di Aldo Moro, presidente della DC.

Le rivoluzioni dell’Est europeo nel ’89 e le ripercussioni nella politica italiana


Le Rivoluzioni del 1989, a volte chiamate l'Autunno delle Nazioni, furono un'ondata rivoluzionaria avvenuta
nell'Europa Centrale ed Orientale nell'autunno del 1989, quando diversi regimi comunisti furono rovesciati nel giro di
pochi mesi. Il nome dato a questo evento ricorda quello delle Rivoluzioni del 1848, conosciute come la Primavera
delle Nazioni. L'Autunno delle Nazioni iniziò in Polonia e si espanse anche all'estero, perlopiù in maniera pacifica,
nella Germania Est, Cecoslovacchia, Ungheria, Bulgaria, Estonia, Lituania, Lettonia mentre la Romania fu l'unica
nazione del blocco orientale che rovesciò il regime in maniera violenta giustiziando il capo di stato. L’Unione
Sovietica stava facendo riforme in favore dell’economia e della politica si parla delle famose parole “perestrojka” e
“glasnost”. A capo in questo periodo abbiamo Gorbacev che rimette in contatto l’URSS con gli USA e infatti avremo
l’accordo sugli euromissili. Intanto tolse anche le truppe dall’Afghanistan. Poi avremo le riforme in Polonia e in
Ungheria che per primi rompono i legami stabiliti dal Patto di Varsavia con i sovietici. In Polonia si ebbe il passaggio
verso un governo non più comunista ma cattolico-democratico e in Ungheria si fissarono le elezioni libere e
multipartitiche mentre il PC si scioglieva, l’Ungheria divenne Repubblica Popolare. L’Ungheria una volta aperte le
frontiere portò a una cospicua emigrazione tedesca che dall’est andava verso l’ovest della Germania. In Germania ci
sono continue rivolte che portano alla fine allo smantellamento del Muro di Berlino che viene definitivamente aperto
il 3 ottobre 1990. Un’altra rivoluzione la vediamo in Cecoslovacchia che chiedeva anch’essa elezioni libere, a Praga ci
fu una manifestazione studentesca e uno sciopero che segnarono questo periodo. Di seguito anche in Bulgaria si
terranno poi le prime elezioni libere nel 1990 e lo stesso in Romania dove avvenne però con rivolte piuttosto
violente. Successivamente troveranno l’indipendenza anche Lettonia, Estonia e Lituania.
Mosca inoltre nel 1988 aveva deciso di lasciare i cosiddetti Stati satelliti perché il controllo di quei territori era utile
nella vecchia strategia che puntava a proteggersi da possibili invasioni, invece ora l’obiettivo era quello di evitare
guerre. Ora si occupava soprattutto di rafforzare quegli Stati e crearci buoni rapporti.
In Italia dopo il congresso del marzo 1989, il PCI fu influenzato dal vortice di cambiamenti che stava attraversando
l’Europa orientale, in seguito alla dissoluzione dell’unione sovietica. Dopo la caduta del muro di Berlino, il segretario
del PCI accelerò il dibattito interno al partito e ci furono alcuni cambiamenti, il Partito Comunista sarebbe stato
soppiantato dal Partito Democratico della Sinistra. La maggior parte accettò questo cambiamento mentre la
minoranza continuò sotto il nome di Partito Comunista. Per quanto riguarda il Partito Socialista, trascorse questo
periodo nell’attesa di poter intercettare i voti in uscita dal PCI, per potersi ricandidare alla guida del governo.

GUERRA IN VIETNAM
Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale la Francia iniziò la guerra in Indocina per riconquistare territori
che erano stati occupati dal Giappone. Qui essi incontrarono la resistenza dei vietminh guidati da Ho Chi
Minh legato alle idee comuniste di Cina e URSS. Nonostante il supporto di Truman che voleva contenere la
forza comunista, la Francia perde la guerra, nel 1954 abbiamo la conferenza di Pace di Ginevra. La penisola
viene divisa in Cambogia, Laos, Vietnam del Sud e del Nord. I Vietminh si imporranno nel Nord con un
regime totalitario di stampo comunista, nel Sud fu creato un regime totalitario supportato dagli USA. Nel
sud però la dura repressione della religione buddhista e l’aggressività contro i nuclei Vietminh sfociò nel
1963 con un monaco che si diede fuoco per strada e nel 1959 fondarono il Fronte di Liberazione Nazionale
un gruppo armato principalmente di comunisti, chiamati vietcong. 8 luglio 1959 due consiglieri militari
americani furono uccisi in un attacco, quindi nel 1962 Kennedy inviò delle truppe di rinforzo per eliminare
la minaccia. Contemporaneamente venivano effettuate operazioni per destabilizzare il governo del Nord.
La lotta si fece sempre più dura e gli americani pensarono di spostare il conflitto nel Nord pensando di
poterli sconfiggere nel loro territorio. Per invadere il paese serviva un motivo quindi la CIA organizzò delle
missioni di ricognizione aggressive per cercare di causare una loro reazione. La prima risposta vietnamita
l’abbiamo nel 2 agosto 1964 quando una nave americana viene attaccata, poi l’incidente del Tonchino e
altri attacchi aerei diedero al presidente Johnson la possibilità di coinvolgere l’America nella guerra. I
bombardamenti furono deludenti e lo stesso i marines poiché le foreste erano una novità per loro.
Vennero inviate moltissime truppe. Nel 1968 ci fu il conflitto principale, l’offensiva del Tet, gli americani
furono colti di sorpresa su tutte le città principali del Sud e sulla maggior parte delle basi militari. La
situazione si faceva sempre più critica. Fine del 1968 i bombardamenti cedono per un momento e iniziano i
colloqui di pace ma la guerra ancora non si era interrotta. Nel 1969 Nixon col suo piano segreto viene
eletto presidente e la sua soluzione era continuare la guerra e con Kissinger elabora la dottrina Nixon che
prevedeva il ritiro dell’esercito ma il potenziamento del Vietnam del Sud in 4 anni di tempo.
Contemporaneamente dovevano organizzare bombardamenti in Laos e Cambogia, intanto avrebbe stretto
patti segreti con Cina e URSS e infine avrebbe rafforzato esercito e economia del Sud. Ci furono però
proteste pacifiste a causa di un intervento di torture e uccisioni di civili innocenti da parte degli americani.
Le proteste finiscono nel 1970 e nel 1972 i soldati americani erano diminuiti e il Vietnam del Nord lancia
un’offensiva che fallisce così Nixon riprende i bombardamenti ad Hanoi e al porto del paese. I Patti di Parigi
furono firmati il 1973 con le condizioni: cessare il fuoco immediatamente, ritirare truppe entro 60 giorni, il
Nord doveva permettere al Sud di avere libere elezioni infine la riunificazione doveva avvenire
pacificamente. Nixon promise un rafforzamento del Sud per riprendersi autonomamente. Dopo lo scandalo
Watergate però Nixon fu dimesso e i patti furono rotti così da non avere più nulla a che fare col Vietnam.
1975 il Nord inviò un attacco al Sud che era stato abbandonato e non riuscì ad impedire la loro vittoria. Il
Vietnam fu riunificato sotto il comunismo e molti fuggirono per evitare fucilazioni e aggressività.

RIVOLUZIONE E STAGNAZIONE NEI PAESI DEL 3º MONDO FRA I 70 E I 90


Dopo gli anni ‘70 con l’allentamento della guerra fredda e la perdita di capacità egemonica degli americani
i Paesi del Terzo Mondo potevano finalmente porre il problema della revisione degli assetti di potere
mondiale. Dal punto di vista economico avevano conosciuto un periodo di crescite soprattutto per quanto
riguarda le esportazioni. In questi anni ci furono diverse rivoluzioni che misero in discussione le linee di
demarcazione dei due blocchi in America, Africa e Asia. Le trattative per la riunificazione del Vietnam
rimanevano ancora ferme. Nello Yemen del Sud si era formata la filosovietica Repubblica democratica
popolare. Nel 1978 ci fu la crisi dell’Afghanistan. Anche in Africa ad esempio in Somalia si instaurò un
regime filosovietico. Alcune colonie portoghesi si liberarono. Anche in America Latina c’erano situazioni
destabilizzanti con Nicaragua, El Salvador e Guatemala. Intanto in Iran tra 1978-79 ci fu la rivoluzione
bianca, un tentativo fallito di modernizzare il paese. Le innovazioni portarono alla crisi gli equilibri
tradizionali. Si instaurò un nuovo assolutismo semireligioso, la situazione vide il ritorno dell’ayatollah
Khomeini e la fuga dello shah Pahlavi. Con l’andare del tempo si formerà un feroce nazionalismo etno-
religioso contrario al mondo occidentale. Le rivoluzioni stavano portando la Russia a pensare che alla fine ci
sarebbe stato un mutamento nella correlazione delle forze globali. All’Interno dei paesi del Terzo Mondo si
operò una netta differenziazione col successo dell’Opec, i produttori di petrolio o altri beni primari si
arricchirono velocemente senza però portare reali miglioramenti nel caso della parte povera degli Stati. I
non produttori di beni primari crearono un’altra fazione detta Quarto Mondo. Nel Terzo Mondo iniziarono
a nascere conflitti che portarono a squilibri mondiali. Nle 1978-79 avremo la guerra tra Vietnam e
Cambogia che porterà a movimenti di liberazione nazionale. Gli eventi emancipatori del Terzo Mondo
portarono quindi a nuove tensioni tra i Grandi.

LA DOTTRINA DI BREZNEV
Quando le forze ostili al socialismo cercano di portare lo sviluppo di alcuni paesi socialisti verso il
capitalismo, questo diventa problema del paese coinvolto ma anche problema comune di tutti i paesi
socialisti. Nel 1968 ci fu un intervento in Cecoslovacchia (Primavera di Praga) e il leader sovietico lo
giustificò con la propria dottrina Breznev: quando un paese socialista fosse stato in pericolo allora tutti i
paesi socialisti dovevano intervenire per salvare quel socialismo. Mosca in particolare aveva il ditirro di
stabilire durata e modalità di intervento. Formalizzata nel 1968 anche se era già stata applicata in
Germania Est 1953, Polonia e Ungheria nel 1956. Breznev disse che nessuno Stato socialista aveva il diritto
di prendere decisioni che avrebbero danneggiato quello Stato indebolito. Rimase caposaldo fino al 1989
quando Gorbacev eliminò questa dottrina.

CINA: SVILUPPO DAL COMUNISMO


Dopo la morte di Mao nel 1976 ci fu un notevole sviluppo nella politica cinese grazie al successore Deng
Xiaoping che per portare alla ricchezza la Cina era deciso a usare mezzi pragmatici. Egli avviò le 4
modernizzazioni (agricoltura, industria, scienza e tecnologia e esercito) mantenendo il potere del Pcc ma
togliendo la rigidità dell’autarchia. Inserisce elementi nel mercato dell’agricoltura, si apre agli investimenti
stranieri, sostiene le esportazioni e porta a uno sviluppo della produzione. Questi miglioramenti avvennero
prima di tutto sulle zone costiere dove il governo aveva fissato le regole per le zone economiche speciali
aperte agli investimenti e alle esportazioni con privilegi fiscali e commerciali. Ci furono cambiamenti sociali
con l’imposizione della legge dell’unico figlio e le migrazioni interne che fecero crescere diverse città. Si
sistemò il rapporto con l’URSS e aumentava via via l’influenza internazionale.

Il liberismo internazionale anni 70/80


Dopo la Grande Depressione l’economia mondiale vede accettare l’ideologia keynesiana che rimane fino
agli anni ’70 in particolare nel 1973 con la crisi petrolifera e il fenomeno della stagflazione. Intervengono
quindi nuove teorie come quelle della Scuola austriaca e della Scuola di Chicago basate sul libero mercato. I
fautori furono Thatcher e Reagan da Regno Unito e USA. Il neoliberismo è a favore ad un mercato privo di
regolamentazione e autorità pubblica, governato dalle sole forze del mercato quindi domanda e offerta. I
punti cardine furono stabiliti dallo studente della Scuola di Chicago Friedman che parla di deregulation
(annullamento di tutte le regolamentazioni e norme che limitano l’accumulazione del profitto individuale),
privatizzazione (i privati sono più efficienti dello Stato, evitare servizi pubblici) e riduzione delle spese
sociali ( attuare programmi per una riduzione delle spese tagliando i fondi del sistema sanitario,
pensionistico e ridurre le tasse). Ciò fu poi approvato da Reagan per gli USA e dalla Thatcher per il Regno
Unito, entrambi approvarono questa nuova ideologia che vedeva la riduzione delle imposte sui redditi alti
per favorire gli investimenti, la riduzione dello Stato sociale e la deregulation della finanza e dell’economia
in generale.

NEOLIBERISMO E MONETARISMO NEGLI ANNI '70


Il neoliberismo è un’ideologia economica proposta inizialmente da uno studioso della Scuola di Chicago
Friedman che elencò i punti cardine secondo: deregulation (eliminare regole che limitano l’accumulazione
del profitto individuale), privatizzazione (evitare servizi pubblici che sono meno efficienti rispetto a quelli
privati) e riduzione delle spese sociali (tagliare i fondi per il sistema sanitario e pensionistico e
accompagnare ciò con una riduzione delle tasse). per fronteggiare la crisi venne imposta negli USA la nuova
linea monetaristica e antikeynesiana, rafforzata dall’enormità del deficit americano col resto del mondo.
Nel 1979 venne nominato Volcker alla guida del Federal Reserve e ciò segnò una svolta. Egli doveva
combattere l’inflazione, difendere il dollaro e attirare capitali esteri, per far ciò alzò i tassi di interesse
rendendo il dollaro più costoso e alzando la remunerazione del capitale finanziario. Intanto venivano
abbassati i vincoli ai movimenti transazionali di denaro: si voleva liberare il mercato dei capitali.

ROTTURA TRA CINA E URSS E DIFFICOLTÀ NELLA LEADERSHIP AMERICANA


Tra 1959 e 1963 si aprì una contrapposizione tra Russia e Cina. I comunisti cinesi iniziarono a criticare
frontalmente la linea della competizione pacifica con il mondo capitalista puntando a un contagio
mondiale. Il dissidio stava negli interessi statuali. Mao sapeva che non poteva usare la forza per esportare il
socialismo e si sentì poco sostenuto da Mosca come ad esempio nello scontro con l’India. Riemersero
anche dispute riguardo vecchi territori tolti ai cinesi e Pechino chiedeva maggiore autonomia ora che si
stava avvicinando alle potenze internazionali. I diversi problemi tra cui la rivoluzione del 1966 portarono
Mao a darne la colpa a Mosca che sospese l’aiuto economico e militare e si giunse alla rottura e anche a
degli scontri sul fiume Ussuri nel 1969.

LA LINEA EINAUDI
Durante il governo De Gasperi, focale fu il problema di dover stabilizzare il sistema economico, operando
misure di politica economica e finanziaria capaci di ricreare un minimo di fiducia. La spesa pubblica andava
frenata, anche perchè essa era alimentata dal mantenimento a fini sociali di prezzi politici (prezzi di
prodotti più bassi del loro costo di produzione); il crescente deficit favoriva l’emissione di cartamoneta
facendo inasprire l’inflazione. A soluzione di questi problemi, il governo varò un pacchetto di misure, che
costituirono la “Linea Einaudi” (allora ministro dell’economia). Si introdussero norme atte a stabilizzare la
moneta e frenare le speculazioni sulla lira, restringendo le possibilità di concedere crediti bancari. Il tasso
di sconto venne alzato, il cambio della nostra moneta su quella americana salì da 225 a 350 lire per dollaro,
per poi arrivare a 575. Alle banche fu imposto di aumentare le riserve, stabilendo criteri in base ai quali
avrebbero dovuto investire in titoli di Stato, o depositare in appositi conti del Tesoro o della Banca d’Italia,
una quota di denaro a disposizione. Venne gradualmente abolito il prezzo politico del pane, e vennero rese
più realistiche le imposte indirette e le tariffe di numerosi prodotti (tariffe postali, prezzo benzina);
distribuendo contemporaneamente massicce dosi alimentari, grazie agli aiuti americani. 
Gli effetti di questa manovra si videro in pochi mesi: i capitali esportati ritornarono a casa, speculazione e
inflazione rallentarono, il risparmio aumentò e il bilancio dello Stato conobbe un assestamento positivo.

REFERENDUM DIVORZIO 1970-1974


Cruciale fu il problema relativo alla possibile introduzione del divorzio nell’ordinamento italiano. La
proposta di legge fu approvata alla camera nel novembre del 1969, al Senato nell’ottobre del ‘70, ma
alcune modifiche imposero il ritorno del provvedimento alla Camera, che diede il suo voto definitivo nel
dicembre del ‘70. Tra i partiti risultarono fortemente contrari la DC e il MSI.  A pronunciarsi fu anche papa
Paolo VI, che più volte aveva condannato la possibilità di sciogliere il vincolo matrimoniale. La Santa Sede
avanzò anche una protesta ufficiale, ritenendo che la nuova normativa violasse l’articolo 34 del
Concordato, che premeva che l’annullamento dei matrimoni religiosi fosse prerogativa dei tribunali
ecclesiastici (la nuova legge parlava sia di matrimoni civili che religiosi). Il referendum sul mantenimento o
sull’abrogazione della legge si svolse nel maggio del 1974, essendo intervenuto nel frattempo lo
scioglimento delle camere. Lo slittamento fu visto bene da molte coalizione politiche (quali la DC),
consapevoli che una spaccatura del paese su un argomento del genere potesse portare dei rischi. 
Ci furono tentativi sia da parte di Chiesa e DC, che da parte laica e comunista, di revisionare la legge, senza
rinnegarla, per evitare che si arrivasse al referendum. Vi era anche una preoccupazione che la legislazione
divorzista contribuisse a diffondere una mentalità corrispondente, indebolendo così la famiglia, in quanto
le coppie di sposi avrebbero potuto procedere col divorzio alle prime difficoltà.
Il 12-13 maggio del 1974 il voto popolare sciolse ogni dubbio: la maggioranza votò per il <<no>> (quindi per
il mantenimento della legge), mentre la minoranza (anche se di poco) votò per il <<sì>> (quindi per la sua
abrogazione). L’esito fu interpretato come la vittoria della parte più progressista di cittadinanza, rispetto a
quella più arretrata. Oltretutto il risultato mise in evidenza il fatto che non tutti gli elettori democristiani
avessero seguito alla lettera le indicazioni del partito.

MAASTRICHT 1992
Gli Stati membri della CEE decisero di portare il loro stato al livello successivo col Trattato di Maastricht che
trasformò le Comunità europee in Unione Europea. Si va verso la creazione di una federazione di Stati
membri e avvia alla cooperazione in politica estera, di difesa, delle forze di polizia e della giustizia. Ci
furono diversi referendum per l’accettazione del Trattato. Il progetto stava su 3 pilastri: dimensione
comunitaria, vedeva l’Europa come comunità economica e monetaria, modifica la politica estera e di
sicurezza comune e la cooperazione negli affari interni e della giustizia.

Il terzo Reich ideologia, totalitarismo e politica estera


Il termine "Terzo Reich" intendeva connotare la Germania nazista come il successore storico del Sacro
Romano Impero.  La crisi dei decenni precedenti gli anni ‘30 aveva fatto profilare l’idea che le esperienze
autoritarie fossero delle risposte adeguate a tali problemi. Il partito nazista guidato da Hitler e nutrito delle
virulente teorie nazionaliste ed antisemite ebbe nuovo spazio politico: Hitler si richiamò alla tradizionale
idea di comunità di popolo tedesca individuando abilmente il capro spiatorio negli inquinamenti stranieri.
Nel Gennaio del 33 fu eletto cancelliere ed in pochi mesi trasformò la Germania in uno stato dittatoriale. Il
suo progetto per la rinascita tedesca era scandito da 3 tappe: liberare la Germania dai vincoli di Versailles,
Riunificare tutti i tedeschi d’Europa nei confini del terzo Reich e Costruire lo spazio vitale tedesco in Europa
assoggettando i popoli inferiori. Hitler si mosse con una certa abilità tattica alternando atti contro il trattato
ad offerte che lo mostrassero come amante della pace. Nel novembre del 33 la Germania esce dalla società
delle nazioni iniziando un processo di riarmo coperto che diverrà palese nel 1935 con il ripristino della
coscrizione obbligatoria e dell’aviazione. Francia e Gran Bretagna risposero alla strategia aggressiva
tedesca in modo debole accettando le mosse hitleriani per evitare lo scontro (che sarà inevitabile dopo
l’invasione della Polonia da parte della Germania nel 39).

La svolta elettorale nel 75-76 in Italia e la solidarietà nazionale


Nel 1975 si tennero le elezioni amministrative, che sancirono una nuova svolta. Già il voto sul divorzio
aveva evidenziato che la società italiana fosse profondamente mutata. La consultazione amministrativa
(per la prima volta i diciottenni), confermò un consistente spostamento di voti dai partiti di governo al
maggior partito di opposizione. L’asse politico si spostò a sinistra in diversi regioni e comuni; dopo il voto
furono costituite giunte di sinistra in molti comuni importanti. Questo risultato fu un duro colpo per la DC,
insieme al referendum sul divorzio. La responsabilità venne trovata in Fanfani, che venne messo in
minoranza. Egli riuscì presto a ottenere grande consenso non solo interno, ma anche nell’opinione
pubblica, propose il ritorno all’originale ispirazione cristiana della DC, fondata sull’esigenza di una profonda
moralizzazione della società. 
I socialisti nel gennaio del 1976, aprirono una crisi di governo decidendo l’uscita dal partito di maggioranza:
il PSI aveva ottenuto un notevole successo, ma la crescita esponenziale del consenso nel PCI toglieva spazio
ad un’ipotesi di centro-sinistra e rendeva possibile la prospettiva di un avvicinamento del PCI al governo.
Ciò determinò uno scioglimento anticipato delle camere. 
Nel frattempo avvennero scandali all’interno del mondo DC, in primis con lo scandalo Lockheed (la
compagnia americana avrebbe pagato dei politici, tra cui Luigi Gui della DC, perchè venissero comprati i
suoi aerei), e anche lo scandalo di Michele Sindona (finanziere), molto legato alla DC, in particolare ad
Andreotti. L’avvento di un “uomo pulito” come Zaccagnini però, riuscì a distogliere l’attenzione da questi
scandali. Nel 1976 si proseguì con nuove elezioni, che determinarono il picco storico di voti per il PCI, con il
34,4%. L’Italia sembrò divisa in 2 blocchi, tra PCI e DC. La situazione politica a seguito del voto risultò
instabile, per via dell’indisponibilità del PSI, che era invece uscito penalizzato dalla consultazione, ad 
allearsi con la DC. Venne eletto nuovo segretario della PSI Bettino Craxi. La spaccatura in due partiti
dell’Italia e la grave crisi socialista, condizionarono naturalmente le trattative per la costituzione di un
nuovo governo. Ci fu il cosiddetto “Governo della Sfiducia”, guidato da Andreotti, che fu composto soltanto
da ministri democristiani. Chiamato così perchè passò in parlamento con 258 voti di sfiducia e ben 303
astensioni, con appena 44 no.

La crisi di Berlino e di Cuba e la stabilizzazione della guerra fredda


All’inizio degli anni ‘60 si passò al mandato di Kennedy che proponeva una crescita progressiva e dosata
della risposta ad una eventuale minaccia comunista: prima con metodi tradizionali e poi con armi nucleari.
La parallela strategia di Crushev sembrò sfidare le posizioni occidentali in diverse occasioni.  Nel 1958 ci fu
il primo braccio di ferro tra URSS e USA: a causa della crisi della Germania comunista molte persone
passarono alla Berlino occidentale fino a quando nel 1961 le forze sovietiche decisero di costruire il Muro
di Berlino. Il secondo braccio di ferro si ebbe con la crisi cubana: dopo che Fidel Castro conquistò il
controllo di Cuba (61) si appoggiò nettamente all’URSS, questa coalizione porterà alla crisi missilistica del
62 quando la CIA scoprì che Mosca stava inviando missili nucleari a Cuba per la protezione dell’isola. La
cosa si risolse con un accordo con URSS che si ritirava dal conflitto e USA che garantiva di non invadere
Cuba. Nel ‘64 sale al potere dell’URSS Breznev, molto più disponibile al compromesso rispetto al
predecessore e vi fu una distensione della guerra fredda.

Gli anni 80 in Italia: Il pentapartito governabilità e crisi


Nei primi anni Ottanta, dopo la parentesi della solidarietà nazionale che aveva consentito al PCI di uscire
momentaneamente dall’isolamento, vediamo un PSI largamente rinnovato, retto da una classe dirigente
giovane, dinamica e ambiziosa che ha il suo leader in Bettino Craxi. La formula del Pentapartito è incentrata
sull’alleanza tra DC e PSI, basata però sul reciproco sospetto e su di una forte conflittualità interna. Questa
formula di governo si basa su regole che rappresentano un’assoluta novità, e cioè: una presenza al governo
assolutamente paritetica fra democristiani e rappresentanti dei quattro partiti minori alleati (Psi, Psdi, Pli e
Pri) e alternanza dei leader di tutti i partiti di maggioranza alla Presidenza del Consiglio. Il primo capo del
governo non democristiano è Giovanni Spadolini. In occasione del voto di fiducia a Spadolini, emerge tutta
la conflittualità interna alla coalizione di maggioranza tra i due principali pilastri, la Dc e il Psi. Il Psi, infatti, è
costretto a votare la fiducia al governo Spadolini solo per evitare che esso possa nascere grazie
all’astensione dei comunisti, interessati ad evitare le elezioni anticipate. Proprio le elezioni anticipate sono
il principale nodo della contesa: il PCI non le vuole perché sta perdendo voti; il PSI, per la ragione inversa la
vuole per sfruttare il momento favorevole e rafforzare la propria posizione nei confronti sia dei comunisti
che dei democristiani. L’appuntamento con le urne è dunque rimandato al giugno del 1983: DC e PCI sono
in una situazione di equilibrio, i socialisti dunque possono fare da arbitro e ottenere tutti i vantaggi possibili
da questa situazione (cioè la Presidenza del Consiglio) poiché nessuna alternativa di governo è praticabile
senza il loro consenso. Il pentapartito domina la scena politica italiana fino al 1992, cioè fino all’anno della
crisi e del disfacimento del sistema dei partiti, la cosiddetta "prima repubblica". Uno dopo l’altro, passando
anche per uno scioglimento anticipato delle Camere (nel 1987), si susseguono sette governi, che avranno
tutti vita breve.

Hitler, Mussolini, i revisionismi, la Spagna: le crisi internazionali dopo il 35.


Dopo la conquista dell’Etiopia del 35  e la successiva condanna da parte di Francia e Gran Bretagna (che
dichiararono lo stato italiano aggressore) l’Italia uscì dalla società delle Nazioni. Altra conseguenza fu
l’avvicinamento delle due dittature fascista e nazista (entrambe insoddisfatti per gli esiti della prima guerra
mondiale). Nel 1936 la politica internazionale fu quindi contrassegnata da questa emergente alleanza dei
paesi aggressivamente revisionisti, che si allargò con il patto anticomintern mirato alla lotta al comunismo
tra Germania, Italia e Giappone.
La guerra civile spagnola del 36 divenne la prova generale di uno scontro tra fascismi ed antifascismi: la
guerra vide contrapporsi gli uomini di Francisco Franco ed il composito governo repubblicano: l’Italia
fascista scelse di sostenere gli insorti così come la Germania, mentre Gran Bretagna e Francia scelsero la
strada del non intervento. Il conflitto si chiuse nel 39 con la vittoria di Franco. 

Fascismo: la costruzione del regime tra repressione e consenso (1925-29).


Tra il 1922 e il 1925 si svolse un processo di sistematica “fascistizzazione” dello Stato durante il quale
Mussolini utilizzò il proprio potere “costituzionale” di presidente del consiglio senza trovare eccessive
resistenze. Gradualmente iniziò un processo atto a trasformare il governo autoritario del duce in vero e
proprio regime.
Già nel dicembre del 1922 venne costituito il Gran consiglio del fascismo, un organo del partito destinato
ad esercitare una funzione di direzione sul governo; Nel gennaio del ’23 lo squadrismo fu istituzionalizzato
con il riconoscimento ufficiale della “Milizia volontaria per la sicurezza nazionale” un corpo paramilitare di
partito destinato a garantire una forza armata al nascente regime; Il Partito nazionalista confluì in quello
fascista contribuendo a precisarne l’ideologia; Si istaurarono stretti rapporti con la Chiesa; Con la legge
Acerbo del 13 novembre 1923 Mussolini riuscì a modificare il sistema elettorale, Era il primo passo verso il
regime a partito unico. 
Alle elezioni del ’24 le opposizioni non riuscirono a raggiungere un accordo e presentarono ben cinque liste
differenti, rinunciando in tal modo a costituire una alternativa alla lista fascista. La campagna elettorale fu
caratterizzata da una violenta ondata di squadrismo che provocarono incendi, distruzioni ed aggressioni. Fu
a questo punto che si verificò il rapimento e l’assassinio del deputato socialista Giacomo Matteotti,
episodio che offrì l’ultima occasione all’opposizione per rovesciare il governo Mussolini. 
Nel novembre del 1925 furono varate le cosiddette “leggi fascistissime”: furono sciolti tutti i partiti politici
avversari e vietate tutte le associazioni non direttamente controllate dal regime; fu soppressa la libertà di
parola e la stampa fu soggetta ad una rigorosa censura; con la legge del 24 dicembre si modificò lo Statuto,
attribuendo al capo del governo poteri straordinari, tra cui la facoltà di nominare i ministri a sua
discrezione

L’apertura a sinistra dopo il 1953. 


Preambolo alla seconda legislatura è il varo della nuova legge elettorale alla vigilia delle elezioni del 1953,
passata alla storia col nome di legge truffa. Questa legge, fortemente voluta da De Gasperi, prevede che la
coalizione di partiti che riesca ad ottenere più del 50% dei consensi, abbia un premio di maggioranza che gli
riservi il 65% dei seggi parlamentari. A spingere De Gasperi verso questa scelta è l’andamento delle elezioni
amministrative del ’51 e ’52 che vedono una diminuzione dei voti per un vantaggio di destra. Scopo che si
propone De Gasperi con questa nuova legge elettorale è quello di blindare la maggioranza di centro in
modo tale da continuare ad applicare la conventio ad excludendum sia a destra che a sinistra. 
Una certa delusione verso l’operato della maggioranza, un affievolirsi della tensione internazionale che
comincia a far venir meno la necessità del voto utile che aveva premiato nel ’48 la Democrazia Cristiana,
una stessa ostilità verso la legge-truffa, portano però, a dispetto delle previsioni di De Gasperi e dei suoi
alleati, ad un clamoroso insuccesso della coalizione centrista che per poche migliaia di voti non riesce a
superare lo scoglio del 50%. 
La sconfitta più secca è subita però dalla Dc. Decisivo nel non far raggiungere la soglia del 50% è un piccolo
gruppo di dissidenti di Pri, Pli e Psdi (fra cui parlamentari come Parri e Calamandrei) che erano usciti dalla
maggioranza governativa durante la discussione sulla legge-truffa e che in occasione delle elezioni del ’53
formano un raggruppamento denominato “Unità Popolare”, con l’aperto scopo di togliere quei consensi
necessari al raggiungimento del premio elettorale: proprio quei 170mila voti ottenuti da “Unità Popolare”
saranno determinanti nell’insuccesso del centro. 
Per il resto, a giovarsi della perdita di consenso dei partiti di centro, sono in particolar modo le forze di
destra che vedono triplicarsi i propri voti. In occasione delle elezioni del ’53 Psi e Pci non ripropongono la
formula del Fronte Popolare. La scelta risulta vincente soprattutto per il Psi che comincia a rimarcare la
propria identità rispetto agli alleati comunisti, riuscendo a incanalare in particolare voti fuoriusciti dal
Partito Socialdemocratico. Il Pci dimostra comunque nuovamente di essere ormai la forza maggioritaria
della sinistra italiana. 
Il primo a pagare la sconfitta elettorale è Alcide De Gasperi, il quale ottiene l’incarico di formare il nuovo
governo ma non riesce ad ottenere la fiducia delle Camere. Le elezioni del ’53 segnano però anche la fine
dell’esperienza centrista. La seconda legislatura si caratterizza infatti con la fine di quella stabilità
governativa che aveva segnato l’età d’oro del centrismo. Fra il ’53 e il ’58 si alternano ben sei governi. Base
di questa perdurante instabilità è l’incapacità della coalizione centrista, segnata dalla sconfitta elettorale.
CIETÀ DELLE NAZIONI ED ONU: IL MULTILATERALISMO

3º MONDO E ASIA ORIENTALE DOPO I 70

-L’EPOCA D’ORO DEL CAPITALISMO E LA RIDISTRIBUZIONE DELLA RICCHEZZA (1946-1973) (vedi miracolo
economico/keynesismo)
-LA CHIESA CATTOLICA ITALIANA PRE E POST CONCILIO 
-MAFIE, POLITICA E SOCIETÀ NEL DOPOGUERRA
-L'ITALIA DEGLI ANNI 80 TRA VOLONTARIATO, FEMMINISMO E IL RIFLUSSO DEI PRIVATI
-LA QUESTIONE DEMOCRISTIANA, IL NEOCENTRISMO E LA CRISI SOCIALISTA
-GLOBALIZZAZIONE E CRESCITA DELLA FINANZA E DELL’ECONOMIA DOPO IL 1980
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