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L
W. K. C. GuTHRIE - FRANCESCO ADORNO - La filosofi.a
greca pag. 1
MITOLOGIA CLASSICA
renziale, dato che, come scriveva Stazio (Theb. III 661 ): primus in
orbe deos fecit timor. Frequente è l'atteggiamento del poeta - e quindi
del fedele - di non rivelare i lati deboli o quelli che possano incrimi
nare la rispettabilità del dio. e consegue che - fatta eccezione per
qualche scrittore tardo, venato di cinismo (p. es. Luciano) - il mito era
sempre edificante e presentava l'essere soprannaturale in tutta la sua
pericolosa potenza, evitando cautamente di suscitarne l'ira. Tuttavia fo
concezione antropomorfica del dio (P. TouTAIN, De l'anthropomor
phisme ou de l'introduction de l'élément humain dans la religion, in « Jour
nal des Savants», 1945, pp. 72-83; E. EHNMARK, Antropomorphism and
miracle, UppsaJa, 1939; V. FELDMAN, Anthropomorphisme, in « Revue
de Synthèse» XIX, 1940-1945, pp. 125-129), cosi caratteristica dei Gre
ci, fìnf da un lato per umanizzare il soprannaturale e dall'altro per
proiettare sull'Olimpo una società divina che di fatto era molto simile
a quella società umana in cui la mitopea greca si era andata formando.
La società omerica degli uomini si trova quasi esattamente riprodotta
nelle dodici divinità olimpie, su cui predomina un re, con al fianco una
regina, con figli, figlie e persino concubine; dunque una società patriar
cale, con un saldo potere centrale che non escludeva le iniziative, anche
discordi, dei singoli componenti il pantheon, nei quali l'uomo poteva piu
facilmente riconoscere il proprio protettore nelle varie circostanze della
vita, secondo il settore di attività intrapreso.
Da ciò nasceva impellente il bisogno di conoscere, anche nei parti
colari, le imprese compiute dal singolo dio, o dal semidio, o dall'eroe,
per poterne piu opportunamente sfruttare le meravigliose e soprannatu
rali possibilità. Quando le divinità olimpiche, numi protettori della so
cietà omerica, apparvero troppo lontane dalle istanze delle plebi e delle
classi subalterne, nacquero nuove divinità (Dioniso, Demetra) e si svi
lupparono le religioni misteriosofìche.
Nel tracciare la storia del mito, per rendersi conto come un deter
minato poeta lo abbia accolto, lo abbia adattato alla sua età e lo abbia
espresso, è necessario risalire (quando si può) alla sua formulazione
originaria; ma può anche darsi che il mito in Omero, per esempio, rap
presenti una fase seriore rispetto al mito come ci viene rappresentato da
un tragico ateniese o addirittura da un alessandrino, i quali, grazie ad
indagini personali, avevano riscoperto perdute o dimenticate tradizioni piu
antiche. È questo il caso dell'orfismo che ebbe notevole incidenza sulla
credenza di una cosmogonia diversa da quella tramandata da Esiodo e
condizionò la religiosità greca non meno del dionisismo: entrambe le
correnti religiose sono solo sporadicamente attestate in età arcaica, mentre
vengono riprese e studiate in età ellenistico-romana.
(Bnrraglia elci Titani), oggi perdmi, di cui non conosciamo né data né au-
tore.
carro del Sole. Di facto il Sole è il progenitore della casa regnante nel-
la Colchide.
Tornato in patria Giàsone avrà da risolvere la sua questione per-
sonale con Peha e ancora una volta, dopo l'aiuto prestatogli per il
velio d'oro, Medèa si incarica di vendicare Giàsone facendo perire Pelia.
l due fuggono in esilio e riparano a Corinto, e a Corinto termina la
lunga vicenda tessalica di Giàsone, cui spetta il merito di aver per
primo navigato con una nave, Argo, e di aver chiamato a raccolta eroi
per un'impresa collettiva.
rono ad Omero runa la poesia epica su Troia, ma come autori dei mi-
nori poemi indicarono altri nomi, tuttavia con poca verosimiglianza. Il
ciclo andò perduto, perché meno apprezzato.
Non è qui il caso di narrare le anche troppo note vicende iliache.
Una cosa va tuttavia detta: anche i poemi omerici risentono di una
fusione operata già ab antiquo fra le vecchie canzoni di gesta tessali-
che, che si imperniavano sulla ngura dell'invincibile Achille, e le piu
recenti versioni argoliche, nelle quali a capo della spedizione c'era il
re d'Argo, Agamennone; né va dimenticata un'altra componente, che
potremmo chiamare indigena, dam che, una volta colonizzata la Eolia
asiatica, i coloni che vi si erano stabiliti ed erano succeduti alle prece-
denti dinastie, ruppero i ponti con la madre-patria e cominciarono ad
abbeUire le figure dei Troiani, in particolare quella del re dei Dardàni,
Enea, cui fu affidato il compito di salvare i Penati della distrutta città.
Da pane asiatica, i rapsodi, che andavano in giro per le colonie
ioniche cantando Omero, continuarono via via ad aggiungere versi che
suonassero di elogio per i vinti Troiani, che furono battuti non io
guerra aperta, ma dal tradimento e dall'astuzia.
Questa potente dinastia troiana venne, a causa del ratto di Elena,
m uno con la casa di Argo. L'offesa fatta a Menelao divenne un'offe-
sa a tutta la Grecia; e cosi vediamo accorrere sotto le mura di Troia
le stirpi panelleniche menzionate nel ~< Catalogo delle navi » di Omero.
1'1 - Il
2IO FRANCESCO DELLA CORTE
con quelli della scoria delle religioni, affermò che il carattere elementare
degli dèi ariani era dovuro ai fenomeni delle nuvole e delle tempeste.
Con Die Her11bk11n/t des Feuei's und des Gottertranke ( 1859) e Ueber
Ent wicklzmgsst ufen der M ythe11bildimg ( 1873) dava l'inizio alla mico-
logia « meteorologica )>. di cui la « solare }> non è che una sottospecie,
anche se la piu fomosa.
non erano piu i Veda, inni sacerdotali, che nulla avevano a che fare
con la poesia popolare, dimostratisi meno antichi dei racconti egiziani
o assiro-babilonesi.
Miiller, che vedeva nelle religioni antiche un progressivo avvici
namento al cristianesimo, insisteva nell'interpretare i miti greci come
una degradazione della rivelazione; se per Schelling la degradazione era
d'ordine morale, per Mi..iller era un inguinamemo della purezza degli
Indiani e delJa chiarezza etimologica del sanscrito. C'era nel sottofondo
la coscienza della superiorità ariana, la cui mitologia poteva so]o es
sere svelata dai Veda, depositari delJa vera natura della divinità.
Mi..i1ler portò fìno al ridicolo gli eccessi comparativi, credette di
poter sempre identificare dèi ed eroi con prove etimologiche. Il suo
torto fu di non riconoscere la vacuità delle sue teorie personali. Battuta
su molti punti, la teoria solare si eclissò ed è oggi in pieno abbando
no, grazie alle critiche calzami delI'etnologia. Può ancora aver qualche
interesse solo nello studio del mitraismo o per le feste calendariali che
non pongono a base del computo mensile la luna ( r\. AuDit , Les fetes
solaires. Essai sur la religion primitive, Parigi, 1945).
sociale, ebbe come suoi temi predilet ci le religioni, studiate sulla base
del!'« animismo», la cui presenza nelle mentalità primitive trae la sua
origine dalla ragione umana.
La sua opera fondamentale Primitive Culture ( 1871), ancorata al-
l'èvoluzionismo di derivazione darwiniana, seguiva l'evoluzioné delb
specie. L 'uomo primitivo, secondo il Taylor, si chiedeva conto delle
ragioni per cui era su questa terra; ma, anziché procedere con metodo
razionale, affidandosi al metodo intuii:ivo o mitologico, si arrestava di
fronte ai fenomeni che non poteva spiegare. L'uomo, quando era an-
cora allo stato selvaggio, vedeva in modo diverso da quel che vedev:i
l'antico ariano, a noi noto attraverso i testi, come i Veda o l'« Il iade>).
I miti, che rivelano esperie nze giornaliere, ci indicano la vira stessa
del primicivo selvaggio. Mentre Auguste Cornee aveva fissato l'evolu-
zione della storia delle religioni in ere stadi: il feticismo, il politeismo.
il monoteismo, il Taylor accettava lo schema, ma ne modificava il pri-
mo stadio del feticismo in quello del!'« animismo» (H. J. ROSE. Nu-
men inest: animism in greek and roman religion, in « Harvard Theolo-
gical Review » 1935, pp. 237-257 ).
La teoria dell'animismo ebbe larga diffusione, tanto da influire su
Erwin Rohde (Psiche. Culto delle anime e fede nell'immortalità presso
i Greci, rrad . ital., I , Bari, 1914; II, 1916), e su Hermann Usener, il
cui volume Gotternamen. Versuch einer Lehre von der religi.osen Be-
grilfsbildung (Francoforte, 19481 ) è un rice rca sulla formazione e sulla
evoluzione dei concetti religiosi espressi: dai nomi degli dèi. Da principio
l'uomo credeva a uno sterminato numero di dèi momentanei (Sonder-
gotter), nati per i singoli momenti ed azioni dell'esistenza quotidiana.
Si arriva poi alla concezione di dèi generali e personali.
I numi istantanei corrispondono agli spiriti dell'animismo caylo•
r iano; un animismo piu ridotto, o polidemonismo, rappresenta il poli-
teismo destinata a sbloccare nel monoteismo. Solo le religioni alte, giu-
daismo, cristianesimo, islamismo hanno un dio solo (C. Clemen, Her-
mann Usener als Religionshistoriker, in « Studi e Materiali di Storia
delle Religioni» 1935, pp. 110-1 24).
Nipote dell'Usener, Albert Diererich (Mutter Erde. Ein V ersuch
iiber Volksreligion, Lipsia, 1925 3) studiando le credenze e i riti clas-
sici inerenti alla Terra, concepita come Terra-Madre, pose l'animismo
al centro del sistema religioso primitivo. La Terra è concepita come
la Madre di tutti; riproduce le specie animali e dà fertilità al suolo, e
genera la schiatta umana; insomma la Terra è come un'anima piena di
anime; la fecondità dei campi è simile a quella della donna.
1\Iitologia Classica 219
di azione e cli condotca; ma, fatta eccezione per il mito di Edipo, rive-
latosi estremamente significativo grazie al « complesso » omonimo, sco-
perto da Freud, ben poco può giovare allo psicologo del «profondo)>.
8. 15. Un indirizzo che aveva dato buoni frutti era quello che
indagava le strutture sociali: anteriore a una società patriarcale, nota
attraverso la Bibbia, e alle antiche letterature indo-europee, ci doveva
essere stata una fase matriarcale. Questa tesi venne esposta da J. J.
BACHOFE~ (Das Mutterrecht. Ei11e Untersuchung iiber die Gynaikokratie
der alten \Y/elt nach ihrer religiosen Natur, Basel, 19482 ) . N. D. FuSTEL
DE CouLANGES (La città antica, trad. ital., Bari, 1925), insisteva sul
culto degli antenati come elemento primigenio nella religione dei Greci;
sviluppi in senso sociologico, determinare dalla suggestione di Auguste
Comte, si hanno ancor oggi con la scuola francese (E. BENVE:-IISTE, Sym-
bolisme socia! da1!s les cultes gréco-italiques, in « Revue de l'Histoire
des Religions » 1945 CXXIX, pp. 5-16; G. MENSCHL'IG, Sociologie re-
tigieuse. L e r6le de la religion dans !es relations communautaires des
humains, Parigi, 1951; B. MOREUX, Interprétations sociologiques de
faits religieux grecs, in « Echos du Monde Classique }> XII 1968, pp..
?74 FRANCESCO DELLA CORTE
13 • 11
226 FRANCESCO DELLA CORTE
durre alle rnede~i1r.e strutture; sono due aspetti della medesima fabu-
lazione. Le fa\'ole conservano il ricordo di miei antichi, anche quando
i miei sono dim..::micati . Il mito e la fiaba sono coesistiti durante tutto
il periodo Jella lerrera:ura orale. Poi il mito divenne serino, mentre
la fiaba popolare concinuò la sua tradizione di bocca in bocca.
Quando ancora favola e mito rappresentano un idemico sistema
di crasmissione, è il miro di solito piu antico della favola, come ha
dimostrato, sulla ba~e dell'intreccio dell'« Edipo» sofocleo, lo stesso
Propp (Edip v svete fol'klora in << Ucenye zapiski Leningradskogo Gosu-
danvennogo Universirera », 19-+4 n. 12). Col passare degli anni l 'eroe
perde il suo nome e il racconto dimentica il suo carattere sacrale; al-
lora il mi to si trasforma in favo la. Di diverso parere è Lévi-Strauss che
non ritiene il miro piu amico della favola : « Al presente - scrive -
miti e favole coesistono fianco a fianco; quindi un genere non può es-
sere considerato sopravvivenza dell'altro» . Gli risponde Propp :
<< L'esempio dell'Edipo mostra che nel corso dello sviluppo storico gli
intrecci possono passare da un genere (mito) all'altro (leggenda) e da
questo a un terzo (favola)».
Senza addentrarci in questa polemica, si può ritenere metodico
che, prima di arrivare alJa preistoria del miro, noi dobbiamo cercare di
capire bene i testi lenerari poetici o storici. Per far questo dobbiamo
analizzare le fabulazioni, dobbiamo sapere che cosa fanno i personag-
gi e non chi fa e come fa. Le funzioni sono poche, mentre i personaggi
tanti; c'è varietà di nomi da un lato, ma c'è uniformità e ripetizione
nelle vicende dall'altro. Le funzioni dei personaggi rappresentano le
parti fondamentali della favola: Achille o Sigfrido sono invulnerabili,
eccetto che in un punto; questo è l'essenziale; quale sia il punto e come
sia avvenuto che divengano invulnerabili, questo è secondario . Per indi-
";Òuare le funzioni non bisogna tenere assolutamente conto del perso-
naggio; l'azione rimane automaticamente determinata dalla sua colloca-
zione nello svolgimento della narrazione. Quindi è il signi.6caro di una
funzione quello che impo rta nella fabulazione.
Lo strutturalismo, pur aspirando alla massima obiettività, ha i
suoi limiti; le sue formule sono possibili e proficue quando è presente
una ripetibilità su vasta scala, come avviene nel Jjnguaggio o nel folk-
lo re. Nel campo del mito c'è stato l'inrervenco dell'attività poetica e
quando Fatte diventa campo d'azione di un genio, come lo è Omero o
come lo sono i rragici. l'uso di metodi esatti darà risultati positivi solo
se lo studio degli elementi costami sarà accompagnato dallo studio sro-
rico-letterario. Lo stesso Propp ha voluro sottolineare la necessit?t di
non dimenricare che, dopo la classificazione dei miri, viene la critica
della poesia e cosf ha concluso: « Se abbiamo messo in rilievo l'affinità
22Jj FRA~CESCO DELLA CORl'I:
tra le leggi studiate dalle scienze esmte e quelle scudiate dalle disci-
pline umanistiche, vorremmo concludlere ricordando la loro specificJ
differenza ».
9. Abbiamo visto come , a<l una ad una, le vi:tric teorie eh..: si sono
prospettare per risolvere il problema ciel mito non ci abbi,1110 soddi-
sfacci. In ognuna di queste e·~ qualcosa di buono. La stc:ssa ch:ris:1 mi-
rologia ~olare non e che sia fondamcmalmente sbagliata. Soltanto non
s i deve generalizzare né risolvere ogni fatto mitologico in focto subre.
L 'acquisizione dei revivcds, la cui folgorante scoperrn risale all'Illumi-
nismo, e all'ingresso del buon selvaggio (il (<bestione» <li Vico J ndl.i
cultura europea, è indubbiamente un dato positivo. Ma anche l'uso
indiscriminaco che se ne è fatto non ha certo bene impressionato il
cul rore di lettera cure classiche.
L'impiego di una terminologia esrrane,1 al mondo classico non
può essere combattuto ed escluso a priori. Saremmo ben lieti di sosci-
tuire i termini tabu, totem, clan, mana, ecc., con altri greci e !acini;
purtroppo termini classici hanno murato significato attraverso i secoli
e sono giunti a noi filtrati daJl'Ellenisrno, dal Cristianesimo, dalle ~eco-
lari scuole di grammatica, retorica e filosofia, perciò se, anziché mtmu
od orenda, oggi dicessimo numen o .daimon rischieremmo di confon-
dere Je idee anziché di chiarirle; se invece di tabu dicessimo nefas, p,1r-
rebbe che si trattasse di una prescriz.ione giuridica, religiosa, srarnle;
ciò che tabu non è.
Anche dalla psicanalisi abbiamo imparato qualcosa: ma non t:'.
opportuno accettare il dualismo fra coniscio e subconscio, soprat rurro se
riferiti a menralità primitive, quando le due forme e rano perfetcameme
identificate nell'irrazionale.
Oggi, allo stato anuale delle nostre nozioni, in fano di mitologi.i
dobbiamo avere il coraggio di constatare che il piu delle volte non
siamo in grado di s tabilire l'origine del mito, né la sua diffusione. né
i rapporti cronologici fra un mito e l"altro, né i rapporti fra il mito
di un popolo e quello di un altro popolo.
Solo la « sistematica » ha potuto dare qualche risultato. Lo strut·
turalismo invece non pare tanto applicabile all'analisi inrerna del mito,
quanro alla classificazione dei diversi miti e al loro raggruppamento
secondo le « funzioni » .
Esaminando ora la micologia classica nella sua esposizione cam.1 -
nica, si possono cosf classi.Ecare i vari miti:
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234 FRANCESCO DELLA CORTE
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