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Uliana

IVANOVA-KARPENKO

STORIA
DELLA LINGUA ITALIANA
PER STRANIERI
INDICE

U nità 1. Introduzione al corso


di Storia della lingua italiana......................................................... 5

Unità 2. Le prime opere,


scritte in italiano.............................................................................. 9

Unità 3. Situazione linguistica


nel oeriodo dal 960 al 1225......................................................... 18

Unità 4. Il duecento (1225-1300)................................................ 30

Unità 5. Dante Alighieri -


padre della lingua italiana........................................................... 54

Unità 6. L'aria del Trecento


in cui “Tre corone” crearono le loro opere................................66

Unità 7. Francesco Petrarca......................................................... 70

Unità 8. Giovanni B o c c a c c io ........................................................ 79

Unjtà9. L'opera di Tre corone 84


unita i .
Introduzione al corso di Storia della lingua italiana

Storia d ella lingua italian a di Bruno M igliorini

Bruno Migliorini (1896-1975), l’autore di "Storia d ella lingua


italian a ", fu il fondatore di questa disciplina accademica.
La lingua italiana fa parte del gruppo romanzo, che in Italia e in
Spagna si chiama anche il gruppo delle lingue neolatine, perché
provengono dal Latino.
£ la lingua utticiale della Repubblica Italiana, Vaticano (insieme al
Latino), Repubblica di San Marino, Svizzera (insieme al Tedesco,
Francese). L'Italiano è diffuso anche negli Stati Uniti, Germania.
Argentina, Francia, Belgio, Etiopia, Somalia, Libia, Malta.' La cifra
totale di madrelingue supera 65 milioni.
1 dialetti italiani formano 1 gruppi: settentrionale (Piemontese,
Ligure, Lombardo, Emiliano, Veneziano), centrale (Toscano,
Umbro, Romano, Corso), meridionale (Napoletano, Abruzzese,
Pugliese, Calabrese, Siciliano). Esistono più di 100 parlate. Le
cadenze sono molto diverse anche all'interno dello stesso gruppo.
L’Italiano è il più vicino al Latino fra le altre lingue romanze. La
cifra totale delle persone che parlano le lingue neolatine supera
576 milioni. Più di 60 paesi le usano come lingue ufficiali: 30 paesi
usano il Francese, 20 lo Spagnolo, 7 il Portoghese, 3 l’Italiano.
Nella scienza linguistica non esiste un unico punto di vista della
quantità di lingue romanze. Normalmente se ne contano 12:
Spagnolo, Gallico, Portoghese, Occitano (Provengale), Francese,
Italiano, Sardo, Retoromano, Rumeno, Moldavo, Ladino ed il
X>aImazio, estinto alla fine del XIX secolo.
Nei tempi antichi la lingua latina fu parlata dai cittadini romani. Il
latino fu portato nelle terre conquistate dai soldati di Roma e fu
assimilato con le lingue locali. Nel corso del tempo fra le varie
modifiche linguistiche il latino più pulito si trovava in Africa, dove lo
portarono i rappresentanti del potere di Roma, che lasciarono la
patria molti anni prima e<l, essendo ne fuori, non erano soggetti ai
processi di trasformazione linguistica a Roma.

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Dopo la caduta dell'Impero Romano sorse una differenza tra il
latino letterario ed il latino parlato, chiamato anche “volgare" Il latino si
usava per scrivere le opere teologiche e filosofiche, le leggi ed i
commenti al codice, le cronache, i trattati, di medicina e di astronomia
Ma insieme al latino si sviluppava anche il volgare. Mentre le scuole
vescovili continuavano a provvedere all'insegnamento per i futuri e<
clesiastici, nel ‘200 funzionavano sotto la spinta e a spese della
borghesia mercantile, scuole laiche in cui s'imparava il volgare.
"Come primo uso scritto del volgare, - scrive Bruno Migliorini, -
risaliremmo al sec. IX se potessimo senz’altro considerare come tale
('indovinello veronese, che... ha preso cronologicamente il primo
luogo fra i monumenti della lingua e della letteratura italiana. In un
libro liturgico scritto nei primi anni dcllottavo secolo a Toledo (forse
ancora prima che gli Arabi nel 711 occupassero Li città), varie numi
successive lasciarono tracce... Il codice passò dapprima a Cagliari, poi
probabilmente a Pisa... Negli ultimi anni del secolo ottavo o nei primi
del secolo nono una mano, con ogni probabiltà veronese vi scrisse
come prova di penna le parole seguenti: +separeba boues alba pratalia
araba & albo uersorio teneba &. negro scmen seminaba.
Si tratta di un indovinello fondato su una metafora antichissima, il
confronto fra l’aratura e la scrittura: i buoi sono le dita, l’aratro à la
penna, il prato è la pergamena“
Il volgare si sviluppava nelle opere di poesia delle scuole siciliana r
poi toscana. Dal 1200 maggior prestigio lo accquistò il toscano;
essendo il più simile al latino, fu messo alla base della lingua
letteraria, sulla quale lavoravano Dante e poi Petrarca, Boccaccio e
tanti altri scrittori e poeti. La formazione della lingua Italiana fu
dovuta al Toscano e anche alle frasi e alle parole, provenienti da vari
regioni. Secondo Dante, si sarebbe dovuto scegliere quanto offriva di
meglio ciascun dialetto.
Dante scrisse la sua "Divina Commedia“ dove dimostrò il
funzionamento della lingua Italiana, ma la prima lingua nella quale la
sua opera fu tradotta fu il Latino. Petrarca tradusse la novella di
Griselda del "Decameron" in Latino, ponendo con questo atto l’opera
di Boccaccio su un alto livello. Quindi il processo dell'accettazione
della lingua letteraria non era veloce e stabile. Solo nel 1495 usci la

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prima grammatica italiana, attribuita ad Alberti con un dubbio,
perché l'originale fu perso in un incendio. Ecco, cosa ne scrive Bruno
Migliorini: “Dei primi tentativi di fissar regole, l’unico documento
quattrocentesco che ci rimane è la grammatichetta che apparteneva
nel 1495 alla Libreria Medicea privata col titolo di Regule lingue
fioren tin e o Regole della lingua fioren tin a, l'originale è andato
perduto, ma una copia fatta nel dicembre 1508 fu posseduta dal
Bembo, e si conserva ora nella Biblioteca Vaticana. Le Regole sono
anonime; l'identificazione dell autore non è sicura, ma molti indizi
fanno pensare a Leon Battista Alberti"
Una grande importanza per lo sviluppo della lingua italiana ebbe
l'attività dell'Accademia della Crusca, fondata a Firenze nel 1583, la
quale pubblicò il primo dizionario della lingua italiana nel 1612.
Le opere di Alessandro Manzoni (1785 1873), uno scrittore e
politico italiano, favorirono tanto ulteriore sviluppo della lingua
Italiana- Manzoni trovò la via di uscita dal labirinto dei problemi
linguistici e sociali, chiamati la "Questione della lingua" Nella sua opera
immortale "1 promessi sposi", Alessandro Manzoni lisa una lingua
comprensibile a tutti gli italiani. Secondo Manzoni, la fonte della lingua
letteraria deve essere il linguaggio degli strati culturali fiorentini,
[.‘ultima redazione del romanzo “I promessi sposi" uscita nel 1840-
1842, fu scritta in fiorentino, che per l’autore significava la lingua
italiana. Nonostante la crìtica, il fatto è che Manzoni con il suo
romanzo fece un esempio della grande prosa moderna. Il suo
contributo importantissimo è che lui in pratica realizzò Ideale di una
lingua italiana unica e nazionale. La lingua nazionale fu molto
importante per l’Italia unita, della quale Manzoni scrisse : “Una d’arma,
di lingua, d’altare, /di memorie, di sangue, di cor” (“Marzo 1821").
La vittoria nella lotta per l’indipendenza e la formazione dello stato
unitario nel 1861 nell'epoca del Risorgimento coincise con lo stabilirsi
della lingua nazionale in tutta l'Italia.
Tutti gli italiani normalmente parlano la lingua letteraria ed il
proprio dialetto. Ma nei tempi moderni con lo sviluppo dei mezzi di
comunicazione di massa, con l’istruzione in italiano letterario, la
maggior parte delle persone parla meglio in italiano che in dialetto, il
quale piano piano si va dimenticato, vivendo nel parlare della

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generazione più anziana. La cosa che rimane è la cadenza, cioè un
modo di pronunciare le parole, la sfumatura fonetica e lessicale che
spesso dimostra da dove proviene il parlante.
Dalla lingua italiana proviene la terminologia della musica e
dell'arte, prestata alle altre lingue. Mentre il lessico italiano nel 1600,
per l’effetto dell'Influenza della Spagna su tutta l'Italia meridionale,
attinge dallo spagnolo numerosi vocaboli, dal 1700 alla prima metà
del ventesimo secolo prevalse l’influsso culturale francese. Nella
seconda parte del ’900 penetrò la terminologia scientifica ed
industriale inglese ed americana.

Concludendo la sua opera, Bruno Migliorini si domanda quale sarà


la lingua di domani, e dice che “la lingua italiana sarà ciò che
sapranno essere gli Italiani".
...m a non dim entichiam o che ci siam o an ch e n o i Noi studiam o la
lingua italian a e la abbiam o in testa e nel cuore, e com unque sia, non
la farem o perdere.

Obiettivo conoscenza
1. A quale gruppo delle lingue appartiene l’Italiano?
2. Da dove viene il termine le lingue “romanze" (quali sono)?
3. Quali sono le quantità delle persone che parlano l’Italiano e le altre
lingue neolatine?
4. In quali paesi l'Italiano è diffuso e perché?
5. Quali sono i gruppi dei dialetti italiani, qual’è il più vicino al
Latino?
(>. Quali variazioni del Latino esistevano, in quali ambienti si
usavano?
7. Qual’è la prima testimonianza della scrittura italiana?
8. Chi fu il padre della lingua Italiana, quale opera scrisse? Chi
furono gli altri grandi scrittori che svilupparono la lingua nazionale?
(ricordate la prima grammatica italiana).
9. Perché la lingua nazionale è importante per la formazione dello
stato unitario?
10. Come si chiama l’epoca della lotta per la formazione dello stato
Italiano?

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Unità 2.
Le prime opere, scritte in italiano

Storta d ella letteratura italian a di Francesco d e Sanctis,

Francesco de Sanctis, l'autore di "Storia della letteratura italiana",


nacque a Morra lrpina il 28 maggio del 1817. Atleti di 9 anni si
trasferì a Napoli, dove morì il 29 dicembre 1883. Più volte ricoprì la
carica di ministro della Pubblica Istruzione.

Lale iteramia .dcLMtdiaesa.LYi-.X Ili secolc)-


Dopo la caduta dell’Impero Romano, nel periodo dal VI al XII
secolo la letteratura italiana si scriveva in lingua letteraria (opere di
teologia, cronache, inni religiosi e leggende), ma dal X secolo esistono
testimonianze in dialetti popolari.
Lo sviluppo della letteratura in dialetto non era molto veloce,
perché in Italia il latino era più comprensibile per la gente che negli
altri paesi. Dall'XI secolo in Italia inizia la diffusione della poesia
provenzale e la poesia epica francese, ripresa in seguito nei dialetti
popolari. Le prime opere scritte in dialetto, risalgono a quando i
comuni, sorti nel X-XI secolo sono diventati i centri culturali. A causa
dell'ordinamento sociale e politico molto diverso nelle varie regioni
d’Italia, anche la letteratura era molto diversa.
Nell’Italia settentrionale e centrale, dove la lotta politica nei comuni
era molto forte, si sviluppava la poesia religiosa in dialetto. Al
francescanesimo ed al suo centro in Umbria è legata la poesia religiosa.
Il "Cantico..." di San Francesco d’Assisi (1181 oppure 1182-1226) è il
suo primo esempio. Il più eminente creatore di tale poesia è lacoponc
da Todi (1230-1306). In Italia settentrionale la poesia religiosa è
rappresentata dai poemi didattici, che raffigurano in particolare il
mondo ultraterreno, ad esempio le opere di Gerardo Patecchio ed
Uguccionc da Lodi (prima metà del XIII secolo), e anche di Giacomino
da Verona e Bonvezin della Riva (seconda metà del XIII secolo).
Contemporaneamente si stava sviluppando la poesia laica in
dialetto. Spesso le canzoni raccontavano gli eventi politici della vita
dei comuni e dell’amore nella forma del dialogo. La poesia d’amore

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fiorì al Sud alla corte del re Federico secondo, dove nel XIII secolo
sorse la scuola siciliana, la prima scuola di letteratura italiana. Come
scrive Francesco de Sanctis nella sua "Storia della letteratura italiana’,'
la Sicilia aveva avuto già due grandi epoche di cultura: l’araba e la
normanna. Il mondo fantastico e voluttuoso orientale vi era penetrato
con gli arabi, e il mondo cavalleresco germanico vi era penetrato coi
normanni, che ebbero parte così splendida nelle Crociate. Più che
nelle altre parti d'Italia qui erano vive le impressioni ed i sentimenti di
quella grande epoca da Goffredo a Saladino; i canti dei trovatori, le
novelle orientali, la Tavola rotonda, un contatto immediato con
popoli così diversi per vita e cultura, aveva colpito le immaginazioni e
svegliata la vita intellettuale.
I.a Sicilia divenne il centro della cultura Italiana. Fin dal 1166 alla
corte palermitana del normanno Guglielmo secondo l’Italia colta
aveva la sua capitale. Tutti gli scrittori si chiamavano “siciliani"
Scrivevano cronache e trattati in una lingua già meno rozza, anzi
ricercata e pretenziosa. 1 sentimenti e le idee nuove avevano la loro
espressione in quel romano rustico, fondo comune di tutti i dialetti
poi diventato il parlare della gente colta, fra tutti i volgari moderni, il
più simile al latino.
I poeti della scuola siciliana, Pietro della Vigna (1190-1249), Jaco­
po da Lentim (morto nei 1233) e altri cantavano l'amore. La poesia
siciliana, così come quella provenzale nel medioevo si affermò in
Toscana. Mentre i “siciliani" si spiegavano con tanto splendore e lusso
d'immaginazione e attiravano a sé i più chiari ingegni d’Italia, nei
comuni dell’Italia centrale, oscuramente ma con assiduo lavoro, si
elaborava il volgare. 1 centri principali erano Bologna e Firenze,
intomo ai quali si trovano Lucca, Pistoia. Pisa, Arezzo, Siena, Faenza,
Ravenna, Todi, Sarzana, Pavia, Reggio.
Gettando uno sguardo su quelle antichissime rime, non si ritrova
la vivacità e la tenerezza meridionale, ma uno stile sano e semplice,
lontanoi da ogni gonfiezza e pretensione, è un volgare già assai più
fino. La proprietà, la grazia e la semplicità sono le tre veneri che si
mostrano nel volgare come si era formato in Toscana.
II fatto è che mentre la lingua si muoveva, il contenuto era già
formato, meccanizzato e convenzionale: la lingua si muoveva, il

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contenuto rimaneva stazionario. Concetti e parole sono in tutti i
trovatori gli stessi. Come più tardi nella cultura italiana
comparivano le maschere, cioè caratteri comici con lineamenti
tradizionali, cosi cera Madonna e Messere. Madonna, “l’amanza” o
la cosa amata era un ideale di tutta perfezione; non la tale e tale
donna, ma la donna in genere, amata con sentimento che teneva di
adorazione e di culto. M essere era l'amante, il 'm eo sere", che aveva
qualche valore solo amando.
Uomo senza amore è uomo senza valore. Chi ama è cavaliere,
ubbidiente alle leggi d'onore, difensore della giustizia, protettore dei
deboli, umile servo d’amore, e soffre volentieri ove a sua Madonna
piaccia. L'amore era tutta la vita nei suoi vari aspetti; era Dio, patria e
legge: la donna era divinità... l’universo è la Donna. E tale fu negli
inizi della società moderna in Germania, in Francia, in Provenza, in
Spagna, in Italia. La storia fu fatta a quell’immagine: troiani e romani
erano concepiti come cavalieri erranti; e cosi arabi, saraceni, turchi, il
soldano e Saladino. Paris ed Elena, Piramo e Tisbe sono eroi da
romanzo, come Lancillotto e Ginevra, Tristano e Isotta la bionda. In
questa fraternità universale si trovano angeli, santi, miracoli, paradiso,
in istrana mescolanza col fantastico e il voluttuoso del mondo
orientale, tutto battezzato sotto nome di "cavalleria”
Le idee non sono ancora capaci di u sare nella loro forma, si tratta
ancora di allegorie. Le idee morali sono motti e proverbi. La
letteratura di questa età infantile sono romanzi e novelle, favole c
motti, poemi allegorici c sonetti nel loro primo significato, cioè rime
con suoni, canti e balli.
Questo contenuto non può aver vita se non si muove. L'Italia aveva
già una cultura propria e nazionale molto progredita, l'Europa andava
già ad imparare nella dotta Bologna. Teologia, filosofia, giurispru
denza, scienze naturali, studi classici avevano già dato un vivo
impulso allo spirito nazionale. Quel contenuto cavalleresco doveva
parer frivolo e superficiale ad uomini educati con Virgilio ed Ovidio,
che leggevano Tommaso e Aristotele cd aperti a tutte le meraviglie
dell'astronomia e delle scienze naturali. Nacque l’entusiasmo della
scienza, una specie di nuova cavalleria. Lo stesso impeto, che portava
l’Europa a Gerusalemme, la portava ora a Bologna, verso la quale cera

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questo grande movimento di curiositi scientifica, il cui principale
centro era in Italia.
E la scienza fu madre della poesia italiana, e la prima ispirazione
venne dalla scuola. Il primo poeta è chiamato "il Saggio" c fu il
Bolognese Guido Guinizzelli. Nel 1270 Guido insegnava lettere
all'università di Bologna. Il volgare era già formato e si chiamava
“lingua materna". Guido attinge le sue immagini non dai romanzi di
cavalleria, ma dalla fisica, dall’astronomia, dai più bei fenomeni della
natura.
In generale le poesie dei trovatori sono una filza di concetti
addossati gli uni agli altri senza sviluppo. Qui non c’è che un solo
concetto, ed è il luogo comune dei trovatori espresso nel celebre
verso: "Amore e cor gentil sono una cosa" Ma questo concetto diviene
tutto un mondo innanzi a Guido; lui non sente amore, non riceve e
non esprime impressioni amorose, ma contempla l’amore c la bellezza
con uno sguardo filosofico: quello che gli si affaccia non è persona
idealizzata, ma è pura idea, della quale è innamorato con quello stesso
amore che il filosofo porta alla verità intuita e contemplata dalla sua
mente, quasi fosse persona viva. Così Platone amava le sue idee.
Questo dunque si ricordi bene: che la letteratura italiana fu prima
inaridita nel suo germe da un mondo poetico cavalleresco, che non
potè penetrare nella vita nazionale e rimase frivolo e insignificante; e
fu poi sviata dalla scienza, che l’allontanò sempre più dalla freschezza
c ingenuità del sentimento popolare e creò una nuova poetica, che
non fu senza grande influenza sul suo avvenire. L’arte italiana nasceva
non in mezzo al popolo, ma nelle scuole, fra san Tommaso e
Aristotele, tra san Bonaventura e Platone.
La poesia di Guido ha il difetto nella sua qualità: la profondità
diviene sottigliezza, e l’immaginazione diviene retorica, quando vuole
esprimere sentimenti che non prova. Si è formata una scuola poetica,
il cui codice è il “Convito” di Dante. Se Bologna si gloriava del suo
Guido, Arezzo aveva il suo Guittone, Todi il suo lacopone e Firenze il
suo Brunetto Latini.
In lacopone c ’è una vena di schietta, popolare e spontanea
ispirazione; se i mille trovatori italiani avessero sentito amore col
calore e l’efficacia che desta tanto incendio nell’anima religiosa di

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lacoponc. la letteratura italiana avrebbe avuto una poesia meno dotta
c meno artistica, ma più popolare e sincera, lacoponc riflette la vita
italiana in uno dei suoi aspetti con assai più sincerità c verità, di
qualsiasi trovatore; è il sentimento religioso nella sua prima e natia
espressione, come si rivela nelle classi incolte, senza nube di teologia e
di scolasticismo e portato sino al misticismo ed all’estasi.
Nella vita italiana la scienza era come un mondo nuovo, nel quale
tutti si precipitavano a guardare. Ma la scienza era come un Vangelo,
che s’imparava e non si discuteva. In modo tale che troiani, romani,
franchi e saraceni, santi e cavalieri erano neU'immaginazione un
mondo solo; Aristotele e Platone, Tommaso e Bonaventura erano una
sola scienza. Il maggiore studio era sapere, c chi più sapeva più era
ammirato; nessuno domandava quanta concordia e profondità era in
quel sapere. Perciò venne a grandissima fama ser Brunetto Latini
(circa 1220-1294). Il suo ‘‘Tesoro" in lingua francese e il "Tesoretto" in
dialetto toscano furono per lungo tempo meraviglia delle genti,
stupite che un uomo potesse saper tanto ed esporre in versi Aristotele
e Tolomeo. Brunetto fu maestro di Guido Cavalcanti e di Dante, che
compirono i loro studi nell’univeisità di Bologna, dalla quale usci pure
Cino da Pistoia.
1 due centri della vita italiana erano Bologna e Firenze, luna centro
del movimento scientifico, l’altra centro dell'arte. Nell'ima prevaleva la
lingua dei dotti, nell’altra prevaleva il volgare, la lingua dell’arte. Il
nuovo poeta scrive con intenzione. Più che poeta egli è lume di
scienza; si chiama Brunetto Latini, l’enciclopedico; Cino da Pistoia, il
primo giureconsulto dell'epoca; Cavalcanti, il filosofo prestantissimo;
Dante, il primo dottore e disputatore dei tempi suoi. Scrivono versi
per bandire la verità, spiegare popolarmente i fenomeni più astrusi
dello spirito della natura. La poesia è per loro ornamento, la bella
veste della verità o della filosofia, “uso amoroso di sapienza” come
dice Dante nel "Convito” C ’è dunque in loro una doppia intenzione:
quella scientifica, pure un'intenzione artistica di ornare e di abbellire.
L'artista compare accanto allo scienziato.
Dalla fine del XII secolo inizia il suo sviluppo la prosa. I romanzi
dei paladini francesi si raccontavano nei dialetti locali. Il più famoso
libro anonimo dei racconti popolari, scritto in dialetto toscano è

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"Novellino" che preparò le basi per il “Decameron" di Giovanni
Boccaccio con i suoi concetti più importanti intelligenza, amore c
fortuna.
Guido Gninizzclli (tra 1230 e 1240 1276) di Bologna, fu un fonda
toro del “Dolce stil novo" poesia filosofica di cui seguaci sono i
fiorentini Guido Cavalcanti (1255 o 1259-1300), il giovane Dante,
Cino da Pistoia (1270-1336 o 37), D. Frescobaldi (1271 1316),
G. Novello. G. Lapo (1250-1328) ecc.
La poesia del “Dolce stil novo” in una maniera continua è legata con
la poesia provenzale e quella siciliana, ed anche con la poesia religiosa.
Contemporaneamente i -fiorentini Rustico di Filippo (tra 1230-40,
morto prima del 1300) e Folgore da San Gimignano creavano la poesia
giocosa. La poesia di Cecco Angiolieri (circa 1260-1312) e degli altri
poeti dell’epoca mise le basi per il Rinascimento.

P bisttl ivo. CQm prqjsjaitt.


Leggere e cap ire le p oesie.
D efinire: tem a e protagonisti.
Q u al? lo stato d ’a nim o, l'um ore degli au tori?
In rju ale m odo e con q u ali p a ro le gli au tori esprim ono le loro
em ozioni?

La cantilena di Giulio:
AMANTE
Molte sono le feminc
C hanno dura la testa,
L l'uomo con parabole (parole. Nel basso latino si dice p a ra b o la )
Le dimina e ammonesta: (domina; persuade, in provenzale «•
spagnolo si dice admonestar)
Tanto intorno percacciale (“percacciare" dar la caccia in
provenzale percassar)
Sinché l'ha in sua podestà, {potestas, podestà: come maiestas.
maestà)
Femina d'uomo non si può tenere:
Guardati, bella, pur di ripentere: (pentere, ripentere, dal latin«»
poenitere).

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"La cantilena di Ciacco dall’Anguillara, fiorentino è sullo stesso
tema trattato da Giulio. Nella tenzione di Ciacco la lingua è cosi prò
pria e sicura, che non ne hai esempio nei più tersi e puliti siciliani” -
scrive Francesco de Sanctis.

AMANTE
O gemma leziosa.
Adorna villanella,
Che sei più virtudiosa
Che non st ne favella:
Per la virtudc c'hai.
Per grazia del Signore,
Aiutami, ché sai
Ch'io son tuo servo, amore.

DONNA
Assai son gemme in terra
Ed in fiume ed i n mare,
C'hanno virtude in guerra.
E fanno altrui allegrare.
Amico, io non son dessa
Di quelle tre nessuna: (tre gemme)
Altrove va per essa,
E cerca alti a persona.

lacopone parla con Dio, la Vergine, i santi e gli angeli con «ulta
dimestichezza e li dipinge con perfetta libertà d’immaginazione. coi
particolari più pietosi e più affettuosi che sa trovare una fantasia
commossa dall’amore.

Di’ Maria dolce, con quanto disio


Miravi'! tuo tiglio Cristo mio Dio.
Quando tu il partoristi senza pena,
l.a prima cosa, credo, che facesti,
Si l’adorasti, o di grazia piena,
Poi sopra i! fien nel presepio il ponesti;

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Con pochi e pover' panni lo involgesti,
Maravigliando e godendo, cred'io.
Oh quanto guadio avevi e quanto bene,
Quando tu lo tenevi nelle braccia!
Dillo, Maria, chè forse conviene
Che un poco per pietà mi satisfaccia.
Baciavil tu allora nella faccia.
Se ben credo, e dicevi: - O figiiuol mio! -
Quando "figiiuol" quando "padre e signore"
Quando ‘ Dio”, e quando "Gesù" lo chiamavi;
Oh quanto dolce amor sentivi al core,
Quando ‘n grembo il tenevi ed allattavi!

I m oni di lacopone sono pensieri morali espressi per esempio e


per immagini, come fa l'immaginazione popolare; e nella loro brevità
e succo è il principale attrattivo:

Non ti sforzar a prendere


Più che non puoi con braccia:
Ché nulla porta a casa
Chi la montagna abbraccia...
Quando puoi esser umile.
Non ti dimostrar forte:
Il muro tu non rompere,
Se aperte son le porte...

Guido Guinizzelli, che nel 1270 insegnava all’università di Bologna,


per la sua poesia attinge le immagini non dai romanzi di cavalleria, ma
dalla fisica, dall’astronomia, dai più bei fenomeni della natura:

Al cor gentil ripara sempre Amore,


Siccome augello in selva alla verdura;
Né fe' amore ami che gentil core,
Né gentil core, anti che Amor, Natura.
Che adesso com' fu il Sole,
Si tosto fue lo splendor lucente,

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Nè fu davanti al Sole.
E prende Amore in gentilezza locò
Cosi propriamente.
Come il calore in chiarità di foco.
Foco d’Amore in gentil cor s’apprende
Come virtute in pietra preziosa;
Ché dalla stella valor non discende,
Anzi che '1 Sol la faccia gentil cosa...

1. Come si chiama il re alla corte del quale si formò la prima scuola


della letteratura italiana?
2. Quali sono i primi documenti della letteratura italiana?
3. Dove si spostò il “centro” della letteratura italiana dopo Palermo?
4. Cosa contribuì lo sviluppo scientifico all'università di Bologna nella
letteratura italiana?
5. In che lingua (lingue e linguaggi) scrivevano i poeti?
6. Quali fasi attraversò lo sviluppo della forma e del contenuto della
poesia?
7. Qualora il concetto base della poesia?
8. Chi Sohò i personàggi dei vèrsi?

f ìt k y jv o a p p lic a rn e ;
1. Quale poesia vi è piaciuta di più e perché?
2. Questa unità è scritta sulla base dei primi capitoli ‘ i siciliani ed "i
toscani” della "Storia della letteratura italiana" di Francesco de Sanct
is. Leggete questo libro, abbiatelo nella biblioteca di casa vostra.
3. Fate la tabella dei nomi e le opere dei poeti nominati nel testo di
questa unità.

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U n itì3 .
Situazione linguistica nel periodo dal 960 al 1226

1. Si p u ò trattare le varie espression i in volgare com e varian ti d i


una m edesim a lingua?
È lecito già nel periodo dal 960 al 1225 (in difetto di una unità
politica che l'Italia raggiungerà solo nell'Ottocento) trattare le varie
espressioni in volgare come varianti di una medesima lingua?
Le manifestazioni linguistiche possono essere considerate di pieno
diritto tutte insieme solo quando chi parla o chi scrive ha come
uditòrio ideale tutti gli abitanti della penisola, ciò che è ancor dubbio
per i poeti della Scuola siciliana, ma è ormai certo per Dante.

* Volgare - dal lat. vulgàrefm) "comune a tutti". Volgo - «popolo».


Linguaggio del popolo, spec. in relazione al periodo delle origini e
in contrapposizione alla lingua dotta rappresentata dal latino
medievale dialetti, parlate volgari. Il “volgare“ al contrario del latino
era diverso a ogni regione e territorio.

2 Eventi storici.
L’apparire dei primi testi è una testimonianzai di qual risveglio, di qual
rinnovamento che si nota nella penisola verso il Mille.
1. Le repubbliche marinare mostrano un'energica attiviti politica e
commerciale: Genova, Pisa, Amalfi nd Tirreno c sulle coste africane,
Venezia nell'Adriatico.
2. Grande moto di riforma religiosa che s’incentra in Gregorio VII
rafforza l'unità morale del mondo cattolico, e d i urienergica spinta
alle Crociate, mosse tuttavia anche da un prorompente spirito
d'avventura e di conquista.
Per l'Italia la più importante delle Crociate è la quarta, che porta
Venezia a una grande espansione politica e commerciale, e insedia
numerosi signori italiani nei feudi dell'impero latino d’Oriente.
3. Quel contrasto fra Settentrione e Mezzogiorno, che è uno dei
caratteri immanenti della storia italiana - e sarà proprio in questo
contrasto che si incuneerà più tardi la Toscana diventando la média­
trice linyuistica - viene ad accentuarsi tra il secolo XI-XII.

18
4. Nel Nord e nel Centro si Afferma quella tipica istituzione italiana che
è il Comune, per cui numerosi centri urbani assumono le funzioni di
altrettante città-stati, organizzate ad opera della piccola nobiltà e della
borghesia. La loro vita operosa le spinge anzitutto a combattere fra
loro; poi la lotta contro Federico Barbarossa le porta ad acquistare
coscienza di sé.
Poi, nello spartirsi fra Guelfi e Ghibellini, i comuni obbediscano
piuttosto a interessi municipali che a ideali politici generali, si vede
dalla loro distribuzione geografica, quasi “a scacchiera"
5. Quanto all'Italia meridionale, le condizioni mutano radicalmente in
poco più di un secolo, in seguito alla conquista normanna.
Intorno all'anno 1000 la parte meridionale della penisola è divisa fra
Bizantini, principati longobardi, invasori musulmani in lotta fra loro:
nel secolo seguente Ruggero II duca di Puglia c re di Sicilia (1130) ha
ormai in pugno le sorti di quasi tutta l'Italia meridionale c della Sicilia, e
ha inizio con lui una tradizione unitaria, che diventerà anche più forte
con un accentrato re come Federico 11. e che durerà per molti secoli.

Obiettivo conoscenza:
C hi sono: Federico 11, Federico Barbarossa, Guelfi e Ghibellini,
normanni, longobardi?
C osa sono: comune, repubbliche marinare, crociate?

2. M ovim enti cu lturali.


1. 1 principali movimenti culturali di questo periodo vanno
considerati nell'ambito dell’Occidente cristiano, e per lo più vediamo
che la Francia vi ha una posizione preminente. Verso la metà del
secolo XI si diffonde quel modo di vivere e di pensare che va sotto il
nome di ideale cavalleresco. Al principio del '200 sorgono l’ordine
domenicano c..<mdto fr a n r e x ino.
2. Nell'architettura assistiamo al principio del Cento alla fioritura del
romanico (con le grandi cattedrali di Modena, 1106, Cremona, 11Q7,
Piacenza, 1122, ecc), poi a quella del gotico.
3. Nella matematica, neH'astronomia, nella medicina, si fa molto
Sentire l’influsso arabo, che anche nella filosofia si manifesterà con la
larga fortuna delle idee averroistiche.

19
4. La preminenza italiana è invece assai notevole nel campo del
diritto: le scuole di Pavia e di Ravenna preparano la grande fioritura di
quella di Bologna: la rinascita dei diritto romano e l'elaborazione del
diritto canonico sono altissime manifestazioni di questa età.
5. Una ininterrotta tradizione scolastica si mantiene nelle scuole
monasteriche ed episcolari: l'insegnamento, quasi sempre fatto da
ecclesiastici, mira anzitutto a dare una conoscenza grammaticale e
retorica del latino, attraverso la quale si ascende per gradi a ogni
specie di scienza, fino al diritto, fino alla teologia. Gli stranieri si
meravigliavano, nel sec. XI, che in Italia anche i laici studiassero, e che
dessero tanta importanza all'insegnamento grammaticale-retorico,

Obicttivo conoscenza;
C osa sono: l'ordine domenicano e quello francescano, stili
romanico e gotico.

4. Tardo afferm arsi d e l volgare.


1. Porta d'ogni specie di cultura è dunque la grammatica, cioè la
conoscenza del latino. E all infuori di pochi testi, tutto quello che è
stato scritto in questi secoli in Italia, è stato scritto in latino: carte
p u b blich e e private, epigrafi, decreti e b olle, com m enti giuridici,
trattati teologici e m orali, vite d i santi, cron ache, p oem i di argomento
storico o moraleggiante, e tutto il resto.
2. Le innumerevoli varietà dialettali che si parlavano nei vari luoghi
erano sentite come manifestazioni di carattere inferiore, prive affatto
di quella formalità, di quella regolarità, di quella dignità che erano
reputate necessarie per mettere in scritto qualsiasi cosa, anche la
meno importante.
3. Occorre una lunga serie di tentativi e di sforzi perché anche in Italia
U volgare superi questo sentimento d'inferiorità, e accanto e di fronte
al latino si senta il desiderio e la necessità di fissare la fuggevole
parlata, dandole valore al di là del suo spazio e del suo tempo.
Il secolo XII non ha quasi alcun poeta in volgare, è vero altresì che ha
pochissimo anche in latino. Invece questo secolo creò Comune, fondò
colonie oltre mare, tra le arti belle predilesse la più pratica,
l'architettura.

20
Il prestigio di cui il latino godeva in Italia, la sua diffusione relativa­
mente larga, la sua differenza non grandissima dalla lingua parlata, la
rispondezza che esso presentava, nella fase medievale, alle molteplici
esigenze della vita pratica: tutto questo servì a ritardare l'avvento del
volgare.

QbKtttv? Compr&nsiong:
1. Quali testi erano scritti in latino?
2. Quali caratteristiche erano reputate necessarie per mettere in
scritto qualsiasi cosa?
3. Che cosa servi a ritardare l'avvento del volgare?

5. C ircolazion e d i persone.
Mentre il latino adempie la sua funzione di lingua comune per
tutta l’Europa occidentale, i singoli dialetti servono ai singoli luoghi.
Fra le categorie di persone che più si muovono da un luogo all’altro
sono i religiosi, i quali bene o male adoperavano il latino, almeno con i
loro confratelli Ma i mercanti, meno colti e maggiormente spinti
dalla necessità di farsi intendere, avranno dovuto adattarsi al volgare
dei luoghi in cui trafficavano.
Un altro gruppo è quello di giullari. Il loro mestiere è quello di
divertire con la parola per trarne guadagno. Furono al stretto contatto
verbale con il pubblico. Naturalmente vi saranno stati giullari di una
certa cultura, ecclesiastici, mancati diventati clerici vagar.tes. e
giullari appena infarinati dai contatto con persone colte.

Quali erano le categorie di persone che si adattarono alle variazio­


ni del volgare e perché?

6. C onoscenza d elle lingue e letteratu re (TOltralpe.


1. Contatti pratici e contatti culturali contribuivano a diffondere una
certa conoscenza delle lingue d’Oltralpr in Italia. La fioritura degli
studi teologici e filosofici in Trancia nei secoli XI e XII dà grande
prestigio alle scuole transalpine.
2. Per l'Italia meridionale, è notevole l'influenza esercitata dagli
insediamenti normanni e dalla loro corte: si hanno molte notizie delle

21
relazioni Normanni d Italia con quelli di Francia e d'Inghilterra, e si sa
che la conoscenza del francese era indispensabile alla Corte. Arrigo
conte di Montescaglioso riGutò (a carica di reggente durante la mi­
norità di Guglielmo 11, scusandosi col fatto di non sapere il francese.
3. Giunsero per questa via leggende carolinge e arturiane (e cosi si
spiega che il nome della fata Morgana, sorella di Artù. arrivasse in
Sicilia).
4 Nell'Italia settentrionale alla fine del Cento e nei primi decenni del
Duecento si interessavano alla poesia proverbiale; numerosi fresatori
vengono in Italia e trovano imitatori.
5. Non ci fèsta che il soprannome C ossezcn (cioè '’bellino”) del più
antico trovatore d'Italia, quel “vecchietto lombardo” mentre ci resta il
serventese di Pcire de la Cavarana, composto nel 11% o poco dopo,
che esprime i sentimenti d’odio dei Lombardi contro “la gent
d'Alemaigna".

Obiettivo conoscenza:
1. Cosa significa “ lingue d'Oltralpe”?
2. La conoscenza di quale lingua era indispensabile alla Corte?
3. Cosa sono le leggende carolinge e arturiane, e chi è fata Morgana,
sorella di Artù?
4. A quale poesia si interessavano nell'Italia settentrionale alla fine
del Cento e nei primi decenni del Duecento?

7. L e testim on ian ze iti volgare.


U -eM ìì casatossi-
1 documenti in cui per la prima volta il volgare appare in piena
luce, coscientemente contrapposto a! latino, sono » quattro placiti
cassinesi. Si tratta di un gruppet^>_compatto di quattro peigaragne,
un "mernoratorio" sull’appartenenza di certe terre, nei quali la
decisione è fornita da testimonianze giurate (periodo dal % 0 al % 3).
Poiché i testimoni, tutti chierici e notai, sarebbero certo stati in
grado di pronunziare in latino la forinola testimoniale, si deve essere
ritenuto opportuno di farne conoscere a tutti quelli che erano
presenti al giudizio, come era avvenuto in modo più solenne a
Strasburgo nell‘842, quando Lodovico il Germanico aveva giurato

22
rom an a lingua per farii capifé dai soldati francesi, e Carlo il Calvo
teudisc*i lingua per farsi capire da quelli tedeschi.
Il giudice preannunzia le parole che i testimoni dovranno giurare e
che saranno state probabilmente da lui stesso preparate; queste frasi
rappreKlUany i primi documenti di un linguaggio cancelleresco.

2, TesùdeLsecoto XI Carte sante .Postilla amiatina-.


1. Dopo i quattro placiti, per un secolo intero non appaiono altri
documenti volgari. Bisogna aspettare gli ultimi decenni del scc. XI per
trovare due carte sarde e tre testi dell’Italia centrale.
2. Le due carte sarde sono di grandissimo interesse, perché manifes­
tano un precoce affermarsi del volgare anche in quegli usi che
rimasero riserbati al latino. Il testo ci mostra una fase di
concretamento della lingua molto meno avanzata che nei placiti
cassinesi. Il notaio Rainerio non sa scriverla altrimenti che
riferendosi al latino. Pronunziando cap ocottu , scrive cap u tcoctu .
(Capocotto è un soprannome, probabilmente da intendere come
“Testadura"). Diceva è, e scrive est. L forse dietro Vadiuvet (che egli
certo pronunziava, secondo l’uso medioevaie, ad iù v et) sta nascosto
un aiu ti.
3. Molto più importante delia postilla del notaio Rainerio è l'iscrizione
affrescata su un muro di chiesa di san Clemente a Roma, negli ultimi
anni del sec. XI. Più importante, perché si tratta di un iscrizione
esposta la pubblico, e per di più in chiesa.
È noto l’episodio che l'affresco rappresenta, attinto alia P assio san cii
C lem entis. Il patrizio pagano Sisinnio è pieno di collera contro il santo
che egli accusa di aver esercitato arti magiche contro di lui,
togliendogli momenteamente la vista e l’udito per abusare di Teodora
sua moglie, convertita al cristianesimo. Egli ordina a tre servi di tras­
cinare per terra san Clemente legato:

Fili de le pule, traile.


Poi insiste con due di essi perché lo trascinino con la fune:
Gosmari, Albertel. traile.
E al terzo, Carboncello, dà ordine di spingere con un polo il santo:
Fàlite dereto colo palo, Carvoncelle.

23
Ma un miracolo è avvenuto: il sant'uomo che il patrizio e i suoi tre
satelliti vorrebbero martirizzare, è libero: mentre essi credono d’avere
in mano lui, stanno legando e spingendo una pesante colonna.
Da questa si leva una voce, che spiega il miracoloso avvenimento:
Duritiafm] cordis vestri|s]
Saxa traere meruistis. (per la durezza del vostro cuore avete
meritato di trascinar sassi).
Chi delineò il modello deil'iscrizione a Sisinnio e ai suoi uomini
mise in bocca il volgare (e già questo fatto, ma più ancora il carattere
plebeo delle parole a loro attribuite, mostra una certa intenzione
scherzosa), mentre le parole del santo le fece risonare con la solennità
dell- lingua liturgica. Numerose nel breve testo, le particolarità degne
di nota. Nella grafia la sola difficoltà dello scriba è stata la
rappresentazione del suono gli (fili, e forse fa h te ). La geminazione
non appare nella scrittura anche dove la pronunzia doveva essere
rafforzata (pu le e anche Sisinium, ma C arvoncelle). Alla finale, dal lat.
si ha - o e mai -u . In cicreto (dissimilato da de-retro) non si ha
dittongamento. 11 passaggio da -r b - a -rv - (C arvon celle) è dei dialetti
italiani mediani. Si hanno ben due esempi di pieposizionc articolata
[dele. colo). Il vocativo una volta è in - e (C arvon celle), secondo il tipo
latino un’altra volta è troncato (A lbertel), forse preannunziando il
troncamento meridionale dei vocativi.
De! verbo abbiamo due imperativi: tratte (2 volte) e f a di /a lile , in
cui vediamo i due pronomi seguirsi neH’ordine “complemento di
termine + complemento oggetto", mentre coinè noto, nell'italiano del
Duecento c del Trecento prevale l’ordine inversivo.
4. Le altre testimonianze del volgare si trovano nelle testimonianze
giudizia rie, mlliscriziony fol Duomo Ferrara, nei ritm i.giulla­
reschi. nei ritmi storici, che rappresentano una narrazione, fatta dai
cittadini in ritmi facili c concitati di avvenimenti bellici che interessa­
vano le rispettive città, una specie di bollettini di guerra in versi; nel
dramma lim a to nei vgm didattici-
Interessante è il contrasto e il discorso di Rambaldo di
Vaquciras, trovatore provenziale. Il valore di questo testo consiste
nello sforzo del poeta di adattare un dialetto non scritto agli
schemi linguistici e letterari della fiorente cultura provenziale. Alla

24
strofa proverbiale segue quella italiana; poi una francese, una
guascone e una romanza.
Le strofe italiane di Rambaldo manifestano una forte dipendenza
dal provenziale. Ma a differenza di tutti gli altri testi che abbiamo
visto, non c'è traccia di influenza latina.

Obiettivo conoscenza:
1. Quali erano i documenti in cui per la prima volta il volgare appare
coscientemente contrapposto al latino? Di quale materiale erano e di
che cosa si trattava?
2. Elencate i testi del secolo XI in cui si trovano le tracce del volgare.

QbkttLvg Qompjensipmr-
1. In quale ambiente si usa il volgare di cui abbiamo le frasi che
rappresentano i primi documenti di un linguaggio cancelleresco?
3. Quali trasformazioni dell’uso del volgare possiamo osservare in
Carte Sarde?
4. Perché l’iscrizione affrescata su un muro di chiesa di san Clemente
a Roma, negli ultimi anni del sec. XI ha una grande importanza?

8. C onclusione
Il quadro dell’Italia dialettale si è già formato; e in esso emerge
l'influenza di centri come Roma e Montecassino, ma non vi è ancora
alcuna opera d'3rte che possa anche lontanamente assumere il valore
di un modello letterario e linguistico.
Si tratta ancora di tentativi modesti, quasi sempre prevalen­
temente pratici.
Tuttavia già appare la tendenza a evitare le forme dialettali più
crude, più strettamente locali; e specialmente nei testi in versi
appaiono numerosi doppioni. Spesso si ricorre al Ialino (com une,
console, ecc.), e si è già fatta sentire l'influenza francese (suffisso -iere,
m an giare nelle testimonianze di Travale, ecc.) e quella araba.

Obiettivo cpjMKgnsa;
1. L’influenza di quali centri emerge sul quadro dialettale dell ltalia?
2. Influenze di quali lingue si trovano nei testi?

25
Obiettivo applicazione:
1. Analizzare i doppioni e variazioni nella scrittura:
(Data: 1282. Et imo: lat. Caput). Capocottu - caputcoctu - Capo­
cotto. (Data: 1037-89. Etimo: dal lat. 'essere, da esse di orig. Indo­
europea). È - est. (Data: 2 metà del XIII sec. Etimo: lat. adiutàre, der.
di adiuvàre). Adiuvet - aduivet - aiuti.
2. Tare comparazione fra i placiti cassinosi che concernono beni di
tre monasteri dipendenti da Montecassino e sono stati pronunziati a
Capua, a Sessa e a Teano.
(Capua. marzo 960);
Sao ko kelle terre, per kelle fini que ki contene, trenta anni le
possette parte sancti Benedirti.
(Sessa, marzo 963);
Sao eco kelle terre, per kelle fini que tebe monstrai, Pergoaldi foro,
que ki contene, et trenta anni le possette.
(Teano, luglio 963);
Kclla terra, per kelle fini que bobe mostrai, sancte Marie è, et
trenta anni la posset parte sancte Maria.
(Teano, ottobre 963);
Sao reo kelle terre, per kelle fini que tebe monstrai, trenta anni le
possette parte sancte Maria.

Obiettivo
Risolvere il test.
1. Il fondatore di “S ton a d ella lingua italian a" co m e una disciplina
accademica fu :
a. Leon Battista Alberti
b. Bruno Migliorini
c. Dante
2. La lingua italiana fa parte del gruppo
a. germanico
b. romanzo
c. slavo

3. L'Italiano è la lingua ufficiale di:


a Repubblica di San Marino

26
b. Libia
c. Malta

4. Nei tempi antichi la lingua latina fu parlata da:


a. greci
b. etruschi
c. cittadini romani.

5. Dopo la caduta dell Impero Romano sorse una differenza tra il


latino letterario ed il latino parlato, chiamato anche
a . “volgare“
b. “dialetto“
c. “cadenza”

6. “Come primo uso scritto del volgare risaliremmo al sec. IX se


potessimo senz’altro considerare come tale..."
a. la “Divina Commedia"
b. l'indovinello veronese
c. codice

7. la prima scuola poetica si forma in


a. Sicilia
b. Toscana
c. Umbria

8. L'imperatore alla corte del quale si sviluppava la prima poesia in


volgare si chiama
a. Federico Barbarossa
b. Augusto
c. Federico secondo

9. Dal 1200 maggior prestigio lo acquistò il...


a. toscano;
b. napoletano;
c. lombardo;
essendo il più simile al latino, fu messo alla base della lingua letteraria.

27
10. Secondo Dante, si sarebbe dovuto scegliere
a. solo il lessico toscano
b. solo le forme esistenti nel latino
c. quanto offriva di meglio ciascun dialetto

11. Petrarca tradusse la novella di...


a. Saladino
b. Griselda
c. Calandrino
del “Decameron" in Latino.

12. Dei primi tentativi di fissar regole, l'unico documento quattro­


centesco che ci rimane è
a. la grammatichetta che apparteneva nel 1495 alta Libreria
Medicea
b. la "Divina Commedia"
c. indovinello veronese

13. Una grande importanza per lo sviluppo della lingua italiana ebbe
l'attività di
a. Accademia della Crusca
b. cas3 regnante di Borboni
c. associazione ITACA

14. Accademia della Crusca fu fondata a


a. Bologna nel 1158
b. Napoli nell 1224
c. Firenze n d 1583

15. Il primo dizionario della lingua italiana fu pubblicato nel


a. 1612
b. 1265
c. 1495
... coincise con lo stabilirsi della lingua nazionale in tutta l'Italia.

16 11 primo esempio di poesia religiosa in dialetto è

28
a. Il "Cantico.. ." di San Francesco d'Assisi
b. "Canzoniere" di Petrarca
c. “Tesoretto" di Brunetto Latini

17. I poeti della scuola siciliana, Pietro della Vigna (1190-1249),


Jacopo da Lentini (morto nel 123-3) e altri cantavano
a. la religione
b. l’amore
c. coraggio militare

18.11 primo- poeta è chiamato “il Saggio" e fu


a. Il fiorentino Guido Cavalcanti
b. il Bolognese Guido Guimzzelli
c. San Francesco d'Assisi

19. La formazione dello stato unitario nel 1861 nell'epoca di


a. Risorgimento
b. Rinascimento
c. Barocco
...coincise con lo stabilirsi della lingua nazionale in tutta l'Italia.

20. Le opere di
a. Alessandro Manzoni
b. Giovanni Verga
c. Gabriele D’Annunzio
... (1785 - 1873) uno scrittore e politico italiano, favorirono tanto
ulteriore sviluppo della lingua Italiana.

29
Unità 4.
Il d u ecen to (1 2 2 5 -1 3 0 0 )

/. V icende politiche.
1. La politica italiana è dominata dalla poderosa figura di Federico 11
dal terzo al quinto decennio del secolo, cioè dalla sua incoronazione
(1220) fino all'anno della morte (1250).
Alcune direttrici dell'azione di Federico hanno importanza durevole:
l'opera di riordinamento amministrativo de! regno di Sicilia, fondata
su funzionari anziché sul tradizionale regime feudale ed ecclesiastico,
l’opera di legislazione ripresa come continuazione del Corpus iuris
giustinianeo.
2. A Tircnze. la città che tiene le Fila deU’o pposizione a Federico, rice­
vono nuovo impulso i nomi di Guelfi e Gibellini: essi erano nati in
Germania nelle lotte per la successione dell’Impero dopo l'estinzione
della Casa di Franconia, e a Firenze diventano segnacoli della politica
Ultima•
3. Nel 1252 viene coniato il fiorino doro, che s’impone rapidamente
per la sua eccellenza e la sua stabilità in tutti i mercati italiani ed euro­
pei (lo segue, nel 1289, il ducato di Venezia, altrettanto apprezzato).
4. Segni di crescente importanza dei ceti popolari sono l'istituzione
del capitano del popolo che rappresenta к Arti e limita l'autorità
podestarile, e più tardi quella dei priori.
5. In parecchie atta settentrionali si sta consolidando l'autorità di
famiglie che di fatto esercitano la signoria (Estensi, Scaligeri, Visconti).
Gli Angioini, collocati in posizione preminente dall'appoggio papale e
dalla vittoria sugli Svevi. hanno una potente piattaforma nel Regno.
La Sicilia, dopo poco più di un decennio di dominazione angioma, è
più о meno strettamente legata agli Aragonesi. Questi tentano anche
d’impadronirsi della Sardegna, dove tuttavia ancora predominano i
Pisani.
VBinastic W » Aggiri ni.g.ricgli Agwncri;
Il Regno delle due Sicilie sorse nel 1130. Nel 1268 Napoli fu
conquistata dal principe francese Carlo Angioino. Dal 1268 al 1381 il
Regno napoletano fu governato dalla dinastia degli Angioini, dal 1381
al 1435 il potere appartenne alla linea ungherese di questa dinastia.

30
Nel 1442 il regno fu conquistato dagli Aragona. Dal 1504 al 1701 qui
regnarono i viceré spagnoli.

QhÌe.ttjvQ CQflQKenza;
1. Nominate i punti più importanti dell'attività di Federico li.
2. Quali monete furono coniate nel’200?
3. Ricordate i nomi delle case regnanti e signorie nominate sopra.
Chi sono, di dove erano.

2 Vita culturale.
1. Alla corte fridericana, un gruppo di laici colti prende quelle
funzioni esecutive che finora nelle corti erano state esercitate da alti
dignitari ecclesiastici o feudali.
Si sa quale fervore intellettuale dominasse Federico e, per suo
impulso, la corte: l'imperatore si faceva leggere Aristotile e
compieva osservazioni naturalistiche, disputava per lettera di cose
matematiche con sovrani orientali, promuoveva traduzioni dal greco
e dall’arabo.
2. La vita universitaria, che prima si era manifestata solamente a
Bologna, ora si estende a varie sedi: Padova (1222), Napoli, consci­
amente contrapposta da Federico a Bologna (1224), Arezzo, Siena.
3. È nota l’importanza che hanno nella vita culturale di questo perìodo
notai e giudici: Giacomo da Lcntini (il N olaro per antonomasia), Pier
della Vigna, Brunetto, Guido Guinizzelli, Cino da Pistoia, ecc.
4. La stragrande maggioranza degli scritti di questo periodo è ancora
in latino, e l’appena nascente letteratura volgare s’appoggia alla
plurisecolare letteratura latina per trarne alimento, soprattutto per
mezzo di traduzioni
5. Hanno notevole prestigio anche le due lingue letterarie
d’oltrealpe. Da un lato l’epopea carolingia (di Carlo Magno o dei
Carolingi; che apparteneva ai Carolingi, dinastia franca dei secoli
V ili e IX d.C.) e le am bag es p u lcerrim e dei romanzi arturiani.
dall'altro la poesia (robadonca con la nuova concezione dell'amore
cortese.
6. Intensa é la vita religiosa. Dei primi decenni del secolo è la nascita
dei nuovi ordini di san Domenico e di san Francesco.

31
7. Nel campo scientifico, il Duecento segna il trionfo della scienza
greca passata attraverso l’interpretazione di Averroè e degli altri
maestri arabi. Il pensiero teologico è dapprima contrario alla filosofia
di Aristotile; ma poi, specialmente per opera di Tommaso d’Aquino, le
difficoltà sono superate e il pensiero dello Stagirita diventa un
caposaldo della filosofia cristiana occidentale.
8. È appena necessario ricordare la grande fioritura delle arti,
specialmente dell architettura, in questo periodo, che è quello che
vede sorgere le cattedrali di Siena, di Orvieto, e Santa Maria Novella e
Santa Croce a Firenze. Santa Maria del Fiore è iniziata nel 1296.
9. Sintomo di un ravvicinamento fra le sparse membra delle penisola è
l'apparizione del nom e Ita lia n o . Nella latinità medioevale accanto a
Ita lia si avevano Italu s e Italicu s, in volgare mancava ancora un
termine. Specialmente oltre le Alpi si tendeva a adoperare lom bard o
come termine complessivo. Nel 1278 quando si trattò con la Trancia
per il ritorno dei mercanti italiani scacciati, si fece avanti un
Piacentino col titolo di “capitaneus mercatorum lumbardorum et
tuscanorum"; invece nel 1288 nelle fiere di Sciampagna apparve
PUniversitas mercatorum Italicorum ".
Già qualche anno prima Brunetto Latini nel Tresor (fra il 1260 e il
1266) aveva adoperato a più riprese Y taile (contrapposta alla più
ristretta Lom bardie)-, è coniato evidentemente partendo da Italia,
secondo modello di S icilia - sicilian o, V enezia - veneziano, ecc.

1. Quali università esistevano nel’200?


2. Da dove provengono i romanzi arturiani e la poesia trobadorica?
3. Quali ordini nuovi nacquero nella vita religiosa?
4. Nominate i filosofi antichi, studiati nel r200.
5. Elencate i duomi, la costruzione delle quali fu iniziata nel ’200,
descrivete ne uno più precisamente (quali maestri ci lavorarono, quali
opere d’arte si può vedere in questi duomi oggi).

Obiettivo applicazione;
1.Avete visitato almeno uno di soprannominati duomi?
(programmate il vostro viaggio futuro).

32
P o s itiv o comar.^nsion?:
Quando e in quale contesto sorge il termine “italiano“? C he cosa
significa la sorta di questa parola per autocoscienza del popolo della
penisola?

3. C onoscenza d el fra n c ese e d e l proven ziale.


La coscienza della grande superiorità del latino sul volgare è
sempre presente agli autori di volgarizzamenti. Mentre le scuole
vescovili continuano a provvedere all'insegnamento per i futuri
ecclesiastici, sorgono sotto la spinta e a spese della borghesia
mercantile, scuole laiche in cui s'impara, sul fondamento del volgare,
un po' di latino.
1 contatti con la ['rancia sono più forti che mai in questo periodo.
Una delle manifestazioni è la passione per l'epopea, specialmente
carolingia. nell’Italia settentrionale. Ne abbiamo numerosissime testi­
monianze: il giurista Odofredo ci parla di R olan do et O liverio, uno
scrittore della fine del Duecento descrive il giullare che in barbaro
francese canta alla plebe le imprese di C arlo. Caratteristica è questa
accoglienza fatta negli strati popolari a una poesia straniera. La
letteratura franco-italiana ci mostra numerosi gradi dell’inevitabile
ibridismo.
Tracce molto più lievi d'ibridismo troviamo in altri testi composU
in prosa da italiani, che avevano scelto da scrivere in francese: il
trattato di falconeria tradotto per re Enzo da Daniele di Cremona, il
Tresor di Brunetto Latini, la cronaca di Martino da Canale, il M ilione
di Marco Polo, steso da Rustichello da Pisa.
Dobbiamo anche tener conto dei frequenti contatti dovuti ai
CQmnierci- Il nome di Francesco e la conoscenza del francese,
testimoniata dai biografi per il santo di Assisi, dipendono dai legami
del padre con la Francia.
Testi in prosa mancano completamente per l’Italia meridionale e la
Sicilia durante il Duecento: vi si scrive ancora soltanto in Ialino.

Obiettivo comprensione:
Quali fatti (protagonisti, personaggi, opere, autori) testimoniano
importanza di lingua francese?

33
4. L a scu ola p o etica sicilian a e la sua lingua.
La prima fucina di poesia che meriti di esser considerata poesia
d’arte è ia Magna Curia di Federico II.
Le prime poesie nascono da uno scrittore particolarmente dotato,
il notaio Giacomo da Lentini. con l’appoggto datogli 'heroico more”
da Federico, nella atmosfera creatasi alla sua corte dopo il suo ritorno
in Italia.
La novità della scuola siciliana rispetto al suo modello, la poesia
provenziale. è la lingua: mentre i trovatori del Settentrione d'Italia
avevano accolto, insieme col modello poetico, anche la lingua, i
trovatori siciliani adwarw aHV w .ar tis ti« di una lingua fino allora
usata in qualche canto plebeo o giullaresco.
La poesia aveva il carattere di gioco elegante di una società
aristocratica e raffinata. Ma Dante, avendo scelto per citare (nel De
vulg.el.jl,Xll) “R osa fresc a au len tissim a“ d i C ielo d'Alcam o, lo
considera come scritto nel siciliano usuale, non raffinato. Però Cielo
d'Alcamo, rappresentando due personaggi volgari, sa dosare con
efficacia artistica i tratti aulici (rosa fr e s c a d e l’o rto, donna co l viso
cleri) e i tratti dialettali (b olon tate, b o lla , càram a), i quali non si
possono attribuire a una zona precisa proprio perché il poeta li ha
scelti per dare colorito plebeo.
N'el dare un cenno dei tratti più importanti di questa lingua non
dobbiamo dimenticare, che essa non è una lingua completa, ma una
stilizzazione artistica compiuta sul fondamento del dialetto siciliano,
tenendo per modelli da un lato il latino, esempio costante di
qualunque scrittore medievale, dall’altro il provenziale.
Quanto alla grafia eh aveva valore palatale. Infatti il notaio
bolognese che trascriveva in un memoriale la canzone d» Giacomo da
Lentini "Madona, dir ve voio” manteneva la grafia del suo testo in
d esp iach e: fa c h c (si è poi discusso se i lesti siano stali copiati o
riprodotti a memoria).
1 breve ed e lunga danno alla tonica i: vidi, taciri; u breve ed o
lunga danno u : du n di, huniri. Accanto ad am u ri, che è la forma di
tipo popolare, si può avere am ori, con la vocale del latino. Ma non
va dimenticato che il siciliano aveva ed ha un sistema fonologico di
sole cinque vocali, nel quale non si ha distinzione fra o aperta ed o

34
chiusa, e aperta ed e chiusa: perciò qui si ha d atóri. Le parole con o
ed e per le quali si ricorra al latinismo (e al provenzialismo) possono
presentare due forme e rimanere in due modi: am u ri: d u lu ri oppure
a m ó ri: còri.
Le e c le o alone, particolarmente quelle finali, si presentano come i
{tim iri, p laciri) ed u (m ustrari, dintru).
Il gruppo CJ dà -z -: lan za . solazo.
Per la morfologia, si nota l’alternanza di esti con è di av i con à , di
sapi con sa, di fisch i con fa . L’imperfetto è del tipo av ia , p u tia . Nel
condizionale si ha di regola il tipo d iv iria ; esiste anche un gruppetto
di forme in -ra : fo r a .[m e r a , p artirà.
Nel lessico ecco qualche vocabolo siciliano: ABENTO “riposo,
tranquillità”; ADlVINlRl “accendere"; AMM1R1TATU "compensato"
(in maiuscolo sono poche forme di colorito più siciliano, ricavate da
Stefano o da re Enzo); g h iora “gloria"; (i)n trasatto “improvvisamente";
(i)nvoglia “avvolge"; n u tricari “nutrire"; SANAR1 “guarire”; tondo,
m tan do “allora" ecc.
I francesismi includono vocaboli come ciera "volto" (it.ztW xhicre),
com in zare, (i)n tam ato "leso" (fr. en tam é, la parola sarà adoperata
anche dal Villani).
Ma è molto più ampia la serie dei provenzialismi, che include tutta
la gamma delle idee e dei sentimenti deU'amore trobadorico: am an za,
intendanza, a m istare (e am istanzaX drudo, ascio, disascio, sollazzo,
g io ia (o anche gioi, g io’ e gaugio). DULZUR1, alm a “anima" coraggio e
corin a “cuore? sim blan za, fa z o n e fprov. Faisó, frane f a fon ), speran za,
dottan za, rim em bran za, b a d ia "potere" orgoglio, talen to “Volontà,
desiderio" (per metafora dalla parabola evangelica). E poi augello,
p a sco re “primavera? aigu a.
Alcuni aggettivi: av en en te (-an te) gente “gentile" (e g en zore "più
gentile"), corale, LI ALI, sofretoso 'scarso'!
Tra i verbi: PLACIRI, ciau sire "scegliere, esaltare? Bl. ASM ARI,
dottare, ALC1RI "uccidere?
Tra gli avverbi: adesso, ad esso (dapprima nel senso di "sùbito").
Voci provenienti dal continente non figurano mai, a quel che
sembra, nei poeti siciliani propriamente detti; solo nei poeti nati in
terraferma e nei Siculo-toscani.

36
QfricttjyQ M>n m e n z j:
1. Nominate i poeti siciliani e le loro opere.
2. Trovate Palermo sulla mappa.

Obiettivo applicazione
Analizzate le forme seguenti. Cosa significano le parole:
1. “R osa fre s c a d e l'orto, don n a co l v iso cleri* A quale stile
appartengono queste frasi. Di chi sono?
2. Quale valore aveva la grafia “eh" nelle p erd e d esp ia ch e:fo ch e?
3. Da quali vocali proviene la tornea i: vidi, ta c iti? Come si scrivono e
si pronunciano queste parole nell'Italiano moderno?
4. Quali vocali danno u: dundi, huniri, arti uri? Come si scrivono e si
pronunciano queste parole nell'Italiano moderno?
5. Che sistema fonologico aveva il siciliano (di quanti vocali)? Cosa
significano le parole an tu ri: du lu ri oppure a m ó ri: còri?
6 Nella morfologia, l'alternanza con quali parole si nota di "estfT *a v i7
“to p i’ *fochi*?
7. Che tempo grammatico rappresentano le parole av ia, p u tta ?
Come suonano nella lingua moderna?
8. . Nel condizionale si ha di regola il tipo divina-, esiste anche un
gruppetto di forme in -r a : fo r a .fu ie r a , p a rtirà .
9. Per quanto riguarda il lessico, come si traducono i vocaboli
siciliani: ABENTO, ADIV1N1RI, AMM1RITATU? E anche: ghiora,
(i)n trasatto, (i)nvoglia, n u tricari, SANAR1, ton d o, in fon do?
10. Da dove provengono "ciera’ “volto“ (ant. chieré), com in zare,
(i)ntanxato “leso“ (en tam é)?
E anche: am an za, m ten dan za, am istà re (e am istanzu), drudo,
ascio, d isascio, sollazzo, g io ia (o g ioi, gio' e gaugio), DULZUR1. a lm a ,
coraggio e corina, sim blan za, fa z o n e, sp eran za, d ottan za, rim em brati
za, b a llia , orgoglio, talen to, augello, p a sco re, aigu a. Che cosa
significano?
11. Classificate le parole seguenti in verbi, avverbi ed aggettivi:
astenente fa n t e ) g en te “gentile” (e gen zore "più gentile"), PLACIRI,
cia u sire “scegliere, esaltare“ corale, L1AL1, sofretoso “scarso"
B LAS M A Ri, d ottare, ALC1RI "uccidere" ad esso, ad esso (dapprima nel
senso di "sùbito").

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5. L a lingua d ei p o e ti toscani.
La prima poesia d'arte foggiata dai Siciliani piacque tanto che
subito si propagò in Toscana. La lingua di poesia siciliana divenne in
un istante la nostra (italiana) lingua poetica, per dir così nazionale. Da
poesia appoggiata a una corte, essa diviene ora poesia di una scuola.
esercitata da un piccolo gruppo di borghesi colti ad Arezzo, dove
fiorisce Guittone, il principale rappresentante a Pisa, a Lucca, a
Pistoia, a Siena, a Firenze, a Bologna.
Per la lingua non vi è gran differenza tra i cosiddetti “siculo-tos­
cani" (Guittone, Bonagiunta, ecc) e i cosidetti "poesi di transizione"
(Chiaro Davanzati, ecc.). Lo stil nuovo rappresenta un energico stac­
co, con un nuovo atteggiamento de) gusto: ma il Gumzzelli stesso ave­
va cominciato come guidoniano, e molte delle peculiarità linguistiche
dei Siculo-toscani sono accolte e continuate nello Stil nuovo.
1 Siciliani, messisi alla scuola dei Provenziali per i quali la rima era
rigorosamente perfetta, avevano anchessi adoperato rime perfette,
ma applicate al loro sistema di cinque vocali. 1 Toscani, che
possedevano un sistema di sette vocali, vedevano nei manoscritti dei
poeti che consideravano loro modelli rimare non solo delle e e delle o
che in toscano avevano timbri diversi; ma vedevano anche delle e che
per loro erano chiuse rimare con i, delle o chiuse rimare con u. Non
avevano motivo per rifiutare questo esempio, in modo particolare
quando attingevano ai loro modelli i vocaboli medesimi.
Così troviamo nei poeti toscani di questo periodo non solo rime
fra vocale aperta e vocale chiusa, del tipo core: m aggiore, m ostro;
vostro, oppure véne'pen e, effetto; distretto.
Nella lingua della lirica Siculo-toscana manca la regola il dittong-
amento di e e di o, cosi che per es. Guittone (come più tardi Dante)
scrive novo in poesia e nuovo in prosa. La mancanza di dittongo sarà
dovuta al triplice influsso del latin o, del proven ztale, del sicilian o che
convergevano nel suggerire l'idea che la forma non dittongata fosse
più, nobile
Troviamo tuttavia traccia della riduzione, propria del toscano
meridionale e dell'umbro, di ie in i, di u o in u: Guittone usa rechire
per recltiere, p u i per p u o i; e un fu r i per fu o ri si avrà persino nella
“Divina Commedia!

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11 dittongo a и è promosso dall'esempio dei Siciliani non solo in
parole che in qualche modo possono appoggiarsi al latino [laudo,
au so) о al provengale (augello, ciau sire), ma anche in au cidere, au lire
e, non sempre, in caun ascere, aunore.
Frequentissimo è nei nostri poeti il passaggio a - r - della -/- dopo
consonante: pru sore, sem brare.
Limitato ai poeti lu cchesi e p isa n i è l'uso di -s s - per -zz-:
alleg ressa: m essa (Bonagiunta), lasso: im passo (Bacciarone).
Le forme del verbo palesano pure notevoli influenze dei Siciliani:
aggio (dai lirici proviene a Dante aggio, che tuttavia dovette anch’esse
del toscano meridionale); saccio, veo, creo, ecc;
Non mancano segni evidenti della continuità di tradizione che dai
Siciliani attraverso i Siculo-toscani, conduce agli stilnovisti. Preva­
lgono negli stilnovisti le forme non dittongate (tene, pen serò, core,
m ova) su quelle dittongate, lau d are è più frequente di lod a re (per
effetto della tradizione e per ricordo del latino).
Nel lessico appaiono in piena luce le parole tipiche della nuova
scuola: n obiltà, on està, gen tilezza, p ietà , p ia c e re , ecc.
L'appartenenza di Dante agli stilnovisti e i legami che uniranno il
Petrarca a questa scuola fanno sì che essa abbia un'efficacia grande
anche per i secoli seguenti.

Obiettivo conoscenza
1. Nominate i poeti toscani e le loro opere.
2. Trovate sulla mappa le città seguenti: Pisa. Lucca, Pistoia, Siena,
Firenze, Bologna. A quali regioni appartengono?
3. Cosa vuol dire “i poeti della transizione^ “i poeti stilnovisti"?
Ricordate i loro nomi ed opere.

Obiettivo comprensione:
1. Caratterizzate modelli di rima usati dai poeti provenziali, siciliani,
toscani.
2. Per quale motivo troviamo modo di scrivere novo in poesia e nuovo
in prosa?
3. Quale fenomeno esplicano i seguenti esempi: rechire per recidere,
p u i per puoi\ fu r i per /мог?

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4. Per quale analogia si usava il dittongo au in parile lau d o, auso,
augello, ciau sire e anche in au cidere, au lire e, non sempre, in
caunoscere, aunore? Quale provenienza hanno queste parole?
5. In quali circostanze si nota il passaggio a -r- della -/- : pru sore,
sem brare?
6. Per quale consonante raddoppiato si osserva l'uso di -ss- :
allegressa, lasso? Per i poeti da quali città è caratteristico?
7. Cosa significano i verbi i aggio, saccio, veo, creo c a quale influenza
è dovuto tale uso?
8. Quale fenomeno fonetico si osserva nelle parole seguenti: tene,
penserò, core, m ov; a la u d a re, lodare. Quale forma “ha vinto" nella
lingua moderna e, secondo voi, perché?

6. L a p o esia religiosa u m bra e la su a lingua.


Vasti movimenti di religiosità popolare si diramano da\XUmbria nel­
le regioni contermini e poi in tutta l’Italia. Primo e più importante il
francescanesim o. San Francesco predicò in volgare, ponendos i all'un­
isono con l’anima degli umili. Di scritti di San Francesco in volgare non
d rimane che il famoso ’’C antico d i fra te S ole” o "C antico d elle creatu re"
da lui dettato (nel 1225 o 1226) dopo una notte di atroci sofferenze e
tentazioni tormentose, e probabilmente scritto nei suoi rotoli da frate
Leone, che fu segretario usuale del Santo dal 1222 sino alla morte. Le
parole - sublime effusione di preghiera e insieme altissima poesia -
erano destinate al canto (ma purtroppo la melodia ci resta ignota):

Altissimu, onnipotente, bon Signore,


tue so le laude, la gloria e l'onore e onne benedizione.
A te solo, Altissimo, se confano
e nullu omo ene dignu te mentovare.

Nel testo si riavvisano con certezza alcuni caratteri umbri, per


esempio, terze persone plurali come so, sostegno, mentre mancano altri
caratteri umbri che forse apparivano come troppo evidenti deforma­
zioni del latino e quindi troppo plebei per un testo così solenne (per
esempio, nessun codice ha iocunno o iocunnu, tutti iocundó).
Il tratto più vistoso, la - u finale (altissim u), lascia perplessi, perché il
codice più importante di tutti lo presenta solo in 8 casi, mentre in 19

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altri dà o («altissim ii, p.es. nel primo verso, altissim o) cosicché siamo
tutt'altro che certi che appartenesse al linguaggio di San Francesco.
Guardiamo la lingua del più importante fra i poeti mistici umbri
dopo San Francesco, Iacoponc da Todi. La lingua di lacopone mostra
numerosi tratti dell'italiano mediano, analoghi a quelli dei dialetti
laziali e diversi da quelli del fiorentino.
Nella fonetica troviamo forti tracce di metafonia, il trattamento di
ND com e nn (spenne, m onno, p rofetin o), di GN pure come nn (lenno
"legno" pen n o "pegno”), lo sviluppo di a - davanti a R (aracomanno,
arfreddato). Per la morfologia si hanno possessivi enclitici del tipo
m aritata, terze persone plurali come vengo, futuri del tipo à p en are
"penerà" piuccheppcrfetti con valore di condizionale.
Il paradigma del verbo essere al presente indicativo è so, e i o s i, è o
ene, sen to o sim o, sete o site, so. Nella sintassi, emergono alcune
caratteristiche: imperativi sostantivati {“b ello m e costa e l tu o rid e“,
cioè il tuo riso), infiniti con valore di gerundio ("abbrev io m ia detta'n
questo luogo fin artT ).
11 lessico mostra alcune voci specificamente umbre.
Diversamente da quel che era accaduto per la poesia siciliana, non
vi è chi si entusiasmi per le peculiarità degli Umbri, che piuttosto
dovettero sembrare plebee. È vero che intanto era passato più di
mezzo secolo, e la poesia toscana era diventata assai più matura-
la prosa-n arrativa (Novellino) nel suo tono semplice e
popolaresco, non manca tuttavia di influente lettici» ? stilistiche di
frantesi e pr?v$raiali-
Mentre i bestiari risentono molto del latino del Physiologus, Risto­
ro d’Arezzo ci da il primo esempio duna prosa scientifica originale.

Obiettivo Conoscenza;
1. Nominate i poeti umbri e le loro opere.
2. Trovate sulla mappa le città seguenti: Assisi, Todi, Verna. A quali
regioni appartengono?
3. Raccontate gli episodi più importanti della vita di San Francesco
d’Assisi.
4. In quali opere e da quali pittori è raffigurato San Francesco e
perché accanto a lui spesso si trovano gli animali?

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5. Che cosa è “Novellino"?
6. Che cosa è “bestiario*?
Qfrimiyg.CPPWensione:
1. Analizzate il (rammento del "Cantico" di San Francesco dal punto
di vista di fonetica, morfologia e paradigmi verbali.

Altissimu, onnipotente, bort Signore,


tue so le laude, la gloria e l'onore e onne benedizione.
A te solo, Altissimo, se confano
e nullu omo ene dignu te mentovare.

2. Da quali suoni provengono i doppi *nn- : spenne, ruotino, profon n o;


len n o? Che fenomeno fonetico è? Come si scrivono queste parole in
lingua moderna?
3. Quale tendenza è rappresentata nelle parole della poesia di Iacopo-
ne da Todi: aracom an n o, a rfred d a to ?
4. Il paradigma di quale verbo al presente indicativo è questo: so, ei o
si, è o ene, sento o situo, s e te o site, so. Comparatelo con il paradigma
della lingua moderna, \criticate i processi fonetici.

Obicttivo applicazione-,
1. Programmate il viaggio immaginario ad Assisi e raccontale che
cosa visitate 11.
2. Quando le poesie di lacopone trascrivono in Toscana, subiscono la
solita opera di adattamento: ecco com e si presenta il principio della
lauda XIX nel manoscritto di Londra, il migliore di tutti. Fate
comparazione di queste due versioni:
Figli neputi frate rennete / lomal tollecto loqual uo lasai
Uui lo promecteste alo patrino / de rennerlo turto e non uenir meno/
ancor non medeste /per lalma un ferlino
de tanta moneta / quanteo guadagnai.
Ed ecco gli stessi versi in un manoscritto toscano:
Figli et nipoti et frati / rendetel maltollecto
loquale io tapinello uilassdai /
Voi promectesti alunostro patrino / di renderlo tucto e non uenir meno /

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Ancora nonne desti pellanima unfrullino
di tanta moneta / che peruoi guadagnisi.
In che cosa si realizza il fenomeno dell adattamento?

7. G rafia.
• oscillare (dal dizionario della lingua italiana per il terzo
millennio di Tullio De Mauro)
1. muoversi con movimento periodico e regolare fra due posizioni
estreme in seguito a una sollecitazione; dondolare; il p en d olo oscilla,
l'oscillare d i una leva, dell'altalena-, la vela o scilla sull'acqua;
2. di grandezze, valori commensurabili, quotazioni e sim., variare
periodicamente fra due estremi: la tem peratu ra oscilla tra i 20 e i 30
g rad i, i p rezzi oscillan o continuam ente;
2b. di pronuncia, grafia e sim., am m ettere usi o forme diverse;
2c. essere alternante fra due posizioni, impostazioni, tesi spec.
antitetiche: oscillare tra il p a tetico e il tragicom ico;
3. fig., essere indeciso, tentennare nello scegl iere: oscillare fr a il sì e il
no, fr a d u e p ossibilità;
Data: 1782.
Etimo: dal lat. oscillare, der. di oscillu(m ) "cosa che dondola".

La grafia è ancora molto oscillante, in quanto una salda tradizione


di scrivere in volgare comincia a instaurarsi solo in questo periodo. In
presenza dei suoni che il latino medioevale non ha (p.es. ciò, ciu, gio,
giu, che, chi, gite, ghi, gl, z sorda di za, zo, zu).
La A; è ancora assai frequente, e l'alternanza con c è irregolare: nei
Capitoli della Compagnia d'Orsanmichele (1294) troviamo più spesso
chiesa, ina anche kiesa, nel codice delle L ettere di Guittone si ha k solo
in karissim o.
Perdono terreno le grafie k, q per g velare (K erardi, qu adan n io, nel
quaderno pistoiese del 1259) e quella ancora più rara di c per g
palatale [Ciunta, a v a n ta cio , nello stesso quaderno).
Per qualche peculiarità si può dare una localizzazione abbastanza
precisa. 11 gruppo th col valore z è del toscano occidentale (Pisa,
Lucca, Pistoia); abbiamo per esempio vethosa per “vezzosa" Mentre a
Firenze i C onti d i ban chieri hanno M atzingo, ecc., e il Libro del
chiodo (1268) dà Veczosus.

42
L’h etimologica è piuttosto frequente (hom o), ma sparisce quando
la parola sia preceduta da proclitica (tom o). Dante manifesta la sua
preferenza per k grafìe etimologiche in un passo del C onvivio:
“[Epicuro] disse questo nostro fine essere volu ptade (non dico
voi un tod e, ma sem ola per p )m .
L'indicazione dei rafforzamenti è così oscillante anche in Toscana, da
lasciarci spesso incerti se si tratti di fenomeno fonetico o solo grafico.

Obiettivo conoscenza;
1. Quando comincia a instaurarsi una salda tradizione di scrivere in
volgare?
2. Per che tipo di grafie Dante manifesta la sua preferenza?

Qbkttivg cQmpicDsionc'
1. Cosa dimostra oscillazione nei modi di scrivere: chiesa - kiesa;
/carissimo?
Per quanto riguarda il “kappa" adesso, nei nostri tempi, come i
ragazzi italiani scrivono gli sms per fare economia di tempo e spazio?
Quindi, si può dire che il “kappa” (k) sia una lettera italiana (al
contrario di w, j nell'alfabeto moderno)?.
2. Quale caratteristica óeìì'h fa questa lettera frequente nei testi? In
quali circostanze ih sparisce? Fate il commento del seguente modo di
scrivere: hom o - lom o. Che cosa è "1" in questo caso?
3. Su quali livelli della lingua si può osservare oscillazioni? (fate degli
esempi da varie lingue che conoscete). Fate alcuni esempi nel contesto
di storia della lingua italiana.

Obiettivo applicazione;
Sapendo che il gruppo th col valore z è del toscano occidentale, si
può dare una localizzazione ai testi con le parole scritte così: vethosa
per “vezzosa"?

8. Suoni
Il fiorentino parlato di regola presenta il dittongo negli esiti di É ed
ó in sillaba libera, anche dopo i gruppi di consonante seguita da r
(priego, triem a, pruova, tru ova). Manca il dittongo in fig lio lo e
qualche volta dopo altra palatale.

43
La riduzione di u o a u (del tipo fu ri, figiiu lo, C eriulo, C avicciuli) è
aretino-cortonese-umbra, e a Firenze si trova solo in sporadici esempi.
Anche più rara è la riduzione di ei in i (priga, li tu in lacopone).
Numerose forme non dittongate (dei tipi novo e vene) appaiono in
poesia, sotto la triplice spinta del latino, del provenziale, c del siciliano.
La perdita della - i- nei dittonghi discendenti (p reite che diventa
prete) va collocata verso la metà del secolo.
Solo nella lingua letteraria, e dovuto a imitazione dei Siciliani e dei
Provenziali, è il dittongamento in sillaba iniziale di o, u in a u : aulire,
au n ore, ausignuolo, ecc.
Nel vocalismo atono ricordiamo il passaggio di -a r- ad -er-,
caratteristico del fiorentino (loderò), mentre viceversa nel senese
anche gli -e r - passano ad ar- (vivare); la sincope di avrò, dovrò, potrò
è avvenuta verso la metà del Duecento. Il dittongo -ia - in posizione
atona passa ad - ie - (B ietrice, vie più-, anche sie, sieno, D ie sa). Ogni
vince ogn e negli ultimi decenni del secolo.
Nel consonantismo, la sonorizzazione delle sorde si osserva in un
numero maggiore di voci che non siano poi sopravvissute
(im peradore, am b asci odore, arm ad u ra, savere) e con maggiore
abbondanza nei testi d’arte che in quelli documentari.
La riduzione di -R J- a ha portato com e conseguenza a un
paradigma nominale singolare d en a io plurale d en a ri, ancora ben
vivo (p. es. nella T avola d i R iccom an n o Ia co p i). Ma appaiono anche
numerose voci con la riduzione semidotta a - r - : con traro, m em ora,
G rigoro, M clra ("semidotto": parola che deriva in italiano
direttamente dal latino o dal greco, ma ha subito un parziale
adattamento fonologico, oltre che morfologico (per es. cu p ola dal
lat. ‘cu p u la)).
La prostesi di i- (più raramente di e-) davanti a s impura è quasi
costante. (La prostesi: aggiunta di una vocale, di una consonante o di
una sillaba a inizio di parola, spec. per ragioni eufoniche (ad es. in
Isvizzera anziché in Svizzera).

Obiettivo conoscenza
1. Che cosa significa "parola semidotta"? Fate qualche esempio.
2. Che cosa significa "la prostesi'? Fate qualche esempio.

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Obiettivo comprendile;
1. Sotto quale spinta appaiono le forme non dittongate dei tipi novo e
vene?
2. Quando va collocata la perdita della nei dittonghi discendenti
(p reite che diventa prete)?
3. A che cosa è dovuto il dittongam elo in sillaba iniziale di o, u in
au : au lire, aunore, au sign u olo?
4. Quando è avvenuta la sincope di avrò, dovrò, p o trò ?
5. Nel vocalismo atono per quali regioni è caratteristico il passaggio
di -a r- ad -er-, (loderò), e quello -e r- ad ar- (vivare)?
6. Quale dittongo in posizione atona passa ad - ie - : M atrice, vie più-,
anche sic, sic no?
7. Come sono le parole seguenti in lingua moderna: im peradore, a m -
base indurr, arm adu ra, savere? Quale processo fonetico è avvenuto qui?
8. Quale riduzione ha portato a : dan aio (singolare) - d en ari
(plurale)?
9. Come si chiama il processo fonetico, rappresentato in "/svizzera*
anziché "in Svizzera"?

9. Form e.
Per il nome predominano i tre tipi corrispondenti alle tre prime
declinazioni latine; ma si hanno anche forti tracce della quinta, in
Toscana (m erigge, adorn ezze, altezze, bellezze, fa c e in Guittone) e
anche più in dialetti settentrionali e meridionali.
Per il plurale notiamo spesso oscillazioni dove sono in gioco le
palatali e le velari (cuoci "cuochi" cron ice "cronache").
Il genere di am ore, fio r e , negli antichi lirici è spesso femminile (per
influenza provenziale).
Per l’articolo, lo è ancora la forma predominante; U che dapprima
era solo ammissibile quando potesse appoggiarsi a una vocale
precedente, acquista autonomia. Similmente si hanno al plurale li (più
di rado, ma anche davanti a consonante gli) ed i, ormai autonomo. Il
sing. e l e il plur. e ‘ sono propri dei dialetti occidentali, ma qualche
esempio se ne ha anche a Firenze. Nel toscano meridionale (e
nell'umbro) si ha il tipo in elle sa le (Guittone), in e lla croce (Iacopo*
ne), en n ella vigna (Bestiario umbro-toscano).

45
Per il verbo, notiamo al presente le forme poetiche aggio, deggio,
saetto, dovute ai Siciliani. A bbo (con la variante a b o ) si ha qua e là in
tutta la Toscana, ma cade presto in disuso.
All'imperfetto, le forme savam o e sa v a te per "eravamo" "eravate”
vivranno fino a tutto il ‘400. L'imperfetto in - i a nei verbi in - e r e è
probabilmente indigeno (nato nd luogo in cui vive) (per chiusura di e
in iato). (Iato: incontro di due o più vocali che non formano dittongo e
fanno parte di sillabe distinte]. Ma a Firenze si espande ndla lingua
poetica per influenza dei Siciliani.
Nel passato remoto, abbiamo spesso forme deboli dove più tardi si
avranno quelle forti {nascé. Brunetto, toglie, Giamboni, tacette, Dan*
te). E viceversa (potti, cretti); inoltre, forme diverse da quelle poi pre­
valse (dol/e).
Al congiuntivo, sono costanti a Firenze le forme d ea, stea. Il
paradigma ch e tu fa v e lli (1 con.) ch e tu cottdu che (altre con.) è normale
a Firenze nella seconda metà del Duecento e si ritrova in Dante,
benché quando egli scrive ormai l’uso generale fosse mutato.
Al condizionale, accanto al paradigma popolare toscano formato
col perfetto (-ebbi, -ei) troviamo in poesia il paradigma formato con
limperfetto (-ia) pure di origine siciliana, e qualche voce di
piurchep perfetto.

.Obiettivocomprensione;
1. Quali consonanti oscillano in cu oci "cuochi* cronice "cronache"?
2. Per influenza provenziale qual è il genere di parole am ore, fiore*.
3. Quale forma è ancora predominante per l'articolo?
4. Come sono in lingua moderna i verbi: aggio, deggio, saccio, a b b o
(con la variante abo)?
5. Le forme di quale tempo e di quale verbo sono savam o e savate
che vivranno fino a tutto il ‘400?

10. 1fa tti lessica li


Prima del Mille, possiamo immaginare un lessico ristretto alle più
elementari necessità della conversazione quotidiana: verso il 1300
troviamo che il lessico del volgare è ormai in grado di esprimere
concetti e sfumature scicntificL filosofici, letterari.
46
Latinism i.
Quando parliamo di latino, non dobbiamo pensare tanto a Cice­
rone o a Virgilio quanto al latino come si usava allora: lingua stabile,
adatta alluso ecclesiastico come a quello del diritto, della filosofia,
delle scienze, nel cui lessico figuravano con egual diritto parole
classiche, parole del Vangelo e parole del Digesto (esposizione
sistematica del diritto romano compilata dagli antichi giureconsulti),
vocaboli, coniati dai padri della Chiesa e dagli scolastici, da medici e
da giuristi; e quando occorreva non si aveva scrupolo di introdurre
parole volgari o forestiere.
Ecco terminologia come quella filosofica, ricca di vocaboli
patristici e scolastici: aequ ivocare, m an eries, obiectum , subiectum ,
actu alis, conditionalis, p oten tialis, realis, sensualis, totahs, virtu alis...
Parole Cristo, spirito, p rofeta, apostolo, m artire, d iav olo debbono
essere passate dalla latinità ecclesiastica all'uso popolare.
Saranno del tardo Medioevo parole come ed ifica re (a d ific a re in
Guittone), m isericordia, d iv in itad e (“teologia", Brunetto Latini). Pai
mistici vengono parole come absorto, ratto "rapimento mistico“
Ricordiamo moltissimi termini filosofici: scien za, coscien za,
sapien za, dottrin a, sostan za, acciden te, causa, genere, specie,
razion ale, reale, attu ale, fo rm a le, virtuale, corporale, naturale, etern o,
equ ivoco ecc.
Sono attinti dal latino gran parte dei termini che si riferiscono alla
scuola: studio, libro, cap itolo, pagin a, titolo, ru brica, dottore,
gram m atica, retorica ecc. E così termini giuridici: legista, sratuto,
eredità, codicillo, ecc. 1 più importanti sono quelli che passano dai
libri alluso concreto: gli uffici di con sole e di sen atore (rinnovato a
Roma), quello di assessore,tee.

G allicism i.
La penetrazione dei francesismi fino agli strati più popolari è
dovuta nell’Italia meridionale ed in Sicilia al contatto con i dominatori
normanni
Alla vita cavalleresca si riferiscono cavaliere, scudiere, b accelliere
"valletto; primo grado universitario” e i titoli di sire, sere, m essere,
dam a, m adam a.

47
La nobiltà tiene molto al proprio lingu aggio (fr. ant. Lignage, propr.
La 'linea" di discendenza).
Ricca di francesismi è tutta la terminologia del cavallo: il destriere,
il corsiere, il p a la fren o (prov. P alafré; nel Medioevo, cavallo da sella e
non da battaglia, usato per viaggi o parate).
Tra i numerosi termini di guerra troviamo oste, schiera, foraggio,
fo r ie r e (chi andava innanzi alle truppe per procurare vitto), berroviere
“soldato a piedi", ecc.
Alla casa e gli arredi domestici si riferiscono loggia, ciam b ra o
zam b ra, sala, cuscino, ecc.

Voci d i origin e orien tale.


Le relazioni con il mondo islamico concernono in questo periodo
principalmente gli Arabi, sia per la loro dominazione durata due secoli
g iPC7r?9 ia Sicilia, sia per la predominanza marittima esercitata per
alcune scienze (astronomia, medicina, ecc). Ebbero importanza anche
gli studiosi arabi; in qualche caso si tratta di influenza arabo-persiana.
La stessa espressione araba dàr-§inà'a (“casa del mestiere" poi
"luogo di costruzioni navali") trova accoglimento in Italia sotto forme
diverse: a rza n à (poi a n e m ie ) a Venezia, d arsen a a Genova, a Pisa
tersan aia, ad ancona terzen ale, a Palermo tarz a n à (e anche in
spagnolo e catalano antico d a rfa n a , teram ana).
Ecco parecchi termini di commercio: m agazzin o, fo n d a co , dogana,
g a b ella , tariffa, rotolo, dragom anno (interprete presso ambasciate o
consolati in Oriente e in Europa). Attraverso gli scambi commerciali,
sono giunti lo zu cchero e lo zafferan o, azzu rro o lap islazu li, ecc.
Termini di matematica: algebra, algoritm o, ecc., e si sa, che attraverso
la Sapagna musulmana sono giunte in Europa le cifre arabiche, che gli
Arabi avevano ricevute dagli Indiani. C ifra, zifra era propriamente lo
“zero" d oè la novità essenziale del nuovo sistema di numerazione.
Anche i termini di astronomia {zenit, A ldebaran , Vega, ecc) sono
giunti attraverso le traduzioni dall'arabo in latino fatte in Ispagna.
Anche la terminologia araba àe\\'a lch im ia ha lasciato parecchie
tracce {alam bicco (apparecchio per ia distillazione), b orace, ecc).
Quanto agli scambi esercitatisi in questi secoli fra regione e regione,
alcune correnti s’intravedono abbastanza distintamente: espansione di

48
vod provenienti dal Nord: acciuga, m olo, scoglio da Genova, arsen ale
da Venezia; sp a d a probabilmente dalle fabbriche darmi lombarde.

Obiettivo comprensione:
1. Come era il latino def duecento? Come si formava?
2 Da quale lingua ed ambiente provengono le parole seguenti?
Distribuitele in gruppi semantici, indicando la provenienza, oblectu m ,
con dition alis, cristo, spirito, m artire, d iav olo, scien za, p oten tiah s.
titolo, ru brica, realis, sen su alis, totalis, virtualis, coscien za, console,
sen atore, sapien za, legista, statu to, dottrin a, sostan za, acciden te,
cau sa, genere, specie, razion ale, reale, attu ale, fo rm a le, virtuale,
p rofeta, apostolo, corp orale, n atu rale, studio, libro, etern o, equ ivoco,
cap itolo, p ag in a, dottore, gram m atica, retorica, ered ità, subiectum ,
actu ahs, codicillo, assessore.
3. Da quale lingua ed ambiente provengono le parole seguenti:
cav aliere, scu diere, b a c celliere "valletto; primo grado universitario" e i
titoli di Sire, sere, m essere, d am a, m ad a m a ?
4. Da quale lingua ed ambiente provengono le parole seguenti: il
destriere, il corsiere, il p a la fr en o ?
5. Da quale lingua ed ambiente provengono le parole seguenti: loggia,
ciam bra o zan tbra, sala, cu scin o?
6. Da quale origine provengono le variazioni seguenti: a rz a n à (poi
arsen zle) a Venezia, d a rsen a a Genova, a Pisa tersan aia, ad ancona
terzen ale, a Palermo tarz a n à (e anche in spagnolo e catalano antico
darcan a, teramana).
7. Da quale lingua ed ambiente provengono le parole seguenti:
m agazzino, fon d aco , d ogan a, g a b ella , tariffa, rotolo, dragom anno
(in terprete presso a m b a scia te o con solati in O riente e in Europa).
8. Da quale lingua ed ambiente provengono le parole seguenti?
Distribuitele in gruppi semantici, indicando la provenienza.
Z ucchero, borace, zafferan o, algebra, azzu rro, algoritm o, lapis-
lazu li, cifra, zenit, A ldebaran , alam bicco.

Rispondere alle domande seguenti:


1. Nominate i punti più importanti dell'attività di Federico 11.
2. Quali monete furono coniate nel'200?

49
3. Ricordate i nomi delle case regnanti e signorie. Chi sono, di dove erano.
4. Quali università esistevano nel'200?
5. Da dove provengono i romanzi arturiani e la poesia trobadorica?
6. Quali ordini nuovi nacquero nella vita religiosa?
7. Nominate i filosofi antichi, studiati nel '200.
8. Elencate i duomi, la costruzione delle quali fu iniziata nel ^OO,
descrivete ne uno più precisamente (quali maestri ci lavorarono, quali
opere d'arte si può vedere in questi duomi oggi).
9. Nominate i poeti siciliani e le loro opere.
10. Trovate Palermo sulla mappa.
11. Nominate i poeti toscani e le loro opere.
12. Trovate sulla mappa le città seguenti: Pisa, Lucca, Pistoia, Siena,
Firenze, Bologna. A quali regioni appartengono?
13. Cosa vuol dire "i poeti della transizione" "i poeti stilnovisti"?
Ricordate i loro nomi e le loro opere.
14. Nominate i poeti umbri e le loro opere.
15. Trovate sulla mappa le città seguenti: Assisi, Todi, Verna. A quali
regioni appartengono?
16. Raccontate gli episodi più importanti della vita di San Francesco
d'AssisL
17.1n quali opere e da quali pittori è raffigurato San Francesco e
perché accanto a lui spesso si trovano gli animali?
18. Che cosa è “Novellino"?
19. Che cosa è “bestiario"?
20. Quando comincia a instaurarsi una salda tradizione di scrivere in
volgare?
21. Per che tipo di grafie Dante manifesta la sua preferenza?
22. Che cosa significa “parola semidotta"? Fate qualche esempio.
23. Che cosa significa “la prostesi"? Fate qualche esempio.
24. Quando e in quale contesto sorge il termine "italiano"? Che cosa signi­
fica b sorta di questa parola per autocoscienza del popolo della penisola?
25. Qua li fatti (protagonisti, personaggi, opere, autori) testimoniano
importanza di lingua francese?

26. Caratterizzate i modelli di rima usati dai poeti provenziali,


siciliani, toscani.

50
27. Per quale motivo troviamo modo di scrivere novo in poesia e
nuovo in prosa?
28. Quale fenomeno esplicano i seguenti esempi: rechine per rechiere,
p u i per puoi-, fu r i per fu o r i
29. Per quale analogia si usava il dittongo au in parile lau d o, auso,
augello, ciau sire e anche in au cid ere, a u lire e, non sempre, in c a ­
urioscere, au n orcl Quale provenienza hanno queste parole?
30.In quali circostanze si nota il passaggio a -r- della -/- : prusore,
sem b rare?
31. Per quale consonante raddoppiato si osserva l'uso di - s s - : alleg-
ressa, lasso ? Per i poeti da quali città è caratteristico?
32. Cosa significano i verbi i aggio, saccio, veo, creo e a quale influenza
è dovuto tale uso?
33. Quale fenomeno fonetico si osserva nelle parole seguenti: tene,
pen serò, core, m ov; a la u d a re, lod are. Quale forma “ha vinto" nella
lingua moderna e, secondo voi, perché?
34. Cosa dimostra oscillazione nei modi di scrivere: ch iesa - k iesa ;
Icarissim o? Per quanto riguarda il “kappa" adesso, nei nostri tempi,
come i ragazzi italiani scrivono gli sms per fare economia di tempo e
spazio? Quindi, si può dire che il “kappa" (k) sia una lettera italiana (al
contrario di w, j nell'alfab eto moderno)?
35. Quale caratteristica dell’/i fa questa lettera frequente nei testi? In
quali circostanze l'h sparisce? Fate il commento del seguente modo di
scrivere: h om o - lom o. C he cosa è “I" in questo caso?
36.Su quali livelli della lingua si può osservare oscillazioni? (fate degli
esempi da varie lingue che conoscete). Fate alcuni esempi nel contesto
di storia della lingua italiana.
37. Quali consonanti oscillano in cu oci “cuochi* crom ce “cronache"?
38. Per influenza provcnziale qual è il genere di parole am ore, fio re?
39. Quale forma è ancora predominante per l'articolo?
40. Come sono in lingua moderna i verbi: aggio, deggio, sa ccio , a b b o
(con la variante a b o )?
4 1 . Le forme di quale tempo e di quale verbo sono sav am o e sa v ate
che vivranno fino a tutto il ‘400?
42. Come era il latino del duecento? Come si formava?
43. Da quale lingua ed ambiente provengono le parole seguenti? Distri­
buitele in gruppi semantici, indicando la provenienza, obicctum , con diti-
onalxs. Cristo, spirito, m artire, diavolo, scienza, potentialis, titolo, rub-

51
п са, realis, sensualis, totalis, virlualis, coscienza, console, senatore, sa -
pien za, legista, statuto, dottrin a, sostanza, accidente, causa, genere, sp e­
cie, razionale, reale, attu ale, form ale, virtuale, profeta, apostolo, corpora­
le, naturale, studio, libro, eterno, equivoco, capitolo, pagin a, dottore,
gram m atica, retorica, eredità, subiectum , actu alis, codicillo, assessore.
44. Da quale lingua ed ambiente provengono le parole seguenti:
C avaliere, scu diere, b accelliere "valletto; primo grado universitario" e i
titoli di sire, sere, m essere, dam a, m a d a m a ?
45. Da quale lingua ed ambiente provengono le parole seguenti: il
d estriere, il corsiere, il p a la fren o ?
46. Da quale lingua ed ambiente provengono le parole seguenti:
loggia, ciam b ra о zam bra, sa la , cu scino?
47. Da quale origine provengono le variazioni seguenti: a rzan à (poi
a n e m ie ) a Venezia, d arsen a a Genova, a Pisa tersan aia, ad ancona
terzen ale, a Palermo ta rz a n à (e anche in spagnolo e catalano antico
d a rca n a , teramana).
48. Da quale lingua ed ambiente provengono le parole seguenti:
m agazzino, fo n d a c o , dogan a, g a b ella , tariffa , rotolo, dragom anno
(in terprete presso a m b a scia te о con solati in O riente e in Europa).
49. Da quale lingua ed ambiente provengono le parole seguenti?
Distribuitele in gruppi semantici, indicando la provenienza.
Z u cchero, b orace, zafferan o, algebra, azzu rro, algoritm o, lapislazu li,
cifra, zenit, A ldebaran , alam bicco.

50. Analizzate le forme seguenti. Cosa significano le parole:


"Rosa fresc a d e torto, don n a co l viso cleri? A quale stile appartengono
queste frasi. Di chi sono?
51. Quale valore aveva la grafia "eh" nelle parole d esp iach e: fo c h e ?
52. Da quali vocali proviene la tonica i: vidi, u ictri? Come si scrivono
e si pronunciano queste parole nell'Italiano moderno?
53. Quali vocali danno u: dundi, huniri, anturi? Come si scrivono e si
ptonunciano queste parole nellìtaliano moderno?
54. Che sistema fonologico aveva il siciliano (di quanti vocali)? Cosa
significano le parole am u ri: du lu ri oppure a m ó r i còri?

52
55. Nella morfologia, l'alternanza con quali parole si nota di “esti”,
“'avi7 "sopii *'fochi7
56. Che tempo grammatico rappresentano le parole a v ia , p u tia ?
Come suonano nella lingua moderna?
57. Per quanto riguarda il lessico, come si traducono i vocaboli
siciliani: ABENTO, ADIVI NIRI, AMMIRITATU? E anche: ghiora,
(i)ntrasatto, (i)nvoglia, n u tricari, SANARE tan do, lu tan do?
58. Da dove provengono “ciera * “volto" (ant. C hiere)? E anche:
am an za, in ten dan za, a m a to r e (e am istan za), drudo, ascio, disascio,
sollazzo, g io ia (o gioì, g io ‘ e gaugio), DULZUR1, alm a, coraggio e
corin a, sim blan za, fa z o n e, speran za, dottan za, rim em bran za, b a ld a ,
orgóglio, talen to, augello, p a sco re, aigu a. Che cosa significano?
59. Classificate le parole seguenti in verbi, avverbi ed aggettivi: aven en te
( an te) gente “gentile" (eg en zore “più gentile"), PLACIRI, cia u sire “sce­
gliere, esaltare" corale, LI ALI, sofretoso “scarso" BL ASM ARI, dottare,
ALCLR1 "uccidere", adesso, ad essa (dapprima nel senso di “sùbito").
60. Programmate il viaggio immaginario ad Assisi e raccontate che
cosa visitate li.
61. Quando le poesie di lacopone trascrivono in Toscana, subiscono
la solita opera di adattamento: ecco come si presenta il principio della
lauda XIX nel manoscritto di Londra, il migliore di tutti. Fate
comparazione di queste due versioni:
Figli neputi frate rennete f lomal tollecto loqual uo lasai
Uui lo promecteste alo patrino / de rennerlo tucto e non uenir meno /
ancor non medeste / per lalma un ferlino
de tanta moneta / quanteo guadagnai.
Ed ecco gli stessi versi in un manoscritto toscano:
Tigli et nipoti et frati / rendetel maltollecto
loquale io tapinello uilassciai /
Voi promectesti alunostro patrino / di renderlo tucto e non uenir
meno /
Ancora nonne desti pellanima unfrullino
di tanta moneta / che peruoi guadagniai.
In che cosa si realizza il fenomeno dell'adattamento?
62. Sapendo che il gruppo ih col valore z è del toscano occidentale, si
può dare una localizzazione ai testi con le parole scritte così: vethosa
per “vezzosa"?

53
Unii* g.
Dante Alighieri - padre della lingua italiana

Pistub.uite .fLa di vqì i personaggi del testo seguente e leggetelo.


Giulia e compagnia sono tornate a Firenze. Hanno incontrato
Katia e Stefano che abitano in questa bella città. Stefano ha
accompagnato le ragazze al centro storico ed è andato a lavorare. Il
gruppo ha visitato la casa di Dante e poi è entrato nella chiesa di
Santa Margherita, dove Dante vide Beatrice. La chiesa è piccola,
l'ambiente è fresco ed oscuro, si sente la musica piano.
G iu lia: C'è così poco spazio, la gente in questa chiesa si trovava molto
vicino.
K a tia : Dante doveva vedere Beatrice molto bene.
P oiin a: Guardate quel quadro. Dante era molto bello, è un profilo
nobile e Fine, ma forte.
N atascia: È la forza del suo spirito. I suoi lineamenti sono molto fini,
guardate le sue sopraciglia e ciglia, taglio degli occhi, labbra e
mento.
Sveta: Chissà come erano i suoi capelli, ha un cappello su tutti i
ritratti... Dovrebbe essere anche forte fisicamente, ricordate
l’allusione dal canto diciannovesimo dell’ “Inferno" sull'episodio
autobiografico, quando nella chiesa di San Giovanni con un'ascia
Dante ruppe il fonte battesimale, perché ci stava annegando un
bambino. Poi gli rilasciarono un documento, per confermare che
non aveva nessuna colpa per quello che fece per salvare il bimbo.
K a tia : E Beatrice, come era lei?
G iu lia: Lei era "... tanto gentile e tanto onesta..."
N atascia: Vero, perché la donna, esemplare della bellezza, fu "nobile
intelletto'!
S veta: Allora noi siamo tutte belle, perché studiamo tanto e ci
comportiamo bene nella vita.
P oiin a: E non solo per questo, il concetto della bellezza moderna,
anche se spesso è privo di una qualsiasi connotazione
intellettuale tocca l'aspetto estetico...
G iu lia: State parlando di cose diverse. Beatrice non era solo una bella
donna da ammirare per Dante. Ecco come lei parla: “Io mi son
54
pargoletta bella e nova, / e son venuta per mostrarmi a vui / dalle
bellezze e loco dond'io fui. / Io fui del ciclo e torncrowi ancora. /
per dar della mia luce altrui diletto; / e chi mi vede e non se ne
innamora, / d’amor non avcrà mai intelletto... / Ciascuna stella
negli occhi mi piove J della sua luce e della sua virtute: / le mie
bellezze sono al mondo nuove, / perocché di lassù mi son
venute“
AIn fascia: È dalla “Vita nuova“ vero?
P alina: Sono le poesie che Dante dedicò a Beatrice, anche dopo la sua
morte?
K atia: SI, morì nel 1290, quando Dante aveva 25 anni...
G iulia: Come noi adesso... ancora giovane, ma con lo spirito maturo.
Sveta: Questa poesia e poi la prosa aggiunta, che racconta dell'amore
per Beatrice, formano la “Vita Nuova" la prima storia
autobiografica nella letteratura dell'Europa dell'Ovest. Dante la
finì nel 1292, due anni dopo la morte di Beatrice. Le canzoni
“Donna pietosa..." “Gli occhi dolenti" ed i sonetti, scritti dopo la
morte di Beatrice superano i limiti della scuola del Dolce stil
novo. Molti sonetti sono semplici e troppo umani.
G iulia: Infatti, Dante è l'ultimo poeta del Medioevo ed il primo poeta
del Rinascimento.
K atia: Lui nacque a Firenze, qui vicino, anche se proprio di casa sua
sono rimaste poche cose, non si sa nemmeno il giorno della sua
nascita nell’anno 1265. La data della sua morte è il 14 Settembre
1321. Aveva 56 anni. Ma la sua tomba è a Ravenna, anche se qui a
Firenze a Santa Croce c’è il posto vuoto per il suo seppellimento,
perché i fiorentini chiesero ai cittadini di Ravenna di trasferire le
ossa di Dante nella sua città natale.
N atascia: Nel 1316, mentre Dante era a Ravenna, 5 anni prima della
sua morte gli proposero di tornare a Firenze, essendo stato
perdonato, ma Dante rispose che non aveva fatto niente per
essere perdonato.
P alina: Ma che bravo, c'è un orgoglio nobile in questa risposta. Ma
cosa gli successe?
G iulia: Furono dei motivi politici. Solo dal 1295 Dante iniziò a
partecipare attivamente alla vita sociale di Firenze, dopo che

55
riuscì ad iscriversi alla corporazione dei farmacisti, perché prima
come un nobile non aveva i diritti elettorali. Dante fece parte
della fazione dei guelfi bianchi e nel 1300 fu eletto priore del
Comune di Firenze, ma quando i guelfi neri salirono al potere, fu
condannato all’esilio.
K alia: Fu costretto a vivere in esilio, perché lo volevano mandare al
rogo e sequestrare i suoi beni.
Sveta: Alla fine degli anni novanta ci fu una scissione dei guelfi, che si
divisero in bianchi e neri, legati con il papa Bonifacio Vili, che
volle avere Firenze sotto il proprio potere. Dante fu con i bianchi,
tutelando gli interessi della città. Ma a Firenze vinsero i "neri". In
quel momento, nel 1302 Dante era a Roma.
N atascia: Ricordate il nostro viaggio a Verona, c’è il monumento di
Dante in piazza dei Signori, perché Dante visse lì. C ’è anche una
leggenda, secondo la quale i cerchi dell'Arena di Verona gli
diedero l’idea dei gironi dell'Inferno.
Sveta: Davvero? A proposito, ricordate quel nobile veronese,
Cangrande, ce la sua statua sepolcrale al museo di Castel Nuovo
di Verona, a lui Dante scrisse una lettera, spiegando l’idea della
"Divina Commedia" dicendo che quell’opera in un modo
allegorico dovrebbe indicare alla gente la via per la felicità. 11
nome “Commedia” lo spiega così: l’inizio è triste, ma la fine è
radioso, ed il suo stile non è quello alto, ma medio.
Poiina: Ma quanti anni aveva, quando giunse a questo livello di
comprensione del mondo?
Giulia: Beh, il “Convivio" e “De vulgar eloquentia” scrisse negli anni
1304-08, quindi era quarantenne. Come scrive Francesco de
Sanctis, dopo la morte di Beatrice, la sua immagine diventa "... la
bella faccia della Sapienza. Non hai più la "Vita nuova: hai il
"Convito" L’amore non è più un sentimento individuale, ma il
principio della vita divina e umana. Beatrice nella sua gloriosa
trasformazione diviene un simbolo, il dolce nome che il poeta dà
al suo nuovo amore: è Sapienza, Filosofia"
Poiina: Ma Beatrice stessa, questa donna, seppellita qua, in questa
chiesa, cosa ne pensava, era contenta di simbolizzare tutto
questo?

56
N atascia: Lo sviluppo della sua immagine avvenne dopo la sua morte.
Infatti ricorda l’immagine della Madonna nella poesia religiosa.
Katia: Ma di che cosa si tratta nel “Convivio”? È in latino, vero?
N atascia: Esatto. Ci sono 4 trattati, 3 dei quali commentano le
canzoni, create prima, che fanno parte del “Convivio” ed hanno il
senso allegorico. È un’opera di morale ed è anche un’enciclopedia
di astrologia, teologia, teoria dell’amore, dell’anima e
deU'intelletto. 2 di 3 canzoni sono dedicate a Beatrice, mentre la
terza rimprovera la ricchezza, che esclude la nobiltà. Dante si
preoccupa tanto della vita di Firenze, che gli manca, ma dove non
può tornare. Per tutta la sua vita partecipò attivamente nella vita
sociale. Nell’autunno del 1321 fu inviato con un compito
diplomatico a Venezia, al ritorno si ammalò, ebbe la febbre e
morì. Viaggiò tutta la sua vita come il protagonista della
"Commedia".
Giulia: Infatti il protagonista della “Commedia” chiamata poi
"Divina” è Dante, che simbolizza l’umanità, piena di peccati.
Dice: "... mi ritrovai per una selva oscura / che la dritta via era
smarrita”. Il poeta Virgilio, visto da Dante come una persona
saggia ed umana, viene incontro all’autore della “Commedia” e lo
conduce nei 9 gironi dell’Inferno fra le anime dei dannati. Poi
loro due salgono la montagna altissima del Purgatorio, al culmine
della quale è il Paradiso.
Katia: C’è una stampa di Botticella che illustra la “Commedia". Così
anche la gente analfabeta poteva conoscerla. Il paradiso con
Beatrice è raffigurato come un cerchio, un infinito perfetto.
Sveta: Ma nella “Commedia" non solo la storia ha importanza. C’è un
sistema di valori. Si tratta della corruzione della Chiesa e della
decadenza dell’Impero, ci sono personaggi di tutte le età. Spesso
coloro che erano rimproverati dagli stereotipi esistenti, non sono
visti come peccatori nell’opera di Dante. Ad esempio, Francesca
da Rimini e molti altri... La "Divina Commedia” è un
enciclopedia poetica del Medioevo e del primo Rinascimento.
N atascia: La composizione della "Divina Commedia" è stupenda,
Dante dava molta importanza al significato mistico dei numeri.
Ci sono 100 canti: 34 nella prima parte, 33 nella seconda e nella

57
terza. Ogni episodio è com pleto. Le strofe della “Com m edia” si
chiamano terzine. La cifra 3 è m olto im portante, anche le
cantiche sono tre: Inferno, Purgatorio e Paradiso.
G iu lia: E poi con questa sua opera im mortale Dante sviluppa la lingua
italiana, infatti, lui è il padre della lingua italiana. Sulla base del
dialetto toscano, della lingua latina e delle sue variazioni e degli
altri dialetti D ante fa una ricerca, creando quello che poi diventò
la lingua nazionale. La situazione linguistica nel duecento, com e
scrive Bruno Migliorini, fondatore della m ateria di storia della
lingua italiana, era tale che "... alla preponderanza schiacciante
del latino, e all’uso occasionale delle due lingue di Francia non si
contrapponevano ch e dialetti in via di dirozzamento, e tentativi
sporadici di assurgere all'arte e alla bellezza" L'opera di Dante fa
d ’un balzo assurgere l'italiano al livello di una grande lingua,
capace di alta poesia e di speculazioni filosofiche.
K a tia : C on la “Divina Com m edia” Dante a meno di un secolo dagli
inizi dell'uso letterario dell’italiano, “mostrò d ò che potèa la
lingua nostra”
S v ela: Suona bene “la lingua nostra”
G iu lia : La studiamo, ergo siamo partecipi. E così piacevole c sereno
rim anere in questa chiesa. Salutiamo Beatrice e usciamo, giriamo
a destra e passando per queste stradine corte e strette, andiamo
verso il Battistero e proviamo a sentire che qui spesso passava
Dante. Se a noi Firenze manca così tanto, si può immaginare
quanta nostalgia provava lui.

Qbiefliyp conoscenza;
Ricordate le opere e gli episodi più im portanti della vita di Dante.

1. D an te " p ad re d e lla lingua".


È vera, e in che senso, l’espressione vulgata che chiama Dante
"padre d e lla lin gu a ita lia n a “
o l’altra, un po' meno forte, ma non
meno onorevole, per qui il Petrarca lo chiamò d u x n ostri elo q u ii
vulgaris?
Se è vero che da G iacom o da Lentini prende le mosse la lirica
fridericana, perché questi titoli dovrebbero spettare, invece, a lui?

58
E se troviamo nel duecento a Firenze e anche a Bologna testi scritti
in una prosa volgare con caratteri grammaticali e lessicali non molto
dissimili da quelli della prosa di Dante, com e possiam o parlare di
*p a d r e d e lla lin g u a i
Ma, ove si intende “lingua ’ nel senso di “lingua capace di tutti gli usi
letterari e civili',' è indiscutibile che a Dante spettano i meriti di un
demiurgo. Tutta l'opera di Dante ha una "carica" spirituale nuova e
potente, che in breve tempo opera un rivolgimento nell’opinione
pubblica in Toscana e fuori, e fa d'un balzo assurgere l'italiano al livello
di grande lingua, capace di alta poesia e di speculazioni Filosofiche.
L'entusiasmo per la divulgazione che già animava il suo maestro
Brunetto e una piccola schiera di volgarizzatori dal latino diventa in
lui un programma consapevole: egli sa che c i sono troppi letterari che
hanno fatto delle lettere una professione, anzi un m ercimonio, e
d'altra parte tanti altri che "per malvagia disusanza del mondo hanno
lasciata la letteratura a coloro che l'hanno fatta di donna meretrice, e
questi nobili sono principi, baroni, cavalieri e molt'altra nobile gente,
non solam ente maschi e femmine, che sono m olti e m olte in questa
lingua, volgari e non letterari", cioè, capaci di servirsi del volgare ma
non del latino (Conv., I.IX.5). O ra D ante mira a "inducere a scienza e
virtù", a innalzare a vera nobiltà queste persone per mezzo del volgare:
creare cioè schiere di laici colti e valenti.
A Dante il suo esilio ha fatto conoscere quasi tutta l'Italia, e
attraverso le m olte diversità delle parlate egli ha ravvisato una
sostanziale conform ità, che egli perm ette d’immaginaria unita da una
sola lingua. Suo uditorio ideale è dunque l'Italia, in tutte le parti.
Si pensi a miserevoli condizioni politiche dell’Italia nei primi anni
del Trecento: il Papato, trasmigrato oltre Alpi, Timpero vacante, I
comuni straziati dalle lotte e 1 signorotti che com inciano a farsi tiranni,
la Sicilia che con pace di Caltabellolta (1302) aveva avuto il suo reuccio
c si rinchiudeva in sé. Non certo questo stato di cose autorizzava a
sperare: ma Dante credeva, e credendo operò il miracolo.
Non bastarono a ciò i due trattati incompleti in cui Dante parla del
volgare, né sarebbero bastate cento opere dottrinali: valse invece la
C om m ed ia, il capolavoro in cui gli Italiani riconobbero la loro propria
lingua riplasmata e sublimata.
Qbi£K»vp wmprcnsigne;
Perché Dante è chiamato il “padre della lingua"?

2 L e id ee sul volgare.
A più riprese Dante espresse le proprie opinioni sul volgare, con
brevi cenni nella Vita N uova, distesamente nel D e vulgari elogu en tia e
nel C onvivio, incidentalmente di nuovo nella D ivina C om m edia.
Se nel C onvivio si parla del volgare italiano in generale, nel D e
vulgari elog u en tia il problema è in parte più ampio in parte più
ristretto. Dante divide le lingue d'Europa in tre rami, il greco, il
germanico D e vulgari elogu en tia slavo, e il triforme idioma romanzo
che si suddivide in francese, lingua d'oco (cioè provenziale-catalano),
italiano. Egli ritiene che tripartizione maggiore risalga alla confusione
babelica, mentre le tre varietà d d lid io n u romanzo si sarebbero
differenziate spontaneamente più tardi, per la instabilità della favella
(linguaggi) romana. Quanto al latino, esso sarebbe una fissazione
artificiale dell'idioma triforme, regolata dal comune consenso di più
genti (e più simile all'italiano che alle altre due lingue).
Dante, parlando del problema di stile, va cercando in tutta l’Italia il
volgare più elegante, e comincia con l'eliminare le parlate peggiori (il
romanesco, il marchigiano e lo spoletino, il milanese e il bergamasco,
il friulano e l'istriano, il casentinese e il frattegiano, e infine il sardo).
Venendo poi al siciliano (cap.Xil), Dante ricorda che esso ha avuto
illustri poeti, fioriti nella corte dei re svevi, e che a quei suoi
predecessori fu dato e si continuerà a dare il nome siciliani, non perché
fossero tutti isolani, ma perché dalla Sicilta prendeva nome il regno.
In nessun luogo d'Italia il poeta riuscì a trovare il volgare illustre e
Dante si riprometteva di farlo in uno dei libri successivi.

Qbigttivo cQno3C<rea-
1. In quali tre rami Dante divide le lingue d’Europa?
2. Che cosa significa "lingua d'oco”?
3. Come, secondo Dante, si formo il latino? A quale di tre idiome è
più simile?
4. Cercando in tutta l'Italia il volgare più elegante, quali parlate Dante
elimina com e peggiori?

60
5. Il poeta riuscì a trovare il volgare illustre? E quindi che cosa si
ripromette?

3. G ram m atica e lessico d e lla D ivitia C om m edia.


Il problema più propriamente nostro è quello di vedere fino a che
punto la grammatica e il lessico di Dante si possano dire fiorentini. La
rielaborazione che Dante ha fatto del proprio dialetto natio ne ha
mutato il carattere al di là di quello che I poeti sogliono fare quando
sublimano la loro parlata ’’naturale'’ in linguaggio artistico?
L'uso dantesco è, in confronto con l’uso ''naturale” del fiorentino
del suo tempo, molto più ricco di doppioni.
Si ha d icev a accanto a d icea (come vediamo con sicurezza in
esempi in rima: (Purg., XXIV, 118) in rima con Èva; vorrei accanto a
v ern a . 11 perfetto forte di ta cere (tacqu i, -e) si ha 10 volte, quello
debole (ta c elti, -e) quattro.
P adre alterna con p a tre, e m ad re con m a tre; lascia re ha accanto a
sé. quasi altrettante volte, lassare. M an icare e m an du care sono usali
promiscuamente con m an giare, e cosi pure ven dicare (3 volte) e
vengiare (altre tre volte): è evidente, che Dante approfitta volentieri
della possibilità di servirsi di un quattrosillabo oppure di un trisillabo,
anche se questa non sia la ragione esclusiva. R e e rege, im agine, im ago e
im age sono adoperati liberamente, con una scelta di cui non è sempre
agevole scrutare i m otivi Accanto a specchio, che è la forma "normale"
adoperata 16 volte, Dante ha nella sua tavolozza speglio (4 es.), speculo,
m iraglio; accanto a sp eran za, adopera sp em e (7 volte) e spen c (3 volte).
Questa libertà di scelta basta a mostrare che Dante, pur tenendosi
saldamente radicato alluso natio, guarda intorno a sé, ed accoglie
accanto alle parole e alle form e del fiorentino contemporaneo, anche
voci e forme che stanno cadendo dall'uso, qualche forma del toscano
occidentale e meridionale, qualche rara voce d'altri dialetti italiani,
molte voci latine, parecchie francesi.
Mentre il poeta ammette le forme e i vocaboli fiorentini, i vocaboli
launi possono essere accolti di diritto, ma se usa tipo v o m a lo fa
appoggiandosi ai Siciliani e ai Siculo-toscani; vonno (3a pers. plur. del
prcs.) era dell'umbro letterario; fen n o , ap p arin n o, tern ù n on n o (3a
l»ers. plur. del perfetto) erano stati usati letterariamente da Toscani

61
occidentali; la rima di Ionie (o lu m e che sia) con nom e e com e ha
precedenti nel Cavalcanti e nei Bolognesi, e così via.
Qualche volta le scelta dei vocaboli dialettali mira a caratterizzare
singoli personaggi; l'abbondanza dei latinismi è suggerita dalla
solennità del discorso attribuito a un personaggio.
Tra le molte derivazioni prefissali (adimare (chinare, abbassare,
volgere in giù: ad im a \ il viso, e g u a rd a com e tu se' volto (Dante),),
dismalare (risan are, g u arire |fig ., p u rifica re d a l p eccato: lo m onte che
salen d o altru i d ism a la (D an te» inventare, rintamare (restituire a qcn.
b u on a fa m a : cheggioti... \ ch e a' m iei propin qu i tu ben m i rin fam i
(Dante),), sgannare (trarre d'inganno svelan do o fa c en d o com pren dere
la verità: e qu esto sia Suggel ch ’o g n om o sganni (Dante), nu trovar
cred o ch i d i cim m i sganni (B occaccio» transum ante, ecc), parecchie
sono certo sue. Forse di conio dantesco è anche qualche formazione
suffissale: pennelleggiare (dipingere: p iù ridon le carte | che
pen n elleggia Franco bologn ese (Dante)), torreggiare (dom in are in
a ltez z a com e una torre).

Obiettivo conoscenza:
1. Di che cosa l’uso dantesco è molto più ricco in confronto con l'uso
“naturale" del fiorentino del suo tempo?
2. Che cosa dimostra la libertà di scelta dei doppioni?
3. Che cosa, in particolare, mira a caratterizzare la scelta dei vocaboli
dialettali?
4. Da che cosa è suggerita l'abbondanza dei latinismi?
5. Ricordate alcune derivazioni prefissali e suffissali di conio
dantesco. Quali esistono in lingua moderna? Nel lessico come si
chiama il fenomeno di conio autorevole di una parola?

Obicttivo comprensione;
1. Trovate le corrispondenze dei doppioni, traduceteli, spiegate le
forme grammatiche ed i processi fonetici.
D iceva, spem e, vorrei, tacere, im agin e, tacqu i, p ad re, m adre,
tacetti, m atre, lasciare, m an icare, lassare, m an ducare, vendicare,
p a tre, vengiare, re, vorria, rege, im agin e, m an giare, im ago, specchio,
im age, speglio, speculo, speran za, m iraglio, d icea, spene.

62
2. Da dove provengono le forme e i vocaboli seguenti:
vorria-, votino-,fenno, apparirono, terminorino; Ionie (o lame), nome,
com e?

4. E fficacia d i D ante.
Nei secoli seguenti l'influenza di Dante si spiegherà costantemente,
se pure or con maggiore or con minor forza. Influirà sullo stile (p.es.
Il Boccaccio risente fortemente della Vita Nuova-, gli scrittori di
«visioni» della D ivina C om m edia), sulla metrica (fortuna della terza
rima), sul lessico (come ora vedremo con qualche esempio).
Poiché fin dal Trecento la C om m edia è assunta quasi a libro santo
della nazione, commentato come si commentavano le sacre pagine, e
letto nelle scuole d'alto livello, esso ha fornito e fornisce materia di
continue citazioni, sia di versi interi, sia di locuzioni che più o meno
dawicino alludono a episodi e figure del poema o a concetti
danteschi: le bram ose can n e (di Cerbero), il fie r o p a sto (del conte
Ugolino), il d isiato (desiderato) riso (della regina Ginevra), la vendetta
allegra, la m ala signoria, il n atio loco, la m orta gora (stagno, p a lu d e:
m entre n oi corravam la m orta gora (Dante)X il m on dan rom ore, la
volgare schien a, il velen dell'argom ento, il sa p or d i fo r te agrum e, il
segnacolo in vessillio (sten dardo m ilitare), le fem m in e d a con io, e
ancora risurger p e r li ram i, rau n ar le fro n d e sp arte (fron d a-h n siem e
d elle fo g lie e d ei ram i di un albero), f a r trem ar le vene e i p olsi, ecc.
Anche singole parole dantesche hanno avuto fortuna: non solo
quelle che si riferiscono alla struttura e alle leggi dell'oltretomba
dantesco, come bolg ia (nell'inferno dan tesco, ciascu n a d elle fo sse
circolari e concentriche dell'ottavo cerchio: quin di sentim m o g en te che
si n icchia |nell'altra b olg ia (Dante).) e con trapasso (da contrapassum
eli S.Tommaso: «ciò che è patito a riscontro della colpa»), ma
parecchie altre: la i (qu ivi sospiri, p ian ti e d a lti la i (Dante)), laico
(logico), rnacro (m agro.), g rifag n o (agg., d i uccello, rapace, con artigli e
becco adunco: l'altro fu b en e sp arv ier grifagno | a d artig liar b en luì
(Dante) |estens.. caratteristico di un uccello rapace: com e sp arv ier che
nel p ied e grifagno \tenga la starn a (Ariosto); uccello rapace; agg., fig.,
dell'aspetto, dello sguardo, e c c , fiero, minaccioso: fa c en d o
lam peggiare ora il bian co, ora il nero d i d u e occhi grifagn i (Manzoni)),

63
tetragon o (agg. L E fig ., irrem ovibile, fe r m o : a w eg n a ch'io m i sen ta |
ben tetragon o a i co lp i d i ventura (Dante)J(nd senso astratto di
«incrollabilmente saldo» che si ricava dal P ar., XV il, v.24), ecc.
Ma più che le influenze singole conta l'efficacia complessiva di
Danc, che con la C om m ed ia, a meno di un secolo dagli inizi dell'uso
letterario defl'italiano, instaurò un così allo monumento di poesia,
«m ostrò ciò che poeta la lingua nostra».

Obicttivo conoscenza;
1. Ricordate l'influenza di Dante su: stile, metrica, lessico. Fate alcuni
esempi.
2. A chi dei personaggi della Divina Commedia riferiscono le parole:
le b ra m o se can n e, ilfie r o p a s to ? Chi sono questi personaggi?
3. Che cosa vuol dire «Magnanimo»? Chi dei personaggi della
Commedia potrebbe essere chiamato M agn an im o?
4. C he cosa significano le parole: b olg ia , lai. con trapasso, loico,
grifagn o, tetragon o?

Obiettivo comprensione?
Spiegate l'efficacia complessiva di Dante e della sua opera. Quale
scrittore e poeta contribuì (come Dante nella cultura italiana) nello
sviluppo e formazione della vostra lingua?

Rispondere alle dom ande seguenti:


1. Ricordate le opere c gli episodi piu importami della vita di Dante.
2. Perché Dante è chiamato il “padre della lingua“?
3. In quali tre rami Dante divide le lingue d'Europa?
4. Che cosa significa “lingua d'oco"?
5. Come, secondo Dante, si formo il latino? A quale di tre idiome è
più simile?
6. Cercando in tutta l'Italia il volgare più elegante, quali parlate Dante
elimina come peggiori?
7. Il poeta riuscì a trovare il volgare illustre? E quindi che cosa si
ripromette?
8. Di che cosa l'uso dantesco è molto più ricco in confronto con l'uso
“naturale" del fiorentino del suo tempo?

64
9. Che cosa dimostra la libertà di scelta dei doppioni?
10. Che cosa, in particolare, mira a caratterizzare la scelta dei
vocaboli dialettali?
11. Da che cosa è suggerita l'abbondanza dei latinismi?
12. Ricordate alcune derivazioni prefissali e suffissali di conio
dantesco. Quali esistono in lingua moderna? Nel lessico com e si
chiama il fenomeno di conio autorevole di una parola?
13. Ricordate l'influenza di Dante su: stile, metrica, lessico. Fate
alcuni esempi.
14. A chi dei personaggi della Divina Commedia riferiscono le
parole: le b ram ose canne, il fie r o p a s to ? Chi sono questi personaggi?
15. Che cosa vuol dire «Magnanimo»? Chi dei personaggi della
Commedia potrebbe essere chiamato M agnam m o?
16. Spiegate l’efficacia complessiva di Dante e della sua opera. Quale
scrittore e poeta contribuì (come Dante nella cultura italiana) nello
sviluppo e formazione della vostra lingua?
17. Che cosa significano le parole: bolgia, lai, con trapasso, loico,
grifagno, tetragono?
18. Trovate le corrispondenze dei doppioni, traduceteli, spiegate le
forme grammatiche ed i processi fonetici.
D iceva, spem e, vorrei, tacere, im agine, tacqu i, p a d re, m adre,
tacetti, m aire, lasciare, m an icare, lassare, m an du care, vendicare,
patre, vengiare, re, v orn a, regie, im agine, m angiare, im ago, specchio,
image, speglio, speculo, sp eran za, m iraglio, d icea, sp en e
19. Da dove provengono le forme e i vocaboli seguenti:
vurria, votino-, fen n o , a p p a rta n o , tenninonno; tom e (o lu m e), nom e,
com e?

66
U n ità 6 .
L'aria del TVecento In cui “‘Hre corone” crearono
le loro opere

I. Il Trecento.
Il trecento è uno dei periodi più importanti nella storia della lingua
italiana: non perché in quel secolo la lingua e la letteratura abbiano
toccato il culmine della perfezione, come ritennero, per motivi in
parte diversi, il Bembo, il Salviati, il Cesari, il Giordani, ma perché in
quel secolo vissero e operarono i tre scrittori che furono storicamente
i principali modelli per l'unificazione linguistica nazionale.
Nel quadro della civiltà comunale, Firenze mostra, insieme con la
crudezza e le sue lotte di pare, una sua vitalità prodigiosa. Vi opera
Giotto; Arnolfo vi costruisce il più bello tempio della Toscana. I
mercanti fiorentini svolgono in tutta l'Europa occidentale una mole
enorme di affari: si sa che Bonifacio Vili, trovando che erano
fiorentini dodici il a gli ambasciatori inviati da diverse potenze per la
sua incoronazione, li avrebbe chiamati «il quinto elemento del
inondo*. In questo terreno culturale sono cresciuti il pensiero di
Dante, e il prestigio se ne è subito nverberato sul volgare.

Obicttivo comprensione:
I. Perché il trecento è uno dei periodi più importanti nella storia della
lingua italiana?

2 Eventi politici e la vita culturale.


Ogni signoria politicamente importante è sede di una corte, e
tende a promuovere la propria coinè.
La peste nera, dopo la strage compiuta nel 48 in tutta la penisola,
ancora negli anni successivi più volte riappare con minore virulenza: e
incide fortemente non solo sulla compagine demografica, ma su tutta
la vita dei tempo.
I mercanti compiono lunghi viaggi, hanno contatti con uomini di
vari paesi, si diffonde in questo secolo contabilità secondo il metodo
veneziano. Si ricordi anche l'usanza dei mercanti di leggere in viaggio
opere scritte in volgare, divertenti piuttosto che edificanti.
66
La navigazione mette in contatto uomini di diversi paesi: gii scritti
liaulici (p cs. Il Compasso d a navigare) o i codici di consuetudini
marittime (come la Tavola di Amalfi) hanno sempre caratteri
linguistici fortemente miscelati.
Desideri di guadagno, aspirazioni di gloria, ansia di bellezza sono
spinte eterne dell’animo umano: ma in pochi tempi e in pochi luoghi
hanno raggiunto una cosi forte tensione come a Firenze e in Italia in
questo periodo. Quello che in prima linea s'impone all'attenzione è
l’umanesimo che, sopratutto ad opera del Petrarca, il Boccaccio,
s'irradia principalmente da Firenze su tutta l'Europa. Ma non
dubbiamo dimenticare il nuovo stile che simpone nelle arti figurative
(Giotto» Arnolfo) e nella musica (YArs nova accolta c stabilizzata a
Urente).
soggiungono in questo secolo alle antiche università quelle di
Perugia, di Firenze, di Siena: e importa ricordare che grazie
soprattutto all'opera dei due insigni interpreti del diritto comune.
Hartolo da Sasso/errato e il suo discepolo B aldo, maestro per moli
armi a Perugia e poi in altre città, la nuova dottrina giuridica diventa
comune patrimonio Italiano, anzi europeo.

Obiettiva.cmsccnza;
Quali avvenimenti e le opere si creano nell'ambito di: contabilità,
navigazione, arti figurative, università, diritto comune?

I Ialin o c volgare.
I.a forte tendenza ad estendere l’uso del volgare per argomenti per
CUI prima si adoperava solo il latino senza dubbio avvantaggia la lingua
nuova e in certo modo sminuisce altra. Ma dobbiamo pur ricordare che
il volgare assurge ai fastigi con Dante preumanista e il Petrarca e il
Boccaccio antesignano dell'umanesimo, per concludere che soltanto a
uomini che avevano maturato una nuova concezione della cultura,
nutrendosi con la lingua e il pensiero dei classici, è stato possibile dare
al volgare una forma altamente artistica c un impulso nuovo.
Nel uso letterario, il volgare acquista nuovi campi sul Ialino. Il
I onvivio è conscia affermazione della maturità del volgare per difficili
n.iu.moni filosofiche.

67
Non è- raro il caso di autori che scrivono una stessa opera tn tutte e
due lingue; Bartolomeo da San Concordio scrive docum enta
antiquorum e poi traduce l'opera col titolo di Ammaestramenti degli
antichi) ser Cristoforo Guidini traduce in latino il Libro della divina
dottrina di S.Caterina.
lutto I insegnamento si fa di regola in latino. Tuttavia i maestri
spesso si servono del volgare come tramite, come sappiamo anche da
Dante.
Quanti fossero quelli che studiavano, ce lo dice per Firenze il
Villani, nelle sue pagin e statistiche per il 1338: «i garzoni che stavano
ad apprendere l'abbaco c algorismo in sei scuole, da mille in mille e
duecento«, su una popolazione di circa ottantamila anime. Qualche
volte studiavano anche le donne.

Obiettivo comprensione:
Quale opera dimostra conscia affermazione della maturità del
volgare e perché?
Nominate alcuni autori che scrivono le loro opere in tutte e due
lingue.
In quale lingua si faceva l'insegnamento?
Quale opera di statistica del 1338 ci presenta la quantità di persone
che studiavano?

4. Conoscenza di altre lingue.


Notevole è la conoscenza della lingua e della letteratura francese,
specialmente nella prima metà del secolo. L'uso letterario del francese
da parte di Italiani è vivo nell’Italia settentrionale (RustirheJln che
scrive la narrazione di M arco Polo, e ancora nel 1379 Raffaele
MainTWni inizia I Aquilon de Bavière); c influenze di opere francesi si
avvertono non di rado (p.es. Nel Vannozzo e nel Prodcnzani).
Non molto noto era il tedesco. Il catalan o seguiva l’influenza
aragonese in Sicilia e in Sardegna. In Sardegna già nel 1337 si
pubblicavano in catalano i decreti del governatore (veguer) diretti ai
funzionari. Nel 1372 la popolazione sarda fu espulsa da Alghero e
sostituita da una colonia catalana.

68
La Calabria e Messina erano centri notevoli di cultura greca. Il
primo insegnamento del greco a Firenze, quello di Lcgflitò Pliitfl
(verso il 13-60), ebbe carattere orale solo alla fine del secolo (1397) sarà
stabilita una cattedra per il Crlsolora.

Obiettivo conoscenza
Nominate le opere scritte in francese.
Quali altre lingue e in quali regioni funzionavano?

5. U volgare in Toscana.
Insieme con la Commedia, va ricordata la lirica, ché a questa e a
quella anzitutto meriterà l'imitazione stilistica e linguistica: ed è
i usa risaputa che nell'unificazione linguistica italiana la poesia
precede la prosa.
Voci di poeti minori si levano da tutta quanta la Toscana: da
I ucca (Pietro F arin elli), da Siena (Folgore d a S.Gimignanot Binda
Honichi, Sim one Serdini, fiero nemico di Firenze e grande
ammiratore di Dante, e parecchi altri), da Arezzo (Cenno della
( hit arra, Giovanni de'Boni).
Nella prosa, i testi dottrinali (p.es. Dante, Convivio Sacchetti,
I ymsizioni) mostrano una forte influenza erudita nelle divisioni e
nelle articolazioni di tipo scolastico, le quali non sono ignote a santa
( aterina, san Giovanni delle Celle.

Obiettivo conoscenza
1. Nell'unificazione linguistica italiana la poesia precede la prosa
la prosa precede la poesia?
2. Ricordate alcuni testi dottrinali nella prosa.

Obiettivo applicazione;
Trovate sulla mappa Lucca, Siena, Arezzo e ricordate i nomi dei
poeti trecenteschi, provenienti da queste città.

69
U n lS àl.
Francesco Petrarca

P W M t e frà di vq » і personaggi del testo seguente e Iceeetelo.

Francesco Petrarca, l'uomo, vissuto n el Rinascimento.


Essendo in Toscana, і ragazzi avevano visitalo Firenze e poi
decisero di andare ad Arezzo, la città natale di Petrarca.
d u l ia : Ad Arezzo, il 20 luglio del 1304 nacque Francesco Petrarca.
Cerchiamo di ricordare tutto ciò che abbiamo studialo della vita
del grande poeta, il quale insieme a Dante c Boccaccio è
considerato uno dei fondatori della lingua italiana. I suoi genitori
si chiamavano Eletta Canigiani c Petracco di Sor Parenzo, ma non
vivevano qui da molto tempo. Suo padre, notaio e guelfo bianco,
daJ 1302 fu in esilio insieme a Dante. Infatti nelle “Familiari: XXI,
15, Francesco ricorda di averlo incontrato. A 46 anni visitò questa
casa, dove nacque, già luogo di culto letterario.
N atascia: Petrarca viaggiò molto in Italia e in Francia, ma non visse
mai allo stesso luogo per molto tempo. A causa dell’esilio nel
1305, avendo solo un anno, con la mamma si trasferì ad Incisa
Val damo, dove nel 1307 nacque suo fratello Gherardo. Nel 1311
la famiglia si riunì a Pisa e si trasferì ad Avignone.
Sveta: Avignone, la città francese, fu la sede dd papato, l'alloggio
costava troppo. Per questo motivo la famiglia andò ad abitare
nella vicina Carpentras. dove dal 1312 al 1316 Petrarca studiò
grammatica, dialettica e retorica sotto la guida di Convenevole da
Prato, anche lui bianco in esilio.
Giulia: Poi dal 1316 continuò gli studi presso l’Università di
Montpellier.
Poiina: Л 12 anni?! Ecco perché fu cosi geniale!
Sveta: Erano tempi diversi, anche la vita umana durava di meno. A 35
anni Dante scrive "Nel mezzo del cammin di nostra vita..“ invece
guardate і maschi italiani di oggi, molti si percepiscono "ragazzi"
a quarantanni.
Giulia: Non ricominciamo la solita discussione. Sapete quali mestieri
erano і più importanti nel Medioevo e nel primo Rinascimento?
70
Natascia: Visto che i concetti più importanti erano anima, corpo c
proprietà, saranno, prete, medico e notaio.
Giulia: Esatto. 11 padre di Petrarca fu notaio e mandò suo figlio a
studiare la giurisprudenza, che però a Francesco non piaceva,
perché preferiva la lettura dei classici.
Natascia: Ah, si, una buona quarantina d anni dopo, in 'Senili", XVI,1
raccontò come a quindici anni, suo padre, dopo che Io ebbe
trovato a leggere i classici, gli gettò nel fuoco tutti i libri, tranne il
codice di Virgilio e di Cicerone. Non so se é una leggenda o la
verità, comunque ho letto che Petrarca aveva perso quel libro di
Virgilio, ma poi dopo molti anni lo trovò in un negozio di libri
vecchi e lo ricomprò. Mori traducendo Virgilio e la sua penna
cadde sulla pagina di quel libro, quindi sì sa su che cosa
esattamente lavorava il grande poeta l'ultima notte della sua vita.
Siria: Ma poi dal 1320 insieme al fratello continuò gli studi
all'università di Bologna; è logico, perché quello era allora il
centro scientifico.
Ut ulta: Mentre abitava a Bologna, si spostava brevemente a Venezia,
tornando un paio di volle ad Avignone. Quindi il Nord Italia, il
Sud della Francia erano i territori dove girava più spesso, infatti
viaggiava sul cavallo. A Venezia conobbe il Doge Andrea
Dandolo. Potete immaginare Petrarca sulla Riva degli Schiavoni,
dove siamo stati anche noi, a Verona e sul Lago di Garda, dove ci
portava Francesco, il mio papà italiano.
N atascia: Ad Avignone nel 1325 acquistò il “De civitate Dei" di
San l’Agostino, il primo libro da lui comprato di cui si abbia
notizia. È importante quella data, visto che poi scrisse il libro
dove dialogava con Sant'Agostino. Nel 1326 abbracciò lo stato
ecclesiastico.
l'alma: Ma da dove sapete tutte queste date?
Giulia: In italiano ho trovato un articolo molto preciso e facile da
capire di Raffaele Manica, professore di letteratura dell'università
di Roma, introduzione al “Canzoniere" di Petrarca.
Svita: Petrarca lasciò gli studi a Bologna senza laurearsi nel 1326,
perché in quell'anno morì suo padre e nessuno lo costringeva più
a studiare, oppure, perché ebbe dei problemi economici. Ad
71
Avignone il 6 aprile 1327, venerdì santo di mattina presto, nella
chiesa di Santa Chiara incontrò Laura, che diventerà il suo mito
poetico.
Giulia: Ad Avignone conobbe il Cardinal Giovanni Colonna, il fratello
del quale conobbe a Bologna. Poi nel 1330 viaggiarono insieme al
cardinale fino a Lombez, in Guascogna, sui Pirenei. Nel 1333
Petrarca fece il suo primo lungo viaggio, continuato per tutta
l'estate. Visitò Francia, Fiandre, Brabante, Parigi, Gand, Liegi,
dove trovò due orazioni di Cicerone, uno dei suoi modelli
letterari con Virgilio e sane Agostino, poi visitò Aquisgrana e
Colonia, e infine, passando per le Ardenne e Lione, tornò ad
Avignone.
Giulia: Nel 1336 Petrarca rivolse al papa l’appello a riportare la santa
sede a Roma, perché voleva sempre che l'Italia fosse forte, non
contesa dagli stranieri. Per questo motivo sostenne la rivolta di
Cola di Rienzo, tribuno di Roma, che, lottando contro i nobili
ricchi, fu contro il Cardinal Colonna, l’amico di Petrarca. Ma il 17
dicembre Cola di Rienzo perse il potere, e i Colonna rientrarono
a Roma.
Poiina: L'attività politica di Petrarca era sempre legata alla letteratura.
Il primo settembre del 1340, gli fu offerta l’incoronazione poetica
contemporaneamente dal l’Università di Parigi e dal Comune di
Roma, e di ciò lo scrittore raccontò nella “Lettera ai posteri’!
Petrarca scelse Roma. Per questo motivo il 16 febbraio 1341 partì
per Napoli, dove il re Roberto d’Angiò lo dovette esaminare sulla
poesia. La leggenda dice che il re fu cosi impressionato dalla
poesia di Petrarca, che gli regalò il suo mantello. Dopo Napoli
Petrarca si recò a Roma, dove con una solenne cerimonia in
Campidoglio fu incoronato l'8 aprile dal senatore Orso
dcll’Anguillaria in nome del popolo romano. Al termine della
cerimonia pose la corona sulla tomba di San Pietro.
N atascia: Intanto cerano degli avvenimenti importanti nella sua
famiglia: gli nacque la figlia naturale Francesca, con la famiglia
della quale Petrarca poi vivrà nella vecchiaia. II fratello Gherardo
si fece monaco, e Petrarca iniziò a comporre le sette preghiere dei
‘Salmi penitenziali’! Poi, nel 1347 Petrarca visitò il fratello,
72
monaco nella certosa di Montrieux, presso Tolone, dove scrisse
alcune opere per lui e gli altri monaci. Il "De otio religioso diede
la prima forma a cjucUo che poi sarà il "Secretum' finito nel 1 342-
4.1, l'opera in cui il suo interlocutore Agostino lo rimprovera di
desiderare la fama poetica c l'amore della donna. Petrarca si
pente ma non riesce a rifiutare l’amore e la fama.
Vir ia ; Nell’anno 1343, il 12 aprile fu incaricato dal Cardinal Giovanni
di andare a Napoli per delle trattative diplomatiche.
Giulia: l e trattative erano sulla liberazione dei conti di Altamura
imprigionati a Castel Capuano. Ci siamo stati mentre eravamo a
Napoli.
M in a : Nel 1348 in tutta Europa imperverso una grande pestilenza,
'la morte nera" nel corso della quale il 19 maggio mori Laura,
proprio quel giorno in cui 21 anni prima la vide Petrarca. Mori
unclie il Cardinal Giovanni Colonna. In quegli anni il poeta
sistemò delle sue opere, in particolare fece la seconda redazione
del "Canzoniere" Alcune volle si incontrò con Giovanni
Boccaccio, il quale gli regalò il suo "Decamerone", che aveva
copiato a mano proprio per Petrarca. Il poeta lo lesse e ne
tiadusse in latino l'ultima novella di Griselda.
Stria Per la guerra fra i padovani da Carrara e la Repubblica
veneziana, Petrarca andò a Padova c nel maggio del 1373 tornò
ad Arquà per sempre, dove visse in pace con la figlia Francesca e
l.i nipotina, chiamata Eletta come la madre di Petrarca. Secondo
la leggenda, a ogni compleanno la bambina metteva sulla testa
»lei nonno la corona di alloro. Morì un giorno pnma del suo
compleanno e nella tomba fu seppellito con la corona, nel
mantello che gli regalò Roberto d’Angiò.
\,n,iu ui: Quindi scrisse tante opere, tra cui molte in latino: "De otio
religioso’; "De vita solitaria“( 1346-1366), dove racconta della
solitudine del poeta che osserva la natura e scappa dalla città, "De
rrmediis ultriusque fortunae" (1358-66), dove pensa allo spirito
tranquillo nella felicità e nell’infelicità, “Invertive contra
mcdlcum" (1352-53), nel quale conferma il valore estetico della
poesia, ecc. Pensava e scriveva liberamente in latino. Infatti, sto
pensando, lui era troppo piccolo quando parti dalla Toscana; in
Francia, c era un altro dialetto, che non era il suo, poi studiò a
Bologna e viaggiava sempre fra le varie regioni, quindi runico
modo per esprimersi in una lingua letteraria per lui era il latino.
Giulia: Ma scrisse anche tante opere in volgare, lavorando per la
futura lingua italiana. Il poema allegorico “Trionfi*; cominciato
nel 1354, lo scrisse in terzine, quindi si metteva nel contesto
letterario di Dante. L’A frica"( 1339-42), con la quale volle
dimostrare la gloria passata della sua patria e “Bucolico m
carmen (1346*5/) sono anche in latino. L’immortale
“Canzoniere" con Laura, però è in italiano.
Poiina: Ma cos’era Laura per lui? Una donna viva o un simbolo?
Giulia: Laura, come scrive Raffaele Manica “è molte cose, tutte
insieme e ogni volta diverse, come capita nei simboli: l'amore e la
donna, la fede e la patria, la speranza e colei che condanna“. Non
si può rispondere precisamente quante volte il nome di Laura è
ricordato nel ' Canzoniere*; perché Petrarca inserì molti giochi
linguistici: Laura, laura, l'aurora, Laura ora, ecc. In alcuni sonetti
gli occhi di Laura sono neri, negli altri sono azzurri. Giacomo
Colonna in una lettera a Petrarca scrisse, che ‘ nessuna Laura" gli
“sta nel cuore, se non fosse quel lauro dei poeti“ ma nella “Lettera
ai posteri’ Petrarca spiegò: "In gioventù soffrii d*un amore
tremendo, ma irripetibile e onesto: e più a lungo ancora avrei
sofferto se una morte acerba e benigna non avesse completamen­
te spenta una fiamma ormai languente*! La leggenda del corpo di
Laura trapassa i secoli. Giuseppe Tornasi di Lampedusa scrisse
che nell’ambiente lionese fosse stata trovata la tomba di Laura di
Petrarca: la notizia emozionò molto i poeti c le poetesse
Petrarchlste. L'unica possibilità per capire cos’è Laura è leggere il
"Canzoniere"

Obicttiv o comprensione:
Pensate alla vita di Petrarca: cos’è diverso e cos’è comune alla
vita di una persona vissuta nel Rinascimento e quella dei nostri
tempi?

Obiettivo application^;

74
leggete e capire il sonetto, rispondere alle domande.

"Canzoniere', sonetto LX1


Benedetto sia ‘1giorno, e I mese, et l'anno, (a)
Et la stagione, c *1 tempo, et l’ora, e ’I punto, (b)
E 1 bel paese, e I loco ov’io lui giunto (b)
Da’ duo begli occhi che legato m'ànnoj (a)

Et benedetto il primo dolce affanno (c)


Ch’f ebbi ad esser con Amor congiunto, (d)
Et l'arco, et le saette ond i' fui punto, (d)
Et le piaghe che nfin al cor mi vanno, (c)

Be nedette le voci tante ch’io (e)


Chiamando il nome de mia donna ò sparte, (f)
F. i sospiri, et le lagrime, e 'I desio; (e)

Et benedette sian tutte le carte (f)


Ov’io fama l’acquisto, e ‘1 pensier mio, (e)
Ch’è sol di lei, si ch’altra non v’i parte, (f)

1. Chi è (sono) LEI “Ch'è sol di lei. si ch'altra non va parte"? Cosa ne
pensava il Cardinal Giacomo Colonna? (Vedi il riferimento di una sua
lettera nel testo).
2. Con quali parole l'autore esprime cosa prova lui come una persona
innamorata, quali metafore dell'amore ci sono nel testo?
3. Come precisa il tempo ed il luogo dove lui giunse?
4. Trovate nel testo la forma del trapassato remoto.
5. Contate quante volte l'elisione ed il troncamento sono presenti nel
testo.
6. Che cifre sono LXI, CCXC1?

Quante volte e in quali parole il nomedi Laura è codificato lìgi testo-

COCCI
Quand’io veggio dal del scender l'aurora
7C
Co la fronte di rose et co' crin* d oro,
Amor m assaie, ond’io mi discoloro,
Et dico sospirando: Ivi è Laura ora.

0 felice 71 ton, tu sai ben l'ora


Da ricoverare il tuo caro tesoro;
Ma io che debbo far dd dolce alloro?
Che se 'I vo' riveder, conven ch'io mora.

1 vostri dipartir' non son si duri,


Ch’almen di notte suol tornar colei
Che non à schifo le tue bianche chiome:

Le mie notti fa triste, e i giorni oscuri,


Quella che u à portato i penser’ miei,
Né di sé m'à lasciato altro che nome

1L Petrarca parla della sua Patria nella canzone ‘ Italia mia"?

...Non è questo ‘I terrea ch i* tocchai pria?


Non b questo il mio nido
Ove nudrito fui si dolcemente?
Non è questa la p a tria in ch’io mi fido.
M adre benigna et pia,
Che copre l'un et l’altro mio parente?...

Brano Migliorini di Petrarca scrive:


Ciò che conta del Petrarca in una storia della lingua italiana è solo
la sua lirica; di prosa italiana non abbiamo nulla (non contano le
poche righe di una lettera a Leonardo Beccanugi); lontana e indiretta
è l'importanza delle sue opere latine.
Più difficile b il lavoro per la lirica italiana: base è la sua toscanità
giò composita, a cui si sovrappongono ricordi della tradizione poetica
anteriore, dai Siciliani agli Stilnovisti, e dell'autorità latina. Così egli si
ritiene libero di usare proprio, anche in rima, e proprio, tesoro e
tesauro, -me e -mi, -se e -si enclitici; proverai ma lassarà, libero
76
soprattutto egli si ritiene nclfusare il monottongo o il dittongo dove il
fiorentino parlato aveva ie e uo. In rima si trova più spesso il
monottongo; ma che egli si lasci guidare soltanto dall'orecchio si vede
da casi come questi: abbiamo «Nè per bei boschi allegre fe r e e snelle»
ma «Nè fiere han questi boschi si selvagge»: 19 volte fera (o fere), di
contro a 5 fiera (o fiere).
I mutamenti di pie' in p é , di dover in de ver, di begli occhi in belli
occhi mostrano lo sforzo di discostarsi dall'uso parlato per nobilitare
la dizione arcaizzando lievemente. Le forme laUneggianti del tipo di
fenrstra, (urto, condutto (prima a v e « scritto condotto), consecrare
sono su questa linea, e talora vanno al di là del lecito: se è ammissibile
un im pio ncU'interno del verso, non si può dire altrettanto di un impie
in rima con tempie, empie, scempie (si può solo notare che è di mano
del copista, non del P.).
Nella morfologia, il Petrarca accetta i due tipi di condizionale in -la
ed -ri, mentre del terzo tipo (dal piucchepperfetto) ha il solo fora.
Rarissimi I participi senza suffisso (avria stanco).
Nel lessico, quello che più colpisce è la voluta limitatezza. Non
appaiono quasi mai vocaboli caratteristici, rari, fortemente espressivi:
quei rarissimi che si possono citare appaiono in poesie di
corrispondenza, dove il Petrarca non può schiavare le rime difficili
(Etiopia, inopia, sfavillo. stillo, nella risposta a Stramazzo da Perugia).
Sono pochissime le parole presumibilmente coniate dal Petrarca
stesso: disacerbare (addolcire, mitigare: non disacerba il cor aspro e
feroce di costei (Boccaccio)), inalbare (rendere chiaro, schiarire: vien
/>ot /'aurora, e lau ra fosca inalba (Petrarca)).
Invece è ricca la serie delle espressioni figurate, che solo in parte il
Petrarca attingeva dai suoi modelli: foco , fiam m e, sole, tesoro, fenice
per «persona amata», liquido cristallo per «acqua», rai por «occhi»,
am orosi vermi, amorose vespe per «passione amorosa» ecc.: se alcune
ci sembrano banali, ciò è dovuto all'abuso che i petrarchisti ne hanno
fatto nei secoli seguenti.
Contribuiscono a volta a volta all'armonia e all'eleganza
dell'espressione le antitesi, i parallelismi, le accumulazioni
polisindetiche o asindetiche (fior, friùondi, erbe, ombre, antri, onde,

77
au re soavi, Non Tesin, Po, Varo. Arno, Adige e Tebrv, ecc) e tutti gli
altri stilemi con cui più tardi gli imitatori credettero di fare poesia.
Obicttivo conoscenza:
Che cosa Petrarca scriveva in volgare: la prosa o la poesia, o tutte e due?
Che cosa fu la base di lirica di Petrarca e cosa si sovrappone ad essa?
Al contrario di Dante sono poche o tante le parole presumibilmente
coniate dal Petrarca stesso? Che cosa significa disacerbare, inalbare?
Con quale modo di dcrivatologia sono formate?
Con quali espressioni figurate Petrarca chiama: «persona amata»»,
«acqua», «occhi», «passione amorosa»?
Le poesie di quali «Petrarchisti» conoscete?

Obiettivo comprensione;
1. Nella poesia di Petrarca troviamo: «Nè per bei boschi allegre fe re e
snelle» ma «Nè fie r e han questi boschi si selvagge»: 19 volte fe r a (o
Ine), di contro a 5 fie r a [o fiere). Quale fenomeno fonetico si osserva
in: fe r a (o fere) c fie r a (ofiere). A che cosa è dovuto questo fenomeno?
(a proposito del fiorentino parlato)?
2. Quale sforzo di Petrarca mostrano i mutamenti di pie' in pe\ di
dover in dever, di begli occhi in belli occhi?
3. Fate esempi delle forme latineggiami di parole finestra, condotto.
Quale fenomeno fonetico si osserva?
4. Perché Bruno Migliorini scrive: «Contribuiscono a volta a volta
all'armonia e all'eleganza dell'espressione le antitesi, i parallelismi, le
accumulazioni polismdetiche o asindetiche [fior, friùondi, erbe,
om bre, antri, onde, aure soavi, Non Tesin, Po. Varo. Arno, Adige c
Tebro. ecc) e tutti gli altri stilemi con cui più tardi gli imitatori
ciedcncm di l ari- poesia»; perché «credettero», ma non «crearono,
fecero proprio la loro poesia autentica»?

Obiettivo applicazione:
Quali poeti traducevano Petrarca in vostra lingua? Prendete
qualche sonetto del «Canzoniere» in italiano e la traduzione in vostra
lingua. Fate comparazione dell'originale e deLla traduzione.
Cosa pensate del punto di vista: «Traduttore in prosa è schiavo, e
traduttore in poesia è poeta»?
78
imita 8 .
Giovanni B o c c a c c io

Dktrihmt«» fra di voi »personaggi dd testo seguente g

Giovanni Boccaccio, lo scrittore umanista.


Giulia: Ragazzi, se volete sapere come viveva la gente nel’300.
leggete il “Decameron“ di Giovanni Boccaccio: in questo libro ognuno
troverà una novella preferita. Ecco a quale livello dell'umanesimo e
comprensione è arrivato lo spirito dell'uomo rinascimentale, leggiamo
la novella 3 dalla 1 giornata:

“Melchisedech giudeo con una novella di tre anella cessa un gran


pericolo dal Saladino apparecchiatogli*:
“...Il Saladino, il valore del quale fu tanto, che non solamente di
piccolo uomo il fé di Babilonia soldano ma ancora molte vittorie
sopra il re saracini e cristiani gli fece avere, avendo in diverse guerre e
in grandissime sue magnificenze speso tutto il suo tesoro e per alcuno
accidente .sopravenutogli bisognandogli una buona quantità di denari,
né veggendo donde cosi prestamente come gli bisognavano avergli
potesse, gli venne a memoria un ricco giudeo, il cui nome era Melchi-
sedech, i quale prestava a usura in Alessandria. E pensossi costui
avere da poterlo servire, quando volesse, ma si era avaro che di sua
volontà non l'avrebbe mai fatto, e forza non gli voleva fare: per che,
strigandolo il bisogno, rivoltosi tutto a dover trovar modo come il
giudeo il servisse, savisò di fargli una forza da alcuna ragion colorata.
F, fattosi chiamare e familiarmente ricevutolo, seco il fece sedere e
appresso gli disse: “ Valente uomo, io ho da più persone inteso che tu
se’ savissimo e nelle cose di Dio senti molto avanti; e per ciò io saprei
volentieri da te quale delle tre leggi tu reputi la verace, o la giudaica o
la saracina o la cristiana."
Il giudeo, il quale veramente era savio uomo, savisò troppo bene
che il Saladino guardava il pigliarlo nelle parole per dovergli muovere
alcuna quistione, e pensò non potere alcuna di queste tre più l una che
l'altre lodare, che il Saladino non avesse la sua intenzione; per che,
come colui il qual pareva d’aver bisogno di risposta per la quale preso
79
non potesse essere, aguzzato lo ‘ngegno, gli venne prestamente avanti
quello che dir dovesse; e disse: “Signor mio. la quistione la qual voi mi
fate è bella, e a volervene dire ciò che io ne sento mi vi convien dire
una novelletta, qua! voi udirete. Se io non erro, io mi ricordo aver
molte volte udito dire che un grande uomo e ricco fu già, il quale,
intra I altre gioie più care che nel suo tesoro avesse, era uno anello
bellissimo e prezioso; al quale per lo suo valore e per la sua bellezza
volendo fare onore e in perpetuo lasciarlo ne' suoi discendenti, ordinò
che colui de suoi figliuoli appo il quale, sì come lasciatogli da lui,
fosse questo anello trovato, che colui s’intendesse essere il suo erede e
dovesse da tutti gli altri esser come maggiore onorato e riverito. E
colui al quale da costui fu lasciato tenne simigliarne ordine ne' suoi
discendenti, e così fece come fatto avea il suo predecessore; e in brieve
andò questo anello di mano in mano a molti successori, e
ultimamente pervenne alle mani a uno ri quale avea tre figliuoli belli e
virtuosi e molto al padre loro obedienti, per la qual cosa tutti e tre
parimente gli amava. E i giovani, li quali la consuetudine dello anello
sapevano, si come vaghi ciascuno d’essere il più onorato tra’ suoi,
ciascun per sé, come meglio sapeva, pregava il padre, il quale era già
vecchio, che quando a morte venisse a lui quello anello lasciasse. Il
valente uomo, che parimente tutti gli amava né sapeva esso medesimo
eleggere a quale più tosto fasciar lo volesse, pensò, avendolo a ciascun
promesso, di volergli tutti e tre soddisfare: e segretamente a un buon
maestro ne lece fare due altri, li quali sì furono simiglianti al primiero,
che esso medesimo che fatti gli aveva fare appena conosceva qual si
fosse il vero; e venendo a morte, segretamente diede il suo a ciascun
de figliuoli. Li quali, dopo la morte del padre, volendo ciascuno la
eredità e l'onore occupare e l’uno negandola all’altro, in testimonianza
di dover ciò ragionevolmente fare ciascuno produsse fuori il suo
anello; e trovatisi gli anelli sì simili l’uno all’altro, che qual fosse il vero
non si sapeva conoscere, si rimase la quistione, qual fosse il vero erede
del padre, in pendente: e ancor pende. E così vi dico, signor mio, delle
tre leggi alti tre popoli date da Dio padre, delle quali la quistion
proponeste: ciascun la sua eredità, la sua vera legge e i suoi
comandamenti dirittamente si crede avere e fare, ma chi se abbia,
come degli anelli, ancora ne pende la quistione*
80
Il Saladino conobbe costui ottimamente esser saputo uscire del
laccio iL quale davanti a' piedi teso gli aveva, e per ciò dispose
d'aprirgli il suo bisogno e vedere se servire il volesse, e cosi fece,
aprendogli ciò che in animo avesse avuto di fare, se cosi
discretamente, come fatto ave a, non gli avesse risposto. Il giudeo
Uberamente d’ogni quantità che il Saladino il richiese il servi, e »1
Saladino poi interamente il soddisfece; e oltre a ciò gli donò
grandissimi doni e sempre per suo amico Irbbe e in grande e
onorevole stato appresso di sé il mantenne».

Obiettivo comprensione;
Cosa significa la parola "umanesimo“ e "umanista ? Spiegatelo con
l'esempio della storia raccontata da Melchisedech.

Obicttivo applicazione;
I. Trovate nel testo della novella le forme di: presente indicativo,
passato prossimo, participio passato, participio passato assoluto,
imperfetto, futuro anteriore, trapassato prossimo, condizionale,
gerundio.
I. l ate una comparazione tra le forme antiche, presenti nel testo, ed і
loro analoghi moderni.
I Completare le frasi con і verbi nella forma giusta. Cosa c'è di
diverso e comune fra le forme moderne e quelle antiche nei tempi
grammatici?

Giovanni Boccaccio (nascere) nel 1313 a Parigi e (morire) il 21


Dicembre 1375 a Certaldo, vicino a Firenze. Suo padre (essere) un
mercante fiorentino, mentre la madre (essere) francese. Boccaccio
(vivere) a Firenze, e (studiare) legge a Napoli. Boccaccio (tenere) un
corso della “Commedia' di Dante, e (essere) lui ad aggiungere la
parola "Divina“. Boccaccio (scrivere) la prima biografia di Dante "Vita
di Dante Alighieri" (scritta verso il 1360, pubblicata nel 1477). Uno
del primi umanisti, (essere) un amico di Petrarca, gli (regalare) la sua
opera “Decameron" e Petrarca nel suo testamento gli (affidare) un suo
vestito da indossare la notte, per non sentir freddo, (scrivere -
p ru n àio) e (lavorare - gerundio).
81
Giovanni Boccaccio (essere) il primo umanista, che oltre il latino
(sapere) il greco. Per 20 anni (lavorare) all’opera "De genealogiis
deorum gentilium’,' e (scrivere) gli altri libri in latino, ad esempio 'D e
Claris mulieribus" (“Delle done famose"), “De casibus virorum"
( Dell’infelicità delle persone famose"). Nelle sue opere in italiano
l’autore (raffigurare) la psicologia degli (innamorare - participio
passato) : "Filostrato" (scritta nel 1338, pubblicata nel 1498).
“Filocolo" (cominciata nel 1336, pubblicata nel 1472), “Teseida”
(scritta nel 1339. pubblicala nel 1475). 'Ameto“(scritta nel 1341,
pubblicata nei 1478), “Amorosa visione” (scritta nel 1342, pubblicata
nel 1521), “Ninfale Rosolano" (scritta nel 1345. pubblicata nel 1477).
Nella storia prosaica “Fiammetta” (scritta nel 1343, pubblicata nel
14/2), Boccaccio dal nome della donna (innamorare - participio
passato) ed (abbandonare - participio passato) (raccontare) la
sofferenza del proprio cuore, (creare - gerundio) le basi per il
romanzo psicologico europeo.
L’opera più famosa di Giovanni Boccaccio (essere) il libro
(chiamare - participio passato) "Decameron” cognominato Principe
Galeotto (scritto nel 1350-53, pubblicato nel 1471). Il "Decameron”
(essere) un libro (contenere - participio presente) 100 novelle, (unire
- participio passato) da un'idea artistica. Tutte le storie, (raccontare
participio passato) da Boccaccio (rappresentare) la vita della
gente, il linguaggio fiorentino (essere) vivo, i protagonisti spesso
(essere) personaggi celebri come il pittore Giotto, il poeta Guido
Cavalcanti, il legale Forese de Rabatta, ecc. Oltre ai personaggi
storici ci (essere) re, paladini, nobili, mercanti, preti e monaci,
contadini ed artigiani.
(Raccontare - gerundio) le storie già (conoscere - participio
passato) nel Medioevo, Boccaccio come un grande maestro e
narratore (creare) i caratteri e (fare) comprendere le situazioni nel
contesto delle idee nuove dell’umanesimo. Il proemio e la conclusione
(lare) una “cornice" che (spiegare) da dove viene l'idea del
Decameron ed a chi è (essere) (indirizzare participio passato).
Il libro (cominciare), (descrivere - gerundio) la pestilenza del 1348
a Firenze. 7 ragazze e 3 ragazzi (andare) via da Firenze c (passare) del
tempo in una villa, (raccontate - gerundio)-* delle storie.
82
Boccaccio (cominciare) la sua opera così: "Umana cosa è aver
compassione degli afflitti: e come che a ciascuna persona stea bene, a
coloro è massimamente richesto li quali già hanno di conforto avuto
mestiere e hannol trovato in alcuni; fra quali, se alcuno mai nobbe
bisogno o gli fu caro o già ne ricevette piacere, io sono uno di
quegli.-...

Bruno Migliorini d i Boccaccio scrive:


il Boccaccio s'adegua, in complesso, nel Decamervne alla norma
grammaticale del fiorentino del suo tempo, conforme al suo proposito
di scrivere «in fiorcntin volgare», ma la scelta è dominata
dall'aspirazione a un canone di nobile regolarità. Costrutti del tipo
mógliema si trovano solo in bocca ai personaggi, non quando parla
l'autore: indizio che ormai erano ristretti all'uso plebeo.
il lessico è ricco, ma non più della fastosa ricchezza delle opere
giovanili. Talora, per motivi di tono e di color locate, lo scrittore si
serve di parole inconsuete: p.es. nella novella del Conte d'Anversa
(11.8) si hanno molti francesismi ncL discorsi dei personaggi (principe
o prence, bèrgoli, cioè «leggieri, chiacchieroni»).
Più ancora che nelle scelte lessicali, il gusto boccaccesco appare
nella sintassi, p.es. nell’uso dei participi e dei gerundi o nella
collocazione del verbo: il verbo alla fine della proposizione (che nel
Cinquecento diventerà uno degli ingredienti dell'imitazione
boccaccesca) alle volte è semplicemente un relitto di usi retorici, alle
volte è usato dal Boccaccio, consciamente o inconsciamente, per
ottenere un effetto sintetico: passare rapidamente sul resto per
giungere all'atteso verbo finale.

Obiettivo conoscenza:
1. A quale norma grammaticale Boccaccio s'adegua nel
«Decameronc»?
2. Come «il gusto boccaccesco» appare nella sintassi?

Obiettivo comprensione;
Fate alcuni esempi dell’uso lessicale, in cui l’intenza deil’autore è
caratterizzare un personaggio.
83
L'opera di Tre corone

1. Culto delle tre corone.


Il diffondersi del poema sacro suscita un'ammirazione sconfinata,
che sabito dà origine a imitazioni. Finalmente il pubblico ha a sua
disposizione tre grandi scrittori, i quali possono servire a quello stesso
scopo a cui nascente umanesimo fa servire i maggiori latini- essi diven­
tano autori che possono essere non solo gustati, ma anche considerati
come modello stilistico e grammaticale. Nel culto per il Petrarca e per il
Boccaccio, come già in quello di Dante, i letterari veneti sono all’avan­
guardia: è significativo che l'umanesimo volgare prenda mosse da quella
stessa regione in cui già il Lovati, il Ferreti, il Mussato avevano dato un
primo, sia pur modesto, avvio all'umanesimo. Il Petrarca aveva passato
gli ultimi anni della sua vita a Padova, a Venezia ad Arquà, e con lui
Giovanni Dondi e Francesco di Vannozzo avevano scambiato rime di
corrispondenza. Il sonetto XXV11I di Francesco, che parla venetamente
(tifasse («fasce») e di zoioso destino, si chiude con questi versi:
e la vermiglia gonna partita col bianco (in ntegio era oro fino)
la palma letto e 'I bel braccio colonna.
Limitazione petrarchesca porta il verseggiatore a dire braccio e
non brezzo, e a ipertoscanizzare m ezzo in mogio.
L'influenza del Boccaccio è riconoscibile nella cronaca dei
padovani Catari, la quale già verso il 1372 palesi la conoscenza del
Decamerone e del Corbaccio.
Nelli seconda metà del secolo anche in Sicilia il toscano comincia
a prendere autorità di lingua letteraria.
Forme toscaneggianti come giornu e più appaiono nel volgariz­
zamento del Vangelo di S.Marco della seconda metà del Trecento.

Obbiettivo comprensione:
1. Cosa vuol dire «Tre corone»?
2. Secondo voi, che cosa testimoniano le forme toscaneggianti come
giornu e più nel Vangelo di S.Marco della seconda metà del Trecento?

Obiettivo applicazione
1. Che cosa porta il verseggiatore a dire braccio e non brazzo, e megio
e non mezzo?

84
2. Grafia.
Siccome l'italiano normale odierno per la sua maggior parte
ancora coincide con l'italiano trecentesco, le descrizioni latte
rendono conto di quelle peculiarità per cui 1italiano trecentesco
differisce da quello moderno.
La grafìa trecentesca è senza confronto più instabile della nostra. I
più oscillanti sono ancora i suoni velari e palatali: cane o chane (k è in
regresso, ma non è del tutto spartito), p a ce o pacie, degno o dengno,
figlio o figlo, o filglio. Poi c’è grande esitazione nell'applicare o no la
grafìa del volgare alle parole colte: onore o honore (per lo più si scrive
atti honesti, ma [onesto e donesto, dove noi ora usiamo 1apostrofo),
rapio o ratto, letizia o letitia, teatro o theatro, ecc.
Le scempie (scempio — contrapposto a doppio, unico, singolo;
costituito da un solo elemento: filo scem pio |di fiore, semplice, non
doppio. Fon. semplice. Fig., sciocco, stupido. Data 1313-19. Etimo
lat. iimplu(m), var. di simplex "semplice", con influsso dei nomi in sce-
.) e le doppie sono spesso incerte, particolarmente dopo alcuni prefìssi
(a-, prò-); per rappresentare il rafforzamento di q, il Petrarca passa da
giaqque degli abbozzi a giacque del manoscritto definitivo (nel son.
«Qual mi fec’io»).
L'interpretazione è nei manoscritti ancora scarsissima. P.es. nel
codice Trivulziano della Com m edia si ha un punto alla fine di ogni
terzina, e null’altro. L'uso delle maiuscole, almeno nei manoscritti più
accurati, s'accosta a quello odierno. Si ha qualche esempio, ma
rarissimo di accento acuto. E nei versi è frequente, benché tutt altro
che regolare, il punto soscritto per indicare 1espunzione
(eliminazione).
Nella Toscana stessa, solo Lucca e Pisa distinguono nella scrittura
la s sonora, rappresentandola con una z. Nell'Italia padana ce, ci
valgono spesso ze e zi, a Genova c palatale è espressa talora con ih
(sihavo per scavo); nell'Italia meridionale è frequente cz, oltre che per
z sorda, per cc palatale (saczo, cioè saccio), in Sicilia eh è ancora
costante per la c palatale (chircari; ma anche per kj; choviri, chudiri);
con l'indebolirsi dell'uso di k e al penetrazione dell'uso continentale di
eh con valore velare (chi «che») nascono incertezze (cantichi sarà da
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leggere con palatale o con velare?). Si noti il tentativo di rendere la g
velare con gk (longki nella Regula di S. Bcnedittu, cap. 18,
ed.Branciforti).

Obiettivo conoscenza:
1. Dopo quali prefissi i doppi sono incerti? Fate un esempio del
raddoppiamento della Q.
2. Come si usano: punto, maiuscolo, accento acuto?
3. Come si scrive la s sonora a Lucca e Pisa?
4. A che cosa corrisponde la scrittura ze c zi nell'Italia padana?
5. Come si esprime c palatale a Genova?
6. Per quale c è ancora costante eh in Sicilia {ch in ati; e anche per kj;
chuviri, chudiri)?
7. Perché nascono incertezze cantichi sarà da leggere con palatale o
con velare?
8. Quale tentativo si noti nella «Regula di S. Benedittu» a proposito
della g?
Obiettivo comprensione:
Come si scrivono le parole seguenti in lingua moderna: pacie,
dengno.figlo o/tiglio, honore, lonesto, donesto, rapto, letitia, theatro.

3. Suoni.
Prevalgono ancora le forme dittongate nelle serie, priego e pruova
(dopo i gruppi di esplosiva seguita da r). La riluttanza contro il ditton­
go au (dovuta a reazione contro la tendenza a mutare altro in autro e
sim.) si manifesta nell'alterazione dei latinismi che lo contengono:
laida, altore (che tuttavia sono forme limitate agli strati più plebei).
Forme sincopate come rompre, lettre (di tipo toscano occidentale)
sono possibili anche in poesia (Petrarca).
È probabile che proprio nel sec.XlV in Toscana la c di aceto, dieci,
passasse da affricata (schiacciata) a spirante, conguagliandosi alla -c-
di bacio, brucio (Castellani, Nuovi testi).
Gli esiti (esito - singolo risultato dell’evoluzione linguistica. Data:
1348. Etimo: dal lat. èxltu{m), acc. di exitus, -us, der. di exire "uscire".)
in c palatale e z oscillano non di rado: tendone, incalciare, e viceversa
bonazza. trezze.

86
È possibile davanti al pronome tu la caduta della finale dei verbi in
-si e -sti e della congiunzione se:fostùj postù, pregastii, stu, ecc.
L'r finale dell'infinito apocopato (apocope - caduta della vocale
finale o di uno o più fonemi in fine di parola) può assimilarsi alla
consonante successiva: troviamo in rima vedella «vederla» (Petr.)
emendano (Bocc.) gittalla (Pucci), avella (Canigiani). guidagli
«guiderai» (Folgore), credegli (Bocc.)* ecc.
Fuori della Toscana, l'imitazione delle caratteristiche toscane
comincia a produrre fenomeni di i per urbanismo, cioè regressioni.
Troviamo nel Setentrione il tipo gioglia, ttoglia. Dlla pronunzia
toscana di •aio come trittongo l’autore della Leandreidc si crede
autorizzato a far rimare Nicolao con sezzao. L'orvietano Prodenzani
estende il dittongo uo a roco (da raucus) e ne fa ruoco, il bolognese
Zambcccari scrive mieco, grieco, arieco, il Tristano Corsiniano ha
fìede (per fed e), criede (per crede). E così via.

Obiettivo conoscenza:
1. Quali forme prevalgono ancora nelle serie, priego e pruova dopo i
gruppi di esplosiva seguita da r?
2. Fu accettata la tendenza a mutare altro in autro'ì
3. Di che tipo sono forme sincopate come rompre, lettre?
4. Erano uguali la c di aceto, dicci e la c di bacio, brucio in Toscana
del sec.XlV?
f>. Fate alcuni esempi dell'imitazione delle caratteristiche toscane
fuori della Toscana. A che cosa porta tale imitazione?

Obiettivo cpmprcnsismg:
1. Che oscillazione si osserva in: tendone, incalciare, e viceversa
bonazza, trezze?
2. Quale fenomeno fonetico si osserva in: vedella «vederla»,
emcndallo, gittalla, avella, guidagli «guiderai», credegli?

4. Forme.
Nella flessione del nome notiamo la vitalità di certe varianti del
plurale quando la desinenza sia preceduta da certe consonanti:
cavallo, plur. cavagli o accanto a cavalli, e simili. Condizionate un
87
tempo dalle parole che seguivano., ora queste varianti sono
liberamente disponibili per gli scrittori che vogliono ricavarne effetti
d'arte. Basti un esempio, dalla novella della Lisabetta: vii maggior
de'fratelli», «i fra tei dom andandone» (Dee., IV, 5,6 e 10). Raggio può
avere come plurale raggi o rai (sopravvissuto poi a lungo nella
tradizione poetica). Invece il paradigma, foneticamente regolare,
danaio, plur. danari, comincia ad apparire strano e a cadere in disuso.
Dei sostantivi e aggettivi in -co abbiamo spesso plurali diversi da
quelli che poi prevarranno : fisich e (F. Uberti), g r a m m a tic i (Pucci),
salvatichi (Bocc.), ecc. Di parecchie paiole in -a si hanno ancora i
plurali in -i: le veni, le porti, fa r bocchi. In numerosi esemplari, e
territorialmente in vasta area, si ha il plur. invariabile dei nomi in -e.- le
parte, le chiave (ma il Petrarca corregge verde fro n d e in verdi fronde,
nel sonetto «L’aura serena»-). Molto più numerosi di oggi sono i plurali
in -a: le cannella, le delitto, le letta, le m erla, e quelli in -ora: le
borgore, le cam bierà, le elm ora, le palcora, le pegnora. 11 plurale di
malanno, magli a tua mostra che in quel nome la giusta posizione non
è ancora ben salda.
Quanto ai pronomi troviamo già, seppure ancor raramente,
qualche esempio di lui e lei come soggetto; e costrutti come p e r lo
colui consiglio (Bocc). La forma gliele vale per qualunque accusativo
seguito da qualunque dativo di terza persona.
Negli aggettivi possessivi troviamo non di rado mie, tuo, suo usati
per tutti i generi e numeri (al m ie cor, e' m ie desiri, la tuo veste, la suo
cam era, i suo atti), anche in posizione tonica: da'lupi tuo (Sacchetti).
Nell’articolo, si oscilla fortemente tra il e le; lo è usato di regola
dopo consonante, specialmente dopo per e m esser (per lo fresco, p er lo
pane, messer lo frate)-, anche maggiore è la libertà nell’uso delle forme
plurali i, li, gli (stracciò li vestimenti).
Nei numerali, ha ancora molte varianti il numero du e (due, dui,
duo, due); non sono rare, sia in prosa che nel verso, le forme sincopate
del tipo venzei, venzette.
Quanto al verbi, si noti anzitutto che le differenze fra tema tonico
e tema atonico sono tuttora numerose: io aiuto alterna con aitare,
atare; io m ancuo con m anicare, ecc. Nelle terminazioni del presente
tu am i è ormai normale, ma tu <ame persiste come variante poetica.
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La terminazione -iamo + ormai generalizzata per tutte le
coniugazioni (noi vediam o, noi fin iam o) ma -am o, -em o -im o ancora
persistono a Pisa, Lucca, Arezzo; alcune forme (specialmente
avem o) sono tuttora adoperabili non solo nel verso (avemo, vedemo,
superno e anche calchem o), ma talora anche in prosa («sì come già
più volte detto avemo» Dee.)
All’imperfetto, predominano nella 2a con. Le forme in -avute
lavavate, ardevate, diciavatc ha il Boccaccio in prosa e in verso).
La distribuzione tra passati remoti forti e deboli non sempre
coincide con quella odierna {crese per 4<credette», viv ete per «visse»
ccc); e non sempre coincidono le forme (dolfe «dolse»). Le forme
tronche perdé, sali sono ormai normali, pur conservando accanto a sé
quelle epitctiche (epitesi - aggiunta di uno o più fonemi alla fine di un
vocabolo) perdeo, salio, di tono aulico oppure plebeo. Nelle 3* pers.plur.
dura a lungo la lotta tra varie terminazioni: nei perfetti forti scrissono,
scrissoro, scrissero, nei perfetti deboli andaro, andarono, andorno,
andò mio. Al futuro e al condizionale della Г con. 1 Fiorentini
adoperano -erò non senza qualche eccezione (gittarà, Bocc.). La
sincope è assai estesa: lavorrò, lacerranno, dimorrò, rendrà, guarrò, e
anche dranno.
Nei congiuntivi passati stentano a stabilirsi le terminazioni: io
avesse, tu vedesti, voi prendesti, voi credessi.
L’imperativo in -e è frequente non appena si esce da Firenze:
consente.
Numerosissimi sono і participi senza suffisso: cerco, quasto, tocco,
vendico, visso ecc.
Non appartiene all'uso del tempo, ma è un vivace sistema
Individuale, quel superlativo del gerundio che troviamo in Giordano
da Rivalto: «andronne in ninferno? Sì bene, ritto, ritto,
(orrendissimo».
Avere ha ancora parecchie forme parallele: aggio, specialmente
nella tradizione di lingua poetica; abbo, specialmente a Lucca. Dea e
stea sono ancora le forme prevalenti per «dia» e «stia».
L'ausiliare avere è frequente con і riflessivi di vario tipo: «quando
non se Гavesse messo» (Passavanti, Specchio), «s'avea posto in cuore
dinanzi da la fronte» (Dante, Inf.) ecc.
89
Nelle parole invariabili, ricordiamo la frequenza del costrutto
incontragli, d a tia m o v i addottoli, dcntrovi. M ediante è orinai adope­
rabile anche con plurale; «mediante molti avversi casi» (Bore.).
I testi napoletani hanno una caratteristica che permarrA ancora per
secoli, gli infiniti e i gerundi coniugati: «medici il quali sancza alchuna
cantate domandano essereno parati» (Croi». Di Partcnope).

Obiettivo conoscenza
1. Fate alcuni esempi dei tipi di plurali dei nomi.
2. Quali pronomi si trovano nella posizione di soggetto?
3. Por quali generi e numeri si usano i possessivi mie, tuo. suo?
4. Quali articoli esistono e come si usano? Quando si usa l'articolo lo?
5. Cosa sono le parole: dui, duo. due, v en eti venzette? Come sono
nella lingua moderna?
6. late alcuni esempi di oscillazioni nelle terminazioni di verbi del
presente indicativo.
/.Che tempo è rappresentato dai verbi: avavate, ardavate. die in va te?
Come sono nella lingua moderna?
8. La distribuzione tra passati remoti forti e deboli coincide con quella
odierna? Fate alcuni esempi.
9. Quali terminazioni stentano a stabilirsi nei congiuntivi passati?
10. Le forme di quali verbi sono queste: aggio, abbo, dea. stea?
11. Qual£ la differenza tra I infinito moderno e quello antico: «medici
il quali sancza alchuna cantate domandano essereno parati».

90
Risponder« all* domanda MQUintls

1. Perché il trecento è uno dei periodi più importanti nella storia della
lingua italiana?
2. Quali avvenimenti e le opere si creano nell'ambito di: contabilità,
navigazione, arti figurative, università, diritto comune?
3. Quale opera dimostra conscia affermazione della maturità del
volgare e perché?
4. Nominate alcuni autori che scrivono le loro opere in tutte e due
lingue.
5. In quale lingua si faceva l'insegnamento?
6. Quale opera di statistica del 1338 ci presenta la quantità di persone
che studiavano?
7. Nominate le opere scritte in francese.
8. Quali altre lingue e in quali regioni funzionavano?
9. Nell'unificazione linguistica italiana la poesia precede la prosa
oppure la prosa precede la poesia?
10. Ricordate alcuni testi dottrinali nella prosa.
11. Trovate sulla mappa Lucca, Siena, Arezzo e ricordate i nomi ilei
poeti trecentisti, provenienti da queste città.
12. Che cosa Petrarca scriveva in volgare: la prosa o la poesia, o tutte e
due?
13. Che cosa fu la base di lirica di Petrarca e cosa si sovrappone ad essa?
14. Al contrario di Dante sono poche o tante le parole presumibi­
lmente coniate dal Petrarca stesso? Che cosa significa disacerbare,
inalbare? Con quale modo di dcrivatologia sono formate?
15. Con quali espressioni figurate Petrarca chiama: «persona amata*,
«acqua*, «occhi», «passione amorosa»?
16.1.e poesie di quali «petrarchisti* conoscete?
17. Nella poesia di Petrarca troviamo: «Nè per bei boschi allegre fe r e e
snelle» ma «Nè fiere han questi boschi si selvagge*: 19 volte fer a (o
fere), di contro a 5 fiera (o fiere). Quale fenomeno fonetico si osserva
in: fe r a (o fere) e fie r a (ofiere). A che cosa è dovuto questo fenomeno?
(a proposito del fiorentino parlato)?
18. Quale sforzo di Petrarca mostrano i mutamenti di pie' in pe\ di
dover in de ver. di begli occhi in belli occhiì
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19. Fate esempi delle forme latineggianti di parole finestra, condotto.
Quale fenomeno fonetico si osserva in esse?
20. Perché Bruno Migliorini scrive: «Contribuiscono a volta a volta
all'armonia e all'eleganza dell’espressione le antitesi, i parallelismi, le
accumulazioni polisindetiche o asindetiche {fior, friùondi, erbe,
ombre, antri, onde, aure soavi, Non Tesin, Po, Varo, A m o, Adige e
Tebro, ecc) e tutti gli altri stilemi con cui più tardi gli imitatori
credettero, di fare poesia»; perché «credettero», ma non «crearono,
fecero proprio la loro poesia autentica»?
21. Quali poeti traducevano Petrarca in vostra lingua? Prendete
qualche sonetto del «Canzoniere» in italiano e la traduzione in vostra
lingua. Fate comparazione dell’originale e della traduzione. Cosa
pensate del punto di vista: «Traduttore in prosa è schiavo, e
traduttore in poesia è poeta»?
22. A quale norma grammaticale Boccaccio s’adegua nel
«Decamerone»?
23. Come «il gusto boccaccesco» appare nella sintassi?
24. Fate alcuni esempi dell'uso lessicale, in cui l’intenza dell'autore è
caratterizzare un personaggio.
25. Cosa vuol dire «Tre corone»?
26. Secondo voi, che cosa testimoniano le forme toscaneggiami come
giornu e più nel Vangelo di S.Marco della seconda metà del Trecento?
27. Che cosa porta il verseggiatore a dire braccio e non brazzo, e
mogio e non mezzo?
28. Dopo quali prefìssi i doppi sono incerti? Fate un esempio del
raddoppiamento della Q.
29. Come si usano: punto, maiuscolo, accento acuto?
30. Come si scrive la s sonora a Lucca e Pisa?
31. A che cosa corrisponde la scrittura z e e z i nell'Italia padana?
32. Come si esprime c palatale a Genova?
33. Per quale c è ancora costante eh in Sicilia {chircari; e anche per kj;
cito viri, chudiri)?
.34. Perché nascono incertezze: cantichi sarà da leggere con palatale o
con velare?
35. Quale tentativo si noti nella «Regola di S. Benedittu» a proposito
della g?

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36. Come si scrivono le parole seguenti in lingua moderna: pacie,
dengno.figlo o fdglio, honore, Ione sta, donesta, rapto, letitia, theatro.
37. Quali forme prevalgono ancora nelle serie, priego e pruova dopo i
gruppi di esplosiva seguita da r?
38. Fu accettata la tendenza a mutare altro in nutro?
39. Di che tipo sono forme sincopate come rornpre, lettre?
40. Erano uguali la c di aceto, dieci e la c di bacio, brucio in Toscana
del sec.XIV?
41. Fate alcuni esempi dell'imitazione delle caratteristiche toscane
fuori della Toscana. A che cosa porta tale imitazione?
42. Che oscillazione si osserva in: tendone, incalciare, e viceversa
bonazza, trezze?
43. Quale fenomeno fonetico si osserva in: vedella «vederla»,
em endallo, giti a lla , avella, guidagli «guiderai», credcgli?
4 4 . Fate alcuni esempi dei tipi di plurali dei nomi.
45. Quali pronomi si trovano nella posizione di soggetto?
46. Per quali generi e numeri si usano i possessivi mie, tuo, sud7
47. Quali articoli esistono e come si usano? Quando si usa l'articolo
lo?
48. Cosa sono le parole: dui, duo, due, venzei, venzette? Come sono
nella lingua moderna?
49. Fate alcuni esempi di oscillazioni nelle terminazioni di verbi del
presente indicativo.
50. Che tempo è rappresentato dai verbi: avavate, ardavate,
diciavate? Come sono nella lingua moderna?
51. La distribuzione tra passati remoti forti e deboli coincide con
quella odierna? Fate alcuni esempi.
52. Quali terminazioni stentano a stabilirsi nei congiuntivi passati?
53. Le forme di quali verbi sono queste: aggio, abito, dea, stea7.
54. Qual'è la differenza tra l’infinito moderno e quello antico: «medici
il quali saneza alchuna caritate domandano essere/io parati».

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