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CONCEZIONI DELLO SVILUPPO

Lo psicologo e pedagogista del primo Novecento Vygotskij ha elaborato una teoria dello


sviluppo definita storico-culturale, in quanto si basa sui concetti di storia, cultura e linguaggio.
Secondo Vygotskij, l’apprendimento e il pensiero sarebbero il frutto delle interazioni sociali tra il
bambino e le persone appartenenti al suo ambiente.
L’apprendimento in questo senso si svilupperebbe sia attraverso l’interazione con gli altri, sia
attraverso rappresentanti simbolici della cultura in cui il bambino è inserito, come ad esempio il
cinema o la musica. All’interno dell’opera di Vygotskij assumono carattere fondamentale i
concetti di pensiero e linguaggio.

LE TEORIE DI PIAGET 
 
Piaget, pur considerando il linguaggio un mezzo potente a disposizione del bambino, ritiene
tuttavia che il passaggio al pensiero operativo, prima concreto e poi astratto, non dipenda
dal linguaggio ma dall’acquisizione di schemi motori che poi vengono interiorizzati, consentendo
al bambino di sviluppare la capacità rappresentativa e simbolica. 

LE TEORIE DI VYGOTSKIJ 
 
Vygotskij, invece, attribuisce al linguaggio infantile una funzione diversa, in quanto il bambino
passa dal linguaggio sociale, individuato come strumento di controllo dell’azione e di
comunicazione dei bisogni, al linguaggio egocentrico per poi approdare al linguaggio come
strumento di pensiero. I monologhi, ad esempio, rappresentano una manifestazione dello
sviluppo della capacità di regolare la propria attività, capacità che è sociale e culturale.
Il linguaggio è quindi sia lo strumento del pensiero sia una rappresentazione culturale.
La progressione qualitativa delle abilità cognitive, per Vygotskij, avviene tramite età stabili e età
critiche e la relazione tra queste consente lo sviluppo cognitivo. Le età stabili sono momenti di
vita in cui i cambiamenti sono minimi. Con l’accumularsi, le età stabili portano alle età critiche,
che consentono il passaggio allo stadio successivo e che sono fondamentali per lo sviluppo
cognitivo del bambino.
Vygotskij inserisce un nuovo elemento all’interno della struttura base dei processi psichici
tradizionalmente costituita dal paradigma stimolo-reazione, elemento rappresentato
dallo stimolo-mezzo.
Lo stimolo-mezzo è uno stimolo creato dall’uomo per creare uno nuovo rapporto tra stimolo e
risposta al fine di orientare il comportamento in una nuova direzione. Un esempio è il nodo fatto
ad un fazzoletto, che una persona potrebbe porre in essere per ricordarsi di eseguire una
determinata mansione. Il comportamento, pertanto, non deriverebbe dalla semplice interazione
tra stimoli e risposte, ma sarebbe mediato dagli stimoli mezzo, che possono essere rappresentati
da strumenti esterni o anche da strumenti acquisiti dall’ambiente sociale ed interiorizzati.
 
Il gioco in pedagogia come strumento educativo

In questa prospettiva i processi psichici superiori, come ad esempio il pensiero o il linguaggio,


non avrebbero un’origine naturale ma deriverebbero dalla società. Nella teoria
di Vygotskij assume un’importanza centrale il concetto di zona di sviluppo prossimale, che
spiega come lo sviluppo possa avvenire grazie all’aiuto degli altri. La zona di sviluppo prossimale
viene definita come la distanza tra lo sviluppo attuale del bambino e quello potenziale, che può
essere raggiunto tramite l’aiuto di adulti o di pari con un maggiore livello di competenze. Per
tale motivo l’educatore deve sottoporre al bambino dei problemi con un grado di difficoltà
leggermente superiore rispetto alle sue competenze, in modo che possa risolverli con l’aiuto
altrui. In tale modo lo sviluppo attuale del bambino si allargherà comprendendo quella dello
sviluppo potenziale.

BRUNER
 
Bruner, famoso psicologo statunitense, integra la teoria stadiale di Piaget e la prospettiva storico
culturale di Vygotskij. Per Bruner, l’acquisizione del linguaggio è fondamentale per lo sviluppo
mentale. Il bambino, infatti, nel momento in cui vuole esprimere un concetto deve riorganizzare
il modo di vedere le cose e di interagire con esse. Il comportamento cognitivo del bambino è
legato alla cultura ed il linguaggio ne è un esempio.
Il linguaggio, per Bruner, è la causa del formarsi di nuove strutture logiche che segnano il
passaggio allo stadio operatorio: consente all’individuo, infatti, di slegarsi dal dominio delle
percezioni per sviluppare una capacità simbolica.
La capacità di rappresentarsi una situazione è pertanto il compito centrale dello sviluppo
cognitivo. Esiste al riguardo un susseguirsi di tre codici rappresentativi.
LA TRE FASI SECONDO BRUNER 
 
 La prima fase è quella della rappresentazione attiva o operativa, in cui le azioni vengono
associate ad alcuni stimoli.
 La seconda fase è quella della rappresentazione iconica, in cui il bambino diventa capace di
rappresentarsi gli oggetti attraverso immagini e simboli, ma in cui tali immagini sono comunque legate a
delle sensazioni interne. Nello stadio più avanzato all’interno della rappresentazione iconica, il bambino
sarà in grado di concepire relazioni di maggiore e minore tra diverse quantità.
 Il terzo codice, infine, è quello della rappresentazione simbolica, che si basa su schemi astratti.
Tali schemi vengono appresi dalla nostra cultura di riferimento e sono pertanto arbitrari in quanto variano
da cultura a cultura. Il linguaggio, che è l’esempio più paradigmatico della trasmissione culturale degli
schemi astratti, non segue ma precede lo sviluppo cognitivo, in quanto attribuisce al bambino degli
schemi che poi verranno utilizzati per il pensiero simbolico.
Il linguaggio in una prima fase è in conflitto con il pensiero: gli schemi del linguaggio sono infatti
diversi da quelli della rappresentazione operativa e iconica ma, superata la fase del conflitto,
attribuiranno al bambino nuovi schemi che gli consentiranno di amplificare le sue attività di
raziocinio. La struttura del pensiero, quindi, risente del linguaggio esistente in una certa cultura,
linguaggio che consente al bambino di approdare ad una determinata fase rappresentativa.

Piaget, psicologo e pedagogista

LE DIFFERENZE MAGGIORI TRA BRUNER, PIAGET E


VIGOTSKIJ
 
Le differenze maggiori tra Bruner, Piaget e Vygotskij dipendono dal ruolo dato all’educazione e
alla cultura. Se, infatti, per Piaget lo sviluppo segue delle fasi precise, rigidamente sequenziali e
legate ad una determinata età, per Vygotskij e Bruner invece è possibile anticipare lo sviluppo
del bambino, insegnandogli rapidamente a leggere e a scrivere. Per Bruner, al riguardo, la
sequenza delle tre fasi operativa, iconica e simbolica non è rigida, ma in alcuni momenti dello
sviluppo è possibile che si ripropongano aspetti di una fase precedente.
L’approccio di Bruner è definito interazionista, in quanto l’interazione sociale permette,
attraverso il linguaggio, la condivisione di significati che conduce allo sviluppo. I primi scambi
comunicativi ed in particolare l’interazione madre-bambino è fondamentale per lo sviluppo
cognitivo di quest’ultimo, in quanto la madre sostiene l’intenzionalità comunicativa del
bambino.
L’apprendimento pertanto è concepito da Bruner non tanto come trasmissione di competenze,
ma come una condivisione tra mondo fisico e mondo sociale a cui si aggiunge la costruzione di
conoscenze.
Il linguaggio non è soltanto uno strumento di comunicazione, ma è anche il modo in cui
ci rappresentiamo la realtà. Lo scopo del linguaggio è narrare, raccontare mediando tra la
cultura e il proprio mondo interno.

IL RUOLO DELLA NARRAZIONE 


 
La narrazione consente di mediare tra l’esperienza esterna e la nostra interpretazione soggettiva.
La competenza narrativa inoltre ci consente di passare dalle rappresentazioni
alle metarappresentazioni, ossia alla capacità di rappresentarci cosa l’altro pensa, scegliendo cosa
raccontare ed adattando il nostro racconto agli uditori e ai contesti.

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