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SLIDE 3

PRINCIPALI APPROCCI TEORICI.

MATURAZIONISMO,COMPORTAMENTISMO E COSTRUTTIVISMO.
Ogni area d’indagine della psicologia dello sviluppo ha la sua peculiarità e i diversi domini sono stati
caratterizzati dalla presenza di teorizzazioni legate al loro oggetto di studio. In questa lezione ci occuperemo
nello specifico di quelle che sono le prospettive teoriche che hanno interessato lo studio dello sviluppo
cognitivo.

MATURAZIONISMO:
Si tratta di una prospettiva teorica che attribuisce grande importanza ai processi di maturazione.
MATURAZIONEViene considerato il meccanismo fondamentale che regola la comparsa delle nuove abilità
con il procedere dell’età.
Se la comparsa di abilità, come ad esempio salire le scale, è quasi esclusivamente da imputarsi alla
maturazione come avviene questo processo? Come la maturazione può regolare la comparsa di
comportamenti?
La regolazione avviene attraverso: PROGRAMMA GENETICO DELL’INDIVIDUO. Questo programma
definisce :
 Le tendenze individuali proprie ci ciascun individuo,
 gli schemi generali di sviluppo comuni a tutti gli individui.
In sintesi gli autori che appartengono a questa prospettiva ritengono che 1:
 La maturazione sia il meccanismo che regola la comparsa delle nuove abilità,
 Lo sviluppo dovuto alla maturazione sia indipendente dalla pratica e dall’esercizio.
 Sia le sequenze di maturazione comuni a tutti gli individui sia le differenze tra individui (per es.
nell’intelligenza e nel temperamento) siano influenzate dall’ereditarietà.

ARNOLD GESELL (1880 –1961)


Arnold Gesell (1880 –1961) fu uno dei maggiori esponenti del Maturazionismo. Tra gli anni ‘20 e gli anni ’30
del novecento portò avanti numerosi studi sullo sviluppo infantile. L’attenzione di Gesell era rivolta
principalmente alla studio dei fattori interni intesi come fattori genetici in grado di guidare lo sviluppo
attraverso processi maturazionali. Il ritmo di sviluppo del sistema nervoso sarebbe determinante nel definire
la velocità di acquisizione di abilità. Secondo Gesell lo sviluppo chiamerebbe in causa soprattutto la
complessa e ricca rete di interdipendenza tra cervello e midollo spinale. I comportamenti manifesti del
bambino non sarebbero che l’espressione esteriore di cambiamenti interni legati alla sviluppo del sistema
nervoso centrale e periferico. Gesell iniziò le sue ricerche poiché profondamente colpito dalla regolarità con
la quale avvenivano le prime acquisizioni motorie del bambino. Iniziò a studiare anche dei gemelli e in uno
dei suoi studi più noti indagò l’acquisizione della capacità di salire le scale in due gemelle di 11 mesi.
Costatato che entrambe non erano ancora in grado di arrampicarsi sulle scale, sottopose una delle due
bambine a delle sedute di allenamento in cui le veniva insegnato direttamente come arrampicarsi. All’altra
gemella non venne invece insegnato nulla. Anche in assenza di una qualsiasi forma di insegnamento diretto
a distanza di pochi mesi la seconda gemella iniziò ad arrampicarsi sulle scale. Dopo poco tempo non erano
riscontrabili differenze significative tra le abilità possedute delle due bambine. Gesell propende per guardare
allo sviluppo con un certo grado di predeterminazione e attribuisce quindi poca importanza all’esercizio e alla
pratica. Le uniche eccezioni sono rappresentate da condizioni gravi ed estreme come la denutrizione o
incidenti importanti.

MATURAZIONISMO: CHOMSKY E LA LINGUISTICA GENERATIVA


Generalmente il nome di Avram Noam Chomsky (1928-vivente) viene ricordato in funzione dei suoi numerosi
studi sullo sviluppo del linguaggio. Il suo approccio può essere ricondotto ad una visione maturazionista dello
sviluppo e trova espressione in quella che viene definita linguistica generativa. Si tratta di una versione più
morbida del maturazionismo rispetto a quelle di Gesell. La linguistica generativa di Chomsky si contrappone
alla visione comportamentista dello sviluppo del linguaggio. Come vedremo in seguito per i
comportamentisti, ma in particolare per Skinner che si è occupato anche di sviluppo linguistico, così come
per qualunque altra forma di sviluppo la comparsa del linguaggio verrebbe determinata dall’esperienza e
dall’apprendimento. Nella tradizione comportamentista, il comportamento verbale, al pari di qualunque altro
comportamento, se viene rinforzato tende a ripresentarsi e a permanere e al contrario in assenza di rinforzo
tenderebbe a regredire.
COMPORTAMENTISMO PROCESSO ASSOCIATO (suoni – oggetti, rinforzo degli adulti, efficacia
dell’uso).
1
Camaioni e Di Blasio (2007) – Psicologia dello Sviluppo, pag. 18
1
Chomsky ritiene che la sintassi debba essere considerata la funzione basilare del linguaggio. La sintassi è
essenzialmente il sistema di regole che all’interno di una lingua definiscono le possibili relazioni tra le parole.
Quando un bambino arriva a padroneggiare le regole sintattiche della lingua madre è in grado di trasformare
la forma base di una frase – ad es. «Gaia pettina la bambola» – in una forma differente – ad. passiva «La
bambola è pettinata da Gaia».

LE TEORIE DELLO SVILUPPO LINGUISTICO / 2

LA LINGUISTICA GENERATIVA
Quali sono le principali caratteristiche delle regole sintattiche di una lingua?
 Vengono intuite implicitamente,
 Vengono attivate quando l’individuo entra in contatto con degli stimoli linguistici,
 A seguito del processo di intuizione e di esposizione allo stimolo linguistico si attiva un processo di
ricerca attiva e di verifica delle regole,
 L’attivazione delle regole sintattiche dipende da un dispositivo innato: Language Acquisition Device
(LAD).
Ma che cos’è il LAD (Language Acquisition Device)?
L’esistenza del LAD – Language Acquisition Device – venne ipotizzata proprio da Avram Noam Chomsky
negli anni ’60 e si tratterebbe di una matrice biologica strutturata sulla base di una grammatica universale –
GU. A sua volta la GU – Grammatica Universale – sarebbe un sistema complesso di regole e principi o
usando le parole dello stesso Chomsky: “il sistema di principi, condizioni e regole che sono elementi
proprietà di tutte le lingue”2.
Ma come funzionano LAD - Language Acquisition Device – e GU – Grammatica Universale?
Pensate alla GU – Grammatica Universale – come ad una serie di interruttori che possono avere due
posizioni ON (acceso) e OFF (spento). Per ogni regola grammaticale gli interruttori si posizionano su
ON/OFF a seconda delle caratteristiche della lingua. Proviamo a vedere come funziona, prendendo ad
esempio una delle regole. Utilizzeremo la regola definita PRO (pronome): la presenza o meno del soggetto
espresso in una frase. Questa regola, come tutte le regole che compongono la GU può avere due posizioni.
ON/OFF. POSIZIONE ON (ACCESO +) – la regola è attivata quindi la lingua consente frasi in cui il soggetto
non è esplicitato come ad esempio la lingua italiana: ES. Andremo al mare domenica. POSIZIONE OFF
(SPENTO -) – la regola non è attivata quindi la lingua non consente frasi in cui il soggetto non è esplicitato
come ad esempio la lingua inglese. Delle ricerche interne a questo approccio hanno portato ad ipotizzare
che inizialmente tutti gli “interruttori” siano posizionati su ON e che solo con l’esperienza i bambini arrivino a
capire quali debbano essere assestati sul valore OFF.

MATURAZIONE O AMBIENTE?
Dopo aver trattato l’approccio maturazionista e prima di passare all’analisi dell’approccio comportamentista e
costruttivista voglio raccontarvi la storia di Genie. Si tratta di una storia caratterizzata da estrema crudeltà a
causa dei maltrattamenti subiti dalla bambina. Per i primi 13 anni della sua vita Genie venne costretta ad un
isolamento forzato, non venne esposta a nessun tipo di linguaggio e non le fu mai consentito di vocalizzare o
parlare. Ma il caso di Genie è passato alla storia, non solo per la sua tragicità ma soprattutto per l’enorme
mole di dati che venne raccolta sul suo sviluppo. Il governo americano stanzio dei fondi per un progetto di
studio di 4 anni sul caso di Genie a cui lavorò un intero team di ricercatori.

LA STORIA DI GENIE: I MALTRATTAMENTI


Nel suo libro del 1994 – Genie: A scientific Tragedy – Rymer riporta dettagliatamente la storia di Genie: una
bambina costretta ad in isolamento totale dal padre, malato psichiatrico, dall’età di 18 mesi. La bambina,
liberata nel 1970, visse fino a dopo i 13 anni rinchiuse in una piccola stanza, legata a un vasino di giorno e a
una culla di notte. Il padre non permetteva che in casa vi fossero radio o altri dispositivi e non consentiva a
nessuno dei familiari di parlare senza il suo permesso. In particolare per nessun motivo era consentito
rivolgersi a Genie che teneva segregata in una stanza lontana dal resto della famiglia (moglie e un figlio). Se
la bambina vocalizzava veniva picchiata dal padre che la attaccava anche mimando l’attacco di un cane o di
un gatto.
LA STORIA DI GENIE: LA LIBERAZIONE
Finalmente nel 1970 la madre, quasi completamente cieca e estremamente succube del marito, decise di
scappare portando con sé Genie, che aveva però ormai 13 anni e mezzo. L’aspetto di Genie era quello di
una bambina di 6-7 anni, non aveva mai raggiunto il controllo sfinterico e presentava chiari segni di
malnutrizione prolungata. Non sapeva relazionarsi agli altri in nessun modo e non utilizza ma neppure
sembrava comprendere il linguaggio. Il caso destò un certo interesse mediatico e questo portò alcuni
scienziati ad occuparsi della rieducazione di Genie. Ma era realmente possibile? La storia di Genie, da un
2
(Chomsky, 1980; trad. it. 1981 in Camaioni e Di Blasio, 2007, pag. 129).
2
punto di vista scientifico, permetteva veramente di studiare il diverso peso dei fattori genetici e dei fattori
ambientali. Genie non poteva parlare, non era stata esposta al linguaggio durante il periodo critico per la sua
acquisizione, avrebbe potuto apprenderlo ora?
LA STORIA DI GENIE: L’EVOLUZIONE
Durante i mesi e anni che seguirono la liberazione e il ricovero in ospedale a Genie venne insegnato a
parlare e a comprendere il linguaggio, passando per le fasi tipiche di sviluppo: dalla produzione di singole
parole alla combinazione di parole e frasi. Nonostante all’inizio i progressi furono molteplici e genie
sembrasse molto curiosa riguardo al mondo lentamente i suoi progressi smisero di crescere. Dopo 4 anni di
addestramento intensivo il linguaggio di Genie aveva raggiunto il livello di un bambino di 5 anni. Faticava ad
apprendere le regole grammaticali e non è mai riuscita a produrre frasi interrogative, negative, passive o
relative. Genie non possedeva più di 2500 espressioni e le sue frasi erano molto semplici come “ball belong
hospital”. La costruzione delle frasi rimaneva a un livello considerato adeguato per un bambino di due anni e
mezzo.
Seppur ben lontana dal darci delle risposte certe ed inappellabili sul rapporto tra fattori genetici e fattori
ambientali sicuramente la storia di Genie ci porta a riflettere. Il grave stato di isolamento in cui la bambina ha
vissuto le ha impedito uno sviluppo normale e i lunghi anni di rieducazione non hanno portato i risultati forse
sperati.
“Nel momento in cui scriviamo, Genie è ancora in vita: è una donna di mezza età, profondamente
infelice ed emotivamente disturbata, che vive isolata a causa delle sue limitatissime capacità di
comunicare. Se la sua incapacità di acquisire una competenza linguistica normale sia stata
veramente causata dal ritardo con il quale è venuta con la lingua parlata rimane un’ipotesi; in effetti,
erano talmente numerose le condizioni avverse nei primi anni di vita di Genie, che non si può dedurre
con certezza che l’impossibilità di acquisire la lingua al momento giusto sia stato il fattore
determinante della sua condizione”3.

(RISPONDI SUL FORUM, FORUM 01.01 – LEZIONE 03.


DIDATTICA INTERATTIVA
Soffermati sulla storia di Genie che hai appena letto. Numerosi sono gli spunti di riflessione che questa storia
offre. È inevitabile provare una profonda tristezza per questa bambina e per il suo tragico destino.
Ma è anche inevitabile interrogarsi sulla plasticità o meno dello sviluppo e in particolare sullo sviluppo
linguistico.
Perché Genie non ha mai sviluppato un linguaggio? Il livello di padronanza della lingua che Genie ha
raggiunto era il livello massimo per lei raggiungibile?
Fino a che età si può imparare a parlare?

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PRINCIPALI APPROCCI TEORICI

COMPORTAMENTISMO
Dopo aver parlato del Maturazionismo e della storia di Genie passiamo ad esaminare un differente, e per
certi versi opposto, approccio noto come comportamentismo. Secondo questa corrente di pensiero
l’individuo è un organismo completamente plasmabile, profondamente influenzabile dalle dinamiche
ambientali e dotato di illimitate capacità di apprendimento. Il cambiamento non può che proviene dall’esterno
senza eccezioni e il bambino viene inteso come un organismo passivo. Per parlare della visione del bambino
per il comportamentismo si può utilizzare la metafora del vaso di terracotta che, ancora da modellare, può
potenzialmente assumere qualunque forma gli si voglia impartire dall’esterno.

3
Schaffer (2004) Psicologia dello sviluppo. Un’introduzione, p. 330.
3
Se accettiamo questo punto di vista l’intero sviluppo si riduce ad un progressivo modellamento e
condizionamento delle risposte dell’individuo da parte dell’ambiente. Tutto lo studio dello sviluppo viene visto
come lo studio dell’apprendimento di comportamenti attraverso due processi fondamentali:
 CONDIZIONAMENTO CLASSICO
 CONDIZIONAMENTO OPERANTE

IL CONDIZIONAMENTO CLASSICO
4
Tra gli studi più noti del comportamentismo ci sono sicuramente quelli di Pavlov sul condizionamento
classico e in particolare quello sui cani e la salivazione alla vista del cibo. I suoi lavori partivano dalla
reazione naturale del cane alla vista del cibo: la salivazione.

In un momento successivo Pavlov associava la vista del cibo ad uno stimolo neutro: la presentazione del
cibo al cane veniva preceduta dal suono di una campanella. La reazione incondizionata del cane alla vista
del cibo, la salivazione, iniziò a presentarsi come una reazione condizionata al solo suono della campanella,
che precedeva di fatto la vista del cibo.

La reazione incondizionata del cane alla vista del cibo, la salivazione, iniziò a presentarsi come una reazione
condizionata al solo suono della campanella, che precedeva di fatto la vista del cibo.

IL CONDIZIONAMENTO CLASSICO

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Attraverso esposizioni ripetute nel tempo Pavlov era riuscito a condizionare la risposta di salivazione del
cane ad uno stimolo completamente estraneo come il suono della campanella. Questo tipo di associazione
stimolo-risposta è un processo basilare per il comportamentismo.

PRINCIPALI APPROCCI TEORICI

COMPORTAMENTISMO: IL CONDIZIONAMENTO OPERANTE


Il condizionamento operante è una tipologia più complessa di condizionamento. Un esempio classico di
utilizzo del condizionamento operante viene fatto attraverso la descrizione della Skinner’s box e degli
esperimenti portati avanti dallo stesso Skinner. Si tratta essenzialmente di una gabbia caratterizzata dalla
presenza di alcune leve (alcune in grado di fornire cibo altre no), un parte di pavimento elettrificabile e un
dispositivo per la registrazione automatica delle risposte.

Skinner ha utilizzato questa gabbia con piccoli animali, ratti e piccioni, lasciati liberi di muoversi al suo
interno e i cui comportamenti venivano costantemente monitorati. All’inizio gli animali mettevano in atto
comportamenti completamente casuali e non vie erano differenze nella probabilità di comparsa di un
comportamento rispetto ad un altro. Durante questa prima fase di esplorazione casuale gli animali attivavano

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diverse leve e venivano esposti a particolari eventi. Ad esempio in seguito all’accensione di una luce,
sempre la stessa, una parte del pavimento della gabbia veniva elettrificato.

Questi stimoli sono stati pensati per studiare le reazioni comportamentali alla presentazione di rinforzi positivi
e rinforzi negativi.
Rinforzo Positivo: l’attivazione di una specifica leva rilasciava del cibo all’interno della gabbia che restava a
disposizione dell’animale.
Rinforzo Negativo: come abbiamo visto l’accensione di una luce preannunciava l’elettrificazione del
pavimento a cui l’animale poteva sottrarsi raggiungendo in tempo una zona non elettrificabile del pavimento.

COME FUNZIONA UN RINFORZO POSITIVO?


I rinforzi positivi producono un effetto piacevole e agiscono da ricompensa. L’utilizzo di rinforzi positivi
aumenta la probabilità che un comportamento si manifesti. A livello pratico quindi premiare delle azioni fa si
che esse vengano agiti con maggior frequenza.

COME FUNZIONA UN RINFORZO NEGATIVO?


I rinforzi negativi aumentano la probabilità di apprendimento di comportamenti che eliminano attivamente
una fonte di sofferenza (premere una leva nella gabbia di Skinner per evitare scosse elettriche), oppure
consentono di eliminare uno stimolo sgradevole e penoso tramite comportamenti di evitamento e fuga. (Luce
 Scossa elettrica - Il ratto impara a rifugiarsi nella zona non elettrificata appena viene presentato lo stimolo
luminoso).

COS’È UNA PUNIZIONE?


Ricevere qualcosa di sgradevole e spiacevole per il soggetto a seguito del presentarsi di un comportamento
non desiderato che si vuole estinguere.
COME FUNZIONA LA PUNIZIONE?
Si può affermare che l’effetto della punizione sia quello di ridurre temporaneamente la probabilità un
comportamento si ripresenti. Si tratta però solo di un’inibizione temporanea e non duratura del
comportamento che non viene così portato ad estinzione.

COMPORTAMENTISMO: SINTESI
Le teorizzazioni del comportamentismo, ma in particolare di quelle di Skinner hanno avuto molta diffusione e
importanza nello studio dello sviluppo. Come abbiamo già visto parlando del Maturazionismo con Chomsky e
la linguistica generativa, l’approccio comportamentista si è occupato di studiare il linguaggio. Numerosi sono
però i contributi anche relativamente allo studio dello sviluppo cognitivo dove, siccome solo i comportamenti
esterni e osservabili possono essere oggetto di indagine scientifica, le cognizioni vengono viste come
qualsiasi altro comportamento manifesto.

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COGNIZIONE = Particolare classe di comportamenti anch’essa sottoposta alle influenze dell’ambiente
esterno4.

La lettura del comportamento dell’individuo sulla base dei principi di parsimonia e riduzionismo porta il
comportamentismo a definire alcune regole generali per l’interpretazione di tutti i processi di funzionamento
dell’individuo tra loro collegate:
4
Bijou, Sidney W.; Baer, Donald M. (1961). Child development: A systematic and empirical theory. The
Century psychology series. East Norwalk, CT, US: Appleton-Century-Crofts, 90 pp.
8
1. Siccome i comportamenti complessi possono essere ridotti a comportamenti semplici è importante
studiare le singole unità comportamentali...
2. Se un comportamento può essere spiegato in termini di meccanismi generali, come il
condizionamento operante o il rinforzo, vanno rifiutate spiegazioni che richiamano meccanismi più
complessi o specifici...
3. I meccanismi dell’apprendimento operano allo stesso modo per l’intero ciclo vitale non è necessario
confronto tra soggetti in momenti diversi dello sviluppo.
In sintesi gli autori che appartengono a questa prospettiva ritengono che 5:
1. L’individuo è plasmato dall’ambiente
2. Lo sviluppo va ridotto ai processi di apprendimento
3. I meccanismi dell’apprendimento operano allo stesso modo nell’intero ciclo di vita

PRINCIPALI APPROCCI TEORICI

BANDURA (1925 – vivente) E IL COMPORTAMENTISMO MODERATO


Esiste anche un comportamentismo più moderato che pur rifacendosi agli assunti di base dell’approccio
comportamentistico lo mitiga soprattutto in riferimento all’apprendimento. L’approccio in questione è quello di
Bandura con la sua teoria dell’apprendimento sociale. L’apprendimento non può avvenire solo attraverso i
processi del condizionamento classico e del condizionamento operante, il soggetto, ma parliamo soprattutto
di bambini, apprenderebbe attraverso un processo ben più complesso che egli definisce come
apprendimento imitativo. Bandura ritiene che l’osservazione sia fondamentale per l’apprendimento di un
comportamento anche se non sufficiente. Secondo quanto affermato dalla teoria dell’apprendimento sociale
l’osservazione del comportamento che porta all’apprendimento può essere tanto di tipo diretto, quindi in
presenza del modello, quanto indiretta o mediata. Bandura considera di fatto come possibili modelli imitativi
anche i comportamenti osservabili in film o cartoon attraverso un tipo di osservazione indiretta o mediata dal
mezzo.

Il soggetto deve essere attivo nel suo processo di apprendimento che coinvolge sia fattori interni che fattori
esterni: il comportamento del soggetto e l’ambiente devono essere visti come in una sorta di equilibrio che
viene garantito dal sistema cognitivo del soggetto che interpreta ed attribuisce un senso alla realtà.

5
Camaioni e Di Blasio (2007) – Psicologia dello Sviluppo, pag. 18
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Nell’apprendimento imitativo non solo il soggetto osserva il comportamento di un altro individuo ma attiva
tutta una serie di valutazioni cognitive che lo portano ad interpretare il comportamento dell’altro e a decidere
attivamente se imitarlo o meno.

TEORIA DELL’APPRENDIMENTO SOCIALE


L’apprendimento imitativo è più complessa di una semplice associazione stimolo-risposta e richiede che
siano attivi alcuni processi cognitivi:
1. ATTENZIONE SELETTIVA al modello,
2. INDIVIDUARE E IMMAGAZZINARE IN MEMORIA la sequenza di azioni che il modello compie,
3. RIPRODUZIONE MOTORIA: il soggetto deve essere in grado di riprodurre la sequenza a livello motorio,
4. AUTOCONSAPEVOLEZZA.
Bandura ritiene che non esistano solamente rinforzi positivi e rinforzi negativi provenienti dall’esterno ma
anche rinforzi provenienti dall’interno del soggetto come la motivazione, l’orgoglio, il senso di autoefficacia.

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SCHEMA DEI CONTENUTI


Utilizza questa attività per schematizzare quanto hai ascoltato e studiato relativamente al maturazionismo.
Metti in luce gli aspetti fondamentali della corrente di pensiero e evidenzia le principali differenze tra i due
autori presentati. Per ogni attività troverai anche un file pdf da poter stampare e compilare. Per ottenere un
feedback devi caricare il lavoro su ePortfolio.

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SCHEMA DEI CONTENUTI
Utilizza questa attività per schematizzare quanto hai ascoltato e studiato relativamente al
comportamentismo. Cerca di individuare gli aspetti fondamentali del condizionamento classico e del
condizionamento operante. Per ogni attività troverai anche un file pdf da poter stampare e compilare. Per
ottenere un feedback devi caricare il lavoro su ePortfolio.

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SCHEMA DEI CONTENUTI
Utilizza questa attività per schematizzare quanto hai ascoltato e studiato relativamente al
comportamentismo. Metti in luce gli aspetti fondamentali della corrente di pensiero e evidenzia le principali
differenze tra gli autori presentati. Per ogni attività troverai anche un file pdf da poter stampare e compilare.
Per ottenere un feedback devi caricare il lavoro su ePortfolio.

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RISPONDI SUL FORUM
Fino a questo punto abbiamo parlato di Maturazionismo e comportamentismo. Entrambi possono presentare
posizioni estreme ma abbiamo visto come in entrambi i casi autori anche molto importanti per la psicologia
dello sviluppo abbiano preso posizioni più soft.
In che senso possiamo dire che Chomsky rappresenta una versione soft del maturazionismo? Quali sono i
punti focali? Quali conseguenze puoi immaginare?
E in che senso possiamo dire che Bandura rappresenta una versione soft del comportamentismo? Quali
sono i punti focali? Quali conseguenze puoi immaginare?

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PRINCIPALI APPROCCI TEORICI

COSTRUTTIVISMO
La corrente di pensiero del costruttivismo annovera al suo interno i nomi di alcuni dei più importanti e
conosciuti teorici dello sviluppo cognitivo Jean Piaget (1896-1980) e Lev Semënovič Vygotskij (1896-1934).
Come potrai vedere seguendo queste lezioni entrambi gli autori hanno parlato in modo esteso di cognizione
e apprendimento. Per quanto il contributo di questi autori sia lontano nel tempo non si può prescindere da
una buona conoscenza dei loro studi e delle loro teorizzazioni per comprendere anche i più recenti studi
sull’apprendimento. Una lettura delle teorie di entrambi gli autori può essere fatta prendendo come
riferimento un modello di pensiero costruttivista, di tipo operatorio per Piaget e di natura storico - sociale per
Vygotskij, in cui il soggetto è un attivo costruttore delle sue conoscenze.
Questa tipologia di pensiero prende le sue prime mosse da una visione filosofica della conoscenza e
dell’individuo definibile organismica. L’approccio organismico attribuisce notevole importanza al processo del
cambiamento considerato come una delle caratteristiche principali del comportamento. Tali mutamenti
avverrebbero sulla base di regole ben precise ed intrinsecamente determinate attraverso principi
autoregolatori.

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Proprio da questa tendenza all’autoregolazione deriverebbe la posizione attiva del soggetto che apprende
sia un soggetto attivo nella realizzazione del proprio potenziale. Ci si discosta nettamente quindi da una
posizione in cui il soggetto che apprende è passivo completamente in balia delle influenze esterne.
’ambiente ma lo pongono in costante dialogo con le capacità e le tensioni del soggetto di modo che ogni
passo dello sviluppo sia il risultato della loro interazione. Proprio da questa tendenza all’autoregolazione
deriverebbe la posizione attiva del soggetto che apprende sia un soggetto attivo nella realizzazione del
proprio potenziale. Ci si discosta nettamente quindi da una posizione in cui il soggetto che apprende è
passivo completamente in balia delle influenze esterne. Anche il costruttivismo riconosce l’importanza
dell’ambiente, inteso più come oggetti con cui interagire per Piaget e come relazioni interpersonali per
Vygotskij. Ma queste influenze vengono viste in constante relazione e dialogo con le spinte interne del
soggetto.

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PRINCIPALI APPROCCI TEORICI

COSTRUTTIVISMO / 2
Se all’interno del comportamentismo Skinner riteneva che i soli meccanismi di condizionamento classico e
condizionamento operante fossero sufficienti a spiegare i processi di sviluppo e apprendimento per i
costruttivisti questo non può essere vero. Secondo questo approccio i mutamenti evolutivi sarebbero
imputabili ai processi di costruzione graduale di comprensione della realtà portati avanti dagli individui
attraverso continui scambi bidirezionali con l’ambiente.

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Alcuni studi avevano di fatto messo in evidenza come le credenze e le conoscenze infantili fossero, non solo
differenti da quelle adulte, ma spesso caratterizzate anche da una serie di bizzarrie e assurdità. Alcuni
esempi sono legati agli studi di Piaget come la credenza che piova perché le nuvole sono tristi, oppure che
la quantità di un liquido cambi una volta che cambi la forma del contenitore.

Come abbiamo già accennato queste conoscenze sono costruite attivamente e gradualmente dal bambino
attraverso uno scambio bidirezionale con l’ambiente. Nel corso dello sviluppo quindi il sistema cognitivo
sarebbe quindi soggetto ad una serie di continue trasformazioni che riflettono l’acquisizione di strutture
intellettive sempre più complesse e stabili.

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La comparsa di queste strutture di complessità crescente sarebbe definibile in termini di stadi di sviluppo.
Secondo alcune posizioni le sequenze di passaggio tra uno stadio e l’altro sarebbe invariante ed universale.

In sintesi gli autori che appartengono a questa prospettiva ritengono che 6:


1. L’individuo costruisce attivamente la sua conoscenza.
2. C’è un’interazione bidirezionale tra individuo e ambiente che ne consente la coordinazione.
3. Il pensiero infantile è qualitativamente differente dal pensiero adulto.
4. Lo sviluppo cognitivo consiste in una serie di trasformazioni, ciascuna delle quali riflette un migliore
equilibrio tra individuo e ambiente.
5. Gli stadi dello sviluppo cognitivo compaiono secondo una sequenza invariante e universale.

PRINCIPALI APPROCCI TEORICI

CRITICHE: MATURAZIONISMO, COMPORTAMENTISMO E COSTRUTTIVISMO

MATURAZIONISMO, CRITICHE:
1. Le maggiori critiche sono volte a sottolineare il forte squilibrio tra l’importanza attribuita ai fattori
interni o innati o genetici e i fattori esterni come ad esempio l’apprendimento che vengono
considerati solo marginalmente in caso di condizioni estreme...
2. Da un’idea di sviluppo di tipo maturazionista deriva la tendenza a guardare con troppa uniformità allo
sviluppo e a non tenere in debito conto le differenze individuali nelle acquisizioni...
3. Un risvolto sociale di quanto appena detto potrebbe portare, attraverso un uso improprio delle teorie
maturazioniste, a ritenere inutile provvedere a fornire ai bambini diverse opportunità educative e di
trattamento calibrate sulle differenze individuali...

COMPORTAMENTISMO, CRITICHE:
1. L’apprendimento non è così uniforme come lo intende il comportamentismo. Non può di fatto essere
considerato indipendente dalla natura del materiale appreso e dalle relazioni che questo materiale
ha con le conoscenze già acquisite.
2. Le prestazioni cognitive sono influenzate dal contesto e dal significato del compito... Diverso è
apprendere del materiale “senza senso” in laboratorio rispetto ad apprendere nei contesti di vita

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Camaioni e Di Blasio (2007) – Psicologia dello Sviluppo, pag. 18
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quotidiana. Il significato del materiale da apprendere è legato anche a degli aspetti motivazionali
individuali che non possono essere trascurati.
3. Il cambiamento evolutivo influenza le capacità di apprendimento e memoria... In diversi momenti
evolutivi gli individui utilizzando differenti strategie per affrontare i diversi compiti cognitivi che si
presentano con peculiarità tipiche.

COSTRUTTIVISMO, CRITICHE:
1. Le teorie stadiali e il concetto di stadio di sviluppo sono delle ipersemplificazioni... Non si può ridurre
lo sviluppo all’evoluzione di singole strutture poiché si perdono di vista sia la sua complessità sia la
sua unitarietà.
2. Le descrizioni delle strutture intellettive, siano esse intese come operazioni concrete o astratte, non
corrispondono ai reali processi messi in atto dagli individui per risolvere un compito... Viene
contestato al costruttivismo, ma nello specifico a Piaget, la lontananza dal reale comportamento
degli individui che è in relaziona anche ai contesti in cui si svolge l’attività cognitiva.
3. dedicato alle relazioni che determinano il contesto sociale in cui si svolge l’attività cognitiva... La
visione dello sviluppo cognitivo fatto dal costruttivismo considera l’ambiente esterno al soggetto solo
in termini di oggetti con cui interagire escludendo di fatto l’interazione interpersonale.

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LO SVILUPPO EMOTIVO E AFFETTIVO

DEFINIRE L’EMOZIONE
Passiamo ora ad occuparci dello sviluppo emotivo dei nostri ragazzi. Quello emotivo è un ambito d’indagine
complesso e delicato. Per molto tempo in passato si è mantenuta un’immagine molto negativa delle
emozioni che venivano percepite come elementi di disturbo per i processi cognitivi. In sintesi si può dire che
veniva fatta una distinzione tra funzioni cognitive, afferenti al sistema nervoso centrale, ed emozioni, erano
collegate con il sistema nervoso autonomo, più primitivo e con modalità di funzionamento più simili a quelle
animali. Ad oggi questa posizione è stata completamente superata ed è stato ampiamente dimostrato il loro
ruolo nell’organizzazione dell’attività psichica. Le emozioni vengono ora viste come interconnesse con il
piano cognitivo e non più come una variabile separata e di disturbo. Ad oggi questa posizione è stata
completamente superata ed è stato ampiamente dimostrato il loro ruolo nell’organizzazione dell’attività
psichica. Le emozioni vengono ora viste come interconnesse con il paino cognitivo e non più come una
variabile separata e di disturbo. Da un punto di vista evolutivo lo sviluppo emotivo riveste una notevole
importanza nel garantire uno sviluppo psicologico ottimale del bambino.

COSA SONO LE EMOZIONI?


Una buona definizione di emozione è stata data da Sroufe (1986), uno dei maggiori studiosi delle emozioni:
L’emozione è una reazione soggettiva a un evento saliente, caratterizzata da cambiamenti fisiologici,
esperienziali e comportamentali.
In questa definizione ritroviamo numerose informazioni.
 Evento scatenante specifico per ogni emozione.
 Controllati dal SNA7: battito accelerato, sudorazione abbondante ecc.
 Consapevolezza dell’eccitazione generata dai cambiamenti fisiologici e percezione cognitiva della
situazione che ha scatenato l’emozione.
 Comportamentali  Espressioni facciali, voce, gesti, postura.

LO SVILUPPO EMOTIVO E AFFETTIVO

FISIOLOGIA DELLE EMOZIONI


Gli studi sullo sviluppo emotivo di Darwin (1872) sono strettamente legati alla teoria evoluzionistica.
Secondo Darwin le emozioni e la loro espressione nell’uomo, così come negli animali, sarebbero l’esito dei
processi di selezione naturale. Secondo la lettura evoluzionistica di Darwin in passato l’emozioni hanno
rivestito un ruolo fondamentale nel consentire la sopravvivenza dell’individuo: si pensi ad esempio al sistema
di attacco-fuga. In seguito esse sarebbero rimaste nel patrimonio genetico della specie e mantenute di
generazione in generazione.

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Sistema Nervoso Autonomo
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L’ESPRESSIONE DELLE EMOZIONI
Secondo Darwin le reazioni fisiologiche collegate all’emozione si sono evolute per i loro vantaggi ai fini
dell’adattamento all’ambiente: per es. la paura porta a ansimare e l’azione di ansimare porta a sua volta a un
aumento nel volume di aria nei polmoni. Certi stimoli attivano il sistema nervoso ed inducono espressioni
facciali, posture e mimiche simili in tutti i membri di una stessa specie oppure nei membri di specie con
antenati comuni. In questo caso si parla di universalità delle espressioni facciali.

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UNIVERSALITÀ = INNATISMO?

TEORIA NEURO-MUSCOLARE DELLE EMOZIONI


L’espressione facciale dell’emozione utilizza un repertorio innato e specie-specifico di movimenti dei muscoli
facciali. In un famoso esperimento in Nuova Guinea Ekman e colleghi (1973) utilizzarono le sette espressioni
facciali considerate di base e rilevabili in tutte le culture.

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UNIVERSALITÀ = INNATISMO?
In particolare secondo Harris (1989) la capacità di riconoscere le emozioni in altre persone sarebbe
universale, ma non necessariamente innata. Vi sarebbero infatti delle esperienze di apprendimento tipiche
della specie in grado di determinare l’universalità ritrovata da ricerche interculturali come quelle di Ekman.
Allora come mai non vedenti o non udenti manifestano pattern comportamentali analoghi? Ad oggi possiamo
affermare che vi sia un generale accordo sul fatto che le emozioni di base siano da considerarsi innate. È
però altrettanto riconosciuto il fatto che siano le influenze sociali a fissare le regole in cui l’espressione
emotiva si manifesta. Generalmente i ricercatori ritengono che la stabilità nel tempo sia un’altra delle
caratteristiche delle emozioni fondamentali. Queste emozioni rimangono infatti inalterate lungo l’intero arco
di vita degli individui subendo dei cambiamenti limitatamente alle diverse circostanze che le evocano.

IL PRIMO SVILUPPO EMOTIVO


Durante il primo mese di vita i bambini mostrano un repertorio comportamentale costituito da pianti e sorrisi
che non sono ancora considerabili sociali. Questi segnali non sono ancora caratterizzati da un’intenzione
comunicativa diretta verso un qualcuno di specifico. Inoltre pianto e sorriso in questa prima fase non
possono essere neppure considerati segnali di un’emozione provata. Per dire che un bambino prova
un’emozione non serve solo la presenza di una reazione fisiologica ed espressiva, è necessaria anche la
presenza di una valutazione cognitiva dello stimolo.

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Ma come procede lo sviluppo emotivo degli individui?

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SLIDE 8

LO SVILUPPO EMOTIVO E AFFETTIVO

LO SVILUPPO EMOTIVO

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LO SVILUPPO EMOTIVO / 2

LA TEORIA DIFFERENZIALE (IZARD, 1977)


Le emozioni fondamentali sono innate, universali, precocemente differenziate e legate allo sviluppo
cognitivo.

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LO SVILUPPO EMOTIVO / 3

Cosa è necessario apprendere per sviluppare un buon adattamento sociale?


1. LA CONSAPEVOLEZZA DEL PROPRIO STATO EMOTIVO
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Quali sono le circostanze che provocano le emozioni?
Cosa si prova dentro in riferimento alle diverse emozioni?
Come si manifestano all’esterno?
E come si chiamano queste emozioni?
Per poter rispondere a queste domande il bambino deve sviluppare una certa consapevolezza del
proprio stato emotivo che si lega alla presenza di altre abilità fondamentali.
 CONSAPEVOLEZZA DI SÉ
 CAPACITÀ DI MONITORARE I PROPRI SENTIMENTI E IL PROPRIO
COMPORTAMENTO

2. IL CONTROLLO DELL’ESPRESSIONE DELLE PROPRIE EMOZIONI


I bambini devono imparare a dissociare ciò che provano da ciò che possono (o devono) manifestare.
Esistono infatti delle regole culturali per l’esibizione delle emozioni. Es. aggressività, gioia, orgoglio.

3. IL RICONOSCIMENTO DELLE EMOZIONI NELLE ALTRE PERSONE


Una conquista è anche la consapevolezza che gli altri possono provare emozioni diverse da quelle
che proviamo noi possono manifestare emozioni diverse da quelle che realmente provano.

LO SVILUPPO EMOTIVO / 4
L’acquisizione delle tre abilità generali che abbiamo appena visto è indispensabile per diventare
emotivamente competenti.
1. La consapevolezza del proprio stato emotivo
2. Il controllo dell’espressione delle proprie emozioni
3. Il riconoscimento delle emozioni nelle altre persone

LE EMOZIONI AUTOCOSCIENTI
Nel corso dello sviluppo emergono emozioni sempre più complesse in conseguenza della maturazione e
della socializzazione. Orgoglio, vergogna, senso di colpa, imbarazzo compaiono verso la fine del 2° anno,
perché necessitano della presenza del senso di sé, che compare intorno ai 18 mesi (il Sé che giudica se
stesso).

ESPRESSIONE DI ORGOGLIO E VERGOGNA


Orgoglio: espansione generale del corpo, postura eretta e aperta, petto in fuori, testa alta, espressione
gioiosa, verbalizzazioni positive.
Vergogna: crollo del corpo, spalle curve, braccia abbandonate o mani che coprono il viso, angoli della bocca
all’ingiù, occhi bassi, attività sospesa, espressioni negative.
A 3 anni i bambini hanno reazioni appropriate in relazione alla difficoltà del compito e all’obiettivo da
raggiungere. Non ci sono particolari differenze di sesso, anche se secondo un lavoro di Lewis, Alessandri e
Sullivan (1992) le bambine mostrano una tendenza a provare più vergogna dei maschi quando falliscono in
compiti semplici.

SLIDE 9

LO SVILUPPO EMOTIVO E AFFETTIVO

IL LINGUAGGIO EMOTIVO

EMOZIONI E LINGUAGGIO
Con la comparsa del linguaggio le emozioni diventano oggetto di riflessione e il bambino diviene capace di
separarsi dalle proprie emozioni e di comunicarle agli altri. Compare anche la possibilità di comprendere le
descrizioni delle emozioni degli altri. Vediamo alcuni passaggi di questo sviluppo.

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DISCORSI SULLE EMOZIONI (DUNN, 1987; 1991)
Le discussioni su temi emotivi sono importanti per sviluppare una buona competenza emotiva nei bambini.
Inizialmente servono per comprendere il proprio stato emotivo ed ottenere consolazione, poi ci si riferisce
alle emozioni altrui, alle cause e alle conseguenze, si differenziano meglio le diverse emozioni.
Generalmente le bambine sembrano essere più propense a parlare di questioni emotive rispetto ai maschi
della stessa età. Questo le ricerche a riguardo hanno mostrato come le madri parlano di aspetti emozionali
più con le figlie che con i figli. Lo spazio riservato a conversazioni su aspetti emozionali varia molto all’interno
delle famiglie (da 6 a 25 volte in un’ora). Più si è esposti a discorsi sulle emozioni da piccoli, più si
comprendono le emozioni una volta cresciuti (studi a 3 e a 6 anni).

COMPRENSIONE ED ESPRESSIONE DELLE EMOZIONI


Periodo pre-scolare: sviluppo della teoria della mente (di cui parleremo nelle prossime lezioni)
Comprendere le emozioni degli altri: non solo riconoscimento dei segnali espressivi, ma comprensione
dell’esistenza di un mondo interiore nelle persone, costituito da idee e sentimenti indipendenti e diversi dai
propri. Le emozioni provate da una persona dipendono dai desideri e dalle credenze che permettono di dare
un significato alle diverse situazioni (tra i 4 ed i 6 anni).
LE REGOLE DI ESPRESSIONE
Sono le norme culturali che regolano la manifestazione delle emozioni. Tali norme sono differenti da cultura
a cultura e regolano non solo il tipo di emozione da esternare, ma consentono agli individui anche di
identificare le le circostanze più adeguate per l’espressione.

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Ma come vengono apprese queste regole sociali di espressione?
L’emotività è fortemente influenzata dalla relazione genitore-figlio (legame di attaccamento) messaggi
specifici dei genitori sull’accettabilità delle emozioni (filosofia delle metaemozione).

COMPETENZA EMOTIVA E AUTOREGOLAZIONE

COMPETENZA EMOTIVA
Un concetto importante relativo allo sviluppo emotivo è quello di competenza emotiva.
Ma che cos’è la competenza emotiva?
1. Consapevolezza del proprio stato emotivo
2. Capacità di riconoscere le emozioni altrui
3. Capacità di usare il linguaggio emotivo tipico della propria cultura
4. Capacità di empatia
5. Capacità di comprendere che non sempre alla manifestazione esteriore corrisponde uno stato interiore (in
sé e negli altri).
6. Capacità di affrontare in maniera adattiva le emozioni negative
7. Consapevolezza del ruolo delle emozioni nelle relazioni interpersonali e relativo uso
8. Capacità di autocontrollo e autoregolazione delle proprie emozioni

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SLIDE 9

LO SVILUPPO EMOTIVO E AFFETTIVO

EMOZIONI ED INTERAZIONE SOCIALE

DALLA RICERCA RISULTA CHE…


Numerose ricerche si sono occupate di indagare lo sviluppo emotivo dei bambini analizzando il rapporto che
intercorre tra competenza emotiva e ambito relazionale. Nelle prossime slide riassumerò alcuni dei risultati
emersi nel corso degli anni.
 I bambini in grado di autoregolare le proprie emozioni hanno più successo nel rapporto con i coetanei
 I bambini che sanno esprimere con chiarezza i propri stati emotivi sono più apprezzati dai coetanei
 I bambini con un vocabolario emozionale adeguato sono più popolari
 I bambini che si esprimono in termini più positivi hanno relazioni più soddisfacenti
 I bambini che sanno meglio interpretare i messaggi emotivi degli altri hanno una maggiore approvazione
sociale
 I bambini che gestiscono la collera in maniera meno aggressiva hanno una maggiore competenza sociale
e più successo come leader
Al contrario i bambini con un’intensa emotività e scarso controllo hanno una cattiva influenza sul gruppo:
- sono portati a fomentare conflitti
- sono più a rischio di rifiuto da parte del gruppo
Come possiamo vedere le emozioni sono un aspetto fondamentale dello sviluppo affettivo poiché regolano le
relazioni affettive degli individui.

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EMOZIONI ED INTERAZIONE SOCIALE
Come possiamo vedere le emozioni sono un aspetto fondamentale dello sviluppo affettivo poiché regolano le
relazioni affettive degli individui. All’inizio i bambini fanno un uso strumentale delle emozioni che utilizzano
per regolare l’interazione con il loro caregiver. L’adulto di fatto attribuisce dell’intenzionalità alle emozioni del
bambino e di conseguenza agisce orientando e canalizzando le sue espressioni emotive in accordo con
delle regole sociali. Si tratta di un processo di socializzazione delle emozioni. Attraverso questi scambi
emotivi con la figura di accudimento essenziali per lo sviluppo le emozioni acquistano un significato ben
preciso all’interno delle relazioni affettive.

SIGMUND FREUD (1856 – 1939)


Il nome di Freud è sicuramente uno dei nomi della psicologia più noti anche ai profani. Con le sue
teorizzazioni sullo sviluppo affettivo Freud impose la sua presenza sul panorama culturale dei primi del 900
quando fondò la prima psicoanalisi. Freud elaborò una prima teoria dello sviluppo definendo cinque fasi
successive che costituirebbero i passaggi evolutivi delle pulsioni.

Nel suo lavoro attribuì molta importanza alle pulsioni


aggressive e libidiche che egli riteneva dominassero lo
sviluppo dl bambino. Il comportamento manifesto per
Freud è infatti dominato non solo da forze psichiche
consapevoli ma anche da forze psichiche inconsce.
La sua teoria dello sviluppo affettivo prevedeva la presenza di 5 fasi distinte
caratterizzate da dei cambiamenti qualitativi nell’organizzazione psichica del bambino.

LO SVILUPPO EMOTIVO E AFFETTIVO

SIGMUND FREUD (1856 – 1939) E JOHN BOWLBY (1907-1990)

FASE ORALE – INTORNO AI 12 – 18 MESI


La zona orale assume importanza poiché si tratta dell’organo attraverso il quale il bambino entra in contatto
con la madre. In questa fase il bambino tende ad esplorare con la bocca e la sua relazione con il mondo è di
tipo nutritivo.

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FASE ANALE – DA CIRCA 12 – 18 MESI A CIRCA 24 – 30 MESI
Il sopraggiunto controllo degli sfinteri segna il passaggio alla fase anale dove il bambino sperimenta il
piacere e la necessità del controllo. In questa fase si svilupperebbe l’autostima e l’autonomia.

FASE FALLICA – DA CIRCA 3 ANNI A CIRCA 6 ANNI


In questa fase i bambini sperimenterebbero il complesso Edipico caratterizzato da pulsioni libidiche per il
genitore dello stesso sesso e da pulsioni aggressive per il genitore del sesso opposto. Il superamento di
questa fase avrebbe a che fare con i concetti di angoscia di castrazione per i bambini e di invidia del pene
per le bambine.

LATENZA – DA CIRCA 7 ANNI A CIRCA 11 ANNI


Non si tratta di una fase di sviluppo ma di un moment appunto di latenza della libido in cui le pulsioni
sessuali vengono sublimate in altro. Il bambino si dedica alla socializzazione e viene sviluppata l'identità di
genere attraverso la piena identificazione con il genitore dello stesso sesso.

FASE GENITALE – CON LA PUBERTÀ


Inizia con la pubertà e continua per tutta la vita dell’individuo e il nuovo direzionamento della libido sulla zona
genitale consente lo sviluppo di relazioni significative con il sesso opposto.

JOHN BOWLBY (1907-1990)


Tra gli studiosi dello sviluppo affettivo il britannico John Bowlby è sicuramente uno dei più noti per le sue
teorizzazioni relative alle relazioni precoci e al concetto di attaccamento. Uno dei primi lavori di Bowlby fu
presso una clinica in cui venivano trattati adolescenti problemi sociali. Nei suoi scritti l’autore parla in
particolare di due ragazzi che manifestavano una relazione fortemente disturbata con la madre che lo
incuriosirono molto. Verso la metà degli anni ’40 Bowlby intraprese un lavoro retrospettivo in cui valutò
l’importanza delle prime relazioni significative. In questo studio veniva messo in evidenza come secondo
l’autore la distruzione della prima relazione con la madre potesse essere considerato un precursore chiave
dei disturbi mentali. I riferimenti ai suoi giovani ladri anaffettivi era evidente. Probabilmente a seguito di
questi primi lavori verso la fine degli anni ‘40 Bowlby estese e sistematizzo il proprio interesse verso le
relazioni precoci madre-bambino portando avanti numerose ricerche sugli effetti dell’istituzionalizzazione
durante l’infanzia. Bowlby notò che i bambini che avevano subito una grave deprivazione di cure materne
tendevano a sviluppare gli stessi sintomi dei giovani ladri da lui definiti anaffettivi.

LO SVILUPPO EMOTIVO E AFFETTIVO

LORENZ, HARLOW E BOWLBY


Fino alla fine del XX secolo le teorizzazioni relative allo sviluppo affettivo si riducevano agli approcci dei
comportamentisti sull’apprendimento e alla teoria psicosessuale di Freud. In generale Bowlby riteneva che
venisse sottovalutata l’importanza del legame emotivo che veniva a costituirsi con il caregiver ritenendolo
subordinato al soddisfacimento di bisogni fisiologici primari di nutrimento. Bowlby riteneva scientificamente
incorrette queste teorizzazioni che contraddicevano alcuni risultati che arrivavano dall’etologia. Alcuni
studiosi, tra cui ricordiamo Lorenz e Harlow, avevano mostrato come alcuni cuccioli sviluppavano un
attaccamento nei confronti di adulti da cui non erano mai stati nutriti. Tra gli studi più famosi che hanno
influenzato Bowlby ritroviamo quelli sull’imprinting dell’etologo Lorenz.

KONRAD LORENZ (1903-1989) E L’IMPRINTING


Nei suoi studi Lorenz si occupò soprattutto di studiare il fenomeno dell’imprinting nelle oche. Molto famosi
sono i suoi studi in cui si sostituì alla madre di alcuni anatroccoli mostrandosi loro come prima figura in
movimento dopo l’uscita dall’uovo. In conseguenza a questo gli anatroccoli indirizzano a Lorenz le loro
richieste di accudimento ignorando la vera madre. In alcune specie animali esisterebbe infatti una sorta di
periodo critico durante il quale i cuccioli apprenderebbero e memorizzerebbero le caratteristiche
fondamentali della propria figura allevante. Nelle oche questo si traduce in una predisposizione a seguire il
primo oggetto in movimento che vedono una volta uscite dall’uovo. Questo ha come obiettivo il
mantenimento della prossimità con la propria madre, che assicura ai piccoli la sopravvivenza. In alcune
specie animali esisterebbe infatti una sorta di periodo critico durante il quale i cuccioli apprenderebbero e
memorizzerebbero le caratteristiche fondamentali della propria figura allevante. Nelle oche questo si traduce
in una predisposizione a seguire il primo oggetto in movimento che vedono una volta uscite dall’uovo.
Questo ha come obiettivo il mantenimento della prossimità con la propria madre, che assicura ai piccoli la
sopravvivenza.

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Esperimenti simili vennero portati avanti da Harlow su dei cuccioli di scimmia. Subito dopo la nascita
venivano lasciate in una gabbia dove erano presenti due madri pupazzo: una costruita di ferro e in grado di
fornire latte e una invece ricoperta di gommapiuma e stracci che non poteva però fornire latte. Nelle
osservazioni che seguirono ci si accorse che i cuccioli di scimmia si recavano dalla mamma-pupazzo di ferro
solo il tempo che gli serviva per prendere il latte, mentre trascorrevano molto più tempo con la madre-
pupazzo di gommapiuma e ricoperta di stracci che era quindi più morbida. Secondo Harlow c’era stato un
imprinting filiale per la madre-pupazzo di gommapiuma e stracci dovuta alle caratteristiche di morbidezza
associata al calore che la caratterizzavano. Le reazioni dei cuccioli di scimmia vennero valutate anche in
relazione a situazioni potenzialmente pericolose e stressanti. Con lo scopo di spaventare il cucciolo di
scimmia, all’interno della gabbia veniva introdotto un oggetto estraneo che, percependo una minaccia alla
sua sicurezza, cercava protezione e conforto dalla madre-pupazzo di gommapiuma. Sulla base dei risultati
forniti dall’etologia Bowlby riteneva che la relazione con la figura di accudimento (caregiver) fosse da
considerarsi unica. Una volta stabilita questa relazione si mantiene come la più forte relazione d’amore
fungendo da prototipo per tutte le relazioni successive.

Bowlby (1988) scrive: “Nel bambino piccolo la fame dell’amore e della presenza materna non è meno grande
della fame di cibo.”

RISPONDI SUL FORUM


Fermati a riflettere sull’evoluzione del lavoro di Bowlby. Si tratta di un percorso complesso e di fondamentale
importanza per lo studio dello sviluppo affettivo.
Quali sono i concetti principali che Bowlby riprende dal
lavoro di Lorenz?
Quali spunti di riflessioni ti suggerisce?
Quali sono i concetti principali che Bowlby riprende dal
lavoro di Harlow?
Quali spunti di riflessioni ti suggerisce?
A tuo avviso perché Bowlby ha rivolto la sua attenzione a
studi di stampo etologico?

SLIDE 11

LO SVILUPPO EMOTIVO E AFFETTIVO

LA TEORIA DELL’ATTACCAMENTO
Il principale contributo di Bowlby alla psicologia dello sviluppo è la sua teoria dell’attaccamento con cui
l’autore spiegò l’importanza delle relazioni precoci caregiver - bambino per lo sviluppo affettivo, relazionale e
sociale degli individui. Cosa intende Bowlby con il termine attaccamento? Intende una predisposizione
biologica del piccolo verso la figura del caregiver che gli assicura la sopravvivenza prendendosi cura di lui.

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LO SVILUPPO EMOTIVO E AFFETTIVO

MARY AINSWORTH (1913-1999)


La raccolta di dati empirici a supporto delle teorizzazioni di Bowlby sull’attaccamento si devono ad una sua
collaboratrice Mary Ainsworth (1913-1999) che si dimostrò interessata soprattutto allo studio delle differenze
individuali nei comportamenti di attaccamento e nella qualità dell’attaccamento. Ainsworth portò avanti una
serie di ricerche sul campo in Uganda dove osservò come alcuni bambini mostravano una buona sicurezza
relativamente al loro attaccamento con la madre e esploravano senza troppi timori l’ambiente. Questi
bambini erano più curiosi e indipendenti nella loro esplorazione e piangevano meno manifestando anche
meno segnali di ansia. L’autrice ipotizzo che questi bambini a differenza di altri fossero in grado di utilizzare
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la madre come una “base sicura”. Emerse inoltre che le madri di questi bambini erano più sensibili e attente
ai loro bisogni. Ritornata in America riprese i suoi studi sull’attaccamento madre - bambino mettendo appunto
una specifica procedura osservativa nota come Strange Situation. Questa procedura osservativa
sperimentale può essere utilizzata a partire dai 12 mesi. Una seconda osservazione può essere fatta solo a
distanza di 6 mesi. La Strange Situation viene effettuata in un laboratorio dove è presente una stanza dotata
di specchio unidirezionale da cui è possibile osservare i comportamenti del bambino e del caregiver da una
apposita stanza d’osservazione senza essere visti dal bambino.

LA STRANGE SITUATION
La procedura della Strange Situation è stata ideata per ricreare delle situazioni di stress via via crescente in
modo da elicitare l’attivazione del sistema di attaccamento da parte del bambino. Infatti, essendo stata
definita sulla base della teoria dell’attaccamento, Ainsworth riteneva di poter così vedere in azione la “base
sicura” ovvero di vedere il bambino utilizzare la madre come punto di partenza e ritorno per i suoi
comportamenti esplorativi. Un’altra aspettativa legata agli episodi di separazione era quello di osservare la
comparsa dichiari comportamenti di protesta a seguito della separazione in un ambiente non familiare per il
bambino.

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RISPONDI SUL FORUM
Sigmund Freud (1856 – 1939) è sicuramente molto noto nell’ambito degli studi psicologici anche ai profani,
meno nota per i non addetti ai lavori è forse la figura di John Bowlby (1907-1990).
Concentrati sui punti di contatto e i punti in cui le teorie dei due diversi autori prendono direzioni differenti.
In cosa il pensiero di Bowlby si discosta da quello di Freud? E a tuo avviso perché si crea questa distanza?

SLIDE 12

Gli Stili di Attaccamento

GLI STILI DI ATTACCAMENTO: ATTACCAMENTO SICURO (Pattern B)

ATTACCAMENTO SICURO (Pattern B)


I bambini con un attaccamento sicuro nella Strange Situation, manifestano un chiaro desiderio di contatto
fisico e di interazione verso la figura di attaccamento. Il bambino mette in atto dei comportamenti
d’esplorazione dell’ambiente dimostrandosi autonomo e quando richiede la partecipazione dell’adulto lo fa in
modo attivo.
CON IL CAREGIVER, il bambino mette in atto dei comportamenti d’esplorazione dell’ambiente
dimostrandosi autonomo e richiedendo attivamente la partecipazione dell’adulto.
DURANTE LA SEPARAZIONE, Il bambino manifesta segnali di disagio o di stress in relazione
all’allontanamento del caregiver e non al fatto di essere stato lasciato da solo.
DURANTE IL RICONGIUNGIMENTO, Sono evidenti i segnali dell’attivazione di un comportamento di
attaccamento: il bambino saluta il caregiver cerca di interagire con il caregiver ricercando la vicinanza fisica
che, una volta ottenute, cerca di conservare. Inoltre in caso di stress richiede di essere consolato anche
attraverso il contatto fisico.

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Da questi bambini il caregiver viene visto sia come un porto in grado di fornire protezione e rifugio ma
proprio per questo anche come un punto di partenza per portare avanti l’esplorazione dell’ambiente. Questo
può avvenire perché vi è un atteggiamento di fiducia verso la figura del caregiver. In queste interazioni c’è
una comunicazione diretta e comprensibile dei vissuti emotivi del bambino che non ha momenti di esitazione
o resistenza nel ricercare la protezione e l’intervento del caregiver. Inoltre i bambini con attaccamento sicuro
oltre a saper richiedere di essere consolati e il contatto fisico, una volta raggiunto il loro scopo, mostrano di
essere in grado di lasciarsi consolare e di saper utilizzare il caregiver come fonte di consolazione.

GLI STILI DI ATTACCAMENTO: ATTACCAMENTO INSICURO EVITANTE (Pattern A)

ATTACCAMENTO INSICURO EVITANTE (Pattern A)


Durante la Strange Situation una caratteristica che accomuna i bambini con un attaccamento insicuro
evitante (Pattern A) sono i continui comportamenti di evitamento del caregiver. L’evitamento aumenta
durante gli episodi di ricongiungimento.
CON IL CAREGIVER, Si tratta di bambini che in presenza del caregiver mostrano di essere decisamente
indipendenti ed autonomi. Il loro interesse è assorbito quasi esclusivamente dall’esplorazione dell’ambiente
e degli oggetti che trova nella stanza.
DURANTE LA SEPARAZIONE, Quando il caregiver lascia la stanza questi bambini generalmente non
manifestano molti segnali di disagio. Non si impegnano neppure in una ricerca attiva del caregiver ma
continuano con i loro comportamenti esploratori.
DURANTE IL RICONGIUNGIMENTO, Anche al ritorno del caregiver possono salutarlo distrattamente per
poi proseguire con le loro attività di gioco o esplorazione. Le reazioni emotive risultano sono ridotte al limite e
il loro interesse sembra essere assorbito dall’ambiente.

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Affettivamente dimostrano di essere autosufficienti e autonomi rispetto al caregiver e manifestano una
spiccata indipendenza. Il caregiver non rappresenta una base sicura per questi bambini. A causa di questo
mancato utilizzo del caregiver come base sicura i bambini con un attaccamento insicuro evitante tendono a
mettere in atto strategie di inibizione dei propri comportamenti di attaccamento tesi a ricercare conforto e
protezione. Non c’è quindi nel rapporto caregiver-bambino una comunicazione dei bisogni psicologici
neppure quando i bambini sperimentano disagio.

GLI STILI DI ATTACCAMENTO: ATTACCAMENTO INSICURO AMBIVALENTE (Pattern C)


I bambini con un attaccamento insicuro ambivalente durante la Strange Situation tendono a manifestare più
interesse per il caregiver che per ogni esplorazione dell’ambiente o degli oggetti. Il loro bisogno di presenza
del caregiver diviene sempre più marcato nel corso degli 8 episodi che la compongono.
CON IL CAREGIVER, Richiedono costantemente attenzioni da parte del caregiver e non mostrano
comportamenti di esplorazione autonomi ed indipendenti. Sono interessati alla relazione con il caregiver e
interagiscono molto poco anche con l’estraneo.
DURANTE LA SEPARAZIONE, Questi bambini manifestano notevole disagio ed episodi di stress durante la
separazione. Piangono molto e sembrano essere inconsolabili. Non si coinvolgono nell’interazione con
l’estraneo o in comportamenti d’esplorazione.
DURANTE IL RICONGIUNGIMENTO, Anche il ricongiungimento è caratterizzato da notevole stress e
disagio. Nonostante richiedano insistentemente di essere consolati questi bambini non sono in grado di
lasciarsi consolare. Questa fase è caratterizzata da comportamenti ambivalenti del bambino nei confronti del
caregiver che non riescono ad utilizzare come fonte di consolazione per ristabilire il loro senso di sicurezza.

Anche questi bambini non sono in grado di utilizzare il caregiver Come base sicura ma al contrario dei
bambini con un attaccamento insicuro evitante restano costantemente concentrati sulla relazione come se
non sapessero cosa aspettarsi. Questo determina una mancanza di autonomia ed indipendenza del
bambino che trascura così l’esplorazione dell’ambiente. I suo ricorso a comportamenti di attaccamento è
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massivo e caratterizzato da ambivalenze emotiva: rabbia e passività. Come già detto questi comportamenti e
il conseguente stress sperimentato non trovano conforto con l’intervento del caregiver.

GLI STILI DI ATTACCAMENTO: ATTACCAMENTO DISORGANIZZATO (Pattern D)

ATTACCAMENTO DISORGANIZZATO – DISORIENTATO (Pattern D)


La definizione del pattern di attaccamento disorganizzato non si deve al lavoro di Ainsworth. Questo stile di
attaccamento venne descritto per la prima volta da Main e Salomon (1986) per classificare quei
comportamenti che non rientravano nei quadri tipici dei pattern già identificati. I bambini che osservarono
sembravano essere molto disorientati e confusi dalla situazione e manifestavano dei comportamenti
contraddittori. Per la maggior parte del tempo questi bambini avevano comportamenti apparentemente simili
ai bambini con i pattern di attaccamento classici (A, B e C) ma in alcuni momenti non essere in grado di
attivare nessuna strategia relazionale con il caregiver. Davano l’impressione di essere molto disorientati e
confusi dalla situazione e alcuni comportamenti manifestati erano decisamente contraddittori. Ad esempio
questi bambini sembravano ricercare il contatto del caregiver ma allo stesso tempo agivano comportamenti
di evitamento. Restavano immobili per lungo tempo, come se fossero paralizzati, oppure si muovevano in
modo stranamente rallentato. Alle volte comparivano movimenti stereotipati oppure assumevano pose
anomale causate dalla comparsa di irrigidimenti sia del corpo che dell’espressione facciale legati a vissuti
emotivi di paura. Decisero di definirlo disorganizzato-disorientato proprio in riferimento ai questi
comportamenti che starebbero ad indicare l’assenza di una strategia organizzata di comportamenti di
attaccamento o la sua inconsistenza. A questa disorganizzazione generale si accompagna di fatto anche un
generale disorientamento dal bambino relativamente all’ambiente che lo circonda. Le autrici notarono come
questi comportamenti disorganizzati o disorientati si manifestassero solo in presenza del caregiver. In modo
particolare si potevano osservare nei momenti di ricongiungimento che seguivano la separazione. Questo
specificità ha portato a ritenere che questi comportamenti non fossero legati a delle caratteristiche dei
bambini ma più propriamente alla relazione caregiver - bambino. Secondo gli studi questo stile di
attaccamento sarebbe legato a relazioni caregiver-bambino particolari. Questi bambini avrebbero
sperimentato la vicinanza di un caregiver spaventante o spaventata. Possono essere relazioni abusanti
oppure relazioni in cui il caregiver trascina eventi traumatici o luttuosi non ancora rielaborati o risolti. In
queste circostanze il bambino vive il paradosso di un caregiver che genera paura nel bambino ma allo
stesso tempo è l’unico a cui può rivolgersi per essere sollevato dalla sua paura.

SLIDE 13
RISPONDI SUL FORUM
Nelle prossime slide troverai tre link ad altrettanti filmati caricati su YouTube in cui vengono mostrati alcuni
esempi di attaccamento sicuro, insicuro evitante ed insicuro ansioso ambivalente.
https://youtube.be/9a6I6xXJ0Lw
https://youtu.be/AGRT6VjnTm8
https://youtu.be/mFXnd4XGivg
Quali sono i comportamenti che puoi vedere nel filmato che ti fanno pensare ad uno stile di attaccamento
sicuro?
Quali sono i comportamenti che puoi vedere nel filmato che ti fanno pensare ad uno stile di attaccamento
insicuro evitante?
Quali sono i comportamenti che puoi vedere nel filmato che ti fanno pensare ad uno stile di attaccamento
insicuro ansioso ambivalente?
SCHEMA DEI CONTENUTI
Per svolgere questa attività avrai bisogno di usare il manuale di Psicologia dello sviluppo – Camaioni & Di
Blasio – che devi studiare per l’esame. Nello specifico nel capitolo dedicato che ha come titolo: Lo sviluppo
emotivo e le relazioni affettive a pagine 227-228-229 troverai una tabella riassuntiva sulla strange situation.
In questa tabella vengono presentati, oltre che gli stili di attaccamento principali (Pattern B – sicuro; Pattern
A – insicuro evitante; Pattern C – insicuro ansioso ambivalente) diverse sottocategorie. Prova a ricrearne
uno schema per ricordare le differenze tra i diversi sotto stili.

Attaccamento e Personalità

PERCHÉ È IMPORTANTE LA TEORIA DELL’ATTACCAMENTO?


Ma perché è così importante parlare di attaccamento?
La risposta a questa domanda è molto semplice ma allo stesso tempo veramente complessa...
L’attaccamento è un pezzo importante per la costruzione della personalità di un individuo... Vediamo di
capire come... Con la crescita anche l’attaccamento si modifica divenendo sempre meno legato alla

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prossimità fisica e sempre di più alle qualità astratte della relazione. Con il passare del tempo vengono
interiorizzate dimensioni di affetto, stima e fiducia derivanti dalla qualità della relazioni sperimentate e quindi
anche allo stile di attaccamento sviluppato. Durante il periodo di costruzione del legame di attaccamento
nella relazione con il caregiver il bambino ha avuto modo di sperimentare interazioni che si sono ripetute nel
tempo in modo abbastanza simile e prevedibile, quelli che gli psicologi definiscono pattern ripetuti di
esperienze interattive. In questo modo il bambino ha interiorizzato la relazione creandosene una
rappresentazione interna. Che cosa significa? Significa che questi continui scambi affettivi hanno portato il
bambino a costruirsi una rappresentazione mentale legata a cosa sia una relazione. Ma non solo ha di fatto
determinato la creazione di una rappresentazione mentale anche di Sé stesso in relazione e del caregiver
come figura di attaccamento nella relazione. Queste rappresentazioni sono definite Modelli Operativi Interni
(MOI) oppure in inglese Internal Working Models (IWM) e di fatto filtrano tutte le informazioni che ci
provengono dall’esterno relative alle relazioni non solo quelle con il nostro caregiver. Funzionano come una
sorta di lente colorata che ci porta ad interpretare azioni e comportamenti sulla base delle nostre
rappresentazioni mentali. Ovviamente queste lenti colorate influenzano notevolmente le nostre interazioni
con gli altri e le decisioni che prendiamo in riferimento alla costruzione di relazioni interpersonali in termini di
affetto, stima e fiducia.
Ma vediamo meglio come funzionano...

Attaccamento e Personalità

I MODELLI OPERATIVI INTERNI


Come abbiamo detto i Modelli Operativi Interni, creati intorno ai 18 mesi, influenzano tutte le relazioni
successive dell’individuo e sono fondamentali per il suo sviluppo sociale. Inoltre la presenza dei MOI è
responsabile, insieme ad altri fattori, di una carta stabilità nei tratti di personalità in contesti e relazioni
differenti. Come? La natura dei MOI può essere definita affettivo-cognitiva in quanto il loro valore non si
limita alla sfera emotiva ed affettiva dell’individuo ma svolge anche un’importante funzione organizzativa del
comportamento. Come abbiamo detto il bambino sulla base dei pattern ripetuti di esperienze interattive
costruisce delle rappresentazioni mentali di sé stesso, dell’altro e della relazione che tendono ad essere
stabili e a perdurare nel tempo. Questo perché i MOI ci rendono il mondo comprensibile e prevedibile: noi
possiamo leggere le relazioni future sulla base delle esperienze relazionali che abbiamo già avuto.
Sappiamo che cosa aspettarci... Se all’inizio i MOI sono molto dinamici e in continua analisi delle relazioni
per coglierne gli schemi ripetuti, durante l’infanzia si stabilizzano e divengono delle vere e proprie
caratteristiche personologiche. I Modelli Operativi Interni non vengono quindi più modificati in età successive
e tendono a rimanere stabili nel tempo. Questo perché noi li utilizziamo per prendere decisioni, pianificare le
nostre azioni e soprattutto interpretare il mondo in un modo che per noi abbia senso. In linea teorica alcuni
cambiamenti nei MOI sono possibili anche se non facili e questo può avvenire ad esempio con un percorso
di psicoterapia. L’individuo deve sperimentare relazioni diverse rispetto a quelle che l’hanno portato allo stile
di attaccamento. Questo cambiamento potrebbe però non essere stabile e soprattutto i momenti di forte
stress o bisogno relazionale potrebbero riattivarsi i vecchi MOI... I MOI hanno quindi a che fare con la
memoria e la loro funzione fondamentale e permetterci di anticipare i comportamenti e le risposte relazionali
dell’altro. Danno risposte a domande come: In caso di bisogno come reagirà l’altro in relazione? Cosa mi
posso/devo aspettare dall’altro?

SLIDE 14

Attaccamento e Personalità

STILI DI ATTACCAMENTO E MODELLI OPERATIVI INTERNI


Come è facile intuire gli stili di attaccamento cha abbiamo analizzato nella lezione precedente sono
caratterizzati da MOI differenti che danno ragione dei diversi comportamenti di attaccamento degli individui.
Rivediamoli analizzandone i MOI.
1. ATTACCAMENTO SICURO (Pattern B)
2. ATTACCAMENTO INSICURO EVITANTE (Pattern A)
3. ATTACCAMENTO INSICURO AMBIVALENTE (Pattern C)
4. ATTACCAMENTO DISORGANIZZATO (Pattern D)

ATTACCAMENTO SICURO (Pattern B)


Nel caso di uno stile di attaccamento sicuro il caregiver durante il primo anno di vita ha manifestato nei
confronti del bambino una buona sensibilità e responsività. Durante i momenti di disagio, ansia o stress il
caregiver è stato presente, responsivo e supportivo. I Modelli Operativi Interni relativi al sé di questi bambini

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sono quindi contraddistinti dall’interiorizzazione di un’idea di sé come capace di una comunicazione emotiva
efficace, degno d’amore, di affetto e di cure. Allo stesso tempo l’altro sarà visto come capace di prendersi
cura, amorevole ed emotivamente accessibile e disponibile. La relazione è vista come un luogo in cui è
possibile esprimere il proprio disagio e la propria ansia e ricevere conforto.

ATTACCAMENTO INSICURO EVITANTE (Pattern A)


Uno stile di attaccamento insicuro evitante è caratterizzato da un caregiver con un atteggiamento dismissing.
In situazioni di stress, ansia o disagio per il bambino il caregiver ha di fatto agito comportamenti di rifiuto del
contatto in risposta alle sue richieste. Proprio per questo il bambino ha imparato a reprimere e non
comunicare i propri bisogni relazionali poiché le esperienze relazionali gli hanno insegnato ad aspettarsi un
rifiuto. I Modelli Operativi Interni relativi al sé sono legati ad un sentimento di inefficacia comunicativa, il
bambino ha interiorizzato un’immagine di sé come incapace di comunicare efficacemente, non degno
d’attenzione, amore e cura. L’altro viene interiorizzato come ostile e lontano emotivamente, non disponibile
in caso di bisogno. La relazione non è un luogo in cui esprimere i propri bisogni e trovare conforto la
tendenza fondamentale è quella verso l’autonomia.

ATTACCAMENTO INSICURO AMBIVALENTE (Pattern C)


Nello stile di attaccamento insicuro ambivalente il bambino ha sperimentato nel corso del suo primo anno di
vita un caregiver imprevedibile rispetto ai suoi bisogni o comportamenti di attaccamento. Esposto
all’alternarsi di comportamenti molto affettivi, legati per lo più ad un bisogno del caregiver, e a comportamenti
di rifiuto, in risposta alle sue reali richieste il bambino non riesce a prevederne il comportamento. Il bambino
resta quindi incollato al caregiver che assorbe tutta la sua attenzione proprio perché imprevedibile. I MOI del
sé e dell’altro in questo caso sono caratterizzati da duplicità per cui coesiste un’immagine di sé come degno
d’amore e cure e allo stesso tempo indegno sia d’amore che di cure. L’altro viene interiorizzato sia come
amorevole e degno di fiducia sia come distante e inaffidabile. Inoltre i comportamenti del caregiver incuranti
delle reali richieste del bambino tendono a renderlo più un oggetto da gestire e controllare piuttosto che un
soggetto in grado di esprimere bisogni propri. Questo contribuisce a riorganizzare i MOI duplici in una
struttura più generale di immagini di sé e dell’altro come oggetti controllabili e un’immagine angosciante della
relazione come fonte di controllo.

ATTACCAMENTO DISORGANIZZATO – DISORIENTATO (Pattern D)


Nell’attaccamento disorganizzato i MOI che si formano non sono coerenti ed unitari, ma al contrario, poiché il
bambino vive delle esperienze relazionali prive di struttura e a volte paradossali, i MOI che crea sono
molteplici e tra loro contraddittori. Si assiste a quello che viene definito triangolo drammatico per cui sé e
altro assumono alternatamente il ruolo di vittima, persecutore o salvatore. I MOI possono rispecchiare una
rappresentazione interna si sé come degno d’amore e cura, vittima impotente, mostro persecutore o
salvatore onnipotente. Al contempo l’altro può essere degno di fiducia, crudele persecutore o vittima
indifesa. Ovviamente questo tipo di attaccamento è molto complesso e la sua trattazione non può essere
esaurita in questa sede. Rimandiamo i più interessati ai suggerimenti di approfondimento presentati
nell’ultima lezione.

ATTACCAMENTO IN ADOLESCENZA E NELL’ETÀ ADULTA


Da quello che è emerso nella lezione precedente dall’analisi della struttura e della funzione dei Modelli
Operativi Interni, l’attaccamento riveste un ruolo importante per la costruzione dell’identità dell’individuo e per
il suo sviluppo sociale e relazionale. Alcuni aspetti emotivi della personalità risultano infatti essere influenzati
alla presenza di un attaccamento sicuro o insicuro come la capacità di tollerare la frustrazione e di controllo
degli impulsi. Inoltre l’intensità con cui all’interno delle relazioni mostriamo o inibiamo le nostre reazioni
emotive, negative o positive che siano, sembrerebbe essere legato ai nostri modelli operativi interni. Sono
legate ai MOI anche dimensioni cognitive riferite al senso d’efficacia come l’autostima, la capacità di
mantenere l’interesse e di perseverare in un compito. Durante l’adolescenza i MOI influenzano anche
dinamiche relazionali più complesse legate sia alla competenza sociale che alle capacità di adattamento. Ne
vengono influenzate sia le relazioni con i pari che quelle con gli adulti in termini di diponibilità all’obbedienza,
all’empatia, alla cooperazione oppure alla competizione, propensione per il comportamenti antisociali... In
particolare durante questa fase di vita l’attaccamento passa attraverso delle modifiche sostanziali e i ragazzi
e le ragazze sembrano impegnarsi volontariamente in un presa di distanza dalle relazioni con la famiglia e in
particolare con genitori. L’attaccamento si sposta sulle relazioni con i pari sia in termini di amici stretti che di
partner sentimentali. Inizia ad assumere importanza l’aspetto sessuale dell’attaccamento che viene favorito
dalla esperienze intime di emozioni intense e dalle motivazioni stabili. A partire dall’adolescenza
l’attaccamento inizia quindi a manifestarsi in modo diverso ma in modo correlato rispetto agli stili di
attaccamento cha abbiamo visto nella lezione precedente. Negli anni ‘90 Main ha definito un’intervista semi-
strutturata per indagare l’atteggiamento adulto nei confronti dell’attaccamento: Adult Attachment Interview

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(AAI). In questa lezione vediamo di caprie di più sull’attaccamento adulto attraverso l’analisi dei risultati
dell’Adult Attachment Interview (AAI). Quali sono i profili di attaccamento attivi nell’adolescenza e nell’età
adulta?

PROFILO F
Per questo profilo, come per l’attaccamento infantile sicuro a cui è riferibile, i MOI del Sé e dell’altro che
l’individuo ha costruito sono positivi e lo portano ad avere fiducia in sé stesso e nell’altro. Sono di fatto
capaci di comunicare efficacemente i propri bisogni e le proprie emozioni e vedono la relazione come fonte
di supporto e reciprocità. Sono quindi in grado di vivere relazioni di coppia caratterizzate da intimità e rispetto
in cui i conflitti vengono affrontati in modo costruttivo. Anche i livelli di ansia e preoccupazione relativi alla
relazione non sono eccessivi e le dinamiche relazionali sono caratterizzate da una certa coerenza.
Generalmente viene visto come una persona positiva e piacevole.

Profilo D (Dismissing)
Questi profili sono riferibili allo stile di attaccamento evitante in cui i MOI rimandano un’immagine dell’altro
come non accessibile emotivamente e in cui permane un atteggiamento svalutante rispetto ai bisogni
emotivi, affettivi e di cura. Non avendo sperimentato una base sicura non vedono nella relazione il luogo in
cui aprirsi emotivamente e ricevere supporto. In generale tende a non lasciarsi coinvolgere troppo dalle
relazioni che costruisce con gli altri che considera inaffidabile. C’è un esaltazione del valore di autonomia ed
indipendenza che ostacola la costruzione di relazioni intime che vengono abbandonate per noia o senso di
costrizione. Nella gestione dei conflitti prevalgono le strategie di evitamento e possono essere percepiti
come cinici e eccessivamente critici.

Profilo E (Entangled)
Gli individui con un profilo E che richiama l’attaccamento insicuro ambivalente tendono ad avere bassi livelli
di autostima che li porta a dipendere dal giudizio altrui. Sono contraddistinti da un continua ricerca di
approvazione da parte degli altri di cui bramano attenzioni e compagnia. Le relazioni intime sono
caratterizzate da emozioni positive e negative molto intense che si esprimono il più delle volte con
atteggiamenti passionali, sentimenti di gelosia, comportamenti ossessivi e con conflitti in cui si manifestano
emozioni di rabbia profonda. Le continue richieste di attenzione ed intimità tendono ad essere percepite
come eccessive a portano all’allontanamento relazionale dell’altro.

Profilo U (Unresolved)
Questo profilo è legato ad uno stile disorganizzato – disorientato ed è spesso caratterizzato da situazioni
irrisolte e non elaborate come lutti o traumi infantili avvenuti durante l’infanzia. Durante l’intervista dell’AAI
emergono questi vissuti negativi che portano ad una difficoltà persistente per il soggetto nel comunicare le
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sue emozioni e i suoi bisogni relazionali. Le relazioni sono problematiche e caratterizzate da bassa
autostima e diffidenza verso gli altri che vengono visti alternativamente come vittime, persecutori o salvatori
(ricordate il triangolo drammatico?). Le relazioni sono complesse e spesso evitate poiché non riescono a
rispondere alle richieste di supporto e aiuto dell’altro, vengono evitati anche i conflitti. A tratti nella relazione
può dimostrarsi passivo ed insicuro colpevolizzandosi per ogni problema.

RISPONDI SUL FORUM


Giunti in chiusura di questo nucleo teorico sullo sviluppo emotivo e affettivo ti invito a riflettere
sull’importanza dell’attaccamento nello sviluppo socio-emotivo dell’individuo. Prima di confrontarti sul forum
con i tuoi compagni di corso ti invito a leggere il paragrafo 5.3 Sviluppi della teoria dell’attaccamento sul
manuale di Psicologia dello sviluppo – Camaioni & Di Blasio.

SLIDE 15

Lo Sviluppo Sociale

COMPRENSIONE SOCIALE E TEORIA DELLA MENTE


Abbiamo già parlato di come intorno agli anni ’70 del secolo scorso lo studio della psicologia sia andato
incontro ad una svolta contestualista. In particolare lo studio dei processi cognitivi si sposta da un approccio
esclusivamente intra individuale verso una dimensione situata e contestuale della cognizione intesa come
processo condiviso. Cambia l’importanza attribuita all’ambiente che diviene un contesto di sviluppo e come
tale parte integrante dello sviluppo e della costruzione dell’individuo. All’interno di questo cambiamento di
prospettiva nascono importanti studi sulla Teoria della Mente. In questo periodo cresce notevolmente
l’interesse verso una funzione mentale dell’individuo che può essere vista come un ponte tra lo sviluppo
cognitivo e lo sviluppo emotivo: la teoria della mente o competenza sociale. Premack & Woodruff (1978) nel
definire la natura della teoria della mente enfatizzano gli aspetti relativi alla capacità di riconoscere l’altro
come simile a sé e di attribuirgli di conseguenza stati mentali.

STATI MENTALI MOTIVAZIONALI


Come vedremo le prime abilità di teoria della mente o competenza sociale sono legate ad un interpretazione
sulla base del desiderio. Se so che Marco vuole la torta posso prevedere che Marco prenderà una fetta,
ancora se Antonia desidera vedere la zia posso prevedere che andrà a trovarla. Allo stesso modo quando
emerge la capacità di ragionare sulle credenze il bambino potrà comprendere che se Matteo ritiene che il
suo maglione sia sotto il letto si infilerà sotto il letto per recuperarlo, ancora se la Mamma crede che io sia in
giardino verrà a cercarmi in giardino. Ma anche stati mentali legati a conoscenze di diverso genere: se Paolo
sa che Gianni ha perso la gara. La lettura del comportamento degli altri è anche in virtù dei suoi stati emotivi
se so che Gianni è triste perché ha perso la gara orienterò il mio comportamento di conseguenza e molto

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probabilmente non gli chiederò nulla. Allo stesso modo se so che Anna ha paura dei ragni userò questa
informazione per decidere come comportarmi.
Secondo Brune & Brune-Cohrs (2006) si tratterebbe di un’abilità emersa nei primati in seguito all’aumento
dei contatti sociali tra individui della stessa specie. La conquista di una teoria della mente ci permette, infatti,
di dare senso alle nostre interazioni sociali, spiegare e prevedere le azioni dei nostri conspecifici e di
preparare un comportamento adeguato e adattato. Gli individui con buone capacità di teoria della mente
risultano adeguati nelle loro interazioni poiché possono andare oltre al comportamento manifesto
dell’individuo e leggerne gli stati mentali. Anche a livello linguistico ci sono grossi vantaggi legati alla
possibilità di interagire e comunicare in modo efficace senza fermarsi al significato letterale delle parole.

Lo Sviluppo Sociale

APPROCCI TEORICI ALLA TOM


Vediamo ora più nel dettaglio alcuni dei maggiori approcci torici allo studio dello sviluppo della ToM.
Possiamo vedere fin da subito come questi approcci si posizionino lungo un continuo che va da un polo
intraindividuale, che potremmo avvicinare al pensiero di Piaget, ad un polo sociocontestuale, in cui possiamo
individuare le influenze sia del pensiero di Vygotskij sia del pensiero di Bruner.

PERNER, WELLMAN, GOPNIK: THEORY-THEORY


Secondo questi approcci la Teoria della Mente deve essere equiparata ad una teoria scientifica che può
essere falsificata e perfezionata sulla base delle diverse esperienze vissute dall’individuo. I concetti infantili
degli stati mentali sono principi teorici astratti e non osservabili che vengono usati per interpretare i
comportamenti. La teoria può essere falsificata o ampliata dall’esperienza. L’interpretazione che il bambino
fa della mente dell’altro si basa su dei principi di interpretazione astratti che non sono direttamente
osservabili. I comportamenti dell’altro assumono quindi un senso all’interno della cornice teorica costruita
dall’individuo. Esistono diverse interpretazioni relativamente a come si origina la Tom. In particolare Wellman
ritiene che i primi momenti di costruzione della ToM siano da legarsi a reali esperienze interattive del
bambino. Al contrario Perner ritiene che la ToM appaia come abilità a se stante intorno ai 4 anni prima e che
prima di questo momento evolutivo non sia presente nessuna teoria. A 4 anni lo sviluppo di abilità di
metarappresentazioni consentirebbe l’accesso alla logico di base della ToM.

FODOR, LESLIE, BARON-COHEN: APPROCCIO MODULARE


Secondo l’approccio modulare invece si tratterebbe di un’abilità innata che emerge a seguito dei processi di
specifici moduli preprogrammati geneticamente. Il bambino possiede i concetti adulti fin dall’inizio: ciò che
cambia è la loro capacità di utilizzarli.

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HARRIS, JOHNSON: SIMULAZIONE
Secondo questi autori la comprensione degli stati mentali altrui avverrebbe attraverso processi di
simulazione. Il punto di partenza sono gli stati mentali dello stesso bambino che vengono poi generalizzati
attraverso collegamenti che mettono in relazione: situazioni, stati mentali e comportamenti visibili. In
particolare Johnson rifiuta l’idea che vi sia la formazione di concetti astratti utilizzati come guida poiché da
molta importanza all’esperienza che il bambino fa dei propri stati mentali come base per la formazione dei
concetti. In questo approccio assume molta importanza la figura dell’adulto e il tipo di lessico psicologico che
utilizza con il bambino. In particolare Johnson rifiuta l’idea che vi sia la formazione di concetti astratti utilizzati
come guida poiché da molta importanza all’esperienza che il bambino fa dei propri stati mentali come base
per la formazione dei concetti. In questo approccio assume molta importanza la figura dell’adulto e il tipo di
lessico psicologico che utilizza con il bambino.

DUNN, BRUNER, OLSON: APPROCCIO SOCIOCONTESTUALE


Gli autori che si collocano più vicini al polo socio contestuale sono fortemente debitori alla teoria di Vygotskij
e al suo approccio socio costruttivista. In diversi modi Dunn, Bruner e Olson parlano di contesto e società
come basi per l’emergere di una teoria della mente. In primo luogo Dunn concentra la sua attenzione sui
processi di socializzazione all’interno dei diversi gruppi in cui il bambino è inserito. Tra i fattori più importanti
Dunn inserisce: le interazioni precoci con i genitori, le altre interazioni interne al nucleo familiare, ad esempio
con i fratelli o le sorelle e le interazioni con il gruppo dei pari. In modo molto simile con il suo approccio
interazionista, Hobson riconosce l’importanza dei processi di socializzazione all’interno di quei contesti con
forti connotazioni emotivo-affettive. Infine Bruner all’interno del suo approccio narrativo analizza il processo
di acculturazione che vede come la creazione da parte del bambino di script e format sempre più complessi
sulla base dei feedback ambientali che ricevono. Secondo Bruner la teoria della mente si costruisce sul
riconoscimento del fatto che le esperienze degli altri sono simili alla nostre.

LA COMPRENSIONE DEI CONTENUTI MENTALI DELL’ALTRO


Ma come avviene la comprensione della mente dell’altro? La comprensione della mente dell’altro
sembrerebbe essere legata ad una capacità cognitiva di tipo intuitivo che consente proprio di intuire gli stati
mentali dell’altro. In particolare attraverso lo sguardo si riuscirebbe ad entrare in contatto con la mente
dell’altro... Molti autori usano di fatto l’analogia con il vetro. Seguendo questa analogia: nello sguardo
dell’altro possiamo trovare un vetro trasparente, che consente la lettura degli stati mentali interni dell’altro
individuo oppure possiamo trovare un vetro specchiato che rimanda all’individuo la sua stessa immagine
lasciandolo nell’impossibilità di leggere gli stati mentali nascosti dietro quello stesso specchio.

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FUNZIONE SOCIALE
La teoria della mente ha un’importante funzione sociale poiché consente all’individuo di dare un senso ai
comportamenti e alle interazioni sociali. Consente inoltre di formulare ipotesi e fare ipotesi relativamente ad
eventi futuri.

FUNZIONE COMUNICATIVA
Abbiamo già visto come avere una teoria della mente consenta all’individuo di andare oltre al senso letterale
di una frase. Questo permette di comprendere l’ironia e le metafore. In presenza di una teoria della mente
sviluppata la comunicazione risulta efficace e adeguata ai diversi contesti. Si riescono a leggere gli aspetti
pragmatici della comunicazione e a cogliere gli intenti comunicativi degli individui.

FUNZIONE ADATTIVA
La funzione adattiva ha un valore più generale che deriva dal fatto di dare un senso alla realtà, rendere
prevedibili i comportamenti e le reazioni emotive degli altri individui. Questo consente agli individui di gestire
il proprio comportamento senza troppe rigidità ma anzi adattandosi alla situazione di volta in volta con
flessibilità. In assenza di una lettura della mente dell’altro i comportamenti e le parole degli altri non
sembrano avere senso o prevedibilità così l’individuo è costretto a stabilire regole rigide di comportamento
per aumentare la prevedibilità e la stabilità della realtà che lo circonda.

FUNZIONE PROTETTIVA
Un’ultima e importante funzione della teoria della mente è la funzione protettiva che consente all’individuo di
separare i suoi stati mentali da quelli degli altri individui importanti nel suo ambiente. Questa funzione è
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particolarmente importante all’interno di situazioni problematiche dove è indispensabile per uno sviluppo
sano del bambino differenziare il proprio sé da quello del caregiver.

LO SVILUPPO DELLA TEORIA DELLA MENTE (TOM)

I PRECURSORI DELLA TOM


Gli studi hanno evidenziato la presenza di tappe di acquisizione della teoria della mente. Già nei primi
momenti dello sviluppo possiamo ritrovare alcuni precursori importanti per lo sviluppo di una teoria della
mente.
 CAPACITÀ DI ATTENZIONE CONDIVISA
 L’UTILIZZO DEL GIOCO SIMBOLICO
 LA CAPACITÀ DI UTILIZZARE L’ADULTO COME RIFERIMENTO SOCIALE
Sulla base di questi precursori si sviluppano abilità più complesse che all’interno dei contesti di interazione
consentiranno di leggere il comportamento altrui sulla base di aspetti sempre più complessi.

PSICOLOGIA DEL DESIDERIO


A 2 ANNI: In questa fase la comprensione della mente dell’altro si basa sulla psicologia del desiderio
secondo cui i comportamento sono guidati da ciò che un individuo vuole e desidera. A livello linguistico il
bambino è in grado di utilizzare termini che indicano una prima distinzione tra sé e l’altro. È presente anche
un primo lessico legato ad emozioni e desideri.

PSICOLOGIA DEL DESIDERIO/CREDENZA


A 3 ANNI: Compare la capacità di prevedere il comportamento altrui anche sulla base delle credenze
possedute dagli altri ma solamente quando queste coincidono con quelle possedute del bambino. Sono
capaci di risolvere un compito di vera credenza ma non uno di falsa credenza. Comprendono anche i
dialoghi basati sulle credenze.

SLIDE 16

Lo sviluppo sociale

IL COMPITO DI VERA CREDENZA


Negli anni ’90 Wellman costruisce diverse prove per valutare lo sviluppo della ToM nel bambino. La prova
per valutare la psicologia del desideri/credenza (3 anni) viene definita compito di vera credenza perché
l’obiettivo è valutare se il bambino è in grado di utilizzare delle vere credenze basate sul dato di realtà. Per
risolvere il compito il bambino deve prevedere l’azione di un immaginario soggetto X tenendo in
considerazione i suoi desideri e le sue credenze all’interno della situazione che gli viene raccontata.

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Al bambino viene narrata la storia di un Marco che desidera giocare con il proprio gattino. Ma il gatto non si
trova in casa: può essere sia in cucina che in giardino. Si informa il bambino che il Marco crede che il gatto
sia in giardino. Quindi si chiede al bambino: “secondo te Marco dove cercherà il suo gattino?”.
Per superare la prova il bambino deve usare congiuntamente:
 Informazioni sul desiderio di X
 Informazioni sulla credenza di X.

IL COMPITO DI FALSA CREDENZA DI 1° ORDINE

INTORNO AI 4 ANNI
Siamo in un momento più evoluto di comprensione della mente dell’altro che viene ora letta come un sistema
capace di rappresentazioni interne. Secondo Battistelli (1995) l’aspetto che consente questo progresso è la
comparsa di un pensiero ricorsivo di I ordine: io penso che tu pensi X. Il pensiero ricorsivo consente al
bambino di comprendere che l’azione di un’altra persona può essere guidata da una credenza diversa da
quella che lui possiede. Inoltre compare la capacità di comprendere che le credenze dell’altro possono
essere false e discostarsi quindi dal dato di realtà.
Vengono considerati due prerequisiti fondamentali per la risoluzione del compito: Capacità del bambino di
decentrarsi dalla propria conoscenza Capacità di rappresentarsi mentalmente una falsa credenza: una
credenza che non corrisponde al dato di realtà. Il test che valuta tale competenza è il noto come compito di
falsa credenza di I ordine. Per risolverlo correttamente il bambino deve essere capace di attribuire ad un
altro soggetto una falsa credenza rispetto alla realtà e di rappresentarsi il contenuto della mente dell’altro
come diverso dal proprio. I compiti più famosi sono due e sono stati riproposti in più varianti.

SPOSTAMENTO INATTESO: MAXI E LA MAMMA


Al bambino viene raccontata una storia i cui protagonisti sono un bambino, di nome Maxi, e la sua mamma.
Lo sperimentatore mette in scena una precisa sequenza di azioni.
1. Maxi, in presenza della madre, ripone un pezzo di cioccolata in un determinato armadio della cucina e in
seguito si allontana per giocare
2. Durante la sua assenza la mamma, per cucinare, prende il cioccolato dall’armadio dove era stato riposto e
lascia la parte rimanente in un altro armadietto
3. Poi la madre si allontana dalla scena
4. A questo punto Maxi ritorna in cucina
5. Non ha assistito allo spostamento (inatteso) della cioccolata e quindi ignora la nuova collocazione
Dopo aver terminato la storia si chiede al bambino: «Maxi dove cercherà la cioccolata?».
ALTRI COMPITI DI FALSA CREDENZA DI 1° ORDINE
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SPOSTAMENTO INATTESO: ANNE E SALLY
Al bambino viene raccontata una storia molto simile a quella di Maxi e la mamma. In questo caso le
protagoniste sono due bambole Anne e Sally in questo caso ad essere spostata all’insaputa di Sally è una
palla.
1. Sally e Anne sono due bambole, hanno l’una un cestino e l’altra una scatola.
2. Sally ha in mano una palla, la ripone nel suo cestino
3. Sally se ne va via per fare una passeggiata.
4. Anna prende la palla dal cestino e la mette nella sua scatola.
5. Poi Sally torna e vuole giocare con la sua palla.
Sally dove andrà a cercare la sua palla?

LA SCATOLA INGANNEVOLE
Perner, Leekman, Wimmer (1987) si sono chiesti se i fallimenti sistematici dei bambini nel compito di falsa
credenza non fossero dovuti a una più generale difficoltà di tenere in considerazione l’aspettativa implicita
del protagonista dei compiti. Ovvero, l’aspettativa che un oggetto rimanga laddove è stato collocato in
origine. Per indagare questa possibilità decidono di progettare un compito in cui questa aspettativa veniva
chiaramente esplicitata all’interno della narrazione. Nonostante questo accorgimento hanno però verificato
che i bambini di 3 anni continuano a fallire il compito.
1. Il bambino, insieme a un amico, viene condotto in una stanza con la promessa che il ricercatore mostrerà
loro il contenuto di una scatola
2. All’amico, però, viene anche detto di aspettare il suo turno fuori dalla porta
3. All’interno della stanza viene mostrata al bambino una scatola di Smarties
4. Si chiede al bambino che cosa pensa che ci sia nella scatola
5. Il bambino risponde Smarties
6. A questo punto gli si mostra che in realtà si sbaglia e che la scatola contiene una matita
7. Entra il suo amico a cui verrà mostrata la scatola. il bambino deve dire cosa si aspetta che l’amico pensi ci
sia nella scatola.
Secondo te cosa penserà (nome dell’amico) che ci sia qui dentro?

IL COMPITO DI FALSA CREDENZA DI 2° ORDINE

INTORNO AI 6/7 ANNI Intorno ai 7 anni le crescenti abilità cognitive ed emotive relazionali del bambino gli
consentono di complessificare anche la sua lettura della mente dell’altro. Il bambino può accedere ora ad un
pensiero ricorsivo di tipo triadico: Io penso che tu pensi che X pensi Y. Questa nuova conquista gli consente
d risolvere compiti di teoria della mente più complessi. Per valutare la capacità del bambino di comprendere
un la falsa credenza di II ordine Perner, Wimmer (1985) hanno ideato il compito di John e Mary.
IL COMPITO DI JOHN E MARY
1. Al bambino si racconta la storia di John e Mary che giocano insieme nel parco
2. Lì vedono un carretto dei gelati
3. Mentre Mary va a casa a prendere il denaro per comprare il gelato John vede il carretto spostarsi verso la
chiesa
4. Anche Mary, però, viene a conoscenza, all’insaputa di John che il gelataio si è spostato.
A questo punto si chiede al bambino: Dove John pensa che Mary sia andata a comprare il gelato?

INTORNO AI 6/7 ANNI


Per rispondere in modo corretto il bambino deve tenere in considerazione che John non sa che Mary è a
conoscenza del fatto che il carrettino si è spostato. La variabile fondamentale che entra in gioco nella
risoluzione di questo compito è data dal fatto che il bambino abbia o meno a disposizione un pensiero
ricorsivo di tipo triadico. La prova viene superata intorno ai 6-7 anni.

SLIDE 17

Lo Sviluppo Sociale

LO STRANO CASO DEL CANE UCCISO A MEZZANOTTE


Nelle scorse lezioni abbiamo analizzato le prime tappe di acquisizione della teoria della mente questa attività
continua a crescere e la sua utilità ci accompagna nei compiti di ogni giorno. In questa lezione voglio farti
riflettere sulle sue implicazioni quotidiane. Ti propongo di seguito alcune parti di un libro di qualche anno fa.
Mark Haddon, Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte, Einaudi, 2003, pp. 30-31. La mia mente
funziona come la pellicola di un film. Ecco perché sono bravissimo a ricordare le cose, come le

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conversazioni che ho trascritto nel libro, cosa indossano le persone o il loro profumo, perché la mia testa
possiede una sorta di memoria olfattiva che funziona come una colonna sonora. Quando mi si chiede di
ricordare qualcosa io non faccio altro che premere il tasto Riavvolgere e Andare avanti veloce e Pausa come
un videoregistratore, o meglio un DVD perché non ho bisogno di riavvolgere tutto il nastro per trovare il
ricordo di qualcosa avvenuto tanto tempo prima. E inoltre non ci sono pulsanti, perché è tutto nella mia testa.
Se qualcuno mi dice: «Christopher, raccontami com'era tua madre» io sono in grado di Riavvolgere
un'enorme quantità di scene differenti e raccontare esattamente com'era in ognuna di esse. Per esempio
potrei tornare indietro al 4 luglio 1992 quando avevo 9 anni. Era sabato, eravamo partiti per la Cornovaglia e
quel pomeriggio stavamo sdraiati sulla spiaggia, in un posto chiamato Polperro. Mia madre indossava un
paio di pantaloncini corti di jeans e il pezzo di sopra di un bikini azzurro e fumava sigarette Consulate che
odoravano di menta. Non nuotava. Stava prendendo il sole stesa su un asciugamano a strisce rosse e viola
e leggeva un libro di Georgette Heyer intitolato The Masqueraders. Dopo essersi abbronzata un po', si tuffò
in acqua e: «Cazzo se è fredda!» esclamò. Mi disse di entrare in acqua, ma a me non piace nuotare perché
non mi piace togliermi i vestiti. Allora lei mi suggerì di arrotolarmi i pantaloni e fare qualche passo, e io
obbedii. Rimasi li in piedi dentro l'acqua, immobile. Mia madre disse: «Guarda. Si sta bene». Fece un tuffo
all'indietro e sparì e io in quel momento pensai che uno squalo l'avesse divorata e cominciai a gridare. Allora
lei riemerse dall'acqua e mi si avvicinò tenendo la mano destra sollevata e le dita aperte a ventaglio. «Avanti,
Christopher, toccami la mano. Avanti. Smettila di urlare. Toccami la mano. Ascoltami, Christopher. Puoi
farcela». E dopo un po' smisi di urlare e tesi la mano sinistra aperta a ventaglio e le nostre dita e i nostri
pollici si sfiorarono. Mia madre disse: «È tutto a posto, Christopher. Va tutto bene. Non ci sono squali in
Cornovaglia» e allora mi sentii meglio.”

LA GENTE MI CONFONDE
Un giorno tornai a casa da scuola e non trovai nessuno […] Un’ora e mezzo dopo arrivò mio padre. Andai da
lui e lo trovai seduto in cucina, lo sguardo fisso sulla finestra che dava sul retro. «Penso che non vedrai più
tua madre per un po’» disse. Pronunciò queste parole senza guardarmi. Continuava a tenere gli occhi fissi
sulla finestra. Di solito le persone mi guardano quando parlano con me. So che stiamo tentando di intuire
quello che mi passa per la testa, ma sono io invece che non riesco a capire cosa stanno pensando. E’ come
stare in una stanza con un vetro specchiato, uguale a quelli che si vedono nei film di spionaggio. Invece mi
piaceva, il fatto che mio padre mi parlasse senza guardarmi. La gente mi confonde. Per due ragioni,
fondamentalmente. La prima è che la gente parla molto senza usare le parole. Siobhan dice che se si
solleva un sopracciglio, questo gesto può significare molte cose differenti. Può voler dire: «Voglio fare sesso
con te», ma può anche essere inteso come: «Hai appena detto una cosa veramente stupida».Siobhan dice
anche che se chiudi la bocca e respiri forte col naso significa che sei rilassato, oppure che ti stai annoiando,
o che sei arrabbiato, e che tutto dipende da quanta aria esce dalle narici e quanto respiri velocemente e
quale forma assume la bocca quando lo fai e in che modo stai seduto e che cosa hai appena finito di dire e
centinaia di altri piccoli indizi troppo complicati per poter essere elaborati in pochi secondi. La seconda
ragione è che la gente spesso parla usando delle metafore. Ecco alcuni esempi di metafore Ho riso a
crepapelle. Avevano uno scheletro nell'armadio. Toccare il cielo con un dito. Avere un diavolo per capello Gli
è andata la luna di traverso. Il mio non sarà un libro divertente. Non sono capace di raccontare le barzellette
o fare giochi di parole perché non li capisco. Eccone uno, per esempio. Uno di quelli che racconta mio padre.
Aveva la faccia un po' tirata, ma solo perché aveva chiuso le tende. So perché dovrebbe far ridere. Gliel'ho
chiesto. È perché il verbo tirare in questa frase ha due significati diversi: 1) essere tesi, esausti, 2) tirare le
tende, e il significato 1 si riferisce solo all'espressione del viso, il 2 soltanto alle tende. Se cerco di ri-
raccontarmi questo gioco di parole mentalmente, cercando di pensare ai due diversi significati del verbo, per
me è come ascoltare due differenti brani musicali allo stesso tempo; mi sento a disagio e fuori posto come
quando mi arriva quel rumore indistinto di cui parlavo prima. È come se due persone diverse mi parlassero
tutte insieme contemporaneamente di due argomenti diversi. Ed ecco perché in questo libro non ci saranno
giochi di parole.

RISPONDI SUL FORUM


Rifletti su quanto letto nell’attività precedente relativamente al libro di Mark Haddon, Lo strano caso del cane
ucciso a mezzanotte, Einaudi, 2003.
Cosa rende strano il comportamento di Christopher? Come può essere letto il suo comportamento in termini
di teoria della mente?
Pensa alle diverse funzioni della teoria della mente e prova a valutarne l’effetto attraverso quanto raccontato
da Christopher.

Guarda i filmati ai link che seguono. Fanno riferimento ad una serie televisiva comica nordamericana molto
nota: The Big Bang Theory. Nonostante si tratti di un programma caratterizzato da leggerezza alcuni
comportamenti del protagonista Sheldon Cooper potrebbero risultarti familiari.

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Link 1: Sheldon e il sarcasmo https://www.youtube.com/watch?v=zuXYYqyMqS0
Link 2: Sheldon e la bevanda calda https://www.youtube.com/watch?v=9lzSjnlI9VE
Fermati a riflettere su quello che hai appena visto. Nelle lezioni precedenti abbiamo palato di teoria delle
mente anche come competenza sociale.
Quali particolarità ritrovi nel comportamento di Sheldon? Anche in questo caso ripensa alle funzioni della
teoria della mente e prova ad analizzare la situazione.

SLIDE 18

Lo Sviluppo Motorio e Percettivo

LO SVILUPPO PRENATALE

FASE GERMINALE
La prima fase dello sviluppo prenatale comincia con la fecondazione e termina con l’impianto nell’utero.
Durante questa fase l’ovulo fecondato ancora monocellulare scenderà lungo le tube di Falloppio
moltiplicandosi fino a arrivare a circa un centinaio di cellule. Perché la gravidanza possa proseguire
l’impianto deve avvenire entro 10 giorni dalla fecondazione (circa 40% delle volte). Al termine della fase
germinale la massa cellulare appare divisa in due parti una parte esterna ed una più interna.

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FASE EMBRIONALE
Intorno alla terza settimana compare una prima differenziazione degli strati cellulari dei foglietti embrionali
che darà origine alle diverse strutture, apparati e tessuti dell’organismo.

Si tratta di un periodo di rapida crescita e alla fine di questa fase l’embrione misurerà 2,5 cm e tutti i suoi
organi saranno già formati: il cuore pulsa e i sistemi metabolici e sensoriali stanno iniziando a funzionare.

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FASE FETALE
Tra l’ottava e la nona settimana l’embrione diviene feto cominciando la sua crescita e il perfezionamento
degli organi e delle strutture precedentemente formate.

FASE EMBRIONALE
Alla fine del terzo mese di vita intrauterina il feto è in grado di muovere gran parte del suo corpo. I muscoli si
sono sviluppati e le cartilagini iniziali hanno lasciato il posto alle ossa. Intorno ai 4 mesi pesa ≅100g ed è
lungo ≅10 cm mentre ai 6 mesi sarà ≅1000g. Lo sviluppo del cervello prosegue durante la fase fetale e
intorno alle 24 settimane le onde cerebrali di un feto sono simili a quelle di un neonato. Si sviluppano, infatti,
le cellule neuronali adibite al controllo del pensiero cosciente e può quindi comparire una forma di memoria
primitiva. Le ricerche sui bambini nati pretermine hanno evidenziato come tra la 26a e la 27a settimana il
bambino abbia una buona probabilità di sopravvivere anche in caso di parto anticipato. Al 7 mese il sistema
nervoso centrale e respiratorio risultano essere sufficientemente sviluppati per consentire la vita extrauterina.

NASCITA E ACCRESCIMENTO
Durante la fase embrionale il feto compie numerosi movimenti che per la maggior parte non sono in risposta
a stimoli extrauterini ma di natura spontanea. Questi movimenti adempiono a numerose funzioni tra cui le più
importanti:
1. regolare lo sviluppo muscolo-scheletrico
2. prepararsi ad affrontare il parto (stiramenti e movimenti del capo)
3. allenarsi per la vita post-natale (deglutizione, respirazione etc.).

I MOVIMENTI PRENATALI

8-9 SETTIMANA - VISIBILI CON L’ECOGRAFIA


• stiramenti
• movimenti di braccia, gambe e dita
• movimenti del capo
• movimenti respiratori, singhiozzi, sbadigli, suzione

4 MESI - PERCEPIBILI DALLA MADRE


• La mancanza di spazio intrauterino rende i movimenti del feto sempre ventano sempre più difficili

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NASCITA E ACCRESCIMENTO
Anche se alla nascita molti sistemi, comportamenti e movimenti sono a disposizione del neonato per
affrontare la vita extrauterina sono comunque numerosi gli adattamenti ambientali necessari. A seguito della
nascita viene tagliato il cordone ombelicale tra madre e neonato e di conseguenza il bambino deve
impegnarsi attivamente nella respirazione polmonare, nella nutrizione attraverso la suzione e nella
termoregolazione della propria temperatura in funzione di quella dell’ambiente esterno.
Ma come appare un neonato? Come funziona il primo accrescimento somatico?

Durante il primo anno di vita si assiste ad un notevole accrescimento corporeo. I valori di peso e altezza
cambiano molto velocemente fino a quando il bambino raggiunge i 12 mesi. Nei periodi successivi anche se
la velocità di accrescimento corporeo si riduce notevolmente compaiono notevoli cambiamenti somatici che
trasformano l’aspetto esteriore del bambino. Sono le proporzioni corporee a modificarsi soprattutto a seguito
dell’aumento della circonferenza toracica rispetto alla circonferenza cranica. Queste modificazioni cambiano
completamente l’aspetto esteriore del bambino.

ACCRESCIMENTO SOMATICO
Nella fascia d’età che copre il periodo prescolare dai 2-6 anni mediamente i maschi crescono più delle
femmine sia in altezza che in peso. Le bambine mantengono però una maggiore flessibilità.

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Dopo i 10 gli accrescimenti corporei divengono più graduali sia per i maschi che per le femmine. In questa
fase si consolidando le differenze individuali legate al percentile di riferimento per lo sviluppo del bambino.
Le differenze tra gli individui che rientrano nei percentili più bassi e quelli che rientrano nei percentili più alti
risultano molto evidenti. Nuovi cambiamenti corporei saranno determinati dall’ingresso nella fase puberale e
il raggiungimento della maturità sessuale.
TRA GLI 11 E I 13 ANNI ≅ 150 CM
TRA GLI 11 E I 13 ANNI ≅ 40 KG.

UN NEONATO COMPETENTE
Abbiamo brevemente visto come procede l’accrescimento corporeo del bambino dalla nascita fino alla
pubertà, ma quali abilità possiede un neonato? Al momento della nascita il neonato possiede un’intera
gamma di comportamenti come il ritmo respiratorio e i riflessi che gli consentono di soddisfare i bisogni
fondamentali. Sono presenti due categorie di riflessi: riflessi di sopravvivenza e riflessi neonatali.

In entrambi i casi si tratta di risposte automatiche e non apprese del neonato di fronte a uno stimolo o a una
classe di stimoli esterni. Nel caso dei riflessi di sopravvivenza si tratta di reazioni innate che mantengono la
loro utilità per l’intero ciclo di vita dell’individuo.

60
I riflessi neonatali molto probabilmente rappresentano il retaggio evolutivo di comportamenti che hanno
avuto un valore adattivo per gli antenati della nostra specie. Al momento della nascita i riflessi sono
controllati da aree sottocorticali del cervello e sono destinati a scomparire generalmente entro il compimento
del primo anno d’età quando evolvono e vengono sostituiti da altri comportamenti volontari.

Nonostante come abbiamo visto questi riflessi siano destinati a sparire prima del compimento del primo anno
d’età, sono considerati degli importanti indici dello sviluppo neurologico del bambino e vengono valutati con
attenzione durante le visite neuropsichiatriche. Ad esempio la Neonatal Intensive Care Unit Network
Neurobehavioral Scale (NNNS), messa a punto da Barry M. Lester e Edward Tronick nel 2004, è uno dei più
completi strumenti di valutazione neurocomportamentale per il neonato a termine, pre-termine e a rischio e si
basa in larga misura sulla valutazione dei riflessi dei neonati. Un ulteriore importante competenza neonatale
è legata alla è alle numerose capacità che il neonato manifesta nel suo primo mese di vita di utilizzare i suoi
sensi per estrapolare informazioni dall’ambiente che lo circonda.

61
La possibilità di percepire il mondo esterno attraverso i sensi dipende dallo stato di coscienza in cui si trova il
neonato. Prechtl (1977)8 ritiene che il neonato nel corso di una giornata passi ciclicamente attraverso 5
diversi stati di coscienza della durata di circa 2 ore. Il momento ideale per l’interazione con il neonato
sarebbe quello della veglia tranquilla.

Esiste una variabilità elevata tra neonato e neonato nella gestione degli stati di coscienza. Per quanto
riguarda lo stato di sonno, si calcola che il numero di ore dormite in una giornata possa variare dalle 11 alle
21 ore. Il passare dei tempo porta alla costruzione di cicli sonno-veglia regolari e adattati alla situazione
familiare in cui risulta immerso.

RISPONDI SUL FORUM


Osserva il filmato proposto al seguente link: https://youtu.be/0V4x0iQODTk
Vengono presentati i riflessi neonatali che caratterizzano il comportamento del bambino fin dalla nascita. Il
filmato ha un commento audio in lingua inglese, ti chiedo di non concentrarti sull’audio ma di cercare di
individuare i riflessi che vengono presentati. Quali riflessi riesci ad identificare?

SLIDE 19

Lo Sviluppo Motorio e Percettivo

LINEE E TENDENZE DI SVILUPPO MOTORIO


Cominciamo ora ad affrontare lo sviluppo motorio del bambino durante i suoi primi anni di vita. Lo sviluppo
motorio prosegue secondo due assi uno cefalo-caudale e uno prossimodistale. Questa progressione motoria
è alla base delle tappe di acquisizione di capacità motori, In primo luogo i bambini iniziano a padroneggiare i
movimenti del capo, poi del tronco, delle braccia e delle mani e infine degli arti inferiori con una direzione che
procede dall’alto verso il basso. La linea di sviluppo prossimo-distale determina una propedeuticità
nell’acquisizione del controllo delle parti più centrali degli arti superiori – spalla – e degli arti inferiori – anca
rispetto alle articolazioni più periferiche. Come ad esempio gomito e polso per gli arti superiori e ginocchio e
caviglia per gli arti inferiori. In linea generale si può inoltre dire che lo sviluppo motorio procede verso una
crescente complessità: le abilità di movimenti si muovono verso un crescente grado di controllo che
consente il passaggio da una manipolazione grossolana ad una manipolazione fine.

8
Cit. in Camaioni, Di Blasio, 2002
62
Lo sviluppo motorio presenta notevole variabilità individuale in particolare nei momenti iniziali di acquisizione
di nuove abilità. In generale abbiamo due tendenze di sviluppo di uguale importanza che sottostanno alla
sviluppo motorio che possono prevalere l’una sull’altra a seconda del momento evolutivo o anche degli
obiettivi del bambino.

ACQUISIZIONE DI MAGGIORE MOBILITÀ


Il bambino cerca di avere uno spazio d’azione sempre più vasto per poter raggiungere oggetti fuori dalla sua
portata o poter semplicemente esplorare l’ambiente circostante. Allo stesso tempo, la seconda tendenza di
sviluppo è tesa a svincolare le mani dalla funzione di appoggio e utilizzarle per afferrare, manipolare ed
esplorare gli oggetti.

LO SVILUPPO PSICOMOTORIO
Lo sviluppo psicomotorio del bambino dipende in larga misura, ma non esclusivamente, da quelli che sono i
fenomeni di maturazione de sistema nervoso. Generalmente si parla di tappe di sviluppo universali, dove, in
presenza di una già grande variabilità individuale, agiscono anche fattori esterni. In un’ottica sistemica il
bambino viene paragonato ad un sistema costituito da un insieme di parti interconnesse. La maturazione del
sistema nervoso è solo una parte del sistema ed è importante che vi sia un’interazione tra le varie parti e
l’interazione tra il sistema e l’ambiente. Ogni comportamento è l’esito dell’interazione tra le parti e il
cambiamento che avviene indica il raggiungimento di un nuovo livello di adattamento del sistema (non
perché il precedente fosse un livello “negativo”, ma perché non andava più bene al sistema, ad esempio il
peso del corpo aumenta e la forza nei muscoli delle gambe non è sufficiente per continuare ad avere il
riflesso di marcia automatica; solamente con lo sviluppo questa capacità può ricomparire e qui il sistema-
bambino raggiunge un nuovo adattamento). Lo sviluppo motorio segue tempi (quando giunge a…) e
modalità (come giunge a…) diverse in ciascun bambino. Esso dipende da numerosi fattori in interazione tra
loro, tra cui: maturazione neurologica, modifiche di ossa e muscoli, fattori ambientali (esperienze,
motivazione, sollecitazioni). Secondo Battistella & Toldo (2007) 9 la valutazione dello sviluppo motorio nella
prima infanzia non può prendere in considerazione solo globalmente i movimenti corporei ma deve essere
analitico nell’analizzare diverse funzioni. Questi autori ne identificano 4 principali.

9
Battistella & Toldo, 2007, in S. Bonichini, G. Axia “L’assessment psicologico nella prima infanzia”, Carocci,
Roma),
63
SVILUPPO POSTURALE E LA DEAMBULAZIONE
All’interno dello sviluppo motorio troviamo lo sviluppo posturale che si occupa di acquisizione molti importanti
per lo sviluppo tra cui la deambulazione. Inizialmente il neonato possiede un tono dell’asse del corpo molto
debole che non gli consente neppure di mantenere la posizione seduta senza supporto. Vediamo le prime
tappe dello sviluppo posturale.

64
SVILUPPO POSTURALE E LA DEAMBULAZIONE
Il bambino che ha imparato a spostarsi nello spazio aumenta il suo raggio d’azione e può decidere se
avvicinarsi o allontanarsi da persone e oggetti con importanti ripercussioni come vedremo nei prossimi nuclei
teorici sullo sviluppo cognitivo e sullo sviluppo emotivo-relazionale. Da questo momento iniziale il bambino
arriverà, seguendo tappe definite, a mantenere una posizione eretta e a conquistare la deambulazione. Si
tratta di conquiste che hanno un’influenza su tutte le aree di sviluppo del bambino perché, consentendogli di
liberare le mani dalla funzione di appoggio, gli permettono un’esplorazione migliore e più ricca dell’ambiente
che lo circonda. Numerose acquisizioni raggiunte dal bambino e con il tempo e l’esperienza impara a
correre, saltare, mantenere l’equilibrio su due piedi e su un piede, salire le scale, etc. Nella fase prescolare
compaiono la maggior parte delle abilità motorie quelle che richiedono particolari abilità di coordinazione e
attenzione vengono poi padroneggiate durante la fase scolare.

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LO SVILUPPO DELLA PRENSIONE
All’interno dello sviluppo della motricità acquisisce notevole importanza lo sviluppo delle abilità di prensione
che permettono al bambino di interagire con gli oggetti. La prensione volontaria si sviluppa a partire dal
riflesso di afferramento. Con la scomparsa del riflesso intorno ai 3-4 mesi iniziano a comparire dei tentativi di
prensione volontaria. Il gesto dell’afferrare non è più dipendente dalla pressione esercitata sul palmo della
mano del bambino ma è un gesto volontario spinto dalla volontà di afferrare un determinato oggetto. Per
poter essere definito un gesto di prensione volontaria il bambino deve compiere in sequenza delle azioni che
testimoniano il suo interessamento verso l’oggetto.

Il bambino afferra gli oggetti con il palmo della mano cercando di creare una prensione utilizzando la parte al
di sotto dell’indice. Questo modo di afferrare viene detta prensione cubito-palmare.

66
Intorno ai 7 mesi i bambini modificano i loro tentativi di prensione e il gesto dell’afferrare interessa il pollice e
l’indice e il medio usati insieme. Si tratta della prensione digito-palmare.

Raggiunti i 9 mesi generalmente i bambini raggiungono l’ultimo livello di sviluppo della prensione iniziando
ad afferrare opponendo indice e pollice. Si tratta della prensione radio digitale che consente una
manipolazione fine degli oggetti. Lo sviluppo della prensione si completerà intorno a 18 mesi quando il
bambino arriverà a poter padroneggiare i movimenti dell’intera catena di articolazioni dell’arto superiore:
spalla-gomito-polso.

SLIDE 20

Lo Sviluppo Motorio e Percettivo

NEL PRIMO ANNO: SVILUPPO PSICOMOTORIO


Riprendiamo ora quanto detto relativamente sostenuto da Battistella & Toldo (2007)* per la valutazione dello
sviluppo motorio nella prima infanzia e andiamo a definire un sintetico schema di sviluppo delle diverse
funzioni.

67
68
DOPO IL PRIMO ANNO: LO SVILUPPO PSICOMOTORIO
Nella lezione precedente abbiamo visto come lo sviluppo psicomotorio proceda di pari passo nel primo anno
di vita. Nei mesi successivi, come abbiamo visto, acquisisce nuove importanti abilità come la prensione
volontaria con maggiore coordinazione oculo-manuale e di manipolazione fine (Battistella, Toldo, 2007).

69
70
RISPONDI SUL FORUM
I filmati di questa esercitazione fanno riferimento all’acquisizione del gattonamento.
Primo link: https://youtu.be/zkcN7DMUiMc
Secondo Link: https://youtu.be/f3xWaOkXCSQ

71
Vedrai che i due filmati fanno riferimento alla tappe di sviluppo del gattonamento di due bambini. Quali sono
le principali differenze che riesci ad individuare tra i due stili di acquisizione e nelle tappe di acquisizione?
filmati indicati mostrano le differenze tra il riflesso di prensione e la prensione volontaria.
Primo link: https://youtu.be/TidY4XPnFUM
Secondo Link: https://youtu.be/3NgIIoufv6k
Nel primo video puoi vedere il riflesso di prensione palmare che come abbiamo visto è un riflesso neonatale,
nel secondo video trovi un esempio di prensione volontaria intenzionalmente diretta dal bambino verso il
gioco sospeso sopra di lui.
Questo video mostra nuove acquisizioni del bambino e una prensione volontaria più consolidata e fine.
Terzo link: https://youtu.be/fAUqvmLV2yo

SLIDE 21

Lo Sviluppo Motorio e Percettivo

PERCEZIONE E SENSAZIONE

Il mondo che noi percepiamo la realtà non è una copia esatta del mondo reale, ma è il risultato di mediazioni
e attività svolte dall’organismo. Infatti la percezione consiste in processi di analisi, selezione e
organizzazione dei dati dell’ambiente circostante in un’unità coerente. La percezione è un processo di
elaborazione attivo e dinamico degli stimoli che provengono dagli organi di senso. Quando degli stimoli
provenienti dal mondo esterno raggiungono gli organi di senso si ha una sensazione. Queste informazioni
dell’ambiente vengono recepite dai recettori sensoriali e trasmesse al cervello. Si tratta di un effetto
soggettivo e immediato provocato dagli stimoli sui vari apparati dell’organismo (uditivo, visivo, etc.). Anche lo
studio della percezione umana non è stato immune dalle teorie empiriste che hanno concepito il neonato
come una tabula rasa su cui si imprimono i dati dell’esperienza e dell’apprendimento. Solo a seguito di tali
esperienze ripetute il bambino svilupperebbe una percezione vera e propria. I processi percettivi si
affinerebbero quindi gradualmente per arrivare ad organizzare in modo significativo i dati forniti dalle
sensazioni. Alcuni studiosi hanno sottolineato il carattere confuso delle prime percezioni infantili
paragonando i vari stimoli sensoriali che arrivano al neonato a un indistinto ronzio che assume significato
solo con l’esperienza (James, 1980). Un approccio più recente ritiene che la struttura percettiva della realtà
del bambino contenga già degli elementi organizzati a cui l’essere umano è predisposto e che può cogliere
in modo immediato grazie alla sua dotazione innata. A differenza di quanto sostengono gli empiristi i bambini
nascerebbero con facoltà percettive e predisposizioni innate.

COSA VUOL DIRE PERCEPIRE


Abbiamo visto in cosa la percezione si discosta dalla sensazione e come queste due abilità siano comunque
strettamente connesse. I processi percettivi sono dei fenomeni che permettono all’individuo di intrattenere

72
delle complesse relazioni con l’ambiente circostante attraverso l’interazione con gli stimoli esterni. Nel
processo percettivo sono rintracciabili quattro fasi distinte e successive.

Gli individui vivono immersi in un ambiente costantemente attraversato da stimoli fisici che vengono registrati
dagli organi di senso dando origine alle sensazioni. Ognuno di questi organi di senso risulta funzionalmente
sensibile a delle specifiche forme di energia fisica, come le onde sonore o le radiazioni luminose o ancora
stimoli meccanici, e solo entro una gamma definita. Queste sensazioni attivano diversi apparati recettivi
dell’organismo, ma solo una parte di questi può essere recepita, riconosciuta e rientrare nella soglia della
coscienza. La percezione è un’attività psichica complessa che dipende dagli organi di senso i cui recettori
vengono volontariamente o casualmente attivati da stimoli. Per quanto i bambini abbiano delle
predisposizioni percettive innate (come vedremo nelle prossime lezioni) il fenomeno della percezione viene
integrata, ma anche corrotta, da altre funzioni psicologiche come l’attenzione, le aspettative, le emozioni ma
anche la memoria e l’apprendimento. In generale si può dire che la percezione sia un’organizzazione
fenomenica di informazioni sensoriali riferibili a specifiche situazioni di stimolazione ben definite nel tempo e
nello spazio. Proviamo a vedere un esempio di come il nostro cervello organizza e interpreta gli stimoli
ambientali cercando di creare una dimensione di senso.

73
ASSUNTO DELL’UNICA FONTE LUMINOSA
Perché le sfere appaiono concave o convesse? Il nostro apparato visivo parte dal presupposto che
l’immagine che sta osservando debba essere interpretata ipotizzando la presenza di un’unica sorgente
luminosa e che l’illuminazione provenga dall’alto. Le ombreggiature vengono quindi lette in questo senso
come
Perché questa interpretazione? Questa lettura della realtà deriva dal fatto che il nostro sistema planetario ha
un’unica stella, il sole, un’unica fonte di illuminazione e la luce solare proviene dall’altro. Quindi il modo più
naturale e spontaneo di leggere le ombreggiature è quello di percepirle come provenienti da un’unica fonte
posta in alto. Se però la figura viene ruotata di 90° i cerchi ombreggiati divengono uno stimolo ambiguo e si
perde la percezione di sfere concave o convesse. Tolto il pregiudizio dato dalla fonte luminosa posta in alto,
la nostra percezione non predilige l’ipotesi di una fonte proveniente da destra o da sinistra, così possiamo
percepirle in modo differente.

RISPONDI SUL FORUM


Nelle prossime slide troverai dei link a dei video sugli inganni della percezione. In ogni filmato il tentativo del
nostro cervello di creare un senso e applicare regole percettive a ciò che vede lo porterà a lasciarsi
ingannare.
A questo link vedrai delle illusioni percettive tridimensionali costruite appositamente per ingannare la
percezione. https://youtu.be/50W8OApy2PA
A questo secondo link troverai altre illusioni percettive di diverso tipo che giocano su altre regole percettive
rispetto a quelle del filmato precedente. https://youtu.be/-IWk5NkxQF8
A questo link trovi il ballo della danzatrice, the spinning lady, fissa la sagoma. Gira su se stessa in senso
orario o antiorario? https://youtu.be/rb1CZfUumDI

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A questo link trovi il ballo della danzatrice, the spinning lady, fissa la sagoma. Gira su se stessa in senso
orario o antiorario? https://youtu.be/rb1CZfUumDI
Se sei curioso a questo link viene spiegato il fenomeno: https://youtu.be/b51Nc0NykqM
Gli inganni percettivi possono essere molto potenti e mettono in evidenza la differenza sostanziale che esiste
tra sensazione e percezione.

SLIDE 22

LE VIE DI INDAGINE
Se avete già sostenuto degli esami di psicologia generale saprete molto bene che la percezione umana è
stato e rimane uno degli ambiti della psicologia più studiati. Ad esempio già nel 1914 Wertheimer pubblicò un
importante lavoro sul movimento stroboscopico segnando l’inizio della psicologia della Gestalt. Sono invece
degli anni 20 del ‘900 i primi studi di Goblin sull’organizzazione figura/sfondo.
Al contrario gli studi che si sono concentrati sugli aspetti evolutivi e quindi più sullo sviluppo delle abilità
percettive del bambino sono molto più recenti. Questo perché indagare le abilità percettive nei bambini,
soprattutto in quelli molto piccoli, è sicuramente molto complesso.

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I bambini hanno infatti un repertorio comportamentale molto limitato e lo studio dello sviluppo percettivo in
età precoce si può basare solo sull’analisi delle risposte che spontaneamente il bambino da agli stimoli che
gli vengono presentati. Inoltre, l’assenza di linguaggio, ma anche capacità linguistiche ancora immature, non
permette a uno sperimentatore di utilizzare compiti in cui debba esserci una chiara comprensione delle
consegne. Se parliamo di studi sui neonati alle difficoltà precedenti si aggiungono ulteriori problematicità. In
primo luogo essi hanno delle capacità di attenzione molto limitate e sono molto sensibili alle situazioni di
disconfort che scatenano facilmente il pianto del bambino. Infine, i momenti di veglia sono pochi e possono
essere interrotti repentinamente da momenti di sonno profondo. Da dove derivano quindi tutti i risultati che
abbiamo al momento sullo sviluppo percettivo del bambino? Come sono riusciti gli sperimentatori a
raccogliere così tante informazioni in bambini così piccoli? In modo molto generale si può rispondere che gli
sperimentatori hanno indagato la percezione infantile presentando degli stimoli di diversa natura percettiva ai
bambini per osservare le loro reazioni. Inizialmente si trattava di registrare delle risposte esclusivamente
comportamentale più recentemente si sono sviluppate anche delle tecniche in grado di valutare degli
indicatori fisiologici. Gli indicatori comportamentali sono stati ricavati dal limitato repertorio di comportamento
del bambino e generalmente si tratta di osservare:

76
Gli studi che hanno utilizzato queste vie di indagine hanno notevolmente contribuito a far emergere un’idea
di bambino attivo e dotato di competenze precoci. Tutti questi dati hanno portato ad accantonare
definitivamente l’immagine del neonato come una “tabula rasa” o una “tavoletta di cera” tipica del
comportamentismo. Inoltre i risultati delle ricerche che hanno evidenziato come i bambini discriminino tra
stimoli diversi sia di tipo visivo, che olfattivo (ma anche gustativo, uditivo e tattile), siano predisposti a
preferire voce, volto e latte materno e ancora siano in grado di imitare già molto presto dopo la nascita
hanno fatto da base agli studi in ambito affettivo che si sono occupate di interazione precoce. Nelle prossime
attività analizzeremo alcuni paradigmi di indagine della percezione infantile che utilizzano sia dati
comportamentali sia dati fisiologici.

PARADIGMA DELLA PREFERENZA


Tra i paradigmi sperimentali classici più utilizzati per valutare la percezione attraverso gli indizi
comportamentali c’è il paradigma della preferenza. Tale metodo è stato ideato da uno studioso di psicologia
dello sviluppo Robert Lowell Fantz (1925–1981) che progetto una camera di osservazione che permetteva
allo sperimentatore di osservare la direzione dello sguardo del bambino.

Il bambino veniva posizionato supino all’interno della camera di osservazione e poteva vedere delle figure
che venivano proiettate sopra di lui. A sua volta, attraverso un foro posto nella parte superiore della camera
di osservazione, lo sperimentatore poteva vedere l’immagine riflessa nell’occhio del bambino per
comprendere la direzione del suo sguardo. Il paradigma della preferenza si basa sull’assunto che, a parità di
condizioni di presentazione di due stimoli diversi, se il neonato orienta maggiormente lo sguardo o il capo
verso uno dei due stimoli e lo fissa per un tempo maggiore, rispetto a quanto accade con l’altro stimolo, si
può ipotizzare che il piccolo abbia discriminato i due stimoli e, spontaneamente, ne abbia preferito uno.

77
Questo paradigma può essere utilizzato sia per gli stimoli visivi sia per gli stimoli uditivi. Nel caso si voglia
valutare la percezione visiva si presentano al bambino due figure simultaneamente, una figura a destra e
una a sinistra. Per gli stimoli uditivi invece si sceglie di presentarli in successione alternata, fino a che si
“abitua”, quindi si osserva su quale stimolo mantiene più alta la risposta. Nonostante il largo impiego che
viene fatto di questa procedura essa ha un grande limite pratico. Basandosi infatti sulle preferenze
spontanee espresse dal bambino, nel momento in cui un bambino non dovesse manifestare alcuna
preferenza non siamo in grado di inferire nulla sulle sue capacità discriminatorie. Questo tipo di paradigma
produce risultati interpretabili solo se il bambino manifesta una preferenza. Sono comunque numerose le
ricerche che hanno utilizzato questo paradigma ritrovando delle sistematicità nelle preferenze nel bambino
nei primi 3 mesi di vita.

78
PARADIGMA DELL’ABITUAZIONE

Questo paradigma sperimentale si basa sull’osservazione che la presentazione di uno stimolo percettivo
(acustico, visivo, olfattivo, gustativo, tattile) non familiare tende a produrre una risposta psicofisiologica e/o
comportamentale nel neonato, ma che, con la presentazione ripetuta dello stesso stimolo, l’iniziale risposta
diminuisce progressivamente, testimoniando un processo di abituazione allo stimolo (Rovee-Collier, 2004).
Le interpretazioni più recenti sostengono che durante il paradigma dell’abituazione il bambino si costruisce
79
una rappresentazione mentale dello stimolo che gli viene somministrato ripetutamente. Ad ogni
riproposizione dello stimolo di fatto per il bambino si verifica un aumento della coincidenza tra
rappresentazione mentale e stimolo esterno, portandolo gradualmente a ridurre le sue risposte. In linea con
le ipotesi sottostanti l’utilizzo del paradigma dell’abituazione le ricerche che lo utilizzano devono prevedere
due momenti sperimentali fondamentali che stanno alla base del paradigma:

 La fase di abituazione
 La fase di test

I. FASE DELL’ABITUAZIONE: Durante la fase di abituazione al neonato viene presentato uno


stimolo percettivo (acustico, visivo, olfattivo…) che non gli è familiare. Ci si aspetta che alla
presentazione di tale stimolo che non conosce il bambino reagisca con delle risposte
comportamentali e/o psicofisiologica che dimostrino l’avvenuta percezione di uno stimolo nuovo.

Allo stesso modo ci si aspetta che, a seguito di presentazioni ripetute dello stesso stimolo, le
risposte del bambino diminuiscano significativamente – meno sguardi, frequenza di suzione
ridotta, etc. Quando ciò avviene si considera terminata la fase di abituazione e si passa alla fase
successiva.

II. FASE TEST: A questo punto al bambino viene presentato un nuovo stimolo che differisce dal
precedente per alcune caratteristiche e si osservano le sue reazioni. Se la risposta aumenta, si
può ipotizzare che il neonato abbia discriminato i due stimoli. A questo punto lo sperimentatore
può registrare due diversi andamenti.

80
Se il bambino percepisce il nuovo stimolo come diverso dal precedente ricomincerà a dare
risposte comportamentali o neurofisiologiche di interesse. In questo caso si parla di
disabituazione. Se al contrario non si dovesse registrare alcuna variazione positiva di
incremento nelle risposte del bambino egli dimostra di non aver discriminato tra i due stimoli.
L’utilizzo del paradigma dell’abituazione obbliga lo sperimentatore che vuole utilizzarlo ad avere
anche un gruppo di controllo oltre al gruppo sperimentale. Infatti per poter raggiungere delle
conclusioni significative sulle capacità percettive dei bambini, oltre al gruppo a cui nella fase di
test viene presentata un nuovo stimolo, deve essere presente un altro gruppo a cui viene
presentato lo stesso stimolo dell’abituazione. Solo nel caso in cui le risposte comportamentali
e/o neurofisiologiche dei bambini appartenenti al gruppo sperimentale (nuovo stimolo) siano le
uniche a subire un incremento si può concludere che vi è stata una discriminazione dello
stimolo. In caso contrario (uguaglianza tra gruppo sperimentale e gruppo di controllo lo
sperimentatore non può raggiungere nessuna conclusione).

PARADIGMA DEL CONDIZIONAMENTO

Il paradigma del condizionamento è molto simile per procedura al paradigma dell’abituazione. In questo caso
però non si aspetta che il bambino si abitui spontaneamente allo stimolo riducendo le sue risposte
comportamentali e/o neurofisiologiche ma si interviene direttamente condizionando il bambino a rispondere
in un determinato modo a uno stimolo.

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Successivamente al bambino viene proposto un nuovo stimolo che possiede delle caratteristiche differenti
dal primo in modo più o meno marcato. Esattamente come per il paradigma dell’abituazione si osservano le
reazioni del bambino. Se la risposta del bambino prevede l’utilizzo della medesima risposta
comportamentale significa che non discrimina tra i due stimoli.

Al contrario se non vi è la comparsa della risposta a cui il bambino è stato condizionato vuol dire che il
bambino ha discriminato i due stimoli e non ritiene di dover rispondere nel modo che conosce. Anche in
questo caso è indispensabile la presenza di un gruppo di controllo. Successivamente al bambino viene
proposto un nuovo stimolo che possiede delle caratteristiche differenti dal primo in modo più o meno
marcato. Esattamente come per il paradigma dell’abituazione si osservano le reazioni del bambino. Se la
risposta del bambino prevede l’utilizzo della medesima risposta comportamentale significa che non
discrimina tra i due stimoli.

SLIDE 23

Lo Sviluppo Motorio e Percettivo

IL SINCRETISMO PERCETTIVO

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CHE COS’È IL SINCRETISMO INFANTILE?
Durante il periodo di vita che va da 0 a 6 anni la percezione del bambino come abbiamo visto è
caratterizzata dal sincretismo percettivo, ovvero da una propensione generale a cogliere la dimensione
globale (sintetica) rispetto a quella particolare (analitica).
Il sincretismo comporta anche la difficoltà a passare dal tutto alle parti e viceversa, mentre noi adulti
percepiamo sia i singoli elementi che l’insieme contemporaneamente, i bambini piccoli fanno più fatica.
Questo si può notare, ad esempio, quando i bambini sfogliano quei libri in cui è richiesto di ritrovare una
forma dentro un’immagine più grande (compito di individuare le figure o i disegni mascherati). Tra i primi
studi che si sono occupati di sincretismo percettivo ritroviamo quelli di Heiss e Sander (1948) che hanno
dimostrato come con il progredire dell’età si affinino le capacità analitiche e le abilità di cogliere i particolari.

Tuttavia, studi successivi hanno dimostrato che anche le caratteristiche degli stimoli hanno una notevole
importanza. Infatti, se le singole parti sono costituite da oggetti vistosi e conosciuti, mentre la figura globale è
sconosciuta, i bambini si rivolgono ai particolari più che all’insieme. Queste difficoltà a ritrovare un modello di
una figura in un’immagine più grande permangono fino a circa 5-6 anni e si accompagna ad una difficoltà ad
organizzare gli stimoli in modo flessibile. Passati i 6 anni queste difficoltà vengono gradualmente superate,
grazie allo sinergia degli sviluppi neurofisiologici, cognitivi e all’esperienza. Tra i 6 e i 9 anni assistiamo a un
continuo e progressivo miglioramento delle abilità percettive: i bambini procedono ad esplorazioni esaustive
degli stimoli e la prospettiva diviene reversibile. Inoltre la percezione è guidata ed organizzata da
un’articolazione gerarchica del campo fenomenico. Durante questo periodo parliamo di percezione analitica.
Dopo i 9 anni, oltre ai notevoli progressi nel mantenimento della costanza di forma e dimensione, i ragazzi
arrivano a padroneggiare una percezione sintetica. Quando si parla di percezione sintetica parliamo di una
percezione globale ma differenziata.

L’IMPORTANZA DELL’ATTENZIONE
I bambini già dalle prime settimane di vita sono attratti da oggetti in movimento e si girano spontaneamente
verso i volti delle persone, verso oggetti colorati o suoni interessanti. Questi comportamenti sono riferibili alle
precoci capacità di attenzione selettiva. In questi casi l’attenzione è rivolta ai contorni, i bambini preferiscono
le curve e gli stimoli complessi e non uniformi. Ad ogni modo l’attenzione durante i primi mesi di vita è
piuttosto instabile e il bambino riesce a mantenerla solo per un periodo limitato di tempo. Inoltre il suo
impiego è poco sviluppato e poco flessibile. Questa caratteristica viene spesso esemplificata con il
fenomeno dell’attenzione obbligatoria. Ad ogni modo l’attenzione durante i primi mesi di vita è piuttosto
instabile e il bambino riesce a mantenerla solo per un periodo limitato di tempo. Inoltre il suo impiego è poco
sviluppato e poco flessibile. Questa caratteristica viene spesso esemplificata con il fenomeno dell’attenzione
obbligatoria. Il fenomeno dell’attenzione obbligatoria si riferisce a un particolare comportamento a volte
osservabile nei bambini: durante alcune situazioni essi possono sembrare così attratti o interessati da uno
stimolo da non riuscire a distogliere lo sguardo. L’adulto è portato ad interpretare questo comportamento
infantile come volontario. In realtà sembrerebbe che in queste circostanze il bambino non sia proprio in
grado di interrompere l’osservazione in modo volontario. Questo lo porta ad un lungo periodo di fissazione
che si conclude con chiari segni di stress. Il bambino si ritrova infatti a vivere un disagio che lo porta a
reagire con il pianto ed è proprio il pianto ad interrompere la situazione di attenzione obbligatoria. Lo
sviluppo dell’attenzione è di fondamentale importanza perché interagisce con lo sviluppo di altre aree. In
particolare il raggiungimento di una parziale padroneggiamento dell’attenzione prolungata è di fondamentale
importanza non solo per lo sviluppo percettivo ma anche per quello cognitivo. Infatti ogni capacità di
apprendere passa per la capacità di mantenere l’attenzione per un tempo sufficiente. A 3 mesi l’attenzione
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viene tenuta per 5-10 secondi, ma a 18 mesi il bambino si concentra su un oggetto per conoscerlo. Già a 4
mesi sono state rilevate differenze nel modo di mostrare attenzione agli stimoli:
 bambini short-lookers: guardano prima gli aspetti generali e poi i particolari;
 bambini long-lookers: guardano in maniera più analitica gli oggetti, impiegando più tempo (fissazione
più lunga).
Quando prestano attenzione i bambini appaiono tranquilli e interessati. Con lo sviluppo l’attenzione si rivolge
verso fenomeni sempre più complessi e diventa più lunga, ma quando lo sforzo mentale diventa eccessivo
per il loro grado di sviluppo, l’attenzione viene distolta. Questo fenomeno lo ritroviamo anche nei bambini più
grandi e nei ragazzi a scuola, quando ascoltano qualcosa che non comprendono tendono a distrarsi. È, ad
esempio, tipico dei bambini con lievi deficit cognitivi e con difficoltà di apprendimento. La capacità di
mantenere l’attenzione dipende da vari fattori, non solo percettivi (struttura dello stimolo, familiarità con lo
stimolo, sviluppo abilità visive): capacità cognitive, capacità di controllare l’impulsività (regolazione) e di
inibire la distraibilità verso altri elementi interessanti.

FASI DELLO SVILUPPO ATTENTIVO (SHERIDAN, 2008):


I. Primo anno - elevato livello di distraibilità
II. Secondo anno - concentrazione intensa su un’attività, opponendosi alle interferenze
III. Terzo anno - attenzione unidirezionale: per far cambiare attività al bambino è necessario
ottenere la sua piena attenzione
IV. Quinto anno - forma matura di attenzione integrata: svolge un’attività mentre ascolta l’adulto
parlare (ad es. le istruzioni fornite dalla maestra)
V. Età scolare - l’attenzione diventa flessibile e prolungata
VI. Quarto anno - prima forma di attenzione integrata: guarda verso chi gli parla, interrompendo
l’attività. A questa età sanno inibire l’impulso a lasciarsi distrarre da aspetti interessanti, ma non
pertinenti al compito che sta facendo e di gestire le propri emozioni per rimanere concentrati.

LE ABILITÀ VISUO-SPAZIALI: LE COORDINAZIONI


Come abbiamo appena visto le abilità visuo-spaziali fanno riferimento a rappresentazioni interne dello
spazio. Tali abilità sono parte integrante di altri aspetti legati alla percezione che sono le coordinazioni.
Possiamo avere due tipi di coordinazione:
 LE COORDINAZIONI OCULO-MOTORIE – COM
 LE COORDINAZIONI OCULO-MANUALI – COMA
Le COM o coordinazioni oculo-motorie si riferiscono alle attività motorie di spostamento o di posizionamento
(posture) che richiedono al corpo un continuo accomodamento allo spazio esterno, grazie a un costante
controllo intenzionale da parte della vista. Condotte inerenti alle COM sono per esempio: passare sotto un
tavolo, spostarsi tra due pareti senza toccarne i bordi, saltare dentro e fuori da un cerchio in movimento
senza inciampare, superare con un salto una corda che si alza e si abbassa regolarmente e così via.
L’integrazione migliora verso i 2-4 anni quando il bambino riesce a valutare i suoi spostamenti rispetto allo
spazio, ma soprattutto ad anticipare i movimenti in vista di ostacoli. Il bambino arriva a controllare lo spazio
per fasi, partendo prima da quello frontale e laterale, poi da quello verticale e in ultimo quello che sta nelle
zone posteriori rispetto a lui. Le COMA o coordinazioni oculo-manuali riguardano, invece, l’insieme dei
movimenti degli arti superiori integrati ad un controllo visivo continuo sullo spazio statico e dinamico.
Rientrano nelle COMA azioni come lanciare, afferrare, battere, palleggiare, mirare che coinvolgono
praticamente tutti i sensi. Nelle COMA, dunque, non sono implicate solo la mano e l’occhio, ma l’intero
corpo.

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LA PERCEZIONE VISIVA E LA MOTRICITÀ INFANTILE
Dopo aver visto lo sviluppo delle abilità visive in questo paragrafo ci occuperemo dell’interazione tra capacità
visive e capacità motorie che vengono utilizzate insieme per raggiungere, afferrare e manipolare gli oggetti.
Perché questo avvenga il bambino deve aver acquisito il senso dell’oggetto, ovvero deve aver compreso che
le parti visibili degli oggetti sono collegate tra loro a formare un’unità. Il bambino dovrebbe aver raggiunto
questa consapevolezza intorno ai 3 mesi. Inizialmente quando un oggetto scompare dalla vista, il bambino
perde rapidamente interesse.

85
Quando raggiungono i 6 mesi molti bambini divengono capaci di giocare con oggetti parzialmente nascosti.
Verso i 9 mesi si sviluppa la cosiddetta permanenza dell’oggetto (l’oggetto esiste anche se nascosto), per cui
i bambini possono recuperare oggetti completamente coperti. Entro i 12 mesi colgono anche il movimento
nascosto degli oggetti, ad esempio riescono a prevedere dove uscirà una palla che rotola sotto un tavolo.

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SLIDE 24

Lo Sviluppo Motorio e Percettivo

LE PERCEZIONI INTERMODALI
Le percezioni con i diversi sensi non sono separate, comunemente utilizziamo più sensi insieme. Ad
esempio, vista e udito sono normalmente utilizzati quando si parla o quando sentiamo l’ambulanza sulla
strada e con gli occhi ne cerchiamo la direzione. Non teniamo separate la rappresentazione delle labbra che
si muovono e della voce che esce, tanto che ci dà molto fastidio quando un film è doppiato male e la voce
non esce in corrispondenza al movimento della bocca (anche se lo sfasamento è minimo). Allo stesso modo
non teniamo separati il suono dell’ambulanza dall’ambulanza che vediamo passare sulla strada. Si parla di
coordinazioni intermodali riferendoci proprio alla capacità di mettere insieme le informazioni provenienti da
più canali percettivi, creando un’unica rappresentazione mentale implicita. Piaget (1937) riteneva che la
capacità di integrare le varie informazioni avvenisse con l’esperienza, a partire dai 4-5 mesi. Prima di questa
età le percezioni erano immaginate come separate. Attualmente si ritiene, invece, che la coordinazione
intermodale sia presente fin dalla nascita (Gibson, 1969), permettendo una visione unificata del mondo.

MA COM’È POSSIBILE LA COMUNICAZIONE TRA UN SENSO E UNO ALTRO?


Meltzoff e Moore (1977) ipotizzano una capacità detta di mappatura intermodale attiva, ovvero una capacità
di rappresentarsi in maniera “astratta” ciò che proviene dai sensi. Ad esempio, la percezione di uno stimolo
uditivo (la voce) viene immagazzinata in una forma amodale (e non come stimolo uditivo), in questo modo
può essere utilizzata dagli altri sensi.

LA MAPPATURA INTERMODALE È USATA ANCHE NELLA PERCEZIONE DEL LINGUAGGIO


Un esperimento con bambini di 3-4 mesi ha evidenziato come essi sono attenti sia al suono che al
movimento della bocca, dal momento che imitavano le vocali solo se l’informazione uditiva (es. “a”) e quella
visiva (aprire la bocca per pronunciare “a”) dell’adulto corrispondevano. Ciò non avveniva se l’adulto apriva

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la bocca ma non pronunciava al vocale o se apriva la bocca e pronunciava un’altra vocale. (M. Legerstee,
2005, “La comprensione sociale precoce”, Raffaello Cortina, 2007, p. 35).

LA PERCEZIONE DELLA PROFONDITÀ


Un paradigma sperimentale classico nella psicologia dello sviluppo è quello del visual cliff o precipizio visivo.
Venne ideato da Gibson e Walk nel 1960 per studiare la percezione della profondità, è stato anche usato per
valutare la presenza di una capacità sociale precoce importante: il riferimento sociale.

PROCEDURA
Il bambino viene messo su un tavolo di vetro, per metà coperto da un telo, mentre l’altra metà rimane
scoperta. Sotto la parte scoperta del tavolo, a circa 1 m di distanza, viene posto lo stesso telo, in modo da
creare la sensazione di un baratro. Il bambino si trova sulla parte di tavolo coperta dal telo, mentre la madre
si pone dalla parte opposta, al termine della lastra di vetro e lo chiama. Il piccolo, avanzando a gattoni, va
sicuro fino al punto in cui inizia il baratro, quindi si ferma mostrando indecisione e timore.

INTERPRETAZIONE
Se il bambino piccolo (6-14 mesi) ha percepito ha percepito la profondità si ferma al contrario se non da
importanza al precipizio continuerà a gattonare. Con i bambini più piccoli, che non riescono a spostarsi
autonomamente, è possibile registrare la frequenza del battito cardiaco, i movimenti degli occhi e altri
segnali emessi quando il bambino viene posto a pancia in giù o avvicinato al precipizio visivo.

Come si comportano i bambini più piccoli?


A 1 mese non ci sono alterazioni
Dai 2 mesi si rilevano degli indizi che indicano che il bambino ha aumentato la sua attenzione: non si tratta di
reazioni di paura, come invece si riscontrano nei bambini che gattonano.
Si ipotizza una relazione tra: acquisizione dell’autonomia nel movimento, percezione sempre più precisa
degli indizi di profondità e comparsa di un’emozione appropriata, la paura (Campos, Brethental, 1989).

COSA ACCADE QUANDO IL BAMBINO SI FERMA DI FRONTE AL PRECIPIZIO VISIVO?


Si è osservato che il bambino non si ferma semplicemente, ma verso la fine del primo anno di vita guarda la
mamma e l’espressione del suo volto, ne decodifica l’emozione e sulla base di questa decide se proseguire
a gattonare oppure no (Sorce et al., 1985). Si tratta del riferimento sociale – social referencing – una
capacità considerata basilare nello sviluppo cognitivo, emotivo e sociale che approfondiremo più avanti
parlando di sviluppo emotivo.

LE ABILITÀ VISUO-SPAZIALI: LE COORDINAZIONI


Come abbiamo appena visto le abilità visuo-spaziali fanno riferimento a rappresentazioni interne dello
spazio. Tali abilità sono parte integrante di altri aspetti legati alla percezione che sono le coordinazioni.
Possiamo avere due tipi di coordinazione:
 LE COORDINAZIONI OCULO-MOTORIE – COM
 LE COORDINAZIONI OCULO-MANUALI – COMA
Le COM o coordinazioni oculo-motorie si riferiscono alle attività motorie di spostamento o di posizionamento
(posture) che richiedono al corpo un continuo accomodamento allo spazio esterno, grazie a un costante
controllo intenzionale da parte della vista. Condotte inerenti alle COM sono per esempio: passare sotto un
tavolo, spostarsi tra due pareti senza toccarne i bordi, saltare dentro e fuori da un cerchio in movimento
senza inciampare, superare con un salto una corda che si alza e si abbassa regolarmente e così via.
L’integrazione migliora verso i 2-4 anni quando il bambino riesce a valutare i suoi spostamenti rispetto allo
spazio, ma soprattutto ad anticipare i movimenti in vista di ostacoli. Il bambino arriva a controllare lo spazio
per fasi, partendo prima da quello frontale e laterale, poi da quello verticale e in ultimo quello che sta nelle
zone posteriori rispetto a lui. Le COMA o coordinazioni oculo-manuali riguardano, invece, l’insieme dei
movimenti degli arti superiori integrati ad un controllo visivo continuo sullo spazio statico e dinamico.
Rientrano nelle COMA azioni come lanciare, afferrare, battere, palleggiare, mirare che coinvolgono
praticamente tutti i sensi. Nelle COMA, dunque, non sono implicate solo la mano e l’occhio, ma l’intero
corpo.

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RISPONDI SUL FORUM
Chiudiamo questo nucleo teorico riflettendo sulle metodologie usate per indagare la percezione nei più
piccoli. Individua quale paradigma sperimentale è stato usato (preferenza e/o abituazione) a partire dalle
conclusioni a cui si è giunti (le frasi sono tratte dal manuale che devi studiare per l’esame), provando a
ipotizzare in che modo l’esperimento può essere stato strutturato (cioè quali stimoli sono stati presentati ed
eventualmente quali stimoli sono stati presentati al gruppo di controllo). Confrontati con i tuoi compagni di
corso sul forum. Le vostre risposte coincidono? È stato ipotizzato l’utilizzo di paradigmi differenti?

PARADIGMA 1
“La costanza della forma appare precocemente, come dimostra la capacità del neonato di identificare come
forme identiche due sagome presentate da angolature diverse” (p. 78).

PARADIGMA 2
“Sono dunque in grado di discriminare tra categorie fonetiche diverse, ad esempio le occlusive sonore (b, d,
g) da quelle sorde (p, t, k), dimostrando di percepire la lingua parlata in base alle stesse informazioni usate
dagli adulti “ (p. 65).

PARADIGMA 3
“Analoga preferenza non emerge, invece, in relazione alla voce paterna che non viene riconosciuta dopo la
nascita e non viene preferita a quella di un altro adulto di sesso maschile” (p. 64).

PARADIGMA 4
“Un altro aspetto che sollecita l’interesse del piccolo e contribuisce a permettergli di discriminare i volti è il
movimento. A 2 settimane i neonati sono attratti da volti in movimento e a 5 settimane, tra due immagini
dello stesso volto, le cui pupille si muovono a diverse velocità, preferiscono quella in cui il movimento è più
rapido” (p. 72).

PARADIGMA 5
“Una particolare responsività è stata rilevata nei confronti dei segnali olfattivi provenienti dal latte della
madre” (p. 62).

SLIDE 25

Lo Sviluppo del Linguaggio e della Comunicazione

COS’È IL LINGUAGGIO?
La capacità umana di utilizzare un codice per esprimere, comunicare e rappresentare la realtà interna ed
esterna. Il linguaggio è un sistema arbitrario di simboli (Brown, 1965). Le parole, infatti, rappresentano (sono
simboli) delle cose. Durante lo sviluppo il bambino apprende ad associare simboli e cose. Per linguaggio,
quindi, non si intendono solo le singole parole, ma anche le regole usate per pronunciarle, per combinarle tra
loro e per dargli significato.

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Tra le varie funzioni le linguaggio, risultano particolarmente importanti quelle riferite alla comunicazione, al
pensiero e all’autoregolazione (Schaffer, 2004).

LE CARATTERISTICHE DEL LINGUAGGIO

COMUNICAZIONE
Il linguaggio viene utilizzato per parlare con gli altri. Ciò implica abilità anche sociali, dal momento che
calibriamo ciò che diciamo anche sulla base della prospettiva altrui.

PENSIERO
I legami tra pensiero e linguaggio li tratteremo quando parleremo di sviluppo cognitivo a proposito di Piaget,
Vygotskij e Bruner. Oggi si ritiene che ci sia una stretta interconnessione tra pensiero e linguaggio.

AUTOREGOLAZIONE
Il linguaggio influenza non solo il pensiero ma anche l’azione. Si pensi alle istruzioni che diamo ai bambini o
a quelle che i bambini si danno da soli, si tratta di un controllo verbale del comportamento.

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COME SI SVILUPPA IL LINGUAGGIO?

La caratteristica della generatività fa riferimento alla possibilità di realizzare un numero infinito di enunciati
attraverso l’impiego di un numero limitato di elementi e di regole di combinazione. La generatività (detta
anche capacità di codifica) è innata, ma l’acquisizione del codice si sviluppa in tempi e in modi diversi e nelle
diverse componenti del sistema linguistico.

Solo all’età di 3-4 anni i bambini arrivano però a padroneggiare le strutture basilari della propria lingua nelle
diverse aree in cui si articola il linguaggio. A quest’età sul piano fonetico, lo sviluppo della capacità di
produzione dei suoni è completata e consente di realizzare stringhe più complesse dal punto di vista della
programmazione fono articolatoria. La capacità generativa è presente fin dalla nascita anche se si esprime in
modo diverso nelle diverse fasi dello sviluppo e nelle diverse aree del sistema linguistico. Il linguaggio
verbale non si insegna, ma si acquisisce, si apprende o emerge.
Esistono alcune condizioni indispensabili perché possa emergere e svilupparsi un linguaggio verbale:
 CONTESTO COMUNICATIVO
 ESPOSIZIONE AD UNA LINGUA
 INTEGRITÀ DEI SISTEMI DI INPUT E DI OUTPUT
Le capacità percettive precoci del bambino, che abbiamo esaminato nel nucleo tematico precedente, sono il
punto di partenza per ogni forma di acquisizione linguistica. Il processo di acquisizione del linguaggio

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comincia infatti con la sua percezione, ovvero quando inizia l’esposizione alla lingua parlata nella comunità
linguistica in cui il bambino si troverà a crescere.

ABILITÀ COMUNICATIVE PRECOCI


Come abbiamo già detto parlando di sviluppo percettivo i paradigmi sperimentali della preferenza, dell’high
amplitude sucking o dell’abituazione hanno messo in evidenza la presenza di capacità percettive già durante
le prime ore di vita. In particolare non mancano le capacità precoci legate a caratteristiche linguistiche.

Queste abilità precoci sono l’esito dell’esperienze percettive prenatali che il bambino ha vissuto soprattutto
durante l’ultimo trimestre di vita intrauterina, quando l’organo dell’orecchio è già formato. Il feto è quindi in
grado di percepire le basse frequenze che veicolano le informazioni intonazionali e prosodiche, ma anche
melodie e ritmi. Tali esperienze permettono al bambino di sviluppare già prima della nascita una certa
sensibilità ai suoni del linguaggio (voce, luogo e modo di articolazione, ordine sequenziale). Tale sensibilità
rimane in modo generale per lingue diverse fino ai 6 mesi, in seguito si riduce gradualmente fino ad arrivare
ad includere solo la propria lingua madre per cui si sono ricevuti dei rinforzi. Tale sensibilità linguistica
rappresenta il punto di partenza per lo sviluppo del linguaggio che come vedremo è un processo complesso
e molto lungo.

RISPONDI SUL FORUM


Guarda il filmato al seguente link https://www.youtube.com/watch?v=SNuZ4OE6vCk. Si tratta di Koko il
gorilla recentemente scomparso il 22/06/2018 in grado di comunicare con la lingua dei segni. Rifletti sulle
abilità di Koko in riferimento a quanto hai studiato in questa prima lezione.
Si può realmente parlare di linguaggio?
Quali caratteristiche della comunicazione di Koko te lo fanno pensare?

SLIDE 26

Lo Sviluppo del Linguaggio e della Comunicazione

LO STUDIO DEL LINGUAGGIO


La padronanza del linguaggio può essere considerata una prerogativa della specie umana. Infatti, malgrado
gli animali possano apprendere l’uso di forme comunicative, anche umane, essi non le acquisiscono
spontaneamente ma l’acquisizione e la produzione è fortemente legata ai rinforzi che ricevono. Inoltre gli
animai anche quando utilizzano delle forme di comunicazione non rispettano quelli che sono considerati i
requisiti fondamentali del linguaggio. Ma quali sono i requisiti fondamentali del linguaggio? Quali sono le
caratteristiche indispensabili per cui un sistema di comunicazione possa essere considerato anche un
“linguaggio”?

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Molti autori si sono cimentati con lo studio delle diverse abilità linguistiche. A livello storico è importante
ripercorrere le posizioni toriche di Skinner (1957), Chomsky (1965) e Bruner (1983) che all’interno di diversi
approcci hanno dato il loro contributo alla comprensione dello sviluppo del linguaggio. Il lavoro di Skinner si
inserisce all’interno della tradizione comportamentista secondo la quale, in linea con i suoi presupposti di
base, lo sviluppo del linguaggio sarebbe da attribuire a fattori esterni quali l’esperienza e l’apprendimento.
Secondo Skinner, così come ogni altro comportamento, il comportamento verbale si consoliderà solo se
rinforzato nelle sue manifestazioni mentre regredisce se mancano rinforzi positivi e negativi.

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Skinner nega quindi che dei fattori interni all’individuo possano giocare un ruolo fondamentale
nell’acquisizione del linguaggio. Si tratta di un approccio che attribuisce un ruolo passivo al bambino durante
il suo sviluppo linguistico. Sono numerose le critiche che hanno evidenziato i limiti di questo approccio in
primo luogo si accusa Skinner di aver ignorato la precoce natura creativa del linguaggio e la sua forza
generatrice. Uno degli studiosi più noti del secolo scorso ancora in vita ha fortemente criticato un altro
aspetto della teoria di Skinner. Secondo Chomsky, infatti, nell’acquisizione del linguaggio sono fondamentali
i fattori interni poiché gli stimoli esterni forniti dell’adulto sarebbero spesso incompleti, inappropriati e
comunque non sufficienti per funzionare da modello per lo sviluppo del linguaggio che da subito mostra la
possibilità del bambino di generare nuovi messaggi mai ascoltati prima.

CHOMSKY E IL LAD
Come abbiamo già avuto modo di vedere la formulazione della teoria dello sviluppo del linguaggio di Avram
Noam Chomsky (1928-vivente) rappresenta un momento fondamentale per il modo della linguistica. Nucleo
teorico portante della teoria di Chomsky è l’idea che alla base dell’intero sviluppo linguistico si debba porre
una funzione specifica: la sintassi. Il bambino acquisirebbe il suo linguaggio nella costante ricerca delle
regole sintattiche della sua lingua che regolano rapporti e relazioni tra le parole consentendo anche la
creazione di nuove messaggi originali

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Ma quali sarebbero le caratteristiche specifiche del LAD – Language Acquisition Device?
Secondo la linguistica generativa il LAD è preposto a consentire la comprensione e produzione di frasi,
indipendentemente, come abbiamo visto, dalla specificità delle varie lingue. Un’altra caratteristica del LAD è
quella di essere indipendente dai meccanismi di apprendimento che siano intesi come l’imitazione oppure
l’associazione. Secondo questi studiosi esisterebbero numerose evidenze in favore della linguistica
generativa e dell’esistenza del LAD – Language Acquisition Device a cui si affiancano però alcune criticità.

LANGUAGE ACQUISITION DEVICE


Ripassiamo brevemente:
Che cosa intende Chomsky per LAD (Language Acquisition Device)?
L’esistenza del LAD – Language Acquisition Device – venne ipotizzata proprio da Avram Noam Chomsky
(1928-vivente) negli anni ‘60. Secondo questo autore il LAD si struttura secondo una matrice biologica la
grammatica universale (GU) che è solo parzialmente definita e può definirsi in modalità differenti. Si tratta di
un “sistema di principi, condizioni e regole che sono elementi o proprietà di tutte le lingue” 10. Proviamo a
ripassarne i funzionamento.

Ma come funzionano LAD - Language Acquisition Device – e GU – Grammatica Universale?


Pesate alla GU – Grammatica Universale – come ad una serie di interruttori che possono avere due
posizioni ON (acceso) e OFF (spento). Per ogni regola grammaticale gli interruttori si posizionano su
ON/OFF a seconda delle caratteristiche della lingua. Proviamo a vedere come funziona, prendendo ad
esempio una delle regole. Utilizzeremo la regola definita PRO (pronome): la presenza o meno del soggetto
espresso in una frase. Questa regola, come tutte le regole che compongono la GU può avere due posizioni.
ON/OFF.

POSIZIONE ON (ACCESO +) – la regola è attivata quindi la lingua consente frasi in cui il soggetto non è
esplicitato come ad esempio la lingua italiana: ES. Andremo al mare domenica.

POSIZIONE OFF (SPENTO -) – la regola non è attivata quindi la lingua non consente frasi in cui il soggetto
non è esplicitato come ad esempio la lingua inglese.
Delle ricerche interne a questo approccio hanno portato ad ipotizzare che inizialmente tutti gli “interruttori”
siano posizionati su ON e che solo con l’esperienza i bambini arrivino a capire quali debbano essere
assestati sul valore OFF.

10
1Chomsky, 1980, in Camaioni e Di Blasio (2007) pag. 129
95
RISPONDI SUL FORUM
Quali sono le due correnti di pensiero che fanno da fondamento al pensiero di questi autori?
Quale idea di sviluppo e di bambino sottendono?

SLIDE 27

COME SI ORIGINA IL LINGUAGGIO?

Ma come si origina il linguaggio? Si tratta quindi solo di una predisposizione innata?


Gli studi più recenti relativi al linguaggio chiamano in causa diversi fattori a partire da quelli neuropsicologici
che individuano due aree cerebrali specifiche per l’elaborazione degli aspetti fonologici e motori del

linguaggio: l’area di Wernicke e l’area di Broca .

Un altro approccio mette in relazione diretta pensiero e linguaggio indagando gli aspetti di sviluppo cognitivo
indispensabili per lo sviluppo linguistico. Si tratta di una chiara derivazione dal pensiero di Piaget che si
concretizza nell’ipotesi cognitiva (Piaget, 1945). Piaget si contrappone all’idea innatista di Chomsky
arrivando a sostenere che l’esecuzione del linguaggio preceda la competenza relativa al linguaggio. Il
generale interesse per i che investe la psicologia dello sviluppo intorno agli anni ‘70 coinvolge anche lo

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sviluppo del linguaggio e viene data importanza alla pragmatica che si occupa degli usi e delle funzioni del
linguaggio direttamente nel suo contesto.

L’IPOTESI INTERAZIONISTA
Ispirandosi al pensiero di Vygotskij numerosi autori hanno posto l’attenzione su diversi aspetti del contesto e
in particolare Bruner (1983) riprenderà un idea di Miller teorizzando l’esistenza di un LASS (Language
Acquisition Support System). Bruner viene supportato dalle ricerche a lui contemporanee che mettono in
evidenza come il linguaggio dell’adulto verso il bambino non sia uno stimolo inappropriato, come ritenuto da
Chomsky, ma al contrario uno stimolo modulato sulle esigenze di apprendimento che il bambino ha nei
diversi momenti di sviluppo linguistico. Il LASS diviene complementare al LAD e corrisponde al supporto
contingente e responsivo che l’adulto fornisce al bambino. Bruner porta avanti un ipotesi interazionista dove
integra sia la prospettiva di Skinner sia la prospettiva di Chomsky che se viste da sole sono definite come
rispettivamente ipotesi impossibile e ipotesi miracolistica. Più recentemente un altro autore Tomasello ha
ripreso l’idea culturale di Vygotskji sullo sviluppo del linguaggio ritenendo che si tratti di una «istituzione
sociale di natura simbolica, nata storicamente da attività sociocomunicative preesistenti, che influenza
sostanzialmente il pensiero».11
Il lavoro di Tomasello come evidente respinge l’ipotesi cognitiva di Piaget sullo sviluppo del linguaggio per
accogliere quella di Vygotskij. Alcune acquisizioni cognitive e non linguistiche sarebbero di fatto alla base
dello sviluppo linguistico come il raggiungimento di una funzione simbolica, della capacità di categorizzare e
di pensiero causale. L’acquisizione che Tomasello ritiene fondamentale per lo sviluppo linguistico viene
conquistata tra i 9 e i 12 mesi e corrisponde al raggiungimento della consapevolezza che gli altri individui
sono conspecifici dotati di stati mentali, intenzioni e desideri. Viene inoltre sottolineata l’importanza di alcuni
meccanismi di apprendimento innati di tipo cognitivo noti come Statistical Learning. Questi meccanismi
consentirebbero di estrapolare le regolarità nascoste nel flusso delle informazioni attraverso l’apprendimento
delle relazioni statistiche tra gli elementi che compongono le sequenze temporali, ovvero tenendo conto della
probabilità con la quale un elemento di una sequenza segue l’elemento precedente. Una delle caratteristiche
fondamentali per l’apprendimento linguistico sarebbe, infatti, la capacità di segmentare il flusso del parlato.
Ovvero la capacità di comprendere

dove finisce una parola e ne comincia un’altra.

RISPONDI SUL FORUM


Rivedi le posizioni di Bruner e Tomasello sullo sviluppo del linguaggio rispetto a quelle di Skinner e
Chomsky.
Come si modifica l’idea dello sviluppo linguistico?
Quali abilità vengono considerate fondamentali?
Come cambiano il ruolo del bambino e quello dell’adulto?

11
*Vianello, Gini & Lanfranchi, 2015, pag. 246
97
SCHEMA DEI CONTENUTI
Nella prossima slide (anche pdf allegato) trovi uno schema relativo allo sviluppo del linguaggio prova a
sintetizzare gli aspetti fondamentali del pensiero dei diversi autori. Mettendo in evidenza le differenze anche
le differenze del ruolo del bambino e dell’adulto. Puoi completare lo schema come strumento utile per il tuo
studio oppure puoi caricare lo schema su ePortfolio per avere un feedback.

SLIDE 28

Lo Sviluppo del Linguaggio e della Comunicazione

GLI AMBITI DI SVILUPPO DEL LINGUAGGIO


Prima di affrontare le tappe di sviluppo del linguaggio sono necessarie alcune precisazioni teoriche relative
alla lingua italiana. Lo sviluppo del linguaggio è, infatti, un fenomeno molto complesso composto da
numerosi e diversi ambiti di sviluppo tra loro connessi.

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ALCUNI ASPETTI DEL LINGUAGGIO: FONETICA vs FONOLOGIA
Può sembrare complicato distinguere tra fonetica e fonologia in questa attività ci occuperemo di
disambiguare questi due ambiti di sviluppo del linguaggio. Le unità della fonologia sono i fonemi, ovvero
delle unità differenzianti, indivisibili ed astratti che contraddistinguono un sistema linguistico. La maggior
parte dei fonemi non ha un’autonomia produttiva e recettiva. Le unità di base della fonetica sono i foni,
ovvero i suoni prodotti dalla voce umana. I foni sono l’unità motoria minima di produzione del linguaggio
verbale e coincidono con l’unità delle sillabe. La fonologia è l’insieme degli elementi e delle regole di
combinazione dei suoni che, in ciascuna lingua, servono per la costruzione delle parole. Inoltre, organizza e
99
classifica i suoni con funzione distintiva all’interno di un dato sistema linguistico. La fonologia si differenzia
quindi notevolmente dalla fonetica, che al contrario descrive la natura fisica dei suoni studiandone la
produzione e la percezione. Quando si fa riferimento alla fonetica inoltre si parla di definizione delle
caratteristiche articolatorie, acustico-uditive dei foni (luogo, modo, sonorità).

LE REGOLE FONOTATTICHE
Le regole fonotattiche sono regole che prescrivono le condizioni fonologiche che le parole di una determinata
lingua devono possedere per essere considerate ben formate da coloro che utilizzano abitualmente quella
lingua. Anche per quanto riguarda la fonotassi l’unità d’analisi di base è la sillaba. All’interno delle diverse
lingue i segmenti che compongono le sillabe, ma anche le sillabe stesse, non sono liberi di combinarsi tra
loro in modo assoluto ma devono seguire delle regole rigide. Le sequenze di sillabe possibili e impossibili
sono specifiche per ogni lingua, ad esempio una regola fonotattica italiana vieta i nessi, ovvero le sequenze,
di occlusive: in una parola un’occlusiva non può essere seguita da un’altra occlusiva sono quindi proibite
sequenze quali [tp], [td], [kd], [bk], ecc. Alcune eccezioni alla regola sono possibili e sono rappresentate da
parole prese a prestito da altre lingue come quella greca o latina (ad es. optare o cleptomane):
A cosa servono le restrizioni fonotattiche di una lingua? Le restrizioni fonosintattiche non sono casuali ma
spesso rispondono a caratteristiche articolatorie o acusticopercettive dei foni e per questo possono essere
comuni a più lingue. Riprendendo l’esempio delle occlusive questa regola non si trova solo in italiano ma il
giapponese in quanto vengono ritenute difficili da percepire. Se pensiamo al flusso del parlato ci rendiamo
facilmente conto di come esso sia caratterizzato da un continuum. All’interno di questo continuum i foni
vengono trasmessi molto velocemente. Imporre delle restrizioni fonotattiche serve a minimizzare il rischio di
errori nella comunicazione, sfavorendo quelle sequenze problematiche a livello articolatorio o acustico.

LE REGOLE FONOLOGICHE
I suoni linguistici usati in una lingua formano il sistema fonologico della lingua stessa. Questi suoni si
combinano tra loro in base alle regole fonologiche specifiche e proprie di quella lingua. Queste regole
fonologiche definiscono quali suoni fanno parte della nostra lingua, quali combinazioni di suoni possono
presentarsi in sequenza nella struttura di una parola. Per esempio: il fonema /s/ può precedere, ma non
seguire il fonema /t/. Possiamo aver parole con st- come strada, stella, storia e stanza ma non con ts-.Ogni
lingua ha caratteristiche proprie specifiche che ne determinano il profilo fonologico. A tali caratteristiche sia
accompagnano modalità di sviluppo fonologico specifiche. La lingua italiana ha 30 fonemi (traducibili in 27
grafemi) che non possono essere combinati fra loro in qualsiasi ordine ma con restrizioni specifiche.

Le regole attraverso cui si costruisce quindi il sistema fonologico di una lingua vengono apprese
inconsapevolmente dai bambini durante il loro sviluppo linguistico.
Alcune abilità sono indispensabili per lo sviluppo fonologico del bambino e rappresentano il punto di
partenza per l’acquisizione del linguaggio.

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Gran parte delle capacità e delle abilità indispensabili per un buono sviluppo fonologico vengono apprese e
padroneggiate entro i 2 anni d’età. Esiste inoltre un criterio di prescrittività per cui questo tipo di sviluppo
deve essere completato entro il compimento dei 3 anni di età.

ACQUISIZIONE DEI SUONI ITALIANI


Durante i primi anni di vita assistiamo ad una acquisizione spontanea dei suoni del linguaggio che procede
attraverso una regole di complessità. Il bambino arriva a padroneggiare gradualmente tutti i suoni della sua
lingua madre progredendo dai suoni più facili ai più complessi.

101
Compaiono per prime le sillabe composte da vocali, semiconsonanti, e dalle occlusive e nasali (pronunciate
più anteriormente, come p-b, t-d, m).

102
SLIDE 29

Lo Sviluppo del Linguaggio e della Comunicazione

I MEZZI DI COMUNICAZIONE PRELINGUISTICA


Come abbiamo visto le teorie più recenti partono da quanto teorizzato da Vygotskij in termini di sviluppo del
linguaggio. Il linguaggio si origina all’interno del più ampio sistema dello sviluppo comunicativo. Non
compare dal nulla ma si origina a partire da numerosi comportamenti prelinguistici che possono essere
considerati a tutti gli effetti precursori del linguaggio. Sono i comportamenti che testimoniano la presenza di
una comunicazione prelinguistica a preparare di fatto i processi che consentono l’emergere di un linguaggio
verbale propriamente detto. Come sottolinea Hymes (1972) vi è una stretta interconnessione tra competenze
linguistiche e competenze comunicative.

103
Quali sono i mezzi di comunicazione prelinguistica a disposizione dei bambini?
Possiamo annoverare tra le forme di comunicazione prelinguistica tutti quei suoni non-comunicativi che il
bambino produce in un primo momento di vita come il pianto e le vocalizzazioni. Sono considerabili forme di
comunicazione prelinguistiche tutte le espressione facciale delle emozioni poiché trasmettono conoscenze
relative allo stato interno dell’individuo. L’esempio più noto è sicuramente il sorriso. Il direzionamento dello
sguardo è una forma di comunicazione prelinguistica molto importante. Durante il secondo mese di vita i
bambino oltre a sorridere al volto umano inizia a ricercare attivamente il contatto visivo.

LO SVILUPPO FONOLOGICO
Iniziamo ad analizzare le prime tappe di sviluppo fonologico all’interno della comunicazione prelinguistica.
Nelle prossime lezioni cercheremo di restituire un quadro quanto più omogeno possibile dello sviluppo del
linguaggio e della comunicazione.

104
Dopo la comparsa delle proto parole non si parla più di solo sviluppo fonologico perché esso confluisce con
lo sviluppo lessicale e grammaticale venendone fortemente influenzato. In contrapposizione con la teoria
fonologica di Jakobson (1968) le posizioni più recenti ritrovano una continuità tra lallazioni e prime parole.
Locke (1983) sottolinea il ruolo attivo del bambino che utilizza nelle prime parole le sequenze che aveva già
utilizzato durante la lallazione. Generalmente si ritiene che intorno ai 4 – 5 anni si ritiene che il bambino
italiano sia arrivato a padroneggiare l’articolazione di quasi tutti i suoni della lingua italiana. Per valutare la
presenza di reali problemi articolatori a questa età è necessario chiedere ai bambini di produrre parole che
ancora non conoscono poiché l’articolazione di parole già conosciute potrebbe risentire di apprendimenti
articolatori errati.

L’INTENZIONE COMUNICATIVA
Analizzando lo sviluppo fonologico abbiamo visto che il bambino possiede un sistema di segnali quali il
pianto, i sorrisi, la lallazione, etc. ben prima che compaia un’intenzionalità comunicativa. Questi segnali pur
non essendo ancora intenzionali sono però a tutti gli effetti degli strumenti di interazione comunicativa. Come
si costruisce questo passaggio tra segnali non ancora intenzionali e il loro uso intenzionale? Si deve tener
conto del fatto che prima ancora di parlare il bambino è inserito in un sistema comunicativo che è la diade

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madre-bambino. Proprio all’interno di questo sistema si mettono le fondamenta per lo sviluppo del

linguaggio.

Ad esempio, ad un certo punto del suo sviluppo il bambino inizia ad utilizzare il gesto dell’indicare o pointing
unito allo sguardo per dirigere l’attenzione dell’interlocutore verso un oggetto di interesse comune. Nascono
così quelle che vengono chiamate interazioni triadiche.

106
TAPPE DELL’INTENZIONALITÀ COMUNICATIVA
Come abbiamo visto l’intenzionalità comunicativa si verifica quando l’emissione di un messaggio è finalizzata
e controllata. Non si riferisce solo alla comunicazione verbale ma a tutte le forme di comunicazione.

107
Prima di procedere allo studio dello sviluppo linguistico nella prossima lezione ci soffermeremo sull’analisi di
una la forma di comunicazione prelinguistica molto importante: la comunicazione gestuale. In generale
possiamo distinguere tra due forme di gesti: gesti dichiarativi e gesti referenziali.

SLIDE 30

Lo Sviluppo del Linguaggio e della Comunicazione

I GESTI DEITTICI
In questa lezione analizziamo la comunicazione gestuale che come vedremo si sviluppa in continuità con lo
sviluppo linguistico.

DEITTICI O PERFORMATIVI (8 MESI)


I gesti deittici o performativi compaiono all’incirca intorno agli 8 mesi ed esprimono un’intenzione
comunicativa. Si riferiscono ad oggetti ed eventi, ma sono fortemente contestualizzati e non ancora
simbolici. Questi gesti possono essere di due tipi: richiestivi o dichiarativi.
A. RICHIESTIVI
Il bambino utilizza un gesto richiestivo quando indica con il dito un oggetto e guarda l’adulto. Uso
quindi l’adulto come strumento per ottenere l’oggetto. Si tratta di un’Intenzione comunicativa di tipo
richiestivo.
B. DICHIARATIVI
Al contrario quando il bambino mostra un oggetto ad un adulto, glielo porge e lo guarda ha
un’intenzione comunicativa di tipo dichiarativo. Il suo scopo è ottenere l’attenzione dell’adulto,
condividere l’interesse per un oggetto o per un evento. Per fare questo il bambino deve essere in
grado di vedere l’adulto come un essere capace di stati mentali (in questo caso l’interesse).

108
I GESTI REFERENZIALI
Questi gesti nascono come imitazioni di azioni agibili su un oggetto, ma non della forma dell’oggetto.
Progressivamente si decontestualizzano per diventare veri e propri gesti simbolici e convenzionali
(significante di una realtà significata).

GESTI REFERENZIALI (12 mesi)


I gesti referenziali hanno quindi un’origine sociale, possiamo notare la loro prima comparsa all’interno delle
routine sociali o dei giochi con l’adulto. Il loro apprendimento avviene attraverso il processo d’imitazione.
Sono esempi di gesti referenziali il salutare con la mano, fare no con la testa oppure il nominare un oggetto
attraverso i gesti. Una caratteristica importante dei gesti referenziali è legata al fatto che possono essere
utilizzati in maniera a contestuale, ovvero il loro significato non è legato al contesto contingente, oppure
all’oggetto specifico. Lo sviluppo di gesti referenziali è molto importante per lo sviluppo linguistico poiché
agisce da ponte per l’apprendimento del linguaggio proprio per la sua natura convenzionale. La loro valenza
esplicativa resta comunque molto limitata a causa della natura ancora iconica. Questi gesti tendono a
diminuire con l’espansione del vocabolario. Nel momento in cui il bambino arriva a produrre circa 50 parole, i
gesti referenziali diminuiscono. Questo fenomeno sta ad indicare come i gesti assumono una valenza
simbolica al pari delle parole e sostengono, quindi, la comunicazione, quando il linguaggio vocale si sta
ancora sviluppando.

RISPONDI SUL FORUM


Guarda il filmato che trovi a questo link: https://www.youtube.com/watch?v=AqBlKaeu3yw. Concentrati sulle
attività svolte dai bambini e cerca di cogliere la ricchezza di gesti e comunicazioni. Come ricorderai da quello
che abbiamo fatto fino a questo momento la presenza di attenzione condivisa presuppone che il bambino
comprenda che gli altri sono capaci di stati mentali. Prova a prendere nota dei gesti e delle intenzioni
comunicative.
Come per l’attività precedente guarda il filmato a questo link: https://www.youtube.com/watch?
v=eDaejfINVg4. Concentrati sulle attività svolte dai bambini e cerca di cogliere la ricchezza di gesti e
comunicazioni. Quali sono i gesti comunicativi maggiormente salienti? Riesci a cogliere le intenzioni
comunicative che stanno dietro ai gesti e alle altre forme di comunicazione prelinguistica?

SLIDE 31

Lo Sviluppo del Linguaggio e della Comunicazione

DALLA VOCALIZZAZIONE ALLA VERBALIZZAZIONE

DAI SUONI NON LINGUISTICI ALLE PRIME PAROLE


Come abbiamo visto parlando di sviluppo fonologico le ricerche più recenti evidenziano come il bambino
utilizzi, nel formare le prime parole, le sequenze fonetiche già sperimentate nella lallazione, e sottolineano
una continuità tra la produzione dei primi suoni e le prime “vere” parole.

109
A questo punto della trattazione dello sviluppo del linguaggio e della comunicazione abbiamo alcune
concezioni teoriche oltre che sulla natura dello sviluppo come fenomeno in continuità con lo sviluppo
prelinguistico anche come fenomeno dotato di una natura interpersonale-sociale che avviene all’interno di
uno specifico contesto di sviluppo.

110
Prendendo in considerazione gli aspetti conversazionali possiamo trovare diversi stili comunicativi. Qual è ad
esempio lo stile comunicativo di un adulto responsivo alle prime interazioni comunicative del bambino?

SVILUPPO LESSICALE E SEMANTICO


Parlando di lessico di una lingua ci si riferisce all’insieme dei vocaboli che la costituiscono, mentre la
semantica definisce l’insieme delle relazioni e delle caratteristiche che costituiscono il significato delle parole

111
Lo sviluppo lessicale-semantico è molto importante per lo sviluppo del linguaggio. Un pieno sviluppo della
comprensione verbale avviene solo intorno ai 5-6 anni. Prima di tale epoca la comprensione verbale si basa
soprattutto sulla prosodia e sul contesto e successivamente si baserà sul significato semantico delle parole.
Lo sviluppo lessicale-semantico si riferisce all’acquisizione del vocabolario della propria lingua e alla
capacità di attribuire significato alle parole che si ascoltano e si producono. Le fasi di sviluppo variano
fortemente da individuo a individuo, tuttavia alcuni fenomeni sono abbastanza universali.

LO SVILUPPO LESSICALE E SEMANTICO / 2

112
Circa tra i 12-18 mesi il bambino possiede un vocabolario composto da 50 parole, in questa prima fase
troviamo uno stretto legame tra competenze fonologiche e scelta delle parole. Si tratta di parole fortemente
contestualizzate che rappresentano il bagaglio minimo per la comparsa del linguaggio vero e proprio di tipo
combinatorio. In seguito si assiste, anche se con tempi e modi diversi, a quello che generalmente si
definisce come il fenomeno dell’esplosione del linguaggio. Si tratta di un incremento non più regolare, ma
repentino e quantitativamente molto consistente, del bagaglio lessicale. Accanto al fenomeno dell’esplosione
del vocabolario assistiamo anche a dei cambiamenti nella composizione del vocabolario che si fa meno
contestualizzato e più applicabile. In questa fase dello sviluppo del linguaggio il bambino comincia a ridurre
drasticamente la sua comunicazione gestuale in favore di quella linguistica.

All’aumentare del vocabolario diminuisce il numero di gesti prodotti, fino a quasi scomparire quando il
bambino possiede un vocabolario di circa 50 parole. Man mano che si passa alle parole il linguaggio del
corpo perde il suo ruolo iniziale di sistema di comunicazione indipendente, infatti già a 5 anni i gesti vengono
utilizzati solo come supporto alla parola.

RISPONDI SUL FORUM


Di seguito troverai un breve protocollo osservativo. Ti chiedo di leggero con attenzione e sottolineare quali
comportamenti indicano la presenza di attenzione condivisa. Come ricorderai da quello che abbiamo fatto
fino a questo momento la presenza di attenzione condivisa presuppone che il bambino comprenda che gli
altri sono capaci di stati mentali.
OSSERVAZIONE DI ANDREA – 12 MESI
“Valentina (sorella più grande) tira fuori dal cesto alcuni animaletti, mentre io sto sistemando la tutina
addosso ad Andrea. Subito dopo Andrea indica col dito gli animaletti e poi mi guarda, io guardo in direzione
113
del suo indicare, vedo gli animaletti; tutto contento li guarda anche lui, sempre con il braccio e l’indice teso,
allora commento “che belli!”, Andrea di nuovo mi guarda e insieme voltiamo lo sguardo verso gli animaletti.
Non ha insistito per volere gli animaletti (non mi è sembrato che indicasse per averli, perché quando vuole
degli oggetti l’espressione del suo volto è meno allegra e muove la mano velocemente, se vede che non ho
capito la sua intenzione di volerli) e ha sorriso molto quando anche io mi sono accorta degli animaletti e con
lui li ho guardati e commentati. Al termine della situazione, la sua attenzione si è spostata su un gioco
morbido che aveva vicino, con cui ha iniziato a giocare.”

SLIDE 32

Lo Sviluppo del Linguaggio e della Comunicazione

IL LESSICO

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All’inizio il bambino non usa il linguaggio in modo referenziale e le sue parole sono comprensibili solo se
contestualizzate e collegate allo schema d’azione che le accompagna. Ad esempio un bambino potrebbe
usare la parola “ciao” mentre finge di telefonare al papà. Quando il bambino arriva a padroneggiare meglio il
linguaggio ne fa un uso più referenziale e maggiormente sganciato dal qui e ora. Il bambino diviene quindi in
grado di raccontare eventi passati e di farsi capire senza il bisogno di condividere il contesto o di utilizzare
segnali non verbali.
Frequenti errori nell’uso delle parole:
 SOVRAESTENSIONE Usa la parola papà per indicare tutte gli uomini che incontra;
 SOTTOESTENSIONE Usa la parola bimba solo in riferimento a se stessa e non agli altri bambini;
 SOVRAPPOSIZIONI DI SIGNIFICATO La parola aprire può essere utilizzata al posto di
accendere come nell’espressione aprire la luce;
NON VENGONO UTILIZZATE LE SOTTOCATEGORIE Usa la parola gioco per indicare libro, macchinina,
bambola, puzzle o altro.

SINTASSI E MORFOLOGIA
Come abbiamo sottolineato all’inizio lo sviluppo del linguaggio è molto complesso e caratterizzato da
numerosi sotto aree di sviluppo. Fino ad ora abbiamo parlato di sviluppo fonologico e lessicale, ora
parleremo di un altro sviluppo che risulta essere strettamente connesso ai precedenti: lo sviluppo
morfosintattico.

115
Nello sviluppo del linguaggio gli aspetti sintattci sono strettamente connessi a quelli morfologici. Il campo di
interesse della morfologia è lo studio delle sequenze minime di suoni che consentono di modificare forma e
significato della comunicazione. Le modificazioni morfologiche sono un’importante via di trasmissione ache
di informazioni sintattiche.

Nello sviluppo del linguaggio vi è una forte interconessione tra gli sviluppi dei suoi sottoinsiemi. In particolare
lo sviluppo morfosintattico è dipendente da alcune acquisizioni dello sviluppo fonologico e, in particolare,
dall’acquisizione della capacità di discriminare anche minime differenze percettive nel suono (bimb-o/bimb-
116
a– can-e/can-i) che comunicano importanti variazioni morfologiche e semantiche. Ai bambini di lingua
italiana molte parole vengono presentate direttamente in una forma flessa in grado di comunicare numerose
indicazioni relativamente al genere, al numero e anche alcune caratteristiche ritenute importanti (ad es.
casetta – cagnaccio – libretto – bambolina). Questo non avviene per altre lingue caratterizzate da una
morfologia meno complessa. Nello sviluppo morfosintattico gli elementi della morfologia libera vengono
appresi più tardi rispetto agli elementi di morfologia legata probabilmente perché risultano percettivamente
meno salienti.

LO SVILUPPO MORFOSINTATTICO
Tra i 2 e i 3 anni di età assistiamo ad un fenomeno fondamentale per lo sviluppo del linguaggio e della
comunicazione del bambino: l’esplosione morfologica. Ogni lingua ha delle caratteristiche proprie che
determinano ritmi e tappe di acquisizione differenti. Vediamo brevemente quali sono le principali tappe dello
sviluppo morfosintattico dell’italiano.

117
Per quanto riguarda la produzione ci siamo occupati essenzialmente di tre classi di morfologia quella
nominale, pronominale e verbale. La completa acquisizione della morfosintassi italiana è lunga e complessa
e si ritiene che solo intorno ai 6 – 7 anni i bambini possano ricorrere alle loro capacità di memoria di lavoro
per comprendere frasi complesse e utilizzare l’accordo soggetto-verbo per decifrare il significato di una
frase.
Ma come progredisce la comprensione delle strutture morfosintattiche nel bambino?

Come abbiamo visto maggiori difficoltà sono date dalla necessità di dover tener conto dell’accordo soggetto-
verbo per comprendere le frasi. Ad esempio nella frase: “Il cane insegue le gatte”.
Quali indizi utilizzano i bambini per comprendere gli enunciati?

118
Intorno ai 4 – 5 anni la comprensione è guidata da indizi semantici rintracciabili nella frase. Questo è
possibile anche perché i bambini imparano a tener conto dell’ordine delle parole come elemento informativo
sul significato della frase. Karmiloff-Smith (1979) ritiene che tra i 4 e i 6 anni il sistema linguistico subisca una
profonda riorganizzazione passando da interfrasale a interfrasale. Il bambino diverrebbe quindi in grado di
estendere le regole che ha appreso relativamente alla frase all’intero discorso. Si raggiunge così un certo
grado di coesione e coerenza del linguaggio infantile. A 7 anni il potenziamento della memoria di lavoro
consentirà al bambino di sopportare un maggiore carico cognitivo nell’analisi della frase e di arrivare ad
utilizzare l’indizio morfosintattico di accordo soggetto-verbo nell’individuazione di soggetto e oggetto della
frase. Lo sviluppo del linguaggio è un’intricata rete di diversi sviluppi nella prossima attività analizzeremo
l’ultimo sviluppo di cui ci occuperemo in questo corso: lo sviluppo della frase.

LO SVILUPPO DELLE FRASI


Uno dei criteri fondamentali per osservare l’evolversi delle conquiste morfosintattiche del bambino è la
Lunghezza Media dell’Enunciato (Lme) introdotto da Brown (1973) per valutare lo sviluppo morfosintattico
dei bambini di lingua inglese contando il numero di morfemi utilizzati. Per la lingua italiana, morfologicamente
più complessa, è consuetudine contare il numero di parole utilizzate (Lmep). In entrambi i casi, alla base
delle analisi dello sviluppo morfosintattico con il Lme o Lmep troviamo l’idea che la complessità degli
enunciati infantili possa essere valutata sulla base del numero di elementi che la compongono: strutture
semplici hanno pochi elementi mentre strutture più complesse ne hanno di più. Questo criterio sembra
essere valido per la prima fase dello sviluppo linguistico del bambino ma sembrerebbe perdere la sua
validità dopo i 3 anni d’età.

Il bambino ha raggiunto un livello di sviluppo della frase che gli consente di padroneggiare strutture più
complesse. Alcuni esempi possono essere: ora voio otto, bimbo fatto male, voio acqua male, ora chiama
nonno che porta gioco, non voio nanna voio fuori.

119
Anche le abilità di comprensione della frase segue delle tappe specifiche e definite che prosegue di pari
passo con gli sviluppi degli altri ambiti.

120
SLIDE 33

I Processi di Sviluppo e Adattamento

LE COGNIZIONI
Quando, di norma, il bambino compie i primi atti di intelligenza? E quando fa i primi giochi del “far finta? Con
le bambole ad esempio? Cosa è superato e cosa è ancora attuale del pensiero piagetiano?
Si può accelerare lo sviluppo dell’intelligenza? Quale influenza ha la cultura sullo sviluppo della mente
umana? La mente è specializzata fin dall’inizio o lo diventa un po’ alla volta?
Chi sa come funziona la mente impara meglio? Quali sono le basi cognitive del disegno, dell’apprendimento
della lettura, della scrittura e delle abilità numeriche?
Tutte queste domande hanno a che fare con lo sviluppo cognitivo del bambino, ma prima di entrare nel
merito dello sviluppo cerchiamo di spiegare cosa si intende esattamente per cognizione.
Il significato di cognizione ha a che fare con il verbo latino conoscere – che in italiano significa “atto, modo,
effetto del conoscere”. Parlare di cognizioni e sviluppo cognitivo vuol quindi dire riferirsi alla gran parte dei
processi psicologici umani.
Le cognizioni del bambino, ma così come quelle dell’adulto, hanno un legame stretto con le modalità con cui
essi conoscono il mondo attribuendo significati a se stessi e a quanto li circonda. Nel processo cognitivo
sono implicati numerosi aspetti, tra cui:

A partire dalla prossima attività ci occuperemo dei diversi autori che si sono occupati specificatamente di
sviluppo cognitivo nel bambino. Vi invito però a non perdere di vista la consapevolezza che parliamo sempre
dello sviluppo di un intero individuo. I suoi traguardi nello sviluppo cognitivo devono essere visti come parti di
uno sviluppo più ampio dell’individuo a cui concorrono numerosi “sviluppi” tra cui molto importante lo
sviluppo emotivo, affettivo e socio-relazionale che vedremo di seguito.

LE COGNIZIONI DEL BAMBINO


Se abbiamo detto che lo sviluppo cognitivo ha a che fare con il conoscere non possiamo non chiederci se e
cosa i bambini sappiano. Quando si studiano le caratteristiche dello sviluppo motorio, percettivo o linguistico
di bambini anche molto piccoli ci si rende conto fin da subito di come essi possiedano delle competenze e
delle capacità che gli consentono di interagire con il mondo. Inoltre, i bambini sono in grado di formarsi delle
rappresentazioni di oggetti ed eventi legati alle loro percezioni visive e uditive, ma anche olfattive, gustative e
tattili. Ma non solo! Come vedrai più avanti, infatti, le rappresentazioni mentali sono legate anche
all’esperienza emotiva che deriva dalla percezione dell’evento come piacevole o spiacevole. Il mondo
infantile è quindi ricco di rappresentazioni mentali che non sono però esattamente uguali a quelle dell’adulto.
Le rappresentazioni dei bambini sono, infatti, rappresentazioni di tipo implicito, ovvero non raggiungono la
coscienza e quindi il bambino non ne ha consapevolezza. Le rappresentazioni adulte, invece, per la maggior
parte, sono rappresentazioni coscienti che gli adulti possono richiamare alla mente quando ne hanno

121
necessità o desiderio. Ma esattamente cosa vuol dire che le rappresentazioni del bambino e dell’adulto sono
differenti?

L’IMPLICITO PROCEDURALE
In questa attività cercheremo di capire meglio quali sono le differenze sostanziali tra le cognizioni adulte e
quelle del bambino e cosa si intende per implicito procedurale. Perché si parla di rappresentazioni implicite
per i bambini? Significa che le informazioni che costituiscono le rappresentazioni mentali sono
immagazzinate con una chiave di tipo comportamentale. Questo fa in modo che l’esposizione del bambino a
specifici stimoli familiari attivi automaticamente delle altrettanto specifiche reazioni comportamentali
associate agli stimoli originali. Si parla in questo caso di un’attivazione a livello comportamentale. In altre
parole si considera quindi l’aspetto dell’implicito procedurale: quello che si attiva nel bambino è, infatti, una
rappresentazione relativa al so come si fanno le cose che si differenzia dalle rappresentazioni adulte legate
al so di sapere e quindi a conoscenze esplicite dichiarative. Pensiamo ad esempio a un neonato che non
ricorda di aver visto o sento qualcosa fino a quando non lo vede o lo sente di nuovo. Si pensa infatti che le
conoscenze utilizzate dal bambino per tutto il primo anno e mezzo di vita siano conoscenze di tipo implicito.
L’utilizzo di altri tipi di conoscenze verrà solo in seguito e in gran parte a seguito dell’acquisizione del
linguaggio. Hai mai sentito usare l’espressione è come andare in bicicletta? Viene usata per significare che
una volta che impari a fare qualcosa poi diventa automatico. Quando si imparano delle attività come andare
in bicicletta nella fase iniziale si deve prestare attenzione a ogni minimo movimento necessario e prevedere
il gesto da compiere successivo. Esercitandosi l’attività diviene automatica. Cosa vuol dire? Significa che le
azioni di una persona procedono senza bisogno che si rifletta sulle singole azioni da compiere. Si tratta di
una conoscenza che è diventata procedurale. Andare in bicicletta è diventato automatico, la persona non è
cosciente dei singoli movimenti poiché si tratta di una conoscenza implicita. Le conoscenze che si formano
nei bambini sono proprio di questo tipo ma a differenza dell’andare in bicicletta queste conoscenze non sono
mai passate attraverso la consapevolezza del bambino. Anche gli adulti conservano numerose conoscenze
di tipo implicito e procedurale, ad esempio leggiamo e rispondiamo ai più piccoli dettagli della comunicazione
non verbale senza che vi sia consapevolezza. Anche se non ce ne rendiamo conto influenziamo così le
interazioni comunicative con elaborazioni di tipo implicito: non siamo in grado di spiegare perché e non ne
siamo consapevoli ma reagiamo in un modo piuttosto che un altro. In generale però possiamo dire che le
conoscenze adulte sono qualitativamente diverse da quelle infantili: gli adulti sanno di sapere, per bambini
invece questo tipo di conoscenza non esiste ancora. Questo non impedisce però ai bambini di conoscere e
apprendere! piccoli non sono consapevoli, ad esempio, della relazione che c’è tra una percezione e l’azione,
eppure sono in grado di rispondere a livello comportamentale a una gran varietà di stimoli e a prestare
attenzione alle cose in modi diversi. Quando il procedere dello sviluppo del linguaggio consentirà al
bambino, ad esempio di parlare di come si sente oppure di attribuire un senso e un significato esplicito a
comportamenti o eventi, l’utilizzo della riflessività porterà al superamento di una fase di conoscenze legate
all’implicito procedurale.

I TEORICI DELLO SVILUPPO COGNITIVO


In questo nucleo tematico dedicato allo sviluppo cognitivo parleremo in modo esteso di tre grandi studiosi
che hanno dato i contributi più sostanziosi allo studio di questo ambito di sviluppo. Le opere di questi tre
grandi autori costituisce un corpus teorico-interpretativo dello sviluppo cognitivo nei bambini.

122
Tutti e tre questi autori, Piaget, Vygotskij e Bruner, si sono occupati di sviluppo cognitivo creando delle teorie
articolate e complesse. Tuttavia le loro elaborazioni teoriche partivano da punti di vista differenti e lo sviluppo
delle loro teorie è stato fortemente influenzato dai diversi obiettivi che hanno caratterizzato i loro lavori.

JEAN PIAGET (1896-1980)


I lavori di Piaget hanno avuto come obiettivo principale comprendere come lo sviluppo psicologico del
bambino lo porti a costruire le sue conoscenze. Si può quindi dire che lo scopo principale di Piaget è stato
fornire un fondamento epistemologico del conoscere che fosse valido per tutte le scienze. Proprio per questo
motivo parte importante del suo lavoro è stato dedicato all’individuazione di quella che egli riteneva essere la
sequenza universale di stadi evolutivi di sviluppo dell’intelligenza. Cercando in questo modo di creare un
vero e proprio modello epistemico fondante per il sapere scientifico.

LEV SEMËNOVIČ VYGOTSKIJ (1896-1934)


L’interesse di Vygotskij è stato rivolto principalmente allo studio della relatività culturale e soggettiva
dell’uomo. Il suo lavoro ha quindi indagato quelli che sono gli strumenti culturali dell’uomo, in primo luogo il
linguaggio). Con i suoi studi ha elaborato un modello culturale che si contrapponeva alle pretese epistemiche
universali e oggettive di Piaget.

JEROME SEYMOUR BRUNER (1915-2016)


Al lavoro portato avanti Bruner nel XX secolo ci si riferisce spesso parlando di psicologia culturale. I suoi
studi sono stati volti a comprendere come la mente venga influenzata da storia e cultura. Questo autore non
si è interessato alle cause di pensieri o comportamenti, ma ai significati. I maggiori sforzi di Bruner sono stati
indirizzati a comprendere la natura della mente, il funzionamento dei suoi processi di costruzione dei
significati e a come gli individui interpretino la realtà in cui vivono.

Da quello che abbiamo detto finora si può facilmente comprendere come questi autori siano ricorsi a modelli
di conoscenza e cognizione differenti.

123
JEROME SEYMOUR BRUNER (1915-2016) Secondo Bruner spiegazione e comprensione sono due
modalità di pensiero, diversi modi di costruire significati, di cui l’uomo si avvale a seconda della necessità. Il
suo lavoro unifica i lavori di Piaget e Vygotskij ed identifica due modalità di pensiero riferibili ai due approcci.

124
SLIDE 34

JEAN PIAGET (1896-1980) LO SVILUPPO COGNITIVO


Il primo interesse di Piaget è per la biologia e in particolare per l’evoluzione animale. Solo successivamente
svilupperà un interesse per l’epistemologia, ovvero per le origini della conoscenza.
Il lavoro di ricerca e di studio di Piaget sarà molto vasto e negli anni successivi alla sua scelta di dedicarsi
all’epistemologia pubblicherà diversi libri divenuti molto famosi.
1936 – La nascita dell’intelligenza nel bambino,
1937 – La costruzione del reale nel bambino,
1945 – La formazione del simbolo nel bambino.

Il contributo dato da Jean Piaget allo studio dello sviluppo cognitivo è da considerarsi il primo in termini di
informazioni e sistematizzazione teorica. Nello specifico nel lavoro di Jean Piaget possono essere
identificate due fasi:
Prima Fase: indagine
Seconda Fase: sistematizzazione.

PRIMA FASE
Durante questa fase prevale lo studio dell’acquisizione di concetti specifici. La raccolta di dati si basa
soprattutto sull’utilizzo del colloquio clinico con bambini dai 3 ai 10 anni. Piaget indaga le caratteristiche
tipiche del pensiero infantile: pensiero magico, animistico e logico. Ad esempio indaga la causalità: Che cosa
fa muovere le nuvole?

125
SECONDA FASE Nella seconda fase del suo lavoro Piaget si occupa di organizzare gli aspetti specifici
all’interno di una visione globale dello sviluppo cognitivo. In questo caso prevale l’utilizzo del colloquio
clinico/critico e l’utilizzo dei materiali. Ne è un esempio la sistematizzazione delle tappe di sviluppo della
permanenza dell’oggetto.

LE BASI DEL LAVORO DI PIAGET Come abbiamo visto nella lezione precedente Piaget pensa alla
conoscenza come spiegazione. Secondo questo autore inoltre la conoscenza possiede alcune
caratteristiche fondamentali:
Non è preformata nel soggetto (innatismo)
Non è fissata nel reale da cui ricavarla (empirismo).
Come è già stato spiegato l’approccio organismico, in cui il pensiero di Piaget è inseribile, guarda
all’individuo, e quindi al bambino, come ad un attivo costruttore delle sue conoscenze. Il bambino
inizialmente sarebbe dotato di strutture psicologiche molto semplici, che diventano via via più complesse
attraverso l’esperienza. Proprio per questa caratteristica di costruire le sue conoscenze attraverso l’esperire
si può parlare di un bambino che per Piaget è un esploratore oppure uno scienziato. Come abbiamo già
detto Piaget proviene dalla biologia. I suoi primi studi sono legati all’adattamento ambientale di alcuni
molluschi presenti nei laghi svizzeri. Il fenomeno dell’adattamento resterà una questione molto importante
per Piaget che considera l’intelligenza come la forma più elevata di adattamento biologico.
I° INVARIANTE FUNZIONALE: TENDENZA ALL’ORGANIZZAZIONE/ALL’EQUILIBRIO.
II° INVARIANTE FUNZIONALE: TENDENZAALL’ADATTAMENTO.
Queste funzioni invarianti rappresentano l’aspetto di continuità dello sviluppo che procede attraverso la
creazione di strutture variabili fondamentali che sono costruite appunto attraverso le funzioni invarianti e i
processi cognitivi che le determinano.

LE FUNZIONI INVARIANTI
Quando si parla di adattamento ci si riferisce alla tendenza degli organismi ad adeguarsi alle richieste
ambientali. Nell’ottica di Piaget l’intelligenza è una forma particolare di adattamento biologico. L’organismo
tenderebbe quindi ad adeguarsi al suo ambiente organizzando i processi cognitivi.

Lo sviluppo cognitivo quindi comporta dei processi di progressiva modifica delle proprie strutture mentali –
schemi – in base alle richieste ambientali. Ciò avviene proprio attraverso due processi fondamentali:
 ASSIMILAZIONE
 ACCOMODAMENTO.

ASSIMILAZIONE
L’assimilazione è quel processo cognitivo mediante il quale le nuove esperienze e le nuove informazioni
vengono ricevute ed elaborate dagli individui. Si utilizza l’assimilazione quando queste nuove informazioni
sono adattabili alle strutture o agli schemi cognitivi già posseduti dal soggetto. Nello specifico si può parlare
di assimilazione come della ripetizione di una capacità cognitiva già presente nel repertorio comportamentale
di un individuo. Questo tipo di processo pur mantenendosi come processo di base dello sviluppo cognitivo è
da considerarsi predominante nel primo periodo dello sviluppo rispetto all’accomodamento. Se pensiamo ad
esempio a un bambino che, durante i suoi primi mesi di sviluppo, afferra un oggetto nuovo per batterlo sul

126
pavimento stiamo parlando di assimilazione. Le azioni di afferrare e battere sono già acquisite per il bambino
da qui in avanti egli dovrà sperimentarle nuove interazioni con il nuovo oggetto.

ACCOMODAMENTO
Il processo di accomodamento al contrario di quello di assimilazione comporta la modificazione delle
strutture o degli schemi cognitivi a seguito delle nuove esperienze e informazioni che egli riceve
dall’ambiente che lo circonda. L’accomodamento prevale nella seconda fase dello sviluppo quando il
bambino può svolgere un'osservazione attiva dell'ambiente. Si parla di accomodamento quando si è in
presenza di modificazioni dei comportamenti già acquisiti sulla base del contesto in cui il bambino vive.
Nell’esempio che abbiamo fatto parlando di assimilazione si potrebbe parlare di accomodamento se invece
di buttare a terra l’oggetto, il bambino lo muovesse poiché ha scoperto che con questo movimento può
produrre un suono piacevole.
Quando i processi di assimilazione e accomodamento sono ben integrati tra loro l’individuo è in grado di
organizzare in modo ordinato ed efficiente le sue interazioni con l’ambiente raggiungendo un buon grado di
adattamento.

FUNZIONI INVARIANTI E STRUTTURE VARIABILI


Le teorizzazioni di Piaget sulla natura dello sviluppo cognitivo sono state presentate dall’autore in uno dei
suoi libri più famosi – Lo sviluppo mentale del bambino (1964). In questo libro Piaget ripercorre quelle che
ritiene essere le principali fasi dell’evoluzione dell’intelligenza sottolineando la continuità esistente fra vita
biologica e vita mentale. Per il suo sottolineare la grande importanza giocata delle continue interazioni fra il
soggetto e il suo ambiente nella costruzione dell’intelligenza, come abbiamo visto il pensiero di Piaget può
essere definito un pensiero di tipo costruttivista.

Gli invarianti funzionali di tendenza all’equilibrio/organizzazione e all’adattamento spiegherebbero sia lo


sviluppo fisico che quello psicologico. Poiché negli scambi tra organismo e ambiente, sarebbe sempre la
ricerca dell’equilibrio a guidare lo sviluppo, anche se per lo sviluppo fisico vi sarebbe la tensione al
raggiungimento di un equilibrio più statico che per lo sviluppo cognitivo che richiederebbe la presenza di un
equilibrio più flessibile. Come abbiamo visto il raggiungimento di un equilibrio, e quindi di un adattamento, è
infatti il risultato dell’utilizzo dei due processi complementari di assimilazione e accomodamento.

127
Proprio a seguito del ripetersi continuamente delle dinamiche caratterizzate dall’utilizzo di assimilazione e
accomodamento si producono delle forme o degli stadi successivi di equilibrio ed organizzazione cognitiva
sempre più complessi ed avanzati, ovvero quelle che abbiamo definito strutture variabili. Questi stadi
rappresentano l’aspetto di discontinuità dello sviluppo e le loro caratteristiche intrinseche sono state ben
definite da Piaget.

GLI STADI DI SVILUPPO


Un aspetto fondamentale della teoria di Piaget è quello di prendere in considerazione sia gli aspetti di
continuità che quelli di discontinuità dello sviluppo. L’aspetto di continuità viene garantito dagli invarianti
funzionali di tendenza all’equilibrio/organizzazione e all’adattamento che abbiamo già analizzato nelle attività
precedenti. L’aspetto di discontinuità viene invece studiato analizzando le strutture e gli stadi generati, le
strutture variabili. In quest’ottica Piaget parla di stadio di sviluppo come una tappa di crescita caratterizzata
da un particolare modo di pensare il mondo sulla base di certi schemi cognitivi. Ogni stadio di sviluppo
possiede una sua coerenza interna per cui gli schemi che lo caratterizzano sono qualitativamente diversi da
quelli che hanno caratterizzato gli stadi precedenti ma anche da quelli che caratterizzeranno gli stadi
successivi. Inoltre lo sviluppo cognitivo è caratterizzato da un’integrazione gerarchica tra stadi. Ovvero
quando un bambino raggiunge uno stadio superiore non perde le acquisizioni di quello precedente, ma, al
contrario, queste vengono integrate nelle strutture più evolute. Quella definita da Piaget è quindi una teoria
stadiale dello sviluppo che prevede 4 stadi principali. Lo sviluppo intellettuale è quindi caratterizzato da 3
momenti di profonda riorganizzazione mentale il cui esito è il superamento di uno stadio di sviluppo in favore
di un nuovo equilibrio più complesso e adatto all’ambiente.

128
SLIDE 35

LO STADIO SENSOMOTORIO (0 - 24 MESI)


Il primo stadio di sviluppo cognitivo per Piaget parte dalla nascita e caratterizza i primi due anni di vita del
bambino. In questa fase la conoscenza del mondo deriva dai sensi e dalle azioni che il bambino compie sugli
oggetti. Non c’è ancora una rappresentazione interna degli oggetti: per il bambino gli oggetti esistono solo
nel momento e nel luogo in cui li percepisce. Questi primi mesi sono caratterizzati quindi solo dall’azione
diretta che il bambino fa sugli oggetti poiché egli comprende il mondo solo in base a ciò che può fare con
questi oggetti e con le informazioni sensoriali. Lo stadio senso-motorio è stato diviso da Piaget in 6 sotto
stadi durante i quali il bambino passa gradualmente dall’essere un organismo riflesso ad essere un
organismo riflessivo.

129
I SOTTOSTADI DELLO STADIO SENSOMOTORIO (0 - 24 MESI)
Passiamo ora ad analizzare più nel dettaglio cosa caratterizza i 6 sotto stadi dello stadio sensomotorio e
quali sono le conquiste dei bambini in ognuno di essi.

I. ESERCIZIO DEI RIFLESSI (0-1 MESE)


Durante questo periodo di vita il bambino non ha consapevolezza di sé e del mondo, esercita
semplicemente i riflessi. Abbiamo parlato dei riflessi parlando di sviluppo motorio e abbiamo
visto come essi siano delle azioni involontarie che scompaiono nell’arco di pochi mesi.
II. REAZIONI CIRCOLARI PRIMARIE E PRIMI ADATTAMENTI NON INNATI (1-4 MESI)
Il secondo sotto stadio dello sviluppo sensomotorio è caratterizzato da comportamenti che
implicano l’apprendimento di nuove informazioni dall’ambiente, anche se ciò avviene per caso.
Questo è molto diverso dall’esercizio dei riflessi che è solo una ripetizione che non genera nuovi
apprendimenti.
III. REAZIONI CIRCOLARI SECONDARIE (4-8 MESI) Nel terzo sotto stadio si assiste al passaggio
dalla ripetizione delle azioni alla loro combinazione e all’invenzione di nuove condotte che
avviene sempre per caso. Ad esempio, il bambino afferrare gli oggetti che vede oppure porta
alla bocca gli oggetti toccati.
IV. COORDINAZIONE DEGLI SCHEMI SECONDARI E LORO APPLICAZIONE A SITUAZIONI
NUOVE (8-12 MESI) Con il passare dei mesi gli schemi d’azione vengono coordinati
intenzionalmente e applicati a situazioni nuove. il bambino comincia a mettere in relazione le
cose tra di loro. In questo sotto stadio compare la capacità del bambino di distinguere tra i mezzi
e i fini.
V. REAZIONI CIRCOLARI TERZIARIE (12-18 MESI) Fino al compimento del suo primo anno d’età
il bambino si limita a riprodurre i risultati frutto delle sue scoperte casuali. Dall’anno in poi il
bambino comincerà a produrre dei risultati attraverso delle sperimentazioni attive che producono
nuovi schemi cognitivi. Nello specifico Piaget ha analizzato tre condotte comportamentali. La
capacità di avvicinare un oggetto tirando a sé il supporto su cui l’oggetto è posato - Ad es., Tiro
la coperta per prendere il gioco che si trova su di essa La capacità di attirare un oggetto usando
un suo prolungamento - Ad es., Tiro la cordicella del gioco La capacità di usare uno strumento
per avvicinare un oggetto - Ad es., Uso un bastoncino per prendere il gioco.
VI. INVENZIONE DI MEZZI NUOVI MEDIANTE COMBINAZIONE MENTALE O DEDUZIONE (18-
24 MESI) Giunto alla fine dello stadio sensomotorio il bambino affronta le situazioni nuove non
più attraverso tentativi e apprendimenti graduali, ma attraverso combinazioni mentali, per cui
prima il comportamento viene concepito mentalmente e poi messo in atto. Il bambino anticipa
quali azioni sono necessarie e quali invece porterebbero a un fallimento, questa anticipazione
avviene a livello mentale e non più nell’azione concreta come nei mesi precedenti. Questa
progettazione mentale permette al bambino anche di trovare oggetti nascosti, pianificando prima
i movimenti, tenendo conto di ostacoli e possibilità. Ad esempio, se una palla va sotto il divano,
anziché chinarsi subito, gira intorno al divano.

LA PERMANENZA DELL’OGGETTO
Quando abbiamo analizzato lo sviluppo percettivo abbiamo visto come il bambino anche molto piccolo sia
portato ad osservare gli stimoli che gli vengono presentati.
Ma inizialmente quando un oggetto scompare dalla vista,
il bambino perde rapidamente interesse e non ne ricerca la presenza.

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131
132
SLIDE 36

SCHEMA DEI CONTENUTI


Questa lezione 36 è dedicata all’approfondimento dello stadio sensomotorio e all’analisi delle relazioni che il
bambino ha con il suo ambiente esterno. Le interazioni infantili di fatto nei primi due anni di vita cambiano
molto velocemente e i bambini sviluppano numerose abilità come la permanenza dell’oggetto che abbiamo
appena studiato. In queste attività ti verrà chiesto di osservare dei filmati ed annotarti quelle che sono le
caratteristiche del comportamento che ritieni particolarmente significative. Procurati carta e matita e annotati
i riferimenti agli argomenti trattati nelle lezioni precedenti.
A questi link troverai dei filmato che ti mostrano le relazioni con l’ambiente di bambini di meno di 8 mesi.
Link 1: https://youtu.be/WAHQinFNMj4
Link 2: https://youtu.be/blIw2Q6NWQs

SCHEMA DEI CONTENUTI


Dopo gli 8 mesi e fin verso i 18 mesi il comportamento del bambino che si relaziona con il suo ambiente
cambia molto e si differenzia notevolmente da quello che hai potuto osservare nel filmato precedente. Ti
propongo ad esemplificazione tre filmati. Procedi anche qui prendendo nota dei comportamenti salienti e che
ti riportano alla mente quanto hai già studiato.
Link 3: https://youtu.be/lKZ9IPRKkkU
Link 4: https://youtu.be/ue8y-JVhjS0
Link 5: https://youtu.be/4jW668F7HdA

SCHEMA DEI CONTENUTI Ed eccoci infine giunti all’ultimo periodo dello stadio sensomotorio che
caratterizza il bambino tra i 18 e i 24 mesi quando è presente una rappresentazione dell’oggetto collocata
nello spazio, nel tempo e nelle relazioni causali con gli altri oggetti-eventi. Procedi anche qui con carta e
matita!
Link 6: https://youtu.be/ttbwgEbeZwI

RISPONDI SUL FORUM


È arrivato il momento di riflettere su quanto hai visto e sui tuoi appunti provando anche ad accedere ad una
prospettiva di tipo evolutivo.
Quali sono i comportamenti che ti hanno particolarmente colpito a 8 mesi? Tra gli 8 e 18 mesi?
Dopo i 18 mesi?
Quali tappe di sviluppo della permanenza dell’oggetto hai colto?
Quali evoluzioni hai colto?
Come è cambiato l’approccio del bambino al mondo che lo circonda?

SLIDE 37

Piaget: Lo Sviluppo Cognitivo

LA PRIMA TRANSIZIONE: LE ACQUISIZIONI DEI 2 ANNI


Il primo stadio dello sviluppo cognitivo di Piaget si conclude intono ai 2 anni quando avviene la prima grande
trasformazione qualitativa del pensiero infantile. Come abbiamo visto il bambino arriva a comprendere
nozioni importanti come quelle di permanenza dell’oggetto, spazio, tempo e causalità. La conquista
principale di questo periodo che rende possibile tutti gli altri sviluppi già citati è quella legata alla capacità di
crearsi delle rappresentazioni mentali. Il bambino può ora agire in un ambiente in cui gli oggetti hanno
un’esistenza fisica, spaziale e temporale propria e sono fonti autonome di causalità. È in grado anche di
ricostruire le cause partendo dagli effetti e – viceversa – è in grado di prevedere gli effetti di un oggetto come
fonte potenziale di azioni. Anche la percezione del proprio corpo cambia e diviene la percezione di un
oggetto in mezzo agli altri. Il bambino diviene capace di rappresentare se stesso e di immaginare i propri
spostamenti nello spazio come se potesse osservarli dall’esterno individuando delle relazioni spaziali.

133
LO STADIO PREOPERATORIO (2 - 7 ANNI)

Le conquiste raggiunte dal bambino con il superamento dello stadio sensomotorio gli consentono di arrivare
a sviluppare la funzione simbolica. Il periodo che va dai 2 ai 7 anni viene definito stadio preoperatorio ed è
caratterizzato proprio dalla capacità del bambino di utilizzare i simboli siano essi intesi come immagini,
parole o azioni in grado di rappresentare ciò che non è direttamente presente. Tra i comportamenti che
testimoniano la presenza di questa importante conquista per il bambino abbiamo:
 IMITAZIONE DIFFERITA
 GIOCO SIMBOLICO
 LINGUAGGIO – schemi verbali per rappresentare la realtà.

IMITAZIONE DIFFERITA
Secondo Piaget nello stadio preoperatorio il bambino diviene capace di un’imitazione differita, ovvero
spostata nel tempo. Anche durante lo stadio sensomotorio il bambino era capace di imitare ma limitatamente
a ciò che egli poteva vedere concretamente basandosi su un modello esterno direttamente presente,
appunto un’imitazione diretta. Dopo i 2 anni il bambino non ha più bisogno di una percezione diretta del
modello per imitare, ma può imitare anche a distanza di tempo quel modello perché se ne è creato
un’immagine o rappresentazione mentale, quindi un modello interno.

GIOCO SIMBOLICO
Sempre in questo periodo di vita secondo Piaget compare il gioco simbolico. Si tratta di una modalità di
gioco in cui il bambino fa finta che un oggetto a sua disposizione rappresenti (stia per) un altro oggetto al
momento non presente. Come è facile intuire questo presuppone che il bambino possieda una
rappresentazione mentale dell’oggetto non presente. Ad esempio è facile vedere dei bambini che utilizzano
cartoni o scatole facendo finta che siano macchine.

LINGUAGGIO
La più importante conquista relativa alla funzione simbolica dello stadio preoperatorio è sicuramente il
linguaggio. Le parole infatti stanno sistematicamente al posto di qualcos’altro che non è presente, ma
rappresentato nella mente.
Nello stadio preoperatorio i bambini sono ancora in grado di svolgere operazioni. Ma cosa si intende per
operazioni? Ci si riferisce ad azioni interiorizzate che prevedono l’organizzare delle informazioni provenienti
dall’ambiente a proprio piacimento. Esempi di operazioni sono la classificazione degli oggetti che sono simili
per dimensione, il raggruppamento tra loro di animali distinguendoli dagli oggetti, etc. Per Piaget lo sviluppo
cognitivo dipende proprio dall’acquisizione della capacità di padroneggiare le operazioni le quali a loro volta
presuppongono la capacità di pensare a livello simbolico. Durante lo stadio preoperatorio le azioni mentali
che compie il bambino non sono ancora sistematiche e coordinate fra loro. Nello svolgere dei compiti
considera un solo aspetto alla volta. Ma se i bambini tra i 2 e i 7 anni sono in grado di padroneggiare la
funzione simbolica, per quale motivo non sono ancora capaci di compiere operazioni? Gli ostacoli all’utilizzo
delle operazioni mentali sono legate ad alcune caratteristiche e alcuni tratti del pensiero. Ma quali?
I. EGOCENTRISMO
II. II. ANIMISMO

134
III. RIGIDITÀ
IV. RAGIONAMENTO PRELOGICO

SCHEMA DEI CONTENUTI


Prima di iniziare ad analizzare gli ostacoli all’utilizzo dell’operazioni mentali ti chiedo di osservare il filmato al
link che ti propongo dove ti vengono presentati dei colloqui con bambini nello stadio preoperatorio. Le tracce
audio non sono in italiano troverai quindi qui di seguito le traduzioni.
Link 1: https://youtu.be/OinqFgsIbh0
Link 2: https://youtu.be/GOfrDbUA6oU
Rifletti su quello che hai visto. Quali pensieri irrazionali e bizzarri dei bambini emergono dai filmati che hai
analizzato? Quale interpretazione del mondo è alla base delle risposte infantili? Perché di fronte al plastico
della montagna il bambino non considera il punto di vista dello sperimentatore? Perché la bambina guarda
l’orsetto quando l’adulto gli chiede se l’orsetto è felice?
LINK 1
Prima scena: lo sperimentatore siede sul lato sinistro dello schermo e il bambino sul lato destro.
Sperimentatore: Mi sai dire quello che vedi se guardi da dove sei seduto? Dimmi alcune delle cose che vedi!
Bambino: Ehm... un gatto... Sperimentatore: Un gatto! Bambino: ... un albero e un osso...
Seconda scena: sperimentatore e bambino invertono le posizioni, ora lo sperimentatore siede sul lato destro
dello schermo e il bambino sul lato sinistro.
Sperimentatore: Ok, ora faremo la stessa cosa! Mi sai dire che cosa vedi se guardi da quella posizione?
Bambino: Ehm... un gufo...
Sperimentatore: Un gufo!
Bambino: ... e lui!
Sperimentatore: E che cos’è lui?
Sperimentatore: E sai dirmi che cosa vedo io quando lo guardo da dove sono seduta io?
Bambino: Un gufo, una capra, un piccolo albero – sollevandosi in piedi ed indicando i due promontori – e
questo e quello!
LINK 2
Adulto: “Tu e l’orsetto siete amici?”
Bambina: annuisce.
Adulto: L’orsetto diventa triste quando non ti vede?
Bambina: “Certo!”
Adulto: “Tu diventi triste quando non vedi l’orsetto?”
Bambina: “Non proprio…”
Adulto: “L’orsetto è felice quando ti vede?”
Bambina: “Molto felice!”
Adulto: “L’orsetto ora è felice?”
Bambina (girandosi per guardare l’orsetto): “Si!”
Adulto: “Ok.
Rifletti sullo stadio preoperatorio e in particolare sugli ostacoli alle operazioni mentali.
Quali pensieri irrazionali e bizzarri dei bambini emergono dai filmati che hai analizzato?
Quale interpretazione del mondo è alla base delle risposte infantili?
Perché di fronte al plastico della montagna il bambino non considera il punto di vista dello sperimentatore?
Perché la bambina guarda l’orsetto quando l’adulto gli chiede se l’orsetto è felice?

Slide 38

I. EGOCENTRISMO
Durante lo stadio preoperatorio il pensiero del bambino è caratterizzato da quello che Piaget
definisce egocentrismo intellettuale. Questo vuol dire che i bambini tra 2 e 7 anni sono in grado
di percepire e pensare il mondo solo dalla loro personale prospettiva. Persiste infatti
un’incapacità di decentrarsi dalla propria visione del mondo e delle cose. A causa
dell’egocentrismo intellettuale i bambini non sono ancora capaci di di ragionare sulle relazioni: le
conversazioni di gruppo osservabili in questo periodo sono in realtà dei monologhi collettivi. I
bambini in età prescolare non sono ancora capaci di discutere fra loro ma le loro conversazioni
sono spesso una compresenza di affermazioni contrastanti. Anche quando il loro scopo è dare
delle spiegazioni a un pari fanno molta fatica a vedere le cose dal punto di vista di chi non lo sa
e spesso parlano per loro stessi. Si può facilmente assistere ai monologhi collettivi dei bambini
di questa età quando più bambini sono seduti allo stessa tavolo, ognuno parla per conto proprio
ma tutti pensano di ascoltare e capire tutti gli altri. I monologhi collettivi consistono nell’incitarsi
reciprocamente all’azione più che a comunicarsi pensieri veri e propri. Alle volte gli scambi

135
comunicativi tra più bambini – 3 o più – possono sembrare delle vere e proprie conversazioni
poiché possiamo già ritrovare un rispetto dei turni di parola. In realtà stiamo assistendo più al
rispetto di una consuetudine sociale che a un comportamento funzionale a uno scambio
comunicativo efficace. Per indagare l’egocentrismo intellettuale tipico dello stadio preoperatorio
Piaget sviluppò ed utilizzo un compito specifico definito il compito delle tre montagne (Piaget e
Inhelder, 1951 – La Rappresentazione dello Spazio).
IL COMPITO DELLE TRE MONTAGNE
Nell’esperimento originale i bambini venivano posti davanti ad un plastico che rappresentava le
tre montagne di Ginevra. Dall’altra parte del plastico veniva messa a sedere una bambola. Al
bambino venivano poi mostrate quattro foto che rappresentavano le 4 principali prospettive del
plastico plastico (F – frontale, B – posteriore, SX – lato sinistro, DX – lato destro). E gli si
chiedeva di indicare prima la foto che rappresentava la sua prospettiva poi quella che
rappresentava la prospettiva della bambola.

Il bambino diviene capace di risolvere questo compito quando acquisisce la capacità di


decentrarsi e diviene quindi in grado di prendere in considerazione punti di vista differenti dal
suo. Fino agli 8 anni i bambini però sembrerebbero essere incapaci di immaginare quale
potrebbe essere la prospettiva di un’altra persona.

II. ANIMISMO
Un altro limite all’utilizzo delle operazioni mentali durante lo stadio preoperatorio è l’animismo
con cui il bambino interpreta gli eventi del mondo. Ovvero tra i 2 e i 7 anni il bambino tende ad
estendere le caratteristiche degli organismi viventi anche a degli esseri inanimati. Sembrerebbe
infatti che il bambino sia incapacità di fare una distinzione tra oggetti inanimati da esseri viventi.
Questo fa si che anche agli oggetti vengano attribuiti desideri, emozioni e volontà. I prossimi
esempi sul conversazioni adulto-bambino che mettono in evidenza la presenza di un pensiero di
tipo animistico dovrebbero aiutarti a comprendere meglio.
ESEMPI DI PENSIERO ANIMISTICO
Adulto: Cosa fa il sole quando ci sono le nuove e piove?
Bambino: Va via, perché c’è brutto tempo
Adulto: Perché?
Bambino: Perché non vuole bagnarsi!
Adulto: …a proposito della luna...
Bambino: Ci guarda e poi ci sorveglia. Quando cammino, lei cammina e quando mi fermo, si
ferma. Fa il pappagallo.
Adulto: Perché?
Bambino: Vuole fare come gli altri
Adulto: Perché?
Bambino: Perché è curiosa.
Il superamento del pensiero animistico avviene in modo graduale. Da una prima fase in cui il
pensiero animistico riguarda tutti gli oggetti, si passa a una seconda fase in cui a fare da
discriminante è la presenza o meno di un movimento generico a una terza dove il bambino

136
prende in considerazione solo il movimento spontaneo. Il superamento anche di questa terza
fase porta il bambino a comprendere che solo animali e uomini sono animati.

Un aspetto interessante del pensiero animistico è il suo legame con le paure. Molte delle paure
infantili sono legate a questa tipologia di pensiero che attribuisce delle caratteristiche umane ad
oggetti che in realtà non le possiedono. Ma un richiamo allo stadio preoperatorio riesce spesso a
spaventare anche gli adulti.
ANIMISMO E PAURE
Ma un richiamo allo stadio preoperatorio riesce spesso a spaventare anche gli adulti. Pensate
per un attimo ai libri di uno dei più noti scrittori di horror di sempre, Stephen King. Scrive di
Christine un’automobile dotata di mente propria, parla di un animale giocattolo che suona i piatti
per preannunciare uno spaventoso pericolo che si avvicina… Sono tutti esempi di riferimenti al
pensiero animistico e ci agganciano sulla paura.

III. RIGIDITÀ DI PENSIERO


La rigidità di pensiero tipica dello stadio preoperatorio non si riferisce a una caratteristica
personologica del bambino ma a una modalità di pensiero tipica e condivisa da tutti i bambini in
questa fascia d’età. La rigidità di pensiero si manifesta in diversi modi, ma gli aspetti più studiati
sono l’irreversibilità del pensiero e la difficoltà ad adattarsi ai cambiamenti dell’aspetto delle
cose.
IRREVERSIBILITÀ DEL PENSIERO
I bambini nello stadio preoperatorio hanno una tendenza a pensare oggetti ed eventi nell’ordine
in cui sono stati originariamente sperimentati. Il bambino non è in grado di annullare gli effetti di
una azione mentale attraverso l’esecuzione di un’altra azione mentale ad essa opposta. Ad
esempio, pensate di mostrare a un bambino in questo stadio di sviluppo 10 perle di legno, di cui
7 nere e 3 bianche. Dopo di che chiedetegli sono di più le perle nere o le perle di legno?

Molto probabilmente la risposta del bambino sarà “Le perle nere! Perché quelle bianche sono
solo tre!” Secondo Piaget il fallimento in questo compito è dovuto proprio all’irreversibilità del loro
pensiero. Infatti dopo che hanno compiuto l’azione mentale di dissociazione delle perle nere da
tutte le altre per vedere quali sono di più, non sono più in grado di annullare questa azione.
Permane quindi nella mente del bambino la dissociazione delle perle nere da tutte le altre e,
poiché non riesce a ricongiungere le perle nere alle altre, il confronto viene fatto tra le nere e
quelle che rimangono, le bianche. L’insieme totale delle perle di legno non è ricostruibile. Questa
forte tendenza che li porta quindi a non riuscire ad invertire mentalmente le sequenze, rende
molto rigide tutte le sue percezioni. Infatti mentre, i bambini più grandi, così come gli adulti,
137
possono arrivare ad organizzare i simboli come preferiscono (ad esempio, capiamo che 1 + 2 =
3 e che 3 – 2 = 1), in maniera flessibile per i bambini di questa età non è ancora possibile.
DIFFICOLTÀ AD ADATTARSI AI CAMBIAMENTI DELL’ASPETTO
Abbiamo detto che un altro esempi di rigidità di pensiero è la difficoltà ad adattarsi ai
cambiamenti dell’aspetto delle cose. Per questi bambini non si può parlare di costanza
dell’identità, il loro pensiero infatti sembra dominato da tratti percettivi irrilevanti, che non
riescono ad però ad ignorare. Abbiamo detto che un altro esempi di rigidità di pensiero è la
difficoltà ad adattarsi ai cambiamenti dell’aspetto delle cose. Per questi bambini non si può
parlare di costanza dell’identità, il loro pensiero infatti sembra dominato da tratti percettivi
irrilevanti, che non riescono ad però ad ignorare. Un esempio classico che viene riportato per i
bambini in età prescolare è quello del cane con la maschera del gatto. Se mostriamo a un
bambino di questa età un cane e gli chiediamo che animale sia, la risposta sarà quasi
sicuramente adeguata “Un cane!”. Se però in seguito prendiamo una maschera che rappresenta
il muso di un gatto e in presenza del bambino mettiamo la maschera al cane, assistiamo a un
effetto della rigidità di pensiero. Rifacendo infatti la domanda: che animale è? È molto probabile
che il bambino risponda “un gatto!”. Togliendo nuovamente la maschera tornerà a dire “un
cane!”. Sembrerebbe che il suo pensiero sia dominato da un tratto percettivo che, seppur
irrilevante per identificare l’animale, il bambino non riesce ad ignorare.

IV. RAGIONAMENTO PRELOGICO


Riguardo al pensiero prelogico o trasduttivo spesso si fa riferimento a un aneddoto raccontato
dalla stesso Piaget che ha come protagonista sua figlia Lucienne. Avendo saltato il suo solito
pisolino pomeridiano la bambina avrebbe costatato con estrema sicurezza che, non avendo
appunto lei fatto il suo sonnellino, non poteva certo essere pomeriggio! Non è raro trovare
esempi di questo tipo nei ragionamenti dei bambini prescolari che tendono a mettere in relazione
due eventi solo perché si verificano insieme – come in questo caso il pomeriggio e il sonnellino.
Si tratta di un ragionamento appunto trasduttivo che mette in relazione due eventi solo perché si
verificano insieme. Il bambino non è infatti ancora in grado di fare né ragionamenti deduttivi – dal
generale al particolare – né ragionamenti induttivi – dal particolare al generale. Manca ancora il
pensiero logico siamo in una fase di ragionamento prelogico. Un altro errore che spesso i
bambini compiono è quello di invertire il rapporto causa-effetto: L’uomo è caduto dalla bicicletta
perché si è rotto il braccio! Come abbiamo detto prima siamo in uno stadio di sviluppo prelogico,
non si deve commettere l’errore di credere che i bambini siano completamente illogici in questa
fase. Si tratta di un percorso di acquisizioni, in questo periodo i bambini stanno sperimentando
per arrivare a padroneggiare il pensiero logico che caratterizzerà lo stadio operatorio concreto
(7-11 anni). Questo tipo di ragionamento trasduttivo o precausale o prelogico ostacola
l’acquisizione di alcune nozioni fondamentali, tra cui quella di conservazione. Ovvero la
comprensione che alcune caratteristiche di base della materia non vengono modificate anche se
assistiamo a dei cambiamenti nel loro aspetto esteriore. Sempre utilizzando il metodo critico
Piaget ha indagato a fondo questo aspetto creando numerosi compiti note come le prove di
conservazione che vedremo nella prossima lezione.

SLIDE 39

Piaget: Lo Sviluppo Cognitivo

LE PROVE DI CONSERVAZIONE
In estrema sintesi possiamo dire che il pensiero preoperatorio è un pensiero egocentrico, precausale,
irreversibile, trasduttivo ed animistico. Siamo quindi fuori, anzi prima, dell’avvento della logica che farà la sua
comparsa durane lo stadio operatorio concreto (7-11 anni). Come abbiamo già detto tutte queste
caratteristiche prelogiche ostacolano l’utilizzo delle operazioni mentali. Piaget lavorò molto all’ideazione di
prove specifiche che potessero cogliere le differenze tra il pensiero preoperatorio e il pensiero operatorio
concreto. I suoi sforzi si concentrarono sui compiti di conservazione dove venivano messe alla prova le
capacità del bambino di comprendere che alcune caratteristiche di base della materia non vengono
modificate anche se cambia l’aspetto esteriore. Nelle prossime slide troverai alcuni esempi di prove di
conservazione classiche.

CONSERVAZIONE DELLA QUANTITÀ

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Allo stesso modo il bambino preoperatorio non è in grado di comprendere che se un liquido viene versato in
un contenitore di forma diversa, la quantità di liquido rimane la stessa. Di conseguenza se, dopo esserci
accertati che sia ben chiaro al bambino che ha davanti due contenitori con lo stesso quantitativo di liquido
(presentato in due contenitori uguali), versiamo il contenuto di uno dei due in un terzo recipiente più alto e
stretto il bambino tenderà a rispondere che il liquido nel terzo recipiente è di più.

139
140
Tutte queste prove vengono generalmente risolte dai bambini nello stadio operatorio concreto ma non dai
bambini nello stadio preoperatorio proprio a causa delle peculiarità del pensiero prelogico.

LO STADIO OPERATORIO CONCRETO (7-11 ANNI)


Nella lezione precedente hai avuto modo di vedere in azione dei bambini che si trovano nello stadio
operatorio concreto, quali caratteristiche ha il loro pensiero? Parlando del passaggio tra stadio preoperatorio
e stadio operatorio concreto si può facilmente notare un cambiamento qualitativo: le azioni mentali che prima
erano isolate possono ora essere coordinate tra loro e dare origine a delle vere e proprie operazioni mentali.
Il bambino arriva a comprendere che ad ogni operazione corrisponde un’operazione inversa: compare quindi
la reversibilità. Questa nuova conquista segna il momento di nascita del pensiero logico poiché permette al
bambino di coordinare tra loro diversi punti di vista. In tutto questo gioca un ruolo fondamentale anche il
superamento dell’egocentrismo intellettuale che permette al bambino di decentrarsi e prendere in
considerazione anche altri punti di vista. Tutto il pensiero arriva quindi ad organizzarsi in operazioni mentali
che sono delle forme interiorizzate di azioni precedentemente sperimentate sul mondo fisico. La reversibilità
ora consente al bambino di operare con le azioni mentali e gli risulta possibile annullare l’effetto di un’azione
mentale eseguendone un’altra. Queste nuove operazioni sono però ancora operazioni concrete, ovvero
vincolate a oggetti o eventi concreti e specifici di cui il bambino fa esperienza diretta, non è ancora in grado
di ragionare su nozioni astratte od ipotetiche. Le conquiste che i bambini raggiungono durante questo stadio
sono numerose. Innanzitutto la comparsa del pensiero logico permette al bambino di padroneggiare le
deduzioni. Dopo i 7 anni il bambino passa da una modalità di pensiero dominata dalla percezione a una
modalità di pensiero dominata dalla logica. Compaiono così le nozioni necessarie a risolvere la maggior
parte dei compiti che abbiamo analizzato nella lezione precedente.

LO STADIO OPERATORIO CONCRETO / 2 (7-11 ANNI)

In questa attività ci occuperemo di analizzare più nel dettaglio quali sono le abilità fondamentali che entrano
in gioco nella risoluzione dei compiti piagetiani.

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CONSERVAZIONE
L’acquisizione della conservazione permette al bambino di arrivare a comprendere che alcune caratteristiche
essenziali degli oggetti non vengono intaccate da modificazioni superficiali. La conservazione riguarda il
volume, la lunghezza, il numero, la dimensione e la massa. Abbiamo visto molto bene questo fenomeno
parlando delle prove di conservazione. I bambini che avete visto nello stadio operatorio concreto sanno che
il quantitativo d’acqua non cambia anche se essa viene travasata in un bicchiere con una forma diversa o
che anche se la palla di plastilina si modella in una striscia la massa rimane la stessa!
SERIAZIONE
Le capacità di seriazione si basano sulla capacità del bambino di fare inferenze transitive, ovvero sulla sua
abilità di organizzare mentalmente gli oggetti/eventi sulla base di criteri. Tali criteri possono essere ad
esempio, l’altezza, il peso, la velocità o il tempo. Pur essendo sempre legati all’esperienza concreta i
bambini in questo stadio sono in grado di dare risposta a quesiti come: Se A corre più veloce di B e B corre
più veloce di C, chi è più veloce A o C? Pensa ai tuoi amici mettendoli in ordine di altezza.
CLASSIFICAZIONE
La classificazione richiama la capacità acquisita dei bambini di classificare gli oggetti/eventi in diversi gruppi
in base a certi criteri e di individuare la relazione che esiste tra i gruppi. Divengono in grado di comprendere
la relazione tra una parte e il tutto e comprendono cosa voglia dire includere in una categoria piuttosto che
un’altra. Tipicamente i bambini in questa fase sono in grado di risolvere la richiesta che abbiamo visto sulle
palline nere e le palline di legno. Nello stadio operatorio concreto la maggior comprensione della relazione
tra tutto e parti, rende evidente che sia le palline nere che quelle bianche appartengono al gruppo palline di
legno!
IDEA DI NUMERO
Dall’acquisizione della seriazione e della classificazione secondo Piaget deriverebbe l’idea di numero. Il
bambino comprende che la numerazione è un processo arbitrario; che i numeri possono essere organizzati
in categorie e sottocategorie. Compare un’idea più matura di numero e la consapevolezza della sua
invariabilità. Come i bambini capiscono che le palline bianche e quelle nere sono sempre palline di legno,
allo stesso modo ora comprendono che i numeri sono organizzati in categorie e sotto-categorie e che ad
esempio, 1 e 2 compongono il 3.

Durante il periodo operatorio concreto (7-12 anni), per quanto vi siano numerose ed importanti acquisizioni il
pensiero infantile è ancora differente da quello adulto poiché conserva la necessità di basarsi sempre su
eventi od oggetti concreti, che supportino le operazioni mentali.

SLIDE 40

Piaget: Lo Sviluppo Cognitivo

LA TERZA TRANSIZIONE: IL PENSIERO IPOTETICO-DEDUTTIVO


Ed eccoci giunti all’ultima transizione individuata da Piaget quella che permette il passaggio dallo stadio
operatorio concreto allo stadio operatorio formale. Questa transizione secondo Piaget avviene intorno agli 11
anni. In questa attività ti propongo il link a un filmato dove ti vengono presentati due ragazzi alle prese con il
compito del pendolo. In cosa consiste?

LO STADIO OPERATORIO FORMALE (DAGLI 11 ANNI)


Al bambino viene messo a disposizione un esempio di pendolo e gli vengono al contempo forniti oggetti di
differente massa e delle cordicelle con lunghezze differenti utili per formare un pendolo. Gli si dice che si
tratta di una prova per vedere come le persone risolvono i problemi e che il problema da risolvere è
determinare da che cosa dipenda il periodo di oscillazione del pendolo. Le variabili da prendere in
considerazione sono:
 La lunghezza della cordicella
 La massa dell’oggetto
 L’altezza da cui viene spinto
 La forza con cui viene spinto.
Eccoti il link a un filmato dove ti vengono presentati due ragazzi alle prese con il compito del pendolo. Link 1:
https://www.youtube.com/watch?v=E-6NDrpzGAE
La risposta corretta per risolvere il problema è che il periodo di oscillazione del pendolo è funzione solo della
lunghezza della cordicella. Piaget provò questo compito con bambini di diverse età ottenendo risultati
differenti sulla base dello stadio di sviluppo dei bambini.
Solo i bambini nello stadio operatorio formale, come quelli che hai visto nel filmato, procedono in maniera
sistematica verificando ogni fattore. Il bambino formula delle ipotesi su quale possa essere il fattore
determinante e con rigore procede a verificarle una per una finché ha esaurito tutte le possibilità.
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Tipicamente i bambini nello stadio preoperatorio prendono in considerazione come unica variabile la spinta
che viene impressa all’oggetto. Durante lo stadio operatorio concerto il bambino prova ad analizzare diversi
fattori ma non si può dire che proceda alla verifica sistematica di ipotesi, quanto piuttosto che proceda
casualmente senza pianificazione. Prova a comprendere il perché di queste differenze cosa sta facendo il
bambino dello stadio operatorio formale che non è ancora in grado di fare il bambino nello stadio operatorio
concreto? Quali sono le differenze nei due approcci?

LO STADIO OPERATORIO FORMALE (DAGLI 11 ANNI)


Ripartendo dal compito del pendolo vediamo come per arrivare alla soluzione occorra che il bambino, da un
lato metta in gioco un pensiero di natura formale e dall’altra che proceda in modo ipotetico-deduttivo. Ciò
vuol dire che il bambino deve essere in grado di utilizzare uno schema se... allora... formulando delle ipotesi
e procedendo alla loro verifica. Solo così il bambino potrà infatti arrivare a sviluppare un ragionamento
ipotetico-deduttivo e probabilistico.

Il pensiero che caratterizza questo stadio è il massimo livello di pensiero e il bambino acquisisce la capacità
di condurre dei ragionamenti corretti senza che abbia la necessità di partire da un dato di esperienza.
Durante questo stadio si consolidano le capacità di problem solving avanzato che come abbiamo visto
permette di formulare ipotesi e prendere in considerazione diverse possibilità di risoluzione. Le operazioni
formali si differenziano quindi dalle operazioni concrete dello stadio precedente. Il bambino diviene capace,
non solo di pensieri logici, ma anche di applicazioni della logica attraverso la modalità se... allora... Una delle
maggiori acquisizioni di questo periodo è il pensiero astratto che comporta la capacità di ragionare su
oggetti/eventi che il bambino non ha mai sperimentato direttamente. I suoi ragionamenti possono essere
completamente slegati da oggetti ed eventi reali e procedere solamente a partire da premesse ipotetiche.
Questo sviluppo consentirà al bambino di arrivare a riflettere e discutere sul futuro, nonché di considerare
diverse possibilità e diversi altri mondi possibili. Queste abilità dello stadio operatorio formale sono la base
dell’idealismo che caratterizzerà il periodo adolescenziale.

CRITICHE
La teoria di Piaget è stata oggetto di numerose critiche e rivisitazioni. Lo sviluppo cognitivo così come è
inteso da Piaget avrebbe numerose falle teoriche che gli studi più recenti hanno messo in luce. Piaget viene
criticato soprattutto per l’eccessiva importanza data all'acquisizione delle capacità di ragionamento. Secondo
la psicologia cognitiva, infatti, l'intelligenza non dipenderebbe solo dalle capacità grezze manifestate dal
bambino, ma anche dalle conoscenze. In quest’ottica si deve quindi guardare allo sviluppo cognitivo anche
come all’apprendimento di determinati contenuti. La critica forse più nota alle teorizzazioni piagetiane è
quella relativa all’accento posto dall’autore sull'auto-generazione delle strutture cognitive. Piaget non nega
l’importanza dell’ambiente nello sviluppo cognitivo ma lo interpreta esclusivamente come oggetti con cui
interagire non si interessa dell’ambiente inteso come relazioni sociali. Piaget ha fortemente sottovalutato i
fattori socio-culturali dello sviluppo ma di questo ci occuperemo affrontando il confronto classico tra il suo
lavoro e quello di un autore altrettanto noto Lev Semënovič Vygotskij (1896-1936) che si è invece molto
occupato di indagare l’influenza dei fattori socio-culturali. Ulteriori fonte di critiche è in generale il fatto di aver
postulato una teoria stadiale. Lo stadio inteso nell’accezione di Piaget non può più essere considerato un
approccio teorico utilizzabile. Pur rimanendo condivisibile l’idea che alcune acquisizioni ne preparino altre e
che vi sia una certa sequenzialità nello sviluppo, ormai non si ritiene più che lo sviluppo sia caratterizzato da
salti qualitativi che si ripropongono in tutti gli individui e che traghettano verso abilità sempre più alte. Ad

143
esempio, Fisher (1980) e Flavell (1971) ridimensionano il concetto di stadio parlando di sequenze universali
che però non possono essere viste come strutture globali e dotate di coerenza interna. Anche il metodo
utilizzato da Piaget non è stato esente da critiche. Nello specifico sono stati analizzati gli aspetti:
 Linguistici,
 Familiarità dei compiti.
In primo luogo, la comprensione ancora immatura del linguaggio posseduta da un bambino potrebbe portarlo
a interpretare in modo distorto le richieste dell’adulto. Infatti, come ricorderai, adulti e bambini non sempre
attribuiscono alle parole lo stesso significato.
Un altro problema legato all’aspetto linguistico è il fatto che il bambino, guardando all’adulto come ad un
individuo detentore di conoscenza superiori rispetto a lui, potrebbe fornire le risposte che pensa di dover
dare. Pensiamo ad esempio alle prove di conservazione. Come abbiamo visto, la procedura standard
prevede una prima domanda relativamente all’uguaglianza o meno di due oggetti (quantitativo d’acqua,
massa della palladi plastilina, lunghezza della cannuccia, etc.). Successivamente direttamente davanti al
bambino viene agita una manipolazione e gli si chiede nuovamente di valutare l’uguaglianza dei medesimi
oggetti.
COME INTERPRETA QUESTO COMPORTAMENTO IL BAMBINO?
Oppure il bambino potrebbe anche pensare: ...se me lo chiede di nuovo forse è perché la mia prima risposta
era sbagliata. Potrebbe essere che la sua seconda risposta sia differente da quella precedente a causa di un
pensiero del tipo: ...se me lo chiede di nuovo vuol dire che qualcosa è cambiato.... Infine i compiti di Piaget
sono stati molto criticati anche perché rappresenterebbero situazioni di vita non sperimentate dai bambini e
quindi a loro non familiari. Come vedremo nella prossima attività la riproposizione ai bambini di compiti che
misurano le medesime caratteristiche mentali attraverso però situazioni a loro più familiari li metterebbe nella
condizione di poterli risolvere prima in termini di età.

CRITICHE / 2
Passiamo ora all’analisi degli stadi successivi, nello specifico ci concentreremo sullo stadio preoperatorio e
lo stadio delle operazioni concrete. Come abbiamo già messo in evidenza all’inizio di questa lezione i limiti
del metodo di Piaget potrebbero aver influenzato lo svolgersi di alcune prove, in particolare quelle di
conservazione e il compito delle tre montagne. In particolare alcuni studi di McGarrigle e Donaldson (1974)
sottolineano come la modifica di alcuni elementi contestuali senza che vi sia un alterazione della struttura del
compito consentirebbero ai bambini di rispondere correttamente molto prima.
Se ad esempio le modificazioni agli oggetti (palla di plastilina, distanza tra i gettoni, etc.) non vengono agite
direttamente dall’adulto ma vengono imputate, in fase di test, a un aiutante distratto e pasticcione (una
bambola o un animale di pezza) i bambini danno percentualmente più risposte corrette rispetto alle prove in
cui vengono utilizzate le procedure standard. Per quanto riguarda l’egocentrismo intellettuale sempre
l’esperimento effettuato da Hughes contraddice l'affermazione di Piaget sull'incapacità dei bambini al di sotto
dei 7 anni di decentrare. In questa prova viene spiegato al bambino che un pupazzo sta fuggendo da un
poliziotto e gli viene chiesto di identificare i quadranti dove il pupazzo può nascondersi senza che il poliziotto
lo scopra.

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Hughes propose numerose modifiche al compito del poliziotto tra cui inserire un altro poliziotto nel quadro
della vicenda. In questa versione il pupazzo sta fuggendo da due poliziotti da cui deve nascondersi e i
quadranti possibili si riducono a un solo quadrante. Il bambino deve essere capace di coordinare due punti di
vista differenti, ma anche in questo caso le risposte corrette sono superiori rispetto all’esperimento classico
delle tre montagne.

Hughes propose numerose modifiche al compito del poliziotto tra cui inserire un altro poliziotto nel quadro
della vicenda. In questa versione il pupazzo sta fuggendo da due poliziotti da cui deve nascondersi e i
quadranti possibili si riducono a un solo quadrante. Il bambino deve essere capace di coordinare due punti di
vista differenti, ma anche in questo caso le risposte corrette sono superiori rispetto all’esperimento classico
delle tre montagne.

PERCHÉ I BAMBINI RISPONDONO CORRETTAMENTE A QUESTE PROVE?


I bambini in questo compito riescono meglio perché comprendono meglio i motivi e le intenzioni dei
personaggi coinvolti anche a tre anni. Il compito gli è molto più familiare rispetto ad identificare una
prospettiva. La dinamica fuga e inseguimento è nota ai bambini (pensa ai loro giochi...) che possono quindi
meglio comprendere il compito e attribuirgli un senso umano. Al contrario il compito delle tre montagne è
completamente astratto per il bambino essendo avulso da qualunque scopo, sentimento e sforzo umano.
Per il bambino risulta quindi di difficile comprensione proprio per l’assenza di motivazioni legate ai rapporti
interpersonali.

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