Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
MATURAZIONISMO,COMPORTAMENTISMO E COSTRUTTIVISMO.
Ogni area d’indagine della psicologia dello sviluppo ha la sua peculiarità e i diversi domini sono stati
caratterizzati dalla presenza di teorizzazioni legate al loro oggetto di studio. In questa lezione ci occuperemo
nello specifico di quelle che sono le prospettive teoriche che hanno interessato lo studio dello sviluppo
cognitivo.
MATURAZIONISMO:
Si tratta di una prospettiva teorica che attribuisce grande importanza ai processi di maturazione.
MATURAZIONEViene considerato il meccanismo fondamentale che regola la comparsa delle nuove abilità
con il procedere dell’età.
Se la comparsa di abilità, come ad esempio salire le scale, è quasi esclusivamente da imputarsi alla
maturazione come avviene questo processo? Come la maturazione può regolare la comparsa di
comportamenti?
La regolazione avviene attraverso: PROGRAMMA GENETICO DELL’INDIVIDUO. Questo programma
definisce :
Le tendenze individuali proprie ci ciascun individuo,
gli schemi generali di sviluppo comuni a tutti gli individui.
In sintesi gli autori che appartengono a questa prospettiva ritengono che 1:
La maturazione sia il meccanismo che regola la comparsa delle nuove abilità,
Lo sviluppo dovuto alla maturazione sia indipendente dalla pratica e dall’esercizio.
Sia le sequenze di maturazione comuni a tutti gli individui sia le differenze tra individui (per es.
nell’intelligenza e nel temperamento) siano influenzate dall’ereditarietà.
LA LINGUISTICA GENERATIVA
Quali sono le principali caratteristiche delle regole sintattiche di una lingua?
Vengono intuite implicitamente,
Vengono attivate quando l’individuo entra in contatto con degli stimoli linguistici,
A seguito del processo di intuizione e di esposizione allo stimolo linguistico si attiva un processo di
ricerca attiva e di verifica delle regole,
L’attivazione delle regole sintattiche dipende da un dispositivo innato: Language Acquisition Device
(LAD).
Ma che cos’è il LAD (Language Acquisition Device)?
L’esistenza del LAD – Language Acquisition Device – venne ipotizzata proprio da Avram Noam Chomsky
negli anni ’60 e si tratterebbe di una matrice biologica strutturata sulla base di una grammatica universale –
GU. A sua volta la GU – Grammatica Universale – sarebbe un sistema complesso di regole e principi o
usando le parole dello stesso Chomsky: “il sistema di principi, condizioni e regole che sono elementi
proprietà di tutte le lingue”2.
Ma come funzionano LAD - Language Acquisition Device – e GU – Grammatica Universale?
Pensate alla GU – Grammatica Universale – come ad una serie di interruttori che possono avere due
posizioni ON (acceso) e OFF (spento). Per ogni regola grammaticale gli interruttori si posizionano su
ON/OFF a seconda delle caratteristiche della lingua. Proviamo a vedere come funziona, prendendo ad
esempio una delle regole. Utilizzeremo la regola definita PRO (pronome): la presenza o meno del soggetto
espresso in una frase. Questa regola, come tutte le regole che compongono la GU può avere due posizioni.
ON/OFF. POSIZIONE ON (ACCESO +) – la regola è attivata quindi la lingua consente frasi in cui il soggetto
non è esplicitato come ad esempio la lingua italiana: ES. Andremo al mare domenica. POSIZIONE OFF
(SPENTO -) – la regola non è attivata quindi la lingua non consente frasi in cui il soggetto non è esplicitato
come ad esempio la lingua inglese. Delle ricerche interne a questo approccio hanno portato ad ipotizzare
che inizialmente tutti gli “interruttori” siano posizionati su ON e che solo con l’esperienza i bambini arrivino a
capire quali debbano essere assestati sul valore OFF.
MATURAZIONE O AMBIENTE?
Dopo aver trattato l’approccio maturazionista e prima di passare all’analisi dell’approccio comportamentista e
costruttivista voglio raccontarvi la storia di Genie. Si tratta di una storia caratterizzata da estrema crudeltà a
causa dei maltrattamenti subiti dalla bambina. Per i primi 13 anni della sua vita Genie venne costretta ad un
isolamento forzato, non venne esposta a nessun tipo di linguaggio e non le fu mai consentito di vocalizzare o
parlare. Ma il caso di Genie è passato alla storia, non solo per la sua tragicità ma soprattutto per l’enorme
mole di dati che venne raccolta sul suo sviluppo. Il governo americano stanzio dei fondi per un progetto di
studio di 4 anni sul caso di Genie a cui lavorò un intero team di ricercatori.
SLIDE 4
COMPORTAMENTISMO
Dopo aver parlato del Maturazionismo e della storia di Genie passiamo ad esaminare un differente, e per
certi versi opposto, approccio noto come comportamentismo. Secondo questa corrente di pensiero
l’individuo è un organismo completamente plasmabile, profondamente influenzabile dalle dinamiche
ambientali e dotato di illimitate capacità di apprendimento. Il cambiamento non può che proviene dall’esterno
senza eccezioni e il bambino viene inteso come un organismo passivo. Per parlare della visione del bambino
per il comportamentismo si può utilizzare la metafora del vaso di terracotta che, ancora da modellare, può
potenzialmente assumere qualunque forma gli si voglia impartire dall’esterno.
3
Schaffer (2004) Psicologia dello sviluppo. Un’introduzione, p. 330.
3
Se accettiamo questo punto di vista l’intero sviluppo si riduce ad un progressivo modellamento e
condizionamento delle risposte dell’individuo da parte dell’ambiente. Tutto lo studio dello sviluppo viene visto
come lo studio dell’apprendimento di comportamenti attraverso due processi fondamentali:
CONDIZIONAMENTO CLASSICO
CONDIZIONAMENTO OPERANTE
IL CONDIZIONAMENTO CLASSICO
4
Tra gli studi più noti del comportamentismo ci sono sicuramente quelli di Pavlov sul condizionamento
classico e in particolare quello sui cani e la salivazione alla vista del cibo. I suoi lavori partivano dalla
reazione naturale del cane alla vista del cibo: la salivazione.
In un momento successivo Pavlov associava la vista del cibo ad uno stimolo neutro: la presentazione del
cibo al cane veniva preceduta dal suono di una campanella. La reazione incondizionata del cane alla vista
del cibo, la salivazione, iniziò a presentarsi come una reazione condizionata al solo suono della campanella,
che precedeva di fatto la vista del cibo.
La reazione incondizionata del cane alla vista del cibo, la salivazione, iniziò a presentarsi come una reazione
condizionata al solo suono della campanella, che precedeva di fatto la vista del cibo.
IL CONDIZIONAMENTO CLASSICO
5
Attraverso esposizioni ripetute nel tempo Pavlov era riuscito a condizionare la risposta di salivazione del
cane ad uno stimolo completamente estraneo come il suono della campanella. Questo tipo di associazione
stimolo-risposta è un processo basilare per il comportamentismo.
Skinner ha utilizzato questa gabbia con piccoli animali, ratti e piccioni, lasciati liberi di muoversi al suo
interno e i cui comportamenti venivano costantemente monitorati. All’inizio gli animali mettevano in atto
comportamenti completamente casuali e non vie erano differenze nella probabilità di comparsa di un
comportamento rispetto ad un altro. Durante questa prima fase di esplorazione casuale gli animali attivavano
6
diverse leve e venivano esposti a particolari eventi. Ad esempio in seguito all’accensione di una luce,
sempre la stessa, una parte del pavimento della gabbia veniva elettrificato.
Questi stimoli sono stati pensati per studiare le reazioni comportamentali alla presentazione di rinforzi positivi
e rinforzi negativi.
Rinforzo Positivo: l’attivazione di una specifica leva rilasciava del cibo all’interno della gabbia che restava a
disposizione dell’animale.
Rinforzo Negativo: come abbiamo visto l’accensione di una luce preannunciava l’elettrificazione del
pavimento a cui l’animale poteva sottrarsi raggiungendo in tempo una zona non elettrificabile del pavimento.
COMPORTAMENTISMO: SINTESI
Le teorizzazioni del comportamentismo, ma in particolare di quelle di Skinner hanno avuto molta diffusione e
importanza nello studio dello sviluppo. Come abbiamo già visto parlando del Maturazionismo con Chomsky e
la linguistica generativa, l’approccio comportamentista si è occupato di studiare il linguaggio. Numerosi sono
però i contributi anche relativamente allo studio dello sviluppo cognitivo dove, siccome solo i comportamenti
esterni e osservabili possono essere oggetto di indagine scientifica, le cognizioni vengono viste come
qualsiasi altro comportamento manifesto.
7
COGNIZIONE = Particolare classe di comportamenti anch’essa sottoposta alle influenze dell’ambiente
esterno4.
La lettura del comportamento dell’individuo sulla base dei principi di parsimonia e riduzionismo porta il
comportamentismo a definire alcune regole generali per l’interpretazione di tutti i processi di funzionamento
dell’individuo tra loro collegate:
4
Bijou, Sidney W.; Baer, Donald M. (1961). Child development: A systematic and empirical theory. The
Century psychology series. East Norwalk, CT, US: Appleton-Century-Crofts, 90 pp.
8
1. Siccome i comportamenti complessi possono essere ridotti a comportamenti semplici è importante
studiare le singole unità comportamentali...
2. Se un comportamento può essere spiegato in termini di meccanismi generali, come il
condizionamento operante o il rinforzo, vanno rifiutate spiegazioni che richiamano meccanismi più
complessi o specifici...
3. I meccanismi dell’apprendimento operano allo stesso modo per l’intero ciclo vitale non è necessario
confronto tra soggetti in momenti diversi dello sviluppo.
In sintesi gli autori che appartengono a questa prospettiva ritengono che 5:
1. L’individuo è plasmato dall’ambiente
2. Lo sviluppo va ridotto ai processi di apprendimento
3. I meccanismi dell’apprendimento operano allo stesso modo nell’intero ciclo di vita
Il soggetto deve essere attivo nel suo processo di apprendimento che coinvolge sia fattori interni che fattori
esterni: il comportamento del soggetto e l’ambiente devono essere visti come in una sorta di equilibrio che
viene garantito dal sistema cognitivo del soggetto che interpreta ed attribuisce un senso alla realtà.
5
Camaioni e Di Blasio (2007) – Psicologia dello Sviluppo, pag. 18
9
Nell’apprendimento imitativo non solo il soggetto osserva il comportamento di un altro individuo ma attiva
tutta una serie di valutazioni cognitive che lo portano ad interpretare il comportamento dell’altro e a decidere
attivamente se imitarlo o meno.
SLIDE 5
10
SCHEMA DEI CONTENUTI
Utilizza questa attività per schematizzare quanto hai ascoltato e studiato relativamente al
comportamentismo. Cerca di individuare gli aspetti fondamentali del condizionamento classico e del
condizionamento operante. Per ogni attività troverai anche un file pdf da poter stampare e compilare. Per
ottenere un feedback devi caricare il lavoro su ePortfolio.
11
SCHEMA DEI CONTENUTI
Utilizza questa attività per schematizzare quanto hai ascoltato e studiato relativamente al
comportamentismo. Metti in luce gli aspetti fondamentali della corrente di pensiero e evidenzia le principali
differenze tra gli autori presentati. Per ogni attività troverai anche un file pdf da poter stampare e compilare.
Per ottenere un feedback devi caricare il lavoro su ePortfolio.
12
RISPONDI SUL FORUM
Fino a questo punto abbiamo parlato di Maturazionismo e comportamentismo. Entrambi possono presentare
posizioni estreme ma abbiamo visto come in entrambi i casi autori anche molto importanti per la psicologia
dello sviluppo abbiano preso posizioni più soft.
In che senso possiamo dire che Chomsky rappresenta una versione soft del maturazionismo? Quali sono i
punti focali? Quali conseguenze puoi immaginare?
E in che senso possiamo dire che Bandura rappresenta una versione soft del comportamentismo? Quali
sono i punti focali? Quali conseguenze puoi immaginare?
SLIDE 6
COSTRUTTIVISMO
La corrente di pensiero del costruttivismo annovera al suo interno i nomi di alcuni dei più importanti e
conosciuti teorici dello sviluppo cognitivo Jean Piaget (1896-1980) e Lev Semënovič Vygotskij (1896-1934).
Come potrai vedere seguendo queste lezioni entrambi gli autori hanno parlato in modo esteso di cognizione
e apprendimento. Per quanto il contributo di questi autori sia lontano nel tempo non si può prescindere da
una buona conoscenza dei loro studi e delle loro teorizzazioni per comprendere anche i più recenti studi
sull’apprendimento. Una lettura delle teorie di entrambi gli autori può essere fatta prendendo come
riferimento un modello di pensiero costruttivista, di tipo operatorio per Piaget e di natura storico - sociale per
Vygotskij, in cui il soggetto è un attivo costruttore delle sue conoscenze.
Questa tipologia di pensiero prende le sue prime mosse da una visione filosofica della conoscenza e
dell’individuo definibile organismica. L’approccio organismico attribuisce notevole importanza al processo del
cambiamento considerato come una delle caratteristiche principali del comportamento. Tali mutamenti
avverrebbero sulla base di regole ben precise ed intrinsecamente determinate attraverso principi
autoregolatori.
13
Proprio da questa tendenza all’autoregolazione deriverebbe la posizione attiva del soggetto che apprende
sia un soggetto attivo nella realizzazione del proprio potenziale. Ci si discosta nettamente quindi da una
posizione in cui il soggetto che apprende è passivo completamente in balia delle influenze esterne.
’ambiente ma lo pongono in costante dialogo con le capacità e le tensioni del soggetto di modo che ogni
passo dello sviluppo sia il risultato della loro interazione. Proprio da questa tendenza all’autoregolazione
deriverebbe la posizione attiva del soggetto che apprende sia un soggetto attivo nella realizzazione del
proprio potenziale. Ci si discosta nettamente quindi da una posizione in cui il soggetto che apprende è
passivo completamente in balia delle influenze esterne. Anche il costruttivismo riconosce l’importanza
dell’ambiente, inteso più come oggetti con cui interagire per Piaget e come relazioni interpersonali per
Vygotskij. Ma queste influenze vengono viste in constante relazione e dialogo con le spinte interne del
soggetto.
14
PRINCIPALI APPROCCI TEORICI
COSTRUTTIVISMO / 2
Se all’interno del comportamentismo Skinner riteneva che i soli meccanismi di condizionamento classico e
condizionamento operante fossero sufficienti a spiegare i processi di sviluppo e apprendimento per i
costruttivisti questo non può essere vero. Secondo questo approccio i mutamenti evolutivi sarebbero
imputabili ai processi di costruzione graduale di comprensione della realtà portati avanti dagli individui
attraverso continui scambi bidirezionali con l’ambiente.
15
Alcuni studi avevano di fatto messo in evidenza come le credenze e le conoscenze infantili fossero, non solo
differenti da quelle adulte, ma spesso caratterizzate anche da una serie di bizzarrie e assurdità. Alcuni
esempi sono legati agli studi di Piaget come la credenza che piova perché le nuvole sono tristi, oppure che
la quantità di un liquido cambi una volta che cambi la forma del contenitore.
Come abbiamo già accennato queste conoscenze sono costruite attivamente e gradualmente dal bambino
attraverso uno scambio bidirezionale con l’ambiente. Nel corso dello sviluppo quindi il sistema cognitivo
sarebbe quindi soggetto ad una serie di continue trasformazioni che riflettono l’acquisizione di strutture
intellettive sempre più complesse e stabili.
16
La comparsa di queste strutture di complessità crescente sarebbe definibile in termini di stadi di sviluppo.
Secondo alcune posizioni le sequenze di passaggio tra uno stadio e l’altro sarebbe invariante ed universale.
MATURAZIONISMO, CRITICHE:
1. Le maggiori critiche sono volte a sottolineare il forte squilibrio tra l’importanza attribuita ai fattori
interni o innati o genetici e i fattori esterni come ad esempio l’apprendimento che vengono
considerati solo marginalmente in caso di condizioni estreme...
2. Da un’idea di sviluppo di tipo maturazionista deriva la tendenza a guardare con troppa uniformità allo
sviluppo e a non tenere in debito conto le differenze individuali nelle acquisizioni...
3. Un risvolto sociale di quanto appena detto potrebbe portare, attraverso un uso improprio delle teorie
maturazioniste, a ritenere inutile provvedere a fornire ai bambini diverse opportunità educative e di
trattamento calibrate sulle differenze individuali...
COMPORTAMENTISMO, CRITICHE:
1. L’apprendimento non è così uniforme come lo intende il comportamentismo. Non può di fatto essere
considerato indipendente dalla natura del materiale appreso e dalle relazioni che questo materiale
ha con le conoscenze già acquisite.
2. Le prestazioni cognitive sono influenzate dal contesto e dal significato del compito... Diverso è
apprendere del materiale “senza senso” in laboratorio rispetto ad apprendere nei contesti di vita
6
Camaioni e Di Blasio (2007) – Psicologia dello Sviluppo, pag. 18
17
quotidiana. Il significato del materiale da apprendere è legato anche a degli aspetti motivazionali
individuali che non possono essere trascurati.
3. Il cambiamento evolutivo influenza le capacità di apprendimento e memoria... In diversi momenti
evolutivi gli individui utilizzando differenti strategie per affrontare i diversi compiti cognitivi che si
presentano con peculiarità tipiche.
COSTRUTTIVISMO, CRITICHE:
1. Le teorie stadiali e il concetto di stadio di sviluppo sono delle ipersemplificazioni... Non si può ridurre
lo sviluppo all’evoluzione di singole strutture poiché si perdono di vista sia la sua complessità sia la
sua unitarietà.
2. Le descrizioni delle strutture intellettive, siano esse intese come operazioni concrete o astratte, non
corrispondono ai reali processi messi in atto dagli individui per risolvere un compito... Viene
contestato al costruttivismo, ma nello specifico a Piaget, la lontananza dal reale comportamento
degli individui che è in relaziona anche ai contesti in cui si svolge l’attività cognitiva.
3. dedicato alle relazioni che determinano il contesto sociale in cui si svolge l’attività cognitiva... La
visione dello sviluppo cognitivo fatto dal costruttivismo considera l’ambiente esterno al soggetto solo
in termini di oggetti con cui interagire escludendo di fatto l’interazione interpersonale.
SLIDE 7
DEFINIRE L’EMOZIONE
Passiamo ora ad occuparci dello sviluppo emotivo dei nostri ragazzi. Quello emotivo è un ambito d’indagine
complesso e delicato. Per molto tempo in passato si è mantenuta un’immagine molto negativa delle
emozioni che venivano percepite come elementi di disturbo per i processi cognitivi. In sintesi si può dire che
veniva fatta una distinzione tra funzioni cognitive, afferenti al sistema nervoso centrale, ed emozioni, erano
collegate con il sistema nervoso autonomo, più primitivo e con modalità di funzionamento più simili a quelle
animali. Ad oggi questa posizione è stata completamente superata ed è stato ampiamente dimostrato il loro
ruolo nell’organizzazione dell’attività psichica. Le emozioni vengono ora viste come interconnesse con il
piano cognitivo e non più come una variabile separata e di disturbo. Ad oggi questa posizione è stata
completamente superata ed è stato ampiamente dimostrato il loro ruolo nell’organizzazione dell’attività
psichica. Le emozioni vengono ora viste come interconnesse con il paino cognitivo e non più come una
variabile separata e di disturbo. Da un punto di vista evolutivo lo sviluppo emotivo riveste una notevole
importanza nel garantire uno sviluppo psicologico ottimale del bambino.
7
Sistema Nervoso Autonomo
18
L’ESPRESSIONE DELLE EMOZIONI
Secondo Darwin le reazioni fisiologiche collegate all’emozione si sono evolute per i loro vantaggi ai fini
dell’adattamento all’ambiente: per es. la paura porta a ansimare e l’azione di ansimare porta a sua volta a un
aumento nel volume di aria nei polmoni. Certi stimoli attivano il sistema nervoso ed inducono espressioni
facciali, posture e mimiche simili in tutti i membri di una stessa specie oppure nei membri di specie con
antenati comuni. In questo caso si parla di universalità delle espressioni facciali.
19
UNIVERSALITÀ = INNATISMO?
20
UNIVERSALITÀ = INNATISMO?
In particolare secondo Harris (1989) la capacità di riconoscere le emozioni in altre persone sarebbe
universale, ma non necessariamente innata. Vi sarebbero infatti delle esperienze di apprendimento tipiche
della specie in grado di determinare l’universalità ritrovata da ricerche interculturali come quelle di Ekman.
Allora come mai non vedenti o non udenti manifestano pattern comportamentali analoghi? Ad oggi possiamo
affermare che vi sia un generale accordo sul fatto che le emozioni di base siano da considerarsi innate. È
però altrettanto riconosciuto il fatto che siano le influenze sociali a fissare le regole in cui l’espressione
emotiva si manifesta. Generalmente i ricercatori ritengono che la stabilità nel tempo sia un’altra delle
caratteristiche delle emozioni fondamentali. Queste emozioni rimangono infatti inalterate lungo l’intero arco
di vita degli individui subendo dei cambiamenti limitatamente alle diverse circostanze che le evocano.
21
Ma come procede lo sviluppo emotivo degli individui?
22
SLIDE 8
LO SVILUPPO EMOTIVO
23
24
25
26
LO SVILUPPO EMOTIVO / 2
27
LO SVILUPPO EMOTIVO / 3
LO SVILUPPO EMOTIVO / 4
L’acquisizione delle tre abilità generali che abbiamo appena visto è indispensabile per diventare
emotivamente competenti.
1. La consapevolezza del proprio stato emotivo
2. Il controllo dell’espressione delle proprie emozioni
3. Il riconoscimento delle emozioni nelle altre persone
LE EMOZIONI AUTOCOSCIENTI
Nel corso dello sviluppo emergono emozioni sempre più complesse in conseguenza della maturazione e
della socializzazione. Orgoglio, vergogna, senso di colpa, imbarazzo compaiono verso la fine del 2° anno,
perché necessitano della presenza del senso di sé, che compare intorno ai 18 mesi (il Sé che giudica se
stesso).
SLIDE 9
IL LINGUAGGIO EMOTIVO
EMOZIONI E LINGUAGGIO
Con la comparsa del linguaggio le emozioni diventano oggetto di riflessione e il bambino diviene capace di
separarsi dalle proprie emozioni e di comunicarle agli altri. Compare anche la possibilità di comprendere le
descrizioni delle emozioni degli altri. Vediamo alcuni passaggi di questo sviluppo.
29
DISCORSI SULLE EMOZIONI (DUNN, 1987; 1991)
Le discussioni su temi emotivi sono importanti per sviluppare una buona competenza emotiva nei bambini.
Inizialmente servono per comprendere il proprio stato emotivo ed ottenere consolazione, poi ci si riferisce
alle emozioni altrui, alle cause e alle conseguenze, si differenziano meglio le diverse emozioni.
Generalmente le bambine sembrano essere più propense a parlare di questioni emotive rispetto ai maschi
della stessa età. Questo le ricerche a riguardo hanno mostrato come le madri parlano di aspetti emozionali
più con le figlie che con i figli. Lo spazio riservato a conversazioni su aspetti emozionali varia molto all’interno
delle famiglie (da 6 a 25 volte in un’ora). Più si è esposti a discorsi sulle emozioni da piccoli, più si
comprendono le emozioni una volta cresciuti (studi a 3 e a 6 anni).
30
Ma come vengono apprese queste regole sociali di espressione?
L’emotività è fortemente influenzata dalla relazione genitore-figlio (legame di attaccamento) messaggi
specifici dei genitori sull’accettabilità delle emozioni (filosofia delle metaemozione).
COMPETENZA EMOTIVA
Un concetto importante relativo allo sviluppo emotivo è quello di competenza emotiva.
Ma che cos’è la competenza emotiva?
1. Consapevolezza del proprio stato emotivo
2. Capacità di riconoscere le emozioni altrui
3. Capacità di usare il linguaggio emotivo tipico della propria cultura
4. Capacità di empatia
5. Capacità di comprendere che non sempre alla manifestazione esteriore corrisponde uno stato interiore (in
sé e negli altri).
6. Capacità di affrontare in maniera adattiva le emozioni negative
7. Consapevolezza del ruolo delle emozioni nelle relazioni interpersonali e relativo uso
8. Capacità di autocontrollo e autoregolazione delle proprie emozioni
31
32
SLIDE 9
33
EMOZIONI ED INTERAZIONE SOCIALE
Come possiamo vedere le emozioni sono un aspetto fondamentale dello sviluppo affettivo poiché regolano le
relazioni affettive degli individui. All’inizio i bambini fanno un uso strumentale delle emozioni che utilizzano
per regolare l’interazione con il loro caregiver. L’adulto di fatto attribuisce dell’intenzionalità alle emozioni del
bambino e di conseguenza agisce orientando e canalizzando le sue espressioni emotive in accordo con
delle regole sociali. Si tratta di un processo di socializzazione delle emozioni. Attraverso questi scambi
emotivi con la figura di accudimento essenziali per lo sviluppo le emozioni acquistano un significato ben
preciso all’interno delle relazioni affettive.
34
FASE ANALE – DA CIRCA 12 – 18 MESI A CIRCA 24 – 30 MESI
Il sopraggiunto controllo degli sfinteri segna il passaggio alla fase anale dove il bambino sperimenta il
piacere e la necessità del controllo. In questa fase si svilupperebbe l’autostima e l’autonomia.
35
Esperimenti simili vennero portati avanti da Harlow su dei cuccioli di scimmia. Subito dopo la nascita
venivano lasciate in una gabbia dove erano presenti due madri pupazzo: una costruita di ferro e in grado di
fornire latte e una invece ricoperta di gommapiuma e stracci che non poteva però fornire latte. Nelle
osservazioni che seguirono ci si accorse che i cuccioli di scimmia si recavano dalla mamma-pupazzo di ferro
solo il tempo che gli serviva per prendere il latte, mentre trascorrevano molto più tempo con la madre-
pupazzo di gommapiuma e ricoperta di stracci che era quindi più morbida. Secondo Harlow c’era stato un
imprinting filiale per la madre-pupazzo di gommapiuma e stracci dovuta alle caratteristiche di morbidezza
associata al calore che la caratterizzavano. Le reazioni dei cuccioli di scimmia vennero valutate anche in
relazione a situazioni potenzialmente pericolose e stressanti. Con lo scopo di spaventare il cucciolo di
scimmia, all’interno della gabbia veniva introdotto un oggetto estraneo che, percependo una minaccia alla
sua sicurezza, cercava protezione e conforto dalla madre-pupazzo di gommapiuma. Sulla base dei risultati
forniti dall’etologia Bowlby riteneva che la relazione con la figura di accudimento (caregiver) fosse da
considerarsi unica. Una volta stabilita questa relazione si mantiene come la più forte relazione d’amore
fungendo da prototipo per tutte le relazioni successive.
Bowlby (1988) scrive: “Nel bambino piccolo la fame dell’amore e della presenza materna non è meno grande
della fame di cibo.”
SLIDE 11
LA TEORIA DELL’ATTACCAMENTO
Il principale contributo di Bowlby alla psicologia dello sviluppo è la sua teoria dell’attaccamento con cui
l’autore spiegò l’importanza delle relazioni precoci caregiver - bambino per lo sviluppo affettivo, relazionale e
sociale degli individui. Cosa intende Bowlby con il termine attaccamento? Intende una predisposizione
biologica del piccolo verso la figura del caregiver che gli assicura la sopravvivenza prendendosi cura di lui.
36
37
38
LO SVILUPPO EMOTIVO E AFFETTIVO
LA STRANGE SITUATION
La procedura della Strange Situation è stata ideata per ricreare delle situazioni di stress via via crescente in
modo da elicitare l’attivazione del sistema di attaccamento da parte del bambino. Infatti, essendo stata
definita sulla base della teoria dell’attaccamento, Ainsworth riteneva di poter così vedere in azione la “base
sicura” ovvero di vedere il bambino utilizzare la madre come punto di partenza e ritorno per i suoi
comportamenti esplorativi. Un’altra aspettativa legata agli episodi di separazione era quello di osservare la
comparsa dichiari comportamenti di protesta a seguito della separazione in un ambiente non familiare per il
bambino.
40
RISPONDI SUL FORUM
Sigmund Freud (1856 – 1939) è sicuramente molto noto nell’ambito degli studi psicologici anche ai profani,
meno nota per i non addetti ai lavori è forse la figura di John Bowlby (1907-1990).
Concentrati sui punti di contatto e i punti in cui le teorie dei due diversi autori prendono direzioni differenti.
In cosa il pensiero di Bowlby si discosta da quello di Freud? E a tuo avviso perché si crea questa distanza?
SLIDE 12
41
Da questi bambini il caregiver viene visto sia come un porto in grado di fornire protezione e rifugio ma
proprio per questo anche come un punto di partenza per portare avanti l’esplorazione dell’ambiente. Questo
può avvenire perché vi è un atteggiamento di fiducia verso la figura del caregiver. In queste interazioni c’è
una comunicazione diretta e comprensibile dei vissuti emotivi del bambino che non ha momenti di esitazione
o resistenza nel ricercare la protezione e l’intervento del caregiver. Inoltre i bambini con attaccamento sicuro
oltre a saper richiedere di essere consolati e il contatto fisico, una volta raggiunto il loro scopo, mostrano di
essere in grado di lasciarsi consolare e di saper utilizzare il caregiver come fonte di consolazione.
42
Affettivamente dimostrano di essere autosufficienti e autonomi rispetto al caregiver e manifestano una
spiccata indipendenza. Il caregiver non rappresenta una base sicura per questi bambini. A causa di questo
mancato utilizzo del caregiver come base sicura i bambini con un attaccamento insicuro evitante tendono a
mettere in atto strategie di inibizione dei propri comportamenti di attaccamento tesi a ricercare conforto e
protezione. Non c’è quindi nel rapporto caregiver-bambino una comunicazione dei bisogni psicologici
neppure quando i bambini sperimentano disagio.
Anche questi bambini non sono in grado di utilizzare il caregiver Come base sicura ma al contrario dei
bambini con un attaccamento insicuro evitante restano costantemente concentrati sulla relazione come se
non sapessero cosa aspettarsi. Questo determina una mancanza di autonomia ed indipendenza del
bambino che trascura così l’esplorazione dell’ambiente. I suo ricorso a comportamenti di attaccamento è
43
massivo e caratterizzato da ambivalenze emotiva: rabbia e passività. Come già detto questi comportamenti e
il conseguente stress sperimentato non trovano conforto con l’intervento del caregiver.
SLIDE 13
RISPONDI SUL FORUM
Nelle prossime slide troverai tre link ad altrettanti filmati caricati su YouTube in cui vengono mostrati alcuni
esempi di attaccamento sicuro, insicuro evitante ed insicuro ansioso ambivalente.
https://youtube.be/9a6I6xXJ0Lw
https://youtu.be/AGRT6VjnTm8
https://youtu.be/mFXnd4XGivg
Quali sono i comportamenti che puoi vedere nel filmato che ti fanno pensare ad uno stile di attaccamento
sicuro?
Quali sono i comportamenti che puoi vedere nel filmato che ti fanno pensare ad uno stile di attaccamento
insicuro evitante?
Quali sono i comportamenti che puoi vedere nel filmato che ti fanno pensare ad uno stile di attaccamento
insicuro ansioso ambivalente?
SCHEMA DEI CONTENUTI
Per svolgere questa attività avrai bisogno di usare il manuale di Psicologia dello sviluppo – Camaioni & Di
Blasio – che devi studiare per l’esame. Nello specifico nel capitolo dedicato che ha come titolo: Lo sviluppo
emotivo e le relazioni affettive a pagine 227-228-229 troverai una tabella riassuntiva sulla strange situation.
In questa tabella vengono presentati, oltre che gli stili di attaccamento principali (Pattern B – sicuro; Pattern
A – insicuro evitante; Pattern C – insicuro ansioso ambivalente) diverse sottocategorie. Prova a ricrearne
uno schema per ricordare le differenze tra i diversi sotto stili.
Attaccamento e Personalità
44
prossimità fisica e sempre di più alle qualità astratte della relazione. Con il passare del tempo vengono
interiorizzate dimensioni di affetto, stima e fiducia derivanti dalla qualità della relazioni sperimentate e quindi
anche allo stile di attaccamento sviluppato. Durante il periodo di costruzione del legame di attaccamento
nella relazione con il caregiver il bambino ha avuto modo di sperimentare interazioni che si sono ripetute nel
tempo in modo abbastanza simile e prevedibile, quelli che gli psicologi definiscono pattern ripetuti di
esperienze interattive. In questo modo il bambino ha interiorizzato la relazione creandosene una
rappresentazione interna. Che cosa significa? Significa che questi continui scambi affettivi hanno portato il
bambino a costruirsi una rappresentazione mentale legata a cosa sia una relazione. Ma non solo ha di fatto
determinato la creazione di una rappresentazione mentale anche di Sé stesso in relazione e del caregiver
come figura di attaccamento nella relazione. Queste rappresentazioni sono definite Modelli Operativi Interni
(MOI) oppure in inglese Internal Working Models (IWM) e di fatto filtrano tutte le informazioni che ci
provengono dall’esterno relative alle relazioni non solo quelle con il nostro caregiver. Funzionano come una
sorta di lente colorata che ci porta ad interpretare azioni e comportamenti sulla base delle nostre
rappresentazioni mentali. Ovviamente queste lenti colorate influenzano notevolmente le nostre interazioni
con gli altri e le decisioni che prendiamo in riferimento alla costruzione di relazioni interpersonali in termini di
affetto, stima e fiducia.
Ma vediamo meglio come funzionano...
Attaccamento e Personalità
SLIDE 14
Attaccamento e Personalità
45
sono quindi contraddistinti dall’interiorizzazione di un’idea di sé come capace di una comunicazione emotiva
efficace, degno d’amore, di affetto e di cure. Allo stesso tempo l’altro sarà visto come capace di prendersi
cura, amorevole ed emotivamente accessibile e disponibile. La relazione è vista come un luogo in cui è
possibile esprimere il proprio disagio e la propria ansia e ricevere conforto.
46
(AAI). In questa lezione vediamo di caprie di più sull’attaccamento adulto attraverso l’analisi dei risultati
dell’Adult Attachment Interview (AAI). Quali sono i profili di attaccamento attivi nell’adolescenza e nell’età
adulta?
PROFILO F
Per questo profilo, come per l’attaccamento infantile sicuro a cui è riferibile, i MOI del Sé e dell’altro che
l’individuo ha costruito sono positivi e lo portano ad avere fiducia in sé stesso e nell’altro. Sono di fatto
capaci di comunicare efficacemente i propri bisogni e le proprie emozioni e vedono la relazione come fonte
di supporto e reciprocità. Sono quindi in grado di vivere relazioni di coppia caratterizzate da intimità e rispetto
in cui i conflitti vengono affrontati in modo costruttivo. Anche i livelli di ansia e preoccupazione relativi alla
relazione non sono eccessivi e le dinamiche relazionali sono caratterizzate da una certa coerenza.
Generalmente viene visto come una persona positiva e piacevole.
Profilo D (Dismissing)
Questi profili sono riferibili allo stile di attaccamento evitante in cui i MOI rimandano un’immagine dell’altro
come non accessibile emotivamente e in cui permane un atteggiamento svalutante rispetto ai bisogni
emotivi, affettivi e di cura. Non avendo sperimentato una base sicura non vedono nella relazione il luogo in
cui aprirsi emotivamente e ricevere supporto. In generale tende a non lasciarsi coinvolgere troppo dalle
relazioni che costruisce con gli altri che considera inaffidabile. C’è un esaltazione del valore di autonomia ed
indipendenza che ostacola la costruzione di relazioni intime che vengono abbandonate per noia o senso di
costrizione. Nella gestione dei conflitti prevalgono le strategie di evitamento e possono essere percepiti
come cinici e eccessivamente critici.
Profilo E (Entangled)
Gli individui con un profilo E che richiama l’attaccamento insicuro ambivalente tendono ad avere bassi livelli
di autostima che li porta a dipendere dal giudizio altrui. Sono contraddistinti da un continua ricerca di
approvazione da parte degli altri di cui bramano attenzioni e compagnia. Le relazioni intime sono
caratterizzate da emozioni positive e negative molto intense che si esprimono il più delle volte con
atteggiamenti passionali, sentimenti di gelosia, comportamenti ossessivi e con conflitti in cui si manifestano
emozioni di rabbia profonda. Le continue richieste di attenzione ed intimità tendono ad essere percepite
come eccessive a portano all’allontanamento relazionale dell’altro.
Profilo U (Unresolved)
Questo profilo è legato ad uno stile disorganizzato – disorientato ed è spesso caratterizzato da situazioni
irrisolte e non elaborate come lutti o traumi infantili avvenuti durante l’infanzia. Durante l’intervista dell’AAI
emergono questi vissuti negativi che portano ad una difficoltà persistente per il soggetto nel comunicare le
47
sue emozioni e i suoi bisogni relazionali. Le relazioni sono problematiche e caratterizzate da bassa
autostima e diffidenza verso gli altri che vengono visti alternativamente come vittime, persecutori o salvatori
(ricordate il triangolo drammatico?). Le relazioni sono complesse e spesso evitate poiché non riescono a
rispondere alle richieste di supporto e aiuto dell’altro, vengono evitati anche i conflitti. A tratti nella relazione
può dimostrarsi passivo ed insicuro colpevolizzandosi per ogni problema.
SLIDE 15
Lo Sviluppo Sociale
48
probabilmente non gli chiederò nulla. Allo stesso modo se so che Anna ha paura dei ragni userò questa
informazione per decidere come comportarmi.
Secondo Brune & Brune-Cohrs (2006) si tratterebbe di un’abilità emersa nei primati in seguito all’aumento
dei contatti sociali tra individui della stessa specie. La conquista di una teoria della mente ci permette, infatti,
di dare senso alle nostre interazioni sociali, spiegare e prevedere le azioni dei nostri conspecifici e di
preparare un comportamento adeguato e adattato. Gli individui con buone capacità di teoria della mente
risultano adeguati nelle loro interazioni poiché possono andare oltre al comportamento manifesto
dell’individuo e leggerne gli stati mentali. Anche a livello linguistico ci sono grossi vantaggi legati alla
possibilità di interagire e comunicare in modo efficace senza fermarsi al significato letterale delle parole.
Lo Sviluppo Sociale
49
HARRIS, JOHNSON: SIMULAZIONE
Secondo questi autori la comprensione degli stati mentali altrui avverrebbe attraverso processi di
simulazione. Il punto di partenza sono gli stati mentali dello stesso bambino che vengono poi generalizzati
attraverso collegamenti che mettono in relazione: situazioni, stati mentali e comportamenti visibili. In
particolare Johnson rifiuta l’idea che vi sia la formazione di concetti astratti utilizzati come guida poiché da
molta importanza all’esperienza che il bambino fa dei propri stati mentali come base per la formazione dei
concetti. In questo approccio assume molta importanza la figura dell’adulto e il tipo di lessico psicologico che
utilizza con il bambino. In particolare Johnson rifiuta l’idea che vi sia la formazione di concetti astratti utilizzati
come guida poiché da molta importanza all’esperienza che il bambino fa dei propri stati mentali come base
per la formazione dei concetti. In questo approccio assume molta importanza la figura dell’adulto e il tipo di
lessico psicologico che utilizza con il bambino.
50
FUNZIONE SOCIALE
La teoria della mente ha un’importante funzione sociale poiché consente all’individuo di dare un senso ai
comportamenti e alle interazioni sociali. Consente inoltre di formulare ipotesi e fare ipotesi relativamente ad
eventi futuri.
FUNZIONE COMUNICATIVA
Abbiamo già visto come avere una teoria della mente consenta all’individuo di andare oltre al senso letterale
di una frase. Questo permette di comprendere l’ironia e le metafore. In presenza di una teoria della mente
sviluppata la comunicazione risulta efficace e adeguata ai diversi contesti. Si riescono a leggere gli aspetti
pragmatici della comunicazione e a cogliere gli intenti comunicativi degli individui.
FUNZIONE ADATTIVA
La funzione adattiva ha un valore più generale che deriva dal fatto di dare un senso alla realtà, rendere
prevedibili i comportamenti e le reazioni emotive degli altri individui. Questo consente agli individui di gestire
il proprio comportamento senza troppe rigidità ma anzi adattandosi alla situazione di volta in volta con
flessibilità. In assenza di una lettura della mente dell’altro i comportamenti e le parole degli altri non
sembrano avere senso o prevedibilità così l’individuo è costretto a stabilire regole rigide di comportamento
per aumentare la prevedibilità e la stabilità della realtà che lo circonda.
FUNZIONE PROTETTIVA
Un’ultima e importante funzione della teoria della mente è la funzione protettiva che consente all’individuo di
separare i suoi stati mentali da quelli degli altri individui importanti nel suo ambiente. Questa funzione è
51
particolarmente importante all’interno di situazioni problematiche dove è indispensabile per uno sviluppo
sano del bambino differenziare il proprio sé da quello del caregiver.
SLIDE 16
Lo sviluppo sociale
52
Al bambino viene narrata la storia di un Marco che desidera giocare con il proprio gattino. Ma il gatto non si
trova in casa: può essere sia in cucina che in giardino. Si informa il bambino che il Marco crede che il gatto
sia in giardino. Quindi si chiede al bambino: “secondo te Marco dove cercherà il suo gattino?”.
Per superare la prova il bambino deve usare congiuntamente:
Informazioni sul desiderio di X
Informazioni sulla credenza di X.
INTORNO AI 4 ANNI
Siamo in un momento più evoluto di comprensione della mente dell’altro che viene ora letta come un sistema
capace di rappresentazioni interne. Secondo Battistelli (1995) l’aspetto che consente questo progresso è la
comparsa di un pensiero ricorsivo di I ordine: io penso che tu pensi X. Il pensiero ricorsivo consente al
bambino di comprendere che l’azione di un’altra persona può essere guidata da una credenza diversa da
quella che lui possiede. Inoltre compare la capacità di comprendere che le credenze dell’altro possono
essere false e discostarsi quindi dal dato di realtà.
Vengono considerati due prerequisiti fondamentali per la risoluzione del compito: Capacità del bambino di
decentrarsi dalla propria conoscenza Capacità di rappresentarsi mentalmente una falsa credenza: una
credenza che non corrisponde al dato di realtà. Il test che valuta tale competenza è il noto come compito di
falsa credenza di I ordine. Per risolverlo correttamente il bambino deve essere capace di attribuire ad un
altro soggetto una falsa credenza rispetto alla realtà e di rappresentarsi il contenuto della mente dell’altro
come diverso dal proprio. I compiti più famosi sono due e sono stati riproposti in più varianti.
LA SCATOLA INGANNEVOLE
Perner, Leekman, Wimmer (1987) si sono chiesti se i fallimenti sistematici dei bambini nel compito di falsa
credenza non fossero dovuti a una più generale difficoltà di tenere in considerazione l’aspettativa implicita
del protagonista dei compiti. Ovvero, l’aspettativa che un oggetto rimanga laddove è stato collocato in
origine. Per indagare questa possibilità decidono di progettare un compito in cui questa aspettativa veniva
chiaramente esplicitata all’interno della narrazione. Nonostante questo accorgimento hanno però verificato
che i bambini di 3 anni continuano a fallire il compito.
1. Il bambino, insieme a un amico, viene condotto in una stanza con la promessa che il ricercatore mostrerà
loro il contenuto di una scatola
2. All’amico, però, viene anche detto di aspettare il suo turno fuori dalla porta
3. All’interno della stanza viene mostrata al bambino una scatola di Smarties
4. Si chiede al bambino che cosa pensa che ci sia nella scatola
5. Il bambino risponde Smarties
6. A questo punto gli si mostra che in realtà si sbaglia e che la scatola contiene una matita
7. Entra il suo amico a cui verrà mostrata la scatola. il bambino deve dire cosa si aspetta che l’amico pensi ci
sia nella scatola.
Secondo te cosa penserà (nome dell’amico) che ci sia qui dentro?
INTORNO AI 6/7 ANNI Intorno ai 7 anni le crescenti abilità cognitive ed emotive relazionali del bambino gli
consentono di complessificare anche la sua lettura della mente dell’altro. Il bambino può accedere ora ad un
pensiero ricorsivo di tipo triadico: Io penso che tu pensi che X pensi Y. Questa nuova conquista gli consente
d risolvere compiti di teoria della mente più complessi. Per valutare la capacità del bambino di comprendere
un la falsa credenza di II ordine Perner, Wimmer (1985) hanno ideato il compito di John e Mary.
IL COMPITO DI JOHN E MARY
1. Al bambino si racconta la storia di John e Mary che giocano insieme nel parco
2. Lì vedono un carretto dei gelati
3. Mentre Mary va a casa a prendere il denaro per comprare il gelato John vede il carretto spostarsi verso la
chiesa
4. Anche Mary, però, viene a conoscenza, all’insaputa di John che il gelataio si è spostato.
A questo punto si chiede al bambino: Dove John pensa che Mary sia andata a comprare il gelato?
SLIDE 17
Lo Sviluppo Sociale
54
conversazioni che ho trascritto nel libro, cosa indossano le persone o il loro profumo, perché la mia testa
possiede una sorta di memoria olfattiva che funziona come una colonna sonora. Quando mi si chiede di
ricordare qualcosa io non faccio altro che premere il tasto Riavvolgere e Andare avanti veloce e Pausa come
un videoregistratore, o meglio un DVD perché non ho bisogno di riavvolgere tutto il nastro per trovare il
ricordo di qualcosa avvenuto tanto tempo prima. E inoltre non ci sono pulsanti, perché è tutto nella mia testa.
Se qualcuno mi dice: «Christopher, raccontami com'era tua madre» io sono in grado di Riavvolgere
un'enorme quantità di scene differenti e raccontare esattamente com'era in ognuna di esse. Per esempio
potrei tornare indietro al 4 luglio 1992 quando avevo 9 anni. Era sabato, eravamo partiti per la Cornovaglia e
quel pomeriggio stavamo sdraiati sulla spiaggia, in un posto chiamato Polperro. Mia madre indossava un
paio di pantaloncini corti di jeans e il pezzo di sopra di un bikini azzurro e fumava sigarette Consulate che
odoravano di menta. Non nuotava. Stava prendendo il sole stesa su un asciugamano a strisce rosse e viola
e leggeva un libro di Georgette Heyer intitolato The Masqueraders. Dopo essersi abbronzata un po', si tuffò
in acqua e: «Cazzo se è fredda!» esclamò. Mi disse di entrare in acqua, ma a me non piace nuotare perché
non mi piace togliermi i vestiti. Allora lei mi suggerì di arrotolarmi i pantaloni e fare qualche passo, e io
obbedii. Rimasi li in piedi dentro l'acqua, immobile. Mia madre disse: «Guarda. Si sta bene». Fece un tuffo
all'indietro e sparì e io in quel momento pensai che uno squalo l'avesse divorata e cominciai a gridare. Allora
lei riemerse dall'acqua e mi si avvicinò tenendo la mano destra sollevata e le dita aperte a ventaglio. «Avanti,
Christopher, toccami la mano. Avanti. Smettila di urlare. Toccami la mano. Ascoltami, Christopher. Puoi
farcela». E dopo un po' smisi di urlare e tesi la mano sinistra aperta a ventaglio e le nostre dita e i nostri
pollici si sfiorarono. Mia madre disse: «È tutto a posto, Christopher. Va tutto bene. Non ci sono squali in
Cornovaglia» e allora mi sentii meglio.”
LA GENTE MI CONFONDE
Un giorno tornai a casa da scuola e non trovai nessuno […] Un’ora e mezzo dopo arrivò mio padre. Andai da
lui e lo trovai seduto in cucina, lo sguardo fisso sulla finestra che dava sul retro. «Penso che non vedrai più
tua madre per un po’» disse. Pronunciò queste parole senza guardarmi. Continuava a tenere gli occhi fissi
sulla finestra. Di solito le persone mi guardano quando parlano con me. So che stiamo tentando di intuire
quello che mi passa per la testa, ma sono io invece che non riesco a capire cosa stanno pensando. E’ come
stare in una stanza con un vetro specchiato, uguale a quelli che si vedono nei film di spionaggio. Invece mi
piaceva, il fatto che mio padre mi parlasse senza guardarmi. La gente mi confonde. Per due ragioni,
fondamentalmente. La prima è che la gente parla molto senza usare le parole. Siobhan dice che se si
solleva un sopracciglio, questo gesto può significare molte cose differenti. Può voler dire: «Voglio fare sesso
con te», ma può anche essere inteso come: «Hai appena detto una cosa veramente stupida».Siobhan dice
anche che se chiudi la bocca e respiri forte col naso significa che sei rilassato, oppure che ti stai annoiando,
o che sei arrabbiato, e che tutto dipende da quanta aria esce dalle narici e quanto respiri velocemente e
quale forma assume la bocca quando lo fai e in che modo stai seduto e che cosa hai appena finito di dire e
centinaia di altri piccoli indizi troppo complicati per poter essere elaborati in pochi secondi. La seconda
ragione è che la gente spesso parla usando delle metafore. Ecco alcuni esempi di metafore Ho riso a
crepapelle. Avevano uno scheletro nell'armadio. Toccare il cielo con un dito. Avere un diavolo per capello Gli
è andata la luna di traverso. Il mio non sarà un libro divertente. Non sono capace di raccontare le barzellette
o fare giochi di parole perché non li capisco. Eccone uno, per esempio. Uno di quelli che racconta mio padre.
Aveva la faccia un po' tirata, ma solo perché aveva chiuso le tende. So perché dovrebbe far ridere. Gliel'ho
chiesto. È perché il verbo tirare in questa frase ha due significati diversi: 1) essere tesi, esausti, 2) tirare le
tende, e il significato 1 si riferisce solo all'espressione del viso, il 2 soltanto alle tende. Se cerco di ri-
raccontarmi questo gioco di parole mentalmente, cercando di pensare ai due diversi significati del verbo, per
me è come ascoltare due differenti brani musicali allo stesso tempo; mi sento a disagio e fuori posto come
quando mi arriva quel rumore indistinto di cui parlavo prima. È come se due persone diverse mi parlassero
tutte insieme contemporaneamente di due argomenti diversi. Ed ecco perché in questo libro non ci saranno
giochi di parole.
Guarda i filmati ai link che seguono. Fanno riferimento ad una serie televisiva comica nordamericana molto
nota: The Big Bang Theory. Nonostante si tratti di un programma caratterizzato da leggerezza alcuni
comportamenti del protagonista Sheldon Cooper potrebbero risultarti familiari.
55
Link 1: Sheldon e il sarcasmo https://www.youtube.com/watch?v=zuXYYqyMqS0
Link 2: Sheldon e la bevanda calda https://www.youtube.com/watch?v=9lzSjnlI9VE
Fermati a riflettere su quello che hai appena visto. Nelle lezioni precedenti abbiamo palato di teoria delle
mente anche come competenza sociale.
Quali particolarità ritrovi nel comportamento di Sheldon? Anche in questo caso ripensa alle funzioni della
teoria della mente e prova ad analizzare la situazione.
SLIDE 18
LO SVILUPPO PRENATALE
FASE GERMINALE
La prima fase dello sviluppo prenatale comincia con la fecondazione e termina con l’impianto nell’utero.
Durante questa fase l’ovulo fecondato ancora monocellulare scenderà lungo le tube di Falloppio
moltiplicandosi fino a arrivare a circa un centinaio di cellule. Perché la gravidanza possa proseguire
l’impianto deve avvenire entro 10 giorni dalla fecondazione (circa 40% delle volte). Al termine della fase
germinale la massa cellulare appare divisa in due parti una parte esterna ed una più interna.
56
FASE EMBRIONALE
Intorno alla terza settimana compare una prima differenziazione degli strati cellulari dei foglietti embrionali
che darà origine alle diverse strutture, apparati e tessuti dell’organismo.
Si tratta di un periodo di rapida crescita e alla fine di questa fase l’embrione misurerà 2,5 cm e tutti i suoi
organi saranno già formati: il cuore pulsa e i sistemi metabolici e sensoriali stanno iniziando a funzionare.
57
FASE FETALE
Tra l’ottava e la nona settimana l’embrione diviene feto cominciando la sua crescita e il perfezionamento
degli organi e delle strutture precedentemente formate.
FASE EMBRIONALE
Alla fine del terzo mese di vita intrauterina il feto è in grado di muovere gran parte del suo corpo. I muscoli si
sono sviluppati e le cartilagini iniziali hanno lasciato il posto alle ossa. Intorno ai 4 mesi pesa ≅100g ed è
lungo ≅10 cm mentre ai 6 mesi sarà ≅1000g. Lo sviluppo del cervello prosegue durante la fase fetale e
intorno alle 24 settimane le onde cerebrali di un feto sono simili a quelle di un neonato. Si sviluppano, infatti,
le cellule neuronali adibite al controllo del pensiero cosciente e può quindi comparire una forma di memoria
primitiva. Le ricerche sui bambini nati pretermine hanno evidenziato come tra la 26a e la 27a settimana il
bambino abbia una buona probabilità di sopravvivere anche in caso di parto anticipato. Al 7 mese il sistema
nervoso centrale e respiratorio risultano essere sufficientemente sviluppati per consentire la vita extrauterina.
NASCITA E ACCRESCIMENTO
Durante la fase embrionale il feto compie numerosi movimenti che per la maggior parte non sono in risposta
a stimoli extrauterini ma di natura spontanea. Questi movimenti adempiono a numerose funzioni tra cui le più
importanti:
1. regolare lo sviluppo muscolo-scheletrico
2. prepararsi ad affrontare il parto (stiramenti e movimenti del capo)
3. allenarsi per la vita post-natale (deglutizione, respirazione etc.).
I MOVIMENTI PRENATALI
58
NASCITA E ACCRESCIMENTO
Anche se alla nascita molti sistemi, comportamenti e movimenti sono a disposizione del neonato per
affrontare la vita extrauterina sono comunque numerosi gli adattamenti ambientali necessari. A seguito della
nascita viene tagliato il cordone ombelicale tra madre e neonato e di conseguenza il bambino deve
impegnarsi attivamente nella respirazione polmonare, nella nutrizione attraverso la suzione e nella
termoregolazione della propria temperatura in funzione di quella dell’ambiente esterno.
Ma come appare un neonato? Come funziona il primo accrescimento somatico?
Durante il primo anno di vita si assiste ad un notevole accrescimento corporeo. I valori di peso e altezza
cambiano molto velocemente fino a quando il bambino raggiunge i 12 mesi. Nei periodi successivi anche se
la velocità di accrescimento corporeo si riduce notevolmente compaiono notevoli cambiamenti somatici che
trasformano l’aspetto esteriore del bambino. Sono le proporzioni corporee a modificarsi soprattutto a seguito
dell’aumento della circonferenza toracica rispetto alla circonferenza cranica. Queste modificazioni cambiano
completamente l’aspetto esteriore del bambino.
ACCRESCIMENTO SOMATICO
Nella fascia d’età che copre il periodo prescolare dai 2-6 anni mediamente i maschi crescono più delle
femmine sia in altezza che in peso. Le bambine mantengono però una maggiore flessibilità.
59
Dopo i 10 gli accrescimenti corporei divengono più graduali sia per i maschi che per le femmine. In questa
fase si consolidando le differenze individuali legate al percentile di riferimento per lo sviluppo del bambino.
Le differenze tra gli individui che rientrano nei percentili più bassi e quelli che rientrano nei percentili più alti
risultano molto evidenti. Nuovi cambiamenti corporei saranno determinati dall’ingresso nella fase puberale e
il raggiungimento della maturità sessuale.
TRA GLI 11 E I 13 ANNI ≅ 150 CM
TRA GLI 11 E I 13 ANNI ≅ 40 KG.
UN NEONATO COMPETENTE
Abbiamo brevemente visto come procede l’accrescimento corporeo del bambino dalla nascita fino alla
pubertà, ma quali abilità possiede un neonato? Al momento della nascita il neonato possiede un’intera
gamma di comportamenti come il ritmo respiratorio e i riflessi che gli consentono di soddisfare i bisogni
fondamentali. Sono presenti due categorie di riflessi: riflessi di sopravvivenza e riflessi neonatali.
In entrambi i casi si tratta di risposte automatiche e non apprese del neonato di fronte a uno stimolo o a una
classe di stimoli esterni. Nel caso dei riflessi di sopravvivenza si tratta di reazioni innate che mantengono la
loro utilità per l’intero ciclo di vita dell’individuo.
60
I riflessi neonatali molto probabilmente rappresentano il retaggio evolutivo di comportamenti che hanno
avuto un valore adattivo per gli antenati della nostra specie. Al momento della nascita i riflessi sono
controllati da aree sottocorticali del cervello e sono destinati a scomparire generalmente entro il compimento
del primo anno d’età quando evolvono e vengono sostituiti da altri comportamenti volontari.
Nonostante come abbiamo visto questi riflessi siano destinati a sparire prima del compimento del primo anno
d’età, sono considerati degli importanti indici dello sviluppo neurologico del bambino e vengono valutati con
attenzione durante le visite neuropsichiatriche. Ad esempio la Neonatal Intensive Care Unit Network
Neurobehavioral Scale (NNNS), messa a punto da Barry M. Lester e Edward Tronick nel 2004, è uno dei più
completi strumenti di valutazione neurocomportamentale per il neonato a termine, pre-termine e a rischio e si
basa in larga misura sulla valutazione dei riflessi dei neonati. Un ulteriore importante competenza neonatale
è legata alla è alle numerose capacità che il neonato manifesta nel suo primo mese di vita di utilizzare i suoi
sensi per estrapolare informazioni dall’ambiente che lo circonda.
61
La possibilità di percepire il mondo esterno attraverso i sensi dipende dallo stato di coscienza in cui si trova il
neonato. Prechtl (1977)8 ritiene che il neonato nel corso di una giornata passi ciclicamente attraverso 5
diversi stati di coscienza della durata di circa 2 ore. Il momento ideale per l’interazione con il neonato
sarebbe quello della veglia tranquilla.
Esiste una variabilità elevata tra neonato e neonato nella gestione degli stati di coscienza. Per quanto
riguarda lo stato di sonno, si calcola che il numero di ore dormite in una giornata possa variare dalle 11 alle
21 ore. Il passare dei tempo porta alla costruzione di cicli sonno-veglia regolari e adattati alla situazione
familiare in cui risulta immerso.
SLIDE 19
8
Cit. in Camaioni, Di Blasio, 2002
62
Lo sviluppo motorio presenta notevole variabilità individuale in particolare nei momenti iniziali di acquisizione
di nuove abilità. In generale abbiamo due tendenze di sviluppo di uguale importanza che sottostanno alla
sviluppo motorio che possono prevalere l’una sull’altra a seconda del momento evolutivo o anche degli
obiettivi del bambino.
LO SVILUPPO PSICOMOTORIO
Lo sviluppo psicomotorio del bambino dipende in larga misura, ma non esclusivamente, da quelli che sono i
fenomeni di maturazione de sistema nervoso. Generalmente si parla di tappe di sviluppo universali, dove, in
presenza di una già grande variabilità individuale, agiscono anche fattori esterni. In un’ottica sistemica il
bambino viene paragonato ad un sistema costituito da un insieme di parti interconnesse. La maturazione del
sistema nervoso è solo una parte del sistema ed è importante che vi sia un’interazione tra le varie parti e
l’interazione tra il sistema e l’ambiente. Ogni comportamento è l’esito dell’interazione tra le parti e il
cambiamento che avviene indica il raggiungimento di un nuovo livello di adattamento del sistema (non
perché il precedente fosse un livello “negativo”, ma perché non andava più bene al sistema, ad esempio il
peso del corpo aumenta e la forza nei muscoli delle gambe non è sufficiente per continuare ad avere il
riflesso di marcia automatica; solamente con lo sviluppo questa capacità può ricomparire e qui il sistema-
bambino raggiunge un nuovo adattamento). Lo sviluppo motorio segue tempi (quando giunge a…) e
modalità (come giunge a…) diverse in ciascun bambino. Esso dipende da numerosi fattori in interazione tra
loro, tra cui: maturazione neurologica, modifiche di ossa e muscoli, fattori ambientali (esperienze,
motivazione, sollecitazioni). Secondo Battistella & Toldo (2007) 9 la valutazione dello sviluppo motorio nella
prima infanzia non può prendere in considerazione solo globalmente i movimenti corporei ma deve essere
analitico nell’analizzare diverse funzioni. Questi autori ne identificano 4 principali.
9
Battistella & Toldo, 2007, in S. Bonichini, G. Axia “L’assessment psicologico nella prima infanzia”, Carocci,
Roma),
63
SVILUPPO POSTURALE E LA DEAMBULAZIONE
All’interno dello sviluppo motorio troviamo lo sviluppo posturale che si occupa di acquisizione molti importanti
per lo sviluppo tra cui la deambulazione. Inizialmente il neonato possiede un tono dell’asse del corpo molto
debole che non gli consente neppure di mantenere la posizione seduta senza supporto. Vediamo le prime
tappe dello sviluppo posturale.
64
SVILUPPO POSTURALE E LA DEAMBULAZIONE
Il bambino che ha imparato a spostarsi nello spazio aumenta il suo raggio d’azione e può decidere se
avvicinarsi o allontanarsi da persone e oggetti con importanti ripercussioni come vedremo nei prossimi nuclei
teorici sullo sviluppo cognitivo e sullo sviluppo emotivo-relazionale. Da questo momento iniziale il bambino
arriverà, seguendo tappe definite, a mantenere una posizione eretta e a conquistare la deambulazione. Si
tratta di conquiste che hanno un’influenza su tutte le aree di sviluppo del bambino perché, consentendogli di
liberare le mani dalla funzione di appoggio, gli permettono un’esplorazione migliore e più ricca dell’ambiente
che lo circonda. Numerose acquisizioni raggiunte dal bambino e con il tempo e l’esperienza impara a
correre, saltare, mantenere l’equilibrio su due piedi e su un piede, salire le scale, etc. Nella fase prescolare
compaiono la maggior parte delle abilità motorie quelle che richiedono particolari abilità di coordinazione e
attenzione vengono poi padroneggiate durante la fase scolare.
65
LO SVILUPPO DELLA PRENSIONE
All’interno dello sviluppo della motricità acquisisce notevole importanza lo sviluppo delle abilità di prensione
che permettono al bambino di interagire con gli oggetti. La prensione volontaria si sviluppa a partire dal
riflesso di afferramento. Con la scomparsa del riflesso intorno ai 3-4 mesi iniziano a comparire dei tentativi di
prensione volontaria. Il gesto dell’afferrare non è più dipendente dalla pressione esercitata sul palmo della
mano del bambino ma è un gesto volontario spinto dalla volontà di afferrare un determinato oggetto. Per
poter essere definito un gesto di prensione volontaria il bambino deve compiere in sequenza delle azioni che
testimoniano il suo interessamento verso l’oggetto.
Il bambino afferra gli oggetti con il palmo della mano cercando di creare una prensione utilizzando la parte al
di sotto dell’indice. Questo modo di afferrare viene detta prensione cubito-palmare.
66
Intorno ai 7 mesi i bambini modificano i loro tentativi di prensione e il gesto dell’afferrare interessa il pollice e
l’indice e il medio usati insieme. Si tratta della prensione digito-palmare.
Raggiunti i 9 mesi generalmente i bambini raggiungono l’ultimo livello di sviluppo della prensione iniziando
ad afferrare opponendo indice e pollice. Si tratta della prensione radio digitale che consente una
manipolazione fine degli oggetti. Lo sviluppo della prensione si completerà intorno a 18 mesi quando il
bambino arriverà a poter padroneggiare i movimenti dell’intera catena di articolazioni dell’arto superiore:
spalla-gomito-polso.
SLIDE 20
67
68
DOPO IL PRIMO ANNO: LO SVILUPPO PSICOMOTORIO
Nella lezione precedente abbiamo visto come lo sviluppo psicomotorio proceda di pari passo nel primo anno
di vita. Nei mesi successivi, come abbiamo visto, acquisisce nuove importanti abilità come la prensione
volontaria con maggiore coordinazione oculo-manuale e di manipolazione fine (Battistella, Toldo, 2007).
69
70
RISPONDI SUL FORUM
I filmati di questa esercitazione fanno riferimento all’acquisizione del gattonamento.
Primo link: https://youtu.be/zkcN7DMUiMc
Secondo Link: https://youtu.be/f3xWaOkXCSQ
71
Vedrai che i due filmati fanno riferimento alla tappe di sviluppo del gattonamento di due bambini. Quali sono
le principali differenze che riesci ad individuare tra i due stili di acquisizione e nelle tappe di acquisizione?
filmati indicati mostrano le differenze tra il riflesso di prensione e la prensione volontaria.
Primo link: https://youtu.be/TidY4XPnFUM
Secondo Link: https://youtu.be/3NgIIoufv6k
Nel primo video puoi vedere il riflesso di prensione palmare che come abbiamo visto è un riflesso neonatale,
nel secondo video trovi un esempio di prensione volontaria intenzionalmente diretta dal bambino verso il
gioco sospeso sopra di lui.
Questo video mostra nuove acquisizioni del bambino e una prensione volontaria più consolidata e fine.
Terzo link: https://youtu.be/fAUqvmLV2yo
SLIDE 21
PERCEZIONE E SENSAZIONE
Il mondo che noi percepiamo la realtà non è una copia esatta del mondo reale, ma è il risultato di mediazioni
e attività svolte dall’organismo. Infatti la percezione consiste in processi di analisi, selezione e
organizzazione dei dati dell’ambiente circostante in un’unità coerente. La percezione è un processo di
elaborazione attivo e dinamico degli stimoli che provengono dagli organi di senso. Quando degli stimoli
provenienti dal mondo esterno raggiungono gli organi di senso si ha una sensazione. Queste informazioni
dell’ambiente vengono recepite dai recettori sensoriali e trasmesse al cervello. Si tratta di un effetto
soggettivo e immediato provocato dagli stimoli sui vari apparati dell’organismo (uditivo, visivo, etc.). Anche lo
studio della percezione umana non è stato immune dalle teorie empiriste che hanno concepito il neonato
come una tabula rasa su cui si imprimono i dati dell’esperienza e dell’apprendimento. Solo a seguito di tali
esperienze ripetute il bambino svilupperebbe una percezione vera e propria. I processi percettivi si
affinerebbero quindi gradualmente per arrivare ad organizzare in modo significativo i dati forniti dalle
sensazioni. Alcuni studiosi hanno sottolineato il carattere confuso delle prime percezioni infantili
paragonando i vari stimoli sensoriali che arrivano al neonato a un indistinto ronzio che assume significato
solo con l’esperienza (James, 1980). Un approccio più recente ritiene che la struttura percettiva della realtà
del bambino contenga già degli elementi organizzati a cui l’essere umano è predisposto e che può cogliere
in modo immediato grazie alla sua dotazione innata. A differenza di quanto sostengono gli empiristi i bambini
nascerebbero con facoltà percettive e predisposizioni innate.
72
delle complesse relazioni con l’ambiente circostante attraverso l’interazione con gli stimoli esterni. Nel
processo percettivo sono rintracciabili quattro fasi distinte e successive.
Gli individui vivono immersi in un ambiente costantemente attraversato da stimoli fisici che vengono registrati
dagli organi di senso dando origine alle sensazioni. Ognuno di questi organi di senso risulta funzionalmente
sensibile a delle specifiche forme di energia fisica, come le onde sonore o le radiazioni luminose o ancora
stimoli meccanici, e solo entro una gamma definita. Queste sensazioni attivano diversi apparati recettivi
dell’organismo, ma solo una parte di questi può essere recepita, riconosciuta e rientrare nella soglia della
coscienza. La percezione è un’attività psichica complessa che dipende dagli organi di senso i cui recettori
vengono volontariamente o casualmente attivati da stimoli. Per quanto i bambini abbiano delle
predisposizioni percettive innate (come vedremo nelle prossime lezioni) il fenomeno della percezione viene
integrata, ma anche corrotta, da altre funzioni psicologiche come l’attenzione, le aspettative, le emozioni ma
anche la memoria e l’apprendimento. In generale si può dire che la percezione sia un’organizzazione
fenomenica di informazioni sensoriali riferibili a specifiche situazioni di stimolazione ben definite nel tempo e
nello spazio. Proviamo a vedere un esempio di come il nostro cervello organizza e interpreta gli stimoli
ambientali cercando di creare una dimensione di senso.
73
ASSUNTO DELL’UNICA FONTE LUMINOSA
Perché le sfere appaiono concave o convesse? Il nostro apparato visivo parte dal presupposto che
l’immagine che sta osservando debba essere interpretata ipotizzando la presenza di un’unica sorgente
luminosa e che l’illuminazione provenga dall’alto. Le ombreggiature vengono quindi lette in questo senso
come
Perché questa interpretazione? Questa lettura della realtà deriva dal fatto che il nostro sistema planetario ha
un’unica stella, il sole, un’unica fonte di illuminazione e la luce solare proviene dall’altro. Quindi il modo più
naturale e spontaneo di leggere le ombreggiature è quello di percepirle come provenienti da un’unica fonte
posta in alto. Se però la figura viene ruotata di 90° i cerchi ombreggiati divengono uno stimolo ambiguo e si
perde la percezione di sfere concave o convesse. Tolto il pregiudizio dato dalla fonte luminosa posta in alto,
la nostra percezione non predilige l’ipotesi di una fonte proveniente da destra o da sinistra, così possiamo
percepirle in modo differente.
74
A questo link trovi il ballo della danzatrice, the spinning lady, fissa la sagoma. Gira su se stessa in senso
orario o antiorario? https://youtu.be/rb1CZfUumDI
Se sei curioso a questo link viene spiegato il fenomeno: https://youtu.be/b51Nc0NykqM
Gli inganni percettivi possono essere molto potenti e mettono in evidenza la differenza sostanziale che esiste
tra sensazione e percezione.
SLIDE 22
LE VIE DI INDAGINE
Se avete già sostenuto degli esami di psicologia generale saprete molto bene che la percezione umana è
stato e rimane uno degli ambiti della psicologia più studiati. Ad esempio già nel 1914 Wertheimer pubblicò un
importante lavoro sul movimento stroboscopico segnando l’inizio della psicologia della Gestalt. Sono invece
degli anni 20 del ‘900 i primi studi di Goblin sull’organizzazione figura/sfondo.
Al contrario gli studi che si sono concentrati sugli aspetti evolutivi e quindi più sullo sviluppo delle abilità
percettive del bambino sono molto più recenti. Questo perché indagare le abilità percettive nei bambini,
soprattutto in quelli molto piccoli, è sicuramente molto complesso.
75
I bambini hanno infatti un repertorio comportamentale molto limitato e lo studio dello sviluppo percettivo in
età precoce si può basare solo sull’analisi delle risposte che spontaneamente il bambino da agli stimoli che
gli vengono presentati. Inoltre, l’assenza di linguaggio, ma anche capacità linguistiche ancora immature, non
permette a uno sperimentatore di utilizzare compiti in cui debba esserci una chiara comprensione delle
consegne. Se parliamo di studi sui neonati alle difficoltà precedenti si aggiungono ulteriori problematicità. In
primo luogo essi hanno delle capacità di attenzione molto limitate e sono molto sensibili alle situazioni di
disconfort che scatenano facilmente il pianto del bambino. Infine, i momenti di veglia sono pochi e possono
essere interrotti repentinamente da momenti di sonno profondo. Da dove derivano quindi tutti i risultati che
abbiamo al momento sullo sviluppo percettivo del bambino? Come sono riusciti gli sperimentatori a
raccogliere così tante informazioni in bambini così piccoli? In modo molto generale si può rispondere che gli
sperimentatori hanno indagato la percezione infantile presentando degli stimoli di diversa natura percettiva ai
bambini per osservare le loro reazioni. Inizialmente si trattava di registrare delle risposte esclusivamente
comportamentale più recentemente si sono sviluppate anche delle tecniche in grado di valutare degli
indicatori fisiologici. Gli indicatori comportamentali sono stati ricavati dal limitato repertorio di comportamento
del bambino e generalmente si tratta di osservare:
76
Gli studi che hanno utilizzato queste vie di indagine hanno notevolmente contribuito a far emergere un’idea
di bambino attivo e dotato di competenze precoci. Tutti questi dati hanno portato ad accantonare
definitivamente l’immagine del neonato come una “tabula rasa” o una “tavoletta di cera” tipica del
comportamentismo. Inoltre i risultati delle ricerche che hanno evidenziato come i bambini discriminino tra
stimoli diversi sia di tipo visivo, che olfattivo (ma anche gustativo, uditivo e tattile), siano predisposti a
preferire voce, volto e latte materno e ancora siano in grado di imitare già molto presto dopo la nascita
hanno fatto da base agli studi in ambito affettivo che si sono occupate di interazione precoce. Nelle prossime
attività analizzeremo alcuni paradigmi di indagine della percezione infantile che utilizzano sia dati
comportamentali sia dati fisiologici.
Il bambino veniva posizionato supino all’interno della camera di osservazione e poteva vedere delle figure
che venivano proiettate sopra di lui. A sua volta, attraverso un foro posto nella parte superiore della camera
di osservazione, lo sperimentatore poteva vedere l’immagine riflessa nell’occhio del bambino per
comprendere la direzione del suo sguardo. Il paradigma della preferenza si basa sull’assunto che, a parità di
condizioni di presentazione di due stimoli diversi, se il neonato orienta maggiormente lo sguardo o il capo
verso uno dei due stimoli e lo fissa per un tempo maggiore, rispetto a quanto accade con l’altro stimolo, si
può ipotizzare che il piccolo abbia discriminato i due stimoli e, spontaneamente, ne abbia preferito uno.
77
Questo paradigma può essere utilizzato sia per gli stimoli visivi sia per gli stimoli uditivi. Nel caso si voglia
valutare la percezione visiva si presentano al bambino due figure simultaneamente, una figura a destra e
una a sinistra. Per gli stimoli uditivi invece si sceglie di presentarli in successione alternata, fino a che si
“abitua”, quindi si osserva su quale stimolo mantiene più alta la risposta. Nonostante il largo impiego che
viene fatto di questa procedura essa ha un grande limite pratico. Basandosi infatti sulle preferenze
spontanee espresse dal bambino, nel momento in cui un bambino non dovesse manifestare alcuna
preferenza non siamo in grado di inferire nulla sulle sue capacità discriminatorie. Questo tipo di paradigma
produce risultati interpretabili solo se il bambino manifesta una preferenza. Sono comunque numerose le
ricerche che hanno utilizzato questo paradigma ritrovando delle sistematicità nelle preferenze nel bambino
nei primi 3 mesi di vita.
78
PARADIGMA DELL’ABITUAZIONE
Questo paradigma sperimentale si basa sull’osservazione che la presentazione di uno stimolo percettivo
(acustico, visivo, olfattivo, gustativo, tattile) non familiare tende a produrre una risposta psicofisiologica e/o
comportamentale nel neonato, ma che, con la presentazione ripetuta dello stesso stimolo, l’iniziale risposta
diminuisce progressivamente, testimoniando un processo di abituazione allo stimolo (Rovee-Collier, 2004).
Le interpretazioni più recenti sostengono che durante il paradigma dell’abituazione il bambino si costruisce
79
una rappresentazione mentale dello stimolo che gli viene somministrato ripetutamente. Ad ogni
riproposizione dello stimolo di fatto per il bambino si verifica un aumento della coincidenza tra
rappresentazione mentale e stimolo esterno, portandolo gradualmente a ridurre le sue risposte. In linea con
le ipotesi sottostanti l’utilizzo del paradigma dell’abituazione le ricerche che lo utilizzano devono prevedere
due momenti sperimentali fondamentali che stanno alla base del paradigma:
La fase di abituazione
La fase di test
Allo stesso modo ci si aspetta che, a seguito di presentazioni ripetute dello stesso stimolo, le
risposte del bambino diminuiscano significativamente – meno sguardi, frequenza di suzione
ridotta, etc. Quando ciò avviene si considera terminata la fase di abituazione e si passa alla fase
successiva.
II. FASE TEST: A questo punto al bambino viene presentato un nuovo stimolo che differisce dal
precedente per alcune caratteristiche e si osservano le sue reazioni. Se la risposta aumenta, si
può ipotizzare che il neonato abbia discriminato i due stimoli. A questo punto lo sperimentatore
può registrare due diversi andamenti.
80
Se il bambino percepisce il nuovo stimolo come diverso dal precedente ricomincerà a dare
risposte comportamentali o neurofisiologiche di interesse. In questo caso si parla di
disabituazione. Se al contrario non si dovesse registrare alcuna variazione positiva di
incremento nelle risposte del bambino egli dimostra di non aver discriminato tra i due stimoli.
L’utilizzo del paradigma dell’abituazione obbliga lo sperimentatore che vuole utilizzarlo ad avere
anche un gruppo di controllo oltre al gruppo sperimentale. Infatti per poter raggiungere delle
conclusioni significative sulle capacità percettive dei bambini, oltre al gruppo a cui nella fase di
test viene presentata un nuovo stimolo, deve essere presente un altro gruppo a cui viene
presentato lo stesso stimolo dell’abituazione. Solo nel caso in cui le risposte comportamentali
e/o neurofisiologiche dei bambini appartenenti al gruppo sperimentale (nuovo stimolo) siano le
uniche a subire un incremento si può concludere che vi è stata una discriminazione dello
stimolo. In caso contrario (uguaglianza tra gruppo sperimentale e gruppo di controllo lo
sperimentatore non può raggiungere nessuna conclusione).
Il paradigma del condizionamento è molto simile per procedura al paradigma dell’abituazione. In questo caso
però non si aspetta che il bambino si abitui spontaneamente allo stimolo riducendo le sue risposte
comportamentali e/o neurofisiologiche ma si interviene direttamente condizionando il bambino a rispondere
in un determinato modo a uno stimolo.
81
Successivamente al bambino viene proposto un nuovo stimolo che possiede delle caratteristiche differenti
dal primo in modo più o meno marcato. Esattamente come per il paradigma dell’abituazione si osservano le
reazioni del bambino. Se la risposta del bambino prevede l’utilizzo della medesima risposta
comportamentale significa che non discrimina tra i due stimoli.
Al contrario se non vi è la comparsa della risposta a cui il bambino è stato condizionato vuol dire che il
bambino ha discriminato i due stimoli e non ritiene di dover rispondere nel modo che conosce. Anche in
questo caso è indispensabile la presenza di un gruppo di controllo. Successivamente al bambino viene
proposto un nuovo stimolo che possiede delle caratteristiche differenti dal primo in modo più o meno
marcato. Esattamente come per il paradigma dell’abituazione si osservano le reazioni del bambino. Se la
risposta del bambino prevede l’utilizzo della medesima risposta comportamentale significa che non
discrimina tra i due stimoli.
SLIDE 23
IL SINCRETISMO PERCETTIVO
82
CHE COS’È IL SINCRETISMO INFANTILE?
Durante il periodo di vita che va da 0 a 6 anni la percezione del bambino come abbiamo visto è
caratterizzata dal sincretismo percettivo, ovvero da una propensione generale a cogliere la dimensione
globale (sintetica) rispetto a quella particolare (analitica).
Il sincretismo comporta anche la difficoltà a passare dal tutto alle parti e viceversa, mentre noi adulti
percepiamo sia i singoli elementi che l’insieme contemporaneamente, i bambini piccoli fanno più fatica.
Questo si può notare, ad esempio, quando i bambini sfogliano quei libri in cui è richiesto di ritrovare una
forma dentro un’immagine più grande (compito di individuare le figure o i disegni mascherati). Tra i primi
studi che si sono occupati di sincretismo percettivo ritroviamo quelli di Heiss e Sander (1948) che hanno
dimostrato come con il progredire dell’età si affinino le capacità analitiche e le abilità di cogliere i particolari.
Tuttavia, studi successivi hanno dimostrato che anche le caratteristiche degli stimoli hanno una notevole
importanza. Infatti, se le singole parti sono costituite da oggetti vistosi e conosciuti, mentre la figura globale è
sconosciuta, i bambini si rivolgono ai particolari più che all’insieme. Queste difficoltà a ritrovare un modello di
una figura in un’immagine più grande permangono fino a circa 5-6 anni e si accompagna ad una difficoltà ad
organizzare gli stimoli in modo flessibile. Passati i 6 anni queste difficoltà vengono gradualmente superate,
grazie allo sinergia degli sviluppi neurofisiologici, cognitivi e all’esperienza. Tra i 6 e i 9 anni assistiamo a un
continuo e progressivo miglioramento delle abilità percettive: i bambini procedono ad esplorazioni esaustive
degli stimoli e la prospettiva diviene reversibile. Inoltre la percezione è guidata ed organizzata da
un’articolazione gerarchica del campo fenomenico. Durante questo periodo parliamo di percezione analitica.
Dopo i 9 anni, oltre ai notevoli progressi nel mantenimento della costanza di forma e dimensione, i ragazzi
arrivano a padroneggiare una percezione sintetica. Quando si parla di percezione sintetica parliamo di una
percezione globale ma differenziata.
L’IMPORTANZA DELL’ATTENZIONE
I bambini già dalle prime settimane di vita sono attratti da oggetti in movimento e si girano spontaneamente
verso i volti delle persone, verso oggetti colorati o suoni interessanti. Questi comportamenti sono riferibili alle
precoci capacità di attenzione selettiva. In questi casi l’attenzione è rivolta ai contorni, i bambini preferiscono
le curve e gli stimoli complessi e non uniformi. Ad ogni modo l’attenzione durante i primi mesi di vita è
piuttosto instabile e il bambino riesce a mantenerla solo per un periodo limitato di tempo. Inoltre il suo
impiego è poco sviluppato e poco flessibile. Questa caratteristica viene spesso esemplificata con il
fenomeno dell’attenzione obbligatoria. Ad ogni modo l’attenzione durante i primi mesi di vita è piuttosto
instabile e il bambino riesce a mantenerla solo per un periodo limitato di tempo. Inoltre il suo impiego è poco
sviluppato e poco flessibile. Questa caratteristica viene spesso esemplificata con il fenomeno dell’attenzione
obbligatoria. Il fenomeno dell’attenzione obbligatoria si riferisce a un particolare comportamento a volte
osservabile nei bambini: durante alcune situazioni essi possono sembrare così attratti o interessati da uno
stimolo da non riuscire a distogliere lo sguardo. L’adulto è portato ad interpretare questo comportamento
infantile come volontario. In realtà sembrerebbe che in queste circostanze il bambino non sia proprio in
grado di interrompere l’osservazione in modo volontario. Questo lo porta ad un lungo periodo di fissazione
che si conclude con chiari segni di stress. Il bambino si ritrova infatti a vivere un disagio che lo porta a
reagire con il pianto ed è proprio il pianto ad interrompere la situazione di attenzione obbligatoria. Lo
sviluppo dell’attenzione è di fondamentale importanza perché interagisce con lo sviluppo di altre aree. In
particolare il raggiungimento di una parziale padroneggiamento dell’attenzione prolungata è di fondamentale
importanza non solo per lo sviluppo percettivo ma anche per quello cognitivo. Infatti ogni capacità di
apprendere passa per la capacità di mantenere l’attenzione per un tempo sufficiente. A 3 mesi l’attenzione
83
viene tenuta per 5-10 secondi, ma a 18 mesi il bambino si concentra su un oggetto per conoscerlo. Già a 4
mesi sono state rilevate differenze nel modo di mostrare attenzione agli stimoli:
bambini short-lookers: guardano prima gli aspetti generali e poi i particolari;
bambini long-lookers: guardano in maniera più analitica gli oggetti, impiegando più tempo (fissazione
più lunga).
Quando prestano attenzione i bambini appaiono tranquilli e interessati. Con lo sviluppo l’attenzione si rivolge
verso fenomeni sempre più complessi e diventa più lunga, ma quando lo sforzo mentale diventa eccessivo
per il loro grado di sviluppo, l’attenzione viene distolta. Questo fenomeno lo ritroviamo anche nei bambini più
grandi e nei ragazzi a scuola, quando ascoltano qualcosa che non comprendono tendono a distrarsi. È, ad
esempio, tipico dei bambini con lievi deficit cognitivi e con difficoltà di apprendimento. La capacità di
mantenere l’attenzione dipende da vari fattori, non solo percettivi (struttura dello stimolo, familiarità con lo
stimolo, sviluppo abilità visive): capacità cognitive, capacità di controllare l’impulsività (regolazione) e di
inibire la distraibilità verso altri elementi interessanti.
84
LA PERCEZIONE VISIVA E LA MOTRICITÀ INFANTILE
Dopo aver visto lo sviluppo delle abilità visive in questo paragrafo ci occuperemo dell’interazione tra capacità
visive e capacità motorie che vengono utilizzate insieme per raggiungere, afferrare e manipolare gli oggetti.
Perché questo avvenga il bambino deve aver acquisito il senso dell’oggetto, ovvero deve aver compreso che
le parti visibili degli oggetti sono collegate tra loro a formare un’unità. Il bambino dovrebbe aver raggiunto
questa consapevolezza intorno ai 3 mesi. Inizialmente quando un oggetto scompare dalla vista, il bambino
perde rapidamente interesse.
85
Quando raggiungono i 6 mesi molti bambini divengono capaci di giocare con oggetti parzialmente nascosti.
Verso i 9 mesi si sviluppa la cosiddetta permanenza dell’oggetto (l’oggetto esiste anche se nascosto), per cui
i bambini possono recuperare oggetti completamente coperti. Entro i 12 mesi colgono anche il movimento
nascosto degli oggetti, ad esempio riescono a prevedere dove uscirà una palla che rotola sotto un tavolo.
86
SLIDE 24
LE PERCEZIONI INTERMODALI
Le percezioni con i diversi sensi non sono separate, comunemente utilizziamo più sensi insieme. Ad
esempio, vista e udito sono normalmente utilizzati quando si parla o quando sentiamo l’ambulanza sulla
strada e con gli occhi ne cerchiamo la direzione. Non teniamo separate la rappresentazione delle labbra che
si muovono e della voce che esce, tanto che ci dà molto fastidio quando un film è doppiato male e la voce
non esce in corrispondenza al movimento della bocca (anche se lo sfasamento è minimo). Allo stesso modo
non teniamo separati il suono dell’ambulanza dall’ambulanza che vediamo passare sulla strada. Si parla di
coordinazioni intermodali riferendoci proprio alla capacità di mettere insieme le informazioni provenienti da
più canali percettivi, creando un’unica rappresentazione mentale implicita. Piaget (1937) riteneva che la
capacità di integrare le varie informazioni avvenisse con l’esperienza, a partire dai 4-5 mesi. Prima di questa
età le percezioni erano immaginate come separate. Attualmente si ritiene, invece, che la coordinazione
intermodale sia presente fin dalla nascita (Gibson, 1969), permettendo una visione unificata del mondo.
87
la bocca ma non pronunciava al vocale o se apriva la bocca e pronunciava un’altra vocale. (M. Legerstee,
2005, “La comprensione sociale precoce”, Raffaello Cortina, 2007, p. 35).
PROCEDURA
Il bambino viene messo su un tavolo di vetro, per metà coperto da un telo, mentre l’altra metà rimane
scoperta. Sotto la parte scoperta del tavolo, a circa 1 m di distanza, viene posto lo stesso telo, in modo da
creare la sensazione di un baratro. Il bambino si trova sulla parte di tavolo coperta dal telo, mentre la madre
si pone dalla parte opposta, al termine della lastra di vetro e lo chiama. Il piccolo, avanzando a gattoni, va
sicuro fino al punto in cui inizia il baratro, quindi si ferma mostrando indecisione e timore.
INTERPRETAZIONE
Se il bambino piccolo (6-14 mesi) ha percepito ha percepito la profondità si ferma al contrario se non da
importanza al precipizio continuerà a gattonare. Con i bambini più piccoli, che non riescono a spostarsi
autonomamente, è possibile registrare la frequenza del battito cardiaco, i movimenti degli occhi e altri
segnali emessi quando il bambino viene posto a pancia in giù o avvicinato al precipizio visivo.
88
RISPONDI SUL FORUM
Chiudiamo questo nucleo teorico riflettendo sulle metodologie usate per indagare la percezione nei più
piccoli. Individua quale paradigma sperimentale è stato usato (preferenza e/o abituazione) a partire dalle
conclusioni a cui si è giunti (le frasi sono tratte dal manuale che devi studiare per l’esame), provando a
ipotizzare in che modo l’esperimento può essere stato strutturato (cioè quali stimoli sono stati presentati ed
eventualmente quali stimoli sono stati presentati al gruppo di controllo). Confrontati con i tuoi compagni di
corso sul forum. Le vostre risposte coincidono? È stato ipotizzato l’utilizzo di paradigmi differenti?
PARADIGMA 1
“La costanza della forma appare precocemente, come dimostra la capacità del neonato di identificare come
forme identiche due sagome presentate da angolature diverse” (p. 78).
PARADIGMA 2
“Sono dunque in grado di discriminare tra categorie fonetiche diverse, ad esempio le occlusive sonore (b, d,
g) da quelle sorde (p, t, k), dimostrando di percepire la lingua parlata in base alle stesse informazioni usate
dagli adulti “ (p. 65).
PARADIGMA 3
“Analoga preferenza non emerge, invece, in relazione alla voce paterna che non viene riconosciuta dopo la
nascita e non viene preferita a quella di un altro adulto di sesso maschile” (p. 64).
PARADIGMA 4
“Un altro aspetto che sollecita l’interesse del piccolo e contribuisce a permettergli di discriminare i volti è il
movimento. A 2 settimane i neonati sono attratti da volti in movimento e a 5 settimane, tra due immagini
dello stesso volto, le cui pupille si muovono a diverse velocità, preferiscono quella in cui il movimento è più
rapido” (p. 72).
PARADIGMA 5
“Una particolare responsività è stata rilevata nei confronti dei segnali olfattivi provenienti dal latte della
madre” (p. 62).
SLIDE 25
COS’È IL LINGUAGGIO?
La capacità umana di utilizzare un codice per esprimere, comunicare e rappresentare la realtà interna ed
esterna. Il linguaggio è un sistema arbitrario di simboli (Brown, 1965). Le parole, infatti, rappresentano (sono
simboli) delle cose. Durante lo sviluppo il bambino apprende ad associare simboli e cose. Per linguaggio,
quindi, non si intendono solo le singole parole, ma anche le regole usate per pronunciarle, per combinarle tra
loro e per dargli significato.
89
Tra le varie funzioni le linguaggio, risultano particolarmente importanti quelle riferite alla comunicazione, al
pensiero e all’autoregolazione (Schaffer, 2004).
COMUNICAZIONE
Il linguaggio viene utilizzato per parlare con gli altri. Ciò implica abilità anche sociali, dal momento che
calibriamo ciò che diciamo anche sulla base della prospettiva altrui.
PENSIERO
I legami tra pensiero e linguaggio li tratteremo quando parleremo di sviluppo cognitivo a proposito di Piaget,
Vygotskij e Bruner. Oggi si ritiene che ci sia una stretta interconnessione tra pensiero e linguaggio.
AUTOREGOLAZIONE
Il linguaggio influenza non solo il pensiero ma anche l’azione. Si pensi alle istruzioni che diamo ai bambini o
a quelle che i bambini si danno da soli, si tratta di un controllo verbale del comportamento.
90
COME SI SVILUPPA IL LINGUAGGIO?
La caratteristica della generatività fa riferimento alla possibilità di realizzare un numero infinito di enunciati
attraverso l’impiego di un numero limitato di elementi e di regole di combinazione. La generatività (detta
anche capacità di codifica) è innata, ma l’acquisizione del codice si sviluppa in tempi e in modi diversi e nelle
diverse componenti del sistema linguistico.
Solo all’età di 3-4 anni i bambini arrivano però a padroneggiare le strutture basilari della propria lingua nelle
diverse aree in cui si articola il linguaggio. A quest’età sul piano fonetico, lo sviluppo della capacità di
produzione dei suoni è completata e consente di realizzare stringhe più complesse dal punto di vista della
programmazione fono articolatoria. La capacità generativa è presente fin dalla nascita anche se si esprime in
modo diverso nelle diverse fasi dello sviluppo e nelle diverse aree del sistema linguistico. Il linguaggio
verbale non si insegna, ma si acquisisce, si apprende o emerge.
Esistono alcune condizioni indispensabili perché possa emergere e svilupparsi un linguaggio verbale:
CONTESTO COMUNICATIVO
ESPOSIZIONE AD UNA LINGUA
INTEGRITÀ DEI SISTEMI DI INPUT E DI OUTPUT
Le capacità percettive precoci del bambino, che abbiamo esaminato nel nucleo tematico precedente, sono il
punto di partenza per ogni forma di acquisizione linguistica. Il processo di acquisizione del linguaggio
91
comincia infatti con la sua percezione, ovvero quando inizia l’esposizione alla lingua parlata nella comunità
linguistica in cui il bambino si troverà a crescere.
Queste abilità precoci sono l’esito dell’esperienze percettive prenatali che il bambino ha vissuto soprattutto
durante l’ultimo trimestre di vita intrauterina, quando l’organo dell’orecchio è già formato. Il feto è quindi in
grado di percepire le basse frequenze che veicolano le informazioni intonazionali e prosodiche, ma anche
melodie e ritmi. Tali esperienze permettono al bambino di sviluppare già prima della nascita una certa
sensibilità ai suoni del linguaggio (voce, luogo e modo di articolazione, ordine sequenziale). Tale sensibilità
rimane in modo generale per lingue diverse fino ai 6 mesi, in seguito si riduce gradualmente fino ad arrivare
ad includere solo la propria lingua madre per cui si sono ricevuti dei rinforzi. Tale sensibilità linguistica
rappresenta il punto di partenza per lo sviluppo del linguaggio che come vedremo è un processo complesso
e molto lungo.
SLIDE 26
92
Molti autori si sono cimentati con lo studio delle diverse abilità linguistiche. A livello storico è importante
ripercorrere le posizioni toriche di Skinner (1957), Chomsky (1965) e Bruner (1983) che all’interno di diversi
approcci hanno dato il loro contributo alla comprensione dello sviluppo del linguaggio. Il lavoro di Skinner si
inserisce all’interno della tradizione comportamentista secondo la quale, in linea con i suoi presupposti di
base, lo sviluppo del linguaggio sarebbe da attribuire a fattori esterni quali l’esperienza e l’apprendimento.
Secondo Skinner, così come ogni altro comportamento, il comportamento verbale si consoliderà solo se
rinforzato nelle sue manifestazioni mentre regredisce se mancano rinforzi positivi e negativi.
93
Skinner nega quindi che dei fattori interni all’individuo possano giocare un ruolo fondamentale
nell’acquisizione del linguaggio. Si tratta di un approccio che attribuisce un ruolo passivo al bambino durante
il suo sviluppo linguistico. Sono numerose le critiche che hanno evidenziato i limiti di questo approccio in
primo luogo si accusa Skinner di aver ignorato la precoce natura creativa del linguaggio e la sua forza
generatrice. Uno degli studiosi più noti del secolo scorso ancora in vita ha fortemente criticato un altro
aspetto della teoria di Skinner. Secondo Chomsky, infatti, nell’acquisizione del linguaggio sono fondamentali
i fattori interni poiché gli stimoli esterni forniti dell’adulto sarebbero spesso incompleti, inappropriati e
comunque non sufficienti per funzionare da modello per lo sviluppo del linguaggio che da subito mostra la
possibilità del bambino di generare nuovi messaggi mai ascoltati prima.
CHOMSKY E IL LAD
Come abbiamo già avuto modo di vedere la formulazione della teoria dello sviluppo del linguaggio di Avram
Noam Chomsky (1928-vivente) rappresenta un momento fondamentale per il modo della linguistica. Nucleo
teorico portante della teoria di Chomsky è l’idea che alla base dell’intero sviluppo linguistico si debba porre
una funzione specifica: la sintassi. Il bambino acquisirebbe il suo linguaggio nella costante ricerca delle
regole sintattiche della sua lingua che regolano rapporti e relazioni tra le parole consentendo anche la
creazione di nuove messaggi originali
94
Ma quali sarebbero le caratteristiche specifiche del LAD – Language Acquisition Device?
Secondo la linguistica generativa il LAD è preposto a consentire la comprensione e produzione di frasi,
indipendentemente, come abbiamo visto, dalla specificità delle varie lingue. Un’altra caratteristica del LAD è
quella di essere indipendente dai meccanismi di apprendimento che siano intesi come l’imitazione oppure
l’associazione. Secondo questi studiosi esisterebbero numerose evidenze in favore della linguistica
generativa e dell’esistenza del LAD – Language Acquisition Device a cui si affiancano però alcune criticità.
POSIZIONE ON (ACCESO +) – la regola è attivata quindi la lingua consente frasi in cui il soggetto non è
esplicitato come ad esempio la lingua italiana: ES. Andremo al mare domenica.
POSIZIONE OFF (SPENTO -) – la regola non è attivata quindi la lingua non consente frasi in cui il soggetto
non è esplicitato come ad esempio la lingua inglese.
Delle ricerche interne a questo approccio hanno portato ad ipotizzare che inizialmente tutti gli “interruttori”
siano posizionati su ON e che solo con l’esperienza i bambini arrivino a capire quali debbano essere
assestati sul valore OFF.
10
1Chomsky, 1980, in Camaioni e Di Blasio (2007) pag. 129
95
RISPONDI SUL FORUM
Quali sono le due correnti di pensiero che fanno da fondamento al pensiero di questi autori?
Quale idea di sviluppo e di bambino sottendono?
SLIDE 27
Un altro approccio mette in relazione diretta pensiero e linguaggio indagando gli aspetti di sviluppo cognitivo
indispensabili per lo sviluppo linguistico. Si tratta di una chiara derivazione dal pensiero di Piaget che si
concretizza nell’ipotesi cognitiva (Piaget, 1945). Piaget si contrappone all’idea innatista di Chomsky
arrivando a sostenere che l’esecuzione del linguaggio preceda la competenza relativa al linguaggio. Il
generale interesse per i che investe la psicologia dello sviluppo intorno agli anni ‘70 coinvolge anche lo
96
sviluppo del linguaggio e viene data importanza alla pragmatica che si occupa degli usi e delle funzioni del
linguaggio direttamente nel suo contesto.
L’IPOTESI INTERAZIONISTA
Ispirandosi al pensiero di Vygotskij numerosi autori hanno posto l’attenzione su diversi aspetti del contesto e
in particolare Bruner (1983) riprenderà un idea di Miller teorizzando l’esistenza di un LASS (Language
Acquisition Support System). Bruner viene supportato dalle ricerche a lui contemporanee che mettono in
evidenza come il linguaggio dell’adulto verso il bambino non sia uno stimolo inappropriato, come ritenuto da
Chomsky, ma al contrario uno stimolo modulato sulle esigenze di apprendimento che il bambino ha nei
diversi momenti di sviluppo linguistico. Il LASS diviene complementare al LAD e corrisponde al supporto
contingente e responsivo che l’adulto fornisce al bambino. Bruner porta avanti un ipotesi interazionista dove
integra sia la prospettiva di Skinner sia la prospettiva di Chomsky che se viste da sole sono definite come
rispettivamente ipotesi impossibile e ipotesi miracolistica. Più recentemente un altro autore Tomasello ha
ripreso l’idea culturale di Vygotskji sullo sviluppo del linguaggio ritenendo che si tratti di una «istituzione
sociale di natura simbolica, nata storicamente da attività sociocomunicative preesistenti, che influenza
sostanzialmente il pensiero».11
Il lavoro di Tomasello come evidente respinge l’ipotesi cognitiva di Piaget sullo sviluppo del linguaggio per
accogliere quella di Vygotskij. Alcune acquisizioni cognitive e non linguistiche sarebbero di fatto alla base
dello sviluppo linguistico come il raggiungimento di una funzione simbolica, della capacità di categorizzare e
di pensiero causale. L’acquisizione che Tomasello ritiene fondamentale per lo sviluppo linguistico viene
conquistata tra i 9 e i 12 mesi e corrisponde al raggiungimento della consapevolezza che gli altri individui
sono conspecifici dotati di stati mentali, intenzioni e desideri. Viene inoltre sottolineata l’importanza di alcuni
meccanismi di apprendimento innati di tipo cognitivo noti come Statistical Learning. Questi meccanismi
consentirebbero di estrapolare le regolarità nascoste nel flusso delle informazioni attraverso l’apprendimento
delle relazioni statistiche tra gli elementi che compongono le sequenze temporali, ovvero tenendo conto della
probabilità con la quale un elemento di una sequenza segue l’elemento precedente. Una delle caratteristiche
fondamentali per l’apprendimento linguistico sarebbe, infatti, la capacità di segmentare il flusso del parlato.
Ovvero la capacità di comprendere
11
*Vianello, Gini & Lanfranchi, 2015, pag. 246
97
SCHEMA DEI CONTENUTI
Nella prossima slide (anche pdf allegato) trovi uno schema relativo allo sviluppo del linguaggio prova a
sintetizzare gli aspetti fondamentali del pensiero dei diversi autori. Mettendo in evidenza le differenze anche
le differenze del ruolo del bambino e dell’adulto. Puoi completare lo schema come strumento utile per il tuo
studio oppure puoi caricare lo schema su ePortfolio per avere un feedback.
SLIDE 28
98
ALCUNI ASPETTI DEL LINGUAGGIO: FONETICA vs FONOLOGIA
Può sembrare complicato distinguere tra fonetica e fonologia in questa attività ci occuperemo di
disambiguare questi due ambiti di sviluppo del linguaggio. Le unità della fonologia sono i fonemi, ovvero
delle unità differenzianti, indivisibili ed astratti che contraddistinguono un sistema linguistico. La maggior
parte dei fonemi non ha un’autonomia produttiva e recettiva. Le unità di base della fonetica sono i foni,
ovvero i suoni prodotti dalla voce umana. I foni sono l’unità motoria minima di produzione del linguaggio
verbale e coincidono con l’unità delle sillabe. La fonologia è l’insieme degli elementi e delle regole di
combinazione dei suoni che, in ciascuna lingua, servono per la costruzione delle parole. Inoltre, organizza e
99
classifica i suoni con funzione distintiva all’interno di un dato sistema linguistico. La fonologia si differenzia
quindi notevolmente dalla fonetica, che al contrario descrive la natura fisica dei suoni studiandone la
produzione e la percezione. Quando si fa riferimento alla fonetica inoltre si parla di definizione delle
caratteristiche articolatorie, acustico-uditive dei foni (luogo, modo, sonorità).
LE REGOLE FONOTATTICHE
Le regole fonotattiche sono regole che prescrivono le condizioni fonologiche che le parole di una determinata
lingua devono possedere per essere considerate ben formate da coloro che utilizzano abitualmente quella
lingua. Anche per quanto riguarda la fonotassi l’unità d’analisi di base è la sillaba. All’interno delle diverse
lingue i segmenti che compongono le sillabe, ma anche le sillabe stesse, non sono liberi di combinarsi tra
loro in modo assoluto ma devono seguire delle regole rigide. Le sequenze di sillabe possibili e impossibili
sono specifiche per ogni lingua, ad esempio una regola fonotattica italiana vieta i nessi, ovvero le sequenze,
di occlusive: in una parola un’occlusiva non può essere seguita da un’altra occlusiva sono quindi proibite
sequenze quali [tp], [td], [kd], [bk], ecc. Alcune eccezioni alla regola sono possibili e sono rappresentate da
parole prese a prestito da altre lingue come quella greca o latina (ad es. optare o cleptomane):
A cosa servono le restrizioni fonotattiche di una lingua? Le restrizioni fonosintattiche non sono casuali ma
spesso rispondono a caratteristiche articolatorie o acusticopercettive dei foni e per questo possono essere
comuni a più lingue. Riprendendo l’esempio delle occlusive questa regola non si trova solo in italiano ma il
giapponese in quanto vengono ritenute difficili da percepire. Se pensiamo al flusso del parlato ci rendiamo
facilmente conto di come esso sia caratterizzato da un continuum. All’interno di questo continuum i foni
vengono trasmessi molto velocemente. Imporre delle restrizioni fonotattiche serve a minimizzare il rischio di
errori nella comunicazione, sfavorendo quelle sequenze problematiche a livello articolatorio o acustico.
LE REGOLE FONOLOGICHE
I suoni linguistici usati in una lingua formano il sistema fonologico della lingua stessa. Questi suoni si
combinano tra loro in base alle regole fonologiche specifiche e proprie di quella lingua. Queste regole
fonologiche definiscono quali suoni fanno parte della nostra lingua, quali combinazioni di suoni possono
presentarsi in sequenza nella struttura di una parola. Per esempio: il fonema /s/ può precedere, ma non
seguire il fonema /t/. Possiamo aver parole con st- come strada, stella, storia e stanza ma non con ts-.Ogni
lingua ha caratteristiche proprie specifiche che ne determinano il profilo fonologico. A tali caratteristiche sia
accompagnano modalità di sviluppo fonologico specifiche. La lingua italiana ha 30 fonemi (traducibili in 27
grafemi) che non possono essere combinati fra loro in qualsiasi ordine ma con restrizioni specifiche.
Le regole attraverso cui si costruisce quindi il sistema fonologico di una lingua vengono apprese
inconsapevolmente dai bambini durante il loro sviluppo linguistico.
Alcune abilità sono indispensabili per lo sviluppo fonologico del bambino e rappresentano il punto di
partenza per l’acquisizione del linguaggio.
100
Gran parte delle capacità e delle abilità indispensabili per un buono sviluppo fonologico vengono apprese e
padroneggiate entro i 2 anni d’età. Esiste inoltre un criterio di prescrittività per cui questo tipo di sviluppo
deve essere completato entro il compimento dei 3 anni di età.
101
Compaiono per prime le sillabe composte da vocali, semiconsonanti, e dalle occlusive e nasali (pronunciate
più anteriormente, come p-b, t-d, m).
102
SLIDE 29
103
Quali sono i mezzi di comunicazione prelinguistica a disposizione dei bambini?
Possiamo annoverare tra le forme di comunicazione prelinguistica tutti quei suoni non-comunicativi che il
bambino produce in un primo momento di vita come il pianto e le vocalizzazioni. Sono considerabili forme di
comunicazione prelinguistiche tutte le espressione facciale delle emozioni poiché trasmettono conoscenze
relative allo stato interno dell’individuo. L’esempio più noto è sicuramente il sorriso. Il direzionamento dello
sguardo è una forma di comunicazione prelinguistica molto importante. Durante il secondo mese di vita i
bambino oltre a sorridere al volto umano inizia a ricercare attivamente il contatto visivo.
LO SVILUPPO FONOLOGICO
Iniziamo ad analizzare le prime tappe di sviluppo fonologico all’interno della comunicazione prelinguistica.
Nelle prossime lezioni cercheremo di restituire un quadro quanto più omogeno possibile dello sviluppo del
linguaggio e della comunicazione.
104
Dopo la comparsa delle proto parole non si parla più di solo sviluppo fonologico perché esso confluisce con
lo sviluppo lessicale e grammaticale venendone fortemente influenzato. In contrapposizione con la teoria
fonologica di Jakobson (1968) le posizioni più recenti ritrovano una continuità tra lallazioni e prime parole.
Locke (1983) sottolinea il ruolo attivo del bambino che utilizza nelle prime parole le sequenze che aveva già
utilizzato durante la lallazione. Generalmente si ritiene che intorno ai 4 – 5 anni si ritiene che il bambino
italiano sia arrivato a padroneggiare l’articolazione di quasi tutti i suoni della lingua italiana. Per valutare la
presenza di reali problemi articolatori a questa età è necessario chiedere ai bambini di produrre parole che
ancora non conoscono poiché l’articolazione di parole già conosciute potrebbe risentire di apprendimenti
articolatori errati.
L’INTENZIONE COMUNICATIVA
Analizzando lo sviluppo fonologico abbiamo visto che il bambino possiede un sistema di segnali quali il
pianto, i sorrisi, la lallazione, etc. ben prima che compaia un’intenzionalità comunicativa. Questi segnali pur
non essendo ancora intenzionali sono però a tutti gli effetti degli strumenti di interazione comunicativa. Come
si costruisce questo passaggio tra segnali non ancora intenzionali e il loro uso intenzionale? Si deve tener
conto del fatto che prima ancora di parlare il bambino è inserito in un sistema comunicativo che è la diade
105
madre-bambino. Proprio all’interno di questo sistema si mettono le fondamenta per lo sviluppo del
linguaggio.
Ad esempio, ad un certo punto del suo sviluppo il bambino inizia ad utilizzare il gesto dell’indicare o pointing
unito allo sguardo per dirigere l’attenzione dell’interlocutore verso un oggetto di interesse comune. Nascono
così quelle che vengono chiamate interazioni triadiche.
106
TAPPE DELL’INTENZIONALITÀ COMUNICATIVA
Come abbiamo visto l’intenzionalità comunicativa si verifica quando l’emissione di un messaggio è finalizzata
e controllata. Non si riferisce solo alla comunicazione verbale ma a tutte le forme di comunicazione.
107
Prima di procedere allo studio dello sviluppo linguistico nella prossima lezione ci soffermeremo sull’analisi di
una la forma di comunicazione prelinguistica molto importante: la comunicazione gestuale. In generale
possiamo distinguere tra due forme di gesti: gesti dichiarativi e gesti referenziali.
SLIDE 30
I GESTI DEITTICI
In questa lezione analizziamo la comunicazione gestuale che come vedremo si sviluppa in continuità con lo
sviluppo linguistico.
108
I GESTI REFERENZIALI
Questi gesti nascono come imitazioni di azioni agibili su un oggetto, ma non della forma dell’oggetto.
Progressivamente si decontestualizzano per diventare veri e propri gesti simbolici e convenzionali
(significante di una realtà significata).
SLIDE 31
109
A questo punto della trattazione dello sviluppo del linguaggio e della comunicazione abbiamo alcune
concezioni teoriche oltre che sulla natura dello sviluppo come fenomeno in continuità con lo sviluppo
prelinguistico anche come fenomeno dotato di una natura interpersonale-sociale che avviene all’interno di
uno specifico contesto di sviluppo.
110
Prendendo in considerazione gli aspetti conversazionali possiamo trovare diversi stili comunicativi. Qual è ad
esempio lo stile comunicativo di un adulto responsivo alle prime interazioni comunicative del bambino?
111
Lo sviluppo lessicale-semantico è molto importante per lo sviluppo del linguaggio. Un pieno sviluppo della
comprensione verbale avviene solo intorno ai 5-6 anni. Prima di tale epoca la comprensione verbale si basa
soprattutto sulla prosodia e sul contesto e successivamente si baserà sul significato semantico delle parole.
Lo sviluppo lessicale-semantico si riferisce all’acquisizione del vocabolario della propria lingua e alla
capacità di attribuire significato alle parole che si ascoltano e si producono. Le fasi di sviluppo variano
fortemente da individuo a individuo, tuttavia alcuni fenomeni sono abbastanza universali.
112
Circa tra i 12-18 mesi il bambino possiede un vocabolario composto da 50 parole, in questa prima fase
troviamo uno stretto legame tra competenze fonologiche e scelta delle parole. Si tratta di parole fortemente
contestualizzate che rappresentano il bagaglio minimo per la comparsa del linguaggio vero e proprio di tipo
combinatorio. In seguito si assiste, anche se con tempi e modi diversi, a quello che generalmente si
definisce come il fenomeno dell’esplosione del linguaggio. Si tratta di un incremento non più regolare, ma
repentino e quantitativamente molto consistente, del bagaglio lessicale. Accanto al fenomeno dell’esplosione
del vocabolario assistiamo anche a dei cambiamenti nella composizione del vocabolario che si fa meno
contestualizzato e più applicabile. In questa fase dello sviluppo del linguaggio il bambino comincia a ridurre
drasticamente la sua comunicazione gestuale in favore di quella linguistica.
All’aumentare del vocabolario diminuisce il numero di gesti prodotti, fino a quasi scomparire quando il
bambino possiede un vocabolario di circa 50 parole. Man mano che si passa alle parole il linguaggio del
corpo perde il suo ruolo iniziale di sistema di comunicazione indipendente, infatti già a 5 anni i gesti vengono
utilizzati solo come supporto alla parola.
SLIDE 32
IL LESSICO
114
All’inizio il bambino non usa il linguaggio in modo referenziale e le sue parole sono comprensibili solo se
contestualizzate e collegate allo schema d’azione che le accompagna. Ad esempio un bambino potrebbe
usare la parola “ciao” mentre finge di telefonare al papà. Quando il bambino arriva a padroneggiare meglio il
linguaggio ne fa un uso più referenziale e maggiormente sganciato dal qui e ora. Il bambino diviene quindi in
grado di raccontare eventi passati e di farsi capire senza il bisogno di condividere il contesto o di utilizzare
segnali non verbali.
Frequenti errori nell’uso delle parole:
SOVRAESTENSIONE Usa la parola papà per indicare tutte gli uomini che incontra;
SOTTOESTENSIONE Usa la parola bimba solo in riferimento a se stessa e non agli altri bambini;
SOVRAPPOSIZIONI DI SIGNIFICATO La parola aprire può essere utilizzata al posto di
accendere come nell’espressione aprire la luce;
NON VENGONO UTILIZZATE LE SOTTOCATEGORIE Usa la parola gioco per indicare libro, macchinina,
bambola, puzzle o altro.
SINTASSI E MORFOLOGIA
Come abbiamo sottolineato all’inizio lo sviluppo del linguaggio è molto complesso e caratterizzato da
numerosi sotto aree di sviluppo. Fino ad ora abbiamo parlato di sviluppo fonologico e lessicale, ora
parleremo di un altro sviluppo che risulta essere strettamente connesso ai precedenti: lo sviluppo
morfosintattico.
115
Nello sviluppo del linguaggio gli aspetti sintattci sono strettamente connessi a quelli morfologici. Il campo di
interesse della morfologia è lo studio delle sequenze minime di suoni che consentono di modificare forma e
significato della comunicazione. Le modificazioni morfologiche sono un’importante via di trasmissione ache
di informazioni sintattiche.
Nello sviluppo del linguaggio vi è una forte interconessione tra gli sviluppi dei suoi sottoinsiemi. In particolare
lo sviluppo morfosintattico è dipendente da alcune acquisizioni dello sviluppo fonologico e, in particolare,
dall’acquisizione della capacità di discriminare anche minime differenze percettive nel suono (bimb-o/bimb-
116
a– can-e/can-i) che comunicano importanti variazioni morfologiche e semantiche. Ai bambini di lingua
italiana molte parole vengono presentate direttamente in una forma flessa in grado di comunicare numerose
indicazioni relativamente al genere, al numero e anche alcune caratteristiche ritenute importanti (ad es.
casetta – cagnaccio – libretto – bambolina). Questo non avviene per altre lingue caratterizzate da una
morfologia meno complessa. Nello sviluppo morfosintattico gli elementi della morfologia libera vengono
appresi più tardi rispetto agli elementi di morfologia legata probabilmente perché risultano percettivamente
meno salienti.
LO SVILUPPO MORFOSINTATTICO
Tra i 2 e i 3 anni di età assistiamo ad un fenomeno fondamentale per lo sviluppo del linguaggio e della
comunicazione del bambino: l’esplosione morfologica. Ogni lingua ha delle caratteristiche proprie che
determinano ritmi e tappe di acquisizione differenti. Vediamo brevemente quali sono le principali tappe dello
sviluppo morfosintattico dell’italiano.
117
Per quanto riguarda la produzione ci siamo occupati essenzialmente di tre classi di morfologia quella
nominale, pronominale e verbale. La completa acquisizione della morfosintassi italiana è lunga e complessa
e si ritiene che solo intorno ai 6 – 7 anni i bambini possano ricorrere alle loro capacità di memoria di lavoro
per comprendere frasi complesse e utilizzare l’accordo soggetto-verbo per decifrare il significato di una
frase.
Ma come progredisce la comprensione delle strutture morfosintattiche nel bambino?
Come abbiamo visto maggiori difficoltà sono date dalla necessità di dover tener conto dell’accordo soggetto-
verbo per comprendere le frasi. Ad esempio nella frase: “Il cane insegue le gatte”.
Quali indizi utilizzano i bambini per comprendere gli enunciati?
118
Intorno ai 4 – 5 anni la comprensione è guidata da indizi semantici rintracciabili nella frase. Questo è
possibile anche perché i bambini imparano a tener conto dell’ordine delle parole come elemento informativo
sul significato della frase. Karmiloff-Smith (1979) ritiene che tra i 4 e i 6 anni il sistema linguistico subisca una
profonda riorganizzazione passando da interfrasale a interfrasale. Il bambino diverrebbe quindi in grado di
estendere le regole che ha appreso relativamente alla frase all’intero discorso. Si raggiunge così un certo
grado di coesione e coerenza del linguaggio infantile. A 7 anni il potenziamento della memoria di lavoro
consentirà al bambino di sopportare un maggiore carico cognitivo nell’analisi della frase e di arrivare ad
utilizzare l’indizio morfosintattico di accordo soggetto-verbo nell’individuazione di soggetto e oggetto della
frase. Lo sviluppo del linguaggio è un’intricata rete di diversi sviluppi nella prossima attività analizzeremo
l’ultimo sviluppo di cui ci occuperemo in questo corso: lo sviluppo della frase.
Il bambino ha raggiunto un livello di sviluppo della frase che gli consente di padroneggiare strutture più
complesse. Alcuni esempi possono essere: ora voio otto, bimbo fatto male, voio acqua male, ora chiama
nonno che porta gioco, non voio nanna voio fuori.
119
Anche le abilità di comprensione della frase segue delle tappe specifiche e definite che prosegue di pari
passo con gli sviluppi degli altri ambiti.
120
SLIDE 33
LE COGNIZIONI
Quando, di norma, il bambino compie i primi atti di intelligenza? E quando fa i primi giochi del “far finta? Con
le bambole ad esempio? Cosa è superato e cosa è ancora attuale del pensiero piagetiano?
Si può accelerare lo sviluppo dell’intelligenza? Quale influenza ha la cultura sullo sviluppo della mente
umana? La mente è specializzata fin dall’inizio o lo diventa un po’ alla volta?
Chi sa come funziona la mente impara meglio? Quali sono le basi cognitive del disegno, dell’apprendimento
della lettura, della scrittura e delle abilità numeriche?
Tutte queste domande hanno a che fare con lo sviluppo cognitivo del bambino, ma prima di entrare nel
merito dello sviluppo cerchiamo di spiegare cosa si intende esattamente per cognizione.
Il significato di cognizione ha a che fare con il verbo latino conoscere – che in italiano significa “atto, modo,
effetto del conoscere”. Parlare di cognizioni e sviluppo cognitivo vuol quindi dire riferirsi alla gran parte dei
processi psicologici umani.
Le cognizioni del bambino, ma così come quelle dell’adulto, hanno un legame stretto con le modalità con cui
essi conoscono il mondo attribuendo significati a se stessi e a quanto li circonda. Nel processo cognitivo
sono implicati numerosi aspetti, tra cui:
A partire dalla prossima attività ci occuperemo dei diversi autori che si sono occupati specificatamente di
sviluppo cognitivo nel bambino. Vi invito però a non perdere di vista la consapevolezza che parliamo sempre
dello sviluppo di un intero individuo. I suoi traguardi nello sviluppo cognitivo devono essere visti come parti di
uno sviluppo più ampio dell’individuo a cui concorrono numerosi “sviluppi” tra cui molto importante lo
sviluppo emotivo, affettivo e socio-relazionale che vedremo di seguito.
121
necessità o desiderio. Ma esattamente cosa vuol dire che le rappresentazioni del bambino e dell’adulto sono
differenti?
L’IMPLICITO PROCEDURALE
In questa attività cercheremo di capire meglio quali sono le differenze sostanziali tra le cognizioni adulte e
quelle del bambino e cosa si intende per implicito procedurale. Perché si parla di rappresentazioni implicite
per i bambini? Significa che le informazioni che costituiscono le rappresentazioni mentali sono
immagazzinate con una chiave di tipo comportamentale. Questo fa in modo che l’esposizione del bambino a
specifici stimoli familiari attivi automaticamente delle altrettanto specifiche reazioni comportamentali
associate agli stimoli originali. Si parla in questo caso di un’attivazione a livello comportamentale. In altre
parole si considera quindi l’aspetto dell’implicito procedurale: quello che si attiva nel bambino è, infatti, una
rappresentazione relativa al so come si fanno le cose che si differenzia dalle rappresentazioni adulte legate
al so di sapere e quindi a conoscenze esplicite dichiarative. Pensiamo ad esempio a un neonato che non
ricorda di aver visto o sento qualcosa fino a quando non lo vede o lo sente di nuovo. Si pensa infatti che le
conoscenze utilizzate dal bambino per tutto il primo anno e mezzo di vita siano conoscenze di tipo implicito.
L’utilizzo di altri tipi di conoscenze verrà solo in seguito e in gran parte a seguito dell’acquisizione del
linguaggio. Hai mai sentito usare l’espressione è come andare in bicicletta? Viene usata per significare che
una volta che impari a fare qualcosa poi diventa automatico. Quando si imparano delle attività come andare
in bicicletta nella fase iniziale si deve prestare attenzione a ogni minimo movimento necessario e prevedere
il gesto da compiere successivo. Esercitandosi l’attività diviene automatica. Cosa vuol dire? Significa che le
azioni di una persona procedono senza bisogno che si rifletta sulle singole azioni da compiere. Si tratta di
una conoscenza che è diventata procedurale. Andare in bicicletta è diventato automatico, la persona non è
cosciente dei singoli movimenti poiché si tratta di una conoscenza implicita. Le conoscenze che si formano
nei bambini sono proprio di questo tipo ma a differenza dell’andare in bicicletta queste conoscenze non sono
mai passate attraverso la consapevolezza del bambino. Anche gli adulti conservano numerose conoscenze
di tipo implicito e procedurale, ad esempio leggiamo e rispondiamo ai più piccoli dettagli della comunicazione
non verbale senza che vi sia consapevolezza. Anche se non ce ne rendiamo conto influenziamo così le
interazioni comunicative con elaborazioni di tipo implicito: non siamo in grado di spiegare perché e non ne
siamo consapevoli ma reagiamo in un modo piuttosto che un altro. In generale però possiamo dire che le
conoscenze adulte sono qualitativamente diverse da quelle infantili: gli adulti sanno di sapere, per bambini
invece questo tipo di conoscenza non esiste ancora. Questo non impedisce però ai bambini di conoscere e
apprendere! piccoli non sono consapevoli, ad esempio, della relazione che c’è tra una percezione e l’azione,
eppure sono in grado di rispondere a livello comportamentale a una gran varietà di stimoli e a prestare
attenzione alle cose in modi diversi. Quando il procedere dello sviluppo del linguaggio consentirà al
bambino, ad esempio di parlare di come si sente oppure di attribuire un senso e un significato esplicito a
comportamenti o eventi, l’utilizzo della riflessività porterà al superamento di una fase di conoscenze legate
all’implicito procedurale.
122
Tutti e tre questi autori, Piaget, Vygotskij e Bruner, si sono occupati di sviluppo cognitivo creando delle teorie
articolate e complesse. Tuttavia le loro elaborazioni teoriche partivano da punti di vista differenti e lo sviluppo
delle loro teorie è stato fortemente influenzato dai diversi obiettivi che hanno caratterizzato i loro lavori.
Da quello che abbiamo detto finora si può facilmente comprendere come questi autori siano ricorsi a modelli
di conoscenza e cognizione differenti.
123
JEROME SEYMOUR BRUNER (1915-2016) Secondo Bruner spiegazione e comprensione sono due
modalità di pensiero, diversi modi di costruire significati, di cui l’uomo si avvale a seconda della necessità. Il
suo lavoro unifica i lavori di Piaget e Vygotskij ed identifica due modalità di pensiero riferibili ai due approcci.
124
SLIDE 34
Il contributo dato da Jean Piaget allo studio dello sviluppo cognitivo è da considerarsi il primo in termini di
informazioni e sistematizzazione teorica. Nello specifico nel lavoro di Jean Piaget possono essere
identificate due fasi:
Prima Fase: indagine
Seconda Fase: sistematizzazione.
PRIMA FASE
Durante questa fase prevale lo studio dell’acquisizione di concetti specifici. La raccolta di dati si basa
soprattutto sull’utilizzo del colloquio clinico con bambini dai 3 ai 10 anni. Piaget indaga le caratteristiche
tipiche del pensiero infantile: pensiero magico, animistico e logico. Ad esempio indaga la causalità: Che cosa
fa muovere le nuvole?
125
SECONDA FASE Nella seconda fase del suo lavoro Piaget si occupa di organizzare gli aspetti specifici
all’interno di una visione globale dello sviluppo cognitivo. In questo caso prevale l’utilizzo del colloquio
clinico/critico e l’utilizzo dei materiali. Ne è un esempio la sistematizzazione delle tappe di sviluppo della
permanenza dell’oggetto.
LE BASI DEL LAVORO DI PIAGET Come abbiamo visto nella lezione precedente Piaget pensa alla
conoscenza come spiegazione. Secondo questo autore inoltre la conoscenza possiede alcune
caratteristiche fondamentali:
Non è preformata nel soggetto (innatismo)
Non è fissata nel reale da cui ricavarla (empirismo).
Come è già stato spiegato l’approccio organismico, in cui il pensiero di Piaget è inseribile, guarda
all’individuo, e quindi al bambino, come ad un attivo costruttore delle sue conoscenze. Il bambino
inizialmente sarebbe dotato di strutture psicologiche molto semplici, che diventano via via più complesse
attraverso l’esperienza. Proprio per questa caratteristica di costruire le sue conoscenze attraverso l’esperire
si può parlare di un bambino che per Piaget è un esploratore oppure uno scienziato. Come abbiamo già
detto Piaget proviene dalla biologia. I suoi primi studi sono legati all’adattamento ambientale di alcuni
molluschi presenti nei laghi svizzeri. Il fenomeno dell’adattamento resterà una questione molto importante
per Piaget che considera l’intelligenza come la forma più elevata di adattamento biologico.
I° INVARIANTE FUNZIONALE: TENDENZA ALL’ORGANIZZAZIONE/ALL’EQUILIBRIO.
II° INVARIANTE FUNZIONALE: TENDENZAALL’ADATTAMENTO.
Queste funzioni invarianti rappresentano l’aspetto di continuità dello sviluppo che procede attraverso la
creazione di strutture variabili fondamentali che sono costruite appunto attraverso le funzioni invarianti e i
processi cognitivi che le determinano.
LE FUNZIONI INVARIANTI
Quando si parla di adattamento ci si riferisce alla tendenza degli organismi ad adeguarsi alle richieste
ambientali. Nell’ottica di Piaget l’intelligenza è una forma particolare di adattamento biologico. L’organismo
tenderebbe quindi ad adeguarsi al suo ambiente organizzando i processi cognitivi.
Lo sviluppo cognitivo quindi comporta dei processi di progressiva modifica delle proprie strutture mentali –
schemi – in base alle richieste ambientali. Ciò avviene proprio attraverso due processi fondamentali:
ASSIMILAZIONE
ACCOMODAMENTO.
ASSIMILAZIONE
L’assimilazione è quel processo cognitivo mediante il quale le nuove esperienze e le nuove informazioni
vengono ricevute ed elaborate dagli individui. Si utilizza l’assimilazione quando queste nuove informazioni
sono adattabili alle strutture o agli schemi cognitivi già posseduti dal soggetto. Nello specifico si può parlare
di assimilazione come della ripetizione di una capacità cognitiva già presente nel repertorio comportamentale
di un individuo. Questo tipo di processo pur mantenendosi come processo di base dello sviluppo cognitivo è
da considerarsi predominante nel primo periodo dello sviluppo rispetto all’accomodamento. Se pensiamo ad
esempio a un bambino che, durante i suoi primi mesi di sviluppo, afferra un oggetto nuovo per batterlo sul
126
pavimento stiamo parlando di assimilazione. Le azioni di afferrare e battere sono già acquisite per il bambino
da qui in avanti egli dovrà sperimentarle nuove interazioni con il nuovo oggetto.
ACCOMODAMENTO
Il processo di accomodamento al contrario di quello di assimilazione comporta la modificazione delle
strutture o degli schemi cognitivi a seguito delle nuove esperienze e informazioni che egli riceve
dall’ambiente che lo circonda. L’accomodamento prevale nella seconda fase dello sviluppo quando il
bambino può svolgere un'osservazione attiva dell'ambiente. Si parla di accomodamento quando si è in
presenza di modificazioni dei comportamenti già acquisiti sulla base del contesto in cui il bambino vive.
Nell’esempio che abbiamo fatto parlando di assimilazione si potrebbe parlare di accomodamento se invece
di buttare a terra l’oggetto, il bambino lo muovesse poiché ha scoperto che con questo movimento può
produrre un suono piacevole.
Quando i processi di assimilazione e accomodamento sono ben integrati tra loro l’individuo è in grado di
organizzare in modo ordinato ed efficiente le sue interazioni con l’ambiente raggiungendo un buon grado di
adattamento.
127
Proprio a seguito del ripetersi continuamente delle dinamiche caratterizzate dall’utilizzo di assimilazione e
accomodamento si producono delle forme o degli stadi successivi di equilibrio ed organizzazione cognitiva
sempre più complessi ed avanzati, ovvero quelle che abbiamo definito strutture variabili. Questi stadi
rappresentano l’aspetto di discontinuità dello sviluppo e le loro caratteristiche intrinseche sono state ben
definite da Piaget.
128
SLIDE 35
129
I SOTTOSTADI DELLO STADIO SENSOMOTORIO (0 - 24 MESI)
Passiamo ora ad analizzare più nel dettaglio cosa caratterizza i 6 sotto stadi dello stadio sensomotorio e
quali sono le conquiste dei bambini in ognuno di essi.
LA PERMANENZA DELL’OGGETTO
Quando abbiamo analizzato lo sviluppo percettivo abbiamo visto come il bambino anche molto piccolo sia
portato ad osservare gli stimoli che gli vengono presentati.
Ma inizialmente quando un oggetto scompare dalla vista,
il bambino perde rapidamente interesse e non ne ricerca la presenza.
130
131
132
SLIDE 36
SCHEMA DEI CONTENUTI Ed eccoci infine giunti all’ultimo periodo dello stadio sensomotorio che
caratterizza il bambino tra i 18 e i 24 mesi quando è presente una rappresentazione dell’oggetto collocata
nello spazio, nel tempo e nelle relazioni causali con gli altri oggetti-eventi. Procedi anche qui con carta e
matita!
Link 6: https://youtu.be/ttbwgEbeZwI
SLIDE 37
133
LO STADIO PREOPERATORIO (2 - 7 ANNI)
Le conquiste raggiunte dal bambino con il superamento dello stadio sensomotorio gli consentono di arrivare
a sviluppare la funzione simbolica. Il periodo che va dai 2 ai 7 anni viene definito stadio preoperatorio ed è
caratterizzato proprio dalla capacità del bambino di utilizzare i simboli siano essi intesi come immagini,
parole o azioni in grado di rappresentare ciò che non è direttamente presente. Tra i comportamenti che
testimoniano la presenza di questa importante conquista per il bambino abbiamo:
IMITAZIONE DIFFERITA
GIOCO SIMBOLICO
LINGUAGGIO – schemi verbali per rappresentare la realtà.
IMITAZIONE DIFFERITA
Secondo Piaget nello stadio preoperatorio il bambino diviene capace di un’imitazione differita, ovvero
spostata nel tempo. Anche durante lo stadio sensomotorio il bambino era capace di imitare ma limitatamente
a ciò che egli poteva vedere concretamente basandosi su un modello esterno direttamente presente,
appunto un’imitazione diretta. Dopo i 2 anni il bambino non ha più bisogno di una percezione diretta del
modello per imitare, ma può imitare anche a distanza di tempo quel modello perché se ne è creato
un’immagine o rappresentazione mentale, quindi un modello interno.
GIOCO SIMBOLICO
Sempre in questo periodo di vita secondo Piaget compare il gioco simbolico. Si tratta di una modalità di
gioco in cui il bambino fa finta che un oggetto a sua disposizione rappresenti (stia per) un altro oggetto al
momento non presente. Come è facile intuire questo presuppone che il bambino possieda una
rappresentazione mentale dell’oggetto non presente. Ad esempio è facile vedere dei bambini che utilizzano
cartoni o scatole facendo finta che siano macchine.
LINGUAGGIO
La più importante conquista relativa alla funzione simbolica dello stadio preoperatorio è sicuramente il
linguaggio. Le parole infatti stanno sistematicamente al posto di qualcos’altro che non è presente, ma
rappresentato nella mente.
Nello stadio preoperatorio i bambini sono ancora in grado di svolgere operazioni. Ma cosa si intende per
operazioni? Ci si riferisce ad azioni interiorizzate che prevedono l’organizzare delle informazioni provenienti
dall’ambiente a proprio piacimento. Esempi di operazioni sono la classificazione degli oggetti che sono simili
per dimensione, il raggruppamento tra loro di animali distinguendoli dagli oggetti, etc. Per Piaget lo sviluppo
cognitivo dipende proprio dall’acquisizione della capacità di padroneggiare le operazioni le quali a loro volta
presuppongono la capacità di pensare a livello simbolico. Durante lo stadio preoperatorio le azioni mentali
che compie il bambino non sono ancora sistematiche e coordinate fra loro. Nello svolgere dei compiti
considera un solo aspetto alla volta. Ma se i bambini tra i 2 e i 7 anni sono in grado di padroneggiare la
funzione simbolica, per quale motivo non sono ancora capaci di compiere operazioni? Gli ostacoli all’utilizzo
delle operazioni mentali sono legate ad alcune caratteristiche e alcuni tratti del pensiero. Ma quali?
I. EGOCENTRISMO
II. II. ANIMISMO
134
III. RIGIDITÀ
IV. RAGIONAMENTO PRELOGICO
Slide 38
I. EGOCENTRISMO
Durante lo stadio preoperatorio il pensiero del bambino è caratterizzato da quello che Piaget
definisce egocentrismo intellettuale. Questo vuol dire che i bambini tra 2 e 7 anni sono in grado
di percepire e pensare il mondo solo dalla loro personale prospettiva. Persiste infatti
un’incapacità di decentrarsi dalla propria visione del mondo e delle cose. A causa
dell’egocentrismo intellettuale i bambini non sono ancora capaci di di ragionare sulle relazioni: le
conversazioni di gruppo osservabili in questo periodo sono in realtà dei monologhi collettivi. I
bambini in età prescolare non sono ancora capaci di discutere fra loro ma le loro conversazioni
sono spesso una compresenza di affermazioni contrastanti. Anche quando il loro scopo è dare
delle spiegazioni a un pari fanno molta fatica a vedere le cose dal punto di vista di chi non lo sa
e spesso parlano per loro stessi. Si può facilmente assistere ai monologhi collettivi dei bambini
di questa età quando più bambini sono seduti allo stessa tavolo, ognuno parla per conto proprio
ma tutti pensano di ascoltare e capire tutti gli altri. I monologhi collettivi consistono nell’incitarsi
reciprocamente all’azione più che a comunicarsi pensieri veri e propri. Alle volte gli scambi
135
comunicativi tra più bambini – 3 o più – possono sembrare delle vere e proprie conversazioni
poiché possiamo già ritrovare un rispetto dei turni di parola. In realtà stiamo assistendo più al
rispetto di una consuetudine sociale che a un comportamento funzionale a uno scambio
comunicativo efficace. Per indagare l’egocentrismo intellettuale tipico dello stadio preoperatorio
Piaget sviluppò ed utilizzo un compito specifico definito il compito delle tre montagne (Piaget e
Inhelder, 1951 – La Rappresentazione dello Spazio).
IL COMPITO DELLE TRE MONTAGNE
Nell’esperimento originale i bambini venivano posti davanti ad un plastico che rappresentava le
tre montagne di Ginevra. Dall’altra parte del plastico veniva messa a sedere una bambola. Al
bambino venivano poi mostrate quattro foto che rappresentavano le 4 principali prospettive del
plastico plastico (F – frontale, B – posteriore, SX – lato sinistro, DX – lato destro). E gli si
chiedeva di indicare prima la foto che rappresentava la sua prospettiva poi quella che
rappresentava la prospettiva della bambola.
II. ANIMISMO
Un altro limite all’utilizzo delle operazioni mentali durante lo stadio preoperatorio è l’animismo
con cui il bambino interpreta gli eventi del mondo. Ovvero tra i 2 e i 7 anni il bambino tende ad
estendere le caratteristiche degli organismi viventi anche a degli esseri inanimati. Sembrerebbe
infatti che il bambino sia incapacità di fare una distinzione tra oggetti inanimati da esseri viventi.
Questo fa si che anche agli oggetti vengano attribuiti desideri, emozioni e volontà. I prossimi
esempi sul conversazioni adulto-bambino che mettono in evidenza la presenza di un pensiero di
tipo animistico dovrebbero aiutarti a comprendere meglio.
ESEMPI DI PENSIERO ANIMISTICO
Adulto: Cosa fa il sole quando ci sono le nuove e piove?
Bambino: Va via, perché c’è brutto tempo
Adulto: Perché?
Bambino: Perché non vuole bagnarsi!
Adulto: …a proposito della luna...
Bambino: Ci guarda e poi ci sorveglia. Quando cammino, lei cammina e quando mi fermo, si
ferma. Fa il pappagallo.
Adulto: Perché?
Bambino: Vuole fare come gli altri
Adulto: Perché?
Bambino: Perché è curiosa.
Il superamento del pensiero animistico avviene in modo graduale. Da una prima fase in cui il
pensiero animistico riguarda tutti gli oggetti, si passa a una seconda fase in cui a fare da
discriminante è la presenza o meno di un movimento generico a una terza dove il bambino
136
prende in considerazione solo il movimento spontaneo. Il superamento anche di questa terza
fase porta il bambino a comprendere che solo animali e uomini sono animati.
Un aspetto interessante del pensiero animistico è il suo legame con le paure. Molte delle paure
infantili sono legate a questa tipologia di pensiero che attribuisce delle caratteristiche umane ad
oggetti che in realtà non le possiedono. Ma un richiamo allo stadio preoperatorio riesce spesso a
spaventare anche gli adulti.
ANIMISMO E PAURE
Ma un richiamo allo stadio preoperatorio riesce spesso a spaventare anche gli adulti. Pensate
per un attimo ai libri di uno dei più noti scrittori di horror di sempre, Stephen King. Scrive di
Christine un’automobile dotata di mente propria, parla di un animale giocattolo che suona i piatti
per preannunciare uno spaventoso pericolo che si avvicina… Sono tutti esempi di riferimenti al
pensiero animistico e ci agganciano sulla paura.
Molto probabilmente la risposta del bambino sarà “Le perle nere! Perché quelle bianche sono
solo tre!” Secondo Piaget il fallimento in questo compito è dovuto proprio all’irreversibilità del loro
pensiero. Infatti dopo che hanno compiuto l’azione mentale di dissociazione delle perle nere da
tutte le altre per vedere quali sono di più, non sono più in grado di annullare questa azione.
Permane quindi nella mente del bambino la dissociazione delle perle nere da tutte le altre e,
poiché non riesce a ricongiungere le perle nere alle altre, il confronto viene fatto tra le nere e
quelle che rimangono, le bianche. L’insieme totale delle perle di legno non è ricostruibile. Questa
forte tendenza che li porta quindi a non riuscire ad invertire mentalmente le sequenze, rende
molto rigide tutte le sue percezioni. Infatti mentre, i bambini più grandi, così come gli adulti,
137
possono arrivare ad organizzare i simboli come preferiscono (ad esempio, capiamo che 1 + 2 =
3 e che 3 – 2 = 1), in maniera flessibile per i bambini di questa età non è ancora possibile.
DIFFICOLTÀ AD ADATTARSI AI CAMBIAMENTI DELL’ASPETTO
Abbiamo detto che un altro esempi di rigidità di pensiero è la difficoltà ad adattarsi ai
cambiamenti dell’aspetto delle cose. Per questi bambini non si può parlare di costanza
dell’identità, il loro pensiero infatti sembra dominato da tratti percettivi irrilevanti, che non
riescono ad però ad ignorare. Abbiamo detto che un altro esempi di rigidità di pensiero è la
difficoltà ad adattarsi ai cambiamenti dell’aspetto delle cose. Per questi bambini non si può
parlare di costanza dell’identità, il loro pensiero infatti sembra dominato da tratti percettivi
irrilevanti, che non riescono ad però ad ignorare. Un esempio classico che viene riportato per i
bambini in età prescolare è quello del cane con la maschera del gatto. Se mostriamo a un
bambino di questa età un cane e gli chiediamo che animale sia, la risposta sarà quasi
sicuramente adeguata “Un cane!”. Se però in seguito prendiamo una maschera che rappresenta
il muso di un gatto e in presenza del bambino mettiamo la maschera al cane, assistiamo a un
effetto della rigidità di pensiero. Rifacendo infatti la domanda: che animale è? È molto probabile
che il bambino risponda “un gatto!”. Togliendo nuovamente la maschera tornerà a dire “un
cane!”. Sembrerebbe che il suo pensiero sia dominato da un tratto percettivo che, seppur
irrilevante per identificare l’animale, il bambino non riesce ad ignorare.
SLIDE 39
LE PROVE DI CONSERVAZIONE
In estrema sintesi possiamo dire che il pensiero preoperatorio è un pensiero egocentrico, precausale,
irreversibile, trasduttivo ed animistico. Siamo quindi fuori, anzi prima, dell’avvento della logica che farà la sua
comparsa durane lo stadio operatorio concreto (7-11 anni). Come abbiamo già detto tutte queste
caratteristiche prelogiche ostacolano l’utilizzo delle operazioni mentali. Piaget lavorò molto all’ideazione di
prove specifiche che potessero cogliere le differenze tra il pensiero preoperatorio e il pensiero operatorio
concreto. I suoi sforzi si concentrarono sui compiti di conservazione dove venivano messe alla prova le
capacità del bambino di comprendere che alcune caratteristiche di base della materia non vengono
modificate anche se cambia l’aspetto esteriore. Nelle prossime slide troverai alcuni esempi di prove di
conservazione classiche.
138
Allo stesso modo il bambino preoperatorio non è in grado di comprendere che se un liquido viene versato in
un contenitore di forma diversa, la quantità di liquido rimane la stessa. Di conseguenza se, dopo esserci
accertati che sia ben chiaro al bambino che ha davanti due contenitori con lo stesso quantitativo di liquido
(presentato in due contenitori uguali), versiamo il contenuto di uno dei due in un terzo recipiente più alto e
stretto il bambino tenderà a rispondere che il liquido nel terzo recipiente è di più.
139
140
Tutte queste prove vengono generalmente risolte dai bambini nello stadio operatorio concreto ma non dai
bambini nello stadio preoperatorio proprio a causa delle peculiarità del pensiero prelogico.
In questa attività ci occuperemo di analizzare più nel dettaglio quali sono le abilità fondamentali che entrano
in gioco nella risoluzione dei compiti piagetiani.
141
CONSERVAZIONE
L’acquisizione della conservazione permette al bambino di arrivare a comprendere che alcune caratteristiche
essenziali degli oggetti non vengono intaccate da modificazioni superficiali. La conservazione riguarda il
volume, la lunghezza, il numero, la dimensione e la massa. Abbiamo visto molto bene questo fenomeno
parlando delle prove di conservazione. I bambini che avete visto nello stadio operatorio concreto sanno che
il quantitativo d’acqua non cambia anche se essa viene travasata in un bicchiere con una forma diversa o
che anche se la palla di plastilina si modella in una striscia la massa rimane la stessa!
SERIAZIONE
Le capacità di seriazione si basano sulla capacità del bambino di fare inferenze transitive, ovvero sulla sua
abilità di organizzare mentalmente gli oggetti/eventi sulla base di criteri. Tali criteri possono essere ad
esempio, l’altezza, il peso, la velocità o il tempo. Pur essendo sempre legati all’esperienza concreta i
bambini in questo stadio sono in grado di dare risposta a quesiti come: Se A corre più veloce di B e B corre
più veloce di C, chi è più veloce A o C? Pensa ai tuoi amici mettendoli in ordine di altezza.
CLASSIFICAZIONE
La classificazione richiama la capacità acquisita dei bambini di classificare gli oggetti/eventi in diversi gruppi
in base a certi criteri e di individuare la relazione che esiste tra i gruppi. Divengono in grado di comprendere
la relazione tra una parte e il tutto e comprendono cosa voglia dire includere in una categoria piuttosto che
un’altra. Tipicamente i bambini in questa fase sono in grado di risolvere la richiesta che abbiamo visto sulle
palline nere e le palline di legno. Nello stadio operatorio concreto la maggior comprensione della relazione
tra tutto e parti, rende evidente che sia le palline nere che quelle bianche appartengono al gruppo palline di
legno!
IDEA DI NUMERO
Dall’acquisizione della seriazione e della classificazione secondo Piaget deriverebbe l’idea di numero. Il
bambino comprende che la numerazione è un processo arbitrario; che i numeri possono essere organizzati
in categorie e sottocategorie. Compare un’idea più matura di numero e la consapevolezza della sua
invariabilità. Come i bambini capiscono che le palline bianche e quelle nere sono sempre palline di legno,
allo stesso modo ora comprendono che i numeri sono organizzati in categorie e sotto-categorie e che ad
esempio, 1 e 2 compongono il 3.
Durante il periodo operatorio concreto (7-12 anni), per quanto vi siano numerose ed importanti acquisizioni il
pensiero infantile è ancora differente da quello adulto poiché conserva la necessità di basarsi sempre su
eventi od oggetti concreti, che supportino le operazioni mentali.
SLIDE 40
Il pensiero che caratterizza questo stadio è il massimo livello di pensiero e il bambino acquisisce la capacità
di condurre dei ragionamenti corretti senza che abbia la necessità di partire da un dato di esperienza.
Durante questo stadio si consolidano le capacità di problem solving avanzato che come abbiamo visto
permette di formulare ipotesi e prendere in considerazione diverse possibilità di risoluzione. Le operazioni
formali si differenziano quindi dalle operazioni concrete dello stadio precedente. Il bambino diviene capace,
non solo di pensieri logici, ma anche di applicazioni della logica attraverso la modalità se... allora... Una delle
maggiori acquisizioni di questo periodo è il pensiero astratto che comporta la capacità di ragionare su
oggetti/eventi che il bambino non ha mai sperimentato direttamente. I suoi ragionamenti possono essere
completamente slegati da oggetti ed eventi reali e procedere solamente a partire da premesse ipotetiche.
Questo sviluppo consentirà al bambino di arrivare a riflettere e discutere sul futuro, nonché di considerare
diverse possibilità e diversi altri mondi possibili. Queste abilità dello stadio operatorio formale sono la base
dell’idealismo che caratterizzerà il periodo adolescenziale.
CRITICHE
La teoria di Piaget è stata oggetto di numerose critiche e rivisitazioni. Lo sviluppo cognitivo così come è
inteso da Piaget avrebbe numerose falle teoriche che gli studi più recenti hanno messo in luce. Piaget viene
criticato soprattutto per l’eccessiva importanza data all'acquisizione delle capacità di ragionamento. Secondo
la psicologia cognitiva, infatti, l'intelligenza non dipenderebbe solo dalle capacità grezze manifestate dal
bambino, ma anche dalle conoscenze. In quest’ottica si deve quindi guardare allo sviluppo cognitivo anche
come all’apprendimento di determinati contenuti. La critica forse più nota alle teorizzazioni piagetiane è
quella relativa all’accento posto dall’autore sull'auto-generazione delle strutture cognitive. Piaget non nega
l’importanza dell’ambiente nello sviluppo cognitivo ma lo interpreta esclusivamente come oggetti con cui
interagire non si interessa dell’ambiente inteso come relazioni sociali. Piaget ha fortemente sottovalutato i
fattori socio-culturali dello sviluppo ma di questo ci occuperemo affrontando il confronto classico tra il suo
lavoro e quello di un autore altrettanto noto Lev Semënovič Vygotskij (1896-1936) che si è invece molto
occupato di indagare l’influenza dei fattori socio-culturali. Ulteriori fonte di critiche è in generale il fatto di aver
postulato una teoria stadiale. Lo stadio inteso nell’accezione di Piaget non può più essere considerato un
approccio teorico utilizzabile. Pur rimanendo condivisibile l’idea che alcune acquisizioni ne preparino altre e
che vi sia una certa sequenzialità nello sviluppo, ormai non si ritiene più che lo sviluppo sia caratterizzato da
salti qualitativi che si ripropongono in tutti gli individui e che traghettano verso abilità sempre più alte. Ad
143
esempio, Fisher (1980) e Flavell (1971) ridimensionano il concetto di stadio parlando di sequenze universali
che però non possono essere viste come strutture globali e dotate di coerenza interna. Anche il metodo
utilizzato da Piaget non è stato esente da critiche. Nello specifico sono stati analizzati gli aspetti:
Linguistici,
Familiarità dei compiti.
In primo luogo, la comprensione ancora immatura del linguaggio posseduta da un bambino potrebbe portarlo
a interpretare in modo distorto le richieste dell’adulto. Infatti, come ricorderai, adulti e bambini non sempre
attribuiscono alle parole lo stesso significato.
Un altro problema legato all’aspetto linguistico è il fatto che il bambino, guardando all’adulto come ad un
individuo detentore di conoscenza superiori rispetto a lui, potrebbe fornire le risposte che pensa di dover
dare. Pensiamo ad esempio alle prove di conservazione. Come abbiamo visto, la procedura standard
prevede una prima domanda relativamente all’uguaglianza o meno di due oggetti (quantitativo d’acqua,
massa della palladi plastilina, lunghezza della cannuccia, etc.). Successivamente direttamente davanti al
bambino viene agita una manipolazione e gli si chiede nuovamente di valutare l’uguaglianza dei medesimi
oggetti.
COME INTERPRETA QUESTO COMPORTAMENTO IL BAMBINO?
Oppure il bambino potrebbe anche pensare: ...se me lo chiede di nuovo forse è perché la mia prima risposta
era sbagliata. Potrebbe essere che la sua seconda risposta sia differente da quella precedente a causa di un
pensiero del tipo: ...se me lo chiede di nuovo vuol dire che qualcosa è cambiato.... Infine i compiti di Piaget
sono stati molto criticati anche perché rappresenterebbero situazioni di vita non sperimentate dai bambini e
quindi a loro non familiari. Come vedremo nella prossima attività la riproposizione ai bambini di compiti che
misurano le medesime caratteristiche mentali attraverso però situazioni a loro più familiari li metterebbe nella
condizione di poterli risolvere prima in termini di età.
CRITICHE / 2
Passiamo ora all’analisi degli stadi successivi, nello specifico ci concentreremo sullo stadio preoperatorio e
lo stadio delle operazioni concrete. Come abbiamo già messo in evidenza all’inizio di questa lezione i limiti
del metodo di Piaget potrebbero aver influenzato lo svolgersi di alcune prove, in particolare quelle di
conservazione e il compito delle tre montagne. In particolare alcuni studi di McGarrigle e Donaldson (1974)
sottolineano come la modifica di alcuni elementi contestuali senza che vi sia un alterazione della struttura del
compito consentirebbero ai bambini di rispondere correttamente molto prima.
Se ad esempio le modificazioni agli oggetti (palla di plastilina, distanza tra i gettoni, etc.) non vengono agite
direttamente dall’adulto ma vengono imputate, in fase di test, a un aiutante distratto e pasticcione (una
bambola o un animale di pezza) i bambini danno percentualmente più risposte corrette rispetto alle prove in
cui vengono utilizzate le procedure standard. Per quanto riguarda l’egocentrismo intellettuale sempre
l’esperimento effettuato da Hughes contraddice l'affermazione di Piaget sull'incapacità dei bambini al di sotto
dei 7 anni di decentrare. In questa prova viene spiegato al bambino che un pupazzo sta fuggendo da un
poliziotto e gli viene chiesto di identificare i quadranti dove il pupazzo può nascondersi senza che il poliziotto
lo scopra.
144
Hughes propose numerose modifiche al compito del poliziotto tra cui inserire un altro poliziotto nel quadro
della vicenda. In questa versione il pupazzo sta fuggendo da due poliziotti da cui deve nascondersi e i
quadranti possibili si riducono a un solo quadrante. Il bambino deve essere capace di coordinare due punti di
vista differenti, ma anche in questo caso le risposte corrette sono superiori rispetto all’esperimento classico
delle tre montagne.
Hughes propose numerose modifiche al compito del poliziotto tra cui inserire un altro poliziotto nel quadro
della vicenda. In questa versione il pupazzo sta fuggendo da due poliziotti da cui deve nascondersi e i
quadranti possibili si riducono a un solo quadrante. Il bambino deve essere capace di coordinare due punti di
vista differenti, ma anche in questo caso le risposte corrette sono superiori rispetto all’esperimento classico
delle tre montagne.
145