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JOHN KEATS (Londra, 1795- Roma, 1821)

Opere principali: To Autumn, Ode su un’urna greca


Frase celebre: La vita è un’avventura da vivere, non un problema da risolvere.
John Keats è stato un poeta britannico, considerato uno dei più significativi letterati del Romanticismo.
Nacque a Londra nel 1795 in una famiglia modesta. Suo padre lavorava in una scuderia, morì in seguito a una caduta
da cavallo quando Keats era ancora un bambino e sua madre morì di tubercolosi qualche anno più tardi. Sin da
ragazzo, fu attratto dai libri e dall’antichità classica, ma dopo aver terminato la scuola, divenne apprendista chirurgo.
Il suo amore per la poesia fu grande e dopo aver superato gli esami di medicina nel 1816, decise di abbandonare la
carriera medica per dedicarsi completamente alla letteratura. Diventò amico del poeta e editore dell’Examiner, Leigh
Hunt, che lo incoraggiò a perseguire la carriera letteraria. Conobbe molti importanti scrittori e artisti del tempo
come Percy B. Shelley e il pittore Robert Haydon che gli mostrò i marmi di Elgin le sculture che Lord Elgin portò
in Inghilterra da Atene esposti al British Museum a Londra. Keats era molto affascinato dall’arte greca la quale
influenzò profondamente la sua poesia. Grazie a Leigh Hunt, il poeta riuscì a pubblicare le sue prime poesie. In
seguito intraprese un viaggio nell’Inghilterra settentrionale e in Scozia con un suo amico, Charles Brown. Durante il
viaggio Keats si ammalò e fu costretto a tornare in Inghilterra dove trovò suo fratello Tom morente a causa della
tubercolosi, malattia che anche lui contrasse dopo qualche tempo. Nel frattempo il poeta continuò a comporre
poesie e nel 1818 pubblicò Endymion, un lungo poema mitologico in distici rimati, sull’amore della dea Luna per il
bellissimo pastore Endymion. Keats sapeva che il poema non era perfetto ma rimase deluso quando i critici lo
attaccarono e reagì componendo un altro poema, Hyperion, che cominciò a scrivere nel 1818 e pubblicò incompleto
nel 1820. Il poema riguarda la sconfitta dei Titani ed è chiaramente influenzato da John Milton.  Nel 1818 s’innamorò
di Fanny Brawne, a cui scrisse appassionate lettere d’amore che il poeta T.S. Eliot descrisse come “le più importanti
mai scritte da un poeta inglese”, infatti, ci mostrano lo sviluppo artistico di Keats e la sua crescita spirituale ma anche
la sua grande passione per la poesia. Sfortunatamente Keats e Fanny non poterono sposarsi a causa delle difficoltà
finanziare del poeta e della sua cattiva salute.  L’anno successivo, il 1819, è conosciuto come l’annus
mirabilis di Keats, poiché in pochi mesi compose una serie di poemi il cui successo gli fece guadagnare fama eterna:
il poema narrativo The Eve of St. Agnes (La Vigilia di Sant'Agnese), una storia d’amore ambientata nel medioevo,
scritta in strofe spenseriane; La Belle Dame sans Merci, una ballata ambientata nel Medioevo, e le sue Grandi
Odi: To Psyche (Ode a Psiche), Ode to a Nightingale (Ode a un Usignolo), Ode on Melancholy (Ode sulla
Melanconia), Ode on a Grecian Urn (Ode su un’ Urna Greca), To Autumn (All’Autunno), Ode on Indolence (Ode
sull’Indolenza).  Nel 1820 la sua salute peggiorò e viaggiò in Italia con un amico, Joseph Severn, in cerca di un clima
migliore. Andarono a Napoli e poi si ristabilirono a Roma, dove morì nel 1821. Fu sepolto nel Cimitero protestante di
Roma. Non c’è il nome di Keats sulla sua tomba per suo espresso volere, ma solo un epitaffio: ”Here lies a man
whose name was writ in water” (Qui giace colui il cui nome fu scritto sull’acqua).  
Temi principali della poesia di John Keats
Poesia di John Keats: temi: John Keats appartiene alla seconda generazione di poeti romantici, ma a differenza di
Percy B. Shelley e Lord Byron, non fu veramente coinvolto nella situazione politica e sociale del tempo, era
piuttosto attratto dalla natura, dall’arte, dal Medioevo e dalla cultura greca antica. La sua poesia fu profondamente
influenzata dagli eventi tragici che caratterizzarono la sua vita, quali la morte dei genitori e di suo fratello Tom, egli
stesso era malato di tubercolosi. Il poeta sentiva la morte incombere su di lui e trovò consolazione nella poesia e
nell’arte, infatti, affermò di non poter “esistere senza la poesia” che considerava come “qualcosa di assoluto”, l’unico
modo per sconfiggere la morte e vivere eternamente. Secondo Keats, la poesia nasce dal profondo dell’anima,
supera la fugacità della vita e diventa immortale. Essa non deve trasmettere un messaggio ai suoi lettori, è dettata
dall’Immaginazione e ciò che colpiva l’immaginazione del poeta più di ogni altra cosa era la bellezza. Keats bramava
la bellezza che per lui era fonte di gioia, credeva fermamente nell’importanza della ricerca delle sensazioni, ricerca in
cui erano coinvolti tutti i sensi e da cui derivavano tutti i piaceri. 
Il Concetto di Bellezza: Secondo Keats, la bellezza è sia fisica sia spirituale. La percezione
della bellezza fisica coinvolge tutti i cinque sensi, essa è percepita in tutte le sue forme e suscita gioia, infatti,
in Endymion Keats scrive: “Una cosa bella è una gioia per sempre”, questa gioia conduce alla bellezza
spirituale (l’amicizia, l’amore, la poesia). La bellezza fisica e la bellezza spirituale sono strettamente legate, poiché la
prima è soggetta al tempo e svanirà e la seconda è eterna. Un artista morirà ma ciò che ha creato nel corso della sua
vita sarà immortale. Keats identifica la bellezza con la verità come l’unico sapere e termina Ode all’Urna Greca con
questi versi: “La bellezza è verità, la verità è bellezza, - questo è tutto ciò che sai sulla terra, tutto ciò che hai bisogno
di sapere” ed è questo concetto della bellezza che fa di lui un precursore dei Preraffaelliti e degli Esteti, che
consideravano il suo culto per la bellezza come l’espressione del loro motto Arte per Amore dell’Arte.
Negative Capability (Capacità Negativa): Keats formulò una teoria che chiamò capacità negativa (negative
capability) cioè l’abilità del poeta di annullare la propria identità quando osserva un oggetto per lui fonte
d’ispirazione in modo da identificarsi con esso. In questo modo è in grado di ricercare sensazioni e attraverso
l’immaginazione, che considera più potente della ragione, può vedere la bellezza delle cose e creare poesia. È ciò
che Keats faceva quando per ore osservava i marmi di Elgin che gli ispirarono una delle sue odi più belle: Ode su
un’Urna Greca.

ODE ON A GRECIAN URN

John Keats (1795-1821) è tra i poeti romantici inglesi più noti e acclamati di sempre ed è oggi considerato un “mito
letterario” anche grazie ad alcuni drammatici eventi della sua vita. Keats infatti, che proviene da una famiglia non
colta, perde entrambi i genitori in giovanissima età (il padre a otto anni e la madre a quattordici) e viene allevato da
dei tutori. Keats entra poi nel circolo letterario di James Leigh Hunt, che si rivelerà fondamentale per lo sviluppo
della sua poetica. Il poeta dedica infatti tutta la propria esistenza all’arte e alla poesia, sacrificando a essa se stesso e
rinunciando anche a sposare l’amatissima Frances “Fanny” Brawne per motivi economici e per proprie le precarie
condizioni di salute. Dopo la morte del fratello nel 1818, due anni più tardi anche Keats si ammala di tubercolosi e,
dopo essersi trasferito a Roma, muore nel 1821 1, a soli ventisei anni. Tra le sue opere principali - oltre alla Ode on a
Grecian urn - si possono ricordare i poemi Hyperion (Iperione), The Eve of St. Agnes (La vigilia di Sant’Agnese) e La
Belle dame sans merci (La bella signora senza pietà) oltre alle odi To a nightingale (A un usignolo), Alla
malinconia (Ode on Melancholy) e All’autunno (To Autumn), tutti composti nel giro di pochissimi anni di attività
letteraria.
La totale dedizione di Keats all’arte come manifestazione della bellezza (elemento che ha fatto di lui un “mito” per i
poeti romantici e un riferimento assai influente anche per gli artisti dei periodi successivi) appare chiaramente fin dal
primo verso dell’Endimione, un lungo poema allegorico sulla ricerca di un ideale amore femminile pubblicato da
Keats nel 1818, dove si afferma: A thing of beauty is a joy for ever 2.
Proprio in virtù di questo amore per la bellezza, che si intreccia con la sensibilità romantica e con l’acuta percezione
della precarietà dell’esistenza umana, in Keats è evidente l’ammirazione per l’arte dell’antica Grecia, che l’autore si
recava spesso ad ammirare nelle sale del British Museum. Forse proprio dall’osservazione dei marmi del
Partenone esposti al museo londinese nasce l’Ode su un’urna greca, pubblicata nel 1819.

ANALISI
L’Ode su un’urna greca rappresenta in realtà un paradosso della poesia romantica poiché non contiene nessuno dei
tipici temi romantici come la natura, la vita di persone comuni, il magico o il soprannaturale, né racconta di amori o
avventure esotici. Il tema dell’Ode semmai è la ricerca della permanenza e dell’immortalità, che per Keats si
possono trovare solo nell’arte, la quale, a differenza di tutte le cose umane, non è mutevole. L’idea riprende dunque
la tematica, cara già a Shakespeare, dell’arte come sola alternativa alla morte e unica immortalità possibile. L’arte
però non ha un potere intrinseco; Keats descrive infatti l’urna come “fredda”. È invece l’immaginazione del poeta a
dar vita al vaso e a far rivivere i personaggi rappresentati su di esso. È solo attraverso l’immaginazione - e non i sensi
fisici - che secondo Keats possiamo raggiungere la perfezione 3.
L’ode è dunque il canto dedicato alla bellezza di un manufatto senza tempo, ovvero un’urna greca decorata con
motivi classici, che diviene simbolo dell’eternità proprio per il potere dell’immaginazione. Due scene vengono
descritte nel testo: una in cui un giovane cerca di baciare una fanciulla mentre alcuni musici suonano tamburelli e
strumenti a fiato sullo sfondo di una festa dionisiaca; l’altra in cui un sacerdote sta conducendo una giovenca al
sacrificio. Ciò che affascina Keats è il fatto che l’arte poetica sia in grado di presentare un mondo ideale fissandone
le azioni e i gesti (il bacio, il sacrificio) in una emozione particolare, che la poesia rende eterna in quanto espressione
di bellezza. Il giovane che tenta di baciare la fanciulla non la bacerà mai, ma resterà in attesa in quell’immensa
trepidazione che precede il bacio. La bellezza della giovane, la passione del ragazzo, il piacere dato dalla musica e i
rami in fiore resteranno fissati in eterno in quell’istante (vv. 18-20: “yet, do not grieve; | she cannot fade, though
thou hast not thy bliss, | for ever wilt thou love, and she be fair!”). Allo stesso modo, l’allusione al sacrificio rituale
dell’animale evoca un mondo lontanissimo nello spazio e nel tempo, intangibile e immutabile (vv. 38-40: “And, little
town, thy streets for evermore | will silent be; and not a soul, to tell | why thou art desolate, can e'er return”).
A questo proposito, in una lettera del dicembre 1817 Keats afferma di aver compreso quale sia l’abilità
fondamentale per comporre un testo letterario: si tratta della “negative capability”, ovvero la capacità di restare
nell’incertezza e nel dubbio senza voler per forza raggiungere la ragione, presentando cioè nei propri versi situazioni
ambigue, vaghe, misteriose e anche paradossali. Questo concetto è tra le tematiche chiave dell’Ode su un’urna
greca, che in molti versi ritrae figure misteriose e sconosciute che compiono gesti non del tutto comprensibili, e si
esprime perfettamente nei due versi che chiudono l’ode: “Beauty is truth, truth beauty”, - that is all
Ye know on earth, and all ye need to know.  4
La rappresentazione vaga e misteriosa consente di lasciar agire l’immaginazione - il che rientra perfettamente nello
spirito romantico che ritroviamo anche in Coleridge (The rime of the Ancient Mariner) e Wordsworth - che
attraverso l’opera d’arte ci conduce in mondi migliori, più belli e dunque più veri di quello reale. Dal punto di vista
strutturale, l’ode si suddivide in tre parti: l’introduzione, corrispondente alla prima strofa, il corpo centrale (la
seconda, terza e quarta strofe) e la conclusione, coincidente con gli ultimi dieci versi. Nella prima parte Keats
introduce il tema dell’intangibilità dell’arte, che supera il tempo (vv. 1-6) e che stimola le domande senza risposta
del poeta su cosa sia raffigurato sull’anfora greca (vv. 7-10). La tensione poetica culmina nel termine “ecstasy” (v.
10), che è simbolo dello slancio immaginativo del poeta che così supera e trasfigura la realtà presente. Nelle tre
strofe centrali (vv. 11-40) Keats sviluppa le due brevi scenette narrative dei due amanti e del sacerdote che conduce
la giovenca al sacrificio; il tema è quello del potere dell’immaginazione che supera le nostre sensazioni concrete (vv.
11-12: “heard melodies are sweet, but those unheard | are sweeter”). Ciò che è artisticamente perfetto, è
dunque statico e immobile; i due amanti saranno davvero felici solo quando il loro amore si svincolerà dalle
contingenze umane (vv. 28-30: “All breathing human passion far above, |that leaves a heart high-sorrowful and
cloy'd, | a burning forehead, and a parching tongue”). Sia la vicenda dei due amanti che quella del sacerdote (vv. 31-
40) sono dei limpidi esempi della “negative capability” di Keats: più che lo sguardo razionale sul mondo l’espressione
poetica deve privilegiare ciò che vi è di indeciso e indeterminato nella realtà (vv. 38-40: “And, little town, thy streets
for evermore | will silent be; and not a soul to tell | why thou art desolate, can e'er return”). Compito del poeta è
anzi entrare in questa indeterminatezza e tradurla in una forma artistica e non piuttosto spiegarla in modo coerente
e comprensibile.
L’ultima strofa, che si apre con un appello alla “forma attica” dell’urna, completa dunque il percorso di Keats: la
perfezione dell’urna è silenziosa e fredda come l’eternità e “supera” la realtà contingente (vv. 44-45: “Thou, silent
form, dost tease us out of thought | as doth eternity: Cold Pastoral!”); ciò che resta all’uomo - e ciò che gli deve
bastare - è la rivelazione conclusiva, che è anche il senso profondo della Ode on a Grecian urn.
Dal punto di vista stilistico in Keats - che ricorda Shakespeare e Milton per l’utilizzo puntuale della tradizione classica
e per la capacità di aderire al tempo stesso alla sensibilità del suo tempo - la poesia romantica inglese trova una
delle sue espressioni più alte. Ciò che caratterizza Keats è infatti la totale maestria nello stile, che si concretizza in un
verso melodico e in un linguaggio raffinato ed ipnotico, ricco di arcaismi. Nell’Ode su un’urna greca la lingua è legata
soprattutto alla sfera dei sensi (in particolare la vista e l’udito) che si contrappone alla mondo dell’immaginazione (si
vedano i vv. 12-14: “therefore, ye soft pipes, play on; | not to the sensual ear, but, more endear'd, | pipe to the spirit
ditties of no tone”). Sono frequenti le figure di suono, come assonanze e allitterazioni, ma anche le apostrofi e le
domande retoriche rivolte a se stesso o ai personaggi.

Metro: lo schema metrico dell’ode è quello di un’ode pindarica irregolare. L’Ode on a Grecian urn è infatti composta
da 5 strofe di 10 versi decasillabi a rima alternata ABAB seguiti da una combinazione di altre tre rime CDE CDE (l’ode
pindarica classica prevedeva invece 3 strofe da 12 versi ciascuna).

Thou still unravish'd bride of quietness, Tu sposa della quiete, ancora inviolata,


thou foster-child of Silence and slow Time, tu figlia adottiva del Silenzio e del lento Tempo,
sylvan historian, who canst thus express narratrice delle selve, che puoi quindi narrare
a flowery tale more sweetly than our rhyme: una raffinata storia più dolcemente di quanto fanno le mie
what leaf-fringed legend 5 haunts about thy shape rime:
quale leggenda vive, ornata di foglie, nelle tue forme
of deities or mortals, or of both, di divinità e mortali, o entrambi,
in Tempe or the dales of Arcady 6? a Tempe o nelle vallette d’Arcadia?
What men or gods are these? What maidens loth? Che uomini e che dei sono questi? Quali fanciulle ritrose?
What mad pursuit? What struggle to escape? Quale folle ricerca? Quale tentativo di fuga?
What pipes and timbrels? What wild ecstasy? Quali flauti e tamburi? Quale estasi selvaggia?
Heard melodies are sweet, but those unheard Le melodie udite son dolci, ma quelle che non si sentono
are sweeter; therefore, ye soft pipes, play on; lo sono ancora di più; quindi, dolci flauti,
not to the sensual ear 7, but, more endear'd, continuate a suonare, non per il l’udito, ma, ancora più caro,
pipe to the spirit ditties of no tone 8: suonate per lo spirito canzoni senza suono:
fair youth, beneath the trees, thou canst not leave bel giovane, sotto gli alberi, non puoi cessare
thy song, nor ever can those trees be bare; la tua canzone, né mai saranno spogli quegli alberi;
bold Lover, never, never canst thou kiss, amante audace, non potrai mai, mai baciarla
though winning near the goal - yet, do not grieve; anche se sei così prossimo al tuo obiettivo - eppure, non
she cannot fade, though thou hast not thy bliss, temere;
for ever wilt thou love, and she be fair! lei non può scomparire, anche se non raggiungi la tua gioia,
tu amerai per sempre, e lei sarà per sempre bella.
Ah, happy, happy boughs! That cannot shed Ah felici, felici rami! Che non potete perdere
your leaves, nor ever bid the Spring adieu; le foglie, e non direte mai addio alla primavera;
and, happy melodist, unwearied, e, felice suonatore, mai stanco,
for ever piping songs for ever new; che intonerai per sempre musiche sempre nuove;
more happy love! More happy, happy love! ancor più felice amore! Più felice, felice amore!
For ever warm and still to be enjoy'd, Per sempre caldo e ancora da godere,
for ever panting, and for ever young; per sempre ansimante, e per sempre giovane;
all breathing human passion far above 9, siete superiori a ogni viva passione umana,
that leaves a heart high-sorrowful and cloy'd, che lascia il cuore afflitto e nauseato,
a burning forehead, and a parching tongue 10. la fronte in fiamme, e la lingua arida.
Who are these coming to the sacrifice? E chi sono costoro che vanno al sacrificio?
To what green altar, o mysterious priest, A quale verde altare, oh sacerdote misterioso,
lead'st thou that heifer lowing at the skies, conduci quella giovenca che muggisce al cielo,
and all her silken flanks with garlands drest? coi lisci fianchi adornati di ghirlande?
What little town by river or sea-shore, Quale piccolo paese sul fiume, o sul mare,
or mountain-built with peaceful citadel, o quale pacifica cittadella inerpicata sui monti,
is emptied of its folk, this pious morn? si è svuotata dei suoi abitanti in questo sacro mattino?
And, little town, thy streets for evermore Piccolo villaggio, le tue strade saranno per sempre
will silent be; and not a soul, to tell silenziose; e nessuno potrà mai tornare
why thou art desolate, can e'er return. a dire perché tu sei desolato.
O Attic shape 11! Fair attitude 12! With brede 13 Oh, forma attica! Posa bella! Con un’elaborata
of marble men and maidens overwrought, decorazione di uomini e fanciulle marmoree,
with forest branches and the trodden weed; coi rami della foresta e le erbe calpestate;
thou, silent form! dost tease us out of thought tu, forma silenziosa! Che ci fai perdere la ragione
as doth eternity: Cold Pastoral! come fa l’eternità: fredda pastorale!
When old age shall this generation waste, Quando la vecchiaia devasterà questa generazione,
thou shalt remain, in midst of other woe tu resterai, in mezzo ad altri dolori
than ours, a friend to man, to whom thou say'st, diversi dai nostri, amica dell’uomo, a cui dicesti,
“Beauty is truth, truth beauty” 14, - that is all “Bellezza è verità, verità bellezza”, - questo è tutto
ye know on earth, and all ye need to know. ciò che sapete sulla Terra, ed è tutto ciò che vi occorre
sapere.

1
 La sua sorte ricorda quella di altri due grandi poeti romantici: Percy Bysshe Shelley (1792-1822), autore della Ode to the West
Wind, e Lord Byron (1788-1824).
2
 Endymion, v. 1 (“Una cosa bella è una gioia eterna”). Questo verso è tanto noto da essere spesso ripreso nei contesti più
svariati, come nel film Mary Poppins del 1964, dove è Mary a dirlo ai due bimbi estraendo una pianta dalla sua borsa.
3
 Vicino a questo tipo di sensilbilità, a metà strada tra valori neoclassici e suggestioni romantiche, sarà la poesia di Ugo Foscolo
(1778-1827), in particolare il suo carme Dei Sepolcri e l’incompiuto poema Le Grazie.
4
 Traduzione: “Bellezza è verità, verità bellezza”, - questo è tutto ciò che sapete sulla Terra, ed è tutto ciò che vi occorre sapere.
5
 leaf-fringed legend: si riferisce a scene bordate di motivi floreali o a foglie, molto usate sui vasellami antichi.
6
 in Tempe or the dales of Arcady: Si tratta di ambientazioni tradizionali della poesia pastorale: Tempe è un toponimo
della Tessaglia, antica regione della Grecia celebre per la sua paradisiaca bellezza, mentre l’Arcadia è un’altra regione greca,
trasfigurata letterariamente fin dall’antichità come un Eden terrestre dove l’uomo vive in pacifica armonia con la Natura. La
terra di Arcadia, cui si collega il topos del locus amoenus, è ambientazione tipica per la poesia bucolica di Virgilio (come
nella prima Bucolica e nella quarta Bucolica) e di Teocrito, e poi nella Arcadia di Jacopo Sannazaro e nell’Accademia dell’Arcadia.
7
 not to the sensual ear: questo “sensual ear”, legato al puro senso dell’udito, ricorda l’occhio interiore di Wordsworth in I
wandered lonely as a cloud.
8
 ditties of no tone: le “canzoncine” (ditties) cui allude il poeta non possono essere sentite se non con l’immaginazione, poiché
l’urna è ovviamente silenziosa.
9
 L’amante raffigurato sull’urna è superiore a qualsiasi passione umana e fisica: “breathing” si riferisce proprio alla fisicità
umana vivente, contrapposta alla rappresentazione artistica. In Keats, l’immaginazione e la poesia costituiscono sempre un
livello superiore a quello della realtà, percepita come deludente o incompleta o dolorosa.
10
 Nei due versi che chiudono la strofa, Keats descrive gli effetti crudeli e drammatici della passione amorosa, cui si contrappone
invece la purezza e l’intoccabilità degli amanti raffigurati sull’urna.
11
 O Attic shape: il riferimento è all’Attica, la regione greca in cui sorge la città di Atene, metafora della classicità elegante,
semplice e pura.
12
 attitude: Keats usa il termine tecnico della danza per descrivere la “posa” di uno dei personaggi raffigurati.
13
 with brede: cioè con una decorazione a motivi intrecciati, tipica dell’epoca greca. Queste specifiche terminologiche sono un
indizio del sincero interesse e della devozione di Keats per l’arte classica.
14
 Beauty is truth, truth beauty: la frase è un ulteriore richiamo alal Grecia classica, attraverso l’identificazione di ciò che è bello
con ciò che è vero. In questo senso la bellezza possiede per Keats un valore etico per l’uomo: la ricerca della bellezza va a
coincidere con la scoperta della verità, l’unica intelleggibile per l’individuo mortale. Riecheggia qui l’ideale antico, formulato
proprio all’interno della cultura greca, del connubio perfetto di etica ed estetica, cioè del kalòs kai agathòs (in greco καλὸς καὶ
ἀγαθός, “bello e buono”). Ad un livello più superficiale, ciò che “occorre sapere” all’uomo è che (con un atteggiamento che
troveremo anche in Ugo Foscolo) la contemplazione della bellezza ha una funzione consolatoria per le delusioni della vita.

ODE TO A NIGHTINGALE

È forse l’ode più famosa di Keats, dalle reminiscenze classiche (Orazio), considerata quale esemplificazione
dell’eroe/poeta romantico in conflitto con la realtà, che tenta (invano) di identificarsi con la natura, per sfuggire da
un mondo troppo doloroso da sopportare. Per molti anni, lo stesso Keats è stato identificato col poeta romantico per
antonomasia: un ragazzo sentimentale, dal grande talento, ma troppo debole e permaloso, incapace di affrontare le
critiche e le difficoltà terrene. Un poeta “escapista”…
Qui, invece, Keats affronta il problema del fare poesia nei tempi moderni, nel periodo della crescente
industrializzazione. La poesia, in una società sempre più individualista e materialista, rischia di diventare unicamente
un modo per sfuggire alla realtà (ed egli lo sperimenta su di sé, facendo autocritica); poesia come droga, quindi,
ebbrezza, oblio (vedi la presenza della cicuta, del vino, dell’oscurità).
Il poema è stato tradizionalmente considerato quale confessione di un alienato; in realtà è una visione oggettiva
(Keats adopera il metodo shakespeariano dell’empatia) e scettica, non priva di una sottile ironia di fondo, della
stessa funzione del poeta e della poesia nella società moderna.

Keats è in uno stato di sonnolenza fastidiosa. L’invidia della felicità immaginata dell'usignolo non è responsabile per
la sua condizione; piuttosto, è una reazione alla felicità che ha sperimentato attraverso la condizione della felicità
dell'usignolo. La felicità dell'uccello è trasmessa nel suo canto. Keats desidera una sorsata di vino che lo porti fuori di
sé e gli consenta di unirsi alla sua esistenza con quello dell'uccello. Il vino lo metterebbe in uno stato in cui non
sarebbe più se stesso, consapevole che la vita è piena di dolore, che i giovani muoiono, i vecchi soffrono e che solo
pensare alla vita porta dolore e disperazione. Ma il vino non è necessario per consentirgli di fuggire. La sua
immaginazione servirà altrettanto bene. Non appena si rende conto di questo, è, in spirito, sollevato sopra gli alberi
e può vedere la luna e le stelle anche se dove è fisicamente c'è solo un bagliore di luce. Non riesce a vedere quali
fiori stiano crescendo intorno a lui, ma da loro odore e dalla sua conoscenza di ciò che i fiori dovrebbero essere in
fiore nel momento in cui può indovinare. Nell’oscurità ascolta l’usignolo. Ora, sente, sarebbe un’esperienza ricca
morire, “cessare la mezzanotte senza dolore” mentre l’uccello continuerebbe a cantare estaticamente. Molte volte,
confessa, è stato “per metà innamorato della tranquilla morte”. L’usignolo è libero dal destino umano di dover
morire. La canzone dell’usignolo che sta ascoltando è stata ascoltata nei tempi antichi dall’imperatore e dal
contadino. Forse persino Ruth (la cui storia è raccontata nell’Antico Testamento) l’ha ascoltata.
“Sconsolato”, l’ultima parola della strofa precedente, riporta Keats nella strofa conclusiva alla consapevolezza di ciò
che è e dov’è. Non può sfuggire nemmeno con l’aiuto dell’immaginazione. Il canto dell’uccello diventa più debole e
muore. L’esperienza che ha avuto sembra così strana e confusa che non è sicuro se sia stata una visione o un sogno
ad occhi aperti. E’ persino incerto se è addormentato o sveglio. “Ode to a Nightingale” è un’ode regolare. Tutte le
otto stanze hanno dieci righe di pentametro e uno schema di rima uniforme. Sebbene il poema sia regolare nella
forma, lascia l’impressione di essere una specie di rapsodia; Keats sta permettendo ai suoi pensieri ed emozioni di
esprimersi liberamente. Un pensiero suggerisce un altro e, in questo modo, il poema procede a una conclusione
alquanto arbitraria. La poesia impressione il lettore come il risultato di un’ispirazione libera incontrollata da un piano
preconcetto. Il poema di Keats nell’atto di condividere con il lettore un’esperienza che sta avendo piuttosto che
ricordare un’esperienza. L’esperienza non è del tutto coerente. È’ ciò che accade nella sua mente mentre ascolta la
canzone di un usignolo. I tre pensieri principali spiccano nell’ode:

-La valutazione della vita di Keats: la vita è una valle di lacrime e frustrazione. La felicità che Keats sente nel canto
dell’usignolo lo ha reso felice momentaneamente, ma è stato seguito da un sentimento di torpore che a sua volta è
seguito dalla convinzione che la vita non è solo dolorosa ma anche intollerabile. Il suo gusto di felicità nell’udire
l’usignolo lo ha reso ancora più consapevole dell’infelicità della vita. Keats vuole fuggire dalla vita, non per mezzo del
vino, ma per mezzo di un agente molto più potente, l’immaginazione.
-(tema principale) Il desiderio di Keats di poter morire e di liberarsi completamente della vita, a patto che possa
morire con la stessa felicità e indolenza che potrebbe addormentarsi. La preoccupazione per la morte non sembra
essere stata causata da alcun cambiamento in peggio nelle fortune di Keats nel momento in cui scrisse l’ode (maggio
1819). Per molti aspetti la vita di Keats era stata insoddisfacente per qualche tempo prima di scrivere il poema. La
sua vita familiare fu distrutta dalla partenza di un fratello in America e dalla morte per tubercolosi dell’altro. Il suo
secondo volume di poesie era stato severamente rivisto. Non aveva alcuna occupazione retribuita e nessuna
prospettiva, dal momento che aveva abbandonato i suoi studi di medicina. Le sue condizioni finanziarie erano
insicure. Non era stato bene durante l’autunno e l’inverno del 1818-19 e forse soffriva già di tubercolosi. Non poteva
sposare Fanny Brawne perché non era in grado di sostenerla. Quindi il desiderio di morte nell’ode può essere una
reazione a una moltitudine di problemi e frustrazioni che erano ancora tutti ancora con lui. Il pesante peso della vita
che lo spingeva, costringeva “Ode to a Nightingale” a uscire da lui. Keats più di una volta espresse il desiderio di una
“tranquilla morte”, ma quando era nella fase finale della tubercolosi combatté contro la morte andando in Italia
dove sperava che il clima lo avrebbe curato. Il desiderio di morte nell’ode è un atteggiamento passeggero ma
ricorrente verso una vita che è stata insoddisfacente in così tanti modi.
Il potere dell’immaginazione o della fantasia (Keats non fa alcuna distinzione netta tra i due). Nell’ode Keats rifiuta il
vino per la poesia, il prodotto dell’immaginazione, come mezzo per identificare la sua esistenza con quella del lieto
usignolo. Ma la poesia non funziona come dovrebbe. Si ritrova presto con il suo sé quotidiano, pieno di problemi.
Quella “fantasia non può imbrogliare così bene / Come lei è famosa”, ammette nella strofa conclusiva.
L’immaginazione non è la funzione onnipotente che a volte Keats pensava fosse. Non può dare più d una fuga
temporanea dalle preoccupazioni della vita.
L’assegnazione dell’immortalità di Keats all’usignolo nella strofa VII ha causato molti problemi ai lettori. Keats forse
stava pensando a un letterale usignolo; più probabilmente, tuttavia, pensava all’usignolo come a un simbolo di
poesia, che ha una permanenza. Il potere evocativo di Keats è mostrato specialmente nella strofa II dove associa un
bicchiere di vino “con bolle di perline che strizzano l’occhio”, con la Francia solare e la “miriade di sole” dei
raccoglitori, e nella sua foto nella stanza VII di Ruth sofferente dalla nostalgia “tra il grano alieno”. L’intera ode è un
trionfo della ricchezza tonale di quella musica adagio verbale che è il contributo speciale di Keats alle molte voci
della poesia.

Ode to a Nightingale Ode a un Usignolo


My heart aches, and a drowsy numbness pains Ho il cuore a pezzi, e una lenta indolenza
My sense, as though of hemlock I had drunk, tormenta i miei sensi, quasi avessi bevuto cicuta,
Or emptied some dull opiate to the drains o scolato un sonnifero torpente
One minute past, and Lethe-wards had sunk: poco fa, annegando nel Lete:
‘Tis not through envy of thy happy lot, non è per invidia del tuo destino felice
But being too happy in thine happiness,- - anzi, son troppo felice per la tua felicità -
That thou, light-winged Dryad of the trees, che tu, Driade boschiva dalle agili ali,
In some melodious plot in un melodïoso intreccio
Of beechen green, and shadows numberless, di verdi faggi e innumerevoli ombre,
Singest of summer in full-throated ease. O, for a l’estate canti a gran voce e in tranquillità. Oh, che darei per
draught of vintage! That hath been un sorso di vino!
Cool’d a long age in the deep-delved earth, rinfrescato a lungo nel suolo scavato a fondo,
Tasting of Flora and the country green, che sa di Flora e di verdi campi,
Dance, and Provençal song, and sunburnt mirth! di balli e provenzali canti, e di risa scottate al sole!
O for a beaker full of the warm South, Oh, per un calice colmo di caldo Sud!
Full of the true, the blushful Hippocrene, O d’Ippocrene, che non mente e i volti avvampa,
With beaded bubbles winking at the brim, con bolle perlate ch’ammiccano all’orlo,
And purple stained mouth; e labbra tinte di viola;
That I might drink, and leave the world unseen, da poter bere, e inosservato lasciare il mondo,
And with thee fade away into the forest dim:Fade far e con te svanir nell’oscurità del bosco:Lontano svanir,
away, dissolve, and quite forget dileguar, e oblïare del tutto
What though among the leaves hast never known, ciò che tu, tra le foglie, non hai mai conosciuto,
The weariness, the fever, and the fret la fatica, la malattia e l’angoscia,
Here, where men sit and hear each other groan; qui, dove l’uomo seduto, ascolta le pene altrui;
Where palsy shakes a few, sad, last gray hairs, e la paralisi fa tremar quei pochi capelli rimasti, grigi e
Where youth grows pale, and spectre-thin, and dies; mesti,
Where but to think is to be full of sorrow dove i giovani sbiadiscono e come spettri scarniscono,
And leaden-eyed despairs, morendo;
Where Beauty cannot keep her lustrous eyes, dove il solo pensare vuol dir riempirsi di dolore
Or new Love pine at them beyond to-morrow.Away! e gli occhi gravar dalla disperazione,
Away! for I will fly to thee, dove la Bellezza, degli occhi non può serbar lo splendore,
Not charioted by Bacchus and his pards, né rammaricarsene in eterno il nuovo Amore. Via! Via! Me
But on the viewless wings of Poesy, ne volerò da te,
Though the dull brain perplexes and retards: non lasciando che Bacco mi trascini coi suoi felini,
Already with thee! tender is the night, ma sulle cieche ali della Poesia,
And haply the Queen-Moon is on her throne, benché la mente, lenta, ne dubiti, esitando;
Cluster’d around by all her starry Fays; Ed eccomi a te! Dolce è la notte,
But here there is no light, e fòrse la Luna siede sovrana sul trono,
Save what from heaven is with the breezes blown coi suoi astri fatati riunitisi attorno;
Through verdurous glooms and winding mossy ways.I mentre qui non c’è luce,
cannot see what flowers are at my feet, se non quella che le brezze sospingon dal cielo
Nor what soft incense hangs upon the boughs, nell’oscurità dei boschi e nei muscosi sentieri contorti.Non
But, in embalmed darkness, guess each sweet riesco a veder quali siano i fiori ai miei piedi,
Wherewith the seasonable month endows e nemmeno il delicato incenso che sui rami è sospeso,
The grass, the thicket, and the fruit-tree wild; ma provo a indovinar, nel profumo dell’oscurità, le delizie
White hawthorne, and the pastoral eglantine; che il mese propizio concede
Fast fading violets cover’d up in leaves; ai prati, ai boschetti e ai selvaggi alberi da frutto;
And mid-May’s eldest child, i biancospini, e le rustiche rose canine;
The coming musk-rose, full of dewy wine, la violetta, ch’appassisce in fretta, tra le foglie nascosta;
The murmurous haunt of flies on summer eves. e la figlia maggiore di metà Maggio,
Darkling I listen; and, for many a time la futura rosa muschiata, ricca di nettare di rugiada,
I have been half in love with easeful Death, il mormorante rifugio d’insetti nelle sere d’estate.Nelle
Call’d him soft names in many a mused rhyme, tenebre ascolto, e così tante volte
To take into the air my quiet breath; ho quasi amato la morte indolore,
Now more than ever seems it rich to die, dandole nomi delicati in tanti versi ricercati
To cease upon the midnight with no pain, perché nell’aria recasse con sé il mio lieve respiro;
While thou art pouring forth thy soul abroad Òra, più che mai, sembra opportuno morire
In such an ecstasy! a mezzanotte cessar senza soffrire,
Still wouldst thou sing, and I have ears in vain- mentre tu la tua anima attorno riversi,
To thy high requiem become a sod. dall’estasi rapito!
Thou wast not born for death, immortal Bird! Tu continueresti a cantare, ed io, ad aver orecchie senza
No hungry generations tread thee down; senso-
The voice I hear this passing night was heard divenuto terra oramai, per il tuo requiem intenso.Non sei
In ancient days by emperor and clown: venuto al mondo per morire, tu, uccello eterno!
Perhaps the self-same song that found a path Le generazioni affamate non ti schiacciano mica;
Through the sad heart of Ruth, when, sick for home, la voce ch’ascolto in questa notte fuggente,
She stood in tears amid the alien corn; l’udirono in passato contadini e imperatori:
The same that oft-time hath lo stesso canto che forse s’insinuò
Charm’d magic casements, opening on the foam nel cuore straziato di Ruth, quando in preda alla nostalgia,
Of perilous seas, in faery lands forlorn.Forlorn! the restò in lacrime tra i campi di grano lontani;
very world is like a bell lo stesso canto che così spesso
To toll me back from thee to my sole self! ha incantato finestre fatate, sui mari spumosi
Adieu! The fancy cannot cheat so well e insidiosi spalancate, nelle magiche terre oramai
As she is famed to do, deceiving elf. dimenticate.Dimènticàto! La sòla paròla è com’ùna
Adieu! Adieu! thy plaintive anthem fades campàna
Past the near meadows, over the still stream, che a mòrto rintòcca e da tè mi ripòrta alla mìa solitùdine.
Up the hill-side; and now ‘tis buried deep Addio! La fantasia non può più ingannar così bene,
In the next valley-glades: com’è solita far, il folletto illusore.
Was it a vision, or a waking dream? Addio! Per sempre! Il tuo verso lagnoso si spegne
Fled is that music: -Do I wake or sleep? oltrepassando i vicini prati, sorvolando l’immoto ruscello,
risalendo la china del colle; ed ora è a fondo sepolto
nelle vicine radure della valle:
E’ stata una visione o un sogno ad occhi aperti?
Quel suono è ormai disperso: - Sogno o son desto?

LA BELLE DAME SANS MERCI

La Belle Dame sans Merci (“La bella dama senza pietà”) è una ballata del poeta inglese John Keats, il cui titolo è
mutuato da una più antica opera, un poemetto del  XV secolo,  di Alain Chartier. Ne esistono due versioni, con poche
differenze tra loro. La prima fu scritta da Keats nel 1819.
La poesia
La belle dame sans merci descrive l’incontro tra un cavaliere senza nome, immerso in un paesaggio sterile e
desolato, e il poeta. Il cavaliere racconta di come la sua sventura sia giunta il giorno in cui si è imbattuto in una
misteriosa donna di grande bellezza e “dagli occhi selvaggi”. La bella dama dichiara di essere “figlia di una fata” e di
amarlo. Egli, soggiogato dalle sue profferte d’amore e dalla sua malia, si fa condurre da lei alla “Grotta degli elfi”,
dove si addormenta. Durante il sonno, il cavaliere ha una visione di pallidissimi principi e re, che lo ammoniscono: “la
bella dama senza pietà” ormai lo ha preso nella sua rete ed egli è in suo potere. Quando il cavaliere si sveglia, scopre
di essere solo, di nuovo sul colle desolato, dove rimane ad attendere, vagando sconsolato.
L’amore e la morte
Ci sono diverse interpretazioni di questa poesia, che pur nella sua brevità raccoglie in sé molti simboli e metafore.
La dama senza pietà, a cui nessuno sfugge, rappresenta, a una prima lettura, la morte. Il cavaliere non può evitare di
seguirla e di perdere tutto per lei. Ma a quella che di primo acchito è l’interpretazione più chiara si tinge di varie
sfumature: il legame fra l’amore e la morte, per esempio: quello fra il cavaliere e la dama è un amore distruttivo. Il
cuore di lui, sedotto e abbandonato, è destinato alla desolazione. Dice il Cantico dei Cantici che forte come la morte
è l’amore e qui il povero cavaliere è prigioniero di un amore del tutto simile alla morte. Quando il poeta lo incontra,
nonostante la natura sia in un periodo di floridezza (c’è stato il raccolto, dunque siamo in estate, o all’inizio
dell’autunno) egli porta su di sé i segni della morte: il giglio, simbolo di purezza, e la rosa, simbolo d’amore, sono
associati a lui in un richiamo funereo: il giglio sulla fronte è un richiamo alla morte, così come la rosa è avvizzita.
Intorno a lui, tutto tace ed è immerso nel dolore, come se fosse lui stesso a generare silenzio attorno a sé.
Storie di fate
In questa ballata si incontrano però altri due temi molto amati nel periodo vittoriano, quello dell’epoca cavalleresca
e quello della mitologia. Nella seconda metà dell’Ottocento, complice lo stabile regno della regina Vittoria, alla
ricerca di un’ulteriore nobilitazione grazie alla letteratura e in particolare in quella capace di dare lustro alla Nazione,
il romanticismo inglese incentra parte delle sue tematiche sulle epopee cavalleresche, recuperando le leggende
arturiane e in generale riprendendo a narrare di dame e cavalieri, i cui alti ideali dovevano diventare uno specchio
per la nuova Inghilterra vittoriana. Vediamo in questo periodo anche un ritorno al mito e alla mitologia, che avviene
in parallelo al nel recupero della fiaba popolare ampiamente diffuso in Europa: recupero che pone le basi nelle
stesse convinzioni dei Grimm, convinti di trovare nella tradizione popolare le vere radici delle nazioni. Il ciclo
arturiano e l’epica cavalleresca sono molto legati a quel mondo magico popolato di fate e di elfi, alla mitologia già
ripresa da Shakespeare in Sogno di una notte di mezza estate. Il mito e il fiabesco si compenetrano e diventano
tutt’uno. In La belle dame sans merci ritroviamo l’eco di varie leggende sulle fate, fra cui quella narrata nella ballata
scozzese Tam Lin. In Tam Lin, una giovane donna resta incinta dopo l’incontro con una creatura fatata. Il suo amato,
però, le spiega di essere umano, prigioniero delle fate da lungo tempo. Con coraggio e costanza la donna riesce a
liberarlo, salvandolo dalle perfide creature e dall’inferno. Le fate, per nulla buone e affatto disposte a realizzare
desideri, sono esseri crudeli, che rapiscono esseri umani per i propri scopi malvagi. Si racconta che paghino al
demonio un tributo per la loro immortalità, regalandogli un’anima ogni cento anni. Cerchi fatati, nei quali ci si perde
per sempre, incontri con creature bellissime e crudeli, che nascondono dietro la bellezza fatata un aspetto reale e
terribile… le leggende sul popolo fatato sono tante, suggestive e a volte un po’ crude. Qui incontriamo la figlia di una
fata, che con sussurri misteriosi irretisce un cavaliere, immagine stessa della fedeltà e della purezza. Il bene contro il
male: sembra che Keats ci suggerisca quanto inerme sia l’innocente di fronte alla seduzione del peccato.
L’arte e la magia
Non stupisce che, con un tale carico di significati, di simboli nascosti sotto al velo delle parole, questo poemetto sia
divenuto un’opera di successo e soprattutto che abbia suscitato interesse fra i preraffaelliti, che hanno fatto del
soggetto uno delle tematiche più rappresentate. I preraffaelliti di solito privilegiano il momento della seduzione,
quello in cui il cavaliere accetta di condurre la dama alla sua caverna: è il momento in cui il fato dell’uomo diviene
ineluttabile, quello da cui non può più tornare indietro. Un’altra immagine molto amata è quella del passaggio al
sonno, quando la creatura fatata, compiuta la sua magia, gode della conquista. Il cavaliere, inerme, giace fiducioso
fra le sue braccia, non sapendo che di lì a poco i sogni gli riveleranno un’amara verità. La tematica è così affascinante
da arrivare ai giorni nostri, attraversando i secoli in illustrazioni e fotografie, spesso di ispirazione preraffaellita.
La musica
Il cantautore italiano Angelo Branduardi ha riproposto il tema della poesia in una versione molto suggestiva, che è
stata inclusa nella raccolta La pulce d’acqua del 1977, con il titolo “La bella dama senza pietà”. Il cantautore italiano
Vinicio Capossela eseguì il poema con sue musiche durante il concerto speciale “Ballate nella balena”, tenutosi il 15
luglio 2012 all’abbazia di San Galgano.

“O WHAT can ail thee, knight-at-arms, Perché soffri, o cavaliere in armi,


Alone and palely loitering? E pallido indugi e solo?
The sedge has wither’d from the lake, Sono avvizziti, qui i giunchi in riva al lago,
And no birds sing. E nessun uccello cantando prende il volo.

“O what can ail thee, knight-at-arms! Perché soffri, o cavaliere in armi,


So haggard and so woe-begone? E disfatto sembri e desolato?
The squirrel’s granary is full, Colmo è il granaio dello scoiattolo,
And the harvest’s done. E il raccolto è già ammucchiato.

 “I see a lily on thy brow Scorgo un giglio sulla tua fronte,
With anguish moist and fever-dew. Imperlata d’angoscia e dalla febbre inumidita;
And on thy cheeks a fading rose E sulla tua guancia c’è come una rosa morente,
Fast withereth too.” Anch’essa troppo in fretta sfiorita.

“I met a lady in the meads, Per i prati vagando una donna


Full beautiful – a faery’s child, Ho incontrato, bella oltre ogni linguaggio,
Her hair was long, her foot was light, Figlia d’una fata: i capelli aveva lunghi,
And her eyes were wild. Il passo leggero, l’occhio selvaggio.

“I made a garland for her head, Una ghirlanda le preparai per la fronte,
And bracelets too, and fragrant zone; Poi dei braccialetti, e profumato un cinto:
She look’d at me as she did love, Lei mi guardò come se mi amasse,
And made sweet moan. E dolce emise un gemito indistinto.

“I set her on my pacing steed, Sul mio destriero al passo la posi,


And nothing else saw all day long; E altro non vidi per quella giornata,
For sidelong would she bend, and sing Ché lei dondolandosi cantava
A faery’s song. Una dolce canzone incantata.
“She found me roots of relish sweet, Mi trovò radici di dolce piacere,
And honey wild and manna-dew; E miele selvatico, e stille di manna;
And sure in language strange she said, Sicuramente nella sua lingua strana
‘I love thee true.’ Mi diceva, “Sii certo, il mio amore non t’inganna”.

“She took me to her elfin grot, E mi portò alla sua grotta fatata,
And there she wept and sigh’d full sore; Ove pianse tristemente sospirando;
And there I shut her wild, wild eyes Poi i selvaggi suoi occhi selvaggi le chiusi,
With kisses four. Entrambi doppiamente baciando.

“And there she lullèd me asleep, Poi fu lei che cullandomi


And there I dream’d – ah! woe betide! M’addormentò – e, me sciagurato,
The latest dream I ever dream’d Sognai l’ultimo sogno
On the cold hill’s side. Sul fianco del colle ghiacciato.

“I saw pale kings and princes too, Cerei re vidi, e principi e guerrieri,
Pale warriors, death-pale were they all: Tutti eran pallidi di morte:
They cried, ‘La belle Dame sans Merci “La belle dame sans merci”, mi dicevano,
Hath thee in thrall!’ “Ha ormai in pugno la tua sorte”.

“I saw their starved lips in the gloam Vidi le loro labbra consunte nella sera
With horrid warning gapèd wide, Aprirsi orribili in un grido disperato,
And I awoke and found me here E freddo mi svegliai, ritrovandomi lì,
On the cold hill’s side. Sul fianco del colle ghiacciato.

“And this is why I sojourn here Ed ecco dunque perché qui dimoro,
Alone and palely loitering, E pallido indugio e solo,
Though the sedge is wither’d from the lake, Anche se sono avvizziti i giunchi in riva al lago,
And no birds sing.” E nessun uccello canta, prendendo il volo.

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