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LUDOVICO ARIOSTO E

L’ORLANDO FURIOSO
F. Chabod (Il Rinascimento nelle recenti interpretazioni, in
Scritti sul Rinascimento, Einaudi,Torino, 1967, p. 11) :

Il problema del Rinascimento è anzitutto di una realtà nel


mondo dello spirito, assai più che non nella vita pratica; quello
per cui il Rinascimento è tale, non è l’azione singola e spicciola
di questo o quel personaggio, […] bensì il modo con cui azioni
e propositi degli uomini vengono sistemati concettualmente e
fatti rivivere nel mondo dello spirito. La validità del concetto
stesso di R. (così come di quelli di Illuminismo e
Romanticismo) può essere affermata e ammessa solo quando
si intenda designare con esso un determinato movimento
d’idee, che ha senza dubbio le sue interferenze con la vita
pratica, da cui riceve spunti e suggerimenti e su cui influisce,
con alterna vicenda, ma che è anzitutto una realtà dello spirito.

2
Il genere epico
 Riferimenti al mondo classico, in primis Omero
e Virgilio, ma anche Ovidio e Lucano, ecc...
 Chanson de geste (ciclo arturiano e bretone).
 Romanzo medievale cortese e romanzo
popolare.
 Tra oralità e scrittura: dai cantastorie alla
stampa.
 Quale pubblico? E quale circolazione dei testi?
 L’officina ferrarese e la famiglia estense: il
poeta, la corte, la società.

3
Ferrara nel 1598

4
5
Il castello estense

6
Il Castello Estense
L’architettura
divenne uno
dei mezzi
principali per
mostrare la
propria
grandezza e
magnificenza
e, insieme,
creare un
ritorno di
immagine
positive per I
Signori della
città. Architecture became the most important
sign of nobility in Italian society.
(Patronage, art and society in Renaissance Italy, p. 166)
7
Era conosciuto anche Palazzo Schifanoia
con il nome di DELIZIA,
ma lo stesso termine
Schifanoia rimanda allo
«schivar la noia» degli
impegni e i doveri di
corte.
La costruzione risale al
14° sec. ma venne
sottoposta nel tempo ad
una serie di numerosi
rimaneggiamenti, anche
strutturali, il più
importante dei quali fu
commissionato da
Borso d’Este nel 1467.
In quell’epoca infatti
Borso era Duca di Oltre alla costruzione principale e
Ferrara e gli Este la all’esterno, Borso decise di far decorare le
famiglia più importante pareti interne del palazzo con un ciclo
della città. tematico di affreschi.
8
Francesco Del Cossa, Trionfo di venere, 1468-1470 ca, dalla
rappresentazione del mese di Aprile, Salone dei Mesi, Palazzo
Schifanoia, Ferrara.

9
Rinaldo (Orl. Fur., I, 10-12)

10 […] e ne la stretta via


rincontrò un cavallier ch’a piè venìa.

11 Indosso la corazza, l’elmo in testa,


la spada al fianco, e in braccio avea lo
scudo;
e più leggier correa per la foresta,
ch’al pallio rosso il villan mezzo ignudo.
[…].

12 Era costui quel paladin gagliardo,


figliuol d’Amon, signor di Montalbano,
[…].

10
Il codice cavalleresco (Orl. Fur., I, 22)

22 Oh gran bontà de’ cavallieri antiqui!


Eran rivali, eran di fé diversi,
e si sentian degli aspri colpi iniqui
per tutta la persona anco dolersi;
e pur per selve oscure e calli obliqui
insieme van senza sospetto aversi.
[…]

L’ideologia, il codice morale condiviso dai cavalieri, al quale Ariosto


guarda ormai con nostalgia, conoscendone ormai il declino, è qui più
importante dei motivi contingent della Guerra e dello scontro fra I
due cavalieri.

11
Tiziano, Ritratto di Ariosto (1510)

«Per quanto alto


sia il posto
dell’uomo,
il suo predominio
non è ancora
senza nubi»[1].

[1] Federico Chabod,


Momenti e forme del
Rinascimento, in
Scritti sul Rinascimento,
Einaudi, Torino, 1967,
p. 69.
12
Gundersheimer, Ferrara.The style of a
Renaissance despotism (1973)
“The relationship between the Ferrarese popolo and their
Estensi signori rested on a solid foundation of consent.
[…] This secure state was the essential precondition for
the extraordinary literary and artistic developments that
transformed Ferrara into an elegant, peaceful, well-
ordered, cosmopolitan cultural center”

The signore was the fulcrum, both in concrete and idealistic


terms, of the courtly order, which was built on his ability
to control not only reality but also the perception of
reality. Indeed courtly figures, such as knights, beloved
ladies, princes and courtiers, became a part not only of
the everyday life of “normal” people, but also of their
feelings and instincts. 13
Ercole I d’Este (1431-1505)

«Alo illustrissimo
signor Ercule, duca
de Ferrara», è
dedicato l’Orlando
inamorato del
magnifico conte
Mateo Maria
Boiardo, conte de
Scandiano.

Dosso Dossi (XVI sec.)


14
«Ippolito benigno» (1479-1520) e
«il giusto Alfonso»*(1476-1534)

15
Isabella e Beatrice d’Este
(1474-1539) (1475-1497)

Giovanni Ambrogio De Predis,


Tiziano, 1534-1536 1485-1500 ca. 16
Il Cardinale Ippolito d’Este

Orlando Furioso, III, 56


[…]
è il liberal, magnanimo, sublime,
gran cardinal de la Chiesa di Roma
Ippolito, ch’a prose, a versi, a rime
darà materia eterna in ogni idioma;
la cui fiorita età vuole il ciel iusto
ch’abbia un Maron, come un altro
ebbe Augusto.

17
Orlando Furioso, I, 2-3
«in the full consciousness of his own genius, Ariosto does not scruple […] to
celebrate the fame of the house of Este (…)» (Burckhardt).
2
Dirò d'Orlando in un medesmo tratto
cosa non detta in prosa mai, né in rima:
che per amor venne in furore e matto,
d'uom che sì saggio era stimato prima;
se da colei che tal quasi m'ha fatto,
che 'l poco ingegno ad or ad or mi lima,
me ne sarà però tanto concesso,
che mi basti a finir quanto ho promesso.
3
Piacciavi, generosa Erculea prole,
ornamento e splendor del secol nostro,
Ippolito, aggradir questo che vuole
e darvi sol può l'umil servo vostro.
Quel ch'io vi debbo, posso di parole
pagare in parte e d'opera d'inchiostro;
né che poco io vi dia da imputar sono,
che quanto io posso dar, tutto vi dono.
18
«Egli infatti sapeva, come i suoi contemporanei
Machiavelli e Guicciardini, che la conoscenza
del mondo si può attuare ovunque la sorte ci
collochi, tra i potenti come tra gli umili, nelle
città come nelle campagne, nella corte come
nei mercati, nei traffici o negli ozi della pace
come negli orrori o nelle violenze della guerra».
(L.Caretti, Ariosto e Tasso, 1977, pp. 18-19.)

“Nella vicenda intellettuale e nell’opera di L.A.


questo legame con la città si pone in modo
particolarmente vivo ed intenso: è proprio il
radicamento in un’identità “ferrarese” […]”.

“Un autore così grande e inafferrabile deve


essere seguito nel vivo articolarsi della sua opera;
seguito con umiltà, col proposito di far parlare la
sua poesia, di “persuadere” il lettore ad
attraversarla in lungo e largo”.
(Giulio Ferroni, Ariosto, Salerno, Roma, 2009, p. 16; 11.)
19
Dalle Satire III, vv. 28-48.

20
Orlando Furioso (1532) - Frontespizio
Stemma del
Cardinale
Ippolito d’Este
Pergamena da
un’edizione a stampa
di Francesco Rosso da
Valenza appartenuta al
card. Ippolito II d’Este,
Ottobre1532
(Bibl. Apost. Vaticana,
Barb. Lat. 3942)*.

Un poema
inimmaginabile fuori
dalla corte ferrarese
(G. Tellini)

Ritratto di
Ludovico Ariosto
21
L’impresa
e il motto
ariostesco

Dalla prima
edizione
dell’Orlando
Furioso (1516),
uscita a Ferrara
presso Giovanni
Mazocco da
Bondeno.

22
L’ENTRATA DELLA MOSTRA A FERRARA
(1516-2016)

23
L’INTRECCIO DEL FURIOSO L’O.F. complica sempre,
sfidando il lettore a uno
sforzo mostruoso di
Un movimento continuo, un continuo intrecciarsi e divergere di memoria per seguire i
vari fili della trama,
linee, personaggi, oggetti, tutti ugualmente ERRANTI. frustrandolo sul più bello
quando interrompe il
racconto a fine canto,
spiazzandolo di brutto
quando lo mette di
fronte a donne con la
spada e cavalieri in
lacrime e costringendolo
a faticose riflessioni
quando denuncia
l’incredibilità della sua
stessa storia. Daniel
Javitch ha inventato la
fortunata formula
di cantus interruptus per
spiegare la frustrazione
del lettore […].
(S. Jossa, Con Ariosto, senza
Calvino, in
http://www.doppiozero.c
om/materiali/con-ariosto-
senza-calvino

24
25
I tre filoni principali del “poema del
movimento” (Calvino)  complessità dei
significati (Segre) ma “sapiente armonizzazione dei
temi” (Caretti):
1. La guerra fra i paladini di Carlo Magno e i Saraceni
(diversi luoghi e momenti)  v. la materia trattata da
Boiardo e i cicli bretone e carolingio;
2. L’amore di Orlando per Angelica e la conseguente,
“nuova”, FOLLIA di Orlando (canti XXIII-XXIV)
3. L’amore fra Ruggiero e Bradamante, progenitori della
dinastia estense (il motivo encomiastico)

L’ENTRELACEMENT e il labirinto, «ventura e inchiesta»


(R. Bruscagli), l’ ottava ariostesca.
26
“Et veramente el poema è bello tucto” (Machiavelli),
“un atlante della natura umana” (Segre),
“una cosmologia antropomorfica” (Caretti):

«Alla varietà dei personaggi corrisponde poi un’altrettanto


ricca pluralità dei motivi, di cui nessuno preminente.
Neppure l’amore, che tuttavia costituisce il tema più
frequente del poema. Prima di tutto perché l’amore nel
Furioso si manifesta in modi diversi e talvolta addirittura
contrastanti […]; in secondo luogo perché accanto
all’amore ci sono, nel poema, molti altri sentimenti espressi
con altrettanta intensità e sincera adesione da parte del
poeta: i temi dell’amicizia, della fedeltà, della devozione, della
gentilezza, della cortesia, dello spirito d’avventura. E accanto
ai temi per così dire ‘virtuosi’ non mancano i temi opposti,
non meno schietti dei primi […]»
(L. Caretti, Ariosto e Tasso, p. 32).
27
Orlando Furioso, I, 1
Le donne, i cavallier, l'arme, gli amori,
le cortesie, l'audaci imprese io canto,
che furo al tempo che passaro i Mori
d'Africa il mare, e in Francia nocquer tanto,
seguendo l'ire e i giovenil furori
d'Agramante lor re, che si diè vanto
di vendicar la morte di Troiano
sopra re Carlo imperator romano.

28
Il famoso incipit
 Nell’Obizzeide (datazione incerta, 1500-1505)
Canterò l’arme, canterò gli affanni
D’amor, ch’un cavallier sostenne gravi,
Peregrinando in terra e ‘n mar molti anni
Voi l’usato favor, occhi soavi,
date all’impresa, voi che del mio ingegno,
occhi miei belli, avete ambe le chiavi.
 Diverso nelle edizioni 1516-1521 del Furioso
Di donne e cavallier li (‘21 gli) antiqui amori [Boiardo, II, XXII, 2],
Le cortesie, l’audaci imprese io canto…
 La citazione di Dante, Purg., XIV, 109-111
Le donne e i cavalier, li affanni e li agi
Che ne ‘nvogliava amore e cortesia
Là dove i cuor son fatti sì malvagi.
 Il riferimento a Virgilio, Eneide
Arma virumque cano, Troiae qui primus ab oris
Italiam, fato profugus, Laviniaque venit / […] .

29
La «gionta» tra Ariosto e Boiardo
«Continuatore- Boiardo, Orlando Innamorato, II,
dissacratore» XXII, 2-3.
(A. Casadei)
2 Fama, sequace degl’imperatori,
Ninfa ch’e gesti en dolci versi canti,
Ariosto, Orlando Furioso, I, 1. Che dopo morte ancor gli omini onori
E fai color eterni che tu vanti,
Le donne, i cavallier, l'arme, gli amori, Ove sei gionta? a dir gli antichi amori
le cortesie, l'audaci imprese io canto, E a narar bataglie de’ giganti,
che furo al tempo che passaro i Mori Mercé del mondo ch’al tuo tempo è tale
d'Africa il mare, e in Francia nocquer tanto, Che più di fama o di vertù non cale.
seguendo l'ire e i giovenil furori
d'Agramante lor re, che si diè vanto 3 Lascia a Parnaso quela verde pianta,
di vendicar la morte di Troiano Ché de salirvi ormai perso è ‘l camino,
sopra re Carlo imperator romano. E meco al basso questa istoria canta
Del re Agramante, il forte saracino,
Qual per suo orgoglio e suo valor si vanta
Pigliar re Carlo e ogni paladino.
D’arme ha già il mar e la terra coperta:
Trentadoi re son dentro da Biserta.

30
L’INCIPIT DELL’ 1 Signori e cavalier che ve adunati
Per oldir cose diletose e nove,
Stati atenti e quïeti e ascoltati
La bela istoria che il mio canto move:
E odereti i gesti smisurati,
L’alta fatica e le mirabil prove
Che fece il franco Orlando per amore
Nel tempo de il re Carlo imperatore.

2 Non vi para, signor, maraviglioso


Odir contar de Orlando inamorato,
Ché qualunque nel mondo è più orgoglioso
È da Amor vinto al tuto e suiugato;
Né forte bracio, né ardire animoso,
Né scudo o maglia, né brando afilato,
Né altra possanza può mai far diffesa,
Che al fin non sia da Amor batuta e presa.

3 Questa novella è nota a poca gente,


Perché Turpino istesso la nascose,
Credendo forsi a quel conte valente
Esser le sue scriture dispetose,
Poiché contra ad Amor pur fu perdente
Colui che vinse tutte l’altre cose:
Dico de Orlando, il cavalier adato.
Non più parole ormai: veniamo al fato.
31
L’INCIPIT DELLE STANZE
DI POLIZIANO
(I ED. 1484)

32
La Gerusalemme Liberata di Tasso (I ed. autor. 1581)
1 Canto l'arme pietose e 'l capitano 3 Sai che là corre il mondo ove piú versi
che 'l gran sepolcro liberò di Cristo. di sue dolcezze il lusinghier Parnaso,
Molto egli oprò co 'l senno e con la mano, e che 'l vero, condito in molli versi,
molto soffrí nel glorioso acquisto; i piú schivi allettando ha persuaso.
e in van l'Inferno vi s'oppose, e in vano Cosí a l'egro fanciul porgiamo aspersi
s'armò d'Asia e di Libia il popol misto. di soavi licor gli orli del vaso:
Il Ciel gli diè favore, e sotto a i santi succhi amari ingannato intanto ei beve,
segni ridusse i suoi compagni erranti. e da l'inganno suo vita riceve.

2 O Musa, tu che di caduchi allori 4 Tu, magnanimo Alfonso, il quale ritogli


non circondi la fronte in Elicona, al furor di fortuna e guidi in porto
ma su nel cielo infra i beati cori me peregrino errante, e fra gli scogli
hai di stelle immortali aurea corona, e fra l'onde agitato e quasi absorto,
tu spira al petto mio celesti ardori, queste mie carte in lieta fronte accogli,
tu rischiara il mio canto, e tu perdona che quasi in voto a te sacrate i' porto.
s'intesso fregi al ver, s'adorno in parte Forse un dí fia che la presaga penna
d'altri diletti, che de' tuoi, le carte. osi scriver di te quel ch'or n'accenna.
33
Lo strumento poetico: l’OTTAVA

 POLIZIANO: lirica e descrittiva (anche se


le Stanze non sono un poema).
 ARIOSTO: «d’oro», avvolgente, armoniosa,
duttile (come un’onda, Foscolo)  la
ricerca di una voce moderna e classica, ma
non falsa o artificiosa.
 TASSO: spezzata, disarmonica, drammatica,
ricca e disuguale («andar per sentieri
impervi e faticare»).
34
Intorno alla «lunga, faticosissima,
impegnatissima elaborazione del poema»
(R. Ceserani)
 Tre edizioni del Furioso, 1516, 1521, (i Cinque
canti),1532, testimoni non solo di un perfezionamento
linguistico e formale, ma di diverse focalizzazioni, un
diverso periodo storico (Tellini – Caretti) e
l’importanza della stampa (Javitch).
 Un lungo lavoro filologico (pagine manoscritte, ed. a
stampa): ed. critica del poema, con le varianti delle ed.
1521-1532, a cura di S. Debenedetti e C. Segre (1960);
ed. del Furioso del 1516 a cura di M. Dorigatti (Olschki,
2006); C. Fahy sull’ed. 1532 (1989); i Frammenti autografi
a cura di S. Debenedetti (1937, poi 2010).

35
 1516: un Orlando «inferiore»? «Negli anni successivi
Ariosto non inventa quasi più nulla nell’ordine della
favola» (Caretti); a cambiare, però, sono le
condizioni storico-culturali dell’Italia e la vita di A.
 1521: un poema quasi immutato (poche aggiunte e
inizio revisione linguistica).
 1532: aggiunta di nuovi episodi e assidua revisione
linguistica e stilistica
(1525 Bembo, Prose della volgar lingua
 Lettera di Ariosto a Bembo del 23/2/1531*)
 Da Ariosto a Manzoni, riscritture e revisioni
linguistiche: percorsi individuali e radici storico-
culturali dell’identità italiana.
36
A Pietro Bembo.
Virginio mio figliuolo viene a Padova per studiare. Io gli
ho commesso, che la prima cosa che faccia, venga a far
riverenza a V. S., e si faccia da lei conoscere per suo servitore. Io
priego V. S., che dove gli sarà bisogno il suo favore, sia contenta
di prestarglielo; e sempre che lo vedrà, lo ammonisca ed esorti
a non gittare il tempo.2 Alla quale mi offero e raccomando
sempre.
Io son per finir di rivedere il mio Furioso: poi verrò a
Padova per conferire con V. S., e imparare da lei quello che per
me non sono atto a conoscere. Che Dio conservi sempre.

Ferrara, alli XXIII febraro 1531.


Di Vostra Signoría Servitore,
LODOVICO ARIOSTO.

Fuori — Al Reverendiss. Monsignor Pietro Bembo.


37
Ariosto, Satire, VI, vv. 1-11
Bembo, io vorrei, come è il commun disio
de’ solliciti padri, veder l’arti
che essaltan l’uom, tutte in Virginio mio;

e perché di esse in te le miglior parti


veggio, e le più, di questo alcuna cura
per l’amicizia nostra vorrei darti.

Non creder però ch’esca di misura


la mia domanda, ch’io voglia tu facci
l’ufficio di Demetrio o di Musura
[15]
(non si dànno a’ par tuoi simili impacci), Là Bernardo Capel, là veggo Pietro
ma sol che pensi e che discorri teco, Bembo, che ’l puro e dolce idioma
[…]. nostro,
Levato fuor del volgare uso tetro,
Quale esser dee, ci ha col suo
esempio mostro.
[…]
Orl. Fur., XLVI, 15
38
Il lavoro correttorio di Ariosto
 Varianti
◦ storico-culturali e storico-politiche (Segre: «il maggior sforzo di
comprensione storica del terzo Furioso»);
◦ di ampliamento e di esclusione.
 Mutamenti linguistici e stilistici :
◦ Livello fono-morfologico
◦ Livello lessicale: latinismi e dialettalismi (pochi)
◦ Forme verbali della narrazione
◦ Sintassi e metrica: eliminazione subordinate, divisione dell’ottava,
enjambements, accentazione degli endecasillabi.

Verso una regolarizzazione linguistica, una maggior


chiarezza di lingua e anche di immagini: «un poema che
non inizia e non finisce» (C. Bologna), il lavoro di una vita.
39
I
FRAMMENTI
AUTOGRAFI
DEL
FURIOSO

40
41
O. F, XI, 26-27
L’invettiva contro le armi da fuoco, «crudele arte»
[26] Come trovasti, o scelerata e brutta
Invenzion, mai loco in uman core?
Per te la militar gloria è distrutta,
Per te il mestier de l’arme è senza onore;
Per te è il valore e la virtù ridutta,
Che spesso par del buono il rio migliore:
Non più la gagliardia, non più l’ardire
Per te può in campo al paragon venire.

[27] Per te son giti ed anderan sotterra


Tanti signori e cavallieri tanti,
Prima che sia finita questa guerra,
Che ’l mondo, ma più Italia ha messo in pianti;
Che s’io v’ho detto, il detto mio non erra,
Che ben fu il più crudele e il più di quanti
Mai furo al mondo ingegni empi e maligni,
Ch’imaginò sì abominosi ordigni.

42
[54] Orlando, come gli appertenga nulla
L’alto rumor, le strida e la ruina,
Olimpia, Viene a colei che su la pietra brulla
Avea da divorar l’orca marina.
eroina tragica Guarda, e gli par conoscer la fanciulla;
E più gli pare, e più che s’avicina:

(Orl. Fur., XI, 54-56)


Gli pare Olimpia: ed era Olimpia certo,
Che di sua fede ebbe sì iniquo merto.

[55] Misera Olimpia! a cui dopo lo scorno


Che gli fe’ Amore, anco Fortuna cruda
Mandò i corsari (e fu il medesmo giorno),
Che la portaro all’isola d’Ebuda.
Riconosce ella Orlando nel ritorno
Che fa allo scoglio: ma perch’ella è nuda,
Tien basso il capo; e non che non gli parli,
Ma gli occhi non ardisce al viso alzarli.

[56]Orlando domandò ch’iniqua sorte


L’avesse fatta all’isola venire
Edizione Valvassori, 1553. Di là dove lasciata col consorte
Lieta l’avea, quanto si può più dire.
— Non so (disse ella) s’io v’ho, che la morte
Voi mi schivaste, grazie a riferire,
O da dolermi che per voi non sia
Oggi finita la miseria mia.
43
Esplorazioni e scoperte geografiche (O. F, XV, 21-22)
[21] Ma volgendosi gli anni, io veggio uscire
Da l’estreme contrade di ponente
Nuovi Argonauti e nuovi Tifi, e aprire
La strada ignota infin al dì presente:
Altri volteggiar l’Africa, e seguire
Tanto la costa de la negra gente,
Che passino quel segno onde ritorno
Fa il sole a noi, lasciando il Capricorno;

[22] E ritrovar del lungo tratto il fine,


Che questo fa parer dui mar diversi;
E scorrer tutti i liti e le vicine
Isole d’Indi, d’Arabi e di Persi:
Altri lasciar le destre e le mancine
Rive che due per opra Erculea fersi;
E del sole imitando il camin tondo,
Ritrovar nuove terre e nuovo mondo.
44
Angelica e la fuga: Orl. Fur., I, 32-34
32 […]
ma seguitiamo Angelica che fugge.

33 Fugge tra selve spaventose e scure,


per lochi inabitati, ermi e selvaggi.
[…] ,

34 Qual pargoletta o damma o capriuola,


che tra le fronde del natio boschetto
alla madre veduta abbia la gola
di selva in selva dal crudel s’invola,
Stringer dal pardo, o aprirle ‘l fianco o ‘l
petto,
e di paura trema e di sospetto:
Gabriel Giolito de’ Ferrari, Venezia, 1542 Ad ogni sterpo che passando tocca,
esser si crede all’empia fera in bocca.

La FUGA permea l’intero movimento dell’Orlando Furioso e in questi versi


Angelica entra nelle selve spaventose e scure che, non solo rimandano a
Dante, ma costituiscono un’altra rappresentazione significative delle
innumerevoli trame del poema stesso.
45
Il palazzo del Mago Atlante
(Orlando Furioso, XII, 11-12)
11 […]
né men facean di lui vani sentieri;
e si ramaricavan del malvagio
invisibil signor di quel palagio.

12 Tutti cercando il van, tutti gli dànno


colpa di furto alcun che lor fatt’abbia:
del destrier che gli ha tolto, altri è in affanno;
ch’abbia perduta altri la donna, arrabbia;
altri d’altro l’accusa: e così stanno,
che non si san partir di quella gabbia;
e vi son molti, a questo inganno presi,
stati le settimane intiere e i mesi.

46
Il centro del poema.
La follia di Orlando
(Orl. Fur., XXIII, 133).

Qui riman l’elmo, e là riman lo scudo,


lontan gli arnesi, e più lontan l’usbergo:
l’arme sue tutte, in somma vi concludo,
avean pel bosco differente albergo.
E poi si squarciò i panni, e mostrò ignudo
l’ispido ventre e tutto ’l petto e ’l tergo;
e cominciò la gran follia, sì orrenda,
che de la più non sarà mai ch’intenda.
47
L’amore e le sue disastrose
conseguenze, una pazzia universale
(Orl. Fur., XXIV, 1-2)
1 Chi mette il piè su l’amorosa pania,
cerchi ritrarlo, e non v’inveschi l’ale;
che non è in somma amor, se non insania,
a giudizio de’ savi universale:
e se ben come Orlando ognun non smania,
suo furor mostra a qualch’altro segnale.
E quale è di pazzia segno più espresso
che, per altri voler, perder se stesso?

2 Vari gli effetti son, ma la pazzia


è tutt’una però, che li fa uscire.
Gli è come una gran selva, ove la via
conviene a forza, a chi vi va, fallire:
chi su, chi giù, chi qua, chi là travia.
Per concludere in somma, io vi vo’ dire:
a chi in amor s’invecchia, oltr’ogni pena,
si convengono i ceppi e la catena.
48
La luna (Orl. Fur., XXXIV, 73-75)
73 Non stette il duca a ricercar il tutto;
che là non era asceso a quello effetto.
Da l’apostolo santo fu condutto
in un vallon fra due montagne istretto,
ove mirabilmente era ridutto
ciò che si perde o per nostro diffetto,
o per colpa di tempo o di Fortuna:
ciò che si perde qui, là si raguna.

74 […]
Molta fama è là su, che, come tarlo,
il tempo al lungo andar qua giù divora:
là su infiniti prieghi e voti stanno,
che da noi peccatori a Dio si fanno.
Gustave Doré –
75 Le lacrime e i sospiri degli amanti, Ariosto, Orlande furieux (1879)
l’inutil tempo che si perde a giuoco,
e l’ozio lungo d’uomini ignoranti,  L. B. Alberti, Il sogno, in
vani disegni che non han mai loco, Intercenali, IV, 1.
i vani desideri sono tanti, C. Bologna, Ariosto, Elsheimer,
che la più parte ingombran di quel loco: Galilei e la Luna, «Lettere Italiane»,
ciò che in somma qua giù perdesti mai, a. LXVII, n. 2 (2015), pp. 57-95.
là su salendo ritrovar potrai.
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L’ultimo canto (Orl. Fur. XLVI, 1-3; 17).
[1] Or, se mi mostra la mia carta il vero, [3] Oh di che belle e sagge donne veggio,
Non è lontano a discoprirsi il porto; Oh di che cavallieri il lito adorno!
Sì che nel lito i voti scioglier spero Oh di ch’amici, a chi in eterno deggio
A chi nel mar per tanta via m’ha scorto; Per la letizia c’han del mio ritorno!
Ove, o di non tornar col legno intero, Mamma e Ginevra e l’altre da Correggio
O d’errar sempre, ebbi già il viso smorto. Veggo del molo in su l’estremo corno:
Ma mi par di veder, ma veggo certo, Veronica da Gambera è con loro,
Veggo la terra, e veggo il lito aperto. Sì grata a Febo e al santo aonio coro.
[…]
[2] Sento venir per allegrezza un tuono
Che fremer l’aria e rimbombar fa l’onde:
Odo di squille, odo di trombe un suono [17]
Che l’alto popular grido confonde. Veggo sublimi e soprumani ingegni
Or comincio a discernere chi sono Di sangue e d’amor giunti, il Pico e il Pio.
Questi che empion del porto ambe le Colui che con lor viene, e da’ più degni
sponde. Ha tanto onor, mai più non conobbi io;
Par che tutti s’allegrino ch’io sia Ma, se me ne fur dati veri segni,
Venuto a fin di così lunga via. È l’uom che di veder tanto desio,
Iacobo Sanazar, ch’alle Camene
Lasciar fa i monti ed abitar l’arene.

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Cortocircuiti novecenteschi
di un poema che non inizia e non finisce

M. Santagata, Il salto degli Orlandi, Sellerio, Palermo,


2007: «Dopo secoli di vita lieta e di gratitudine verso il proprio
autore, improvvisamente Orlando il Furioso si rende conto di essere
un cavaliere senza passato, perché l’Ariosto, nel poema a lui intitolato,
non gliene ha fornito alcuno. Quasi contemporaneamente, e più o
meno negli stessi luoghi, l’altro Orlando, l’Innamorato, avverte il
disagio di essere il cavaliere senza futuro: Matteo Maria Boiardo,
l’autore dell’Orlando Innamorato, l’ha privato di un seguito e di un
domani. I due Orlandi si ribellano e fanno il salto: l’uno nel poema
dell’altro, a scompigliare le carte. È ciò che accade nell’erudita e
giocosa fantasia che dà il titolo a questo volume – il secondo dei tre
racconti riuniti qui da Marco Santagata, scrittore che di mestiere fa lo
studioso di letteratura italiana classica, ed è fra i maggiori esperti della
poesia petrarchesca».
(https://sellerio.it/it/catalogo/Salto-Orlandi/Santagata/840)
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J. L. Borges, Ariosto e gli arabi, […]
1960.
Né l'amore ignorò né l'ironia,
Nessuno può scrivere un libro. Un libro perciò sognò, con arguzia discreta,
perché esista davvero, è necessaria il singolare castello ove tutto
l'aurora col tramonto, secoli, armi è (come in questa vita) falsità.
e il vasto mare che unisce e divide.
Come a ogni poeta, la fortuna
Così pensava Ariosto, che al piacere o il destino gli diè una sorte rara;
lento si dette, nell'ozio di vie andava per le strade di Ferrara
di neri pini e di lucenti marmi, e al tempo stesso andava per la luna.
di tornare a sognare il già sognato.
Quel che resta dei sogni, l'indistinto
L'aria della sua Italia era abitata limo che il Nilo dei sogni abbandona,
dai sogni che, in figura della guerra con questo fu tessuta la matassa
che in duri secoli afflisse la terra, di quel suo risplendente labirinto.
insieme ordirono memoria e oblio.
[…]

Per le illustrazioni dell’Orlando Furioso


http://orlandofurioso.org/box_view_url_shortener?u=4w
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