Sei sulla pagina 1di 2

CONSERVATORIO DI MUSICA “G.

TARTINI”
A.A. 2019/2020
Storia delle forme e dei repertorio del XX e XXI secolo
Docente: Prof. Marco Maria Tosolini
Candidato: Marco Risolino (I Biennio - Pianoforte)

Quantomai rara è la possibilità di assistere ad un concerto alle pendici del Grand Canyon; unica è,
invece, l’esperienza di poter qui ascoltare musica scritta da compositori del calibro di Pärt, Grisey e
Ligeti mentre i colori del tramonto lasciano spazio alla veglia notturna della Luna e delle stelle su
questi antichi rilievi rocciosi.
È doveroso far presente che l’evento è reso possibile anche da, oltre alla bravura dei musicisti (per
citarne alcuni, Keith Jarrett, Gidon Kremer, Claudio Abbado), un lavoro di progettazione di pannelli
per rendere l’acustica del luogo adeguata. Citando Celibidache: “L’acustica di un luogo è un
elemento generatore di forma.”
Il concerto si apre con il penetrante e ammonitorio La in ff all’ottava del violino e della viola, solisti
del doppio concerto di Arvo Pärt “Tabula Rasa”, seguito da un lungo silenzio di introduzione al
primo movimento, “Ludus”. L’opera è per due solisti, quintetto d’archi e pianoforte preparato e
nasce nel 1977, un anno dopo la fine di un periodo di silenzio durato anni, nei quali il compositore ha
dato vita allo stile da lui chiamato “Tintinnabuli”. Esso si basa sul contrapporre una “voce
tintinnabolare” che arpeggia note della triade di tonica ad una voce melodica, che si muove
principalmente per gradi congiunti nella stessa tonalità; questa tecnica permette al compositore di
ottenere fortissima coesione e senso di unità, a lui molto a cuore. Per buona parte del primo
movimento c’è un continuo alternarsi di variazioni in stile canonico presentate a coppie, di cui la
prima più incedente e la seconda più meditativa e lenta - Il silenzio divide una coppia dall’altra. Nei
minuti finali, sostituendosi bruscamente alla fase meditativa delle variazioni, si situa una cadenza
caratterizzata da armonie diminuite irrisolte e dinamicamente ricca di tensione, culminante infine su
un accordo di la minore. Il secondo movimento, “Silentium”, si apre con un arpeggio di re minore
del pianoforte preparato, tonalità in rapporto “risolutivo” rispetto a quella di “Ludus”.
La musica è qui improntata ad un carattere introspettivo: il suono tubulare e mistico del pianoforte
appoggiato sul re del contrabbasso punteggia il susseguirsi imitativo delle lunghe frasi degli archi in
stile di canone mensurale.
In lenta dissolvenza, le atmosfere angeliche del brano si congelano infine su un mi basso irrisolto,
dando così l’appoggio all’entrata massiccia di contrabbassi e tromboni in “Partiels” di Grisey, sulla
stessa nota.
Composta nel 1975, “Partiels” è parte del ciclo “Les espaces acoustiques”, pietra miliare dello
spettralismo francese. La musica nasce dall’analisi dello spettro sonoro dell’attacco di un mi basso
del trombone: le parziali del suono vengono ricreate dai vari strumenti acustici, dando vita ad una
vera e propria sintesi orchestrale. I volumi di ciascuna parziale sono calibrati diversamente da come
avviene in natura, sono messe in evidenza componenti dello spettro normalmente quasi inudibili,
definendo quindi timbriche complessive molto peculiari e in evoluzione continua. Il ritmo del brano
si rifà al movimento del respiro e, sebbene qui il focus sia sulla verticalità del suono, si percepisce
una mutevolezza dello scorrere del tempo, caratteristica poi nodale di “Modulations”, brano
successivo dello stesso ciclo.
La chiusura del concerto è lasciata a “Lux Aeterna” (1966), un viaggio ultraterreno veicolato questa
volta da un coro misto con partitura scritta a 16 parti.
La sottile sensibilità di Ligeti si manifesta specialmente nell’utilizzo della micropolifonia e nella
sottomissione di tutti i parametri sonori al timbro. Queste “armonie timbriche” si fondono
continuamente l’una nell’altra, attraverso metamorfosi continue di fasci sonori paralleli - L’unico
elemento a dare un’ ”impressione” formale è il susseguirsi delle parole in latino. Ciononostante,
l’impressione è proprio, come afferma Ligeti, che questa sia “musica che dall’infinito proviene e
nell’infinito si perde”.

Potrebbero piacerti anche