che suscita in me da sempre il lavoro di Botta e per l'attenzione sempre prestata al suo percorso ed alle sue opere, molte esperite direttamente, mi sento in dovere di far rilevare i limiti della sua ricerca recente. Sembra infatti che, oltre ai tanti estimatori ed imitatori, anche lo stesso Mario Botta sia rimasto imprigionato dal suo stesso linguaggio, al punto da far apparire molte opere recenti tautologie architettoniche. Continua ad essere ammi- revole (ed irripetibile in Italia) la precisio- ne costruttiva con la quale domina la sua architettura, ma la poetica compositiva, che ha registrato un percorso evolutivo fino alla casa di Breganzona, divenuta come imbrigliata e ripetitiva negli ultimi anni, quasi che lo scavo spaziale opera- to nel progetto degli edifici sempre pi complessi che chiamato ad affrontare non goda di sufficiente tempo per evolve- re e resti quindi, spesso, unintenzione irrisolta. Lo stesso ripetersi di forme geo- metriche a lui congeniali sembra testimo- niare che i molti, forse troppi, impegni, per quanto Botta dedichi ad essi tutto il tempo disponibile, non godano della stes- sa creativit progettuale estrinsecata in passato. Ne costituisce riprova, per esem- pio, il cilindro tagliato in obliquo, che, dilatato, diviene tout court linvaso della Cattedrale di Evry, incastrato negli altri volumi, il p e r no de l Mu se o d i S. Francisco, mentre nella chiesa di Mogno, col suo proporsi come mediazione geo- metrica fra la sezione circolare (e obli- qua) di un cilindro e la sua base che non pu che essere ellissoidale, tenta di legare ad un passato sfumato un forte segno architettonico, capace di testimoniare la reazione delluomo alla forza distruttrice della natura. Appare poi convincente solo in parte la sua affermazione che ogni edificio rigo- rosamente relazionato al luogo; questo vero per lorientamento, lapertura e la chiusura allintorno naturale o urbano, ma se ne dovrebbe poter indurre che altrove ledificio dovrebbe essere affatto diverso. Ed questo che non convince, che il lin- guaggio di Botta sia incapace di lasciarsi contaminare dai luoghi nei quali intervie- ne: per dirlo con uno slogan: Botta Botta in Ticino, come in Italia, in America, in Giappone; La riconoscibilit immediata del segno non forse un limite? Il limite della ripetitivit, dellinvoluzione sullonda del proprio successo. Ora, vero che pro- babilmente chi chiede oggi un edificio a Botta voglia proprio un edificio di Botta, ma il regista del gioco pur sempre larchi- tetto e quando il gioco abusato stanca. Naturalmente quanto scriviamo non vuole rappresentare un tentativo di demo- lire un mito contemporaneo, ma un modo diretto per ribadire il nostro interesse e per dichiarare lattesa di un nuovo perio- do che certamente vedr la luce. Il lungo preambolo non deve allonta- narci del tutto dalla rubrica, che si occupa di libri: dal mare magnum delle pubblica- zioni riguardanti larchite tto ticine se estraiamo, con le pinze, qualche recente pregevolezza. Dal fresco catalogo della Skira, oltre al vo lume d e dicato a Il Mu seo di Arte Moderna e Contemporan ea di Tren to e Rovereto, che illustra esaustivamente il processo progettuale fino alla maquette di un edificio ancora in corso di costruzione, se gn alia mo il cata logo de dicato a Cinque architetture, che accompagna la mostra veneziana in corso mentre scrivia- mo. I due volumi si segnalano per laccu- ratezza e la resa grafica cui gi abbiano fatto cenno sul n. 50/ 51 di questa rivista. Di particolare fascino espressivo sono le fotografie nel secondo volume, scattate da Albe rto Flamme r, che inte rp re ta con immagini quasi sempre svincolate da una banale lettura architettonica gli edifici reli- giosi di Botta. Tutte, rigorosamente in bianco e nero, esaltano gli aspetti lumini- stici dellarchitettura: e la luce uno dei mezzi esp ressivi pi potenti di Botta. Raffinata la stampa su carta avorio degli schizzi e dei disegni; privilegiate, in linea con la tendenza pi avanzata in campo editoriale, le immagini rispetto al testo (si ha sempre meno tempo per leggere e troppe persone scrivono ormai troppo spesso le stesse cose). Prezioso, per molti versi, anche lomni- comprensivo ed enciclopedico volume traces darchitecture, botta costruito da Jean Petit per Fidia Edizioni dArte di Lugano. Credo che lautore e leditore Giampiero Casagrande, amici personali di Mario Botta, non abbiano trascurato pro- prio nulla delle opere dellarchitetto come della sua vita. Bruno Zevi ha sempre cen- surato il desiderio di conoscere gli uomini che stanno dietro le architetture, signifi- cando che solo lope ra conta. Ma io, testardo, ho sempre e comunque scavato, indagato per cogliere le relazioni tra quel- lo che si fa e quello che si . Il volume di Petit, per certi aspetti, al momento, pu irritare con tutte quelle immagini dellar- chitetto che forse, a contarle, sono pi nume rose di q ue lle de i suoi e difici. Epp ure, mentre scorriamo le vicende architettoniche al seguito di quelle biogra- fiche, impariamo ad amare Botta anche in un altro modo: egli finisce per rappresen- tare la possibilit, per chiunque sia perva- so da una vera ed intensa passione per larchitettura, di poter realizzare i propri sogni anche a partire dal nulla: ecco per- ch rinnoviamo, con le p arole di un importante architetto della resistenza, Claude Parent, confiance dans les hom- mes qui finiront par trionpher (fiducia negli uomini che alla fine trionferanno). Ma, ribadiamo, un trionfo che non sia solo quello del successo. Nel volume di Petit lo stesso Botta ad affermare, a pro- posito de lla casa di Breganzona, che 306 COSTRUIREIN LATERIZIO54/ 96 Nessun architetto, credo sia impossibile smentirmi, ha mai riscosso il successo edi- toriale di Mario Botta. Analizziamone le ragioni: ha costruito la sua prima casa a sedici anni e realizzato pi di settanta edi- fici di varie dimensioni ed importanza; animato da una passione pressoch esclu- siva per il suo mestiere, che ne fa un architetto full time; crede fermamente nel fare, prima e pi che nel teorizzare; insegna solo saltuariamente perch lar- chitettura si pu apprendere, ma non si pu insegnare, eppure uno dei pochi architetti che siano riusciti a costruire un linguaggio espressivo veramente, ancor- ch variamente, trasmissibile. Ecco, questa forse la ragione pi importante del suo successo: i giovani hanno capito che da Botta si pu imparare una qualit dellar- chitettura che accende sempre le speran- ze di chi si avvia alla professione. La notoriet internazionale del Canton Ticino esplosa con Mario Botta, che ha attratto la generale attenzione; eppure convivono ed hanno operato, ed operano, in Ticino, te rritorio connotato da una grande tradizione architettonica, soprattut- to contemporanea, molti altri architetti di qualit. Ricordiamo, fra i tanti, Rino Tami, Tita Carloni, Alberto Camenzind, Peppo Brivio, Franco Ponti, Giampiero Mina, Luigi Camenisch, Angelo Andina, Luigi Snozzi, Aurelio Galfetti, Dolf Schnebli, Flora Ruchat-Roncati, Angelo Bianchi, Mario Camp i, Franco Pe ssina, Livio Vacchini, Angelo Andina, Peter Disch, Claudio Pellegrini, Bruno Bossi, Giancarlo Durisch, Ivano Gianola, Niki Piazzoli, Paolo e Franco Moro, Mauro Buletti, Paolo Fumagalli, Roberto Bianconi, Milo Navone, Elio Ostinelli, Rudy Hunziker. Sono tra laltro assenti da questo man- chevole elenco tutti gli architetti dellulti- ma generazione. Mi domando quanti in Italia abbiano una conoscenza sufficiente di almeno dieci di questi architetti. Il loro numero per, anche se a Botta deve essere giusta- mente riconosciuto il ruolo di detonatore che ha fatto deflagrare la conoscenza del Ticino (non pochi degli architetti elencati in realt hanno pubblicato molte loro opere anche fuori confine), testimonia che il fenomeno Botta cresciuto anche per- ch lambiente culturale ticinese era matu- ro per accogliere questa esplosione. Non pochi critici e storici dellarchitettu- ra hanno affermato recentemente lesisten- za di una Scuola Ticinese. Niente di tutto ci: esistono solo molti architetti di elevata moralit che investono enormi energie per realizzare la loro architettura, con un senso civico ed una considerazio- ne per gli aspetti concreti che solo in poche altre isole felici trova leguale. Forse, invece, qualcuno equivoca, par- lando di ticinismo architettonico, nel ritenere Botta maestro idolatrato da un folto stuolo di seguaci ed imitatori. Al Politecnico di Milano, negli anni intorno al 68, qualche infausto docente insegnava che meglio copiare bene piuttosto che progettare male, come dire: non sforza- tevi comunque; non ne vale la pena!. Insegnamento peraltro in palese contrasto con i venti rivoluzionari che avrebbero dovuto incentivare la ricerca pi avanzata ed innovativa. Il rapporto fra Botta ed i suoi allievi e collabora tori mi incuriosisce . Luigi Paolino, per esempio, ha progettato una casa unifamiliare a Turbigo (MI), peraltro premiata al concorso Opera prima indet- to dallAndil Assolaterizi nel 1992, alle cui indubbie ed indiscutibili qualit fa riscon- tro un linguaggio che potremmo provoca- toriamente definire pi bottiano di quello di Botta. Rudy Hunziker invece, se non erro, collabor con Botta, quale pratican- te, nel 1975/ 77, al progetto della casa a Maggia, ledificio pi anomalo della pro- duzione bottiana, almeno per quanto dato di comprendere dai pochi cenni dis- seminati nella sterminata bibliografia del- larchitetto. Pensai allora ad un consistente contributo di Hunziker, che Botta aveva accettato, come Carloni aveva accettato di lasciare a lui la paternit della casa par- rocchiale di Genestrerio. Quale stupore quindi, quando, qualche anno dop o, fu pubblicata da La mia casa, con interno in copertina, la casa unifamiliare a Sa vosa p roge tta ta da Hunziker. Comprai il numero per assicu- rarmi la conoscenza dellultima opera bottiana (tale mi appariva di primo acchi- to) ed invece scoprii che lallievo era stato risucchiato dal linguaggio del mae- stro. E fin qui passi; normale che i gio- vani risentano, nella loro fase iniziale, della mano del maestro: ma, mentre non conosco le opere pi recenti di Rudy Hunziker, e perci non posso sapere se se ne sia affrancato, certamente per posso affermare che altra eccezionalit di Mario Botta stata quella di sperimentare ogni volta, in una sola opera, il linguaggio dei suo i mae stri ( ca sa p a rrocchiale di Ge ne strerio-Carloni; casa a Stabio-Le Corbusier; casa a Cadenazzo-Kahn) e di mettere a punto, subito dopo, con rara immediatezza, un linguaggio gi persona- le e riconoscibile che gli assicur la defi- nizione di enfant prodige e che, con larricchimento di continue variazioni sul tema, perdura tuttoggi. Ma, su questo Mari o Bot t a: un f i ume edi t ori al e i n pi ena Mario Botta, Giulio Andreolli Il Museo di Art e Moderna e Cont emporanea di Trent o e Roveret o Skira, Milano, 1995, pp. 67, 9 fotografie a colori, 57 fotografie, schizzi e disegni in b/ n, L. 38.000 AA.VV., Mario Botta Cinque archit et t ure Skira, Milano, 1996, fotografie di Alberto Flammer, pp. 162, 280 fotografie, schizzi e disegni in b/ n, L. 50.000 Jean Petit t races d archit ect ure, bot t a Fidia Edizioni d Arte, Lugano, 1994, pp. 429, 84 fotografie, schizzi, ideogrammi a colori, 556 fotogra- fie, schizzi, disegni, ideogrammi in b/ n, Frs. 185 R E C E N S I O N I Ci nque recent i vol umi che ri guardano l archi t et t o t i ci nese: af f asci nant e, st i mol ant e, i narrest abi l e, dedi t o t out cour t al l archi t et t ura, possi bil ment e cost rui t a a cura di Sergi o Si gnori ni 308 COSTRUIREIN LATERIZIO54/ 96 sopra abbiamo segnalato come culmine della sua ricerca interrotta: Cest peut-etre la maison familiale la plus complexe que jai faite. Elle a un condition dambiguit que jaime (si tratta della casa unifami- liare pi complessa che ho progettato. Essa vive un a condiz ion e di ambiguit che amo). Vogliamo leggere questa condizione dambiguit come affrancamento dal volu- me da scavare, come primo scioglimento fluido degli spazi, come nuovo rapporto fra interno ed esterno, pi ambiguo per lappunto; una casa me no caverna, meno dicotomicamente chiusa/ aperta, pi fluidamente, ripetiamo, foriera di spazi nuovi, quelli che da Botta ci aspettiamo, prima o poi. Meriterebbero molta pi attenzione questo libro ed il suo editore, ma ci ripromettiamo di tornare sullargo- mento. In sintesi: chi si interessa a Botta non pu evitare di inseguire queste traces darchitecture. Merita attenzione anche limpegnativo, ancorch sintetico volume di Raffaella Baraldi e Marco Fiorucci, che, unici, hanno privilegiato, allinterno di una lettu- ra pi generale dellopera di Botta, linda- gine sugli aspetti tecnologico/ costruttivi, quelli dei particolari che sostanziano lo sp azio e lo a rricchisco no di sp e sso sapienti connotazioni, affiorando, in que- sta propensione dellarchitetto, linsegna- mento dell'ultimo dei suoi maestri prima non citato: Carlo Scarpa. Un libro, questo di Baraldi e Fiorucci, che certamente asse- conda il senso del concreto e del fare di Botta, ma soprattutto che porta in primo piano lestenuante ricerca paziente che prepara il progetto al cantiere, senza nulla lasciare al caso: Botta rinomato maestro anche in questo, nel dettagliare ogni parti- colare perch tutto venga eseguito esatta- mente come stato pensato. Nell89 ebbe a stupirmi, quando visitai la mostra sulla casa di Breganzona al Museo Vela di Ligornetto: le tavole progettuali di una casa unifamiliare (anche se la pi com- plessa) riempivano cinque sale del museo. Infine, a chi voglia avvicinarsi per la prima volta alla conoscenza delle opere di Botta , consiglie re i il volu me d e lla Zanichelli a cura di Emilio Pizzi, fine conoscitore dellarchitetto ticinese. Il volu- metto, della Serie di architettura, possie- de tutti i pregi gi noti di questa apprez- zata collana. Per finire: Sebastiano Grasso, se non ricordo male, sul Corriere della sera, tempo fa, informava che un editore italia- no, per i cui tipi usciva in quel mentre il secondo volume dedicato allopera com- pleta di Mario Botta, aveva acquistato i diritti di pubblicazione di tutte le opere future fino ad un certo anno: per molti aspetti un atto di fiducia ed un investi- mento garantito che, se fossi minimamen- te invidioso, certamente non potrei non invidiare a Botta. Ma, quando chiesi di avere copia dei volumi alleditore, per rece nsirli in questa rubrica, mi sentii rispondere che potevo farlo sulla fidu- cia. No! Mi dispiace! In questa rubrica non si recensisce a scatola chiusa. 1. Casa a Vacallo. La tessitura muraria. 2. Esecutivo di facciata. 3. Casa a Vacallo. Dettaglio della muratura. 4. Edificio in via Ciani a Lugano. Particolare. Raf faella Baraldi, Marco Fiorucci Mario Bot ta Archit ett ura e t ecnica Clean Edizioni, Napoli, 1993, pp. 117, 280 fotogra- fie, schizzi, disegni progettuali ed esecutivi in b/ n, L. 30.000 Emilio Pizzi (a cura di) Mario Bot ta Zanichelli, Bologna, 1995, pp. 240, 661 fotografie, schizzi e disegni in b/ n, L. 23.000 1 2 3 4
Ernesto Nathan Rogers: La rappresentazione come strumento per la conoscenza dell’architettura. L’architettura come strumento per la rappresentazione della società