Sei sulla pagina 1di 61

PROVE di VOLO

architetture
per la citt moderna (1948-1968)

giovanni donadon

Ordine degli architetti,


pianificatori, paesaggisti e conservatori
della provincia di Pordenone
piazzetta Ado Furlan, 2 33170 Pordenone
tel +39 0434 26057 fax +39 0434 245018
www.pn.archiworld.it architettipordenone@archiworld.it
oappc.pordenone@archiworldpec.it

PROVE di VOLO
Catalogo a cura di:
Annalisa Avon
Paolo Tomasella

saggi di:
Annalisa Avon
Moreno Baccichet
Bepi Carniello
Luka Skansi
Paolo Tomasella

Coordinamento:
Margherita Bortolus
Ivo Boscariol
Sara Cosarini
Vittorio Pierini

Segreteria organizzativa:
Ordine degli architetti, pianificatori,
paesaggisti e conservatori di Pordenone
Basso Fiorella e Franchi Franca

Progetto grafico
e direzione artistica:
Representa s.n.c., Pordenone

Progetto allestimento:
Ivo Boscariol
Francesco Donato
Guido Lutman

Allestimento:
Enrico Di Caprio
Catalogazione materiale:
Elisabetta Lot
Anna Postiglione
Francesca Verardo

Ufficio stampa:
Ordine degli Architetti,
Pianificatori, Paesaggisti
e Conservatori di Pordenone

Assicurazione opere:
Unipol
Video:
Videe s.p.a., Pordenone

Ringraziamenti:
Giovanni Donadon
Famiglia Donadon
Comune di Pordenone
Provincia di Pordenone
Gianfranco Donadon,
Mauro Egisto, Massimo Del Mistro
proprietari quadri
Enrico Foresto
Cesare Genuzio ???
Mirco Bortolin e Enzo Pagura
Archivio storico del Comune
di Pordenone
Manuela Querinuz eCinzia Posocco
Settore Edilizia privata
delComune di Pordenone.

gli autori per i loro testi


Nessuna parte di questo libro pu essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo elettronico, meccanico o altro senza lautorizzazione scritta dei proprietaridei diritti e delleditore.
Leditore a disposizione degli eventuali detentori di diritti che non sia stato possibile rintracciare.

Costruire la citt
Annalisa Avon

Citt e architettura
a Pordenone
tra il 1933 e il 1953
Moreno Baccichet

Giovanni Donadon
e la palazzina italiana
Luka skansi

prove di volo per


una nuova architettura
paolo tomasella

la tecnica

Giuseppe Carniello

Edifici pubblici a Pordenone


regestro immagini

p.10

p.10

p.10

p.10
p.10
p.10

Architetto Giovanni Donadon


Mostra dedicata

Claudio cattaruzza
Assessore alla Cultura

Alla figura dellarchitetto Giovanni Donadon rende


omaggio questa mostra che il Comune di Pordenone
sostiene, anche nellintento di dare spazio e valorizzazione a quelle personalit delle arti e delle professioni
che qui hanno trovato i natali e che si sono distinte,
poi, anche al di fuori del nostro territorio. In questa
occasione il Comune vuole avvalorare il contributo che
larchitetto Donadon seppe dare allo sviluppo architettonico della citt, tanto che le sue opere sono ancora
oggi esempio di progettualit e di costruzione in cui la
pulizia delle forme si coniuga alla funzionalit e dove
prevalgono gli aspetti diretti alla fruizione della struttura, rifuggendo da un mero estetismo fine a se stesso.
In citt sono note le opere architettoniche create dal
suo ingegno, ma la mostra sar per il visitatore ancora
fonte di conoscenza e motivo di riconoscenza verso di
lui. Un plauso va, dunque, allOrdine degli Architetti
della Provincia di Pordenone che ha voluto celebrarne
la figura e lopera, ritenendolo, a ragione, un importante punto di riferimento per la categoria, riconosciuto
maestro nel segno tangibile del disegno trasformato in
manufatto. Agli organizzatori va, infine, la nostra gratitudine per la decisione di cedere parte dellarchivio
della mostra al Comune di Pordenone che, conservato
nella Biblioteca multimediale della citt, consentir di
arricchirne il patrimonio librario e, soprattutto, di porre
a disposizione degli studiosi i documenti per approfondire la statura e lopera di Giovanni Donadon.

PROVE di VOLO
architetture per la citt moderna
(1948-1968). giovanni donadon

Vittorio pierini

LOrdine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e


Conservatori della provincia di Pordenone promuove
un percorso di approfondimento sugli architetti che
hanno contribuito al suo sviluppo e alla sua storia.Assieme al Presidente Alberto Gri, prematuramente scomparso, e ai nostri consiglieri decidemmo a suo tempo
di iniziare con una mostra sullarchitetto Giovanni Donadon il primo architetto pordenonese ad operare
in citt, dopo gli interventi di architetti di diversa provenienza mostra che ora apre al pubblico.
Donadon ha iniziato a lavorare a Pordenone dai primi anni Cinquanta, nellimmediato dopoguerra, in un
momento di sviluppo economico accompagnato da
grandi trasformazioni urbane. La sua produzione
stata molto intensa, almeno fino ai primi anni Novanta, quando si ritirato dal mondo della professione.
Lo stretto rapporto tra larchitetto e i cambiamenti
della nostra citt, con la mole di progetti realizzata,
pubblici e privati, un fatto singolare non solo per
il nostro territorio; Giovanni Donadon ha accompagnato la crescita di Pordenone progettando e realizzando molte delle opere cardine del tessuto urbano,
attraverso un linguaggio architettonico che in Italia
riconducibile ai grandi maestri del periodo.
Non mi soffermo a elogiare la figura di Giovanni Donadon, che bene descritta, analizzata e collocata
nei saggi che compongono questo catalogo; colgo
loccasione invece per ringraziare il gruppo di colleghi che hanno creduto in questo progetto e che si
sono impegnati in maniera volontaria e con entusiasmo per la sua riuscita. Ci tengo a citarli singolarmente perch ritengo che il lavoro di tutti sia stato
un contributo di conoscenza essenziale per la nostra
categoria. Sono Annalisa Avon, Moreno Baccichet,
Margherita Bortolus, Ivo Boscariol, lingegnere Giuseppe Carniello, Sara Cosarini, Francesco Donato,
Guido Lutman e Paolo Tomasella. Il progetto nato
quasi tre anni fa e si articolato in varie fasi: una,
iniziale, di riordino dellarchivio archivio che, come
per la maggior parte degli studi professionali consisteva in una raccolta di materiale non ordinata, finalizzata alla sola conservazione dei materiali seguita
da unattenta selezione di progetti per la mostra e, infine, dallideazione di questo catalogo. Nel frattempo
nel 2011, ha visto la luce una pubblicazione, curata
da Paolo Tomasella, nella quale sono state raccolte
molte delle opere realizzate in citt da Giovanni Donadon: questo volume stato un eccellente punto di
partenza e un valido riferimento per il nostro lavoro,
e per questo ringrazio Paolo, a nome di tutti noi, per
averci aperto la strada in questa esperienza.

PROVE di VOLO. architetture per la citt moderna (1948-1968)


vittorio pierini

Larchivio dellarchitetto si pu definire, nonostante lo


stato di conservazione e la qualit dei materiali, quasi completo. La maggior parte dei disegni sono stati
conservati, ma se per alcuni progetti sono disponibili
molti materiali, per altri invece vi sono solo pochi disegni o schizzi: complessivamente si contano circa
500 lavori. Purtroppo, di alcuni progetti importanti,
cito ad esempio il complesso Ariston, i materiali sono
andati completamene perduti. Nella mostra, catalogati i materiali di archivio e verificato il loro stato di
conservazione, abbiamo deciso di accompagnare il
visitatore per tappe: a ciascuna dedicato uno dei
locali dello spazio espositivo di via Bertossi PARCO.
Si inizia da un racconto della sua vita e della sua
formazione, per poi passare a unanalisi della storia
delle citt, a partire dal primo piano regolatore Filippone e Della Rocca del 1938, proseguendo con
il Piano Cerruti adottato negli anni Sessanta. Sono
questi gli anni nei quali Giovanni Donadon realizza
i suoi progetti pi importanti. Negli spazi successivi,
sono esposte alcune delle sue opere di maggiore rilievo fra quelle realizzate a Pordenone, suddivise per
tematiche: le opere pubbliche, gli edifici residenziali
alti - palazzi e palazzine - le case private. Abbiamo
poi dedicato una finestra agli aspetti tecnici, ai dettagli costruttivi e ai particolari dei progetti di arredi
degli spazi pubblici e privati.
La mostra si conclude con alcune realizzazioni che
testimoniano la sua attivit in altre localit della regione - Lignano, Maniago, Pasiano, Sacile.Nel catalogo,
i diversi contributi approfondiscono i temi e passaggi
fondamentali della storia urbanistica pi recente di
Pordenone, i riferimenti culturali dellarchitetto, la sua
opera nel panorama architettonico italiano di quegli
anni e la valenza costruttiva delle sue opere. Si inizia con il saggio di Annalisa Avon che inquadra la
situazione urbanistica a partire dagli anni Trenta raccontando le vicende legate ai primi piani regolatori
per la citt; Moreno Baccichet invece si occupa pi in
dettaglio dellarchitettura di quel periodo descrivendo
la citt attraverso i progetti dei primi architetti che
vi operavano pur non provenendo dal nostro territorio. Luka Skansi analizza il tema della palazzina
nel panorama architettonico ricercando le radici dei
progetti di Donadon nellarchitettura italiana del Novecento. Paolo Tomasella, forse larchitetto che meglio
lo conosce e che ha gi curato la citata monografia
nel 2011, ci riporta indietro di un passo per raccontarci la storia personale di Nino, gli anni di studio, la
guerra, la passione per il volo, gli esordi come progettista, le molte opere realizzate. E ci illustra infine alcu-

ni progetti interessanti realizzati fuori citt, alcuni di


questi presenti anche in mostra, come il concorso per
la chiesa della Santissima Trinit ad Addis Abeba in
Etiopia. Il catalogo si chiude con un saggio di Giuseppe Carniello che che ci parla della tecnica impiegata
nei suoi fabbricati (le foto di Enrico Foresto ne descrivono bene i particolari). Soffermandosi davanti ad
alcuni suoi edifici, ne descrive la statica e gli elementi
costruttivi, trovando le ragioni di questo connubio tra
composizione e ordito strutturale.
Larchitetto Donadon e i suoi familiari hanno apprezzato e sostenuto questa iniziativa, mettendoci a disposizione larchivio e tutto il materiale di contorno
che troverete in questa mostra e nel catalogo; gli Enti
pubblici, le diverse Associazioni, le Aziende private
coinvolte in questo progetto hanno risposto con grande disponibilit, dimostrando come in periodi di difficolt economica per tutti sia giusto sostenere iniziative culturali che servono a raccontare la storia della
citt della quale fanno parte. Leggo questo come un
messaggio importante di non rassegnazione alla crisi
generale che coinvolge in maniera diversa tutti noi.
Voglio ricordare che con Alberto Gri abbiamo voluto
questa mostra perch potesse divenire un primo lavoro di raccolta di esperienze dei professionisti del
nostro territorio e mi auguro che si possa in futuro
continuare con altre figure altrettanto significative per
la nostra realt. Credo sia unoperazione necessaria per far s che il nostro ruolo venga riconosciuto
come necessario e indispensabile nelle trasformazioni
di una citt quando questo viene svolto con grande
professionalit e ricerca come nel caso di Giovanni
Donadon. Voglio per questo rivolgergli un ringraziamento particolare, a nome di tutti noi architetti, per
la qualit delle opere che ha realizzato. Sono molto
contento che oggi, con questo evento, tutti i cittadini
possano in maniera ampia e dettagliata conoscere e
riconoscere le sue architetture.
Tutti noi, che abbiamo realizzato questo progetto,
auspichiamo che la mostra possa costituire la premessa per aprire un dibattito sulla valorizzazione e sulla
conservazione di questi edifici dei quali riconosciamo
e condividiamo il valore architettonico e che sono la
testimonianza di una stagione che ha connotato in
maniera indelebile Pordenone.
La speranza che questo tema possa essere preso in
seria considerazione nei progetti futuri di pianificazione della nostra citt.
Dedico questa mostra ad Alberto Gri che ha creduto
con tutti noi nellimportanza di questo progetto e ci ha
sempre sostenuto.

Costruire
la citt
Pordenone dal secondo dopoguerra
alla fine degli anni Sessanta:
piani, varianti e strategie.

ANNALISA AVON

Una nuova identit


indubbio che gli anni che pi hanno modificato
laspetto di Pordenone sono quelli che vanno dalla
Seconda Guerra mondiale alla fine degli anni Sessanta: una certa immagine della citt ben riconoscibile
e che ha contorni netti, in aree centrali o solo in seguito
divenute tali si definita proprio durante quellarco
di tempo, tutto sommato assai limitato. limmagine
che identifichiamo soprattutto con il fuori-scala, tale
perlomeno rispetto alle dimensioni dellabitato preesistente, dei grandi condomini i complessi Ariston e
Ottoboni, per esempio segno contraddittorio di benessere sociale e di inusitato profitto; oppure, quella
che rintracciamo in luoghi corso Marconi, piazza
Risorgimento, la zona del Centro Studi di architetture stilisticamente coerenti e talvolta aggiornate;
oppure, ancora, in frammenti e in gesti interrotti che
gli sviluppi politici sociali, ideologici, hanno lasciato
tali. Parti di citt e frammenti, appunto, che per essere
compresi e interpretati richiedono una certa attenzione. Nulla di strano, apparentemente, ponendo la citt
a confronto con altri casi. Anche per Pordenone la
storia di quegli anni, per larchitettura e lurbanistica,
potrebbe essere riscritta secondo la periodizzazione
consueta, come da manuale, vale a dire con il suc-

13

Costruire la citt
ANNALISA AVON

cedersi di ricostruzione, miracolo economico e boom


edilizio, con tutti i conseguenti effetti sulledilizia e la
struttura urbana, contro cui nulla valsero i tentativi di
programmazione e di controllo. Tuttavia, ci che sorprende, nel caso specifico, la rapidit e la radicalit con cui la citt si trasformata, il modo repentino
in cui quellimmagine inedita e dunque una nuova
identit della citt si sono definite, in tempi cos
rapidi che hanno pochi eguali in altri centri italiani,
piccoli o medi.

La fine della guerra


e la ricostruzione
Pordenone dopo i bombardamenti del 23 marzo 1945,
fotografia aerea. Collezione privata, Pordenone.

Alcuni dei documenti che, nel Novecento, hanno ritratto la citt di Pordenone e i suoi edifici in occasione
di eventi centrali per la sua stessa storia, hanno carattere davvero unico. il caso per esempio di alcuni
rari spezzoni di cinegiornali Luce degli anni Trenta e
Quaranta, nei quali si vedono, a sfondo delle cerimonie di regime, le nuove costruzioni della citt fascista1:
pi e meglio di una pagina manoscritta, pi di un
disegno depoca o della cronaca registrata dai quotidiani, essi sembrano restituire spessore e consistenza
al passato, nello scenario improvvisamente animato,
popolato dalla gente comune che di quello stesso passato fu principale interprete. Colpisce ugualmente, per
analoghe ragioni, la fotografia aerea scattata durante i bombardamenti del 23 marzo 1945: essa ferma
uno dei momenti pi difficili della storia di Pordenone
ma per quanto la considerazione possa sembrare
un po cinica essa anche un raro ritratto, nitido
ed efficace, della citt cos come essa si presentava
dopo i progetti e le realizzazioni degli anni Venti e
Trenta, ed certo pi attendibile di una qualsiasi planimetria dello stato di fatto. Nellimmagine, spiccano ben riconoscibili la mole della Casa del Fascio di
Pietro Zanini, ultimata a guerra gi in corso, mentre
poco pi sopra immaginiamo la presenza della Casa
del Balilla di Cesare Scoccimarro, con le sue parlan-

Piazzale delle corriere, lavvio del cantiere, dal fascicolo


Pordenone 1946-1956. Dieci anni di amministrazione,
Pordenone 1956. Archivio storico, Pordenone.

Alcuni elementi raccolti in questo saggio si trovano gi, anche se


in forma abbreviata, in Annalisa Avon, Larchitettura e lurbanistica, in Pordenone una citt, a cura di Paolo Goi, pp. 251-285
(Pordenone, 2010), di carattere pi generale poich dedicato alla
storia della citt dalle origini ai giorni nostri e, per scelta editoriale,
pubblicato senza note. Alcuni temi sono inoltre stati dibattuti nella
pubblica Conversazione su Pordenone anni 50-70 svoltasi nel dicembre 2011, presso il Museo dArte contemporanea di Pordenone.

14

Gli spezzoni, della durata di pochi minuti, sono consultabili online


nel sito dellIstituto Luce, www.archivioluce.com. Alcuni sono stati
proiettati a Pordenone, presso la Fondazione Furlan in occasione
della mostra Cesare Scoccimarro. Architetture per Pordenone 19251938, a cura di Annalisa Avon.
2 Alcuni documenti presso l Archivio storico del comune di Pordenone, di qui in avanti ASCPn, Fondo prestito per la ricostruzione,
busta 07.05.49.

ti sculture in facciata; in piazza XX Settembre, limponente edificio delle scuole elementari di Augusto
Mior e il volume stereometrico della Casa del Mutilato, di nuovo di Scoccimarro, tenuti materialmente e
spiritualmente insieme dal parco della rimembranza
con il monumento ai Caduti di Aurelio Mistruzzi; nel
sistema della viabilit, ben visibile la nuova via
traversa interna, vale a dire lattuale viale Marconi; nel bacino dacqua di forma regolare, situato nei
pressi della strada napoleonica, ancora presente la
testimonianza dei progetti interrotti per il porto fluviale del Noncello. Nonostante tutto, la citt per di
dimensioni modeste, il nucleo storico conserva intatta
la propria struttura, e ancora si intravvede il sistema
di rogge e corsi dacqua, nonch, un po dappertutto
ma specie a dividere il centro storico dal fiume, di
ampie aree verdi.
Il fumo e i crateri delle bombe, nella foto, sono i segni
evidenti della tragicit del momento. Ma da qui in
poi, vale a dire dagli anni della ricostruzione, che
Pordenone, poco pi che una piccola cittadina, inizi
a mutare radicalmente.
Fortunatamente i danni dei bombardamenti furono contenuti e non vi furono distruzioni a tappeto.
Fu soprattutto il centro della citt a essere colpito, e
qui si resero subito necessari alcuni interventi di riedificazione e riqualificazione palazzo Tomadini, il
collegio Vendramini, per restare nellarea circostante
il Duomo, progetti cui andrebbe aggiunto quello per
il nuovo ampliamento del Municipio, con il concorso
del 1956 ma la ricostruzione deve essere intesa,
al di l dellarchitettura, come estesa alla vita economica, sociale e produttiva dellintera citt. Subito si
imposero il problema della disoccupazione e della
casa, problema questultimo che a Pordenone non
era mai stato affrontato, se non in modo demagogico, dalla giunta fascista, e che ora risultava aggravato dalle distruzioni, dallaumento della popolazione
e dalla presenza massiccia dellesercito e di militari
con le proprie famiglie (nota costante, questa, nella
storia della citt fino a ben oltre gli anni Settanta).
Come di consueto, furono i settori dei lavori stradali e
delle costruzioni quelli che subito poterono assorbire
una grande quantit di manodopera, mentre contribuiva al risollevarsi della situazione la creazione di
un fondo in denaro, dovuto alla collaborazione fra
lamministrazione e i cittadini pi abbienti, fondo creato in attesa che giungessero gli aiuti statali (allinizio
del 1946, pi di dieci milioni erano gi stati spesi nel
riordino di opere pubbliche e in lavori contro la
disoccupazione2).

Il grattacielo di via Dante in una cartolina depoca.

Ci si pu chiedere, ed anzi questa una domanda


centrale, se la citt inizi o meno a crescere gi da
qui secondo un piano. Lopinione diffusa che essa,
dallimmediato dopoguerra, sia cresciuta in modo
anarchico e nel pi totale disordine, in bala di decisioni dettate dallemergenza, o imposte dalla speculazione privata (si parla di un favoloso aumento del
valore dei terreni edificabili, che giunsero a costare
negli anni Cinquanta almeno cento volte il valore
anteguerra3; si favoleggia, inoltre, di indici di fabbricabilit che avrebbero raggiunto i centomila metri
cubi per ettaro).
Eppure, Pordenone aveva un piano regolatore. Nel
lontano 1934, era stato infatti bandito con questo
fine un concorso nazionale, del quale era risultato
vincitore il progetto di Aldo della Rocca e Domenico
Filippone. Quel piano, per, non era mai entrato in
vigore: le lungaggini burocratiche e lemanazione di
nuove leggi la legge del 1942, o Legge urbanistica, innanzitutto ne rallentarono la messa a punto

15

Costruire la citt
ANNALISA AVON

Nino Donadon, Mario Marzin, Condominio Zacchi - Cossetti nel piazzale delle corriere, oggi piazza Risorgimento,
piante, sezioni, prospetti. Archivio Donadon, Pordenone.

Nino Donadon, Mario Marzin,


Condominio Zacchi - Cossetti, prospettiva dinsieme.
Archivio Donadon, Pordenone.

I primi condomini realizzati nel futuro piazzale


Risorgimento: il condominio Zacchi - Cossetti
di Nino Donadon e Mario Marzin,
e il condominio Licinio delling. Mario Sist.
Archivio storico, Pordenone.

16

e ladozione. Del piano, dallo scoppio della guerra,


si perse ogni traccia fino a che, nel 1952, lamministrazione ritrasmise a Roma tutto lincartamento, e il
piano elaborato negli anni Trenta entr cos in vigore,
a tutti gli effetti, soltanto nel settembre 19554.
A dire la verit, esso fu comunque attuato in minime
parti, per stralci, prima della guerra, per esempio nel
tracciato della via traversa interna, gi citata, in cui
le nuove costruzioni, quali la concessionaria Fiat di
Provino Valle posta proprio a lato della Casa del Fascio, rispettavano le nuove norme tecniche.
Nel dopoguerra, per, gli interventi pubblici eseguiti
a partire dal 1946 per lo pi ne ignorarono lesistenza, anche se in qualche caso sembravano interpretarne, per cos dire, lo spirito. il caso della creazione,
con il concorso bandito nel 1948, del nuovo Centro
Studi, poco distante dalla sede del Consorzio di bonifica: gli edifici sembrano sottolineare la vocazione
a nuovo centro dei servizi dellarea in cui si erano
volute presenti, nel ventennio, la Casa del Fascio e
la Casa del Balilla, pur se chiaro che si ignor la
destinazione a verde e a ville e orti prescritta da
Filippone e Della Rocca. anche il caso del nuovo
piazzale delle corriere fu questo un cantiere a
sollievo della disoccupazione aperto nel 1955 con
il proposito di dare un lavoro ai licenziati del Cotonificio veneziano5 ricavato a lato della traversa interna gi ricordata. La posizione, in relazione
con il principale flusso di traffico della nuova strada,
doveva sembrare quella pi appropriata alla nuova

destinazione, ma inizialmente nulla del genere vi era


previsto. Qui fu costruito il grattacielo Santin, edificio di ben tredici piani dunque completamente al
di fuori di ogni regola ultimato nel 1960, risultato
di una permuta tra il Comune e unimpresa privata,
operazione nella quale l autorizzazione a costruire concessa allimpresa, fu solo in parte bilanciata
dal ricavo dellamministrazione6.
Piazza Risorgimento, nata dunque nel dopoguerra,
per al contempo, contraddittoriamente, un buon
esempio per dimostrare come lAmministrazione ancora cercasse di controllare, a modo suo, la forma
e perch no lo stile delle nuove costruzioni.
Lo studio delle pratiche concernenti i nuovi condomini
che si affacciano sulla piazza ricordiamo che il primo a essere realizzato fu lo Zacchi Cossetti, o condominio piazzale delle corriere, su progetto di Nino
Donadon e Mario Marzin mostra chiaramente che
la Commissione dOrnato7, peraltro piuttosto silenziosa per il caso del grattacielo ora ricordato, forniva indicazioni e avanzava precise richieste non solo
circa le altezze o i materiali di rivestimento, ma pure
prescrivendo la creazione di portici e lallineamento
fra edifici adiacenti. Il frasario utilizzato nei verbali
della Commissione sembra appartenere allanteguerra (la piazza, si diceva, dovr assumere un aspetto
monumentale; i palazzi che vi si affacciano andrebbero intesi come unica massa.); le reazioni dei
proprietari dei terreni, tuttavia, lasciavano intendere
una irritata insofferenza per quanto era loro imposto.

17

Costruire la citt
ANNALISA AVON

Un conflitto di idee e di posizioni tra pubblico e privato che rivela, a tratti, il carattere ancora sperimentale
delle nuove procedure democratiche, ma che annunciava come tempi e modi di costruzione della citt
sarebbero rapidamente mutati.

La citt cresce:
necessit della variante al prg
Lamministrazione, volendosi dimostrare virtuosa, pubblicizz gli interventi e le opere pubbliche avviate nel
dopoguerra in un fascicolo a stampa, illustrato, dal
titolo 1946-1956. Dieci anni di amministrazione comunale a Pordenone, nel quale si ritrovano anche i

Il nuovo Centro studi, realizzato dopo il concorso indetto nel 1948 e


vinto dallarch. Mariano Pittana. Archivio storico, Pordenone.

Laffermazione in Giuseppe Pradella, La citt di Pordenone.


Breve storia del suo sviluppo urbano, in Il centenario della Societ
operaia di Pordenone 1866-1966, pp. 57-192 (Pordenone, 1966,
ristampato nel 2004).
4 Per il decreto, si veda la corrispondenza intercorsa fra lamministrazione e il Ministero dei Lavori Pubblici, in ASCPn, busta
07.10.85. Per la storia della citt e per ledilizia residenziale fra
anni Trenta e Cinquanta, si rimanda, nel presente catalogo, al contributo di Moreno Baccichet.
5 ASCPn, busta X.06.1667, Formazione piazzale autocorriere.
6 Il comune cedette allimpresa Santin un fabbricato pubblico e il
terreno sul quale insisteva, allangolo tra viale Libert e viale Dante;
concesse la realizzazione del grattacielo, ottenendo in cambio tre
appartamenti, che divennero di propriet comunale. La costruzio-

18

progetti futuri per lospedale, le nuove scuole, ledilizia popolare e alcuni interventi che dal Comune ebbero appoggio, quali la sede della Telve, o il condominio San Marco, costruiti tramite convenzioni su terreno
pubblico8. Lamministrazione era dunque a suo modo
preoccupata del destino della citt, ma il vero problema sembrava essere costituito dalla pressione che
esercitava liniziativa privata.
A poco pi di dieci anni dalla fine della guerra, lincremento demografico e i dati dei censimenti relativi
a commercio, industria e servizi danno la misura delle
modifiche in atto (secondo i dati dei censimenti, del
1951 e del 1961, i residenti a Pordenone passano
da 27.000 a 34.000 circa, e nel decennio successivo aumenteranno di poco meno del 40%; addetti
allindustria, commerci e altre attivit passano da
8.800 a 10.800 circa, unidea della situazione la
danno i numeri sugli addetti alla Zanussi, che passano rapidamente dai 2.000 dellimmediato dopoguerra, ai 13.000 del 1971). I numeri, da soli, non sono
per sufficienti a descrivere, da un punto di vista qualitativo, le trasformazioni pi prettamente sociali, impossibili da trascurare studiando la realt urbana: le
aspettative economiche, il voler risiedere in citt ma in
una casa salubre e dotata almeno del riscaldamento e
dei servizi pi elementari, non distante da commerci,
scuole e ospedale costituiscono il vero nucleo e motore
moderno dei processi che si stavano avviando. Per
rendersene convinti, forse sufficiente notare come,
in molte pratiche delledilizia privata di quegli anni,
i vecchi storici edifici siano le brutte case esistenti;
gli antichi vicoli siano ricettacoli di immondizie e i
vecchi lavatoi semplicemente indecorosi; i corsi e
gli specchi dacqua, destinati a sparire e ad essere
colmati, sono pozzanghere, spesso esalanti odori nauseanti. Osservazioni da porre davvero al polo
opposto, come si vede, di quellattaccamento al pas-

ne di un edificio di pi ampie proporzioni fu giustificata dalla


centralit della zona (in effetti poco distante gli edifici di piazza
Risorgimento gi stavano sorgendo in deroga). Il progetto, per il
quale si rimanda a quanto conservato presso lArchivio dellEdilizia
privata, del comune di Pordenone, di qui in avanti AEP, e alla busta
V.02.1590 (1960) in ASCPn, porta la firma dellingegnere Simone
Liborio, Roma.
7 La pratica dello Zacchi-Cossetti, alla pari di quella relativa al
condominio adiacente Licinio, su progetto delling. Mario Sist,
conservata presso AEP. Facevano allora parte della commissione
edilizia personaggi in citt piuttosto noti, per esempio lo scultore
Ado Furlan, il professore Giuseppe Pradella, i pittori Pio Rossi e
Tiburzio Donadon, questultimo padre di Nino.
8 Una copia del fascicolo illustrato in ASP, busta 07.06.25.

Pordenone 1946-1956. Dieci anni di amministrazione,


fascicolo a stampa, la copertina, Pordenone 1956.
Archivio storico, Pordenone.

Pordenone 1946-1956. Dieci anni di amministrazione,


fascicolo a stampa, una pagina interna, Pordenone 1956.
Archivio storico, Pordenone

sato che oggi ci tiene in ostaggio, parole che forse ci


risulta difficile comprendere del tutto, ma che danno
la misura di quanto si stava preparando. Motivata da
queste ragioni e favorita dallassenza del Piano, lespansione a macchia dolio secondo unespressione che sostituisce le parole dordine danteguerra,
per divenire il nuovo, intimidatorio leit-motiv tanto nei
testi classici sullurbanistica degli anni Sessanta, quanto nelle relazioni dei tecnici comunali dovuta al
moltiplicarsi di case e casette, insieme alla corrispondente costruzione, nelle zone centrali, di appartamenti
in condominio, divengono in breve le preoccupazioni
principali. intorno al 1956-57, dunque immediatamente dopo ladozione del piano regolatore intendiamo sempre quello del 1934, rivisto e reso operante appunto nel 1955 che lamministrazione inizia
riflettere sulla situazione urbanistica. Lo testimoniano
relazioni e interventi al Consiglio comunale, che nei
contenuti registrano i conflitti tra le forze in campo9:
rilevato che il piano di Della Rocca e Filippone

assolutamente superato, poich prevedeva una


citt pressoch statica, priva di energie e di fermenti
accrescitivi, e sottolineato che esso pone dei vincoli
eccessivi, tali da strozzare Pordenone se fossero rigorosamente applicati, ci si pone il problema di dover
contenere lo sviluppo, ma facendo bene attenzione a
non ostacolare quelle che sono le risultanze di nuove esigenze di vita, di nuove possibilit costruttrici, di
nuovi interessi economici, che [] non possono essere
disconosciuti.
Si doveva controllare e contrastare, per i costi che
comportava alla gestione pubblica, la polverizzazione dellinsediamento e perci limitare lespansione
urbana; si trattava, nel centro citt e nella costruzione
di edifici multipiano a grande numero di alloggi
che pure dovrebbe essere concessa di conservare determinati limiti di ariosit, come elegantemente si diceva; inoltre, sempre facendo attenzione a non
porre troppi ostacoli alla libera iniziativa, si doveva
pure pensare al verde, ai servizi, alle infrastrutture.

19

Costruire la citt
ANNALISA AVON

Il piano regolatore del 1938, di Aldo della Rocca


e Domenico Filippone, vincitori del concorso del 1934.
Archivio storico, Pordenone.

chiaro che si stava profilando la necessit di varianti al piano regolatore, mentre con delibere consiliari si apportavano modifiche al regolamento edilizio
e alle norme tecniche di applicazione del Prg esistente. Sulla base del lavoro svolto da una commissione urbanistica, appositamente creata, e sulla scorta
di dati statistici e documenti cartografici tra questi
una planimetria che in rosso riportava tutti gli edifici
realizzati o in costruzione dal 1945 al 1956 circa,
a dimostrare quanto il vecchio piano fosse oramai
superato dai fatti una formale richiesta in questo
senso fu inoltrata al Ministero dei Lavori pubblici,
come voleva la procedura, nel settembre del 1957.
Lautorizzazione fu concessa e nel maggio del 1959
lamministrazione affid allarchitetto e urbanista milanese Ezio Cerutti (1911-1990) lincarico di rivedere il
piano di Filippone e Della Rocca10.
Cerutti, consigliere dellIstituto Nazionale di Urbanistica e professionista con una ragguardevole carriera

20

professionale avviata negli anni Trenta, faceva gi


a Pordenone parte della commissione urbanistica
ora ricordata, organo consultivo di carattere tecnicopolitico ne era componente anche lon. Giuseppe
Garlato, del gruppo democratico cristiano, sottosegretario di Stato tra il 1958 e il 1963 con cui aveva
messo a punto modifiche e proposte di sviluppo che,
considerate insieme, componevano un piano di tipo
interlocutorio11.
Questo forse spiega i tempi molto stretti imposti dal
disciplinare, che chiedeva per il 30 giugno 1959 un
progetto di massima e per il dicembre successivo il
progetto definitivo di variante. Pu essere che laccelerazione dei tempi sia stata imposta dalla situazione,
come pure dallincombere delle elezioni amministrative vi era chi sottolineava che il piano approvato
poteva essere utilizzato in modo propagandistico12
ma tant, il primo progetto di variante fu presentato nei tempi previsti e adottato nel settembre 1960.

Pordenone, planimetria della citt con, in rosso, le costruzioni


realizzate allincirca nei primi dieci anni dopo la fine del conflitto.
Archivio storico, Pordenone.

Il riferimento va alla relazione dattiloscritta Situazione urbanistica della citt di Pordenone, s.d., che dovrebbe corrispondere alla
relazione esposta dallAssessore ai Lavori pubblici al consiglio comunale il 1 giugno 1957, in ASCPn, busta 07.10.85; inoltre, alla
versione della stessa, a firma degli ingegneri dellUfficio tecnico,
allegata alla richiesta di varianti a al Prg, invita a Roma e datata
5 settembre 1957, anchessa in ASCPn, busta 07.10.85: da entrambe sono tratte tutte le citazioni nel testo.

10

Per lautorizzazione, si veda la relazione del Consiglio superiore


dei Lavori pubblici in data 20 novembre 1957; per lincarico a Cerutti, la delibera del Consiglio comunale, 9 maggio 1959, entrambi
i documenti in ASCPn, busta 07.10.85.

21

Costruire la citt
ANNALISA AVON

Incremento edilizio dal 1946 al 1959, tabella dalla Relazione


di Ezio Cerutti al primo progetto di variante, 1959.
Archivio storico, Pordenone.

Demografia, incremento al 1959, tabella dalla Relazione


di Ezio Cerutti al primo progetto di variante, 1959.
Archivio storico, Pordenone.

I progetti per la variante,


fino alla sua approvazione
definitiva, 1959-1969
Pordenone una citt attivissima, la sua economia
prevalentemente industriale [] la sua anima
essenzialmente moderna: la relazione di Cerutti alla
prima proposta di variante registrava con entusiasmo
la nuova realt urbana, produttiva e sociale, ma faceva notare che in una cittadina che contava allora
poco pi di 30.000 abitanti si erano edificati in soli
dieci anni circa 26.000 vani, in sostanza un volume
enorme di vani che ha cambiato il volto della citt,
cogliendola impreparata ad assorbire questo incremento edilizio13. Scopo del progetto non poteva che

11

Lespressione di Giuseppe Pradella in La citt di Pordenone.


Breve storia del suo sviluppo urbano, in Il centenario della Societ
operaia di Pordenone, citato, dove lautore attribuisce alla commissione un lavoro lungo e importante, che per resta difficile da do-

22

essere quello di disciplinare la crescita, creare


un organismo ordinato, definendo limiti e destinazioni nella utilizzazione del suolo. Per contenere e
regolare lespansione, ma anche per dare un senso a ci che gi era accaduto conservando le
abitudini della campagna, la popolazione inurbata ha preferito la casetta unifamigliare con orto e
giardino, provocando unestensione notevolissima
dei limiti delledificato la variante ripensava labitato riorganizzato in quartieri (uno dei punti fissi o
delle idiosincrasie dellurbanistica del secondo dopoguerra); per il centro citt luogo verso cui fluivano grandi interessi, per il progressivo formarsi di
un clima che si pu definire cittadino, che faceva
preferire lappartamento in condominio contava

cumentare interamente, nonostante Pradella scriva che da qualche


parte dovrebbero trovarsi i disegni di queste ipotesi.
12

Nota dattiloscritta a firma dei consiglieri socialisti, in ASCPn,


busta 07.10.85.

Ezio Cerutti, prima proposta di variante al piano regolatore,


larea centrale,1960. Archivio storico, Pordenone.

23

Costruire la citt
ANNALISA AVON

Osservazioni dei cittadini alla proposta di variante, proposta


per un sottopasso della stazione ferroviaria avanzata dai residenti.
Archivio storico, Pordenone.

Osservazioni dei cittadini alla proposta di variante, proposta


per un sottopasso della stazione ferroviaria avanzata dai residenti.
Archivio storico, Pordenone.

24

su soluzioni che regolassero la crescita dei grossi


palazzoni, con lambizione, certo rimasta delusa, di
incidere persino sullaumento del valore dei terreni.
Come si pu leggere nelle tavole di variante14, la zona
residenziale intensiva R/B che il piano Filippone
e Della Rocca e aveva limitato a via Dante e corso Marconi lasciando aree verdi addirittura a scavalco della circonvallazione interna, era estesa a molte aree di
riempimento della zona centrale: allarea terminale di
corso Garibaldi e a largo San Giovanni, per esempio,
e poi a piazza XX Settembre, a piazza Cavour (nuovo centro degli affari o direzionale, nelle previsioni)
e quasi allintera via Mazzini. Soprattutto, le norme
di applicazione del piano, dopo alcune esitazioni,
stabilirono in 60.000 metri cubi per ettaro lindice di
fabbricabilit, quando il piano precedente indicava
soltanto un limite di 20 metri nellaltezza dei fabbricati. Era questo il dato pi evidente, pur se mutava anche la destinazione di aree in precedenza destinate a
ville, o a zone di rispetto, per esempio nei pressi
del tracciato della ferrovia o, come si gi detto,
nellarea oltre il Centro Studi.
A sostegno della densificazione della zona centrale,
il progetto proponeva una nuova viabilit. Oltre al
ridisegno di intere zone, per esempio tra la chiesa
di San Giorgio e il nuovo piazzale delle corriere, o
piazza Risorgimento, spiccano una parallela a corso Garibaldi creata per alleggerire il traffico e per
la bonifica dellintera frangia edilizia alle spalle del
complesso centrale e inoltre, soprattutto, una strada
importante a lato del terrapieno ferroviario. Questultima doveva essere non solo di transito, ma di penetrazione, e perci doveva riconnettersi alla viabilit
pi ampia (era completata la via Rivierasca, in corso
di ultimazione la nuova Pontebbana, di prossima realizzazione la Pordenone-Oderzo, in progetto lautostrada verso Portogruaro). Portando ad esempio la
Svizzera e Milano, con le nuove reti stradali che si
inseriscono nel centro delle citt, le sottopassano e le
sovrappassano, per permettere di entrarvi con dei
flussi veloci, la nuova strada di progetto era a Pordenone un futuribile asse attrezzato, una strada
di scorrimento nella quale si sarebbero evitati i disagi con opportuni svincoli e diversificazione di livelli.
Osservata nei dettagli, la tavola di progetto rivelava dunque importanti trasformazioni alla scala delle
previsioni circa ledilizia privata e pubblica o delle
infrastrutture, ma alcune radicali modifiche erano tratteggiate anche ad una scala minore, per aree molto
specifiche: si osservino il nuovo disegno di piazza XX
Settembre, o dellarea circostante il Duomo; la nuova

Pieghevole del IX Congresso nazionale di Urbanistica, 1962, sul tema


Programmi di sviluppo economico e pianificazione urbanistica,
cui fu invitata a partecipare lamministrazione.
Archivio storico, Pordenone.

25

Costruire la citt
ANNALISA AVON

piazza prevista al fondo di corso Vittorio Emanuele,


nello sperone proteso verso larea Marcolin; oppure,
ancora, il nuovo disegno di piazzetta Cavour e dellarea circostante la chiesa di San Giorgio. Si trattava
di problemi gi posti dal piano di Filippone e Della
Rocca, ma ancora irrisolti, evidentemente.
La parola, tuttavia, sarebbe ora passata ai cittadini,
come prevedevano le nuove procedure democratiche.
Cerutti, che raccontava di aver appena visitato le new
towns inglesi e di essersi entusiasmato notando come
queste strutture di appena due anni storia fossero
gi entrate nellanimo degli abitanti, che affrontano
dei sacrifici e [] partecipano alla loro gestione e
formazione, chiedeva pubblicamente ai pordenonesi di intervenire con proposte collaborative, e non
solo per lamentarsi di presunti danni. Chiedeva a
chiare lettere una coscienza del piano sono parole dellurbanista che sconfiggesse anche il luogo
comune degli italiani pi egoisti e pi individualisti,
pronti ad anteporre linteresse privato e personale al
bene pubblico15. Le tavole del progetto di variante furono esposte al pubblico nel febbraio del 1961, con
larga eco nella stampa. La partecipazione dei cittadini fu, come voleva Cerutti, davvero di inaspettata consistenza, e si espresse attraverso la presentazione di
oltre centosettanta osservazioni16. Redatte su carta
bollata, dattiloscritte o compilate a mano, accompagnate da fotografie, schizzi e talvolta da disegni con
il carattere di vere proposte di progetto, le osservazioni per la serie di questioni sollevate, per la ricchezza e variet delle considerazioni, come pure per
la qualit, almeno in qualche caso, dei suggerimenti,
esse costituiscono un fatto singolare e destinato a
non ripetersi, perlomeno non a questo livello, nella
storia della elaborazione della variante furono discusse circa un anno dopo, nel febbraio del 1962.
La gran parte di esse riguardava, com comprensibile, le aree residenziali e dunque la densit edilizia,
premendo per concessioni in termini di altezza dei
fabbricati e cubature; altre per riguardavano la localizzazione degli edifici pubblici, lestensione delle
aree industriali e, inoltre, la viabilit, considerata alla
scala dellintera citt, con molte considerazioni riferite allasse attrezzato a lato della ferrovia, giudicato costoso, inutile e dannoso qualcuno avanz la
proposta di sotto passare la stazione ferroviaria
prolungando via Mazzini, per eliminare un limite fisico apparentemente insormontabile17 e proposte
di varie modifiche e integrazioni. Cerutti fu presente
a tutte le sedute in cui le osservazioni furono vagliate,
ora accogliendo, ora contrastando le eccessive con-

26

Lettera di Bruno Zevi allassessore ai Lavori pubblici del comune di


Pordenone, 8 ottobre 1962, nella quale si chiede la partecipazione
al IX Congresso dell INU. Archivio storico, Pordenone.

cessioni e le modifiche radicali. La seconda ipotesi di


variante, adottata nellaprile del 1963, avrebbe potuto essere definita, secondo Cerutti, come il piano
della collaborazione18: la nuova variante nasceva
dalla discussione e da unanalisi critica della situazione allargata a tutti i cittadini, alle associazioni di
categoria, agli enti e ai professionisti interessati. Della
discussione ne registrava i contenuti, apportando le
dovute modifiche, a partire dal disegno della nuova
tangenziale Sud, che avrebbe creato un anello di
circonvallazione esterno; dallestensione ulteriore delle aree residenziali intensive e semintensive, sino alla
definizione di alcune scelte assai pi specifiche, dalle
strade parallele a corso Garibaldi e corso Vittorio
Emanuele, alla nuova impostazione di piazza XX Settembre, a molte altre situazioni. La nuova discussione di variante, tra lagosto e il settembre 1963, fu
meno coinvolgente e il nuovo piano poteva oramai
dirsi messo a punto. Con qualche modifica, redatta
nel 1965 nella versione definitiva, la variante si av-

Ezio Cerutti, variante al piano regolatore, progetto definitivo,


particolare dellarea centrale, 1969. Archivio Storico, Pordenone.

13

Oltre che da Ezio Cerutti, Variante al Piano regolatore generale 1955. Relazione, s.d., le citazioni, di qui in avanti, sono tratte
anche dalla presentazione della variante che Cerutti fece in consiglio comunale il 4 febbraio 1961, Relazione del prof.arch.Cerutti
sul nuovo Piano regolatore di Pordenone, dattiloscritto, entrambi i
documenti in ASCPn, busta 07.10.85.

14 Rimandiamo alla tavola di piano riferita alla zona centrale,


Varianti al Prg del Comune adottate con deliberazione consiliare
del 16.09.1960, nella redazione che porta la data del 31gennaio
1961, in ASCPn, busta 07.10.86.
15 Relazione del prof. arch. Ezio Cerutti sul nuovo piano regolatore
di Pordenone, citato.
16 ASCPn, buste 07.10.87 e 07.10.88.

27

Costruire la citt
ANNALISA AVON

viava lentamente verso lapprovazione definitiva, che


ebbe luogo soltanto nel 1969, con unaccelerazione
impressa dagli eventi, in primo luogo dal panico provocato dalla legge ponte del 1967, che intendeva
bloccare su tutto il territorio nazionale il rilascio di licenze edilizie ove non esistesse un piano regolatore19.
A posteriori, va considerato che molte previsioni di
variante sono rimaste, fortunatamente o meno, senza
esiti, mentre alcune questioni irrisolte hanno trovato
soluzione soltanto in anni pi recenti. Per non citare
che alcuni casi, alla grande scala non ha avuto seguito lidea di realizzare la tangenziale sud; ad una
scala minore, restando in tema di viabilit, il progetto di un raddoppio dei due corsi, Vittorio Emanuele e
Garibaldi, con la realizzazione di due vie ad essi
parallele, idea difesa da molti per le conseguenze
positive che avrebbe potuto avere per la rivitalizzazione e il funzionamento della citt storica, non ebbe
successo (se ne possono per individuare in citt alcuni frammenti realizzati); sempre nella citt storica,

pi precisamente nellarea del Municipio, dopo un


incarico affidato a Mario Scaini e successivamente
a Ignazio Gardella, stato realizzato a partire dal
1960 lampliamento degli uffici: la sua costruzione
ha comportato la decisione, contenuta nella variante
e da tutti sostenuta, di costituire una piazza affacciata
verso larea Marcolin, e fu cos demolito, non dunque
a seguito dai bombardamenti dellultima guerra, ci
che sussisteva della cortina delle case che chiudevano
il borgo antico. Poco distante, nellintorno del Duomo,
non ha al contrario avuto seguito, per un veto giunto
nel 1965 dalla Sovrintendenza, lidea della creazione di una piazza o gradinata affacciata sul Noncello, idea strenuamente difesa dallassociazione Belle
Arti, spesso incomprensibilmente impegnata su fronti
contraddittori, tra la difesa dellesistente e la propugnazione di vaste demolizioni20. Lelenco dei casi
potrebbe continuare, citando, sempre per larea centrale, piazza San Giorgio, piazza Cavour, oppure
larea ex-Galvani.

Ezio Cerutti, seconda proposta di variante al piano regolatore,


larea centrale, 1963. Archivio Storico, Pordenone.

17

Fascicolo in ASCPn, busta 07.10.88.


Comune di Pordenone, Deliberazioni del consiglio, estratto,
adunanza straordinaria per ladozione della nuova variante,6 aprile 1963, dattiloscritto, in ASCPn, busta 07.10.89.
19 La Legge 765 del 1967, nota come legge ponte, aggiornava
la Legge urbanistica del 1942: alcuni suoi punti sono tuttora operativi, ma una sentenza della Corte Costituzionale riconobbe come
illegittimo non identificare pi il diritto di propriet di un suolo con
il diritto di edificarlo, come appunto faceva la legge in questione,
18

28

cos svuotata dellintento di porre un freno allo sviluppo edilizio incontrollato.


20 DellAssociazione Belle Arti facevano parte Angelo Giannelli,
Giuseppe Pradella, Vittorio Querini, il fascicolo con le osservazioni
al piano in ASCPn, busta 07.10.88.

Piazza XX Settembre, la cortina dei condomini in costruzione.


Archivio storico, Pordenone.

29

Costruire la citt
ANNALISA AVON

La citt cresce comunque.


evidente per che le conseguenze maggiori del
nuovo piano sembrano stare nelle quantit realizzate
di edilizia residenziale, o almeno questa lidea che
ci si pu fare guardando la successione delle ipotesi di variante, mettendole in relazione con le Norme
di attuazione del piano, nelle quali tra il 1960 e il
1965 le densit oscillano per fermarsi, nel 1969, ai
60.000 mc/ha per ledilizia residenziale intensiva,
dopo discussioni che vedono la maggioranza consiliare prendere posizioni anche in totale dissenso con il
progettista. Gli indici di fabbricabilit e le tavole e le
norme del piano da sole non sono tuttavia sufficienti a
spiegare che cosa era accaduto, o stava accadendo.
Tra la presentazione della prima ipotesi di variante
al Prg e lapprovazione definitiva passarono esattamente dieci anni, un arco di tempo durante il quale
ledilizia non si ferm affatto, anzi, tuttaltro. Come
spesso si trova scritto nella documentazione allegata
ai progetti, nessuno intendeva essere scarificato da
norme quelle del piano vigente del 1955, si legga
che saranno sicuramente modificate in futuro, cio
dalla variante in corso di definizione, che ci si attendeva pi permissiva e di pi larghe vedute: si contava quindi sullo strumento della deroga alle norme
vigenti, ma anche su norme specifiche messe a punto
dallamministrazione e, soprattutto, sul potere che la
legge riconosceva al sindaco ove fosse il caso e
per ragioni evidenti di estetica o di sistemazione21
di dare corso a richieste di modifica sullaltezza
dei fabbricati e sulle volumetrie realizzabili. Soltanto
in questo modo risultano comprensibili alcune realiz-

Larea dove sarebbero sorti i complessi Ariston e Ottoboni prima


della costruzione degli edifici, veduta verso largo San Giovanni.
Archivio storico, Pordenone.

30

zazioni che, a partire dai primi anni Sessanta, hanno


innescato in citt la modifica di intere sue parti. Non
che tutto questo non fosse ben presente a Cerutti: infatti costantemente richiesto un suo parere sui progetti
presentati e, spesso, nelle pratiche si trova appuntato a mano discutere con Cerutti, o far visionare
dallUrbanista. Come, per esempio, nei documenti
relativi alla costruzione del complesso Ariston.
Il complesso sorge nella parte terminale di corso Garibaldi, poco discosto dalla chiesa di San Giorgio, e
certo colpisce ledificio alto, di tredici piani, con laggiornata sagoma a losanga, che rimanda a esempi,
non solo nazionali, piuttosto celebri, punto a favore
dei progettisti. Il primo piano di fabbricazione presentato prevedeva in realt qualcosa di completamente diverso, con edifici bassi, grossomodo in linea
con le norme del vecchio piano e senza entrare in
competizione con il vicino campanile di San Giorgio.
Il progetto fu per respinto pu sembrare paradossale per sfruttamento eccessivo dellarea22.
Intervenne con prescrizioni e suggerimenti Cerutti,
del quale restano nel fascicolo alcune note a mano,
ma fu decisiva la norma che stabiliva che, nei lotti
edificabili superiori ai 5.000 metri quadrati si potevano realizzare complessi architettonici con caratteristiche diverse dalle usuali, con un adattamento
delle regole23: il proprietario acquis in fretta alcuni
dei lotti circostanti, si accord per i confini, e larea,
raggiunte le dimensioni necessarie, pot cos essere
riprogettata. E Cerutti? una nota a margine dellultima domanda inoltrata al Comune, nel gennaio 1962,
dice larch. Cerutti ha espresso il parere che una soluzione di fabbricato come prevista nello studio appare

troppo intensa!!, ma non sappiamo fino a che punto


gli esclamativi intendessero sollecitare la revisione
del progetto. Quello definitivo fu comunque presentato
alla fine del 1962, e il complesso fu realizzato come
lo vediamo, mentre ancora si discuteva la prima ipotesi di variante al Prg. Poco distante, mentre era stato
ultimato il condominio sul quale campeggiava la scritta pubblicitaria Rex, tra via Marconi, via XXX Aprile
e il corso, positivo simbolo del progresso sociale ed
economico dei tempi nuovi, e mentre larea assumeva
unidentit decisamente urbana, lOpera diocesana
Beato Odorico, proprietaria della vasta area edificabile circa 7.000 metri sulla quale insisteva
villa Ottoboni present un piano per costruire con un
indice di fabbricabilit molto elevato e con altezze
di fabbricati che necessitavano soltanto dellautorizzazione del sindaco. Il primo progetto per la costruzione del complesso Ottoboni non presenta sostanziali
difformit con quanto sar realizzato. LOpera aveva
ottenuto lautorizzazione alla demolizione della barchessa, da tempo ridotta a deposito, nellottobre dello
stesso anno, poich ledificio non sembrava rivestire
alcun interesse storico artistico24; in memoria della
sua esistenza; tuttavia, specie per fare fronte ad alcune obiezioni sollevate dalla Commissione edilizia,
nellinnesto dei nuovi edifici con lantico palazzetto
fu prevista una serie di tre colonne di ordine toscano
con sovrastante trabeazione onde creare un porticato
che riecheggi quello della vecchia barchessa, concluda armoniosamente la parte storica [] e frapponga
uno schermo fra la antica e la nuova costruzione, che
si possono vedere in situ25. Pochissime, quasi di rito,
le raccomandazioni della Sovrintendenza, che al solito chieder campionature delle tinte e dei materiali di
rivestimento, tanto per il restauro della villa che per i
nuovi edifici, risolvendo con pragmatismo linserimento di un complesso di cos grandi dimensioni per
laltezza prevista si mobilitarono persino, preoccupati,
i residenti dellAriston nella citt storica, unica raccomandazione, ma pare alla fine disattesa, quella di
mantenere il pi possibile le alberature esistenti. Pi
tardi, la corrispondenza con il Comune e la Sovrinten-

denza riguarda pochi dettagli, ma nel complesso tutto


procedette senza ostacoli. Nellaprile del 1963, larea prevista a sedime delle nuove costruzioni divenne propriet di una societ della Zanussi la Borsa
SpA per il settore alberghiero, quasi a fugare ogni
dubbio sul valore che loperazione aveva finito con
lassumere26. Interessante ed emblematico anche il
caso di piazza XX Settembre, degli edifici che vi si
affacciano e dei progetti, mai realizzati, per una sua
trasformazione definitiva. In un arco temporale brevissimo, dal 1959, si inizi a costruire la cortina di
condomini che far da sfondo alla piazza, a partire
dal condominio Moro, per il quale il comune concesse
otto piani in altezza, in seguito divenuti sette, contro i ben undici richiesti dai proprietari27; intorno al
1956 era iniziata la costruzione del condominio delle
Poste, e per fargli spazio fu demolita la scalinata,

21

24

La citazione tratta dalle Norme di attuazione del piano, articolo


6, presente gi dalla versione del 1961, in ASCPn, busta 07.10.85.
22 Lettera del sindaco al proprietario, Raffaele Piazza, 30 luglio
1959, nel fascicolo relativo conservato presso AEP.
23 Delibera n.128, Aggiunta del art.37 bis del Regolamento edilizio,
6 luglio 1961, in ASCPn, Delibere del consiglio, 01.02.52 (1961).

Il complesso Ariston in costruzione. Archivio storico, Pordenone

Lettera di Benedetto Civilletti, Sovrintendenza di Trieste, allOpera diocesana Beato Odorico, 26 ottobre 1962, in ASCPn, busta
06.1672 (1962).
25 Lettera dello studio Perona al sindaco, 9 febbraio 1963, in AEP.
26

Lettera dello studio Perona al sindaco, 6 giugno 1963, AEP. Tra


gli acquirenti figurano, quali persone fisiche, anche Lino e Guido
Zanussi e Giulio Locatelli.

31

Costruire la citt
ANNALISA AVON

Nino Donadon, Mario Marzin, Sede della Telve - Societ


telecomunicazioni, progetto di massima 1949.
Archivio Donadon, Pordenone.

Ezio Cerutti, nuova sistemazione di piazza XX Settembre, 1962 ca.,


fotografia del plastico. Archivio storico, Pordenone.

Ezio Cerutti, nuova sistemazione di piazza XX Settembre, 1962 ca.,


fotografia del plastico. Archivio storico, Pordenone.

Nino Donadon, Mario Marzin, Sede dellAssociazioni industriali,


prospetti. Archivio Donadon, Pordenone.
Nino Donadon, Mario Marzin, Sede dellAssociazioni industriali,
prospetto principale. Archivio Donadon, Pordenone.

32

33

Costruire la citt
ANNALISA AVON

progettata da Pietro Zanini nel 1939, che raccordava


il terrapieno del Tribunale alla parte pi bassa della
piazza; poco distante, la demolizione del teatro Licinio di Provino Valle, inaugurato nel lontano 1919,
aveva lasciato spazio al nuovo cinema teatro Verdi, e
poco discosto, alla sede della Societ dei telefoni Telve mentre era sorta, a lato della Casa del Mutilato, la
sede dellAssociazione industriali. Si era innescato un
processo irreversibile, come registrava la prima ipotesi di variante, nel 1960, che prevedeva il ridisegno
dellintera piazza e la demolizione dellex Convento dei Domenicani, allora adibito a Tribunale, come
pi tardi precisato nel plastico presentato da Cerutti.
Sarebbe troppo lungo ricostruire qui la storia delle
proposte avanzate, delle posizioni prese da amministratori e consiglieri, dei provvedimenti delle istituzioni
di tutela, almeno sino al 1966, quando giunse dal
Ministero il veto per la demolizione (non senza per
che il consiglio comunale tentasse un ricorso contro
tale decisione). Rimane oggi, a testimoniare i progetti interrotti, la presenza incombente del condominio
Delta Majestic, che del progetto complessivo lo si
vede bene nei portici illogicamente rivolti verso il Tri-

Il condominio Delta - Majestic in costruzione, 1968 ca.


Archivio storico, Pordenone.

bunale conserva una qualche traccia. Ledificio fu


costruito su parte del parco della Rimembranza nei
documenti degradato a giardinetti in effetti lunico grande frammento che ne stato realizzato28, ma
difficile comprenderne la presenza, se non facendo
riferimento alla storia del luogo di incerta e difficile definizione architettonica e urbanistica, piazza XX
Settembre, sin dal primo Novecento e alle relazioni
fra iniziativa privata e amministrazione comunale. Un
breve documentario dal titolo Gente di Pordenone del
regista Giovanni Cecchinato, autore celebrato di film
per lindustria, documenta Pordenone comera allinizio degli anni Settanta29. Gli edifici e la citt sono lo
sfondo contro il quale si muovono studenti, lavoratori e
semplici cittadini: nei fotogrammi si riconoscono molte
delle costruzioni qui citate lAriston, gli edifici di
viale Marconi, piazza Risorgimento e altre ancora
simboli di una realt rinnovata, di quella citt attivissima, moderna che aveva impressionato Cerutti e
di cui larchitettura rimane oggi traccia visibile. Non
senza evocare, se la si analizza pi a fondo e allorch si indagano le ragioni di piani e realizzazioni, un
quadro dinsieme piuttosto complesso.

Pordenone, veduta della citt in unimmagine degli anni Settanta.


Archivio storico, Pordenone.

27 La pratica del condominio Moro, il cui progetto dellingegnere


Ernesto Raffin, conservata in AEP; per la concessione in deroga,
si rimanda alla delibera in seduta segreta del 7 maggio 1960, in
ASCPn, Delibere del consiglio, 01.02.51 (1960).
28 Il condominio Delta Majestic, 1964-1968, fu progettato dalla
STA, Studi tecnici associati, di Giorgio Garlato, Gianfranco Giorgi,
Paolo Rosa Fauzza, Alessandro Tedeschi. Il committente, Ercole Pighin, aveva acquisito il terreno che lingegnere Augusto Mior aveva
lasciato in dono al comune, sito tra via Trieste e il vecchio Tribunale:

34

poich, se vi avesse costruito qualcosa, come intendeva fare, avrebbe compromesso il progetto dinsieme della piazza, fu imposta una
linea di fabbricazione e fu concesso al proprietario, in permuta,
gran parte del terreno sul quale poi stato costruito ledificio, vale
a dire parte del parco della Rimembranza. La vicenda pu essere
ricostruita attraverso le delibere consiliari del 1960-63.
29 Una copia del film oggi consultabile presso lArchivio del Cinema Industriale e della Comunicazione dImpresa, Universit Cattaneo Castellanza-LIUC, Castellanza (VA).

Pordenone, veduta della citt in unimmagine degli anni Settanta.


Archivio storico, Pordenone.

35

Citt e
architettura
a Pordenone
tra il 1933
e il 1953
Moreno Baccichet

Il progetto di una citt sociale


attraverso il nuovo disegno
dello spazio pubblico
Gli anni Trenta a Pordenone segnarono una profonda discontinuit con il periodo precedente per il significato che il regime fece assumere allo spazio e
ai servizi pubblici. Se negli anni 20 il benessere che
aveva investito la citt aveva fatto disperdere nella prima periferia del centro storico una serie consistente
di abitazioni signorili che si rifacevano al tema della
villa suburbana, con lavvento della crisi degli anni
Trenta il potere disegn in modo monumentale il senso
di una socialit assistita dallo stato1. La propaganda
di regime passava anche attraverso la dimostrazione
che il partito era in grado di sollevare le condizioni
delle popolazioni pi povere segnando il paesaggio
urbano di servizi, anche alternativi a quelli costruiti
dai liberali o peggio dal cooperativismo di impronta
cattolica e socialista2. Non un caso che a promuovere il primo piano regolatore della citt sia stato, gi
nel 1933, un convinto fascista movimentista come Nello Marsure. Nuove strade e nuovi servizi avrebbero
costruito a fianco della vecchia citt un nucleo urbano
moderno e chiaramente riconoscibile nellideologia
attraverso una serie di opere. La nuova piazza co-

37

Citt e architettura a Pordenone tra il 1933 e il 1953


Moreno Baccichet

Cesare Scoccimarro, La casa del Balilla su via Molinari, 1933.

Cesare Scoccimarro, La Casa del Mutilato su Piazza XX Settembre, 1934.

struita sulla traversa interna avrebbe ospitato nuovi


servizi come il centro scolastico. Poco distante, lungo
via Molinari, si ergeva la Casa del Balilla, proprio
di fronte allingresso di quella che sarebbe stata la
nuova scuola nel 39 si decise di costruire la Casa
del Fascio e la sistemazione del piazzale delle manifestazioni per il sabato fascista impegner Pietro
Zanini fino al 1940. Nel 1934 si decise di costruire
in piazza XX settembre la sede dei Mutilati di Guerra
con forme monumentali, ma moderne. Il Partito Nazional Fascista aveva organizzato nella citt centri di
servizi alternativi a quelli offerti dalle amministrazioni
comunali e provinciale. Funzioni assistenziali che non
a caso in termini di disegno coinvolsero professionisti
forestieri e dichiaratamente riconducibili al movimento
moderno. La citt voleva mostrare un livello culturale

delle opere pubbliche che la ponesse allavanguardia


anche rispetto al registro formalmente tradizionalista
espresso dallarchitettura borghese della periferia.
Le strade e i piazzali erano poi i luoghi del rito fascista, i punti di raduno e quelli di transito, di una riconquista dello spazio fisico da parte della societ laica.
Le processioni dei mutilati e quelle delle organizzazioni di regime si contrapponevano a quelle tradizionali
organizzate dalla chiesa cattolica. Mano a mano che
la citt aveva smesso di ampliarsi, a causa della crisi,
gli elementi della vecchia e nuova centralit venivano
riscoperti e rifondati nel senso. La Casa del Fascio e
quella dei Balilla compivano quotidiane iniziative di
assistenza cercando di togliere questo primato alle pi
consolidate associazioni cattoliche o a quelle della sinistra. Pi la crisi economica si acuiva e pi diventava

importante per i fascisti affermare che il partito era il


promotore del nuovo ordine urbano e delle pratiche
duso della citt. La guerra si approssimava mano a
mano che le condizioni economiche si stavano sempre
pi deteriorando. Le costruzioni di case erano sempre
pi rare e lerezione di pochi edifici plurifamiliari era
quasi sempre il frutto dellazione di qualche imprenditore impegnato a fidelizzare i propri dipendenti3.
Le architetture promosse dal regime e le case per gli
operai furono il motore economico per la sopravvivenza delle imprese edili che allinizio degli anni Trenta
avevano dominato il mercato cittadino. I tipi edilizi
delle residenze plurifamiliari di carattere popolare seguivano schemi ripetitivi che ritroveremo anche dopo
la guerra. Cesare Miani, realizzer il suo solo progetto pordenonese proprio per costruire le case per i

dipendenti delle officine meccaniche Bertoja4. Nel 39


fu presentato il progetto per costruire a fianco delle
officine una palazzina di sei appartamenti che era il
terzo fabbricato di una serie costruita in via Nuova.
Era intenzione della Bertoja costruire delle case popolari e la costruzione del primo fabbricato verrebbe
subito iniziata o, per meglio dire, appena lattuale
situazione politica internazionale sia chiarita. Lincertezza del periodo frenava la costruzione del terzo
fabbricato, ma condizionava anche la sua definizione
edilizia costringendo il progettista alluso di materiali
e tecniche tradizionali: La cinta anzich in ferro sar
in cemento, uguale a quella che verr posta in opera
dalla ditta Bertoja, questo in seguito alle disposizioni
che vietano la costruzione di cinte in ferro. Ormai il
metallo era appannaggio dello Stato che si stava ar-

1 Moreno Baccichet, Urbanistica e architettura a Pordenone


nel Novecento: La citt senza regole nel periodo della ripresa post
bellica (1919-1929, in La loggia, n.15 (2011), 15-49.

3 Esperienze simili erano state anticipate dallamministrazione del


cotonificio. Vedi MORENO BACCICHET, Da villaggio agricolo a
periferia urbana. La storia insediativa di Torre di Pordenone, in La
Storia Le Storie. Centenario della Casa del Popolo di Torre 19112011, Osoppo (UD), Edizioni Olmis, 2011, pp.1-32.

38

Per un inquadramento generale sullo sviluppo della citt rimando


ad Annalisa Avon, Lurbanistica e larchitettura, in Pordenone,
una citt, a cura di Paolo Goi, Pordenone, Comune di Pordenone,
2010, 251-287, dotato di ricca e aggiornata bibliografia alla quale fare riferimento.

Archivio Storico Comunale di Pordenone (da qui ASCPn),


b. 02.1137, 1940, Case operaie per la Fabbrica Rimorchi Bertoja.

39

Citt e architettura a Pordenone tra il 1933 e il 1953


Moreno Baccichet

mando. Nei pochi progetti attivati nellet della guerra


la consegna di riservare cemento e acciaio per gli
scopi bellici far scomparire le tecniche pi moderne
utilizzate nel linguaggio architettonico degli anni 30.
I solai torneranno ad essere costruiti con le travature in
legno e controsoffitti incannucciati5.

Pochi erano gli architetti attivi in questo periodo in citt e larrivo di personalit estranee allambiente provinciale come quella di Alberto Alpago Novello, impegnato per i Morassutti nel recupero delle vetrine di
palazzo Tinti in Contrada maggiore, si rivelano come
dei casi estemporanei e difficili da ricostruire nei rapporti con la committenza6. Per contro, anche in questo
piccolo intervento in centro storico si pu riscontrare
una spiccata attenzione da parte dellamministrazione cittadina e dei funzionari della Soprintendenza ai
monumenti per il tema della trasformazione del nucleo
antico della citt. Il tema della modernizzazione dei
negozi veniva tenuto in grande considerazione dalla
direzione triestina del ministero e nel 1940 il progetto di Pietro Zanini per lex casa Linzier, allinizio di
Corso Vittorio Emanuele, fu oggetto di volente critiche
per il risultato finale, tanto che larchitetto udinese fu
costretto a giustificare il suo operato: il contrasto con
lo zoccolo della casa oggi pi evidente a causa
della forte tinta ottenuta con la lucidatura dei marmi.
Fra qualche mese il sole e la pioggia penseranno a
sbiadire tale tinta che potr pi felicemente armonizzarsi con quella soprastante. Un simile progetto che
esaltava il basamento in marmo con linsegna in metallo, fu proposto pochi mesi dopo, sempre da Zanini,
in occasione del restauro del bar-pasticceria Onofri
che si trovava tra corso Vittorio Emanuele e piazza
Cavour7. In centro storico larmonizzazione era dobbligo, cos come la mimesi8.
Durante la guerra si diede corso a pochissimi lavori
pubblici o privati. Zanini complet il piazzale della
Casa del Fascio9 rispettando le norme che allepoca
costringevano tutti a rinunciare alluso di materiali
come lacciaio e il cemento destinati unicamente allesercito. Le opere pubbliche con lapprossimarsi della
guerra scemarono e qui vale solo la pena di ricordare
il progetto affidato a Pietro Zanini di ristrutturare completamente il padiglione elioterapico di via Molinari
per trasformarlo in un edificio scolastico10.
La contrazione del mercato imped la realizzazione

5 Il ministero dei lavori pubblici il 10 giugno 1940 ha confermato


la proibizione dellimpiego del cemento armato nelle costruzioni private, anche quando gli interessati dispongano del materiale necessario. Ivi, fasc. Lavori pubblici, Lettera del Ministero Lavori Pubblici
del 12 giugno 1940.
6 Alpago Novello nel 1924 era stato uno dei fondatori del Club
degli Urbanisti e della milanese Associazione fra i cultori di Architettura. Sar componente del direttorio della Triennale del 1930 alla
quale si affacceranno i nuovi architetti e industriali friulani. Vedi:
CARLO SOMEDA DE MARCO, Orientamenti nuovi. I friulani a Monza, in Sot la Nape, A.VII (1930), n.39, 135-142.

7 Lautorizzazione era stata data con la prescrizione che tutte le


strutture interne ed esterne della parte da sistemare dovranno essere
formate con materiali pregiati in modo da intonarsi allimportanza
della localit centralissima. ASCPn, b.02.1137, 1940, fasc. Giacomo Cossarini.
8 Gli ingegneri Napoleone Aprilis e Angelo Puiatti che avevano lo
studio insieme presentarono un progetto per rialzare i sottotetto dei
fabbricati di Guglielmo Civolini adiacenti al Vendramini cercando di
rendere poco evidente laddizione. Su una parte dei fabbricati da
sopraelevare si sarebbe espanso il dormitorio dellIstituto Vendramini. Ivi, fasc. Guglielmo Civolin

Le case operaie di via Montello progettate da Cesare Miani per la


Bertoja nel 1939-40.

40

La citt in rovina.

Progetto di recupero e ampliamento delle vetrine del negozio


Morassutti (ex palazzo Tinti) a firma dellarchitetto
A. Alpago Novello, 1940

delle altre opere previste e lungo la nuova traversa


interna, appena costruita, fu edificata solo lofficina
della Fiat della Del Negro progettata da Provino Valle e priva di qualsiasi segno di modernit. Ledificio
era organizzato come una grande corte sulla quale
si affacciavano i diversi servizi della Del Negro, ma
il fronte urbano proponeva un prospetto semplice e
anonimo, per nulla in linea con il prospiciente fianco
della Casa del Fascio11.
Pietro Zanini in quel periodo era presente a Pordenone per la sua attivit di insegnamento e direzione
presso lIstituto Professionale ed grazie a questa
frequentazione che nel dopoguerra avr modo di diventare il professionista di riferimento per le principali
famiglie pordenonesi12. Valle invece non aveva entrature nella cittadina del Noncello e le sue opere saranno giustificate da una clientela di forestieri interessati
ad iniziative imprenditoriali, come quella del birrificio
Moretti interessato alla costruzione di un capannone
per il deposito della birra e la fabbrica di acqua gassata e ghiaccio13.
9 Per cogliere la dimensione della produzione artistica dellarchitetto udinese rimando a Pietro Zanini. Architettura del Novecento in
Friuli, a cura di Isabella Reale, Udine, Casamassima, 1987.
10 ASCPn, b.07.09.62, fasc. Riatto coperto padiglioni scolastici
Casermette.

Le previsioni pi nefaste, che gi a partire dal 1936


mettevano in guardia dalla possibilit di incursioni
aeree, si concretizzarono durante le fasi finali del
conflitto mondiale14.
La preparazione della citt ai bombardamenti inizi
a prendere forma verso il 1942 quando, dopo la costituzione di un organismo provinciale e di commissioni locali, si inizi a predisporre un piano di interventi
ambizioso quanto disatteso. Il piano prevedeva la
costruzione di ventidue rifugi antiaerei costituiti da un
tubo in calcestruzzo che senza avere la pretesa di
poter resistere ai colpi delle grosse bombe, possono
costituire una buona difesa contro le minori, contro
gli spezzoni, nonch contro le schegge e i materiali
lanciati dagli scoppi15. Ogni rifugio sarebbe stato
composto da due tubi seminterrati della lunghezza di
12 metri collegati tra loro dalle latrine. Nel piazzale
delle scuole elementari si prevedeva di costruirne ben
sei, mentre gli altri erano sparsi nella citt. Una fredda
lettera del ministro dellinterno Renato Ricci blocc la
realizzazione del piano di difesa antiarea sollevando
la necessit di provvedere con preferenza a favore
di zone molto pi esposte alle offese aeree nemiche.
La necessit di una qualche forma di protezione aerea divenne immediatamente evidente dopo il trauma subito dalla citt con il primo bombardamento
che provoc ventuno morti e un numero imprecisato
di feriti. Pordenone correva il rischio di essere bombardata perch aveva un importante scalo ferroviario, un numero consistente di caserme e il campo di
aviazione in Comina. Non cera una parte della citt
che fosse sicura. Nemmeno la predisposizione di un
puntuale piano di interventi era poi rassicurante. Oltre ai mezzi comunali e dei pompieri la protezione
antiarea civile poteva contare su sessanta volontari
e circa duecentocinquanta operai precettati delle imprese Corazza, De Franceschi, Raffin e Pavan. Dopo
ogni bombardamento spettava a queste squadre il
compito di ripristinare la transitabilit delle strade
e mettere in sicurezza gli edifici lesionati. Lamministrazione comunale non era riuscita a costruire per
tempo rifugi moderni per cui si cerc compensare il
ritardo attrezzando alcuni locali esistenti e capienti,
anche se di dubbia resistenza alle bombe. In pochi
mesi furono attrezzati per ricevere centinaia di persone i piani interrati delle scuole comunali, dellalbergo
Moderno, del Collegio Don Bosco, delle case Salice
e Gasparinetti in via Mazzini, dellAlbergo Centrale
e di palazzo Cossetti in piazza XX Settembre, lin-

41

Citt e architettura a Pordenone tra il 1933 e il 1953


Moreno Baccichet

terrato della casa del cotonificio e di casa Bresin a


Torre, linterrato di casa Pavan in via della Motta e
casa Trentin in via Capuccini, mentre altri 100 posti
erano previsti nellinterrato dellasilo di Rorai Grande. Il comune predispose un piano per la costruzione
di ulteriori rifugi antiaerei che prevedeva di adattare
le strutture a volta gi presenti in citt come il ponte
della Pescheria, dove poi sorger la palazzina della
Telve, il sottopasso della Bossina, il ponte di accesso
alle carceri, il Ponte Secco e il ponte Eden su via Grigoletti, la vecchia ghiacciaia e il ponte di via Mazzini. Si sapeva bene che se centrati da bombe questi
ripari improvvisati sarebbero crollati, ma attrezzati
con difese paraschegge potevano essere comunque
di una qualche utilit16.
I bombardamenti pi pesanti furono quelli che il 6
luglio del 1944 colpirono le caserme in Comina.
Il 22 settembre molte bombe piovvero su via Montello,
mentre il 10 dicembre, a seguito dello scoppio di un
treno carico di esplosivo gli edifici vicini alla stazione
furono investiti da unenorme onda durto capace di
rompere i vetri delle finestre squassare i tetti del centro storico. Il 27 dicembre del 1944 una importante
incursione aerea fece piovere bombe anche su via
Stadio, Via Capuccini, via Candiani, Gorizia, Selvatico e Oberdan. Il giorno dopo una seconda incursione
aerea aument ancora di pi i danni investendo anche parte del centro storico, colpendo Corso Vittorio
Emanuele e le vie Santa Caterina, Bertossi, Candiani,
Selvatico, Mazzini, Fontanazze, Calderari, San Rocco, Dogana, Ospedale vecchio e viale Cossetti. La
linea dei binari fu colpita anche nei tratti esterni alla
stazione. Durante lincursione alleata del 30 gennaio
del 1945 un gran numero di bombe finirono per colpire via Udine, mentre durante quella del 4 febbraio
lintervento degli aerei si concentr su Via Nuova di
Corva. Il 4 marzo caddero bombe ancora una volta
su via Nuova di Corva, San Giuliano, via Cimitero

vecchio e via Villanova. Il 23 marzo le bome piovvero


su via Santa Caterina, via Bertossi, via Carducci, via
Trieste e viale Cossetti provocando la distruzione di
molti edifici. L8 aprile del 1945 unaltra importante
incursione porter distruzione attorno alla stazione e
allo scalo merci, mentre il 27 e 28 aprile le bombe
raggiungeranno anche il centro storico di piazza San
Marco provocando delle perdite irreparabili.
Ad ogni uscita dai rifugi la popolazione che non
aveva abbandonato la citt scopriva un volto di Pordenone sempre pi sfregiato. Mano a mano che le
forze della protezione antiaerea affinavano le tecniche di prevenzione e di intervento, crescevano i cumoli delle macerie e il senso di sconforto17. Il primo
censimento dei danni alla fine della guerra fu drammatico. Lamministrazione contava che ben centotto
fabbricati erano stati completamente distrutti, mentre
centoventinove risultavano gravemente danneggiati.
Quattrocento dieci edifici avevano subito danni non
strutturali e potevano essere restaurati con una discreta facilit. Complessivamente le famiglie dei senzatetto erano duecentosessantuno, quindi bisognava
trovare il modo per alloggiare circa un migliaio di
persone considerando il fatto che il venti percento del
patrimonio edilizio era stato lesionato18.
Per gestire lo stato delle abitazioni e il reperimento
degli alloggi fu istituita una commissione coordinata
da Vincenzo Bosari. Tra il 25 settembre e il 16 ottobre del 46 riuscirono ad ospitare 27 famiglie, ma ne
rimanevano ancora da alloggiare circa duecento19.
Anche le palazzine costruite durante la guerra su via
Montereale per gli ufficiali dellesercito furono requisite e occupate da sfollati e il Ministero della Difesa,
che cercava di recuperare le caserme pordenonesi,
non manc di richiederne la restituzione. Lemergenza poteva essere risolta solo con una decisa azione
di restauro e di ricostruzione. Per seguire questo processo che fu davvero velocissimo fu istituito un ente

morale, chiamato Consorzio per la ricostruzione edile


dei fabbricati danneggiati da azioni di guerra, con il
compito di raccogliere dieci milioni di lire da poter
immediatamente investire nei restauri. Il danaro raccolto sarebbe stato prestato ai proprietari per intervenire con celerit nei ripristini e poi sarebbe stato
restituito al consorzio nel momento in cui fossero stati
erogati i risarcimenti da parte dello Stato. Questo volano permetteva di iniziare presto i restauri e di fare
pressione su imprese e organi dello stato per accelerare i rimborsi e rallentare i saldi sui lavori eseguiti.
Questo aiuto sarebbe stato attribuito solo alle famiglie
che avevano problemi economici tali da dover altrimenti accedere a forme di credito20. L8 marzo del
1947 quando il Consorzio si riun si comprese che i
principali politici e imprenditori pordenonesi si erano
uniti per creare questo servizio per la ricostruzione21.
Per le famiglie pi povere, per le quali era impossibile
accedere al credito, il comune predispose un servizio
di ricostruzione accollandosi le spese di progetto e
restauro degli immobili. Lingegnere Mario Sist venne
incaricato di periziare 34 case lesionate e abitate da
indigenti per le quali il comune si impegn a spendere 15.521.989 lire in restauri22.

11 Idem, b.02.1154, 1941, fasc. Sede dalla S.A. Del Negro. Nel
1944 fu presentato il progetto per un piccolo ampliamento. Idem,
b.02.1210, 1944.
12 In quegli anni Pietro Zanini avr modo di presentare solo un piccolo chiosco in Contrada Maggiore per le Messaggerie Venete che
divenne la prima edicola di Pordenone. Idem, b.02.1193, 1942,
fasc. Messaggerie Venete.
13 ASCPn, b.02.1290, 1948, fasc. Luigi Moretti. Ledificio si sarebbe appoggiato alla secondaria via del Molino lasciando spazio su
via Martelli per la successiva costruzione dun fabbricato a porticato con negozi ed abitazioni.

14

18

42

Vedi il Regio decreto n.2121 del 24 settembre del 1936 che


imponeva agli enti o privati che costruiscono fabbricati destinati
ad abitazione civile o popolare di provvedere, a proprie spese, per
ladattamento a ricovero antiaereo di parte del sotterraneo o del
seminterrato o, in mancanza, del pianterreno
15 ASCPn, b.07.08.52, 1943-46, Relazione Ivi.
16 Ivi. Limprovvisata formazione di rifugi antiaerei nei piani interrati
e sotto i ponti ben documentata da decine di richieste e relazioni.
Idem, b.07.08.71.
17 Il Commissario Prefettizio doveva ad ogni bombardamento reuisire nuovi alloggi obbligando le famiglie che avevano case ampie
ad ospitare in alcune stanze chi uscendo dal rifugio aveva trovato la
casa distrutta o pericolante. Ivi.

La citt e la ricostruzione.
Se nel dopoguerra Pietro Zanini fu linterprete delle
richieste della borghesia pordenonese, un discorso
completamente diverso va fatto, invece, per larrivo
in citt di Guido Bonzio23, un architetto di Venezia,
collaboratore di Duilio Torres e insegnante presso lIstituto Universitario di Architettura di Venezia. Bonzio
nel 1946 apr lo studio al numero uno di Corso Garibaldi e inizi a proporre architetture molto aggiornate
per risolvere i problemi di una clientela eterogenea,

Idem, b.07.08.68, fasc. Varie, firmata dal sindaco il 24 aprile


1946.
19 Idem, b.07.08.67, fasc. Case sinistrate.
20 Idem, b.07.08.68, fasc. Varie.
21 Le riunioni del comitato sono registrate in uno speciale verbale.
Idem, fasc. Verbali Riunioni.
22 Parallelamente lingegnere proponeva edifici plurifamiliari per
linvestimento delle principali famiglie borghesi, come nel caso della
palazzina progettata per Matilde Salice in via Damiani: vivo desiderio iniziare i lavori quanto prima perch senza alloggio di propriet e nellintesa di dare un sollecito e fattivo contributo al problema degli alloggi e della disoccupazione locale. Idem, b.02.1326,
1950, fasc. Matilde Salice.

alle prese con la ricostruzione. Bonzio mise mano al


restauro dellIstituto Vendramini per le parti non demolite dal bombardamento, ma la sua presenza pordenonese va ricondotta soprattutto a due piccole opere
poi eseguite in modo difforme dal progetto. Il primo
edificio fu progettato per Arturo Venier, di Tiezzo, su
viale Martelli e si trattava della realizzazione di un
grande e moderno alloggio in ampliamento a una
piccola abitazione esistente. La preesistenza non fu
praticamente toccata mentre la nuova addizione fu
giocata con continui effetti di svuotamento (i fori del
garage), aggetti, e terrazzi grandi e vivibili, coperti
e scoperti. Nella pianta lalloggio mostra importanti
innovazioni distributive, con la zona giorno passante
da viale Martelli al grande giardino pensile24.
Nel secondo progetto per Giobatta Spadotto il tema
dellampliamento verr coniugato in modo diverso,
ampliando ledificio verso la strada con forme morbide e curvilinee. Da via Molinari si sarebbe entrati
nella grande zona giorno attraversando prima un piccolo portico e poi un trasparente ingresso sulla cucina
e sulla zona giorno. Al primo piano la vasta camera
da letto del proprietario avrebbe usufruito della terrazza. Nella bella prospettiva disegnata dallarchitetto lo sporto fu risolto con la pensilina autoportante in
modo da avvicinare di pi le forme di questa architettura a quelle delle sinuose macchine sportive che
Bonzio proponeva nei suoi disegni25.
Lanno seguente Bonzio metter mano al progetto
per ristrutturare lex Teatro Sociale di Corso Vittorio
Emanuele in un moderno cinema26. La citt rispondeva alla crisi della guerra con un desiderio diffuso di
divertimenti popolari, ma questa iniziativa non ebbe
seguito. Tra le ultime esperienze documentate della
presenza di Bonzio in citt c il semplice ampliamento di villa Della Torre progettata e costruita da
Cesare Scoccimarro nel 1925 su via Ferriera e nel
dopoguerra acquistata dallingegnere Angelo Puiatti.

23 Bonzio per molti anni aveva lavorato nello studio di Duilio Torres
a Venezia. Con lo stesso aveva partecipato al concorso per il Palazzo Littorio di Roma nel 1934. Figura schiva nel panorama dello
IUAV di quegli anni stato completamente trascurato dalla critica.
24 Idem, b.02.1249, 1946, fasc. Arturo Venier
25 Ivi, fasc. Giobatta Spadotto. Il progetto non fu realizzato e nel
1952 ling. Eugenio Raffin present un secondo progetto che prevedeva lampliamento delledificio per trasformarlo il un forno. Idem,
b.02.1397, 1952, fasc. Giobatta Spadotto. Meno interessante
il progetto che Bonzio propose per lampliamento di Villa Populin
in viale Cossetti e caratterizzato da una ampia terrazza al primo
piano trattata come una loggia classicheggiante.
26 Idem, b.02.1269, 1947, fasc. Enea Ellero.

43

Citt e architettura a Pordenone tra il 1933 e il 1953


Moreno Baccichet

Larchitetto, ormai in procinto di ritornare a Venezia


e allinsegnamento universitario si limit ad ampliarla
e restaurarla dai danni dei bombardamenti conservando lo stile Novecento che in cuor suo aborriva,
e limitandosi a purificare lopera di Scoccimarro in
una tersa prospettiva nella quale emergevano solo le
semplificazioni volumetriche. Bonzio si allontan dalla citt forse anche a causa della difficolt incontrata
nel costruire un rapporto con la committenza e del
cattivo esito dei molti progetti predisposti nel primo
dopoguerra. Le bombe avevano creato dei vuoti urbani che potevano essere completamente ripensati come
in occasione di piazzale Duca dAosta, ma anche in
questultimo e speciale caso Bonzio fin per trovarsi
con il suo progetto al centro di una polemica urbana27. La vicenda della serie di progetti presentati per
la ricostruzione di piazzale Duca dAosta particolarmente significativa per cogliere il senso del tempo.
I bombardamenti avevano lesionato e distrutto molti
degli edifici posti tra il nuovo piazzale e via Santa
Caterina che allora confluiva come un vicolo molto
stretto in via Cavallotti. La ricostruzione di questa sottile cortina edilizia chiamata casa Favero, ma meglio
conosciuta come il torrione, cio la principale casa
di tolleranza cittadina, prevedeva nelle intenzioni
dei proprietari un ampliamento piuttosto lungo prospiciente via Dante. Nella primavera del 1946 Attilio
Santarossa, che voleva acquistare le rovine dellex
casa di tolleranza, incaric Pietro Zanini per produrre una proposta di ricostruzione e ampliamento che
accorpando, al lotto originario degli eredi Favero alcune superfici pubbliche, permettesse di costruire un
edificio in grado di delimitare il piazzale secondo le
indicazioni del Piano Regolatore.

Il nuovo asse della traversa interna, rimasta inedificata a causa della guerra, poteva diventare il luogo della nuova modernit pordenonese. Allinizio, di viale
Marconi, nei pressi di Largo San Giovanni non a caso
Aldo Savio inizi a maturare lidea di costruire un
locale alla moda e per il divertimento28, quello che diventer il Bar Perla. Lidea di un locale borghese, con
un giardino per il ballo, in qualche modo si contrapponeva agli spettacoli che a ritmo continuo venivano
proposti ai giovani pordenonesi nella ex sede del Fascio diventata sul finire del 45 la Casa del Popolo29.
Il nuovo edificio proposto al limite opposto di viale
Marconi su un piazzale informe era un palazzo che
Santarossa intendeva costruire con lintento di fare
unopera molto decorosa, intonata con le esigenze
del pano regolatore cittadino e tale che torner certamente a decoro della Citt e costituir inizio della
sistemazione del piazzale Duca dAosta.
Per lesecuzione del progetto Zanini secondo la
pianta riportata in calce dello schizzo prospettico
sarebbe necessario che il Comune di Pordenone mi
cedesse unarea di circa un centinaio di metri quadrati in adiacenza allattuale recitazione di confine della
casa Favero.
Del progetto Zanini abbiamo solo una planimetria
e una prospettiva che ci fanno capire come questa
prima proposta prevedesse la conservazione di via
Santa Caterina alle spalle del nuovo edificio.
La nuova immagine della casa di tolleranza proposta
da Zanini ripercorreva il tema, caro in quel momento
allarchitetto, di restituire prospetticamente la maglia
strutturale giocando sugli effetti chiaroscurali delle lesene semplificate e delle forometrie. Al piano terra i
negozi aprivano grandi vetrine sulla strada dove San-

27

29 Nei pressi di Largo San Giovanni Emilio Da Ros, che gestiva


il Cinema Garibaldi, propose di costruire un cinema allaperto da
1000 persone: detta costruzione verrebbe eseguita sul triangolo di
terreno in largo S. Giovanni, delimitato dalla strada di circonvallazione, dal Corso Garibaldi e da via Oberdan. Il progetto incontr
profondi contrasti perch quel triangolo era troppo importante come
ingresso al nucleo centrale della citt e meritava una costruzione
esemplare e non un recinto in muratura: una volta consentita la
costruzione di un manufatto come quello in esame, larea di Largo S.
Giovanni rimarrebbe definitivamente e irrimediabilmente ipotecata
a eventuali futuri sviluppi di costruzioni pi importanti in quanto
ovvio che una volta istituito il cinema allaperto e avviatesi lo stesso
a funzionamento redditizio, il proprietario non potrebbe indursi a
cessioni di tutta o parte dellarea ad altrui usi se non a prezzi inaccessibili. Il progetto fu redatto dallarchitetto Luigi Infanti di San Vito
al Tagliamento. Ivi, fasc. Emilio Da Ros. Su questarea nel 1951 Valentino Toniolo present un progetto firmato da Marzin e Donadon.
Idem, b.02.1349, 1951, fasc. Valentino Toniolo.

Idem,b.02.1560, 1959, fasc. Cessione area pubblica in Piazzale Duca dAosta. Larea di Piazzale Duca dAosta e di Viale
Marconi sar oggetto in seguito di altre proposte progettuali che
prevedevano la costruzione di autofficine e alberghi di scarso valore architettonico, ma che dimostrano la capacit della nuova circonvallazione di attrarre funzioni legate alla progressiva diffusione
delle autovetture. Idem, b.02.1269, 1947, fasc. Emilio Scalzotto e
Autotrasporti Fratelli Canova, su progetto dellarchitetto padovano
Severino Pillon. Anche Marzin e Donadon proporranno un progetto
da costruire lungo la Traversa, in occasione dellincrocio con viale
Martelli, di un edificio commerciale che non fu mai costruito. Idem,
b.02.1326, 1950, fasc. Guglielmo Colussi.
28 Idem, b.02.1249, 1946, fasc.Aldo Savio.

44

Guido Bonzio, palazzina Venier su viale Martelli (1946).

La palazzina Spadotto di Guido Bonzio in via Molinari, 1946.

45

Citt e architettura a Pordenone tra il 1933 e il 1953


Moreno Baccichet

tarossa sperava di riaprire la sua attivit di commerciante o un bar. Loperazione per suscit profondi
dissapori e sul tavolo del sindaco Garlato arriv una
petizione popolare che consigliava la demolizione di
casa Favero per ampliare la visuale sullincrocio. La
protesta era centrata sul fatto che non si riusciva a
comprendere quale sarebbe stata la forma del piazzale con questo intervento e che langolo del nuovo
edificio avrebbe ridotto la visuale sulle auto che provenivano da via Dante. In verit molti erano convinti
che il postribolo dovesse essere demolito anche per
allontanare lipotesi di un insediamento cos equivoco
in una zona centrale. La giunta per sembrava convinta a continuare nel proposito di definire il nuovo
ingresso a via Dante. A gennaio del 1947 Santarossa
present un progetto elaborato non pi da Zanini ma
da Bonzio che predispose un disegno pi moderno
di ampliamento della casa di tolleranza rinunciando
allampliamento lungo via Dante, ma occupando il sedime di via Santa Caterina che sarebbe rimasta chiusa su via Cavallotti. Lungo la nuova traversa interna
si sarebbe costruita una lunga autorimessa, mentre al
piano terra del torrione si proponeva di realizzare

un ampio e moderno bar con una vasta terrazza sul


piazzale. Alle spalle Bonzio predispose le sale di accesso al bordello, dalle quali una scala conduceva
ai piani delle camere e alle stanze di soggiorno e
cucina per le giovani. Non tutti considerarono questo
un servizio importante per la citt. Diversi articoli
di giornale infiammarono gli spiriti per una battaglia
che si muoveva tra il campo dellurbanistica e quello
della morale30.
Il progetto di Bonzio ricevette prima dei rallentamenti, poi fu definitivamente affossato nonostante i primi
pareri favorevoli31. Se lesperienza di Bonzio in citt
rimane ancora un episodio da chiarire nei motivi e
negli esiti, la continua presenza di progetti di Pietro
Zanini prima e dopo il conflitto testimonia lo stretto legame che larchitetto udinese intratteneva con la migliore borghesia cittadina. Zanini frequentava la citt
perch dirigeva lIstituto Professionale e di fatto eredit
il ruolo che negli anni 20 era stato ricoperto da Cesare Scoccimarro, cio quello dellarchitetto aggiornato
rispetto ai temi dellarchitettura europea.
Non quindi un caso che lavvocato Francesco Gasparini abbia affidato a Zanini la costruzione della
casa-studio che si affaccia su via Trieste, proprio di
fronte alle scuole progettate da Augusto Mior32. Il lotto
era piccolissimo e quindi quasi per intero occupato
dalledificio e dal percorso dellautomobile. Nel piano
seminterrato furono ricavati tutti i pi moderni servizi,
mentre dalla strada, salendo alcuni gradini, si raggiungeva il doppio ingresso. Il primo permetteva ai
clienti di accedere allo studio legale, mentre il secondo immetteva nellabitazione. Le stanze da soggiorno
si affacciavano tutte a sud, quindi sul lato opposto alla
strada, ed erano collegate tra loro e affiancate da una
stanza da lavoro. Unampia scala portava al primo
piano dove si trovavano quattro ampie camere, mentre
nel sottotetto erano collocate le stanze di servizio e
per la servit33. In sostanza, anche dal punto di vista
dei dettagli formali, la residenza Gasparini seguiva
la tradizione delle importanti ville urbane cos diffuse

30 Nella seduta del 26 febbraio del 1948 il consigliere Domenico


Bertolini proponeva alla giunta, non solo di rifiutare ogni richiesta
di ampliamento e miglioramento inoltrata dai Santarossa ma anche
raccomandava con loccasione di esperire le pratiche necessarie
per far sopprimere o quanto meno trasportare altrove la casa di
tolleranza esistente nella localit.
31 Con una terza richiesta i Santarossa proposero la costruzione di
un piccolo negozio staccato dal Torrione. Il progetto presentato dal
geometra Gislon nel novembre del 47, fu bocciata unanimemente
dal Consiglio Comunale e ricevette anche dalla Commissione dOrnato un secco parere negativo. Pochi giorni dopo Santarossa pre-

sent un nuovo progetto che prevedeva di collegare il torrione con


ledificio di sua propriet posto sullaltro lato di via Santa Caterina
garantendo il transito pubblico grazie a un sottoportico. Con questo
progetto che presentava chiaramente, ai diversi piani, alloggi e non
pi le equivoche camere del postribolo precedente, Santarossa era
convinto di riuscire a superare le avversit. Il progetto presentato
ancora una volta dal geometra Gislon fu nuovamente bocciato in
attesa di scelte generiche di sistemazioni del piazzale provenienti
dallamministrazione ormai risoluta nel promuovere la definitiva demolizione di quella casa di tolleranza che si era venuta a trovare in
una posizione troppo evidente.

Progetto per lampliamento di villa Della Torre-Pujatti


di Guido Bonzio, 1948.

46

Schizzo prospettico della soluzione per Piazzale Duca dAosta


proposta da Pietro Zanini, 1946.

a Pordenone tra gli anni 20 e larrivo della guerra.


In questa villa ritroviamo il tema della cornice di gronda con mensole in legno e lampio terrazzo coperto
dalla pergola prospettante la strada ricorda alcune
esperienze paesaggistiche di tradizione popolare34.
A partire dalla Triennale del 1936 e dalla mostra
sullarchitettura rurale italiana, negli architetti davanguardia si rintraccia un maggior riferimento alla tradizione. Lidea di una minor internazionalizzazione del
prodotto architettonico influenzer tutta la produzione
del dopoguerra di Zanini, ma soprattutto si inserir
perfettamente nel contesto culturale friulano. La societ della provincia udinese, dopo la crisi della guerra,
torn ad osservare il proprio territorio e la gente che lo
abitava. Riemersero con vigore gli studi etnografici e
antropologici grazie alla Societ Filologica Friulana,

nel campo della letteratura il tema del recupero della lingua friulana nellinvenzione letteraria far forte
lesperienza di Pasolini e di Novella Cantarutti, nella
pittura i giovani come Armando Pizzinato e Giuseppe
Zigaina si avvicineranno a temi neorealistici. Le eccellenze migliori della cultura provinciale sembravano
abbandonare ogni rapporto conflittuale con il passato
e anche le ville di Zanini, pur nuove nella distribuzione
spaziale, non saranno pi costruite sommando i nudi
volumi che avvolgono le diverse funzioni.
La tradizione, nel frattempo, era diventata un valore35.
Non un caso che ledificio pi legato allo stile degli anni Trenta e al razionalismo dei puri volumi nella
Pordenone del dopoguerra si identifichi con la casa di
abitazione progettata per Giacomo Perin in via Fonda, nei pressi del villaggio dei mutilati da un architet-

32

34 Vedi per esempio il tema popolar paesaggistico di pubblicazioni


come quelle di Edwin Cerio, Il giardino e la pergola nel paesaggio
di Capri, Roma, Alfieri &Lacroix, 1920; Idem, La casa nel paesaggio di Capri, Roma, Alfieri &Lacroix, 1922, che in quegli anni venivano riscoperte.
35 La rivalutazione dei materiali tradizionali in architetture moderne
era gi stata applicata sul finire degli anni 30 da Midena in costruzioni pubbliche a Tarcento (Colonia elioterapica) e Cervignano
(Casa del Fascio). Una simile esperienza pordenonese si avr con
la casa Grizzo Zavagno a Pordenone, progettata da Marzin e Donadon nel 1949. ASP, b.02.1349, 1951, fasc.Grizzo Zavagno.

C ancora un grande lavoro da fare per ricostruire i legami che


legavano la committenza con la politica e i professionisti chiamati a
rappresentare una determinata idea di citt. Nel caso dellavvocato
Gasparini va senza dubbio segnalato come pochi anni dopo, nel
1951, lo stesso avrebbe dato vita con Luciano Savio alla formazione di una lista civica chiamata il Campanile. Entrambi furono eletti
e Gasparini divenne assessore nella giunta del sindaco Garlato.
33 Idem, b.02.1269, 1947, fasc. Francesco Gasparini.

47

Citt e architettura a Pordenone tra il 1933 e il 1953


Moreno Baccichet

Il palazzo Cossetti alto m. 15.50 per cui essendo la


strada in discesa, la cornice della casa Sartori collimer circa con la met dellultimo piano.
Lo schizzo prospettico allegato, essendo ricavato da
elementi fotografici, riassume questi confronti e ci d
lidea esatta dei rapporti volumetrici.

Sartori dovr, per la sua ubicazione, assolvere a due


compiti:
I ottenere lequilibrio volumetrico ed armonia architettonica rispetto alle costruzioni circostanti.
II non turbare linsieme panoramico con la chiusura
parziale del lato ovest della Piazza, ne prevalere in
altezza, ne ostentare eccessivi elementi plastici
Lo studio architettonico stato impostato su queste considerazioni e collintendimento che essa faccia parte
decorosa e modesta allespressione lirica dellassieme
architettonico della Piazza.
Nella facciata sono stati ricavati elementi dombra
con movimento dei piani a ritmi di sapore classico,
chiamando a parteciparvi una parte del prospetto laterale, quale si vedr quando larea libera fino al palazzo Cossetti sar occupata da un eventuale edificio.
La parte inferiore del prospetto sar in pietra naturale
grigia, fino allarchitrave, mentre i fondi delle nicchie
che accennano ad essere balconi ed i riquadri delle
finestre saranno in travertino spazzolato. Il fabbricato
stato sopraelevato dalla misura prevista nel progetto
precedente di m.1.05 circa, per cui il limite di gronda
raggiunger laltezza di m.11,25 sullo spigolo Sud.
La Casa del Mutilato alta m.12.00 dal terrapieno,
che in corrispondenza della casa progettata rialzato circa cm. 50.

Un altro luogo che sub una profonda trasformazione


rispetto alle indicazioni del Piano Regolatore fu lasse
stradale di viale Marconi. I primi edifici furono costruiti in aderenza alla nuova viabilit, ma le proteste
dellAnas per far rispettare una distanza di almeno tre
metri dal filo stradale costrinse il comune a scegliere
di organizzare gli edifici con un portico di altrettanta
profondit: questo Comune ha richiesto alla suddetta azienda di poter eseguire le costruzioni in filo stradale con formazione di un portico in fregio al Viale
stesso. Questa soluzione comport un cambiamento
nel linguaggio espressivo adottato, come dimostra il
caso delledificio isolato proposto da Antonio Santin
lungo la strada statale e modificato in corso dopera
per soddisfare il tema del portico e delledificazione in cortina. Questa semplice norma che non entr
a far parte del piano regolatore fin per costruire un
ambiente urbano con un carattere molto diverso da
quello che assunse nel tempo via Dante. Diversamente lungo viale Martelli si pervenne alla costruzione
del lotto chiamato piazzale Roma attribuendolo non
pi a funzioni pubbliche ma cercando di rinforzare
ledificazione lungo lasse stradale con il progetto di
Claudio Malnis per palazzo San Marco (1951).
La ricostruzione e definizione dei tessuti edilizi preesistenti ai bombardamenti non risparmiava nemmeno
le zone densamente costruite del centro. Se alcuni
edifici furono restaurati anche pesantemente, in altri
casi si rese necessaria unopera di radicale ricostruzione. Nel 1947 la famiglia Romor che possedeva
una casa bombardata in Corso Garibaldi si trov costretta a predisporre un progetto di ricostruzione a
dire il vero interessante per la grande quantit di vuoti
in facciata rispetto ai pieni, e per come i manufatti
in calcestruzzo furono legittimati ad essere presenti
in centro storico38.Del resto, seppure usando un diverso linguaggio, lingegnere Augusto Mior aveva

36

38

Il progetto di Guido Bonzio per langolo Sud-est di Piazzale Duca


dAosta, 1947.

Il progetto di Guido Bonzio per langolo Sud-est di Piazzale Duca dAosta, 1947.

to forestiero come il veneziano Lindo Carniel assistito


dallingegnere Mario Sist. Ledificio affrontava gli stessi temi della casa dellavvocato Gasparini, cio univa gli spazi dellabitazione a quelli dellufficio, ma in
questo caso la zona da soggiorno della famiglia sembra quasi fondersi con quella dello studio. Al primo
piano le ampie camere avevano la possibilit di usufruire di un grande terrazzo, mentre il tetto piano era
attrezzato come solarium e caratterizzato da una parete curva desunta dalla conoscenza dellopera di Le
Corbusier36. Che i gusti fossero radicalmente cambiati
lo dimostra anche la vicenda della Palazzina Sartori
costruita in Piazza XX Settembre. Lingegnere Angelo
Puiatti present il primo progetto per questo edificio
prospiciente la piazza con un gusto profondamente
tradizionalista in aperto conflitto con i volumi puliti
della Casa del Mutilato di Cesare Scoccimarro. Il basamento forato da ampie vetrine, che forse denunciavano una struttura portante in calcestruzzo, tornava a
richiamare i rivestimenti in pietra dei palazzi classici.
Le finestre ampie e moderne erano circondate da riquadri e la finestra centrale del secondo piano veniva
trattata con un piccolo terrazzino di foggia classica.

48

Il colore rosso, inusuale per il centro cittadino, voleva


rifarsi a un colorismo veneto, cos come le fasce bianche a rilievo e il cornicione del tetto a padiglione con
struttura in legno. Il 20 agosto del 1949 il progetto fu
molto criticato in Commissione dOrnato al punto di
meritarsi un parere negativo in quanto la posizione
centrale in cui dovrebbe sorgere il fabbricato richiede
una soluzione architettonica maggiormente consona
agli edifici circostanti. Il sindaco chiese espressamente di ripensare il progetto proponendolo nel contesto
degli edifici limitrofi, la Casa del Mutilato e palazzo
Cossetti37. Sartori pens di risolvere il problema cambiando il progettista e sostituendolo con il pi aggiornato Zanini. Ancora una volta larchitetto Udinese
propose un progetto antimoderno e sostanzialmente in
linea con le richieste del committente. Come nel progetto precedente venne elaborata una facciata centrata
sulla semplice ripetizione di tre grandi fori per piano,
eliminando la sottolineatura sullasse centrale. Contrariamente a quanto accadeva di solito il progetto fu accompagnato da una preziosa relazione con la quale
Zanini espresse il suo programma progettuale:
Mi sono reso esatto conto che la progettata casa

37

Idem, b.02.1350, 1951, fasc. Giacomo Perin.


Idem, b.02.1328, 1950, fasc. Francesco E. Sartori.

Ivi, Marco Romor. Romor era un commerciante molto conosciuto


e durante la prima tornata elettorale fu eletto in consiglio comunale
nelle liste della Democrazia Cristiana. Gli amministratori comunali
di Pordenone dallUnit dItalia, a cura di Luigi Mio, Udine, Guarnerio Editore, 2010, 102.

49

Citt e architettura a Pordenone tra il 1933 e il 1953


Moreno Baccichet

introdotto alla fine degli anni 20 il tema della ricostruzione di facciate molto decorate con elementi in
calcestruzzo tra gli edifici storici delle cortine edilizie.
Questi edifici, come casa Baschiera a Porta Bossina,
nel dopoguerra erano gi percepiti come dei classici
e in qualche modo furono tutelati anche durante le
fasi di adeguamento e ristrutturazione successive ai
bombardamenti. Per esempio per lampliamento della
palazzina Billani nel 1949 il sindaco chiese lintervento della soprintendenza e la sopraelevazione fu
concessa solo concordando larretramento dellultimo
piano per conservare invariati i rapporti introdotti dalla palazzina progettata negli anni 20 da Mior con i
fabbricati esistenti39. Nel 1950 anche Guido Bonzio,
ormai rientrato a Venezia e nuovamente impegnato
nellinsegnamento presso lo IUAV, present un nuovo
progetto in citt in un luogo particolare, cio un brano
della cortina edilizia di Corso Garibaldi che si affacciava sul lato ovest di Largo San Giovanni. Si trattava
ancora una volta del tema di una casa bottega per
un commerciante. Vittorio della Cia possedeva una
distilleria ad Azzano Decimo e ora contava di inurbarsi in citt e di aprire un negozio che sostituisse
linadeguata bottega di macelleria preesistente in quel
luogo. Il progetto di Bonzio, molto bello e articolato
nei prospetti, fu criticato dalla Commissione dOrnato
e rigidamente semplificato rispetto al tema del volume
dei due piani di abitazione aggettanti rispetto allallineamento delle preesistenze e poi nuovamente scavato e forato da terrazzi e finestre. Si trattava di una
soluzione originale per il tema della costruzione di
edifici allinterno delle cortine, ma questa soluzione
fu fortemente contestata e si chiese esplicitamente di
costruire anche qui un portico al quale si adeguarono
anche gli edifici successivi. Il progetto nuovo prevedeva al primo piano una sequenza di grandi vetrate, al secondo un terrazzo e al terzo una loggia che
avrebbe ridotto di molto la percezione dellaltezza
delledificio. Ancora una volta i progetti di Bonzio furono contestati, ma questa volta almeno larchitetto
riusc a realizzare la seconda proposta, seppure fosse
la meno amata. La vicenda forse pi controversa e
dibattuta in citt durante la fase della ricostruzione
fu senza dubbio la riedificazione del lotto medievale
di casa Tomadini in corso Vittorio Emanuele affidata
dallimportante famiglia di industriali pordenonesi a
Zanini. Per Angelo Tomadini Pietro Zanini nel 1947
stava realizzando a San Valentino un piccolo negozio40 e aveva iniziato a intrattenere con lui quei rapporti che fecero maturare lincarico di ricostruire il lotto di uno degli edifici dipinti pi rappresentativi della

Lindo Carniel, Villa Perin, 1949.

50

Angelo Puiatti, Casa Sartori, 1949.

Pietro Zanini, prospetto di Casa Sartori su Piazza XX Settembre, 1949.

51

Citt e architettura a Pordenone tra il 1933 e il 1953


Moreno Baccichet

Pietro Zanini, Prospettiva di Piazza XX Settembre con linserimento


di Casa Sartori, 1949.

Guido Bonzio, progetto per il negozio e la casa di Vittorio della Cia


su corso Garibaldi, 1950.

citt. Ledificio bombardato, chiamato popolarmente


Casa del Capitano, ancora sul finire del 47 mostrava
tutto il suo degrado preoccupando il sindaco per i
problemi di sicurezza e decoro delle cortine edilizie:
tale fabbricato, per la sua posizione centrale, nella
principale via della citt, per il carattere stridente che
presenta con gli altri fabbricati, per ragioni di estetica
cittadina e per dare alloggio ai senza tetto, merita di
essere ricostruito nel pi breve termine41. La facciata
dipinta, restaurata negli anni 20, era completamente
distrutta e le macerie ingombravano, interrompendoli,
i portici. Nel giugno del 1947 Zanini, Tiburzio Donadon, ispettore onorario ai monumenti, e i funzionari
della Soprintendenza avevano compiuto un sopralluogo per meglio discutere il progetto. La facciata presentava una definizione del portico e dei rapporti tra pieni
e vuoti del tutto diversa dalla precedente. Ci si rendeva
perfettamente conto che il progettato prospetto di casa
Tomadini avrebbe introdotto degli elementi di assoluta
novit se si considera che sar rivestita da lastre di
Botticino o pietra di Aviano di colore avorio lavorate
alla martellina. Questa facciata in lastre di marmo
montate con tecniche del periodo avrebbe introdotto
elementi di modernit nei confronti della vicina casa
dipinta, come pure il pilastro binato e il ritmo dei fori.
Invece, anche per le forti pressioni dellopinione pubblica sul sindaco si approv velocemente il progetto
proponendo una soluzione non imitativa. La pietra del
rivestimento non fu mai applicata, ma gli effetti chiaroscurali gi sperimentati in via Mercato Vecchio a Udine con casa Zagolin, nel 1936-38, furono qui ripresi
con anche maggior successo.

Lespansione pordenonese a macchia dolio si ancor


in verit a una serie di servizi pubblici che erano stati
costruiti o previsti ai bordi della citt storica, come
lospedale e la nuova Piazza del Popolo.
Uno dei progetti pubblici pi importanti della fase
della ricostruzione e riorganizzazione del centro urbano fu quello che diede il via al concorso per la
progettazione del Centro Studi che sarebbe dovuto
sorgere di fronte alla ex-casa del fascio diventata nel
frattempo sede del comando dellAriete42. Il Centro

Studi, in una prima fase, avrebbe dovuto ospitare le


scuole medie, listituto per ragionieri e geometri e il
liceo scientifico. Il progetto fu assegnato a quello che
a tutti gli effetti fu uno dei primi architetti del Friuli
Occidentale. Nato a Morsano al Tagliamento, Mariano Pittana aveva conseguito la laurea a Venezia
nel 1933, ma a questo primo periodo di attivit in
patria gli si attribuisce solo la costruzione della Casa
del Fascio di Caneva e la villa di Primo Carnera a
Sequals. Per il resto le sue prime opere riguardarono
la colonizzazione dellAbissinia, mentre nel 1946 al
suo rientro dallAfrica lavor per un breve periodo a
Milano e poi definitivamente a Udine43. Il successo
conseguito con la vittoria del concorso per il Centro
Studi di Pordenone non coincise con un radicamento
dellarchitetto nel tessuto sociale della citt. A parte

39

41

La citt diffusa del boom edilizio.

Casa Romor su Corso Garibaldi, 1947.

Il rilievo di Casa Billani prima dellampliamento attraverso la sopraelevazione, 1949.

52

Pietro Zanini, prospetto di palazzo Tomadini, 1947.

40

Idem, b.1369, 1952, Daniele Billani.


Idem, b.02.1269, 1947, fasc. Angelo Tomadini.

42

53

Idem, b.02.1424, 1954, fasc. Angelo Tomadini.


Idem, dalla b.07.09.64 alla b.07.09.69.

Citt e architettura a Pordenone tra il 1933 e il 1953


Moreno Baccichet

Pietro Zanini, Villa delle Vedove su viale Grigoletti, 1951.

Mariano Pittana, La casa per la Societ Elettrica Trevigiana, 1950.

il grande cantiere pubblico Mariano Pittana non pu


essere ricordato nel primo dopoguerra pordenonese
per molto altro se non la stazione di servizio carburanti progettata per i fratelli Arnaldo e Battista Pupin
lungo la statale44 e la bella casa eretta in via Fontane
per la Societ Anonima Elettrica Trevigiana45.
Del resto la maggior parte della committenza non
aveva nessuna necessit di avvalersi dei servizi degli
architetti, pochi e lontani. Se a partire del 1950 lesplosione edilizia investe la citt riempiendo i grandi
spazi vuoti e dilatati della citt dante guerra, a fare
la parte del leone fu la categoria dei geometri che
meglio si adattarono a comporre soluzioni stereotipate e semplificate per una nuova residenzialit per lo
pi operaia. Se negli anni Venti era stata la borghesia
a decidere di edificare residenze prestigiose allinterno di lottizzazioni ampie e ricche di giardini, negli
anni Cinquanta la situazione cambi completamente

54

perch fu la classe pi povera, quella degli operai


che cercava di accedere al bene casa costruendo una
periferia a bassa densit. Nel farlo la massa degli
operai si avvalse dellofferta che speculatori e imprese facevano di lotti ridotti, edificabili con piccole e a
volte minime residenze: lotti minuscoli, privi di giardino, ma attrezzati con orti famigliari. Non bastasse,
la maggior parte di questi modesti edifici era di fatto
auto costruita e comunque promossa da imprese molto piccole affiancate dagli stessi proprietari.
Se negli anni Venti le periferie erano state il campo
della sperimentazione per pochi architetti e professionisti, sul finire degli anni Quaranta il panorama
degli attori artefici della diffusione dei tessuti urbani
nella campagna si complica di gran lunga. Geometri
e periti edili sembrano avere in pugno la situazione e
riescono a garantire tempi veloci alle autorizzazioni
e unaltrettanta spedita costruzione. Resta il fatto che
la maggior parte dei progetti di scarsissimo valore
estetico e tecnologico. Tra questa moltitudine di anonima edilizia che ancora oggi caratterizza lespansione urbana dei primi anni Cinquanta si notano alcuni
progetti di qualit che rendono ancora pi evidente
la presenza sporadica e non strutturale degli studi di
architettura e ingegneria in quel periodo. La casa dei
De Besi, in via Rotate, per esempio fu progettata dallo
studio di Giovanni Morassutti e Alessio De Besi di Padova46, la casa di Aldo Veroi dallarchitetto torinese
Gualtiero Casalegno47, quella di Leandro Del Bianco
fu progettata dallarchitetto Giuseppe Tommasini di
Codroipo48. La schiera di professori di disegno che, a
fianco degli architetti, aveva caratterizzato la costruzione della citt degli anni 30, si era ormai dileguata
e anche Ado Furlan si trover a firmare solo alcuni

adeguamenti ai restauri di villa Zenari che era rimasta segnata dai bombardamenti dellarea della stazione49. Solo Zanini rimaneva il professionista capace di garantire un processo artistico costante seppure
esprimibile in una ricerca sempre pi vicina alla tradizione popolare, come nel caso della villa di Antonia
delle Vedove, costruita lungo limportante arteria di
viale Grigoletti50. Ledificio presenta tetti fortemente
spioventi, un basamento al quale si lega lampia pergola in legno e le forometrie sono di tipo tradizionale, desunte da unidea tutta artificiale e costruita del
passato. Quello espresso da Zanini con questa casa
una sorta di rivestimento, pi che un riconosciuto e
consapevole intento neorealista.
Pergole, basamenti, pavimentazioni in pietra e una
cornice tradizionale sono gli elementi antimoderni
che compongono anche un altro progetto di Zanini
per la borghesia pordenonese, quello per la villa di
Carlo Zambon Bertoia nella lottizzazione di via Montereale51.
Non diversamente larchitetto udinese lavor i fronti
della residenza di Umberto Modolo su via Maestra
Vecchia utilizzando un catalogo di forme desunte dalla tradizione e decisamente antimoderne52.
Gli edifici che identificavano i temi della modernit
e del benessere diffuso si riconoscevano in forme
che esaltavano il ruolo simbolico delle opere in calcestruzzo e dellacciaio ora di nuovo disponibili in
abbondanza. La necessit di mostrare un nuovo design ispirato alle macchine convinse la SAP, azienda
di trasporti pubblici, a presentare un progetto molto
ardito che non suscit i consensi di sindaco e commissione dornato che, per contro, raccomandarono di
studiare la parte del fabbricato riguardante gli uffici

55

Citt e architettura a Pordenone tra il 1933 e il 1953


Moreno Baccichet

Pietro Zanini, Villa Zambon Bertoia, 1947.

ed abitazione ponendola in fregio a Viale Dante con


una altezza di 4 piani53. Si chiedeva allingegnere
Luigi Tonon di Conegliano di rinunciare al leggero
frangisole in calcestruzzo, per costruire su via Dante
un fronte di uffici e abitazioni adeguato al ruolo urbano che la nuova traversa interna doveva assumere in
corrispondenza della nuova piazza che si stava valutando di costruire in corrispondenza del nuovo asse
stradale che avrebbe messo in collegamento Torre con
Pordenone. La modalit pi consueta nel definire il
nuovo assetto di una pezzo di citt era quello di identificare uno schema di lottizzazione dei terreni fino ad
allora agricoli, garantendo la costruzione di una strada e la minor quantit possibile di spazio pubblico.
Esclusi gli spazi di circolazione, allinterno delle aree
edificabili si ritagliavano lotti minimi quasi sempre da
vendere prima delledificazione. Del resto la diffusa
richiesta di suoli edificabili era inversamente proporzionale alla capacit dei nuovi inurbati di investire
e anche i tentativi di fornire sul mercato lottizzazioni
edificate non sort i risultati sperati. In questa occasione mi interessa porre lattenzione sullesemplare caso
della lottizzazione di via Revedole in occasione della
riva destra del Noncello, promossa dalla bolzanese
impresa di Giuseppe Minozzi appoggiata a quella

locale di Domenico Romano. Il progetto prevedeva la


realizzazione di un estesa urbanizzazione disegnata
con piccoli lotti e case minime progettate dallo studio
udinese di Avon e Turbiani54.
Gli architetti predisposero una serie di progetti tipo
degli alloggi minimi, ma la loro costruzione si ferm
ai primi tre alloggi acquistati non solo da operai immigrati a Pordenone, ma anche da persone emigrate
allestero che intendevano capitalizzare i loro guadagni in attesa di un rientro a Pordenone.
Limpresa vista la maggior semplicit nel vendere i
lotti sul mercato libero, prefer sciogliere laccordo
con il costruttore Romano e vendere i terreni edificabili uno a uno, lasciando libert a ogni acquirente di
intervenire con un progetto originale, quanto anonimo e ripetitivo. I primi insediamenti di case popolari
di intenzione pubblica non erano molto diversi da
quelli prodotti dagli imprenditori privati. Il Cotonificio
Veneziano, per esempio, non perse loccasione per
ampliare il suo patrimonio residenziale con strategie
leggermente diverse nei siti di Torre e Rorai. Tra lautunno del 1949 e lestate del 1950 lufficio tecnico
dellazienda riusc a completare e a far abitare quarantadue alloggi in ampliamento al villaggio operaio
di Torre, attrezzato prima della guerra con unampia

43

46

Alcune interessanti esperienze realizzate al servizio dellesercito furono pubblicate anche sulla rivista Domus nel 1940. Mariano
Pittana Architetto, Udine, Il Ventaglio delle Muse, 1996.44 ASP,
b.02.1328, 1950, fasc. Arnaldo e Battista Pupin.
45 Idem, b. 1348, 1951, fasc. Societ Elettrica Trevigiana. Contemporaneamente realizzava a Morsano una casa di ricovero per
anziani, e nelludinese alcuni interventi dellIna-Casa.

56

Progetto per il distributore di benzina di via Dante, 195053.

Idem, b.1328, 1950, fasc. Violetta Nastai Ferretti in De Besi.


Idem, b. 1399, 1953, fasc. Aldo Veroi. Vedi GIUSEPPE LUIGI
MARINI, Gualtiero Casalegno architetto, Torino, Edizioni Eda, 1972.
48 Idem, b. 1398, 1953, fasc. Leandro del Bianco.
47

Pietro Zanini, pianta della Casa di Umberto Modolo, 1951.

57

Citt e architettura a Pordenone tra il 1933 e il 1953


Moreno Baccichet

area di servizi sportivi e ricreativi gestiti dal Cral.


Linsediamento era distribuito sulla base di una maglia regolare di edifici divisi per tipologia e isolati
allinterno di ampi spazi di pertinenza attrezzati per
gli orti: le dette costruzioni sorgeranno sullarea sita
in frazione di Torre, Via Vittorio Veneto, secondo la
planimetria che si allega assieme ai 5 differenti tipi
di progetto di altrettanti fabbricati55. Al centro del
nuovo quartiere cera un piazzale attrezzato con un
grande lavatoio pubblico. Gli edifici erano progettati
per soddisfare diverse esigenze e metrature dalloggio, ma erano del tutto indipendenti e la loro distribuzione sembra casuale, seppure ordinata. Il complesso
fu realizzato come insediamento INA Casa e usufru
di risorse ministeriali per questo motivo. Lelaborazione dei tipi edilizi sembra desunta dalla manualistica
del periodo. Le case binate al pianterreno avevano un
ingresso che separava il salotto dal pranzo affiancato
da un cucinino. Al primo piano oltre alle due camere
rintracciamo anche il bagno, che era la sostanziale
novit rispetto ai tipi edilizi proposti dal cotonificio
per i suoi operai.
Un altro tipo edilizio proponeva quattro piccoli alloggi con due camere in palazzine con vano scala comune, altre palazzine pi piccole avevano alloggi dotati
di una sola camera. Le palazzine pi grandi avevano
alloggi con tre camere e vano scala comune.
Il quartiere, progettato dalling. Paolo Bertanza, nonostante fosse inserito nel Piano Fanfani56, non presentava la qualit degli insediamenti richiesti da quel
programma di investimenti. Ad esempio i servizi erano tutti delegati alle opere gi costruite nellanteguerra
e a parte gli spazi messi disposizione dal cotonificio
stesso, il quartiere viveva in una sorta di isolamento
rispetto al resto della citt e al quartiere di Torre57.
Il finanziamento dello Stato rispetto ai temi della ricostruzione e della definizione di un nuovo assetto del
mercato immobiliare fu determinante nel primo dopoguerra prevedendo non solo alloggi INA Casa o per
i militari, ma intervenendo anche come INCIS (Istituto

Gianni Avon, Piante per le case minime a un piano a via Revedole,


1952.

49

55

Il progetto fu sottoscritto anche dal geometra Alvrado Ciani.


Idem, b. 1400, 1953, fasc. Comm. Zenari.
50 Idem, b.1348, 1951, fasc. Antonia delle Vedove.
51 Ivi, fasc. Carlo Zambon-Bertoia. Ledificio era stato progettato
nel 1947.
52 Idem, b.1350, 1951, fasc. Umberto Modolo.
53 Idem, b. 1402, 1953, fasc. Societ Servizi Automobilistici Pubblici.
54 Gianni Avon architetture e progetti 1947-1997, a cura di Ferruccio Luppi e Guido Zucconi, Venezia, Marsilio, 2000.

ASP, b.02.1328, 1950, fasc. Cotonificio Veneziano.


Per inquadrare il tema rimando a La grande ricostruzione: il piano Ina-Casa e lItalia degli anni Cinquanta, a cura di Paola Di Biagi,
Roma, Donzelli, 2001; Il piano Fanfani in Friuli, storia e architettura
dellIna casa, a cura di Ferruccio Luppi e Paolo Nicoloso, Pasian di
Prato, Editrice Leonardo, 2001.
57 A Rorai Piccolo, invece, lazienda elabor un progetto per il recupero dello storico edificio proponendo di trasformarlo in dieci appartamenti popolari e nella sede dello spaccio aziendale. ASCPn,
b.02.1328, 1950, fasc. Cotonificio Veneziano.
56

Gianni Avon, lottizzazione sul lato orientale di via Revedole, 1952.

58

59

Citt e architettura a Pordenone tra il 1933 e il 1953


Moreno Baccichet

Nazionale per le Case degli Impiegati dello Stato). In


questo primo periodo del dopoguerra, va ricordata la
costruzione, in viale Oberdan, della palazzina delle
case INCIS, dirette allepoca dallarchitetto Pio Montesi. I fondi per la costruzione degli alloggi provenivano
comunque dal fondo INA Casa e lallora sindaco, ingegnere Giuseppe Garlato, fece tutto il possibile per
intercettare quella fonte di investimenti che ammontava a quaranta milioni di lire58.
Ledificio progettato dallo studio dellente era una
palazzina a cinque piani caratterizzata da un piano
terra rivestito in pietra lavorata in modo rustico. Ad
ogni piano il vano scala distribuiva due alloggi che
allultimo piano diventavano pi piccoli per creare
un terrazzo capace di definire un effetto chiaroscurale percependo il fronte come se fosse tripartito in
verticale. Il comune da parte sua a partire dal 1949
inizi a predisporre un piano di costruzioni di case
popolari in via San Quirino, a Torre, a Roraigrande e
a Vallenoncello59. Tra gli interventi del Piano Fanfani
non va dimenticata nemmeno la diffusa opera di costruzione di edifici residenziali promossa dallesercito
impegnato a consolidare presso la cittadina i quadri
dellamministrazione e del governo di un sistema di
opere militari (caserme, poligoni di tiro, polveriere,
ecc) diffusi su tutta la destra Tagliamento.
Gi nel 1939 erano iniziate le trattative tra Ministero
della Difesa e amministrazione comunale per pervenire alla costruzione di una serie di palazzine che
dovevano ospitare le famiglie degli ufficiali dellesercito occupati nelle caserme di via Montereale e nei
campi di aviazione della Comina. In prima battuta il
podest Galvani propose un lotto comunale nei pressi
dello stadio, ma la posizione sembr poco comoda
ai militari. Per raggiungere questo obbiettivo furono
demanializzati alcuni lotti inedificati della storica
lottizzazione Montereale. Lungo limportante arteria
stradale avrebbero abitato gli ufficiali, mentre in seconda fila avrebbero trovato posto le abitazioni dei
sottufficiali per evitare di sottoporre le venti famiglie
che prenderanno alloggio nei costruendi edifici ad
uno stato di permanente promiscuit veramente sconsigliabile60. La qualit estetica degli alloggi costruiti
solo nel 1941 irrilevante e dimostra il solo interesse del ministero: costruire alloggi vicini alle caserme
con la minima spesa possibile. La qualit estetica
di questo tipo di opere quasi sempre non si distingue dai peggiori interventi di speculazione edilizia,
anche quando, come nel caso delle caserme di via
Montereale, furono chiamati Mario Marzin e Nino
Donadon per progettare 12 alloggi entro il recinto

Luigi Tonon, autorimessa della SAP, 1953.

60

Paolo Bertanza, Impianto planimetrico del nuovo quartiere operaio


a Torre, 1949

Planimetria che mostra lampliamento del villaggio operaio fino al


limite del grande fabbricato a forma di C del Cral

61

Citt e architettura a Pordenone tra il 1933 e il 1953


Moreno Baccichet

della caserma Martelli e quella a 4 alloggi entro il


recinto del magazzino foraggi61. Anche queste case
per lavoratori dipendenti dl Ministero della Difesa
furono edificate allinterno del programma INA Casa
e andarono a compensare in parte lenorme richiesta
di alloggi prodotta da immigrazioni programmate,
come quella dei militari, o da quella spontanea della
popolazione agricola che si inurbava.

La citt alta e la nuova


identit di capoluogo
Nel deflagrare dellespansione insediativa pordenonese attraverso la ripetizione di modelli semplificati di
abitazioni popolari e minime, lazione progressiva
di costruzione di un centro denso e alto, come ha
osservato Paolo Tomasella62, aveva il senso di predisporre un paesaggio ricco di contenuti per la nuova
politica pordenonese. Non a caso proprio allo scemare della prima deriva di diffusione insediativa a
bassa densit si contrappose una nuova stagione che
provoc una densificazione degli spazi, ma anche
dei servizi. Lemancipazione economica e la richiesta
di una parallela autonomia dallo storico capoluogo
di provincia passava attraverso la dimostrazione che
Pordenone era senza dubbio una citt operaia, ma
capace di rinnovare le sue forme urbane partendo
proprio dai luoghi della centralit. Dopo la pi anarchica dispersione si imponeva la necessit di costruire
un paesaggio urbano in cui le architetture erano in
grado di raccontare limmagine di una citt moderna
e aggiornata, capoluogo di provincia pi di fatto che
per diritto. Lopera di Donadon credo vada letta nella
sua capacit di costruire quellambiente urbano che
limprenditoria pordenonese chiedeva. La citt non era
pi solo il luogo dei servizi, ma anche lo spazio delle
iniziative di enti e imprenditori che richiedevano un
registro formale non diverso da quello che si esprimeva
nelle altre capitali industriali del nord Italia.

Paolo Bertanza, Piante e prospetti delle case binate, 1949.

Pio Montesi, Prospetto su via Damiani e via Oberdan delle Case


INCIS, 1947.

58

Idem, b.07.10.61, fasc. Case INCIS I e II lotto.


Idem, b.07.10.68
60 Idem, b.07.10.61, fasc. Case Ministero Guerra.
61 Idem, b.1348, 1951, fasc. Mario Marzin.
62 Paolo Tomasella, Giovanni Donadon: architetture per la citt
nuova Pordenone 1950-1985, Oderzo, Grafiche Oderzo, 2011.
59

62

63

Giovanni
Donadon e
la palazzina
italiana
Luka skansi

Tra linizio degli anni Cinquanta e la fine degli anni


Sessanta, Giovanni Donadon realizza una curiosa serie di architetture nel centro di Pordenone. A partire
dai magazzini Boranga (1952-59) e del Lavoratore
(1954-55) fino ai condomini Firenze (1964-67) e
Olimpia (1968-71)1, larchitetto impegnato in una
ricerca formale e strutturale sulla tipologia del palazzo urbano. Si tratta infatti di edifici a scale e di
tipologie pressoch identiche, che ospitano, in diverse proporzioni, destinazioni commerciali, terziarie e
residenziali. altrettanto simile il loro sistema costruttivo: si tratta di semplici telai in cemento armato, le
cui peculiarit verranno discusse in seguito. Tuttavia,
queste opere sono difficilmente riconducibili a una
singola mano, in quanto presentano soluzioni formali
e trattamenti linguistici alquanto diversi. Formano nel
complesso una sorta di esercizio di stile, uneterogenea variazione sul tema del palazzo urbano.
Larco storico nel quale questi edifici vengono concepiti e costruiti corrisponde ad uno dei pi fertili periodi dellarchitettura italiana del Novecento. Sono anni
nei quali le citt italiane iniziano definitivamente a
perdere la loro tradizionale identit spaziale, esplodono al di fuori dei propri confini storici, con dimensioni e tempistiche inedite. Allo stesso tempo, questo
periodo di boom edilizio caratterizzato da numerose sperimentazioni sui nuovi linguaggi, legate pro-

65

Giovanni Donadon e la palazzina italiana


Luka skansi

Telai interamente esposti

Telai nascosti

Mario Ridolfi e Wolfgang Frankl, complesso residenziale di viale Etiopia, Roma, 1950-54
Franco Albini, edificio per uffici Ina, Parma, 1950-54

Mario Asnago, Claudio Vender, edificio per uffici e abitazioni in piazza Velasca, Milano, 1947-52.
Luigi Moretti, casa Girasole in via Bruno Buozzi, Roma, 1947-50.
Luigi Caccia Dominioni, edificio in Corso Europa, Milano, 1953-66.

prio al tema del rapporto tra tipologia strutturale ed


espressione architettonica e la tipologia del palazzo
urbano solo uno dei terreni di questa ricerca. Sono
anni contraddistinti da straordinarie realizzazioni,
che fanno dellItalia uno dei luoghi con il pi interessante e dinamico contesto architettonico del mondo.
Il presente contributo si pone lobiettivo di contestualizzare le architetture urbane di Donadon in un quadro storico e geografico ampio. Lanalisi delle caratteristiche tettoniche della sua opera volta a collocare
la ricerca espressiva di Donadon allinterno della coeva produzione architettonica italiana, nel tentativo di
decifrare ragioni e riferimenti formali di tale eterogeneit linguistica.

gel, assume in generale il ruolo di uno degli elementi


caratterizzanti della modernit in architettura.
La cultura architettonica italiana tra gli anni Trenta e
la fine degli anni Sessanta contribuisce alla riflessione
sulluso di questa figura strutturale con una serie di
opere di altissimo valore. La riflessione si svolge tutta
attorno alle decisioni di mostrare il telaio, di celarlo,
di renderlo parte del tamponamento, di valorizzare la
sua espressivit materica o di rivestirlo. In linea con
le con le contemporanee riflessioni sul rapporto tra
nucleo strutturale e forma, tra funzione e linguaggio,
sul tema del telaio verr sviluppata nel nostro paese
una vera e propria tassonomia di soluzioni formali.
Per poter contestualizzare in questo quadro le realizzazioni di Donadon necessario scorrere per sommi
capi alcune tappe fondamentali della ricerca italiana,
con particolare accento agli anni della ricostruzione.
In pi occasioni stato segnalato come nella Casa
del Fascio di Como il telaio raggiunga un significato
architettonico primario nella determinazione dellimmagine delledificio. Oltre alle suggestive analisi
grafiche di questopera fatte da Peter Eisenman3, che
privilegiano tuttavia laspetto figurativo rispetto allanalisi del rapporto forma-struttura, sono due mirabili
saggi di Rafael Moneo4 e Sergio Poretti5 a sottolineare come ledificio di Terragni segna un momento culminante nella storia dellarchitettura: in esso il telaio
assume lo statuto di figura strutturale, allo stesso tempo struttura e forma, perde quel carattere neutrale,

La semplice costruzione a telaio, composta da una griglia tridimensionale di travi e pilastri collegati tra loro,
rappresenta una delle tipologie strutturali pi comuni
dellarchitettura del Novecento. Gi nel 1960, nel suo

Strukturformen der modernen architektur, uno studio


pionieristico sulle caratteristiche costruttive dellarchitettura moderna, Curt Siegel segnalava come il telaio
rappresenta non solo un impiego razionale del cemento e dellacciaio nelledilizia, consente non solo
una notevole riduzione delle sezioni di tutte le parti
portanti, ma assurge ormai alla dignit di un tema
fondamentale per larchitettura moderna2. Quello
che sostanzialmente prassi comune, pratica costruttiva di architetti, artigiani e imprese di costruzione,
e cio costruire telai che rispondono a esigenze di
economia, semplicit e leggerezza, diventa nel corso
del tempo un tema linguistico e, per molti versi, punto centrale della riflessione degli architetti sul tema
dellespressione architettonica. La struttura a telaio
semplice, inizialmente considerata come elemento secondario e nascosto nel rivestimento, diventa nel corso del Novecento elemento attorno al quale si risolve
la strategia formale e per questo, nella lettura di Sie-

Le datazioni sono tratte da Paolo Tomasella, Giovanni Donadon.


Architetture per la citt nuova. Pordenone 1950-1985, Edizioni
Grafiche Oderzo 2011.
2 Curt Siegel, Struttura e forma nellarchitettura moderna, (traduzione di Strukturformen der modernen architektur, Callwey, Munchen,
1960), CELI Bologna, 1968, 13.
3 Peter Eisenman, Giuseppe Terragni: trasformazioni scomposizioni
critiche, Quodlibet, Macerata 2004.

66

Rafael Moneo, Lavvento di una nuova tecnica nel campo dellarchitettura: le strutture a telaio in cemento armato, in La solitudine
degli edifici e altri scritti. Vol 1: Questioni intorno allarchitettura,
a cura di Andrea Casiraghi, Daniele Vitale, Allemandi, Torino
1999,161-202.
5 Sergio Poretti, La casa del fascio di Como, Carocci, Roma 1998;
vedi anche il testo rivisto in Poretti, Modernismi italiani: architettura
e costruzione nel Novecento, Gangemi, Roma 2008.
6 RAFAEL Moneo, Lavvento di una nuova tecnica, op.cit., 196.

omogeneo e isotropo che Le Corbusier esigeva6, e


inizia a caratterizzare lo spazio, limmagine e il volume dellarchitettura, con tutte le sue ambiguit.
La Casa del Fascio viene vista come una sorta di spartiacque, la conclusione di un percorso iniziato con le
ricerche di Perret e linizio di una genealogia di nuove soluzioni sul tema, non solo nel panorama italiano.
Nel dopoguerra iniziano a profilarsi diverse interpretazioni del tema impostato da Terragni. Nonostante
si tratti di anni caratterizzati dal gusto neorealista e
dallestetica neobrutalista, in questo periodo gli architetti sono concentrati sostanzialmente su tre tipi di
soluzioni: lesposizione totale del telaio, il suo parziale oscuramento e la sua negazione. Una distinzione
questa che non esaurisce la classificazione, poich
ciascuna di queste soluzioni comprende numerose
declinazioni che costituiscono lelemento di ricchezza
e complessit della cultura architettonica italiana di
questi anni.
Percorrendo brevemente questa casistica, una delle
soluzioni pi frequenti che riscontriamo nel panorama
italiano del secondo dopoguerra la totale corrispondenza tra telaio e linguaggio architettonico. sufficiente citare il celebre complesso residenziale di viale
Etiopia a Roma di Mario Ridolfi e Wolfgang Frankl
(1950-54)7 come uno dei pi evidenti esempi di questo gusto per la sincerit costruttiva. In uguale misura,
si segnala il palazzo dellIna di Franco Albini a Parma (1950-54)8, unarchitettura che esibisce la propria

67

Giovanni Donadon e la palazzina italiana


Luka skansi

Telai parzialmente esposti

Telai nascosti

Luigi Caccia Dominioni, edificio in piazza S. Ambrogio, Milano, 1949-53.


Ignazio Gardella, case Borsalino, Alessandria, 1949-52. (foto Luka Skansi)

Mario Asnago, Claudio Vender, edificio per uffici e abitazioni in piazza Velasca, Milano, 1947-52.
Luigi Moretti, casa Girasole in via Bruno Buozzi, Roma, 1947-50.
Luigi Caccia Dominioni, edificio in Corso Europa, Milano, 1953-66.

Ignazio Gardella, casa Tognella in via Paleocapa, Milano, 1946-53.

Luigi Figini, Gino Pollini, complesso in via Broletto, Milano, 1948-49.


(foto Marco Pogacnik)

68

semplice griglia strutturale, sorretta da una trave continua che libera lo spazio commerciale al piano terra,
in un delicato equilibrio con tamponamenti, modanature e finestre. Ma i telai esibiti acquisiscono in questi
anni forme differenti, e proprio le piccole variazioni
strutturali costituiscono lelemento distintivo delle architetture: si consideri, a titolo di esempio, ledificio
ad appartamenti del quartiere Tuscolano di Adalberto
Libera (1950-54)9, che caratterizzato da un telaio con travi a sbalzo; o il palazzo in via Gran S.
Bernardo a Milano di Vittoriano Vigan (1958-59)10
che cerca nella rastremazione dei pilastri, piano per
piano, la propria definizione formale; o, come caso
estremo, il palazzo della Rinascente a Roma (di Franco
Albini e Franca Helg, 1957-61)11, una delle rare opere
con struttura metallica di questi anni, nel quale lespres-

sione formale ricercata soprattutto nellesibizione


dei giunti tra pilastri e travi longitudinali e trasversali.
Anche nel caso della parziale esibizione del telaio
riscontriamo molte soluzioni che si differenziano tra
loro per rapporti e disegno. La facciata della palazzina di Luigi Caccia Dominioni in piazza S. Ambrogio a Milano (1949-53)12 presenta una struttura mista
di mattoni per le pareti perimetrali e un telaio per
il resto volume. Le fasce orizzontali del prospetto si
diversificano proprio nel trattamento degli elementi
portanti verticali: alcuni piani inglobano la struttura,
altri invece mostrano la serie di esili colonne che costituiscono il telaio, a sottolineare la natura strutturale
delledificio, che solo in parte muraria. Persino nelle
case Borsalino ad Alessandria (1949-52)13, rivestite
quasi interamente in klinker, Ignazio Gardella sente

9 Marco Zanuso, Lunit di abitazione orizzontale dellarchitetto


Adalberto Libera, Casabella, 207, 1955, 30-37.
10 Vittoria Girardi, Un negozio e una casa dabitazione, Larchitettura cronache e storia, 64, 1961, 654-661.
11 Progetto per un grande magazzino a Roma, Casabella, 241,
1960, 18-25; Un grande magazzino a Roma, Casabella, 257,
1961, 2-13.
12 Agnoldomenico Pica, Una casa in piazza S.Ambrogio di Luigi
Caccia Dominioni, Spazio, 4, 1951, 82-85.

Ledificio viene per la prima volta pubblicato in Giancarlo De


Carlo, Case di abitazione in viale Etiopia a Roma, Casabella,
199, 1953-54, 20-25. Per una contestualizzazione di tecniche
costruttive e figure strutturali si rimanda allo strumento dellAtlante
dellarchitettura italiana degli anni 50 e 60: figure, forme tecniche
costruttive, realizzato da Marco Pogacnik e Luka Skansi, allinterno del progetto scientifico dellArea di ricerca Arte del Costruire
presso lUniversit IUAV di Venezia. Il database consultabile al sito
http://atlante.iuav.it.
8 Eugenio Gentili, La sede dellINA a Parma, Casabella, 200,
1954, 25-30.

69

Giovanni Donadon e la palazzina italiana


Luka skansi

Giovanni Donadon, magazzini Boranga, prospetto della soluzione


progettuale dellampliamento, Pordenone (n.d.).

la necessit di mostrare, in luoghi non marginali, lanima strutturale delledificio: da una parte nellangolo
dei volumi verso il giardino il rivestimento si interrompe e affiora un pilastro a tutta altezza che sorregge
la serie di balconcini, dallaltra nel punto di contatto
tra le due torri. Entrambe le soluzioni rispecchiano
la volont di Gardella di creare effetti tridimensionali, a contrastare parzialmente la piattezza pressoch
monolitica delledificio. La terza gamma di soluzioni
rappresentata dalla negazione della struttura in facciata. Anche in questo caso le diverse realizzazioni nascondono differenti, e a volte opposte, ragioni
progettuali. Nel caso delle raffinatissime facciate di
Asnago e Vender, vi la convinzione di dover celare
ogni aspetto tecnico e reale delledificio: le opere
degli architetti milanesi sono caratterizzate da una
composizione astratta delle aperture e da una visione
sostanzialmente bidimensionale del prospetto. Stes-

70

Giovanni Donadon, magazzini del Lavoratore, Pordenone, 1954-55.

so obiettivo riscontrabile nelle architetture di Luigi


Moretti, sebbene larchitetto romano arrivi a proporre soluzioni formali radicalmente diverse. Dietro tale
atteggiamento si cela una convinzione teorica, derivante dagli acuti studi sullarchitettura barocca, della
distinzione tra struttura reale e struttura visibile14. Nelle palazzine romane del Girasole (1947-50) e della
cooperativa Astrea (1947-51), come nel complesso in
corso Italia a Milano (1949-56), larchitetto romano
sviluppa una serie di soluzioni volte ad alimentare la
spazialit e la tridimensionalit degli edifici, celando
il loro carattere strutturale di semplici telai. Infine, in
questa sezione, si segnala unulteriore variazione sul
tema, data dalla comparsa di una nuova soluzione
tecnologica: il curtain wall segna un nuovo modo di
comporre la facciata in Italia come nel caso della
serie di edifici di Caccia Dominioni in corso Europa a
Milano (1953-66) basandosi su elementi modulari

Amedeo Luccichenti, Vincenzo Monaco, palazzina in viale Aventino,


Roma, 1950-53.

Ugo Lucchichenti, palazzina in via Montello, Roma, 1955-58.

71

Giovanni Donadon e la palazzina italiana


Luka skansi

Giovanni Donadon, condominio Zacchi Cossetti, prospetto, Pordenone,


1957-60.

Giovanni Donadon, condominio Concordia, prospetto, Pordenone,


1961-64.

13 Giancarlo De Carlo, Case per impiegati ad Alessandria, Casabella, 199, 1953-54, 26-33.
14 Tra i diversi saggi nei quali Moretti si sofferma su questi problemi
si rimanda a: Luigi Moretti, Forme astratte nella scultura barocca,
Spazio, 3, 1950, 9-20; Valori della modanatura, Spazio, 6,
1951-52, 5-12; Struttura come forma, Spazio, 6, 1951-52, 21-30.
15 Sulla famiglia di soluzioni nellopera di Figini e Pollini si rimanda
a Giacomo Polin, Five memos for Figini & Pollini, in Luigi Figini,
Gino Pollini: opera completa, a cura di Vittorio Gregotti e Giovanni
Marzari, Electa, Milano 1996, 169-195.

72

in vetro che rivestono ledificio e seguono solo in parte il suo passo strutturale.
possibile inoltre evidenziare un quarto tipo di atteggiamento. In alcuni casi gli architetti contemplano
contemporaneamente, in un singolo oggetto o complesso architettonico, le diverse soluzioni precedentemente elencate: il caso del complesso in via Broletto
a Milano (1948-49) di Luigi Figini e Gino Pollini, edificio che costituisce una significativa riflessione sugli
insegnamenti di Terragni, dove risulta chiaro come il
percorso visivo attraverso il lotto nelle quattro facciate dei due edifici, basso verso la strada e a torre
verso il retro del lotto sia accompagnato dal tema
della variazione della visibilit del telaio e del suo
statuto linguistico15. Da porzione della muratura, di
difficile leggibilit, nel fronte verso la strada, il telaio
emerge come elemento formale principale nel fronte
della torre, per trasformarsi definitivamente in facciata appesa, nel fronte verso il giardino. altres il caso
della palazzina di Ignazio Gardella in via Paleocapa
a Milano (1946-53), che in una singola architettura,
articolata in due corpi distinti, esplora due sistemi
costruttivi (telaio in c.a. e struttura in mattoni), imme-

Giovanni Donadon, palazzo Brieda, prospetto, Pordenone, 1962-64.

Giovanni Donadon, condominio Firenze, prospetto, Pordenone, 1964-67.

73

Giovanni Donadon e la palazzina italiana


Luka skansi

Giovanni Donadon, condominio Olimpia, prospetto,


Pordenone, 1968-71.

diatamente mostrati in facciata: ne derivano due immagini diverse, con la soluzione a telaio totalmente
esibita verso parco Sempione, e il piatto fronte murario verso la strada laterale16. Nei palazzi urbani di
Pordenone, Donadon sembra non scegliere ununica
via nel modo di trattare il telaio: al contrario, esplora
alcune delle diverse ricerche che hanno caratterizzato il panorama italiano di questi anni. Si tratta di una
variazione tematica, che corrisponde in parte a unevoluzione cronologica, e sulla cui natura vale la pena
di riflettere. I magazzini Boranga (1952-57), uno dei
primi edifici che larchitetto completa in citt, mostrano
la precisa volont di segnare nel disegno della facciata landamento della struttura. Le due fasi di intervento
(piano terra e primo da una parte, i quattro piani della sopraelevazione dallaltro) sono caratterizzate da
una griglia regolare in facciata, che incornicia ampie
finestre. Da uno dei disegni del progetto della sopraelevazione evidente come larchitetto cerchi di unire i
due diversi interventi nel fronte verso la strada con un

74

telaio che fuoriesce dalla linea della struttura (ma che


verr eseguito solo ai piani superiori). Il telaio ispessito, diventa figura tridimensionale in facciata, viene
rivestito a mosaico, incassando le finestre. Anche il
disegno dei serramenti segue la logica della trasposizione in facciata del telaio: le sottili linee degli infissi
creano una seconda intelaiatura, apparendo come un
secondo piano del telaio principale. Particolarmente
raffinata la facciata dei coevi magazzini del Lavoratore, in piazza Duca dAosta (1954-55). Il telaio
perfettamente leggibile nellimpaginazione del fronte
principale: nonostante la tripartizione, le diverse fasce interpretano in maniera differente la geometria
della struttura portante. Al livello del portico la struttura assume la forma di pilastri a sezione variabile, circolari alla base ed elittiche nel punto di appoggio del
volume superiore. Una forma che non nasce da una
necessit strutturale, ma da una decisione formale,
ovvero quella di trasmettere visivamente una sensibilit statica: pilastri che convogliano il peso a terra.

Nei tre piani superiori la struttura segnalata come


nei magazzini Boranga, ossia da un telaio spesso che
qui non incornicia solo finestre, ma anche parapetti,
piattabande e pareti in vetroceramica, in un raffinato
gioco compositivo che interpreta ulteriormente il tema
della griglia17: Solo allultimo piano abbiamo la possibilit di intravvedere la nuda struttura di pilastrini,
che in alcuni punti sfonda il tetto della terrazza mostrando lintera intelaiatura tridimensionale di pilastri
e travi. Tale compresenza di interpretazioni del telaio,
tra pilastri al piano terra, volume dei piani intermedi
e coronamento delledificio, sembra affine alle realizzazioni di alcuni esponenti di spicco della scena
architettonica romana dellimmediato dopoguerra. Si
segnalano al riguardo due delle pi celebri palazzine romane pubblicate nelle riviste di questi anni:
ledificio in viale Aventino di Amedeo Luccichenti e
Vincenzo Monaco (1950-53)18 e la palazzina in via
Montello di Ugo Luccichenti (1955-58)19.
Un secondo modo di affrontare il problema rappresentato dal telaio parzialmente nascosto nella facciata del condominio Zacchi Cossetti (1957-60) in piazza Risorgimento. Qui perfettamente individuabile
landamento verticale delle strutture portanti, che dai
pilastri rettangolari del portico, smussati agli angoli,
salgono fino a toccare il coronamento delledificio,
rappresentato da un sottile tetto piano. Tale continuit
negata da due grandi superfici piane, rivestite in
pietra, che coprono il telaio. Si assiste cos in facciata ad una sorta di doppio registro, che rispecchia
lorganizzazione planimetrica degli appartamenti: la
superficie piena e liscia segnala le zone notte, mentre le zone caratterizzate dal telaio corrispondono
alla zona giorno. I profili dei balconcini, le travi e le
piattabande, trattate in graniglia cementizia scura, si
dispongono arretrati di qualche centimetro dalla linea
dei rivestimenti, a costituire un terzo, ulteriore, piano
di facciata. Questa volont di celare parzialmente il
telaio riscontrabile gi nel palazzo Telve, e ritorner
in modalit differenti, privilegiando laccentuazione
delle verticalit, in alcuni edifici successivi come ad
esempio nella palazzina Santin (1962-65), nel corpo
minore del complesso Ariston (1962-68), nel progetto

per lOspedale Civile di Pordenone e nel condominio


Olimpia (1968-71). In questultimo, tuttavia, le linee
che simulano il telaio non sembrano seguire lorditura
strutturale, ma appaiono al servizio di una impaginazione prettamente grafica del prospetto.
Pi in generale, la tipologia sulla quale lavora Donadon in questi anni, e che offre alcuni dei suoi esiti formali pi interessanti, quella del palazzo porticato.
Larchitetto sviluppa una serie di soluzioni eterogenee
sulla base di una formula semplice ma efficace, ossia
quella di un binomio linguistico tra pilastri del porticato e il volume delledificio. Un binomio che soprattutto strutturale, poich i pilastri sorreggono travi continue anche esse marcate dal punto di vista figurativo
sulle quali si imposta lorditura semplice dei telai,
con un andamento parzialmente autonomo rispetto al
passo dei pilastri. proprio il sistema dei pilastri a
caratterizzare maggiormente limmagine delle architetture, a costituire delle vere e proprie figure strutturali nello spazio urbano. Si osservi ad esempio il fronte
del condominio Concordia (1961-64) verso la piazza
del Risorgimento. Sul piano stradale troviamo complessi pilastri a forcella, a sezione variabile, sui quali
poggia una trave continua sagomata. Laccento viene
posto anche sullincastro tra i due sistemi, a simulare
leffetto tettonico dellappoggio e per far risaltare dal
punto di vista plastico la forma scultorea dei pilastri.
La struttura dei piani superiori segue una propria orditura, che incontra le forcelle con un ritmo di quattro
pilastri. Il tutto volutamente segnato in facciata.
Nel palazzo Brieda (1962-64) le forcelle si trasformano in esili colonne a pianta ottagonale, che presentano una leggera ma ben visibile entasi. Il loro
disegno appare come una dimostrazione figurativa
del proprio comportamento statico di resistenza a
flessione20. Anche in questo caso i pilastri si legano
con travi sagomate (qui a sezione esagonale), e non
vengono rivestiti, ma sono esibiti a nudo, come dettava il celebre slogan neobrutalista di questi anni:
as found (al vero). Estremamente interessante poi
limpaginazione del volume sovrastante: una serie di
finestre caratterizzate da spesse cornici aggettanti si
dispongono apparentemente incuranti della struttura

16

18

Carlo Pagani, Architettura italiana oggi, Hoepli, Milano 1955,


90-91; Stefano Guidarini, Ignazio Gardella nellarchitettura italiana. Opere 1929-99, Skira, Milano, 2002, 92.
17 Si veda al riguardo la lettura di Tomasella dellimpaginazione
neoplastica di Donadon in Paolo Tomasella, Pordenone anni 50,
in Giovanni Donadon, op.cit., 9-31.

E.C., Palazzina di abitazione al viale Aventino, Metron, 45,


1952, 58-59.
19 Sara Rossi, Edificio in via Montello a Roma, LArchitettura cronache e storia, 42, 1959, 816-820.
20 Su questo argomento si rimanda al saggio di Giuseppe Carniello,
Giovanni Donadon la tecnica nel presente volume.

75

Giovanni Donadon e la palazzina italiana


Luka skansi

retrostante. La facciata sembra composta da un libero


accostamento, quasi senza regole, di gruppi di finestre. Il dettaglio della cornice diventa fondamentale
per il raggiungimento dellobiettivo di celare il passo strutturale: spessa in corrispondenza del rivestimento, a coprire i pilastri portanti, ma si assottiglia
verso la sporgenza. Il disegno del dettaglio come la
disposizione delle finestre annullano chiaramente la
presenza della struttura, e locchio chiamato, nella
lettura statica delledificio, a interpretare lambiguit
visiva creata da Donadon. Unambiguit data soprattutto dal suggestivo ritmo bidimensionale della facciata superiore che presenta effetti a-tettonici, in netto
contrasto con le pilastrature inferiori.
Simile gerarchia riscontrabile nel condominio Firenze, sebbene vi sia proposto un differente disegno dei
dettagli costruttivi. A livello del portico troviamo delle
nude colonne in cemento armato che presentano un
fusto quasi conico e che si concludono con capitelli
a croce, ottenuti da quattro mensole incrociate. Un
disegno quasi esasperato della colonna, in tutte le sue
parti, ma che mostra il conferimento di una centralit
assoluta a questo elemento, percepibile principalmente a scala pedonale. Ai piani superiori troviamo lo
stesso tipo di esagerazione, ma di segno opposto,
e cio non quello della evidenziazione, bens quello
della negazione della struttura: mensole, cornici e modanature disegnano un paesaggio neoplastico, lontano da ogni volont di mostrare il nucleo strutturale
delledificio. Ad aumentare ulteriormente tale effetto
la scelta di usare il cemento, materiale strutturale, per
scopi sostanzialmente decorativi, mentre il laterizio,
materiale dei tamponamenti, viene usato come piatto
sfondo della facciata. Ne risulta un fronte dinamico e
tridimensionale, ottenuto con effetti architettonici volutamente forzati. Nei condomini Apollo e Olimpia
tra gli ultimi interventi a scala urbana a Pordenone
il binomio viene portato a livelli ancora pi estremi.
Dal corpo delledificio scompare praticamente ogni riferimento al telaio, e il fronte si trasforma in superficie
bidimensionale, sul quale vengono applicate fasce

verticali che servono soprattutto a negarne la ripetitivit e la piattezza. Al piano terra non troviamo pi
un sistema trabeato, bens archi in cemento, ovvero
interpretando il modo di disegnare di Donadon
dei grandi pilastri a T nei quali, una volta montati in
serie, le mensole (i semiarchi) assumono la funzione
di trabeazione. Si tratta di grandi elementi continui
a sezione variabile, che pur permettendo un effetto
tettonico particolare, ossia quello di liberare langolo delledificio da elementi portanti, non risultano del
tutto convincenti per quanto concerne la propria definizione formale. In tal senso, il percorso compiuto
da Donadon riflette le evoluzioni linguistiche dei tardi
anni Sessanta e Settanta a scala nazionale. La struttura, che inizialmente cercava di comunicare attraverso
la forma le proprie caratteristiche funzionali e statiche, la propria verit costruttiva, si fa nel corso del
tempo immagine di se stessa. Perde quelloriginaria
genuinit che caratterizzava limmediato dopoguerra
e sfocia in manierismo strutturale21. Lo mostra bene il
brutale quanto suggestivo portale di ingresso al padiglione B dellOspedale Civile di Pordenone. I pilastri
in cemento armato sono uniti alle travi aggettanti seguendo principi tettonici anomali per questo sistema
costruttivo: il modo di comporre il giunto tra i due sistemi corrisponde, secondo la logica costruttiva, ad un
telaio in acciaio. Le travi, infatti, sembrano accostate
al pilastro e non plasmate con esso, come imporrebbe
il cemento armato; appoggiate su mensole inventate
che certamente non trovano una ragione costruttiva
nel loro essere, se non quello di accentuare limmagine della struttura. In sostanza, il gusto per la struttura
diventa artificio. Pi in generale, fare architettura a
partire dalle considerazioni sulla struttura diventa, nel
corso del tempo, nel bene e nel male, strutturalismo.
Un percorso che ha visto Donadon in linea con le tendenze nazionali e internazionali, e che in fondo ha
segnato nei primi anni Settanta la conclusione di una
fertile epoca, quella dellarchitettura del secondo dopoguerra, che ha visto lItalia segnare la modernit, a
tutte le scale, in maniera decisiva.

I pilastri:
Magazzini Boranga, magazzini del Lavoratore, condominio Zacchi Cossetti
21

Si veda al riguardo i progetti e le opere di Luigi Pellegrin, del


primo Glauco Gresleri o di Maurizio Sacripanti.

76

Condominio Concordia, palazzo Rex


Condominio Firenze, condominio Olimpia, padiglione B, Ospedale Civile

77

Giovanni Donadon:

prove di volo
per una nuova
architettura
Dalla poetica degli esordi alle opere
fuori Pordenone.

Paolo Tomasella

Da Venezia a Pordenone:
le opere desordio di Giovanni Donadon
(1949-1955)
La figura dellarchitetto pordenonese Giovanni Nino
Donadon (Pordenone, 24 giugno 1924)1, stata oggetto negli ultimi anni di rinnovata attenzione, tanto
che nel corso del 2011 apparsa una monografia
la quale, per la prima volta, ha ricomposto la sua intensa attivit professionale2. Nel caso di Donadon il
tempo e la sedimentazione storica hanno reso possibile il riemergere della rilevanza che ha assunto la
composizione architettonica nei suoi progetti, valore
troppo spesso disatteso in molte realizzazioni contemporanee. La sistematizzazione, almeno parziale, della
sua attivit di progettista ha reso possibile evidenziare
come a Giovanni Donadon si debbano alcuni tra gli
episodi architettonici cittadini maggiormente rilevanti del secondo dopoguerra, che ormai sono diventati
fatti urbani integranti del patrimonio immaginario collettivo. Tra i suoi numerosi progetti, infatti, si possono
ritrovare molteplici opere realizzate che ancora caratterizzano il profilo contemporaneo del capoluogo3.
Il percorso professionale di Nino Donadon, approfondito attraverso la citata monografia, conobbe tuttavia

79

prove di volo per una nuova architettura


Paolo Tomasella

Prove di volo. Giovanni Donadon sullaliante a Campoformido,


settembre 1943. Archivio Donadon, Pordenone.

Lingegnere Mario Marzin (1901 1977).


Archivio Storico del Comune di Prata di Pordenone.

Giovanni Donadon in et giovanile alla fine degli anni Quaranta.


Archivio Donadon, Pordenone.

80

alcuni antefatti che in questa nuova occasione di ricerca appaiono importanti per le rilevanti ricadute che
essi produssero nelle trasformazioni edilizie cittadine,
concretizzatesi tra gli anni Cinquanta e Sessanta del
Novecento. Sono ancora ben impressi nella memoria dellarchitetto gli anni universitari trascorsi a Venezia e il periodo che fece immediatamente seguito
alla conclusione degli studi dopo il secondo conflitto
mondiale: si tratta di una stagione difficile ma tuttavia
fertile per lintensit delle iniziative edilizie poste in
essere sia a Pordenone come nel circondario.
Grande appassionato di volo libero e aeromodellismo, dopo lo svolgimento degli studi liceali a Pordenone, Giovanni Donadon siscrisse, nel 1943, al
corso di laurea in architettura presso lIstituto Universitario di Architettura di Venezia (IUAV)4. Gli eventi
bellici successivi al tragico 8 settembre 1943 rallentarono inevitabilmente ogni attivit didattica e resero
difficile la regolare prosecuzione di numerosi corsi
che, da quella data, furono accompagnati dal costante pericolo di possibili bombardamenti aerei. Per un
breve periodo, al fine di evitare il peggiorare degli
eventi che si stavano profilando in Patria, nel 1944
Donadon ripar nella citt di Linz, in Austria, ove trov occupazione come disegnatore presso limpresa
di costruzioni condotta da Max Jordan5. Questo utile
praticantato, che in ogni caso rese possibile il proseguimento degli studi, gli consent anche dimparare
il tedesco. Il giovane Nino riprese regolarmente gli
studi nel 1945, a conclusione del secondo conflitto
mondiale. Il conseguimento della laurea in architettura
giunse il 26 febbraio 1949, presentando quale tema
di tesi il progetto per un edificio con cinema e biblioteca, caratterizzato dalla presenza di unardita

soluzione di copertura a volta6. Negli anni riservati


agli studi il ruolo di direttore dellIstituto universitario
veneziano era ricoperto da Giuseppe Samon, mentre tra i docenti figuravano larchitetto Duilio Torres e
il maestro Carlo Scarpa, i quali rappresentarono per
molti studenti e certamente anche per Donadon le personalit di riferimento disciplinare. Essi compaiono tra
gli insegnanti di corso durante litinerario formativo
del giovane Nino: quindi in questo fertile contesto
che egli form il proprio modo dintendere, sul piano
estetico, larchitettura7. Tra tutti i docenti certamente
Samon ebbe sicura ascendenza sugli allievi del periodo, considerato che proprio dal 1943 egli aveva
assunto il ruolo di responsabile dateneo8. Le conseguenze belliche accelerarono il percorso formativo
dei singoli ed anche Giovanni Donadon, di fronte al
rapido evolversi degli eventi, si trov ad essere ben
presto coinvolto, ancora allepoca in cui egli era studente, nella realizzazione di progetti edilizi.
Un aspetto sorprendentemente rilevante nellattivit
giovanile di Donadon che egli inizi ancora da
allievo-architetto ad avvicinarsi alla professione attraverso la collaborazione con alcuni professionisti gi
affermati: un fatto che lo pose subito di fronte alla
risoluzione di problemi pratici del mestiere. Grazie
allintercessione del padre Tiburzio, nel periodo immediatamente successivo la conclusione del secondo
conflitto mondiale, Giovanni Donadon svolse un certo
apprendistato, ancora in qualit di studente-lavoratore, presso lo studio veneziano dellarchitetto Guido
Bonzio (Venezia, 1907ivi, 1977). Questultimo aveva in corso di completamento alcuni interventi anche
a Pordenone9. In quel periodo larchitetto Bonzio rappresent un sicuro punto di riferimento per Giovanni

Giovanni figlio del noto pittore e restauratore Tiburzio Donadon


(Motta di Livenza, 1881 Pordenone, 1961) e di Giuseppina Milanese. Sulla figura di Tiburzio Donadon: LOfficina degli Angeli. Tiburzio
Donadon pittore e restauratore (1881-1961), a cura di Paolo Goi, Pordenone 2005.
2 Cfr. Giovanni Donadon. Architetture per la citt nuova. Pordenone
1950-1985, a cura di Paolo Tomasella, Oderzo 2011. Unincoraggiante recensione si deve a Giulio Ferretti, In un libro lopera di Donadon.
Descritta larchitettura della citt, Il Popolo, LXXXIX, 25, 26 giugno
2011, 8.
3 Cenni su Giovanni Donadon precedenti alla monografia del 2011
in Walter Bigatton, Maurizio Bordugo, Guido Lutman, Sara Moranduzzo, 1945-1995 Architettura nel Friuli Occidentale, Pordenone 1995,
99-100, 203-211; Ordine degli architetti 50 1946-1996, a cura di
Giorgio Cacciaguerra, Udine 1997, 99-101.

Giovanni Donadon ricordato anche per essere stato un appassionato esperto di volo e aeromodellismo, con premi e riconoscimenti nazionali a Udine e Roma (1943). Fu costituito il gruppo Piero Sacilotto,
e dalle scarse notizie dellepoca ricordiamo i modelli dei fratelli Biasin,
gli elastico dellarch. Donadon, istruttore della scuola di modellismo
allora esistente, i modelli di Italo Fagotto e Nevio Pez, tutti appassionati
che esercitarono sin dopo la 2a Guerra Mondiale. Associazione Arma
Aeronautica-Sezione di Pordenone, Scienza e tecnica del volo nel 70
anniversario della scuola di volo de La Comina, Pordenone 1979, 163.
5 Max Jordan, Baugesellschaft m.b.H., Bahnhofstrasse 12a, LinzDonau, Archivio Istituto Universitario di Architettura di Venezia, serie
fascicoli degli studenti, fasc. 202.
6 Nella stessa sessione di laurea ritroviamo anche Rinaldo Umberto
Fabbro (Magnano in Riviera, 1922) che gi dal primo dopoguerra emigrer in Australia per diventare uno fra i protagonisti dello sviluppo
urbano di Sydney, Melbourne e Canberra. Cfr. Istituto Universitario di
Architettura di Venezia, Elenco dei laureati con lindicazione del tema e
del voto di laurea, Anno Accademico 1947-1948, Venezia 1949, 79.

81

prove di volo per una nuova architettura


Paolo Tomasella

Guido Bonzio. Progetto di ricostruzione dellIstituto femminile


E. Vendramini a Pordenone, 1946.
Archivio Storico del Comune di Pordenone.

7 Giovanni Donadon fu allievo di Samon nei corsi di composizione architettonica, di Torres in urbanistica, di Carlo scarpa in disegno
dal vero e decorazione. Archivio Istituto Universitario di Architettura
di Venezia, serie fascicoli degli studenti, fasc. 202.
8 Su Giuseppe Samon almeno Francesco Tentori, Giuseppe e Alberto Samon. Fusioni fra architettura e urbanistica, Torino 1996.
9 Guido Bonzio si laure in architettura a Venezia il 10 novembre
1932, sostenne lesame di stato a Milano e siscrisse allOrdine
degli architetti della Provincia di Venezia nel corso del 1934. stato
anche insegnante e apprezzato pittore vedutista. Una prima ricognizione su Guido Bonzio e la sua attivit a Pordenone, lo scrivente in:
Giovanni Donadon. Architetture per la citt nuova, 19.

82

10

Edificio dichiarato agibile dal 14 settembre 1956. Archivio Storico del Comune di Pordenone (da ora ASCPn), b. 02.1457, 19461955, fasc. Istituto E. Vendramini.
11 ASCPn, b. 02.1270, 1947, fasc. Giuseppe Ellero.
12 ASCPn, b. 02.1308, 1949, fasc. Angelo Pujatti.
13 Disegni di Guido Bonzio in Giovanni Donadon. Architetture per
la citt nuova. Pordenone 1950-1985, 18.
14 ASCPn, b. 07.09.64, 1948-1952, fasc. Centro Studi o Scuole
Medie I Lotto.
15 Cfr. Francesco Tentori, Architettura e architetti in Friuli nel primo
cinquantennio del 900, Atti dellAccademia di Scienze e Arti di
Udine, s. VII, vol. VIII, Udine 1970.

Donadon, ormai prossimo a diventare un precoce


architetto. Allievo di Giuseppe Torres nel periodo
1930-1931, Guido Bonzio consegu la laurea in architettura presso lIstituto di Architettura di Venezia nel
mese di novembre 1932 ed inizi ad esercitare la
professione iscrivendosi allOrdine degli architetti di
Venezia nel 1934. Nella citt di Pordenone larchitetto Bonzio fu ingaggiato da committenti locali per la
realizzazione di una serie di progetti destinati alla ricostruzione, al recupero o al restauro di alcuni edifici
danneggiati dagli eventi bellici. Tra essi spiccano la
ricostruzione dellIstituto femminile Elisabetta Vendramini nel 1946 (con lingegnere Angelo Pujatti)10 e nel
1947 il riatto del Cinema Roma, gi Teatro Sociale,
in corso Vittorio Emanuele per conto del proprietario
avvocato Giuseppe Ellero11. Nel 1949 Guido Bonzio
progett anche il restauro e lampliamento della villa dellingegner Pujatti (gi Della Torre, 1925) di via
della Ferriera, che era stata lesionata dai bombardamenti12, mentre nel periodo 1950-1952 diede corso
al progetto per una palazzina con negozi in corso
Giuseppe Garibaldi commissionata dalla Distilleria
Dalla Cia di Azzano Decimo13. Bonzio decise di partecipare anche al concorso per la realizzazione del
nuovo Centro Studi indetto dal Comune di Pordenone
nel 194814. Proprio questo episodio vide impegnato
Giovanni Donadon in qualit di collaboratore. Una
volta fatto definitivo ritorno nella citt natale dopo
liniziale pendolarismo, contemporaneo al conseguimento della laurea, Donadon si ritrov in un contesto, quello pordenonese, fervido di iniziative edilizie:
la citt era decisa a riscattarsi dai pesanti danni inferti dalla guerra ed aveva appena avviato la fase
della ricostruzione postbellica. Donadon fu quindi il
primo architetto pordenonese ad imporsi nella stessa
citt natale. Fino a quel momento Pordenone aveva
conosciuto la presenza sporadica di alcuni architetti
udinesi: tra questi Cesare Scoccimarro, Pietro Zanini,

Provino e Gino Valle i quali lasciarono in citt segni


architettonici rilevanti ancora oggi visibili15.
Nellimmediato dopoguerra Pordenone si presentava
come una realt di provincia prostrata da un evento
bellico che si era rivelato disastroso. La citt era stata
bersagliata da ben 43 incursioni aeree ed altrettanti
bombardamenti che si era susseguiti fra il 1944 e i
primi mesi del 1945. A conclusione della Seconda
Guerra Mondiale il capoluogo cerc tuttavia di risollevarsi con celerit avviando, grazie anche ad una
serie di provvidenze governative, la ricostruzione degli edifici distrutti e la riorganizzazione degli uffici
pubblici resi inattivi. Il decennio compreso tra il 1945
e la met degli anni Cinquanta corrispose quindi ad
una fase storica nella quale Pordenone avvi una ripresa sociale ed economica che la trasform rapidamente in una nuova citt capoluogo. Questo periodo
fu caratterizzato, sotto il profilo edilizio, da una fase
dimpetuoso sviluppo: unepoca che viene ricordata
coma la stagione della prima ricostruzione16. Nel centro storico invece si provvide alla riparazione, non
sempre filologica, di quei fabbricati danneggiati ed
inagibili, si riaprirono negozi ed uffici, si riadattarono
gli appartamenti ed anche in corso Vittorio Emanuele,
si costruirono nuovi palazzi in sostituzione di quelli
che erano stati resi inagibili dai bombardamenti. In
questo dinamico contesto in cui le occasioni di lavoro
non mancavano, grazie allinteressamento del padre
Tiburzio, il giovane Nino inizi a lavorare con lingegnere strutturista Mario Marzin (Treviso, 27 maggio
1901 Pordenone, 12 maggio 1977)17 che in quegli
anni era impegnato nella redazione di alcuni progetti in collaborazione con larchitetto udinese Mariano
Pittana (San Paolo di Morsano al Tagliamento, 1908
Udine, 1986)18. In particolare, nel 1948, Pittana si
aggiudic il concorso nazionale per la realizzazione
del nuovo Centro Studi pordenonese, la cui realizzazione fu completata nel decennio successivo in col-

16

ingegneri di Pordenone. Lo studio associato fu avviato inizialmente


in via Mazzini nello stesso stabile della Cassa di Risparmio, pi tardi
in via Cavallotti, 14 e successivamente in piazza XX settembre, 2.
Spentosi improvvisamente nel maggio del 1977, Mario Marzin venne successivamente tumulato nel cimitero di Prata di Pordenone. Su
Mario Marzin lo scrivente in Giovanni Donadon. Architetture per la
citt nuova. Pordenone 1950-1985, 19.
18 Sullattivit dellarchitetto udinese stato prodotto dallAssociazione Il Ventaglio delle Muse un fascicolo intitolato Mariano Pittana architetto, Udine 1996.

Cfr. Giuseppe Pradella, La citt di Pordenone. Breve storia del suo


sviluppo urbano, in Il centenario della Societ Operaia di Muto Soccorso e Istruzione di Pordenone 1866-1966, Pordenone 1967, 124.
17 Laureatosi in ingegneria civile presso lUniversit degli Studi di
Padova in data 10 ottobre 1926, Mario Gio Batta Marzin consegu labilitazione professionale presso la Regia Scuola dIngegneria
di Bologna nel corso dellanno 1927. Siscrisse allordine degli ingegneri della provincia di Udine in data 15 dicembre 1929. Residente a Prata di Pordenone, ove fu direttore tecnico della Filanda
Centazzo di Prata di Sopra e sindaco per due mandati, dal 1956
al 1964, diede seguito allattivit professionale nel capoluogo con
Nino Donadon. Il sodalizio continu ininterrottamente dal 1949 fino
al 1974, anno in cui Marzin diede le dimissioni dallOrdine degli

83

prove di volo per una nuova architettura


Paolo Tomasella

Mariano Pittana con Mario Marzin. Il nuovo Centro Studi di Pordenone


in una foto dei primi anni Cinquanta.
Archivio Storico del Comune di Pordenone.

Casa Francesco Onofri, Pordenone. Prospettiva della prima


soluzione progettuale, 1949. Archivio Donadon, Pordenone.

Mariano Pittana. Il nuovo palazzo Dal Vera a Pordenone, prospettiva


dinsieme (1949-1950). Archivio Donadon, Pordenone.

Villa Bevilacqua, Pordenone. Pianta piano rialzato e prospettiva


dinsieme, 1953. Archivio Storico del Comune di Pordenone.

84

85

prove di volo per una nuova architettura


Paolo Tomasella

laborazione con lo stesso Marzin19. Lingegnere, ancora con Pittana, nel successivo biennio 1949-1950
diede seguito anche ad un progetto per la costruzione
di un palazzo a destinazione residenziale e commerciale commissionato dalla ditta Dal Vera: il disegno,
ancora fortemente caratterizzato da unimpronta di
matrice razionalista, non ebbe seguito20. Nel frattempo Pittana diede compimento al progetto per la residenza del direttore della Societ Elettrica Trevigiana
(1950-1951). In questa fase, nella quale Marzin era
costretto a fronteggiare diversi impegni lavorativi che
spaziavano dai progetti di edilizia residenziale e industriale allattivit politico-amministrativa in qualit
di sindaco di Prata di Pordenone (1956-1964)21, si
consolid il nuovo sodalizio professionale che ben
presto prese forma in uno studio associato.

Giovanni Donadon, raffinato disegnatore, si occup


prevalentemente della progettazione architettonica;
Marzin, oltre ad intrattenere le relazioni con la committenza, si specializz nella progettazione strutturale. Nel tempo essi rimasero sempre molto affiatati.
Lo studio cos composto riusc ad ampliare lo spettro delle competenze professionali verso una citt in
espansione che era gi impegnata a risollevarsi dagli
anni bui della guerra ed aveva avviato la fase di riparazione delle infrastrutture, delle costruzioni e degli
edifici pubblici rimasti danneggiati dagli eventi bellici. Giovanni Donadon siscrisse allOrdine degli architetti del Friuli l1 novembre 194922 e si trov subito
ad affrontare una progettazione molto impegnativa
quale fu quella del nuovo Teatro Cinema Verdi, edificio che doveva sostituire il vecchio Teatro Licinio e che
il proprietario dellepoca, Giuseppe Ballarin, aveva
deciso di sostituire con un moderno cinema-teatro.
Tutto proiettato nella modernit, in questo intervento
desordio larchitetto Donadon evidenzi interesse
per una ricerca improntata al razionalismo23.
Approvato nel maggio del 1951 ledificio fu portato
a compimento dopo laboriose modifiche alla soluzione progettuale originaria in pochi mesi dallimpresa
Fadalti di Sacile e venne inaugurato nel febbraio del
1952. Le prime opere pordenonesi successive al Teatro Verdi, tra le quali il palazzo TELVE di via Cesare
Battisti (1949-1952)24, le case Francesco e Edoardo
Onofri (via Luigi De Paoli, 1949-1952), casa GrizzoSavio (via Cividale angolo via Tolmezzo,1950-1951)
e villa Bevilacqua (via della Ferriera, 1953-1954),
dimostrano, sia nellarticolazione dei volumi come
nella partizione delle facciate, laderenza agli insegnamenti universitari veneziani e riferimenti sommessi

alle teorie architettoniche e ai principi del razionalismo europeo mediati attraverso laccoglimento delle
esperienze organiche di Frank Lloyd Wright. Nel caso
della realizzazione della nuova sede dellAssociazione degli Industriali di Pordenone, sorto nella centrale
piazza XX Settembre nel corso del 1952, Donadon
complet la quinta architettonica con un edificio che
non rinunci ad instaurare un garbato confronto con
la contigua Casa del Mutilato (1934-1937), ragguardevole opera di Cesare Scoccimarro25. Se da un lato
nelle prime realizzazioni dellarchitetto pordenonese
si assiste al rapido abbandono del monumentalismo
caratteristico del crepuscolo edilizio dellepoca fascista, le tendenze del Neorealismo architettonico sembrano tuttavia trovare in Donadon un cauto interesse.
Il lavoro di progetto si dimostra pi orientato verso
la ricerca di una coerenza compositiva dei materiali,
sulle scelte tecnologiche, riguardo i particolari architettonici e costruttivi. Meno evidente appare linterpretazione rivolta agli aspetti sociologici e psicologici
dellambiente costruito esistente o storico che invece
era maggiormente espressa in quegli anni in Italia da
maestri quali Ignazio Gardella, Mario Ridolfi e Ludovico Quaroni. Se le prime opere sono quindi ancora
influenzate dallarchitettura razionalista dei maestri
italiani e a tratti riconducono ai migliori esiti formali
di Enrico Del Debbio, Luigi Figini e Gino Pollini, Mario Ridolfi e nelle residenze private realizzate nel corso degli anni Cinquanta pi evidente linflusso di
Wright e Richard Neutra, successivamente prender
corpo, soprattutto nei complessi condominiali e negli
edifici alti, una nuova e diversa forma del comporre.
Con la progettazione di due nuovi edifici a funzione
mista, i Magazzini Boranga in viale Franco Martelli

(1952-1959) e i Magazzini del Lavoratore in piazzale


Duca dAosta (1954-1955)26, la ricerca di Donadon
and sempre pi affinandosi per giungere ad una personale interpretazione del razionalismo italiano, tanto che gli edifici sembrano proporsi quasi come una
declinazione pordenonese dei magisteri comaschi di
Giuseppe Terragni. Queste opere possono essere considerate esemplari per il loro rigore nellimpostazione
cartesiana della maglia strutturale e per la canonica
tripartizione propria dellarchitettura classica, dove le
misurate proporzioni e il ricorso allutilizzo del quadrato in pianta e nelle facciate ne fanno pregevoli
esempi architettonici di estremo rigore formale27.
Nel 1956 il rendiconto decennale dellattivit in materia di opere pubbliche prodotto dal Comune di Pordenone segnalava come una serie di opere progettate da Giovanni Donadon e realizzate grazie alla
cessione di terreni comunali, potevano dirsi del tutto
ultimate. In particolare venivano segnalati il palazzo
TELVE di via Cesare Battisti, la Casa dellIspettorato
distrettuale delle Foreste (via Codafora, 1952-1954)
e una serie dinterventi di edilizia economica e popolare realizzati nel contesto del piano quinquennale
INA-Casa 1950-1954 nel capoluogo e in alcune
frazioni28. Fu quindi nella prima met degli anni Cinquanta che Donadon riusc ad esprimersi al meglio
delle sue capacit, in una stagione nella quale Pordenone era caratterizzata da una quasi incontrollata
libert edificatoria. Nello stesso periodo giunger la
realizzazione del nuovo piazzale delle autocorriere,
che successivamente assumer la denominazione di
piazza Risorgimento. Tra il 1954 e il 1955 in localit
Pagnossin, nellambito compreso tra viale Dante Alighieri e via Santa Caterina, si decise di provvedere

19 Il nuovo polo scolastico denominato Centro Studi di Pordenone


venne realizzato in tre lotti: fu in gran parte edificato nel periodo
1953-1955 e ultimato nel successivo biennio 1955-1957. Tra i collaboratori al progetto troviamo anche il geometra Nello Camilot.
Ibidem, 10, 26. Anche Caterina Diemoz, Centro studi: un vestito
troppo stretto, Eventi, XV, 1 (2010), 54-59.
20 E al novecento milanese di Giovanni Muzio e di Giuseppe
De Finetti si ispira la solida e monumentale intelaiatura struttiva di
Palazzo Dal Vera, a Pordenone. Mariano Pittana architetto, 10.
21 Cfr. Giovanni Pujatti, Annali di Prata, Portogruaro 1964, 197.
22 Nel biennio 1956-1958 Donadon ricopr il ruolo di membro
consigliere dellOrdine degli architetti del Friuli durante la presidenza di Cesare Miani. Dal 1978 al 1992 fu iscritto, con posizione
n. 2, presso lOrdine degli architetti della provincia di Pordenone.
Cfr. Giovanni Donadon. Architetture per la citt nuova. Pordenone
1950-1985, 25
23 Ledificio presentava un linguaggio coerente con i dettami e il
gusto razionalista sviluppatosi negli anni Cinquanta. Con un ritmo

proprio si iscriveva nel tessuto urbano, rispettando della precedente struttura langolazione e la facciata rientrante. A fronte di una
scelta stilistica al passo con i tempi, la distribuzione interna, invece, ricalcava quella del precedente teatro Licinio con un percorso
dingresso a 45 gradi rispetto la sala, dallangolo tra viale Martelli
e via Battisti, e con la stessa posizione di scale e servizi. Anche la
soluzione formale dellangolo rientrante, fin dalla prima idea di progetto, richiamava ledificio precedente, con la presenza di due alte
torri di testata che terminavano i prospetti laterali ed inquadravano
il basso corpo degli accessi e biglietteria. Il progetto originario fu
successivamente sottoposto a modifiche che interessavano soprattutto laspetto esteriore. Nella realizzazione, infatti, il manufatto si
presentava privo di ornamenti, sobrio e rigoroso nelle sue parti. Il
prospetto era sottolineato da un contrasto di pieni e d vuoti, da
unaccentuata concavit e da vetrate. Il Teatro Cinema Verdi aveva
una capacit di milletrecento posti a sedere, suddivisi in platea e
galleria, ed un volume di 25.000 metri cubi dei quali 5.500 metri
cubi occupati dal palcoscenico, che era quello del vecchio Licinio.
Comprendeva un ingresso con due bussole, due banconi per vendi-

ta biglietti, un ampio atrio con bar, accessi per gli uffici di Direzione e di segreteria. Dallatrio si accedeva alla platea. Due scaloni
portavano alla galleria, uno a chiocciola ed uno a due rampe. La
platea era di circa 500 mq. ed era dotata di 584 poltroncine; due
corridoi longitudinali svolgevano la funzione di disimpegno per le
scale e le uscite di sicurezza, per i servizi, per il palcoscenico e
i palchi laterali. Il palcoscenico, con relativi camerini, aveva una
superficie di circa 450 mq.. Al piano superiore allatrio seguiva la
galleria di circa 450 mq. e 750 poltroncine su gradonate e palchi.
Flavia Benvenuto Strumendo, Il Teatro Cinema Verdi, in Una citt, i
suoi teatri. Licinio, Verdi, nuovo Verdi, Pordenone, 2005, 79-80..
24 In difesa delledificio contro la paventata demolizione Giulio
Ferretti, Torna in auge il palazzetto costruito da Marzin e Donadon,
Il Popolo, LXXXIX, 32, 14 agosto 2011, 8.
25 Sulla Casa del Mutilato e il contesto urbano di Piazza XX Settembre: Moreno Baccichet, Urbanistica e architettura a Pordenone
nel Novecento: 3. La Casa del Mutilato (1934-1937), La Loggia,
X, 10 (2007), 5-17.

26 Da parte della stessa ditta committente Fratelli Bartolozzi nel


1953 venne presentato dallingegnere Mario Sist (Pordenone,
1920 - ivi, 2010) un rigido progetto di massima per la realizzazione di un fabbricato dangolo a 3 piani. Il necessario perfezionamento di una serie di permute e cessioni di terreni e la raccomandazione della Commissione Edilizia Comunale del 17 settembre
1953 di tenere presente nel progetto esecutivo un maggiore sviluppo del prospetto in altezza, anche parziale, data la importanza della zona, consigliarono alla committenza di ripresentare un
nuovo progetto affidato allo studio Marzin e Donadon. ASCPn, b.
02.1482, 1956, fasc. Fratelli Bartolozzi. Su Mario Sist ingegnere:
Pietro Angelillo, Luigi Gandi, Mario Sist, vita di un ingegnere, Pordenone, 1997.
27 Cfr. Giovanni Donadon. Architetture per la citt nuova. Pordenone 1950-1985, 22-23.
28 Immagini e dati statistici in: Comune di Pordenone, 1946-1956.
Dieci anni di amministrazione comunale a Pordenone, Pordenone
1956, 5, 20.

Giovanni Donadon con Mario Marzin. Casa economica a sei alloggi


in via San Quirino, Pordenone. Prospetto sud-est, 1957.
Archivio Donadon, Pordenone.

86

87

prove di volo per una nuova architettura


Paolo Tomasella

alla costruzione di un nuovo capolinea delle autocorriere da eseguirsi attraverso i cosiddetti Cantieri di
Lavoro. A delimitazione del perimetro della nuova
piazza, nel decennio 1955-1965, furono completati
una serie di edifici alti. Due di essi recano la firma
di Giovanni Donadon: il condominio Zacchi-Cossetti
(1957-1960), successivamente denominato Piazzale
delle Corriere e il palazzo Concordia (1961-1964).
Unitamente al palazzo Rex di largo San Giovanni
(1954-1961), denominato XXX Aprile lungo il perimetro dellisolato, il condominio Concordia di piazza
Risorgimento sar considerato fra i simboli architettonici pi riusciti della modernit pordenonese29.
Con questi edifici Donadon raggiunse i risultati maggiormente apprezzabili della sua sperimentazione
tecnica, tecnologica, strutturale e di ricerca formale
iniziata con il progetto dei Magazzini del Lavoratore
e la sede commerciale Boranga. La piena maturit
sar raggiunta con gli interventi condominiali completati negli anni successivi, alcuni particolarmente rilevanti e realizzati anche al di fuori del nucleo urbano
di Pordenone30.

Le realizzazioni fuori Pordenone


e i progetti per lEtiopia
Sin dai primi anni la feconda attivit professionale
dellarchitetto Donadon divenne molto intensa e le realizzazioni progettuali non rimasero circoscritte alla
sola citt di Pordenone. Ben presto alle prime opere
pordenonesi fecero seguito numerosi progetti in tutto il
Friuli, nel vicino Veneto ed anche allestero. Le destinazioni spaziarono da quelle di natura pubblica alle pi
disparate tipologie destinate alledilizia residenziale
privata. Nellimmediato dopoguerra tuttavia uno fra i

29 Riguardo palazzo Rex-XXX Aprile di largo San Giovanni i giudizi dellepoca da parte della cittadinanza furono subito lusinghieri:
[] il palazzo Zanussi con quelle due ali sembra dare il benvenuto
con le braccia tese a chi giunge a Pordenone da Treviso. Ancora:
Il palazzo XXX Aprile cio il palazzo Rex in Largo Don Bosco []
data la sua mole [] il simbolo della tempra dei lavoratori pordenonesi e della forza economica della citt. Analoghe positive
valutazioni per il condominio Concordia: Fra i palazzi che ricordo,
il migliore forse il Concordia in Piazza Risorgimento, che dice
qualcosa di diverso come armonia fra luci ed ombre, fra vuoti e
pieni; inoltre: [] anche il palazzo Concordia desta ottima impressione sulle centinaia di persone che giornalmente giungono a
Pordenone con le autocorriere. Inchiesta sullargomento del giorno.
Mister Palazzo della citt nuova, La Tribuna di Pordenone, IV,
4, 30 Aprile 1964, 9.

88

problemi tecnici pi urgenti che Donadon si trov ad


affrontare fu quello di provvedere alla ricostruzione
delle case e delle abitazioni civili danneggiate o in
rovina a causa della Seconda Guerra Mondiale. Le
distruzioni del conflitto avevano resi inagibili migliaia
di edifici non solo a Pordenone ma in tutto il Nord
Italia. Il sovraffollamento delle abitazioni esistenti era
ulteriormente aggravato dalla presenza di una moltitudine di profughi provenienti anche da altre regioni
italiane. Il Comune di Pordenone, per far fronte ad
una tale situazione e al non trascurabile aumento della presenza di militari posti a presidio delle numerose
caserme, diede corso allacquisto di aree e appezzamenti di terreno in zone periferiche, mettendoli a
disposizione dello IACP (lIstituto Autonomo per le
Case Popolari), dellINCIS (lIstituto Nazionale Case
Impiegati dello Stato) o in favore dellattuazione dei
piani attuativi denominati INA-Casa. Proprio nel
contesto del piano quinquennale 1949-1954 destinato alledificazione di case per i lavoratori, una serie
dinterventi di edilizia economica e popolare furono
progettati da Donadon e Marzin a Vallenoncello, Torre, Roraigrande e nel capoluogo31. Ben presto alle costruzioni rapidamente realizzate a Pordenone e nelle
frazioni fecero seguito alcune progettazioni per nuovi
insediamenti in altre cittadine friulane. Ed proprio
nel periodo compreso tra il 1951 e il 1960 che sorgeranno in tutto il Friuli, al fine di dare unabitazione
dignitosa alla massa di profughi, sfollati e lavoratori
immigrati dogni genere, migliaia di alloggi, molti dei
quali proprio a carattere popolare32. Nei primi anni
di attivit larchitetto Donadon si trov ad affrontare
senza indugi questo tema per la cui risoluzione era
necessario addivenire a rapide decisioni di progetto,
al fine di dare unadeguata risposta allemergenza
abitativa. Nellottobre del 1950 venne bandito anche
in Friuli un concorso provinciale per la progettazione

delle cosiddette case Fanfani, pi propriamente inquadrate nel piano abitativo nazionale INA-Casa.
Larea prescelta era stata localizzata nel comune di
Tricesimo. Il progetto di concorso presentato da Giovanni Donadon con lingegnere Mario Marzin risulter vincitore ex aequo assieme a quello dellarchitetto udinese Giacomo Della Mea (Raccolana, 1907
Udine, 1968)33 il quale, oltre ad essere lincaricato
per questa costruzione, divenne ben presto uno fra i
protagonisti delledilizia popolare in Friuli nel primo
settennio di attuazione del piano34. Successivamente
allespletamento del concorso, allo studio Donadon e
Marzin venne affidata nel 1951 la progettazione di
due edifici nellarea di espansione destinata al nuovo
quartiere popolare udinese di via Pradamano35.
Da questepoca per tutti gli anni successivi il primo
settennio di attuazione del piano ai professionisti pordenonesi furono assegnate le progettazioni di altri
interventi in alcune localit del Friuli Occidentale:
Azzano Decimo, Maniago e Pasiano di Pordenone36.
Nel secondo settennato di attuazione del programma,
avviato nellaprile del 1956, la commissione giudicatrice appositamente istituita per formulare gli elenchi
dei professionisti abilitati a questi bisogni segnalava i
nomi di 75 tecnici indubbiamente capaci di svolgere
adeguati compiti di progettazione in questo settore
della casa popolare. Fra essi compaiono i nomi di
Gio Ponti, Luigi Mattioni e di quattro professionisti
friulani: Gino e Fernanda Valle, Ferdinando Vicentini
e Giovanni Donadon37. A seguito di questa segnalazione nel secondo settennio di concretizzazione del
piano a Donadon saranno affidati dallIstituto Autonomo Case Popolari di Udine 6 progetti da realizzarsi
nei centri abitati di Cordovado, Maniago, Sacile, San
Vito al Tagliamento e Sesto al Reghena38.
In questa tumultuosa ma feconda stagione giunse anche, nel gennaio 1958, laggiudicazione del concorso

30

Altre cronache ricordano che In pochi anni sono approvati e progettati ben 12.500 vani di abitazione. Cfr. Luigi De Rosa, Breve storia
di Pordenone (dalle origini ai nostri giorni), Pordenone 1969, 90.
33 Della Mea si occup anche di architettura sacra: fu lautore del
Tempio di Cargnacco (Chiesa della Madonna del Conforto, 19491955) e della Chiesa di Santa Maria della Misericordia presso lOspedale civile di Udine (1952-1959). Giacomo Della Mea. Architettura sacra 1948-1968, a cura di Giorgio Della Longa, Barbara
Fiorini, Pasian di Prato 2012.
34 Il piano Fanfani in Friuli. Storia e architettura dellINA-CASA, 93
35 Piano I.N.A.-Casa, I settennio. Udine: 2 fabbricati per complessivi 19 alloggi in via Pomponio Amalteo (1951-1953). Ibidem,
97, 177.

Regesto degli interventi in Giovanni Donadon. Architetture per la


citt nuova. Pordenone 1950-1985, 33-78.
31 Piano I.N.A.-Casa, I settennio. Pordenone: 11 fabbricati con
54 alloggi (stazione appaltante I.N.C.I.S.) in via San Vito, via San
Quirino, via Piave, via Valle (1950-1951); 1 fabbricato con 6 alloggi (stazione appaltante I.N.P.S.) in via San Quirino (1952-1954).
Nel II settennio Donadon coadiuv Mario Marzin nel progetto di
2 fabbricati per complessivi 12 alloggi in via Istria (1957-1959,
stazione appaltante Cooperativa San Pietro). Regesti in Il piano Fanfani in Friuli. Storia e architettura dellINA-CASA, a cura di Ferruccio
Luppi e Paolo Nicoloso, Pasian di Prato 2001, 170-171.
32 Un dato statistico del 1955 riferisce che nel Comune di Pordenone si realizzarono ben 11.252 vani abitabili, sia di edilizia pubblica
che privata, pur in carenza di adeguati strumenti urbanistici.

Addis Abeba, 1961. Larchitetto Arturo Mezzedimi illustra


al Negus Hail Selassi il plastico del nuovo Municipio (City Hall).
Archivio Mezzedimi, Roma.

36 Piano I.N.A.-Casa, I settennio. Azzano Decimo: 3 fabbricati


per 6 alloggi in via Roma (1951-1953); Maniago: 3 fabbricati per
6 alloggi in via della Stazione (1952-1955, ente appaltante I.N.P.S.)
e 5 fabbricati per 10 alloggi in via Vittorio Emanuele (1951-1953);
Pasiano di Pordenone: 1 fabbricato a 6 alloggi in via San Andrea
(1953-1954, ente appaltante I.N.P.S.). Ibidem, 163, 168, 170.
37 Ibidem, 98.
38 Piano I.N.A.-Casa, II settennio. Cordovado: 1 fabbricato a 6
alloggi in via del Brolo (1958-1960); Maniago: 3 fabbricati per 17
alloggi in via padre Marco dAviano (1958-1960); Sacile: 2 fabbricati per 22 alloggi in via Leonardo da Vinci (1952-1959); San Vito
al Tagliamento: 3 fabbricati per 16 alloggi in via Progresso (19571958) ed un altro fabbricato a 6 alloggi sempre in via Progresso
(1958-1960); Sesto al Reghena: 1 fabbricato a 6 alloggi in via Magredi (1959-1961). Ibidem, 103, 166, 168, 173, 175.

89

prove di volo per una nuova architettura


Paolo Tomasella

ad invito per la realizzazione del mausoleo al Negus


dEtiopia da erigersi presso la chiesa della Santissima
Trinit ad Addis Abeba, complesso monumentale che
venne progettato in sinergia con lo scultore Mario Moretti (Reggio Emilia, 1917 Pordenone, 2008)39.
Sono gli anni in cui nellEtiopia imperiale ma anche in
Eritrea, per espressa volont dello stesso Hail Selassi, venivano chiamati ad intervenire, nella realizzazione di nuovi edifici pubblici e privati o destinati al
culto, architetti ed artisti dallestero: soprattutto italiani.
In questo particolare contesto di relazioni era gi operante e affermato larchitetto senese Arturo Mezzedimi
(Poggibonsi,1922Siena, 2010), noto per essere stato uno tra i pi importanti progettisti di opere pubbliche realizzate nellEtiopia del secondo dopoguerra.
Mezzedimi fra il 1959 e il 1961 riusc a dare seguito alla realizzazione, nella capitale, dellAfrica Hall
(il Palazzo Africa, sede permanente della Commissione Economica delle Nazioni Unite Africane UNECA); pi tardi fu la volta del nuovo Municipio (City
Hall, 1961-1964), della sede della Banca Commerciale di Stato (Commercial Bank of Ethiopia, 1965-1968),
del palazzo imperiale (1977-1978) e di alcuni edifici
destinati al culto sia islamico sia copto40. Per quanto
riguarda larchitettura sacra, lEtiopia del tempo godeva di una certa libert religiosa. lo stesso Mezzedimi, nelle sue memorie, a ricordare quale fosse il
rapporto di Hail Selassi con le religioni. Larchitetto
senese ci ha lasciato delle preziose informazioni sul
come fosse il Negus in persona il promotore di nuovi interventi devozionali: [] lImperatore era molto
religioso, con convinzione, e non solo per rispettare
limmagine che il ruolo gli imponeva. Era anche molto osservante, e la sua corte pullulava di altri prelati
copti. Di tanto in tanto, oltre agli edifici per il culto

39

Su Mario Moretti almeno Scultura e grafica di Mario Moretti, a


cura di Giancarlo Pauletto, Luciano Padovese, Udine 1975; Angelo
Bertani, Mario Moretti (1917-2008). Larte come ricerca di umanit
autentica, Atti dellAccademia San Marco, 10 (2009), 689-698.
40 Si devono al Mezzedimi la moschea di Massawa (1952-1953)
e di Agordat (1956-1958), la chiesa copta del convento di Debra Sina (1954-1955) e i templi intitolati a S. Stephanos di Assab
(1954-1958) e a S. Giorgio presso Adi Ugri (1958-1959). Cfr. Arturo Mezzedimi et al., Arturo Mezzedimi architetto, Asmara 1970.
41 Ricordo di averlo visto pi volte chiedermi la matita e fare di
conto e di avermi talvolta invitato a rivedere le dimensioni delledificio. Fatti che vanno poco daccordo con la pretesa che lImperatore possedesse enormi fortune personali allestero. Insomma, era
profondamente coinvolto nella propria religiosit ben oltre quel che
gli imponeva il ruolo nel rapporto ereditato tra Stato e Chiesa. Ci
nonostante, nel quadro di una saggia politica ecumenica, mi risulta
che abbia sempre rispettato gli altri culti, mantenendo la libert di

90

Giovanni Donadon. Schizzi di progetto della Chiesa


dedicata alla Santissima Trinit in Addis Abeba, 1958.
Archivio Donadon, Pordenone.

religione in tutto il Paese, anche quando le varie popolazioni nutrivano tra loro una pace armata. Nei primi anni di presenza etiopica
in Eritrea, tra quelle opere che scherzosamente si potevano chiamare le opere del regime, perch promosse e donate dallo Stato,
furono costruite tre moschee, tra le quali due importanti, a Massaua
(1952-1953) e Agordat (1956-1958). Dopo averne discusso e approvato i progetti, lImperatore non disdegn di visitarne pi volte i
lavori in corso, di scambiare pareri con i religiosi musulmani, e di
partecipare alle rispettive inaugurazioni ufficiali. In sostanza ebbe,
in materia di culto, un comportamento compiacente e prodigo. Memorie in Arturo Mezzedimi, Hail Selassi I: una testimonianza per
la rivalutazione, Studi Piacentini. Rivista dellIstituto storico della
Resistenza e dellet contemporanea, 12 (1992), 173-199.
42 Societ Anonima Navigatana - Gondar, diretta dal Commendatore Mario Buschi. Archivio Giovanni Donadon - Pordenone, fasc.
Chiesa S.S. Trinit Addis Abeba, carte sciolte.

che il governo provvedeva a erigere, o contribuiva


alla spesa venendo in aiuto alle varie comunit religiose promotrici, Hail Selassi decideva di costruire
qualche chiesa, per esaudire qualche voto, nel Paese
o allestero, come avvenne per la nuova chiesa del
convento del Monte Bizen e per quello di Debra Sina
in Eritrea []. E, in questi casi, lo faceva a spese
personali. Ogni volta che si trattava di impostare uno
di questi progetti, chiedeva entro breve tempo un preventivo di massima al fine di valutare se era confacente alla propria personale disponibilit41. Ed anche
nellepisodio che vide coinvolto Donadon gli eventi
si svolsero, pi o meno, secondo le modalit appena
descritte. Il progetto di concorso era stato redatto nel
1957 a nome e per conto di Sua Maest Imperiale
dalla Societ Anonima Navigatana, azienda italiana fiduciaria del Negus con sedi a Gondar, Asmara
e Addis Abeba42. Operando sulla base di questa delega, la Societ Navigatana indisse una gara ad
invito attraverso la quale fu autorizzata a contattare
una terna di professionisti disposti a redigere un progetto nel rispetto di un tetto massimo preventivo di
spesa43. Per Donadon il contatto iniziale ebbe luogo
in Italia attraverso la conoscenza quasi casuale di alcuni artigiani del pordenonese che erano in rapporti
di lavoro con la societ italiana operante in Etiopia.
Tra questi certamente il pittore e decoratore Giacomo Busetto (Pordenone, 13 febbraio 1906 Addis
Abeba, 25 febbraio 1981), fratello dello scrittore e
poeta Enrico Ettore, con i quali Donadon intratteneva
rapporti di amicizia44. Il progetto del nostro architetto
si aggiudic la competizione ristretta in virt del fatto
che la soluzione proposta, fra le tre presentate, fu la
pi apprezzata dallo stesso Imperatore. Purtroppo,
malgrado gli sforzi compiuti, le opere non ebbero seguito mentre i progetti di concorso sono molto probabilmente andati perduti. Superstiti invece alcuni schizzi e dei rilievi dello stato di fatto accompagnati da un
paio di bozzetti disegnati dallo scultore Moretti: essi
riescono comunque a dare unidea di massima delle
soluzioni che erano state proposte. Organizzato in
otto tavole, il progetto si poneva lobiettivo di ridurre
allessenziale la struttura architettonica esistente che si
presentava inutilmente sovraccarica di apparati decorativi. La soluzione progettuale proponeva di rendere
il complesso pi consono ai canoni dellarte paleocristiana a cui sispirava, attraverso la sostituzione
delle ridondanti decorazioni esistenti con nuovi ma
pi semplici rivestimenti marmorei e musivi, lasciando a vista lorditura del tetto nella navata centrale.
Il nuovo mausoleo invece, pure collegato alla chiesa

Giovanni Donadon. Schizzi di progetto della Chiesa


dedicata alla Santissima Trinit in Addis Abeba, 1958.
Archivio Donadon, Pordenone.

madre da un portale, era stato pensato indipendente da essa, in forme lineari, simmetriche e chiuso ai
lati da due absidi semicircolari. Ai marmi ad intarsio
con disegno geometrico del pavimento e ad una serie
di mosaici e decorazioni musive bizantineggianti su
sfondo oro e blu turchese era demandato il compito di
rendere aulico linsieme architettonico45.
I tre mesi trascorsi ad Addis Abeba durante lanno
1958 per tentare di approntare il progetto della chiesa e del mausoleo resero possibili nuovi contatti con
personalit e aziende italiane operanti nel Corno
dAfrica. Fu loccasione per la predisposizione di un
disegno di massima per una villa di rappresentanza
destinata allo stesso Imperatore, progetto che tuttavia
rimase sulla carta. Lesperienza etiopica procedette a
rilento e si concluse in sostanza con un nulla di fatto,
n una fitta corrispondenza con Mario Buschi della
Societ Navigatana e con Giacomo Busetto sort
alcun effetto risolutivo rispetto al procrastinarsi degli
eventi. Tutti gli sforzi compiuti purtroppo rimasero senza un seguito concreto. Nella fase successiva i primi
anni Cinquanta il rafforzamento dei rapporti lavorativi con alcune imprese edili operanti nel territorio
pordenonese, tra le quali quelle condotte da Achille
Fadalti a Sacile, Giacobbe Del Mistro a Maniago,
Rinaldo Manzon e Giovanni Presotto in Pordenone,
resero possibile la realizzazione di una serie dinterventi anche al di fuori del capoluogo.

91

prove di volo per una nuova architettura


Paolo Tomasella

Mario Moretti. Il volto di Cristo, la Vergine Maria,


gli Apostoli. Schizzi, 1958. Archivio Donadon, Pordenone.

Giovanni Donadon con Mario Moretti. Bozzetto di riforma


della navata centrale Chiesa dedicata alla Santissima Trinit.
Addis Abeba, 1958. Archivio Donadon, Pordenone.
Mario Moretti. La Crocifissione. Studio per la lunetta destra
del mausoleo, 1958. Archivio Donadon, Pordenone.

92

Fu certamente con limpresa edile maniaghese condotta da Giacobbe Del Mistro (Maniago, 11 maggio
1916 Pordenone, 11 aprile 2012) che si consolid
un proficuo e prolungato rapporto di collaborazione
che rese possibile la costruzione di numerosi interventi nella citt delle coltellerie. Anche a Maniago come
a Pordenone, alle prime progettazioni di ville e residenze unifamiliari, tra le quali si ricordano casa Cardin (via Dante Alighieri, 1953-1954), villa Cadamuro
(via Dante Alighieri, 1957-1958), villa Zecchin (via
San Rocco, 1962-1963) e casa De Cecco-Panigati
(via Cesare Battisti, 1966-1968), fecero seguito in
successione numerosi altri progetti per la costruzione
di edifici condominiali alti56. Nelle ville e nelle case
dabitazione realizzate negli anni Cinquanta rimane
evidente il riferimento wrightiano nelle soluzioni formali e nellorganizzazione degli spazi, nella successione dei volumi, nel trattamento delle superfici esterne

e nella scelta dei materiali di finitura. Non di rado gli


interni presentano riferimenti o richiami anche allarchitettura nordica, soprattutto nelle accurate soluzioni
darredo realizzate seguendo le indicazioni di precisi
disegni esecutivi. Se sul piano formale larchitetto Donadon, almeno nella prima fase di attivit, attinse con
garbo sia al razionalismo sia alle tendenze in atto
nellarchitettura nordamericana, nelle realizzazioni
della maturit egli vir verso un certo espressionismo
strutturale che diventer tratto caratteristico di molte
opere del periodo. Al severo ritmo degli elementi strutturali che scandiscono i prospetti and contrapponendosi progressivamente unasimmetria nelle aperture e
nei particolari di facciata. A questa stagione appartengono, oltre alle costruzioni di Pordenone, anche
una serie dinterventi maniaghesi destinati alla costruzione di edifici condominiali. Tra essi spiccano, soprattutto per la consistenza volumetrica, i condomini

43

in alternativa, gli furono da noi sottoposte. Recentemente a seguito


della morte del Duca di Harrar, Suo figlio, Egli ci ha sollecitati a
prendere di petto la questione, consigliandoci come sopra detto, di
affidare lincarico per lo studio a degli architetti italiani. I fondi per i
lavori sono gi stati stanziati e prelevati dalla Sua cassa personale.
Archivio Giovanni Donadon - Pordenone, fasc. Chiesa S.S. Trinit
Addis Abeba, carte sciolte. il grosso delle murature erano stati realizzati alla fine del 1935. Sopravvenuta loccupazione italiana ad
iniziativa del Governo Italiano i lavori furono proseguiti, ed ultimati
solo pel 90%, venendo di nuovo sospesi in seguito agli eventi bellici
del 1940/1941. Dopo il rientro in Etiopia dellImperatore si port a
termine la costruzione della chiesa, apportando modifiche alle decorazioni, e trasformazioni atte a consentire di ricavarvi lattuale sepolcreto difamiglia, molto modesto, per la verit. Infine, nel 1946-47, la
chiesa venne ingrandita mediante il prolungamento delle tre navate.
Il progetto originale era improntato ad una architettura semplice, confacentesi con latmosfera abitudinaria del paese, mentre lintervento
di architetti diversi nelle successive fasi di finitura e rimaneggiamento
ne ha alterato lo stile, rendendolo indefinito con tendenza al barocco.
In una successiva ed ultima fase, ha contribuito uno scultore greco del
luogo a renderlo ancor pi pesante, collocando allesterno una serie
di statue ed allinterno una serie di pannelli di soggetto allegorico
profano. Tanto si fatto e strafatto che oggi, alla distanza di pochi
anni, lImperatore non soddisfatto della Sua chiesa. Avranno influito
molto su questo suo nuovo modo di vedere la Sue ultime visite nel
mondo, in occasione delle quali ha avuto modo di ammirare delle
opere veramente belle: mausolei, monumenti, chiese ecc. ecc.. Sovente durante i nostri numerosi colloqui, parlando di Chiese affreschi,
mosaici e decorazioni, Egli rammenta con nostalgica ammirazione
gli interni delle Basiliche di San Pietro e di San Marco. Sin dallinizio
del corrente anno lImperatore ci aveva espresso il desiderio, senza
con ci prendere una decisione definitiva, di abbellire la chiesa e di
trasformare il sepolcreto. Infatti alcune idee, in alternativa, gli furono
da noi sottoposte. Recentemente a seguito della morte del Duca di
Harrar, Suo figlio, Egli ci ha sollecitati a prendere di petto la questione, consigliandoci come sopra detto, di affidare lincarico per lo studio a degli architetti italiani. I fondi per i lavori sono gi stati stanziati
e prelevati dalla Sua cassa personale. Archivio Giovanni Donadon
- Pordenone, fasc. Chiesa S.S. Trinit Addis Abeba, carte sciolte.

Estratto del memorandum destinato ai progettisti invitati: Premettiamo che S. M. lImperatore venuto nella determinazione di
trasformare ed arricchire linterno della Chiesa della SS. Trinit in
Addis Abeba mediante limpiego di marmi, mosaici, stucchi ed affreschi atti a dargli una veste confacente con la sua destinazione, e
di trasformarne la parte riservata ai sepolcri imperiali realizzandola
in forma pi imponente, ricca e definitiva. A tale scopo, infatti, Egli
ci ha incaricati, in qualit di Sua Impresa di fiducia, di sottoporgli
degli studi di massima ad opera, preferibilmente, di un architetto italiano esperto in architettura ecclesiastica. Ottemperando al desiderio
espresso dallImperatore, abbiamo deciso di rivolgerci ad almeno
tre architetti allaltezza di questo particolare compito, richiedendo
loro uno studio di massima (bozzetti, prospettive, descrizioni, piani
ecc.) al fine di essere in grado di sottoporre a Sua Maest Imperiale
almeno tre alternative diverse fra loro. Al prescelto, poi, verrebbe affidato lincarico di sviluppare in forma esecutiva lo studio preliminare
e la direzione del lavoro. Questa Chiesa, che limperatore chiama
Cattedrale, venne costruita in tre tempi diversi con numerose aggiunte
e modifiche al progetto originale, che data dal 1929-1930. Infatti,
soltanto le ossature edfamiglia, molto modesto, per la verit. Infine,
nel 1946-47, la chiesa venne ingrandita mediante il prolungamento
delle tre navate. Il progetto originale era improntato ad una architettura semplice, confacentesi con latmosfera abitudinaria del paese,
mentre lintervento di architetti diversi nelle successive fasi di finitura
e rimaneggiamento ne ha alterato lo stile, rendendolo indefinito con
tendenza al barocco. In una successiva ed ultima fase, ha contribuito
uno scultore greco del luogo a renderlo ancor pi pesante, collocando allesterno una serie di statue ed allinterno una serie di pannelli
di soggetto allegorico profano. Tanto si fatto e strafatto che oggi,
alla distanza di pochi anni, lImperatore non soddisfatto della Sua
chiesa. Avranno influito molto su questo suo nuovo modo di vedere la
Sue ultime visite nel mondo, in occasione delle quali ha avuto modo
di ammirare delle opere veramente belle: mausolei, monumenti, chiese ecc. ecc.. Sovente durante i nostri numerosi colloqui, parlando di
Chiese affreschi, mosaici e decorazioni, Egli rammenta con nostalgica ammirazione gli interni delle Basiliche di San Pietro e di San
Marco. Sin dallinizio del corrente anno lImperatore ci aveva espresso il desiderio, senza con ci prendere una decisione definitiva, di
abbellire la chiesa e di trasformare il sepolcreto. Infatti alcune idee,

93

prove di volo per una nuova architettura


Paolo Tomasella

Villa Zecchin di via San Rocco a Maniago. Prospettiva, 1962.


Archivio Donadon, Pordenone.

Manzoni (via Manzoni, 1962-1968), De Amicis, eretto fra via Umberto I e via Edmondo De Amicis (19681971) e Dante (via Dante Alighieri, 1969-1974). Tutti
e tre i casi sono impostati utilizzando una base orizzontale destinata ad accogliere le attivit commerciali
o direzionali, dalla quale svetta possente lelemento
volumetrico verticale. In queste articolate realizzazioni
compaiono piani o setti murari che tendono a fuoriuscire dai compatti volumi attraverso una sorta di crescita ortogonale. I tre episodi architettonici appaiono
tuttavia caratterizzati da una minor convinzione formale rispetto agli interventi pordenonesi dello stesso
periodo (palazzo Brieda, 1962-1964 e condominio
Firenze, 1964-1967), forse anche a causa di reiterate varianti che ne modificarono laspetto originariamente ideato. Se le scelte planimetriche degli interni
appaiono in ogni caso razionali, gli spazi comuni
presentano soluzioni darredo in legno tali da rendere
pi domestiche le ambientazioni.
Per lo stesso impresario maniaghese Del Mistro larchitetto progett anche la nuova sede aziendale di
via Spilimbergo (1973-1977).
Non si discosta dalle impostazioni planimetriche utilizzate a Maniago un altro importante intervento realizzato a Sacile. Nello stesso arco di temporale in cui
Donadon era alle prese con il completamento delle
costruzioni maniaghesi, limpresa sacilese condotta
da Achille Fadalti decise di affidare allo stesso proget-

94

tista lesecuzione dei condomini Oriente 1 e Oriente


2 (1963-1971). Posti al limite del centro storico in
fregio a via Lacchin e completati attraverso due stralci
funzionali, gli alti edifici si dimostrano fra loro combinati attraverso ladozione di soluzioni formali che rimangono in linea con quanto espresso nelle pratiche
utilizzate sia a Pordenone sia a Maniago nello stesso
periodo: vere e proprie macchine per abitare di
lecorbuseriana memoria. In questo episodio percepibile lo sforzo dellarchitetto di creare una composizione nella quale emerge il tentativo, quasi neoplasticista, di compenetrazione fra spazi interni ed esterni.
In gran parte delle realizzazioni della stessa epoca lo
sfalsamento dei piani e lelaborazione delle superfici
dei frontespizi fu il personale tentativo di Donadon
dindividuare una forma di mediazione tra le esigenze sottese dal tema progettuale e le motivazioni di
carattere speculativo che animavano gran parte dei
costruttori pordenonesi nella realizzazione dei loro
interventi. Le facciate a prima vista asimmetriche e in
apparente disarmonia, sottendono invece una ricerca
progettuale tesa verso una scomposizione delle masse
sulla base dellutilizzo di forme geometriche pure, il
quadrato o il rettangolo, in modo da creare un equilibrio visivo in forma di quadri di facciata, trattando i
prospetti quasi fossero tele astratte.
Sempre a Sacile, per limpresa Marco Orfeo Fadalti
larchitetto realizz, tra il 1968 e il 1969, ledificio

Prospettiva del condominio Manzoni a Maniago, 1962. Archivio Donadon, Pordenone.

44

Giacomo Busetto emigr ad Asmara, la capitale dellEritrea, al


seguito del fratello gemello Giuseppe nel 1938. Trasferitosi pi tardi
in Etiopia lavor come pittore e decoratore anche in alcuni interventi
promossi dallo stesso Negus. Rimase ad Addis Abeba, ove mor, anche dopo il colpo di stato del 1974, evento che port al potere una
giunta militare guidata da Hail Marim Mnghistu. Dati anagrafici:
ASCPn, anagrafe e stato civile, fogli di famiglia, n. 1879; cenni
sullattivit professionale in Elisa Pellin, Ettore Busetto il suo tempo,
Pordenone 2009, 63-64.
45 Sintesi dei contenuti della relazione riguardante il progetto di
trasformazione ed abbellimento della chiesa della S.S. Trinit in Addis Abeba. [] prima diniziare un qualsiasi studio sulle modifiche
da apportare alla chiesa in questione, caricata oltre ogni limite da rifiniture di dubbio gusto che ne hanno falsato ed appesantito la linea,
mi sono recato in compagnia del pittore Moretti mio collaboratore, in
pellegrinaggio ai monumenti di Venezia e Ravenna, alle chiese dove
alla semplicit dellarchitettura paleocristiana e romanica si accompagna il fasto dei marmi, dei mosaici, delle sculture orientali, alla
ricerca dello spirito di questa architettura, che veramente secondo il
mio parere esprime, in una atmosfera incantata e sovrannaturale, la
devozione dei credenti e lomaggio sincero degli stessi alla divinit.
Tali premesse sono necessarie per giustificare il tipo di architettura
adottato sia per la trasformazione interna del tempio sia per il mausoleo creato ex-novo al posto dellattuale cappella ospitante laltare
maggiore. Dato che i lavori di abbellimento della chiesa hanno per
scopo principale la realizzazione di una degna sede alle tombe delle Maest imperiali, ci sembrato opportuno ricorrere alla soluzione
che pi confaceva secondo i nostri intendimenti al raggiungimento di
questo obbiettivo, e cio spostare laltare maggiore sotto la cupola
coprendo il pozzo esistente mediante soletta di calcestruzzo armato,

e creare al posto della cappella, occupando pure gli spazi liberi ai


lati della stessa, il mausoleo, che pure legato architettonicamente
possa assumere un carattere indipendente rispetto al corpo principale, ed uno stile semplice e nello stesso tempo raffinato nei particolari
e pi consono alle tradizioni artistiche del paese. In linea generale
queste sono le principali modifiche strutturali adottate nella trasformazione del tempio, e [] non si dimentichi che quanto si propone
serve solamente a scopo indicativo, essendo le nostre cognizioni relative agli usi, costumi e liturgia di questo popolo non sufficientemente profonde. Quindi spero si accetti quanto da noi offerto sorvolando
su eventuali errori involontari, giudicando il valore delle soluzioni
nella loro intima espressione artistica. []. A nostro avviso lo studio,
condotto con la massima seriet sebbene limitato dal tempo, ci ha
portato a proficui risultati, e pure nei limiti impostici si ottenuto
qualcosa di onestamente positivo, qualcosa che pu essere giudicato
nella sua sincera sostanza artistica come un notevole apporto alla soluzione definitiva del problema della trasformazione del tempio. Ed
opportuno a questo punto, se non necessario, rivolgere un monito
a coloro che avranno lonore di portare a compimento tali lavori, e
che cio non possibile prescindere dallunitariet di un complesso architettonico, pur di scadente valore, in quanto larchitettura
come un cristallo, pura e deve poter essere rimirata da ogni punto;
la trasformazione dellinterno della chiesa porter fatalmente ad un
ridimensionamento e ad una purificazione dellesterno, ed allora il
tempio sotto rinnovellate vesti sar veramente un inno alla maest di
Dio, ed una degna sede per le spoglie terrene delle maest imperiali.
Nella speranza di una lusinghiera affermazione in questo interessantissimo concorso, ringraziamo per lonore di essere stati prescelti alla
partecipazione dello stesso. Archivio Giovanni Donadon - Pordenone, fasc. Chiesa S.S. Trinit Addis Abeba, carte sciolte.

95

prove di volo per una nuova architettura


Paolo Tomasella

ad uso commerciale destinato anche a sede aziendale ed ancora esistente lungo la strada Statale Pontebbana che conduce a Pordenone.
Anche Fiume Veneto conserva alcuni interventi progettati da Giovanni Donadon. Fra questi certamente
lepisodio pi rilevante rappresentato dal nuovo municipio (e relative pertinenze) che venne completato
fra il 1962 e il 1965. Questa costruzione sembra
evocare, almeno nelle intenzioni e seppur nel diverso rapporto di scala, il trattamento delle masse che
compongono lAmbasciata di Gran Bretagna a Porta
Pia nei pressi delle mura aureliane in Roma. Lopera,
concepita da Sir Basil Urwin Spence (Bombay, 1907
Yaxley, 1976) fu realizzata tra il 1959 e il 196847.
Con Spence, tra laltro autore della ricostruzione
della cattedrale di Coventry (1951-1962), Donadon
sembra condividere non consapevolmente unanaloga forma di trattamento delle superfici nel rapporto
fra i vuoti ed i pieni. La corrispondenza temporale
fra i due interventi appare quasi sorprendente e rappresenta anche la testimonianza che le sollecitazioni
formali tese verso una nova architettura animavano

La sede dellImpresa Del Mistro a Maniago. Prospettiva, 1973.


Archivio Donadon, Pordenone.

Vista dinsieme dei condomini Oriente I e Oriente II di via Lacchin a Sacile.


Soluzione iniziale, 1963. Archivio Storico del Comune di Sacile.

96

anche un territorio periferico come poteva essere considerato il Friuli Occidentale. Fecero seguito, sempre
a Fiume Veneto, altri interventi che, certamente funzionali, tuttavia si dimostrano meno efficaci sul piano
della composizione e delle soluzioni architettoniche
adottate rispetto al municipio: il poliambulatorio di
piazza Paolo Bagellardo, completato fra il 1971 e
il 1975 e lasilo nido comunale (via Conti Ricchieri,
1972-1979). Unanaloga struttura destinata alleducazione infantile venne completata su commissione
della parrocchia a Maniagolibero (via Dalmazia,
1968-1974)148.
Tra i diversi temi della progettazione affrontati dallarchitetto non assente nemmeno quello destinato alla
villeggiatura e alle vacanze. Nella stazione sciistica
di Piancavallo, in localit Collalto, Donadon complet la realizzazione del Residence Giardino (19731974) composto da una schiera affiancata da un
adiacente edificio a pi alloggi architettonicamente
definito attraverso la libera reinterpretazione della
baita prealpina. Se il progetto di montagna rappresenta un episodio, nel suo repertorio non mancano

Condominio Oriente II. Prospetto lungo via Lacchin, 1971.


Archivio Donadon, Pordenone.

97

prove di volo per una nuova architettura


Paolo Tomasella

LHotel Medusa a Lignano Pineta. Prospettiva dinsieme, 1963.


Archivio Donadon, Pordenone.

Sede direzionale e commerciale della ditta Fadalti Marco Orfeo,


Sacile. Prospetti, 1968. Archivio Donadon, Pordenone.

Il Residence Giardino in Piancavallo. Prospetti, 1973.


Archivio Donadon, Pordenone.

Il Municipio di Fiume Veneto. Prospetti, 1964.


Archivio Donadon, Pordenone.

invece alcuni significativi interventi nelle stazioni balneari adriatiche. A Lignano Sabbiadoro, oltre ad alcune case di villeggiatura fra le quali spicca villa Andreina costruita dallimpresario Marco Orfeo Fadalti
(via delle Arti, Lignano Riviera, 1969-1971), restano
rilevanti per forme, volumi e le scattanti geometrie
delle facciate, trasposizioni marine degli esiti formali
pordenonesi dello stesso periodo, lHotel Medusa (via
Raggio dello Scirocco, Lignano Pineta, 1963-1964),
il grattacielo Park Palace (piazza del Sole, Lignano
Pineta, 1962-1965) e il Residence Dei Fiori (viale dei
Fiori, Lignano Pineta, 1963-1967). Il contemporaneo
Hotel Mediterranee, costruito su base esagonale in
due lotti a Bibione Pineda (via degli Asfodeli, 19721973) riprende idealmente le soluzioni gi adottate a
Lignano nellalbergo Medusa.
Meritano una menzione, per i risultati raggiunti sia
nelle forme come nelle funzioni, alcuni singoli interventi edilizi costruiti in Friuli e nel Veneto. Fra questi la
palazzina Romor a Cordenons, edificio residenziale
e commerciale dangolo posto fra via Sclavons e via
San Francesco, opera concretizzatasi in due stralci
funzionali nel periodo 1958-1961. Fra Villa DArco e
San Quirino si trova villa Cecilian (1970), pregevole
edificio residenziale caratterizzato da un curioso porticato composto da archi a forma di ferro di cavallo.

98

Poco lontano da questa costruzione, a San Quirino,


visibile il ristorante La primula (1980-1981), che
rappresenta anche uno degli ultimi significativi edifici realizzati per mano dellarchitetto prima del definitivo abbandono professionale. A Mestre-Venezia
una schiera composta da tre fabbricati, completati a
cavallo fra gli anni Sessanta e Settanta e denominati
condomini Cortina-Torre Belfredo, connotano architettonicamente lomonima via Torre Belfredo.
Episodici furono invece gli interventi di architettura
sacra: tra questi, oltre allelaborazione di soluzioni
progettuali di massima rimaste sulla carta per la nuova Curia vescovile di Concordia-Pordenone (19731984), degna di menzione resta soltanto la chiesa
parrocchiale di Cecchini di Pasiano e gli annessi
edifici di ministero pastorale, realizzati tra 1967 e
il 198249. Ledificio caratterizzato dallintersezione
di scattanti direttrici ascensionali che tendono a far
convergere le masse e i volumi verso la croce che
svetta, baricentrica, al culmine della facciata. Di un
certo rilievo, per le articolate soluzioni formali, appare anche la residenza commissionata dal vicario
vescovile don Leo Bravin e costruita a San Giovanni
di Polcenigo fra il 1969 e il 197150.
Malgrado le alterne fortune riguardo gli esiti formali degli edifici progettati, le capacit espresse nella

99

prove di volo per una nuova architettura


Paolo Tomasella

composizione da Giovanni Donadon rimangono indubbie e si sono palesate in molti fra i tanti interventi
realizzati sia in citt sia al di fuori del contesto locale.
Egli ha saputo declinare le istanze del Moderno traducendo le aspirazioni dei grandi maestri del Novecento attraverso interpretazioni architettoniche inedite
per un territorio, quello pordenonese, forse non del
tutto preparato ad accoglierle e rimanendo pertanto
una voce senza accoliti.

Desidero rivolgere un articolare ringraziamento per la


collaborazione e il proficuo scambio di opinioni a Mirco
Bortolin e Enzo Pagura (Archivio Storico Comune di Pordenone), Francesca Ceccato e Lea Del Negro (Comune
di Prata di Pordenone), Igor Alzetta, Annalisa Avon, Moreno Baccichet, Margherita Bortolus, Ivo Boscariol, Caterina
Brugnera Pierfrancesco Busetto, Giuseppe Carniello, Sara
Cosarini, Francesco Donato, Massimo Del Mistro, Angela
Di Bon, Alessandro Fadelli, Giulio Ferretti, Giorgia Liut, Guido Lutman, Marcello Mezzedimi, Vittorio Pierini, Elisa Pellin,
Ermes Povoledo, Luka Skansi, Dino Franco Venerus. Rivolgo
un pensiero alla memoria di Alberto Gri che ci ha lasciati, prematuramente, durante questo nostro lungo percorso.

Il grattacielo Park Palace, Lignano. Stato attuale. Foto dellautore.

LHotel Mediterranee a Bibione Pineda. Prospettiva dinsieme,


1972. Archivio Donadon, Pordenone.
Casa don Leo Bravin a San Giovanni di Polcenigo. Prospetto, 1969.
Archivio Fadelli, Polcenigo.

46

Sono contemporanei ai primi interventi residenziali realizzati a


Maniago due progetti di ville da costruirsi a Manzano, di cui tuttavia
rimasto soltanto una prospettiva. Cfr. Giovanni Donadon. Architetture per la citt nuova. Pordenone 1950-1985, 80.
47 Riguardo questo episodio architettonico ringrazio in modo particolare, per le utili conversazioni, lingegnere Giuseppe Carniello.
48 Aveva preceduto questi interventi destinati allinfanzia la partecipazione, nel 1956, ad un concorso ristretto indetto dalla pieve catte-

100

drale di Concordia Sagittaria per la realizzazione di un asilo parrocchiale. Linteressante progetto, contrassegnato dal motto Children,
non ebbe esito. Archivio Giovanni Donadon - Pordenone, fasc. Concorso Concordia Sagittaria, carte sciolte.
49 Cfr. Cecchini 1976-1982, Bollettino Parrocchiale, Numero Unico
in occasione dellinaugurazione della nuova Chiesa, 7 marzo 1982.
50 Riguardo questo intervento ringrazio sentitamente Alessandro Fadelli per le utili informazioni.

Palazzina Romor a Cordenons. Vista lungo via Scalvons.


Foto Dino Franco Venerus, Cordenons. 2012.

Chiesa Cecchini di Pasiano, 1967. Archivio Donadon, Pordenone.

101

Giovanni Donadon:

la tecnica
giuseppe carniello

Chi si sofferma con uno sguardo, sia pure frettoloso,


sulle architetture di Giovanni Donadon coglie, insieme
con la qualit della composizione, una speciale cura
del dettaglio e delle tecniche costruttive. Anche questo
distingue nettamente quelle realizzazioni da molte altre contemporanee ed apparentemente analoghe.
Quando un edificio si avvicina al fatale mezzo secolo, per legge e per obsolescenza tecnica, affronta
un esame di sopravvivenza: vale la pena di essere
conservato? Tutti gli edifici di Donadon dimostrano
una qualit architettonica ed una tecnica costruttiva
ancora magistrale, degna di attenzione e di conservazione. Scrivo queste note con il rammarico di aver
contribuito alla demolizione di uno dei pi importanti:
il Cinema Teatro Verdi, sulla cui sopravvivenza lAutore vivente avrebbe potuto porre un vincolo. Ma non
lo fece, con la grande signorilit che lo ha sempre
distinto, comprendendo le ragioni di una scelta ormai
irrevocabile. Negli edifici documentati dalla mostra
troviamo una costante ricerca di temi strutturali e tecnologici che si rimandano da uno allaltro, si perfezionano e formano stilemi inconfondibili di un linguaggio
architettonico compiuto. Vediamo declinare in modi
sempre pi sofisticati il segno della colonna, lo studio del nodo fra colonna e volumi sovrastanti, il ritmo
delle campiture: pieni, vuoti, grigliati si alternano secondo assi musicali, mai con ripetizioni o cacofoniche

103

la tecnica
giuseppe carniello

dissimmetrie; sempre, in estensione ed in elevazione,


sviluppandosi con armonia. Sono tutte questioni compositive e non ci si permette di affrontare un tema che
altri sviluppano con maggiore competenza. Tuttavia
molto importante cogliere, di questo linguaggio, anche le connotazioni e le conseguenze tecniche.
un esercizio molto istruttivo per tutti, in unepoca che
vede la crescente dissociazione fra la figura progettata e la sua concreta realizzazione tecnica, con il
conseguente declassamento dellarchitetto a stilista.
Per economia di spazio, ci soffermeremo solo sui tre
elementi che dimostrano con maggiore evidenza la
sintesi inscindibile fra tecnica ed estetica, che sempre
guid la mano dellarchitetto Giovanni Donadon:

- la colonna,
- la griglia di facciata,
- il cornicione.
Molti altri elementi si potrebbero citare, fino alla scala
pi minuta del dettaglio costruttivo degli infissi, amorevolmente disegnati per ogni edificio. Sarebbe molto
lungo e difficile dimostrare quanto siano ancora attuali e interessanti quei lavori. Basti solo citarne uno:
chi sale al primo piano dei Magazzini del Lavoratore
di piazza Duca dAosta percorre una scala che resta
emozione pura, dopo cinquanta anni dalla sua realizzazione: la pedata aggettante, il corrimano di legno
sagomato, la protezione di cristallo retinato. Era tutto
previsto, il disegno originale essenziale, ma gi prefigura le curve, lattacco che svirgola, il forte supporto
inferiore. La pietra leggera, lacciaio si fa pesante
sostegno espressivo. Citiamo solo questo elemento, di
sfuggita. Ma come un invito a ri-guardare con attenzione tutte le architetture che abbiamo il privilegio
di poter frequentare, nella nostra citt.

La colonna
Non c un pilastro in posizione casuale e banale
negli edifici di Donadon. Non fra gli architetti che
prescindono dalle ragioni della statica (problema da
ingegneri, spesso ad essi delegato senza soverchie
preoccupazioni). Invece sussiste una identit fra lordine strutturale e quello compositivo. Pi ancora: c
un rimando di ragioni, di motivi e di stimoli che connettono la struttura e lestetica delledificio. Anche se

104

la struttura nascosta, se non esplicita, essa impone


un ritmo che traspare in filigrana. Talvolta la struttura
si manifesta solo nel pianterreno e dialoga, nella propria leggerezza, con la massa delledificio soprastante. un gioco ricorrente in tutti i palazzi residenziali
di Donadon: la colonna non banale ripetizione della struttura soprastante: un
elemento a s, che gioca di rimandi con i pieni della
facciata ed esprime la propria funzione portante, con
una forma autonoma. Con modi spesso assolutamente originali, applicando tecniche diverse, che cercheremo di citare in sintesi.
Le colonne cilindriche del palazzo di piazza Duca
dAosta, per la snellezza al limite della regola, per
il rivestimento di tesserine vetrose rossoscuro, per la
semplicit dellattacco alla trave del portico, conferiscono trasparenza assoluta al pianterreno. C
una logica costruttiva in questa scelta. In quegli anni
prendeva piede il modello strutturale della colonna
fasciata che nasconde nella propria armatura la
coazione della spirale in acciaio ed incrementa cos
la capacit resistente della piccola sezione di calcestruzzo. Si possono sostenere, con questa tecnica,
carichi importanti con una colonna esilissima. Esilissima quanto? Quanto serve. Per rendersi conto, basta
un contro-esempio: la colonna recentemente sostituita
per ripristinare il giunto con il nuovo palazzo contiguo. Sembra quasi uguale, ma un po pi grossa, un
po pi ovale, privata della mediazione della trave
ricalata, ne solo una sgraziata imitazione.

Le colonne cilindriche dei Magazzini del Lavoratore

Le colonne rettangolari del palazzo Zacchi Cossetti in


piazza Risorgimento potrebbero essere banali pilastri,
come quelli di gran parte dei condomini dellepoca.
Invece no. Hanno pianta rettangolare, si; ma segnata
da lastre di pietra grezza sui due lati maggiori e da
lastre di marmo sulle teste. Scompaiono sotto la mole
dei piani superiori, ma solo in parte, perch la zona
delle logge ha pilastri a tutta altezza. Poi ricompaiono
tutti in facciata degli ultimi due piani, come a voler
specchiare la figura del palazzo. Il risultato ancora
di grande leggerezza, nonostante le dimensioni.
Le colonne binate del palazzo Concordia al lato opposto della piazza, sono lesempio pi noto della
ricerca formale di Donadon. Ma non sono affatto un
formalismo. Bisogna partire dallo schema strutturale
di tutto il palazzo, che innova radicalmente gli schemi
precedenti, ancora legati alla precisa corrispondenza
degli assi delle colonne nel portico e nella struttura so-

La colonna binata del Condominio Concordia


La colonna rastremata del palazzo Breda

105

la tecnica
giuseppe carniello

prastante. Qui le colonne si diradano: il modulo strutturale 4,00 m ma le colonne del portico sono poste
a 6,00 m. Perci una massiccia trave di cemento armato costituisce lorizzonte di passaggio e segna con
una massa imponente la base della vera e propria
facciata. Per collaborare con una trave tanto importante, su campate doppie, le colonne si divaricano,
in modo che le basi sono ancora distanti 6,00 m, ma
le sommit solo 5,00 m. I momenti flettenti nella trave
smorzano le cuspidi, si riequilibrano armonicamente e si concludono sugli angoli con lo sbalzo della
facciata. Cos lo vede un ingegnere; larchitetto non
mancher di riscontrare il raggiunto equilibrio fra una
sovrastruttura possente ed una sottostruttura leggera,
bench perfettamente proporzionata.

Le superficie di cemento armato a faccia vista sono


ancora perfette, non una sbrecciatura, non una staffa
affiorante. Dieci anni fa ho avuto loccasione di sottoporre a verifica strumentale quelle strutture al limite
della fattibilit: la carbonatazione era penetrata solo
per pochi millimetri, le resistenze meccaniche erano
elevate in tutto il complesso strutturale, le deformazioni elastiche nella prova di carico rispondevano perfettamente. Non solo merito del muratore, merito
e premio di chi pens e progett quellorditura di cemento armato.

Le colonne del palazzo di viale Marconi svolgono un


tema affine, ma complicato dalla scelta di un portico
passante di doppia altezza. Qui la snellezza (intesa
come caratteristica strutturale) ha una soluzione canonica, che solo negli anni Ottanta sar applicata diffusamente, con lavvento delle aste fusiformi nellhightech. La questione, bench intuitiva, forse merita un
richiamo concettuale: una colonna non pu superare
il rapporto critico fra la propria altezza e la sezione,
perch si determinerebbe uninstabilit con la deformazione dellasse, che da rettilineo potrebbe inarcarsi in una curva, in una esse ed infine, con curvature
sempre pi accentuate, arrivare al collasso. La sezione della colonna in cui potrebbe innescarsi linstabilit non alle estremit, ma nella parte centrale del
fusto. Perci la colonna deve avere dimensioni maggiori nella parte mediana e pu essere rastremata,
senza pregiudizio per la statica. Dunque le colonne
a doppia altezza di Donadon sono sagomate sia nel
piano di facciata, sia nel piano perpendicolare, con
una continua evoluzione della sezione. Solo Vaccaro
a Bologna aveva gi fatto qualcosa di cos poetico e
strutturalmente appropriato.
Le colonne del municipio di Fiume Veneto sono pure
binate e dominano la composizione della facciata.
Qui, per, non si instaura alcuna dialettica fra sopra
e sotto, tutto partecipa ad un solo disegno. Le sottili colonne, arrivando fino al tetto, sostengono altre
nervature, ad esse affini, ma di secondo ordine, per
costituire un graticcio che si infittisce salendo. Riprenderemo pi avanti il tema del graticcio. Quello che
meraviglia la perfezione esecutiva: sezioni al limite
della possibilit costruttiva si intrecciano con spigoli
perfettamente allineati e sfalsati, linee di modulo di
interrompono e poi ricompaiono perfettamente in filo.

La composizione degli elementi in facciata uno dei segni pi caratteristici dellarchitettura di Nino Donadon:
mai un allineamento domina indiscusso da cima a fondo, mai una superficie piatta e neutra, senza altra
campitura che la contrasti. Non un solo gioco compositivo, una tecnica espressiva ed uno strumento
che conferisce profondit alla facciata, riporta le ombre e mette in luce gli spessori. Spesso si intreccia con
motivi strettamente tecnologici, come lombreggiatura
degli spazi retrostanti, o la protezione dal vento, o la
riduzione dellintrospezione. In casi estremi, come nel
condominio Ariston e nel municipio di Fiume Veneto,
si fa disegno stesso della struttura.

106

La griglia di facciata

La facciata della vecchia sede dellAssociazione Industriali in piazza XX settembre (oggi pertinenza della
Banca Friuladria) un esempio elegantissimo del linguaggio razionalista italiano, con il basamento rivestito in pietra grezza, la superficie liscia interrotta ora
da una loggia rientrante ora da finestre a filo, ora
con infissi sporgenti che proiettano lombra sullintonaco chiaro. una pagina magistrale, un saggio di
eleganza. Ma nulla casuale, anche sul piano della
tecnologia: la facciata sporge leggermente dal basamento, vi proietta unombra e lo protegge dalla pioggia; gli ingressi sono meglio riparati da una piccola
pensilina, che tuttavia sta ancora pi in basso, non si
confonde con il filo di facciata e si estende di lato fino
proteggere il cancelletto pedonale.
Le facciate dei diversi padiglioni dellOspedale Civile
costituiscono il paradigma pi completo del lessico
di Donadon; qui la logica funzionale si esplicita nel
modo pi ampio possibile. Troviamo ancora le sottili
lesene montanti, gi sperimentate su molti palazzi re-

sidenziali e si aggiungono eleganti variazioni di frangisole fissi, davanzali e velette, frangisole scorrevoli,
ampie finestre vetrate, finestre ad ante dissimmetriche
per la ventilazione naturale. Non un puro e semplice
catalogo: ciascun elemento esprime una finalit precisa, sia nella composizione complessiva, che nella
specifica funzione degli ambienti retrostanti.
Non neppure qui un semplice gioco compositivo e
non solo lesplicitazione della funzione. La variet
di soluzioni ed il tono caldo del rivestimento in klinker anticipano un criterio solo oggi perentoriamente
richiesto come essenziale nel progetto degli ospedali:
Umanizzazione. Allora non ci si pensava, basta vedere gli altri nosocomi dellepoca: un gran edificio
grigio-azzurrino, tante finestre tutte uguali, come per
dire: Vieni qui, forse ti guariremo, ma per noi sei
solo un numero. Nellospedale di Pordenone, anche
per merito del progettista, si viene accolti come utenti meritevoli di attenzione, di cure, senza perdere la
propria individualit.
Il condominio Ariston, in via Beato Odorico, sviluppa
ancora la tessitura modulare della facciata, con lesene
e scarti delle finestre nel passare da un piano allaltro,
quasi a sottolineare la dinamica ascendente che caratterizza tutto ledificio. Una parte rientra per dare
spazio ai poggioli della abitazioni, ed parzialmente protetta alla vista da una grigliato verticale di cemento armato. Gli uffici invece sono tutti vetrati, con
finestre quasi continue, solo separate dalle ricorrenti
paraste verticali.
Questo edificio introduce anche una novit: un grande corpo di collegamento fra i due blocchi edilizi
sostenuto dalla propria stessa facciata, esplicitamente
proiettata allesterno, senza altra mediazione che le
vetrate. La facciata qui una pura e semplice trave
reticolare; anche in questo caso si anticipano di decenni le soluzioni hight-tech. Ma lavorandole con il
cemento armato, con casserature perfette, superfici di
precisione millimetrica, raccordi obliqui geometricamente azzardati e costruttivamente ineccepibili.

Scorcio della torre Ariston

La struttura esplicitata ha il proprio trionfo nella sede


municipale di Fiume Veneto. Qui lintero edificio
espresso dalla tessitura in cemento armato delle colonne, delle travi, dei riquadri, delle cornici, dei doccioni. Tutto il resto in subordine, quasi non appare.
Cita la quasi coeva Cancelleria Britannica di sir Basil
Spece a Roma: simmetria, sospensione del pianterreno, aggetti dangolo, ma con una leggerezza che quasi la supera, le modanature che divengono esse stesse

107

la tecnica
giuseppe carniello

La trave-parete reticolare del complesso Ariston

Dettaglio del Municipio di Fiume Veneto


Scorcio della facciata di palazzo Breda

struttura principale, le finestre sono modulate per controllare lintrospezione. Tutto cemento armato a vista. Lultimo geniale tentativo di rinnovare il paradosso
della naturalit di un materiale artificiale. Qui per
non beton brut, ma raffinata esecuzione di dettagli.
Il palazzo Breda in viale Marconi cambia radicalmente
lessico, rinunciando agli elementi di cemento a vista ed
alle superfici di klinker. Non cambia la scelta compositiva, tutta giocata sulla profondit della facciata e
sulla dialettica di porticati e pareti piene. Addirittura
il portico passante su due piani (con le colonne affusolate di cui si gi scritto). Linvolucro per non
pi composito, ma di unico materiale: di travertino
rivestite le campiture opache, di travertino incorniciate le finestre. La profondit conferita dalla diversa
lavorazione: lastre piane sulle superfici, massello pieno sagomato a sguincio le cornici. Il tutto risalta come
una sequenza di fotogrammi vicino-lontano e domina
sul vuoto marcato alto due piani, sulla vetrata a filo
lucido e sul portico passante. Travertino, cornici, riquadri: dalla descrizione si dedurrebbe un carattere
monumentale ed invece larchitetto non rinuncia al

108

dinamismo, recuperando, come nei suoi primi edifici, lalternanza apparentemente irregolare dei pieni
e dei vuoti. Cos ha realizzato un edificio sospeso,
mutevole nella quarta dimensione.

Il cornicione
Detto cos, il cornicione sembra davvero un elemento neoclassico! Ma non si trova un nome appropriato
alla variet di soluzioni con cui larchitetto Donadon
chiude in alto i propri edifici; nessuna soluzione
banale, sempre nuovi sono i motivi e le tecniche utilizzate. Spesso aveva staccato la cornice, con una
sospensione delledificato fra la facciata ed il cielo;
talvolta si era limitato ad evidenziare lo stacco fra
soffitto e copertura, con un grigliato che corrispondeva
alla tecnica (oggi ampiamente usata) della copertura
ventilata. Altre volte, semplicemente la facciata si piega allindietro, lasciando intravvedere il cielo un po
in anticipo.

109

la tecnica
giuseppe carniello

Nei tre edifici dellOspedale Civile, lintero ultimo piano ha una destinazione speciale e dunque appare
allesterno con un involucro diverso, un grigliato che
fa dellintero piano il cornicione delledificio. In questo caso, anche la struttura portante e non solo linvolucro, mutano assetto. Nellultimo piano (dove sono le
sale operatorie), si liberano gli spazi eliminando i pilastri interni e la copertura sorretta da travi reticolari
in cemento armato estradossate; la sagoma delle travi
si proietta e costituisce la copertura stessa, che appare
la Mansarde. Purtroppo oggi la sovrapposizione di
molte apparecchiature di climatizzazione ha snaturato e reso illeggibile quella soluzione cos intelligente.
La sopraelevazione dei Magazzini Boranga prevedeva una grande terrazza al quarto piano; sulla strada
principale la terrazza si affacciava con un grande
vuoto: la cornice non racchiudeva ledificio, ma uno
spazio astratto, che faceva da tramite con il cielo.
Quella soluzione, cos poetica e molte volte riproposta
dallarchitetto, avrebbe avuto una ragione tecnica ancora oggi attuale: scherma la facciata dai raggi solari
che incidono da Sud, la protegge dalle intemperie,
agevola laccesso in sicurezza sulla copertura. In pi,
enfatizza ledificio, cosa non trascurabile per una attivit commerciale; ma qui lenfasi non banale come
nelle sovraccostruzioni di certi complessi edilizi di Ligresti a Milano o di Podrecca a Conegliano.
Per restare al commerciale, i Magazzini del Lavoratore di piazza Duca dAosta hanno lo stesso gioco
della cornice staccata. Per qui lorientamento della
facciata diverso, il sole da Sud non sfiora, ma colpisce in pieno la facciata su via Cavallotti, perci il
coronamento si piega in basso e le aperture sono limitate. Solo laltra facciata a Ovest si apre con logge
profonde e ben protette dalla luce trasversale.
Il palazzo Zacchi Cossetti resta il testo pi ricco di elementi tecnici e compositivi: anche qui il coronamento
formato da una soletta lineare, staccata dalla massa
edilizia; in pi c la complicazione dellangolo ottuso
fra i due assi stradali e quindi fra le facciate convergenti. Perci tutte le terrazze dangolo si allineano alla
facciata principale, come se fosse un angolo retto;
allultimo piano la terrazza dangolo scompare ed il
cornicione si libra nel vuoto. Da notare che qui c
un doppio cornicione: la terrazza del penultimo piano
ha eccezionalmente un parapetto continuo in cemento
rivestito, che copre la facciata sottostante; sopra svet-

110

tano le colonne su due piani ed il cornicione vero e


proprio. Certo una matrice estetica ha ispirato questa
complessa configurazione ma, come capita nelle vere
architetture, si ritrovano sempre fattori concomitanti di
natura tecnica: la protezione dagli agenti atmosferici,
lombreggiamento, la protezione dallintrospezione e
dal senso di vuoto.
Il progetto originale di palazzo Zacchi si estendeva su
tutto il lato della piazza, la cui simmetria sarebbe stata rafforzata dal gioco di rimando di due architetture
dialoganti. Probabilmente era stato pensato anche un
terzo edificio di sfondo. Non fu cos e la raffinata
eleganza del palazzo si confronta con linespressiva
monotonia dei condomini contigui. Del resto, anche i
grandi edifici contemporanei che di scorcio lontano
dominano la piazza non ne escono meglio, con il loro
esuberante manierismo: il senso della misura, sempre
vigile nelle architetture di Donadon fa emergere ancora la qualit, dopo mezzo secolo.
La capacit di esprimere con un elemento edilizio un
concetto strutturale ed insieme la ricerca architettonica costituisce il fascino di una professione che ogni
giorno mette in mostra la propria intelligenza del
cuore. Tuttavia ci non basta per conferire agli edifici una durata che vada oltre il tempo dellutilit pratica e li preservi dal decadimento delle mode.
necessaria anche la capacit di realizzare (e far
realizzare) i propri intenti. La contemporaneit delle
architetture di Giovanni Nino - Donadon si manifesta
anche con la durevolezza delle superfici, la nettezza
degli spigoli, la pura geometria delle modanature.
Tutto ci richiede anche una tecnica costruttiva, oltre
che concettuale. Diremmo, banalmente, che ci furono
bravi costruttori ed verosimile. Ma non solo.
La manualit certamente dote personale di chi costruisce e troppo spesso ci scordiamo di dargliene
atto; tuttavia in cantiere indispensabile anche la guida ferma dellarchitetto. Negli edifici che abbiamo
passato in rassegna si scorge la traccia di una qualit
ben nota a chi ha avuto occasione di lavorare con
Donadon: arrivava in cantiere, serio serio, osservava in silenzio e poi raccomandava, consigliava ed
imponeva le tecniche affinch un calcestruzzo faccia vista fosse davvero tale, lo spigolo fosse perfettamente convergente, il klinker aderisse stabilmente
al sottofondo. Tutte cose che derivano solo dalla cura
e dallesperienza personale, continua, diuturna, sempre alla prova.

Scorcio delle terrazze dangolo di palazzo Zacchi

111

113

Edifici pubblici a Pordenone


regestro immagini

114

115

Edifici pubblici a Pordenone


regestro immagini

116

117

Edifici pubblici a Pordenone


regestro immagini

118

119

Potrebbero piacerti anche