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Tra gli strumenti a fiato più antichi conosciuti nella storia dobbiamo citare l’aulos
(canna, ossia aerofono di canna). Nella Grecia antica l’aulos era uno strumento
molto popolare che veniva suonato durante i banchetti da musicisti di umili origini
sia uomini che donne. Legato a particolari situazioni di teatro, guerra, riti agresti,
era nello stesso tempo associato alla trance e al vizio. Esiste inoltre un’immagine di
auleta in mezzo a guerrieri armati, con le canne dei clarini rivolte al cielo.
“Per quanto riguarda timbro e sonorità si può, senza timore di errore, asserire che
erano, come in tutto il bacino del Mediterraneo, assordanti e acuti.
Le pitture mostrano gli auleti che soffiano
nei loro strumenti, gonfiando le guance o
addirittura tenendole piatte, segno che si
soffiava, come è quasi d’obbligo per
questo strumento, la respirazione
circolare, che consente di suonare senza
riprendere fiato e dunque senza
interruzione.
Suonati, diciamo, alla mediterranea, il
clarinetto doppio o l’oboe hanno
intonazioni veementi, un suono forte e roco, un’intensità emozionale tanto più
grande in quanto lo strumento può suonare per più ore senza interruzione”
(Rouget G., 1980, p.295). La tensione delle gote negli oboi semplici dei popoli
musulmani viene spesso sostenuta dalla presenza, davanti le labbra, di una rondella
di osso o metallica che favorisce la tenuta della camera d’aria della bocca; questa
pressione si mantiene quanto più vengono pressate le labbra che comprimono l’aria
contenuta nella bocca, dandole più forza nel passare attraverso la doppia ancia e
fornendo un ritorno di pressione tale da permettere la presa del fiato utile per la
respirazione circolare. “Nella parte occidentale di Giava, in luogo del disco, si
applicano al bocchino “grandi ali di cocco” come le chiama Kunst, le quali formano
una mezzaluna che si estende da un orecchio all’altro, come una fetta di melone
attraverso la faccia di chi la sta mangiando, allo scopo di sostenere le gote enfiate”.
(Baines, A. 1961, p.49).
Anche C. Sachs riporta alcune notizie storiche sulla tecnica di esecuzione: “Il
sonatore teneva in bocca tutto il segmento finale del clarinetto con l’ancia vibrante:
la cavità orale fungeva da serbatoio d’aria, la inspirazione avvenendo per il naso, e
la bocca poteva emettere un flusso costante di aria. Come avviene per i soffiatori di
vetro. Non risultavano possibili naturalmente variazioni di timbro e d’intensità,
considerato il tipo di insufflazione: il suono riusciva sempre d’egual forza, insieme
insistente e penetrante. I suonatori delle launeddas sarde (un tipo di clarinetto)
addestrano i loro allievi in questa difficile tecnica col farli soffiare in una cannuccia
la cui estremità inferiore pesca in una scodella d’acqua: il gorgoglio dev’essere
continuo, indipendentemente dalla respirazione dell’allievo; quando si interrompe,
il maestro richiama il futuro sonatore con un colpetto sull’orecchio. L’autore potè
appurare al Cairo che i sonatori d’oboe egiziani venivano istruiti con identico
tirocinio”.
A. Bresciani nel suo Dei costumi della Sardegna comparati cogli antichissimi popoli
orientali, Napoli 1850, citato da V. Fiorentino in La Musica. Lavoro storico
filosofico sociale, dice: “Vi soffiano dentro maestrevolmente, gonfiando le gote, che
servono loro come l’otre della cornamusa; e a cagione che il suono sia sempre
disteso ed unito, s’avvezzano a respirare col naso; ma di tal guisa che durano una
danza intera senza allentare, o sospendere d’un attimo il filo della melodia, che
fluisce continuo come dalla canna dell’organo. E si meraviglioso è in essi l’abito di
cotesto imboccare il flauto a dilungo, che appena è mai che esca a singhiozzi, od
anco a minimi intervalli di mezza croma; né perciò che ispirino colle narici, mozzan
l’uscita dell’aria dalle pive, la quale esce come da un serbatoio perenne.”
Silvestro Baglioni continua nella descrizione della tecnica: “Una proprietà delle
produzioni musicali di qualunque genere siano, è che il sono mai s’interrompe.
Non esistono pause. La
capacità di poter soffiare
senza interrompersi per
inspirare dipende, come
vedremo meglio, dal fatto che,
durante l’inspirazione
toracica, il cavo buccale funge
da serbatoio, da cui il
suonatore spinge l’aria
comprimendo le gote. Infatti
esse si veggono ritmicamente
sollevarsi e abbassarsi, senza
che a questo ritmico
alternarsi corrisponda alcuna
variazione d’intensità nella cantilena, la quale fluisce costante e senza interruzione.
Né si deve credere che in questo il suonatore dia segni di sforzo o di difficoltà di
respiro. Calmo e tranquillo, è capace di continuare la sua cantilena per quarti e per
ore.” Oggi in Sardegna esistono alcune scuole sparse nel territorio; in particolare si
deve alla attività dell’associazione culturale Cuncordia a Launeddas, costituitasi a
Cagliari nel 1987, la diffusione didattica, culturale e storica di questo strumento.
Attualmente la tecnica della respirazione circolare in Sardegna, ha acquisito una
espressione didattica moderna che va al di là di strutture e legami segreti che si
tramandavano oralmente solo a pochi allievi.
La respirazione
Ora è necessario legare insieme i due processi: cioè svuotare la bocca dall’aria
facendo vibrare le labbra, e nello stesso momento respirare aria con il naso.
Riepilogando la prima fase del processo avremo la sequenza:
a) prendere un respiro leggero con il naso;
b) trattenere il respiro;
c) gonfiare le guance;
d) svuotare l’aria tenuta in bocca facendo vibrare rumorosamente le labbra e nello
stesso momento respirare con il naso;
e) esalare dal naso;
f) rigonfiare le guance;
g) svuotarle rumorosamente dall’aria mentre si tira su con il naso;
h) respirare di nuovo.
Respirazione nasale, movimento di gonfiamento delle guance, movimento di
sgonfiamento con vibrazione delle labbra eseguito insieme al respiro con il naso,
diventano automatici e continui.
Sviluppo attraverso cinque differenti tappe: utilizzando la respirazione addominale
prendere un respiro profondo; trattenere in bocca più aria possibile in pressione;
rilasciare la restante aria presente nei polmoni attraverso il naso, mentre si
continua a tenere le guance in tensione con l’aria dentro; prendere un altro respiro
addominale attraverso il naso; esalare tutta l’aria attraverso la bocca.
Questa sequenza è fondamentale per l’apprendimento e deve essere eseguita in
modo scorrevole e continuo senza dover più pensare alla differente scelta tra
l’esalazione dal naso e quella dalla bocca.
Se riassumiamo tutta la sequenza delle tappe necessaria alla esecuzione del
processo respiratorio in modo circolare, avremo: prendere un respiro addominale;
mandare dai polmoni nella bocca gonfiando le guance molta aria per tenerle in
tensione e farla uscire controllando la pressione in uscita rumorosamente; prendere
respiro, sempre addominale, attraverso il naso, mentre usando i muscoli delle
guance si spinge fuori ancora l’aria dalla bocca rumorosamente; tornare subito al
diaframma prima che tutta l’aria contenuta nella bocca sia stata espulsa e tenere
costante il flusso di uscita di aria sempre dalla bocca.
Inserendo le labbra rilassate nell’imboccatura dello strumento è necessario fare
attenzione che non ci sia dispersione di aria, per questo è utile applicare
sull’imboccatura dello strumento della cera d’api utile anche per non farsi male.
Inoltre si deve prestare attenzione a non comprimere troppo lo strumento verso la
bocca per non indolenzire le labbra impedendo la circolazione nei capillari ed
essere costretti a rinnovare l’imboccatura smettendo di suonare.
La sequenza utile è la seguente: prendere un respiro addominale, gonfiare le
guance, rilasciare l’aria dal naso tenendole sempre tese e subito dopo riprendere il
respiro dal naso mentre le guance vengono schiacciate forzatamente facendo uscire
l’aria. Se l’imboccatura dello strumento è stata presa bene, l’aria certamente
lascerà uscire un suono accettabile.
Esecuzione del processo completo: inserire le labbra nello strumento prendere un
respiro addominale completo suonare la nota di bordone, utilizzando metà circa
dell’aria presente nei polmoni gonfiare le guance utilizzando l’aria presente nei
polmoni forzare i muscoli delle guance comprimendole e nello stesso momento
aspirare aria con il naso ritornare al supporto del diaframma forzando l’aria dai
polmoni continuando sempre a produrre il suono di bordone.
Per non incorrere in problemi di iperventilazione, con conseguente sensazione di
testa vuota per il troppo ossigeno accumulato, se non si riesce a compensare
lasciando uscire dell’aria dal naso mentre si suona, è utile per riposarsi effettuare
un suono lungo fino a consumare tutta l’aria accumulata e successivamente
ricominciare a prendere respiri addominali più brevi dal naso, cercando di
rilassarsi senza forzare nella velocità del ritmo circolare.
È necessario rinnovare ogni tanto l’imboccatura delle labbra, sia per allentare la
pressione su di esse e permettere al sangue di circolare liberamente, sia per
migliorare il suono che nel frattempo potrebbe essere diventato cupo e ovattato a
discapito dell’udibilità degli armonici.
Durante le proprie esecuzioni ogni tanto può essere consigliabile imparare a fare
suoni staccati di varia durata permettendo l’allentarsi della pressione sulle labbra.
E poi dobbiamo accettare che non è possibile suonare all’infinito!
Strumenti moderni
Alcuni strumenti moderni a fiato possono avvalersi di questa stessa tecnica, ed
attualmente la utilizzano quando si rende necessaria la ripresa del respiro senza
dover interrompere la continuità di una frase musicale (Kynaston, T.P., 1978; Dick,
R., 1987; Boubaker, H., 1999).
1) Famiglia sassofoni e clarinetti ad ancia semplice, sassofoni: sopranino, mezzo
soprano, soprano, contralto, tenore, baritono; clarinetti: Sib, contralto, basso.
2) Famiglia oboi ad ancia doppia: oboe, corno inglese, oboe d’amore, baritono, e
legni sempre ad ancia doppia: fagotto, controfagotto, bombarda.
3) Famiglia degli ottoni: corno, tromba, cornetta, flicorno, trombone, bassotuba.
4) Famiglia dei flauti traversi e dritti: flauto, ottavino, flauti dolci, flagioletti.
L’applicazione della tecnica della “respirazione circolare”, ai vari strumenti
moderni presenta alcune difficoltà a seconda della famiglia di appartenenza e a
seconda a volte della grandezza dello strumento all’interno della stessa famiglia. Il
problema riguarda la resistenza dovuta al ritorno della pressione. Se si hanno le
labbra chiuse e le guance piene d’aria avremo un massimo di resistenza della
pressione dell’aria, ma al momento che inseriamo tra le labbra il bocchino di uno
strumento questa resistenza si riduce parecchio e siamo costretti ad aumentare il
controllo sia sull’imboccatura che sull’emissione dell’aria.
La presenza delle ance favorisce il ritorno della pressione e sarà più semplice
applicare questa tecnica agli strumenti della famiglia degli oboi che hanno un’ancia
doppia. Le difficoltà non aumenteranno di molto con i sassofoni e i clarinetti che
hanno un’ancia singola, mentre per gli ottoni ad ancia labiale, più lo strumento è
piccolo come la tromba, più sarà agevole rispetto ad esempio alla tuba. Al contrario
con i flauti sia dritti che traversi questa risulterà molto difficile in quanto la stessa
imboccatura presenta una resistenza naturale quasi nulla (Dick, R., 1987).
CR
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