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Non bisogna prender troppo fiato, spec. per suonare poche note (es.: inizio di Mozart).
Studiando, fare l’opposto: poca aria, solo in basso, suonando 1/2 note con naturalezza
(esercizio di almeno 10 m.: “respira-suona, respira-suona”.
L’appoggio importante sul bocchino è di sopra, coi denti; il labbro di sotto sta teso quel
tanto che basta, non di più, per fare da ‘sordina’ per non far uscire gli armonici. Se si perde
aria, può essere per eccessiva spinta, troppa pressione (esercizio: suona note solo con la
mano di sopra, senza usare quella di sotto per sostenere lo strumento, ed osserva cosa fanno
i denti per sostenere lo strumento).
La leggerezza/durezza delle ance da impiegare deve essere in relazione all’acustica del posto
dove si suona; meglio un po’ più leggera che pesante, per non irrigidire.
Bisogna più badare al risultato, ascoltarsi, che pensare a cosa succede internamente al
corpo: pensare troppo, in certi momenti, è di ostacolo; bisogna invece suonare con
naturalezza.
Più si va nell’acuto, più conta il sostegno dal basso: è come l’albero alto, che ha bisogno di
radici profonde per non vacillare ad ogni brezza.
Respirando basso, occorre gonfiare un ‘salvagente’ di aria tutto attorno alla pancia, e lo si
tiene relativamente morbido anche durante la spinta, l’emissione: non occorrono sforzi
ginnici per suonare…
L’intonazione si controlla con la gola, non col labbro, come per gli intervalli: “u-hu, u-hu”,
tipo cantante, a gola aperta.
L’uso di vocali è ad una fase più avanzata; sono ottime quelle italiane. La ‘u’ è in basso,
verso il mento; la ‘i’ in alto, sulla testa.
Il centro del suono è dietro il naso, come per i cantanti; il suono si produce e si controlla con
la testa, ovvero col cervello, e facendo risuonare opportune parti del corpo. Per un suono
grosso, occorre un corpo ‘grosso’ (ma non di persona grassa!!).
Prendere troppo fiato, sfruttarlo male e stare rigidi equivale a fare come quel violinista che
tiene l’archetto pressato contro le corde, sfregandole con forza, e producendo un suono
brutto, rigido e non rotondo.
La vera tecnica è questa, le dita nei fiati hanno poco da fare (rispetto ad altri strumenti…). I
passaggi difficili vengono facili, se si respira bene e si emette altrettanto.
Nel colpo di lingua, è più importante il distacco, il ritorno, che non il contrario; va anche qui
fatto con rilassatezza.
Quando si finisce un suono, una frase, bisogna respirare alla fine, all’ultimo momento,
quando il suono è completamente cessato, per non irrigidire la gola.
Il sistema usato (Bohm, Muller,…) non è importante per il risultato; anche la posizione non
lo è: basta star comodi (ma il busto eretto sarebbe meglio).
Da Brymer
Nel F e FF, allentare legg. La pressione sull’ancia, per lasciarla vibrare più ampiamente.
Più l’acustica del luogo è afona, più l’ancia da usare sarà leggera, seppur salda (e non
bisogna forzare!!).
L’arte del legato è nella preparazione del passaggio alla nota successiva, mediante
un’immagine mentale ben precisa di essa (pressione, brillantezza, registro,…).
L’unico punto di resistenza nell’emissione dev’essere l’ancia, ovvero l’apertura sul
bocchino, variata dall’imboccatura.
Può aiutare avere una giusta immagine mentale del suono da produrre, e della colonna
d’aria continua che parte dal diaframma e risuona in bocca, senza rigidezze.
APPUNTI DA METODO SUL FLAUTO (?)
(Testo consultato in libreria, forse da Feltrinelli…in v. XX Settembre a Genova)
Non sgonfiare mai completamente la parte centrale del busto, alta pancia/costole fluttuanti,
quando si riprende fiato, per mantenere la giusta tensione e controllo dell’emissione.
Appoggio: è verso il basso, nel senso di una spinta toracica/muscolare verso il basso,
contrastata dalla risalita addominale (i muscoli addominali tendono a rientrare durante
l’emissione). La sensazione, però, è quella viceversa di ‘gonfiamento graduale della pancia’.
Una sensazione può essere quella di un palloncino gonfio posizionato al centro della pancia,
con un buchino che lo svuota subito sopra l’ombelico.
La respirazione non va interrotta: si prende fiato sul levare prima dell’attacco (se c’è tempo,
posso fare come già faccio: iniziare a prender fiato un po’ prima, inspirando lentamente col
naso, come per annusare un fiore, e terminare con la bocca).
Se c’è l’appoggio in basso, si ha una grande sicurezza. Negli acuti e nel diminuendo occorre
maggiore pressione, maggiore spinta verso il basso.
Durante l’attacco dei suoni il rientro addominale è più veloce, marcato; poi, creata la giusta
pressione/sostegno, è più lenta, costante, a parità di suono.
Sempre nella terza parte del I° volume Bärmann inserisce alcuni esercizi
di tecnica per i salti di sesta e ottava (vedi esempio n° 3), proprio perché
egli aveva constatato che gli allievi spesso incontravano difficoltà in
questi tipi di intervalli. Questa difficoltà dal punto di vista acustico
trovava spiegazione nel fatto che il clarinetto si basa sull’intervallo di
dodicesima, quando si azionava la leva del portavoce, e non di ottava
come invece accadeva in altri strumenti musicali. Da questo ne scaturiva
una diteggiatura diversa e complessa tra i due registri (di chalumeau e di
clarinetto), soprattutto negli intervalli di sesta e ottava, per questo, la
consapevolezza di questi intervalli fastidiosi, spinse Bärmann a includere
esercizi indicati proprio per il superamento di queste difficoltà.