Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
Lezione 1
Questo lavoro nasce con il proposito di fornire i principali aspetti storici che hanno
contribuito alla creazione del clarinetto odierno. Nello specifico si tratterà delle origini e
dell’evoluzione dello strumento, delle grandi personalità del mondo clarinettistico che
hanno rivoluzionato di volta in volta il clarinetto e delle composizioni del vasto repertorio,
nate dalla stretta collaborazione tra compositore ed esecutore.
Benché dunque sia facile affermare certi fatti ben noti sulle origini del clarinetto, non
esistono tuttavia delle prove concrete. Probabilmente è intorno al ‘700 che si può
collocare la nascita del clarinetto. Nonostante vi sia un salto temporale così ampio, le
uniche fonti attendibili ci informano di uno strumento a fiato tubolare di canna, forato in
diversi punti e sormontato da un altro piccolo tubo all’estremità del quale veniva fissata
una linguetta di canna o di sottilissimo metallo (ancia battente). Era lo “Chalumeau”,
termine che deriva dal latino calamus (piccola canna) e dal greco calane (flauto di canna).
Era uno strumento solitamente costruito in bosso o legno d’acero, dal timbro affascinante
e da un’ampia flessibilità sonora.
Fra i costruori più esperti nella costruzione di chalumeau troviamo Johann Schell, Denner
(padre e figlio). L’estensione di questo strumento era molto limitata infatti non superava
l’ottava e mezzo.
Si nota un discreto numero di opere per questo strumento, e le prime tracce sono databili
ai primi anni del ‘700 principalmente in Germania e in Austria. Alcune delle più
importanti opere sono l’“Orfeo” e l’“Alceste” di Gluck, un concerto per chalumeau
soprano e orchestra di Hoffmeister, un concerto per due chalumeaux e archi di
Telemann ecc.
È intorno al 1690 che un grande liutaio di Norimberga, Johann Christian Denner,
apportando alcune modifiche a tale strumento presentò il primo clarinetto. Esso
presentava sette fori per mezzo dei quali si ottenevano soltanto i suoni che avevano
un’estensione dal fa grave sotto il pentagramma, al sol “vuoto”.
Con la scoperta della risonanza del bocchino, Denner deve essersi trovato di fronte alla
possibilità di aumentare l’estensione verso l’alto, e lo fece attraverso l’uso del portavoce,
ossia una chiave che andava ad aprire e chiudere un piccolo foro a seconda dalle esigenze
dell’esecutore. Qualunque cosa egli si aspettasse, ottenne un registro alla dodicesima
sopra quella fondamentale, e questo significò che dovette aggiungere non una, bensì due
chiavi, così grazie alla collaborazione del figlio Jean Denner, aggiunse un altro foro
coperto da una chiave, che fu la prima applicata al clarinetto per ottenere il la del secondo
spazio del pentagramma. È anche di Jean Denner l’invenzione del piccolissimo tubo
metallico situato all’interno del pezzo superiore che serve ad isolare l’umidità prodotta dal
fiato immesso nello strumento.
Verso la fine del XVIII secolo il tedesco Fritz provvide ad aumentare l’estensione,
attraverso l’allungamento dello strumento e la creazione della terza chiave (lunga), che
permetteva di suonare le note mi grave e si terza linea.
In seguito, vennero inventate da Joseph Beer, virtuoso del clarinetto, le chiavi per suonare
il fa diesis grave/do diesis, e il sol diesis grave/re diesis.
È nel 1791 che il francese Lefèvre, professore al conservatorio di Parigi, invento la sesta
chiave per ottenere i suoni del do diesis/sol diesis.
Nel frattempo, il clarinetto veniva sempre più impiegato dai compositori. È il caso di A.
Vivaldi, che incluse due clarinetti in do in alcuni suoi concerti grossi intorno al 1740.
J. C. Bach che introdusse largamente il clarinetto nelle sinfonie per fiati che scrisse
intorno al 1760. Importante è il concerto di Johann Stamitz e alcuni concerti di Molter;
quest’ ultimo in particolare scrisse anche per clarinetto piccolo in re.
Fu Carl Stamitz, figlio di Johann insieme al virtuoso Beer a inaugurare il primo binomio
che ha portato fortuna al nostro strumento. Ricordiamo infatti che i suoi 12 concerti sono
frutto di un’importante collaborazione tecnica col clarinettista.
Il clarinetto si presentava ancora incompleto e abbastanza imperfetto specie per quanto
riguardava la sonorità e l’intonazione.