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RESPIRAZIONE E APPOGGIO

Un discorso sul ruolo della respirazione nel canto potrebbe incentrarsi su due punti. Il primo,
formulato con una frase ad effetto, suonerebbe cos: finora gli scienziati hanno cercato di capire
la realt materiale, esterna, visibile della respirazione e del canto, si tratta adesso di penetrarne il
retroscena invisibile. Il secondo, da cui inizier questa relazione, potrebbe essere invece il
seguente: in materia di respirazione antichi e moderni hanno diviso il corpo in due; adesso
occorre riunirlo.
E noto infatti che la didattica antica ha concentrato lattenzione sulle componenti toraciche
della respirazione, mentre la didattica moderna ha dato risalto alle componenti diaframmaticoaddominali. Se la respirazione alta degli antichi rischiava di essere interpretata e realizzata come
respirazione clavicolare, la respirazione diaframmatica moderna rischia di essere interpretata e
realizzata come respirazione puramente addominale, il che rappresenta uno squilibrio nella
coordinazione muscolare funzionale al canto non meno grave del primo. Insomma se i moderni
hanno scoperto il diaframma, hanno anche inventato il tab della respirazione alta, che uno dei
problemi pi diffusi che riscontra oggi chi insegna il canto. In effetti sintomatico il fatto che il
concetto di alto, che ha sempre avuto un valore simbolico positivo, appunto di elevatezza, (
basti pensare alla postura a testa alta e allo stesso concetto tecnico-vocale di suono alto) ,
immediatamente evochi invece, se associato alla respirazione, connotazioni negative. Per di pi la
tendenza moderna arrivata a capovolgere la tradizionale simbologia spaziale fino ad attribuire
valore positivo a ci che basso, affondato e addirittura viscerale.
E indispensabile perci risalire ancora una volta a quel day before rappresentato dal metodo
del Conservatorio di Parigi del 1804, dove il suo autore, il tenore Mengozzi, prescriveva un tipo di
respirazione, che, dopo la rivoluzione diaframmatica del dr. Mandl, rimarr diabolus in voce fino
ai nostri giorni. Nel suo metodo Mengozzi distingue una respirazione normale, non associata al
canto, di tipo addominale e che non coinvolge il torace, da una respirazione cantata, in cui, cito
testualmente, nellinspirare bisogna appianare il ventre, facendo s che prontamente si deprima,
gonfiando e protraendo il petto, mentre nellespirare il ventre deve rimettersi lentissimamente nel
suo stato naturale ed il petto abbassarsi a proporzione , affine di conservare ed economizzare pel
maggior tempo possibile laria introdotta nei polmoni.
Cos formulata, la prescrizione di Mengozzi, che probabilmente sanzionava in forma scritta non le
sue opinioni personali, ma lorientamento della tradizione belcantistica, si presta effettivamente a
gravi equivoci. Particolarmente infelice e bisognosa dinterpretazione (attivit, come si sa,
necessaria in tutti i casi in cui si voglia salvare qualcosa o qualcuno.) laffermazione di
Mengozzi secondo cui nellinspirazione il ventre dovrebbe prontamente risalire. Interpretata alla
lettera, essa non pu che condurre alla rigidit di ogni posa statica e prefabbricata, quale si
cristallizzata nella formula militaresca del pancia in dentro, petto in fuori. Non si pu sorvolare su
questa gaffe di Mengozzi e insisto su questo punto perch oggigiorno si sta affermando una
tendenza didattica, testimoniata anche da un recentissimo libro sul canto edito da Ricordi, che
vuole acriticamente rivalutare in toto, nel suo significato letterale, la ricetta respiratoria di
Mengozzi, quasi facendone un contraltare rispetto alla tendenza diaframmatico-addominale che
ha dominato la didattica vocale a partire dalla seconda met dellOttocento.
Il problema che in tal modo, invece di integrare nella grande respirazione del canto le
componenti toraciche, giustamente messe in luce da Mengozzi, non si fa che isolarle in
contrapposizione a quelle diaframmatico-addominali. Cos, allo scopo di avvalorare una sorta di
nuova rivoluzione copernicana nel canto, non si fa che rimanere schiavi di quello stesso modello
pendolare di opposti che non si fondono, da cui sono nati gli eccessi addominali di Mandl.
Senonch, come sempre accade nel canto, non questione di aut-aut, ma di et-et.
Se la storia dellopera, come ha osservato acutamente Celletti, si pu da un certo punto di vista
definire come la storia delle infinite variazioni della figura retorica delliperbole, analogamente la
tecnica vocale si pu considerare come il progressivo approfondimento della figura retorica
dellossimoro, ovvero il paradosso concentrato. In virt di esso si scopre via via che il canto
movimento immobile, tensione distesa, altezza profonda, acuta rotondit, concentrazione
spaziosa, brunitura lucente, parlare non parlato, svuotamento espanso, densa trasparenza,
espirazione ispirata e cos via baroccheggiando allinfinito, gioco futile e stucchevole in s, ma in
perfetta sintonia filologica con lepoca e la cultura da cui nacque lopera.Una cultura appunto
che nel gusto dellossimoro e in concetti come quello di temperamento espresse la sua esigenza

di stabilire una relazione armonica dove gli opposti potessero fondersi e non rimanere separati e
contrapposti.
Oggigiorno, purtroppo, lunico ossimoro fatto proprio dagli insegnanti di canto quello,
autopromozionale, della modernit antichizzata, ossia quel fenomeno per cui tutti quelli che
ambiscono a presentarsi come inventori di una nuova, personale tecnica vocale, pretendono
nello stesso tempo che questa venga considerata come la riscoperta dei metodi antichi: insomma
un ossimoro allitaliana, che con una fava prende due piccioni, quello delloriginalit e quello dei
quarti di nobilt.
Per quanto riguarda lattuale tendenza a recuperare alla lettera la respirazione toracica di
Mengozzi, essa si avvale anche di una sorta di slogan, che suona : lasciate in pace la pancia,
concentratevi solo sul torace, dato che i polmoni sono nel torace, non nella pancia. Argomenti
come questi sfruttano ovviamente la forza demagogica di quelle verit autoevidenti che spesso
sono solo apparenze superficiali.. Con un analogo facile sillogismo potremmo dire: si cammina
con le gambe, ergo non ha senso muovere le braccia camminando.ma chiunque abbia mai
avuto gambe per camminare, sa che il movimento delle braccia che accompagnano il
movimento delle gambe camminando, quasi un loro eco motorio, ci che fa la differenza
qualitativa tra i due modi di camminare, da puri bipedi o da ex-quadrumani quali siamo...
Ora per uscire dai luoghi comuni che facilmente vengono indotti ogni volta che si contrappone un
modello naturale, associato alla semplicit, a un modello tecnico, associato alla complicazione,
occorre una volta per tutte definire di quale natura e di quale tecnica stiamo parlando. Gravi
equivoci sorgono quando ad esempio si arriva a utilizzare lantico precetto italiano si canta come
si parla, per legittimare unequazione parlato = cantato, in virt della quale anche la respirazione
applicata al canto dovrebbe essere la stessa del parlato o un suo sottoprodotto. E bene chiarire
allora che il canto contiene s la natura del parlato senza annullarla, ma non riconducibile a
questo, esattamente come una molecola dacqua contiene s due atomi di idrogeno e uno di
ossigeno, ma qualcosa di essenzialmente diverso sia dallidrogeno, sia dallossigeno in essa
contenuti e in questo, come succede per il canto, consiste il suo miracolo. Se si teorizza che
lidrogeno del parlato a produrre lossigeno della respirazione e quindi lacqua vocale del canto, si
rimarr sempre a piano terra, cio sul piano del parlato intonato sotto forma o di declamato o di
parlato buffo, senza che il parlato, privato dellala del respiro, possa mai spiccare il volo e
trasfigurarsi in canto. A trasfigurare il parlato in canto appunto, secondo tutta la tradizione
italiana, il respiro, ma non il respiro superficiale del parlato, per quanto naturale esso sia, n un
respiro per cos dire tecnologico, anatomico, cio meccanicistico, bens il respiro naturale e
profondo, dove la profondit non data n da una localizzazione spaziale in una data area del
corpo n dalla quantit daria incamerata, ma dalla sua percezione come sensazione vitale
fondamentale e come presa di coscienza, non intellettuale ma esistenziale, del proprio essere nel
corpo.
Non si capisce poi con quale arbitrio i sedicenti moderni continuatori di una tradizione
belcantistica italiana, la quale esplicitamente riconosceva nel rapporto fiato/parlato le due ali
senza le quali il canto non pu volare (e basti citare le parole del Farinelli ottocentesco,
Pacchierotti, che affermava che chi sa ben respirare e ben sillabare, sa ben cantare) accettino
e pubblicizzino soltanto la seconda parte di questo binomio e disinvoltamente buttino nel cestino
la prima, a causa delluso semplicistico che essi fanno del concetto di semplicit. Con lo stesso
criterio saremmo autorizzati a fondare una didattica pianistica basata sulluso di due dita, invece
che di due mani, una two finger level playing, solo perch pi semplice della tradizionale tecnica
a dieci dita....
Si pu dire in sintesi che unoperazione di questo tipo, che sulla base di un equivoco concetto di
naturalezza, proponga come modello la respirazione parlata o riproponga una respirazione
toracica, entrambe semplificate delle componenti diaframmatico-addominali concepite come
complicazione superflua, non pu che portarci al punto di partenza, quello da cui partita
lesigenza, nella met dellOttocento, di mettere in luce anche la dimensione del fondamento
delledificio respiratorio, cos come il grande didatta e trattatista Lamperti ha fatto, elaborando il
concetto tecnico di appoggio .
Pertanto lunico modo in cui possibile salvare Mengozzi quello di interpretarlo alla luce di un
moderno pensiero olistico, globale, che non ragiona pi per compartimenti stagni ed azioni

meccaniche localizzate, per cui il vero significato delle sue parole verosimilmente, il seguente.
Mentre la respirazione normale, non associata al canto, una respirazione parziale e si realizza di
solito con movimenti che si rendono visibili essenzialmente nella zona epigastrica (movimenti che
nella fase espiratoria sono esclusivamente passivi), la grande respirazione del canto esige un
coinvolgimento del torace tale da garantire quelli che nella scuola di canto italiana storica sono
sempre stati considerati i presupposti tecnici di questo particolare tipo di emissione: la postura
eretta, nobile, da una parte, e, dallaltra, lapertura e la forza naturale del petto, come
significativamente la definiva il castrato Mancini, intendendo con questa non una tensione dei
muscoli pettorali, ma il coinvolgimento del torace nel sistema funzionale dellappoggio.
Se la respirazione solo addominale e il torace non viene coinvolto, si crea uno squilibrio in basso,
che impedisce linstaurarsi di quelle sinergie muscolari su cui si basa lemissione libera; in altre
parole, antagonismi muscolari non necessari o esagerati (tra i quali possiamo includere il
cosiddetto affondo) o movimenti muscolari di segno opposto, essenzialmente compensativi (tra i
quali possiamo includere il sostegno), verranno inseriti nell appoggio, rendendolo,
rispettivamente, o rigido e muscolare, o inefficace.
Il primo caso, squilibrio in basso, si ha con certe tecniche di emissione, di derivazione nordica,
trasmesse da insegnanti che magari si spacciano per continuatori dellantica tradizione italiana.
Un esempio rappresentato dalla tecnica dellaffondo, diffusa da Del Monaco e introdotta in
Italia negli anni Trenta dal suo maestro Melocchi, che a sua volta, secondo Anthonisen, laveva
appresa da un insegnante russo.
Il secondo caso, squilibrio in alto, si ha con quelle tecniche che interpretano erroneamente la
postura eretta e lelevazione del petto, prescritta dagli antichi, come effetto di una spinta
consapevole in dentro dei muscoli addominali. Un esempio rappresentato dallinterpretazione
che del sostegno d Celletti, sostegno realizzato scorrettamente come rientro volontario e
immediato delladdome, da effettuare addirittura prima dellinizio della fonazione !
Partendo da una respirazione sbilanciata in basso si hanno insomma esiti opposti ma ugualmente
scorretti a seconda che il movimento naturale discendente dellappoggio venga, come nel primo
caso, esasperato (e avremo quella forma degenerativa dellappoggio che laffondo) o, come
nel secondo caso, annullato (e avremo quella forma di falso appoggio, che il sostegno). Per
evitare questi opposti estremismi opportuno ricordare che il suono galleggia senza affondare, e,
che, per quanto riguarda lo squilibrio di segno opposto, cio il suono per aria, invece che
affondato, bene tener presente che il suono, pur volando o galleggiando (a seconda delle
metafore scelte), non devessere del tutto privo di quel peso che fa s che esso si appoggi su
qualcosa e non resti sospeso nel vuoto, che lelemento che, in definitiva, conferisce sostanza e
apparenza reali alle cose ..
Paragonando queste due situazioni opposte di squilibrio al normalissimo atto del sedersi,
lequivalente sarebbe dato, rispettivamente, dallo schiacciare attivamente la sedia (affondo) o
dal rimanere sollevati (sostegno), invece di adagiarvi naturalmente il peso del corpo.
La prescrizione di Mengozzi di appianare il ventre nellinspirazione non va dunque interpretata ,
come erroneamente fa Celletti, come azione muscolare volontaria diretta dei muscoli addominali
allo scopo di far rientrare laddome (che la negazione di un canto che nella sua realt
espiratoria, confermata anche dalla ricerca scientifica, consiste in un ritardo nella risalita del
diaframma), ma si riferisce al risultato indiretto che si ottiene quando la respirazione attuata
rispettando quelle leggi della coordinazione muscolare naturale, su cui si basa la vocalit italiana
storica, e cio appunto la postura eretta e la partecipazione armoniosa di tutto il corpo (non solo
della zona addominale o di quella costale inferiore) alla respirazione. Analogamente lidea
secondo cui nellespirazione cantata, secondo Mengozzi e la scuola antica, il ventre deve
rimettersi nel suo stato naturale e il petto abbassarsi non va interpretata come blocco
diaframmatico, torchio addominale o manovra grottescamente defecatoria (che farebbero
precipitare il canto da quel piedistallo ideale in cui la postura nobile lo pone), ma come effetto di
quel movimento naturale che fa s che londa del respiro, dopo essersi innalzata dal centro del
corpo con linspirazione, si riabbassa. poi in fase espiratoria. Da qui nata lidea dellappoggio,
naturale emanazione ed espressione di quel passo del respiro, da cui nato anche il levare e il
battere dei movimenti musicali. Pi precisamente, il levare dellinspirazione il tempo debole che

corrisponde alla preparazione dellattacco del suono, mentre il battere il tempo forte
dellattacco/appoggio del suono. Questo conferma che anche se nellinspirazione il diaframma si
abbassa, la percezione globale dellatto respiratorio registra anche lesperienza del sollevamento
della cassa toracica (parte superiore compresa), dato che, come succede versando un liquido in
una bottiglia, questo riempie prima il fondo per poi salire. Viceversa, linizio della fase espiratoria,
che coincide con lattacco del suono, bench si manifesti fisiologicamente come fiato che sale
per uscire, viene anche percepito dal cantante nella sua realt di appoggio, battere, posare
la voce, dato che su questo cuscino daria la voce, appunto, si appoggia. Tutto questo non
emerge nella respirazione normale, quotidiana, non associata al canto, che superficiale e per
lo pi affidata agli automatismi inconsci.
Questo non significa, ripeto, che il rapporto tra le due respirazioni (quella normale e quella
cantata) sia il rapporto di opposizione esistente tra naturale e artificiale, ma quello di integrazione
esistente tra il meno e il pi, tra natura superficiale e natura profonda. Questultima emerge anche
in certi atti globali, alcuni dei quali istintivi, come la boccata dossigeno rigeneratrice, il sospiro
di sollievo, lannusare un aroma piacevole e linizio dello sbadiglio. Proviamo a sbadigliare
inspirando solo con laddome e bloccando la parte superiore del torace, e bloccheremo anche lo
sbadiglio e il suo benefico senso di distensione. Non solo: una respirazione solo bassa e non
globale, non diffusa ha come effetto anche quello di rendere evidenti il prolasso addominale e il
collasso del torace. Cio si fa notare negativamente, esattamente come lo zoppicare, analoga
limitazione di un movimento naturale, attira molto di pi lattenzione, in quanto atto disarmonico,
del normale camminare.
In questo senso va spiegata lapparente contraddizione per cui la respirazione delle antiche scuole
di canto, pur coinvolgendo anche la parte alta del torace, godeva a suo tempo dellattributo
mitico dellinvisibilit, ed interessante mettere in risalto come anche in tempi pi recenti una
cantante come Luisa Tetrazzini, la quale affermava che anche alla sua respirazione veniva
riconosciuto dal pubblico la prerogativa di sembrare invisibile, attribuisse esplicitamente la causa di
questo fenomeno proprio al fatto di espandere in fase inspiratoria la parte alta del torace. Non si
trattava insomma di una invisibilit in senso assoluto, la quale rappresenterebbe una limitazione
perch priverebbe il cantante di quella prerogativa che da secoli imitata da tutti gli strumenti,
compresi quelli, come il pianoforte, che ne sono costitutivamente privi, e mi riferisco al senso
esistenziale e umanamente espressivo del respiro.
Insomma la verit, tanto semplice quanto profonda, enunciata da Mengozzi questa: se
respiriamo solo con la pancia, come naturalmente facciamo, rimaniamo prosaici, uomini con la
schiena curva e la pancetta; se invece vogliamo innalzarci a quella dimensione di cui il canto e il
teatro sono un riflesso, allora dobbiamo accordare il corpo a questo scopo, recuperando il senso
vero, profondo (che non quello meccanico) della postura eretta, della respirazione e del loro
rapporto, che solo possono restituirci la pienezza del nostro essere umani oltre che cantanti. E
bene precisare che non si tratta di una questione puramente visiva, dato che a questa postura
nobile, intesa non come autoimposizione esterna e punto di partenza dellinspirazione, ma come
dinamico punto di arrivo dellespirazione cantata, corrisponde esattamente, come altra faccia
della stessa medaglia, ci che a noi come musicisti pi interessa: la nobilt del suono, di cui la
nobilt della postura la manifestazione visiva. Se vero infatti che anche per le discipline orientali
la fonte della forza pura nella zona del ventre, anche vero che ci che distingue il canto dal
grido non la quantit di energia sonora erogata, ma la sua qualit. Ora, il trasformatore,
potremmo dire il sublimatore del suono spinto o gridato in canto rappresentato, ovviamente
non solo, ma certamente anche dalla postura nobile, allineata, e dalla respirazione naturale
globale, non settoriale e quindi n solo addominale n solo toracica. Al giorno doggi la
concezione di una respirazione genericamente o esclusivamente addominale stata corretta
inserendo anche parte del torace, le costole inferiori, nella dinamica respiratoria. Abbiamo cos la
respirazione costo-diaframmatica, che per altro rischia di essere ugualmente concettualmente
sbagliata, perch implica sempre una respirazione settoriale, a zone, quella costale inferiore (con
rigorosa esclusione della parte superiore del torace), invece che una respirazione globale, che
nasce s dal centro ma, come appunto un pallone, si espande poi anche in alto. Gli effetti deleteri
di questo tab, sotto forma di rigidit e mancanza di libert, si fanno sentire ancora oggi in

moltissime scuole di canto, dove si molto zelanti nel bloccare questa parte importante dello
strumento vocale. A questo proposito occorre osservare che ogni invito a NON alzare le spalle
nellinspirazione, cos come succede con gli inviti a NON alzare laringe cantando, sbagliato per il
semplice fatto di presentarsi come prescrizione negativa, che inibisce attivamente e direttamente
un movimento, invece che escluderlo in partenza dallorizzonte percettivo del cantante. Se ci
preoccupiamo, infatti, di NON alzare la laringe o di NON alzare le spalle, rimaniamo sul piano di
una coscienza e di un controllo del corpo che locale e periferico, non centrale. Entriamo,
invece, nel centro del fenomeno, se cogliamo latto nella sua globalit come sensazione. In
questo caso il senso vitale del respiro profondo (inteso non in senso letterale, meccanicistico) ci
che crea i veri spazi di risonanza del canto ( del canto inteso come risonanza libera e fenomeno
naturale) ottenendo come risultato indiretto, non ricercato di per s, anche labbassamento
rilassato della laringe. Insomma, se mi preoccupo di non alzare la laringe, continuer a sentirla. Lo
stesso, se mi premuro di abbassarla direttamente. Invece, se uso come mezzo indiretto la
respirazione per rilassarmi, distendere e aprire gli spazi interni, otterr come risultato naturale
indiretto (quindi non voluto meccanicisticamente) non solo labbassamento rilassato della laringe
ma anche la sua sparizione dallorizzonte percettivo, che ci a cui mirava la didattica degli
antichi maestri del belcanto, quando invitavano a non avere gola cantando, o parlavano di
gola morta.
Esiste insomma una differenza tra un movimento o coordinazione muscolare, nati da una certa
idea e attitudine psicologica, e lo stesso movimento o coordinazione muscolare, nati da una
diversa idea e attitudine psicologica. La differenza non probabilmente rilevabile esternamente,
neppure con la strumentazione scientifica, ma chiaramente avvertibile nel risultato sonoro.
Questo fatto ci porta a sottolineare limportanza obiettiva degli aspetti psicologici e direi
addirittura semplicemente ermeneutici del canto. Questi aspetti psicologici intervengono come
causa di effetti reali anche nellambito della respirazione. Si sa che non voler stare svegli o volere
dormire sono entrambi ottimi sistemi per stare svegli. Nel nostro caso, non voler respirare alto o voler
respirare basso sono ugualmente ottimi sistemi non dico per respirare alto, ma certamente per
respirare male..
E indispensabile quindi che il controllo razionale analitico delle manifestazioni esterne della giusta
respirazione, le varie modificazioni corporee insomma, non venga scambiato per la causa prima
della giusta respirazione. Esso importante s per evitare squilibri muscolari, ma con esso rimaniamo
ancora allesterno del fenomeno. Sperare di arrivare allessenza vera della respirazione in questo
modo come sperare di mettere in moto un motore, riscaldandolo dallesterno. La via per arrivare
allessenza intima, alla causa profonda, al centro della respirazione applicata al canto quella
che passa dalla presa di coscienza delle sensazioni vitali suscitate da certi atti profondamente
naturali, che gi abbiamo visto. Sono queste che ci consentono di passare dalla lettera allo
spirito, cio dallesterno allinterno del fenomeno della respirazione cantata. Dimensione
psicologica interiore e manifestazione materiale esterna si riflettono luna nellaltra, e, come spesso
succede, la spia il linguaggio. Ad esempio il significato profondo di un concetto come sollievo e
sospiro di sollievo si ricollega evidentemente a quel sollevare il torace nella grande respirazione
naturale. Londa del respiro nasce nel centro del corpo e poi sale e devessere lasciata salire fino
alla sommit del petto. A questo punto, perch il beneficio psicologico e fisiologico del sollievo
possa essere percepito, occorre non solo che il torace si sollevi leggermente, ma che linizio della
fase espiratoria, rispettando il ritmo binario di levare e battere del passo, sia realizzato appunto,
per dirla con Pertile, appoggiando i polmoni al diaframma e non lasciando innaturalmente
sospesa la cassa toracica. Ci che distingue questo modello respiratorio da una respirazione
clavicolare basata su vistosi innalzamenti e abbassamenti, essenzialmente esterni e rigidi, del
torace, il fatto, appunto centrale, intimo, di coinvolgere anche il diaframma nellinspirazione.
Come sempre succede nel canto, non bisogna pensare in termini di compartimenti stagni, di
settori respiratori separati ( del tipo di tutti quelli che inizialmente si portati a stabilire
artificialmente, ad esempio tra parlato e cantato, tra le note, tra le vocali, tra i registri), ma di
fusione, di collegamento fluido, di grande sinergia, di onda respiratoria che trascende le barriere
anatomiche.
Se la realt respiratoria del canto si concretizza nel suo momento concreto, sonoro, come
appoggio e posa della voce, chiaro che i suoi presupposti, la sua origine prima si trovano nel

momento dellinspirazione. E significativo che, come abbiamo visto con il concetto di sollievo,
anche la realt dellinspirazione si illumini di significati che vanno al di l dellatto fisico, ma che soli
ne restituiscono la profondit e complessit. Linspirazione allora il momento passivo, ricettivo in
cui, se rinunciamo a incamerare o risucchiare attivamente laria come ventose, ma ci lasciamo
respirare, ci poniamo in grado di accogliere qualcosa di pi grande di noi, che nel nostro caso il
suono vero. Inspirare non sinonimo di prendere, ma di ricevere, diceva il cantante e didatta
francese Charles Panzera, dedicatario di molte melodie di Faur. Inspirando con il giusto spirito
dellinspirazione diventiamo insomma ispirati. Simmetricamente, si potrebbe aggiungere, espirare
non sinonimo di emettere o di buttare, ma di porgere. Non si tratta di giochini linguistici o di
fantasie, ma di una precisa realt obiettiva, che ha i suoi riflessi nel canto. Questo perch anche il
linguaggio, come anticamente si diceva degli oracoli, non nasconde n rivela, ma accenna.
Oggigiorno si parla ad esempio dellimportanza della sintonizzazione prefonatoria nel canto.
E un concetto che prima di indossare il vestito scientifico di questa espressione, era gi presente
nelle antiche scuole col nome di intenzione, come la chiamava Cotogni, o di previsione, come
la chiamava nel Settecento Mancini. Il canto non incomincia cio nel momento attivo e concreto
dellespirazione e dellattacco del suono, ma in quello passivo e ispirato dellinspirazione che lo
precede, nel momento in cui inspirando lo concepiamo nella mente. Senza linspirazione, il suono
detto solo mentale, perch realizzato in base a ci che il pensiero razionale, statico, immagina
siano le caratteristiche del suono vero, che per noi non conosciamo. Occorre assumere
latteggiamento psichico, da cui nata la parola greca che significa verit, cio altheia. Essa
non indicata positivamente, ma negativamente, cio come svelamento, scoperta, risultato
indiretto e sconosciuto di un togliere. Ugualmente nel canto il suono vero non si trova cercandolo
direttamente, ci che induce a inventarlo artificialmente, attribuendogli caratteristiche che noi
pensiamo dovrebbe avere, bens togliendo ci che lo ricopre e lo nasconde. Con la giusta
inspirazione si diventa ricettivi, si prepara uno spazio che pu accogliere in s levento del suono
vero.
A chi fosse tentato, con la benevolente e sorridente superiorit della persona con i piedi per
terra, di mettere nel novero delle fantasie pseudomistiche queste considerazioni, si potrebbe
ricordare che non ci sar mai il rischio di enfatizzare esageratamente la respirazione, se solo
pensiamo che il nostro primo passo nel mondo non lo abbiamo fatto alzando un piede, ma
alzando il torace (o la pancia, a seconda delle preferenza) per aprirci e respirare.
Questa priorit riconosciuta al respiro lelemento che accomuna le tecniche orientali di
meditazione alle tecniche occidentali di canto. Scuola del respiro veniva tradizionalmente
chiamata larte del canto in Italia secondo le testimonianze di Lamperti e Delle Sedie, mentre non
un caso che la massima di Ges Cristo beati i poveri di spirito fosse interpretata dalle prime
sette cristiane in senso letterale e il significato letterale della parola spiritus respiro. Rimane a noi
moderni il compito di interpretare una frase che rivista filologicamente in questo modo diventa
Beati i poveri di fiato come intuizione della scoperta scientifica del concetto di minimal breath,
minima quantit di fiato necessaria per cantare, o, com pi probabile, presa di coscienza del
significato esistenziale e funzionale dellinspirazione, che emerge se solo proviamo a rinunciare per
un minuto alla nostra consueta ricchezza di fiato. La prima inspirazione che faremo dopo questa
apnea ci restituir il senso esistenziale e funzionale del respiro e del canto..
Lapproccio puramente esterno, meccanicistico rischia di intervenire con un condizionamento
ancora pi pesante che inibisce la coordinazione muscolare naturale, anche quando si viene ad
affrontare quello che, tautologicamente, il fondamento dellemissione cantata, cio lappoggio.
E mia convinzione che il concetto tecnico di appoggio, nato nellOttocento, non sia che la
conseguenza, la naturale emanazione della respirazione belcantistica, malamente descritta da
Mengozzi, non a caso rimasta in auge fino a tutta la met dellOttocento con Garcia e Lablache.
Una respirazione il cui primo tempo, linspirazione, se realizzato come levare, non pu che
sfociare naturalmente nel battere dellespirazione, cio nellappoggio. Ora se si impedisce, come
vogliono i fautori della respirazione solo toracica, che lespirazione venga appoggiata coi
polmoni al diaframma, come voleva Pertile, o si pretende che la gabbia toracica rimanga
allargata lateralmente nellespirazone, non si arriver mai a sperimentare lappoggio come
equilibrio naturale che si autosostiene. Per contro, se si impedisce che londa respiratoria, nata nel
centro del corpo, si sollevi durante linspirazione fino a toccare la sommit del torace, lappoggio

non potr che essere realizzato artificialmente, con uno squilibrio di partenza che si evidenzier
nella zona acuta come eccessiva pressione e tensione muscolare. In effetti il rischio pi grave
nellutilizzazione didattica di questo concetto, che nato come semplice metafora e sensazione
cinestetica, quello di allontanarsi dal suo stretto significato letterale, che appunto quello di
appoggiare, non di schiacciare o di sollevare. La differenza quella che intercorre tra un atto
naturale (lappoggio), che implica la scoperta, il rispetto di certe leggi naturali per far s che esse
possano operare a nostro favore, e un atto artificiale, attivo, che diventa presto condizionamento
inconscio, che si sostituisce e si oppone alla natura. Come scrisse Bacone, homo naturae parendo
imperat, ossia, traducendo e parafrasando, si comanda alla voce ubbidendole. Ubbidire alla
natura, nel caso dellappoggio, significa tastare il terreno su cui si appoggia la voce, sapere che
nel anche nel canto non vige un criterio proporzionale per cui quanto pi appoggiamo (o, nel
caso della risonanza, quanto pi portiamo avanti) un suono, tanto pi il suono giusto. A questo
proposito, come insegnante di canto, non posso che confermare in pieno le osservazioni di Fussi,
secondo il quale uno dei problemi pi diffusi tra gli studenti di canto, non la mancanza o la
scarsit di appoggio, ma leccesso di appoggio, la sua eccessiva muscolarizzazione. Anche in
questo caso insomma, less is more, il meno il pi, dove la differenza di quantit fa la differenza,
in senso inversamente proporzionale, di qualitIn parole pi chiare, se nel settore centrale della
voce lappoggio non percepito come puro e semplice contatto morbido con qualcosa di
elastico (che tradizionalmente stato metaforizzato nelle immagini del pallone, del telone o del
cuscino, per poi assumere il nome scientifico di diaframma) ma diviene azione muscolare vera e
propria, quasi certo che nel settore acuto esso non potr che degenerare nel sua contraffazione
di contorsionismo muscolare da facchino o da body-builder. In questo modo ci si allontana sempre
di pi dal vero significato dellappoggio, che, ripeto, rappresenta la semplice risposta naturale alle
esigenze di fondamento e di radicamento di noi esseri soggetti alla gravitazione universale.
Semplificando: c qualcosa che si appoggia e qualcosa che, non esercitando attivamente una
forza, ma opponendo una resistenza elastica, si oppone. Il cantante percepisce tutto questo come
se lespirazione non fosse un processo univoco di fuoriuscita del fiato/suono, come i non cantanti
sono portati a immaginare, ma biunivoco, cio come una sospensione dinamica dellespirazione
(da cui le antiche espressioni cantare sul fiato, appoggiare il fiato contro il petto, ossia nella
zona sterno-epigastrica, e gli inviti del Lamperti a cantare sullatto dellinspirazione).
Questo modello fonatorio, che traduce perfettamente in unimmagine sensibile coerente la realt
di un canto che si autosostiene, senza essere spinto, stato liquidato come assurdo da studiosi
del canto come Celletti che, non essendo cantanti, non potevano che ragionare in base alla
logica normale, secondo la quale lemissione , per definizione, un mandare fuori e non un
mandare dentro. La ripercussione, sul piano didattico, di questatteggiamento critico stata
uninterpretazione dei concetti classici di appoggio e sostenutezza di petto, che ne svisa
completamente il senso originario: lappoggio infatti non sarebbe pi una forma di equilibrio che si
autosostiene, ma sarebbe il risultato dellazione volontaria di ritrazione della fascia addominale,
per cui la colonna sonora non si appoggerebbe pi, ma sarebbe sostenuta dalla nostra attivit
muscolare volontaria ! La distinzione tra i due concetti di appoggio e di sostegno si potrebbe
chiarire quindi in questo modo: se mi appoggio, c qualcosa che mi sostiene, ma non sono io,
mentre se mi sostengo, sono io a dovermi sostenere, che la differenza, rispettivamente, tra
equilibrio e compensazione, tra risonanza libera e risonanza forzata, tra lasciare che la voce canti
da sola e farla cantare.
La questione non puramente nominalistica, come potrebbe sembrare, ma implica due diverse
concezioni ed esperienze dellemissione cantata, che hanno unimmediata conseguenza pratica
nel canto, dove nomina sunt res. Proprio per questo occorrerebbe fare un po di chiarezza
terminologica e concettuale, definendo la spinta verso lalto come sostegno, la spinta verso il
basso come affondo e solo lequilibrio vero tra queste due tendenze contrapposte (vero nel
senso di non essere pi percepito come attivazione volontaria) come appoggio. Di conseguenza
il vero appoggio non n il solo sostegno n il solo affondo n il semplice rapporto/contatto tra
queste due forze, che non dia il senso di naturale e tranquilla stabilit, di serena posa della voce
da cui appunto nato il concetto di appoggio.
Esiste un altro motivo importante per cui il sostegno non pu essere considerato sic et simpliciter
come lo stesso fenomeno dellappoggio visto da unaltra prospettiva, quasi il suo retroscena, ed

un motivo di semplificazione degli strumenti di controllo: mentre sostenendo non si crea ipso facto
lappoggio (cos come chi sta sollevato sulla punta dei piedi non ha lo stesso senso di appoggio di
chi sta con i piedi per terra), invece appoggiando il suono iniziale, non occorre poi pensare di
sostenere, per il semplice fatto che lespirazione, senza la quale non si ha il canto, crea da sola,
automaticamente, le condizioni del sostegno, che sono date dalla graduale risalita dei muscoli
addominali. In pratica, avendo appoggiato il primo suono, possibile limitarsi in un certo senso ad
assistere allespirazione (senza bisogno di accentuarla volontariamente sostenendo) come a un
fenomeno che avviene da solo, ubbidendo alle proprie leggi. Insomma sostenere salire le
scale, mentre appoggiare stare fermi, lasciando che siano le scale mobili a farci salire.
Arrivati a questo punto, poich nella realt tout se tient, tutto collegato, si capisce anche
perch labbandono della modalit respiratoria belcantistica di Mengozzi, Lablache e Garcia, a
favore di una respirazione settoriale, solo bassa, ha potuto dare origine agli opposti squilibri del
sostegno e dell affondo. Se si inizia infatti il suono partendo da una postura in cui la zona
ombelicale delladdome, inspirando, fatta sporgere, senza espandere il torace, i casi sono due:
o per appoggiare si affonda, o, per compensare lo squilibrio di partenza, si attiva fin dallinizio
della frase la risalita dei muscoli addominali. In entrambi i casi il vero appoggio non si realizza, ma
solo
la
sua
caricatura
(laffondo)
o
il
suo
surrogato
(il
sostegno).
Con la respirazione globale di Mengozzi, invece, la fase espiratoria sfocia naturalmente
nellappoggio, dato che essa si realizza come naturale assestamento verso il basso della gabbia
toracica, che era stata innalzata leggermente in fase espiratoria, da cui appunto la sensazione di
appoggiare i polmoni al diaframma, testimoniata da Pertile, e lidea di Shirley Verret, secondo la
quale inspirando il fiato sale ed espirando si abbassa.
Un motivo profondo ci obbliga quindi a concepire/realizzare lappoggio come forma che
rispecchi la bipolarit: laderenza alla realt che, ai suoi livelli profondi, sempre armonia di
opposti.
A questo proposito la natura ci offre un modello vivente nellalbero, che scarica il suo peso in
basso, si appoggia cio alla terra, ma vive grazie alla linfa che sale. Movimento gravitazionale
discendente e movimento vitale ascendente ci che fa vivere anche lalbero della voce.In
questo senso probabile che tutte le forme di spinta volontaria verso lalto dei muscoli addominali
cos come tutti i tentativi di proiezione, anche questa artificialmente indotta, della risonanza nelle
cosiddette cavit alte, non rappresentino che lespressione, pesantemente materialistica e quindi
degradata, dellesigenza subconscia di assecondare e sintonizzarsi con lenergia vitale
ascendente. Essa pu nascere dall ipercompensazione di uno squilibrio, come quando certi
fautori dellaffondo affermano che il suono va balisticamente proiettato dal basso verso una zona
della maschera, definita significativamente distretto di collisione dei suoni, oppure pu trattarsi
della negazione assoluta di ogni componente discendente, considerata tab, che sfocia
ugualmente in una tensione muscolare innaturale verso lalto, concepito come spazio reale da
raggiungere, magica cavit di amplificazione della voce, paradiso delle risonanze, invece che
come punto mentale di equilibrio e stato di coscienza. E infatti sul piano, apparentemente solo
immaginario, ma in effetti pienamente, anzi sottilmente reale, della visualizzazione mentale della
direzione dellenergia vitale o comunque dellonda del canto, che possibile trovare
quellelemento in grado di bilanciare in modo naturale lappoggio, senza che esso diventi zavorra
muscolare. E da questa energia ascendente che nasce quella sospensione, quel rimbalzo nei
movimenti (come succede nella danza) che fa s che pur appoggiandosi, la voce riesca a lievitare
con grazia. Questa grazia non che energia pura, svuotata di pesantezza. Per il cantante lidea di
vedere sullo schermo della mente larco di energia rappresentato dallintera frase musicale ci
che spesso consente di distribuirla in modo uniforme, senza concentrarla con singoli impulsi sulle
singole note. Come ogni arco, architettonico o esistenziale, anche larco del canto non si
appoggia infatti sul presente, cio sulla nota che si sta cantando, ma su ci che precede e ci
che segue, sul passato e sul futuro, e da qui nasce il legato. Il legato come distribuzione uniforme e
regolare dellenergia appunto ci che salva lappoggio da quelleccesso di muscolarit, che lo
trasforma da salvagente a zavorra.
Il processo di degradazione che ha portato latto fisiologico dellappoggio respiratorio a diventare
torchio addominale simile a quello che ha portato il concetto di suono alto, puro e libero a
cristallizzarsi nel suo contrario di suono ingabbiato nella prigione ai piani alti della maschera, vera

e propria maschera carnevalesca dal sorriso eterno quanto finto. Cantina o soffitta che sia, sempre
di prigione si tratta, cio di uninterpretazione ridicolmente materialistica, letterale dei concetti di
alto e basso, che in tal modo non si integrano armonicamente, ma al massimo sono costretti a
convivere come inconciliabili opposti.
Nelleterna ditriba tra altezza e profondit, tra maschera e affondo il canto di tradizione
italiana ha sempre rispettato i principi dellarmonia classica, dove lalto gerarchicamente
superiore (cio sopra in tutti i sensi) al basso e ad esso affidata la melodia. La profondit in
questo modo non annullata, come succede con la maschera, ma viene vista dallalto, da cui il
concetto di copertura, nel suo significato originale, che logicamente contrario al concetto di
affondo, dove laltezza vista dal basso e concepita balisticamente come un bersaglio da
raggiungere. Laltezza si riconferma cos come lelemento che concilia gli opposti del canto:
unaltezza come stato di coscienza di chi domina tranquillamente qualcosa dallalto e non la
raggiunge dal basso, unaltezza come alto mare che include in s la profondit, unaltezza su cui
le parole piccole di Schipa e la pronuncia semplice e naturale di Caruso (contrariamente a
quanto succede non le parole grandi del declamato pseudoverista) possono galleggiare senza
affondare, possono funzionare da sintonizzatori della risonanza libera invece che da detonatori
della risonanza forzata, possono insomma finalmente trasfigurarsi nel mitico canto sul fiato.
Purtroppo anche per questo aspetto del canto, lincapacit di andare per il sottile, banalizzando
tutto, destinata a stravolgere certi principi fondamentali, tramandati dalla vecchia scuola.
Lantico precetto italiano del si canta come si parla degenera cos in un grossolano si canta
come si declama, dove la declamazione, intesa come accentuazione artificiale della pronuncia,
non che uno dei tanti modi, in questo caso mascherato da esigenza espressiva, con cui si
manifesta la tentazione di spingere la voce come mezzo per compensare uno squilibrio nel
rapporto fonazione/risonanza/respiro. Che non si tratti affatto di una necessit sono l a dimostrarlo
sia le parole di Caruso quando raccomanda di non sostituire lemissione con larticolazione sia
quelle di Schipa quando raccomanda di evitare sempre quelle che lui chiamava parole grandi,
ma a questo punto si rischia di iniziare una nuova conferenza. A scongiurarla e a renderla
superflua, sconfessando le pretese di espressione drammatica invocate a giustificazione di chi
induce a declamare sui muscoli, invece che a parlare sul fiato, bastano infatti le parole con cui
Shakespeare, per bocca di Amleto, sottolinea limportanza di una pronuncia sciolta, raccolta ed
essenziale: Speak the speech, I pray you, as I pronounced it to you, trippingly on the tongue. But if
you mouth it, as many players do, I had as lief the town crier spoke my lines.
Ossia: Mi raccomando, dite le parole come le ho pronunciate io, facendole saltellare sulla lingua.
Perch se fate le boccacce per pronunciare, come fanno molti esecutori, tanto varrebbe che i
miei versi li dicesse un urlatore di piazza. Se questa la lezione impartita dal maestro di
drammaticit per eccellenza a quelli che, come gli attori, sarebbero pi giustificati a declamare
per esprimere, non avendo altri mezzi tecnico-vocali a disposizione, essa diventa un
comandamento assoluto per quelli che, come i cantanti, plasmano la parola con una materia
sottile e impalpabile come il fiato, materia che, se scolpita per declamare, semplicemente
svanisce..
Antonio Juvarra

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