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MUSICA – STRUMENTI - SCHEDA 6 – AEROFONI - LEGNI – STRJMENTI ETNICI AD ANCIA SEMPLICE E DOPPIA – di Daniele Mutino

AEROFONI - LEGNI
STRUMENTI ETNICI AD ANCIA SEMPLICE E DOPPIA
Dopo aver completato il quadro degli strumenti classici dell’orchestra relativamente alla famiglia dei Legni,
approfondiamo l’argomenti spostandoci nel campo degli strumenti etnici, ossia non facenti parte dell’orchestra classica
né delle band jazz, bensì della musica tradizionale dei vari popoli del mondo. Siccome in relazione al gruppo di legni
ad emissione libera, detti flauti, abbiamo già parlato di quelli etnici, ora dedichiamoci agli strumenti etnici ad ancia
semplice e ad ancia doppia. La differenza tra i due tipi di ancia l’abbiamo già vista nella scheda precedente. Ve la
ripropongo visivamente, giusto per chiamarlo alla memoria.

ancia doppia ancia semplice

Anche il corpo di questi strumenti è cavo, come quello degli altri della famiglia dei Legni, con tutti gli elementi che
abbiamo già visto e di cui abbiamo già parlato nelle schede precedenti: l’imboccatura con l’ancia (semplice o doppia),
talvolta la campana (detta anche padiglione), i fori per l’intonazione, la grandezza diversa a seconda dell’estensione,
le chiavi quando è necessario chiudere con le mani fori distanti tra loro.
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Ora però, a differenza delle altre schede, cominciamo con una storia: la storia della cornamusa, ovvero degli strumenti
a bordone. Dobbiamo prima però spiegare che il bordone è una nota bassa e monotona che non si ferma mai e non
cambia mai intonazione, un suono continuo, statico, privo di interruzioni, che fa da base ad altri suoni, che producono
invece armonie e melodie, muovendo l’intonazione.
Gli strumenti a bordone sono diffusi nelle tradizioni popolari di molti paesi, che vanno dall’India fino all’Europa
occidentale, dove in genere sono indispensabili per la musica da danza, ma anche per musiche religiose, canti.
Anticamente nel Mediterraneo la musica a bordone veniva realizzata da strumenti ad ancia semplice, il cui corpo era
formato da due o tre canne, formate da canne di fiume o ossa di uccello, che sono entrambe cave, oppure da tubi di
metallo prezioso (rame, bronzo, argento): una canna faceva la melodia e un’altra faceva il bordone, ossia una nota
fissa e grave che non si interrompeva mai. Se poi c’era anche una terza canna questa muoveva la melodia facendo un
controcanto molto semplice, con una funzione armonica.
Nell’antica Grecia il nome di questo strumento era aulos, nell’antica Roma si chiamava tibia, proprio perché anticamente
ricavato da ossa animali (la tibia è l’osso più lungo della gamba).
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Ma, se questi erano degli strumenti a fiato, come era possibile non interrompere mai il suono? Ogni tanto il suonatore
doveva pur riprendere fiato! E quindi interrompersi per respirare. Per realizzare il bordone si usava una tecnica detta
“respirazione circolare”, in cui, mentre si soffia, viene immagazzinata una riserva di aria nelle guance, in modo che, al
momento di dover respirare, sia possibile inspirare dal naso mentre dalla bocca si continua comunque ad emettere
fiato premendo fuori, con la forza delle guance, l’aria immagazzinata in precedenza. Per imparare questa tecnica,
peraltro piuttosto difficile, ci si deve esercitare con un bicchiere pieno di acqua in cui si immerge una cannuccia, nella
quale si soffia l’aria in modo da provocare delle bollicine nell’acqua: la respirazione circolare sarà stata correttamente
imparata quando si sarà in grado di non interrompere mai le bollicine, nemmeno mentre si prende fiato.
Per questo motivo in tutte le raffigurazioni antiche di suonatori di aulos e tibia, questi hanno le guance gonfie come
ranocchie!
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SARDEGNA LAUNEDDAS

Ancora oggi in Sardegna esiste nella musica tradizionale uno strumento a bordone analogo all’aulos e alla tibia dell’antichità:
le launeddas. Si tratta di uno strumento a fiato formato da tre canne ad ancia semplice, una che fa il bordone basso, una media,
che muove l’armonia, e una piccola ed acuta che fa la melodia, che si suonano contemporaneamente, con la tecnica della
respirazione circolare. Le due mani suonano una la canna media e l’altra la canna acuta, mentre il bordone, che è la canna più
lunga, dal momento che fa sempre la stessa nota, non necessita di digitazione.
Anticamente le launeddas non erano formate da canne di fiume ma dalle tibie dei fenicotteri, meravigliosi uccelli migratori dal
colore rosa shocking e dalle gambe molto lunghe, che popolavano a milioni i laghi e gli acquitrini della Sardegna occidentale.
Ecco, in questi due link, le straordinarie e magiche launeddas sarde suonate, con la respirazione circolare, dal bravissimo
Maestro Luigi Lai.

1° link - video datato 2009, Luigi Lai suona una musica molto lenta e meditativa, in cui si può ascoltare l’infinita dolcezza del
suono di questo strumento:
www.youtube.com/watch?v=BzWITU3L-F0

2° link - video datato 2011, Lai suona insieme al tamburellista Carlo Rizzo, una musica che parte lenta, ma in poco tempo
diventa veloce e ballabile.
www.youtube.com/watch?v=XXw7gyETD1M
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L’INCANTATORE DI SERPENTI INDIANO

Avete mai visto un incantatore di serpenti indiano, che ipnotizza il velenosissimo e mortale cobra suonando uno strumento a
fiato, dal suono monotono e magico?
Quello strumento musicale è un been, detto anche pungi (nome che, nel significato italiano, non dovrebbe poi portare bene
ad un incantatore di serpenti!!): uno strumento a bordone, in questo caso ad ancia doppia, che si suona con la tecnica della
respirazione circolare, ed è formato da due o tre canne di bambù, di cui una, appunto, di bordone. Una particolarità di questo
strumento è che, prima di entrare nelle canne, il fiato che fuoriesce dalla bocca viene
raccolto in una piccola cisterna formata da una zucca: questo consente al suonatore di
mettere in atto la respirazione circolare con più facilità, perché oltre alle due guance
c’è una terza camera dove immagazzinare l’aria, esterna al suonatore; allo stesso
tempo questo determina una compressione dell’aria che spinge con più forza sulle
ance, procurando un suono particolarmente ricco di armonici.

Nei due link che vi propongo c’è un breve video con un incantatore di serpenti all’opera
(ma in rete ce ne sono tantissimi!), e un video dove il been viene suonato da un
musicista del Rajastan (una regione nel nord ovest dell’India), solo per fare musica,
senza serpenti, cosa che ci consente di apprezzare la bellezza musicale di questo
strumento esotico.

1° link – incantatore di serpenti


www.youtube.com/watch?v=fGxOqEF9bV0

2° link - suonatore di been del Rajastan


www.youtube.com/watch?v=RO21LavHhic
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LA ZAMPOGNA DEI TEMIBILI SANNITI

L’idea di creare una camera d’aria esterna alla bocca per


supportare la respirazione circolare venne sviluppata
nell’antichità dal popolo dei Sanniti; un popolo di pastori che
viveva nelle zone appenniniche dell’Italia centro meridionale
(l’Abbruzzo, il Molise, le regioni interne della Campania, e parti
marginali del Lazio, della Puglia e della Basilicata).
I Sanniti infatti avrebbero inventato la zampogna, strumento
aerofono a bordone in cui l’aria, invece di essere
immagazzinata nelle guance con la respirazione circolare, viene
raccolta dentro un otre formato da una pelle di capra o di
pecora chiusa a sacco. Il fiato, tramite un piccolo tubo di legno,
entra in questo otre dove si accumula e si comprime, e
fuoriesce con grande forza e armonia in una piccola cisterna di
legno, su cui sono fissate le canne con le ance, che suonano
quindi anche se non vengono direttamente messe in bocca dal
suonatore. Le canne possono avere ancia semplice o doppia, a
seconda dei tipi di zampogna, e possono essere più di tre, in
quanto oltre alle due canne intonabili, quella di canto e quella
armonica, si possono fissare anche più canne di bordone; in
alcuni tipi di zampogna, i bordoni hanno ancia semplice,
mentre le canne melodiche hanno ancia doppia.
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Oggi le zampogne sono strumenti legati soprattutto alle novene natalizie e alla festa, ma ai tempi dei Sanniti erano anche uno
strumento di guerra.

Prima di spiegare perché, vi metto tre link per ascoltare e vedere la zampogna, che spesso si accompagna in duo con la
ciaramella, detta anche piffero, uno strumento a fiato ad ancia doppia, senza bordone, sostanzialmente un oboe popolare, dal
suono molto forte ed acuto.

1° link – video dove si può ascoltare un estratto del concerto, effettuato in una chiesa abruzzese, del “Quartetto Petra”, formato
da due zampogne e due pifferi:
www.youtube.com/watch?v=T3mWYO64Z3s&t=5s

2° link – breve servizio di telegiornale del 2013, dedicato agli zampognari che dal Molise scendono giù a Roma nel periodo di
Natale per guadagnare qualche soldo con la novena:
www.youtube.com/watch?v=kHizZiDFIDs

3° link – video di una zampogna calabrese:


www.youtube.com/watch?v=kTjcxMX63fQ

I Sanniti erano un popolo di pastori, ma anche di guerrieri, e nel loro esercito avevano molti soldati con il compito preciso di
suonare la zampogna durante la battaglia: quando scendevano in guerra, infatti, il suono potente di tante zampogne che
suonavano insieme terrorizzava i nemici, facendone imbizzarrire i cavalli, e al tempo stesso dava forza ed entusiasmo ai
guerrieri sanniti, i cui cavalli erano perfettamente abituati a quel suono.
Forse anche per questo l’esercito sannita aveva fama di essere molto forte in guerra, praticamente invincibile: non si trattava
di un popolo aggressivo, ma, quando venivano attaccati, non esisteva chi poteva sconfiggerli. Nel IV secolo avanti Cristo, i
Sanniti entrarono in guerra con i Romani e li sconfissero subito, imponendo loro l’umiliazione delle famose forche caudine, in
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cui costrinsero tutto l’esercito romano, generali compresi, a passare sotto delle forche, e quindi ad abbassare la testa davanti
al re sannita. In quella circostanza i Sanniti avrebbero potuto uccidere tutti i Romani, ma pensarono che bastasse quella
clamorosa umiliazione per sancire il vincitore una volta per tutte. Invece i Romani, che erano molto pragmatici, si
riorganizzarono e ritornarono subito alla carica, e questa volta riuscirono a sconfiggerli nei pressi della città di Maleventum,
che da allora fu chiamata dai romani Beneventum, l’attuale Benevento.
Quando, dopo molti anni, i Romani si trovarono a dover combattere in Gran Bretagna, agli ordini di Giulio Cesare, si portarono
anche un manipolo di guerrieri sanniti, comandati del sannita Turno, tra cui furono reclutati anche gli zampognari; e sembra
che la presenza degli zampognari, con i loro suoni potenti e terrificanti, fu un fattore decisivo per la vittori

LA CORNAMUSA

Gli scozzesi rimasero tanto colpiti da quello strumento musicale,


che ritenevano magico, da cercare di costruirlo anche loro, ma
non riuscirono a copiarlo con assoluta precisione e tralasciarono
di costruire e fissare all’otre la cisterna di legno che c’è nella
zampogna, quella in cui vengono inserite le canne; attaccarono
infatti direttamente le canne all’otre, cosa che comportò un
suono meno armonico e potente, ma in cui si distinguono meglio
tra loro la melodia e il bordone: nacque così la cornamusa,
“pipes” in inglese (che vuol dire “tubi”). Nacque come strumento
musicale di guerra, ancora oggi adottato ufficialmente come tale
dall’esercito scozzese, ma anche come strumento musicale per
la pace, per fare festa e danzare.
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Oggi la cornamusa, in svariati nomi, forme e sonorità, è uno strumento musicale diffuso nelle tradizioni popolari non solo dei
paesi britannici, in particolare Scozia ed Irlanda, ma di tutta Europa, dalla gaita della Penisola Iberica alla piva dell’Italia centro-
settentrionale, fino alla gajda della Bulgaria, raggiungendo perfino la Turchia e l’Iran e, oltreoceano, gli U.S.A. e il Canada; gli
unici paesi europei dove non è presente sono la Sardegna, dove il suo posto è tenuto dalle launeddas, e l’Italia centro-
meridionale, dove il suo posto è tenuto dalla zampogna.
Nel link seguenti potete vedere un po’ di cornamuse in situazioni differenti.

1° link – SCOZIA – Ecco la cornamusa in simbiosi con la natura, in un brano tradizionale scozzese dal titolo “The Gael”, diventato
celebre per essere stato usato nella colonna sonora del film “L’ultimo dei Mohicani” (1992); in questo video a suonare è una
donna, Dark Isle Piper, sullo sfondo naturale magnifico delle Highlands, nell’estremo nord della Scozia, terra privilegiata di
questo strumento: www.youtube.com/watch?v=RKn73ZjPfIQ

2° link – SCOZIA – Le cornamuse in parata militare, nel 2018, eseguono l’inno scozzese “Scotland the brave”:
www.youtube.com/watch?v=rpBw0oCO4C8

3° link – SCOZIA – I Clanadonia sono un colorito gruppo scozzese di cornamuse e percussioni di Glasgow, che sembra uscito da
un film di troll ed elfi. In questo video la cornamusa è una sola, ma in altri video che sono in rete si vede che ne usano più di
un. Nel video si esibiscono in strada, in Germania, con una sfrenata giga che costringe a ballare i passanti:
www.youtube.com/watch?v=wBciual7Ww4

4° link – SCOZIA/AMERICA – I Celtica pipes rock, sono un gruppo di folk rock nato dall’incontro di due suonatori di cornamusa
eccezionali, lo scozzese John Mac Lean Allan e la californiana Gwendolen Rowe, attorno ai quali si è formata una scatenata rock
band. Qui il video ufficiale del loro brano “Megawatt”:
www.youtube.com/watch?v=RqHYAnW6lKY
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5° link – SPAGNA (GALIZIA) – Hevia suona la gaita (la cornamusa galiziana) senza soffiarci dentro: per l’aria utilizza un
meccanismo elettrico, a cui ricorre a causa di un problema respiratorio di cui soffre. Grazie alla sua gaita, comunque, ha
raggiunto un grande successo internazionale, che si è procurato proprio con questo brano di grande fusion dal titolo “Busindre
reel”, che comincia addirittura coi suoni di un dijeredoo australiano, di un sintetizzatore, di un flauto di bambù amerindiano e
di tabla indiane, su cui si innesta poi la gaita, seguita da tutta la rock band:
www.youtube.com/watch?v=YsZI4P-xWSM

6° link – IRLANDA – Torniamo ad una dimensione più autenticamente tradizionale, con una cornamusa meravigliosa, la uillean
pipes dell’Irlanda. Frutto di un’evoluzione costruttiva avvenuta dal XVI al XX secolo, la uillean pipes non si suona col fiato: l’aria
viene immessa nell’otre da un mantice che è azionato dal braccio destro; a differenza del fiato che è caldo e umido, il mantice
spinge aria fredda e secca, e per questo le ance vibrano meglio rispetto ad una normale cornamusa, producendo un suono
molto più dolce e raffinato. In questo video del 2014, Catherine Ashcroft suona due brani tradizionali, il primo da sola e l’altro,
più veloce, accompagnata alla chitarra da Maurice Dickson: www.youtube.com/watch?v=P40YOU8ggJk&list=RDTW4AYJdOn10&index=7

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