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MUSICA di Daniele Mutino 1

AFRICA SUBSAHARIANA 2 – ASCOLTI I PARTE

AFRICA SUBSAHARIANA - ASCOLTI


Miriam Makeba - https://www.youtube.com/watch?v=JBJVVhn7iuo

- Miriam Makeba, “Pata Pata”, 1967


Mama Afrika è qui nella sua più famosa canzone, quella che l’ha resa celebre in
tutto il mondo e l’ha investita del titolo di ambasciatrice internazionale della lotta
al razzismo. Eppure “Pata Pata”, come le altre canzoni di Miriam Makeba, non è
che una semplice canzone di festa ed allegria; ad un certo punto Miriam Makeba
dice anche alcune parole, ma si limitano a descrivere la voglia di vivere e danzare
della gente di Soweto, il ghetto sudafricano da cui lei proviene, e non fanno alcun
riferimento all’apartheid, o alla sofferenza del suo popolo. Malgrado questo il
successo internazionale di “Pata Pata” è stato un grande strumento nella lotta
contro il regime razzista in Sudafrica, perché ha attirato l’attenzione di tutto il
mondo sul dramma del popolo nero sudafricano.

Maschera musicale 1 – https://www.youtube.com/watch?v=DHO7lOi8u28


- Guem, “Serpente”
Questa è la maschera musicale dello spirito del serpente in Niger, registrata in
studio da Guem, un musicista algerino attento allo studio delle poliritmie
africane. Si tratta di un brano solo strumentale, suonato da vari tipi di
percussioni e tamburi, senza strumenti di altro genere, in cui è evidente la
Poliritmia della maschera musicale. La Poliritmia è matematica pura, e può
essere rappresentata bene sotto forma di numeri e periodi.
Tralasciando la raffigurazione matematica, troppo difficile per chi non è
musicista, ne faccio qui una breve analisi descrittiva, comunque ad uso esclusivo
di chi ha letto attentamente la scheda: il brano è costituito dalla ripetizione di
un stessa cellula ritmico/melodica in cui, sulla pulsazione costante dei tamburi
bassi e dei sonagli, emerge la breve figurazione melodica ripetuta di alcuni
tamburi a fessura, a cui, da un certo momento in poi, risponde un djembè con
brevi improvvisazioni solistiche ogni volta differenti; importante sarebbe riuscire
ad individuare nell’ascolto (e magari a seguire con il battito delle mani) il suono
acuto dei due legnetti che, battendo tra di loro, eseguono una figurazione ritmica
non semplice ma sempre uguale, matematicamente perfetta, che fa da
riferimento a tutte le altre percussioni, e costituisce quella che nella musica
afroamericana dell’America Latina viene chiamata “clave”.

Maschera musicale 2 – https://www.youtube.com/watch?v=76mFnxf0gMI


- Musica rituale dell’Africa orientale, “Acholi Bwala Dance”
Musica rituale dell’Uganda registrata in loco durante una festa.
Non essendo un brano riprodotto e registrato in studio (come invece era il brano
precedente), qui la Poliritmia è difficile da distinguere; eppure si tratta di una
architettura ritmica complessa ma precisissima, anche se carica del furore del
rito. La musica rituale, e questa in particolar modo, è difficile da ascoltare, in
quanto non ha limiti di tempo né riferimenti di facile individuazione, non ha forme
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ritmico-melodiche chiare e riconoscibili: questo perché non è fatta per l’ascolto


ma per essere “vissuta” in loco, partecipando in prima persona al rito.

Maschera musicale 3 – https://www.youtube.com/watch?v=U6AAtKmx6Qk


- Miriam Makeba, “Il leone si è addormentato”
Si tratta del famoso brano presente anche nel cartone Disney del Re Leone, che
in questa versione meno commerciale cantata da Miriam Makeba rivela la propria
origine di maschera sonora dello spirito del leone. Questa era una musica
originariamente rituale, presumibilmente cantata in Africa prima di andare a
caccia per chiedere allo spirito del leone di non intralciare gli esseri umani con
la propria pericolosa presenza.
In questo caso la Poliritmia non è affidata alle percussioni, ma alle voci, nella
classica forma responsoriale delle danze di possessione, ossia con un solista che
canta in veste sacerdotale (Miriam Makeba) e il coro che risponde.

Griot con Kora 1 - https://www.youtube.com/watch?v=oToZfPGMMBY

- Sona Jobarteh, “Jarabi”


Per farvi sentire la magia della kora - l’arpa dell’Africa occidentale - che
accompagna il canto/racconto del griot - il cantastorie rituale africano - ho scelto
un brano di una magnifica griot donna, Sona Jobarteh.
Sona è nata a Londra nel 1983, quindi è inglese di nascita, ma è anche e
soprattutto pienamente africana, del Gambia (Africa occidentale), ed appartiene
ad una delle cinque principali famiglie di griot dell’Africa occidentale, nipote del
più grande griot dei tempi moderni.
In questo brano tradizionale del Mali (paese africano che fino a qualche anno fa
era unito al Gambia) il canto inizia dopo un po’, perché prima l’incanto della kora
deve introdurre la giusta energia musicale, coinvolgendo gli altri musicisti un po’
alla volta, fino a far partire, come un treno, il flusso del tempo che porta i ricordi.
Nel canto rituale tradizionale, questa fase introduttiva strumentale equivaleva
alla fase in cui gli spiriti degli antenati venivano evocati. In realtà la storia che
Sona canta non riguarda lontani antenati, non è una storia antichissima, ma
risale al 1960, alla fine del colonialismo, quando la sua terra ottenne
l’indipendenza dalla Francia rifiutando ogni forma di protettorato francese, e il
generale De Gaulle, per stizza, nel lasciare il paese fece distruggere tutte le
infrastrutture esistenti, lasciando solo devastazione su devastazione.
“Jarabi”, titolo del brano, significa “Molto amata” e si riferisce alla sua patria e
all’amore con cui il popolo del Mali e del Gambia dovette adoperarsi per
ricominciare dal nulla dopo la colonizzazione francese.

Griot con Kora 2 - https://www.youtube.com/watch?v=PtmmlOQnTXM

- Sona Jobarteh, “Gambia”


In questo secondo brano di Sona Jobarteh, registrato nel 2015, la griot gambiana
si propone come cantautrice con una sua canzone dedicata al Gambia. Il video,
così come le parole cantate, descrive l’amore di Sona per la sua terra.
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Griot senza Kora - https://www.youtube.com/watch?v=yAqJr1KJDRU

- Sona Jobarteh, “Gainaako”


Live in Ungheria (2018)
Grande musica live con Sona Jobarteh non alla kora, ma alla chitarra, che
interagisce con il suo fantastico gruppo.

Cantastorie con Mbira - https://www.youtube.com/watch?v=0_NoueG4SZw

- Stella Chiweshe, soundcheck


Stella Chiweshe, detta “La regina della ‘mbira”, è una musicista di etnia shona
dello Zimbwawe (Africa centro-meridionale) che ha lottato per prendersi il diritto
di suonare la ‘mbira, strumento sacro che prima di lei era interdetto alle donne.
Questo che vi propongo non è un brano bello, ma un documento: una
registrazione fatta mentre Stella Chiweshe fa il soundcheck prima di un concerto,
e si lascia andare ad un momento di “cantastorie”, con canto, fischi e parlato sul
tappeto sonoro di quello strumento straordinario che è la ‘mbira, il cosiddetto
“pianoforte africano”, che in Zimbwawe si pensa sia in grado di evocare gli spiriti
degli antenati e della natura.

Youssou N’dour 1 – https://www.youtube.com/watch?v=t975zX-pVlE


- Youssou N’dour, “Immigres”
Live ad Atene (1987)
Alla fine degli anni Ottanta il grande Peter Gabriel, ex leader dei Genesis, fonda
la casa discografica “Real World”, che fa conoscere al pubblico occidentale i
grandi interpreti della musica etnica di varie parti del mondo. Questo determina,
nel pubblico occidentale, una nuova attenzione per la musica etnica proveniente
da altri continenti, ed è così che il senegalese Youssou N’dour riesce ad
affermarsi a livello internazionale.
In questo video Youssou N’dour suona in concerto con il suo gruppo: dopo esser
stato presentato dallo stesso Peter Gabriel, si esibisce nel tipico stile musicale
del Senegal (Africa occidentale), in una canzone dedicata agli immigrati africani
in Europa. Questo il testo, tradotto in italiano dal wolof (lingua senegalese):

<<I nostri connazionali che sono all'estero non vivono lì, risiedono solo per un
breve periodo, perché appartengono alla loro terra e prima o poi torneranno a
casa, perché le loro radici sono qui, perché la gente dei paesi dove ora sono
ospitati non li conoscono davvero, non li capiscono davvero: è una questione di
cultura. Ambizione e orgoglio ci portano a cercare qualunque fortuna possibile
in un altro paese ma per essere fedeli alle nostre origini dovremo tornare a casa
un giorno. È bello viaggiare, ma non andare troppo lontano soggiornando per
sempre in un paese che non è tuo: qualunque sia il guadagno materiale che
potresti aver fatto, qualunque cosa tu sia diventato, anche se hai salito la scala
sociale, è giusto che tu un giorno debba ritornare in patria.
Ti ringraziamo per il tuo coraggio, ti auguriamo buona fortuna, in tutte le tue
imprese. Preghiamo per te continuamente oh Senegal, nostra povera patria!>>.
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Youssou N’dour 2 – https://www.youtube.com/watch?v=ZmnLou3lSAk&feature=youtu.be


(video segnalato da Edoardo della 3A)
- Dido & Youssou N’dour, “7 seconds”
Live a Londra, Hyde Park (2005)
Dopo Miriam Makeba, Youssou N’dour è il primo artista africano che conquista il
grande pubblico occidentale. Questo è possibile perché un po’ alla volta modifica
il proprio stile iniziale, andando incontro ad una musicalità più sofisticata, in cui
la vocalità e l’intensità emotiva della musica africana si fondono con i linguaggi
della musica euro-americana, il blues, il jazz, il pop.
“7 seconds”, con oltre un milione e mezzo di copie vendute in tutto il mondo, è
la canzone più famosa del cantante senegalese, anche se non è interamente sua,
in quanto è stata composta e incisa nel 1994 insieme alla cantante svedese
Neneh Cherry. Qui, in questo live, non canta insieme a Neneh Cherry, ma alla
cantante inglese Dido.

Il video mi è stato segnalato da Edoardo della Terza A, che mi ha anche scritto:


<<Mi piace più questa versione che l'originale, perché è più potente e anche per
i controcanti del ritornello che fa Yossou N’dour alla fine>>. Non posso che
essere d’accordo con lui.

Il testo di “7 seconds” è multi-lingue, ha parti in inglese, in francese e in wolof


(lingua senegalese), e parla dei primi sette secondi di vita di un bambino, in cui
questi ha il primo impatto positivo con l’esistenza senza poter ancora sapere di
che colore è la sua pelle. È un testo contro il razzismo, e non a caso Youssou
N’dour è poi diventato Ambasciatore della FAO. Eccone la traduzione in italiano:

Strofa I:
<<Dovremmo essere duri e scortesi / verso chi si serve di perversi incantesimi
/ per mezzo della spada e della pietra. / Il male entra fino alle ossa / la battaglia
non è finita / nemmeno quando la si vince>>.

Ritornello:
<<E quando un bambino nasce in questo mondo / non ha la minima idea / del
colore della pelle in cui vive.
Non è questione di un secondo / ne sono già trascorsi sette / e finché ci sarò /
aspetterò
Non è questione di un secondo / ne sono già trascorsi sette / e finché ci sarò /
aspetterò>>.

Strofa II:
<<Non guardarmi da lontano / non guardare il mio sorriso / e non pensare che
non sappia / cosa c’è al di fuori di me. / Non voglio che mi guardi e pensi che /
quel che c’è in te è per me / e quel che c’è in me è per gli altri>>.

Strofa III:
<<Immagino quali siano le ragioni che ci spingono a cambiare ogni cosa /vorrei
che dimenticassimo il loro colore affinché possano sperare / ci sono troppi
sentimenti razzisti che fanno di loro dei disperati. / Voglio che le porte siano del
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tutto spalancate, amici / per parlare del loro dolore e della loro gioia / perché si
diano loro dei consigli che non dividano / per cambiare il mondo>>.

Strofa IV:
<<E ci sono un milione di voci / e ci sono un milione di voci / a dirti quel che lei
starebbe pensando / e allora è meglio che rimani calmo e ascolti per un secondo/
ne sono già trascorsi sette / e finché ci sarò / aspetterò>>

Mori Kantè – https://www.youtube.com/watch?v=bJNiMNUSrw8

- Mori Kantè, “Yeke Yeke”


Mori Kantè comincia la sua vita musicale in Guinea (Africa occidentale) come
griot figlio di griot, di etnia mandinka. In seguito, alla fine degli anni Ottanta, si
trasferisce in Francia, dove, dopo un periodo molto difficile come immigrato
clandestino, riesce a seguire la scia di Youssou N’dour ed ottiene anche lui un
grande successo internazionale come portabandiera della musica africana nel
mondo. Il successo gli arriva specialmente con questa splendida canzone,
dall’energia molto dance, “Yeke Yeke”, brano del 1987 che ha venduto oltre 1
milione di copie in tutto il mondo: il singolo di musica interamente africana di
maggiore successo di sempre.
Una curiosità: come potete vedere nel video, in questo brano, carico di suoni
elettronici e atmosfere pop dance, Mori Kantè suona in alcuni momenti la kora,
lo strumento sacro dei griot tradizionali, sottolineando il legame con le sue radici
musicali più profonde.
Mori Kantè è stato nominato Ambasciatore della FAO.

Ayub Ogada – https://www.youtube.com/watch?v=b0Jwf-Y1uww&feature=youtu.be


(video segnalato da Edoardo della 3A)
- Ayub Ogada, “Kothbiro”
La storia di Ayub Ogada, nato a Mombasa, capitale del Kenya (Africa orientale),
è molto semplice e significativa: alla fine degli anni Ottanta faceva il busker nella
metropolitana di Londra, quando fu notato dai discografici della “Real World”,
l’etichetta discografica di Peter Gabriel, che decisero di produrlo.

Ayub suona sempre accompagnandosi con


la sua Nyatiti, la lira africana (nella foto),
uno strumento musicale semplice e
incantato, come la musica di questo
musicista straordinario…
che non conoscevo, prima che mi venisse
segnalato da Edoardo della 3A, cosa per
cui gli sarò sempre grato.

Le parole di questo canto evocano la vita quotidiana del mondo pastorale


africano, ma, come una parabola antica, alludono anche a significati spirituali, e
sono talmente belle, nella loro semplicità, che ve le voglio scrivere:
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<<Auma, senti quello che ti dico!


La pioggia sta arrivando,
riporta a casa il nostro bestiame.
Yaye, riporta anche i bambini!
Cosa pensi di fare?
Sta arrivando la pioggia!
Riporta a casa il nostro bestiame>>.

Manfila Kantè - https://www.youtube.com/watch?v=r20l7CKwuFE

- Manfila Kantè, “Agne Anko”


Musicista della Guinea (Africa occidentale) che unisce chitarra e kora per una
musicalità molto solare e rilassante, tipicamente africana.

Oumou Sangarè 1 – https://www.youtube.com/watch?v=6mlxHs2BjQY&feature=youtu.be


(video segnalato da Edoardo della 3A)
- Oumou Sangarè, “Ah Ndiya”
Oumou Sangarè è una cantante del Mali (Africa occidentale) considerata una
delle più importanti voci africane. Per potere fare la cantante professionista ha
dovuto lottare molto, dal momento che in Mali, prima di lei, alle donne non era
consentito. Si è quindi sempre schierata a favore dei diritti delle donne, contro i
matrimoni combinati e la poligamia, ed è stata nominata Ambasciatrice della
FAO. In questo brano, però, parla solo di una serata tra amici.
Questa canzone mi è stata segnalata da Edoardo della Terza A.

Oumou Sangarè 2 - https://www.youtube.com/watch?v=v6L3wGnXyxQ

- Oumou Sangarè & Alicia Keys, “Fallin’ “


Qui Oumou Sangarè canta nel 2002 per la televisione francese insieme ad una
icona del R&B più recente, l’americana Alicia Keys. Le due cantanti interpretano
“Fallin’ “, grande successo soul di Alicia Keys insignito anche di un Grammy
Awards. Questo duetto testimonia come la vocalità dell’Africa occidentale sia alle
radici del canto blues e soul, poiché è da quella zona dell’Africa che si è originata
la diaspora degli schiavi afroamericani.

Dobet Gnahorè – https://www.youtube.com/watch?v=KiLqaW9z6gQ&list=OLAK5uy_nY68xR3P13iVY8IqgYfZ16O-


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- Dobet Gnahorè, “Issa”


Dobet Gnahorè, figlia di un grande percussionista africano, nasce nel 1982 in
Costa D’Avorio (Africa occidentale), nel villaggio di Ki–Yi M’Bock, all’interno di
una comunità molto particolare dove si insegna ai ragazzi a praticare le arti nella
convinzione che sarà proprio l’arte a salvare l’Africa dai suoi devastanti problemi.
Dobet impara così la musica, la poesia, impara a suonare le percussioni e a
ballare, e a parlare le lingue africane.
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Nel 1999 scappa dalla guerra civile e si rifugia in Francia, dove suona con degli
eccezionali musicisti franco/algerini e nel 2004 incide il suo primo album.
Nelle sue canzoni Dobet Gnahorè usa diverse lingue europee e africane, e tocca
spesso tematiche sociali.
Questa canzone, tratta dall’album “Na Afriki”, è in Malinkè, una lingua del Mali;
un discorso amorevole che l’autrice fa ad un bambino di strada africano di nome
Issa, simbolo del futuro dell’Africa. Metto qui il testo tradotto in italiano:

<<Issa, non essere così duro con te stesso


puoi smettere di vedere tutto nero
puoi ancora fare un passo verso la luce
un solo piccolo passo che cambia tutto
non è mai troppo tardi
per smettere di non sentire nulla,
è ancora possibile ascoltare!
Non dire che sei solo
i tuoi genitori fanno di tutto per ragionare con te
ti consigliano ogni giorno
ma tu preferisci trarre profitto dalla vita come la senti
senza far nulla della tua esistenza?
Non fai nulla per essere apprezzato
tutti possiamo riuscire nella vita, non dimenticare!
non abbassare le braccia, Dio è accanto a te
devi solo cogliere l'attimo
non aspettare oltre, passeranno gli anni…
apri gli occhi per guardare davanti a te!>>

Fatoumata Diawara - https://www.youtube.com/watch?v=piXLHdmAEMQ

- Fatoumata Diawara, “Clandestin”


Fatoumata Diawara nasce nel 1982 ad Abdijan in Costa D’Avorio (Africa
occidentale), ma a 12 anni si trasferisce nel vicino Mali, dove vive. Attrice,
autrice, chitarrista, si ispira al canto tradizionale maliano ma anche al jazz e al
blues.
Questa canzone dedicata ai migranti fa parte del suo album d’esordio. Qui sotto
il testo tradotto in italiano:

<<Volevano viaggiare come fanno tutti, volevano attraversare l'oceano, gli fu


detto che non ne avevano il diritto: “I loro leader non potrebbero fare qualcosa
per incoraggiarli a rimanere a casa e costruire una vita migliore lì?” Questo ha
dato loro ancora più desiderio di viaggiare: più vieni rifiutato, maggiore è il
desiderio! La gente disse loro "No!" Dopo dieci anni di rifiuti alle domande di
visto sul passaporto, decidono di partire a piedi! Il viaggio dura un giorno, un
anno, due anni, cinque anni, dieci anni. Molti perdono la vita, muoiono lungo il
percorso e nessuno sa più nulla di loro. Sono chiamati "illegali", ma io li chiamo
“guerrieri” perché non è facile lasciarsi tutto alle spalle e affidarsi all'ignoto. A
Bambara, li chiamiamo “nomadi”. Viaggiare è diventato davvero parte della
nostra cultura, motivo per cui li chiamo con i loro veri nomi.
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AFRICA SUBSAHARIANA 2 – ASCOLTI I PARTE

Questa canzone è dedicata a tutti i fratelli che muoiono in questo viaggio e a


quelli che sono partiti! I loro genitori piangono per loro ogni giorno!>>

Pigmei – https://soundcloud.com/daniele-mutino/africa-pigmei-canto-rituale

- Pigmei, canto rituale


Concludiamo con un canto rituale dei Pigmei del Camerun, un popolo legato al
cuore della foresta ed incapace di sopravvivere fuori di essa, e quindi vittima
della deforestazione selvaggia portata avanti sempre più da governi e
multinazionali per i soliti interessi commerciali. I Pigmei sono un popolo in
estinzione.
Tutta la musica dei Pigmei, concepita per comunicare con gli spiriti, è un lungo
incantesimo che può durare ore. La particolarità è che ad un ascolto superficiale
sembra tutta uguale ma poi, se si confronta l’inizio con la fine, ci si rende conto
che cambia molto, perché nella ripetizione sono continuamente applicate delle
impercettibili variazioni. Ad un certo punto dell’ascolto che vi propongo, per
esempio, senza che ce ne rendiamo conto compare il tipico jodel dei Pigmei:
un’oscillazione melodica basata su un cambio di registro vocale estremo, dal
carattere ipnotico.

Non c’è video a questo ultimo link, solo audio, quindi chiudiamo gli occhi
nell’ascolto e facciamo partire i pensieri per la loro libera via.
Il canto dei magici Pigmei, piccoli uomini, donne e bambini della foresta, gente
antica, è una ninnananna che ci conduce in un altro mondo fatto solamente di
sogni, di spirito, che è poi la materia da cui la povera madre Africa, all’alba dei
tempi, ha generato tutta l’umanità.
Questo canto chiede una sola semplice cosa: portiamo sempre rispetto all’Africa
perché è nostra madre, e i suoi figli sono nostri fratelli, i suoi figli siamo noi.
Noi siamo il sogno che la Terra ha generato, per volere del Cielo, nella Rift Valley.

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