Questo lavoro vuole essere solo una racolta di materiale dedicato ad un genere musicale
considerato ormai del passato ma che coinvolge ancora oggi numerosi fans.
Anche se il fenomeno legato ad un preciso periodo che si posiziona soprattutto attorno agli
anni '70, non mancano nuovi dischi in linea con il Progressive Rock o "Rock sinfonico" come
dovrebbe essere pi correttamente chiamato, in Italia, il genere musicale.
La maggior parte dei commenti ai vari album deriva dall'ottimo lavoro pubblicato sul sito "Manlio
Progressive Reviews"
Altri articoli invece derivano dalla rivista Ciao 2001 con i commenti soprattutto di Enzo Caffarelli.
Altri ancora da:"Pagine Settanta" e molte altre.
In rari casi ho inserito note personali per quei dischi che non ho trovato recensito da nessuna
altra parte.
Sommario
Artista
ACQUA FRAGILE
AKTUALA
Alan Sorrenti
Alan Sorrenti
ALBERTO RADIUS
ALBERTO RADIUS
ALLUMINOGENI
APOSTHOLI
APOSTHOLI
AREA
AREA
AREA
AREA
AREA
ARTI+MESTIERI
ARTI+MESTIERI
ARTI+MESTIERI
BALLETTO DI BRONZO
BALLETTO DI BRONZO
BALLETTO DI BRONZO
BANCO DEL MUTUO SOCCORSO
BANCO DEL MUTUO SOCCORSO
BANCO DEL MUTUO SOCCORSO
BANCO DEL MUTUO SOCCORSO
BANCO DEL MUTUO SOCCORSO
BANCO DEL MUTUO SOCCORSO
BANCO DEL MUTUO SOCCORSO
BANCO DEL MUTUO SOCCORSO
BANCO DEL MUTUO SOCCORSO
BANCO DEL MUTUO SOCCORSO
BIGLIETTO PER L'INFERNO
BIGLIETTO PER L'INFERNO
BLUE MORNING
Campo di Marte
CELESTE
CERVELLO
Cherry five
CITTA' FRONTALE
Claudio Lolli
Claudio Rocchi
Claudio Rocchi
CLAUDIO SIMONETTI
Corte dei Miracoli
Titolo
Acqua Fragile
AKTUALA
Aria
Come un Vecchio Incensiere all' Alba di un Villaggio
Deserto
Carta Straccia
America Good-Bye
Scolopendra
Un'isola senza sole
Ho smesso di vivere
Arbeit Macht Frei
Crac!
Maledetti
Gli Dei Se Ne Vanno, Gli Arrabbiati Restano!
Gioia e Rivoluzione
TILT - Immagini per un orecchio
Giro di valzer per domani
Quinto Stato
Trys
Sirio 2222
YS
Darwin!
Banco del Mutuo Soccorso
Io sono nato libero
Come in un'ultima cena
Garofano rosso
...di terra
Canto di primavera
Da qui messere si domina la valle...B.M.S. (91)
Da qui messere si domina la valle...Darwin
Nudo
Il tempo della semina
Biglietto per l'inferno
BLUE MORNING
Campo di Marte
CELESTE
Melos
Cherry five
El Tor
Aspettando Godot
Volo magico n. 1
La norma del cielo (volo magico n. 2)
Profondo rosso - XXV anniversario
Corte dei Miracoli
2
anno
1973
1973
1972
1973
1977
1979
1972
1972
1979
1973
1975
1976
1978
1996
1974
1975
1979
1970
1972
1972 19721973
1976
1976
1978
1979
1991 1991 1997
1972
1973
1973
1976
1973
1975
1972 1971 1972
2000
1976
DE DE LIND
DEDALUS
DELIRIUM
DELIRIUM
DUELLO MADRE
ERRATA CORRIGE
FESTA MOBILE
FLEA
FRANCHI GIORGETTI TALAMO
Franco Battiato
Franco Battiato
Franco Battiato
Franco Battiato
GARYBALDI
GARYBALDI
I GIGANTI
I TEOREMI
IL VOLO
IL VOLO
JUMBO
JUMBO
L' UOVO DI COLOMBO
LATTE E MIELE
LE ORME
LE ORME
LE ORME
LE ORME
LE ORME
LE ORME
LIVING MUSIC
LOCANDA DELLE FATE
LOCANDA DELLE FATE
LOY & ALTOMARE
MARIO BARBAJA
MARIO LAVEZZI
MAURO PELOSI
MAXOPHONE
METAMORFOSI
METAMORFOSI
MUSEO ROSENBACH
MUSEO ROSENBACH
NEW TROLLS
NEW TROLLS
NEW TROLLS
NEW TROLLS
NICO, GIANNI, FRANK, MAURIZIO
OSAGE TRIBE
OSANNA
1973
1973
1971
1972
1973
1976
1973
1972
1973
1972
1972
1973
1974
1972
1973
1971
1972
1974
1975
1972
1973
1973
1972
1971
1972
1973
1974
1975
2001
1972
1977
1973
1972
1976
1973
1975
1972
1972
1973
1992
1971
1972
1973
1976
1973
1972
1971
OSANNA
OSANNA
PANNA FREDDA
PERIGEO
PERIGEO
PIERROT LUNAIRE
PIERROT LUNAIRE
Premiata Forneria Marconi
Premiata Forneria Marconi
Premiata Forneria Marconi
Premiata Forneria Marconi
Premiata Forneria Marconi
Premiata Forneria Marconi
Premiata Forneria Marconi
QUELLA VECCHIA LOCANDA
QUELLA VECCHIA LOCANDA
RACCOMANDATA RICEVUTA RITORNO
REALE ACCADEMIA DI MUSICA
ROCKY'S FILJ
ROVESCIO DELLA MEDAGLIA
ROVESCIO DELLA MEDAGLIA
ROVESCIO DELLA MEDAGLIA
SAMADHI
SEMIRAMIS
SHOWMEN 2
STORMY SIX
The TRIP
The TRIP
The TRIP
The TRIP
Vince Tempera
Milano Calibro 9
Palepoli
Uno
Abbiamo Tutti un Blues da Piangere
La Valle Dei Tempi
Pierrot Lunaire
Gudrun
Storia di un minuto
Per un amico
Photos of Ghosts
Live in U.S.A.
L'isola di niente
Chocolate king's
Jet Lag
Quella Vecchia Locanda
Il Tempo Della Gioia
Per...un mondo di cristallo
Reale accademia di musica
Storie di uomini e non
La Bibbia
Contaminazione
Il ritorno
Samadhi
Dedicato a Frazz
Showmen
L'unit
The Trip
Caronte
Atlantide
Time of change
Art
1972
1973
1971
1973
1975
1974
1977
1972
1972
1973
1974
1974
1975
1977
1972
1974
1972
1972
1973
1971
1973
1995
1974
1972
1972
1971
1970
1971
1972
1973
1973
ACQUA FRAGILE
Acqua Fragile
1973
AKTUALA
AKTUALA
1973
Alan Sorrenti
Aria
1972
Tutto si pu dire di questo disco del poi figlio delle stelle Alan Sorrenti (...) ma non che
sia un disco dall'ascolto semplice ...e ancor pi difficile il tentare di spiegarlo. Il
bell'impatto musicale, ad opera soprattutto del bravo Albert Price, perfettamente
azzeccato per la voce e la chitarra acustica di Sorrenti. Impressionante il modo di usare
il cantato: Sorrenti usa la voce in un modo rivoluzionario ed imprevedibile (a volte con
qualche piccola stonatura pure), con un suono quasi metallico prima e dolce e soave
poi. Dei quattro brani che compongono il disco solo "Vorrei incontrarti" quello che
rimane su uno stile classico con la chitarra che sottolinea ed accompagna il testo
mentre in "Aria","La mia mente" e "Un fiume tranquillo" il gruppo e Sorrenti instaurano
quasi un conflitto tra perfezione strumentale e volteggi vocali ma senza sovrastarsi a
vicenda.
A volte il cantato di Sorrenti mi fa ricordare per un po' Peter Hammill.
Concludendo: sicuramente questo disco necessita molti e molti ascolti per essere ben
digerito; non niente male anche se a volte riuscire ad ascoltare completamente
l'ambiziosa "Aria" un po' difficile... almeno per me.
***
Chi lo ha gi ascoltato assolutamente d'accordo sul fatto che Alan Sorrenti
rappresenta la figura musicalmente pi originale espressa dal nostro paese da tanti
anni a questa parte. E chi non lo ha ascoltato, non so quanto potr ricavare dalle mie
parole, data l'estrema difficolt di cogliere perfettamente nel segno e di descrivere
dettagliatamente questo strano personaggio spuntato fuori dal golfo di Napoli, e asceso
in volo fra le note della sua "Aria".
"Aria" p la suite che occupa l'intera prima facciata, ed anche la composizione pi
ambiziosa di Sorrenti. L'album stato registrato in parte in Italia, in parte in Francia,
con alcuni sessionmen francesi, e con sopite d'eccezione Jean-Luc Ponty, il numero
uno del violino jazz. La casa discografica ha visto giusto fin dal principio, ha creduto nel
ragazzo e gli ha dato carta bianca, per di pi confezionando una bella copertina con
tanto di testi e di note, mentre l'etichetta una delle pi illustri inglesi, la Harvest. Un
autentico successo, dunque, su tutti i fronti.
Alan suona la chitarra acustica, compone, arrangia. E' un cantautore del tutto
particolare: la sua forza sta innanzi tutto nella voce, carezzevole e metallica, aspra e
dolcissima a turno, che egli utilizza come un vero e proprio strumento, una voce
personalissima e duttile, che si assottiglia e riprende corpo, si plasma secondo la nota,
l'allunga e la tiene sospesa salendo le scale pi alte, poi la getta e la raccoglie di nuovo
rimodellandola accuratamente. A qualcuno rammenta Peter Hammill dei Van der Graaf
Generator, specie nell'uso del semiparlato, ma lo stile di Alan meno aggressivo, ed
ancora pi raffinato e dettagliato; e mentre Hammill guida con la voce gli strumenti,
Alan li precorre ed in un certo senso ne resta al di fuori.
"Aria" appunto un giuoco di voce, con il tema lacerato, ridotto a brandelli, poi ripreso,
e solo in rarissimi casi con l'aiuto di distorsioni od effetti elettronici. Dietro suona l'ottimo
complesso, con Vittorio Nazzaro al basso e a dare una mano ad Alan con la chitarra
classica. Antonio Esposito alla batteria, Albert Prince al piano, all'organo, al
sintetizzatore ed al mellotron, le cui aperture dolcissime interrompono e congiungono i
vari momenti della composizione. Sullo sfondo i musicisti francesi, due fiati, un
6
Alan Sorrenti
Come un Vecchio Incensiere all' Alba di un
Villaggio Deserto
1973
Commento di Roberto
Il secondo (ed ultimo) lavoro del Sorrenti Prog datato 1973. Come il precedente "Aria"
un disco di non facile ascolto, e con la stessa struttura, una facciata occupata dal
brano che da' il titolo all'album, con un utilizzo della voce forse un poco eccessivo, una
parte centrale dove entra uno stupendo VCS3 assolutamente da brividi ed un finale
che lascia intravedere sonorit mediterraneo/partenopee con le percussioni in bella
evidenza. Pi tradizionale l'altra facciata dove emerge la stupenda "Serenesse" ma
molto belli e particolari anche gli altri pezzi. Con Sorrenti, in questo lavoro collaborano
musicisti prestati da Van Der Graaf Generator e Curved Air e , sembra incredibile, solo
un anno dopo arrivano "DICINTECELLO VUJE " ed a seguire "I FIGLI DELLE STELLE"
ed altre amenit......
Il CD, uscito nel 2000 per EMI, contiene anche il brano "Le tue radici" che ha
rappresentato il passaggio di ALAN SORRENTI alla musica commerciale ma, risentito
a distanza di anni, lo si ascolta comunque con piacere, e resta la convinzione che
anche in quell' ambito, avrebbe potuto "dare di pi".
Chiudo con una citazione quanto mai centrata, tratta dal Dizionario del Pop Rock edito
da Baldini & Castoldi : Mai in Italia siamo stati cos vicini alla scena musicale
internazionale.
Il giudizio di ENZO GENTILE.
***
Credo che Alan Sorrenti sia uno di quei personaggi su cui ci si trover costantemente
in disaccordo, pronti ad esaltarlo da una parte come il personaggio pi nuovo ed
importante fuoruscito dalla nostra scena, o come un discreto musicista, dall'altra, ma
abile mistificatore prima di ogni altra cosa.
Di questo secondo LP del cantautore anglo-napoletano abbiamo gi abbondantemente
detto in anteprima. Se il carattere peculiare del personaggio risiede nell'avere ribaltato
il concetto tradizionale dell'uso della voce, per primo in Italia, se pure sulla scorta di
illustri esempi stranieri (Tim Buckley, Shawn Phillips, lo stesso Peter Hammill), Alan si
conferma altres compositore eccellente, al di l dell'uso (e dell'abuso in pi di
un'occasione) dei suoi indiscutibili mezzi vocali.
Naturalmente non tutto farina del suo sacco: la presenza di gente matura, si solisti
capaci di qualsiasi improvvisazione e variazione al suo fianco, gli consentono una
coralit espressiva intelligente ed affascinante: nel primo album era il sol Jean-Luc
Ponty l'uomo di "punta". Qui sono presenti un Dave Jackson in grande forma, che alle
fughe rabbiose del sax preferisce quelle pi dolci ma non meno inquietanti di uno
splendido flauto ("Serenesse" ed "Oratore"); Francis Monkman pianista e
sintetizzatorista (VCS3) essenziale complemento all'organico; Toni Marcus violinista
piena di grazie ed eleganza; Ron Matthewson al contrabbasso in un brano e Victor Bell
al violoncello in un altro; infine la coppia italiana (D'Amora - Esposito) certo non
disprezzabile.
La prima facciata, suddivisa in cinque pezzi, senza dubbio la pi convincente, la
meno forzata e la pi varia. Alan sfrutta la voce nei canali della grande arte, e si sforza
di autoesaltarsi nel limite del lecito, mediante anche testi significativi e pregni di
8
ALBERTO RADIUS
Carta Straccia
1977
Siamo ormai alla fine degli anni '70 e il vecchio rock progressivo comincia a dare segni
di stanchezza e declino. Si comincia a preferire alle complicate e lunghe atmosfere
zeppe di tastiere tipiche della tradizione prog, soluzioni pi leggere ed immediate.
Anche questo disco conferma questa regola, magari per staccarsi definitivamente dal
filone Il Volo, e rimane sempre su canoni molto leggeri, guidati da chitarre acustiche e
Fender Rhodes. Il prodotto comunque ben confezionato e spuntano dei bei testi con
il pregio dell' originalit. Si veda qui il testo di "Ricette" e "Stai con me sto con te".
Buone "Celebrai", "Pensami" e "Nel ghetto". "Carta straccia" ricorda stilisticamente il
disco "Io tu noi tutti" di Lucio Battisti, fatto forse dovuto al particolare periodo di
transizione anche visto che sono del medesimo anno. L'unico stralcio progressivo,
soprattutto nelle parti di tastiere, presente in "Un amore maledetto" anche se siamo
ben lontani dai canoni gloriosi. Dal punto di vista progressivo la bocciatura
netta...visto come un disco leggero e commerciale, il prodotto buono e risulta
orecchiabile e ben costruito soprattutto nel primo lato che passa liscio e gradevole.
Penso che la morale del disco la si possa leggere in questo stralcio di testo:
bandiere e altari baciai, ma vaffanculo...vai !!!
A ciascuno la libera interpretazione!
Consigliato a chi non cerca atmosfere complesse.
ALBERTO RADIUS
America Good-Bye
1979
Formazione vincente (?!?) non si cambia ed ecco ripresentata la line-up del precedente
"Carta Straccia". Anche i contenuti seguono la stessa rotta e ne riesce un disco sempre
leggero ma meno emozionante e con qualche eco di gi sentito. Leggermente inferiori
anche i testi, completamente concentrati nello smantellare e sminuire il mito americano
(...il titolo non messo a caso...) con sfarzi ("Las Vegas"), problemi sociali come polizia
corrotta ("Poliziotto") e leggende metropolitane ("Coccodrilli bianchi"). Bello l'omaggio,
anche se sempre in tono polemico, a Mohamed Al in "Il buffone". Musicalmente da
segnalare "Patricia", forse l'unico momento quasi interessante e l'avvento dei nuovi, per
quel tempo, drum-pad elettronici disseminati qua e l.
Chi adora "Carta Straccia" non avr problemi ad ascoltare anche questo disco, anche
se onestamente io non lo ritengo un granch. Radius non si arrabbi se utilizzo un suo
verso:
ci perdonerai se da adesso in poi saremo affari sfortunati...
Meglio volgere lo sguardo ai primi lavori...
10
ALLUMINOGENI
Scolopendra
1972
Gli Alluminogeni fanno parte di quel gruppo ci complessi nati tre o quattro anni or sono
con la lodevole intenzione di rinnovare il mercato italiano, ma incapaci di costruire in
pratica grandi cose. Fra i tanti anzi, il trio piemontese ha sempre mantenuto il ricordo di
una melodicit tutta italiana, un po' come pi tardi avrebbe fatto, ma sinceramente ad
altro livello, il Banco del mutuo soccorso.
In questo senso la musica italiana viene automaticamente a svincolarsi dai modelli
stranieri. Ma probabilmente non questa l'intenzione racchiusa nelle ultime righe della
presentazione del disco: "Non parole estetizzanti senza significato, ma liberazione dalle
caverne dell'inglese da cui prima ci giungevano i suoni". Se si allude alle tematiche
musicali, alla ricerca strumentale basata soprattutto sulle tastiere, non mi sembra allora
che tale allontanamento sia profondo come si vorrebbe far credere.
Patrizio Alluminio, occhialuto leader del gruppo, sciorina con abilit i suoi preferiti, che
vanno dal Winwood di "Glad" in apertura, al piano elettrico, all'organistico Jimmy Smith
di "Cosmo". Spinti come sono verso l'elettronica e l'uso delle tastiere e degli effetti in
generale, gli Alluminogeni si son edificati in album "spaziale" ("La natura e l'universo",
"La stella di Atades", "Cosmo", "Pianeta") rivelando purtroppo ancora una volta la
grande crisi di testi che esiste in Italia.
La musica propone immagini ed invenzioni (- questi suoni che ascolterete - dicono le
note - sono gi dentro di voi. Erano chiusi dentro - ). Ma a mio avviso "Scolopendra"
un album s piacevole, ma irrimediabilmente appartenente alla generazione precedente
e non attuale del pop italiano.
Enzo Caffarelli
11
APOSTHOLI
Un'isola senza sole
33 giri
1972 ? o 1982 ???
12
APOSTHOLI
Ho smesso di vivere
CD
1979
13
AREA
Arbeit Macht Frei
CD
1973
Grandioso esordio per questa band con grandissime potenzialit tecniche dovute
soprattutto, ma non solo, all'inconfondibile e grandiosa voce di Demetrio Stratos. Il
sound del gruppo centrato nel free jazz, stile che ricorda lontanamente i Soft Machine
e comunque ben contornato di sintetizzatori e pianoforte.
I testi sono schiettamente politici, caratteristica presente in tutta la produzione del
gruppo. Sicuramente un grande disco da cui spunta: "Luglio, agosto, settembre (nero)",
l'improvvisazione di "Arbeit macht frei", "Consapevolezza" e "240 chilometri da Smirne".
Il gruppo cela, secondo me, dietro a "L'abbattimento dello Zeppelin" un piccolo attacco
al gruppo del dirigibile ovvero i Led Zeppelin, accusati di attirare tutta l'attenzione della
scena musicale... contando anche il proponimento del gruppo di espansione oltre i
confini con il suffisso international POPular group.
Ultima osservazione per la presenza al basso di Patrick Djivas che lascier dal
seguente disco il gruppo per inserirsi poi nella P.F.M.. Verr sostituito dal grande Ares
Tavolazzi che diventer parte integrante del gruppo soprattutto in fase compositiva,
trovando grande coesione con Tofani e Fariselli.
Consigliato.
***
Sono nati da circa un anno, ma la loro formazione ha gi subto numerosi cambi (vedi
anche le mininotizie di questo stesso numero), cosicch due soli dell'originaria
formazione sono i superstiti.
Gli Area sono comunque il gruppo pi interessante venuto alla ribalta in questo 1973 in
Italia, ed il loro difficile album conferma le belle premesse di tanti spettacoli e di tanti
inviti (ricordo fra parentesi che hanno suonato in tour con i Gentle Giant, i Soft
Machine, gli Atomic Rooster, i Faces, sono stati invitati alla Biennale di Parigi ed alla
Triennale di Milano, ecc.).
Dall'iniziale free jazz, orientato verso i Nucleus o i Soft Machine, gli Area si sono
spostati verso una ricerca pi attenta di contenuti e di effetti sonori, attingendo alla
musica popolare, in modo particolare a quella greca ed araba, ed alle esperienze
concreto-contemporanee con le quali sono venuti a contatto: Luigi Nono, Luciano
Berio, l'ungherese Gyorgy Ligeti, il greco Yannis Xenakis fra i principali. La loro musica
vuole essere assolutamente di "rottura", radicale nelle intenzioni dei musicisti e di chi li
guida.
"Arbeit macht frei" significa in tedesco "il lavoro rende liberi", ed era lo slogan posto
all'entrata dei campi di concentramento nazisti. I sei brani che compaiono sull'album
sono legati da un filo ideologico simboleggiato appunto dalla consapevolezza del
carattere totalitario dell'affermazione.
Il contenuto del LP si ispira a riflessioni sulla violenza e sul terrorismo: ma scelte
orientative come l'introduzione di una recitazione in lingua araba, i richiami al folklore
mediorientali trasfigurati, le citazioni si Smirne o di Settembre nero, sono da una parte
la logica conseguenza della provenienza (greca) del leader Demetrio Stratos, dall'altra
tendono a sottolineare un percorso storico-geografico della violenza: dai campi nazisti
agli ebrei, al mondo arabo, turco, greco, russo.
E la musica violenta, aggressiva, specie nella struttura volutamente caotica di certi
momenti, nelle sofferte interpretazioni vocali, alcune delle quali recitative, di Demetrio.
14
AREA
Crac!
1975
15
AREA
Maledetti
1976
AREA
Gli Dei Se Ne Vanno, Gli Arrabbiati Restano!
1978
AREA
Gioia e Rivoluzione
1996
Questo stato il primo mio disco di questo gruppo: volevo tastare il terreno con questa
raccolta! Sono presenti canzoni anche dischi pi recenti, che per perdono lucidit e
smalto
16
ARTI+MESTIERI
TILT - Immagini per un orecchio
1974
Gran bel disco, molto originale nei contenuti e nella forma; la presenza di un violino
suonato in maniera diversa dal solito canone come avviene, per esempio, nella p.f.m. e
di un batterista con uno stile tutto suo, sono il segreto di questo disco. Dopo l'influsso
positivo dato agli ultimi due lavori dei Trip, Chirico sfodera tutta la sua stoffa in questo e
nel successivo disco, donando grinta ed imprevedibilit alle canzoni.
Giuoca un ruolo fondamentale anche la presenza di brevi ma intensissimi punti dedicati
all'improvvisazione come in "Gravit 9.81" e "Tilt". Bella parte di violino in
"Articolazioni". Le parti cantate sono limitate a due canzoni e sono comunque molto
convincenti, soprattutto la sublime melodia di "Strips".
Veramente bello.
ARTI+MESTIERI
Giro di valzer per domani
1975
Questo disco forse tecnicamente migliore del precedente ma sempre suonato con lo
stile tipico di questa band. Ci sono tre canzoni cantate in modo sempre molto
interessante, fatto dovuto anche all'inserimento di un bravo nuovo cantante, tra le quali
spunta "Saper sentire". L'unica pecca che qui viene esasperato lo stile sempre
pomposo del batterista Chirico e al lungo ascolto il disco risulta un po' noioso....almeno
nelle ultime tracce.
Nulla da togliere comunque a quest'ultimo: basta ascoltare canzoni come "Sagra" per
convincersi della sua grande tecnica.
Non che il disco sia noioso, voglio metterlo bene in chiaro: per me difficile ascoltarlo
tutto e forse per questo preferisco leggermente "Tilt". Le migliori: "Valzer per domani",
"Mirafiori", "Mescal" e "Consapevolezza"
All'interno del libretto viene anche spiegata la teoria del valzer.
Comunque consigliato.
17
ARTI+MESTIERI
Quinto Stato
1979
Dopo due grandi dischi quali "Tilt" e "Giro di Valzer per Domani", il gruppo degli Arti e
Mestieri offre questo "Quinto Stato" che non assolutamente paragonabile ai
precedenti detti. Il sound perde quasi completamente l'armonia e la forza che
caratterizzava lo stile tipico di questo gruppo e i testi sono un misero miscuglio di
parole che hanno pure la pretesa (!!!) di essere taglienti. Onestamente sono rimasto
molto deluso da questo disco: cerca di raggiungere la sufficienza nei vari momenti
strumentali, dove spicca "Vicolo", ma poi cade miseramente nelle canzoni cantate (si
salva a malapena la title track). Il nuovo cantante Rudy Passuello lontano anni luce
dal bravo Gaza e manca, secondo me, di qualsiasi forma di espressione, dando a tutte
le canzoni lo stesso taglio e rendendole quasi noiose. Bisogna ribadire comunque che
tra canzoni cantate e strumentali lo stile molto diverso... anche il sempre bravo
Chirico perde qui il suo smalto e splendore, offrendo una batteria anonima e raramente
ai livelli precedenti.
Che dire: ....triste.
18
BALLETTO DI BRONZO
Trys
BALLETTO DI BRONZO
Sirio 2222
CD
1970
Dal punto di vista del rock progressivo questo disco ha poco da presentare in quanto si
possono citare solo due canzoni: "Ma ti aspetter" e "Meditazione". Visto per sotto il
profilo di un disco post anni '60, pieno periodo di sbandamento musicale, questo LP a
dir poco sensazionale: ...un vero capolavoro basato su ritmi cavalcanti e sempre
tiratissimi con testi che non esitano ad essere anche irriverenti. Della formazione di
"YS" c' Lino Ajello e Giancarlo Stinga, qui insieme a Marco Cecioni (voce/chitarra) e
Michele Cupaiolo (Basso).
Le canzoni migliori: tutto il primo lato da cui spunta la grandiosa "EH EH AH AH": (
...lungo la strada ho visto mille ragazze, e certo una star bene con me...eh eh ah ah...
) "Girotondo" e "Ti risveglierai con me".
Procuratevelo se siete amanti delle atmosfere rockettare tipo Biglietto Per L'Inferno.
19
BALLETTO DI BRONZO
YS
CD
1972
20
piano di Gianni Nocenzi, che negli sviluppi melodici risente delle formazione
classicheggiante, complesso ma lineare e mai involuto.
"La conquista della posizione eretta" pi cerebrale del precedente. Il desiderio di
descrivere esaurientemente il paesaggio desolato delle origini si affianca alla ricerca di
una dimensione drammatica che fa da teatro all'affannosa conquista. Il testo breve e
pregnante, due versi per inquadrare stupendamente lo scenario, e quanto basta per
descriver il tentativo. Nella sua proiezione universale ed individuale la conquista della
posizione eretta simboleggia la continua lotta per la gloria e per il potere nella societ.
Come altrove, ma di pi in questo caso perch collocato in conclusione, il cantato
svolge un ruolo accentratore, cio riassume e d senso al tutto, al contrario di
numerosi altri artisti italiani che non riescono ancora a soddisfare diligentemente
l'irrinunciabile esigenza di inserire le liriche nelle musiche.
Forse per questo motivo la successiva "Danza dei grandi rettili" mi sembra meno
significativa. E' un intermezzo jazzato, abilmente ideato ed inserito al punto giusto, ma
senza eccessive pretese.
"Cento mani e cento occhi" potrebbe essere al contrario l'episodio pi convincente,
perch nell'impostazione dialogata, nell'orientamento melodico, nelle interpretazioni
vocali di Francesco e di Vittorio, affiora il tentativo di riportare in un linguaggio attuale
elementi della tradizione popolare e soprattutto lirica, notoriamente detestata dalla pi
giovani generazioni perch priva di aggancio con la realt. E' l'embrione di una rockopera, meglio di quanto gli stranieri abbiano sin ora fatto. La necessit di una
dimensione visiva stata comunque avvertita a tal punto dal Banco che, abbandonata
l'originaria idea di rielaborare una tragedia greca, i ragazzi sono al lavoro per la
sceneggiatura teatrale di "Darwin!". E sarebbe un vero peccato che - come
annunciato - questo fosse l'ultimo album a concetto unico del gruppo, perch ci
radicato nelle loro possibilit.
Il testo introdotto da un sintetizzatore descrive la primigenia organizzazione tribale, la
prima offerta di un "ritto" ad un altro che non sia uno scambio di violenze: l'uomo
combattuto fra l'unione che gli consente una vita pi sicura e la perdita della liber,
amletico dramma che si rinnova nella nostra vita di ogni giorno.
"750.000 anni fa... l'Amore?" il gioiello melodico della raccolta. Il piano sottolinea con
delicatezza gli accenti tragici del testo, l'impotenza dello "scimmione senza ragione",
consapevole della sua bruttezza e della sua incapacit (-la mente vuole, ma il labbro
inerte non sa dire niente-), a possedere il "corpo chiaro dai larghi fianchi". Con un
sapore vagamente leopardiano, Francesco ci regala una delle sua pi struggenti
interpretazioni, soffermandosi, al di l della tipicit della sua figura fisica, il primo
grande personaggio vocale che la nostra scena di gruppi d'avanguardia abbia prodotto.
"Miserere alla storia", dal clima teso ed inquieto, con poche parole declamate conclude
la descrizione e fa da premessa alla riflessione successiva. A cosa serve il progresso
se la razza si estingue? E- traslato sul piano individuale - quanto giova lottare e soffrire
per beni terreni se dietro ciascuno di noi la morte?
"Ed ora io domando tempo al Tempo ed egli mi risponde... non ne ho!" un episodio a
parte, sia per la struttura musicale che per il significato conclusivo dell'opera. Un
valzerone popolare, una fisarmonica il clavicembalo, il clarino ed il cigolo di una
grande ruota che gira: il tempo che inesorabilmente stritola l'essere vivente. L'uomo
moderno proprio dal fenomeno dell'evoluzione acquista maggiore coscienza dell'infinta
vanit e del trasformarsi di ogni cosa. L'estrema contraddizione la ruota che gira
senza perdere un colpo e la musica che la accompagna, una giostra antica ola pedana
di un circo felliniano, con qual senso di malinconia infinita e quell'ironia della vita che
tutti questi amari simboli rappresentano. La conclusione pi giusta e pi bella per
questo capolavoro del Banco: - Ah! ruota gigante, perch dunque mi fai pensare se nel
tuo tirare la mente poi mi frenerai -.
Enzo Caffarelli
23
Primo disco di una (lo dico senza problemi) delle mie BANDS preferite di tutti i tempi!!!
Grandiose melodie e ritmi sfrenati che vedono trainanti le grandiose mani dei due
fratelli Gianni e Vittorio Nocenzi e la caratteristica voce di Francesco Di Giacomo.
Il disco delinea subito lo spirito stilistico della band rendendolo inconfondibile anche nei
dischi successivi (o almeno in parte di essi).
Pianoforti, clavicembali e organi Hammond sono sempre in primo piano ma con un
grande feeling con gli altri strumenti.
Purtroppo la qualit di registrazione del suono (anche su CD) non delle migliori!
"R.I.P.","Metamorfosi", "Passaggio" e "Traccia" sono brani che il banco esegue tutt'ora
nei concerti .
Commento finale: un MUST !
***
Nome, copertina ed etichetta originalissimi per una formazione romana sicuramente fra
le pi personali tra tutte quelle emerse alla ribalta nazionale nell'ultimo anno. Il loro
organico presenta chitarra, basso, batteria, piano, organo (sono molto rari i gruppi con
piano ed organo insieme, ricordi i Procol Harum che sono stati i migliori con le due
tastiere), pi un cantante eccellente, il panciuto Francesco Di Giacomo, dai toni vocali
molto originali.
L'album del Banco del Mutuo Soccorso personale ed originale non solamente nel
panorama italiano (sono compagni di management della Premiata Forneria Marconi,
ma non le somigliano affatto). Ma non offre neppure facili agganci con gruppi stranieri,
e questo per ovvie ragioni un immenso bene. In fondo il sestetto ha superato a pieni
voti il consueto "salto" che ogni gruppo italiano deve affrontare quando abbandona il
repertorio inizialmente, di solito, preso in prestito dagli americani o dagli inglesi, ed
entra in una fase assolutamente creativa e propria.
Il Banco torna sul tema dell'uomo angosciato ed alienato di fronte alla realt
circostante, il tema che gli italiani hanno maggiormente affrontato negli ultimi tempi. Lo
fanno con liriche simboliche molto belle, favolistiche, ariostesche forrei dire tenuto
conto dell'accenno iniziale ad Astolfo e all'ippogrifo, sognanti, accoppiate con
atmosfere melodiche e intimiste, con il piano sempre in bella evidenza, e con un
organico complessivamente capace e creativo. "R.I.P." (Requescant in pace) e "Il
giardino del mago" i pezzi migliori.
Enzo Caffarelli
24
sono la prima cosa a balzare agli occhi ed a toccare il cuore, il gruppo dietro non resta
in secondo piano. Sul piano ritmico non ha pi nulla da invidiare a nessuno, sul piano
delle invenzioni solistiche organo, piano e sintetizzatore, creano suggestioni ed
emozioni continue, fuggendo complesse elaborazioni polifoniche, e senza concedersi
momenti di pausa.
Un breve cenno sui cinque brani che compongono il microsolco. "Canto nomade per un
prigioniero politico" una stupenda canzone "autunnale", per il clima crepuscolare e
nostalgico che la pervade ("In questi giorni certo autunno gi da noi, dolce Marta,
Marta mia", come se per il protagonista, "prigioniero per l'idea", lo scorrere delle
stagioni non avesse pi senso). La seconda parte del brano strumentale e sviluppa in
particolare idee ritmiche, con l'aggiunta alle percussioni di Silvana Aliotta dei Circus
2000.
"Non mi rompete" una breve ballata con la chitarra acustica in evidenza. Francesco si
riscopre immaginifico discepolo ariostesco, mentre il suo impegno recitativo maggiore
ne "La citt sottile", inserito in una dimensione trasognata, da incubo felliniano, con il
pianoforte protagonista assoluto. "La citt sottile", composto da Gianni Nocenzi, il
brano musicalmente pi difficile del LP.
"Dopo... niente lo stesso" ripercorre tutta una serie di situazioni attraverso una
curatissima strumentazione: l'impostazione lirica, la suggestione del dialogo, i
personaggi diversi o dovuti alle diverse situazioni psicologiche che si accavallano e si
confondono nel finale vortice di tristezza, ne fanno probabilmente il pezzo pi
significativo del LP. Come pure altrove, i ritmi anglosassoni sono calati in una
sensibilit ed in una forma di tradizione tipicamente mediterranee, operazione comune
anche a gruppi inglesi, vedi i Gentle Giant ad esempio.
Infine "Traccia II" si ispira al tema che chiudeva il primo album del Banco: uno
strumentale che nasce in sordina e poi esplode in un prezioso crescendo.
Un disto che va ascoltato con molta attenzione, ma che consacra definitivamente - se
ce ne fosse ancora bisogno - questo grandissimo gruppo.
Enzo Caffarelli
Questo disco segna un piccolo cambiamento nello stile del gruppo: risulta un disco di
minor impatto sonoro ma comunque molto gradevole.
Spiccano "Il ragno" (tutt'ora in scaletta), l'inizio travolgente di "Voila' Mida" e la ballata
acustica "La notte piena". Chiude "Fino alla mia porta" che sar estesa e rinominata
nel successivo disco live "CAPOLINEA" (non recensito).
Un gran bel disco ma con sonorit pi soft.
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Disco colonna sonora del film "Garofano rosso" completamente strumentale trova
secondo me i picchi pi elevati nella grintosissima "Garofano rosso" (soprattutto nella
seconda parte), nella "Passeggiata in bicicletta", nella bellissima "Tema di Giovanna" e
nel "Notturno breve".
Niente male ma lo consiglio ai fans scatenati.
Altro disco strumentale dove la band viene affiancata dall "Orchestra dell'Unione
Musicisti di Roma" diretta da Vittorio Nocenzi.
I titoli/versi delle varie parti sono di Di Giacomo:
Nel cielo e nelle altre cose mute
terramadre,
non senza dolore
io vivo
n pi di un albero non meno di una stella
nei suoni e nei silenzi
di terra.
Bellissimo il tema ma a volte l'orchestrazione risulta un po' forzata!
Comunque onestamente come disco strumentale lo preferisco a "Garofano rosso"
soprattutto per l'entusiasmante finale di pianoforte di "Di terra".
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In questi due "Da qui messere si domina la valle" vengono riproposti i primi due dischi
completamente riregistrati con suoni moderni e batteria elettronica inserendo anche
variazioni o ampliazioni ai vari momenti di assolo.
Bella l'orchestrazione in "Passaggio" e in "750.000 anni fa...l'amore".
Io preferisco gli originali...ma non sono male per un ascolto occasionale
vedi sopra
Questo doppio "Nudo" diviso in tre parti: una nuova canzone da 15 minuti initolata
"Nudo" , una parte 'unplugged' e una parte 'live'.
Non male la nuova traccia "Nudo" anche se improntata in maniera leggermente pi
moderna e quindi diversa dalle migliori canzoni del gruppo. Nella parte 'unplugged'
vengono riinterpretati i vecchi cavalli di battaglia con 2 chitarre acustiche e un
pianoforte.
Grandioso il risultato!!!!
La parte 'live' occupa completamente il secondo CD.
Impressionante la sonorit, la precisione e la grinta con cui vengono eseguiti i pezzi ,
contando anche l'assenza di Gianni Nocenzi! "La conquista della posizione eretta" e
"Metamorfosi" incoronano indubbiamente Vittorio Nocenzi come uno dei pi grandi
musicisti italiani presenti sulla scena.
Alta tensione anche in "Roma/Tokyo" e "Traccia".
SUPER CONSIGLIATO.
28
Onestamente sono rimasto un po' deluso da questo seguito!!! Ci sono ancora dei bei
momenti, soprattutto nella title track, ma spesso il gruppo si rifugia in passaggi pop.
Bella "Vivi lotta pensa" e "L'arte sublime di un giusto regnare"
Altro bel disco italiano anche se magari un po' pi orientato verso l'hard rock che al
progressive.
Belle "Confessione" un lungo dialogo tra una specie di Robin Hood odierno che ruba ai
ricchi per dare ai poveri e un prete con un bel intervento di pianoforte e coro finale,
"Una strana regina" con Hammond e moog sempre in evidenza, "Il nevare" che alterna
parti soft e tirate sfilate di moog e chitarra distorta, e la lunga "L'amico suicida".
Un gran bel disco: sicuramente consigliato agli amanti delle sonorit leggermente pi
spostate verso l'hard rock.
29
BLUE MORNING
BLUE MORNING
1973
30
Campo di Marte
Campo di Marte
1973
Negli anni '70, tanti furono i temi di discussione che sfociarono magari in motivo di
protesta o che presi come puri ideali, suscitarono emozioni tali da formare veri e propri
movimenti di gruppo. Alcuni di questi si sono persi lungo il cammino del tempo mentre
altri sono rimasti vivi e sono arrivati fino ad oggi. Uno di questi, che maggiormente ha
meritato attenzione, era (ed ) il tema della pace.
Non so se il nome del gruppo includa il mitologico dio della guerra proprio come
manifesto di offesa e lotta, ma i testi e le atmosfere trasudano di questi ideali.
Strana la scelta dei titoli: una numerazione in tempi (dal primo al settimo), quasi a
richiamo classico.
E' lampante la voglia del gruppo di proporre un lavoro variegato ed originale: molte
composizioni (come ad esempio "Primo tempo") si snodano su pi temi, leggeri e
pesanti, acustici ed elettrici, lenti e sfrenati; ci si scontra con atmosfere estremamente
tirate (...quasi da campo di battaglia...) con chitarre distorte in primissimo piano
accompagnate da lunghe cavalcate di basso e batteria intrise di ottime tastiere, e
magari di l a poco i flauti intrecciano con i corni un sottile mosaico di note quasi da
"Quiete dopo la tempesta" (si vedano anche "Secondo tempo" e "Quinto tempo").
Bene in vista anche alcuni accenti al di fuori del progressive: "Quarto tempo" ha
un'impronta nettamente classica mentre "Settimo tempo" quasi jazz, almeno in alcune
parti. Anche alcuni interventi di chitarra non si possono, secondo me, catalogare
propriamente rock e si nota gi dal primo ascolto una marcata differenza tra la chitarra
acustica, sempre lineare, precisa e pulita, e la chitarra elettrica, dirompente, potente e,
in alcune parti, fin quasi maltrattata. Basta sentire l'inizio di "Terzo tempo" (la traccia
migliore insieme a "Settimo tempo"): un indiavolato assolo iniziale, caotico e
perfezionista allo stesso tempo, che introduce al bellissimo cantato con ottima parte di
pianoforte. Da segnalare inoltre il grandioso assolo centrale che richiama l'energica
grinta iniziale.
Ricordo quel prato coperto di fiori ...
...e vedo quel luogo, migliaia di croci ...
Un disco valido, che deve molto alla grande tecnica dei componenti!
Consigliato.
31
CELESTE
CELESTE
1976
Le sonorit di questo disco sono sempre molto soft ma sprigionano in vari momenti
delle sensazioni uniche. Oltre ai classici strumenti, vengono usati xilofoni e flauti.
Bellissime "Principe di un giorno" e "Favole antiche".
Forse il fatto che l'atmosfera rimane sempre su certi canoni rende difficile l'intero
ascolto.
Comunque consigliato
CERVELLO
Melos
1973
Cherry five
Cherry five
1975
Primo e unico disco di quelli che saranno i futuri Goblin: evidenzia le grandissime
capacit tecniche dei componenti.
Le sonorit ricordano a volte gli Yes dei dischi migliori ma con il grande pregio di non
imitare mai , e ripeto mai, lo stile di Jon Anderson.
Difficile dire cosa spicca...il livello sempre alto...le canzoni sono sempre lunghe ed
interessanti dall'inizio alla fine: Simonetti abbonda con Hammond, Mellotron e Rhodes,
strumenti che non user pi di tanto nei seguenti dischi coi Goblin. Atmosfere sempre
tirate in "Country Grave-yard"; bello l'inizio acustico in "The picture of Dorian Gray" con
uno strano intreccio vocale all'interno; grandioso l'inizio di "The swan is murdered part
1" con un clavicembalo intrecciato ad un pianoforte che creano un sostegno incredibile
per la voce di Tartarini; "Oliver" la traccia pi lunga del disco sempre spigolosa e
comandata dall'Hammond di Simonetti. Chiude "My little cloud land": dall'assolo finale
di moog (?) vibrato si pu avere un assaggio del seguente stile Goblin.
Un grande disco!!!
CONSIGLIATO
CITTA' FRONTALE
El Tor
Onestamente non comprendo come due personaggi di spicco come Vairetti e Guarino
che hanno creato parte della storia della musica italiana con gli Osanna siano riusciti a
confezionare un disco del genere.
Le melodie sono quasi da Santa Messa della domenica.
Onestamente salvo solo "Duro lavoro".
33
Claudio Lolli
Aspettando Godot
1972 - Ciao 2001
E' piuttosto strano come con un vasto patrimonio tradizionale e con tentativi cos
numerosi, l'Italia abbia partorito negli ultimi dieci anni tanti cantautori sufficientemente
apprezzabili, ma un solo indiscutibile genio e poeta, Francesco Guccini.
Ed a Guccini che Claudio Lolli si avvicina per formule musicali, per gli arrangiamenti
scarni e semplici (che qui divengono comunque semplicistici) e per l'impegno ricercato
dei testi. Con la differenza che quanto in Francesco riflesso, implicito e pregnante di
un provincialismo culturale che in fondo proprio e tipico di quasi tutti i grandi artisti del
nostro paese, in Claudio denuncia esplicita e forzata, costantemente sull'orlo del
luogo comune e di quella protesta politica che fa di tanti talenti degli uomini "impegnati"
ma non degli artisti. E quanto in Guccini spontanea descrizione di moti del cuore e di
paesaggi naturali, in Lolli frutto di esperienze personali nelle quali la costante ricerca
di un'assoluta sincerit merita sicuramente una lode, ma risente qua e l di un notevole
sforzo espressivo.
Ci non significa affatto che il discorso artistico di questo giovane cantautore sia
sbagliato o, quel che peggio, sia assente. Tutt'altro. Solo che non c' bisogno di
scomodare Guccini, come taluni hanno fatto, per paragoni dai quali nessuno dei due
pu trarre giovamento alcuno. In fondo Lolli un personaggio estremamente sincero, e
come tale non va considerato secondo a nessuno: per forse non basta essere se
stessi per essere dei grandi artisti.
Claudio deve amare profondamente Samuel Beckett se ha intitolato il primo brano e
l'intero album "Aspettando Godot". Oppure ha trovato estremamente giusto, per ci che
complessivamente vuol dire con questa sue esperienza discografica, la satira del
commediagrafo irlandese, per entrare nei panni un po' scomodi di Vladimiro e di
Estragone a confessare l'inutilit della propria esistenza nell'attesa di qualche cosa di
superiore. "Aspettando Godot" il brano pi complesso e pi valido dell'album, seguito
a ruota da "Borghesia", musicalmente un buono folk italiano, con un quadro davvero
tragico dei certa borghesia. poi "L'isola verde" e "Angoscia metropolitana". Le altre
sembrano le poesie d'amore scritte nella prima giovinezza e musicate con l'ombra di
Luigi Tenco in mente.
Il tema fondamentale resta l'inutilit della vita: il risultato cui, sfruttando i suoi principi
marxisti, Lolli giunge conseguentemente attraverso un'amara ironia della vita con una
continua, elementare ma significativa, confessione.
Ci che resta di questo disco l'analisi psicologica del personaggio, la vicenda
dell'"uomo" non in termini astratti e generali come hanno fatto sinora troppi gruppi
italiani con testi talora infelici, ma composta con un mosaico di ricordi, impressioni e
sentimenti personali; e restano in mente i brani pi belli, da canticchiare scoprendovi
magari, inaspettatamente, la problematica che qualcuno di essi pone.
La strada quella giusta: ricordiamoci per che ci sono altri talenti da scoprire, senza
accontentarci di figure mediocri o di doppioni. Lolli non fortunatamente n l'uno n
l'altro, ma non possiede neppure l'altezza lirica e la maturit dei migliori. Un esordio in
ogni caso degno di menzione.
Enzo Caffarelli
34
Claudio Rocchi
Volo magico n. 1
1971 - Ciao 2001
35
Claudio Rocchi
La norma del cielo (volo magico n. 2)
1972
Due mesi fa Claudio Rocchi tornava in Italia dalla sua esperienza indiana, giunta
puntuale dati gli interessi artistici ed umani del cantautore milanese. Tornava anche
con l'epatite virale, dalla quale fortunatamente si rimesso.
Questo album esattamente la prosecuzione del precedente, "Volo magico n. 1",
considerato anche il fatto che quel primo doveva essere doppio, mutilato poi per ovvie
controversie discografiche. Dunque buona parte del materiale qui raccolto era pronto
da un anno almeno. Simile l'impostazione dei brani, i brevi tratti cantati che
focalizzano il pezzo, ed i lunghi episodi strumentali, gli stessi sono i musicisti
partecipanti alle registrazioni, fra i quali Eugenio Pezza, Eno Bruce, Lorenzo Vassallo,
Alberto Camerini.
L'album di Claudio contiene melodie fresche e dolcissime, anche se qua e l i periodi
meditativi vengono un po' sacrificati alla creazione di una particolare concentrazion3e e
di una particolare atmosfera; buoni i testi: il loro messaggio semplice come il
personaggio che gli sta dietro. Frasi come "vivi la vita vivendo la vita" hanno un
significato profondissimo, ma che purtroppo pu sfuggire ad una ascoltatore distratto.
Claudio gi molto conosciuto anche grazie alla rubrica radiofonica "Per voi giovani", e
dunque quasi tutti lo apprezzano: pensiamo che questo LP piacer a chi gi lo stima, e
riuscir a convincere anche il resto del pubblico. La cosa pi interessante, al di l delle
influenze orientaleggianti, ci sembra la vena genuina del cantautore, che sa fare del
folk con semplicit e poesia sulla base di un discorso prettamente italiano. Cos in "La
norma del cielo", "Storia di tutti", "L'arancia un frutto d'acqua".
S. R.
CLAUDIO SIMONETTI
Profondo rosso - XXV anniversario
2000
36
Disco di tardo progressive (76) per questo gruppo che presenta alla chitarra in "...e
verr l'uomo" e al banco di missaggio Vittorio De Scalzi dei New Trolls . De Scalzi dar
a tutto il disco un taglio riconoscibile e molto simile ad Atomic System. Da segnalare il
bell'inizio in "..e verr l'uomo" e una sempre attiva presenza di pianoforte e batteria.
Una pecca del disco che a volte il gruppo si rifugia in passaggi magari gi consolidati
e non proprio originali.
Il risultato comunque tutt'altro che malvagio...anzi!
Ne "Una storia fiabesca" l'apporto vocale ricorda vagamente Tagliapietra.
...un bel disco.
37
DE DE LIND
Io non so da dove vengo e non so dove mai andr.
Uomo il nome che mi han dato
1973
Corro il rischio di non trovare pi che cosa scrivere intorno ai gruppi italiani, i quali
nonostante il momento buono pi volte sottolineato, si ripetono in una maniera
incredibile.
Dopo il successo clamoroso e, per la maggior parte dei casi, meritato, di alcuni gruppi
nostrani, le case discografiche ed i managers, fino a quel momento drasticamente
chiusi ad ogni tentativo di novit, ad ogni esperimento che portasse una ventata di
freschezza all'asfittico panorama italiano, hanno creduto di scoprire l'oro e si sono
buttati a testa bassa sul materiale giovane, spendendo tempo e danaro sull'etichetta
"underground italiano" (ammesso e non concesso che buona parte delle persone che
in Italia tengono in mano il mercato discografico, siano in grado di selezionare il buono
dal cattivo, e di distinguere ci che non capiscono da quello che definiscono
underground. Purtroppo la nuova generazione di tecnici e discografici giovani si sta
imponendo solo lentamente).
E' un breve monito questo che vorrebbe richiamare ad una certa prudenza, a
contenere un fenomeno che rischia la pi ridicola delle inflazioni. Non un discorso
che serve ad introdurre specificatamente i De De Lind, gruppo nuovo che tutto
sommato conosce il fatto suo e si esprime in termini accettabili, facendosi apprezzare
moderatamente per questo suo esordio, senza raggiungere tuttavia traguardi troppo
ambiziosi e lodevoli.
I De De Lind sono in cinque, con la tipica strumentazione ricchissima del nuovo
prototipo di gruppo italiano: un cantante che scrive i testi e suona la chitarra acustica,
due ritmi, due solisti che si alternano al flauto, al sax, al pino, all'organo, alla chitarra
elettrica. Niente di nuovo sotto il sole: le solite melodie acustiche alternate a ritmi
incalzanti e a brevi episodi di rock pi duro, con testi difficilmente imponibili alle
esigenze metriche delle melodie, e strutturati al solito modo ed introno agli stessi
argomenti di introspezione personale che finiscono per essere fatalmente i pi banali
(benedetti ragazzi, sarete i duecentocinquantesimi ad usare titoli come "Fuga e morte",
"Smarrimento", "Voglia di vivere", "E poi...", e meno male che non c' accenno a
"Sogno e risveglio", "Incubo" e "Illusione!").
Qualche influenza classicheggiante, e tante idee appena abbozzate ed ancora da
sviluppare compiutamente. E' un album dal titolo chilometrico che ha la funzione
principale di creare una base, sia pure con qualche trave traballante, per un edificio
futuro forse ricco di buoni risultati. Tra le due facciate, migliore la prima.
Enzo Caffarelli
38
DEDALUS
DEDALUS
1973
Per la neonata Tridenti esordiscono i Dedalus, Gia segnalatisi come una delle
promesse pi benne della scena italiana. Come altri nomi nuovi, il gruppo si muove
nell'aera del jazz pi vicino al rock, quello che in Inghilterra ha nome Soft Machine o
Nucleus, in America Miles Davis, Weather Report, Mahavishnu Orchestra, Herbie
Hancock.
Il linguaggio dei Dedalus a met strada fra le due esperienze, ricco di immagini,
ricercato nelle sonorit, e con risultati estremamente soddisfacenti fin dalla prima
incisione. Sui quattro giuoca un ruolo notevole l'esperienza, essendo stati tutti pi o
meno, nonostante l'et (dai ventitr ai diciotto anni), impegnati in ambienti qualificati,
come quello dell'elettronica, del jazz o del blues, al contrario di altri musicisti pur
volenterosi, che giungono ad esperienze avanzate dopo anni di balera.
Agli strumenti base, che sono batteria, basso, sax o chitarra e tastiere, si aggiungono il
sint, varie percussioni, il contrabbasso e, la nota pi curiosa, il violoncello - che il
pianista Fiorenzo Bonansone inserisce spesso e volentieri tra lucidi assoli di sax sonorit liquide di piano elettrico, voci elettroniche mescolate con gusto ed efficacia, e
ritmi tribali realizzati grazie alla collaborazione di Ren Mantegna degli Aktuala.
Musica cerebrale e difficile, ma variando timbri e strumenti conduttori, i Dedalus
vogliono intenzionalmente prevenire questo pericolo. D'altra parte la musica si evolve, il
rock e con esso il pubblico del rock tendono parallelamente a qualcosa di pi
significativo, a costo di qualche sacrificio di impegno nell'ascolto: i Dedalus lo hanno
capito e non si preoccupano di venire incontro alla massa con facili concessioni. Ecco
perch questo LP non destinato al grande successo, anche se rappresenta un
convincente esempio di come anche in Italia si possa suonare bene.
Cinque i titoli: "Santiago", "Leda", "Conn", "CT 6" e "Brilla".
Enzo Caffarelli
39
DELIRIUM
Dolce acqua
1971
Per chi rimasto al "Canto di Osanna", devo immediatamente precisare che i cinque
Delirium valgono assai di pi, e che anzi sono sicuramente fra i nomi che danno
maggiore fiducia e maggiore speranza per il futuro della musica italiana.
Dopo gli Osanna, anche i compagni di scuderia Delirium hanno costruito quello che in
Inghilterra chiamano un "album concept", in altri termini una raccolta di brani legati da
un tema conduttore: tema conduttore che ancora una volta l'uomo, compresso dal
particolarismo e minacciato dall'alienazione, in un viaggio di sensazioni che lo
conducono dalla paura alla speranza, attraverso l'egoismo, il dubbio, il dolore,
l'ipocrisia, la verit, il perdono e la libert.
Musicalmente il gruppo preferisce una strumentazione acustica, basata sull'ottimo
flauto di Ivano Fossati, l'autore pi prolifico del quintetto, e sul piano di Ettore Vigo.
Possiede inoltre pi di una bella voce, elemento purtroppo assai raro fra i nuovi gruppi
italiani, ed un'impostazione di base che consente loro di affrontare con felice risultato il
jazz, con accenni alla musica sudamericana, e senza dimenticare nel frattempo un tipo
di canzone che ricorda molto da vicino i migliori cantautori italiani.
Dopo il Preludio ed i primi due Movimenti, l'album offre un piacevolissimo intermezzo
jazzistico. Il brano dedicato a "Satchmo", "Bird, ed un altro indimenticabile amico",
ma, come specificano le note dell'album, vuol essere puramente ispirato al mondo
musicale del jazz, senza accenni espliciti allo stile di Louis Armstrong o di Charlie
Parker.
la seconda facciata offre una prima parte volutamente semplicistica, quasi in
corrispondenza con un sentimento quale la sincerit, mentre la musica si fa pi
complessa e violenta con "Johnnie Sayre", personaggio tratto dall'antologia di Edgar
Lee Masters, la stessa che ha dato lo spunto a De Andr per il suo ultimo LP. La
"Favola o storia del lago di Kriss" un dialto immaginario fra la luna, il vento ed un lago
che vorrebbe uscire dai propri argini per conoscere.
La conclusiva "Dolce acqua" il ritrovamento della speranza alla fine del viaggio
musicale, e gli autori puntualizzano che potrebbe essere intesa nella sua dimensione
ecologica come riscoperta dei valori pi puri della natura.
L'album mi sembra uni dei migliori italiani da un anno a questa parte. Anche i testi sono
poetici ed incisivi. Non c' proprio nulla in comune con i Chicago, i Blood Sweat &
Tears ed i Colosseum, come un po' superficialmente scrive Lilian Terry per le note di
copertina di "Dolce Acqua". Ma forse proprio qui il bello; non c' la solita imitazione
del gruppo straniero, di fronte al quale si finisce fatalmente per fare una magra figura,
ma c' un discorso molto personale, forse ancora troppo poco elaborato e maturo, che
porter per sicuramente il gruppo a vertici altissimi.
Enzo Caffarelli
40
DELIRIUM
Lo scemo e il villaggio
1972
41
DUELLO MADRE
DUELLO MADRE
1973
Si tratta di un quartetto composto dal chitarrista Marco Zoccheddu e dal bassista Bob
Callero, che precedentemente avevano fatto parte degli Osage Tribe, pi il
sassofonista flautista Pippo Trentin ed il batterista Dede Lo Previte.
Per la produzione di Gian Piero Reverberi, il Duello Madre ha composto ed arrangiato i
cinque brani in cui si nota una particolare attenzione per i gruppi jazz d'oltre Manica, e
un allineamento con numerose altre formazioni italiane d'avanguardia.
La nascita di numerosi nomi sulla scia di un fenomeno generalmente di importazione,
come molti sostengono , uno degli aspetti pi sintomatici e nello stesso tempo
inquietanti del mercato italiano. Lasciamo gli artisti liberi di suonare ci che vogliono,
per troppi fra di essi sono sfruttati dalle case discografiche, montati, abilmente
manipolati e poi abbandonati. Finch mancheranno le strutture adeguate, in Italia c'
posto soltanto per pochi nomi: ed oltre ad una maturit a livello dirigenziale ed alla
preparazione dei gruppi stessi, alludo ad altri problemi allarmanti, come la mancanza di
locali adeguati ad ospitare concerti pop in Italia, e la mancanza di fiducia negli
spettacoli dei nostri complessi da parte dei gestori e da parte del pubblico stesso.
Invece i gruppi nascono come funghi: per il Duello Madre vale il diritto d'anzianit,
trattandosi di musicisti da tempo sulla scena, anche se battezzati con un nuovo nome.
E la loro musica, un jazz ben costruito e non astruso, cio comunicativo, degna di
lode. I brani migliori: "Aquile blu", l'unica con un testo, "Otto" e "Duello".
Enzo Caffarelli
42
ERRATA CORRIGE
Siegfried, il Drago e Altre Storie
1976
Tante cose si possono dire degli italiani ma non che siano delle persone prive di
fantasie in quanto solo nell'ambito discografico sono state messe in musica le pi
disparate storie, in bilico anche tra sacro e profano. Tra i pi singolari lavori va
sicuramente ricordato anche questo disco che parla di draghi, mostri e cavalieri. Dal
punto di vista musicale, i toni rimangono sempre sul piano acustico (tanto che le
apparizioni della chitarra elettrica si possono contare sulle dita di una mano) ma con
idee di base molto buone ed originali. Il tutto inoltre condito con ottimi interventi di
flauti, moog, pianoforte e strings di vario tipo. L'unica pecca sta in alcuni passaggi, rari
per la verit, un po' prevedibili, gi dal primo ascolto. Grandiosa la lunga "Del cavaliere
Citadel e del drago della foresta di Lucanor", il pezzo migliore, e "Siegfried (Leggenda)
e (Mito)". E' difficile proporre un paragone con altri gruppi e/o dischi acustici tipo
Celeste o il primo Pierrot Lunaire; questo sicuramente un disco molto gustoso e
godibile, consigliato, per, a chi non cerca atmosfere elettriche e con distorsioni in
primo piano. Nella versione cd stata inserita anche la bonus track "Saturday il
Cavaliere" cantata in inglese che mescola lo stile acustico di "Siegfried..." ad un
ritornello orecchiabile quasi stile anni '80, con una buona ripresa dopo un autentico
carosello strumentale.
Secondo me un disco valido
43
FESTA MOBILE
Diario Di Viaggio Della Festa Mobile
1973
Unico disco per questo gruppo che propone un buon rock progressivo anche se
leggermente pi duro e spigoloso rispetto ai dischi sacri di questo genere. Il vero
protagonista del disco il pianoforte, sempre in primo piano, anche se non mancano
comunque buoni inserimenti di clavicembali ed organi. Si inizia con "La corte di Hon", il
pezzo pi complesso del disco, poi "Canto" con una bella melodia cantata e un buon
solo di Fender Rhodes. Segue "Aristea" che dopo un breve inizio fa spuntare una bella
parte cantata, intervallata da bei clavicembali e string. "Ljalja" uno dei punti migliori
del disco: pianoforte sempre padrone della scena sia nel tirato inizio sia nella strofa che
nella contorta parte centrale. Chiude la lunga "Ritorno", superiore nella prima parte e
con finale ipnotico.
Sicuramente consigliato agli amanti delle sonorit complesse alla Ys de Il Balletto di
Bronzo anche se non siamo proprio a quei livelli. Devo dire comunque che alcune
scelte di complessit, pur non essendo a livello esasperato, a volte risultano
leggermente pesanti. Cito per questo la seconda parte di "La Corte di Hon".
Devo dire che sono rimasto colpito in positivo da questo disco: sono presenti piccole
pecche, forse dovute al fatto dell'esordio, ma tutto sommato il risultato molto buono.
Una parola anche sui testi che felicemente trovo adatti, mai banali e amalgamati
perfettamente nel contesto musicale.
Forse non una delle pietre miliari ma comunque un buon disco...almeno secondo me.
FLEA
Topi o uomini
1972
Gruppo formato dai fratelli Marangolo, che faranno parte dei Goblin, Volpini, poi ne
L'Uovo di Colombo, e Pennisi (anch'egli futuro Goblin dopo la partenza di Morante) per
questo unico disco sotto il nome di Flea. Il sound vario anche se si sconfina spesso
nel rock, quasi hard, e certi passaggi mi ricordano chiaramente i primi dischi dei Black
Sabbath con la mitica formazione Osbourne/Iommi/Butler/Ward. I punti deboli sono
sostanzialmente due: i testi (anche se questo il problema di molti gruppi italiani) e
alcuni passaggi un po' ripetitivi. La canzone pi originale sicuramente "Sono un
pesce" in cui la voce ha uno stranissimo effetto chiuso che sembra far uscire il cantato
da una vasca d'acqua ... Bella anche la chitarra con effetto Octave in "L'angelo Timido"
e le varie sfumature di piatti da parte di Agostino. Non male anche se magari pi
spostato verso il rock che al progressive. Dopo questo disco il gruppo cambi il nome
in Etna e spost il genere un po' verso il jazz pubblicando l'album Etna nel '75. Nel '71
era stato pubblicato un disco dal gruppo "Flea on the honey" (titolo identico) e nella
formazione c'erano sempre i fratelli Marangolo e Pennisi (l'ho letto in un libretto dei
dischi dei Goblin). Se qualcuno ne sa qualcosa mi scriva
44
45
Franco Battiato
Pollution
CD
1972
Franco Battiato
Fetus
1972
Come si legge sul CD: 'Battiato sperimentale'... basta ascoltare questi primi dischi per
convincersi della pazzia di certi individui italiani!!!!
Se qualcuno non ancora convinto consiglio l'ascolto di "Clic" (74) dello stesso
Battiato....: pazzesco.
Venendo a questo primo "Fetus", il risultato un gradevole incrocio di synth, chitarre
acustiche , batterie e VCS 3 per un disco che parla di formazione di cellule e feti.
Spiccano "La cellula", "Fenomenologia" e "Mutazione".
Questi primi dischi di Battiato sono stati completamenti rimasterizzati e sono disponibili
anche ad un prezzo molto interessante : poco pi di 5!!
Consigliato.
***
E' un disco davvero sorprendente questo "Fetus", considerato che il suo creatore ed
interprete proviene dai canali tradizionali del discoestate e delle altre porcherie
nostrane. Invece Franco Battiato, ventisette anni, siciliano di nascita ma trapiantato a
Milano, proveniente dal cabaret e dal teatro, ora alla ribalta anche per avere posato per
una pubblicit che ha suscitato un piccolo scandalo presso la redazione di un
settimanale milanese, ha cercato di maturare nuove esigenze espressive in ambienti
assai pi stimolanti; ed giunto in compagnia di un fantomatico supergruppo
denominato Frankenstein, autore di tutti i testi qui contenuti all'etichetta (sic) Bla-bla.
"Fetus" (con feto di due mesi sulla copertina molto bella, dovuta allo studio al.sa.)
utilizza essenzialmente musica elettronica, cogliendo l'idea dell'uomo quasi in uno stato
di sospensione nella poesia dell'avventura esistenziale e del dramma futuro, fornendo
sensazioni - precisano le note accluse all'album - sino ad ora sconosciute nell'orizzonte
emozionale della musica.
Tutti i titoli, "Una cellula", "Cariocinesi", "Anafase", "Mutazione", ecc. sono presi in
prestito dal linguaggio biologico, e non certamente un caso che proprio la biologia,
scienza fondamentale dei giorni nostri e ricca di meravigliose e tremende prospettive
per il domani si accoppi con l'elettronica, altrettanto capace per la propria strada di
portare a nuovi e impensati vertici l'arte del suono,e nello stesso tempo capace di
ucciderla.
In questo disco l'elettronica (soprattutto dovuta ad un sintetizzatore ARP) si accoppia
con melodie di stampo tradizionalmente italiano e ne escono momenti piacevoli e
davvero originali per la scena musica italiana.
Enzo Caffarelli
47
Franco Battiato
Sulle Corde Di Aries
1973
ipotizzarre quelle forme di happening in cui viene richiesta la diretta partecipazione del
pubblico nel processo sonoro, che diviene perci aperto, casuale, informe, facendo
cadere qualsiasi barriera tra musicisti e non, tra esecutori ed ascoltatori.
Il critico di musica elettronica Armando Gentilucci ha definito questa visione mistica
della musica "mimesi terapeutica, compensazione psichica liberatoria, accettazione
passiva del mondo, valvola di sfogo che dovrebbe essere morale, intellettuale e politica
non meno che artistica, e che si scarica invece in uno choc dell'assurdo". In parole
povere, chi d alla non-musica un significato politico, sbaglia clamorosamente.
I risultati ottenuti da Battiato sono stati sotto questo profilo disastrosi. Coloro che
ebbero il coraggio di salire sul palco su invito dell'artista si saranno forse divertiti, non
certo quelli rimasti ad ascoltare.
In un disco come questo, viceversa, non c' frantumazione del tessuto e voglia di
distruggere, non c' misticismo equivoco, culto della casualit ed esasperazione
tecnocratica. C' una costruzione metodica, centellinata, una operazione condotta con
equilibrio: un po' come hanno fatto il maestro Riley e, sulla sua scorta, gente come
Mike Oldfield, Bo Hansson ed altri, con maggiore fantasia di Battiato, ma anche con
maggiore platealit.
Battiato, che in fondo una persona conscia dei propri limiti, entusiasta ma non
ambiziosa, non vuol essere il Terry Riley di casa nostra. Piuttosto intende aprire gli
orecchi degli italiani a un discorso pi vasto, pi o meno piacevole, pi o meno fruibile,
ma troppo importante per essere accantonato ancor prima di essere proposto.
Enzo Caffarelli
Franco Battiato
"Clic"
1974
49
GARYBALDI
Nuda
1972
GARYBALDI
Astrolabio
1973
Due canzoni da oltre venti minuti in questo disco fortemente influenzato dalla chitarra di
Jimi Hendrix. Bello il risultato, grazie soprattutto al grandioso chitarrista Bambi Fossati.
La seconda traccia "Sette?" stata registrata dal vivo.
Raccomandato a chi vuole fondere Hendrix in un contesto progressivo.
50
I GIGANTI
Terra in bocca
1971
Toccata progressiva per il gruppo dei Giganti con questa Poesia di un delitto che
seppur disco di passaggio in questo genere, merita di essere citato.
Da segnalare la grande formazione con presenze di illustri ospiti, tra i quali Vince
Tempera, che dar un ottimo apporto anche a livello di arrangiamenti, e Ares
Tavolazzi. Il bello del disco la variegata proposta musicale e la notevole grinta con cui
vengono eseguiti certi brani, soprattutto negli stralci strumentali. Altro fattore da
segnalare sono i testi: non a livelli eccelsi ma comunque validi. Il brutto, o meglio ci
che non mi entusiasma, che certe narrazioni in dialetto siciliano appesantiscono non
poco l'atmosfera. Bello l'inizio della seconda parte e l'acustica 'Tu pieno di sole, Lei
bianca di sale...', anche se pi cantabile e commerciale.
Per come impostato non si pu dire che sia un disco dall'ascolto semplice in quanto
la storia si snoda in un concept che necessita, se non altro, molta attenzione da parte
dell'ascoltatore. La proposta comunque buona e anche se non uno dei miei
preferiti, lo ritengo un lavoro valido.
Se possibile consiglierei un ascolto prima del grande passo...
51
I TEOREMI
I teoremi
1972
I complessi italiano ancora non esistono per taluni, indaffarati nello scovare ed esaltare
i pi strani e sconosciuto gruppi stranieri, e propensi a snobbare e declassare qualsiasi
cosa venga prodotta qui da noi. E' un discorso che poteva essere considerato valido
fino ad uno, due anni fa. E' bene quindi presentare un po' tutti i nuovi gruppi italiani,
che vogliono dire qualcosa di interessante.
I Teoremi si presentano con un quartetto tradizionale, ma non suonano il solito hard
caotico: sperimentano atmosfere pi impegnative, presentano una tecnica individuale e
di gruppo non comuni, e offrono complessivamente un album intelligente ed accettabile.
Le parti cantate - questa osservazione ha un carattere generale - appaiono nei gruppi
italiani sempre meno piacevoli dei corrispettivi inglesi, Il fatto che la lingua italiana
non mai riuscita ad adattarsi, proprio per la sua struttura, al linguaggio del rock; da
cui uno dei problemi fondamentali per la musica progressiva italiana, specie in un
momento in cui tutti si stanno orientando verso testi significativi.
I Teoremi si avvicinano ad un certo gruppo di giovani artisti italiani, quello che fa capo
ai Trip, al Rovescio della Medaglia, ai Garybaldi. Manca ancora loro un pizzico di
originalit, che potr essere acquisita con una ricerca protratta nel tempo.
Enzo Caffarelli
IL VOLO
Il Volo
1974
Primo disco di questo grande gruppo ne mette subito in risalto lo stile singolare,
pregevole e godibilissimo.
"Come una zanzara" e "La canzone del nostro tempo" sono le canzoni pi tirate ed
offrono, per cos dire, un piccolo assaggio dello stile che sar alla base del grande
lavoro successivo. Bellissime "La mia rivoluzione", "I primi respiri" e "Sonno": pi
melodiche e cantabili ma mai banali! I bei testi (ad opera di Mogol) e le belle melodie
fanno s che gi dopo pochi ascolti si riesca a canticchiare quasi completamente molte
canzoni del disco....!!! Ritengo giusto sottolineare che in tutto questo lavoro c' un
taglio leggermente cantautoriale (per usare un termine suggerito dal caro amico Max,
(ndM)), anche se onestamente la cosa assolutamente a livelli accettabili, anzi
interessanti.
Non c' niente da dire: il disco merita veramente anche se il mio consiglio di
procurarsi prima "Essere o non essere?..."
52
IL VOLO
Essere o non essere? Essere, Essere, Essere!
1975
Secondo disco di questo gruppo, ufficiale esecutore delle musiche del disco "Anima
Latina" di Lucio Battisti (non a caso stampato dalla NumeroUno e il testo di "Essere"
firmato da Mogol). Il sound un incredibile incrocio tra progressive, jazz e fusion con
sonorit raramente complesse ma mai banali. Onestamente sono rimasto molto
colpito: il suono sempre ricco e bello pieno: l'imponente uso di Fender Rhodes,
Synth/Strings e chitarre filtrate con effetti strani (contando la presenza di Alberto
Radius e Vince Tempera...) ne rendono piacevolissimo l'ascolto. Unica canzone
cantata , come detto sopra, "Essere" con la caratteristica di una voce filtrata e piena di
effetti, a volte per sovrastata dal resto degli strumenti con conseguente difficolt nella
comprensione delle parole. Anche in "Gente in amore" e in "Canto di lavoro" presente
una sospirata vocalit che accentua il contesto musicale. Bella la batteria (sicuramente
una delle cose pi interessanti del disco) che a volte ricorda il furioso Chirico anche se
molto meno assillante sul rullante e molto pi enfatizzata sui piatti. Solo la grandissima
"Gente in amore" e "Svegliandomi con te alle 6 del mattino" meritano l'acquisto del
disco.
Purtroppo la durata breve: 30 minuti.
Uno dei migliori dischi della scuola italiana.
53
JUMBO
DNA
1972
La biologia di moda, e i Jumbo hanno intitolato il loro nuovo album con la sigla
dell'acido desossiribonucleico che alla base della moderna genetica. Il primo album,
registrato un anno fa e messo in circolazione soltanto la scorsa primavera, me era
parso mediocre. Il secondo invece giunge al momento giusto, e pone i suoi autori nella
rosa dei pi interessanti gruppi italiani.
Si tratta di un sestetto di musicisti piuttosto personali, anche se concentrati sul filone
inglese, specie nell'uso della chitarra solista, tipicamente hard, e nella struttura dei
brani che vivono pi sulle prodezze dei singoli che sul risultato comune. Le parti vocali
meritano due lodi: una prima riguarda la ricerca e lo sforzo di trovare una sufficiente
corrispondenza tra rock e lingua italiana, superando la nota incompatibilt, ed i risultati
sono soddisfacenti; la seconda concerne la validit dei testi. Le esecuzioni sono buone,
e probabilmente il gruppo esprime meglio dal vivo tutte le sue possibilit.
La prima facciata si articola su episodi di rock aggressivo, sui vellutati interventi
flautistici di Dario Guidotti, che suona che l'armonica, e sulla voce grintosa,
indubbiamente forzata, ma originale e mai sgradevole di Alvaro Fella, che anche
autore di quasi tutti i pezzi. I primi tre brani sono raccolti sotto il comune titolo di "Suite
per il sig. K", dove K sta per arrivismo, perbenismo interessato, ipocrisia, corsa verso
falsi ideali di vita.
La seconda facciata, musicalmente pi varia, offre ancora testi sullo stesso argomento,
il sentirsi vecchi precocemente per non essere all'altezza di rendersi utili a se stessi ed
agli altri, per esempio. "Miss Rand" ha qualche lontana influenza di country americano,
con un pianino western sullo sfondo. In "Hai visto" l'organo in primo piano, mentre in
"E' brutto sentirsi vecchi" sono la chitarra acustica e la voce di Alvaro a dominare.
Enzo Caffarelli
54
JUMBO
Vietato ai minori di 18 anni?
1973
Jumbo al terzo disco, una prova importante e forse decisiva per il sestetto dopo il
convincente "DNA", uscito pi di un anno fa.
Punto primo, i testi. Logica reazione all'intellettualismo pedante, ai discorsi filosofici e
cattedratici sull'uomo e sulla vita di troppi gruppi italiani, con i nuovi dischi si sta
cercando di accoppiare alle musiche d'avanguardia testi altrettanto impegnati,
ricorrendo per a situazioni ed immagini pi concrete e vere, se vogliamo pi
autobiografiche, lasciando ai margini del proprio discorso il linguaggio aulico e poetico,
per esprimersi in maniera pi comunicativa e diretta.
Per i Jumbo il problema assume il valore tutto particolare, perch questo album, come
il titolo indica assai bene, affronta tutti temi scottanti della via, estremamente comuni e
nascosti d certo perbenismo farisaico, dall'ipocrisia e dal bigottismo di certi strati
sociali: prostituzione, alcoolismo, droga, frustrazioni psichiche e sessuali, repressione
infantile: sono gli argomenti intorno ai quali Alvaro Fella e compagni hanno articolato la
loro opera.
fondamentalmente occorreva affrontare le diverse tematiche in modo significativo e
pregnante, rifuggendo frasi fate o ingenue denunce superficiali, ma evitando nello
stesso tempo prese di posizione categoriche o di soffermarsi in maniera compiaciuta in
certe situazioni.
La via di mezzo stata raggiunta: Alvaro canta ed urla (il suo un autentico grido di
disperazione) spesso in prima persona, soffrendo e vivendo intensamente ogni brano,
e racchiudendo nelle ultime frasi il succo del disco: "Diciamo no, a ipocriti e borghesi, a
chi in malafede, a chi non sogna che ricchezza, ai falsi venditori di parole... ".
Punto secondo, la musica. I Jumbo tentano vie pi difficili di quelle delle precedenti
incisioni, impiegano in misura minore il flauto, che specie dal vivo costituiva l'elemento
conduttore, e si sforzano di superare una costruzione armonica e timbrica
semplicistica, o quanto meno prevedibile, proprio per accoppiare alle parole un clima di
continua tensione, di inquietudine, di allarme. Non a caso uno degli episodi migliori del
LP, "Gil", il brano contro la droga, viene fuori da una session che ha raccolto accanto ai
sei Jumbo altri musicisti, i sintetizzatori E.M.S./A.K.S. di Franco Battiato e di Angelo
Vaggi, e le percussioni di Lino Vaccina degli Aktuala.
La musica dunque frastagliata, tortuosa, sofferta. Le tastiere di Sergio Conte
svolgono sempre un ruolo di primo piano, e dal punto di vista strumentale i vertici della
raccolta sono toccati nella seconda parte di "Specchio", in "Come vorrei essere uguale
a te", nella simpatica "Il ritorno del signor K" dagli accenti grotteschi (esplicito il
riferimento al precedente LP) e nella gi citata "Gil", che costituisce soltanto una
porzione della lunga jam registrata.
Enzo Caffarelli
55
Altro disco molto interessante con massiccio uso dell'organo Hammond. Lo stile di
questo gruppo un incrocio tra progressive e rock con qualche sfumatura jazz. Le
sonorit sono le classiche degli anni '70 con abbondante uso di sintetizzatori e
pianoforti, mentre mancano quasi totalmente (tranne, ad esempio, in "Visione della
morte") le parti di chitarra.
L'unica pecca del disco sta nella leggerezza dei testi, cosa che per viene nascosta o,
meglio, parzialmente corretta, dalla forza trascinante delle atmosfere e delle melodie.
Le parti migliori: la grintosa "L'indecisione", una bellissima "Io" con sfumature jazz,
"Anja", "Vox Dei" e "Consiglio".
Consigliato a tutti gli amanti del filone Testiere/Basso/Batteria.
LATTE E MIELE
Passio Secundum Mattheum
1972
Primo disco per questo gruppo che propone l'originale idea di mettere in musica la
passione di Ges Cristo secondo l'evangelista Matteo. Il gruppo alterna parti narrate
tratte proprio dal "Vangelo secondo Matteo" e parti cantate leggermente riadattate. Gli
interventi musicali sono sempre a sostegno del narratore e del cantante e vengono
proposte atmosfere sempre tranquille e molto melodiose basate su chitarre acustiche,
clavicembali, pianoforti e strings con l'unica pecca della breve durata. Il gruppo, per
non proporre un disco da venti minuti, ha quindi inserito dei momenti strumentali che
brutto dirlo ma odorano da riempitivi e nulla pi. Si veda in questo senso "I Testimoni".
Ottime invece "Introduzione", "Il giorno degli azzimi", "Getzemani", "Il pianto" e "Il
calvario". Strana scelta stilistica per "Giuda" che presenta una strana contrapposizione
di strumentali Heavy Metal e cantati Jazzati. Se il gruppo fosse riuscito a far convivere
maggiormente parti cantate e momenti strumentali, come perfettamente riuscito in
"Getzemani" e "Il re dei giudei", ne sarebbe uscito un grande disco. Onestamente non
male comunque... contando anche la bella idea di base.
Io lo ascolto sempre volentieri!
Nella versione cd stata inserita anche la bonus track "Mese di maggio" che per
suona in maniera molto pi leggera.
56
LE ORME
Collage
CD
1971
Primo disco progressive per questa band veneziana che entra con prepotenza in
questo ambito con uno stile tutto suo basato su piano/organo/basso/batteria con
qualche spruzzo di chitarra acustica e la voce molto strana di Aldo Tagliapietra.
Spiccano "Era inverno", "Sguardo verso il cielo" , la pazza "Evasione totale" e
"Immagini".
Bello ma il meglio deve ancora arrivare.
Era molto tempo che in Italia si attendeva un disco veramente interessante. Fra i
cantautori avevamo avuto solamente un superlativo Francesco Guccini ("L'isola non
trovata"), mentre lo stesso Battisti ha per buona parte deluso con il suo "Amore e non
amore". Fra i gruppi, dopo i tentativi degli esordient, fra i quali segnalai i Trip ed i
Gleemen, ed i "ringiovanimenti" della vecchia guardia ("Id" della Nuova Equipe 84
contiene qualche spunto interessante), sono usciti i New Trolls con il loro "Concerto
grosso", un medley gruppo-orchestra ad imitazione dei Deep Purple, ed i Formula Tre
con il loro secondo LP. Ma questo album delle Orme mi sembra fra tutti decisamente il
migliore.
"Collage" premia gli sforzi di uno di quei gruppi nostri che fin dall'inizio hanno cercato
strade nuove, handicappati tuttavia dalla necessit dei 45 giri commerciali, e
dall'imitazione straniera fin troppo evidente.
Ache qui i modelli stranieri sono facilmente lievabili: i Traffic in alcune linee melodiche
di vago sapore folk (Stevie Winwood ha influenzato sempre da vicino la produzione dei
Toni Pagliuca); e Keith Emerson, la cui recente esplosione ha incoraggiato l'organista
italiano in quel discorso di riaggancio al classico gi suo da tempo. Certe affinit
espressive, la formazione triangolare (organo e piano, basso e chitarra acustica e
canto, batteria e percussioni), l'uso temperato dell'elettronica, senza esagerato
effettismo o sapore scenico, avvicinano le Orme a quello che viene oggi definito il pi
preparato gruppo inglese, gli ELP:
C' per nello stesso tempo un lavoro di assimilazione personale da parte del trio
italiano, per cui Pagliuca, Aldo Tagliapietra e Micki De' Rossi approdano ad un sound
assai originale nell'attuale panorama nazionale. Nel barocchismo formale della
bellissima prima facciata, come nella moderata sperimentalit della seconda, nei
cantati che non tradiscono una certa impostazione prettamente italiana (ogni tano fa
capolino Battisti), come nelle porzioni esclusivamente strumentali, che prevalgono,
sempre presente una linea comune, che supera l'apparente frammentariet dell'album,
e ne costituisce la spina dorsale al di l di ogni definizione stilistica.
"Collage", che apre l'album e gli d il titolo, un pezzo di chiara fattura
classicheggiante, nelle forme ora trionfali dell'organo, ora quasi minuettistiche del
clavine. "Evasione totale", quasi sette minuti, cerca un nuovo linguaggio espressivo
mescolando il classico all'elettronico. Gli altri brani hanno sapore realistico nei testi, e
musicalmente evidenziano temi ed arpeggi delle tastiere sorretti da un background
57
ritmico eccellente. Notevolissima "Cemento armato", che supera gli otto minuti.
I titoli sono tutti firmati Pagliuca-Tagliapietra, anche se al primo vanno i meriti maggiori.
E' presente a tratti l'orchestra diretta da Giampiero Reverberi.
Un album "Collage" che dovrebbe occupare le primissime posizioni della classifica
italiana, in attesa di altre due speranze, i Panna Fredda e la Premiata Fonderia (sic)
Marconi.
Maurizio Baiata
LE ORME
Uomo di pezza
1972
Altro disco di successo trainato forse dalla bella "Gioco di bimba". Non deve il suo
successo solo a quest'ultima in quanto tutte le canzoni sono di altissimo livello.
Grandiose "Una dolcezza nuova" con un bel distacco tra introduzione e tema stupendo
basato sul pianoforte, "Breve immagine" e l'acustica "Figure di cartone". Interessante la
parte di batteria veramente imprevedibile in "La porta chiusa".
Ai tempi ebbe un grande successo tanto da far discutere se un gruppo poteva essere
ai vertici delle classifiche e considerarsi contemporaneamente alternativo.
CONSIGLIATO
58
LE ORME
Felona e Sorona
CD
1973
Sicuramente il disco che preferisco di questa band... un concept album che parla di
due pianeti destinati a non incontrarsi mai.
Bellissimo inizio con "Sospesi nell'incredibile" e grandissimi momenti ne
"L'equilibrio"....Hammond e pianoforti ad altissimo livello. Grandiosa anche la finale
"Ritorno al nulla": un intreccio di synth per una chiusura potentissima.
Ne uscita anche una versione inglese con i testi trattati da Peter Hammill dei VDGG.
SUPER CONSIGLIATO.
***
Il terzo album del nuovo corso delle Orme, quello iniziatosi con il sorprendente
"Collage", ripropone lo stesso dilemma del precedente "Uomo di pezza". Le Orme sono
capaci di una musica piacevole, raffinata e tecnicamente ineccepibile, ma non riescono
pi a sviscerare una vena originale.
Il gruppo sfrutta sapientemente gli insegnamenti dei migliori complessi inglesi basati
sulle tastiere, e li rielaborano con una formula personale. Sottolineo in particolare
l'analogia con i Genesis specie nell'uso del mellotron.
"Felona e Sorona", sono i pianeti del sogno e della speranza, simboleggiati sulla
bellissima copertina di Lanfranco. Per la prima volta le Orme hanno sviluppato
un'interessante trama, i testi sono semplici ma significativi. Felone e Sorona sono due
piante fratelli, l'uno luminoso, regno di pace e di serenit, l'altro piccolo e tenebroso,
con la flora e la fauna quasi atrofizzati. L'Essere supremo, irritato perch l'astro felice lo
ha dimenticato, dirotta verso l'altro la luce, e solo per un momento brevissimo si
stabilisce l'equilibrio fra i due pianeti, che si trovano colpiti entrambi dalla luce del
Supremo. Poi essi ribaltano completamente la propria condizione.
La musica gustosa, i passaggi cantati sono orecchiabili, l'album sar probabilmente
un altro successo. Ma il gruppo ha perduto qualcosa del brio e della vivacit degli inizi,
e non riesce a liberarsi dagli schemi gi utilizzati in passato. Un periodo di stasi
creativa con parecchi punti interrogativi per il futuro.
Enzo Caffarelli
LE ORME
Contrappunti
1974
Forse il momento pi duro della band proprio in questa title track. Bella la ballata
"Frutto acerbo" e "India": un messaggio di sconforto dopo che la patria della pace
ammise il possesso di una bomba atomica. Da ricordare anche "Maggio", altro cavallo
di battaglia del gruppo.
Consigliato
59
LE ORME
Smogmagica
CD
1975
LE ORME
Elementi
CD
2001
Bellissimo questo nuovo album di un gruppo che ha scritto la storia della musca italiana!
In alcuni brani si sente come un "sapore orientale" molto piacevole da ascoltare.
Dg
60
LIVING MUSIC
To Allen Ginsberg
1972
61
Il motivo che mi ha spinto ad inserire questo disco in questa piccola lista progressiva
stato non tanto l'appartenenza di questo lavoro al genere, ma l'amarezza e la delusione
nel non vedere mai citato, in altri siti e riviste, questo gruppo, che ritengo la migliore
risposta italiana a Simon and Garfunkel. Va da se quindi che le atmosfere si assestino
sempre su toni leggeri, predominati dalle voci e dalle chitarre acustiche dei due
componenti, anche se non mancano vari inserimenti di altri strumenti tra cui spiccano
le apparizioni delle varie strings, sempre pacate e mai sopra le righe.
Ottime "Un ubriaco", "Il matto" e l'originale inizio di "Checco e Massimo".
Un disco leggero ma valido... ottimo per un ascolto occasionale... che non merita di
finire nel dimenticatoio collettivo.
63
MARIO BARBAJA
Megh
1972
64
MARIO LAVEZZI
iaia (76)
1976
Quando ho preso questo disco, chiss perch speravo o forse anche pretendevo un
seguito di "Essere o non essere?..." de Il Volo, in quanto se ne ripresenta qui la
formazione completa a meno di Radius e Lorenzi con l'aggiunta per di un
percussionista. Non sono rimasto deluso dal punto di vista strumentale grazie
soprattutto ai vari Fender Rhodes di Vince Tempera e la sempre bella batteria di Gianni
Dall'Aglio mentre dal punto di vista musicale le atmosfere sono leggermente pi soft.
Non manca comunque una canzone strumentale in perfetto stile Il Volo intitolata
"Nirvana". Come detto le atmosfere sono orientate pi verso la musica leggera ma
sempre in maniera interessante e quasi mai banali. Le migliori sono "Le tue ali", "Un
discorso", la grande "Nirvana", "Serenade" e l'ipnotica "Nell'aria".
Onestamente lo ritengo un buon disco, forse non troppo interessante dal punto di vista
progressivo ma sicuramente apprezzato dagli amanti del primo disco de Il Volo.
65
MAURO PELOSI
Al mercato degli uomini piccoli
1973
66
MAXOPHONE
Maxophone
1975
Un altro bel disco di quest'altro gruppo mordi e fuggi. Si comincia con un bel pianoforte
in "C' un paese al mondo", poi la strumentale "Fase", momento trainante del disco
con sorprendenti cambi di tempo e stile. Segue la stupefacente melodia di "Al mancato
compleanno di una farfalla" con all'interno un grande assolo di organo Hammond in
pieno stile 'Tarkussiano'.
Belle anche "Elzeviro", "Mercanti di pazzie" e "Il fischio del vapore", meno tirate ma
molto melodiose.
E' presente sul mercato anche la versione con i testi in inglese.
Consigliato.
67
METAMORFOSI
...E fu il sesto giorno - Vedette
1972
Da qualche tempo a questa parte i gruppi italiani hanno capito soprattutto una cosa:
l'importanza di svolgere un discorso musicale il pi possibile personale, lasciando da
una parte le imitazioni da modelli stranieri, anche se la tecnica e la padronanza degli
strumenti non ha ancora raggiunto la perfezione.
Su questa linea la formazione che con i risultati pi positivi ha saputo accoppiare allo
stile modernissimo e all'avanguardia un gusto ed una sensibilit tutta italiana stato il
Bando del Mutuo Soccorso, l'autentica rivelazione dell'ultimo anno, premiati al 2
festival di avanguardia e nuove tendenze.
Allo stesso festival si sono segnalati, e sulla medesima strada paiono operare con
successo, i Metamorfosi. A mio parere questi sono i gruppi che in ultima analisi stanno
raccogliendo l'eredit delle prime formazioni italiane del periodo beat e folk-protesta,
cio i musicisti che per primi seppero allinearsi con le esigenze rinnovatrici dei mercati
di oltremanica e di oltreoceano, pur mantenendo un proprio volto italiano. Con la
differenza che allora il proprio mezzo espressivo era limitato al 45 giri e troppo spesso
le canzoni venivano tradotte direttamente dall'inglese; ed ora viceversa si ha il 33 giri, e
si ha soprattutto l'esperienza di tanti altri anni, che si traduce in una strumentazione pi
ricca e pi impegnata, in un discorso artistico pi ampio e non militato alla semplice
musica, e soprattutto in un esigenza di riscatto dopo le scure stagioni del pop nel
nostro paese.
Tutto questo per dire che il quintetto delle Metamorfosi non si ispira affatto a gruppi
stranieri, e a costo di cadere di tanto in tanto in qualche episodio semplicistico, voluto
restare fedele ad un'impostazione italiana, senza tuttavia risultare banale o scontato.
Il significato dell'album ancora una volta l'uomo, le sue paure, le sue ansie, il suo
riscatto finale attraverso le immagini evangeliche del Cristo salvatore. I Metamorfosi
hanno per altro vasti interessi letterari (pare abbiano gi pronto materiale per un doppio
album intorno alla Divina Commedia), e sono riusciti con abilit a risolvere il consueto
dramma per motivi di metrica e diciamolo pure per ragioni di interpretazione (sono
pochi in Italia i cantanti capaci di guidare un gruppo) al ritmo del rock.
L'album "...E fu il sesto giorno" contiene sette brani, fra i quali segnalo "il sesto giorno",
"...E lui amava i fiori", "Nuova luce" e "Sogno e realt".
Un plauso alla Vedette che ha creduto in questi cinque ragazzi, ed un invito a
continuare su questa strada.
Enzo Caffarelli
68
METAMORFOSI
Inferno
1972
Con questo disco potrete fare una bella passeggiata nei vari gironi dell'inferno.
Vengono alternati testi della omonima parte della Divina Commedia di Dante e parti
riassestate dal gruppo. Grandiose "Porta dell'inferno", "Caronte" e "Spacciatore di
droga". Il pregio di questo lavoro sta anche nell'aver cercato di associare e conglobare
mali della societ non presenti ai tempi della stesura del testo di Dante nei suoi stessi
gironi. Cito "Razzisti" ed ancora "Spaciatore di droga".
Questo disco sicuramente consigliato agli amanti delle atmosfere con tastiere sempre
in primo piano tipo Elp e Orme. Bello veramente...poi non potrete pi fare a meno di
canticchiare "CARONTE DEMONIO...OCCHI DI FUOCO NEL BUIO" ad un vostro
collega o "SIAMO DANNATI INSIEME...AMANTI FUMMO IN VITA..." alla vostra
'Francesca'.
VIVAMENTE CONSIGLIATO
69
MUSEO ROSENBACH
Zarathustra
1973
Il segreto di questo grande disco sta, secondo me, nel perfetto equilibrio presente sia
tra le parti cantate e strumentali, sia tra gli strumenti stessi. Tranne in qualche caso, la
chitarra ha vissuto il rock progressivo come strumento secondario e spesso utilizzato
per qualche apparizione, magari acustica. Qui la si sente al pari anzi quasi in
competizione con le varie tastiere ed il risultato incredibile. Merogno infatti, con
estrema maestria, riesce ad essere sempre presente sulla scena, sia come pignolo
rifinitore sia come estremo distruttore con pennate che hanno l'effetto di colpi di
martello sulla testa dell'ascoltatore. Anche il resto del gruppo comunque di primo
ordine a partire da Lupo Galifi e Pit Corradi.
Circa le canzoni, se del secondo lato, leggermente inferiore, cito "Della natura", del
primo non posso che osannare la grandiosa "Zarathustra": divisa in pi parti presenta
la potentissima "L'ultimo uomo", l'ipnotica "Il re di ieri" , la tirata "Al di l del bene e del
male" con l'Hammond sempre padrone della scena, "Superuomo" con una prima parte
cantata e un lungo seguito strumentale che a volte ricorda lontanamente lo stile
Metamorfosi e l'ultima "Il tempo delle clessidre" con la ripresa del bellissimo tema de
"L'ultimo uomo". Ai tempi sub una censura dai vari organi di diffusione che
ingiustamente accusarono il gruppo di fare propaganda fascista in quanto sul collage
della copertina compare un busto di Mussolini su sfondo completamente nero...
E' uscita da poco una ristampa della BMG che ripropone in CD il formato identico a
quello del vinile anche se per non permette di leggere in maniera agevole i testi ed il
contenuto interno.
Ecco nasce in me vivo il superuomo !!!!!!!!!!
Uno dei migliori dischi del rock progressivo italiano !!!
CONSIGLIATO.
***
Almeno sotto il profilo statistico, un buon momento per i complessi italiani: ne
nascono a decine e registrano dischi con relativa facilit; inoltre il pubblico ha modo di
conoscerli direttamente grazie ai festival ed alle manifestazioni varie che soprattutto il
mese di giugno ha visto nascere.
Naturalmente l'inflazione fa capolino, e chi ne risente, oltre al pubblico che resta
confuso, sono gli stessi musicisti: costretti ad accettare compromessi di vario tipo per
giungere all'incisione, a rincorrere il miraggio della superstrumentazione e della
superamplificazione che poi non sono in grado di mantenere, delusi dopo i primi
inevitabili insuccessi e magari troppo presto abbandonati da chi inizialmente ha
creduto - o finto di credere - in loro; o, nella migliore delle ipotesi, stretti nella morsa
degli impegni - che ne logorano il fisico ed il morale ripercuotendosi sulla bont della
loro produzione artistica.
Capita cos un po' dappertutto, ma in Italia le cose che non funzionano in questo
campo sono particolarmente numerose.
E allora, fra un nome nuovo ed un altro, occorre scegliere con estrema attenzione: per
conto mio ben pochi dischi italiani sono passati per le colonne di questa rubrica.
Dei due gruppi di cui mi occupo questa settimana, uno all'esordio, l'altro il risultato
della scissione dei New Trolls. Il Museo Rosenbach, un quintetto genovese, dedica il
suo album a Zarathustra, la cui disperata ricerca del superuomo - si dice nelle note di
70
copertina - non vuole realizzarsi nell'immagine del violento condottiero di razza pura,
come stato erroneamente e tristemente interpretata, bens nella serena figura
dell'uomo che, vivendo in comunione con la natura, tende a purificare da ogni ipocrisia i
valori umani. Ed infatti "l'uomo-museo", scelto dal gruppo quale proprio segno
distintivo, "lavaggio del cervello, utopia e falsit".
La musica del Museo il rock melodico tipico dei gruppi italiani, del Banco soprattutto,
con le tastiere in primo piano, e con gli eccellenti contributi di mellotron e moog che, se
usati con parsimonia e con la dovuta funzionalit, posseggono sempre un fascino tutto
loro.
Ci sono gli inevitabili agganci alla musica classica; ma come regola per i gruppi italiani,
si tratta di semplici spunti ispirativi, o meglio di reminiscenze degli studi intrapresi dai
musicisti; oltre che del bisogno di ricongiungersi ad una tradizione musicale che pi
vicina alla nostra cultura ed alla nostra sensibilit di quanto non lo sia il rock o il jazz.
Lo schema quello frastagliato, con passaggi di tempo e di ritmo, stacchetti e
marcette, episodi melodici ad ampio respiro, immagini in serie; una tecnica
impressionistica che con il Banco e la Premiata ha dato i suoi risultati pi efficaci.
Le musiche sono di Alberto Moreno, bassista (e secondo pianista) del gruppo. E' un
fatto rilevante perch poche formazioni in Italia hanno nel bassista il proprio punto di
forza.
Tra le due facciate del LP, lievemente superiore la prima.
Enzo Caffarelli
MUSEO ROSENBACH
Rare and Unreleased
1992
Disco che raccoglie vario materiale. Si comincia con il provino che il gruppo sostenne
presso gli studi della Ricordi prima del contratto discografico. Sostanzialmente sono le
canzoni del disco "Zarathustra" anche se leggermente variate nei testi e in qualche
passaggio e arrangiamento. Una delle cose pi interessanti l'inizio di pianoforte de
"L'ultimo uomo". Si continua poi con materiale inedito: "Look to yourself" e "Shadows of
grief" degli Uriah Heep, uno stralcio di "Valentyne Suite" dei Colosseum e "With a little
help from my friends" dei Beatles in versione Joe Cocker (chiss perch spesso
preferita da molti artisti (vedi,ad esempio, anche i Toto) alla stupenda versione
originale...). La pecca di questa seconda parte, che contiene anche "Dopo" e
"Dell'eterno ritorno", sta nella qualit di registrazione abbastanza scarsa.
Sono presenti anche Walter Franco alla voce e Leonardo Lagorio dei Celeste al Flauto
e Sax.
Lo consiglio ai fanatici di "Zarathustra".
71
NEW TROLLS
Concerto Grosso n1
1971
NEW TROLLS
UT
1972
NEW TROLLS
New Trolls Atomic System
1973
Questo disco presenta la sezione staccata dei New Trolls con Vittorio De Scalzi.
L'inizio stupefaciente con la bella "La nuova predica di padre O'Brein", un intreccio di
arp synth, mentre il resto del disco si assesta su canoni un po' pi tranquilli. "Una notte
sul monte calvo" un riadattamento di un brano di Mussorgski, forse sull'onda del
successo di Emerson, Lake & Palmer.
72
NEW TROLLS
Concerto grosso n2
1976
Le atmosfere di questo disco tentano di ripetere quelle del primo concerto grosso. Il
risultato per molto diverso.
Si salvano il bel tema del Secondo tempo e la grandiosa "Le Roi Soleil".
73
74
OSAGE TRIBE
Arrow Head
1972
Gli Osage Tribe hanno scelto una denominazione presa in prestito dalla storia degli
indiani (si tratta di una trib), ed il loto singolo grafico stato sin dal primo disco una
testa mozza di una bambola indiana, che vuol rammentare la dispersa civilt, di quel
popolo in chiave sociale e politica.
Anche a livello di testi, essi si ispirano alle storie nate nel popolo Osage, ricche di
esperienza popolare e ataviche tradizioni, storie che parlano di "presa di coscienza", di
"armonia con l'universo", di "un mondo fatto a pagamento, dove le mani sono piene di
soldi e gli stomaci di whisky", del "dio della vita che d luce alle menti", di "cerbiatti
d'argento che saltano fra nuvole di giada". E' un linguaggio antico, ma il linguaggio di
pace nella battaglia esistenziale di tutti i giorni, e dunque un messaggio sempre valido.
"Arrow head", vale a dire "punta di freccia" il primo LP del gruppo, per il momento
ancora un trio, con Marco Zoccheddu, ex chitarrista della Nuova Idea ed autore della
maggior parte dei pezzi, "Cucciolo" alla batteria, e "Callero" al basso. la musica degli
Osage parte da una base di rock tradizionale, sul quale per i musicisti si sforzano di
inserire, con successo, le loro vibranti emozioni jazzistiche: li ascoltiamo ad esempio in
"Cerchi di luce", dove riescono a fare del buon jazz con la semplice formula chitarrabasso-batteria.
Le cose pi notevoli sono accompagnate da musiche pi commericali, ma ormai non
pi tempo di compromessi di questo genere neppure in Italia, e gli Osage, che sono
musicisti molto intelligenti, stanno tentando (aggiungendo una tastiera ed un fiato) di
spostarsi verso un modo pi libero e pi jazzistico. La sezione ritmica gi quella
giusta per questo programma. E l'etichetta Bla... bla, la stessa di Franco Battiato (con il
quale gli Osage Tribe hanno suonato per qualche tempo), e dei Capsicum Red, fra le
pi attente e all'avanguardia nel nostro paese.
Sei sono i pezzi complessivamente, tre per facciata. Molto bella la confezione dovuta
allo studio al.sa. La copertina esterna dedicata agli indiani, quella interna rappresenta
un originale flipper trasformato per l'occasione.
Enzo Caffarelli
75
OSANNA
L'uomo
1971
76
OSANNA
Milano Calibro 9
1972
Colonna sonora dell'omonimo film. Bella "Preludio" anche se a volte richiama nello stile
il primo Concerto Grosso. Le altre "Tema", "Variazione" e "Canzona" solo dei bei brani
in perfetto stile Osanna.
Niente male
***
Luis Enriquez Bacalov lo stesso maestro che ha diretto e composto il "Concerto
grosso" dei New Trolls. Ma lo spunto e l'idea dei questi "Preludio tema variazioni
canzona" non sono gli stessi. Intanto si tratta di una colonna sonora, dalla pellicola
"Milano calibro 9" di Fernando Di Leo con Gastone Moschin e Barbara Bouchet. E poi
gli Osanna hanno fatto dell'album qualcosa di molto pi proprio e personale,
componendo buona parte delle musiche, ed improntandole secondo le proprie
possibilit ed il proprio gusto, squisito e modernissimo, senza troppe compiacente
orchestrali, e senza risentire del suo originario carattere di "colonna sonora".
Il discorso artistico del gruppo napoletano ha sempre sentito la necessit, e
recentemente ancor pi che agli inizi, di una corrispondenza scenica, teatrale della
propria musica. La ricerca di una comunione artistica basata sul rapporto immaginesuono si risolve per il momento nella realizzazione di questa colonna sonora, lavoro in
un certo senso anche di valore pionieristico, tenendo conto che lavori del genere in
Italia, al contrario di quanto accade negli Stati Uniti ed in Inghilterra, non sono stati mai
affidati a formazioni di avanguardia. Una nuova conquista, un nuovo passo avanti
dunque.
Gli Osanna non vogliono considerare questo album come il secondo atto "ufficiale"
della loro musica, ma piuttosto come un'esperienza a parte, del tutto particolare.
Viceversa "Preludio tema variazioni canzona" si inserisce senza difficolt nel discorso
artistico dei napoletani, lasciando loro aperta ogni possibilit: il rock, le inflessioni e la
ricerca jazzistica soprattutto concentrata nei fiati di Elio D'Anna, il recupero ancora
piuttosto vago della poesia e della melodia folklorica tradizionale specie napoletane,
sono qui ancora integri, anche se talora avvolti dalla potenza sinfonica dell'orchestra di
Bacalov.
Alcuni dei brani sono cantati, in inglese. Gli Osanna dimostrano di essere anche pi
maturati, e promettono veramente cose eccellenti per il futuro. Intanto quest'album
sicuramente fra le pi notevoli colonne sonore composte in Italia.
Enzo Caffarelli
77
OSANNA
Palepoli
1973
provocanti, beni inseriti negli spazi musicali senza rappresentare un momento staccato
nello svolgimento della musica: tutti questi elementi fanno di "Palepoli" un'opera
interessante ed importante.
Enzo Caffarelli
PANNA FREDDA
Uno
1971
Altro bel disco consigliato agli amanti del primo progressive italiano! Quando dico primo
intendo proprio le prime esperienze ed apparizioni in questo genere! Tenendo conto
l'anno del disco (71) si pu dire che, insieme a Caronte dei Trip e a Collage delle
Orme, sicuramente uno dei precursori della grande espansione del genere, cosa che
ha fatto guardare al nostro paese con invidia anche gli stati musicalmente da sempre
pi affermati come, ad esempio, l'Inghilterra.
Detto questo bisogna quindi giustificare certe imprecisioni e pesantezze all'interno del
disco che comunque non ne pregiudicano il valore!
Belle "Un re senza reame", "Un uomo" e "Scacco al re Lot" con un accenno anche
all'inno nazionale di Mameli. Assolutamente da sentire "Il vento, la luna e pulcini blu".
Consigliato
PERIGEO
Abbiamo Tutti un Blues da Piangere
1973
Molte sono le cose che colpiscono di questo disco ma due sono lampanti gi ad un
primo ascolto: la preparazione tecnica dei componenti, mai sopra le righe e sempre
ben amalgamati, ed i molti spazi, sparsi tra le varie composizioni, dedicati
all'improvvisazione. Il disco ha un'impronta nettamente rock anche se non mancano
alcuni accenti jazzati con apice massimo in "Vento, pioggia e sole". Unica canzone
cantata la prima "Non c' tempo da perdere" con prima parte che mette in
contrapposizione una batteria assillante ad un pianoforte ben improntato mentre nella
seconda un lungo lavoro di chitarra e Fender Rhodes, strumento ampiamente e
magistralmente usato in tutto il disco. Pazzoide incrocio di pianoforte e violino in
ingresso a "Dja Vu" a cui fa seguito una bella melodia di sax sottolineata da un esile
ma valido arpeggio di chitarra acustica. A "Rituale", buon tema e momento di assolo,
segue "Abbiamo tutti un blues da piangere" con un inizio acustico che porta la mente
ad atmosfere del Morricone della cosiddetta trilogia del dollaro, con interventi di
Rhodes e batteria in stile "Echoes" dei Pink Floyd. Buone anche "Country" e "Nadir"
sempre condite da Rhodes e ottimi interventi di sax e chitarra elettrica. Senza dubbio
un disco valido anche se magari consigliato agli amanti di atmosfere tipicamente
strumentali, di assolo ed improvvisazione.
Chi cerca ritornelli orecchiabili e cantabili ha sbagliato indirizzo.
79
PERIGEO
La Valle Dei Tempi
1975
Dei dischi che possiedo di questo gruppo questo quello che ritengo maggiormente
spostato verso jazz e fusion. Disco molto buono, presenta un suono sempre bello
pieno grazie ai vari contorni di sax e chitarre mentre le atmosfere sono sempre molto
dinamiche e nello stesso tempo anche tirate. Una piccola curiosit: il pianoforte de "La
Valle dei templi" in perfetto stile Simonetti. Dato l'anno di uscita di questo disco non
mi sento in grado di commentare questo fatto se non come una possibile influenza (per
entrambi) da Mike Olfield, visto anche il ritorno alla ribalta di Tubular Bells come
colonna sonora del film "L'esorcista". Nella seconda parte della canzone ritrovo con
piacere lo strumentino strano presente anche in Easy Money dei King Crimson di cui
ignoro il nome (... sparso qua e l anche nel resto del disco comunque).
Da sentire: "Tamale", "La Valle dei templi", "Cantilena" e "Un cerchio giallo".
Sicuramente uno dei dischi migliori di questo gruppo che testimonia la grande abilit
dei componenti anche in generi che per tradizione non sono propriamente tra i pi
trattati e sviluppati nel nostro paese, o almeno da parte dei nostri musicisti.
PIERROT LUNAIRE
Pierrot Lunaire
1974
80
PIERROT LUNAIRE
Gudrun
1977
Chi cerca un seguito all'acustico esordio rimarr fortemente deluso in quanto questo
secondo Gudrun si basa fondamentalmente sulla ricerca e sulla sperimentazione,
lasciando forse un piccolo rimembro e richiamo al precedente stile nel clavicembalo
d'apertura. Moog, pianoforti ed effetti vari solo sostanzialmente gli ingredienti
fondamentali, conditi con la grandiosa voce del soprano Jacqueline Darby, nuovo
acquisto del gruppo, mentre della formazione del precedente disco manca Vincenzo
Caporaletti. Musicalmente da segnalare la lunga "Gudrun", "Giovane madre" e "Sonde
in profondit", e le ottime presenze di pianoforte in "Dietro il silenzio" e "Morella".
L'inizio di "Plasir d'amour" ricorda lo stile Clickkiano di Battiato con una doppia voce
recitante parole acquose e la tabellina dell'uno. Originale lo scatto fotografico tra le
varie canzoni a segnalare il distacco tra le varie diapositive musicali. Onestamente lo
ritengo un bel disco anche se necessita del tempo per essere ben digerito. Di certo non
si pu etichettare Progressive se non nell'intento, per altro perfettamente riuscito, di
una ricerca progressiva e per il progresso (in senso stretto) delle atmosfere create,
forse pi ostiche rispetto al precedente lavoro ma molto pi mature e compatte.
Copiando pari pari le parole di Arturo Stalteri: "Gudrun" un album dalle tinte forti ... se
"Pierrot Lunaire" rappresenta il SOGNO, "Gudrun" la REALTA'!
Per chi ama schemi liberi e atmosfere sperimentali.
81
Bel disco d'esordio per una delle poche formazioni italiane che hanno trovato il
successo anche all'estero. Ha sicuramente influito il fatto che tutti i componenti del
gruppo sono dei validissimi musicisti primo fra tutti il bravo Mauro Pagani che con i suoi
violini e flauti riempie in maniera pregevole e mai banale il suono. Tra le canzoni
segnalo: "Impressioni di settembre", forse il brano di maggior successo del gruppo,
almeno in territorio nazionale, la tirata "E' festa", la sublime prima parte di
"Dove...quando" e "La carrozza di Hans".
Devo dire per, che, secondo me, qualche passaggio in "E' festa" e "La carrozza di
Hans" ricorda non tanto vagamente il primo disco dei King Crimson (non a caso in una
raccolta di 4 cd del gruppo uscita qualche anno fa, la prima canzone era proprio "21st
century schizoid man"). Certo non si pu bocciare un disco come questo per qualche
passaggio che magari deriva dal background prediscografico del gruppo, viste
soprattutto le varie atmosfere tipicamente mediterranee nelle parti cantate e nelle belle
chitarre acustiche di Mussida.
Consigliato.
***
Devo dire subito che questo il disco che attendevamo con fiducia da parecchi mesi,
da quando cio si era capito che i Quelli, tornati alla ribalta con una nuova
originalissima denominazione, e con un quinto elemento, il cantante e polistrumentista
Mauro Pagani, avevano le idee molto chiare sua quale tipo di musica suonare, e verso
quali modelli stranieri orientarsi, o comunque da essi prendere lo spunto.
Cos, mentre la Premiata Forenria Marconi continua a sviluppare una personalit
sempre pi propria, cercando di evitare ogni palese imitazione, esce questa "Storia di
un minuto", il primo episodio di un cammino probabilmente molto lungo.
Franco Mussida, chitarrista e cantante della formazione, e Mauro Pagani, che si alterna
al flauto all'ottavino ed al violino, sono gli autori di tutte le musiche e di quasi tutti i testi
(c' lo zampino del solito Mogol). Parte dell'album era gi nota per l'edizione su 45 giri
de "La carrozza di Hans" e di "Impressioni di settembre".
Parlavo prima di ispirazioni: ebbene la principale viene dai King Crimson, dei quali il
gruppo amava interpretare in concerto pi di una pice. La "introduzione" tipicamente
crimsoniana, mentre la successiva "Impressioni di settembre", dolce e stupenda per la
musica e per il testo, ricostruisce la struttura caratteristica della "Lucky man" di Greg
Lake, con le aperture a largo respiro di organo e di moog. Intimista allo stesso modo,
ma pi acustica e stilisticamente pi personale la prima parte di "Dove... quando".
Due le cose principali da osservare: una prima la levatura tecnica degli strumentisti,
la loro poliedricit, fruttata pienamente nell'impiego di flauto, violino, clavicembalo,
mellotron, sintetizzatore, pianoforte, chitarra a dodici corde, percussioni. Sicuramente
un album come questo potrebbe avere un certo successo anche all'estero, forse nella
stessa Inghilterra.
L'altra considerazione la ricerca del gruppo all'interno di certe matrici classicheggianti
tipicamente italiane: Vivaldi, Rossini, Verdi: l'amore adombrato per la musica operistica,
e soprattutto il desiderio, comune un po' a tutti i nuovi gruppi nostri, di riscoprire
contenuti da rivestire e da reinterpretare nel patrimonio musicale italiano, colloca la
PFM in una posizione del tutto particolare nel panorama di coloro che cercano un
82
aggancio al classico. I sintomi emergono in E' festa" e nella seconda parte di "Dove...
quando", carosello di suoni, di pause, di dialoghi ricchi di fantasia e di una
strumentazione varia e costantemente indovinata.
L'album molto frammentario: ma frammentario non un aggettivo negativo, vuole
solamente significare la tessitura sfaccettata, intrecciata, elaboratissima, dei colori che
compongono il mosaico dei suoni, su cui veleggiando testi semplici ma significativi,
anch'essi frammentari, ricchi di silenzi, editi alla descrizione di piccole cose, di
immagini tradizionali ma rivissute con ingenuo incanto, simili alla poesia di stampo
crepuscolare.
Il flauto ed il violino, rispetto alle esibizioni dal vivo, sono molto impiegati, mentre
impiegati sovente il mellotron ed il moog, e la chitarra acustica l'autentica dominatrice.
Buona la registrazione, anche se la voce troppo in sottofondo. E bello il disegno di
copertina, opera di Caesar Monti, Wanda Spinello e Marco Damiani.
Enzo Caffarelli
83
scappi e ti nascondi e non si pu, tu vivi i tuoi compromessi e non si pu... non pi
tempo di sogni ma di realt... ".
"Il banchetto" presenta una prima parte cantata, con un breve e pregnante testo contro
l'asservimento allo stato costituito ("Sire, maest, riverenti come sempre siamo tutti
qua; sire, siamo no, il poeta, l'assassino e sua santit, tutti fedeli amici tuoi, o maest"
e poi ancora: "Tutti sorridono, solo il popolo non ride ma lo si sa, sempre piagnucola,
non gi va mai bene niente, chiss perch , chiss perch... "). La seconda parte
strumentale, con il moog che introduce e coordina vari strumenti classicheggianti (fra
l'altro la PFM utilizza il clavicembalo, la spinetta, vari flauti, il mandoloncello).
Infine "Geranio" la pi intima e cerebrale fra le cinque composizioni, quasi
impercettibile nelle sue sottili evoluzioni, nei suoi contrasti chiaroscurali e nella sua fine
struttura, con un maestoso finale dove il moog, come altrove, riesce a dare l'idea della
grande orchestra.
Enzo Caffarelli
85
Disco live con esecuzioni dominate dalle canzoni di "Photos of Ghost" anche se non
manca un assaggio del materiale in italiano. La qualit con cui vengono riproposti i
pezzi molto alta e alla fine viene proposto un riarrangiamento dell' overture del
Gugliemo Tell di Rossini.
Consigliato a chi cerca una visione live.
Dopo i due ottimi dischi d'inizio e lo sbarco internazionale con "Photos of Ghosts", il
gruppo propone questo "L'isola di niente" leggermente inferiore ma comunque buono.
"L'isola di niente" una lunga traccia con un tentativo alquanto inutile di inserire delle
parti di corale. Il risultato finale ugualmente positivo grazie a dei validi cambi di tempo
ed atmosfera. "Is my face on straight" il punto debole del disco. Il testo opera di
Peter Sinfield, visionario paroliere dei primi King Crimson, ed sostanzialmente divisa
in due parti: una prima buona parte in tipico stile della band mentre la seconda un
leggero pasticcio in stile Yes Album. Seguono due cavalli di battaglia del gruppo: "La
luna nuova" e l'acustica "Dolcissima Maria". Chiude la strumentale "Via lumire": una
versione live in qualche disco seguente sarebbe stata curiosa da ascoltare visto che
all'interno sono presenti alcuni passaggi che necessitano attenzione e puntigliosit!
Leggermente inferiore ai primi due ma comunque un buon disco!
Consigliato.
86
87
Primo disco di questa grande band che paga in qualche attimo l'immaturit artistica dei
componenti. Questo non significa che il disco non sia interessante...anzi. Grandissima
la prima parte cantata in "Prologo": potente e trascinante; altrettanto buone "Un
villaggio, un'illusione" e "Realt". Devastante la chiusura del disco: "Dialogo": un
piccolo atto d'accusa con un bel incrocio di synth iniziale; "Verso la locanda": bella
parte cantata con finale tiratissimo; "Sogno,risveglio e ...": una bellissima parte di
pianoforte esaltata e sospesa da intermezzi di flauto e violino in cui viene anche ripreso
lo stacco iniziale di "Prologo".
Per essere un disco d'esordio il risultato molto buono anche se io onestamente
preferisco leggermente il seguente "Il tempo della gioia".
Comunque consigliato.
***
"Quella vecchia locanda" un sestetto romano che ha certamente realizzato uno dei
migliori dischi italiani dell'anno, inserendosi di prepotenza nel novero dell'ultima
generazione nostrana di gruppi all'avanguardia.
Il gruppo esegue una musica tipicamente inglese nel linguaggio del rock, nella
strumentazione ricchissima, nei continui frazionamenti di ritmo e nell'incalzare di fasi
solistiche, affidate ora al violino elettrificato e non, ora al flauto o all'ottavino, ora alla
spinetta, al mellotron o al moog. La formazione pressappoco quella dei Gentle Giant,
e la musica molto vicina ai Jethro Tull, specie nell'uso del flauto, nel background
batteristico ed in certe frasi vocali: a proposito della voce, mi sembra che ancora una
volta il problema dell'applicazione della lingua italiana al rock, trovi scogli
insormontabili, tranne forse in uno o due punti del microsolco.
Con uno stile frammentario, ricco di belle immagini, qualche volta un tantino
scolastiche, la Vecchia locanda cerca l'equilibrio giusto tra il rock tipicamente
britannico, come si diceva, con qualche vago spunto jazzato, e soprattutto con una
base classicheggiante, impregnata sul violino che caratterizza tutta la prima parte
dell'album e la fase conclusiva; ma non si comprende bene, dato che i riferimenti
classici rimangono fini a se stessi, se il gruppo sta cercando un'autentica comunione di
momenti musicali, oppure se sta tentando progressivamente di liberarsi del retaggio
classico che appartiene indiscutibilmente alla formazione culturale di almeno qualcuno
di loro. Certo che Massimo Roselli, che opera alle testiere, e Donald Lax che suona il
violino, mostrano di avere ascoltato Vivaldi e specialmente Bach forse pi attentamente
di quanto non abbia fatto il flautista e cantante Giorgio Giorgi nei confronti di Ian
Anderson.
Ripeto ancora una volta che l'album fra i migliori italiani in circolazione e lascia
intravvedere ottime prospettive. Ma poich in sede di recensione sono solito indicare di
un disco pi i difetti che i pregi, voglio aggiungere due parole (non si tratta di
snobbismo, penso piuttosto che lo stesso fatto di presentare un LP in questa rubrica dove passano venti dischi al mese su centinaia che vengono immessi sul mercato - sia
gi un coefficiente di positivit). Desidero solamente sottolineare che il gruppo ha
ancora bisogno di trovare rimedio ad una certa freddezza formale, che forse proviene
dalla forzata imitazione di modelli stranieri. Se sapr rimpiazzarli con la tradizione
italiana, secondo il tentativo di altri gruppi, probabilmente i risultati saranno ancora
88
migliori.
Ottima la registrazione per l'etichetta Help, distribuita dalla RCA italiana.
Enzo Caffarelli
Bellissimo secondo disco di questo gruppo romano fortemente influenzato dalla musica
classica: grandi parti quindi di violini, flauti, pianoforti e clavicembali! Formato da cinque
canzoni stilisticamente mai ripetitive, il disco di piacevolissimo ascolto tanto pi che
un giorno sono riuscito ad ascoltarlo sei volte di fila !!!
Gradevolissima la voce del cantante, a volte leggermente aspra ma mai ai livelli dei
Semiramis, sempre sostenuta ed esaltata da un gran lavoro musicale ad opera del
resto del gruppo. Spuntano (anche se non c' niente da buttare qui...) "Villa Doria
Pamphili", "A forma di.." e "Un giorno, un amico", forse il brano pi interessante del
disco, con una breve ma intensissima parte cantata.
Consigliato.
Concept album racconta il ritorno di un'astronauta sulla Terra e lo sconforto nel trovarla
distrutta!
Lo stile simile a quello dei Semiramis sia nell' uso della chitarra acustica che nel
canto. Il gruppo comunque non indugia nel mescolare anche diversi generi musicali: si
veda "Su una rupe" con inizio acustico con chitarra 12 corde e flauto, stacco
indiavolato con intervalli di pianoforte e seguente strofa con Hammond, flauto e
chitarra. Belle "Il mondo cade su di me", la quasi jazz "Nel mio quartiere" e la lunga "Un
palco di marionette", sicuramente la traccia migliore.
Onestamente non uno dei miei dischi preferiti anche se sono fermamente convinto
del fatto che sia un validissimo prodotto.
89
E' finita l'epoca dell'hard rock e della musica caotica ed ipnotica fine a se stessa. I
gruppi italiani hanno imparato la lezione, e dopo qualche flirt passeggero con i gruppi
inglesi di maggiore successo (vedi l'esplosione del flauto alla Ian Anderson, presto
ridimensionata), eccoli a scoprire una dimensione acustica, melodica, a mettere in
prima fila le tastiere, il piano, il mellotron, il sintetizzatore, ed a creare testi intimisti,
favolistici, poetici.
Non che in questa operazione gli italiani si siano dimostrati molto originali, perch non
sono stati certamente gli iniziatori. Tutt'altro, l'imitazione forse ancora pi palese. Con
la differenza tuttavia, che se nel rock duro esse si erano sforzati di immedesimarsi in
un linguaggio che non era n pu essere il loro, collezionando magre figure e mai
superando un livello poco pi che accettabile, ora si trovano viceversa a proprio
completo agio, con l'arioso respiro delle melodie, le strofe ampia che consentono
l'inserimento della troppo armoniosa e barocca lingua italiana (nei confronti di quella
laconica ed essenziale degli inglesi), e la strumentazione ricercata e raffinata, dove
sufficiente possedere qualche idea ed un pizzico di buon gusto - anche se non si
veloci, sicuri, tecnicamente preparatissimi - per fare bella figura.
In una parola, gli inglesi ci sono venuti incontro, hanno fatto di tutto - istintivamente ed
inconsapevolmente - per portare la musica verso una linea pi meridionale, pi latina e
pi classica. Sta a noi raccogliere l'invito.
Come altri, la Reale Accademia di Musica ha registrato un album molto buono che
trova immediata collocazione nel discorso sopra svolto. Si tratta di un gruppo romano
di musicisti conosciuti nell'ambiente per avere militato in altre formazioni (il nucleo
originario del Banco del Mutuo Soccorso, i Fholks), con una cantante di origine
spagnola. Prodotti ed assistiti da Maurizio Vandelli, i ragazzi della Reale sfruttano il
momento con un sapiente sound basato principalmente sul piano e sul mellotron, con
strutture molto melodiche, sulle quali le parti pi mosse si inseriscono per progressiva
accelerazione dei tempi, senza tuttavia elevarsi con spunti particolarmente originali.
E' la nuova generazione dei gruppi italiani, fra i quali voglio inserire i Jumbo, Quella
Vecchia Locanda e il Banco del Mutuo Soccorso. Una generazione che in possesso
delle idee e dell'entusiasmo necessario, ma il cui lavoro si svolge ancora ad uno stadio
embrionale. Se uscir completamente dal guscio, avremo anche noi finalmente una
musica bella e sufficientemente autonoma.
Ci prova intanto la Reale Accademia di Musica, con un primo album di sei brani
complessivi, tra i quali ricordo "Il mattino", "Padre" e "Vertigine".
Enzo Caffarelli
90
ROCKY'S FILJ
Storie di uomini e non
1973
I Rocky's Filj sono uno di quei tipici gruppi alla cui base non c' tanto spirito di
emulazione, quanto una genuina necessit di esprimersi attraverso la musica: un
gruppo di amici che si radunano in cantina per dar sfogo a questa passione, senza
porsi, almeno in principio, obiettivi concreti n ambizioni stilistiche ben precise. Una
musica viscerale e libera, il cui unico appiglio culturale che si faccia sentire il richiamo
verso il jazz, inteso anch'esso nella sua massima libert e visceralit.
Tale era all'inizio, oltre due anni fa, la musica dei Rocky's Filj: ma le doti naturali e la
freschezza dell'espressione hanno presto inserito il gruppo in un discorso che forse
poteva sembrare lontano ed illusorio agli stessi musicisti. Dopo la proficua apparizione
al festival d'avanguardia e nuove tendenze di Roma, nel '72, i quattro ragazzi
tornavano in cantina, ma questa volta sotto la direzione notoriamente magica del
produttore Sandro Colombini. Tutto tempo che, alla luce di questo "Storie di uomini e
non", appare decisamente ben speso: il gruppo ha infatti intrapreso una strada
originale non solo per il panorama italiano ma anche per quello straniero.
La formazione decisamente inusuale, chitarra, ance, basso, sax, clarino e batteria non compaiono le tastiere, considerate oggi indispensabili - e la capacit di inserirsi
autonomamente in un discorso decisamente vivo e moderno, le parti fiatistiche
ricollegabili a certi King Crimson e un vago sapore di McLaughlin, fanno di questi
Rocky's Filj una piacevole realt, infrangendo i timori di chi credeva che dietro a Banco,
PFM e Osanna non vi fosse pi spazio per la musica rock italiana.
L'album, cinque brani piuttosto omogenei fra i quali si distinguono "L'ultima spiaggia" e
"Martino", rivela una natura essenzialmente ritmica, stringata, priva di pesantezza; ma
altrettanto presenti sono episodi ricchi di respiri ampi, pi pittorici, piccole isole di quiete
in mezzo ad un rincorrersi di temi ritmici, in cui la voce di Rocky un metallo che canta,
cesella frasi di grande effetto.
Per il resto l'animosit e la freschezza della musica assorbe e miscela benissimo tutte
le matrici, poggiando su doti non comuni: una sezione ritmica impegnatissima e varia, i
sax ed il flauto perfettamente inseriti nella linea melodica, una sorprendente chitarra
capace di eccitanti assoli e di disegnare sfondi ricchissimi di contrasti.
Il disco stato registrato in studio, ma senza sovrincisioni, curando in particolare la
produzione e la gamma dei suoi e dei timbri: il risultato quanto di meglio si possa oggi
realizzare suonando una musica viva e moderna.
Enzo Caffarelli
91
Disco hard rock!!! Parti dell' antico testamento: La creazione, L'ammonimento, Sodoma
e Gomorra, Il diluvio...
La scritta dal vivo indica che stato registrato in diretta, ovvero in una sola passata,
senza sovraincisioni e trucchi da studio, e non in concerto.
Non male ... forse un po' grezzo !!! Comunque non progressive
***
Ancora una volta qualcosa di "nostro" merita posto in questa rubrica. Il Rovescio della
Medaglia un gruppo romano di quattro elementi, il chitarrista Enzo Vita, il bassista
Stefano Urso, il batterista Gino Campori ed il cantante Pino Bannarini.
L'album stato registrato negli studi della RCA direttamente dal vivo, cio con due
microfoni davanti al gruppo, senza nessuna operazione di filtraggio e di
sovrapposizione di nastri. Solamente gli effetti elettronici che aprono la suite e
compaiono poi di tanto in tanto sono preregistrati, e vengono utilizzati dal quartetto
anche negli spettacoli.
Il Rovescio della Medaglia mi sembra diverso da un po' tutti gli altri gruppi italiani, sia
quelli da tempo affermati, che quelli usciti di prepotenza nell'ultimo anno. Le loro
intenzioni sono quelle di creare un tipo di musica tutta propria, una specie di rock
sinfonico, e questo album, concepito da parecchi mesi, e finalmente inciso dopo il
reperimento del fatidico "contratto", il primo passo verso una simile realizzazione, pur
restando in alcune parti vicino ad un hard rock di stampo tradizionale.
L'album ha pure il pregio di rappresentare un concetto unico, una specie di biblica
rievocazione suddivisa in sei parti: "Il nulla", "La creazione", "L'ammonimento",
"Sodoma e Gomorra", "Il giudizio" e "Il diluvio". Oltre ai testi, anche gli strumenti
cercano a turno di significare i personaggi e gli ambienti della Bibbia.
Enzo un solista misurato, molto espressivo, mentre la sezione ritmica, specie per
merito di Stefano , senza dubbio una delle migliori fra i gruppi italiani. Infine anche
Pino possiede una bellissima voce, elemento questo che manca a buona parte delle
nuove formazioni nostrane.
Enzo Caffarelli
92
Bellissimo inserimento di parti rock a parti tratte dal clavicembalo ben temperato di J.S.
Bach. Originale il tema trattato: parla di uno smemorato che ridestatosi pensa di essere
Bach...
Grandi "Ora non ricordo pi", "Mi son svegliato e ho chiuso gli occhi" con una bella
alternanza di organo e violini e "La grande fuga" con grandi interventi di moog,
clavicembalo, organo e violini. "La mia musica" suona in maniera molto pi leggera ma
presente all'interno uno stupendo stacco di violini. L'arrivo nel gruppo di Di Sabbatino
giova sia alla produzione che al gruppo stesso e se ne pu apprezzare appieno qui la
grande abilit di musicista in quanto l'esecuzione di alcune parti davvero notevole.
Ottimo l'inserimento di parti di chitarra spesso distorta, di cui segnalo "Alzo un muro
elettrico".
Consigliato.
***
Come ispirarsi ai classici, come rinnovarne il fasto e la forza creativa capovolgendo
certi presupposti ed utilizzando un linguaggio diverso, originale, comunicativo? E' un
problema che buona parte dei musicisti pop si sono posti da tempo, dandovi ciascuno
una differente risposta.
Il Rovescio della Medaglia, dopo i dischi di hard rock intellettuale, sperimenta ora una
nuova strada, in collaborazione do Luis Bacalov, gi autore di "Concerto grosso" dei
New Trolls e di "Preludio, tema, variazioni, canzona" degli Osanna. IL classico che
funge da modello Giovanni Sebastiano Bach: un Bach naturalmente trasfigurato,
come indica chiaramente il titolo completo dell'opera, "Contaminazione di alcune idee
di certi preludi e fughe del Clavicembalo ben temperato di J. S. Bach".
I ragazzi del Rovescio si sono dunque avvicinati al classico, al quale almeno in teoria
sono sempre stati interessati: in particolare all'affetto per Beethoven hanno affiancato
autori pi moderni, come Bartok: il chitarrista Enzo Vita, che ha collaborato in sede
compositiva con Bacalov, cerca di riprodurre con il suo strumento certi archi tipici del
musicista ungherese. Inoltre il nuovo elemento, Franco Di Sebatino, ha introdotto le
tastiere nel gruppo e proviene direttamente dal classico.
C' dunque una continua opera di osmosi, che alterna momenti estremamente
convincenti come altri forse pi ingenui e scontati, ma con gli strumenti disposti in
maniera originale, senza inutili ripetizioni, soprattutto senza barocchismi superflui. Cosa
resti di Bach difficile dirlo.
Sottolineo le note di copertina, in cui si accenna ad un immaginario Isaia Somerset,
musicista scozzese del '700, uno psicopatico che si sarebbe considerato figlio naturale
di Bach, e ad un altrettanto immaginario chitarrista pop Jim McCluskin, che del
Somerset si riterrebbe la reincarnazione vivente. In termini meno ermetici, anche il
Rovescio vuole ergersi ad utopistico modello di reincarnazione bachiana, ma con una
certa utoironia, senza presunzione, una volta tanto per questo gruppo.
La mano del maestro Bacalov ha saputo guidare e plasmare il quintetto romano,
ponendone in risalto le qualit tecniche, che sono indiscutibili, e smussandone gli
angoli pi spigolosi e narcisisti.
La "Contaminazione" una lunga suite divisa in tredici porzioni, differente decisamente
dalla precedente produzione del Rovescio della Medaglia.
93
Enzo Caffarelli
SAMADHI
Samadhi
1974
94
SEMIRAMIS
Dedicato a Frazz
1972
95
SHOWMEN 2
Showmen
1972
Gli Showmen tornano sulla scena contrassegnati dal numero due, dopo un lungo
periodo di stasi successivo alla dipartita di Elio D'Anna, ora con gli Osanna, e con
parecchie idee nuove e interessanti.
Sono ancora in sei, ma pi della met degli elementi non sono pi quelli che
alternavano R&B commercialoidi a ripescaggi degli anni Quaranta.
L'album inciso per l'esordiente etichetta B.B.B. (Beautiful black butterfly), e si
presenta con una confezione elegantissima, e completa di note, testi, adesivo e
manifesto. Ma quello che conta maggiormente la musica, un tipico pop-jazz che gli
Showmen hanno sicuramente imparato dai Chicago (l'ultima volta che apparvero alla
televisione, se non vado errato due anni or sono, suonarono proprio la "Introduction" da
"Transit authority"). Il sestetto ricorda i Chicago per l'impostazione degli ottoni, la cui
sezione guidata dall'ottimo italo-americano James Senes, rimasto portabandiera
della vecchia guardia. Ma per buona parte il disco si muove su orientamenti personali,
e sicuramente lascia intravvedere un futuro ancora migliore.
Come tutti i gruppi interessanti usciti negli ultimi tempi in Italia, due sono le
preoccupazioni di base del gruppo: scartare a priori una supina imitazione dei modelli
stranieri riagganciandosi alla tradizione italiana; e creare dei testi originali e validi,
cercando di adattarli nel migliore dei modi al linguaggio del rock.
I problemi sono stati risolti abbastanza bene, anche se forse troppa importanza stata
fatta per tempo e per spazio alla parti cantate, tuttavia giustificate da una serie di testi
molto buoni ("Epitaffio", "E la vita continua", "Lo zio Tom").
Un album dunque con un certo coraggio e degno di essere ascoltato. Un'altra prova
inoltre dell'importanza di Napoli (Osanna, Balletto di Bronzo, ecc.) nel discorso pop
italiano, con un invito per gli organizzatori di concerti a tenere maggiormente in
considerazione la candidatura della citt partenopea.
Enzo Caffarelli
96
STORMY SIX
L'unit
1971
Fra i complessi italiani della "nuova generazione" penso si possano includere i milanesi
Stormy Six, anche se per loro il discorso piuttosto diverso.
"L'unit" il secondo album del quartetto, dopo un primo risalente al 1968 e rimasto
piuttosto in ombra; esce quasi un anno dopo la partecipazione degli Stormy Six al
Festival di Viareggio del '71. Il gruppo ha dedicato questo disco alla storia e alla
cronaca italiana: la prima ambientata negli anni a cavallo fra il 1860 ed il 1863, e
intende rivedere l'interpretazione eroica del Risorgimento. Secondo la visione degli
Stormy Six, in particolare di Franco Fabbri che ha guidato l'operazione storica, visione
discutibilissima, Garibaldi non fu un liberatore, ma fece soltanto mutare padrone al
popolo meridionale; il brigantaggio non fu una forma di delinquenza, ma un modo di
ribellarsi all'autorit nuova, pi esigente di quella borbonica; la repressione del
brigantaggio fu una delle pagine pi nere della nostra storia patria; il popolo non
accettava la nuova realt sociale e lottava per cambiarla subendo sanguinose
repressioni.
Sono quattro storie, due rigorosamente vere, due liberamente inventate ma vicine allo
spirito dell'epoca: un quadro preciso di una storia non colta sui libri scolastici, ma
vissuta con gli occhi di quello che era il popolo: le musiche sono piuttosto semplici,
senza nessun effetto, ma con un legame preciso con la pi semplice e nuda tradizione
italiana.
La seconda facciata viceversa ambientata ai giorni nostri, con una musica pi viva e
ispirata in maniera pedissequa ai coretti di Crosby/Stills & Nash, con argomento
principale la presa di coscienza politica degli studenti, coscienza che conduce ad un
impegno rischioso e difficile. La "Manifestazione" canta infatti la morte di un ragazzo
durante un corteo.
L'ultimo brano "Fratello", dedicato all'ex cantante del gruppo Claudio Rocchi, vuole
colpire quanti credono di risolvere i problemi del nostro mondo con la filosofia hippie,
proponendo un impegno individuale di amore e di pace, dimenticando certe
componenti sociali ed umane che modellano e influenzano il comportamento
individuale.
Un album piacevolissimo al di l di quelle che sono le interpretazioni storiche e le
imitazioni stilistiche: e soprattutto una strada originale nel cammino della musica
italiana per l'impegno e per la fresca vena folklorica.
Da citare alcuni componenti del complesso Il Pacco che hanno aiutato nella
registrazione i quattro Stormy Six, Franco Fabbri, Massimo Villa, Luca Piscicelli e
Antonio Zanuso.
Enzo Caffarelli
97
The TRIP
The Trip
1970
Primo disco di questa band formata da due componenti italiani (Vescovi e Sinnone) e
due, penso, inglesi (Gray e Andersen). Come esordio non male contando la precocit
dell'anno (1970), periodo di piena gestazione del rock progressivo italiano. Sono
comunque chiaramente presenti degli agganci stilistici al rock anni '60 (ad esempio i
vari cori) ed alcuni passaggi di organo di matrice blues. Non comprendo la scelta dei
titoli in italiano ed i testi in inglese, tranne in "Una pietra colorata", caratteristica
presente anche nei successivi dischi; magari per un possibile seguente lancio
internazionale...
Forse solo un' impressione o una predilezione dettata dalle mie radici, ma il cantato
in italiano risalta molto di pi lo stile della band. Spunta quindi la suddetta "Una pietra
colorata" ma anche "Incubi" e "Visioni dell'aldil".
Non male come disco d'esordio ma sicuramente inferiore ai successivi.
98
The TRIP
Caronte
1971
Secondo disco di questo gruppo (in cui rimane inalterata la formazione rispetto al
precedente) e un bel passo avanti come qualit. Il sound, infatti, perde, anche se non
totalmente, gli influssi degli anni '60 e si delineano i "tratti somatici" tipici del gruppo.
Buono l'inizio con "Caronte I", soprattutto nella seconda parte. Segue poi il giro
tiratissimo di "Two brothers" e la bellissima "Little Janie": la parte pi soft del disco in
cui la voce del cantante ricorda vagamente John Lennon. Segue "L'ultima ora":
un'atmosfera quasi riflessiva con ritornelli esplosivi. Bella la parte centrale con stacchi
di Hammond e solo di chitarra. Stacco di organo a canne e parte la chiusura di "Ode a
J.Hendrix": un omaggio al genio, anche se forse un po' troppo assillante sui timpani .
Chiude "Caronte II" che riprende il tema della prima parte.
Un Joe Vescovi sempre in prima fila per questo grande disco: il mio preferito del
gruppo insieme ad "Atlantide".
Consigliato.
** *
I complessi italiani continuano a darsi da fare per creare anche presso di noi una
musica interessante: il 1971 ha segnato alcuni risultati estremamente positivi, come la
piena conferma delle Orme, il primo album degli Osanna, quello non ancora edito dei
Panna Fredda, la nascita della Premiata Forneria Marconi.
I Trip, due ragazzi inglesi, un piemontese ed un ligure, tutti residenti in Italia ed operanti
per una casa discografica italiana, sono al loro secondo LP.
Il primo, chiamato semplicemente "The Trip", denunciava un'accurata ricerca
soprattutto di effetti sonori, affidata al leader musicale del quartetto, l'organista e
pianista Joe Vescovi. Anche in "Caronte" c' una palese volont di rinnovamento, e
solo raramente i musicisti si limitano a mettere insieme espressioni ed influenze dei
gruppi stranieri, dei modelli inglesi in particolare modo, com' d'obbligo in questo
momento.
Quello che interessa con immediatezza il fatto che l'album raccoglie cinque brani
mantenendo un tema unitario, pi che altro da un punto di vista psicologico, perch i
testi sono pochi: il tema di un viaggio immaginario, di tipo dantesco. La copertina
riporta disegni infernali, e gli stessi musicisti sono fotografati in costumi antichi nelle
acque di un stagno. Caronte, il mitologico traghettatore delle anime perdute, qui
l'allegoria dell'ipocrisia di coloro che, secondo gli stessi autori, condannano i loro
"fratelli" morti, come Jimi Hendrix, il pi di moda nelle celebrazioni.
A livello espressivo non c' per dark sound, ma un rock meno effettistico, ricco di
spunti pregevoli, specialmente negli impasti fra l'organo di Vescovi e la solista di
William Grey, che costituiscono senza dubbio la nota pi tipica del sound del quartetto.
"Caronte I", che apre la raccolta, un episodio esclusivamente strumentale di fattura
violenta, mentre "Two brothers", con il testo completamente in lingua inglese, dopo un
inizio di strani rumori si snoda in un crescendo di organo e chitarra fino alla porzione
vocale, a met strada fra i Led Zeppelin delle ultime esperienze ed i King Crimson di
"21th century schizoid man", sicuramente uno dei pezzi che ha pi influenzato la scena
musicale degli ultimi due anni. Ci sono rapidi cambiamenti di tempo, come
caratteristica di tutto l'album, e si segnala il basso creativo di Arvid "Wegg" Andersen.
La facciata B comprende la melodica "Little Janie", poi l'"Ode a Jimi Hendrix", un
99
susseguirsi di ritmi violenti e di episodi pacati, avvincenti nella seconda parte che si
apre con un organo da chiesa e poi si continua con la solista distorta celebrante una
specie dei marcia funebre su di un background percussionistico particolarmente
"heavy".
Enzo Caffarelli
100
The TRIP
Atlantide
1972
Terzo disco e cambio di formazione: fuori Gray e Sinnone e dentro il bravo Furio
Chirico, astro della batteria con tecnica originale e pregevole (avr modo di darne
prova anche nei successivi lavori con gli Arti e Mestieri). Il suond cambia leggermente
rispetto ai precedenti dischi grazie soprattutto al nuovo elemento che dona tecnica e
precisione alle canzoni. Le canzoni migliori sono sicuramente: "Atlantide" con un bel
intervento corale quasi ipnotico, "Evoluzione" con una batteria molto sostenuta ed
enfatizzata, "Energia" con il lungo solo di Hammond e un finale di piano effettato che
da una sensazione orientaleggiante e la bella melodia orecchiabile di "Ora X". Originale
anche "Analisi" con alternanze di piano (effettato od elettrico ?) ed organo a canne.
Segue il lungo assolo di batteria di "Distruzione", dove il nuovo entrato ha un'ulteriore
occasione per mettere in mostra le ottime capacit.
Un grande disco.
***
Tempi buoni per la musica italiana. Dopo un primo LP passato alquanto inosservato,
risalente al periodo in cui ancora si diffidava molto dei gruppi italiani, e pi ancora di
quello anglo-italiani, e dopo un secondo che serito soprattutto a rilanciarli senza per
altro ottenere consensi pieni da parte di tutti, ecco i Trip alla loro terza fatica
discografica che li conferma fra i migliori del nostro panorama.
"Atlantide" l'immagine del mitico continente scomparso riflessa nella nostra civilt,
come monito e speranza a un tempo, contro il tecnicismo esasperato e la corsa al
progresso della societ del duemila.
Il gruppo si presenta senza il chitarrista, e con un nuovo batterista, il ventenne
piemontese Furio Chirico, mentre "Wegg" Andersen e Joe Vescovi sono al solito gli
autori dei brani ed i protagonisti delle esecuzioni.
Guardano indietro, a "Caronte", i nuovi Trip presentano soprattutto una maggiore
mobilit che li affranca dalla schematicit troppo rigorosa del rock, e spaziano verso lidi
pseudo-jazzistici, specie con la freschezza di idee e la nuova libert che sembra
caratterizzare l'indiscutibile tecnica di Joe. Le novit possono essere colte a livello di
inventiva e a livello di sonorit; un piano elettrico ed un organo, modificati
opportunamente ma senza troppi artifici, un generatore elettronico trovato quasi per
caso in uno studio di registrazione, utilizzati per creare espressioni interessantissime e
senza vuoti formalismi (come ad esempio si era verificato nel primo LP, in cui i Trip
rifacevano palesemente il verso ai Vanilla Fudge, e come oggi avviene per alcuni
colleghi, anche stranieri s'intende).
Tempi buoni per la nostra musica dunque. Ed davvero incredibile osservare come i
Trip riescono con una strumentazione tanto esile a creare atmosfere piene, cercar
quasi di dare vita a suoni che rievochino profondit marine, o avvicinarsi ai toni
incantati del mellotron con un semplice piano elettrico.
L'album contiene un'unica suite suddivisa in otto sezioni. Le migliori: "Atlantide",
"Energia", "Analisi" e i pochi attimi conclusivi di "Il vuoto".
Enzo Caffarelli
101
The TRIP
Time of change
1973
Da molti anni i Trip sono considerati una delle migliori formazioni italiane, anche se non
sono riusciti mai a sfondare completamente. Questo il loro quarto disco, il primo per
l'etichetta Trident, e rispecchia il passato del gruppo, superandolo per per la nitidezza
delle esecuzioni e per la freschezza di idee, che confermano dei due veterani del
gruppo, il genovese Joe Vescovi e l'inglese Wegg Andersen, e nel nuovo elemento, il
batterista Furio Chirico, tre musicisti preparatissimi.
La formula triangolare, basata sulle tastiere e il desiderio di spaziare in ampie suites,
collocano i Trip all'ombra di EL&P, anche se in maniera diversa dalle Orme. Ma ad
altri modelli, soprattutto agli Yes, che il trio sembra ora avvicinarsi.
La prima facciata, "Rhapsodia", sono venti minuti di musica godibile, dove accanto
all'indubbia tecnica (che non va confusa con il tecnicismo, fine a se stesso, distinzione
che i lettori dell'Angolo del pop dovrebbero tenere costantemente presente), si rileva
una musica varia e gioiosa, senza pause o tentennamenti: una miscela delle solite
componenti rock, jazz e classiche, elaborate con gusto, sia da parte di Vescovi, che si
sbizzarisce sui tempi e sui timbri, sia da parte dei due ritmi, che sorprendono per
continuit e presenza, e costituiscono una delle migliori coppie in Italia.
La seconda facciata non dissimile, anche se frazionata in quattro episodi distinti. Le
cose migliori: "Formula nuova" e "Corale". I Trip non possono considerarsi sul piano
stilistico un gruppo italiano, come accade viceversa per BMS o PFM. E in fondo la
presenza di un inglese autentico pu essere una giustificazione. Ma se i tre imitano
bene gli Yes, ad esempio, possiamo stare tranquilli: perch questo potrebbe essere il
punto di partenza ottimale per sviluppare un discorso pi autentico e pi nostro.
Enzo Caffarelli
102
Vince Tempera
Art
1973
Vincenzo Tempera, milanese, ha fatto un po' di tutto prima di registrare questo disco
che potrebbe essere il passo pi importante della sua gi lunga carriera artistica: ha
diretto l'orchestra al festival di Sanremo, ha curato gli arrangiamenti per Nomadi,
Giganti, Guccini e tanti altri, ha inciso "Love story" e "Anonimo veneziano", si dato da
fare come sessionman, specie nell'ultimo anno.
Pianista di razza, diplomato in conservatorio, Vince ama il jazz ed il classico, il soft rock
californiano e la ballata tradizionale, un po' come uno dei suoi idoli, Keith Jarrett, ed
offre in questo album un volto eterogeneo che risponde perfettamente al personaggio.
"Art" stato registrato met in studio e met dal vivo al Number One di Sanremo. La
cosa pi importante che Tempera si presenta ad un pubblico difficile come il nostro
con il solo pianoforte, senza accompagnatori. La sua inventiva, il vigore che
costantemente sorregge l'opera, la tecnica eccellente che egli ha saputo sviluppare con
entrambe le mani, gli consentono giuochi armoni e ritmici godibilissimi, per cui la
musica non viene a soffrire della presenza di un unico strumento.
Per Vince il pino uno strumento da trattare con forza e vigore, strumento melodico e
ritmico a un tempo. La sua tecnica precisa, asciutta, con una chiara predilezione per
il tocco breve, misurato, senza barocchismi di sorta.
Nei pezzi pi vicini al rock, egli sembra aver tratto la stessa lezione di Elton John e di
Leon Russell, che discendono in fondo dai rockmen della prima ora: cos ne "Il mio
cane si chiama Zenone", gi registrata nel "solo" di Alberto Radius ed in "Space
captain", un brano reso celebre da Joe Cocker in "Mad dogs".
"Here comes the sun" un omaggio ai Beatles, ampliato da qualche fugace citazione
di "Eleanor rigvy" e di altri pazzi celebri. "Cerveza" prende le mosse da un jazz di
vecchio stampo, e si sviluppa sino a far individuare le influenze di Jarrett, mentre "Goin'
on" e "Gabbia di citt" si rifanno pi da vicino ad Herbie Hancock, l'Hancock di "Maiden
voyage".
"Gabbia di citt" in particolare, la composizione pi ambiziosa del LP, riassume il
carattere complessivo di Tempera: un saggio a met strada fra il colore debussyano e
la costruzione armonica gershwiniana: descrizione breve di frasi, poi rimescolate come
in un caleidoscopio, armonie sviscerate e dissolte, poi ricostruite dall'interno, sfruttando
piccoli frammenti tematici. Una della migliori improvvisazioni del pianista.
Enzo Caffarelli
103