Albert Hera,
Artista, ricercatore vocale,
insegnante di canto
e consulente musicale
Il canto globalizzato
Voglio aprire l’editoriale di questo secondo anno di Siing Magazine con un pensiero che
in questi giorni mi ha portato a riflettere e a determinare un cambio di energia personale a
fronte di un’oggettività, ovvero quella di un canto uniformato, un canto espresso e per certi
versi ricercato ma, allo stesso tempo, che cade nella volontà di inseguire la parola che tutti
noi conosciamo come “globalizzazione”.
Ognuno ha in mente il proprio canto libero, il proprio modo di pensare al canto come mezzo
di comunicazione che ci porta in uno stato di grande libertà, in un luogo dove le emozioni
vivono libere di volare dappertutto.
Oggi «sentendo una radio-tv musicale» blasonata, mi sono reso conto che il modo di
sentire, che va ben oltre l’ascoltare, è praticamente narcotizzato: in 60 minuti la musica
era confezionata in immagini, numeri, colori che per certi versi davano la sembianza di
prodotti diversi ma che, in fin dei conti, erano similmente uguali. Gran parte del «mercato
vocale» insegue la «numerologia sonora», cioè numeri su numeri, fans su fans, like su
like e per finire selfie su selfie, tutti pronti ad immortalare il dio del Canto che però non
si fa più vedere: è forse morto?
No. Care lettrici e cari lettori, il canto è ancora vivo, sta
semplicemente cambiando strada, vuole preparare il momento giusto per trovare il suo
vero spazio.
Unicità, solitudine cooperativa, silenzio fuori dai palchi, dai luoghi dove il successo non
è il suo luogo; vuole riprendersi le corti, vuole ritornare ad essere strumento di coesione
sociale, di essenza vitale per chi ne vuole esserne parte.
Siing Magazine vuole infatti essere questo, un luogo magico, visionario dove poter delineare
un cammino che non definirei alternativo od unico, ma sicuramente libero, dove il pensiero
non appartiene a nessuna fazione, né di destra né di sinistra, né in alto né in basso, dove la
parola canto si prende lo spazio di poter stare dove vuole, nella rubrica di scienza oppure
in un angolo sperduto di una società a noi sconosciuta.
E allora io spero che queste parole semplici, ma allo stesso tempo forti, possano alimentare
in voi che leggete questa rivista, una voglia di portare la vostra dote, la vostra voce in
luoghi dove non è presente alcun tipo di suono…
Albert Hera
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NEWS
SOMMARIO
In questo numero...
003 - Editoriale
006 - Almanacco
019 - SCIENZA
020 - Siamo fatti d’acqua
026 - Storia della vocologia
031 - Trame e intrecci di musica e psicologia
037 - Sindrome della gamba corta e voce
041 - PROFILI
043 - Giulio Leone: la muta paradossa, amore a prima vista
047 - Elza Soares: “voglio che il mio grido abbia un’eco”
052 - Didattica del canto nello spettro di genere
056 - Valentina Giovagnini, creatura nuda della musica
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SOMMARIO
NEWS
061 - SOCIETÀ
062 - Il canto come espressione musicale vocale del sapere
sociale
067 - Ganggangsullae
071 - Aspetti vocali nella polifonia medioevale e rinascimentale
076 - La lettura drammaturgica degli intervalli melodici
085 - Armonia perenne
089 - DIDATTICA
090 - La voce percussiva
093 - I gesti della voce
096 - Il controtenore nel Terzo Millennio
100 - Pluralità di voci per la voce bambina
108 - Lo strumento voce e lo studio etnografico comparativo
113 - Da Broadway al West End, dal Musical Comedy all’Opera
Pop: un viaggio nell’affascinante mondo del Musical Theatre
118 - Melina
120 - Voce e Poesia
121 - Voce e Immagine
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NEWS
Almanacco
Ricorrenze, segnalazioni
e curiosità
APRILE
22 Aprile 1978
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NEWS
MAGGIO
11 maggio 1981
Bob Marley muore a Miami, all’età di 36
anni.
Bob Marley non è stato solo il più noto
cantautore reggae: la sua grandezza e
unicità basata sui fondamenti di unità
e fratellanza, ha permesso e permette
ancora oggi grazie alla sua musica
di entrare nei cuori delle persone per
muovere le menti…
GIUGNO
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IN PRIMO PIANO
Diana Winter,
Vocalist, guitarist,
songwriter, educator
Vita da polistrumentista:
Giulio Carmassi
IN PRIMO PIANO
I
n questo numero vi presentiamo uno dei dove suonavo sax, tromba, tastiere, chitarra
più grandi talenti che si sono affacciati classica, percussioni e facevo i cori.
nel panorama internazionale negli Dopo quel periodo a New York sono
ultimi anni. Parliamo di Giulio Carmassi, tornato a Los Angeles, dove ho iniziato a
italianissimo di nascita ma da tempo scrivere musica per film, TV e pubblicità’.
residente negli Stati Uniti. Chiamarlo Negli ultimi 5 anni, oltre a registrare alcuni
eclettico sarebbe riduttivo: Giulio è album casalinghi e solisti, ho scritto la
compositore, produttore, arrangiatore e musica per una dozzina di film, alcuni
polistrumentista: suona eccellentemente documentari, e circa 100 campagne
pianoforte e tastiere, batteria, basso, fiati e pubblicitarie.
… voce. Si racconta per Siing Magazine
partendo dagli esordi fino a scavare dentro Per comprendere di più il mondo dei
al suo unico e peculiare approccio agli polistrumentisti, qual’è stato il primo
strumenti, regalandoci una preziosissima strumento a cui ti sei avvicinato e a
prospettiva. che età sei entrato nell’universo della
musica?
Chi è Giulio Carmassi? Verso i 9 anni, mio fratello maggiore mi ha
Polistrumentista e compositore di musica convinto a comprare una batteria, che poi
da film. ha prevalentemente suonato lui, mentre io
Nel 2013 sono entrato a far parte del volevo giocare a calcio.
Pat Metheny Unity Group, con Antonio Ma piano piano verso I 10 ho finalmente
Sanchez, Christ Potter e Ben Williams, per iniziato a prenderla più seriamente. Di lì poi
due dischi (uno da studio e uno live) e un il piano a 11 anni, sotto pressione di mio
world tour di 42 paesi e 170 concerti. padre. Mentre io continuavo a preferire il
In studio ho suonato 13 strumenti (fra cui calcio.
violoncello, vibrafono, trombone, tromba, E poi dopo circa 6 mesi, il mio insegnante
sax, tastiere, voce, percussioni ecc), di piano (il pianoforte è l’unico strumento
dal vivo ero il pianista, voce solista e che ho “studiato”), mi suono’ “Someone
trombettista. to Watch Over Me” di Gershwin, e da
Negli stessi anni ero anche il lì, folgorato da quegli accordi pieni di
polistrumentista per la Will Leès Family, estensioni e tensioni, mollai lo sport per
una band con Steve Gadd e Chuck fare solo musica mattina e sera. A 14 anni
Loeb. suonavo e improvvisavo su piano,
Abbiamo fatto due tour in Giappone basso, tromba e batteria. A 16 poi ho
suonando un repertorio di fusion anni ’70, iniziato il sassofono.
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IN PRIMO PIANO
Mentre per me la musica è sempre stata Più o meno dai 18 anni in poi volevo
relativamente facile e istintiva, il canto cantare canzoni, professionalmente, ma
è stato un processo senza scorciatoie, mi era impossibile cantare senza sforzarmi
durato vent’anni. fino ad avere tutta la faccia rossa.
A 16 anni ero talmente teso nel collo, che Andai a Milano da un famoso insegnante
avevo quasi perso l’uso delle mani, e per che mi disse di lasciar perdere il canto
un anno ho smesso di suonare. Tramite perché ero assolutamente negato e senza
la tecnica Alexander, sono riuscito a speranza. E da li’ mi ci sono voluti 14 anni
ricostruire completamente il mio approccio di certosina applicazione per riuscire poi
all’uso del corpo. A da li’ tramite anni e a cantare rilassato, con Pat Metheny di
anni di rilassamento, piano piano sono fronte a migliaia di persone dal vivo.
riuscito anche a cantare liberamente. L’antidoto che mi ha liberato è stata
A livello di scuola, le elementari le ho la Tecnica Alexander. Lo studio del
passate prevalentemente in un letto rilasciare la tensione nel corpo. Del fare di
d’ospedale per una malattia del sangue più con meno energia.
(che non si coagulava il mattacchione).
Le medie le ho fatte ma a 14 anni ho Dal tuo punto di vista, in che modo la
smesso di andare a scuola e ho fatto solo conoscenza della musica (teorica o
musica da allora. Diplomato in piano, da pratica) influenza l’approccio di una
privatista, e autodidatta in tutto il resto. vocalità spontanea?
Secondo me la teoria è un codice per
Quando hai cominciato a sentire semplificare lo studio della musica. Per
l’esigenza di cantare e quali sono stati ricordarsi e comprendere gli esercizi, per
i fattori scatenanti? poter comunicare la musica con gli altri e
Ho sempre sentito l’esigenza di cantare scambiare informazioni. è come imparare
quando ascoltavo le canzoni. In particolare lo spagnolo, per vivere a Barcellona. Puoi
mi ricordo i dischi di Lucio Dalla. Non tranquillamente viverci senza parlare
volevo farmi sentire e quindi cantavo granché della lingua, ma è molto più facile
a basso volume in falsetto, sviluppando se la comunicazione col tuo ambiente è
così negli anni un grande controllo del possibile.
falsetto e un terrore della voce di petto.
Verso I 14 anni ero nel pieno della mia Come polistrumentista, all’interno delle
passione per la musica della casa tue composizioni che ruolo rivestono
discografica ECM (Metheny, Jarrett, le parti vocali?
Norma Winstone ecc), e ho iniziato a Per me la voce è come un ingrediente
registrare la mia voce come strumento in cucina. Non è necessariamente il
solista, in falsetto, senza testi, nel contesto piatto principale, ma è come l’olio d’oliva,
dell’ambient jazz. o il parmigiano, bene averla disponibile
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IN PRIMO PIANO
da usare dove necessario. Quando mi
cimento come cantautore, ovviamente
diventa il centro di tutto. Altrimenti è come
un’altro fiato essenzialmente.
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IN PRIMO PIANO
Quali sono punti in comune e differenze aver cantato tutta una vita a istinto, forse.
tra l’approccio alla voce cantata ed agli In questo senso c’è sempre un viaggio
altri strumenti? nel buio nel cantare o suonare la
Per me le differenze sono legate ai luoghi tromba, che non esiste nella chitarra o
corporei. nel piano o nella batteria. La voce e i
Ci sono aree del corpo che sono più facili fiati sono esperienze più dello spirito,
da sentire. Alcune le puoi vedere e altre no. e gli strumenti delle “mani” sono più
Gli strumenti che usano solo gli arti, come esperienza della terra, della realtà.
il piano, la chitarra e la batteria, sono
legati all’utilizzo di parti del corpo con le Mi potresti fare un esempio tra i brani
quali siamo familiari e che comprendiamo da te composti dove la voce riveste
a pieno. Usiamo le dita tutti i giorni un ruolo importante, descrivendo
per cucinare, per fare una telefonata, eventualmente la genesi compositiva
per scrivere una mail, e camminiamo, del brano stesso?
saltiamo, corriamo con le nostre gambe. E Mi viene in mente il pezzo “OK” dal mio
mentre è vero che parliamo tutto il giorno, disco “The Innocent”.
il nostro rapporto col respirare e con Il pezzo era nato dal riff iniziale di piano. Da
l’emissione è totalmente inconscio e lì si era legato a una prosa ispirata dal riff.
rudimentale, nella vita di tutti i giorni. L’idea di liberazione, di liberarsi, che è
Allora più uno strumento inizia ad centrale in tutto quello che faccio e scrivo.
appoggiarsi al respiro e meno alle mani, Durante il riff la voce funziona da pad,
più diventa un viaggio nel buio. armonizzata, uno dei miei modi preferiti di
Il respiro, la gola, e la bocca, costituiscono “cucinare” l’ingrediente voce. Adoro mille
tre aree diverse, tutte piene di tranelli e voci sovrapposte e armonizzate. Le parti
mistero. preferite dei pezzi per me sono sempre
In realtà comprendere l’utilizzo del respiro quelle armonizzate. più voci meglio è. C’è
e dei muscoli della gola e del cranio poi una tale energia vitale in un gruppo di
ha immensi benefici anche per il piano o voci amalgamante come un organismo
la chitarra, ma non sono necessari. unico.
Mentre cantare o suonare la tromba, senza C’è una parte di solo, dopo due versi,
una totale coscienza di questi processi dove volevo creare questo sentimento
interni è assolutamente impossibile per di completa libertà di volo, di lasciare
me. A meno di non aver iniziato a 5 anni e andare.
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IN PRIMO PIANO
Ci sono pochi strumenti che possono Forse alla fine però il consiglio che
creare questa cosa quanto la voce, ma preferisco è quello di avere tantissima
volevo renderla più aliena, più fuori. E pazienza, di non darsi per vinti, e di
cosi’ è nato il solo distorto. moltiplicare per tre il tempo che ci si
è una delle mie parti preferite del disco. aspetta di spendere per imparare un
Ispirata ovviamente alla grande tradizione pezzo. Perché si deve imparare ogni
di voci che si perdono in un pezzo, come parte da se, e poi le due parti assieme. E
“the great gig in the sky” dei Pink Floyd soprattutto è fondamentale ad ogni costo,
per esempio. senza sosta, rilassare il corpo, per fare
meno, per respirare. è come un buttarsi da
Che strategie usi per praticare la un burrone con la fiducia che si imparerà
parte vocale mentre suoni un altro a volare. più è difficile un passaggio più
strumento? bisogna buttarsi e lasciare che il corpo
Hai dei consigli a riguardo per i lettori vada da solo, senza sforzo. Sforzarsi è
della rivista? il campanello d’allarme che ci dice che
Il mio primo strumento è la batteria, dove non sappiamo la parte ancora bene.
l’indipendenza degli arti è l’ostacolo Devo ammettere, che nei casi migliori,
fondamentale. quando suonavo pezzi di 15 minuti con
Nello studiare parti che hanno ritmi poliritmi con 10 accordi diversi, su sezioni
e fraseggio diversi, penso come un con una battuta in 5, una in 11/8, una in 6/8
batterista. Sono groove diversi che si e poi una pausa di 3/4, la musica diventava
incontrano qua e la’ e dicono la loro storia un linguaggio “non-matematico”, ma
allo stesso tempo. verbale, colloquiale.
A livello di studio, è quello classico del Cioè contare e pensare ai numeri in quel
semplificare, rallentare e ripetere. contesto per me è uno spreco di energia.
Una battuta alla volta, lentamente, Invece la musica diventa come dire “oggi
centinaia di volte. Spesso penso alle parti sono andato all’alimentari e ho comprato 5
come a dei blocchi di Lego. O come un melanzane e una scatola di Krumiri.”.
pattern di un sequencer. Ogni tanto la voce A quel punto chiudi gli occhi e lasci che
da sola, poi il piano da solo, poi assieme il corpo e l’inconscio giochino senza
in un qualche pattern. Anche all’interno di controllo. Anche un vago pensiero legato
una battuta: piano e voce poi voce voce a quella battuta di 5/8 che dura mezzo
voce, piano, poi piano e voce, e poi piano secondo è un modo per sbagliare, per
voce voce piano. Come se fosse un gioco uscire dal groove. E se perdi il filo, la
a incastri. è come soprattutto se fosse un caduta sono 5 piani su un pavimento di
pattern di batteria, e i miei piedi fossero asfalto.
uno strumento e le mani un’altro. Naturalmente per arrivare a sentire
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IN PRIMO PIANO
tutto quel passaggio come se fossero Mantenere questi due mondi nello stesso
parole, con la loro lunghezza e il loro momento, magari facendo delle parti
tono, ci sono centinaia di ore di pratica difficili in entrambi i casi è sicuramente la
pensando ai numeri. Ma nel contesto cosa più difficile che ho avuto occasione
della vera performance, tutto quello di fare in musica.
deve scomparire, e rimane soltanto la Mi viene in mente quando cantavo
musica a livello inconscio, automatico, “Have You Heard” di Metheny, dal vivo,
non cognitivo. Anche l’improvvisazione è col piano che fa pattern in 7/4 poi 5/4
cosi’. Uno non pensa alle scale sul palco, poi 4/3 alternando, e la voce che canta
improvvisando. Come uno non pensa su 3 ottave, con arpeggi che modulano
“Adesso uso il passato remoto in questa passando dalla testa al petto. Alla fine di
frase, nella seconda sentenza”. Durante la un concerto di tre ore e mezzo, al 12esimo
preparazione a casa, si pensa alla teoria. concerto di fila in 4 paesi diversi, magari
Sul palco, idealmente la teoria scompare dopo una peperonata assassina.
e rimane solo l’istinto. La cosa stupenda è che all’inizio sembra
semplicemente una cosa impossibile, e poi
Ci sono degli esercizi o studi di un giorno, a furia di ripeterla, questa cosa
poliritmìa (con qualsiasi strumento) accade, come in una sorta di trans, dove
che funzionano come propedeutica per diventa come guidare la macchina, dove
lo sviluppo dell’indipendenza ritmica «suoni» la frizione, il cambio, il volante,
tra il canto e lo strumento? l’acceleratore, senza pensarci. Magari
Io sono autodidatta principalmente, ma un mentre parli di politica o di cosa cucinare
libro che ha avuto un impatto su di me è per cena, e ascolti la radio. Alla fine quella
“The New Breed” di Gary Chester. è un è la stessa cosa del polistrumentismo.
metodo per l’indipendenza, per batteria. Guidare, mentre si chiacchiera, mentre si
Ne sentii parlare da Dave Weckl in un suo ascolta la musica. Si tratta di imparare con
video. Essenzialmente ti da uno spartito altrettanta naturalezza, tutti gli elementi
ritmico da leggere, e lo leggi con uno dei necessari, e renderli naturali.
4 arti, mentre gli altri tre fanno un pattern
costante. Per esempio cassa, hi hat e
ride fanno un pattern di qualche tipo, e tu
leggi tutta una pagina ritmica con la mano
sinistra (o destra se mancino). E poi dopo
la stessa cosa, ma lo legge l’altra mano
mentre il pattern passa alla mano di prima.
L’idea è quella di automatizzare
completamente un pattern mentre una
parte unica del corpo si concentra su un
altro obbiettivo.
È un approccio possibile con ogni paio
di strumenti. Uno potrebbe suonare un
pattern col basso, mentre legge una
melodia con la voce. O fare un pattern di
voce, mentre si legge una cosa al piano.
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IN PRIMO PIANO
Qual è la “chiave” cognitiva per Progetti futuri? Idee collaborazioni e
riuscire a coordinare due strumenti anticipazioni riguardo al tuo cammino
contemporaneamente? E se c’è, da artistico?
dove nasce e come si sviluppa? Ho appena finito di fare la musica per un
Secondo me le due chiavi sono il non film con Demi Moore e Harry Melling
essere di intralcio al corpo, tramite un (da Harry Potter e Queen’s Gambit), che
rilassamento totale, olimpionico. Nella si chiama “Please Baby Please”.
maggior parte di casi, è la nostra tensione La colonna sonora è tutta una big band
che ci impedisce di far fluire la musica. anni 60, dove suono tutti gli strumenti
E poi l’essere a totale agio con i due sovraincidendomi. Un po’ un sogno,
strumenti. dove faccio infiniti soli, di batteria, di
Se non si suona uno strumento da solo contrabasso, di sax, di tromba, senza
senza pensarci e senza alcuna paura o sosta, per l’ora e mezzo del film.
confusione, di certo non sarà più facile Spero che esca presto. Per ora ha aperto
suonarne due. il Festival del cinema di Amsterdam, il
Più è facile suonare quegli elementi da mese scorso.
soli, più è facile suonarli assieme. Quindi Sono nel processo di scrivere un disco
per certi versi è inutile iniziare a studiare le cantautoriale, con testi in Italiano. Il mio
parti assieme finché le parti da sole non primo amore rimane la canzone italiana
sono a prova di bomba. d’autore degli anni 70. Dalla, De Gregori,
In un senso meno virtuosistico e jazzista, Baglioni, Zero, Pino, Battisti ecc.. Vorrei
nell’accompagnarsi per esempio, un provare a farne una mia versione. Magari
concetto importante è quello del botta e con più influenze di Milton Nascimento e
risposta. del jazz, ma radicata nella tradizione dei
Lo strumento è lì per riempire gli spazi, canta storie dolce amari di quel periodo
per rispondere alla voce, non per suonare così formativo per me.
sopra la voce secondo me. è una buona E infine, un po’ come tutti, ho registrato
abitudine quella di pensare agli spazi un disco durante la pandemia, che si
fra le note della voce, per posizionare chiama “The Dream of The House by The
accenti, attacchi e frasi con lo Cliff”. Finito da poco. Strumentale, ma con
strumento. è una cosa molto chiara molte voci usate come strumenti. È un
anche per i bassisti. Dove il basso cerca disco con pochi soli e molti arrangiamenti,
sempre quello spazio per fare un accento, come piacciono a me!
una nota di passaggio.
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Prof. Marina Tripodi,
Logopedista esperta
LOGOPEDIA in vocologia artistica
Docente e Direttrice
del Centro della Voce
F
in dai tempi più antichi l’acqua è Sono qui per raccontarvi un po’ la mia
considerata un elemento in grado storia e la storia di Aqua Art Voice, il
di contribuire al benessere fisico e mio metodo innovativo nel settore della
psicologico; basti pensare alla centralità logopedia e vocologia artistica.
delle terme nella quotidianità degli Antichi
Romani, che le consideravano un luogo Come nasce la tua passione per la
in cui ritrovarsi per godere dei benefici di voce?
un bagno caldo. Ricordo che il mio primo contatto con la
Logopedia avvenne grazie all’incontro
L’acqua rimanda alla vita, nella sua forma con la Dottoressa Adriana De Filippis,
primordiale: nell’acqua si originò la prima Professoressa Universitaria del Corso di
cellula e il liquido amniotico protegge Laurea in Logopedia presso l’Università
il bambino durante la gravidanza, Statale di Milano, una delle principali
legandoci indissolubilmente con questo fautrici del metodo “oralismo puro” e figura
elemento fin dai primi istanti della nostra storica della fondazione della logopedia
esistenza. in Italia. Ho un bellissimo ricordo di
È proprio in quest’ottica che Vi presento, quell’incontro. La Dott.ssa De Filippis
con questa intervista, l’interessante era una donna determinata e preparata,
approccio della collega Federica Calvi, che ha lottato con tenacia per portare
vi invito a pensare al avanti il suo metodo
potere terapeutico e che, soprattutto,
dell’acqua che
Noi stessi siamo fatti d’acqua. ha permesso a
non è limitato Gli esseri umani sono il modo noi logopedisti di
solo al momento essere – oggi – una
dell’immersione che l’acqua ha trovato per realtà conosciuta
Quando siamo andarsene in giro anche e riconosciuta dal
stressati, infatti, o “sistema salute” del
nervosi guardare la lontano dai fiumi. nostro paese.
superficie placida di (Anonimo) La sua energia e la
un lago o ascoltare sua innovazione,
il suono delle onde nel rigore della
morbide del mare ricerca scientifica,
contribuisce a scacciare le tensioni e a hanno caratterizzato il suo lavoro così
rilassarci. come hanno fatto tutti i pionieri della
riabilitazione di quegli anni. Porterò
Buongiorno Federica prima di tutto sempre con me tutti i suoi insegnamenti.
per i lettori del magazine potresti Grazie a lei, ho cominciato il mio percorso
raccontarci un po’ di te? di logopedista dedicandomi, all’inizio, al
Ciao a tutti gli amici di Siing. Sono Federica lavoro con i bambini sordi.
Calvi, dottoressa in logopedia originaria Ma, nonostante le esperienze formative
di Milano, città dove ho conseguito i miei e il bellissimo lavoro che stavo facendo
studi, prendendo il Diploma di Tecnico in con i pazienti di quel periodo, dentro di
Ortofonia e la Laurea in Logopedia. me cresceva sempre più la curiosità di
Oltre agli studi citati su, mi sono approfondire e trovare il modo più adatto
formata presso alcune delle strutture per sostenere e aiutare lo strumento
più importanti del territorio lombardo (le più magico dell’uomo: la voce. Quindi,
attuali A.T.S) e presso gli Istituti Clinici di sempre più affascinata dagli studi sul
Perfezionamento di Milano, dedicandomi suono e sulle corde vocali, sin dalle prime
prevalentemente ai problemi di parole dei bambini sordi alle sfumature
comunicazione e cominciando ad della parola cantata e recitata, ho
affrontare anche le problematiche legate proseguito il mio percorso, laureandomi
alla voce. in Logopedia nel 2006, presso l’Università
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SCIENZE
persone dal timbro di voce prima ancora
che dal volto, ha iniziato a cercare le
risposte giuste al fenomeno del suono,
così affascinante.
Oltre ai percorsi intrapresi sulla pratica
musicale e strumentale, sul canto
e sulle forme del suono in generale
dell’esperienza umana, ho poi sentito
la necessità di approfondire le mie
conoscenze personali sull’argomento.
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SCIENZE
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Prof. Franco Fussi,
Medico Chirurgo
FONIATRIA Specialista in Foniatria
e Otorinolaringoiatria
N
egli anni ‘60 del secolo scorso i
primi otorinolaringoiatri che, per
diretta passione verso l’arte vocale,
si occuparono della cura dei professionisti
del canto furono Carlo Meano a Milano e
Giuseppe Bellussi a Roma: il primo autore
nel 1964 del testo “La voce umana nella
parola e nel canto: manuale di fisiologia
vocale ad uso di tutti i professionisti della
voce”, il secondo appassionato di opera,
con una bella voce di baritono lirico.
Ad essi si aggiunse Lucio Croatto, che
fu direttore del primo corso di laurea in
logopedia istituito all’Università di Padova
alla fine degli anni ’70, corso che nell’anno
successivo partì anche a Milano sotto la
direzione del prof. Ottaviani e a Ferrara sotto
la direzione del prof. Calearo.
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SCIENZE
si era iniziato a parlare di Vocologia. La
prima rivista scientifica a introdurre questo
termine nel titolo fu, nel 1997, Logopedics
Phoniatrics Vocology, su cui la cantante e
scienziata della voce Katherine Verdolini
Abbott, di Pittsburgh, pubblicò un saggio
dal titolo Guida alla Vocologia.
In realtà il termine era stato coniato dal
laringologo Ingo Titze, che aveva posto
l’accento sul significato di abilitazione,
che include interventi di tipo valutativo,
diagnostico e comportamentale. Abilitare,
nel significato di rendere capace, permettere,
porre le condizioni per espletare un atto
finalizzato. L’abilitazione vocale rappresenta
quindi un concetto più ampio rispetto al
riparare una voce o riportare una voce
patologica ad una condizione primitiva; è il
processo di potenziamento e rafforzamento
di una voce, volto al raggiungimento di
specifici bisogni del professionista vocale Ingo Titze
(siano essi nell’ambito del canto, della voce e per la persona che la porta con sé
recitazione o della tecnica oratoria). nelle sue attività vocali altamente specifiche.
Se la strumentazione tecnica oggi in nostro
In Italia, in realtà, la vocologia rappresenta una possesso ci consente di approfondire
super-specializzazione che, come abbiamo e indagare le risultanze di un prodotto
scritto Silvia Magnani ed io, circostanzia e vocale in termini fisiologici, funzionali e
fornisce competenze alle figure professionali patologici dobbiamo sempre ricordare che
che si occupano della cura e abilitazione della esse devono essere sempre confrontate
voce professionale ed artistica, combinando con il sintomo portato dal paziente, le sue
e favorendo il dialogo tra discipline mediche esigenze fonatorie e il suo modo di far voce,
(foniatria, otorinolaringoiatria, logopedia etc.) e con l’orecchio del didatta.
con discipline non propriamente mediche, quali Anche il foniatra deve ascoltare sempre
la pedagogia vocale nel canto, nella dizione, quello che va a monitorare tenendo presenti
nella voce attoriale e nell’oratoria in genere. le molte variabili: il canto è una espressione
Non è una laurea o un diploma, il titolo non multifattoriale che risponde a coordinate
crea una figura professionale ma attribuisce spazio-temporali, ergonomiche-ambientali,
una competenza, indipendentemente dalla fisiopatologiche generali, culturali-stilistiche,
professione di base (medico, logopedista, tecnico-specifiche, comportamentali,
maestro di canto, ecc.). Quindi integra ma non prattognosiche. Nessuna di queste è ignorabile
qualifica. nell’approccio valutativo strumentale e nel
Il titolo di Esperto in Vocologia è conseguibile monitoraggio clinico di una voce.
attraverso la partecipazione al Master di I
livello post-laurea dell’Università di Bologna, Rodolfo Celletti mi scriveva provocatoriamente
sia che si sia in possesso di laurea di che ad insegnare il canto potrebbero bastare
Conservatorio che di laurea in Logopedia un foniatra e un musicologo. Finchè primo
o Medicina. Di fatto il master, attivo da 2 foniatra e primo musicologo di ogni allievo
anni è stato preceduto dall’istituzione a sarà il maestro di canto questo non sarà vero,
partire dall’anno accademico 2005-2006, e da quel maestro, se sarà guida consapevole
per interesse del prof. Mazzotti, anatomista anche verso quelle altre figure e interlocutore
di Bologna, del Corso di Alta Formazione sensibile, scaturiranno cento onesti e
in Vocologia Artistica, poi recentemente coscienti esecutori e non l’occasionale
convertito in Master. superdotata, o forse solo fortunata, ma certo
scarsamente consapevole, star di successo,
La differenza tra la diagnosi foniatrica che di foniatri e maestri non ha mai avuto
e otorinolaringoiatrica nella valutazione bisogno.
dei professionisti della scena è che se la L’arte, come scriveva Giuseppe Bellussi,
seconda è essenzialmente organica e in precursore della foniatria artistica insieme
parte funzionale, la prima è sicuramente a Carlo Meano e Lucio Croatto, può
funzionalista e si occupa delle soluzioni comprendere la scienza, non viceversa.
funzionali, ambientali ed esecutive, per quella
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Dott.ssa Raffaella Pellegrini,
Psicologa, Musicoterapeuta,
PSICOLOGIA PhD specializzata in psicologia
della musica e della voce
Trame e intrecci di
musica e psicologia
Un racconto autobiografico
SCIENZE
A
lbert Hera, persona con la quale Mi scontro con le rigidità del corpo, della
ho avuto occasione negli anni di mente e delle emozioni. Quando una nota
relazionarmi in tanti campi diversi, mi sembra troppo acuta il pensiero dice
mi ha lanciato per questo numero una “Oh mamma…”, il cuore dice PAURA e il
proposta interessante: raccontare da corpo si contrae… non c’è possibilità di
un punto di vista del tutto personale spiccare il volo… Quando cerco di trovare
come la mia formazione musicale e un nuovo colore, più brillante, più nasale,
quella psicologica si siano intrecciate e più giocoso, la mia identità si rivolta: “Non
influenzate nel tempo. È un bellissimo è questa la mia voce!”. E allora di chi
stimolo di riflessione che mi propongo, è?... ma ancora non ho gli strumenti per
come sfida, di rendere interessante pormi questa domanda. Quando mi trovo
anche per il lettore. sul palco, talvolta persino solamente a
lezione, la voce “non risponde come a
Nasco come musicista all’età di 10 anni, casa”: timore del giudizio, competizione
attraverso studi di chitarra classica che con me stessa, sensazione di dover
porterò avanti per un ulteriore decennio. “mostrare” mi portano in uno stato
Sono una bambina curiosa e istintiva, che non facilita assolutamente la mia
dotata per lo strumento: ho bisogno di espressione personale… Con il tempo
poco sforzo per ottenere dei risultati, cosa trovo degli escamotages ma non sempre
che non mi motiva a metterci lo stesso risolvo il problema alla radice. Ho ancora
impegno di chi, di inclinazione, ne ha molto da imparare.
meno di me. La doppia faccia del talento
… lezione di cui diventerò realmente Anni dopo intraprendo gli studi in
cosciente solo una volta divenuta psicologia, proseguo per la strada della
insegnante. In adolescenza comincio a ricerca accademica, mi specializzo in
prendere anche lezioni di canto. Un tempo psicologia della musica e della voce,
diverso da quello della chitarra: con un po’ inizio a insegnare musica e canto.
di intonazione già emerge distintamente Ciascuna di queste scelte influenza il mio
la melodia. Eppure lì è un’altra storia: modo di vivere e trasmettere il canto…
per ottenere dei risultati, attenzione e
costanza diventano imprescindibili. Ho Mi accorgo, facendo ricerca in psicologia
una “bella voce” ma non la stessa facilità della voce e della musica, di come l’aver
a dare forma ai suoni che incontro sullo vissuto in prima persona la preparazione
strumento… eppure è proprio la “sfida musicale e vocale mi offra una visione più
della voce” a catturarmi: lì esco dalla mia ampia - o forse più “sentita” -della materia
zona di comfort. E questo mi sprona. C’è studiata. Io avevo sperimentato sulla mia
qualcosa da scoprire… e qualcosa da pelle quei processi, quelle difficoltà, quelle
costruire, che ancora non è mio. sensazioni assolutamente particolari…
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SCIENZE
Non solo: c’erano esperienze di cui, dal improvvisavano insieme. Verificai che il
mio punto di vista, non si parlava o non si respiro è un tappeto della performance:
parlava abbastanza approfonditamente. varia non solo in funzione del ritmo,
Esperienze che io avevo fatto, che non solo dello strumento suonato ma
continuavo a vedere nei percorsi dei anche delle dinamiche e delle intenzioni
miei colleghi e dei miei allievi, e di cui emotive dei partecipanti. Incominciai a
non trovavo traccia nelle pubblicazioni poter misurare e dare valore a qualcosa
scientifiche… Sentivo che bisognava che avevo solamente sperimentato nel
ancora dare loro nomi e spiegazioni, ed corpo in maniera istintiva… fu molto
era un viaggio che mi appassionava. emozionante presentare quei primi
risultati a Vienna, nel 2009.
Quando decisi di focalizzare il mio Sempre grazie alla mia esperienza di
progetto di dottorato sul suono del respiro musicista mi interessai ad un certo punto
e sulla sua funzione nell’espressione alla profonda sensazione di sintonia e
e nella sintonizzazione emotiva, parte condivisione che si sperimenta negli
determinante della scelta fu proprio la ensemble di canto corale. Lavorai
pratica strumentale. Sapevo quanto in università con Albert applicando
era importante il respiro per coordinarsi le conoscenze dei più recenti studi
nella musica d’insieme. Avevo notato sulla psicologia del benessere e della
come il mio cambiasse involontariamente psicologia positiva alle Circle Song.
quando volevo esprimere differenti Lavorammo con gruppi di studenti della
emozioni non solo attraverso il canto facoltà di psicologia documentando
ma anche la chitarra … avevo ascoltato come cambiavano, nel giro di due
orchestre dove il rumore dei respiri dei incontri, diversi parametri legati alle
musicisti all’unisono mi emozionava emozioni e al tipo di pensiero. Rilevammo
in certi passaggi quasi quanto la loro cambiamenti significativi anche in un
musica… Il mio primo step del lavoro, corto lasso di tempo. Per me portare il
finalizzato a estrapolare un metodo di canto in Università fu una grandissima
analisi del suono del respiro durante soddisfazione e una meravigliosa
azioni congiunte, prese il via proprio opportunità di “giocare” mischiando le
dallo studio di coppie di musicisti che cose che più mi appassionavano.
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SCIENZE
Sempre la mia esperienza di musicista mia motivazione nello studio ma anche
mi portò a ricercare nella psicologia della di ridurre le mie tensioni nei passaggi
musica e dello sviluppo le competenze più complessi dei brani. In generale,
necessarie per elaborare un percorso più diventavo consapevole del legame
finalizzato alla promozione di abilità tra musica e pensiero, più mi era facile
cognitive, emotive e comunicative rivolto scegliere flessibilmente il modo di
a bimbi tra 0 e 3 anni. L’ho portato aiutarmi a “entrare” davvero in un brano
avanti con risultati per me affascinanti e musicale.
commoventi per più di 15 anni - imparando
sicuramente più io dalla innata musicalità Stili di apprendimento diversi sono
comunicativa dei bimbi che viceversa! correlati a stili di pensieri differenti, ovvero
Ri-allenandomi a comunicare senza a una diversa modalità di elaborazione
parole, a partire dalle regole insite nella dell’informazione, in questo caso sonora.
comunicazione musicale, cominciai poco Ad esempio ci sono persone che hanno
a poco a intuirne la potenza anche nella preferenza per un campo cognitivo,
relazione di aiuto. Negli anni successivi altre emotivo, altre ancora esperienziale.
la mia attenzione si focalizzò moltissimo Le prime elaborano più facilmente
sulla sintonizzazione emotiva attraverso informazioni spiegate verbalmente sul
la voce durante i colloqui clinici. Ricordo i piano procedurale. Le seconde trovano
miei studenti rimanere allibiti nel rendersi la loro principale porta di ingresso
conto che un colloquio poteva portare a nell’esperienza pratica: preferiscono
un completo rilascio emotivo utilizzando l’azione, si avvantaggiano di simulazioni.
solamente fonemi senza senso, PURCHE’ Le ultime raggiungono davvero l’obiettivo
il suono della voce fosse realmente quando partecipano ad un’esperienza
orientato a un dialogo profondo e ad un coinvolgente sul piano emotivo, hanno
ascolto risonante. bisogno di conferme ma anche di forti
emozioni. La cosa interessante è che
Una cosa mi portava all’altra, in un circolo tutti ovviamente abbiamo queste tre vie
virtuoso di spunti e scoperte arricchenti. di accesso e, pur individuando lo stile
Ovviamente questo non ha potuto non privilegiato della persona che abbiamo di
avere ricadute anche in ambito più fronte, a volte conoscere l’esistenza degli
strettamente musicale. altri due permette di sbloccare situazioni
di impasse.
Quando ancora stavo facendo i miei studi
specialistici rimasi colpita dal fatto che le Studiai nel mio lavoro di ricercatrice
persone apprendono in modo diverso. E come la pratica mentale, immaginativa, di
che io, quindi, dovevo insegnare in modo un’azione (la così detta mental practice) in
diverso per essere efficace. Ad esempio assenza di movimenti fisici reali (physical
esistono persone più uditive, persone più practice) possa portare a risultati per me
cinestesiche e persone più visive: con le inimmaginabili, più ancora combinando
prime è più efficace fare esempi sonori, adeguatamente le due. Investigai e
parlare per suoni, ma per le seconde è scoprii che sia atleti che musicisti
più facile attivarsi fisicamente, assumere di alto livello le usavano da tempo.
posture, accompagnare con gesti, e per Queste tecniche includono ad esempio
le ultime è importante parlare per metafore l’ascolto delle registrazioni del brano, la
usando immagini e colori. Scoprire visualizzazione mentale dello spartito e
inoltre dalla psicologia della musica che l’immaginazione uditiva del suono delle
ella IN SE’ si fonda e attiva tre grandi note o visiva/cinestesiva dei movimenti
registri cognitivo- espressivi (motorio, necessari a produrle… In particolare
visivo e verbale) rinforzò la mia curiosità fu molto efficace per me imparare ad
verso questi tre canali e mi spronò a osservarmi da un punto di vista esterno:
indagarne le possibilità. Io, ad esempio, immaginavo come avrei voluto che fosse
raggiungevo molto più velocemente i miei la performance, o prendendo un’altra
obiettivi di apprendimento se li traducevo persona di riferimento che la eseguiva o
attraverso il suono E il movimento, cosa semplicemente la “migliore versione di
che mi consentì non solo di aumentare la me” in quel brano, quella che davvero
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SCIENZE
“sognavo”. Mi analizzavo nei dettagli: i passaggi in modo efficace ed anche
che postura avevo, come mi muovevo sul personale, la respirazione era ben gestita,
palco, dove e chi guardavo, che suoni buoni gli attacchi, ti sei mossa durante il
e che dinamiche sceglievo… quando brano in un modo che si vedeva comodo
avevo chiaro “il mio film” mi rimettevo a e personale per te. Puoi variare di più
cantare e, immaginando di osservarmi le dinamiche di intensità e ampliare la
da fuori, correggevo e modificando poco varietà timbrica, scegliere alcuni punti
a poco quello che facevo nella direzione dove rallentare o accelerare (ad esempio
di quello che desideravo. A volte qui e qui dove hai più spazio), puoi tenere
anche solo piccole cose cambiavano questi suoni più corti per lasciar emergere
completamente il risultato finale. la musica inoltre puoi provare a tenere gli
occhi aperti e a muoverti di più in questi
Appresi come funzionava il pensiero, passaggi critici del brano”. Differente
in particolare quello giudicante. Mi no? Bilanciato, costruttivo, concreto,
insegnarono, nella scuola di counselling, specifico e perseguibile… Mi veniva
pratiche di mindfulness e sintonizzazione voglia di riprovarci immediatamente!
interna. Imparai ad ascoltare la mia Inoltre questa modalità di comunicare
mente e divenni molto più sottile e cambiò in poco tempo il mio modo
attenta al tipo di linguaggio che usavo di percepire: quando davo lezione,
con me stessa mentre cantavo: oltre ad osservavo le performance dei miei
essere fondamentalmente malevolo, allievi con altri occhi… cercavo le cose
stigmatizzava l’errore e non conteneva buone, i parametri osservabili per aiutarli
nessun suggerimento utile, concreto, a divenirne consapevoli, mi domandavo
specifico, chiaro, da mettere in pratica. quali fossero i passi più immediatamente
Iniziai a usare tecniche che avevo perseguibili per loro, insomma: la mia
appreso per trasformare i pensieri osservazione era più positiva, ottimista
giudicanti in feedback costruttivi. “Sei e costruttiva. Potete immaginare come
stata fredda, non hai comunicato niente” cambiava, di conseguenza, anche il mio
veniva trasformato, con gentilezza e ed il loro stato d’animo!
amorevolezza, in un pensiero alternativo, Forse uno degli apprendimenti più
motivante, arricchente: “Sei stata precisa rivoluzionari e importanti per me fu, a
nell’intonazione e nel ritmo, hai gestito questo proposito, lo studio delle emozioni:
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SCIENZE
che cosa sono, che processi implicano, di calpestare il palco.
quante “porte di entrata” esistono per
regolarle, quali relazioni intessono con Un altro strumento estremamente
il corpo e la mente… Che sfida per un innovativo per me è stato quello delle
cantante, che canta nel corpo oltre che pratiche di rilassamento e ancoraggio al
con il corpo… Mi affascinò scoprire che la corpo. Ho sperimentato diverse tecniche
musica esplicita emozioni non quotidiane, di visualizzazione, respirazione e
diverse da quelle che proviamo tutti i movimento lento che mi hanno aiutato in
giorni. Mi proposi di stare in un ascolto molte occasioni a regolare l’intensità delle
senza etichette, di sintonizzarmi su queste emozioni prima di performance importanti.
sfumature uniche del mondo musicale Ho imparato che sono per me altrettanto
che andavano oltre quello che potevo se non più importanti che il riscaldamento
sperimentare nella vita quotidiana… e, vocale prima dell’esibizione… Una
su queste nuove ali, ho potuto più volte pratica di ancoraggio fisico che porto
accedere a vissuti sublimi, intensi, anche con me fino ad oggi è cantare scalza. Mi
molto difficili da gestire sul momento, resi conto che in casa spesso studiavo a
ma assolutamente meravigliosi… Certo, piedi nudi, sul mio parquet… mi capitava
bisognava apprendere a trovare un di commuovermi cantando da sola e
equilibrio per gestire in modo efficace spesso erano momenti in cui sentivo ero
tutta questa immensità e renderla… fortemente connessa con le sensazioni
comunicabile. Condivido con voi due che provenivano dal mio corpo, in
delle diverse strategie che per me sono particolare proprio al radicamento dei
state una cartina tornasole. piedi a terra… non solo: scoprii che
La prima è stata accorgermi e cambiare spesso connettermi con quella stessa
i valori che mi portavano sul palco. Mi sensazione alla pianta dei piedi mi
accorsi che spesso quando salivo sullo aiutava a recuperare quella potenza,
stage e mi trovavo tutta quella gente quella spaziosità, quella leggerezza che
davanti o dei musicisti intorno entravo, poteva essere così difficile ricercare
automaticamente, nella dimensione tecnicamente… iniziai allora a “portarmi
dell’esibizione. Dovevo mostrare cosa quell’amuleto sul palco”: mi toglievo le
sapevo fare. In realtà, questo valore non scarpe e cantavo scalza. Già solo salire
era mio: non mi faceva sentire a mio sullo stage sentendo la sensazione del
agio, non mi permetteva di esprimermi pavimento sotto i piedi mi portava in uno
liberamente e anzi portava la mia stato di apertura, autoefficacia e libertà:
attenzione su aspetti della performance proprio quello che sentivo nella stanzetta
che mi allontanavano dalla mia di casa mia...
autenticità. Che valore mi portava davvero
sul palco?... per me, da sempre, era la Ed ecco, in qualche pagina, alcuni intrecci
condivisione. Se io salivo sul palco per della mia doppia esperienza di psicologa
condividere qualcosa di me, qualcosa di e di musicista… Una volta un mio maestro
quello che sentivo quando cantavo quel ha detto: “Quanto più ci avviciniamo
repertorio, e lo portavo con intenzione all’esperienza soggettiva e personale,
a ciascuna delle persone presenti, mi tanto più tocchiamo l’esperienza
si spalancava il cuore, si abbassava universale” (Mauro Scardovelli). È con
lo stress, cambiava il modo di usare la questa speranza che vi regalo questo
voce e di trasmettere ciò che desideravo racconto: che possiate ritrovarvici anche
attraverso il corpo… ero più presente voi, ricamarvi in controluce la vostra
a me stessa e agli altri attori di quel esperienza e trarne magari qualche
momento unico e irripetibile… Ancora spunto di… esplorazione e libertà!
oggi me lo ricordo coscientemente prima
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Dott.ssa Valentina Carlile DO,
OSTEOPATIA Osteopata specializzata in
osteopatia foniatrica
Q
ualche anno fa mi è stato inviato Circa il 70% delle persone ha qualche
in studio un cantante pop che grado di dismetria negli arti inferiori. Per la
aveva problemi nella gestione di maggior parte la differenza è trascurabile
fiato e pressione sottoglottica da quando e non causa problemi.
era caduto da un palco, riportando I soggetti con una differenza importante
una distorsione di caviglia. Da allora sono a forte rischio di avere dolore
riusciva a cantare solamente seduto su lombare e altri problemi (Yong-Wook Kin
uno sgabello, in piedi non riusciva più a et al, 2019).
controllare l’emissione. La SGC si manifesta, al pari di altri disturbi,
A livello endoscopico non era stato con diversi livelli di gravità ma con degli
riscontrato nulla di organico, bensì schemi posturali e di deficit ben chiari e
un’elevata componente miotensiva extra riconducibili in tutti i casi, impattando sia
laringea. la postura che la deambulazione.
Alla valutazione biomeccanica/posturale Avere un arto più corto dell’altro aggiunge
del distretto laringeo, laringe si presentava carico addizionale e stress su un lato,
normocentrata, senza grosse restrizioni portando il corpo fuori bilanciamento
di mobilità o facilitazioni, ma asincrona con problemi articolari che possono
con gli atti respiratori. La successiva manifestarsi in tutto il corpo.
valutazione, globale, del paziente fece Il paziente che ne soffre può:
emergere una dismetria dell’arto inferiore • Manifestare una flessione delle spalle
sinistro, quella che è chiamata sindrome da un lato
della gamba corta (SGC), con tutto il • Oscillare le braccia in maniera diversa
classico quadro disfunzionale posturale durante la marcia
che essa comporta. • Mostrare un’inclinazione del bacino
Segnalai la cosa al paziente che riferì • Supinare il piede dal lato dell’arto corto
di sapere di avere questo problema da • Pronare il piede dal lato dell’arto lungo
sempre, e che sempre lo notava dal • Fletteree plantarmente la caviglia dal
consumo delle suole differente tra un lato dell’arto corto
piede e l’altro e dalla differente misura • Fletteree il ginocchio dal lato dell’arto
che dovevano prendergli per fare l’orlo ai lungo
pantaloni. La cosa più importante che mi
riferì, però, fu che la distorsione di caviglia, Da giovani, anche importanti dismetrie
parecchio fastidiosa e invalidante, era sono ben tollerate. Il corpo escogita
occorsa proprio sul lato sinistro. strategie per compensare la differenza di
lunghezza dell’arto. Ma intorno ai 40 anni
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SCIENZE
le strategie iniziano a fallire e se interviene sottoglottica (Kate Emerich Gordon, 2020),
un trauma, gli equilibri possono essere quindi possiamo bene comprendere
alterati. Uno studio del 2017 ha mostrato come una rottura improvvisa di delicati
che una dismetria di meno di 2 cm può equilibri articolari e biomeccanici, come
comportare uno sbilanciamento del quella creata da una brusca ed importante
bacino in compensazione (Malgorzata distorsione di caviglia, proprio dall’arto
Eliks et al, 2017). già debole, possa aver spostato quello
che nel paziente era da sempre stato
Esistono 2 tipi di SGC: strutturale e gestito egregiamente a livello funzionale,
funzionale. In entrambe le tipologie impattando la capacità di gestire le
quello che si riscontra è accorciamento e asimmetrie e le diverse pressioni a livello
debolezza delle catene funzionali dal lato di core link e di torace, proprio con
corto (Yong-Wook Kin et al, 2019). Ma ripercussione sul controllo dell’emissione,
andiamo ad analizzarle. dell’appoggio e del sostegno
Dal punto di vista riabilitativo, l’aspetto
• STRUTTURALE: si tratta del reale più importante è bilanciare correttamente
accorciamento dello scheletro per la dismetria con corretti piani di
cause congenite, traumi, o difetti allungamento e rafforzamento (Subotonik,
acquisiti che possono presentarsi in 1981) che possano ripristinare le
gioventù a causa di una malattia o fondamenta su cui le cavità viscerali
un’infezione. Alcune volte la gamba e pneumatiche potranno liberamente
non cresce alla stessa velocità con lavorare per permetterci di esprimere al
risultato che una gamba cresce più meglio la nostra voce.
lunga dell’altra. Solitamente le SGC
strutturali si trattano inserendo un
rialzo del tallone nella scarpa dell’arto
corto e nei casi estremi si ricorre alla
chirurgia.
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Chiara Raimondi
singer, composer,
vocal coach
Urna Semper
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www.chiararaimondi.com
contact: info@chiararaimondi.com
Chiara Raimondi,
DIDATTICA Cantante, compositrice e
insegnante di canto
Giulio Leone:
la muta paradossa,
amore a prima vista
Un racconto di vita e passione vocale
che abbraacia e accoglie un’alterazione
qualitativa della nostra voce
PROFILI
G
iulio Leone è un artista performativo italiano. Nasce come strumentista per poi
intraprendere la strada del canto, una strada non sempre semplicissima.
Personalità esuberante, scherzosa, estremamente curiosa, con la passione per la
Black Music e l’artigianato teatrale. Autore, regista e creatore di abiti e scenografie di
spettacoli per i teatri off. Un artista-artigiano con una voce che lo distingue da tanti…una
voce acuta, chiara e appuntita sia nel parlato che nel cantato.
Giulio decide infatti nel momento della muta vocale di rifiutare l’arrivo dell’M1* e rimanere
fedele all’emissione M2. Questo avvenimento si chiama muta paradossa. La muta paradossa
rientra di norma in una disfonia funzionale cioè un’ alterazione qualitativa della voce. Giulio
ha delle corde normali e sane da baritono leggero ma per un motivo che può derivare da
diversi fattori nel momento della muta vocale rifiuta la voce emessa in M1.
Normalmente la muta paradossa viene riabilitata con un percorso logopedico ma questo
non è stato il suo caso. Giulio ha scelto la sua voce o forse la sua voce ha scelto lui e ha
deciso non solo di non riabilitarla ma di esplorarla, di prendersene cura. Nel mondo il 98%
delle persone parlano in M1. Giulio, come tutte le altre persone che fanno parte di quel 2%
è sicuramente una mosca bianca e a maggior ragione perché lui con la sua voce, il suo
vestito come lui la definisce, la porta sul palco e ne fa un mestiere.
Ho chiesto a Giulio se avesse voglia di fare una chiacchierata per raccontarci un po’ il suo
mondo. Buona lettura!
Con i miei allievi la mia strategia è quella di far ascoltare. Il mio orecchio è lo strumento
che mi aiuta a far lavorare i allievi in M1 pur non potendo riprodurlo. Porto l’allievo ad una
consapevolezza uditiva di quello che è l’M1 per poi condurlo verso l’emissione di esso. Io
non mi appoggio a nessun metodo. Tutti i metodi mi sono utili e tutti mi sono inutili. Dipende
dall’allievo.
Chi ho davanti non è un prodotto in serie ma è un mondo inesplorato e devo mettermi i
guanti di velluto per entrare in quel mondo con una delicatezza come se stessi entrando in
una cristalleria.”
Che consigli daresti ad un allievo di canto con muta paradossa e che cosa consiglieresti
al suo insegnante di canto?
“Il mio consiglio per l’allievo è quello di non sentirsi sbagliato, lui è la sua voce. Consiglio
di sentirsi libero e godersi la gioia di cantare e scoprire questo strumento magico. Non
sentirsi di meno e non sentirsi neanche di più. Di sentirsi e basta.
Al maestro di canto dico di non sentirsi portatore di verità assolute ma a mettersi sempre in
discussione. Nulla è preconfezionato. Tutto è in divenire.”
Secondo te è opportuno con una voce con muta paradossa andare a lavorare sull’
M1?
Se si fa un lavoro a fasi sì. L’insegnante di canto che lavora con una muta paradossa
secondo me dovrebbe iniziare solo in secondo momento a lavorare sull’ M1 perché all’inizio
si confonderebbe tantissimo l’allievo. Inizierei con una consapevolezza dell’ M2. Una volta
scoperto si può andare in M1. Ma dipende, è una domanda troppo individuale. Ogni muta
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PROFILI
paradossa è a se, quindi bisognerebbe vedete sul campo.
A me non è ancora capitato un allievo con muta. Ma la mia muta mi è servita tantissimo con
due allieve che porto nel cuore, che dopo aver affrontato un cammino di transizione al loro
sesso di appartenenza, si sono affidate a me per potenziare la loro voce cantata. Affiancato
quindi dalle loro logopediste,ho aiutato queste due meravigliose donne a fare della loro
nuova voce il loro nuovo strumento musicale. Per me è stato meraviglioso poter lavorare
con loro. Gli studi di genere e la voce mi appassionano all’inverosimile…infatti qualcosa
bolle in pentola ma non dico niente per scaramanzia.”
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Alessio Surian,
VOCI Docente in Dinamiche
Comunicative,
DAL MONDO
Università di Padova
ELZA SOARES:
“Voglio che il mio grido
abbia un’eco”
https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Elza_Soares_recebendo_o_diploma_de_Embaixatriz_do_Samba_no_Museu_da_Imagem_e_do_Sim,_com_Garrincha_ao_fundo_(cropped).tif
PROFILI
Q
uando il 20 gennaio si è diffusa la notizia della morte, in piena attività, a novantuno
anni, di Elza Soares, una gran parte del Brasile si è fermata. La scuola di samba
cui è stata più vicina, la Mocidade Independente de Padre Miguel, è entrata in lutto,
il comune di Rio de Janeiro ha dichiarato tre giorni di lutto ufficiale. È stato il cantante e
compositore Celso Sim a dar voce al senso di perdita e al ruolo unico che aveva avuto
la “regina”: “Elza è la parte migliore che ora portiamo con noi, persone nate in Brasile,
forza della cultura brasiliana. Sì, stiamo vivendo l’Elzacene, l’era della cultura sul pianeta
Terra, quella che cominciò con la primavera delle prime genti umane in Africa. Smettete
di parlare di Antropocene come maledizione, maledicendo la cultura come causa dei
mali geologici. Chiamare l’epoca in cui viviamo Elzacene è ribaltare il discorso e dirci che
abbiamo raggiunto il limite dell’influenza della cultura sul geologico”. In queste parole sta
il riconoscimento del Brasile che non si arrende alle discriminazioni nei confronti di una
donna nera, nata e cresciuta in una famiglia molto povera, ragazza madre che ha saputo
lottare per dar voce a chi reclama giustizia.
È difficile immaginare oggi cosa volesse dire riuscire a ottenere un passaggio in radio o
un contratto discografico per una donna nera nel Brasile degli anni ’50 e ’60. Elza ci riuscì
intorno ai trent’anni, caparbiamente, con una voce immediatamente riconoscibile, capace
di tonalità anche roche e scure, di imitazioni di Louis Armstrong. I suoi primi successi la
portarono da Rio al resto del Brasile e in tour attraverso le Americhe: “Se Acaso Você
Chegasse” (1960), “Boato” (1961), “Cadeira Vazia” (1961), “Só Danço Samba” (1963),
“Mulata Assanhada” (1965), “Sei Lá, Mangueira” (1968).
È la voce che nel 1962 cantò per il Brasile in occasione della Coppa del Mondo FIFA.
Insieme al campione di calcio Garrincha venne a vivere in Italia fra il 1969 e il 1971 (per poi
divorziare nel 1982), registrando anche in italiano, per esempio “Maschera Negra” e “Che
meraviglia”, riunite in un unico 45 giri.
I brani che negli anni ’60 interpretò insieme a Miltinho, la serie “Elza, Miltinho e Samba”
divennero classici su cui si sono formate intere generazioni di musicisti e restano un
riferimento per chi ama comprendere le diverse declinazioni del samba. Senza alcun
timore reverenziale sapeva passare da Armstrong a Cole Porter (“Let’s Do It - Let’s Fall In
Love”, tradotta in “Façamos – Vamos amar”) a Duke Ellington (“Sophisticated Lady”), in
questo caso in compagnia di Caetano Veloso suo fedele estimatore, così come Gilberto Gil
e Chico Buarque che volentieri collaboravano con lei.
https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Quadra_Mocidade_Independente_de_Padre_Miguel_(3).jpg
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PROFILI
Le sue produzioni migliori annoverano due album realizzati ad ottant’anni suonati, costruendo
un ponte con alcuni fra i musicisti e arrangiatori più creativi di São Paulo, a cominciare da
Guilherme Kastrup che produsse per lei “A Mulher do Fim do Mundo” (2015) e “Deus É
Mulher” (2018), oltre a “Planeta Fome” (2019), prodotto da Rafael Ramos che esorcizza gli
ostacoli incontrati negli anni ’50 e riprende sue composizioni, come “Menino”.
Nel 2020 a Elza Soares venne dedicata la sfilata dell’Escola de Samba Mocidade
Independente de Padre Miguel, classificatasi al terzo posto assoluto nel carnevale di Rio
che la vide sfilare da protagonista, vestita interamente di bianco.
L’anno prima, la sera del 26 maggio 2019 a Porto Alegre, al centro del palco della Sala
degli Atti della prestigiosa Università Federale del Rio Grande do Sul, Elza Soares aveva
ricevuto il titolo di Dottore Honoris Causa, omaggio che viene riservato a personalità che
si sono distinte nella vita pubblica e nell’agire per lo sviluppo dell’Università, il progresso
delle scienze, delle lettere e delle arti.
“Per me significa tutto, specialmente in quanto donna nera: penso che sia un premio per
la razza nera” aveva detto la cantante in un’intervista al Jornal da Universidade dopo la
cerimonia. L’intervista rivela bene il suo pensiero, ne riportiamo qui alcuni stralci.
Nel libro Elza, della giornalista Zeca Camargo, lei dice: “Non sono vecchia, ho tempo”.
Quali memorie sono più presenti oggi?
Tutte. Tutto è presente. La mia infanzia è molto presente. Il mio sacrificio è presente, i
bisogni, vedere mia madre che lava i vestiti, io che porto recipienti colmi d’acqua sulla
testa, che cerco cibo per riuscire a mangiare. Sono esperienze che non escono dalla mia
memoria.
Come ci si sente a guardare indietro, a quei ricordi e pensare a Elza Soares oggi, una
cantante, ancora in lotta?
Ancora in lotta, anzi, sempre in lotta. Ogni premio che ricevo mi rivedo lì. Dico: vedi, Elza,
valeva o non valeva la pena di camminare, di lottare? Ogni premio che ricevo mi vedo
mentre trasporto con la testa un recipiente per l’acqua. È incredibile. Volevo un futuro
migliore e un giorno dissi a mia madre, che faceva la lavandaia: “Mamma, non voglio fare
questo tuo lavoro. Piangeva molto, perché aveva paura: “Cosa vuoi?” mi chiedeva. “Non è
questo che voglio per me”, le rispondevo.
https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Elza_Soares,_1967.tif
Oggi le parole si canzoni come “Mulher do fim do mundo” sono scaricate, ascoltate, cantate
da decine di milioni di persone:
Eu quero cantar
Até o fim, me deixem cantar até o fim
Até o fim, eu vou cantar
Eu vou cantar até o fim
Voglio cantare
Fino alla fine, fammi cantare fino alla fine
Fino alla fine, canterò
Canterò fino alla fine)
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Silvia Girotto,
Docente di arti vocali,
DIDATTICA
specializzata in tecniche
dello spettacolo
L
ucia Lucas, baritono di fama internazionale, è stata la prima donna transgender della
scena operistica statunitense ad interpretare il ruolo principale in un’ opera lirica (Don
Giovanni, Mozart).
È dalla notte dei tempi che sui palcoscenici del mondo ci sono uomini che vestono
letteralmente i panni di una donna e donne che interpretano personaggi “maschili”;
ma una performer con una storia come la sua, Lucia, come vive il fatto che sul palco
debba interpretare il ruolo di un uomo con una gestualità marcatamente maschile, tra
l’altro?
Penso si tratti di trasparenza nella quotidianità. Se riesci a non avere maschere nella vita
di tutti i giorni, indossarla una volta che sei sul palco è molto facile. Ci sono persone che
-per una ragione o per un’altra- camuffano la loro identità ogni giorno in ogni occasione, se
chiedessimo a loro di stare al mio posto, probabilmente sarebbero in difficoltà.
La sezione della rivista per cui la sto intervistando tratta di didattica del canto. Ci
rivolgiamo a discenti e docenti a cui ora possiamo fare arrivare dei messaggi
importanti sull’argomento. Si parla spesso di inclusione; ma, in questo caso, cosa
potremmo intendere con inclusione nella didattica del canto all’interno dello spettro
di genere?
Ho una risposta semplice per questa domanda. Riassumo l’inclusione così: nessuno
dovrebbe avere “punti extra” per la sua identità, il problema è che per troppo tempo ci sono
state persone che hanno “perso punti” per la loro identità e ora la situazione va bilanciata.
Prendiamo ad esempio (in senso stretto) la English National Opera che ha dichiarato
“vogliamo che il nostro palco sia tanto vario quanto è vario il nostro pubblico”.
Quale pensa possa essere un’area particolarmente delicata da affrontare durante una
classe di canto?
Moltissime; ma in questo momento sto pensando al tema del coming out.
Mi capita di confrontarmi con cantanti che mi confidano di aver fatto coming out in famiglia
o con gli amici e io dico sempre “attenzione a non dare troppo al prossimo show!” o, a chi
insegna, “attenzione alla prossima lezione, sarà delicata!”.
Potrebbe essere complicato gestire la gran quantità di energia che scaturisce dalla
sensazione di libertà che si ha in seguito a questo passo. Voglio dire, tu come ti senti
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53
PROFILI
dopo che hai raccontato un segreto che ti sei tenuta dentro per molto tempo? O se,
all’improvviso, scegli di raccontare qualcosa su te stessa che hai nascosto per qualunque
ragione? Immediatamente liberata, leggera, euforica.
E questa è un’energia che influenza non poco la resa del nostro canto.
Si sente dire spesso che il canto (soprattutto operistico) sia una materia di studio
particolarmente binaria fatta per uomini che si sentono uomini e donne che si sentono
donne, cosa pensa a riguardo?
Il canto non è binario (cinema e teatro invece sono un discorso a sé). Nel canto operistico
ci sono le suddivisioni di tessitura. Parliamo di “fachs”, è un sistema di categorizzazione,
strutture e categorie che possono starti o meno bene addosso, non è una questione
di genere comprendi? Un alto o un controtenore possono cantare la stessa parte. Ci
sono ruoli nel repertorio operistico (penso ai cherubini) che possono essere interpretati
indistintamente da donne e uomini, purché rispettino la tessitura. Certo, il suolo sarà un po’
diverso ma quella è la parte, è la stessa cosa, quello che importa è quanto coerente sei sul
palco con il tuo personaggio.
È importante lavorare sulla giusta tessitura e sul desiderio di indossare i panni del personaggio
una volta sul palco. Durante l’audizione devi far vedere chi sei, certo, ma soprattutto se sei
pronto ad essere disposto a fare quello che vogliono farti fare, a corrispondere all’immagine
che il regista ha di quel determinato personaggio.
Per le persone transgender che ci leggono, desidero dire una cosa: il momento prima
della transizione e il momento della transizione sono le parti peggiori. Più avanti andrete
più facile sarà. Ci sono persone che ho conosciuto anni dopo la transizione che non sanno
nemmeno che io sia una donna trans. Non mi preoccupo più di questo. Sono una donna.
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CANTAUTORI Andrea Direnzo,
Giornalista, critico musicale,
esperto di canzone italiana
Valentina Giovagnini,
creatura nuda della musica
Vent’anni fa la sua stella si è accesa sul palco del
Festival di Sanremo con Il passo silenzioso della neve.
Nonostante un destino crudele se l’è portata via nel
gennaio 2009, la sua luce continua a splendere.
PROFILI
T
utto scorre, tutto cambia, ma l’amore resta. L’amore per chi abbiamo amato e ameremo
per sempre, anche se fisicamente non è più presente. C’è qualcosa che va oltre e ci
unisce a chi, ad un certo punto, termina il suo viaggio terreno per iniziarne un altro in
una dimensione diversa.
Il 6 aprile 1980 a Pozzo della Chiana nasce Valentina Giovagnini. Impossibile
dimenticarsene. Ci sono delle date che restano impresse e, ogni volta che stanno per
arrivare, portano con sé la stessa domanda: “Chissà come sarebbe stato se lei ci fosse
ancora?”. Bellissimo, indubbiamente. Poi però interviene la ragione, quella del cuore – cara
al filosofo Blaise Pascal – che trasforma ancor di più un’assenza in presenza. Valentina c’è,
è ancora qui. La sua voce, le sue canzoni, la sua anima non moriranno mai. «Io sono in
volo, sono libera, non ho confini intorno a me… sono un pensiero, sono musica» – canta
profeticamente in una sua canzone. Ed è proprio così, non è solo immaginazione.
Quando è apparsa sul palco dell’Ariston in quel Festival di Sanremo 2002 interpretando
Il passo silenzioso della neve, nello splendore della sua essenza, in moltissimi hanno
gridato al miracolo. Tutti, pubblico e giuria, incantati dal suo carisma e dalla sua personalità,
tanto da considerarla subito un’artista con la A maiuscola. Qualcuno non ha compreso
cotanta bellezza (non a tutti è concessa questa facoltà, sic!) e – come scrive Eddy Anselmi
– «non riesce a vincere per un’inezia dopo un arrivo in volata raro da vedere a Sanremo»,
conquistando il secondo posto e il premio per il “miglior arrangiamento”.
La canzone, scritta da Davide Pinelli e Vincenzo Incenzo, dalle atmosfere celtiche e
caratterizzata dal suono della cornamusa, resta una gemma fulgida, tra le più intense
presentate da un emergente al Festival.
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PROFILI
Vincenzo Incenzo si impegna fortemente
con la sua etichetta discografica, la Verba
Manent, a pubblicare qualche mese dopo
il disco postumo L’amore non ha fine,
composto da dodici brani tra cui tre degli
scartati a Sanremo più due ghost tracks,
Hallelujah di Leonard Cohen e Over The
Rainbow di Judy Garland.
Lo stesso Incenzo è autore del libro
Valentina Giovagnini – Tra Vita e Sogno,
edito da Zona nel 2012.
I fratelli Benedetta e Giacomo, insieme
ai genitori Maura e Giovanni, fondano la
Valentina Giovagnini Onlus a sostegno
di progetti di beneficenza e danno vita a
Pozzo della Chiana a un premio in sua
memoria che valorizzi giovani talenti.
All’evento, giunto all’undicesima edizione,
possono partecipare solisti, duo e gruppi
con canzoni inedite.
Nel corso degli anni tanti importanti artisti
hanno omaggiato Valentina con la loro
presenza: Serena Autieri, Mietta, Mario
Venuti, Paolo Vallesi, Simone Cristicchi,
L’Aura, Pierdavide Carone e altri ancora.
L’eredità lasciata da Valentina non finirà
mai come la sua passione per la vita,
per la musica, per la bellezza. «Io parlo
sempre con lei, la sento crescere di età
– sono le toccanti parole di Incenzo – oggi è una donna meravigliosa, è l’artista che tutti
aspettiamo».
Discografia Album
• 2002. Creatura nuda (D. People/Virgin)
• 2009. L’amore non ha fine (Verba Manent/Edel)
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Valeria Conte,
musicoterapista, statistica,
MUSICOTERAPIA valutatrice in ambito
socio-sanitario
N
el presente articolo propongo delle quale soggiace un reciproco accordo
riflessioni sul canto quale processo verbale o di altra natura simbolica.
sociale il cui significato profondo La modalità con cui la comunicazione si
è l’incontro intersoggettivo, espressione svolge, argomenta Shepherd, influenza
di uno specifico sapere sociale, senso la strutturazione della psiche individuale
del tempo e dello spazio. Le riflessioni e il modo di esperire la realtà, il senso-
proposte prendono a chiaro riferimento del-mondo. In altre parole, il modo in cui
il testo “La musica come sapere sociale” le persone comunicano (sia che questo
del musicologo John Shepherd (1988) avvenga nella situazione faccia a faccia,
il cui focus argomentativo è che la o in quella visuale della scrittura e della
significanza ed il significato della musica, stampa, o ancora in quella immediata
qualsiasi musica, siano intrinsecamente della comunicazione elettronica) intacca
e profondamente sociali. La musica è un la loro visione del mondo molto in
processo sociale, ed in quanto tale è in profondità. Non è tanto ciò che viene
relazione con tutto ciò con cui l’essere comunicato a contare, quanto il modo in
umano è in relazione quotidianamente: cui la comunicazione si svolge.
l’economia, la politica, la cultura, la Il mezzo di comunicazione prevalente
scienza, la tecnica, i comportamenti influenza l’equilibrio degli stessi processi
umani… Il discorso sulla musica, e quindi sensoriali che le persone utilizzano
sul canto quale espressione musicale per filtrare l’informazione proveniente
vocale, è in Shepherd un discorso dall’ambiente ed è possibile assumere
sull’organizzazione sociale e sul senso- che il mezzo è il messaggio. A supporto
del-mondo. di tale tesi, Shepherd porta quanto è
Uno dei principali temi di fondo affrontati da avvenuto con l’invenzione della stampa
Shepherd è relativo al ruolo determinante a caratteri mobili che diede luogo a una
del mezzo di comunicazione prevalente visione meccanicistica dello spazio e
(parola parlata vs parola scritta) nella della materia. L’uniformità della stampa
co-costruzione sociale della realtà suggerì anche l’idea di utilizzare le
collettiva. Shepherd afferma cioè che persone come elementi interagenti di
la realtà collettiva di qualsiasi società una macchina, come parti atomistiche e
venga costruita da ogni membro per ogni interscambiabili di un processo lineare
altro, e che la forma assunta da qualsiasi di causa e effetto, necessariamente parti
specifica società sia influenzata dal omogenee.
mezzo di comunicazione che in quella
società prevale.
Le società possono sorgere e continuare
ad esistere grazie alla comunicazione
ossia attraverso uno scambio di simboli
creati dagli esseri umani per fronteggiare
le più svariate situazioni. I significati
attribuiti dagli uomini ai simboli ed agli
insiemi di simboli derivano pertanto da
situazioni specifiche e reali da affrontare.
Ne consegue che quando gli uomini
ripensano a una serie di eventi, lo fanno
attraverso i simboli creati per definirli.
I simboli possono essere utilizzati in
situazioni diverse da quelle per cui
sono stati creati, portando con sé
significati connotati dall’uso precedente.
Naturalmente può accadere anche che
nuove situazioni modifichino il significato
dei simboli già esistenti quando questi
vengano utilizzati per definirle. La realtà
è quindi una co-costruzione di senso L’affermarsi di questa concezione
attribuito alle esperienze vissute, alla meccanicistica della realtà, si è
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SOCIETÀ
accompagnata ad una trasformazione
del senso del tempo e dello spazio già
presente con l’invenzione della scrittura
fonetica. Attraverso la scrittura fonetica le
persone iniziarono a distinguere il simbolo
dal significato, a tracciare un confine tra
le parole che pronunciavano e le cose
alle quali tali parole si riferivano, ossia
a tracciare un confine tra sé e il mondo
esterno. Sorse così una distinzione
decisiva tra fisico e mentale, non-umano
e umano, esterno e interno.
Shepherd osserva che la scrittura e la
diffusione della stampa hanno condotto
ad un senso del tempo come sequenza
lineare, attraverso il consolidamento
delle conoscenze tramite la scrittura e
la prospettiva storica. Rendendo più
facile immagazzinare in modo sicuro e
permanente informazioni separate dalla
coscienza delle persone, la capacità di
leggere e di scrivere ha anche portato
ad una spazialità psichica strettamente
collegata con il distanziamento fisico.
Nei popoli di tradizione orale il senso
processi musicali, fa parte. Il differente
del tempo è invece circolare, un flusso
senso-del-mondo tra i popoli di tradizione
continuo di eventi concretamente ricorrenti
orale e i popoli che utilizzano la scrittura
sul quale l’uomo esercita un controllo
e la stampa si esprime in un diverso
relativamente scarso. In altre parole, per
atteggiamento anche nei confronti dei
l’uomo di tradizione orale, il tempo scorre
processi creativi. L’uomo orale deve
e si rivela attraverso eventi specifici che
essere pronto a reagire a un mondo
ricorrono e che hanno grande importanza
che è per lui essenzialmente dinamico
nell’ordinare l’esistenza umana: il tempo
e imprevedibile. In questa misura si
non regredisce e non progredisce verso
può dire che egli accetti intuitivamente
punti di fuga dell’infinito ma ogni evento
come necessarie e persino vagamente
trascorso o ancora da accadere è
desiderabili attività che noi definiamo
irrevocabilmente legato al presente. Gli
“devianti”. Nelle società industriali
eventi ricorrenti non vengono utilizzati per
la creatività è incompatibile con la
dividere la continuità del tempo astratto
supremazia di un’epistemologia che
in successioni meccaniche di segmenti o
tende fortemente a essere scientistica,
istanti: non esiste cronologia perché tutto
riduzionistica, deterministica. Shepherd
è dentro il presente continuo. Questo
riflette su come, nelle società industriali,
si esprime anche nel rapporto con la
la creatività appaia non solo come
dimensione spaziale, caratterizzata
qualcosa di superfluo ma come
dallo scarso controllo sull’ambiente che
come una minaccia allo status quo
viene conosciuto nella sua immediatezza
ordinato dalla ragione. Adottando una
dinamica attraverso il suono. L’ambiente
prospettiva dichiaratamente critica,
sonoro in cui è immerso l’uomo obbliga
Shepherd si spinge a sostenere che i
ad una continua vigilanza perché
teorici della musica e gli estetologi non
l’orecchio, diversamente da quanto
siano in grado di dare al significato
avviene per il senso della vista, accoglie
musicale la collocazione che gli spetta
lo stimolo acustico - il suono del mondo
come parte integrante di una realtà
- da qualsiasi direzione esso provenga.
socialmente costruita perché non solo
Per affrontare le sfide ambientali,
tale collocazione andrebbe contro ogni
l’umanità mette in atto risposte creative,
possibile interpretazione del senso-del-
delle quali il canto, e più ampiamente i
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SOCIETÀ
mondo industriale, ma in sostanza perchè il contributo del sociologo Hartmut Rosa,
un tale approccio favorirebbe la stabilità il quale ha teorizzato che la moderna
del ruolo. società sia caratterizzata da una dinamica
Se vogliamo conoscere il “significato” del di continua accelerazione necessaria
cantare è quindi necessario considerare al mantenimento dello status quo delle
l’espressione musicale vocale quale proprie strutture. Questa accelerazione
processo sociale, riconoscere come la che caratterizza la modernità incide sul
conoscenza che esprimiamo quando modo di vivere delle persone perché
cantiamo sia mediata dal senso-del- implica una fondamentale trasformazione
mondo che abbiamo costruito attraverso della nostra relazione con il tempo e
l’incontro intersoggettivo, l’incontro lo spazio, con gli altri, con ciò che ci
con l’Altro da Sé. Dal punto di vista circonda nonché con noi stessi, il nostro
fenomenologico, è possibile affermare corpo e la nostra disposizione mentale.
che il nucleo stesso dell’esperienza Hartmut Rosa osserva che tale scenario di
soggettiva sia il risultato di una interazione accelerazione porta con sé conseguenze
con gli altri e può aver luogo solo nel problematiche, disfunzionali o patologiche
contesto più ampio della società, anche per gli individui nel loro mondo vitale. Più
quando è caratterizzata da conflitti e precisamente il sociologo identifica tre
tensioni. grandi crisi attuali: la crisi ambientale
(che indica un disturbo nel rapporto tra
gli esseri umani e la natura), la crisi della
democrazia (che indica un disturbo nel
nostro rapporto con il mondo sociale)
e la crisi psicologica (che si manifesta,
ad esempio, in tassi sempre crescenti di
burnout).
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SOCIETÀ
specifica di relazione col mondo opposta le persone svolgono attività musicali per
all’alienazione, al mutismo del mondo. Le energizzare e regolare il proprio corpo.
persone esperiscono la risonanza quando In conclusione, il lavoro di Shepherd ci
vengono mosse, toccate dal mondo che sprona a riflettere sul fatto che cantare
incontrano e a questo contatto rispondono è una attività umana il cui significato è
attivamente: le relazioni di risonanza l’incontro intersoggettivo espressione
sono cioè caratterizzate dal fatto che il di uno specifico sapere sociale, senso
soggetto e il mondo che esso incontra del tempo e dello spazio. Il pensiero
cambiano con e attraverso tali relazioni. di Bateson ci porta ad agire, e quindi
La sociologa Tia DeNora ha indagato il anche a cantare, adottando una
legame tra salute e pratiche musicali prospettiva ecologica, pluralista, che
della vita di tutti i giorni, delle quali fa tenda a concentrarsi sulle strutture
parte il canto quale attività fondamentale che connettono. Le proposte di Rosa e
dell’umanità. La sociologa ha osservato DeNora ci invitano a stabilire e mantenere
che le persone attribuiscono alle pratiche relazioni risonanti attraverso la musica
musicali una funzione di regolazione ed il canto: il vuoto, la paura generata
emotiva che consente di superare lo dal mutismo del mondo, l’alienazione
stress dovuto alle proprie condizioni divengono quello spazio che permette
socio-economiche, a situazioni di al suono di risuonare tra l’individuo e il
povertà, malattia, lavoro precario. Altresì mondo vitale in cui è immerso.
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
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Marcella Inga,
VOCE Docente di Educazione
DI DONNA Musicale
Ganggangsullae
I
l Chuseok è il più grande festival coreano
del raccolto e si celebra il 15° giorno
dell’ottavo mese del calendario lunare,
all’inizio dell’autunno. È un rito propiziatorio
per augurare un buon raccolto, armonia tra
le persone e buona salute.
In occasione di questa particolare festa
le donne si riuniscono per dare vita al
Ganggangsullae, una danza di antica
tradizione popolare che si svolge al chiarore
della luna piena e dura a volte anche tutta
la notte.
Tenendosi per mano le donne danzano
e cantano formando un cerchio, che
simboleggia la luna piena e significa
apertura, creatività, collaborazione e
unione profonda. appena frizzante e dal sapore leggermente
L’hanbok, indossato per l’occasione, è il dolce ma nello stesso tempo piccante. A
tradizionale abito da cerimonia, composto tutto ciò si aggiungono giochi, gare di tiro
da una camicia a maniche lunghe e da una con l’arco, lotta corpo a corpo tra uomini
gonna lunga e avvolgente, in genere con e travestimenti per imitare una mucca o
colori vivaci. una tartaruga, il tutto in armonia con una
festa unica, all’insegna del divertimento,
Origini del Ganggangsullae e aspetti dell’allegria e della comunità.
caratteristici di questa tradizione La danza è praticata ancora oggi soprattutto
nelle contee di Jindo e Haenam, nella parte
La parola Ganggangsullae è formata sud occidentale della Corea.
da termini che significano “cerchio” e
“vagone”, in riferimento ai contenuti che Caratteristiche del canto e della danza
la danza esprime. Le sue origini risalgono
a migliaia di anni fa, quando il popolo Il canto è a struttura responsoriale, a
coreano, in profonda armonia con la natura, domanda e risposta.
poneva il Sole, la Luna e la Terra al centro Una voce leader, in genere affidata a una
dell’Universo. La società tradizionale cantante anziana o comunque con buone
coreana era dominata dagli uomini e alle doti vocali, improvvisa su una frase ripetitiva,
giovani donne non era permesso cantare alternandola alla parola Ganggangsullae e
ad alta voce o uscire la sera. Era però le altre ripetono in coro. Nel canto le donne
concesso di farlo durante la festa del raccontano i problemi e le difficoltà della
Chuseok, dove potevano dare sfogo alle vita quotidiana e del lavoro, i loro desideri
loro insoddisfazioni e divertirsi. e le loro speranze e, grazie alla possibilità
Si racconta che questa danza sia stata di improvvisare, le parole differiscono a
eseguita durante l’invasione giapponese seconda delle cantanti leader.
della Corea nel XVI secolo, quando La parola Ganggangsullae del ritornello
l’ammiraglio Yi Sun-sin, orchestrando riproduce una linea melodica, mentre le
una precisa tattica militare, ordinò alle altre sezioni sono caratterizzate da uno
donne di danzare vestite con uniformi da stile recitativo o narrativo.
guerra, in modo da creare confusione tra
i soldati dell’esercito giapponese e dare Qui un esempio di scrittura intuitiva di
loro l’impressione che le truppe coreane Ganggangsullae:
fossero più forti e più agguerrite.
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SOCIETÀ
e qui una rappresentazione con la notazione Nella figura Treading on roof tiles le donne
tradizionale: si chinano e si dispongono una dietro
l’altra, mentre una danzatrice aiutata da
altre due, inizia un percorso camminando
sulla schiena delle compagne, fino alla fine
della fila.
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CONCORSO
NAZIONALE
CORALE
Giuseppe
S AVA N I
AERCO - Via Barberia, 9 - Bologna (BO) - Tel. +39 051 0067024 - ufficio@aerco.emr.it - www.aerco.it
www.concorsocoralegiuseppesavani.it
Andrea Angelini,
Direttore di Coro, Compositore,
CANTO CORALE Giornalista musicale,
Presidente AERCO
N
ella prima pratica della musica della musica polifonica, si giunse ad una
polifonica vocale il canto in falsetto maggior definizione dei differenti timbri
ha avuto un ruolo importante, ed estensioni delle voci maschili. Sul finire
probabilmente anche molto prima che tale del XV secolo, ad esempio, ci fu un rapido
tecnica fosse specificatamente descritta. aumento di interesse verso la voce del
Jerome di Moravia nel XIII secolo, nel basso, osservabile questo non solo nella
trattato Discantus positio vulgaris, descrisse composizione di linee separate per tale
tre registri vocali: vox pectoris, vox guttoris, voce a guisa di fondamenta d’armonia per
vox capitis (registri di petto, gola e testa). il contrappunto (il contratenor bassus) ma
Fino al XIX secolo ogni accenno alla vox soprattutto nell’enfasi per le voci basse,
capitis (poi definita voce di testa) può a causa dei loro nuovi effetti sonori. La
essere preso come riferimento per il nomenclatura della voce pose l’accento sul
falsetto. prefisso greco “bari” (basso) producendo
La consapevolezza sulla distinzione dei terminologie quali baricanor, baripsaltes,
registri vocali divenne più pronunciata dal bariclamans, barisonans, baritonans.
tardo Medio Evo, allorquando l’estensione Compositori come Busnois, Pierre de La
delle linee melodiche della polifonia, con Rue e Ockeghem scrissero lavori che
particolare riguardo alla musica sacra diedero risalto a ben due parti di basso
che era cantata esclusivamente da voci al di sotto dei tenori; la Missa Saxsonie di
maschili, cominciò ad espandersi. L’uso Nicolas Champion (1526) ha una parte
delle voci dei ragazzi per le parti acute di basso e una per i baritoni. Non c’è da
è menzionato per la prima volta verso la sorprendersi se Tinctoris definì Ockeghem
fine del IX secolo, quando l’autore del come il più raffinato basso che egli avesse
testo Scolica enchiriadis permise che mai sentito. Questa moda manieristica sulle
nell’esecuzione dell’organum “la voce più nuove tendenze riguardanti le parti gravi
alta può essere sempre sostenuta dalle voci fu, tuttavia, di breve durata; le voci maschili
dei ragazzi”. L’evidenza delle immagini ci per la polifonia sacra erano normalmente,
sembra indicare, tuttavia, che nei secoli a nel tardo Rinascimento, Bassus, Tenor,
seguire le linee acute della polifonia erano Altus, (solitamente eseguita da tenori
più spesso eseguite non dai ragazzi, ma acuti) e Cantus o Discantus (generalmente
dagli uomini, che cantavano in falsetto cantato da falsettisti fino alla fine del XVI
quando era necessario. secolo).
Un po’ alla volta, con il graduale espandersi
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SOCIETÀ
alcune corti italiane come Napoli, Milano,
Firenze cominciarono a emulare il coro del
Papa, ci fu grande richiesta dei cantori
fiamminghi, e per la prima volta cantori
di un’altra nazionalità furono richiesti per
esibirsi in un Paese diverso dal proprio.
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SOCIETÀ
Diego Ortiz
erano mai al di sopra del RE’’. I madrigali dai bassi alle voci più alte. Il rovescio della
delle decadi seguenti riflettono la “scoperta” medaglia fu che spesso gli ornamenti
della voce di soprano. improvvisati furono estremi e di cattivo
Nella metà del XVI secolo il compositore gusto, e perciò soggetti ad essere criticati.
ferrarese Nicola Vicentino operò una Giovanni de’ Bardi, nel suo discorso sulla
distinzione tra composizioni a voce musica antica e sul buon modo di cantare
mutata (senza voci femminili) e a voce (1578) si rivolse a Caccini lamentandosi dei
piena (con voci miste) e scrisse madrigali cantori che “con i loro disordinati passaggi
che portarono la voce di soprano fino al rovinavano un madrigale in un modo tale
SOL’’. che neanche il compositore stesso lo
Questo sviluppo, avvenuto in varie corti del avrebbe riconosciuto come sua personale
nord Italia così come a Roma, raggiunse creazione”. Una simile lamentela fu espressa
il suo apice in Ferrara durante il regno di da Pietro Cerone, nel suo El melopeo y
Alfonso II d’Este che formò un ensemble di maestro (1613). Alcuni compositori, come
virtuosi, diventato poi il famoso “Concerto Giaches De Wert nell’ottavo, nono, decimo
delle Dame”, che includeva Lucrezia libro dei madrigali composti tra il 1586 e il
Bendidio, Tarquinia Molza e Laura Peverara 1591, cominciarono a scrivere i virtuosismi
(a quest’ultima furono dedicati un notevole all’interno della musica stessa, sperando di
numero di madrigali). Questo nuovo suono abolire la libera improvvisazione.
eseguito da un ensemble di voci acute, La passione per l’ornamentazione vocale
per lo più femminili, è usato, per esempio, trovò uno sfogo più adatto nella monodia.
nel primo libro dei madrigali di Monteverdi L’esponente per eccellenza di questo
(1587), dove, di fatto, il basso entra solo, nuovo genere fu Giulio Caccini (1554-
quale stratagemma musicale, dopo otto o 1618) che nella sua prefazione a Le nuove
più battute di pausa. musiche descrisse un elaborato stile di
ornamentazione vocale che, egli spiega,
Il nuovo stile portò con sé un forte elemento era distinta e diversa dagli usi che se
di virtuosismo che interessò tutti i cantori, ne faceva nella musica strumentale. Nel
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SOCIETÀ
suo Nuove musiche e nuova maniera di canto: la nascita del castrato e l’invenzione
scriverla (1614) quest’arte è segnata in dell’opera. La voce del castrato ha la sua
ogni dettaglio. Questo stile riguardava non prima significativa apparizione nei cori da
solo l’elaborata ornamentazione ma anche chiesa. L’impiego della voce femminile del
l’uso estensivo dell’inflessione dinamica, soprano nella musica profana creò una
della declamazione e del portamento. nuova ed entusiasmante sonorità che la
Elemento importante per il futuro della Chiesa contro riformata non poteva più
musica vocale, lo stile monodico pose farne a meno. Con la proibizione della
grande attenzione alla libera declamazione partecipazione femminile nella musica
ritmica del testo coniando il termine quasi da chiesa, solo il castrato avrebbe potuto
favellando in armonia. Questo manierismo, provvedere al suono richiesto e così gli
primo gradino verso l’invenzione dello stile scrupoli morali riguardo la castrazione
recitativo fu per due secoli al servizio di furono messi da parte. La voce del castrato
un’indispensabile parte del linguaggio fu velocemente scoperta dai compositori
musicale che si può trovare nella dell’opera, tuttavia, chi fece il miglior uso di
cantata, nell’oratorio, e nell’opera. Lo stile queste speciali qualità furono i compositori
recitativo è il più fulgido esempio di prassi della musica sacra cattolica. I castrati
esecutiva nell’arte del canto che influisce sopravvissero in chiesa fino alla fine del
sulla struttura della musica e sull’intero XX secolo. Nel 1913 il castrato Alessandro
approccio alla composizione vocale. Moreschi si ritirò dal ruolo di direttore della
Cappella Sistina; di lui rimangono alcune
Il periodo tra il 1575 e il 1625 testimonia registrazioni fatte all’inizio del secolo in
due preponderanti sviluppi nella storia del quanto morì nel 1922.
Leggi il QR code per ascoltare una registrazione di Alessandro Moreschi, l’ultimo dei
castrati
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Ernani Maletta,
VOCI Direttore musicale, regista e
DAL MONDO professore
La lettura drammaturgica
degli intervalli melodici
L’esperienza con la canzone brasiliana
Beatriz, di Edu Lobo e Chico Buarque
SOCIETÀ
N
el corso della mia carriera di direttore
musicale di spettacoli teatrali,
alcuni di questi sono diventati
emblematici. Ad esempio, la produzione
del 2015 di Ifigenia in Aulide, di Euripide,
al Teatro Greco di Siracusa – per la regia
di Federico Tiezzi, di cui mi sono occupato
della drammaturgia musicale, insieme a
Francesca Della Monica –, mi ha reso il
primo brasiliano a integrare un team creativo
in questo spazio, il più grande esempio di
architettura teatrale in Occidente. Un altro
spettacolo, il cui titolo in portoghese è O
Grande Circo Místico, sull’omonimo lavoro
dei grandi musicisti brasiliani Edu Lobo
e Chico Buarque, è andato in scena in
Brasile nel 2014 ed è oggetto di analisi di
questo articolo.
Edu Lobo mi disse personalmente che, quando lesse la poesia, capì subito che le canzoni
che avrebbe dovuto comporre dovevano essere inevitabilmente dotate di testi. Dunque, invitò
Chico Buarque a diventare suo partner in questa creazione, riconosciuta come una delle opere
più importanti e ben realizzate della musica popolare brasiliana.
dell’imperatrice, detto anche Frederico. Il padre, nelle parole del poeta, “decise che anche suo
figlio dovesse fare il medico, ma il ragazzo, stringendo rapporti con la funambolo Agnes, la
sposò”2, dando così inizio alla saga di una famiglia circense.
È interessante commentare che questo inizio della narrazione di Jorge de Lima si basa su
un fatto vero. Alla fine del 19º secolo, quando Maria Teresa era imperatrice d’Austria, c’era
in realtà un medico di nome Frédéric Knie3, il cui figlio, detto anche Frédéric e studente di
Medicina, all’età di diciotto anni si innamorò di Wilma – di cui Jorge de Lima ribattezza con
il nome Agnes –, acrobata di una compagnia equestre itinerante. Il ragazzo abbandonò la
Medicina e continuò con la troupe, diventando un equilibrista sulla corda. Tuttavia, non è con
1 [Parla Naum Alves de Sousa, in un articolo di giornale. . Ana Clara Brant – Cultura EM. Pubblicazione: 06/04/2013]
2 LIMA, Giorgio. O grande circo mistico. In: LIMA, Jorge. A Túnica Inconsútil. Rio de Janeiro: Cooperativa Cultural, 1938.
3 Vale la pena notare che è anche una idea di Jorge de Lima aggiungere le consonanti ps al cognome Knie, creando
così il nome Knieps con cui battezza i suoi personaggi e il suo circo
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SOCIETÀ
Edu Lobo
Wilma che Frédéric fonderà la sua dinastia circense, ma con Antonia, con la quale si sposerà
in seguito, dopo averla salvata da un convento – per mezzo di una corda tesa – dove era stata
reclusa dal padre, per evitare il suo coinvolgimento con il funambolo4. Questa impresa mostra
come gli eventi della realtà possano essere confusi con quelli delle favole.
Dalla seconda generazione della dinastia Knie/Knieps in poi, Jorge de Lima si immerge
completamente nella narrativa, conservando solo alcuni nomi dei membri della vera
famiglia per alcuni dei suoi personaggi: Rudolf, Ludwig, Margrit (Margaret) e Marie. Inoltre,
costruisce una saga che, di generazione in generazione, si avvicina al sublime, al magico,
al mistico. A tal proposito, la ricercatrice brasiliana Deisily de Quadros, autrice di una
tesi di master che si rivolge a O Grande Circo Místico nella sua traduzione intersemiotica
dalla letteratura alla scena, afferma che il poeta modernista narra la storia della
dinastia Knieps “come una specie di ‘background’ per discutere la ricerca dell’assoluto, del
mistero, dell’ideale, in mezzo alla vita di tutti i giorni”5. Chico Buarque, a sua volta, ribattezza
nuovamente Wilma, che non è più l’Agnes di Jorge de Lima e diventa Beatriz, in chiaro
riferimento alla Beatrice di Dante Alighieri nella sua Divina Commedia.
Il mio fascino per la bellezza del lavoro di Edu e Chico fu immediato, quando lo conobbi in
occasione del suo lancio. Il desiderio di adattarlo a uno spettacolo scenico-musicale, oltre al
balletto del Teatro Guaíra e il cui principale protagonista fosse la polifonia, si era già concretizzato
nel 2001 con il gruppo scenico-musicale Voz&Companhia, attraverso un allestimento che
privilegiava la creazione di immagini formate dalla distribuzione spaziale dei suoi quaranta
membri, in dialogo con l’illuminazione. Il bellissimo risultato ottenuto, intitolato Circo Místico, ha
ottenne intensi lodi di pubblico e critica, contribuirono a far si questo spettacolo guadagnasse
una sorta di immortalità, mantenendosi lungamente in cartellone.
Il riconoscimento più significativo di questo lavoro è arrivato alla fine del 2013, quando lo stesso
Edu Lobo, che avendo apprezzato i risultati precedentemente ottenuti con Voz&Companhia,
mi invitò a dirigere una nuova produzione teatrale dell’opera. Ho infatti il privilegio di affermare
che la mia metodologia di lavoro artistico e pedagogico fu definita come riferimento per la
concezione musicale dello spettacolo. Essere scelto da Edu Lobo per dedicarmi nuovamente
4 D. de Quadros. In scena, il grande teatro del mondo, di Jorge de Lima. Dissertação de mestrado. Curitiba: Universidade
Federale do Paraná, Setor de Ciências Humanas, Letras e Artes, 2008. p. 28-29
5 Ibid., p. 29
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al suo magnifico lavoro fu sicuramente uno dei più grandi riconoscimenti che potessi ricevere
come artista. E la contentezza non poteva essere più grande della responsabilità che veniva
riposta nelle mie mani.
Durante tutto il periodo delle prove furono applicati diversi principi e procedure polifoniche,
frutto della mia ricerca. La polifonia corale, pur non essendo l’obiettivo principale di questo
nuovo montaggio, come fu in quello precedente fatto dal Voz&Companhia, fu largamente
utilizzata come esercizio e come risultato scenico. Sono stato particolarmente attento al
desiderio e della disponibilità degli attori a suonare gli strumenti indipendentemente dall’abilità
che hanno mostrato. In questo senso, ho voluto valutare i limiti tecnici degli attori come impulsi
per soluzioni creative, piuttosto che come ostacoli. Poiché la maggior parte dei personaggi
erano clowns, questi sarebbero stati gli strumentisti, non gli attori che li rappresentavano. E, per
i clown, il virtuosismo tecnico-strumentale sta nell’aggirare le difficoltà.
Una delle strategie basate su questi principi, attraverso la quale abbiamo ottenuto ottimi
risultati, è direttamente correlata alla percezione di una funzione drammaturgica degli intervalli
melodici da cantare, nonché delle strutture armoniche che li sostengono. A questo proposito,
la canzone Beatriz è esemplare e vale la pena di approfondire il lavoro svolto con essa.
Come abbiamo visto, il personaggio Beatriz è uno dei protagonisti di O Grande Circo Místico.
È la equilibrista di cui Frederico si innamora, abbandona la Medicina, fondando così un’altra
dinastia del Circo Knieps. Ogni frase melodica della canzone Beatriz è stata costruita da Edu
Lobo ricca di dettagli che, se disattesi, snaturerebbero la canzone.
Fin dall’inizio, la melodia ci sfida, più precisamente nell’intervallo che corrisponde al verbo será
(sarà), all’inizio della seconda battuta:
Le due note sopra riportate nel intervallo I1 sono diverse. Più precisamente, la prima nota (la)
è mezzo tono più bassa della seconda nota (sib). Tuttavia, è molto comune sentire le due note
cantate alla stessa altezza (sib). Una cosa simile accadrà nelle tre frasi successive, in modo
che le prime due note di ogni frase siano diverse, in gradi congiunti ascendenti – secondi
minori nella prima e nella terza frase (la–sib; re–mib) e secondi maggiori nel seconda e terza
frase quarta frase (do–re; mib–fa). Si nota che c’è anche una progressione ascendente delle
frasi, cioè ogni nuova frase inizia un po’ più in alto della precedente. Vediamo di seguito gli
intervalli I2, I3 e I4:
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SOCIETÀ
Oppure il contrario?
Sarè un dipinto...
Per concludere la prima metà della prima strofa, c’è un’ultima frase che romperà con il formato
precedente, poiché le prime due note non sono più gradi congiunti (I5):
Tutti questi dettagli rendono difficile l’esecuzione di questa sezione completa. In primo luogo,
per la tendenza a cantare le prime due note come se fosse una sola; anche, per la scarsa
precisione nella progressione ascendente; ancora di più abbiamo la complessità dell’ultima
frase, emblematica e famosa per la difficoltà della sua esecuzione, perché, oltre a rompere con
lo schema dell’inizio delle frasi precedenti – al posto dei gradi congiunti, inizia con un intervallo
di 3ª minore –, propone su un accordo di la diminuito, che suggerirebbe intervalli consecutivi di
terze minori, una melodia che sfugge a questa aspettativa in quanto l’aggiunta della nona (si)
a questo accordo, e di conseguenza alla melodia, crea una sequenza di intervalli – 3ª minore /
3ª aumentata / 2ª minore / 3ª minore – , imprevedibile e molto difficile da eseguire con assoluta
precisione.
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SOCIETÀ
Il lavoro svolto con i solisti di Beatriz, in modo che fossero totalmente fedeli alla partitura,
era drammaturgico, cioè si cercavano strategie per dare un significato drammaturgico agli
intervalli, in modo che, al fine di preservare l’integrità del discorso della melodia, gli intervalli
non potrebbe essere diverso. A questo proposito, parlando del fenomeno dell’intonazione,
insegna la geniale artista e pedagoga italiana Francesca Della Monica: si è stonati perché non
si percepisce un significato per quell’altezza del suono, che determina che quell’altezza non
potrebbe essere un’altra. Pertanto, afferma lei che qualsiasi emissione sonora deve essere
giustificata da una drammaturgia.
Per il citato primo brano melodico di Beatriz, abbiamo proposto, attraverso immagini poetiche,
di dare significato drammaturgico agli intervalli I1, I2, I3, I4, I5, I6, I7 e I8, presentati nelle figure
sopra. A tal fine, diverse domande richiedevano risposte:
• Perché le due note che definiscono ogni intervallo non possono essere le stesse?
• Perché ogni intervallo, di per sé, è ascendente e non discendente?
• Perché è ascendente anche la progressione I1, I2, I3, I4, che determina che la prima nota di
ciascuna non può essere la stessa, e deve essere sempre più alta della precedente?
• Perché I5 interrompe la progressione ascendente, partendo dalla stessa nota di I4?
• Perché I5 non è formato da titoli congiunti come i precedenti?
• Perché I6 e I7 non possono essere 3ª minori, come ci si aspetterebbe da una sequenza
diminuita?
• Perché I8 termina il tratto tornando al 3ª minore?
• Frederico si innamora di Beatriz quando la vede per la prima volta in scena in equilibrio su
un cavallo, trovandosi così su un piano alto, con una tale leggerezza che sembrava volare,
come fosse un angelo o nella dimensione del sublime, celeste, divino.
• Frederico vuole avvicinarsi a Beatriz, quindi ha bisogno di elevarsi a lei, con la stessa
delicatezza che gli suggerisce l’immagine di Beatriz.
• Pertanto, la melodia che canta è il cammino ascendente che lo condurrà ad essa. Lui è a
terra e ha bisogno di arrampicarsi dolcemente verso il cielo. Il percorso quindi deve essere
una specie di scala poetica, i cui gradini sono le note degli intervalli da I1 a I8.
• Perciò le due note che formano ogni intervallo non potrebbero mai essere uguali, perché, se
lo fossero, rappresenterebbero un ostacolo che tiene Frederico nello stesso posto; invece,
salire da un gradino all’altro spinge il ragazzo verso l’alto.
• Tutti questi intervalli devono essere ascendenti, perché rappresentano movimenti di
ascensione all’universo del sublime; inoltre, i primi quattro intervalli corrispondono al verbo
será, che, essendo al futuro dell’indicativo, richiede un movimento in avanti, non una stasi.
Si commenta: all’inizio delle prove di Beatriz con i solisti, in realtà era molto comune l’esecuzione
errata di I1, cantata come sequenza di due note uguali, come si vede nella figura sottostante:
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Ciò è particolarmente vero perché è una regione di tono basso e, per comodità, si tende ad
evitare le frequenze più basse, evitando il la1. Così, ogni volta che ciò avveniva, ricorrevamo
alla nostra drammaturgia, per ricordare che il verbo será, corrispondente all’intervallo I1,
rappresenta un movimento di elevazione e non di ristagno.
• Finito il lavoro con I1 – e con il resto della frase che inizia con esse e che corrisponde al
testo Será que ela é moça (Che sia una ragazza?) –, questa prima salita melodica, mossa
dal desiderio di Frederico di raggiungere Beatriz e che lo fa momentaneamente avere la
sensazione di poter spiccare il volo –, il ragazzo vuole continuare la sua ascesa a Beatriz.
Tuttavia, non è più a terra, dove I1 è partito; perciò ogni intervallo I2, I3, I4 che segue deve
necessariamente trovarsi in una regione un po’ più acuta della precedente.
• Quando raggiungiamo l’intervallo I5, dobbiamo giustificare la rottura con il pattern, poiché
I5 parte alla stessa altezza di I4, interrompendo momentaneamente l’idea della salita. Per
questo suggeriamo che con I4 Frederico sarebbe arrivato sul gradino più alto della scala, ma
ancora un po’ lontano dalla sua amata. Tra l’altro, questa situazione è molto tipica del mondo
del Circo, quando l’artista, dopo una scena in cui tutto sembrava andare per il verso giusto,
portandolo alla sua meta, incontra un ostacolo che sembra insormontabile. È quello che
succede a Frederico, che si ritrova in fondo a delle scale che immagina possano guidarlo
da Beatriz e è ancora lontano da lei.
• Come per l’artista circense, per Frederico è arrivato il momento di mostrare tutto il suo
virtuosismo e superare ciò che sembrava impossibile. Appoggiandosi nuovamente sulla
nota di primo gradino di I4, come se stesse per ripetere l’ultima azione sulla scala – che
giustifica la rottura con la progressione ascendente degli intervalli –, prende l’impulso di
fare un salto (I5) che prende lui in un punto più alto, dove può afferrarsi – così I5 non può più
essere formato da gradi congiunti, invece, una 3ª minore.
• Dal momento che il salto da I5 non è riuscito a portare Frederico a Beatriz, il ragazzo si
sente spinto a fare un altro salto (I6), ancora più audace e pericoloso – quindi non ha potuto
ripetere la 3ª minore, ma presentare una inaspettata 3ª aumentata –, creando l’atmosfera
rischiosa del Circo.
• La 3ª aumentata (I6) crea un grande squilibrio per Frederico, già molto vicino a Beatriz;
quindi, ha bisogno di sostenersi in sicurezza, evitando salti improvvisi che, oltre ad essere
pericolosi, potrebbero spaventare Beatriz, essendo pure giustificata la 2ª minore di (I7).
• Infine si può mostrare delicatezza e raggiungerla in sicurezza, attraverso una 3ª minore (I8),
tipica dell’accordo diminuito che sostiene tutta questa seconda parte della salita.
Nel corso della mia ricerca, direttamente correlata alle interazioni tra Teatro e Musica, mi sono
reso conto che queste interazioni musicali possono avvenire da tre punti di vista:
• Partecipazione (Música nel Teatro) – da un lato, quando un numero musicale, in quanto
tale, che rappresenta la Musica come arte autonoma, viene inserito nella scena teatrale,
solitamente attraverso il canto o l’esecuzione di uno strumentale; quando invece una scena,
che rappresenta il Teatro come arte autonoma, è inserita in uno spettacolo, recitazione o
concerto musicale;
• Interdisciplinarietà (Música inter Teatro) – quando il Teatro, come arte/disciplina autonoma,
incorpora e si appropria di procedure e metodi che non ne sarebbero propri, ma della
Musica come altra arte/disciplina autonoma (e viceversa);
• Polifonia (música del Teatro)– quando si parte dal presupposto che il Teatro è un’arte di
natura polifonica, cioè un intreccio di istanze discorsive la cui materia prima è immagine,
suono, movimento e parola; in questo modo c’è un discorso musicale nel Teatro che è
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proprio, intrinseco ad esso, come una delle istanze discorsive che lo compongono, come
uno dei fili che tessono la trama teatrale, e non rappresentativo della arte Musica.
Mi dedico prevalentemente all’interazione Musica-Teatro dal punto di vista della polifonia, che
sopra ho considerato come musica del Teatro; ciò non vuol dire che la Musica nel teatro e la
Musica inter teatro siano meno rilevanti, corrispondenti rispettivamente ai punti di vista della
partecipazione e dell’interdisciplinarietà. In realtà, mi rendo solo conto che sono ancora pochi
gli studi che si concentrano sulla natura polifonica del Teatro, che, secondo me, è uno degli
oggetti di ricerca più entusiasmanti legati agli studi teatrali.
In conclusione, ritengo che l’analisi drammaturgica della canzone Beatriz presentata in questo
articolo, pur essendo una strategia compiuta in una creazione teatrale, sia un’azione molto
gradita per il musicista che ricerca la precisione nell’esecuzione di melodie complesse e che,
inoltre la produzione di un bel suono, vuole produrre significati nel suo interlocutore.
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LA VOCE Tullio Visioli,
NELLA STORIA compositore e didatta
Armonia perenne
«O
miei amati studenti, tutti voi lì ogni accadimento ha sempre la sua
siete a conoscenza del mio ragion d’essere.
particolare amore per la Fu certamente la pietà di un Dio che
musica e della mia passione per il canto. permise a un’eco di quel formidabile
So che tutti voi avete letto i 5 libri del mio concerto sonoro di potersi manifestare
De Institutione Musica. anche qui sulla terra. È proprio grazie
Ora, un conto è scrivere un libro che, a quell’eco che si può rivelare in tutti
a Dio piacendo, sarà consegnato alla noi la nostalgia della nostra origine. La
storia e alle generazioni future, un altro memoria del mondo da cui proveniamo
è spiegarvi e portarvi a comprendere è depositata in ciascuno di noi, ecco
ciò che lì è soltanto accennato e che perché affermo: «La musica humana,
andremo insieme ad approfondire.» poi, ciascuno che discenda in se stesso,
Quella mattina del mese di aprile (sarà la intende.»
stata più o meno la prima decade) fu così Allorché classifico la musica come
che il mio maestro di filosofia, Severino humana, mundana e instrumentalis,
Boezio, esordì, annunciando una serie non parlo di ambiti tra di loro separati,
di lezioni sulla scienza musicale. Tutto ma di una sola e unica sostanza che
questo avvenne nell’anno 523, più o meno si manifesta in modalità e proporzioni
un anno prima che fosse ingiustamente prevalentemente differenti. E aggiungo a
accusato di cospirazione, arrestato, queste considerazioni che, secondo me,
giudicato, imprigionato per due anni e, il suono è l’elemento costitutivo attraverso
ahimè, giustiziato. il quale è prodotto e progettato anche il
Scienza musicale? Ci colse tutti di mondo materiale.
sorpresa e ricordo bene lo stupore sul Ricordate gli antichi filosofi, i
volto di tutti i miei compagni di studi, sapienti come Anassimene, Talete e
soprattutto quando affermò che chi Anassimandro che cercavano, nei quattro
comprende razionalmente le leggi intime elementi o in un qualcosa che ne fosse
e nascoste della musica, progredirà alla radice, l’elemento fondante di ogni
più speditamente nello studio e nella manifestazione e fenomeno?
comprensione della filosofia e di tutte le Quando scrivo che chiunque discenda
altre scienze, a partire dalla medicina. in sé stesso può intendere (e soprattutto
In effetti, ci proponeva di avvicinarci alla comprendere) la musica humana,
musica, di studiarne le leggi costitutive, di mi riferisco al processo faticoso e
praticarla in prima persona e di diventare insieme appassionante che ci porta alla
una sorta di cantori - filosofi e anche un conoscenza di noi stessi.
po’… medici. Conoscere se stessi significa arrivare a
«La musica è l’aspetto più tangibile toccare l’assoluto e entrare in rapporto
di quel mondo iperuranio descritto da con la vera verità dell’Uno, con quel
Platone e, in un certo senso, in quella frammento di divino depositato in
dimensione, potrebbe essere paragonata ciascuno di noi. Chi scende dentro di
all’aria che respiriamo qui sulla terra. sé è come se ascendesse fino all’ultima
Lì si comporta come se si trattasse delle sfere celesti, allo svelamento
di un quinto elemento. In quel luogo supremo, così come l’astronomo che
di evidenze, di armonia perenne e di studia i fenomeni celesti sa molto bene
assoluta concretezza, nessun fenomeno che non si possono comprendere se non
sonoro è estraneo, niente è fuori luogo. si guarda con attenzione anche dentro di
Immaginate una grande concorso di sé. Non a caso, riprendendo le antiche
suoni verso un’armonia dove nulla è fonti e anche il nostro amato Cicerone,
accidente e tutto è retto dalla necessità parlo di musica delle sfere celesti e della
e da un ordine ragionevole. Se, ad musica strumentale come formidabile e
esempio, all’improvviso un vaso di coccio potenziale mezzo di elevazione.»
dovesse cadere da un tavolo e andare in Ed ecco che uno dei miei compagni,
frantumi, lo intenderemmo come attore di nome Lucilio, alzò la mano e chiese:
di una costante armonia, sempre dotata «Maestro caro, come possiamo intendere
di senso e il rumore improvviso non il suono di questa musica humana?» «Miei
urterebbe affatto il nostro udito, perché cari, fidatevi anzitutto del canto spontaneo
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SOCIETÀ
avuto la fortuna di tenere tra le mie mani
e di leggere il suo trattato sulla voce e
sul canto. Purtroppo non mi presi la briga
di portarlo da un copista e di farmelo
trascrivere per intero, così che non l’ho
mai più ritrovato. Perciò dovete ripetervi
che avete in voi stessi lo strumento più
perfetto a cui tutto si ispira e si riconduce
ed è la vostra stessa voce. Ciascuno di
noi, secondo il carattere, l’aspetto e gli
umori costitutivi, è accordato in un modo
fondamentale e con orecchie esperte lo
si può individuare attraverso la voce e il
canto.
Andate nei mercati, nei luoghi e nelle
strade affollate o persino agli spettacoli
di arte gladiatoria nelle arene. Non c’è
un maestro che istruisca il coro delle
voci al mercato eppure… ci sono dei
momenti in cui tutte le voci si accordano
perfettamente e intrecciandosi sembrano
percorrere lo stesso modo. E pensate
anche alla salute e alla cura del corpo,
per un medico esperto ogni alterazione o
anomalia della voce indica un turbamento
o una malattia, tanto che se riusciamo
a ristabilire il giusto tono e il naturale
che voi stessi potete produrre. Come assetto di una voce, possiamo addirittura
ho scritto traendolo dalle mie personali favorire la guarigione di una persona
osservazioni: «E chi non può soavemente malata. I medici antichi insegnavano che
cantare, pure canta per sé qualche cosa, nel corpo umano stesso c’è il rimedio
non perché ciò che canta gli dia qualche per ogni malattia: il sé che si può curare
piacere, ma perché traendo dall’animo col sé. E cosa meglio della nostra stessa
una certa insita dolcezza, in qualunque voce potrebbe possedere questo dono
modo la tragga, se ne compiace». Come di poter curare? Curare… a partire
gli uccelli, come tante altre creature, soprattutto da noi stessi!» Fu così che
siamo esseri essenzialmente canori e da presi coraggio e mi decisi ad intervenire:
tutto ciò, una specie di oblio progressivo «Caro Maestro, ciò che abbiamo
che si attiva a poco a poco a partire dalla ascoltato illumina come sempre le nostre
nascita, ci fa allontanare. La musica è povere menti.
così a noi naturalmente congiunta, che, Comunque, siccome voi insistete sempre
anche se vogliamo, non possiamo farne sulla pratica, mi piacerebbe e immagino
a meno. che piacerà a tutti, avere qualche
Abbandonate dolcemente la vostra voce consiglio pratico su come iniziare a
al canto e, se incontrate delle difficoltà, discendere in noi stessi.»
fatevi aiutare da chi vi sta vicino o da «Caro Marco e cari tutti, vi indicherò
qualche amico nel quale questo oblio qualcosa di semplice, facilmente
non si è ancora del tutto instaurato. realizzabile e al tempo stesso efficace,
Mi capita spesso di fermarmi estasiato ad che potrete realizzare a partire dalla
ascoltare le voci giocose dei bambini: un vostra voce e dal vostro canto personale.
suono denso di messaggi, di curiosità, di
vivace allegria. Al tempo dell’imperatore
Adriano, c’era un musico di nome [fine della prima parte]
Mesomede che aveva istituito una scuola
per i bambini cantori e queste cose le
comprendeva assai bene. In gioventù ho
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Marco Forgione,
RITMO & VOCE Cantante
e Human Beatboxer
La voce percussiva
Un dialogo tra human beatbox e canto
DIDATTICA
P
rima di conoscere, inaspettatamente per poi appassionarmene, il mondo delle
percussioni vocali e dello human beatbox, era già passato qualche anno da quando
iniziai a studiare canto per poter migliorare, conoscere e capire la mia vocalità.
Per quanto se ne possa specificare l’utilizzo e lo studio, la nostra voce continuerà ad essere
un’entità che si arricchirà di ogni nuova scoperta e in cui ogni tassello andrà ad unirsi al
precedente in un continuum interattivo.
Quando iniziai a proporre i miei primi workshop di percussioni vocali e human beatbox scelsi
come titolo “La voce percussiva” per rimarcare proprio questo: se studio human beatbox
quello che già conosco della mia voce risulta un punto di partenza imprescindibile e facilitante,
allo stesso tempo tutto quello che sperimenterò nell’utilizzo ritmico-percussivo della voce
andrà inevitabilmente ad influire sul mio modo di cantare. Percussiva ma pur sempre voce.
Questo continuo dialogo fra voce cantata, percussioni vocali e human beatbox ha
caratterizzato il mio percorso artistico e didattico: workshop dopo workshop e lezione dopo
lezione ho potuto confermare questa forte sinergia fra le due discipline che già avevo
potuto sperimentare personalmente.
L’intento di questo articolo è quello di presentare alcuni dei punti d’incontro emersi durante
il mio percorso di studio e didattico.
Lo spazio e la risonanza
Anche solo soffermandoci esclusivamente sui suoni base di una batteria, e cioè cassa,
rullante e charleston, una loro efficace definizione e ripetibilità deriva proprio da una
gestione appropriata degli spazi di risonanza, qui però, a differenza della voce cantata,
il suono percussivo, per sua natura, non ci aiuta. La rapidità dei suoni e del flusso d’aria
non ci permette di creare con facilità una connessione con ciò che stiamo producendo e,
in questo caso, una nostra pregressa esperienza con la voce cantata può essere d’aiuto
diventando un’ottima base di partenza.
Allo stesso tempo, sperimentare e padroneggiare i suoni percussivi può aiutarci ad
aumentare la consapevolezza di come micro-modifiche possano influire enormemente sul
suono e poi trasferire questa esperienza anche nell’ambito della voce cantata.
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DIDATTICA
il saper ripetere in modo omogeneo i suoni percussivi, considerando anche l’aspetto
dinamico, presuppone un buon controllo sugli stessi. In altre parole, se so eseguire
con omogeneità, ripetibilità e consapevolezza i suoni percussivi significa che ho un tale
controllo, principalmente di labbra e lingua, da permettermi di gestire gli stessi suoni
anche con morbidezza. Questo controllo mi mette così nella condizione di poter regolare
le caratteristiche delle consonanti a mio piacimento e in base al contesto di utilizzo.
Respirazione
Seppur mantenendo in comune con la voce cantata gli aspetti fondamentali, la respirazione
nelle percussioni vocali e lo human beatbox è ovviamente caratterizzata da una maggiore
rapidità e reattività. Sperimentare questa tipologia di respirazione, legata all’esecuzione di
ritmi e pattern vocali, può aiutare il cantante ad affrontare brani con velocità sostenute e
generi che richiedono incisività e padronanza ritmica come per esempio il funky o l’ R’n’B.
Termina qui questa panoramica relativa ad alcune delle implicazioni didattiche che la
“voce percussiva” può avere; vi dò appuntamento al prossimo articolo dove, attraverso
la presentazione di esercizi pratici, andremo ad analizzare in maniera più specifica uno di
questi argomenti.
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VOCE Francesca Della Monica,
SPERIMENTALE Antropologa della voce,
vocal performer, pedagoga
L
a gestualità vocale è tangibile e visibile come quella delle braccia, delle mani, delle dita ma
non la possiamo vedere con gli occhi. La vediamo con gli orecchi!
La voce sia cantata che parlata ha la dinamica dei gesti e esprime il donare, il condividere
così come la difficoltà a farlo.
Parametri della vocalità non sono solamente quelli che siamo abituati a considerare, ossia altezza,
intensità e timbro.
No! Il gesto vocale ci parla di inclusioni o esclusioni. Ci dice se stiamo considerando un interlocutore
o no. Ci dice in quale spazio stiamo agendo. Ci dice se ci stiamo limitando a farci sentire o invece
desideriamo farci capire.
Chi insegna e studia la voce si abitua alla pratica sinestetica e ascoltando chi canta o recita riesce
a vedere, anche a occhi chiusi, l’ampiezza e le caratteristiche del gesto vocale.
Tuttavia la traduzione di un ‘percettema’ auditivo in uno visivo non è immediata.
Occorre pratica, occorre visionarietà.
In soccorso ci vengono i gesti che conosciamo: i gesti delle braccia, delle mani, del corpo, che
diventano spie di quello che stiamo facendo e guide verso nuovi orizzonti.
Quando vogliamo consegnare un oggetto nelle mani di qualcuno, dobbiamo fare un gesto che
uscendo dal nostro recinto privato ci porta in uno spazio di condivisione. Il corpo, già prima della
consegna dell’oggetto, mostra a chi deve riceverlo che deve prepararsi alla consegna.
In questo semplice gesto si stabilisce una perfetta sintonia tra intenzione e azione e il corpo si
estende nel gesto della mano.
Dire o cantare qualcosa sono gesti affini in cui non sarà un oggetto fisico ad essere consegnato ma
piuttosto un oggetto immateriale.
La dinamica tuttavia è la stessa. Il corpo di chi dice o canta dovrebbe mostrare all’interlocutore la
sua intenzione, aprendosi, e seguire con l’azione vocale di consegna della parola .
I gesti delle mani, delle braccia e del tronco sono così allusivi e sapienti da diventare veri e propri
strumenti maieutici della pratica vocale.
Si chieda ad un cantante o a un attore di cominciare a recitare o a cantare solo dopo che la sua mano
è arrivata alla portata dell’interlocutore e subito il suono sarà armonicamente e intonativamente
coerente con la situazione oltre che naturalmente amplificato dalla presenza del corpo.
Ma la gestualità delle braccia, delle mani e del tronco sono anche potenti detective degli spazi che
siamo usi abitare.
Basta emettere un suono con il palmo della mano rivolto verso il basso invece che verso l’alto per
cambiare la nostra sonorità e il nostro timbro, per far sentire l’interlocutore escluso o incluso nella
nostra azione.
È sufficiente avere una traiettoria gestuale del braccio troppo piccola per non poter raggiungere
con facilità gli acuti. Un angolo acuto o ottuso tra mento e collo sono sufficienti a scoraggiare
chi ci sta innanzi e, differentemente, un
angolo retto lo farà sentire parte del mio
discorso .
Un gesto delle braccia che si espande
lateralmente durante l’emissione, in
sintonia con un corpo che cresce in
tutte le direzioni, ci aiuterà a creare una
spazializzazione vocale e uscire dalla
dimensione unilaterale della proiezione
frontale.
Il gesto delle mani ci aiuta inoltre a
percepire le suddivisioni del tempo, ci fa
capire, ad esempio, se siamo in un 4/4 o
in un 12/8 essendo le parti più mobili del
nostro corpo sensibili alle microstrutture
ritmiche.
Con le braccia e con le mani diventiamo
i pittori del nostro segno vocale.
94 www.solosmedia.net
Angelo Fernando Galeano,
Controtenore, Blogger, Vocal
TEATRO E VOCE Trainer, Storico della Tecnica
Vocale, Direttore di Gruppi Vocali
Il controtenore
nel Terzo Millennio
Il controtenore, tra musica sacra e la
Contemporary Commercial Music
DIDATTICA
P
rima di sdoganare l’utilizzo della vocalità controtenorile nella consuetudine vocale del
nuovo millennio occorre sfatare un luogo comune che ritiene quella del controtenore
una vocalità novecentesca nata per eseguire parti scritte per evirati cantori del periodo
barocco per ovvi motivi di irreperibilità di castrati nel ‘900.
In realtà la vocalità controtenorile non ha nulla a che fare con quella dei castrati, è un
luogo comune alimentato dalla consuetudine di molti sopranisti e contraltisti di oggi, per
ignoranza, o per praticità di essere facilmente catalogati dall’ignoranza del pubblico, di
autodefinirsi controtenori.
Contraltisti e sopranisti, ossia bassi o baritoni, o più raramente tenori, che cantano “di
testa” all’ottava superiore, sono davvero vocalità tornate in grande spolvero nel ‘900 per
l’esecuzione di ruoli scritti per castrato. Il Controtenore invece esiste da secoli, ed è la
vocalità contraltile per eccellenza nella musica sacra inglese, ed in parte anche italiana,
del ‘600 e ‘700.
Un Controtenore è un uomo dotato di laringe da contraltino, ossia il più acuto dei tipi laringei
maschili, superiore al tenore, che canta “naturalmente” in tessitura di contralto.
Tutt’ora, nei cori sacri delle grandi cattedrali e abbazie inglesi, i cori, per tradizione
esclusivamente maschili, sono composti da pueri cantores, bambini, in tessitura di soprani
primi e soprani secondi, controtenori nei contralti, e tenori e bassi nei loro ruoli nominali.
E per questo tipo di organico sono stati composti, ad esempio, sia il Messiah che molti
brani corali di Monteverdi.
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DIDATTICA
Benjamin Britten
Nel ‘900 la vocalità controtenorile ha avuto una seconda giovinezza, quasi un Rinascimento,
grazie a Benjamin Britten, e al suo Midsummer Night’s Dream, che con il personaggio di
Oberon, composto appositamente per il controtenore inglese Alfred Deller, ha riportato i
controtenori sulle scene teatrali, prendendoli in prestito dai cori ecclesiastici in cui non
hanno mai smesso di esistere.
I Controtenori, nel ‘900, hanno quindi praticato la loro missione contraltile parallelamente ai
ben più famosi sopranisti e contraltisti, interpreti questi dei ruoli originariamente scritti per
castrato, sull’onda della fortunatissima Belcanto Renaissance, la riscoperta e riproposizione
nel secolo scorso dei grandi capolavori dal Seicento all’Ottocento caduti nel dimenticatoio,
sia per futuristica assenza di interesse verso il passato che per mancanza di artisti in grado
di interpretarli.
A partire dagli anni Sessanta e Settanta del ‘900 la vocalità contraltile maschile viene presa
in prestito anche dal Pop e dalla Disco Music, con i Bee Gees e i loro imitatori di casa nostra,
i Cugini di Campagna. Sull’onda di questo sincretismo, per tutta la seconda metà del XX
secolo fioriranno artisti che faranno dell’utilizzo del falsetto, o del mix a preponderanza
M2, loro cifra stilistica: Pino Daniele, George Michael, Michael Jackson, Prince; nel nuovo
secolo: Mika, Ermal Meta e tanti altri.
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Monica Cognoli,
DIDATTICA Dott.ssa in Didattica della
Musica, specializzata in Early
Childhood Music Education
Pluralità di voci
per la “voce bambina”
Alla scoperta del metodo Giococanto
DIDATTICA
I
ncontro on-line Michela Bosio, cantante, insegnante di canto, personaggio poliedrico, la cui
attività ruota intorno alla voce e al viaggio della sua scoperta in ambito performativo artistico,
didattico e terapeutico. Autrice del metodo nazionale Giococanto.
Le chiedo di raccontarmi cosa è e come nasce il metodo Giococanto, presentato al XIII Corso
internazionale foniatria e logopedia 2021 nella sessione dedicata ai bambini, nell’ambito de La
Voce Artistica, convegno annuale che si svolge a Ravenna, ideato e diretto dal Dott. Franco
Fussi.
“Giococanto nasce da una serie di domande che mi sono posta una volta che ho deciso di
spostare il mio focus di azione di insegnate di canto sul mondo dei bambini. Mi sono chiesta
dunque: ‘Come è fatta la voce del bambino? Quali sono le sue potenzialità? Quali sono gli
aspetti comportamentali legati all’apprendimento e all’uso sano delle corde vocali? Sulla base
di ciò, quali sono le migliori azioni educative?’
Non avendo risposte mi sono rivolta a chi ne sapeva più di me ed era esperto nel campo dello
sviluppo vocale del bambino.”
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DIDATTICA
Chiedo al team quindi di offrirmi una prospettiva sulla voce del bambino e le sue potenzialità
espressive comunicative all’interno di una visione in grado di coniugare aspetti tecnici e
artistici.
Marisa Situra consegna l’immagine di una voce bambina, relazionale e musicale fin dalle origini;
chiara, squillante e delicata, strumento comunicativo esposto ai rischi delle caratteristiche del
contesto in cui si esprime, bisognosa quindi di cura qualificata, al pari dell’essere umano.
“La voce bambina è una voce che si esprime ad alte frequenze , non si differenzia quella di
una bambina o di un bambino. Può raggiungere tali frequenze elevate grazie alla corde sottili
e al fatto che il legamento vocale è presente dai quattro anni; può traumatizzarsi facilmente: la
voce roca del bambino infatti è solo sintomo di disfunzionalità. La riabilitazione aiuta il bambino
nella gestione della voce: come nell’urlo, usato quando il bambino necessita di farsi ascoltare;
il bambino fa un uso inconsapevole della sua voce, esso è dettato dall’esigenza ambientale
dovuta al contesto, come avviene per esempio al calcetto all’aperto o anche nei luoghi rumorosi
al chiuso.”
“Il grembo materno pulsa di ritmi, di suoni e di voci” così Paola Olivari offre una visione di
quella prima culla generatrice di “musica”, la prima culla musicale. Secondo questa prospettiva
il senso della musica è innato, attiene all’essere umano.
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DIDATTICA
“Il grembo materno prima della nascita
offre uno spazio sonoro di ascolto in cui il
bambino è immerso. Il senso della musica
dunque sembra essere innato... La musica
è una potenzialità dell’essere umano che
chiunque può sviluppare a partire da
una adeguata stimolazione in una ottica
emotiva.”
(Stern, 1990)
Il modo con cui i bambini sono sensibili alle dimensioni melodiche e ritmiche del parlato materno
e al suo tono emozionale dimostra come il bambino sia nato pronto per essere impegnato nella
musicalità comunicativa di una conversazione oltre e ben prima dello sviluppo del linguaggio
parlato. Tramite l’alternanza del turno (turn-taking) e momenti di sincronia, i due, il bambino
e il suo caregiver (colui che si prende cura di lui) si rispondono l’un l’altro, producendo a
turno suoni vocalici. In questa proto-conversazione musicale (Papoušek, H., & Papoušek, M.,
1987), il bambino comincia quando l’adulto si ferma ma alle volte sembra anticiparlo. Il tutto
attraverso un intenso contatto visivo e di corrispondenza di stati emotivi, di sintonizzazione di
affetti (Stern, 2011).
Paola Olivari presenta una voce bambina come una voce canterina, che sa bene ascoltare
e giocare ma che poi, nel tempo, viene scoraggiata in questo suo naturale slancio vitale
espressivo.
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DIDATTICA
“I prime giochi che il bambino emette
sono giochi sonori vocalici (si pensi alla
lallazione e ai primi vocalizzi). Il bambino
prima di parlare, canta. Spesso i bambini
vengono scoraggiati a cantare, bisogna
invece incoraggiarli per sviluppare buone
capacità di ascolto, di riconoscimento e di
riproduzione del suono.
Il canto costituisce una attività socializzante
per eccellenza che contribuisce al
benessere affettivo ed emotivo. Il bambino
va stimolato attraverso giochi e attività
in cui sperimenta, analizza le possibilità
sonore e melodiche della sua voce.
Il bambino stesso ci dice che prima di
parlare canta”.
Le regole dal punto di vista dell’adulto sembrano essere separate dall’idea di gioco e del
piacere e benessere che ne deriva. Quindi il gioco rischia di uscire come attore principale
dall’apprendimento. Uno degli autori che ha osservato le condotte musicali dei bambini
definendo la musica come un gioco piagetiano, ponendo l’attenzione sugli atti senso-motori
legati alla produzione di suoni e al loro uso inteso come atto di produzione musicale, è stato
Françoise Delalande (si rimanda la testo per approfondimenti). Per l’autore la musica infatti
comincia con il controllo senso-motorio del gesto; seguendo le tappe di sviluppo del bambino,
il cammino dello sviluppo espressivo musicale del bambino si dipana in un percorso che
muove dal gioco senso-motorio e arriva al gioco di regole. Susan Young (2006) ci presenta
il viaggio esplorativo di questa voce bambina, spesso non vista dall’adulto, che si manifesta
in modo integrato nel gioco libero. Si veda il mio intervento su Siing: L’esperienza musicale
vocale dei bambini in età pre-scolare: “Quando le parole cantano, la voce danza e i giochi
hanno delle canzoni”.
La neuroscienze inoltre inseriscono il gioco come uno dei centri di attivazione del cervello,
situato nella sua parte più interna, arcaica. Esso è determinante per uno sviluppo funzionale
dell’essere umano (Pankseep, Biven, 2012).
Michela Bosio dipinge una voce bambina che vive di creatività nel gioco, in una relazione
amorevole.
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DIDATTICA
“La voce del bambino e la sua espressione sono molto creativi, non sono impostati, sono liberi;
ogni bambino ha la propria creatività di esprimere ciò che sta provando in un dato momento…
[nel metodo]non c’è un obbligo di gestire il suono o la voce come nelle lezioni di canto, deve
essere una espressione, creativa, reale, libera.
L’insegnante di gioco canto si mette allo stesso livello del bambino, intende provare le sue
stesse emozioni e parargli con amore.
Il bambino si esprime vocalmente giocando, in modo libero”
Questa danza tra libero e strutturato creata in modo competente in un contesto relazionale
efficace, è in grado di offrire una base sicura attraverso cui far fiorire, in modo autentico, entro
una cornice empatica e di amorevole accoglienza non giudicante, la voce bambina; un chiaro
rimando alla psicologia umanista di Carlo Rogers.
In tale cornice relazionale empatica la voce bambina si muove per la costruzione del suo ben-
essere nel mondo in una una danza musicale-relazionale tra «attivo e creativo contatto con sé
e attivo e creativo contatto con il mondo» (Casiglio, 2020, p. 213).
Katia Rossini descrive una voce bambina il cui sviluppo ed espressione sono contesto
dipendenti. Un chiaro rimando a collocamento del pensiero educativo, abilitativo e riabilitativo
entro una prospettiva ecologica dello sviluppo, entro cioè un approccio socio-culturale.
“La voce del bambino e la sua espressione è la massima espressione del sé , di quella parte più
vera e più intima che è in ognuno di noi, ma che poi con il passare degli anni viene plasmata, a
volte distorta, a volte compressa dal punto di vista della società, dell’ambiente familiare e delle
esperienze che ognuno di noi fa.”
La dottoressa ci invita a porre l’attenzione sugli aspetti traumatici in senso esteso ,della voce
bambina che si possono manifestare:
“Quando un bambino ha una voce patologica, o una voce artistica, questo ci indica da una parte
un aspetto traumatico della sua vita, per trauma non si intende solo trauma psicopatologico,
ma anche trauma quale ad esempio l’allontanamento momentaneo della mamma, un fratello
che ti picchi sempre o la nascita di un fratello.
La voce è la cartina tornasole degli stati emotivi psicofisici dell’essere umano.
Un chiaro riferimento al trauma inteso come transizione ecologica di cui parla Urie
Bronfembrenner.
An ecological transition occurs whenever a person’s position in the ecological environment is
altered as the result of a change in role, setting, or both (Bronfenbrenner, 1979,p.27)
L’incontro con Giococanto e le sue voci, ha offerto l’occasione per un rimando alla letteratura
che ci consegna strumenti teorici in grado di andare a fondare le pratiche di interventi, siano
esse preventive, abilitative o riabilitative.
Ci ha dato l’opportunità di soffermarci su alcuni temi centrali nell’ ambito della pedagogia
e le scienze dell’educazione quando volgono il loro sguardo di indagine e di riflessione
teorico pratica ai contesti di educazione e cura dell’infanzia. Ciò rimanda a quella necessaria
integrazione tra teoria e pratica, per una azione educativa consapevole e competente, in grado
di rispondere in modo efficace, collocandosi fuori dalla pedagogia popolare e dalle mode
didattiche. Una azione in grado di porsi entro quadri teorici di riferimento basati su paradigmi
pedagogici/didattici scientificamente fondati, che tiene conto di ciascun contesto, relazionale e
ambientale, nel quale si realizza l’incontro tra educando ed educatore, insegnante e discente,
terapeuta e cliente.
L’argomento, vasto e di una certa urgenza, non troverebbe il giusto spazio nel presente articolo;
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DIDATTICA
mi preme però gettare un seme conclusivo
riflessivo in tal senso, con un rimando a Tullio
Visioli, musicista, didatta, pedagogista
vocale di grande esperienza e spessore
culturale, i cui lavori pratici compositivi
e didattici hanno il profumo intenso e il
sapore del nutrimento teorico che si incarna
nell’azione educativa pratica. Tratto da “Il
canto infantile: tra ragionevolezza e metodi
prodigiosi” (Visioli, 2017), Visioli ci invita
ad una riflessione in cui l’azione qualificata
per la voce bambina è capace di muoversi
oltre il metodo e tornare ad esso.
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
Bronfenbrenner U. (1979), The Ecology of Human Development, Harvard University Press, Cambridge
Casiglio L. (2020) La sinfonia delle relazioni. Musicoterapia relazionale e linguaggio non verbale, Ponte Sisto, Roma
Delalande F. (2009), La nascita della musica. Esplorazioni sonore nella prima infanzia, FrancoAngeli, Milano.
Malloch S.N., Trevarthen C. (eds.) (2010) Communicative Musicality: Exploring the Basis of Human
Companionship, Oxford University Press, Oxford.
Stern, D. ( 1990) Diary of a Baby. Basic Books
Stern D.N. (2011) Le forme vitali - L’esperienza dinamica in psicologia, nell’arte, in psicoterapia e nello
sviluppo. Milano, Ra aello Cortina Editore.
Visioli T. (2017) Il canto infantile: tra ragionevolezza e metodi prodigiosi in “Tre Articoli per Gulliver. https://
www.lumsa.it/tullio-visioli
Young, S. (2006), Seen but Not Heard: Young Children, Improvised Singing and Educational Practice, in
“Contemporary Issues in Early Childhood”, 7, 3, pp. 270-80.
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Massimiliano Di Carlo,
ETNOMUSICOLOGIA Musician and researcher
Lo strumento voce e
lo studio etnografico
comparativo
Studio comparativo tra gli stili vocali di
tradizioni geograficamente dislocate sul globo.
Punti di contatto, differenze dal punto di vista
dell’emissione vocale
DIDATTICA
P
erché cantiamo? Quali elementi espressivi ci uniscono profondamente a tutte le altre culture
del mondo? Che tipo di vocalità usa l’essere umano per esprimersi urgentemente senza
sovrastrutture?
Uno studio antropologico della voce può essere una strada percorribile per comprendere la
necessità transculturale del canto in ambito rituale. Tutte le culture che affondano le radici nel mondo
pre industriale necessitano di un emissione vocale particolare, che consente una transizione dal
paesaggio sonoro ordinario ad uno straordinario. Tale esigenza è completamente diversa da quella
che conosciamo noi nella società attuale, in cui la musica e dunque anche la vocalità ha assunto
una funzione perlopiù intrattenitoria, che tranquillizza o che agita, che guida o in alcuni casi pilota
l’emotività del fruitore in una serie di direzioni.
La voce rituale utilizzata dalle culture tradizionali è una voce che si pone al di là del piacere, del
bello e del brutto, del gustoso o del disgustoso. Non c’è alcun bisogno di essere emozionali e
performativi, in quanto vi si cerca un abbandono, un processo catartico che reverbera in tutta la
collettività presente al rito. Questo modo di cantare è strettamente connesso alla voce parlata del
cantore, che lentamente nell’arco dello svolgersi dell’evento rituale si estende a timbriche tendenti
all’urlo, al lamento, all’utilizzo dei rumori vocali appartenenti al linguaggio preverbale. L’ascolto
della voce inoltre non è centrale, in quanto nel momento rituale vige un sistema policentrico.
Dunque la voce, spesso accompagnata da tamburi, flauti, zampogne, e più recentemente da
organetti o fisarmoniche, è in funzione del ballo e più in generale dello svolgimento della festa.
Questo pentagono ballo - canto - suono - ascoltatore competente - divinità è la forma della festa/
rito in cui poter immaginare i cinque elementi ai lati e al centro il Suono, come elemento non
personale. Il suono della festa non è soltanto creato dalla musica, ma anche da tutti gli altri suoni
rituali: campane, campanacci di animali (spesso accordati musicalmente con sapienza), preghiere
cantate in onore della divinità, urla di venditori, lamenti, fuochi d’artificio, bande musicali.
Tutto questo va a creare una partitura sonora ben delineata che sconvolge il sistema percettivo
ordinario e1 svolge la sua funzione magico
rituale per la comunità. Parlando in termini
strettamente vocali, l’emissione della voce
che accomuna questo tipo di espressione
in tutto il mondo è la cosiddetta modalità a
“gola stretta”. In questo tipo di emissione
vocale vi è un restringimento della laringe
e un utilizzo delle formanti acute che
permettono di trasformare il suono del
cantore e assimilarlo a suoni primordiali: il
pianto di un bambino, il suono degli ovini,
spesso in totale simbiosi con le culture
di cui parliamo, l’emulazione di strumenti
arcaici come la zampogna. Un suono che
dunque si fa lamento e allo stesso tempo
esplosivo di una gioia profonda, slegata da
elementi emozionali, bensì radicate ad uno
spazio inconscio che si va collettivamente
ad esplorare e liberare attraverso queste
particolari espressioni vocali trasmesse
ad arte di generazione in generazione. Ma
dunque potremmo chiederci, come fa una
musica a liberarci senza passare attraverso
l’emotività? La risposta risiede nella fisicità
imponente di queste musiche, che attraverso
la vibrazione toccano direttamente il nostro
corpo fisico e i livelli più profondi dell’essere.
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DIDATTICA
Si tenga presente che un canto/ballo rituale
può durare anche ore ininterrottamente.
Mi sentirei dunque di parlare di una scienza
medica o di terapia collettiva ben strutturata,
culturalizzata, basata su competenze testate
in secoli di esperienza.
La voce a gola stretta è una modalità specifica che permette al cantore di svelare un’armonia
nascosta, quella che i pitagorici chiamavano armonia delle sfere, scoperta dallo stesso Pitagora
di Samo in Calabria (IV sec. A. C.), ascoltando attentamente il suono degli incudini battuti.
Probabilmente tale armonia era già conosciuta seppur non teoricamente dalle espressioni musicali
dei popoli ancora precedenti a Pitagora. In senso acustico percepiamo oltre alla voce del cantore
anche le formanti del suono vocale (cosiddetti suoni armonici).
Tali suoni, in base al sistema culturale vigente, vengono emessi volontariamente o involontariamente.
Nel caso del canto “a quintina” in Sardegna o del “Sygit” a Tuva, solo per citare due esempi,
l’emissione degli armonici è palese e provocata intenzionalmente dai cantori. Nel caso invece
del canto polivocale in Bulgaria, Italia, o del canto su zampogna/organetto e su tamburello
dell’Appennino centro meridionale italiano, l’emissione dei suoni armonici avviene in maniera
involontaria, o comunque non culturalmente finalizzata.
La manifestazione degli armonici avviene quando c’è una perfetta esecuzione degli intervalli
musicali principali (quarta, quinta, ottava) e quando collettivamente vi è un utilizzo della vocalità a
gola stretta che permette una sintesi frequenziale mettendo in luce solo determinate armoniche.
Nello specifico spesso emerge l’armonico numero 5 o intervallo 5/4, ovvero percepiamo un fischio
distante una terza maggiore dall’ottava superiore al bordone. Spesso ciò accade quando le voci
si prolungano nelle vocali finali e/o si fondono con il bordone creato dallo strumento musicale di
accompagnamento. Per chiudere il cerchio di questa breve trattazione di un fenomeno culturale
molto più vasto, mi piace soffermarmi sull’aspetto comunitario che delinea l’espressione vocale nel
mondo. Tutti i popoli del mondo, a prescindere dal loro assetto sociale, politico e religioso, hanno
una stessa necessità, quella di creare un transfert rituale attraverso la voce, verso una dimensione
altra, ordinariamente sconosciuta. Non a caso vi è una posizione della laringe specifica, comune
a tutte le culture, una posizione che riconnette la percezione del cantore o dell’ascoltatore a
ripercorrere il momento rituale più profondo che tutti i viventi hanno esperito e sedimentato nella
memoria corporea: la nascita, il pianto rituale per eccellenza.
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LIBRI
L
’arte della narrazione, la musica,
il teatro e la danza sono gli
ingredienti principali del godurioso
e dissetante cocktail chiamato Musical.
È una forma d’arte che abbraccia
tecniche espressive e comunicative
catturando lo spettatore e conducendolo
attraverso tutti i suoi sensi nella magia
dell’intrattenimento.
Il “Musical” è uno show capace di
evocare emozioni attraverso costumi
sfarzosi, scenografie sorprendenti e
musiche avvolgenti performate da un
collettivo di artisti che si destreggiano
nelle complesse arti sopracitate.
Ti accomodi a teatro, il sipario si apre
e tutto prende forma come i tasselli di
puzzle che lentamente si completa.
Una macchina di ingegno creativo che
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LIBRI
per funzionare vive la necessità di far sicure nel mare del mondo musical.
girare bene tutti gli ingranaggi che lo
compongono. Una lettura che illumina bene gli
Spesso ammaliati dallo spettacolo non ingranaggi della macchina “Musical”
realizziamo davvero quanto duro lavoro puntando il faro sulla voce.
e attenzione ad ogni minimo dettaglio Si approfondisce l’aspetto didattico con
possa esserci dietro, dalla scrittura di le relative tecniche vocali maggiormente
una storia che “regga”, la creazione utilizzate e le loro relazioni con il corpo,
delle adeguate musiche e canzoni a gestione del vocal tract e caratteristiche
supporto, la scelta dei musicisti che percettive.
comporranno l’orchestra, la scenografia, Un riguardo attento per il performer a
i colori, le luci ed infine gli interpreti ai come approcciarsi alla cura del proprio
quali è consegnato il ruolo più decisivo, strumento vocale con esercizi per il
il vero scacco matto dello show. riscaldamento e l’igiene della voce.
Un libro che diligentemente soddisfa le
“La voce nel Musical” scritto da curiosità del lettore, che si tratti di un
Valentina Cavazzuti, Franco Fussi appassionato o di un professionista
e Angelo Fernando Galeano è un musical.
completo viaggio nel ricco mondo del Un manuale pronto all’utilizzo che aiuta
Musical Theatre. il performer a non trascurare nessun
Ben organizzato in capitoli, ci si aspetto nel momento dell’audizione,
immerge nelle origini antiche di dal tipo di abbigliamento alla scelta
quest’arte così completa e complessa, del brano, passando per suggerimenti
analizzando contesto culturale, luoghi e preziosi a cura di professionisti del
constatandone l’evoluzione nel tempo. settore.
Non mancano chiare definizioni delle Uno studio esaustivo che non può
diverse tipologie di spettacolo e i mancare nella libreria di ogni cultore di
riferimenti agli show più significativi, questa forma d’arte tutta da vivere.
che aiutano il lettore a navigare per rotte
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NON CI ASPETTA NESSUNO
(se non miliardi di foto)
UN
RICCARDORUGGERI
/RICCARDORUGGERI 04/22 ON
NEW ALBUM OUT DIGITAL STORES
MELINA
I
l primo EP di Melina (Carmen Lina
Ferrante) è un colorato manifesto
esistenzialista. La cantautrice si
descrive nella maniera più sincera
possibile attraverso il suo principale
mezzo di comunicazione: la musica.
Ne risulta un dialogo con se stessa,
con la società che la circonda, con
l’astrazione del tempo. Composto ed
arrangiato da solista, l’EP contiene
quattro brani in italiano, ognuno con un
proprio mondo sonoro, caratterizzati
da un linguaggio sintetico e profondo.
In questo piccolo viaggio esistenziale
tra i ritmi latin jazz di “Come hai
detto?”, i cori evocativi di “Non
sapermi bastare”, lo scat di “Tempo”
e i colori di “Essere semplice”, la
voce è sicuramente l’elemento
caratterizzante. La sovraincisione
delle voci crea, infatti, atmosfere
insolite ed affascinanti, a volte buffe,
in un costante effetto sorpresa.
Nonostante le sonorità insolite, il tutto
riesce a muoversi all’interno della
leggerezza delle armonie di una
canzone pop italiana. Inoltre, Melina
stessa ha realizzato la copertina del
disco a mano, facendo un collage
con pezzi di giornale tra cui pezzi di
quadri di Hilma af Klint.
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DISCHI
“Vivo e alimento la mia musicalità evolvermi. Con quello che avevo tra le
tramite l’improvvisazione, che svolge mani ho voluto provare a sperimentare
un ruolo fondamentale nella creazione liberamente con degli arrangiamenti
dei miei brani. L’improvvisazione particolari ed imperfetti, alla ricerca
vocale permette di imparare a parlare di una sonorità che riuscisse a
la stupenda lingua che è la musica, rappresentare le immagini colorate
di tradurre i pensieri inesprimibili a che vivono nella mia testa. Ho voluto
parole che altrimenti resterebbero soli. provare a concretizzare una mia
È prima di tutto un rito per connettersi idea senza pretese, con i mezzi che
alla vitalità, trovare la bellezza del avevo a disposizione tra le mie mani
presente e connettersi a chi ci è in quel momento. Un esperimento,
vicino. Così mi ritrovo a volte ad avere ma soprattutto il mio primo passo per
un groviglio dentro che se esternato iniziare ad esistere. Dopo un lungo
si manifesta in musica, a volte con periodo di chiusura, introspettività
melodie sconnesse o folli, altre volte estrema e alienazione adolescenziale,
con canzoni intere dall’inizio alla fine, non riuscendo ad esprimermi a pieno
con parole semplici ed essenziali che mi ero convinta di non esistere. Per
però sanno raccontare. molto tempo ho vissuto nella mia testa,
Ho scelto di racchiudere quattro tra i miei sogni visionari, immaginando
di queste canzoni in un piccolo un giorno in cui avrei avuto i mezzi per
contenitore: il mio primo Ep. Quattro comunicare e condividere attraverso
brani composti cinque anni fa che la musica. Da questo il titolo dell’ Ep
per me hanno un peso ben specifico, “Esiste!”, perché sì, la mia musica
legati ad un mondo emotivo-sonoro- esiste davvero e non è più solo
immaginativo che ha vissuto nella una visione solitaria ed utopistica.
mia testa per tantissimi anni e che Imperfetta, impulsiva, colorata, la mia
aveva bisogno di essere esternato musica esiste e mi rappresenta.”.
per permettermi di andare avanti ed
Melina
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NEWS
Cardiopoetica,
VOCE E POESIA Collettivo di poeti, con Fabio
Appetito, Marco De Cave,
Mariano Macale
120 www.solosmedia.net
NEWS
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