Sei sulla pagina 1di 7

LEZIONE 9-> LA DIMENSIONE DIAMESICA E LE MINORANZE LINGUISTICHE (PARTE 1)

Variazione diamesica -> medium di espressione

Questo asse riguarda solo le lingue che hanno una forma scritta e ha una sua complessità maggiore nelle
comunità più moderne cioè nelle comunità urbane hanno un range di variazione diamesica più ampio
rispetto a chi vive in aree remote ->che hanno meno accesso alla scrittura

La principale distinzione -> scritto (grafico visivo) e parlato (fonico acustico) -> cambiano supporti
all’interno del polo dello scritto (scritto non solo quello cartaceo ma anche comunicazione mediata dal
computer) anche nel parlato varie modalità di trasmissione (accanto al parlato->gesti, prossemico-
>manifestazioni di tipo corporeo (espressioni occhi, bocca, sopracciglia) e mimico (es. gesto di quando si ha
paura)

C’è anche un parlato in cui non ci sono i due canali->parlato trasmesso (telefonico)-> non si guardano negli
occhi e parlato radiofonico

Mimica e prossemica sottovalutati->Nel parlato filmico i gesti coverbali hanno delle caratteristiche precise-
>Es. accompagnare le sillabe nucleari

Es. codice mimico facilità conversazione -> disambiguando ciò che potrebbe essere ambiguo nella
produzione verbale-> Paolo è proprio un amico-> con un determinato sguardo

Quando parliamo al telefono ci atteggiamo (es. gesticoliamo) anche se l’interlocutore non ci vede ->
corrispondenza tra questi codici che prescinde dal canale utilizzato

L’asse diamesico si sovrappone abbastanza a quello diatopico -> corrisponde nelle parti in cui si usano
meno i regionalismi e la lingua è scritta, mentre nella lingua regionale si parla più di quanto si scriva

Tutte le lingue sono in primo luogo parlate-> la scrittura è un codice secondario non necessario-> forma
scritta nasce solo se diventa nazionale

Alcuni casi di lingue che hanno acquisito la scrittura->es. somalo -> dopo conquista dell’indipendenza->
smesso di usare inglese nei documenti ufficiali-> stato creato sistema di scrittura del somalo che non c’era
fino in quel momento->impresa non banale-> ci vogliono professionisti per inventare un sistema di scrittura

Non tutte le lingue hanno una tradizione scritta->molti di quelli che noi chiamiamo dialetti-> non hanno un
sistema di scrittura ortografica universalmente accettato->dialetti che hanno avuto una letteratura come il
veneziano, il napoletano hanno un sistema di scrittura.

Nel sardo-> siccome esistono tante varietà tra di loro-> è stata creata solo di recente una norma ortografica
condivisa da tutte le comunità

Fino a pochi decenni fa analfabetismo era diffusissimo -> si era in grado di parlare un codice ma non di
scriverlo

Caratteristiche del parlato e dello scritto

➔ Nel parlato gesti e prossemica mentre nello scritto ortografia(punteggiatura) e simboli (uso dei
titoli, andare a capo)
➔ Il parlato è “in diretta” (si ha mente dove si vuole andare a parare, ma può riformulare enunciato)
nello scritto il lettore ha la possibilità di rileggere l’enunciato
➔ Il parlato è molto meno pianificato dello scritto-> più soggetto a ripensamenti, riformulazioni
➔ Attenzione dell’ascoltare è molto diverso tra scritto e parlato -> tempi sono diversi-> nel parlato si
richiede risposta immediata -> nello scritto no scontata perché può rileggere quello che è stato
scritto
➔ Minimo sforzo (no nello scritto) -> quando parliamo abbiamo bisogno di dire il contenuto con il
minimo sforzo per noi->che sia comprensibile all’ascoltatore senza sforzarci-> Es. nel parlato->” per
quella cosa ci sentiamo dopo” (il contesto rende superfluo specificazioni ulteriori). Nel parlato le
forme pronominali devono avere il referente vicino, mentre nello scritto può essere lontano perché
il testo può essere riletto
➔ Parlato è dialogico->presenza massiccia di segnali discorsivi-> elementi che non contribuiscono al
significato proposizionale* dell’enunciato ma svolgono funzioni relative al rapporto interazionale o
alla strutturazione del discorso
➔ Scritto è monologico
*Significato proposizionale -> veicolato da verbo + soggetto+ complementi -> Marco ha rotto le palline (tipo
di informazione che sto trasmettendo con i tre elementi)

Se dico sai, Marco è proprio un angelo-> quel “sai” è un modo per stabilire il contatto con l’interlocutore->
non contribuisce al significato proposizionale del discorso -> parafrasi per dire quello che ho detto prima
con in “altre parole” -> es. in altre parole, Marco è un angelo -> riformulazione del messaggio per
reintrodurre un referente semiattivo

➔ Altre varietà intermedie tra i due poli -> lingua trasmessa (tele, radio) è una varietà diamesica di
una qualunque lingua che ha proprietà che sono a metà strada tra l’uno e l’altro
Es. sceneggiatura di un documentario-> c’è qualcuno che l’ha scritta e qualcuno che la espone
➔ Varietà inviata-> per indicare comunicazione digitale ->per e-mail, sms, WhatsApp
Questo tipo è più vicina al polo del parlato pur essendo scritta -> chi riceve il messaggio può tornare
indietro e rileggere -> tipo di comunicazione usa espressioni e strutture morfosintattiche tipiche del
parlato

Variazione diamesica non è separata dagli altri parametri di variazione

➔ Diatopico -> quando si parla si è riconoscibili in base all’accento (nello scritto compare meno-> es.
nell’italiano popolare)
➔ Diastratia ->modo in cui uno parla da informazioni sulla provenienza in termini di classe sociale
➔ Diafasico-> scelta del registro colloquiale nella maggior parte delle situazioni comunicative di tutti i
giorni
Sull’asse diamesico la presenza di diverse manifestazioni dello scritto e del parlato può portare a vedere il
concetto di norma linguistica -> ci riferiamo sempre alla grammatica (regole che ci insegnano a scuola) e
nella forma scritta (in contesti elevati). Nella lingua parlata esistono delle norme da adeguare alla
situazione comunicativa ma c’è meno enfasi in questo caso

Proprietà del dominio del parlato come proprie dell’asse diamesico (non dipendenti da altri assi di
variazione)

• sistema fonico-acustico
• peculiarità del processo produttivo e ricettivo (fatto in tempo reale e persona che ci parla non ha la
possibilità di tornare indietro)
• relazione tra elementi verbali e non verbali->gesti, prossemica, elementi presenti nel contesto (es.
indicandoli)
• condizioni di coerenza dei messaggi (devono essere immediatamente comprensibili
all’interlocutore) -> gestione e controllo (es. emozioni) -> senza i quali non sarebbe possibile
parlare
• Ritmo e prosodia -> i nostri messaggi non sono delle sequenze di suoni e basta-> la sequenza è
accompagnata da un andamento intonativo->rallentano e accelerando il ritmo possiamo guidare
l’interlocutore nell’interpretazione del nostro messaggio->es. differenza tra enunciato dichiarativo
e interrogativo, oppure usando intenzionalmente delle pause per capire la funzione degli elementi
di un enunciato

Es. allora, per la torta servono, burro, farina e latte-> quell’allora indica la presa di turno e prendo la parola
le pause intonative con la virgola dopo “allora” e “servono” ->sono utili per indicare un elenco e con
“allora” prendo la parola -> senza la pausa intonativa il messaggio sarebbe più difficile da decodificare per
l’interlocutore

La prosodia svolge la stessa funzione che in un testo scritto svolge la punteggiatura. La pausa intonativa
dopo servono corrisponderebbe a “i due punti”

Nel parlato termini generici al posto di quelli specifici nel parlato -> per evitare sovraccarico interpretativo

elemento fondamentale per la comunicazione parlata-> deissi ->tutti quegli elementi della situazione
comunicativa in cui ci possiamo riferire in modo specifico ->per essere capite si deve conoscere il contesto
in cui avviene lo scambio (es. identità dei parlanti e collocazione nello spazio e nel tempo)

Es. che belle quelle scarpe. Dove le hai comprate? (le-> deissi) ->riferimento esoforico -> che porta
all’esterno

Riferimento endoferico ->riferimento a elementi del testo (es. dialogo in un romanzo)

Tra questi elementi di deissi ci sono-> pronomi personali, dimostrativi, avverbi di luogo e di tempo -> per
fare un’interpretazione corretta è richiesta la conoscenza del contesto

Es. ora vi spiego la vignetta che vedete qui sopra

Ora-> momento dell’enunciazione

Vi -> si riferisce agli ascoltatori

Qui -> al luogo

Ci sono due elementi che in italiano non sono codificati espressamente->l’elemento “io” e “voi” non
richiesto -> ma per l’inglese sì e sono altri due elementi deittici

Struttura interazione verbale ->dialogo ->persone hanno gli stessi diritti che abbiamo noi di prendere la
parola, libertà di tutti i partecipati della durata dei propri enunciati, libertà anche all’alternanza dei turni di
parola (di solito corti) e ci sono sovrapposizioni tra i parlanti

La presa del turno non è libera in una lezione

Tratti del parlato sul piano linguistico -> espressioni deittiche, uso dei segnali discorsivi (anche espressioni
come “eh”,”ma”), ridondanza e ripetizione per mantenere l’attenzione dell’interlocutore e discontinuità
con false partenze, interruzioni, cambi di progetto e pause

Sul piano fonico -> fusione e abbreviamento delle parole con articolazioni molto brevi di alcune sillabe, o
cancellazione di interi suoni o sillabe (Es. cioè nel parlato diventa c’è), cambiare il timbro delle vocali per
scopi espressivi (per suscitare attenzione -> picchi intonativi sillabici), disfluenza (flusso di parole si
interrompe spesso per necessità di organizzare il discorso in tempo reale)

Dominio dello scritto

➔ Rigido e sequenziale -> no ritorno indietro


➔ Può rivolgersi a un interlocutore o più
➔ Lessico è molto più ricco
➔ Nei linguaggi settoriali è tipico lo scritto

Minoranza linguistica->si intende quei gruppi che parlano una lingua materna diversa dalla maggioranza
delle persone->tipicamente la lingua maggioritaria è quella ufficiale o quella maggiormente parlata nello
stato in cui queste persone risiedono

Le lingue minoritarie anche se riconosciute ufficialmente hanno un dominio di usi che è più ridotto rispetto
alle lingue maggioritarie

Caratteristiche lingue minoritarie

• Parlate da una netta minoranza di parlanti


• Parlate da comunità che nell’entità amministrativa o statale presa in riferimento non sono
dominanti

In senso stretto si può considerare una minoranza linguistica anche chi parla il dialetto->una lingua
geneticamente autonoma che è lingua sorella dell’italiano

In termini più specifici (almeno in Italia) si riferisce unicamente a un gruppo di comunità che parlano lingue
che hanno una distribuzione geografica molto limitata (non si fa riferimento ai parlanti dialettofoni)

Il concetto di minoranza linguistica si riferisce a quei gruppi definiti alloglotti->termine usato con
connotazione politica->cittadini che hanno come lingua materna un codice diverso rispetto a quello
nazionale

Criteri per definire una lingua di minoranza

• Mutua intellegibilità->si suppone che i dialetti siano reciprocamente comprensibili (se si prende
dialetto di Genova e dialetto di Reggio Calabria non ci si capirebbe-> ma se ci spostiamo di pochi
chilometri i dialetti sono reciprocamente comprensibili-> criterio applicato in modo sbagliato
• Criterio dell’alloglossia-> fatto che con minoranze si identifichino quelle varietà linguistiche che
hanno un’origine nettamente distinta rispetto alla lingua ufficiale e al sistema dei dialetti italiani

Lingue come il francese in Valle d’Aosta, lo sloveno in Friuli, il tedesco in Alto Adige-> considerate
minoranze linguistiche perché secondo il legislatore sono totalmente diverse rispetto all’italiano e ai dialetti
italiani

Aspetto che ci permetta di distinguere due tipi di alloglossia->presenza o meno della lingua tetto->alcune di
queste minoranze linguistiche hanno una lingua di riferimento parlata in uno stato diverso dall’Italia

Alloglossia di primo ordine -> quando una comunità linguistica ha come riferimento una lingua tetto->che
confina geograficamente con la comunità linguistica in Italia

• Es. il tedesco dell’Alto Adige ha come lingua tetto il tedesco del paese confinante-> cioè l’Austria
• Es. il francese in Valle d’Aosta ha come lingua tetto il francese-> Francia

Avere una lingua tetto porta alcune conseguenze->senso di appartenenza->es. tedescofoni dell’Alto Adige
hanno un forte senso di appartenenza e sentono più o meno massiccia l’influenza del paese dove viene
parlata la loro lingua tetto.

Es. il sardo->parlato in Sardegna->non legata ad altri paesi->riconosciuta dalla legge come minoranza
linguistica
Alloglossia di secondo ordine-> costituita da vere isole linguistiche-> cioè aree geograficamente non in
contatto con la quale la loro lingua tetto-> ma si trovano per vicende storiche

Es. comuni del Molise in cui si parla croato-> non sono emigrati in Croazia di recente ma molti secoli fa-
>mantenuto croato-> ma non è in rapporto di continuità geografica

Le comunità alloglotte in Italia hanno avuto destini diversi->fino a un certo punto la visione di queste
comunità era quella di considerarle proprie e vere “minoranze straniere” dell’Italia soprattutto durante il
fascismo

Uno degli obiettivi di Mussolini-> italianizzare Bolzano, Valle d’Aosta, zona della Gorizia e Trieste->per
eliminare l’alloglossia-> tipo di approccio violento che ha avuto storicamente un ruolo.

Dopo la fine della 2GM-> parte dei costituenti hanno iniziato a scrivere la Costituzione->posto problema
delle minoranze linguistiche->nella Costituzione non se ne parla (mai messo per iscritto neanche che
italiano sia la lingua ufficiale) -> però nelle discussioni parlamentari dell’Assemblea costituente ci sono dei
riferimenti a queste comunità->approccio è stato quello di evitare di scoperchiare una situazione che
avrebbe potuto portare a dei “conflitti” -> quindi non se ne sono occupati

Ci sono voluti almeno 50 anni per avere il primo testo di legge-> si pone il problema della tutela delle
minoranze linguistiche in Italia-> legge 482/1999

Altri problemi nell’Italia del dopoguerra->impossibilità di tenere distinte le minoranze alloglotte (es.
tedescofoni) dalle minoranze dialettali-> obiettivo immediato del 2GM era quello di dare una lingua
comune a un paese che veniva rifondato su delle nuove base->ritenuto che tutelare le minoranze alloglotte
avrebbe creato problemi con parlanti dialettofoni.

Optato per un approccio più pragmatico-> riservato concetto di minoranza linguistica a quelle lingue che
erano in qualche modo dei codici totalmente diversi dall’italiano

Problema di come tutelare queste minoranze-> perché erano soggette a fenomeni di discriminazione
linguistica-> es. il fatto che i parlanti tedescofoni non potessero usare il tedesco nella vita quotidiana, nella
scuola, con lo Stato o con la PA-> li rendeva oggetto di discriminazione

Dagli anni 70->in queste regioni si avvia riflessione su tutela di queste minoranze alloglotte->tutte queste
esperienze precedenti alla legge del 99-> riprese dalla legge del 99 che fissa standard di tutela riservati
anche alle minoranze presenti in altre zone del territorio e a regioni non a statuto speciale

Minoranze alloglotte

• Tedesco (tirolese)
• Dialetti bavaresi e austriaci (cimbro e mocheno) ->In diverse parti del Veneto e del
Trentino->Cimbro è una lingua di minoranza parlata nell’altopiano di Asiago (in provincia di
Vicenza)
• Walser->isole linguistiche (non in contatto con lo stato che parla tedesco) -> parlato in
Piemonte (Macugnaga, Formazza, alta Valsesia), anche in Valle d’Aosta
• Sloveno in Friuli
• Croato-> diffuso nei comuni del Molise-> molto piccoli e sono degli insediamenti storici di
profughi cristiani cattolici che venivano dai Balcani successivamente all’ondata di conquista
da parte dell’Impero ottomano (XV secolo)
• Albanese->stessa cosa accaduta per le popolazioni albanofone-> popolazioni cristiane
ortodosse che sfuggivano dagli ottomani-> accolte anche loro nel regno di Napoli e
destinati alcune parti del territorio dove non esistevano insediamenti umani e dove sono
stati costruiti dei paesi per ospitarli-> in Puglia, Sicilia e Calabria presenti delle comunità
che si chiamano ->Arbëreshe
• Situazione diversa è quella delle comunità grecofone della Calabria e del Salento-> in alcuni
comuni come Bova e paesi del Salento come Calimera si parla tutt’ora (per lo più anziani) ->
una varietà di greco-> grico/grecanico-> in questo caso non è ben chiaro se si tratta di
profughi o se in realtà siano isole sopravvissute (nell’alto medioevo in tutto il Mediterraneo
si parlava greco) -> concetto di lingua tetto discutibile-> greco moderno->capacità di
comprendersi è molto ridotta
• Sardo
• Franco-Provenzale (parlanti di dialetti vicino al francese di oggi) ->Piemonte e Valle d’Aosta
e nella parte più bassa delle alpi piemontesi (Cuneo)->occitano***->grave pericolo perché
si tratta di valli sempre più spopolate->
• Catalano->(varietà)nella città di Alghero (Sardegna)->per ragioni storiche->colonizzazione e
spostamento massiccio di persone che parlano catalano-> il catalano di Alghero risulta
abbastanza comprensibile con quello della Catalogna-> rapporti di grande amicizia tra
Alghero e Catalogna****-> catalano di Alghero studiato nella Catalogna
• Romanì->Minoranza presente da molto tempo->lingua delle popolazioni rom->popolazioni
storiche stanziate sul territorio da sempre->la loro lingua appartiene alla famiglia indo-
iranica->fortemente soggetta a fenomeni di contatto con l’italiano e diffusa in 3 varietà in
Italia-> romanì di Lombardia, Lazio e Campania (maggiormente diffuse) -> ma esistono
comunità anche in altre regioni come Piemonte
• Legge 482 non tutela alcune varietà storiche-> romanì->lingua dei rom e sinti-> lingua della
famiglia indo-iranica (sottofamiglia lingue indoeuropee)-> es .sintolombardo-> non tutelata
per ragioni politiche-> romanì ancora vitale perché è lingua Abstand (distingue
sottocomunità dalla comunità principale), questione identitaria; negli ultimi anni interventi
di tutela di questa lingua(in Abbruzzo però si ha l’associazione di tutela di Romanì e Sinto)
• Tabarchino -> da Tabarqa (penisola della Tunisia)-> dove storicamente c’era colonia di
genovesi che si dedicavano all’attività marittima e parlava dialetto ligure ma quando tunisia
ha riacquistato la sua dipendenza i tabarchini sono stati costretti ad emigrare-> si sono
stabiliti in Sardegna di Carloforte e Calasetta-> dove si parla ancora il tabarchino che è una
varietà di genovese->per ragioni che non si comprendono non inserita nella lista di tutela->
forse è se si tutela genovese fuori dalla liguria perché non si tutela quello dentro la Liguria
• Due comuni della Puglia settentrionale (Faeto e Cellesanvito)-> due varietà settentrionali
franco-provenzali-> godono della tutela all’interno della 482

Tutte queste minoranze storiche sono tutelate dalla legge 482/1999 tranne una->romanì-> per un prezzo
che è stato pagato dal governo di allora(centrosinistra) al centrodestra (Lega, alleanza nazionale) -> che
avevano promesso battaglia sul riconoscimento nazionale della romanì perché parlata da un gruppo
avversato sul piano politico (ritenuto portatore di delinquenza)

*I paesi dove sono parlate le lingue tetto delle comunità del Molise, albareshe e greche (sud Italia) -> sono
sentiti come paesi vicini-> nei primi anni 90 immigrazione di massa dall’Albania all’Italia->sono stati i primi
ad accoglierli-> fratellanza tra i due paesi (non linguistica)

**Queste due comunità hanno una lingua tetto-> ma se un parlante di Arbëreshë interagisce con un
parlante di albanese di oggi-> probabilmente non si capiranno totalmente-> isole linguistiche rimaste così a
lungo isolate dal paese dove si parlava la lingua tetto->hanno avuto direzioni diverse

***occitano->vicino all’attuale provenzale->lingua della Provenza in Francia ma non riconosciuta

**** vicende della Catalogna-> lotta per l’indipendenza dalla Spagna


*regioni a statuto speciale come stabilito nella Costituzione dotate di una propria autonomia

Potrebbero piacerti anche