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A CURA
DI
PIERLUGI ARAGONA
CON LA COLLABORAZIONE DI
Daniela Aschieri, Lidia Boccardi, Giovanni Calabri, Enrico Cecchi,
Nicola D’Amato, Sivia Favilli, Stefano Ghio, Danilo Giannini,
Egidio Mariotti, Donato Mele, Roberto Moccheggiani, Fabio Mori,
Paolo G. Pino, Antonio Terranova
Sergio Severino
Componenti:
Pierluigi Aragona
Antonello D’Andrea
Benedetta De Chiara
In ecografia vengono usate frequenze assai elevate, comprese fra 2 e 10 milioni di cicli al secondo o
MegaHertz (MHz), tali da permettere l’attraversamento di tessuti biologici con una velocità costante di circa
1540 m/sec. La velocità di propagazione dipende dalla densità, dalle proprietà elastiche e dalla temperatura
del mezzo. Considerando il corpo umano a temperatura costante la velocità di propagazione è quella
anzidetta. Il prodotto della densità del mezzo per la velocità di trasmissione del suono fornisce il valore
dell’impedenza acustica. Tessuti molli più densi hanno maggiore impedenza acustica perché la velocità di
propagazione resta invariata. Tutti questi elementi sono alla base del fenomeno di riflessione degli ultrasuoni
e della diversa densità dei segnali registrati. Un mezzo omogeneo non riflette alcun suono, lo attenuerà
solamente. La riflessione invece si verifica solo nel passaggio tra due mezzi di diversa densità e quindi di
diversa impedenza acustica, ciò è quello che avviene nel nostro corpo dove tessuti di diversa densità sono
sempre affiancati e commisti. Se la superficie di contatto fra i due tessuti è piana e di dimensioni molto
superiori alla lunghezza d’onda, si avrà una riflessione speculare. Una parte dell’energia verrà riflessa ed
un’altra parte proseguirà il cammino con un percorso più o meno modificato, verrà cioè rifratta. L’intensità
della componente riflessa dipende essenzialmente dalla differenza di impedenza acustica e dall’angolo di
incidenza; sarà cioè tanto maggiore quanto più la direzione del fascio ultrasonoro sia perpendicolare rispetto
alla superficie. Se invece la superficie di contatto non è piana, ma irregolare, una parte dell’energia non sarà
riflessa, ma dispersa in tutte le direzioni o diffratta. La dispersione dell’energia in tutte le direzioni o
diffrazione si verifica anche quando gli ultrasuoni incontrano strutture di dimensioni inferiori alla lunghezza
d’onda, come i globuli rossi. In questo caso solo una piccola parte di energia ritorna al trasduttore e potrà
essere analizzata. Il fenomeno, definito in inglese backscattering, è importante, permettendo in alcune
situazioni la visualizzazione del sangue ed essendo all’origine dell’effetto Doppler. Lo stesso fenomeno della
diversa impedenza acustica dei tessuti molli, dovuta a densità e proprietà elastiche diverse, è stato utilizzato
per la tipizzazione tissutale con ultrasuoni. Infatti il segnale riflesso, ha un’intensità che è direttamente
dipendente dall’impedenza acustica del tessuto e che viene elaborata secondo una analisi digitale e
presentata con diversi livelli di grigio. Per questo tipo di studi sono necessari ultrasuoni a frequenze molto
alte, dal momento che il loro potere di risoluzione è maggiore quanto minore è la lunghezza d’onda del
fascio.
Il Trasduttore – Cristallo piezoelettrico
Si definiscono piezoelettriche quelle sostanze che si trasformano per effetto di un campo elettrico
espandendosi o contraendosi secondo le modalità di applicazione della polarità del campo, producendo così
compressioni e rarefazioni ovvero onde sonore. Allo stesso modo, se stesse sostanze, quando sono colpite
da un’onda sonora o da un’onda di energia meccanica, emettono un impulso elettrico. L’utilizzo degli
ultrasuoni è reso possibile dall’esistenza di particolari cristalli, che hanno la proprietà deformarsi ed emettere
ultrasuoni se sottoposti ad impulsi elettrici e, inversamente, di deformarsi ed emettere impulsi elettrici una
volta che siano raggiunti da ultrasuoni. In questa maniera è possibile non solo emettere ultrasuoni della
frequenza voluta, ma analizzare gli echi di ritorno nelle loro caratteristiche di intensità e frequenza. Il cristallo
piezoelettrico è quindi il componente fondamentale delle sonde ecografiche. In pratica vengono emessi
impulsi ultrasonori costituiti da un numero limitato di vibrazioni (da un minimo di 3 a un massimo di 16). Dopo
l’emissione dell’impulso il cristallo resta in attesa dell’eco di ritorno: a seconda del tempo trascorso fra
l’emissione e la ricezione, visto che la velocità di propagazione degli ultrasuoni nel corpo umano è nota, sarà
possibile assegnare una determinata profondità alla struttura che ha originato l’eco. L’elemento può essere
messo in vibrazione continua, doppler ad onda continua, ma richiede la presenza di un secondo elemento
piezoelettrico che funzioni da ricevitore. Oppure si possono alternare microfasi di vibrazione a microfasi di
riposo, come avviene per il doppler ad onda pulsata, durante le prime l’elemento funziona da sorgente
sonora e durante la seconda da ricevitore.
La risoluzione
Una caratteristica fondamentale di ogni apparecchiatura ecocardiografica è la risoluzione, la capacità cioè di
distinguere fra loro 2 strutture diverse, poste una dopo l’altra lungo la direzione del fascio o una accanto
all’altra. La prima, definita risoluzione assiale, dipende essenzialmente dalla lunghezza dell’impulso
utilizzato, cioè dalla sua lunghezza d’onda e dal numero di oscillazioni di cui è composto. La risoluzione
ottimale (Fig. 3) si avrà con impulsi di frequenza elevata e costituiti da poche oscillazioni (non meno di 3).
Figura 3: Attenuazione del segnale (da Gambelli G. - Ecocardiografia transesofagea, Pensiero Scientifico Editore)
Utilizzando una frequenza di 2.5 MHz la lunghezza d’onda è di 0.6 mm, aumentando la frequenza a 10 MHz
la lunghezza d’onda scende a 0.15 mm e la risoluzione sale in proporzione. Purtroppo l’utilizzo di frequenze
elevate è purtroppo limitato dalla loro scarsa capacità di penetrazione in profondità o attenuazione a causa
della dissipazione in calore dell’energia. La risoluzione laterale consiste nella capacità di differenziare 2
oggetti posti uno accanto all’altro, alla stessa profondità e dipende essenzialmente dalla forma e dalle
dimensioni del fascio ultrasonoro. E’ infatti possibile distinguere 2 oggetti affiancati solo se uno dei due è
all’interno del fascio e l’altro cade all’esterno. Poiché il fascio ultrasonoro tende a divergere ed allargarsi,
soprattutto nel campo lontano, si tenta di restringerlo al massimo (focalizzazione) con particolari
accorgimenti .Usando lenti acustiche è possibile focalizzare in un solo punto, detto distanza focale, in cui
avremo il massimo di focalizzazione. Elettronicamente è invece possibile variare continuamente il fuoco, in
modo da ottenere una zona più ampia (focalizzazione dinamica). La risoluzione laterale è limitata anche
dall’esistenza, a fianco del fascio principale, di fasci o lobi accessori (side lobes) che possono facilmente
originare artefatti, collocando all’interno del settore di scansione strutture che in realtà si trovano all’esterno,
ma cadono in un lobo accessorio.
Range focale
Il fuoco deve essere posizionato in modo da privilegiare le strutture situate a maggiore profondità (che
riflettono echi più deboli per l’attenuazione delle frequenze).
2 v f0 cos ϑ
∆f = ----------------------------
C
Poiché tutti i fattori della formula 1 sono noti, misurando il Doppler shift sarà possibile conoscere la velocità
del flusso, secondo la seguente equazione:
∆f c
v = ----------------------------
2 f0 cos ϑ
Direzione
Per convenzione si fa riferimento alla direzione del fascio riflesso. La linea zero corrisponde alla velocità
zero: un flusso in avvicinamento è considerato positivo ed è rappresentato al di sopra della linea zero; un
flusso in allontanamento è considerato negativo ed è rappresentato al di sotto della linea zero. La direzione
non è un dato assoluto, ma relativo alla direzione del flusso in rapporto alla posizione della sonda.
Velocità
Dall’analisi del doppler shift deriva la possibilità di calcolare la velocità del flusso. Con il Doppler pulsato, per
velocità elevate rispetto alle capacità del sistema, avviene il fenomeno dell’aliasing (vedi dopo). Il Doppler
Continuo consente il rilievo di velocità elevate, che costituiscono la base per molti calcoli emodinamici, ma
per le sue caratteristiche non consente di identificare dove avviene la variazione di velocità.
Regime
In condizioni normali il flusso avviene in modo laminare: le cellule ematiche si muovono tutte nella stessa
direzione e, poiché le cellule tendono a raggrupparsi più densamente lungo le pareti vasali, si formano degli
strati concentrici con diverse velocità. Il flusso laminare può avere un profilo piatto o parabolico. Quando il
flusso è soggetto a forti variazioni pulsatili, come avviene ad esempio a livello dello sbocco delle vene
polmonari, gli strati adiacenti alle pareti vasali hanno una velocità minore al contrario di quelli centrali più
veloci. Il fronte delle cellule in movimento appare parabolico; la velocità media è uguale alla metà della
velocità massima. In questi casi anche il flusso rilevato con Doppler pulsato appare “riempito” come quello
ottenuto con continuo
Cronologia
E’ possibile correlare i fenomeni Doppler con altri segnali fisiologici; il più utilizzato è il segnale
elettrocardiografico. Si stabilisce in questo modo la cronologia del segnale Doppler sia in condizioni
fisiologiche che nelle varie patologie.
ANALISI SPETTRALE
In un volume campione, anche piccolo, il segnale doppler viene formato dalla presenza di numerosi elementi
riflettenti (globuli rossi) che si muovono con velocità e direzioni diverse, specialmente nelle zone in cui il
moto è turbolento (stenosi etc.). Di conseguenza, il segnale doppler rilevato non è dovuto ad una sola
velocità, ma alla somma di molte velocità. Dal punto di vista diagnostico è utile avere il maggior numero di
informazioni su questo insieme di velocità; ciò è possibile mediante l’analisi spettrale, che scinde il segnale
totale nelle sue singole componenti di velocità e le rappresenta in un diagramma che ha in ascissa il tempo
ed in ordinata la frequenza doppler o velocità. L’intensità luminosa dei singoli punti del diagramma sul
monitor è proporzionale alla potenza spettrale, cioè al numero delle particelle riflettenti che in quell’istante
(ascissa) si muovono in una certa velocità (ordinata). Per ottenere questo risultato si utilizzano circuiti
computerizzati che, mediante speciali algoritmi matematici quali la Fast Fourier Transform, riescono a dare
una risoluzione temporale ed in frequenza ad elevati campionamenti di immagine. Utilizzando la capacità di
calcolo delle flusso o quant’altro può essere utile ai fini diagnostici.
Aliasing
La capacità di risoluzione spaziale del Doppler pulsato viene però a costare un prezzo in termini di
limitazione nella capacità di misura della velocità. Per assegnare infatti con precisione ad ogni eco di ritorno
la profondità di origine è infatti necessario che un secondo impulso venga emesso solo quando il precedente
ha esaurito il suo viaggio. In questa maniera un solo impulso viaggia all’interno del cuore in ogni momento e
ad ogni eco di ritorno può essere attribuita senza errore una profondità, a seconda del tempo intercorso fra
l’emissione del treno di ultrasuoni e il ritorno di ogni singolo segnale. Il numero di impulsi che possono
essere emessi nell’unità di tempo (frequenza di ripetizione degli impulsi o PRF ) è così limitata dalla velocità
di conduzione del suono nei tessuti biologici e dipende dalla profondità a cui avviene l’esplorazione. In
questa maniera avviene una campionatura discontinua del segnale ondulatorio da ricostruire e, per una
legge conosciuta come teorema del campionamento di Shannon,, è necessario che la frequenza con cui il
segnale viene indagato sia almeno il doppio della frequenza del segnale stesso (Fig. 4).
La frequenza massima che può essere misurata con precisione (F max ) non può quindi superare la metà
della frequenza di campionamento, corrispondente nel caso del Doppler, alla frequenza di ripetizione degli
impulsi. Ad esempio, se la velocità di un flusso ad una determinata profondità origina un Doppler shift di 2.25
KHz, per poter ricostruire correttamente il segnale e misurare la velocità di flusso, dovremo impiegare una
frequenza di ripetizione degli impulsi superiore a 5.5 KHz, pari ad almeno 5.500 impulsi al secondo. Quando
la frequenza da misurare supera questo limite, detto limite di Nyquist, le velocità in eccesso vengono lette
erroneamente come negative e riportate nella parte bassa della scala di velocità. Se la frequenza da
misurare eccede più volte il limite di Nyquist, questo fenomeno, definito aliasing, si ripeterà ad ogni multiplo
della frequenza limite, e provocherà il ripiegamento del segnale su se stesso più e più volte, rendendo
incerta (ambigua) la misura della velocità .
Filtro
Utilizzando opportuni filtri è possibile eliminare alcuni segnali che disturbano la rappresentazione spettrale
quali i rumori di fondo a bassa frequenza prodotti dai movimenti parietali.
COLOR DOPPLER
Col termine di color Doppler o color flow Mapping si definiscono i sistemi settoriali ad ultrasuoni che
sovrappongono ad una immagine delle strutture anatomiche in scala dei grigi una rappresentazione dei
flussi con codifica a colori. In questa modalità il movimento del sangue è rappresentato in una mappa
bidimensionale con colori arbitrariamente scelti, che indichino la velocità e delle caratteristiche del flusso in
ogni punto. Per creare l’immagine a colori viene selezionata un’area di interesse all’interno della scansione
bidimensionale. Ogni linea di vista del settore del color Doppler è divisa in 64 o 128 soglie e l’intero settore è
costituito da un numero di linee di vista variabile, fino ad un massimo variabile a seconda delle
apparecchiature. L’analisi viene effettuata per linee di vista consecutive, a partire dalla periferia del settore,
in senso sia orario che antiorario. Contrariamente a quanto avviene nell’Eco bidimensionale, in cui è
sufficiente emettere ed analizzare un solo impulso per ognuna delle linee del settore per costruire una
immagine, nel color Doppler vengono emesse per ogni linea raffiche o pacchetti di più impulsi: ogni
pacchetto deve essere costituito da un minimo di 3 impulsi e può arrivare ad un massimo di 16. Il numero di
impulsi per linea, definito packet size, è uno dei parametri principali del funzionamento di un color Doppler,
determinandone alcune caratteristiche fondamentali quali l’accuratezza nella misura della velocità e la
frequenza delle immagini. Per il color Doppler non è però utilizzabile la Fast Fourier Transform, come nel
Doppler convenzionale, per problemi di tempo: l’analisi di 32.768 (256 linee x 128 soglie) volumi campione
richiederebbe, con un tempo di analisi spettrale variabile da 2 a 10 msec, da 1 a 5 minuti. La soluzione a tale
enorme problema è stata individuata nell’adozione delle metodiche di autocorrelazione, che, pur sacrificando
in parte la precisione, permettono di contenere i tempi di analisi in modo che sia possibile aggiornare
l’immagine fino a 30 volte al secondo. I segnali provenienti dal trasduttore, dopo essere stati digitalizzati,
sono divisi in due parti, una delle quali subisce un ritardo equivalente all’inverso della PRF dello strumento. Il
primo impulso verrà quindi confrontato col precedente, in modo da evidenziare le differenze in fase fra
impulsi successivi. La frequenza di ogni singolo impulso non è così confrontata con una frequenza fissa di
(frequenza di emissione del cristallo o carrier frequency), come avviene nell’analisi spettrale con FFT, bensì
con quella dell’impulso precedente. Il risultato sarà il calcolo della velocità, della intensità e della varianza,
ottenuto come media di diverse misure, ricavate dal confronto di più coppie di impulsi, corrispondenti al
numero di treni ultrasonori emessi lungo ogni singola linea di vista (Packet Size). Sfortunatamente un packet
size costituito da troppi impulsi richiede un tempo di analisi troppo elevato e ridurrebbe eccessivamente la
frequenza delle immagini o la densità delle linee per ogni immagine o l’angolo di scansione. Una soluzione di
compromesso fra accuratezza nella misura della velocità e frequenza delle immagini è costituita da un
packet size di 6-8 impulsi e viene adottata nella maggior parte delle apparecchiature cardiologiche. Il passo
successivo è la codifica dell’informazione così ottenuta: grazie ad algoritmi particolari ad ogni gate viene
assegnato un numero, in una scala variabile da 1 a 256 . Ad ogni numero, decodificato con algoritmi
peculiari di ogni apparecchio definiti mappe, corrisponderà infine sullo schermo TV una particolare
gradazione di colore. La mappa così ottenuta sarà presentata in sovrapposizione alla immagine
bidimensionale. Ogni apparecchio ha una serie di mappe per la rappresentazione del flusso in Color
Doppler. Il flusso in avvicinamento è codificato in rosso e quello in allontanamento in blu (direzione del
flusso). Mediante la combinazione di sfumature di colore (tonalità) è possibile, oltre alla conoscenza della
direzione del flusso, ottenere informazioni anche sulla velocità del flusso. Sono solitamente utilizzate 16
tonalità per ciascuna direzione; un numero maggiore, anche se possibile, non sarebbe percepito dall’occhio
umano. La mappa utilizzata viene mostrata con una barra posta al lato dello schermo; la linea zero e la scala
danno indicazioni sulle velocità massime raggiungibili, senza aliasing, nelle due direzioni: in alto sono poste
le sfumature di colore assegnate alle velocità in avvicinamento, in basso quelle in allontanamento. E’
possibile abbassare la scala generale o solamente la linea dello zero. E’ possibile visualizzare il flusso
utilizzando la cosiddetta Mappa di varianza. Nel flusso laminare la velocità media e la velocità massima sono
pressoché coincidenti. Nel flusso turbolento sono presenti velocità e direzioni diverse per cui non vi è
coincidenza tra velocità media e velocità massima. La varianza rappresenta lo spostamento dalla velocità
media dei flussi presenti in ciascun punto rilevato e graficamente è resa aggiungendo tonalità di verde ai
colori fondamentali. Trattandosi di una tecnica ad emissione pulsata il color Doppler è inevitabilmente
soggetto al fenomeno dell’aliasing: analogamente alla analisi spettrale le velocità eccedenti il limite di
Nyquist sono interpretate come di direzione opposta a quella effettiva ed il fenomeno si ripeterà ogni volta
che si superi il limite di Nyquist, provocando il ripiegamento del segnale su se stesso altrettante volte. Nel
color Doppler le velocità sono rappresentate da un numero finito di sfumature, di solito 16 per ognuna delle
due direzioni: quando una velocità anterograda supera la sfumatura di rosso corrispondente alla velocità più
elevata misurabile, l’aliasing si manifesterà con la brusca inversione del colore e al pixel sarà assegnata la
sfumatura più luminosa di blu. Aumentando ulteriormente la velocità, saranno assegnate tonalità sempre più
scure di blu, finché, superato il secondo limite di Nyquist, si tornerà alla sfumatura più scura di rosso. Il
fenomeno procede circolarmente con l’inversione del colore ad ogni passaggio del limite di Nyquist, di modo
che la velocità effettiva non sarà più misurabile.
SEZIONI ECOCARDIOGRAFICHE
APPROCCIO PARASTERNALE SINISTRO
Questo approccio rappresenta, di solito, il punto di partenza per ogni esame bidimensionale. Il paziente è
posizionato in decubito laterale sinistro. In genere, il trasduttore viene posizionato fra il 3 ed il 5 spazio
intercostale, lungo la linea margino-sternale sinistra o qualche centimetro più lateralmente; in casi
eccezionali, l'approccio alle sezioni parasternali può essere ottenuto a partire dal 2 od anche dal 6 spazio
intercostale. Da questo approccio si possono ottenere le seguenti sezioni:
Per convenzione in questa sezione si riconoscono, sulla destra dello schermo e dall'alto in basso, gli echi
della parete anteriore del torace, il tratto d'efflusso del ventricolo destro, la radice aortica e l'atrio sinistro. Più
a sinistra compaiono la parete anteriore del ventricolo destro, una porzione della sua cavità, il setto
interventricolare anteriore, la cavità del ventricolo sinistro, la sua parete posteriore ed il pericardio. Il
ventricolo sinistro è situato nel torace obliquamente, con l'apice diretto a sinistra, inferiormente ed
anteriormente con la porzione basale posta a destra e superiormente. Esso si trova posteriormente al tratto
d'efflusso del ventricolo destro, da cui è separato dalla porzione più anteriore del setto interventricolare, ed è
disposto anteriormente ed inferiormente all'atrio sinistro. Si possono riconoscere inoltre i lembi mitralici,
visualizzabili secondo il loro asse longitudinale. Il lembo anteriore divide la cavità ventricolare in una
porzione anteriore (efflusso) ed una posteriore (afflusso). L'apice cardiaco, infine, non viene visualizzato in
questa seziona, tranne che nei cuori di piccole dimensioni, perché si trova in un piano leggermente diverso.
Gli assi longitudinali delle varie strutture esaminate non giacciono tutti sullo stesso piano; pertanto, per
registrare il loro vero asse longitudinale, l'orientamento del fascio ultrasonoro deve sempre essere finalizzato
alla zona d'interesse. Dalla sezione standard si possono quindi ottenere una serie di sezioni modificate volte
alla corrette valutazione delle singole strutture.
Si ottiene a partire dalla sezione precedente per il ventricolo sinistro inclinando in basso e mediamente il
trasduttore in direzione della valvola tricuspide. Si osservano, dall'alto in basso, i 2/3 basali del ventricolo
destro, l'atrio destro e la valvola tricuspide. Nelle pareti dell'atrio destro si possono riconoscere lo sbocco
della vena cava inferiore con la valvola di Eustachio, lo sbocco della vena cava superiore e l'ostio del seno
coronarico.
-) Per il tratto d'efflusso del ventricolo destro:
Si ottiene partendo dalla sezione parasternale longitudinale standard per il ventricolo sinistro ruotando il
trasduttore in senso orario, di circa 30-45° ed inc linandolo in alto verso la spalla sinistra del paziente.
Si ottiene a partire dalla parasternale longitudinale, dopo aver ruotato il trasduttore in senso orario di circa
90° e inclinandolo progressivamente verso il basso, in base alla sezione che si vuole visualizzare (talora è
necessario scendere di uno spazio intercostale).
-) Grandi vasi
A questo livello il fascio di ultrasuoni attraversa la base del cuore. La valvola aortica, localizzata
anteriormente all’atrio sinistro e posteriormente al ventricolo destro, è ben visualizzabile nella regione
centrale dell’immagine con le tre cuspidi nella caratteristica configurazione a forma di Y. Questo è molto utile
per comprendere come le patologie dell’anulus aortico possono rapidamente coinvolgere le restanti strutture
cardiache. La regola da ricordare per identificare le cuspidi è che quella non-coronarica è sempre in
continuità con il setto interatriale e che la destra si trova nelle vicinanze del ventricolo destro; la rimanente è
ovviamente la sinistra. E’ possibile visualizzare nella popolazione anziana piccoli ispessimenti nodulari nella
porzione centrale del margine libero delle cuspidi che sono chiamati noduli di Aranzio. Talvolta è possibile
visualizzare l’origine delle coronarie: la sinistra a ore 4, la destra a ore 11. Il tratto d’efflusso si trova
anteriormente alla valvola aortica mentre la valvola tricuspide e quella polmonare si trovano rispettivemente
alla sua sinistra ed alla sua destra. L’atrio sinistro si trova, invece, posteriormente alla valvola aortica e, in
base all’inclinazione della sonda, è possibile visualizzare l’auricola sinistra in corrispondenza della sua
parete laterale. Questa sezione è molto utile per visualizzare le patologie a carico della valvola aortica e può
fornire informazioni circa la presenza di difetti del setto interatriale, solitamente meglio visualizzabili
dall’approccio sottocostale.
Consente di visualizzare la circonferenza del ventricolo sinistro con al centro i due lembi mitralici, l’anteriore
superiormente, il posteriore inferiormente. Il ventricolo destro si trova anteriormente sulla sinistra del
ventricolo sinistro e talvolta è possibile identificare i lembi tricuspidalici. La sezione di considera ottimale
quando il ventricolo sinistro appare perfettamente circolare durante tutto il ciclo cardiaco. In caso di
sovraccarico ventricolare destro (volumetrico e/o pressorio) il setto interventricolare, normalmente concavo
verso il ventricolo sinistro, appare appiattito.
A differenza della precedente, in questa sezione scompare la valvola mitralica a vantaggio dei muscoli
papillari, distinguibili solitamente a ore 4 (l’antero-laterale) ed a ore 8 (il postero-mediale). La sezione di
considera ottimale quando il ventricolo sinistro appare perfettamente circolare durante tutto il ciclo cardiaco.
Il ventricolo destro tende a scomparire.
-) Livello apicale
In questa sezione si riconosce solo l’apice del ventricolo sinistro. La sezione di considera ottimale quando il
ventricolo sinistro appare perfettamente circolare durante tutto il ciclo cardiaco e in caso di assenza dei
gruppi dei muscoli papillari.
APPROCCIO APICALE
Il paziente mantiene il decubito laterale sinistro. In genere, il trasduttore viene posizionato al quinto spazio
intercostale lungo la linea ascellare media. La sfida è ottenere immagini comprendenti il vero apice, che può
essere facilmente mal sezionato a causa dell’orientamento obliquo del fascio ultrasonoro: il vero apice ha
solitamente una parete sottile ed una forma tendenzialmente conica, il falso apice presenta uno spessore di
parete analogo a quello delle altre pareti ventricolari ed una forma rotondeggiante. Nel caso ciò si verifichi
occorre spostare il trasduttore nello spazio intercostale sottostante. Da questo approccio si possono ottenere
le seguenti sezioni:
Questa sezione include le 4 camere cardiache principali (i due ventricoli ed i due atri separati dai rispettivi
setti), la valvola mitralica e tricuspidalica e la “crux cordis”. Consente la quantificazione delle dimensioni delle
camere cardiache mediante il calcolo dei volumi, che vanno sempre indicizzati per la superficie corporea del
paziente. I due ventricoli sono nella zona superiore dell’immagine, i due atri nella inferiore. Secondo le
raccomandazioni delle due principali società di ecocardiografia (europea ed americana), l’orientamento delle
immagini in questa sezione deve essere tale per cui il cuore sinistro risulti a destra. Nel mondo reale dei
laboratori di ecocardiografia la scelta resta soggettiva, anche se lo stimolo a standardizzare le sezioni è
molto forte. Lo studio della crux cardiaca implica la conoscenza del posizionamento maggiormente apicale
della valvola tricuspide rispetto alla mitrale. Anomalie come la malattia di Ebstein o la trasposizione dei
grossi vasi necessitano di questa nozione per poter essere correttamente diagnosticate. La sezione di
considera ottimale quando sono visualizzate la parete antero-laterale, l’apice ed il setto inferiore del
ventricolo sinistro. Il ventricolo destro presenta la classica forma triangolare con dimensione circa 1/3
inferiore a quella del ventricolo sinistro. Al suo interno si distingue una struttura ecogena lineare para-apicale
chiamata bando moderatore. E’ possibile differenziare il lembo settale e quello anteriore (più laterale) della
tricuspide ed il lembo anteriore (settale) e posteriore della mitrale. Inclinazioni del trasduttore consentono lo
studio dello sbocco delle vene polmonari, del seno venoso coronarico e del setto interatriale (sezioni definite
off axis per difficoltà nella standardizzazione). La rotazione del trasduttore di circa 90° e l’utiliz zo di uno
spazio intercostale più alto permettono, infine, di visualizzare al disotto degli atri l’aorta discendente, specie
se dilatata, secondo l’asse longitudinale.
2) Sezione cinque camere
Si ottiene a partire dalla sezione precedente inclinando lievemente il trasduttore in avanti verso la parete
anteriore del torace. In questo modo la valvola aortica e la radice aortica appaiono nel posto
precedentemente occupato dalla crux cordis. E’ il miglior piano per studiare il tratto d’efflusso del ventricolo
sinistro, il flusso valvolare aortico e l’eventuale presenza di un difetto interventricolare perimembranoso.
Consente inoltre di visualizzare la porzione anteriore del setto interventricolare e la parete infero-laterale.
Si ottiene a partire dalla sezione quattro camere dopo aver ruotato il trasduttore in senso antiorario di circa
90°. La sezione di considera ottimale quando sono v isualizzate la parete inferiore (a sinistra), l’apice ed la
parete anteriore (a destra) del ventricolo sinistro con la completa scomparsa delle cavità destre. E’ possibile
distinguere il lembo anteriore e posteriore della mitrale. Consente la quantificazione delle dimensioni delle
camere cardiache sinistre mediante il calcolo dei volumi, che vanno sempre indicizzati per la superficie
corporea del paziente.
Si ottiene a partire dalla sezione precedente ruotando il trasduttore in senso antiorario fino alla comparsa del
tratto d’efflusso del ventricolo sinistro e la valvola aortica. La sezione di considera ottimale quando l’apice è
ben visualizzabile e le cuspidi valvolari aortiche presentano la massima escursione di movimento.
Rappresenta un’alternativa alla sezione parasternale longitudinale quando, per motivi di finestra acustica,
non risulti ottimale.
APPROCCIO SOTTOCOSTALE
Il paziente assume il decubito supino o semiseduto, spesso in inspirio profondo, in modo da avvicinare
maggiormente il cuore alla sonda. Il trasduttore viene posto tra l’apofisi xifoidea e l’arcata costale destra o
sinistra. Questo approccio è impiegato per la valutazione di pazienti con accessi acustici standard non
ottimali per elevata impedenza acustica (a causa di obesità, broncopneumopatia, magrezza eccessiva,
malformazioni toraciche). Il problema principale di questo approccio consiste nella difficoltà di
standardizzazione, poiché la finestra sottocostale è ampia e non esistono punti di repere precisi. Molto utile
nell’ambito della patologia pediatrica, per il riconoscimento del situs e la valutazione dei drenaggi venosi.
Si ottiene inclinando la sonda in alto e verso la clavicola sinistra. L’immagine ottenuta ricorda la sezione
quattro camere apicale ma con un differente orientamento in cui il setto interatriale ed interventricolare
appaiono più perpendicolari al fascio ultrasonoro. Ciò consente una miglior valutazione dei difetti interatriali.
Nella parte superiore dell’immagine, dall’alto in basso, è possibile distinguere il fegato, la parete libera del
ventricolo destro con l’apice orientato a destra, la valvola tricuspide (al centro) e l’atrio destro (sulla sinistra).
Procedendo verso il basso si incontra le due cavità sinistre, l’atrio a sinistra ed il ventricolo a destra,
separate dalla valvola mitralica. Mediante piccoli movimenti di rotazione ed inclinazione del trasduttore, è
possibile ottenere sezioni intermedie focalizzate allo studio delle varie strutture cardiache.
2) Sezione cinque camere o longitudinale del tratto d’efflusso del ventricolo sinistro
Si ottiene a partire dalla sezione precedente inclinando il trasduttore in avanti e ruotandolo di circa 30-45°. In
questo modo la valvola aortica e la radice aortica appaiono nel posto precedentemente occupato dalla crux
cordis. Utile per lo studio del tratto d’efflusso del ventricolo sinistro. L’immagine ottenuta ricorda la sezione
cinque camere apicale.
3) Sezione trasversale
Si ottiene a partire dalla sezione quattro camere dopo aver ruotato il trasduttore in senso antiorario di circa
90°. L’immagine ottenuta ricorda la sezione paraste rnale trasversale. In base all’inclinazione del trasduttore
è possibile lo studio del ventricolo sinistro dal piano mitralico fino a quello apicale, passando per la sezione
dei muscoli papillari.
Si ottiene a partire dalla sezione precedente inclinando superiormente il trasduttore. L’immagine ottenuta
ricorda la sezione parasternale trasversale grandi vasi. Al centro della scansione si trova la valvola aortica
visualizzata “en face” circondata in una sorta di abbraccio dal cuore destro. In particola modo, superiormente
si trova il tratto d’afflusso con la valvola tricuspide a separare l’atrio dal ventricolo destro; alla sua destra si
trova il tratto d’efflusso con la valvola polmonare a separare il ventricolo destro dal tronco dell’arteria
polmonare e la sua biforcazione.
Si ottiene a partire dalla sezione precedente con il trasduttore inclinato verso la destra del paziente. In
questo modo si visualizza la sezione longitudinale della vena cava inferiore ed il suo ingresso in atrio destro,
in prossimità del quale talora sono presenti i residui della valvola di Eustachio. E’ possibile distinguere le
vene sovraepatiche: originano dall’interno del fegato, sono di diametro inferiore e confluiscono all’interno
della vena cava inferiore. Se si orienta il piano di scansione del fascio ultrasonoro ortogonalmente alla
colonna vertebrale si ottiene la sezione trasversale dei vasi addominali, dove è possibile distinguere sulla
sinistra la vena cava inferiore e sulla destra l’aorta addominale. I due vasi sono facilmente distinguibile in
quanto la vena cava inferiore ha posizione più superficiale e non presenta le tipiche pulsazioni arteriose.
APPROCCIO SOPRASTERNALE
Il paziente mantiene il decubito supino ed estende il collo. Spesso è necessario far eseguire un espirio
forzato. Il trasduttore viene posto nella fossetta giugulare.
1) Sezione longitudinale dell’arco aortico
Il trasduttore va orientato verso il basso e ruotato in modo che il fascio ultrasonoro si diriga parallelamente
all’arco aortico. L’immagine ottenuta consente di distinguere al centro l’arco aortico, a sinistra l’aorta
ascendente ed a destra la discendente, secondo il loro asse longitudinale. Al disotto dell’arco è presente la
sezione trasversale del ramo destro dell’arteria polmonare. A destra, dall’alto in basso, si possono
riconoscere l’arteria anonima, la carotide comune sinistra e la succlavia sinistra. Talvolta, al disopra dell’arco
aortico è possibile visualizzare la vena anonima destra. Questa sezione è particolarmente utile per lo studio
degli aneurismi aortici e della coartazione aortica.
Si ottiene a partire dalla sezione precedente ruotando il trasduttore in senso orario di circa 90°. L’ immagine
ottenuta contiene l’arco aortico sezionato trasversalmente ed il ramo destro dell’arteria polmonare sezionato
longitudinalmente.
APPROCCI ACCESSORI
In casi selezionati può essere utile valutare le strutture cardiache da un approccio destro. Il paziente è
posizionato in decubito laterale sinistro. In genere, il trasduttore viene posizionato fra il 3 ed il 5 spazio
intercostale, lungo la linea margino-sternale destra. Tale approccio viene utilizzato principalmente per lo
studio dell’aorta ascendente e del setto interatriale. Nei soggetti con destrocardia l’esame viene ottenuto a
partire da un approccio apicale destro, in modo speculare a quello sinistro.
ECOCARDIOGRAFIA M-MODE
La tecnica M-mode è una tecnica ormai limitata alla valutazione delle dimensioni lineari delle strutture
cardiache. Il tracciato M-mode si ottiene a partire dall’immagine bidimensionale, orientando il raggio
esplorante su di questa, in modo che il cursore venga posizionato perpendicolarmente alla cavità che si sta
studiando. Tutte le risorse del sistema sono quindi focalizzate nella scansione di una sola linea eco. Ciò
permette il più alto valore di campionamento (> 2000 volte al secondo), di gran lunga superiore ai 40-80
frames al secondo utilizzati durante l’analisi bidimensionale. Queste misurazioni sono caratterizzate da una
elevata variabilità a causa della difficoltà ad ottenere un allineamento del fascio ultrasonoro perpendicolare
alla struttura cardiaca studiata. Per questo motivo, l’approccio parasternale ed in alternativa quello
sottocostale sono quelli in cui la tecnica M-Mode è maggiormente utilizzata, riservando l’approccio apicale e
soprasternale a casi limitati.
Dall’approccio parasternale longitudinale l’esame M-Mode consente la valutazione delle dimensioni della
radice aortica e dell’atrio sinistro (situato inferiormente). La traccia M-Mode, classicamente mostra le pareti
della radice aortica come due linee ecodense parallele che si muovono in maniera sincrona durante il ciclo
cardiaco. Al suo interno, in assenza di patologia valvolare aortica, è possibile riconoscere le cuspidi valvolari
aortiche (destra e non coronarica) visualizzate come un’unica linea sottile in fase diastolica (valvola chiusa)
e due linee parallele e distanziate in fase sistolica (valvola aperta). Tramite l’approccio parasternale
longitudinale, è inoltre possibile la valutazione dell’escursione dei lembi mitralici. A seconda della fase del
ciclo cardiaco si possono ricavare varie misurazioni, alcune delle quali utilizzate per stabilire l’andamento dei
riempimenti e quindi delle pressioni intraventricolari: il punto E corrisponde alla massima escursione del
lembo anteriore in protodiastole; il punto A corrisponde al movimento di entrambi i lembi in corrispondenza
della contrazione atriale; il punto C corrisponde alla fusione dei lembi in protosistole; il punto D corrisponde
all’inizio della separazione diastolica dei lembi. Tale analisi è ormai passata in sostanziale disuso dopo lo
sviluppo della tecnica bidimensionale e successivamente tridimensionale.
Dall’approccio parasternale trasversale l’esame M-Mode consente la valutazione delle dimensioni e degli
spessori delle cavità ventricolari. In particolar modo, la principale applicazione riguarda il ventricolo sinistro in
quanto consente la quantificazione, mediante formula matematica pre-impostata nel setting di ciascun
ecografico, della massa ventricolare, un parametro prognostico ormai ampiamente validato in letteratura.
Dall’approccio apicale quatto camere l’esame M-Mode permette infine di poter calcolare un parametro di
funzione sistolica ventricolare sinistra (MAPSE) e destra (TAPSE), che corrisponde al’escursione dell’anulus
mitralico e tricuspidalico rispettivamento.
Lezione 1C
INTRODUZIONE
1
I - PRINCIPI ED EQUAZIONI
I più importanti principi e fenomeni relativi alla dinamica dei flussi sono i seguenti:
• equazioni del flusso e del volume di flusso
• equazione di Bernoulli
• principio ed equazione di continuità
• fenomeno della vena contracta
• fenomeno del recupero di pressione
• fenomeno della regione di convergenza
Equazioni del flusso. Il flusso (o portata) è definito come il prodotto dell’area di sezione di
un condotto per la velocità del flusso:
Q=area x V
Nel caso di un vaso o di una valvola, la velocità viene ottenuta dalla traccia Doppler, che deve
essere registrata nel punto in cui si effettua la valutazione dell’area di sezione del vaso o della
valvola. Il flusso che viene calcolato è quello istantaneo poiché la velocità che si può
direttamente misurare sulla traccia Doppler è quella istantanea:
Se la velocità istantanea che viene misurata è quella massima o di picco, il flusso calcolato è
quello istantaneo massimo o di picco:
Talvolta l’area del condotto o della valvola varia durante il ciclo cardiaco. Pertanto il momento
in cui si effettua il calcolo dell’area del condotto o della valvola deve corrispondere, dal punto
di vista temporale, al momento in cui viene misurata la velocità istantanea.
Un altro parametro di interesse è il volume di flusso, cioè la quantità di sangue che
attraversa la sezione di un vaso o di una valvola in un certo periodo di tempo, ad esempio
durante la sistole o la diastole. In questo caso non si utilizza la velocità istantanea del flusso
ma l’integrale tempo-velocità (ITV) della curva Doppler di velocità, il quale si esprime in unità
metriche:
Un esempio di volume di flusso è lo stroke volume aortico (“aortic stroke volume”), cioè la
quantità di sangue che il ventricolo sinistro espelle in aorta durante la sistole eiettiva, oppure il
volume di afflusso mitralico (mitral inflow volume), cioè la quantità di sangue che durante la
fase di riempimento ventricolare attraversa la valvola mitrale. Affinchè la formula possa
essere applicata è necessario che l’area di sezione del vaso o della valvola o dell’anello
valvolare attraverso cui passa il flusso non vari nel tempo.
L’equazione è la seguente:
L’equazione è la seguente: 20
P2-P1
Principio
di continuità. In un sistema chiuso con massa di flusso costante, il flusso è
costante. Ne deriva, ad esempio, che il flusso prossimale a un orificio ristretto è uguale a
quello che attraversa l’orificio. Se nel sistema il flusso è costante, ad ogni punto del
costanteèanche
sistema il prodotto
costante anche iltra area ditra
prodotto sezione
area didel condotto
sezione del econdotto
velocitàedivelocità
flusso. di
Questa
flusso.è la
cosiddetta
Questa è laequazione
cosiddettadiequazione
continuità:di continuità:
Fenomeno della
Fenomeno della vena
venacontracta.
contracta.Quando
Quandoununflusso
flussoattraversa
attraversaun
unorificio
orificioristretto
ristrettolelelinee
linee di
flusso
di continuano
flusso continuanoa convergere anche anche
a convergere dopo il dopo
superamento dell’orificio,
il superamento per poi divergere.
dell’orificio per poi La
21
vena contracta è la zona in cui l’area di sezione del flusso è minima e la velocità di flusso è
massima.
divergere. La vena contracta è la zona in cui l’area di sezione del flusso è minima e la
velocità di flusso è massima.
f lu s s o f lu s s o
L’ area a livello della vena contracta costituisce la cosiddetta area valvolare funzionale o
L’ effettiva
area a(Ae) ed èdella
livello normalmente il 65-85%
vena contracta dell’arealaanatomica
costituisce cosiddetta(Aa)
areaa livello dell’orificio
valvolare [nel o
funzionale
caso di orifici rigurgitanti si definisce EROA = effective regurgitant orifice
effettiva (Ae) ed è normalmente il 65-85% dell’area anatomica (Aa) a livello dell’orificio [nel area]. Il rapporto
casofra l’area funzionale
di orifici e l’ area
rigurgitanti anatomica
si definisce EROAè il cosiddetto
= effective coefficiente di contrazione
regurgitant orifice area]. Il (CC):
rapporto fra
l’area funzionale e l’ area anatomica è il cosiddetto coefficiente di contrazione (CC):
CC = Ae / Aa = 0,65 - 0,85 (<1)
CC = Ae / Aa = 0,65 - 0,85 (<1)
Il fenomeno della vena contracta è molto importante da conoscere in quanto esso entra a
Ilfar fenomeno della vena
parte di alcuni metodi contracta è moltodelle
di valutazione importante da conoscere
insufficienze in quanto
e delle stenosi esso entra a far
valvolari.
parte di alcuni metodi di valutazione delle insufficienze e delle stenosi valvolari.
Fenomeno del recupero di pressione. Dopo la vena contracta le linee di flusso
cominciano a divergere e la velocità di flusso 4
si riduce: ciò determina un progressivo
aumento della pressione, fenomeno noto appunto come recupero distale di pressione (o
distal pressure recovery).
fra l’area funzionale e l’ area anatomica è il cosiddetto coefficiente di contrazione (CC):
EE + +EE
cinetica
cinetica = =KK
potenziale
potenziale
L’energia cinetica è uguale a 1⁄2 mv2, dipende cioè dalla velocità del flusso, mentre l’energia
potenziale equivale alla pressione laterale. Pertanto, alla vena contracta la P è bassa in
quanto la V è alta mentre distalmente la P aumenta in quanto la V diminuisce.
Il pressure
recovery dipende anche dalla geometria dell’orificio e degli effetti viscosi che generano
turbolenze.
Area di convergenza del flusso. Il flusso che si avvicina ad un orificio ristretto si organizza
secondo linee di flusso convergenti verso l’orificio. Su ognuna di queste linee alla stessa
distanza dall’orificio la velocità del flusso è la stessa. I punti di isovelocità possono essere
uniti idealmente da linee di isovelocità curve ciascuna delle quali ha un proprio raggio: le linee
con raggio minore hanno velocità maggiore e viceversa.
5
Area di convergenza del flusso. Il flusso che si avvicina ad un orificio ristretto si
organizza secondo linee di flusso convergenti verso l’orificio. Su ognuna di queste linee
alla stessa distanza dall’orificio la velocità del flusso è la stessa. I punti di isovelocità
possono essere uniti idealmente da linee di isovelocità curve ciascuna delle quali ha un
proprio raggio: le linee con raggio minore hanno velocità maggiore e viceversa.
Linee di flusso
Linee di
isovelocità
àà
Flusso Orificio
rigurgitante rigurgitante
Nello
Nellospazio
spazio tridimensionale la regione
tridimensionale di convergenza
la regione può essere
di convergenza pensata
può esserecome una come una serie di
pensata
serie di semisfere di isovelocità concentriche: la semisfera più piccola ha la velocità
semisfere di isovelocità concentriche: la semisfera più piccola ha la velocità maggiore. A
maggiore. A livello di ogni semisfera il flusso è lo stesso ed è il prodotto dell’area di
livello didella
superficie ogni semisfera
semisfera per la ilvelocità
flusso cheèlalo stesso ed è il prodotto dell’area di superficie della
caratterizza:
semisfera per la velocità · V = 2πr2 · V = 6.28r2 · V
che la caratterizza:
Q = area semisfera
Area del cerchio. Questa formula si applica frequentemente in ecocardiografia per calcolare
l’area di sezione di un condotto o di un orificio circolare. Essa può essere espressa in modi
diversi ma in genere si tende ad applicarla utilizzando il diametro del condotto o dell’orificio,
cioè la misura che viene effettivamente eseguita:
6
Lo stroke volume (SV) anterogrado è la quantità di sangue espulsa dal ventricolo sinistro in
aorta ad ogni battito. In assenza di insufficienza mitralica o difetto interventricolare esso
coincide con lo stroke volume totale del ventricolo sinistro, calcolato come differenza fra il
volume telediastolico e telesistolico. Tuttavia, in presenza delle situazioni patologiche su
citate, lo stroke volume anterogrado è minore di quello totale poiché una quantità di sangue
durante la sistole rigurgita in atrio sinistro o passa nel ventricolo destro.
La portata cardiaca (PC) è per definizione quella anterograda ed è la quantità di sangue
espulsa dal ventricolo sinistro in aorta in un minuto. Se indicizzata per la superficie corporea
(BSA) essa si definisce indice cardiaco (IC). Si hanno pertanto le seguenti formule:
PC (l/min) = SV anterogrado x FC
IC (l/min/m2) = PC/BSA
Questo approccio:
• richiede l’eco 3D-RT per una stima accurata dei volumi;
• non è applicabile in presenza di insufficienza mitralica o difetto interventricolare
(calcola lo
stroke volume totale e dunque sovrastima lo SV anterogrado);
• va usato con cautela in presenza di immagini di cattiva qualità, che possono
pregiudicare
l’accuratezza del risultato.
dove TESV è l’area del tratto di efflusso ventricolare sinistro. Questo approccio:
• assume che l’area del tratto di efflusso non cambi durante la sistole;
• non è applicabile in presenza di stenosi aortica (di qualunque grado) e di altre ostruzioni
all’efflusso ventricolare sinistro.
L’area del tratto di efflusso viene calcolata a partire dal suo diametro. Si utilizza in genere il
diametro a livello dell’anello aortico, che la zona dove è maggiormente soddisfatta la
geometria circolare. Supponendo che D=1.1 cm e ITV=21.5 cm si ha:
7
Lo stroke volume anterogrado andrebbe calcolato in tutte quelle situazioni in cui è presente
insufficienza mitralica o DIV o DIA e si vuole conoscere la portata anterograda. In presenza di
IM o DIV il metodo da utilizzare è quello eco-Doppler. Per ottenere risultati affidabili è
necessaria una curva di apprendimento con confronto dei valori ottenuti con quelli forniti da
una metodica indipendente (possibilmente non ultrasonora).
8
La quantificazione degli shunt intracardiaci si basa sul calcolo delle portate anterograde di
destra e di sinistra utilizzando i concetti e i metodi esposti in precedenza.
In presenza di uno shunt intracardiaco sinistra-destra, la portata anterograda destra (portata
polmonare, Qp) è maggiore di quella sinistra aortica (portata sistemica, Qs). La differenza fra
le due portate (Qp-Qs) equivale al flusso di shunt. Il rapporto fra le due portate (Qp/Qs) è un
indice della gravità dello shunt.
Per il calcolo di Qp e Qs si utilizza il metodo integrato eco-
Doppler utilizzando la formula generale:
dove TEVD=tratto di efflusso del ventricolo destro. Analogamente al caso del TEVS, la misura
del diametro del TEVD viene generalmente fatta a livello dell’anello della valvola polmonare.
A questo stesso livello viene posizionato il volume campione del Doppler pulsato. Per il
calcolo del rapporto Qp/Qs si può ovviamente omettere la FC e utilizzare solo i due stroke
volume.
9
IV – GRADIENTI DI PRESSIONE
Le principali condizioni cliniche in cui è utile la valutazione dei gradienti di pressione sono:
• stenosi valvolari (aortica, mitralica, polmonare, tricuspidale);
• altre ostruzioni all’efflusso ventricolare sinistro (CMP ipertrofica, stenosi sotto
e
sopravalvolari);
• insufficienze valvolari;
• protesi valvolari;
• coartazione aortica;
• difetto interatriale e interventricolare.
Il calcolo dei gradienti di pressione viene effettuato utilizzando le tracce Doppler CW e si basa
su una semplificazione della equazione di Bernoulli:
L’equazione, tuttavia, consente il calcolo di una pressione se è nota l’altra pressione che
genera il gradiente. Ad esempio, se consideriamo uguale a 30 mmHg il gradiente sistolico
transtricuspidale fra ventricolo destro (VD) e atrio destro (AD) e se assumiamo che la
pressione in AD è uguale a 5 mmHg, si ha che:
e quindi che:
10
cateterismo.
Aumento del momento per aprire alcuni tipi di protesi valvolari
Cause
GRADIENTEdi sovrastima.
SISTOLICO AORTICO Nell’ esempio della figura sotto riportata vi è una V2-max di 3.7 m/sec
ma anche una V1 significativa
Il gradiente sistolico aortico
di 1.3 m/sec.
istantaneo di picco può essere utilizzato come esempio per
sottolineare le peculiarità e i limiti dell’equazione di Bernoulli semplificata..
In questo esempio vi è una V2 di 3.7 m/sec ma anche una V1 significativa di 1.3 m/sec.
Applicando l’equazione semplificata alla sola velocità max V2 di 3.7 m/sec si ottiene un ΔP
Applicando l’equazione semplificata alla sola velocità V di 3.7 m/sec si ottiene un ∆P
di 54.8 mmHg. Invece, usando l’equazione completa che include anche la V1 di 1.3 m/sec, 2-max
istantaneo di picco di 54.8 mmHg. Invece, usando l’equazione completa che include anche la
si ottiene un gradiente istantaneo di picco di 48 mmHg, minore di quello calcolato con
l’equazione semplificata. In altri termini, quando V1 è significativa l’equazione semplificata
V di 1.3 m/sec, si ottiene un ∆P di 48 mmHg, minore di quello calcolato con l’equazione
tende
1 a sovrastimare l’entità della stenosi rispetto al cateterismo. In questi casi, pertanto,
va utilizzata l’equazione completa: ΔP = 4 (V22 – V12).
semplificata. In altri termini, quando V1 è significativa, l’equazione di Bernoulli semplificata
tende a sovrastimare l’entità della stenosi rispetto al cateterismo. In questi casi, pertanto, va
utilizzata l’equazione completa: ∆P = 4 (V22 – V12).
11
Nella stenosi mitralica il gradiente di interesse è solo quello diastolico medio, calcolato dalla
28
traccia dell’onda Doppler CW registrata nella sezione apicale 4 camere.
Pertanto:
Pertanto:
in presenza di stenosi severe: ΔP si riduce se il flusso transvalvolare anterogrado è
• ridotto,
•
in presenza
ad esempio di per
stenosi
aumento severe: ∆P si riduce
della frequenza se il flusso transvalvolare anterogrado
cardiaca;
•
ridotto, ad
inèpresenza esempio
di stenosi perΔP
lievi: aumento
può essere dellaaumentato
frequenza se cardiaca;
il flusso transvalvolare
• in presenza di stenosi lievi: ∆P può essere
anterogrado è aumentato, ad esempio per presenza di significativaaumentato
insufficienza se il flusso
mitralica.
transvalvolare
anterogrado è aumentato, ad esempio per presenza di significativa
Altre fonti di errore nella stima del gradiente diastolico mitralico sono:
insufficienza
mitralica.
• cattivo allineamento del fascio (possibile sottostima) [va comunque considerato che
Altre fonti di errore
nella stenosi nella l’allineamento
mitralica stima del gradiente
del fasciodiastolico
ultrasonoro mitralico sono: del flusso
con la direzione
• è cattivo
in genereallineamento
meno problematico del fascio
rispetto (possibile sottostima) [va comunque considerato che
alla stenosi aortica];
• coesistenza di significativa insufficienza aortica (possibile
nella stenosi mitralica l’allineamento del fascio ultrasonoro sovrastima). con la direzione del flusso è
in genere meno problematico rispetto alla stenosi aortica];
• coesistenza di significativa insufficienza aortica (possibile sovrastima).
13
V - AREE VALVOLARI
1-STENOSI AORTICA
Vi sono vari metodi per ottenere il valore dell’area valvolare nella stenosi aortica, riassunti
schematicamente di seguito:
METODO ECO-DOPPLER 2D. Si basa sull’equazione di continuità, in base alla quale l’area a
livello della valvola può essere calcolata conoscendo l’area a livello del tratto di efflusso (TE)
e gli integrali velocità-tempo (IVT) del flusso a tutti e due i livelli (IVTpw TE e IVT cw):
L’area di TE moltiplicata per l’IVTpw TE esprime, come si è già detto più volte, lo SV
anterogrado del ventricolo sinistro. Dunque, utilizzando le formule già descritte in precedenza,
si ha che:
StAo = SV = 0.785 · D2 · ITVpw
IVT cw IVT cw
Se il diametro del TE è 1.1 cm e gli ITV 21.5 cm e 104 cm, si ha che:
METODO ECO-DOPPLER 3D. Si basa sostanzialmente sullo stesso principio del metodo
precedente con la differenza che lo SV viene calcolato con l’ecocardiografia 3D come
differenza del volumi telediastolico e telesistolico ventricolare. Questo metodo, ovviamente,
14
presuppone che lo SV ottenuto dai volumi sia uguale a quello anterogrado aortico e ciò
richiede che non vi siano perdite nel sistema, cioè assenza di insufficienza mitralica e di shunt
interventricolare.
Limiti generali
• Non sempre è facile l’allineamento parallelo del Doppler CW con ladirezione del
flusso
per la misura di Vmax.
• Necessità di effettuare più misurazioni (5-10) in presenza di aritmie
(fibrillazione
atriale).
Limiti specifici del metodo eco-Doppler 2D
• Difficile la corretta misura del diametro del tratto di efflusso in presenza di
calcificazioni
o di cattiva qualità delle immagini.
• Necessità di posizionare correttamente il volume campione del Doppler PW nel tratto
di
efflusso dove viene fatta la misura del diametro.
Limiti specifici del metodo eco-Doppler 3D
•
Non applicabile se presente insufficienza mitralica.
• Non applicabile se scadente qualità delle immagini 3D.
2- STENOSI MITRALICA
Vi sono vari metodi per ottenere il valore dell’area valvolare nella stenosi mitralica, riassunti
schematicamente di seguito:
15
METODO DOPPLER PHT. A mano a mano che la stenosi aumenta, il gradiente pressorio
diastolico atrio-ventricolare tende a diminuire sempre più lentamente così che la pendenza
31
dell’onda di riempimento si riduce (da A a C nella figura sottostante): 31
IlIlPHT
PHT(pressure
(pressurehalf-time)
half-time)è èil iltempo
tempoin in
cuicui
il gradiente pressorio
il gradiente si èsidimezzato.
pressorio Esso
è dimezzato. viene
Esso
Ilviene
PHTcalcolato
calcolato(pressure half-time)
sulla traccia è il
velocitometrica tempo in cui il
transmitralica gradiente pressorio
ottenenuta mediantesi è dimezzato.
Doppler
sulla traccia velocitometrica transmitralica ottenenuta mediante Doppler CW: Esso
viene
CW: calcolato sulla traccia velocitometrica transmitralica ottenenuta mediante Doppler
CW:
Inun
In unsoggetto
soggettonormale
normaleil ilPHTPHTè ècirca
circa20-60
20-60 msec,
msec, nella
nella stenosi
stenosi mitralica
mitralica è compreso
è compreso fra
frafra
100-
In un soggetto
100-400 msec. normale
L’area il
della PHT è circa
stenosi 20-60
mitralica msec,
è nella
inversamentestenosi mitralica
proporzionale èalcompreso
PHT e viene
400 msec. L’area
100-400 della stenosi mitralica
mitralicaèèinversamente
inversamente proporzionale al PHT
PHTe e viene
calcolatamsec. L’area
utilizzando ladella
formula stenosi
seguente: proporzionale al viene
calcolata
calcolatautilizzando
utilizzandolalaformula
formulaseguente:
seguente:
Area Stenosi Mitralica = 220 / PHT
AreaStenosi
Area StenosiMitralica
Mitralica==220
220/ /PHT
PHT
La costante 220 è stata ottenuta empiricamente 16
dalla correlazione fra i valori di PHT e i
La costante 220 è stata ottenuta empiricamente dalla correlazione fra i valori di PHT e i
valori di area valvolare ottenuti con la formula di Gorlin. Quando PHT = 220 msec l’area
valori di area
valvolare valvolare
mitralica ottenuti
è uguale a 1con
cm22la, quando
formula èdi minore
Gorlin. di
Quando PHT l’area
220 msec. = 220 èmsec l’area
> 1 cm 2
2 e
valvolare
quando è mitralica
maggioreèdiuguale a 1 cm
220 msec. , quando
l’area è2.minore di 220 msec. l’area è > 1 cm e
è < 1 cm
2
La costante 220 è stata ottenuta empiricamente dalla correlazione fra i valori di PHT e i valori
di area valvolare ottenuti con la formula di Gorlin. Quando PHT = 220 msec, l’area valvolare
mitralica è uguale a 1 cm2, quando è minore di 220 msec. l’area è > 1 cm2 e quando è
maggiore di 220 msec. l’area è < 1 cm2.
I vantaggi del metodo sono:
• elevata fattibilità
• bassa variabilità legata all’ osservatore
• relativa indipendenza dalla frequenza cardiaca e dalla portata cardiaca (a
differenza
del gradiente pressorio).
Il limite principale del metodo è che il PHT dipende, oltre che dalla stenosi valvolare, anche
da tutte le cause che variano la P atriale e ventricolare. Ad esempio: se la compliance del VS
si riduce (IAo, ischemia, ipertrofia) la P ventricolare aumenta, il PHT si accorcia e il rapporto
220/PHT aumenta: pertanto, anche se l’area valvolare mitralica non è cambiata, viene
calcolato un valore di area più grande, cioè la stenosi viene sottostimata.
METODO PISA. Poichè nella stenosi mitralica i lembi hanno una configurazione ad imbuto,
l’area di convergenza del flusso non è in genere una semisfera ma è più piccola di una
semisfera. Pertanto occorre moltiplicare 2 π r2 (area della semisfera) per un fattore correttivo
che tiene conto dell’angolo α formato dai lembi. Tale fattore correttivo è α/180°.
17
SVao/polm = 0.785 · D2 · ITVPW
METODO PISA. Poichè nella stenosi mitralica i lembi hanno una configurazione ad
imbuto, l’area di convergenza del flusso non è in genere una semisfera ma è più piccola di
una semisfera.
METODO PISA.Pertanto
Poichè occorre moltiplicare
nella stenosi 2πr2i (area
mitralica lembi della
hannosemisfera) per un fattore
una configurazione ad
correttivo dell’angolo
imbuto, l’area α formatodel
di convergenza daiflusso
lembi.non
Tale fattore
è in genere correttivo è α/180°ma
una semisfera . è più piccola di
una semisfera. Pertanto occorre moltiplicare 2πr2 (area della semisfera) per un fattore
correttivo dell’angolo α formato dai lembi. Tale fattore correttivo è α/180°.
α
α
dove Va è, come è noto, la velocità di aliasing e Vpeak la velocità massima misurata sulla
traccia Doppler CW.
Il limite principale di questo metodo è proprio nella misura dell’angolo
sulle immagini color Doppler che, per essere rapida e accurata, richiede un software dedicato.
I limiti dei vari metodi finora discussi per ottenere il valore di area valvolare nella stenosi
mitralica sono schematicamente riassunti di seguito:
METODO PLANIMETRICO
• Talvolta difficile il taglio appropriato della valvola
• Planimetria difficile se calcificazioni
METODO DEL PHT
• Insufficienza aortica importante
• Insufficienza mitralica importante
• Ridotta compliance del ventricolo sinistro (cardiopatia ischemica, ipertrofia)
METODO ECO-DOPPLER
• Time-consuming
• Insufficienza mitralica importante
• Non applicabile se valvola aortica/polmonare anormali
METODO PISA
• Time-consuming
• Difficile la misura dell’angolo formato dai lembi
18
VI - RIGURGITI VALVOLARI
La quantificazione dei rigurgiti valvolari si basa sul calcolo dei seguenti parametri:
• volume di rigurgito: è la quantità di sangue che rigurgita per battito (ml);
• frazione di rigurgito: è la quantità di sangue che rigurgita per battito espressa
come
percentuale (%) del sangue che passa in senso anterogrado attraverso la
valvola;
• flusso di rigurgito: è la quantità di sangue che rigurgita al minuto (ml/min) e si
calcola
moltiplicando il volume di rigurgito per la frequenza cardiaca;
• area dell’orificio rigurgitante: è l’area di superficie dell’orificio valvolare attraverso
cui
passa il flusso rigurgitante (cm2) e che può essere anatomica o funzionale a
seconda che si riferisca alla valvola o alla vena contracta del jet.
Il volume rigurgitante può essere espresso come frazione di rigurgito (%), cioè come:
Metodo PISA. E’ basato sulla legge di conservazione della massa e sul principio di continuità:
il flusso calcolato a livello dell’area di convergenza (prima dell’orificio rigurgitante) è uguale al
flusso che rigurgita (dopo l’orificio rigurgitante). Il volume rigurgitante può essere calcolato
come il prodotto dell’area rigurgitante effettiva o funzionale (effective regurgitant orifice area,
EROA) per l’integrale della velocità di rigurgito:
19
continuità: il flusso calcolato a livello dell’area di convergenza (prima dell’orificio
continuità: il èflusso
rigurgitante) ugualecalcolato
al flussoa che
livello dell’area
rigurgita di convergenza
(dopo (prima dell’orificio
l’orificio rigurgitante). Il volume
rigurgitante) è uguale al flusso che rigurgita (dopo l’orificio rigurgitante).
rigurgitante può essere calcolato come il prodotto dell’area rigurgitante effettiva Il volume o
rigurgitante può essere calcolato come il prodotto dell’area rigurgitante effettiva o
funzionale (effective regurgitant orifice area, EROA) per l’integrale della velocità di
funzionale (effective regurgitant orifice area, EROA) per l’integrale della velocità di
rigurgito:
rigurgito: VOLrig = EROA x ITVrig
VOL
VOLrigrig==EROA
EROAx xITVITV
rigrig
EROA viene calcolata con il metodo PISA utilizzando la tecnica color Doppler, come sotto
EROA viene calcolata con
EROA con ilil metodo
metodo PISA
PISAutilizzando
utilizzandola tecnica color Doppler, come sotto
descritto. ITVrig viene ottenuto dalla traccia Doppler CW ladeltecnica color
rigurgito. Doppler, come sotto
descritto. ITV viene ottenuto dalla traccia Doppler CW del rigurgito.
rig viene ottenuto dalla traccia Doppler CW del rigurgito.
descritto. ITVrig
Calcolo
Calcolo di EROA. IlIl color
color Doppler
Dopplerèècapace
in grado
di di identificare
identificare l’area
l’area di di convergenza
convergenza deldel flusso
flusso
Calcolo
nel di EROA. Il color Doppler è capace di identificare l’area di convergenza del flusso
nel ventricolo
ventricolo sinistro.
sinistro.
nel ventricolo sinistro.
rr
La prima interfaccia
La interfaccia rosso-blu
rosso-blu dell’aliasing
dell’aliasing (quella
(quella più piùdistale
distaleall’orificio
all’orificiorigurgitante)
rigurgitante)
La prima interfaccia rosso-blu dell’aliasing (quella più distale all’orificio rigurgitante)
corrisponde
corrisponde alla superficie di una delle semisfere dell’area di convergenza di flusso. A
corrisponde alla alla superficie
superficiedidiuna unadelle
dellesemisfere
semisfere dell’area
dell’area di convergenza
di convergenza di flusso.
di flusso.A livello
A
livello
di di
tale di tale interfaccia
interfaccia il sangueil sangue ha la velocità
ha la velocità di aliasing
di aliasing Va e la (Va) e la
distanzadistanza dall’orificio
dall’orificio è
è il raggioil
livello tale interfaccia il sangue ha la velocità di aliasing (Va) e la distanza dall’orificio è il r.
raggio r. Utilizzando
Utilizzando il modelloilil modello semisferico,
semisferico, conoscendo conoscendo
il raggio il raggio
r e larr e la velocità
velocità di aliasing
di aliasing Va è
raggio r. Utilizzando modello semisferico, conoscendo il raggio e la velocità di aliasing
Va è possibile
possibile calcolare
calcolare il il
flusso flusso istantaneo
istantaneo (Q , (Qi, ml/sec)
ml/sec) a a
livellolivello
della della semisfera
semisfera di di aliasing:
aliasing:
Va è possibile calcolare il flusso istantaneo ist (Qi, ml/sec) a livello della semisfera di aliasing:
Q .. V = 2πr22 .. Va
Qii =
= area
area semisfera
semisfera V = 2πr Va
Se Qi è quello massimo durante il periodo di rigurgito (Qimax) e se si misura la velocità
Se Q
Se Qiist èè quello
quello massimo
massimo durante ilil periodo didirigurgito (Qi
(Qmax ) e) se si misura la la
velocità
massima di rigurgito con il durante
Doppler CW periodo
a livello rigurgito
transmitralico (Vmaxe),se
ist-max si misura
è possibile velocità
calcolare
massima
massima di
di rigurgito
rigurgito con
con il
il Doppler
DopplerCWCW aalivello
livellotransmitralico
transmitralico (V max
(V ), è
), possibile
è possibilecalcolare
calcolare
EROA come segue: max
EROA come
EROA come segue:
segue:
35
Metodo PISA: aspetti tecnici. Nell’applicazione del metodo PISA occorre tener presente
alcuni aspetti tecnici:
• Ottimizzare le immagini color Doppler
• Ingrandire l’immagine con l’area di convergenza (zoom)
• Freezare il cineloop
• Scegliere il frame adatto (in genere quello mesosistolico nelle insufficienze
olosistoliche con acme mesosistolico)
• Shift dello zero per evidenziare l’aliasing
• Misurare il raggio del PISA
21
SEZIONI SINISTRE
• pressione striale sinistra
• pressione telediastolica ventricolare sinistra
SEZIONI DESTRE
•
pressione atriale destra
• pressione arteriosa polmonare
• resistenze vascolari polmonari
Può essere calcolata in presenza di rigurgito mitralico. Il gradiente del rigurgito mitralico è
dato dalla differenza di pressione tra ventricolo (VS) ed atrio (AS) in sistole:
per cui:
PAS = PVSsist – (4v2)
ESEMPIO. Se Vmax = 3.5 m/s, gradiente sistolico mitralico = 49 mmHg e PAsist-omerale = 100
mmHg, allora PAS = 100 - 49 = 51 mmHg.
LIMITE. Se vi è ostruzione all’ efflusso del VS, la PVSsist differisce dalla PAsist-omerale per la
presenza di una gradiente pressorio e il metodo non può essere applicato.
Può essere calcolata in presenza di rigurgito aortico. Il gradiente telediastolico (TD) del
rigurgito aortico è dato dalla differenza di pressione tra aorta e ventricolo:
22
per cui:
PTDVS = Pdiast Ao – (4v2)
ESEMPIO. Se VTD = 3.8 m/s, ∆PTD aortico = 58 mmHg e PAdiast-omerale = 70 mmHg, allora
PTDVS = 70 - 58 = 12 mmHg.
LIMITE. L’identificazione precisa della VTD sulla traccia Doppler CW può essere talvolta
difficile e determinare una stima molto imprecisa della P ventricolare.
La stima della PAD si basa sull’indice di collassabilità cavale (IC): variazione % inspirio-
espirio del diametro cavale (< la variazione dimensionale del vaso, > la PAD).
La vena cava
viene visualizzata dalla finestra sottocostale: 37
Questometodo
Questo metodoha hanumerosi
numerosilimiti.
limiti.
1-Limiti legati alla stima della PAD:
1-Limiti legati alla stima della PAD:
• misurare PVC quando possibile;
• misurare PVC quando possibile;
• valutazione clinica pressione venosa giugulare in accurata;
•• valutazione
assunzioneclinica
PAD =della pressione
10 mmHg venosa giugulare inaccurata;
in accurata;
•• assunzione
stima PAD PAD in 3 =classi
10 mmHg(5 - 10inaccurata;
- 15 mmHg) basata su valore basale + riduzione
• stima PAD in 3 classi
inspiratoria del diametro vena cava (5 - 10 inferiore
- 15 mmHg) basata
più accurata su sevalore
anche basale
permane una +
riduzione
valutazione
inspiratoria
grossolana.del diametro vena cava inferiore più accurata, anche se permane
una
v alutazione grossolana.
2-Limiti legati all’assunzione PVDmax=PAPs
• se stenosi polmonare o ostruzione del tratto di efflusso del ventricolo destro tale
assunzione non è valida (PVDmax ≠ PAPs). 24
3-Limiti legati alla velocità del rigurgito tricuspidalico
• la velocità del rigurgito può essere ridotta (<2 m/s) se insufficienza / infarto del VD o
severa IT se PAD molto aumentata
La valutazione della PAPTD si effettua in presenza di insufficienza polmonare con il seguente
approccio:
• registrazione della traccia Doppler CW dell’insufficienza polmonare;
• calcolo della PAPTD con la seguente formula:
dove vtd rappresenta la velocità telediastolica del rigurgito polmonare e PVDTD la pressione
del ventricolo destro in telediastole.
Poiché PVDTD = PAD (pressione striale destra), la formula sopra riportata diviene:
25
pressione del ventricolo destro in telediastole.
• Poiché PVDTD = PAD (pressione striale destra), si ha che:
Sulla curva Doppler pulsato della valvola polmonare si calcola il tempo al picco dell’ efflusso
polmonare, detto “tempo di accelerazione” (Acceleration Time, AcT). Se PAP media ↑, AcT↓.40
PAP MEDIA (PAPm)
Sulla curva Doppler pulsato della valvola polmonare si calcola il tempo al picco dell’
efflusso polmonare, detto “tempo di accelerazione” (Acceleration Time, AcT). Se PAP
media ↑, AcT↓.
L’AcT normale è > 120 ms. Un AcT < 90 ms identifica una PAPm >20 mmHg con una
sensibilità dell’80%.
L’AcT normale è > E’
120stata
ms.proposta
Un AcT anche
< 90 una equazioneuna
ms identifica (equazione
PAPm >20di Mahan)
mmHg per
conlauna
stima della dell’80%.
sensibilità PAPm: E’ stata proposta anche una equazione (equazione di Mahan) per la
stima della PAPm:
PAP media = 79 – 0.45 AcT
26
I limiti di questo approccio sono nel fatto che l’ AcT dipende dai seguenti fattori:
• frequenza cardiaca (l’Act va corretto per frequenze < 60 bpm e > 100 bpm);
I limiti di questo approccio sono nel fatto che l’ AcT dipende dai seguenti fattori:
• frequenza cardiaca (l’Act va corretto per frequenze < 60 bpm e > 100 bpm);
• portata cardiaca destra (se DIA, AcT può essere normale anche con
PAP
aumentata).
Anche le resistenze vascolari polmonari (RVP) possono essere stimate con metodo incruento
in presenza di insufficienza tricuspidale.
Sulla curva Doppler CW dell’insufficienza tricuspidale (IT) si calcola la velocità di picco (Vmax
IT) e sulla curva Doppler PW a livello del tratto di efflusso del ventricolo destro (TEVD) si
misura l’ITV. Il rapporto VmaxIT/ITVTEVD è correlato alle RVP calcolate con il cateterismo; in
particolare un rapporto >2 indica un valore di RVP >2 unità Wood.
E’ stata proposta anche una equazione per la stima delle RVP con tecnica Doppler:
27
1
LEZIONE 2A
I progressi nello sviluppo e nel perfezionamento della metodica ecocardiografica hanno permesso
già da quasi dieci anni di validare, nella quantificazione delle dimensioni delle camere cardiache, la
tecnica bidimensionale.
L’utilizzo delle armoniche, di trasduttori ad elevata frequenza, il sostanziale perfezionamento del
software a disposizione dell’ecocardiografista, hanno determinato l’accostamento progressivo all’
“immagine reale” delle camere cardiache.
Pertanto, abbiamo assistito all’abbandono di tecniche di misurazione che si proponevano di
colmare limiti tecnici intrinseci ai primi equipaggiamenti, in favore di misurazioni il più possibile
fedeli alla realtà.
Vedasi, ad esempio, la misurazione in M-Mode degli spessori e dei volumi, condotta in base al
principio “leading edge-to-leading edge”, soppiantata oggi dalle misurazioni effettive dell’immagine
in M-Mode o 2D ottenute con l’uso della seconda armonica.
Già nel 1989, l’ASE pubblicava su JASE un articolo sulle raccomandazioni per la quantificazione
delle misure del ventricolo sinistro in ecocardiografia 2D.
Le più recenti linee-guida pubblicate sullo stesso giornale, dal medesimo comitato, in accordo con
l’ESC, raccomandano l’uso integrato delle misurazioni in M-Mode, 2D e, ove disponibile, 3D, dato
che permane l’impossibilità di uniformare una singola tecnica di misurazione alla moltitudine di
finestre acustiche e situazioni cliniche oggettive.
Permane una discreta variabilità inter- ed intra-osservatore che potrebbe essere nella maggior
parte dei casi superata dall’integrazione, appunto, dei diversi approcci.
Approcci che presentano, ciascuno, vantaggi e svantaggi:
L’M-Mode ad esempio è caratterizzato da una maggiore risoluzione grazie all’elevato frame-rate.
Grazie a questo, quando si effettua una misura è possibile distinguere correttamente le varie
strutture che si sovrappongono (come ad esempio la corda tendinea tricuspidale che si
sovrappone al setto interventricolare). Di contro, in caso di geometria “distorta” delle camere
cardiache, non è possibile orientare perpendicolarmente la linea monodimensionale e l’immagine
ottenuta provoca per lo più una sovrastima delle misure monodimensionali dei ventricoli. Tale
problema è superato in alcuni apparecchi dall’uso dell’Anatomical M-Mode, che permette un
posizionamento della linea M-mode utilizzando piani off axis.
L’approccio bidimensionale, di contro, permette di orientarsi in maniera ottimale rispetto alla
camera in esame, ma sulla scorta di un potere di risoluzione minore (frame rate minore) e
consente la misurazione di una singola fase del ciclo cardiaco per volta.
Accorgimenti che permettono una maggiore accuratezza della misurazione delle camere cardiache
comprendono :
a) modifiche del decubito del paziente, il quale deve essere invitato ad effettuare una
respirazione tranquilla, in base alla sezione ecografica da effettuare o alla struttura da
visualizzare;
b) l’esclusione dalle misurazioni basali di frames derivanti da battiti cardiaci post-
extrasistolici che possono portare, ad esempio, ad una sovrastima delle dimensioni
endocavitarie;
c) l’utilizzo di mezzi di contrasto che permettano di ottimizzare la visualizzazione del bordo
endocardio in caso di misurazioni volumetriche e della massa ventricolare.
2
OBIETTIVO METODO
VENTRICOLO SINISTRO
E’ possibile ottenere misurazioni accurate dello spessore del setto interventricolare e della parete
posteriore e delle dimensioni interne della cavità ventricolare sinistra, sia direttamente in 2D che in
M-Mode.
Generalmente, le misure del VS sono ottenute con tecnica M-Mode sulla guida delle immagini 2D
della sezione asse corto parasternale all’altezza dei muscoli papillari o nella sezione asse lungo
parasternale sinistra, subito al di sotto dei lembi mitralici.
In virtù dell’elevato frame rate, l’M-Mode possiede un’ottima risoluzione temporale, consentendo di
discriminare la presenza di trabecole in prossimità della parete posteriore o falsi tendini adiacenti
al setto interventricolare, quindi di escludere tali strutture dalle misurazioni. Il limite è costituito
dalla relativamente frequente impossibilità di allineare il cursore dell’M-Mode al reale asse minore
del ventricolo (in caso di cursori senza angolo orientabile).
Comunque vengano ottenute, le misure degli spessori possono essere impiegate per il calcolo
della massa miocardica ventricolare, le dimensioni endocavitarie per ricavare informazioni
funzionali come la frazione d’eiezione e la frazione d’accorciamento (con il vincolo, per le misure
ottenute in M-Mode, dell’assenza di alterazioni di cinetica segmentaria).
L’ASE raccomanda l’impiego del metodo quantitativo 2D per ottenere dimensioni lineari, area e
volumi della cavità ventricolare sinistra. Dopo aver ottenuto un’immagine 2D soddisfacente, in cui
sia ben definito l’endocardio (in sezione parasternale asse lungo e corto) si possono ottenere tali
dati (Figura 1).
L’approccio 2D risulta molto utile nelle misurazioni, ed è stato validato da tempo, specie nei
pazienti con cardiopatia ischemica.
Gli spessori del setto e della parete posteriore, nonché le dimensioni endocavitarie, devono essere
valutati ottenendo una sezione dell’asse minore del ventricolo, a livello delle corde tendinee
mitraliche; a tale livello, il setto interventricolare, interseca inferiormente il tratto d’efflusso del
ventricolo sinistro.
Le misurazioni vanno condotte seguendo il principio bordo interno/bordo interno per quanto
riguarda le dimensioni endocavitarie ed eseguendo una misurazione dell’immagine “reale” per
quanto riguarda gli spessori , avendo cura di discriminare parete del ventricolo destro e falsi tendini
sul versante settale, trabecole carnee in prossimità della parete posteriore.
3
Da notare come l’ASE riporti limiti di normalità minori riguardo alle dimensioni endocavitarie del
ventricolo sinistro in telediastole, rispetto all’approccio in M-Mode (5,2 Vs 5,5 cm).
Per ottenere misure volumetriche, le sezioni più importanti sono l’asse corto parasternale
all’altezza dei muscoli papillari e le sezioni apicali, 4 e 2 camere. Tali misure richiedono il tracking
manuale del bordo endocardico (disponibili anche sistemi che effettuano il tracking automatico), il
cui riconoscimento viene agevolato dalla elevata risoluzione e definizione dei sistemi più avanzati
o può essere facilitato dall’utilizzo di mezzi di contrasto.
Dopo aver tracciato il bordo endocardico, la traccia verrà conclusa da una linea passante per il
piano valvolare mitralico, congiungente i bordi laterale e settale dell’annulus in 4 camere, anteriore
ed inferiore in 2 camere.
Tanto nel calcolo del volume quanto in quello della massa del ventricolo sinistro, i muscoli papillari
devono essere esclusi durante il tracking del bordo endocardico.
Si può assumere come fine della diastole il frame corrispondente all’inizio del QRS sulla traccia
ECG oppure il frame successivo alla chiusura della valvola mitrale; indipendentemente da questi
due criteri, sarebbe utile assumere come telediastole, il frame in cui le dimensioni del ventricolo
sono maggiori e ciò avviene (in pazienti in ritmo sinusale), subito dopo la fine della sistole atriale.
Si può assumere come fine della sistole il frame precedente all’apertura della mitrale o quello in cui
le dimensioni del ventricolo sono minori.
Tali criteri sono ancora più utili nella sezione apicale 2 camere, nella quale non sempre è possibile
discernere i movimenti di apertura e chiusura della mitrale.
Figura 1
Tutti gli algoritmi di misurazione della massa del VS hanno lo stesso fondamento, ossia la
sottrazione del volume della cavità ventricolare dal volume sotteso dall’epicardio, al fine di ottenere
il volume miocardico. Il volume in tal modo ottenuto, verrà convertito in massa dalla moltiplicazione
per la densità miocardica. Appare chiaro come sia di fondamentale importanza, dunque, non solo
l’identificazione del bordo endocardico (interfaccia endocardio-sangue), ma anche del confine tra
epicardio e pericardio. La formula raccomandata dall’ASE (ed integrata nella maggior parte dei
sistemi) è:
Dato che questa formula prevede due elevazioni al cubo sia degli spessori parietali che delle
dimensioni endocavitarie, ogni piccolo errore nella loro identificazione, determinerà un’enorme
sovrastima della massa miocardica.
Il calcolo della massa ventricolare sinistra può essere effettuato attraverso una sezione asse corto
parasternale all’altezza dei muscoli papillari (che devono essere esclusi dall’identificazione del
bordo endocardico) oppure col metodo area-lunghezza (più comunemente usato) da una sezione
4 camere apicale ove verrà misurato il volume della cavità ventricolare in telediastole e,
successivamente, tracciata una linea che si estenda dalla base del ventricolo (piano valvolare)
all’apice.( figura 2) Anche in questa sezione, i muscoli papillari andranno esclusi dal calcolo.
4
FIGURA 2
I valori di riferimento delle misurazioni lineari del ventricolo sinistro, sono stati ottenuti studiando
popolazioni di diverse etnie, senza fattori di rischio maggiori né evidenza di malattie
cardiovascolari.
Per quanto concerne i valori di riferimento della massa del VS, esiste una fisiologica differenza tra
uomini e donne. Tali valori andrebbero, inoltre, rapportati all’area di superficie corporea (BSA) dei
soggetti in esame. Anche se questo criterio di normalizzazione è attualmente il più usato, esso
porta a sottostimare l’incidenza di ipertrofia nei soggetti soprappeso o obesi.
VENTRICOLO DESTRO
Il ventricolo destro è una struttura complessa a forma di mezzaluna addossato al ventricolo sinistro,
impossibile da visualizzare in una singola sezione ecocardiografica 2D. quindi, un’accurata
misurazione di tutte le componenti del VDx (tratto di afflusso, tratto di efflusso), richiede
l’integrazione di tutte o quasi le sezioni ecocardiografiche tradizionali e,talora, off axis.
Rispetto al ventricolo sinistro, il ventricolo destro, in condizioni normali, ha uno spessore parietale
minore e non presenta un apice “vero”. Data la sua elevata compliance e ridotta rigidità, il
ventricolo destro presenta notevole sensibilità alle variazioni di post-carico (pressione polmonare),
il cui aumento si riflette non solo sulla funzione ma anche sulle sue dimensioni, in un periodo di
tempo sensibilmente ridotto rispetto a ciò che accade a sinistra.
Lo studio delle dimensioni lineari del ventricolo destro può, quindi, fornire importanti informazioni
cliniche.
La misurazione dello spessore della parete libera (normalmente inferiore a 0,5 cm)- sebbene non
abbia un’applicazione clinica routinaria, vista la mediocre risoluzione dell’endocardio e la frequente
presenza di trabecole carnee che potrebbero portare ad inesatta diagnosi di ipertrofia, può essere
effettuato con sezioni asse lungo apicale o parasternale o subxifoidea. Dalle stesse sezioni può
essere valutato il diametro endocavitario del tratto d’afflusso, misurando a livello delle corde
tendinee tricuspidaliche, contemporaneamente al picco dell’onda R all’ECG (che corrisponde al
picco di pressione sistolica del ventricolo destro) sia in M-Mode che in 2D. Tale metodo consente
misurazioni relativamente semplici e scarsamente gravate da variabilità, qualora si usi l’accortezza
di evitare sovrastime dovute alla presenza di grasso epicardico e di tenere conto dell’abbondante
trabecolatura del VDx. (fig. 3)
Dalla sezione apicale 4 camere il ventricolo destro normale, presenta dimensioni endocavitarie
visivamente inferiori a quelle del ventricolo sinistro. In caso di disfunzione progressiva, le
dimensioni diverranno dapprima simili e successivamente maggiori rispetto a quelle del ventricolo
sinistro, con la comparsa, in questo stadio di disfunzione, di un “apice del ventricolo destro”.
La misurazione delle dimensioni del ventricolo destro si ottiene in sezione apicale 4 camere,
orientata in maniera da ottenere una porzione più estesa possibile del ventricolo destro e da non
escludere le porzioni apicali. In tal modo è possibile ottenere la misura a livello basale (RVD1) e
medio-ventricolare (RVD2) e, in aggiunta, la lunghezza base-apice (RVD3). (vedi figura 4)
6
Fig. 3
Fig.4
Il tratto di efflusso del ventricolo destro, si estende dalla porzione antero-superiore del ventricolo
stesso sino all’arteria polmonare, includendo la valvola.
Può essere visualizzato da una proiezione asse lungo parasternale angolata superiormente o dalla
sottocostale, ma la sezione più appropriata per la misurazione rimane l’asse corto parasternale a
livello dei vasi della base.
A tale livello, il tratto di efflusso può essere misurato nel tratto sottopolmonare, in corrispondenza
della valvola aortica (RVOT1), a livello dell’anulus della valvola polmonare (RVOT2) ed in
prossimità della biforcazione del tronco polmonare (PA1) (vedi fig. 5)
7
Fig 5
Alcune sezioni “off-axis” risultano particolarmente utili nello studio delle dimensioni e della
funzione del ventricolo destro. Partendo dalla sezione parasternale asse lungo si può, inclinando la
“coda” della sonda verso l’alto e ruotandola 20° in senso orario, ottenere una “due camere” del
ventricolo destro, adatta ad osservare oltre alle dimensioni, gli spessori e la cinetica del VDx,
anche eventuali anomalie dei lembi tricuspidalici.
Atrio sinistro
infatti la dimensione anteroposteriore può non essere rappresentativa delle reali dimensioni
dell’atrio, in quanto l’atrio può assumere particolari conformazioni geometriche con espansione
preminente nei diametri supero-inferiore e medio-laterale, che possono sfuggire quando viene
utilizzata la sola dimensione lineare anteroposteriore .
Per questi motivi la dimensione lineare anteroposteriore dell’atrio sin. dovrebbe esser sempre
associata al calcolo del volume .
Il metodo più semplice è quello del cubo , che assume come presupposto che il volume dell’atrio
sia assimilabile a quello di una sfera il cui diametro sia uguale alla dimensione lineare
anteroposteriore .
Questo metodo di misurazione è però quello meno preciso e attendibile .
I metodi migliori e più affidabili sono quello dell’ellissoide o il metodo di Simpson .
Il modello ellissoidale assume che l’atrio sin. sia assimilabile ad un ellissoide con un volume
uguale a 4π/3(L/2)(D1/2)(D2/2) dove L rappresenta l’asse lungo in apicale 4 camere , D1 è il
diametro anteroposteriore in parasternale asse lungo e D2 è la dimensione mediolaterale dalla
parasternale asse corto (fig. 6)
Fig. 6
Un ulteriore metodo è rappresentato dal metodo biplano area lunghezza: questo metodo prevede
l’utilizzo della proiezione apicale 4 camere (A4C) e apicale 2 camere (A2C) in telesistole.
“L” rappresenta la misurazione ottenuta tracciando la perpendicolare dalla linea posteriore che
congiunge i due punti dell’anello mitralico e la parete posteriore dell’atrio. Viene utilizzata nella
formula la lunghezza minore (vedi figura 7). A1 è l’area calcolata col metodo planimetrico in 4
camere e A2 è l’area calcolata con il metodo planimetrico in 2 camere . Nel calcolo dell’area
planimetrica devono essere escluse dal computo sia lo sbocco delle vene polmonar , sia l’auricola
sin.
Infine il metodo di Simpson, analogamente a quanto viene comunemente effettuato per il ventricolo
sinistro, prevede che il volume atriale sia dato dalla sommatoria di piccoli volumi (dischi)
ortogonali all’asse maggiore (vedi fig. 8)
9
Fig. 7
Fig. 8
Tabella dei valori di riferimento per le dimensioni e per i volumi atriali sin.
10
ATRIO DESTRO
Pochi dati sono disponibili in letteratura per quanto riguarda le dimensioni e le misurazioni
dell’atrio dx . Sebben l’atrio dx possa essere visualizzato da diverse proiezioni , la quantificazione
delle dimensioni di questa camera cardiaca viene più comunemente effettuata dalla proiezione 4
camere apicale .
L’asse minore in 4 camere apicale dovrebbe essere misurato su un piano perpendicolare
all’asse lungo e si estende dal bordo laterale dell’atrio dx al setto intreratriale .
Le dimensioni dell’asse minore vanno da 2.9 cm a 4.5 cm sia nelle donne che negli uomini ,
mentre le dimensioni dell’asse minore normalizzate per la superficie corporea (BSA) vanno da
1.7cm a 2.5 cm (vedi anche tabella 9) .
Sebbene siano disponibili poche dati per i volumi atriali dx , il calcolo dei volumi , analogamente a
quanto già esposto per l’atrio sin . ,dovrebbe essere più accurato rispetto alle misurazioni
lineari .
Ci sono però , pochi dati disponibili sia per quanto riguarda la misurazione del volume atriale dx
con il metodo di Simpson , sia con il metodo biplano e con il metodo area lunghezza .
Pertanto , poiche i dati disponibili in letteratura, sono troppo limitati in letteratura e poco validati ,
non è al momento possibile proporre dei valori da considerare come volumi normali .
Nonostante queste considerazioni il volume dell’atrio destro (espresso in ml) indicizzato per la
superficie corporea ,in analogia alla misurazione atriale sinistra , considerato normale è 21
ml/m2 (vedi anche tabella 9) per il sesso maschile e leggermente inferiore per il sesso
femminile .
RITORNI VENOSI
La valutazione della vena cava inferiore dalla proiezione sotocostale dovrebbe esser inclusa nello
studio routinario dell’esame trantoracico . E’ accettato che il diametro della VCI dovrebbe essere
misurato con il, paziente in decubito laterale sinistro a 1 – 2 cm dalla giunzione con l’atrio dx
usando la proiezione asse lungo . . La misurazione dovrebbe essere perpendicolare all’asse lungo
del vaso . Il diametro della vena cava inferiore decresce con l’inspirium .
Il diametro della VCI e la percentuale di decremento durante l’inspirium sono correlate con la
pressione atriale dx
La pressione atriale destra è direttamente correlata con le dimensioni della VCI e con la sua
collassabilità inspiratoria.
Il diametro normale della vena cava inferiore è fino a 1.7 cm
11
a)VCI di dimensioni normali (diametro <1,7 cm) e reattività normale ( indice di collassabilità
maggiore del 50%): pressioni atriali destre di circa 5 mmHg;
b)VCI di dimensioni aumentate ( > 1.7 cm) ma con reattività normale (indice di collassabilità
> 50 %): pressioni in atrio destro da 6 a 10 mmHg;
c) VCI di normali dimensioni e indice di collassabilità inferiore al 50% : la pressione
atriale dx è compresa fra 10 e 15
d) VCI dilatata , con scarsa collassabilità , suggeriscono pressioni atriali dx maggiori di 15
mmHg
Al contrario una picoola VCI ( al disotto di 1.2 cm ) con spontanea collassabilità esprime una
deplezione di volume intravascolare .
Ci sono condizioni particolari che vanno considerate quando valutiamo le dimensioni della VCI :
Ad esempio negli atleti si riscontra facilmente una dilatazione della vena cava inferiore ( 2.3 +-
4.6 ) con normale collassabilità senza che ciò esprima aumento delle pressioni atriali dx . I valori
più elevati sembrano riscontrarsi nei nuotatori di alto livello .
Nei pazienti sottoposti a ventilazione meccanica , la dilatazione della VCI, spesso non è indicativa
di elevati valori di pressione atriale dx .
D’altra parte una piccola VCI ( sotto i 1.2 cm) si corrella con specificità del 100%, ma con bassa
sensibilità ,con una pressione atriale dx inferiore a 10 mmHg
In questi pazienti sembra esserci una migliore correlazione fra dimensioni della VCI e pressioni
atriali dx , quando il diametro è misurato alla fine dell’espirazione e in telediastole utilizzando la
tecnica M mode.
Infine è bene ricordare , che l’utilizzo delle dimensioni della VCI e delle sue escursioni dinamiche
dovrebbe essere sempre utilizzato per il calcolo delle pressioni polmonari con il metodo della
velocità del jet rigurgitante tricuspidalico.
È infatti ,ormai da tempo noto , come sia possibile calcolare direttamente le pressioni polmonari
sulla base dei gradienti ottenuti con l’esame Doppler del rigurgito tricuspidalico. Infatti registrando il
rigurgito tricuspidalico è possibile calcolarne la velocità e da questa ricavare il gradiente ventricolo
destro/atrio destro (applicando la formula di Bernoulli modificata) che, sommato al valore di
pressione atriale destra consente il calcolo della pressione arteriosa polmonare sistolica (PAPs =
RAP + 4v²) dove RAP = pressione atriale destra e V è la vel. max espressa in m/sec.del
rigurgito tricuspidalico .
Per quanto riguarda i ritorni venosi dell’atrio sinistro la vena polmonare superiore destra è
sicuramente quella che con più facilità viene visualizzata dalla proiezione quattro camere apicale.
Attraverso il campionamento di questa possiamo ottenere degli indici utili per la valutazione della
funzione diastolica ( in particolare per slatentizzare un pattern psudonormale) . Le componenti che
vengono prese in considerazione per ottenere tale risultato sono quattro: le due onde sistoliche
sono espressione l’una (S1) del rilasciamento atriale durante la sistole ventricolare, l’altra (S2)
dell’aumento di pressione nelle vene polmonari durante la mesosistole e la protosistole; la
componente diastolica (D) in corrispondenza del decremento della pressione atriale sinistra a
valvola mitrale aperta; infine , la quarta componente (A), negativa, è data dal flusso retrogrado
nelle vene polmonari durante la sistole atriale.
LEZIONE 2A
Il Forame ovale pervio (PFO) è una comunicazione interatriale, normalmente presente e necessaria durante
la vita fetale, che consente al sangue ossigenato proveniente dalla placenta, di passare dall’atrio dx all’atrio
sin, poiché la circolazione attraverso il polmone fetale è assente .
Immediatamente dopo la nascita, le pressioni nelle camere cardiache di destra e le resistenze vascolari
polmonari si riducono improvvisamente in conseguenza del riempimento degli alveoli polmonari ;
contemporaneamente si verifica un aumento della pressione atriale sin., secondaria all’incremento del
ritorno venoso polmonare . Tutto questo comporta la chiusura funzionale del forame ovale, per accollamento
del septum primum al septum secundum .
Nei casi in cui tale fusione non si verifica, il forame ovale rimane pervio e questo può determinare shunti dx
> sin , sia in conseguenza delle variazioni pressorie che si verificano durante il ciclo respiratorio , sia in
condizioni di aumento della pressione atriale dx (tosse , manovra di Valsalva ecc.). Il PFO è comune nella
popolazione adulta generale, con una prevalenza del 25-30% .
L’associazione di PFO con varie condizioni cliniche è ampiamente documentata in letteratura : stroke
criptogenetico, embolie sistemiche, sindrome platypnea-orthodeoxia, malattia da decompressione nel
subacqueo,emicrania con aura.
Tecniche diagnostiche
Varie tecniche ecografiche possono essere utilizzate per la diagnosi di FOP . Tutte le tecniche sono basate
sull’uso di mezzi di contrasto che hanno le caratteristiche di non oltrepassare il filtro rappresentato dalla
circolazione polmonare .
I mezzi di contrasto usati sono ottenuti mediante l’uso di due siringhe connesse ad un rubinetto a tre vie
,necessario alla rapida miscelazione dei componenti con la conseguente formazione di micro bolle. La più
comune soluzione utilizzata è costituita da 9 ml di soluzione fisiologica miscelata con 0.5, 1 ml di aria .In
alcuni casa si preferisce utilizzare miscele di soluzione fisiologica e poligelina o piccole quantità di sangue
del paziente, al fine di incrementare il potere contrastografico .
Per la ricerca del PFO , la presenza di shunt dx > sinistro va valutata non solo a riposo, ma soprattutto
durante manovre provocative ,rappresentate dalla tosse o dalla manovra di Valsalva (fase di rilascio).
Queste manovre determinano inversione del gradiente pressorio tra i due atri e shunt dx > sin in presenza di
PFO .
La positività del test per la ricerca di shunt dx > sin è definita dal riscontro di micro bolle nelle camere
cardiache di sin. entro 3 cicli dalla opacizzazione delle camere dx . Il riscontro tardivo (oltre i tre cicli) è
indicativo di origine polmonare dello shunt, verosimilmente conseguente alla presenza di una fistola artero-
venosa .
L’entità dello shunt viene definita come lieve per riscontro di meno di 10 microbolle , moderato per riscontro
di più di 10 microbolle e severo quando c’è la completa opacizzazione dell’atrio sin .
L’ecocardiogramma transtoracico (TTE)con soluzione salina agitata presenta una sensibilità sub ottimale
per la diagnosi di PFO confrontato con la metodica trans esofagea (50-60%) .
Anche la diagnosi di aneurisma del setto inteatriale (ASA) è meno accurata con il trans toracico rispetto al
trans esofageo .
L’ecocardiogramma trans esofageo (TEE) è considerato il gold standard per la diagnosi di PFO ,con una
sensibilità e specificità prossime al 100% .
Il test è comunque semi-invasivo e necessita spesso di sedazione cosciente ,motivo per cui oggi non è
ritenuto test di prima scelta per la ricerca del PFO. Inoltre non infrequentemente, l’entità dello shunt al TEE
risulta sottostimato, come conseguenza della difficoltà, da parte del paziente, ad eseguire una manovra di
Valsalva valida ,circostanza che si presenta ancor più frequentemente in corso di sedazione .
L’ecocolordoppler transcranico (TCD) con iniezione di soluzione salina agitata rappresenta una tecnica
diagnosticata sempre più utilizzata per la valutazione dello shunt dx > sin .
L’esame consiste nel valutare segnali ad elevata intensità (HITS) , determinati dall’insonorizzazione di micro
bolle del mezzo di contrasto,che giungono a livello della circolazione cerebrale .
2
Comunemente l’esame viene condotto mediante insonorizzazione dell’arteria cerebrale media ,con ripetute
prove sia a riposo che durante manovra di Valsalva. Il TCD presenta una sensibilità diagnostica
essenzialmente equivalente al TEE , con il vantaggio che il paziente riesce ad eseguire una corretta
manovra di Valsalva Tuttavia con il TCD non si ottengono informazioni anatomiche riguardo il setto
interatriale e la diagnosi differenziale tra shunt dx > sin intra ed extracardiaco è puramente empirica , basata
sulla latenza tra iniezione del mezzo di contrasto e riscontro di HIT .
Si definisce stroke criptogenetico uno stroke da causa sconosciuta, nonostante una estensiva valutazione
diagnostica finalizzata ad escludere cause identificabili ,come ateromi dell’arco aortico o delle arterie
carotidi, fibrillazione atriale ,dissezione delle carotidi , emorragie intracerebrali o lesioni occupanti spazio. La
causa dello stroke rimane non identificata nel 40% dei casi .
Molti dati suggeriscono un’associazione fra PFO e stroke criptogenetico .
L’embolia paradossa è considerata il più probabile meccanismo patogenetico dello stroke nei pazienti con
PFO : il PFO fungerebbe da tramite per l’embolizzazione arteriosa sistemica di trombi originati nel circolo
venoso sistemico .
Il PFO è presente nel 25-30% della popolazione generale . Tuttavia solo una piccola parte degli individui con
PFO presenta eventi ischemici cerebrali criptogenetici .
Appare quindi ragionevole pensare che ci siano condizioni associate predisponenti che aumentino il rischio
di eventi embolici cerebrali . L’identificazione di questi fattori predisponenti potrebbe aiutare nell’identificare
un sottogruppo di pazienti ad alto rischio ,nei quali potrebbe essere consigliata una strategia terapeutica
preventiva .
Una separazione dei setti maggiore o uguale a 2 mm all’esame TTE o l’aspetto tunnel like del PFO , è
stata associata con un incremento del rischio di stroke (1)
La presenza di ASA (aneurisma del setto interatriale) associata al PFO determina un aumento del rischio
di stroke . Nei pazienti con stroke di età inferiore a 55 anni in terapia con aspirina,la ricorrenza di stroke a 4
anni risulta pari al 4.2% nei pazienti con PFO isolato e del 15.2% nei pazienti con ASA + PFO (2) . Inoltre i
pazienti con PFO + ASA presentano più frequentemente lesioni cerebrali multiple alla risonanza magnetica
cerebrale rispetto ai pazienti con PFO isolato (53% vs 15.2%)
La valvola di Eustachio prominente ,che direziona il flusso ematico proveniente dalla vena cava inferiore
verso la regione della fossa ovale, è risultata più frequente nei pazienti con embolia paradossa. Anche la
Rete di Chiari persistente, presente in circa il 2% della popolazione generale , è risultata di più frequente
riscontro nei pazienti con embolia sistemica criptogenetica (3).
La presenza di shunt destro-sinistro spontaneo, in assenza di manovre provocative,aumenta il rischio di
ricorrenza di di stroke e TIA (4).
La trombosi venosa profonda è più frequente nei pazienti con stroke-PFO– related (5). Una frequente
localizzazione della trombosi venosa nei pazienti giovani con stroke criptogenetico è rappresentata dalle
vene pelviche,riscontrata mediante RMN flebografia.
Tuttavia tale valutazione è ben lontana dall’essere routinaria nella pratica clinica , per cui appare verosimile
che la frequenza di trombosi delle vene pelviche sia sottostimata .
Le alterazioni trombofiliche aumentano il rischio di stroke PFO-related di 4.7 volte (6). Le alterazioni più
frequentemente riscontrate rispetto ad una popolazione di controllo, sono rappresentate dalla mutazione
G20210A del gene della protrombina ( 10.3% vs 2.5%) e dalla mutazione del fattore V di LEIDEN (8.2% vs
2.1%)
Anche altri fattori di rischio per trombosi venosa profonda,come chirurgia recente, traumi, assunzione di
contraccettivi, possono aumentare il rischio di embolia paradossa attraverso il PFO. Alcune condizioni che
determinano un aumento della pressione nelle camere cardiache di destra , quali l’embolia polmonare (7),
l’infarto del ventricolo destro,il severo rigurgito tricuspidalico , sono situazioni favorenti un incremento dello
shunt destro-sinistro attraverso il PFO e quindi aumenato il rischio di stroke PFO-related.
Bibliografia essenziale
3
1)Steiner MM , Di Tullio MR, Rundek T : Patent foramen ovale size and embolic brain imaging finding
imaging patent with ischemic stroke .
Stroke 1998; 29: 944-8
3)Schneider B et al. : Chiari network : normal anatomic variant or risk factor for arterial
embolic events ?
J. Am .Coll.Cardiol. 1995; 26 : 203-10
4)De Castro S. et al. : Morphological and functional charateristics of patent foramen ovaleand their embolic
implication .
Stroke 2000 ; 31 : 2407:2013
5)Stollberger C.,Slany J et al. : The prevalence of deep venous thrombosis in patients with
suspected paradoxical embolism
Ann Intern Med 1993 ; 119:461-5
LEZIONE 2B
FUNZIONE VENTRICOLARE
metodo più accurato prevede di effettuare la misura biplana (in 4 camere ed in due
camere). È indispensabile la memorizzazione del ciclo mediante cine-loop per la scelta del
frame telediastolico e telesistolico appropriati (per la scelta del frame tele diastolico
sincronizzazione sull’onda R o visivamente nel momento di massima dimensione del
ventricolo sinistro, per la scelta del frame telesistolico visivamente il momento in cui il
ventricolo raggiunge le dimensioni minori).
Questo metodo può essere utilizzato prescindendo dalla forma e dalla geometria del
ventricolo sinistro. Vi è una buona correlazione tra i volumi ecocardiografici e quelli
agiografici, anche se i volumi ecocardiografici sono sottostimati; il metodo ecocardiografico
e quello ventricolografico non possono essere considerati interscambiabili nella pratica
clinica, in particolare nel post-infarto. Una serie di motivi spiegano la non perfetta
corrispondenza tra le due metodiche: imperfetta visualizzazione di tutte le pareti (in
particolare della regione apicale), esclusione ecocardiografica degli interstizi tra le
trabecole o tra i muscoli papillari e le pareti (mentre il mezzo di contrasto riempie gli
interstizi e viene computato nella stima dei volumi). Una migliore correlazione sembra
provata tra la metodica ecocardiografica e la SPECT nel calcolo dei volumi e della
frazione di eiezione . La FE può essere espressa quantitativamente o qualitativamente. In
quest’ultimo caso si utilizzano 4 gradi: normale, lievemente ridotta, moderatamente ridotta,
severamente ridotta.
Alcuni problemi legati alla metodica sono stati in parte superati con le nuove tecnologie. La
possibilità di ottenere immagini con seconda armonica ha permesso di migliorare la
risoluzione dei bordi endocardici con conseguente riduzione degli errori nella fase di
planimetria delle aree dalle quali verranno calcolati i volumi.
Questo algoritmo viene raccomandato perché è indipendente dalla forma del ventricolo,
mantenendo la sua accuratezza anche in ventricoli distorti o con anomalie della cinesi
segmentarie.
Operatori più esperti possono valutare la FE visivamente; questo metodo ha il vantaggio di
correlare con la FE angiografica ma lo svantaggio di non fornire i valori di volume
ventricolare. Anche con il metodo visivo la FE può essere espressa quantitativamente o
qualitativamente (normale, ridotta in misura lieve, moderata o severa).
Nei Laboratori di ecocardiografia si dovrebbe perseguire un programma di controllo per
valutare la qualità delle interpretazioni ecocardiografiche relative alla funzione ventricolare
sinistra ed intraprendere un programma di insegmaneto per migliorare l’accuratezza e la
validità dell’interpretazione ecocardiografica.
4
indice combinato di performance ventricolare sinistra chiamato Tei index. Il Tei index (o
MPI: myocardial performance index) è la somma del tempo di contrazione isovolumetrico
e del tempo di rilasciamento isovolumetrico diviso il tempo di eiezione. Se la fase
isovolumetrica è più lunga il Tei index è più alto e la funzione globale peggiore. E’ un
indice relativamente indipendente dalla frequenza cardiaca e dalla pressione arteriosa.
In un soggetto sano il PEP è breve e il LVET è lungo, nella disfunzione ventricolare, al
contrario, il PEP si prolunga a scapito del LVET che si riduce. Si può misurare sul Doppler
pulsato dei flussi mitralico ed aortico o sul doppler tissutale del setto basale. Utilizzando i
flussi il volume campione è posizionato in afflusso, sotto i lembi mitralici (sezione 4 camere
apicale) ed in efflusso, subito al di sotto del piano valvolare aortico (sezione longitudinale
per l’efflusso). Il Tei index è definito dall’equazione (a-b)/b dove ‘a’ rappresenta l’intervallo
tra la fine e l’inizio del flusso mitralico (fine onda ‘A’ ed inizio onda ‘E’) misurato sul flusso
mitralico e ‘b’ rappresenta il tempo di eiezione misurato sul flusso aortico.
Le misure degli intervalli con DTI possono essere effettuati su un unico ciclo come è
illustrato nella figura tratta dal lavoro di Hu ( Methods for Assessment of Left Ventricular
Systolic Function in Technically Difficult Patients with Poor Imaging Quality. J Am Soc
Echocardiogr 2013;26:105-13.
I valori medi del Tei index valutato con Doppler pulsato sono 0.39 mentre con Doppler
tissutale o.35. Negli adulti valori inferiori a 0.40 sono considerati normali.
jet rigurgitante con il Color Doppler si colloca il fascio del doppler continuo in modo da
incontrare il jet con il minor angolo possibile. Il contorno dello spettro deve essere
perfettamente definito. Il dP/dt è calcolato misurando il tempo richiesto al jet rigurgitante di
aumentare la velocità da 1 a 3 m/sec durante il tempo di rilasciamento isovolumetrico;
questo tempo corrisponde ad un aumento di pressione di 32 mmHg (1 m = 4 mmHg; 3 m =
36 mmHg. Il passaggio da 1 m a 3 m/sec corrisponde perciò a 36-4 = 32 mmHg).
Il valore medio normale è > 1200mmHg/sec (intervallo < 27 msec); un valore < 1000
mmHg/sec è indicativo di disfunzione ventricolare (intervallo > 32 msec).
Figura 1
Recentemente ha assunto un ruolo rilevante nella stima delle pressioni di riempimento del
ventricolo sinistro la valutazione del rapporto tra la velocità dell’onda E (flusso
transmitralico) e la velocità dell’onda e’ registrata con Doppler tissutale a livello dell’anulus
mitralico. Alcuni Autori hanno dimostrato che un valore inferiore a 8 è indicativo di normali
pressioni di riempimento, un valore superiore a 15 identifica pazienti con elevate pressioni
di riempimento.
di nuovo verso l’anello lungo il setto interventricolare. Particolare cura deve essere pres
nella traccia dell’endocardio al di sotto delle trabecole. I valori di FAC si correlano con
quelli di frazione di eiezione ottenuti con la risonanza magnetica.
Tei index del ventricolo destro. Definito anche MPI (myocardial performance index)
permette una stima globale del ventricolo destro ed è analogo al Tei index utilizzato per il
ventricolo sinistro.
Si basa sulla relazione tra il lavoro eiettivo e non eiettivo del ventricolo destro ed è definito
come il rapporto del tempo isovolumetrico diviso il tempo di eiezione. Il tempo
isovolumetrico comprende il tempo di rilasciamento isovolumetrico ed il tempo di
contrazione isovoulmetrico.
MPI = [(IVRT + IVCT)/ET]
Può essere ottenuto con due metodi: il metodo pulsato dei flussi e il metodo pulsato
tissutale. Nel metodo Doppler dei flussi il tempo di eiezione ET è misurato con il Doppler
pulsato nel tratto di efflusso destro (intervallo tra l’inizio e la fine del flusso sistolico),
mentre il tempo di chiusura-apertura tricuspidale è misurato con Doppler pulsato
dell’afflusso destro (intervallo tra la fine dell’onda “a” tricuspidale e l’inizio dell’onda “E”
tricuspidale).
Dal momento che questi due flussi sono rilevati su due diverse immagini, occorre meteter
molta attenzione che siano considerate intervallic RR uguali.
Nel metodo pulsato tissutale tutti gli intervalli sono misurati su un singolo battito
campionando l’anello tricuspidale laterale.
I valori limite sono 0.40 per il Doppler pulsate e 0.55 per il Doppler tissutale.
12
1
LEZIONE 3A
APPROCCIO METODOLOGICO ALLA CARDIOPATIA ISCHEMICA
ACUTA E CRONICA
Approccio ecocardiografico
Il valore diagnostico dell’ecocardiografia nell’ambito della cardiopatia ischemica è andato
vertiginosamente crescendo via via che la tecnologia si è raffinata, la sua discriminazione
spaziale ha raggiunto con la seconda armonica valori di 1 mm, la metodica fondamentale
(M mode – 2D – Doppler) si è arricchita di molte altre possibilità. Tutto ciò ha reso fattibile
una esplorazione della cinetica parietale e della funzione del cuore con una certa
numerosità di parametri. Esistono tuttavia alcuni problemi che sono legati anche alla
complessità anatomica e funzionale dello stesso muscolo cardiaco.
Il 70% della spesa energetica del muscolo cardiaco viene assorbita dall’attività contrattile
delle sue fibre. Il che comporta la assoluta precocità delle alterazioni cinetiche parietali in
caso di ridotto apporto energetico al cuore. Da queste considerazioni, e dalla capacità di
studiare con gli ultrasuoni proprio l’ispessimento parietale sistolico e il concentrico
spostamento delle pareti ventricolari durante il ciclo cardiaco, è scaturito il valore
diagnostico dell’ecografia nel riconoscimento di un disturbo ischemico miocardico.
La composizione della parete miocardica ventricolare a strati di fasci muscolari
sovrapposti rende complicata l’interpretazione della corrispondenza fra tipo di asinergia e
profondità della necrosi nello spessore parietale del miocardio ventricolare. Infatti, quando
la profondità della necrosi supera il 20% dello spessore parietale si possono avere
ipocinesia o acinesia indifferentemente. Inoltre altre patologie cardiache, oltre a quella
ischemica, possono provocare asinergie segmentarie e, nell’ambito della stessa patologia
ischemica, processi diversi con evoluzione diversa possono essere responsabili dello
stesso tipo di asinergia. Un valore particolare, quindi, assume la conoscenza del contesto
clinico in cui viene eseguito l’esame ecocardiografico.
L’obiettivo dell’ecocardiografia nella cardiopatia ischemica è quello di ricercare e
documentare: alterazioni morfofunzionali causate dall’ischemia, definire la sede e
l’estensione del danno ischemico, valutare la funzione cardiaca regionale e globale.
L’ecocardiografia è l’unica metodica in grado di valutare contemporaneamente due
parametri fondamentali: il movimento della parete in senso centripeto e l’ispessimento
sistolico. L’insieme delle alterazioni di movimento e ispessimento definiscono la “asinergia”
che può variare da una minima diminuzione di cinetica (ipocinesia), alla assenza completa
(acinesia) del movimento e ispessimento,fino all’assottigliamento con movimento pradosso
verso l’esterno (discinesia).
Oltre all’asinergia parietale, che rappresenta il segno ecocardiografico più precoce,
sensibile e specifico, sono stati decritti altri marker di ischemia sia regionale che globale. A
livello regionale l’assottigliamento diastolico e l’incremento di ecoriflettenza, a livello
globale la dilatazione e la distorsione del ventricolo sinistro e le modificazioni del flusso
transmitralico. In particolare lo spessore della parete in telediastole valutato in rapporto
allo spessore dei segmenti adiacenti definisce un’area di ischemia severa o di necrosi
miocardia pregressa se associata a sostituzione fibrosa del miocardio. (aumentata
ecogenicità).
Per una valutazione semiquantitativa l’analisi della cinetica segmentaria può essere
integrata attribuendo un punteggio da 1 a 4 basandosi sull’entità dello spostamento
endocardico. Normale: 1 = normale o ipercinesia (spostamento endocardico uguale a
maggiore di mm 5), 2 ipocinesia (spostamento dell’endocardio inferiore a mm 5 ma
ancora presente l’ispessimento sistolico), 3= acinesia (assenza di spostamento
endocardico associato ad assenza di ispessimento sistolico), 4 = discinesia (spostamento
paradosso della parete associato solitamente ad assenza di ispessimento sistolico). Alcuni
software utilizzano il punteggio 5 per i segmenti aneurismatici o cicatriziali.
Nel giudizio sulla cinetica occorre considerare la possibilità di falsi positivi e falsi negativi
legati essenzialmente a fenomeni di trascinamento da parte dei segmenti sani. La
presenza o meno di ispessimento sistolico può aiutare a differenziare un segmento
veramente acinetico (assenza di ispessimento sistolico) da quello falsamente acinetico
(presenza di ispessimento cinetico). Sono però stati segnalati casi di pseudo discinesia
della parete inferiore, causati da sollevamento del diaframma (ascite, obesità).
Sommando i singoli punteggi e dividendo per il numero di segmenti analizzati, si ottiene un
indice di cinesi globale definito “Wall Motion Score Index” (WMSI) punteggio indicizzato
della cinetica parietale che combina la stima della gravità dell’asinergia con la stima della
estensione spaziale dell’asinergia. Si ricava in questo modo un indice di funzione
ventricolare sinistra particolarmente sensibile alle variazioni regionali a differenza della
frazione d’eiezione che richiede una disfunzione contrattile più estesa perché possa
modificarsi.
La vitalita’ miocardica
La possibilità di utilizzare anche procedure non chirurgiche di rivascolarizzazione
miocardica dopo infarto miocardico ha accentuato l’interesse verso quel miocardio
scampato al processo necrotico grazie alla tempestività del moderno trattamento
dell’infarto in fase acuta.
Già dalla fine degli anni’70 si erano distinte due forme diverse di miocardio sopravissuto:
quello stordito e quello ibernato, entrambi accomunati nella terminologia di miocardio vitale
per la loro sostanziale conservazione della struttura morfologica cellulare ma con perdita
della attività funzionale contrattile.
4
Il miocardio stordito mostra una normale riperfusione del microcircolo con miociti poco
danneggiati, come avviene dopo un breve periodo di ischemia, ma temporaneamente
incapaci di svolgere la loro attività contrattile, per effetto prevalente proprio del danno da
riperfusione sull’equilibrio degli ioni di calcio all’interno del citoplasma cellulare. Si risolve
spontaneamente nell’arco di giorni o settimane.
Il miocardio ibernato è stato definito come miocardio cronicamente ipoperfuso e quindi
incapace a contrarsi ma biologicamente vivo, dal momento che la scarsa perfusione è
sufficiente a mantenere l’integrità strutturale, ma la ripresa funzionale è condizionata dal
ripristino della normale perfusione.
E’ evidente che soprattutto il miocardio ibernato abbia attirato l’interesse dei ricercatori sul
piano della ricerca diagnostica con tecniche di imaging, che poi è strettamente legato alla
conoscenza della vera natura del miocardio ibernato stesso. Infatti appare pressoché
impossibile ricostruire e mantenere per parecchio tempo in laboratorio una condizione di
ipoperfusione zonale miocardica che non scivoli nell’ischemia o nella necrosi. Soprattutto
con l’impiego della PET, capace di misurare il flusso coronarico distrettuale, non sono
state riscontrate variazioni significative del flusso miocardico basale fra aree asinergiche
ed aree normocinetiche in pazienti infartuati, se non nei segmenti veramente necrotici
presentanti concordanza di riduzione locale sia di flusso sia di metabolismo. Sembra
quindi più verosimile considerare il miocardio ibernato come costituito da un tessuto che
facilmente e ripetutamente ischemizza e riperfonde con uno strascico di stordimento
residuo fra una riperfusione e la successiva ischemia.
A confortare questa ipotesi sono anche dati istologici ed istochimici che dimostrano una
progressione dei danni morfologici nel miocardio ibernato, quindi una scala di severità pur
nell’ambito di una grossolana integrità strutturale cellulare, anche in un campione bioptico
rilevato nello stesso segmento asinergico. Il che renderebbe poi ragione dei diversi tempi
di latenza del recupero funzionale, variabili in un largo intervallo di tempo in diversi studi,
dei segmenti asinergici dopo la rivascolarizzazione.
Metodologia di studio
Il presupposto pratico per lo studio della cardiopatia ischemica è la presenza di adeguate
immagini ecocardiografiche nelle quali sia possibile identificare i contorni endocardici ed
epicardici. In linea di massima si considera attendibile la valutazione di un segmento
quando se ne identifica correttamente almeno il 50% della sua lunghezza. Lo studio
ecocardiografico della cardiopatia ischemica è basato sulla analisi della cinetica zonale,
che si è dimostrata di particolare utilità nella valutazione della sede di ischemia, e nella
valutazione della estensione del miocardio ischemico che sono correlate alla funzione
globale e, come tali, indicative della prognosi del paziente
L’entità o l’intensità di alterazioni della cinetica deve interessare almeno il 50% della
lunghezza del segmento in oggetto per avere un significato clinico..
Per la valutazione della cinetica parietale l’ecocardiografista deve considerare sia il
“movimento” che l’ispessimento sistolico della parete, in quanto il movimento di per sé non
è sinonimo di normale funzione. Infatti la parete miocardica può essere trascinata
“passivamente” (per stiramento da parte di altri segmenti miocardici attigui) e indurre ad
errori di valutazione con sovrastima del movimento di quel determinato segmento
(vengono valutati normali segmenti ipocinetici). Inoltre alterazioni dello spostamento
possono essere presenti anche indipendentemente dalla presenza di ischemia miocardica
ad esempio a livello del setto interventricolare per blocco di branca sinistra, WPW,
stimolazione da pace maker artificiale, sovraccarico di volume del ventricolo destro) con
significato fisiopatologico diverso e quindi non valutabile in senso ischemico.
Le alterazioni dell’ispessimento sistolico della parete sono invece particolarmente
significative e specifiche di lesioni ischemiche.
5
evolvere rapidamente verso l’infarto (Q o non-Q). A tutt’oggi non esistono dati che
permettano di valutare la reale sensibilità e specificità dei classici markers ecocardiografici
di ischemia (anomalie della cinesi ed anomalie dell’ispessimento sistolico) anche quando
la metodica viene eseguita entro le 12 ore dall’insorgenza della sintomatologia dolorosa
toracica. L’esame ecocardiografico può risultare diagnostico se eseguito durante la fase
acuta del dolore o se il dolore è prolungato e persistente. La negatività di un esame
ecocardiografico, in particolare se il paziente in quel momento è asintomatico, non esclude
la presenza di una SCA. In caso di dolore protratto (almeno mezz’ora) o di sintomatologia
presente l’ECO permette di rilevare anomalie cinetiche segmentarie. Più frequentemente
le sedi rilevate all’ECO con ECG negativo sono quelle postero-laterale, laterale ed
inferiore. Meno frequentemente le anomalie cinetiche ad ECG negativo sono localizzate in
sede antero-apicale o antero-laterale.
Rimane il problema di pazienti che abbiano manifestato una sintomatologia dolorosa di
durata inferiore ai trenta minuti e non più presente al momento dell’osservazione e nei
quali la tipicità del dolore, la presenza di fattori di rischio, ancorché l’ECG e l’ECO risultino
negativi, impongono l’osservazione protetta o l’esecuzione di altri test che svelino
l’eziologia ischemica della sintomatologia.
L’eco-stress con dobutamina in fase precoce si è dimostrato una metodica facilmente
eseguibile nelle strutture adeguatamente attrezzate sia in termini di apparecchiature che di
ecocardiografisti esperti. Meno praticabile l’esecuzione della scintigrafia miocardica.
Altre metodiche ecocardiografiche, quali lo studio della funzione diastolica e TDI, anche se
utili, sono tuttavia aspecifici ed hanno solo un significato prognostico quando siano state
definite le anomalie cinetiche. E’ probabile che l’avanzamento tecnologico permetta
l’utilizzazione dell’ecocontrastografia miocardica venosa transpolmonare per lo studio della
perfusione; a tutt’oggi non ci sono studi che definiscano in maniera inequivocabile il ruolo
dell’ecocontrastografia nei pazienti con dolore toracico.
Conclusioni
Nelle SCA con ST sopraslivellato il ruolo dell’ECO non è confinato ovviamente solo alla
diagnosi, che si basa sull’ECG, ma è utilizzato per la scelta tra procedure di
rivascolarizzazione farmacologica o interventistica in base all’estensione della lesione
infartuale e del miocardio a rischio, ed in base al coinvolgimento del ventricolo destro in
caso di infarto inferiore. In particolare la sede e l’estensione sono ben definiti dall’ECO se
confrontati con i dati elettrocardiografici per cui la reale estensione, che può spingere a un
approccio più invasivo, è identificata dall’ECO. Più interessante appare il ruolo dell’ECO
nelle SCA senza sopraslivellamento. Una diagnosi precoce poliparametrica (markers,
enzimi, ECG monitorizzato, ECO) permetterebbe infatti di attuare strategie terapeutiche
farmacologiche volte alla stabilizzazione della placca evitando l’evoluzione infartuale.
8
Aneurisma
La definizione ecocardiografica di aneurisma è quella di una regione discinetica con
deformazione del profilo diastolico. E’ una complicanza che interessa prevalentemente gli
infarti anteriori: la sede è apicale nell’85% dei casi e 5%-10% in sede infero-basale. Alcuni
autori attribuiscono questa localizzazione prevalente al ridotto spessore dell’apice rispetto
ai segmenti basali, e alla diversa distribuzione circonferenziale dello stress parietale.
L’espansione miocardica nelle prime ore e nei giorni successivi all’IMA puo’ preludere alla
formazione dell’aneurisma, generalmente rilevabile all’indagine eco predimissione.
L’incidenza di aneurisma VS si è significativamente ridotta dopo l’introduzione delle terapie
di ricanalizzazione coronarica : trombolisi, angioplastica primaria.
In uno studio di Visser e coll. che risale al 1986, su 158 pazienti, è stata riscontrata una
incidenza di aneurisma nel 22% dei casi, la cui formazione si verificava costantemente
entro i primi 3 mesi dall’IMA, ed era associata ad una elevata mortalità a 3mesi (67%) e ad
1 anno (80%).
Le caratteristiche ecocardiografiche dell’aneurisma sono: “smooth transition” dal muscolo
normale alla zona assottigliata, con un angolo ottuso fra l’aneurisma e il corpo del
ventricolo. Inoltre, il rapporto fra il diametro del “colletto” dell’aneurisma e il suo diametro
massimo è > 0.5.
L’ecocardiogramma riveste notevole utilità non solo per la precisazione diagnostica, ma
anche per le informazioni da fornire al chirurgo in previsione di una correzione.
In particolare è importante valutare i volumi del ventricolo e l’estensione percentuale
dell’aneurisma rispetto alla intera circonferenza, al fine di ottenere un adeguato
riempimento diastolico dopo la sua escissione chirurgica. Per avere indicazioni affidabili
circa la funzione sistolica residua del VS, nel caso di aneurismi apicali è opportuno
rivolgere particolare attenzione all’accorciamento frazionario dei segmenti basali del VS.
Trombosi endoventricolare
I trombi si possono formare nelle regioni di marcato rallentamento di flusso e, pertanto,
nella sede di un’aneurisma, o di segmenti acinetici o discinetici. La presenza di
ecocontrasto spontaneo endocavitario che esprime un rallentamento di flusso secondario
a disfunzione ventricolare aumenta la probabilità che si sviluppi una stratificazione
trombotica parietale. Solo in rarissimi casi, come nella sindrome da ipereosinofilia, si puo’
osservare una trombosi endoventricolare a livello di pareti normocinetiche.
L’incidenza della trombosi è pari a circa il 15% negli IMA anteriori e rappresenta il 25%
delle possibili fonti emboligene cardiache. Le formazioni trombotiche hanno generalmente
sede nella regione apicale.
Un trombo si identifica come un’area di aumentata ecogenicità adesa all’endocardio,
ben distinguibile da esso; l’ecocardiogramma possiede una sensibilità compresa fra il 77%
e il 95% e una specificità tra l’86% e il 93%. I
n genere si descrivono: l’estensione (diametri, area), le caratteristiche del contorno
(regolare, irregolare) e della superficie che puo’ essere convessa verso la cavità o
concava.
E’ particolarmente utile la definizione del rischio emboligeno che si puo’ eseguire con
l’esame eco; in particolare viene considerato ad “alto rischio” un trombo con stretta base di
impianto, margine libero convesso, dotato di mobilità (anche in una delle sue parti), a
10
Versamento pericardico
L’incidenza del versamento pericardico è pari a 6%-37% a seconda delle varie casistiche,
nel 29% dei casi non si associa a rottura parietale ed è espressione di una reazione
infiammatoria.
In letteratura è riportata un’incidenza di casi “falsi positivi” dal 21% al 70%, anche in
presenza di un versamento con scollamento pericardico superiore a 15mm in diastole. Il
problema piu’ rilevante rimane la diagnosi differenziale fra il versamento da rottura e quello
reattivo: è sempre importante ricordare che nel primo caso la specificità si eleva se si
associano la visualizzazione di un tramite parietale e la presenza di un denso
ecocontrasto spontaneo intrapericardico; l’impiego dell’ecocontrastografia puo’ essere di
ausilio.
Rottura di setto
Avviene nello 0.5%-2% dei pazienti ed è responsabile dell’1%-5% della mortalità.
L’incidenza è simile nei pazienti con IMA anteriore e inferiore. La maggior parte delle
rotture avviene tra il 3 e il 7 giorno. L’assenza di flusso collaterale settale, la distorsione
regionale, e l’espansione dell’infarto sembrano i principali fattori per lo
sviluppo di DIV postinfartuale . Una coronaropatia monovascolare è presente nel 30%-
50% dei pazienti. La RSIV a sede posteriore è spesso associati ad una concomitante
necrosi del ventricolo destro, è caratterizzata da una situazione clinica più compromessa,
e si associa ad una peggiore prognosi.
La terapia trombolitica non sembra aumentare il rischio di rottura di setto.
Clinicamente si rileva un nuovo e intenso soffio olosistolico aspro, e lo spettro delle
manifestazioni cliniche va dalla comparsa di dispnea, all’edema polmonare fino allo shock
cardiogeno.
L’eletrocardiogramma mostra alterazioni variabili e aspecifiche.
L’ecocardiogramma è l’esame diagnostico di scelta: è possibile visualizzare le
caratteristiche morfologiche del difetto, localizzato generalmente nella porzione media del
setto anteriore o posteriore, generalmente al confine fra il muscolo normocinetico e il
territorio aci-discinetico. Puo’ avere un decorso tortuoso e apparire come una
dissecazione intramurale dai bordi irrgolari e sfrangiati, o avere margini assottigliati e netti,
con minor estensione in senso cranio-caudale, ed è sempre associato al rilievo, con color
Doppler, di uno shunt sinistro-destro.
Con la valutazione con doppler continuo si puo’ calcolare un gradiente interventricolare
che consente di determinare, in modo rapido e incruento, la pressione sistolica polmonare.
La valutazione clinica ed ecocardiografica consentono inoltre di ottimizzare la terapia
medica allo scopo di stabilizzare le condizioni di compenso cardiocircolatorio e di
migliorare la prognosi peri- e postoperatoria.
Insufficienza mitralica
L’insufficienza mitralica (superiore al grado 2+ su una scala di 4+) secondaria ad un
episodio infartuale è, nella maggior parte dei casi, causata da una necrosi della parete
inferiore (di varia estensione) che va incontro a distorsione geometrica (espansione,
discinesia, aneurisma) con spostamento apicale del muscolo papillare che puo’ essere
anch’esso necrotico: il meccanismo del rigurgito è caratterizzato dalla presenza di una
ipomobilità sistolica (movimento restrittivo) del lembo posteriore con conseguente difetto di
coaptazione. Il rigurgito secondario ad una necrosi anteriore è legato ad una dilatazione
dell’anulus associata a vari gradi di ipomobilità sistolica di entrambi i lembi, secondari a
una notevole estensione della necrosi con sfavorevole rimodellamento, dilatazione
cavitaria e dislocazione di uno o di entrambi i muscoli papillari (cardiomiopatia post-
infartuale). L’eco transtoracico è particolarmente affidabile nella definizione del
meccanismo di rigurgito e nella sua quantificazione.
La presenza di un rigurgito mitralico moderato determina una peggiore prognosi, con una
sopravvivienza a 5 anni pari al 60%-70%. In particolare occorre una valutazione
quantitativa accurata in quanto i valori di area effettiva dell’orifizio rigurgitante (ERO) e di
volume rigurgitante (VR) per l’indicazione alla correzione del rigurgito sono diversi
nell’insufficienza mitralica secondaria rispetto all’insufficienza mitralica primaria. Infatti
un’ERO uguale o maggiore a 0.2 cmq ed un VR uguale o maggiore a 30 ml costituiscono
indicazione alla correzione (valori doppi rispetto a quelli proposti per l’insufficienza
mitralica primaria).
Nella chirurgia coronarica la presenza di insufficienza mitralica moderata aumenta la
mortalità al 6%-11% secondo le diverse casistiche.
1
LEZIONE 3B
LE CARDIOMIOPATIE:
CLASSIFICAZIONE E METODOLOGIA DI STUDIO
ECOCARDIOGRAFICO
A cura di: Dott. S. Ghio
Classificazione
Il termine “Cardiomiopatia” è stato probabilmente introdotto per la prima volta nel 1957 quando W. Bridgen
ha descritto “le malattie del miocardio ad eziologia non coronarica” (1). Goodwin et al. hanno
successivamente suggerito un modello classificativo (2), ma il primo approccio ufficiale è stato fatto dalla
WHO Expert Committee on Cardiomyopathies and WHO/ISFC Task Force, che nel 1980 ha pubblicato il
primo report sulla definizione e classificazione delle cardiomiopatie (3). Le cardiomiopatie vengono definite
malattie del muscolo cardiaco ad eziologia ignota (definizione che peraltro rifletteva bene la generale
mancanza di conoscenze sulla patogenesi di queste malattie) e vengono classificate in tre principali gruppi:
· cardiomiopatia dilatativa
· cardiomiopatia ipertrofica
· cardiomiopatia restrittiva
In questa classificazione sono escluse le malattie del miocardio da causa nota (ad es. ipertensione arteriosa,
valvulopatia o coronaropatia) o dovute a disordini di tipo sistemico. Nel 1995, sulla scorta di nuove
conoscenze nell’ambito di queste patologie e di nuove forme di cardiomiopatie, la WHO/ISFC Task Force ha
pubblicato nuove linee-guida per la definizione e la classificazione delle cardiomiopatie (4). In questo report il
maggior cambiamento riguarda in primo luogo proprio la definizione di “cardiomiopatia” che non sta più ad
indicare una malattia del miocardio a genesi sconosciuta, ma una malattia del miocardio associata a
disfunzione cardiaca. Si aggiungono poi alle tre note forme di cardiomiopatia una nuova entità rappresentata
dalla Cardiomiopatia Aritmogena del Ventricolo Destro (CAVD) alcune cardiomiopatie “non classificate” (ad
es. la non compattazione e la cardiomiopatia associata a scarsa dilatazione).
Negli anni successivi i progressi sono notevoli, la distinzione tra forme primarie e secondarie diventa sempre
più tenue, risulta possibile identificare la causa di molte forme di malattia ed infine vengono riconosciute
nuove entità. Il problema della classificazione è stato quindi rivisto, sebbene con intendimenti diversi, da
esperti europei ed americani.
Nel 2006 una Commissione dell’American Heart Association ha proposto un nuovo
schema classificativo, in cui il termine “cardiomiopatia primitiva” descrive malattie in cui il cuore è l’unico (o il
principale) organo interessato e “cardiomiopatia secondaria” indica invece malattie in cui la disfunzione
cardiaca fa parte di un disordine sistemico (5). In questo schema la classificazione della cardiomiopatie
primitive si basa sulla conoscenza del difetto genetico ritenuto responsabile della malattia,
indipendentemente dalla presenza o meno di alterazioni strutturali o funzionali. In pratica si includono tra le
cardiomiopatie primitive anche sindromi come Brugada, QT lungo e le tachicardie ventricolari
catecolaminergiche (in cui morfologia e funzione del cuore sono normali ma i difetti genetici responsabili
sono ben noti).
Questo approccio “basato sulla genetica” è stato criticato dalla Società Europea di Cardiologia e nel 2008 il
Working Group sulle malattie miocardiche e pericardiche di questa Società ha preso formalmente posizione
pubblicando quello che ritiene essere lo schema classificativo più utile dal punto di vista clinico (6). Il punto
di vista europeo è infatti che in medicina gli schemi classificativi devono innanzitutto essere utili al clinico che
ha il problema di fare diagnosi e decidere la terapia del paziente e queste decisioni sono generalmente
indipendenti dalla conoscenza del tipo di difetto genetico. La classificazione europea si basa quindi sempre
sul fenotipo morfologico e funzionale; solo il passaggio successivo è quello di differenziare in ogni gruppo le
forme familiari o geneticamente determinate da quelle non familiari o non geneticamente determinate.
Più recentemente una task force di esperti europei ed americani ha pubblicato un documento in cui si
propone una nuova nomenclatura per la cardiomiopatie che si basa su 5 semplici attributi, le caratteristiche
morfofunzionali (M), l’organo interessato (O), la trasmissione su base familiare o genetica (G) ed una
esplicita annotazione eziologica con dettagli del difetto o della mutazione (E); infine, informazioni sullo stato
funzionale del paziente descritto usando la suddivisione in quattro stadi suggeriti dall’ACC e dall’AHA ed
eventualmente la classe NYHA (S) (7).
Discutere pregi e difetti di queste classificazioni ci porterebbe troppo lontano da quello che
è l’obiettivo di questo syllabus; in fin dei conti si tratta di due approcci diversi soprattutto
2
CARDIOMIOPATIA DILATATIVA
Malattia del miocardio caratterizzata da dilatazione e disfunzione ventricolare sinistra. Tra le diverse
cardiomiopatie è la più frequente. L’incidenza varia tra 0.73/100.000/anno e 6/100.000/anno. La prevalenza
tra 8.3/100.000 e 36.5/100.000.
Tre principali teorie eziopatogenetiche possono spiegare il cronico e progressivo danno miocardico:
· una infezione cronica virale, con progressivo danno cellulare
· una anomala risposta immunitaria con conseguente malattia autoimmunitaria
· fattori genetici possono essere direttamente o indirettamente responsabili della malattia.
Ai fini clinici e prognostici, è fondamentale che questi dati ecocardiografici vengano rivalutati seriatamente
nel corso del follow up; infatti il riscontro di una riduzione della pressione di riempimento ventricolare sinistra
dopo adeguamento terapeutico è correlato ad una migliore prognosi mentre la mancata regressione del
pattern restrittivo nonostante il trattamento si associa a una prognosi molto scadente.
Una considerazione a parte meritano le forme “midly dilated” che costituiscono un gruppo intermedio tra le
cardiomiopatie dilatative e le forme non classificabili: in questi casi manca la tradizionale dilatazione del
ventricolo sinistro o dilatazione biventricolare. La storia naturale di queste forme è molto eterogenea: in
questo gruppo sono inclusi pazienti con forme iniziali di cardiomiopatia dilatativa a prognosi benigna, che
evolveranno solo successivamente verso una maggiore dilatazione e pazienti che invece, pur avendo
dimensioni cardiache normali o lievemente aumentate, presentano una grave disfunzione sistolica,
scompenso cardiaco e prognosi infausta.
CARDIOMIOPATIA IPERTROFICA
La cardiomiopatia ipertrofica è caratterizzata da ipertrofia ventricolare sinistra in assenza di fattori che
giustifichino tale grado di ipertrofia. Il ventricolo sinistro di solito è di dimensioni normali. Una ostruzione
dinamica all’efflusso ventricolare è presente in circa il 20% dei casi.
La cardiomiopatia è per lo più familiare, con trasmissione autosomica dominante (oltre il 50% dei casi), ed
espressione e penetranza variabile. La disorganizzazione miocellulare è l’aspetto istopatologico
caratteristico. Lo sviluppo dell’ipertrofia avviene nella minoranza dei casi in utero o in età infantile, più
frequentemente in età puberale, raramente in età adulta. Lo sviluppo può avvenire in modo rapido e dunque
i controlli devono essere ravvicinati in età puberale. L’incidenza è circa 2.5/100.000/anno e la prevalenza è
di 20/100.000. Sulla base di esami ecocardiografici seriati effettuati su ampie popolazioni asintomatiche, non
afferenti ad ospedali, la prevalenza è di circa 2% è dunque appare molto più ampia di quanto sopra indicato.
La malattia può essere asintomatica o portare allo scompenso cardiaco, ma gli aspetti più ricorrenti sono
costituiti dalle aritmie e dalla morte improvvisa.
La classificazione morfologica della cardiomiopatia (“secondo Maron” modificata) è fatta in base alla
localizzazione dell’ipertrofia ventricolare:
· setto basale anteriore (tipo I)
· setto anteriore e posteriore (tipo II)
· setto e parete libera (tipo III)
· regioni del ventricolo sinistro diverse dal setto anteriore e dalla parete posteriore (tipo IV)
In questa classificazione non è compresa la ipertrofia apicale, che rientra nel tipo IV.
La valutazione della funzione sistolica è complessa a causa della distorsione geometrica e dell’entità e
distribuzione dell’ipertrofia parietale del ventricolo. Inizialmente la frazione di eiezione ed il fractional
shrinkage possono presentare valori al di sopra del range di normalità. Per lo studio accurato della funzione
sistolica, a scopo diagnostico differenziale (ad es. con delle forme di cuore d’atleta) si rende necessaria
spesso la valutazione con tissue Doppler imaging.
La valutazione della funzione diastolica è altrettanto complessa e richiede l’integrazione di diverse
metodiche ultrasonore.
Il gradiente intraventricolare ha caratteristiche dinamiche ed è molto variabile in base alla frequenza
cardiaca, pressione arteriosa, volemia, l’attività simpatica, le resistenza periferiche, la terapia farmacologia. Il
gradiente sistolico assente in condizioni basali, può essere provocato con la manovra di Valsalva, con
l’infusione di isoproterenolo o dobutamina, o con l’uso di vasodilatatori.
Le valutazioni ecocardiografiche nel follow-up possono essere maggiormente dilazionate nel tempo rispetto
a quanto suggerito nella cardiomiopatia dilatativa.
CARDIOMIOPATIA RESTRITTIVA
La cardiomiopatia restrittiva è una malattia del muscolo cardiaco, caratterizzata da un pattern di riempimento
ventricolare di tipo restrittivo e da un ridotto volume diastolico ventricolare. Le modificazioni istologiche che
sono alla base del quadro ecocardiografico non sono uniformi, essendo incluse sotto questa classe sia
malattie primitive che secondarie: pertanto per la descrizione morfologica e funzionale dei singoli quadri si
rimanda a testi più specialistici. La funzione sistolica e gli spessori parietali generalmente sono normali.
Forme con interessamento miocardico
· non infiltrative: idiopatica, sclerodermia, rigetto
· infiltrative: amiliodosi, sarcoidosi, M. di Gaucher, M. di Urler
4
Non esistono indicazioni standardizzate sulla necessità di valutazioni ecocardiografiche nel follow-up, che
andranno decise in base alle necessità cliniche del singolo paziente.
Va sottolineato che l’ecocardiografia ha una bassa sensibilità diagnostica nella displasia aritmogena.
5
Bibliografia
LEZIONE 4A
ECO-COLOR-DOPPLER VASCOLARE:
ASPETTI NORMALI E PATOLOGICI DEI DIVERSI DISTRETTI
APPROCCIO METODOLOGICO
L'eco-color-Doppler è una modalità diagnostica unitaria, comprendente l'insieme delle
informazioni anatomiche fornite dall'ecografia e dei dati emodinamici forniti dalle tecniche
Doppler. Queste comprendono da un lato la visualizzazione del flusso ematico mediante un
indicatore sintetico espresso dal color-Doppler, e dall'altro l'indicazione delle variazioni della
velocità nel tempo degli eritrociti grazie a un indicatore analitico, quale lo spettro delle
frequenze contenute nel segnale Doppler ottenuto interrogando uno specifico volume
campione. Seguendo tale approccio i! ruolo della metodica risulta ovviamente esaltato e
viene sottolineata l'assoluta inscindibilìtà dei due tipi di informazioni Doppler.
Delle tre componenti tecnologiche che caratterizzano l'eco-color-Doppler, quella ecografica
ben si presta alla valutazione anatomica dei vasi, consentendo di individuare eventuali alterazioni
del decorso o del calibro, sia a livello periferico che carotideo. La qualità dell'immagine
ecografica,tuttavia, non risulta sempre sufficiente a definire l'entità dalla malattia
ateromasica in particolare a livello periferico. Va comunque sottolineato che nei vasi periferici la
caratterizzazione strutturale della placca ateromasica non assume rilevanza come a livello
carotideo.
Un'arteria normale si presenta all'ecografia come una struttura anecogena tubuliforme
caratterizzata da pareti sottili, nelle quali possono essere riconoscibili due linee ecogene
adiacenti, corrispondenti rispettivamente
all'interfaccia lume-intima e all'avventizia, tra
loro separate da una linea ipoecogena
corrispondente alla tonaca media; in condizioni
tecniche ottimali il lume è completamente
anecogeno. Le arterie hanno pulsatilità sincrona
con il polso e, al contrario delle vene, non
collabiscono alla compressione effettuata con il
trasduttore .
L’identificazione dei vasi mediante ecografia viene completata dalla valutazione della
pervietà del lume ricorrendo al color-Doppler che visualizza il flusso su un'ampia area del
campo di vista del trasduttore ecografico. Il color-Doppler permette solo una
valutazione qualitativa del flusso; per quanto non consenta la valutazione quantitativa delle
stenosi, tuttavia ne identifica la presenza, dimostrando la riduzione del lume e/o visualizzando
gli incrementi di velocità degli eritrociti grazie alla desaturazione del colore base verso
tonalità più chiare oppure attraverso la comparsa di aliasing.
Il color-Doppler rappresenta pertanto il presupposto per la successiva analisi dello spettro
Doppler; riduce in modo considerevole il tempo d'esame indirizzando il posizionamento del
volume campione necessario alla valutazione dello spettro delle frequenze Doppler. La terza
componente dell'esame con eco-color-Doppler, cioè l'analisi spettrale Doppler, consiste
di due momenti: una valutazione qualitativa dello spettro e una eventuale valutazione
quantitativa.
La valutazione delle caratteristiche del flusso è generalmente di tipo qualitativo e si basa
sul rilievo della morfologia dello spettro. Altro aspetto che viene considerato nella
valutazione dello spettro è lo spessore della traccia che corrisponde alla dispersione delle
frequenze, quindi delle velocità degli eritrociti presenti nel volume campione; in
condizioni normali, quando il flusso è tendenzialmente laminare, lo spettro è sottile e
l'area libera sottostante la curva risulta ampia, mentre in condizioni patologiche
l'aumentato spessore dello spettro è espressione della turbolenza del flusso correlata
alla stenosi.
2
Sonde:
decorso esplorabile. Oltre alle scansioni
Lineare
classiche individuabili in quelle longitudinale Settoriale
ed assiale, si rendono in ogni caso Convex
Trasverso
vaso. Lo studio dei vasi arteriosi periferici Parametri:
prevede l’utilizzo di sonde con frequenze di M-MODE
PATOLOGIA ARTERIOSA
Malattia aterosclerotica
La valutazione angiografica della parete ateromasica durante la fase di allargamento
compensatorio, sottostima la lesione per stenosi ed estensione, essa non è una
metodica adatta allo studio della iniziale evoluzione dell’ ateroma. Gli ultrasuoni
sembrano essere più sensibili per questo studio perché offrono una miglior accuratezza
diagnostica sulle minime alterazioni della parete.
L'ultrasonografia B-Mode associata al Doppler, al color doppler, fornisce un adeguato
monitoraggio dell'evoluzione del processo ateromasico; anche se tale metodica non è in
grado completamente di discriminare la composizione della lesione; i depositi di calcio e
di colesterolo influenzano le proprietà acustiche, facendo così degli ultrasuoni un'ottima
metodica per il follow up della lesione ateromasica.
L'eco B è in grado di misurare lo spessore del complesso intima-media,è privo di rischi
per il paziente, non necessita di contrasto. Tuttavia l'eco B mode ha delle limitazioni:
non può esaminare le coronarie in modo incruento, non può esplorare tutti i segmenti
carotidei in tutti i pazienti e infine si deve aggiungere un 4% di errore nella misurazione dello
spessore mio-intimale. I distretti carotidei e periferici sono quelli più studiati in quanto sono
superficiali e permettono lo utilizzo di sonde ad elevata risoluzione in grado di fornire
immagini di alta qualità. All'analisi morfologica è sempre associata a quella
velocitometrica (doppler continuo o pulsato) che ci permette di cogliere le modificazioni
funzionali che le stenosi possono provocare (duplex scanner).
Analisi velocitometrica
La morfologia dell'onda sfigmica è caratterizzata da una
fase di accelerazione rapida a cui segue una
decelerazione lenta con una piccola incisura Fig.1
corrispondente alla chiusura delle valvole semilunari (onda
dicrota), nelle arterie muscolari e cutanee dove le
resistenze superano la forza propulsiva, il gradiente
pressorio si riduce determinando una onda negativa
protodiastolica. Successivamente viene liberata l'energia Fig.2
cinetica delle arterie distese a monte (effetto Windkessel)
che determina una progressione della colonna ematica in
senso distale ed una nuova onda positiva; viene a definirsi
una onda trifasica (Fig.1) caratterizzata da due onde
3
positive ed una negativa "reverse" che è direttamente dipendente dalle resistenze peri-
feriche. Nelle arterie che irrorano territori a basse resistenze (rene, cervello) esiste,
durante tutta la fase diastolica, un gradiente positivo per cui la morfologia dell'onda è
monofasica (Fig.2) caratterizzata da un flusso continuo su cui si inserisce , un'onda di
picco sistolica. La componente sistolica, la cui altezza massima esprime la massima
velocità raggiunta, riflette lo stato dei vasi a monte per cui, se esistono lesioni
significative, abbiamo un rallentamento dell'onda sfigmica con alterazione del tempo di
accelerazione sistolica e dell'integrale tempo velocità. Fig.3
Maggiore è l’entità della lesione a monte, maggiore è la
demodulazione dell'onda sfigmica a valle (Fig.3);occorre
anche considerare che la morfologia può variare a seconda
del tipo di circolo collaterale che viene attivato.
Nel caso di lesioni a valle del segmento esplorato, vengono
alterate le resistenze all'efflusso con modificazioni
dell'indice di resistenza di Poucelot, e il rapporto
sistodiastolico (Fig.3).
La presenza di ateromasia genera delle turbolenze ed
altera la morfologia dello spettrogramma per cui è possibile
identificare stenosi a partire dal 15%. Per quanto riguarda i vasi carotidei si rileva che gli
indici migliori per identificare una stenosi significativa (>75%) sono la velocità sistolica, la
teledistolica e il rapporto fra velocità sistolica nella carotide interna e la velocità sistolica
nella carotide comune.
Per gli arti inferiori viene considerato il rapporto fra velocità di picco in sede di stenosi e
velocità a monte più che la velocità nel punto di stenosi.
Se = 2 identifica una stenosi 50%
=4 " " 75%
=7 " " 80%
II significato emodinamico di una stenosi è determinato anche dal rapporto fra pressione
tibiale ed omerale; valori <0.50 identificano valori critici di perfusione mentre valori <0,40
segnalano una compromissione del circolo di compenso. Per le arterie renali una
velocità ostiale >80 cm/sec ed un rapporto fra velocità di picco in sede di stenosi e
velocità in aorta >3,8 identifica una stenosi > 60%. Altro parametro considerato come
segno indiretto di danno vascolare intraparenchimale è l’indice di resistenza.
I vasi carotidei
L'esame inizia facendo distendere il paziente supino sul lettino, posizionato
comodamente, evitando con scrupolo posizioni che detetminino tensione
muscolare, con le braccia lungo il corpo, le spalle appoggiate al piano, il più
possibile abbassate, ed il capo iperesteso. In questa posizione ci si pone
simmetrici e risulta più agevole esplorare
l'asse carotideo fino in sede sottomandibolare,
spostando, se ce ne fosse la necessità, il capo
del paziente con la mano libera dalla sonda.
Richiede una buona manualità con entrambe
le mani nella gestione della sonda, qualità che indubbiamente si
acquisisce con l'esperienza.
4
Come impugnare la sonda: è preferibile tenerla saldamente per l'intera lunghezza con il
pollice ed il dito medio della mano per poter più agevolmente eseguire movimenti fini e
pressioni graduare che avranno l'articolazione del
polso come fulcro per i diversi interventi di
correzione. Ma ovviamente ogni operatore solo con
l'esperienza affina ed arricchisce la propria tecnica
manuale. La mano libera dalla sonda agisce sul
pannello dei comandi e in particolari situazioni
può aiutare il Paziente nello sforzo di
ìperestendere il capo. L'esame inizia con
l'esplorazione delle carotidi comuni. Tenendo il
capo del paziente in asse, si esegue una prima
scansione trasversale del vaso dalla base del
collo risalendo fino alla biforcazione ed oltre, per avere un
primo quadro d'insieme dei vasi da esplorare. Si procede poi,
sempre seguendo un ordine che è bene sìa standardizzato, con
la scansione longitudinale anteriore delle carotidi comuni fino al
bulbo. La carotide esterna nella maggior parte dei casi risulta
come una continuazione sullo stesso asse della carotide
comune, mentre la carotide interna ha calibro maggiore ed
esordisce di solito lateralmente e dorsalmente all'esterna. Gli
spostamenti della sonda si eseguono sempre lentamente,
soprattutto quelli laterali. Nella prima fase allorché si esplora il
tratto iniziale della carotide comune di destra viene molto
frequentemente comodo analizzare la biforcazione della arteria
anonima. Si possono rilevare così e quantificare lesioni ateromasiche collocare all'ostio della
comune o della succlavia. Per motivi anatomici non è altrettanto comune poter esplorare
l'ostio degli stessi vasi in sede controlarerale al loro esordio dall'arco aortico. Altre volte
interna ed esterna presentano posizioni invertite e calibro sostanzialmente
sovrapponibile o addirittura l'esterna si può presentare di calibro maggiore nel caso la
dilatazione bulbare che sì colloca sul suo versante sia partìcolarmente accentuata. In
tali situazioni il loro riconoscimento è affidato ai caratteri del segnale Doppler,
campionato nei due diversi lumi vasali, all'individuazione delle collaterali dell'esterna e
alle manovre di compressione.
Si seguono i vasi fin dove è possibile oltre la biforcazione, per un tratto variabile da 1 a 5-
6 centimetri a seconda della variabilità dell'anatomia vascolare, della lunghezza delle
strutture cervicali e della capacità del paziente di iperestendere il capo (manovra che
può essere facilitata dalla mano libera dell'operatore). L'esplorazione carotidea viene poi
ripetuta con una scansione laterale, con il capo ruotato di circa 45° verso il lato opposto a
quello dell'esame, e quindi con una scansione posteriore (sia in longitudinale che in
trasversale), ruotando il capo il più possibile dal lato opposto, ma sforzandosi di mantenere
la sonda perfettamente allineata con il vaso.
Le vertebrali
Per l'esplorazione delle arterie vertebrali il capo viene riportato in asse, mantenuto rilassato e
con il mento in posizione non estesa. Si posiziona la sonda sul tratto medio-inferiore, comunque
quello più rettilineo, della carotide comune e poi ci sì sposta con la sonda lentamente in di-
rezione laterale fino a quando si riesce a visualizzare l'arteria . Essa appare con il decorso
tipicamente intercalato da coni d'ombra dovuti alle vertebre cervìcalì che rappresentano i tipici
punti di repere che ci danno la certezza della sua individuazione e per non correre il rischio dì
scambiare per arteria vertebrale un robusto tronco tireo-cervicale o altri vasi. Si esplorerà
quindi il vaso, spesso non senza difficoltà, a monte fino all'origine e a valle fino a dove
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possìbile. L'esame sì esaurisce con l'esplorazione dell'origine delle arterie succlavie alla base del
collo, ben riconoscibili per il tracciato doppler ad alte resistenze.
con la vera carotide interna occlusa e con il calibro ridotto per fenomeni post-trombotici. In
caso di sospetta occlusione della carotide interna, è necessario:
1. poter riconoscere la presenza di eventuali vasi anomali,
2. escludere una rotazione del bulbo sull'asse longitudinale che faccia confondere l'esterna
con l'interna;
3. ricercare la presenza di kinking ad angolo stretto;
4. verificare la presenza e il flusso a livello della vertebrale e del tronco tireo-cervicale
omolaterali per non correre il rischio di confonderli in sede prossimale con l'interna. In
alcune situazioni può essere ancora utile una procedura che rappresentava parte
integrante dello studio velocimetrico Doppler ad onda continua: l'analisi del circolo
sovraorbitario. Come è noto, il circolo sovraorbitario rappresenta una sede di anastomosi
fisiologica fra il letto arterioso intracranìco di derivazione dalla carotide interna via cerebrale
anteriore ed arteria oftalmica che ne rappresenta la prima collaterale ed il letto facciale di
pertinenza delle arterie facciale e temporale superficiale, dìramazioni della carotide esterna.
Il primo è un circolo a bassa resistenza, parenchimale, il secondo prevalentemente
distribuito a masse muscolari è a resistenze elevate. Ne deriva che normalmente il verso del
flusso misurabile a livello del ramo sovraorbitario è diretto dall'interno verso l'esterno. Nel
caso di carotide interna occlusa il flusso a livello sovraorbitario si presenterà invertito con una
direzione cerebropeta.
Arterie vertebrali
L'arteria vertebrale nasce solitamente come primo ramo dalla arteria succlavia. Nel 4% dei
casi a sinistra nasce direttamente dall'arco aortico, molto più raramente a destra. Scorre poi
lateralmente alla carotide comune davanti al muscolo scaleno, prima di entrare, dopo una
dolce curva a S, nel forame dell'apofisi trasversa della sesta vertebra cervicale (più
raramente la quinta). Quindi prosegue cranialmente, quasi rettilìnea fino alla base del cranio,
attraverso i forami delle apofisi trasverse cervicali.
Molto frequentemente la vertebrale di sinistra presenta calibro maggiore. Nell'ambito della
variabilità individuale si segnala che è possibile una ipoplasia de! vaso o una agenesia
monolaterale.. Per l'esplorazione delle arterie vertebrali il capo viene mantenuto in asse, in
posizione non estesa.
Lo spettro Doppler appare caratterizzato sia da una componente diastolica che sistolica,
seppur con un picco più basso rispetto alla carotide interna, con spettro più largo e tono
più cupo. Per la difficoltà tecnica e le possibili varianti anatomiche, è bene avere molta
prudenza nel diagnosticare una occlusione vertebrale.
Una condizione particolare è rappresentata dalla sindrome da furto della succlavia. Con tale
espressione si intende la condizione legata alla insufficienza vertebra-basilare determinata
dalla inversione intermittente o stabile del flusso in una delle due vertebrali qualora l'origine
della succlavia sìa compromessa da una stenosi più o meno rilevante dal punto di vista
emodina-mico, o da una vera e propria occlusione.
Anche la presenza di conformazioni particolari nel rapporto fra strutture muscolo-
scheletriche o fra diverse strutture ossee della spalla, specialmente clavicola e prima
costa, possono determinare quella che viene definita sindrome dello stretto toracico
superiore che si caratterizza per la comparsa dì un'ostruzione dinamica a carico della
succlavia che si verifica a seguito di particolari movimenti del braccio. Tale ostruzione può
essere anche completa con la conseguente scomparsa del flusso ematico in occasione di
elevazioni del braccio.
La carotide operata
Talora giunge alla nostra osservazione un paziente sottoposto ad intervento di TEA
carotidea del quale si devono valutare la pervietà dell’area operata e le caratteristiche dei
segmenti prospicienti la zona d’intervento. Inoltre, sono da tempo non infrequenti i casi di
pazienti sottoposti a posizionamento di stent.
7
Il primo elemento che viene considerato nella valutazione della parete vascolare è la
caratteristica ecografica che definisce lo spessore medio-intimale. Questo è molto importante
perché rappresenta una "cartina di tornasole" nei confronti della situazione vascolare generale. E’
stata infatti dimostrata una stretta relazione
dell'aumento dello spessore medio-
intimale con la prevalenza di lesioni
coronariche, e dei grossi vasi arteriosi in
generale.L'impiego di sonde ad elevata
frequenza dì emissione, lineari, con
l'attenzione a mantenere il fascio
ultrasonoro il più perpendìcolare possibile
all'interfaccia lume-vaso, sono elementi molto rilevanti al fine di una precisa misura dello
spessore. E’ inoltre molto utile provvedere se possibile ad stivare lo zoom per poter operare su
grandezze molto più facilmente definibili. L’ ecografia B-mode consente dì misurare con
precisione lo spessore medio-Ìntimale (IMT), in modo elettivo in sezione longitudinale. L'IMT può
presentarsi omogeneo lungo il vaso, oppure irregolare e zonale. Normalmente gli strati medio-
ìntimali si considerano "nella norma" fino allo spessore di 0,6 mm. Oltre sì parla dì
"ispessimento" medio-intimale fino a 0,9 mm. Oltre tale valore si ha una precisa correlazione
con la malattia aterosclerotica polidistrettuale e coronaria in particolare, come sopra citato. Se
l'ispessimento supera 1,5 mm sì configura come una vera e propria placca.
Una sede frequente di formazione di placca, per fenomeni di marcata turbolenza, è l'interno dì
un aneurisma, sopratrurto sacciforme. Un esempio tipico è quello della lesione aneurismatica
della poplitea.
Per quanto riguarda l'asse arterioso degli arti superiori, sede molto frequente dì una placca
ateromasica risulta essere l'origine della arteria succlavia.
Una collocazione particolare della placca ateromasica è quella riscontrabile all'interno di un
tratto di vena "arteria!izzato" di una fistola artero-venosa confezionata per l'emodialisi, che
vede nella forte turbolenza di flusso il momento fisìopatologico principale per la sua
formazione in questa sede anomala.
Dimensioni e forma
Lo studio ecodoppler delle dimensioni e della forma di una placca aieromasica all'interno
di un'arteria rappresenta in molte circostanze una sfida, in cui la capacità dell'operatore può
fare realmente la differenza. Il grande vantaggio di questa metodica rispetto all'angiografia,
che fornisce solo immagini di "minus", sta nella possibilità dì visualizzare anche le strutture
parietale e i loro rapporti con gli ambiti circostanti, cosa che fa meglio distinguere i contorni
veri della deposizione ateromasica.
L'estensione in lunghezza e la disposizione della placca (semicircolare, concentrica, ecc.),
oltre alla morfologia dì cui parleremo più avanti, sono caratteri che devono essere sempre
ricercati e descritti nel referto d'esame, soprattutto per l'asse carotideo extracranico. Tali
informazioni possono influire ad esempio, a parità del grado di stenosi di un vaso, sull'approccio
medico o addirittura sul tempo e sul modo di un eventuale trattamento chirurgico. Il reperto
più frequente è senz'altro una placca posizionata al bulbo, coinvolgente o meno l'origine
della carotide interna o posizionata nel primo tratto dello stesso vaso, con una estensione
in un range tra 10 e 25 millimetri. Una ateromasia diffusa con placche a manicotto che
interessano ampie porzioni dì vaso, posso consìgliare, anche in assenza dì stenosi
emodinamicamente significative, un trattamento medico più aggressivo sui fattori di rischio
della malattia aterosclerotica. La ricerca della presenza, dimensione e della forma della
lesione, ci impone lo studio dell'asse carotideo seguendo i diversi piani di scansione
perché limitandoci alla scansione in antero-laterale, ci potrebbero essere piccole placche
presentì solo sulla parete posteriore, oppure si potrebbe correre il rischio sovrastimare
placche calcifiche o disomogenee, meglio evidenziabili nella loro esatta dimensione con
una scansione posteriore. Mentre l'estensione in lunghezza della placca può essere
adeguatemente misurata con una scansione longitudinale, la morfologia richiede una
attenta valutazione non solo longitudinale ma anche con la scansione trasversale,
possibilità peraltro assente nelle immagini agiografiche classiche. Non sempre è agevole
descrivere nei dettagli una malattia ateromasica diffusa alle arterie degli arti inferiori,
soprattutto nei pazienti diabetici, in cui è frequente la presenza di calcificazioni diffuse
parietali. In molti casi si segnala la presenza dì "placche in serie interessanti ìl tratto
arterioso - ad esempio - femorale", segnalando le sedi con stenosi più rilevante e le eventuali
occlusioni con i possibili ambiti di rivascolarizzazione a valle.
rappresenraro dalla tipica placca ipoecogena o "soft”. La codifica del colore in queste
situazioni offre uno degli aiuti più concreti permettendo di definire un profilo dì lume con
flusso che disegna dei veri e propri minus adesi alla parete del vaso. Studi di correlazione
anatomopatologica hanno dimostrato come i componenti della placca siano ben correlati con
l'aspetto ecoriflettente della stessa. Il tessuto fibroso è iperecogeno ed in grado dì realizzare
una barriera iperriflettente al fascio di ultrasuoni. I depositi di calcio determinano invece un
cono d'ombra posteriore. Pertanto, la struttura della placca rappresenta un elemento di
particolare attenzione e la definizione di "omogeneità" o "disomogeneità" della sua struttura è
ormaii possibile con ben definiti livelli di sensibilità (90%), specificità (96%) ed accuratezza
(88%). La placca omogenea stabile è generalmente composta da tessuto fibroso o fibro-
lipidico con distribuzione regolare dei tessuti, margini lisci e netti. Raramenre presenta
ulcerazioni o emorragie intraplacca. La componente lipidìca si presenta uniformemente
iporiflettente, mentre la componente fibrosa si caratterizza per una maggiore ecogenìcità. La
placca disomogenea, generalmente per sua natura instabile, si caratterizza per il
rilievo di aree a diverso grado di ecorifrangenza o addirittura del tutto anecogene. La
componente ipoanecogena istologicamente è caratterizzata da un accumulo di
materiale lipidico. Spesso celano nel loro contesto una lesione ulcerativa individuabile
modificando adeguatamente il piano di scansione. La placca fibro-calcifica, pur presentando
una struttura disomogenea, è in genere più stabile con scarsa tendenza all'accrescimento e,
per la sua compattezza, raramente embolizzante
Superficie endoluminale
Di norevole importanza, ma spesso di rilevante difficoltà, è lo studio della superfìcie
endolumina-le della placca, del profilo della lesione con le eventuali irregolarità che a
suo carico si possono individuare, ed in particolare di quelle situazioni in cui la
collocazione in ambito aacrale della zona ipo-anecogena rende difficile differenziare una
area ateromasica disomogenea da una ulcerata. Infatti tatara è particolarmente
impegnativo, e richiede notevole esperienza, riuscire ad individuare un esile "fibrata
cap"dnte le caratteristiche di limitata ecorifrangenza di tale struttura. In quelle situazioni
è pertanto molto importante sfruttare al meglio le potenzialità dello strumento
modificando l'angolo di insonicazione in maniera tale da renderlo il più favorevole
possibile, adattando la frequenza fondamentale, la PFR, la focalizzazione ecc.
I gradi più severi vedono la presenza di vere e proprie "ulcerazioni": da microulcere fino a a
proprie escavazioni con grossolana perdita di sostanza a carico della lesione
ateromasìca; per contro offre il vantaggio di una chiara definizione del grado di stenosi nella
sede precisa della lesione.
Un metodo ulteriore è quello che prevede il calcolo del rapporto fra lume vero in sede dì
stenosi e calibro della carotide comune a monte della dilatazione bulbare (Metodo della
Carotide Comune).
D'altro canto è stato codificato che il livello dì accuratezza del metodo ecodoppler nella
valutazione della stenosi vascolare necessita siano prese in considerazione tanto le misure
bidimensionali quanto le valutazioni veloci metriche. Questa messa a punto ha i presupposti per
essere considerata un punto fisso di riferimento. Si fonda infatti sulla deduzione del grado dì
stenosi derivante dalla analisi contestuale della misura B-mode e della PSV (Peak Systolic
Velocity) ottenuta con la analisi spettrale del colordoppler in sede di stenosi: queste dovrebbero
essere coerenti tra loro.
L'esperienza insegna però che vi possono essere situazioni in cui è possibile uno scostamento
dei parametri suggeriti. Ad esempio nelle condizioni in cui la placca ateromasiche sì collochi a
livello della dilatazione bulbare verso l'ostio del vaso è possibile rilevare stenosi superiori al 60%
in bi mensionale che determinano incrementi limitati della PSV.
Nella Tabella seguente è riportato il Consensus Panel Gray-Scale per la definizione del grado
stenosi della carotide interna.
capacitanza. La seconda e la terza onda, che si collocano durante la fase diastolica della
rivoluzione cardiaca, rappresentano quelli che sì definiscono "accidenti secondari" dell'onda
sfigmica. La presenza di stenosi condiziona ovviamente il flusso determinando le tipiche
demodulazioni che abbiamo analizzato nel capitolo sulla caratterizzazione della placca
ateromasica. E’ importante però conoscere che spesso lo studio dei vasi ileo-femorali
permette di apprezzare modificazioni tipiche dei caratteri del complesso triplice che
dimostrano un'alterazione legata ad ostruzioni del lume vascolare a monte.
Il primo carattere del complesso velocimetrico che viene ad essere modificato è rappresentato
dalla morfologia delle onde accessorie: scompare la terza e quindi la seconda trasformando
il complesso trifasico in un complesso sempre più monofasico con progressivo incremento
del tempo di picco ovvero del tempo per
raggiungere la PSV. Questa a sua volta
in maniera corrispondente si riduce ed il
profilo dell'onda sfigmica diviene
sempre più demodulato fino ad as-
sumere, nelle condizioni di flusso post-
occlusivo, la morfologia arcuata.
Nell’iter diagnostico dello studio del distretto venoso lo scopo dell’esame è l’accertamento
di un reflusso oppure di una trombosi venosa superficiale e/o profonda.
Nei due casi l’ iter diagnostico e procedure sono differenti. Il circolo venoso profondo deve
sempre essere valutato. L’ecocolorDoppler venoso esplora la pervietà dei vasi, la loro
comprimibilità (CUS), il calibro, la velocità e fasicità del flusso nonché la presenza di
reflussi. Esso è indicato nel sospetto clinico di trombosi venosa profonda e superficiale, di
insufficienza venosa, indicazioni terapeutiche e controlli a distanza. Anche le vene
appaiono come strutture anecogene, comprimibili, non pulsatili in cui è possibile scorgere
lembi valvolari esogeni sporgenti nel lume. All’esame Doppler il flusso è unidirezionale,
spontaneo di bassa tonalità, fasico con gli atti dl respiro in assenza di pulsatilità, interrotto
alla manovra di valsala ed incrementabile alla compressione distale. Nel campo patologico
limitiamo ad illustrare la sua utilità nella diagnosi di Trombosi venosa. Infatti per una
conferma della presenza di TVP, o per una sua esclusione, non ci si può basare solo su
una diagnosi clinica, ma occorre ottenere il riscontro obiettivo di un esame strumentale
qual è l’ecocolorDoppler venoso. L’ultrasonografia (ecografia B-mode, duplex scanning,
eco-color-doppler) è la metodica non invasiva di prima scelta per la diagnosi di TVP
prossimale degli arti inferiori: elevata accuratezza diagnostica, praticità, semplicità d’uso,
economica, innocua, può essere ripetuta senza restrizioni. I criteri di diagnosi: possono
essere diretti mediante visualizzazione del trombo ed assenza di flusso spontaneo ed
indiretti con la non compressibilità (totale o parziale) del lume venoso per effetto di una
moderata pressione della sonda, aumento di diametro del lume vasale. La sensibilità è
pari al 97 % e la sua specificità al 98 %
1
LEZIONE 4B
ASPETTI NORMALI E PATOLOGICI DEL VASO AORTICO
Il vaso aortico è formato com’è noto da 3 strati laminari sovrapposti (intima, media ed avventizia) ed è diviso
in aorta toracica, sovradiaframmatica, e addominale, sottodiaframmatica. L’aorta toracica si divide in tre
segmenti anatomici: aorta ascendente, arco ed aorta toracica discendente. L’aorta ascendente ha una
lunghezza di circa 5 cm, inizia a livello della valvola aortica ed è suddivisa in 4 diversi segmenti
successivi di diverso calibro: l’anulus (in corrispondenza dell’inserzione delle cuspidi valvolari), che
presenta il calibro minore rispetto agli altri segmenti, i seni di Valsalva, la giunzione seno-tubulare, dove
si verifica una riduzione del calibro aortico e l’aorta ascendente caratterizzata nuovamente da un
aumento del calibro.
La radice aortica è quella struttura compresa tra l’anulus e la giunzione seno-tubulare. La geometria e le
dimensioni della radice aortica, ed in particolare le proporzioni tra altezza della radice e calibro dell’anello e
della giunzione seno-tubulare, sono essenziali per determinare la normale coaptazione della valvola aorta e
a garantirne la continenza. Uno studio particolareggiato dei tre Seni di Valsalva (i due coronarici e quello non
coronarico) è di pertinenza dello studio della valvola aortica.
L’aorta ascendente si continua nell’arco aortico lungo 4-5 cm. L’arco, subito dopo l’origine della arteria
succlavia sinistra, si continua nella regione istmica dell’aorta toracica discendente che decorre
inizialmente alla sinistra della colonna vertebrale, posteriormente all’esofago spostandosi
successivamente verso destra incrociando l’esofago. Il calibro dell’aorta discendente si riduce
progressivamente nel passaggio dall’aorta toracica a quella addominale. L’aorta addominale è distinta
in tratto sovra- e sotto-renale in relazione all’emergenza delle arterie renali.
L’esame transtoracico (ETT) permette di studiare, utilizzando la finestra parasternale sinistra, l’aorta
ascendente e, utilizzando la finestra soprasternale, l’arco aortico ed il primo tratto dell’aorta toracica
discendente; spesso la definizione anatomica di queste ultime porzioni di aorta è imprecisa e le
informazioni inattendibili. L’esame transesofageo (ETE) per gli stretti rapporti che intercorrono tra
esofago e aorta toracica, permette invece un’ottima definizione dell’aorta ascendente, dell’arco e, al
contrario dell’ETT, anche del tratto toracico dell’aorta discendente, fino alla prima porzione toraco
addominale.
E’ preferibile ottenere la misurazione del vaso aortico utilizzando le sezioni bidimensionali. Infatti le
misurazioni monodimensionali, per le cicliche variazioni dei rapporti tra fascio singolo e vaso aortico
che si sposta, portano ad una sistematica sottostima del diametro in particolare a livello dei seni di Valsalva.
Per la corretta visualizzazione e successiva misurazione dell’aorta toracica ascendente si utilizza la finestra
parasternale sinistra nella sezione longitudinale eseguendo vari tagli ed eventualmente modificando gli
spazi intercostali utilizzati ed eseguendo l’esame a differenti distanze dal bordo sternale. Le sezioni da
utilizzare sono quelle che permettono la visualizzazione del vaso aortico con il maggior diametro. Viene
inoltre raccomandato di considerare il diametro massimo ottenibile nella sezione trasversale
perpendicolare alla longitudinale. In tutti i pazienti con sospetta patologia del vaso aortico, si raccomanda di
eseguire la sezione parasternale destra per la valutazione delle vere dimensioni dell’aorta ascendente.
Anche se visualizzabile dalla finestra apicale, l’aorta ascendente in questa sezione offre delle misure non
attendibili per il problema della ridotta risoluzione laterale.
La finestra soprasternale è di fondamentale importanza per la valutazione dell’arco e della regione istmica.
Da questa finestra, nella sezione longitudinale, si visualizza l’arco (con l’emergenza del tronco anonimo,
della corotide e della succlavia di sinistra) ed il primo tratto di aorta toracica discendente (con la regione
istmica). La lunghezza del tratto di aorta discendente visualizzabile dipende dal decorso assunto dall’aorta
toracica.
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In quale fase del ciclo cardiaco eseguire le misurazioni del calibro vasale aortico? Per l’anello aortico viene
raccomandata la misurazione in sistole. Per gli altri segmenti di aorta (radice, giunzione seno-tubulare ed
aorta ascendente) viene raccomandata la misurazione in telediastole.
Dove eseguire le misurazioni del calibro vasale aortico? Anche se molti esperti consigliano di eseguire
la misurazione eseguendo la metodica dell’inner edge to inner edge, per poterla confrontare con le
misurazioni ottenute con altre metodiche (RMN, TC) occorre ricordare che i valori considerati normali in
ecocardiografia furono ottenuti utilizzando il metodo leading edge to leading edge. Va comunque
sottolineato che le attuali apparecchiature che permettono, mediante l’utilizzo della seconda armonica,
una più accurata visualizzazione del vaso aortico, minimizzano le differenze tra le due metodiche.
Recentemente Mirea ha studiato 500 soggetti di varia età e superficie corporea, utilizzando la metodica
ecocardiografica inner edge-inner edge, fornendo i nomogrammi dei valori utilizzabili nella pratica clinica.
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Di seguito lo schema proposto da Evangelista, nelle raccomandazioni per la patologia del vaso aortico.
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Di seguito le tabelle di Mirea. I risultati dello studio documentano l’effetto dell’età sulle dimensioni dell’aorta
toracica prossimale ed enfatizzano l’importanza di considerare genere e superficie coroporea quando si
valutano le dimensioni vasali. I range di riferimento sono confrontabili con le altre metodiche di imaging in
quanto le misure sono state effettuate con metodo inner-inner.
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e tabelle tratte dal lavoro originale di Roman, alle quali a tuttoggi si fa riferimento per valutare le
dimensioni del vaso aortico
Le dimensioni della radice aortica si correlano, come abbiamo già detto, con la superficie corporea e
l’età. Il vaso aortico, a livello dei Seni di Valsalva, si considera dilatato per un diametro al di sopra
del limite superiore al 95% dell’intervallo di confidenza di distribuzione di una larga popolazione di
riferimento. Per la valutazione della dilatazione aortica facciamo riferimento alle tabelle di Roman e di Mirea.
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La dilatazione del VASO AORTICO riconosce cause congenite e degenerativa. Cause congenite: sindrome
di Marfan, sindrome di Ehlers-Danlos tipo IV, Sindrome di Loeys-Dietz (Sindrome simil Marfan), valvola
bicuspide, coartazione aortica, sindrome di Turner, sclerosi tuberosa, malattia di Fabry, rene policistico
dell’adulto, osteogenesi imperfetta, omocistinuria, sindrome di Noonan. Cause degenerative:
aterosclerosi, ipertensione arteriosa, ectasia annuloaortica, valvulopatia aortica.
La dilatazione aortica è presente nel 40-60% nei soggetti con aorta bicuspide più evidente e più precoce a
livello del tratto ascendente.
Nell’aorta bicuspide i distretti più interessati sono la giunzione seno-tubulare e l’aorta ascendente e
qualche volta l’arco aortico. Nella sindrome di Marfan la dilatazione interessa soprattutto i seni di
Valsalva e la giunzione seno-tubulare .
Più la struttura della parete è debole più si abbassa il cut-off dell’intervento. Nella malattia di Marfan l’aorta
ascendente > 43 mm aortic root ratio 1,3; nell’aorta bicuspide aorta ascendente >45 mm aortic root
ratio 1,4; nella malattia degenerativa senza insufficienza della valvola aorta tratto ascendente >48 mm
aortic root ratio 1,5.
Nella Sindrome di Loeys-Dietz, di recente inquadramento nosografico, la patologia del vaso aortico
sembrerebbe essere più aggressiva e viene consigliata la correzione chirurgica di sostituzione del
vaso per dimensioni ancora inferiori rispetto a quelli del Marfan ed un monitoraggio attento di tutto
l’albero arterioso per intervenire in maniera precoce.
ANEURISMA
Si definisce aneurisma una dilatazione dell’aorta ascendente ≥5,5 cm o con un rapporto >1,5 tra diametro
rilevato e diametro atteso in base a superficie corporea ed età del paziente; tale rapporto sarà minore
in presenza di altri fattori di rischio per precoce rottura, es.1,3 in presenza di S. di Marfan, 1,4 nel caso
diaorta bicuspide. Per l’arco aortico la definizione di aneurisma è corretta con un diametro ≥4,5 cm e per
l’aorta discendente ≥3,7 cm. L’identificazione di questa patologia è fondamentale in quanto è ad alto rischio
di dissezione. La maggiore complicanza dell’aneurisma del seno di Valsalva è la rottura spontanea
soprattutto in atrio destro. Nella tabella seguente si riportano le maggiori caratteristiche cliniche e fenotipiche
delle tre sindromi con interessamento vascolare.
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Il termine sindromi aortiche acute (SAA) descrive un gruppo di patologie a carico del vaso aortico ed
includono la dissezione aortica, l’ematoma intramurale, l’ulcera aterosclerotica penetrante ed i traumi aortici.
Questa è la classificazione più recente proposta dalla Task Force sulla dissezione aort ica della Società
Europea di Cardiologia, che oltre alla dissezione aortica classica, consideral’ematoma intramurale e
l’ulcera penetrante, precursori della più classica dissezione, la rottura localizzata dell’intima e le
dissezioni iatrogene.
La caratteristica delle SAA è la lacerazione, con o senza breccia intimale, della tonaca media, all’interno
della quale il sangue s’infiltra e può contribuire alla progressione della dissezione o rimanere localizzato
portando alla formazione di un’ematoma. Nelle placche ateromasiche ulcerate il materiale trombotico si
deposita sulla placca e nell’ulcera penetrante si determina l’ematoma e la dissezione.
Le classificazioni più utilizzate sono quella di De Bakey e quella della Stanford University.
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La diagnosi ecocardiografica di dissezione si basa sul rilievo dell’intima dissecata che, ampiamente
mobile, separa un falso da un vero lume. Con ETT, dalla sezione parasternale e dalla sezione
longitudinale apicale (2 camere con aorta) si può identificare il flap intimale dell’aorta ascendente che si
presenta come eco lineare mobile. Nelle forme classiche l’intimal flap origina dalla giunzione
sinotubulare ma talvolta, se l’intima è ispessita e sede di placche calcifichi, l’intimal flap può essere
poco mobile o addirittura immobile. Il vero lume è caratterizzato da espansione sistolica e collasso
diastolico; l’ecocontrasto è assente. Il falso lume presenta espansione diastolica, l’ecocontrasto è presente, il
flusso è basso o assente con possibili formazioni trombotiche.
Con ETT se presenti, sono evidenziabili l’insufficienza aortica, il versamento pericardio e pleurico e
l’eventuale ematoma periaortico. La combinazione delle metodiche ETT ed ETE consente di ottenere
sensibilità e specificità vicine al 100%.
Nelle dissezioni dell’aorta discendente è necessario ricorrere all’ETE che permette di evidenziare il
flap intimale e il riconoscimento del vero e del falso lume. Il flap è solitamente concavo dal lato del
vero lume con pulsatilità diretta verso il falso lume, la presenza di ecocontrasto spontaneo ci
orienterà verso un falso lume rifornito da una breccia non molto ampia; il color Doppler identifica
eventuali brecce.
Anche l’aorta addominale va indagata con eco trans toracico, nel sospetto di dissezione toracica: la
presenza di flap al suo interno in una dissezione ci indirizzerà verso un I tipo. Un flap intimale in aorta
addominale senza la sua evidenza in ascendente e arco ci orienterà verso una dissezione di tipo B.
E’ considerato un precursore della dissezione classica, si origina dalla rottura dei vasa vasorum e può
successivamente provocare la comparsa di una breccia intimale con conseguente comunicazione travero
e falso lume, ed estendersi a tutta l’aorta, progredire, regredire o riassorbirsi.
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Nella quasi totalità dei casi è impossibile una diagnosi di ematoma intramurale con esame eco trans
toracico. La diagnosi si pone se l’eco transesofageo evidenzia il sollevamento dell’intima dalla sottostante
parete di almeno 5 mm (o anche 7 mm secondo altri). Bisogna sottolineare che la diagnosi differenziale
con la stratificazione trombotica non è sempre agevole. In questi casi più difficili può essere di
aiuto l’osservazione di eventuali depositi calcifici, che nel caso dell’ematoma intramurale sono dislocati
verso il lume, al contrario di quanto avviene nelle stratificazioni trombotiche dove le eventuali
calcificazioni e quindi l’intima restano confinate al di sotto del trombo.
Non sono diagnosticabili con ETT (eccezion fatta per quelle dell’arco) e sistematicamente richiedono
l’esecuzione dell’esame trans esofageo.
BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA
EVANGELISTA A Echocardiography in aortic disease: EAE recommendations for clinical practice European
Journal of Echocardiography 2010;11: 645–658
MIREA O Effects of Aging and Body Size on Proximal and Ascending Aorta and Aortic Arch: Inner Edge–to–
Inner Edge Reference Values in a Large Adult Population by Two-Dimensional Transthoracic
Echocardiography. J Am Soc Echocardiogr 2013;26:419-27
La conoscenza della morfologia normale e della disposizione spaziale degli apparati valvolari normali è di
fondamentale importanza per affrontare lo studio delle valvulopatie.
Il piano atrio-ventricolare può essere considerato la bussola del cardiologo ecocardiografista poiché
consente di orientarsi sia nella visualizzazione dei piani trasversali che di quelli longitudinali ed è
particolarmente utile per studiare la disposizione delle valvole ed i rapporti che contraggono tra di loro: aorta
in posizione centrale mitrale e tricuspide in posizione posteriore e valvola polmonare disposta anteriormente
alla valvola aortica.
Lembi valvolari
La normale valvola mitralica è costituita da due lembi (ognuno di circa 1 mm di spessore) collegati da un lato
all’anello fibro-muscolare (la base) e all’apparato sottovalvolare (il margine libero) dall’altro. Il lembo
posteriore è anatomicamente suddiviso in 3 parti o “scallops”, denominati P1, P2 e P3, tramite 2 incisure. Lo
scallop P1 corrisponde alla porzione antero-laterale del lembo e si trova vicino alla commissura antero-
laterale e all’auricola sinistra. Lo scallop P2 è centrale ed è quello maggiormente sviluppato. Lo scallop P3
corrisponde alla porzione postero-mediale e si trova vicino alla commissura postero-mediale e alla valvola
tricuspide. La sua base di impianto si inserisce per una estensione pari a 2/3 della circonferenza dell’anulus,
in una zona di tessuto muscolare. Il suo contributo al meccanismo di apertura-chiusura dell’orifizio mitralico è
più complesso perché, in conseguenza della contrazione del ventricolo sinistro e dell’accorciamento
circumferenziale dell’anulus, modifica le sue dimensioni in fase sistolica.
Il lembo anteriore ha una forma semi-circolare ed è in continuità con la cuspide non coronarica della valvola
aortica tramite la fibrosa intervalvolare. A differenza del lembo posteriore, il margine libero del lembo
anteriore è generalmente continuo, senza incisure. Pertanto viene idealmente suddiviso in tre scallops,
denominati A1, A2 e A3, in funzione dello scallop del lembo posteriore affrontante. Il lembo anteriore, che ha
a forma paragonabile ad una "D" rovesciata, ha una limitata estensione circumferenziale, pari a circa un
terzo della circonferenza dell’anulus, ma una notevole estensione supero-inferiore. E’ inserito in una zona
“strategica” e costituisce una sorta di sipario che divide il ventricolo sinistro, in fase diastolica, in una zona di
afflusso ed in una zona di efflusso.
La sua base di impianto si inserisce per una estensione pari ad 1/3 della circonferenza dell’anulus, in una
zona di tessuto fibroso. Il suo contributo al meccanismo di apertura-chiusura dell’orifizio mitralico è quindi
sostanzialmente limitato all’apposizione meccanica con il lembo posteriore con ampi movimenti di
"sollevamento e di abbassamento".
A valvola chiusa, la porzione di entrami i lembi che si affronta e prende contatto viene definita zona di
apposizione; questa risulta particolarmente importante per mantenere integro il meccanismo della cosiddetta
“chiave di volta”. La linea di contatto tra i due lembi viene invece definita linea di coaptazione.
Commissure valvolari
Le commissure definiscono una area sottile e distinta dove i due lembi si fondono prima della loro inserzione
nell’anulus. Vengono distinte in commissura postero-mediale, quella in corrispondenza degli scallops P3 e
A3, e la commissura antero-laterale, quella in corrispondenza degli scallops P1 e A1. La loro valutazione è di
estrema mportanza nello studio della stenosi mitralica: la commissura postero-mediale e la commissura
antero-laterale.
Anulus mitralico
Rappresenta più un concetto che una vera struttura anatomica. L’anulus ha un conformazione ellissoidale
con diametro maggiore intercommissurale e minore setto-laterale. Dal punto di vista didattico può essere
suddiviso in una porzione antero-mediale ed in una posterolaterale. La porzione antero-mediale appare
come una piega su cui si inserisce il lembo anteriore. E’ delimitata da due addensamenti fibrosi chiamati
trigoni (destro e sinistro) e la giunzione mitro-aortica. I trigoni fibrosi costituiscono un solido ancoraggio per
tutta la valvola; la giunzione mitro-aortica invece contribuisce a restringere il diametro setto-laterale
dell’anulus per effetto della espansione aortica in fase sistolica.
La porzione postero-laterale è caratterizzata da una stringa fibrosa, spesso interrotta da filamenti muscolari
provenienti dall’atrio e dal ventricolo che decorrono adiacenti e paralleli al tessuto fibroso. Su questa stringa
fibro-muscolare si inserisce il lembo posteriore che delimita il miocardio atriale da quello ventricolare. Non
stupisce quindi che, in fase sistolica si contragga. Questa contrazione ha almeno tre funzioni: contribuisce a
ridurre l’estensione circumferenziale del lembo posteriore avvicinando gli scallops e facilitando l’apposizione
con il lembo anteriore; riduce il diametro medio-laterale dell’orifizio mitralico e fa assumere alla valvola la
nota conformazione a sella. La contrazione sfinterica riduce l’area anulare di circa il 25%. L’assenza di un
anello fibroso ben definito e continuo rende questa parte di anulus più debole; infatti, essa è la prima ad
essere coinvolta nella dilatazione dell’anulus ed è quella che più frequentemente va incontro a calcificazione.
L’anulus non è adagiato su un piano ma presenta una conformazione tridimensionale a sella con le zone più
craniali, i picchi, in corrispondenza del diamtetro setto-laterale, e le zone più caudali, le valli, in
corrispondenza del diametro intercommissurale. Tale conformazione risulta fondamentale per garantire
l’integrità del meccanismo della “chiave di volta”, che consente alle forze che agiscono sul lato ventricolare
della valvola di scaricarsi lungo la curvatura dei lembi. Questo meccanismo, che consente di ridurre lo stress
sulle corde tendinee e sui muscoli papillari, si fonda sull’esuberanza del tessuto dei lembi rispetto all’area
dell’anulus che permette la corretta apposizione delle zone rugose che si incastrano perfettamente tra loro
con un meccanismo di cerniera.
Il normale funzionamento della valvola può essere compromesso da quelle condizioni che ne alterano la
forma dell’anulus. Ad esempio, il rimodellamento patologico del ventricolo sinistro che fa assumere al
ventricolo sinistro una configurazione sferica ed una forma circolare all’anulus; in questo modo si determina
una progressiva riduzione della zona di coaptazione dei lembi che, nei casi più eclatanti, è causa diretta di
insufficienza mitralica e, nei casi più lievi, limita fortemente il meccanismo della chiave di volta con un
aumento delle tensioni a carico delle strutture cordali e dei papillari. Vi sono poi altre condizioni che possono
ostacolare il normale movimento sfinterico della parte muscolare dell’anulus ed alterare il funzionamento
della valvola come,ad esempio, una grossolana calcificazione.
Corde tendinee
Le corde tendinee congiungono i lembi mitralici ai muscoli papillari ed hanno una notevole variabilità
anatomica, sicchè numerose classificazioni sono state proposte. Secondo quella maggiormente condivisa a
livello internazione si possono distinguere:
1) Corde di primo ordine (corde marginali): si inseriscono sul margine libero dei lembi, sottili, essenziali per la
coaptazione,
2) Corde di secondo ordine (rough cords): si inseriscono nella porzione rugosa dei lembi (zona di
coaptazione sul versante ventricolare dei lembi), importanti per il mantenimento della forma ed il
funzionamento del ventricolo sinistro,
3) Corde di terzo ordine (struct cords e basal cords): sono limitate al lembo posteriore e che si inseriscono
alla base dei lembi, essenziali per la geometria ventricolare e per il rinforzo dell’anulus.
In circa la metà dei cuori è possibile riscontrare false corde tendinee. Sono strutture fibrose tese tra due
porzioni muscolari all’interno della cavità ventricolare sinistra, il cui lunghezza e spessore variabile (3-9 mm),
contenenti tessuto fibroso e muscolare, piccole ramificazioni coronariche e fibre di Purkinje in continuità con
la branca sinistra del sistema di conduzione. In base al loro punto di inserzione vengono distinte come in
figura sottostante.
Gruppo di muscoli papillari
Il termine di gruppo di muscoli papillari ha soppiantato quello di singolo muscolo papillare perché i muscoli
papillari sono multipli. All’interno della cavità ventricolare sinistra, nel punto di congiunzione tra il terzo
apicale ed il terzo medio, si distinguono due “gruppi”: il primo ad inserzione antero-laterale, il secondo ad
inserzione postero-mediale.
Il gruppo antero-laterale è generalmente costituito da un fascicolo (talora due) e può essere irrorato da
entrambe le arterie coronarie con opportune anastomosi dei due circoli ma prevalentemente riceve flusso
dalle ramificazioni provenienti dalla coronaria sinistra (ramo inteventricolare anteriore e/o ramo circonflesso).
Il gruppo postero-mediale è rappresentato da due (talora tre) fascicoli che, a differenza del gruppo antero-
laterale, hanno una base di impianto comune. Ha una irrorazione che è quasi sempre dipendente dalla sola
coronaria destra. Non deve sorprendere, quindi, che le insufficienze valvolari mitraliche rilevate nell’ischemia
acuta o cronica siano quasi sempre secondarie all’interessamento del gruppo postero-mediale o dei
segmenti del ventricolo sinistro sui cui esso si inserisce, anche in assenza di alterazioni strutturali dei lembi
valvolari o delle corde tendinee.
Le corde tendinee afferenti ad uno o all’altro lembo mitralico, possono inserirsi su entrambi i gruppi di
muscoli papillari. L’insieme di queste strutture appare finalizzato, in fase diastolica, a formare l’imbuto
sottovalvolare che accompagna il flusso nella cavità ventricolare sinistra ed in fase sistolica a formare un
solido argine di protezione dei lembi.
E’ quindi intuitivo che tutte le alterazioni strutturali dei muscoli o della corde possono costituire un ostacolo al
corretto funzionamento del ventricolo sinistro. In fase proto sistolica, la funzione dei due gruppi di muscoli
papillari è di fare da frangiflutti dei lembi valvolari. In questa breve frazione temporale, gli scallops centrali, in
particolar modo P2, sono quelli maggiormente esposti all’onda d’urto pressoria intraventricolare ed alle forze
di trazione dei due gruppi di muscoli papillari. Questo può probabilmente spiegare la più elevata incidenza di
rotture di corde afferenti a questo scallop. In fase mesotelesistolica, quando l’eiezione aortica è già in atto, il
gruppo antero-laterale si incastra nella concavità del gruppo postero-mediale costituendo un tutt’uno a
protezione dei lembi mitralici.
Lembi valvolari
Possiede tre lembi di dimensioni diverse: il lembo anteriore è solitamente il più grande e si estende dalla
regione infundibolare anteriormente alla parete infero-laterale posteriormente; il lembo settale, invece, si
estende dal setto interventricolare al contorno ventricolare posteriore; il lembo posteriore, infine, si inserisce
lungo il margine posteriore dell'anulus dal setto interventricolare alla parete infero-laterale.
Mediante ecocardiogramma transtoracico standard è possibile valutare la valvola tricuspide tramite quattro
principali sezioni: la finestra parasternale asse lungo (inclinando la sonda infero-mediale e ruotando
leggermente in senso orario) consente la visualizzazione del lembo anteriore (vicino alla valvola aortica) e di
quello posteriore; la finestra parasternale asse corto (sezione grandi vasi), quella 4 camere apicale e quella
sottocostale permettono di valutare il lembo settale e quello anteriore. E’ importante ricordare che
l'inserimento del lembo settale della valvola tricuspide è più apicale rispetto all'inserimento settale del lembo
anteriore della valvola mitrale. Raramente è possibile visualizzare contemporaneamente durante
ecocardiogramma bidimensionale i 3 lembi valvolari. Oggi l’ecocardiogramma tridimensionale può ovviare a
questa lacuna tecnologica consentendo la valutazione dell’intera valvola tricuspide in tempo reale.
Anulus tricuspidalico
L'anulus tricuspidale è leggermente più grande rispetto a quello mitralico. Possiede una struttura non planare
con forma ellittica a sella avendo due punti alti (orientati superiormente verso l’atrio destro) e due punti bassi
(orientati inferiormente verso il ventricolo destro). In condizioni di normalità il diametro dell’anulus è 28±5 mm
(misurato in proiezione quattro camere apicale) e la sua contrazione (diminuzione della superficie anulare in
sistole) è pari al 25%, fornendo un contributo essenziale alla competenza della valvola. Tuttavia, poiché la
forma della tricuspide non è circolare ma ovale, con un diametro minore ed uno maggiore, la misurazione
bidimensione dei diametri tricuspide ( in proiezione apicale quattro camere e parasternale asse corto)
sottostimano le dimensioni reali dell’anulus tricuspidalico. Questo spiega il riscontro di un’insufficienza di
grado lieve o moderato nel 65% di pazienti con normale diametro anulare all’ecocardiogramma bidimensione
rispetto al 30% di pazienti con normale diametro anulare all’ecocardiogramma tridimensione.
Corde tendinee
Le corde tendinee afferenti ai lembi tricuspidalici possono inserirsi sui tre gruppi di muscoli papillari. Per
quanto concerne la loro classificazione vale quanto già scritto per l’apparato valvolare mitralico.
Cuspidi valvolari
Sono i costituenti principali della valvola e determinano la separazione emodinamica tra il ventricolo sinistro
e l’aorta ascendente. Le cuspidi presentano un profilo semilunare, sono fisiologicamente in numero di tre, si
ancorano alla parete aortica tramite un manicotto fibroso di tessuto connettivo, determinando in chiusura una
classica conformazione a nido di rondine. In una valvola aortica normale le cuspidi sono simmetriche, mobili
e libere fino alle commissure con uguale sovrapposizione di tessuto in chiusura. Possono però esistere delle
varianti congenite che ne alterano sia la forma che la funzionalità. La variante più comune è la valvola
biscupide che presenta appunto due sole cuspidi e che predispone alla sclerosi valvolare ed alla sua
incontinenza o stenosi. Esistono anche delle forme più rare come la valvola unicuspide, spesso
incompatibile con la vita, o la valvola quadricuspide. Al centro del margine libero di ciascuna cuspide
valvolare sono presenti dei noduli fibrosi detti Noduli di Aranzio che, a valvola chiusa, rendono più completa
la chiusura della stessa. I seni di Valsalva si trovano tra il manicotto fibroso e le cuspidi valvolari;
rappresentano il tratto di aorta compreso tra il piano valvolare e la giunzione sino-tubulare e hanno un ruolo
essenziale nel riempimento diastolico delle coronarie. Le cuspidi, infine, sono chiamate coronarica sinistra,
coronarica destra e non coronarica in base alla posizione degli osti coronarici.
Anulus aortico
Con il termine di anulus si indica solitamente l’area di tessuto collagene in cui si ancorano le cuspidi valvolari
presupponendo una sua forma circolare che nel caso della valvola aortica è però inaccurata. Infatti, la
porzione posteriore della radice aortica, in corrispondenza del seno non coronarico, è supportata da tessuto
fibroso per circa il 55% della sua circonferenza mentre la parte restante è supportata da muscolo
ventricolare sinistro. Il rapporto area delle cuspidi/area dell’anulus aortico è di 1,6:1 ed è necessario per la
competenza della valvola aortica.
Giunzione sinotubulare
Delinea il confine superiore della radice aortica, ha un aspetto circolare, è costituita principalmente da
tessuto elastico e fornisce sostegno alle porzioni di attacco periferiche delle cuspidi valvolari.
LEZIONE 6A
VALVULOPATIE MITRALICHE
La normale funzione della valvola mitralica dipende dalla corretta interazione tra più
strutture, ovvero i lembi mitralici, l’apparato sottovalvolare (corde tendinee e muscoli
papillari), l’anello mitralico e il ventricolo sinistro.
Normalmente la valvola mitrale è costituita da due lembi di circa 1 mm di spessore,
ognuno attaccato ad un anello fibromuscolare; sul loro margine libero sono ancorate le
corde tendinee. Il lembo posteriore occupa circa 2/3 della circonferenza dell’anulus ed è
diviso in tre scallop P1, P2 e P3, dove P1 corrisponde alla porzione più esterna
anterolaterale, P2 a quella media e P3 corrisponde alla parte più interna del lembo. Il
lembo anteriore, che occupa circa 1/3 della circonferenza dell’anello, non presenta
incisure sul margine libero, tuttavia viene suddiviso in tre porzioni (A1, A2, A3) per
analogia con il lembo posteriore (figura 1).
L’anello mitralico rappresenta la giunzione anatomica tra l’atrio ed il ventricolo sinistro, ha
forma a sella; la porzione anteriore è attaccata al trigono fibroso ed è generalmente più
sviluppata di quella posteriore. Le dimensioni dell’anello vengono valutate in rapporto con
le dimensioni del lembo anteriore; l’anello è dilatato se tale rapporto è maggiore di 1.3;
oppure se il diametro antero-posteriore dell’anulus supera i 35 mm. La normale
contrazione dell’anulus mitralico contribuisce alla competenza della valvola.
Esistono tre coppie di corde tendinee che si sviluppano dai muscoli papillari e arrivano al
margine libero dei lembi mitralici; le corde vengono classificate sulla base della sede di
inserzione sul lembo in corde marginali (o di primo ordine), intermedie (di secondo ordine)
e basali (di terzo ordine).
Le corde tendinee sono connesse ai due muscoli papillari, antero-laterale e postero-
mediale, e, attraverso tali strutture, alla parete del ventricolo sinistro; la rottura,
l’allungamento o la dislocazione delle corde può determinare insufficienza mitralica.
Figura 1: rappresentazione
anatomica della valvola mitrale:
in evidenza la suddivisione in
scallop dei lembi anteriore e
posteriore.
Note di emodinamica
La stenosi mitralica è causata da anomalie strutturali dell’apparato valvolare mitralico che
impediscono un’adeguata apertura della valvola stessa durante la diastole e che causano
quindi una ostruzione all’ afflusso di sangue dall’ atrio al ventricolo sinistro.
Tale restringimento provoca un incremento di velocità nel flusso che attraversa la valvola
ed un aumento del gradiente pressorio tra le camere a monte ed a valle della valvola
stessa e cioè tra atrio e ventricolo sinistro. Le modificazioni secondarie che si vengono a
generare riguardano gli effetti che il sovraccarico di pressione genera nella cavità atriale
sinistra con ripercussioni sul circolo polmonare e sulle sezioni cardiache destre.
La causa predominante della stenosi mitralica è la cardite reumatica; più rare le forme
congenite od altre forme secondarie (es. s. da carcinoide, amiloidosi, LES, artrite
ruematoide ecc). Non infrequenti tuttavia stanno divenendo anche le forme degenerative
tipiche dell’ anziano.
Lo studio ecocardiografico della stenosi mitralica deve definire:
1) morfologia dei lembi valvolari e dell’apparato sottovalvolare;
2) severità della stenosi;
3) dimensioni dell’atrio sinistro
4) ricerca di eventuali trombi in atrio e/o auricola sinistra;
5) pressioni in arteria polmonare;
6) vizi valvolari associati;
7) funzione ventricolare sinistra e destra;
8) indicazione terapeutica medica e chirurgica ;
9) valutazione nel follow-up
Figura 2: Ecocardiogramma
monodimensionale in stenosi
mitralica moderata. Si osserva
ispessimento dei lembi, ridotta
pendenza EF del lembo anteriore,
ridotta mobilità e movimento
consensuale del lembo posteriore
Aspetti quantitativi
La gravità della stenosi mitralica viene definita in base al valore dell’area valvolare e del
gradiente medio transvalvolare.
Misura dell’area valvolare. Può essere calcolata con diversi metodi, ognuno dei quali
presenta vantaggi e svantaggi.
Metodo bidimensionale planimetrico. La stima dell’area valvolare in sezione parasternale
asse corto è un metodo semplice. La sezione bidimensionale, ove viene misurata l’area,
deve essere perpendicolare all’“imbuto” formato dalla valvola stenotica e l’area misurata
deve essere la più piccola nello spazio (nel punto più stretto dell’imbuto valvolare), ma la
più grande nel tempo (in protodiastole in pazienti con fibrillazione atriale o in telediastole in
pazienti in ritmo sinusale). Numerosi i limiti di questo metodo derivanti in primo luogo dalla
impossibilità di ottenere spesso immagini ottimali, ma anche da problemi geometrici, di
settaggio dell’ apparecchio e dalla presenza di calcificazioni (figura 4 e 5).
5
Pressure half-time. Si basa sul concetto emodinamico che la velocità di riduzione del
gradiente atrioventricolare è inversamente proporzionale all’entità della stenosi valvolare.
Il “pressure half-time” (PHT) in soggetti normali ha valori compresi tra 20 e 60 ms. Nella
stenosi mitralica, il valore può variare tra 100 e 300 ms, in rapporto alla sua gravità.
L’area valvolare mitralica (AVM) si calcola dividendo 220 (costante derivata
empiricamente) per il PHT: AVM (cm²) = 220/PHT (figura 6). Anche in questo caso i limiti
sono numerosi; in particolare il PHT risulta influenzato dalla compliance atrio-ventricolare
e dal gradiente pressorio iniziale.
Figura 7: Ecocardiografia
tridimensionale transesofagea.
Visualizzazione “chirurgica” della
valvola mitrale stenotica dall’ atrio
sinistro. Si osserva grossolana
calcificazione della commissura
laterale
Figura 8: Ecocardiografia
tridimensionale transtoracica: la
contemporanea visualizzazione di 3
piani di sezione permette la
valutazione ottimale dell’ area
valvolare mitralica (in basso a
sinistra)
Tabella II: Parametri ecocardiografici per la valutazione di severità della stenosi mitralica.
Follow-up
I parametri da controllare, sia in pazienti in terapia medica che in pazienti sottoposti ad
una delle procedure di correzione della stenosi (valvuloplastica percutanea,
commissurotomia chirurgica) sono: 1) area mitralica; 2) gradiente medio; 3) stima
dell’insufficienza mitralica residua; 4)pressione polmonare; 5) difetto interatriale residuo
(nel follow-up dei pazienti sottoposti a valvuloplastica percutanea).
Il follow-up ecocardiografico deve essere eseguito in tutti i pazienti almeno una volta
all’anno, indipendentemente dal grado di severità iniziale. Il follow-up ecocardiografico
appare, inoltre, particolarmente importante in pazienti con associata insufficienza aortica,
in cui la stenosi mitralica progredisce più rapidamente, e deve essere orientato a valutare
tutte le modifiche della funzione del ventricolo destro (dimensioni, pressione sistolica in
arteria polmonare, funzione sistolica), che possono verificarsi indipendentemente da
variazioni dell’area valvolare mitralica, e che possono essere di aiuto per il “decision-
making” del paziente.
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Ecocardiografia mono-bidimensionale
La valutazione anatomica della valvola mitralica è di fondamentale importanza nella
valutazione della gravità del rigurgito e nelle conseguenti scelte terapeutiche. Un'attenta
valutazione dell' apparato mitralico (che include i lembi mitralici, le corde tendinee,
l’anulus, i muscoli papillari e la parete del ventricolo sinistro) dovrebbe essere in grado di
definire il meccanismo e le cause del rigurgito, e di fornirci segni indiretti della sua gravità.
Carpentier, sulla base della sua esperienza di chirurgia riparativa della valvola mitrale, ha
elaborato una semplice classificazione funzionale dell' insufficienza mitralica in tre tipi
fondamentali. Il tipo I include valvole insufficienti con normale movimento valvolare, in cui
la causa dell’insufficienza è da ricercare in perforazioni dei lembi o dilatazioni dell’anello
mitralico o del ventricolo sinistro; il tipo II comprende valvole con aumentato movimento
dei lembi che porta a un’alterata coaptazione del margine libero di uno o più di essi (es.
prolasso), il tipo III può essere distinto in IIIa: valvole con ridotto movimento sisto-diastolico
dei lembi (malattia reumatica); tipo IIIb: valvole con ridotto movimento sistolico dei lembi
(IM funzionale con tethering dei lembi). Nei primi due tipi il meccanismo è riconducibile ad
alterata coaptazione, mentre nel tipo III è presente una alterata apposizione. Non è
peraltro sempre possibile incasellare tutte le mitrali insufficienti in questi tre tipi, perché più
di un singolo meccanismo può essere alla base del rigurgito nello stesso caso.
La valutazione ecocardiografica della mitrale rigurgitante segue questa impostazione
funzionale, con lo scopo di identificare quali alterazioni delle componenti valvolari
11
Infine, la valutazione delle dimensioni del ventricolo e dell’atrio sinistro (indicizzate per la
superficie corporea) fornisce parametri fondamentali per definire la gravità della
insufficienza, la sua durata e quindi la necessità e la tempistica di un’ eventuale chirurgia
(dimensioni normali del ventricolo sinistro: diametro telediastolico misurato con metodica
M-mode in sezione asse lungo parasternale inferiore a 3,2 cm/m²; volume telediastolico
misurato con metodo di Simpson in sezione apicale inferiore a 75 ml/m²; dimensioni
normali dell’ atrio sinistro: diametro antero-posteriore in M-mode inferiore a 2.4 cm/m²,
volume misurato con metodo di Simpson biplano utilizzando le sezioni apicali 4 e 2
camere inferiore a ml/m2).
Ecocardiografia Doppler
Color Doppler: la visualizzazione del jet di rigurgito è ampiamente utilizzata per una prima
valutazione della presenza e dell’entità del rigurgito. Un piccolo jet è osservato in circa il
40% delle persone sane e pertanto è da considerarsi fisiologico. L'incidenza di un lieve
rigurgito tende ad aumentare con l'età. Sono disponibili tre metodi per quantificare la
gravità dell’insufficienza mitralica al color Doppler: a) area del jet di rigurgito, b) Vena
Contracta, c) area della regione di convergenza del flusso (PISA). Sebbene la valutazione
dell’area del jet di rigurgito sia stato il primo metodo utilizzato per valutare la gravità, tale
metodo risulta meno accurato rispetto agli altri due.
a) Area del jet di rigurgito: jet di dimensioni maggiori, che riempiono buona parte
dell’atrio sono indicativi di rigurgiti di severità maggiore rispetto a piccoli jet, tuttavia, la
correlazione tra l’ area del jet e la gravità del rigurgito è scarsa a causa di una serie di
limitazioni tecniche ed emodinamiche: pazienti con insufficienza mitralica acuta grave, nei
quali la pressione arteriosa sistemica è bassa e la pressione atriale sinistra elevata,
possono presentare un piccolo jet rigurgitante eccentrico; al contrario pazienti con valori
pressori sistemici elevati ed una lieve insufficienza mitralica possono presentare un jet
ampio. Inoltre, lo stesso flusso rigurgitante può produrre jet con dimensioni diverse in
dipendenza delle dimensioni dell’ atrio. Infine, jet diretti centralmente nell’atrio, liberi
quindi di espandersi nella cavità, appaiono generalmente più grandi di quelli eccentrici
che impattano le pareti atriali con conseguente possibile sottostima (effetto Coanda). A
causa di queste considerazioni, la determinazione semiquantitativa della gravità di una
insufficienza mitralica attraverso la sola stima “oculometrica” o “planimetrica” del jet non è
raccomandata. Tuttavia, insufficienze con jet centrali che presentano una superficie
14
inferiore ai 4 cm² o comunque inferiore al 20% della superficie dell’ atrio sinistro possono
essere di solito stimate come lievi, mentre insufficienze con grandi jet che raggiungono gli
sbocchi delle vene polmonari hanno maggior probabilità di essere emodinamicamente
significative.
b) Vena contracta. La vena contracta deve essere valutata in alta risoluzione (zoom),
misurando l’ampiezza del jet nella sua parte più stretta prossimalmente al punto di
rigurgito (figura 13): devono essere utilizzate sezioni perpendicolari alla direzione del jet
(come l’asse lungo parasternale). Anche se le dimensioni della vena contracta sono
indipendenti dalla portata e dalla pressione per un orifizio fisso, l’orifizio rigurgitante nell’
insufficienza mitralica è spesso dinamico e, pertanto, la vena contracta può modificarsi
con le variazioni emodinamiche o durante la sistole. Diversi studi hanno dimostrato che la
larghezza della vena contracta è accurata nel valutare la gravità della insufficienza
mitralica. Una vena contracta inferiore ai 0,3 centimetri di solito indica una insufficienza
mitralica lieve, mentre il cut-off per una insufficienza mitralica severa è stato variamente
indicato tra 0,6 e 0,8 cm. Anche se i valori intermedi tendono a correlare bene con
un’insufficienza moderata, la conferma del grado di rigurgito dovrà essere cercata anche
con altri metodi. Nei pazienti con getti multipli, le rispettive ampiezze di vena contracta non
sono additive.
una sovrastima dell’ EROA. L’EROA calcolata è l’area effettiva massimale istantanea dell’
orifizio rigurgitante; in realtà tale area può modificarsi nel corso della sistole in particolare
in condizioni di patologia dinamica come l’insufficienza secondaria a prolasso o
l’insufficienza mitralica funzionale.
In generale un’ EROA pari a 0,4 cm2 corrisponde ad una severa insufficienza, un valore fra
0,20 e 0,39 cm2 indica una forma moderata ed un valore inferiore a 0,20 cm2 corrisponde
ad una lieve insufficienza mitralica. Il volume rigurgitante può essere calcolato come
prodotto dell’ EROA per l’ integrale velocità/tempo (VTI) della velocitometria doppler CW
del rigurgito.
Doppler ad onda continua. Nella maggior parte dei pazienti, la velocità massima di
rigurgito è dai 4 ai 6 m/s, a causa dell’ elevato gradiente di pressione tra ventricolo ed atrio
sinistro in sistole. La velocità in sé non fornisce informazioni di tipo quantitativo circa la
gravità del rigurgito. Tuttavia può essere utile l’ analisi del contorno del profilo della
velocità e la sua densità. Un contorno di tipo triangolare con picco precoce indica una
pressione atriale sinistra elevata ed è spesso espressione di un rigurgito acuto severo (es.
rottura di un m. papillare). La densità del segnale ottenuto con Doppler CW può consentire
una stima qualitativa della severità del rigurgito: un segnale la cui intensità si avvicina a
quella del segnale di flusso anterogrado suggerisce una insufficienza emodinamicamente
significativa, mentre un debole segnale con contorno incompleto (espressione quindi di un
rigurgito non olosistolico) indica una insufficienza di solito lieve.
Doppler pulsato: I pazienti con grave insufficienza mitralica spesso mostrano un pattern
di flusso diastolico transvalvolare caratterizzato da un prevalente riempimento precoce
(onda E con Vmax > 1.5 m/sec). Deve comunque essere sempre considerato che tale
flusso è condizionato da molteplici fattori fra cui l’ età del paziente, la compliance atrio-
ventricolare, la concomitante presenza di una quota di stenosi.
Un altro parametro valutabile mediante doppler CW o PW è il rapporto tra VTI mitralico e
VTI aortico nell’insufficienza mitralica di tipo organico: un rapporto > di 1,4 correla con
un’insufficienza di grado severo, mentre un rapporto inferiore a 1 depone per un grado di
insufficienza lieve.
Doppler quantitativo Un altro metodo per valutare la severità del rigurgito mitralico è
quello di confrontare il volume del flusso calcolato a livello mitralico (che comprende il
flusso anterogrado ed il flusso rigurgitante) con il flusso attraverso una valvola continente
(aorta o polmonare) La differenza fra i due flussi indica il volume rigurgitante (VR); questo
permette poi il calcolo della frazione rigurgitante (VR/VR + flusso anterogrado) e l’ area
dell’ orificio rigurgitante (VR/VTI). Questo metodo può essere utile in particolare per i jet
eccentrici; tuttavia si tratta di un metodo time consuming che richiede molta esperienza in
quanto la misurazione dei flussi è condizionata essenzialmente dalla misura delle aree a
16
livello dell’ annulus mitralico, del tratto di efflusso del ventricolo sinistro o a livello della
valvola polmonare: errori in tali misurazioni divengono causa di errori maggiori nei
successivi calcoli.
Flusso venoso polmonare: Lo studio del flusso nelle vene polmonari mediante Doppler
PW può essere utile per la valutazione degli effetti emodinamici di una insufficienza
mitralica. Il normale flusso venoso polmonare è caratterizzato da un’ onda sistolica la cui
velocità è superiore a quella dell’ onda diastolica. Con l'aumento della gravità della
insufficienza mitralica, la velocità sistolica si riduce e nei rigurgiti severi si osserva una
inversione del flusso sistolico; nei jet eccentrici è importante effettuare un campionamento
su più vene. La valutazione del flusso delle vene polmonari è comunque spesso difficile
con esame transtoracico e richiede l’ approccio transesofageo.
Ecocardiografia tridimensionale (3D): l’ecocardiografia transtoracica tridimensionale
permette una migliore visualizzazione dei lembi valvolari mitralici e dei vari scallop che li
costituiscono, tale caratteristica risulta particolarmente utile nello studio del prolasso,
poiché permette di identificare la sede specifica del prolasso stesso e la sua entità, anche
grazie alla diversa visualizzazione rispetto all’ecocardiografia bidimensionale (figura 15).
Tale tecnica risulta inoltre utile nella misurazione dell’anello mitralico, che presenta
morfologia iperbolica paraboloide; oggi esistono dei software che permettono una più
accurata misurazione inserendo parametri rilevati su più piani. L’ecocardiografia 3D risulta
infine vantaggiosa anche nella stima della severità del rigurgito, in quanto permette una
migliore visualizzazione del jet e quindi della vena contracta, che non ha necessariamente
forma circolare, in particolare nelle insufficienze funzionali; in tali situazioni risulta inoltre
utile il 3D per meglio visualizzare la geometria ventricolare ed eventuali dislocazioni dei
muscoli papillari.
Ao
P2
P3
L’approccio ideale per la valutazione della gravità dell’IM si basa sull’integrazione di più
parametri. Questo approccio consente di ridurre gli errori tecnici o di misurazione che sono
inerenti a ciascuno dei metodi utilizzabili. Si suggerisce di associare sempre ai parametri
più semplici di tipo semiquantitativo, almeno un metodo quantitativo utilizzando quello con
il quale il laboratorio ha più esperienza
Vantaggi e limiti dei vari parametri Eco Doppler sono sintetizzati nella Tabella III.
17
Nella Tabella IV si propone uno schema che possa servire da guida alla valutazione della
gravità del rigurgito mitralico. Si distinguono parametri qualitativi, semiquantitativi e
quantitativi. Vi è consenso nel raccomandare che il giudizio tenga conto di multipli
parametri. Se l’insufficienza è chiaramente definibile come lieve o trascurabile non sono
necessarie ulteriori misure. Se invece vi sono segni che l’IM sia più che lieve e la qualità
dei dati lo consente, è auspicabile che l’ecocardiografista esperto valuti quantitativamente
l’IM in termini di volume di rigurgito ed orifizio rigurgitante.
Tabella IV- Impiego dei parametri ecocardiografici nel grading della IM organica:
(modificata da European Association of Echocardiography recommendations for the assessment of valvular
regurgitation. Part 2: mitral and tricuspid regurgitation (native valve disease); Patrizio Lancellotti et al.,
European Journal of Echocardiography, 2010,pag. 321; Guidelines on the management of valvular heart
disease (version 2012). European Heart Journal (2012), 2451–2496)
Lieve Moderata Severa
PARAMETRI QUALITATIVI
PARAMETRI STRUTTURALI
Si deve tenere presente come sia facile esprimere un giudizio di gravità quando diversi
parametri concordano. Quando invece i parametri sono tra di loro in contraddizione è
necessario ricercare le eventuali ragioni tecniche o, talora, fisiopatologiche che possano
spiegare la discrepanza, al fine di potersi basare sul parametro che dispone dei dati
qualitativamente più attendibili e che sia il più affidabile in relazione a quella particolare
condizione fisiopatologica.
Per quanto riguarda l’insufficienza mitralica di tipo funzionale, i parametri di severità del
rigurgito sono gli stessi; esistono tuttavia evidenze che per valori di EROA > 0.20 e volume
rigurgitante > 30 ml si possono identificare pazienti che a fronte di un grado di
insufficienza non severo, hanno comunque un più elevato rischio di eventi cardiaci.
4. Pazienti con IM severa secondaria a severa disfunzione ventricolare sinistra (FE <
0.30, DTS > 55 mm), sintomatici (NYHA III-IV) nonostante una terapia medica
ottimizzata (compresa la eventuale terapia resincronizzante) (classe IIb)
5. Pazienti asintomatici con IM severa, normale funzione ventricolare sinistra, alta
probabilità di riparazione efficace, basso rischio chirurgico e dilatazione atriale
sinistra (> 60 ml/m2 di BSA) in ritmo sinusale oppure ipertensione polmonare da
sforzo (> 60 mmHg) (classe IIb).
Intervento percutaneo
Negli ultimi anni si è andata sviluppando una nuova tecnica di correzione della
valvulopatia mitralica mediante approccio percutaneo. Tale tecnica consiste
nell’applicazione di una o due clip (Mitraclip) tra i lembi mitralici in modo da ridurne il
rigurgito.
21
Nei vari trial pubblicati, tale approccio si è dimostrato relativamente ben tollerato e con
poche complicanze rispetto alla chirurgia. Tuttavia i dati di follow up dei trial europei e
americani (massimo 4 anni) hanno rilevato soprattutto nel primo anno una maggiore
incidenza di recidiva della valvulopatia mitralica e quindi una maggiore necessità di
reintervento. Dal primo al quarto anno non sono state rilevate differenze statisticamente
significative nella mortalità e nel peggioramento dei sintomi.
Al momento quindi l’intervento percutaneo può essere considerato per pazienti con
insufficienza mitralica primaria o secondaria di grado severo, sintomatici, con criteri
ecocardiografici idonei alla tecnica, non candidabili alla cardiochirurgia tradizionale per
l’alto rischio operatorio e con aspettativa di vita maggiore di un anno.
Follow up
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22
LEZIONE 6B
VALVULOPATIA AORTICA
STENOSI AORTICA
La stenosi aortica costituisce la valvulopatia più frequente nei paesi Occidentali. Infatti se da un lato si è
assistito ad un declino del reumatismo articolare acuto, dall’altro, per l’invecchiamento della popolazione, vi è
stato un aumento delle lesioni degenerative. Infine è da ricordare che dal 1%-2% della popolazione nasce
con bicuspidia aortica .
La stenosi aortica calcifica ha molte caratteristiche in comune con la malattia aterosclerotica ostruttiva
coronaria. Entrambe le condizioni infatti sono più comuni nei maschi, nelle persone anziane, nei pazienti con
ipercolesterolemia ed in parte sono dovute ad un processo infiammatorio attivo. La stenosi aortica calcifica
non è più da intendersi semplicemente come una condizione degenerativa associata all’invecchiamento ma
rappresenta il processo finale di una malattia attiva (nelle fasi iniziali è possibile riconoscere delle lesioni focali
caratterizzate da ispessimento dello strato collegeno dei lembi e contenenti LDL colesterolo, macrofagi e T
linfociti; alcuni macrofagi producono osteopontina una proteina che modula la calcificazione dei tessuti; si è
visto altresì che una statina, l’Atorvastatona è in grado di inibire la proliferazione cellulare indotta
dall’ipercolesterolemia e la produzione di matrice ossea in valvole aortiche di coniglio. Dopo un primo
entusiasmo legato a risultati positivi nell’uomo dell’utilizzo della terapia con statine nel rallentare la
progressione della stenosi aortica, studio RAAVE uno studio multicentrico, randomizzato successivo, studio
SEAS, non ha confermato questi dati forse, come a detta degli autori, per un utilizzo della terapia con statine
già in pazienti stenosi valvolare avanzata.
In presenza di stenosi valvolare aortica, le cuspidi sono ipomobili, presentano un vario grado di inspessimento
ed iperecogenicità e perdono in fase sistolica l'aspetto normale, caratterizzato da echi paralleli tra loro e alle
pareti dell' aorta, assumendo un caratteristico atteggiamento a cupola ("doming"). Il riscontro di una cuspide
incurvata a cupola è considerato tradizionalmente sufficiente per porre una diagnosi qualitativa di stenosi
aortica. La sezione parasternale asse-corto, oltre a confermare l'inspessimento e l'ipomobilità dei lembi,
consente talvolta una definizione diagnostica di tipo eziologico, differenziando le forme degenerativo-calcifiche
su valvola bicuspide da quelle su valvola tricuspide; in caso di estese calcificazioni, peraltro, non sempre è
possibile evidenziare con certezza il numero delle cuspidi. Anche l'approccio apicale, utilizzando le sezioni 3 e
5 camere, e quello sottocostale trasversale e longitudinale permettono di visualizzare lo spessore,
l'ecogenicità e la mobilita' delle cuspidi valvolari aortiche, fornendo informazioni complementari a quelle
ottenibili dall'approccio parasternale.
L'ecocardiografia M-Mode può a sua volta fornire dati utili per una diagnosi qualitativa di stenosi aortica. Nel
tracciato M-Mode normale, ottenuto in sezione parasternale sinistra, la valvola aortica mostra il tipico aspetto
"a scatola", denominato anche “box aortico”. In caso di stenosi aortica si osserva un aumento di spessore ed
ecogenicità dei lembi, i quali presentano una ridotta escursione in sistole. Il box aortico è deformato e in caso
di stenosi aortica marcatamente calcifica l'intera radice aortica è occupata da echi densi e multistratificati, che
impediscono il risonoscimento delle cuspidi valvolari e del loro movimento. Nelle forme lievi e scarsamente
calcifiche è possibile riscontrare una fine vibratilità sistolica dei lembi, o "fluttering" sistolico, la cui presenza
permette di escludere l'esistenza di una stenosi significativa.
Il calcolo del gradiente transvalvolare aortico viene effettuato applicando l'equazione di Bernoulli modificata,
relativa alla meccanica dei fluidi, alla velocità, massima e media, del jet aortico, misurata con tecnica Doppler.
L' equazione semplificata "Gradiente di pressione = 4 x velocità 2 " si è dimostrata altamente affidabile in
modelli sia sperimentali che clinici. Nella valutazione della stenosi aortica le informazioni maggiori sono fornite
dal Doppler ad onda continua. Per ottenere una stima accurata del gradiente pressorio transvalvolare è
necessario che il fascio ultrasonoro sia allineato il più possibile con la direzione del jet; poichè questa non è
prevedibile a priori in ogni singolo paziente, un corretto allineamento va ricercato con cura, al fine di non
sottostimare la velocità massima del jet stesso e quindi la severità della stenosi aortica. Nella maggior parte
dei pazienti la sezione 5 camere apicale consente il miglior allineamento con il tratto di efflusso ventricolare
sinistro e con l'orifizio stenotico; nei casi nei quali questa sezione non permette una registrazione
soddisfacente del tracciato di velocità Doppler non vanno trascurati gli altri approcci: sezione 3 camere
apicale, approccio sottocostale, parasternale destro, soprasternale.
Il color Doppler riveste un'utilità limitata nello studio della stenosi aortica; può essere di ausilio per un corretto
posizionamento del trasduttore, al fine di evitare, di campionare erroneamente un segnale da insufficienza
mitralica o tricuspidale, invece del segnale eiettivo aortico.
Numerosi studi hanno dimostrato l'elevata correlazione tra il gradiente di pressione calcolato con metodica
Doppler e mediante cateterismo cardiaco. Un elemento frequente che emerge negli studi di correlazione
Doppler-cateterismo cardiaco è dato dalla sovrastima del gradiente transvalvolare massimo da parte del
Doppler. Questo fenomeno è dovuto principalmente al fatto che al cateterismo viene misurato un gradiente
picco-picco ("peak to peak"), il quale descrive la differenza tra il valore massimo di pressione ventricolare
sinistra ed il valore massimo di pressione aortica. Poichè i due valori intervengono in momenti diversi del ciclo
cardiaco, il gradiente picco-picco al cateterismo cardiaco non rappresenta un'entità fisiologica, in quanto
misurato su eventi non contemporanei. Esso è concettualmente diverso rispetto al gradiente massimo
Doppler, il quale è istantaneo e costituisce pertanto una misurazione fisiologica. La differenza tra il gradiente
picco-picco ed il gradiente massimo istantaneo è meno avvertibile considerando il gradiente medio,
rappresentato al cateterismo dall'area compresa tra le curve di pressione e al Doppler dall'area sottesa al
tracciato velocimetrico.
Il Doppler può sovrastimare il gradiente calcolato allo studio emodinamico in condizioni ad elevata velocità pre
stenotica, situazione che può verificarsi in caso di alta gittata cardiaca, insufficienza aortica, stenosi
sottovalvolare, fissa o dinamica, associata. La equazione modificata di Bernoulli, infatti, non tiene in
considerazione la pressione a monte della stenosi. Una sovrastima del gradiente con il Doppler può essere
dovuta anche ad una erronea registrazione di un jet da rigurgito mitralico, in luogo del jet aortico. E’ possibile
anche una sottostima del gradiente con il Doppler, soprattutto per motivi tecnici, legati ad inadeguata
registrazione del segnale, inaccurato allineamento del fascio ultrasonoro oppure a fallace registrazione di una
curva da rigurgito tricuspidale, spesso di velocità inferiore, invece della curva aortica.
L'equazione di continuità si basa sulla legge di conservazione della massa secondo cui il flusso di un fluido
incomprimibile all'interno di un sistema chiuso, rimane costante in ogni punto del sistema. Poichè la quantità di
flusso in un determinato punto è data dal prodotto area di sezione x velocità, ne deriva che l'area di sezione a
livello del tratto di efflusso ventricolare sinistro moltiplicata per la velocità del flusso a tale livello è uguale
all'area di sezione moltiplicata per la velocità a livello della valvola aortica stenotica . In questa semplice
equazione di primo grado (A1 x V1 = A2 x V2), tre dei quattro fattori sono facilmente ricavabili con
3
ecocardiografia Doppler; l'incognita (A2), che corrisponde all'area valvolare aortica stenotica, pertanto, può
essere agevolmente calcolata ( A2 = A1 x V1/ V2).
L'area della sezione a livello del tratto di efflusso ventricolare sinistro (A1) viene calcolata, assumendo una
forma circolare, misurando il diametro in sezione parasternale longitudinale e applicando la semplice formula
2
matematica: area = 3.14 x (diametro tratto di efflusso / 2) .
La misurazione del diametro del tratto di efflusso deve essere eseguita immediatamente al di sotto del punto
in cui le cuspidi aortiche anteriore e posteriore entrano in contatto con il setto interventricolare ed il lembo
anteriore mitralico, in sistole, prendendo in considerazione il diametro più interno dell'anello.La velocità media
a livello del tratto di efflusso ventricolare sinistro (V1) viene calcolata con Doppler pulsato, mediante
esecuzione dell'integrale velocità-tempo, posizionando il volume campione in sezione 5 camere apicale
immediatamente al di sotto del piano valvolare aortico, prima che inizi l'accelerazione pre stenotica.
Abitualmente il volume campione viene avanzato nel tratto di efflusso fino al punto in cui compare
l'accelerazione pre stenotica e quindi leggermente ritirato al fine di registrare un segnale chiaro, senza
interferenze (di solito il posizionamento avviene tra 0.5 e 1.0 cm al di sotto della valvola). La velocità media a
livello dell'orifizio stenotico (V2) viene determinata con Doppler ad onda continua, mediante digitalizzazione
dell'integrale velocità-tempo, secondo le modalità descritte precedentemente. L'equazione di continuità può
essere pertanto così rappresentata: Area valvolare = 3.14 x (diametro tratto efflusso / 2)2 x VTI tratto efflusso /
VTI aortica.
Considerato che il tempo di eiezione sistolica e la morfologia delle due curve di velocità all'interno del tratto di
efflusso ventricolare sinistro e a livello della valvola aortica stenotica sono molto simili, si è osservato che il
rapporto tra gli integrali velocità-tempo e le velocità di picco, nei due siti in esame, è pressoché identico. Ciò
consente di semplificare l'equazione di continuità, utilizzando le velocità di picco, al posto delle velocità medie.
Un altro modo con cui è stato proposto lo stesso concetto è costituito dal semplice calcolo del rapporto tra la
velocità nel tratto di efflusso, misurata con doppler pulsato, e la velocità aortica, misurata con doppler
continuo, sia per quanto riguarda gli integrali velocità-tempo, che per le velocità di picco ("Doppler velocity
index"). E' stato osservato che un valore < 0.2 del "Doppler velocity index" (DVI) permette di identificare con
accuratezza una stenosi aortica critica.
Area planimetrica: le nuove sonde (larga banda multifrequenza e a matrice), consentono una buona qualità
della misurazione dall’approccio parasternale asse corto, con una fattibile del 75-100%, TTE<TEE. I possibili
Pitfalls sono rappresentati dall’aspetto “a cupola”, dalle calcificazioni estese e dalla dipendenza anche
dell’area planimetrica dal flusso.
La Resistenza valvolare aortica (RVA) rappresenta l'entità dell'ostacolo all'eiezione ventricolare sinistra
attraverso la valvola aortica stenotica e risulta inversamente correlata all' area valvolare, con una relazione di
tipo curvilineo (quanto minore è l'area, tanto maggiore è la resistenza all'efflusso e viceversa). La RVA viene
espressa in dyne . sec . cm-5 e può essere determinata sia con tecnica emodinamica, che mediante
ecocardiografia Doppler secondo la formula: RVA = ΔPmedio / Qmedio ) x 1.333 dove ΔPmedio è il gradiente
transvalvolare medio (in mmHg), Qmedio costituisce il flusso sistolico medio (in ml/sec) e la costante 1.333
rappresenta il fattore correttivo per esprimere il risultato in dyne . sec . cm-5.
Il "Fractional Shortening/Velocity Ratio” (FSVR) consiste nel semplice rapporto tra frazione di accorciamento
ventricolare sinistro e gradiente pressorio massimo. La frazione di accorciamento è misurata a partire dai
diametri telediastolico e telesistolico, ottenuti con M-Mode su guida bidimensionale in sezione parasternale
asse-corto immediatamente al di sotto della valvola mitrale (secondo la nota formula: Frazione di
accorciamento = Diametro telediastolico - Diametro telesistolico / Diametro telediastolico). Il gradiente
massimo equivale come noto a 4 Vmax2. Recentemente è stato introdotto un perfezionamento del FSVR che
è l’”Ejection Fraction-Velocity Ratio”(EFVR = Frazione di Eiezione / 4Vjet2), che ha dimostrato un potere
diagnostico molto elevato, anche in pazienti con portata cardiaca ridotta.
Lo “Stroke Work Loss" (SWL) consiste nella quantità di lavoro necessaria per ottenere l'apertura della valvola
aortica durante la sistole, espressa in termini percentuali rispetto alla quantità di lavoro necessaria per
ottenere l'effettivo flusso anterogrado. Lo SWL viene calcolato secondo la formula: SWL = ( ΔPmedio /
LVPmedia ) x 100. Dove ΔPmedio è il gradiente pressorio sistolico transvalvolare aortico medio e LVPmedia
è la pressione sistolica ventricolare sinistra media, la quale viene approssimata, utilizzando l'ecocardiografia
Doppler, aggiungendo alla pressione sistolica omerale, misurata semplicemente con sfingomanometro, il
gradiente pressorio medio stesso. Lo SWL è risultato inversamente correlato con l'area valvolare calcolata
con la formula di Gorlin (r= -0.80) e un valore di SWL ≥ 30% sembrerebbe in grado di identificare con elevata
specificità i pazienti con area valvolare aortica < 0.6 cm2.
I valori cut-off di severità di riferimento per l'utilizzazione pratica in clinica di questi indici sono i seguenti:
GMED: ≥ 40mmHg
4
a ESC Guidelines.
B AHA/ACC Guidelines.
Il basso gradiente e la ridotta area valvolare infatti potrebbero dipendere da una disfunzione ventricolare
sinistra in paziente con stenosi aortica severa, ma anche da una cardiomiopatia con primitiva compromissione
della funzione ventricolare e secondaria riduzione della gittata sistolica. In questi pazienti si è dimostrato
estremamente utile il test eco-stress Dobutamina. Infatti se durante stimolo inotropo moderato la frazione di
eiezione aumenta, aumenta il gradiente e l’area valvolare aortica rimane invariata ci troviamo di fronte ad una
stenosi aortica fissa e l’outcome chirurgico sarà buona; d’altro canto se aumenta la frazione di eiezione, il
gradiente rimane invariato ma aumenta l’area valvolare aortica sicuramente ci si troverà di fronte ad una
cosidetta pseudo stenosi aortica, ossia ad una cardiomiopatia. Il non trovare un aumento della frazione di
eiezione cosi come del gradiente e dell’area valvolare aortica sarà fortemente suggestivo per una stenosi
aortica verosimilmente severa e con un cattivo outcome chirurgico
Di seguito si riportano le raccomandazioni per la sostituzione valvolare in paziente con Stenosi Aortica:
INDICAZIONE ALLA SOSTITUZIONE VALVOLARE
Pazienti con SA severa associato ad almeno uno dei classici sintomi (angina, sincope o dispnea)
Pazienti con SA severa ed indicazione ad intervento di By-pass.
Pazienti con SA severa ed indicazione a chirurgia aortica o su altre valvole cardiache.
Possibile indicazione alla sostituzione valvolare
Pazienti con SA moderata ed indicazione ad intervento di By-pass o di altra sostituzione valvolare.
Pazienti con SA severa, asintomatici con almeno 1 dei seguenti: FE <50%; instabilità emodinamica
durante esercizio, tachicardia ventricolare
non indicazione alla sostituzione per prevenire la morta improvvisa in asintomatici senza i criteri
elencati.
INSUFFICIENZA AORTICA
Analogamente alla stenosi aortica si è assistito ad una sostanziale modifica dell’epidemiologia; infatti si è
avuto un declino del reumatismo articolare acute e della lue ed un aumento delle forme secondarie a
dilatazione della radice aortica e dell’aorta ascendente (Marfan, ipertensione arteriosa), bicuspidia aortica e
degenerazione mixomatosa della valvola. La causa più comune di insufficienza aortica acuta è l’endocardite.
Il rigurgito di sangue dall’aorta al ventricolo di sinistra in diastole attraverso la valvola incontinente determina
un sovraccarico di volume del ventricolo di sinistra ed in misura minore un sovraccarico di pressione (ipertrofia
eccentrica).
L’entità del rigurgito dipende da tre fattori:
• AREA DELL’ORIFIZIO RIGURGITANTE
• GRADIENTE DI PRESSIONE IN DIASTOLE TRA AORTA E VENTRICOLO SIN.
• DALLA DURATA DELLA DIASTOLE
Inizialmente l’aumento del volume telediastolico si accompagna ad un minimo incremento della pressione
telediastolica ma ulteriori aumenti portano ad una riduzione della contrattilita’ miocardica, alla riduzione della
FE e solo tardivamente, allo sviluppo dei sintomi.
Il fatto che la funzione ventricolare sinistra si deteriori molte volte prima dell’insorgenza dei sintomi costituisce
il problema principale del follow-up clinico (markers ecocardiografici).
L’insufficienza aortica acuta costituisce sempre una emergenza clinica per il marcato rapido incremento della
pressione telediastolica Ventricolare sinistra.
Le informazioni più rilevanti ai fini di una diagnosi qualitativa e quantitativa di insufficienza aortica vengono
ottenute dalle tecniche Doppler.
L’ECO2D/MMODE fornisce dati sull’anatomia della valvola e dell’aorta sopravalvolare; evidenzia le
ripercussioni del rigurgito sulle dimensioni del Ventricolo sinistro, consente la diagnosi di bicuspidia, evidenzia
6
il fluttering LAM, una eventuale chiusura prematura della valvola mitrale o una precoce apertura della valvola
aortica ed infine eventuali lesioni da jet
IL DOPPLER CONVENZIONALE (PW/CW) permette di dimostrare in modo sicuro il flusso di rigurgito aortico
(sensibilità 95%; specificità 96%) che presenta le seguenti caratteristiche: turbolento, elevata velocità,
diastolico; consente una valutazione semiquantitativa del rigurgito aortico attraverso:
-il mappaggio in tratto di efflusso del rigurgito (sezione 4 c apicale in doppler PW: estensione del rigurgito
aortico in tratto di efflusso (TEVS)) e ventricolo sin); questo tipo di valutazione però ha dimostrato una
correlazione non ottimale con la gravità del rigurgito valutata con l’esame angiografico; correla invece con il
gradiente AO-Vsin e con l’area dell’orifizio di rigurgito.
-Tempo di dimezzamento (valutazione della decelerazione della velocità max di rigurgito): esprime l’entità di
decadimento del gradiente di pressione tra AO e Vsin in diastole che dipende dalle pressioni diastoliche in AO
e Vsin e dalle dimensioni dell’orifizio; permette una distinsione tra IA lievi e severe.
IL COLOR DOPPLER permette di valutare le caratteristiche del jet di rigurgito: direzione, estensione, numero
jets; una valutazione semiquantitativa routinaria della IA attraverso:
-Rapporto tra l’altezza del jet all’origine in TEVS e l’altezza del tratto di efflusso stesso-Rapporto tra area
planimetrica del jet all’origine in sezione parasternale asse corto e area dell’efflusso Vsin.
Altre parametri di valutazione della gravità della IA (non applicazioni di routine) sono rappresentati da:-Stima
del Volume di Rigurgito e della frazione rigurgitante: differenza tra il flusso aortico (esprime il flusso
anterogrado + quello rigurgitante) e un flusso attraverso un altro orifizio valvolare (rappresenta il solo flusso
anterogrado): calcolo delle gittate sistoliche (prodotto area di sezione x IVT) in aorta e polmonare.
-Ricerca del segnale del rigurgito AO in ao discendente
-Metodo PISA (Proximal Isovelocity Surface Area) calcolo quantitativo del volume di rigurgito mediante il
principio di continuità (convergenza prossimale: studio mediante color doppler del flusso prossimale all’orifizio
di rigurgito aortico) è possibile con questo metodo calcolare l’ERO ( effective regurgitant orifice)
Si riporta una comprensiva tabella tratta dal JASE 2003 con i parametri qualitativi e quantitativi da prendere in
considerazione per la stima della severità del rigurgito aortico
7
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Echocardiogr. 2003 Jul;16(7):777-802.
Dalla stesura della precedente versione sono uscite le nuove linee guida sulle valvulopatie della Societa’
Europea di Cardiologia (ESC versione 2012) e del tutto recentemente (mese di Marzo 2014) della AHA/ACC.
E’ possibile scaricarle entrambe dai rispettivi siti.
Si riportano di seguito comunque alcune tabelle di particolare importanza per quanto riguarda la diagnosi, la
progressione della valvulopatia, i nuovi criteri di appropriatezza dell’utilizzo della metodica ecocardiografica ed
il timing chirugico. Vengono altresì considerate nelle nuove linee guida, la procedura di TAVI (sostituzione
della valvola aortica con tecnica transcatetere) e la nuova entità di stenosi aortica paradossa (stenosi aortica a
basso gradiente e con frazione di eiezione conservata) recentemente confermata dai dati invasici emodinamici
(JACC 2013)
Il documento prevede una classificazione della progressione della patologia valvolare in 4 stadi,
analogamente a quanto proposto per lo scompenso cardiaco; dallo stadio A dove ci si trova in presenza di
fattori di rischio fino alla stadio D che rappresenta lo stadio di malattia conclamata.
L’indicazione all’ intervento in pazienti con patologia valvolare (VHD) dipende da
1) Presenza /assenza dei sintomi
2) Severità della VHD
3) Risposta del ventricolo di sinistra/destra al sovraccarico di pressione o volume
4) Effetto sulla circolazione polmonare e sistemica
5) Variazioni nel ritmo cardiaco
Inoltre, esiste un sottogruppo particolare di pazienti caratterizzati da “very severe” stenosi (stenosi serrata)
in cui studi epidemiologici evidenziano una prognosi più sfavorevole in relazione all’incremento della
severità della stenosi stessa.
Vengono riportate di seguito due tabelle (queste tabelle riguardano i pazienti con VHD) con le
raccomandazioni dell’utilizzo (compreso il follow up) della metodica ecocardiografica in pazienti
asintomatici con normale frazione di eiezione argomento assolutamente centrale per criteri di
appropriatezza
9
In questa tabella vengono riportati i criteri attuali (linee guida americane AHA/ACC) dei vari stadi della
STENOSI AORTICA (classificazione delle valvulopatie in 4 stadi di progressione, A-D) applicabili
comunque alla nostra valutazione di paziente con stenosi aortica lieve, moderata, severa asintomatica,
severa sintomatica, con basso flusso e ridotta EF, con basso flusso e EF conservata (cosidetta stenosi
aortica paradossa)
Le prossime 4 tabelle sempre tratte dalle linee guida AHA/ACC 2014, riassumono , la prima, l’utilizzo
appropriato (classi e livello di evidenza) della metodica ecocardiografica nei pazienti con stenosi aortica.
In particolare viene enfatizzato l’utilizzo della metodica eco stress sia farmacologico (eco dobutamina a
basse dosi) che fisico.
1) Eco Dobutamina: in tutti i pazienti con stenosi aortica stadio D2 (ridotta EF% ) e cuspidi valvolari
calciche, con ridotta escursione cuspidale , riduzione della area valvolare (1 cm2 o meno) con
gradiente medio<40 mmhg (velocità< di 4m/sec),
1) Eco stress fisico: per valutare le variazioni fisiologiche con l’esercizio fisico (verificare la reale
sintomaticità) in pazienti con stenosi aortica asintomatica con gradiente medio >40 mmhg o velocita
>4 m/sec.
La successiva tabella riguarda il timing chirurgico: da notare, a parte le consolidate indicazione alla
sostituzione nelle classi I, come in classe IIa vi siano:
1) Paziente asintomatici con stenosi aortica severa e basso rischio chirurgico,
2) Pazienti asintomatici con stenosi aortica severa con ridotta tolleranza (o caduta della pressione
arteriosa) alla valutazione esercizio fisico,
3) Pazienti sintomatici con stenosi aortica severa basso flusso/basso gradiente ridotta EF% che hanno
una risposta positiva all’ eco dobutamina (gradiente durante dob >40 mmhg; area valvolare<1 cm2)
4) Pazienti sintomatici con stenosi aortica severa basso flusso/basso gradiente, normotesi e con normale
EF% se i dati clinici, emodinamici ed anatomici supportano l’ostruzione valvolare come causa dei
sintomi (stenosi aortica paradossa).
La terza tabella è un algoritmo decisionale da utilizzare nei pazienti con stenosi valvolare aortica
11
12
Nella successiva tabella vengono riassunte le raccomandazioni per la scelta del tipo di intervento;
chirurgico o trans catetere (TAVI, qui chiamata TAVR). Si ricorda che una volta posta l’indicazione
all’intervento di sostituzione valvolare aortica è il Team Heart Valve che sceglie il miglior atteggiamento
terapeutico.
Le indicazioni delle linee guida americane analogamente alle europee, assegnano la sostituzione con
tecnica transcatetere della valvola aortica ai pazienti:
1) Classe I: pazienti con stenosi aortica severa, sintomatica con rischio chirurgico “proibitivo”
(controindicazione alla chirurgia) e con una aspettativa di vita>12 mesi
2) Classe IIa: pazienti con stenosi aortica severa, sintomatica, con alto rischio chirurgico (logistic Euro
Score 15%-20% o STS score>10).
Si ricorda che il volume di interventi annuali di TAVI in Italia si attesta a poco più di 2000/anno molto inferiore
ad altri paesi europei (Germania circa 6000/anno), condizionato da un evidente bias di valutazione
costo/efficacia.
13
Analogamente per l’ INSUFFICIENZA AORTICA si riportano alcune tabelle di aggiornamento derivate dalle
linee guida AHA/ACC 2014.
Si ricorda altresì come le cause più comuni di insufficienza aortica siano costituite, almeno nei paesi
occidentali, dalla bicuspidia aortica e dalla calcificazione degenerativa aortica; successivamente dalla
dilatazione primitiva dei seni di Valsalva e della aorta ascendente . La malattia reumatica è una altra causa di
insufficienza aortica più importante nei paesi cosidetti in via di sviluppo.
Inoltre per un preciso management dei pazienti affetti da insufficienza valvolari aortica è importante una
1) definizione anatomica delle cause della IA,
2) emodimanica valvolare,
3) valutazione della severità della dilatazione e della funzione sistolica ventricolare sinistra
4) corretta valutazione dei sintomi
Una integrazione clinica ecocardiografica consente nella stragrande maggioranza dei paziente con
insufficienza aortica di rispondere correttamente a queste domande.
In particolare anche nella IA al pari dell’insufficienza mitralica riveste un ruolo centrale il tentativo di
quantificare in modo non invasivo l’entità del rigurgito attraverso l’applicazione del metodo PISA (vedere
come riportato in precedenza) che consente di calcolare l’ERO (effettivo orifizio rigurgitante ) ed il volume
rigurgitante e discriminare in modo preciso tra insufficienze valvolari aortiche lievi-moderate e severe
(ERO<0.20-0.29 cm2 vs >0.30 cm2 vedere tabelle) .
La bicuspia aortica è trattata in dettaglio in una altra sezione di queste dispense. Qui comunque verranno
riportate delle tabelle di aggiornamento ricavate dalle ultime linee guida americane.
14
Per quanto riguarda l’intervento di sostituzione valvolare è bene ricordare che in classe I sono presenti
anche pazienti asintomatici con IA severa e disfunzione sistolica globale (EF%<50%); in classe IIa
pazienti asintomatici con IA severa e EF%>50 ma con severa dilatazione del ventricolo di sinistra
(LVESV: 50mm)
15
Aggiornamento bibliografico
1) 2014 AHA/ACC Guideline for Management of Patients With Valvular Heart Disease, Executive
Summary: a report of the American College of Cardiology/American Heart Association Task Force on
Practice Guideline. Circulation puplished on line March 2014-
2) ESC/EACTS Guideline versione 2012: guidelines of management of Valvular Heart Disease
3) Invasive Hemodynamic Characteristics of Low Gradient Severe Aortic Stenosis Despite Preserved
Ejection Fraction. Juliane Lauten, MD,* Christian Rost, MD,* Ole A. Breithardt, MD, PHD, Christian
Seligmann, MD, PHD, Lutz Klinghammer, MD, Werner G. Daniel, MD, PHD, Frank A. Flachskampf,
MD, PHD†. JACC Vol. 61, No 17, 2013
4) Low Flow, Low Gradient Severe Aortic Stenosis Despite Normal Ejection Fraction is associated with
severe left ventricular dysfunction as assessed by speckle tracking echocardiography: a multicenter
study: J. Adda, C. Mielot, R. Giorgi, F. Cransas, etc. Circ Cardiovasc Imaging 2012: 27-25 Novembre
22, 2011
5) EAE/ASE Recommendation for the use of Echocardiography in new Transcatheter Intervention for
Valvular Heaert Disease. J.L. Zamorano, L. Badano, C, Bruce. JASE, Sept 2011.
LEZIONE 7B
ENDOCARDITE INFETTIVA
A cura di: E. Cecchi
PREMESSA
L’endocardite infettiva (EI) è una malattia relativamente rara (3-9 casi per 100000 persone nei
paesi industrializzati) gravata da una mortalità ospedaliera tuttora del 20% circa, che ad un anno
sale al 40%. E’ inoltre presente una importante morbilità, di cui l’espressione più severa sono le
lesioni del sistema nervoso centrale su base embolica o emorragica.
L’ecocardiografia ha un ruolo chiave nella gestione di tutte le fasi della malattia : la diagnosi
iniziale, il riconoscimento e la previsione delle complicazioni intracardiache ( estensione
perivalvolare e distruzione tissutale valvolare e miocardica, che possono determinare scompenso
cardiaco) ed extracardiache emboliche. Queste stesse complicazioni sono molto importanti nel
determinare il giudizio prognostico e costituiscono la base di molte delle indicazioni all’intervento
cardiochirurgico. Infine l’ecocardiografia è di grande aiuto nella gestione del perioperatorio e del
follow-up successivo ospedaliero e postospedaliero. (Nicolosi, Cecchi, cap EI; Habib, Badano EUR J
Echoc 2010). Qui verranno affrontate soprattutto le problematiche sostenute dall’esame
transtoracico, dato che il transesofageo è trattato in altra sezione.
DIAGNOSI
L’EI deve essere inizialmente sospettata in un’ampia varietà di situazioni molto diverse tra loro,
che volendo schematizzare, implicano un sospetto clinico iniziale, una successiva valutazione
clinica preliminare e quindi la decisione se passare alla fase diagnostica propriamente detta, che
implica l’esecuzione di un ecocardiogramma di qualità elevata.
Il sospetto clinico iniziale deve essere necessariamente ampio quando sia presente febbre o
attivazione degli indici di flogosi, particolarmente se associati a soffio cardiaco o in presenza di
fattori di rischio di EI (vedi Tabella 1) o di eventi embolici o di sepsi o di nuovi difetti di conduzione.
La valutazione clinica preliminare serve per cercare indizi diagnostici ulteriori, obiettivi ed
anamnestici, che portino verso la diagnosi di EI o verso altre diagnosi; per evitare un eccessivo
numero di indicazioni all’esecuzione di ecocardiogramma, al termine di questa fase è necessario
effettuare una valutazione della probabilità di malattia; se la probabilità di malattia è almeno
intermedia , è necessario passare alla fase diagnostica vera e propria, che comprende l’esecuzione
di emocolture e dell’ecocardiogramma, appena possibile. A nostro avviso l’esame va eseguito
entro 24-48 ore, ma la tempistica deve tenere conto anche e soprattutto dell’andamento clinico:
situazioni di shock settico o cardiogeno necessitano di esecuzione immediata o in urgenza;
situazioni cliniche meno acute, che sono la maggior parte, lasciano la possibilità di programmare
l’esame in tempi brevi.
Ascesso endomiocardico.
Gli ascessi perivalvolari sono una seria complicazione dell’endocardite infettiva con forte
indicazione alla chirurgia. Il loro riscontro costituisce un criterio ecocardiografico maggiore
di endocardite infettiva; sono spesso associati al riscontro di vegetazioni, ma queste
possono anche non essere visualizzate, particolarmente in presenza di materiale
protesico, dove è molto frequente l’associazione con distacco protesico.
Un ascesso viene identificato come un’area ispessita o una massa all’interno del
miocardio o della regione dell’annulus, con un’aspetto disomogeneo oppure ecolucente.
La presenza di uno spazio vuoto è indicativa di uno stadio successivo con completa
colliquazione e svuotamento dell’ascesso in cavità vicine o nel torrente circolatorio. Talvolta sono
presenti concamerazioni. Lapresenza di flusso con il colordoppler nello spazio ascessuale indica la
rottura dell’ascesso e la continuità con il flusso ematico; si può formare così uno
pseudoaneurisma: cavità perivalvolare in comunicazione col lume cardiovascolare, che
ecocardiograficamente è caratterizzata da marcata pulsatilità con collasso diastolico e presenza di
segnale color all’interno.
Gli ascessi coinvolgono più frequentemente la valvola aortica, estendendosi all’annulus
valvolare più spesso a livello della giunzione tra la radice aortica e l’annulus mitralico,
detta fibrosa intervalvolare mitro-aortica. Gli ascessi possono tuttavia trovarsi anche in
altre sedi perivalvolari. Le loro modalità di estensione sono prevedibili; un ascesso
perivalvolare della radice aortica può estendersi al setto interventricolare, al tratto di
efflusso del ventricolo destro, al setto interatriale, al lembo anteriore mitralico.
La sensibilità dell’esame transtoracico nell’identificare ascessi è 50%, quella del transesofageo è
90% circa.
Distacco protesico
E’ questo il terzo criterio ecocardiografico maggiore secondo i criteri di Duke. Sebbene un
certo numero di distacchi protesici possano essere presenti per vari motivi anche in
assenza di endocardite infettiva, il riscontro ecocardiografico di un nuovo distacco nel
corso di una sindrome febbrile infiammatoria ha una specificità molto elevata per
endocardite infettiva, essendo espressione dell’interessamento infettivo della zona di
impianto della protesi, che è spesso molto precoce. Per valutare i distacchi è consigliato l’esame
transesofageo, anche se il transtoracico può essere molto utile per valutare quelli anteriori
all’anello aortico.
Distruzione tissutale.
Altri segni ecocardiografici non sono ritenuti tipici secondo i criteri di Duke, ma possono essere
molto utili per orientare la diagnosi in casi selezionati e dipendono dalla capacità della malattia di
determinare distruzione dei tessuti coinvolti. Questi possono determinare distruzione, prolasso,
perforazione e aneurisma di una valvola.
L’estensione della necrosi infatti può determinare danno tissutale dei lembi valvolari con
lacerazioni o perforazioni, rottura di corde, lembi flail, aneurisma della valvola mitralica e distacchi
protesici.
L’esame transesofageo è la tecnica di scelta per caratterizzare tutte queste complicazioni
ed il meccanismo dei rigurgiti conseguenti. I rigurgiti di una valvola infetta possono essere
determinati: 1. dalle vegetazioni stesse che determinano l’imperfetto collabimento dei
lembi, 2. da distruzione valvolare: da piccole perforazioni, a lacerazione o a completo flail
del lembo o delle cuspidi. 3. da rottura di corde tendinee.
La presenza di un lembo flail è di per sé indicativa di un grado severo di rigurgito e di
prolasso del lembo valvolare nella cavità a monte durante la chiusura della valvola. Le
corde rotte possono essere sovente identificate come piccole masserelle dotate di
movimento indipendente, talvolta difficili da differenziare da vegetazioni. L’aneurisma della
mitrale è una cavità sacculare che si estroflette verso l’atrio sinistro in sistole e si collassa
in diastole; in genere è dovuto ad estensione diretta a colata di infezione della valvola
aortica o indiretta dovuta al rigurgito aortico.
L’estensione della necrosi a partire dalla base delle vegetazioni può anche determinare una
cascata di eventi che possono portare alle complicazioni strutturali perivalvolari (vedi anche
sezione ascesso). Inizialmente tale estensione porta alla formazione di un ascesso. Gli ascessi,
esposti alla elevata pressione pulsatile, possono formare gli pseudoaneurismi. La rottura di ascessi
o pseudoaneurismi in altri spazi anatomici determina la formazione di fistole; raramente gli
pseudoaneurismi si rompono in pericardio con potenziale tamponamento cardiaco.
L’esame transtoracico dovrà inoltre mettere in rilievo ogni ulteriore dato per valutare pienamente
l’importanza emodinamica dei danni valvolari della malattia, in particolare:
COMPLICAZIONI
La prognosi del paziente con EI dipende da numerosi fattori che riguardano le caratteristiche del
paziente, del microrganismo e l’evoluzione clinica con le sue complicazioni, spesso individuate
dall’esame ecocardiografico (Tabella 4).
Le linee-guida della Società Europea di Cardiologia del 2009 hanno suddiviso le complicazioni in tre
grandi gruppi, anche in funzione dell’indicazione all’intervento cardiochirurgico (tabella 5 e tabella
6), che in alcuni casi contribuisce decisamente a migliorare la prognosi del paziente: scompenso
cardiaco, infezione non controllata a livello sistemico e a livello locale, eventi embolici.
Scompenso cardiaco.
La presenza di scompenso cardiaco è un forte indicatore di mortalità intraospedaliera ed a 6 mesi.
In generale è dovuto ad insufficienza aortica o mitralica secondarie a distruzione tissutale di vario
tipo o a deficit di coaptazione; piu’ raramente lo scompenso può essere dovuto a shunt o fistole
intracardiache, a stenosi valvolare da vegetazioni ostruttive o a perforazione di un aneurisma
settico del lembo anteriore mitralico; raramente è dovuto a infarto miocardico embolico o a
miocardite.
Dato che lo scompenso cardiaco si osserva nel 50-60% di tutti i casi, questo va ricercato
quotidianamente con un’attenta visita cardiovascolare; l’esecuzione di NT proBNP può dare un
importante supporto in tutti i casi con soffi cardiaci importanti o segni dubbi di scompenso.
Da un punto di vista clinico lo scompenso può essere severo (NYHA 3-4) fino allo shock cardiogeno,
oppure lieve (NYHA 1-2). Nel primo caso l’intervento cardiochirurgico va fatto in emergenza o in
urgenza e va somministrata tutta la terapia medica e di eventuale supporto meccanico previste
nello scompenso cardiaco acuto.
L’ecocardiogramma transtoracico è fondamentale e va eseguito immediatamente quando è
sospettato scompenso cardiaco per confermare la diagnosi e effettuare valutazioni emodinamiche
immediate e nel follow-up. La diagnosi di severità del rigurgito è fondamentale dato che
insufficienze valvolari severe non responsive alla terapia medica sono fatali se non operate
prontamente; la diagnosi deve avvalersi molto dei criteri anatomici (lesioni anatomiche a volte
clamorose) dato che nei rigurgiti acuti possono mancare i segni di severità dei rigurgiti cronici e
possono esserci jet di rigurgito a bassa velocità o di breve durata per la equalizzazione dei
gradienti: atrio-ventricolari nel rigurgito mitralico; ventricolo-aortico nella insufficienza aortica; in
quest’ultimo caso può verificarsi la chiusura mitralica precoce, che nella insufficienza aortica
massiva è un chiaro segnale di destabilizzazione clinica e di necessità di intervento urgente. Le
cavità cardiache non sono dilatate o lo sono poco, se non era già presente una cardiopatia con
impegno emodinamico, e il ventricolo sinistro può essere piccolo ed ipercinetico. Anche il
riscontro di ipertensione polmonare indica un impegno emodinamico importante con necessità di
chirurgia urgente. Quando è già presente un vizio valvolare cronico l’esame transtoracico
permette di definire i meccanismi del rigurgito e la sua intensità, mentre i dati emodinamici
permettono di stabilirne la tollerabilità.
La definizione dell’anatomia valvolare, dei meccanismi di rigurgito e delle complicazioni locali è
spesso effettuata bene con esame transtoracico, ma sarà fatta in modo ottimale con
ecocardiogramma transesofageo, che è necessario prima dell’intervento per permettere una
miglior pianificazione dell’intervento stesso.
Nell’endocardite aortica va sempre esplorata attentamente anche la mitrale per escludere
complicazioni da colonizzazione, quali l’aneurisma del lembo anteriore mitralico, per il quale gli
strumenti diagnostici principali sono l’ecocardiogramma transtoracico e transesofageo.
Il riscontro di gravi lesioni distruttive, insufficienze valvolari massive, ascessi , pseudoaneurismi e
fistole necessitano per lo più di intervento cardiochirurgico in tempi rapidi; la valutazione è
ottimalmente effettuata con esame transesofageo combinato con transtoracico.
Le forme lievi di scompenso in una certa percentuale di casi possono anche improvvisamente
evolvere in forme severe, per progressione del danno tissutale con necessità di chirurgia urgente;
queste forme vanno seguite con valutazione clinica quotidiana ed ecocardiografica frequente; se
non c’è evoluzione, in presenza di insufficienza valvolare mitralica o aortica severa, le linee-guida
consigliano l’intervento elettivo dopo 7-15 giorni di terapia antibiotica.
Nei casi con insufficienza valvolare mitralica o aortica severa senza segni di scompenso cardiaco va
effettuata la terapia antibiotica, con controllo quotidiano della situazione di compenso ed
ecocardiogramma frequente; in questi casi se il decorso non presenta complicazioni l’indicazione
all’intervento cardiochirurgico è elettiva dopo 7-14 giorni di terapia medica. In qualche caso con
decorso particolarmente regolare e buona risposta alla terapia antibiotica, la necessità di
intervento andrà riconsiderata quando la situazione sarà cronicizzata al termine della terapia
antibiotica.
Nei rari casi con lesioni valvolari ostruttive l’ecocardiogramma permette di evidenziare la massa
ostruente e di misurarne l’importanza emodinamica con i gradienti doppler ed il calcolo dell’area
valvolare.
Per i casi di infarto miocardico e di miocardite lo studio della cinesi globale e segmentaria sarà di
grande utilità.
Eventi embolici
Le vegetazioni sono particolarmente fragili e frequentemente si staccano determinando emboli
sistemici in caso di EI sinistra, embolia polmonare settica in caso di EI destra. Le embolie sono
frequenti (20-50% dei casi) e le embolie sistemiche sono gravate da mortalità elevata e da
morbilità con importanti sequele; infatti le embolie sistemiche più frequenti sono quelle cerebrali
e spleniche.
Prevedere la potenzialità embolica è quindi importante, perché fornisce implicazioni prognostiche
e può individuare pazienti da sottoporre a intervento prima che si sia espletato il danno (vedi
tabella 5 e 6, indicazioni all’intervento CCH). Come già detto nel paragrafo sulle vegetazioni,
l’analisi delle caratteristiche di queste secondo i criteri di Sanfilippo può fornire utili indicazioni,
ma attualmente viene data molta importanza alla dimensione: viene considerata a potenzialità
emboligena elevata una vegetazione mobile > 10 mm, essendo a potenzialità ancora più alta le
vegetazioni > 15 mm.
La potenzialità di produrre eventi embolici dipende anche dalla sede mitralica, dal microrganismo
eziologico (stafilococco aureo, streptococco bovis, HACEK, Abiotrophia, Candida) e dal momento di
inizio della terapia antibiotica efficace; infatti durante tale terapia la probabilità di eventi si riduce
in modo esponenziale, diventando poco frequente dopo 2 settimane e molto rara a terapia
ultimata. La frequenza massima di eventi embolici si verifica prima della diagnosi e durante il
primo giorno di terapia; l’intervento preventivo quindi è consigliato nella prima settimana di
terapia antibiotica in alcune situazioni, ma l’evidenza non è elevata (vedi tabella 5 e 6) in assenza
di studi clinici randomizzati. Viene consigliato con evidenza più alta dopo un primo evento
embolico; in questo senso, siccome si ritiene che 20% circa degli eventi embolici sia silente, ne è
consigliata una ricerca sistematica nei primi giorni di terapia antibiotica.
Altre complicazioni
Miocardite. E’ molto rara e dipende da mancato controllo dell’infezione a livello locale, spesso
associata ad ascesso. L’analisi della cinesi globale e segmentaria permette di sospettarla.
PROGNOSI
FOLLOW-UP OSPEDALIERO
FORME SPECIFICHE
Tutte queste lesioni possono essere ben visualizzate dall’ecocardiogramma transesofageo, che è
decisamente superiore in questa forma di EI rispetto al transtoracico, che va comunque effettuato
come esame complementare per esplorare le sedi cardiache anteriori e per valutare l’impatto
emodinamico delle lesioni.
La cura consiste nella terapia antibiotica associata all’estrazione degli elettrocateteri, che
attualmente viene effettuata prevalentemente per via percutanea; è possibile anche l’estrazione
chirurgica, che viene preferita in alcuni centri in presenza di vegetazioni molto grosse ( > 25-30
mm) e in presenza di coinvolgimento tricuspidale con rigurgito severo. L’ecocardiogramma deve
pertanto fornire dati precisi su numero , sede, dimensioni delle vegetazioni e coinvolgimento
tricuspidale. Questo viene effettuato in modo decisamente superiore con tecnica transesofagea,
che deve essere effettuata in combinazione con quella transtoracica, che può fornire informazioni
complementari.
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precedenti
(Microbiologic)
Typical microorganism isolated from two In patients with possible infective endocarditis, at least two sets
separated blood cultures: Streptococci of cultures of blood collected by separate venipunctures should
viridans, Streptococcus bovis, HACEK group, be obtained within the first 1 to 2 hours of presentation.
Staphylococcus aureus, or community- Patients with cardiovascular collapse should have three cultures
acquired enterococcal bacteremia without a of blood obtained at 5-10 minute intervals and thereafter
primary focus receive empirical antibiotic therapy
Microorganism consistent with infective
endocarditis isolated from persistently
positive blood cultures
Single positive blood culture for Coxiella Coxiella burnetii is not readily cultivated in most clinical
burnetii or phase I IgG antibody titer to microbiology laboratories
Coxiella burnetii >1:800
Definite IE
Pathologic criteria:
-Microorganism: demonstrated by culture or histology in a vegetation, or in a vegetation that has
embolized, or in an intracardiac abscess OR
-Pathologic lesions: vegetation or intracardiac abscess, confirmed by histology showing active endocarditis
Clinical criteria:
2 major criteria OR
1 major and 3 minor criteria OR
5 minor criteria
Possible IE
1 major criterion and 1 minor criterion
3 minor criteria
Rejected IE
Firm alternate diagnosis for manifestations of endocarditis OR
Resolution of manifestations of endocarditis, with antibiotic therapy for four days or less OR
No pathologic evidence of infective endocarditis at surgery or autopsy after antibiotic therapy for four days
or less
Figura 1.
Suspected IE
+
E.Cecchi. Ital Heart J 2004; 5(9):656.62.
1
LEZIONE 8
Versamento pericardico
L’efficacia dell’ecocardiografia al letto del malato nella diagnosi di versamento pericardico
(VP) ha storicamente contribuito in maniera determinante alla diffusione della metodica.
Nel contesto dell’emergenza-urgenza diventa fondamentale nel management del paziente
in pericolo di vita (es. tamponamento cardiaco, rottura di cuore, aneurisma dissecante
dell’aorta con rottura in pericardio).
Il pericardio posto anteriormente non produce echi distinguibili da quelli della parete
toracica e del ventricolo destro; il pericardio posteriore e la pleura generalmente
producono un unico eco lineare.
In caso di VP la scarsa ecogenicità del liquido permette il riconoscimento della cavità
pericardica delimitata dagli echi lineari più ecoriflettenti dei foglietti.
Considerando tutti i versamenti pericardici, compresi quelli lievi e saccati, l’ecocardiografia
M e 2D presenta una sensibilità ed una specificità diagnostiche di circa il 90%.
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L’eco 2D permette una valutazione della distribuzione del versamento nella cavità
pericardica, utile anche nella valutazione semiquantitativa. Tale distribuzione risente della
sede di maggior distensibilità pericardica che generalmente corrisponde alla postero-
laterale, della fissità del cuore al peduncolo dei grossi vasi, della forza di gravità e del peso
specifico del cuore stesso.
Generalmente un VP che aumenta lentamente e progressivamente, si raccoglie prima
posteriormente, poi lateralmente e successivamente anteriormente, circondando
completamente il cuore. Quando il VP è massivo il cuore presenta un tipico movimento
“ondulante” durante la rivoluzione cardiaca.
Ne consegue, a meno di un forte sospetto per la presenza di un VP anteriore saccato, la
necessità di essere molto critici nel valutare un possibile VP anteriore in assenza di un
contemporaneo e chiaro spazio anecogeno posteriore.
La valutazione semiquantitativa di un VP non è agevole, a causa della necessità di
affidarsi a misure bidimensionali per una stima volumetrica, pertanto è consigliabile
esprimersi in quantità con una necessaria approssimazione.
Ciononostante vi sono indicazioni di stima semiquantitativa di comprovata utilità pratica.
La presenza di uno spazio anecogeno minimo, solo sistolico, tra i due foglietti pericardici
non può essere considerato sufficiente per la diagnosi di VP.
La separazione sisto-diastolica dei due foglietti pericardici posteriori fornisce la maggiore
affidabilità diagnostica possibile con M-mode. Il VP supera i 300 cc se è circonferenziale; è
maggiore di 500 cc se in M-mode vi è uno spazio anecogeno diastolico maggiore di 10
mm; se tale spazio è superiore a 20 mm, il VP è maggiore di 700 cc; versamenti
pericardici di entità ancora maggiore occupano anche lo spazio pericardico postero-
superiore, visualizzabile in ecocardiografia 2D come spazio anecogeno ampio retrostante
la parete posteriore dell’atrio sinistro e destro, in proiezione 4 camere apicale.
Nel VP massivo in M-mode si apprezzano movimenti ipercinetici delle pareti del cuore, in
2D si osserva un andamento fluttuante del cuore nel liquido durante la rivoluzione cardiaca
(“swinging-heart”).
L’ecogenicità del VP è variabile; la valutazione è qualitativa, quindi orientativa: tanto più
intensa è l’ecogenicità, tanto più ricco di cellularità è il liquido. Si va dal liquido sieroso
anecogeno, con minima cellularità, ad una modica ecogenicità nei casi di essudato
infiammatorio siero-ematico, fino ad alta ecogenicità nei casi di emopericardio.
La presenza di lacinie fibrose, calcio, fibrina, aria e masse può far sospettare patologie
locali o sistemiche, coerenti con tali rilievi ecocardiografici.
La diagnostica ecocardiografica di VP riserva numerose possibili diagnosi differenziali nei
contesti patologici più disparati: versamenti saccati di piccola entità, ematomi, cisti, tumori,
ernie di Morgagni, dello jatus, grasso pericardico accumulato per lipodistrofia, versamento
pleurico, calcificazione mitralica, megaatrio sinistro, pseudoaneurisma del ventricolo
sinistro. Nei casi di incerta definizione può essere opportuno procedere all’imaging
integrato.
La diagnosi differenziale che più comunemente è importante dal punto di vista diagnostico
e prognostico è quella con l’ampio versamento pleurico.
In caso di riscontro di spazio anecogeno o ipoecogeno posteriore al cuore, è necessario
stabilire la presenza di versamento pericardico, pleurico o di entrambi.
In proiezione asse lungo parasternale il VP si riduce progressivamente verso l’atrio sinistro
e l’aorta discendente viene separata dall’atrio sinistro stesso: ciò non accade nel
versamento pleurico poiché questo si colloca posteriormente all’aorta discendente.
In proiezione asse corto parasternale ed apicale, il VP circonda del tutto i ventricoli e, se
importante, anche gli atri nella porzione postero-superiore; ciò non accade per il v.
pleurico. Al VP si associa spesso ipercinesia delle pareti cardiache.
Si può ricercare la presenza di versamento pleurico con ecografia dal dorso in modo
diretto, in proiezione retrocardiaca sottoscapolare, col paziente seduto/semiseduto. Il
cuore sarà visibile da questa proiezione in presenza di versamento pleurico.
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Tamponamento cardiaco
Il tamponamento cardiaco (TC) può essere definito clinicamente come la fase di
scompenso cardiaco anterogrado e retrogrado di una compressione cardiaca secondaria a
versamento pericardico ad elevata pressione.
Nella maggior parte dei casi di TC “medico” tale processo si sviluppa in giorni o settimane,
al contrario, nei casi di TC “chirurgico”, la pressione pericardica aumenta rapidamente nel
giro di minuti od ore: il volume di fluido capace di causare il tamponamento varia in modo
inverso rispetto alla “stiffness” del pericardio (nei casi acuti la stiffness è più alta).
Nella sindrome del TC l’ecocardiografia è usata, oltre che per determinare la presenza di
un versamento pericardico, soprattutto per riconoscere la condizione ad alto significato
prognostico di “impending tamponade”, che spesso si verifica quando il paziente è ancora
paucisintomatico.
Poiché il TC costituisce una sindrome a fisiopatologia progressiva, i segni ecocardiografici
utili per la diagnosi, vedono migliorare la loro affidabilità con l’aumentare della gravità
clinica.
Eco2D
Il collasso diastolico delle camere cardiache è uno dei segni più descritti nel TC: è dovuto
alla superiore pressione pericardica rispetto a quella intracardiaca, ma solo nelle fasi del
ciclo cardiaco in cui le pressioni intracavitarie destre fisiologicamente diminuiscono,
rispettivamente la protomesodiastole per il ventricolo destro e la telediastole-primo terzo
della sistole per gli atri.
Il collasso atriale destro è di comune riscontro nei versamenti pericardici, ma non è
correlato ad una specifica fase del tamponamento cardiaco: è altamente sensibile, ma
poco specifico per descriverne il sopravvenire della fase critica; più specifica invece, è la
durata del collasso stesso. Il collasso diastolico ventricolare destro è più specifico di quello
atriale per descrivere la fase critica del TC.
Il collasso diastolico del ventricolo destro si associa ad ipotensione, ridotta gittata e shock
cardiocircolatorio.
Anche la dilatazione della vena cava, con un indice di collasso inspiratorio minore del
50%, è sempre presente nel TC, ma non è specifico della fase critica (sensibilità 97%,
specificità 40%, nella media gravità clinica).
Più improbabile è che si verifichi il collasso diastolico della parete libera del ventricolo
sinistro, a causa dello spessore parietale maggiore di quello del ventricolo destro; quando
ciò si verifica costituisce un segno altamente affidabile di gravità.
Il riscontro in M-Mode e 2D dell’aumento inspiratorio delle dimensioni del ventricolo destro
a scapito di quelle del ventricolo sinistro e reciproco comportamento espiratorio
corrisponde al rilievo clinico del “polso paradosso”. Il fenomeno è espressione
dell’interdipendenza ventricolare e si manifesta nel movimento paradosso del setto
interventricolare .
Eco Doppler
Durante il TC si registra un incremento della velocità inspiratoria del flusso tricuspidale ben
oltre il fisiologico 20%, potendo arrivare fino ad un 40%.
Viceversa il pattern di flusso mitralico inspiratorio presenta una riduzione delle velocità
massime fino al 40% insieme ad un allungamento inspiratorio significativo del Tempo di
Rilasciamento Isovolumetrico, rispetto al comportamento opposto dei due parametri in
espirazione. Con l’aumento della pressione pericardica le variazioni in-espiratorie
diventano più ampie ed in condizioni critiche si può visualizzare la mancata apertura
diastolica della mitrale in inspirazione.
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Pericardite costrittiva
Introduzione
La pericardite costrittiva ( PC) e’ una malattia rara che si manifesta a seguito di recidive di
pericardite acuta, di forme specifiche o più frequentemente come sequela di un intervento
cardiochirurgico. La PC si caratterizza per l’abnorme ispessimento del pericardio associato
a un’importante compromissione del riempimento diastolico. Da un punto di vista
emodinamico la PC è caratterizzata da: aumento delle pressioni diastoliche, riempimento
protodiastolico rapido, che si arresta bruscamente al raggiungimento del limite della
distensione consentita dalla rigidità del sistema (dip-plateau), fluttuazioni respiratorie
reciproche delle pressioni di riempimento nelle cavità cardiache. Questo comportamento
non e’ tuttavia esclusivo della PC in quanto anche la miocardiopatia restrittiva presenta
simili caratteristiche emodinamiche. Generalmente la funzione sistolica e le dimensioni
ventricolari sono conservate, gli atri variabilmente dilatati o normali mentre la vena cava
inferiore appare costantemente dilatata e poco collassabile.
L’Ecocardiogramma M-mode può essere utile nel rilevare segni, peraltro non diagnostici,
quali l’appiattimento meso-telediastolico della parete posteriore del ventricolo sinistro
preceduto da una brusca espansione protodiastolica, anomalie del movimento del setto
interventricolare, una rapida pendenza del tratto E-F mitralico, una apertura prematura
della valvola polmonare. Un altro criterio consiste nel movimento dei foglietti pericardici
che in questa malattia appaiono fusi, spesso iperecogeni e si muovono consensualmente.
L’Ecocardiogramma 2D permette di identificare la presenza di anomalie morfologiche a
carico del pericardio. Lo spessore, che dovrebbe essere marcatamente aumentato, non e’
sempre tuttavia ben documentabile a causa di limiti tecnici legati alla finestra eco o alla
localizzazione focale. Il rilievo di ispessimento del pericardio come unica anormalità non è
sinonimo di PC, pertanto questo segno va ricercato nell’ambito di una valutazione clinica
approfondita.
L’Ecocardiografia doppler fornisce ulteriori elementi di valutazione. Nella PC Il flusso
mitralico tende a presentare un’onda E elevata con rapido tempo di decelerazione; questo
segno peraltro e’ aspecifico in quanto comune ad altre condizioni in grado di aumentare la
pressione atriale sinistra e/o ridurre la distensibilità ventricolare come le forme restrittive.
Ulteriore elemento di valutazione e’ rappresentato inoltre dallo studio delle variazioni del
flusso mitralico durante le fasi del respiro. In ispirio il flusso mitralico si riduce e in espirio
aumenta mentre il flusso tricuspidale, come conseguenza della interdipendenza
ventricolare, tende a comportarsi all’opposto (il volume diastolico globale del cuore e’ fisso
a causa della rigidità pericardica).
Per distinguere la forma restrittiva dalla costrittiva sono stati introdotti anche nuovi concetti
legati all’uso del Doppler tissutale. Infatti nelle forme restrittive l’aumento dell’onda E del
flusso mitralico si associa necessariamente ad una importante riduzione della onda Em
dell’anello mitralico, che e’ un indice di depressione del rilasciamento ventricolare.
Viceversa nelle forme costrittive la velocità Em si mantiene normale e questa caratteristica
può diventare dirimente nella diagnosi differenziale tra le varie patologie.
Classe I
Tamponamento cardiaco
Versamento pericardico importante (>20 mm)
Sospetto versamento tubercolare o purulento
Classe IIa
Versamento pericardico moderato (fra 10 e 20 mm) a scopo diagnostico
Oltre che sospetto tubercolare o purulento
Sospetto versamento neoplastico
Classe IIb
Versamento di entità minore (< 10 mm)
Classe III
La dissezione aortica è una controindicazione maggiore
Nell’emopericardio traumatico e nella pericardite purulenta è preferito il drenaggio
chirurgico
Controindicazioni relative includono: coagulopatie non corrette, terapia anticoagulante,
trombocitopenia (< 50000/mm3), versamenti modesti, posteriori, saccati.
La fattibilità della PC guidata da altre tecniche, è alta solo nei versamenti importanti (93%),
mentre la probabilità di successo nei piccoli versamenti ed in quelli solo posteriori, 200-
300 ml, si riduce 58%. La PC eco-guidata ha una percentuale di successo del 97% ed una
incidenza di complicanze maggiori molto bassa (1,2%). L’ecocardiografia rende efficace e
sicura la procedura anche in urgenza: in caso di PC di salvataggio eco-guidata, si ha
successo nel 98% dei casi e nell’82% di essi è la terapia definitiva. Va inoltre considerato
che tutto ciò può essere realizzato anche a letto del paziente.
La scelta del punto di iniezione è fatta in base alla minima distanza tra il trasduttore ed il
pericardio visualizzabile con eco; ciò permette anche di evitare la puntura di strutture vitali
adiacenti al cuore. La PC viene eseguita nel 86% dei casi dalla parete toracica anteriore
con preferenza della regione apicale (71%).
L’eco dimostra la presenza della punta dell’ago in pericardio, sia col monitoraggio della
manovra di introduzione, sia con la visualizzazione dell’ecocontrasto intrapericardico,
provocato da una minima quantità di soluzione fisiologica iniettata per mezzo dell’ago
stesso (meno visibile nei versamenti corpuscolati).
L’introduzione di un catetere pericardico può essere monitorata e la localizzazione della
punta si visualizza per mezzo del color Doppler in fase di aspirazione del versamento
pericardico.
La variazione dell’entità del versamento durante il drenaggio può essere agevolmente
valutata, sia dopo la prima fase acuta, che dopo i drenaggi ripetuti di moderata entità nelle
ore successive.
La pericardiocentesi eco-guidata consiste nell’inserimento dell’ago durante esame
ecografico (in plane/out of plane) eseguito dallo stesso operatore. Nella p. eco-assistita la
puntura è preceduta dalla valutazione ultrasonografica del versamento e del punto più
idoneo per l’inserimento dell’ago. La direzione da imprimere all’ago è solitamente
perpendicolare.
Masse intracardiache
Le masse intracardiache comprendono tumori, trombi e vegetazioni endocardiche.
I tumori cardiaci primitivi sono rari, mentre l’interessamento neoplastico del cuore da parte
di neoplasie extracardiache è sicuramente più frequente (20 volte).
La diagnosi di tumore cardiaco, primitivo o secondario, può risultare difficile e complessa,
e richiedere la collaborazione e l’integrazione di competenze plurispecialistiche:
cardiologia, radiologia, chirurgia toracica o cardiochirurgia, oncologia, ecc.
L’ecocardiografia (ECO) costituisce una metodica importante nello studio delle masse,
anche se il suo ruolo si è stato ridimensionato alla luce del progresso tecnologico e della
diffusione di altre metodiche di imaging quali TAC ed RNM.
Dal punto di vista metodologico, la valutazione di una massa mediante ECO deve cercare
di definire i seguenti punti:
1) sede, dimensioni, caratteristiche, ecostruttura (omogenea, disomogenea, presenza di
zone di vacuolizzazione, zone calcifiche, ecc);
2) rapporti con le strutture cardiache: fenomeni di compressione, di dislocazione o di
infiltrazione (perdita del piano di clivaggio), presenza di una capsula, presenza di
versamento pericardico, rapporti con i vasi;
3) diagnosi etiologica probabile e diagnosi differenziale;
4) follow-up.
L’ECO non consente sempre di definire in modo conclusivo l’etiologia di una massa. Nella
pratica clinica possono insorgere problemi di diagnosi differenziale fra masse di diversa
natura, specie nei pazienti con più patologie. La valutazione dei dati forniti dall’ECO si
devono confrontare con l’insieme delle informazioni cliniche e delle altre indagini
strumentali.
Il rilievo di un coinvolgimento delle principali arterie e vene riveste notevole importanza sia
nella prognosi, sia nella terapia.
Trombi
L’ECO transtoracico (TTE) è la tecnica di prima scelta per la valutazione dei trombi
intraventricolari; per la valutazione dei trombi atriali l’ECO transesofageo (TEE) ha
senz’altro maggior sensibilità e specificità.
Le caratteristiche ecocardiografiche di un trombo sono 1) massa a margini ben definiti 2)
visibile durante tutto il ciclo cardiaco 3) contigua ad una zona di miocardio acinetico o
ipocinetico, se ventricolari 4) visibile in più sezioni 5) ecostruttura caratteristica piuttosto
fine ed omogenea, in genere iperecogena, 6) mobilità.
L’analisi qualitativa dell’ecostruttura del trombo può consentire di valutarne l’età: i trombi
recenti hanno in genere ecogenicità granulare, orletto iperecogeno, sono protrudenti e
possono avere il margine libero mobile; quelli più vecchi sono più intensamente ecogeni,
possono assumere forma a stampo e raramente sono protrudenti e/o flottanti in cavità.
Lo studio dell’aspetto morfologico è importante anche per valutare il rischio embolico; i
principali elementi che aumentano tale rischio sono: protrusione del trombo nella cavità,
motilità, aspetto di trombo fresco.
I dati epidemiologici sull’incidenza di trombosi ventricolare sinistra dopo infarto è di circa il
25% negli infarti anteriori; tali dati tuttavia sono stati profondamente modificati dalla
diffusione delle procedure interventistiche di rivascolarizzazione precoce durante infarto
miocardio acuto.
Mixoma
Il mixoma ha sede più frequente nell’atrio sinistro (75% dei casi) specie a livello del setto
interatriale, segue l’atrio destro (18-20%), mentre la localizzazione a livello dei ventricoli si
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attesta intorno al 4-5%. Raramente possono essere presenti mixomi biatriali o multipli, per
lo più nelle forme familiari.
L’ECO è senz’altro la metodica di prima scelta nella diagnosi di mixoma; mediante ECO si
identificano sede, dimensioni, motilità, coinvolgimento delle strutture cardiache ed in
particolare degli apparati valvolari; mediante Doppler e Color-Doppler si rilevano e
quantificano le disfunzioni valvolari eventualmente associate al mixoma.
La valutazione delle caratteristiche tessutali della massa (trama omogenea o
disomogenea, presenza di calcificazioni, estensione e localizzazione delle stesse)
possono fornire elementi aggiuntivi utili, anche se talora non discriminanti, nella diagnosi
differenziale da altre masse.
Nel follow-up l’ECO consente di identificare le recidive, che sono in genere più frequenti
nelle forme familiari (fino al 22% dei casi).
Altri tumori
I tumori primitivi del cuore sono molto rari; più frequentemente hanno sede intracavitaria e
per lo più sono benigni. Il tumore cardiaco più frequente risulta essere il mixoma (45% di
tutti i tumori cardiaci), seguono fibroelastoma, rabdomioma e lipoma; fra i tumori maligni il
più frequente è il sarcoma.
Rabdomioma: E’ il tumore cardiaco più frequente durante l’età pediatrica; da alcuni Autori
è definito come amartoma piuttosto che vera e propria neoplasia.
In genere ha l’aspetto di masse a localizzazioni multiple in più del 90% dei casi e
coinvolgono prevalentemente il miocardio ventricolare;il diametro può variare da alcuni
millimetri fino a diversi centimetri. I rabdomiomi più piccoli possono avere localizzazione
intramurale, mentre quelli di dimensioni maggiori si estendono all’interno della cavità
ventricolare. In un terzo dei casi sono associati a sclerosi tuberosa.
L’ECO consente di identificare una o più masse in genere rotondeggianti, con ecostruttura
piuttosto omogenea che può ricordare quella del miocardio, di definirne i rapporti
anatomici con le strutture cardiache. Sono state segnalate documentazioni
ecocardiografiche di regressione di rabdomioni.
Fibroma: I fibromi si rilevano prevalentemente in età pediatrica, anche se possono essere
riscontrati in soggetti adulti. Sono localizzati all’interno del miocardio ventricolare,
soprattutto a livello della parete libera e del setto interventricolare; in genere non sono
capsulati e contengono zone calcifiche, che ne facilitano il riconoscimento
ecocardiografico.
Fibroelastoma papillare: E’ anche definito papilloma o fibroma papillare; origina dalle
valvole cardiache e non è vascolarizzato. Morfologicamente il fibroelastoma si presenta
come una massa frastagliata con numerose escrescenze papillari facilmente emboligene.
All’ECO ha l’aspetto di una masserella rotondeggiante delle dimensioni di qualche
millimetro, peduncolata e mobile; sono possibili localizzazioni multiple e raramente si
accompagnano ad alterazioni funzionali delle valvole interessate.
Lipoma: Può localizzarsi a livello di qualsiasi struttura cardiaca, e può raggiungere
dimensioni ragguardevoli, in particolare se situato all’interno del pericardio.
Il lipoma intramiocardico si presenta come una piccola massa rotondeggiante ipoecogena
ed è in genere piccolo e capsulato; quello localizzato a livello valvolare può porre problemi
di diagnosi differenziale con altre masse quali cisti, linfangiomi o vegetazioni
endocardiche.
come una o più masse a contorni irregolari, tende ad infiltrare la parete ed ad aggettare in
cavità.
Il mesotelioma si colloca al terzo posto fra i tumori maligni cardiaci. L’ECO rileva
versamento pericardico e masse ecogene disomogenee pericardiche a componente mista,
prevalentemente solida.
Tumori metastatici
Il cuore costituisce una sede frequente di localizzazione metastatica di neoplasie che
originano da altri organi. Le neoplasie secondarie del cuore sono molto più comuni (circa
20-40 volte) rispetto a quelle primitive; le metastasi possono avere localizzazione
epicardica, endocardica e/o infiltrare la parete miocardica.
Le metastasi cardiache più frequentemente originano dai carcinomi (56%), seguiti da
linfomi (20%), leucemie (12%) , sarcomi (5.5%) e melanomi (4.4%). Le metastasi del
melanoma hanno uno spiccato tropismo cardiaco (50%); con minore frequenza
metastatizzano al cuore il carcinoma broncogeno (30%), della mammella (30%),
dell’esofago (23%), della tiroide (21%).
Le manifestazioni cliniche possono essere molto eterogenee, in relazione alla sede,
dimensioni e caratteristiche della massa metastatica.
L’ECO fornisce un contributo essenziale nella diagnostica delle neoplasie cardiache
secondarie. Essa consente di identificare e quantificare la presenza di versamento
pericardico, di formulare la diagnosi di tamponamento cardiaco, di “costrizione” pericardica
secondaria alla presenza di una massa di tipo neoplastico, di rilevare eventuali
localizzazioni metastatiche intramurali o endocavitarie.
Le caratteristiche principali delle masse neoplastiche secondarie sono: morfologia
eterogenea, irregolare, spesso con estroflessioni e digitazioni, di dimensioni variabili,
assenza di capsula, ecogenicità in genere disomogenea, assenza di netto piano di
clivaggio rispetto alle strutture vicine con aspetti di infiltrazione.
Masse paracardiache
Teratomi
Questi tumori vengono riscontrati prevalentemente in età pediatrica, e sono in genere
benigni. La maggior parte dei teratomi è extracardiaca o intrapericardiaca.
Dal punto di vista eco si presentano come masse in genere di discrete dimensioni, con
contenuto interno nettamente disomogeneo; il rilievo di una capsula e di un piano di
clivaggio delle strutture vicine è fondamentale per la diagnosi.
Carcinoide
Il tumore carcinoide in genere non ha localizzazione cardiaca primitiva e raramente dà
metastasi a livello cardiaco; tuttavia le sostanze prodotte da questi tumori possono
provocare un caratteristico quadro anatomo-funzionale conseguente all’interessamento
endocardico o valvolare, in particolare a livello delle sezioni cardiache di destra.
Le valvole risultano ispessite e retratte con disfunzione da steno-insufficienza. La valvola
più colpita è la tricuspide.
Versamento pericardico
E’ molto frequente in associazione alla presenza di neoplasie cardiache maligne. Può
avere composizione siero-ematica o francamente ematica per la tendenza al
sanguinamento delle neoplasie maligne.
Masse intracardiache
FISIOLOGICHE Valvola di Eustachio/Tebesio
Rete di Chiari
Bande muscolari, muscoli pettinati
Plicature pericardiche
FALSE MASSE Noduli sclerocalcifici
Falsi tendini
Cateteri, devices, materiale chirurgico
Aneurisma setto interatriale e interventricolare membranoso
Valvole floppy
Lipomatosi setto interatriale
PATOLOGICHE Cisti
Trombi
Vegetazioni endocardiche
Tumori
Corpi estranei
Masse paracardiache
IPERPLASIA/DISLOCAZIONE DI ORGANI Timo
Tiroide
Ernie di organi addominali
TUMORI Linfomi
Tumori polmonari
Timomi
T. neuroendocrini
Tumori neurogeni
Tumori tiroidei
Metastasi mediastiniche
ALTRE Cisti e pseudo cisti
Pseudoaneurismi
Ematomi
Raccolte purulente, ascessi
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LEZIONE 9
CARDIOPATIE CONGENITE
APROCCIO METODOLOGICO
Lo studio ecocardiografico del cuore del bambino con sospetta cardiopatia congenita (CC) deve seguire un
approccio sistematico definito sequenziale segmentario, al fine di identificare la presenza e le caratteristiche
delle malformazioni strutturali congenite. Lo studio inizia con la valutazione del situs viscero-atriale, della
posizione del cuore nel torace e dell’asse cardiaco.
corpo sono in posizione speculare (‘mirror image’): il polmone morfologicamente destro, la vena cava
inferiore e il lobo maggiore del fegato si trovano a sinistra, mentre il polmone morfologicamente sinistro, lo
stomaco, la milza e l’aorta discendente sono a destra. Nel cuore, l’atrio morfologicamente destro si trova a
sinistra e viceversa. Normalmente lo stomaco è ruotato e si trova anch’esso in posizione speculare.
Nella sezione traversale a livello dell’addome superiore troveremo la vena cava inferiore a sinistra e l’aorta
a destra relativamente alla colonna.
Eterotassia è la definizione che viene abitualmente utilizzata per indicare una abnorme disposizione viscero
atriale che è diversa dal situs solitus e dal situs inversus.
Si riconoscono due tipi di eterotassia: l’isomerismo destro e l’isomerismo sinistro. Il termine isomerismo si
riferisce allo sviluppo simmetrico di organi che sono normalmente asimmetrici.
In individui con isomerismo sinistro (polisplenia) si possono riconoscere elementi della lateralità sinistra in
entrambi i lati e alcune strutture normalmente riscontrate a destra sono assenti: entrambi i bronchi e i
polmoni sono morfologicamente sinistri; nel cuore, le auricole sono entrambe di tipo sinistro; nella
maggioranza di soggetti si riconoscono milze multiple. Il fegato è una struttura centrale con due lobi
simmetrici, la vena cava inferiore è interrotta in circa il 90% dei casi e il ritorno venoso dalla parte inferiore
(sottodiaframmatica) del corpo avviene attraverso il sistema delle vene azygos o emiazygos, una delle quali,
o entrambe, continuano nel torace per raggiungere la vena cava superiore. Nella maggior parte dei casi
sono presenti malformazioni cardiache: anomala posizione del cuore; vena cava superiore sinistra
persistente; anomalie dei ritorni venosi polmonari che drenano spesso bilateralmente; difetti atrio-
ventricolari; ostruzioni dell’efflusso sistemico.
Nell’isomerismo destro (asplenia) gli organi che normalmente sono asimmetrici hanno bilateralmente una
morfologia destra: due polmoni trilobati; due bronchi corti epiarteriosi; nel cuore, le due auricole sono
morfologicamente di tipo destro; spesso sono presenti due vene cave superiori; la milza è generalmente
assente. In una sezione trasversa dell’addome superiore l’aorta toracica discendente e la vena cava si
trovano entrambe dallo stesso lato, a destra o a sinistra rispetto alla colonna; la vena cava è in posizione
antero-laterale rispetto all’aorta.
Malformazioni cardiache associate sono la regola nell’isomerismo destro. Il ritorno venoso polmonare è
anomalo per definizione, perché manca un atrio sinistro. Altre malformazioni comuni sono: anomala
posizione del cuore; vena cava superiore sinistra persistente; difetto atrio-ventricolare, spesso sbilanciato;
ventricolo destro a doppia uscita, o discordanza ventricolo-arteriosa; ostruzione del tratto di efflusso
polmonare.
maggiori: gli atri, i ventricoli e i grandi vasi. I rapporti fra i segmenti sono: la connessione atrio-ventricolare e
la connessione ventricolo-arteriosa. Per una valutazione completa è necessario inoltre valutare i rapporti fra
le vene (polmonari e sistemiche) e gli atri. Nelle cardiopatie congenite le strutture cardiache possono non
essere nella posizione attesa, e connettersi in modo anormale. E’ quindi necessario riconoscere gli atri e i
ventricoli sulla base della loro anatomia e non sulla base della posizione. In alcuni casi sarà necessario
usare i termini ‘morfologicamente destro’ o ‘morfologicamente sinistro’ piuttosto che ‘destro’ o ‘sinistro’.
Per quanto riguarda gli atri, le auricole rappresentano la componente più costante (vedi sopra).
Dopo aver definito la morfologia e la posizione degli atri, il secondo momento dell’analisi ecocardiografica
segmentaria riguarda lo studio della morfologia e della posizione dei ventricoli. Il ventricolo
morfologicamente destro è caratterizzato da una valvola atrioventricolare (AV) ad impianto più apicale, da
una maggiore trabecolatura, dalla presenza di una banda moderatrice e di tre muscoli papillari, uno dei quali
si inserisce sul setto interventricolare. Il ventricolo morfologicamente sinistro, invece, è caratterizzato da una
valvola AV ad impianto meno apicale, da una superficie più liscia, dalla presenza di due muscoli papillari
(nessuno dei quali si inserisce sul setto), da una forma ellissoidale. Il criterio dell’inserzione valvolare tuttavia
viene a mancare in alcune condizioni (ad esempio nel canale atrio-ventricolare) Occorre definire il tipo e il
modo della connessione AV. Il tipo: la connessione AV può essere bi ventricolare o uni ventricolare.
La connessione bi ventricolare può essere concordante o discordante.
Si parla di connessione AV concordante quando l’atrio morfologicamente destro è connesso con il ventricolo
morfologicamente destro, di connessione AV discordante quando l’atrio morfologicamente destro è invece
connesso ad un ventricolo morfologicamente sinistro. In presenza di isomerismo destro o sinistro la
connessione AV non può essere definita in termini di concordanza o discordanza.
Il terzo momento dell’approccio ecocardiografico segmentario è relativo allo studio delle grandi arterie.
L’aorta è identificata dalla la presenza di un arco, dalla cui parte convessa emergono i tronchi sovraaortici, e
la polmonare dalla presenza di una biforcazione (rami).
Il ramo destro della polmonare è in rapporto con l’arco aortico. In condizioni normali la polmonare è anteriore
e sinistroposta, l’aorta è posteriore e destroposta. Si parla di concordanza ventricolo-arteriosa (VA) quando
dal ventricolo morfologicamente sinistro origina l’aorta e dal ventricolo morfologicamente destro la
polmonare, di discordanza VA quando la sequenza è ventricolo destro – aorta e ventricolo sinistro – arteria
polmonare, di doppia uscita quando entrambi i vasi emergono da un ventricolo e di singola uscita quando è
presente un unico vaso (truncus) o uno dei due è atresico (atresia polmonare o aortica).
Dopo la definizione delle connessioni, l’esame prosegue con la valutazione del setto interatriale e
interventricolare, degli efflussi ventricolare, della morfologia e dinamica valvolare. Anche in età pediatrica è
fondamentale la valutazione del volume e della funzione ventricolare
nonostante l’aumentato ritorno venoso l’atrio sinistro non è invece dilatato perché ‘scarica’ attraverso il
difetto stesso.
Ai fini delle indicazioni terapeutiche è molto importante definire non solo l’ampiezza ma anche la sede e
l’anatomia del difetto.
Sulla base della sede vengono distinti quattro tipi di DIA:
a) tipo ostium secundum(OS): interessa la porzione centrale del setto; è il tipo più frequente e rappresenta
da solo circa i 2/3 dei casi. È l’unico difetto candidabile alla chiusura per via percutanea, se l’ampiezza e le
caratteristiche anatomiche lo consentono.
b) tipo seno venoso: il difetto è a livello della porzione alta del setto, generalmente in prossimità dello sbocco
della vena cava superiore; in questo caso una o più vene polmonari possono essere connesse con l’atrio
destro; in particolare è frequente il ritorno anomalo della vena polmonare superiore destra.
c) Tipo ostium primum (OP), considerato una forma parziale di difetto atrio-ventricolare (canale). Il margine
inferiore del difetto è rappresentato dal piano della valvola atrioventricolare. Il DIA OP si associa ad anomalie
dell’apparato mitralico, tra cui il cosiddetto ‘cleft’ del lembo anteriore mitralico, fonte di rigurgito valvolare.
d) Tipo seno coronarico, il tipo più raro (circa il 5% del totale); l’anomalia è caratterizzata dall’assenza della
parete comune normalmente esistente fra una vena cava sinistra persistente e il seno coronarico e l’atrio
sinistro, per cui l’orificio del seno coronarico diventa una comunicazione interatriale, e la vena cava sinistra
persistente drena in atrio sinistro. Una forma minore del difetto è rappresentata dalla fenestratura (unroofing)
del seno coronarico.
La presenza di un DIA è generalmente sospettata all’esame ecocardiografico sulla base del rilievo di una
dilatazione delle sezioni destre, con movimento paradosso o piatto del setto interventricolare (M-Mode e 2D).
Questi segni non sono tuttavia specifici e possono essere espressione di altre condizioni di sovraccarico di
volume delle sezioni destre.
Le sezioni sotto costali risultano particolarmente utili per lo studio del setto perché questo è perpendicolare
al fascio degli ultrasuoni. La sezione 4 camere sottocostale studia il setto nella sua estensione antero-
posteriore. Ruotando il trasduttore di 90° in senso orario si ottiene una sezione sagittale in cui il setto è
rappresentato nella sua estensione superoinferiore.
Utilizzando queste due sezioni sub costali perpendicolari fra loro possono essere identificati difetti della
porzione bassa, media e alta del setto.
In presenza di una finestra acustica sub costale non soddisfacente il DIA tipo cavale superiore può essere
ricercato utilizzando l’approccio parasternale desto: si ottiene una sezione longitudinale del setto e della
vena cava superiore e una precisa valutazione della presenza e dell’ampiezza del difetto settale a questo
livello.
Più raramente il DIA tipo seno venoso è sul versante opposto, in prossimità della vena cava inferiore..
Nei DIA tipo seno venoso è necessario escludere un ritorno anomalo di una o più vene polmonari; molto
frequente è il ritorno anomalo delle vene polmonari destre nella vena cava superiore, in prossimità dello
sbocco in atrio.
Le vene polmonari sono normalmente visualizzate dai seguenti approcci: dall’approccio sub costale è
possibile valutare le vene polmonari sinistre e la vena polmonare inferiore destra; su un piano anteriore
rispetto alla sezione 4 camere si ricerca la vena polmonare superiore destra. In sezione 4 camere apicale si
visualizzano le vene polmonari sinistre e la vena polmonare inferiore destra; con un tilting del trasduttore per
ottenere un piano più anteriore si evidenzia la vena polmonare superiore destra. Partendo dalla sezione
parasternale asse corto e ruotando il trasduttore in senso orario è spesso possibile mettere in evidenza lo
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Allineando il cursore Doppler cw sull’immagine color è possibile valutare il gradiente pressorio (DP) fra i due
ventricoli mediante l’equazione di Bernoulli modificata. Sottraendo DP dalla pressione sistolica sistemica
(valutata con sfigmomanometro) si valuta la pressione sistolica ventricolare destra (che, in assenza di
ostruzione all’efflusso destro, corrisponde alla pressione sistolica in arteria polmonare).
Se si rileva insufficienza tricuspidalica occorre sempre cercare di stimare la pressione sistolica in arteria
polmonare anche dalla velocità massima del flusso rigurgitante.
Le dimensioni dell’atrio e del ventricolo sinistro forniscono informazioni sull’entità del sovraccarico di volume.
Nei difetti subaortici può verificarsi il prolasso di una o più cuspidi aortiche (generalmente la coronarica
destra o non coronarica), che può manifestarsi con la comparsa di insufficienza aortica. L’insufficienza
valvolare può essere progressiva e richiede quindi un attento monitoraggio. La comparsa di un’insufficienza
aortica rappresenta una indicazione alla correzione chirurgica.
Un’altra possibile complicanza nel corso del follow-up è lo sviluppo di ostruzione muscolare all’efflusso
polmonare, che crea una bicamerazione del ventricolo destro, con due camere a pressione diversa. In
presenza di un ampio difetto interventricolare questa condizione può rappresentare una ‘protezione’ del
circolo polmonare. In questi casi bisogna far attenzione a non porre erroneamente la diagnosi di ipertensione
polmonare. La velocità del flusso attraverso il difetto, infatti, è bassa perché è espressione del gradiente fra il
ventricolo sinistro e la porzione del ventricolo destro a monte dell’ostruzione intraventricolare.
Nei pazienti portatori di DIV perimembranoso (sia in storia naturale, sia dopo correzione chirurgica) è
possibile la comparsa di una stenosi sottovalvolare aortica fibromuscolare o a diaframma, che può essere
progressiva nel corso del follow-up. In questi casi è possibile documentare le comparsa di un eco lineare a
livello del tratto di efflusso ventricolare sinistro, al di sotto del piano valvolare aortico; con color Doppler si
evidenzia l’accelerazione del flusso a questo livello.
delle anomalie cardiache congenite; all’interno di questo gruppo il 75% è rappresentato dalle stenosi a livello
valvolare Le cuspidi aortiche di solito sono tre ma possono variare da una a quattro. L’anomalia più
frequente è rappresentata dalla valvola aortica bicuspide (VAB). La sezione ecocardiografica più utile per la
diagnosi di VAB è la parasternale asse corto a livello della radice e della valvola aortica; in sistole la valvola
bicuspide presenta la tipica apertura definita ‘a bocca di pesce’. In diastole possono invece crearsi falsi
positivi, sia per l’inadeguata visualizzazione della cuspide coronarica sinistra, sia perché la frequente
presenza di un rafe mediano a livello di uno dei lembi valvolari simula la presenza di tre cuspidi.
L’esame deve essere completato utilizzando tutte le sezioni, ricordando che la VAB può essere associata a
coartazione aortica e/o dilatazione dell’aorta ascendente.
Con E 2D nelle sezione asse lungo parasternale il calibro dell’aorta deve essere misurato in fase diastolica a
diversi livelli: anello valvolare (margine interno-interno), seni di Valsalva, anello sopravalvolare o giunzione
sino-tubulare e aorta ascendente prossimale ( margine esterno-interno). In presenza di stenosi valvolare
aortica l’esame deve essere sempre completato dallo studio del ventricolo sinistro (dimensioni, spessore
parietale, massa, funzione ventricolare).
Nel neonato con stenosi aortica severa la valutazione delle dimensioni e della funzione ventricolare sinistra è
cruciale ai fini delle indicazioni terapeutiche (vedi paragrafo ‘Urgenze neonatali’).
quantificare l’entità della stenosi valuteremo con Doppler continuo il gradiente all’efflusso ventricolare sinistro,
utilizzando le sezioni apicale 5 camere, parasternale destra e soprasternale.
Anche in questo caso l’esame ecocardiografico deve comprendere uno studio completo del ventricolo
sinistro.
Coartazione aortica
La coartazione aortica (COA), che è considerata erroneamente una ‘cardiopatia congenita semplice’, occupa
il sesto posto nella graduatoria di tutti i difetti cardiaci congeniti.
Rappresenta 8 % di tutte le cardiopatie congenite, con un rapporto maschi/ femmine 2:1.
Una cortazione severa costituisce una urgenza cardiologica neonatale (vedi paragrafo urgenze neonatali).
La coartazione aortica può raramente essere diagnosticata per la prima volta nell’età adulta, in casi in cui un
ricco circolo collaterale alimenta la circolazione degli arti inferiori.
La presenza di una COA dovrebbe pertanto essere sempre esclusa in giovani adulti con ipertensione
arteriosa. Anche in presenza di una valvulopatia aortica (valvola aortica bicuspide) con una dilatazione
dell’aorta ascendente prossimale è necessario escludere una coartazione associata.
La visualizzazione della riduzione del calibro istmico dall’approccio soprasternale è di solito possibile nel
bambino ma è ottenuta più raramente nell’adulto. L’immagine tipica dello ‘shelf’, utilizzando una sezione
parasagittale parasternale asse corto alta è anch’essa di difficile esecuzione nel soggetto adulto.
Il rilievo dall’approccio soprasternale di un flusso turbolento in aorta discendente, indirizza il sospetto verso
la COA e consente di allineare il raggio Doppler cw. Quando l’ostruzione è severa, il segnale Doppler
presenta una elevata velocità sistolica, e continua in diastole (run-off diastolico). In sistole è spesso visibile
un doppio contorno del segnale legato alla contemporanea registrazione del flusso pre e poststenotico.
Tuttavia, anche in presenza di una coartazione serrata, la velocità al Doppler cw può non risultare elevata,
sia per una probabile riduzione di flusso attraverso il segmento coartato, sia a causa della ricchezza dei
circoli collaterali. Inoltre la velocità è ridotta in presenza di disfunzione ventricolare sinistra (che è spesso
presente nella COA ‘critica’ del neonato. In questi casi, che rappresentano una delle cause di urgenza
cardiologica neonatale, l’assenza di un gradiente elevato non deve far sottostimare la gravità della
cardiopatia.
In presenza di una valvola aortica bicuspide stenotica, coesistente con la coartazione, la velocità a monte
della coartazione deve essere considerata per il calcolo del gradiente. In questo caso: DP= 4 (v2- v1)2
Il flusso dell’aorta addominale, che in presenza di ostruzione emodinamicamente significativa presenta un
aspetto ‘poststenotico’, con rallentamento della fase di ascesa e segnale diastolico anterogrado, deve
essere sempre valutato quando si sospetta una COA. Nel neonato tuttavia la presenza del dotto può rendere
meno evidente l’alterazione del pattern di flusso in aorta addominale.
Stenosi polmonare
La stenosi polmonare rappresenta il 10% delle cardiopatie congenite e la stenosi valvolare polmonare è la
variante più comune. E’ dovuta a una fusione delle commessure. Nella forma più severa questo porta alla
formazione di un ‘cono’ fibroso, che in sistole si proietta nel tronco polmonare. I lembi valvolari possono
essere sottili e elastici, ovvero ispessiti e ‘rigidi’ (valvole polmonari displasiche).
Le sezioni ecocardiografiche più utili sono la sezione sottocostale paracoronale e la sezione asse corto
parasternale a livello dei grossi vasi.
Con E. bidimensionalei segni diretti sono la presenza di una valvola ispessita, l’apertura sistolica a cupola
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dei lembi che non raggiungono la parete dell’arteria polmonare, l’eventuale presenza di un anulus polmonare
piccolo.
Segni indiretti sono la dilatazione del tronco dell’arteria polmonare post valvolare e l’ipertrofia del ventricolo
destro.
Nella stenosi severa del neonato oltre alla depressione della funzione contrattile, può coesistere una fibrosi
subendocardica e fibrosi dell’apparato tensore della valvola tricuspide.
Al color Doppler si visualizza un getto turbolento e la sua direzione risulta utile per allineare il Doppler
continuo e calcolare il gradiente transvalvolare massimo e medio.
Altre forme di stenosi polmonare, più rare, sono:
- la stenosi infundibolare, ben visibile con l’ecocardiografia bidimensionale utilizzando nuovamente le sezioni
sub costale paracoronale e parasternale a livello dei grossi vasi
- la stenosi polmonare sopravalvolare, rara, frequentemente associata alla sindrome di Williams..
Lesioni distali sono spesso valutabili con difficoltà all’esame eco. In presenza di rigurgito tricuspidalico
valutando con Doppler continuo la velocità del jet rigurgitante è possibile calcolare la pressione sistolica in
ventricolo destro, segno indiretto dell’entità della stenosi.
CARDIOPATIE COMPLESSE
Si tratta di un gruppo molto polimorfo di anomalie complesse della struttura cardiaca.
Ci limitiamo a considerare alcune condizioni di più frequente riscontro.
Con esame Doppler color si evidenzia l’ampiezza e la direzione dello shunt a livello atriale e ventricolare, la
presenza e il grado di rigurgito della valvola atrio-ventricolare, l’eventuale ostruzion agli efflussi ventricolari
Tetralogia di Fallot
La Tetralogia di Fallot (TF) rappresenta circa il 3.5% delle CC nei nati vivi. E’ caratterizzata da ampio difetto
interventricolare, ostruzione del tratto di efflusso ventricolare destro, destroposizione dell’aorta che si
presenta ‘a cavaliere’ del setto interventricolare, ipertrofia del ventricolo destro. Dal punto di vista anatomo-
patologico la caratteristica fenotipica è rappresentata dalla deviazione anteriore e cefalica del setto di
efflusso.
Dall’approccio sub costale, una sezione paracoronale o obliqua destra (ottenuta ruotando il trasduttore circa
90° in senso antiorario rispetto alla sezione 4 camere) dimostra la presenza e il grado della riduzione di
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calibro dell’efflusso destro, sia a livello dell’infundibolo che dell’anello valvolare polmonare e del tronco
polmonare.
Sempre utilizzando la stessa sezione sub costale paracoronale è possibile visualizzare il difetto
interventricolare che generalmente è ampio ed è localizzato direttamente sotto la cuspide aortica coronarica
destra.
Nelle sezioni asse lungo parasternale e apicale 4 camere con aorta, si evidenzia l’aorta ‘a cavaliere’ del
setto interventricolare e si valuta il grado di overriding.
In sezione parasternale asse corto è possibile valutare il calibro sia dell’anello valvolare e del tronco
polmonare che dei rami polmonari. Anomalie associate, come l’agenesia della valvola polmonare e la
dilatazione del tronco e dei rami polmonari (absent pulmonary valve syndrome), possono essere ugualmente
identificate.
Il calibro e la confluenza delle arterie polmonari devono essere studiati anche dall’approccio soprasternale,
con sezioni trasversali all’arco aortico.
Nel 25% dei casi di TF l’arco aortico è destro posto.
L’ostruzione all’efflusso destro è spesso di tipo ‘misto’, a livello infundibolare, valvolare, eventualmente
sopravalvolare. Con Doppler cw si valuta il gradiente (massimo istantaneo e medio) all’efflusso destro.
Quando l’atruzione all’efflusso destro è minima/lieve la fisiopatologia è quella di un difetto interventricolare
(Fallot ‘rosa’). All’altro estremo, quando l’struzione è completa, la condizione rappresenta la forma più
comune di atresia polmonare con DIV.
Nel piccolo bambino, in presenza di un dotto pervio (color Doppler) è necessario considerare l’apporto del
flusso trasduttale alla portata polmonare.
Se il setto interventricolare è intatto, alla nascita la criticità del quadro è legata non tanto all’entità del flusso
transduttale, ma all’entità del mixing a livello atriale attraverso il forame ovale: il rilievo di un forame ovale
piccolo, o comunque inadeguato, costituisce indicazione ad una settostomia (che può essere eseguita anche
sotto guida eco), o – se questo non è possibile- al trasferimento urgente del neonato al Centro di riferimento.
Dall’approccio sub costale, una sezione obliqua sinistra (sezione longitudinale leggermente ruotata in senso
orario ed inclinata verso la spalla sinistra del paziente) è particolarmente utile per valutare l’anomala
connessione ventricolo-arteriosa. In tale sezione sono visibili entrambe le grandi arterie che emergono
parallele ed in maniera discordante, con l’ aorta posizionata a destra dell’arteria polmonare; quest’ultima è
riconoscibile per l’origine del suo ramo sinistro che si porta posteriormente e a sinistra.
Le sezioni asse lungo, sia parasternale sinistra che sub costale, sono le più idonee ad evidenziare la
presenza di un difetto interventricolare perimembranoso associato.
Una eventuale ostruzione all’efflusso ventricolare sinistro, più frequentemente sottovalvolare (che in
presenza di TGA determina una stenosi sottopolmonare) può essere evidenziata utilizzando la sezione asse
lungo parasternale, la sezione ‘5 camere’ apicale, oltre alla sezione obliqua sinistra sub costale ricordata in
precedenza.
Le sezioni soprasternali sono fondamentali per evidenziare ostruzioni dell’aorta toracica , associate in una
minoranza dei casi (coartazione aortica; interruzione dell’arco).
Lo studio del pattern coronarico viene effettuato principalmente con sezioni in asse corto parasternale.
Se lo studio ecografico della funzione ventricolare, rappresenta una delle metodiche non invasive di
riferimento per la valutazione indiretta della perfusione coronarica, lo studio con ultrasuoni dell’albero
coronarico ha implicazioni cliniche ancora abbastanza limitate
Lo sviluppo di apparecchi ecocardiografici con risoluzione sempre più elevata ha comunque permesso di
aprire nuovi orizzonti al cardiologo che ora può utilizzare le tecniche ultrasonografiche per avvalorare un
sospetto clinico e indirizzare pazienti, già selezionati verso altre tecniche di immagine (Angiografia, AngioTc,
AngioRM). In età pediatrica l’ecocardiogramma transtoracico permette, nella stragrande maggioranza dei
pazienti, una buona visualizzazione dell’origine e del primo tratto delle arterie coronarie ed è raro dover
ricorrere all’ecocardiogramma transesofageo per incrementare la qualità e la definizione delle immagini e
quindi le possibilità diagnostiche.
La valutazione ecografica delle arterie coronarie nel bambino ha due campi principali di applicazione: la
ricerca di lesioni aneurismatiche in pazienti con Malattia di Kawasaki e lo studio dell’origine e del tratto
prossimale, nel sospetto di una origine o decorso coronarico anomalo.
La proiezione ecografica principale nella valutazione delle arterie coronarie è rappresentata da una sezione
asse corto sui grandi vasi, parzialmente modificata.
Se da una proiezione asse corto classica si trasla lievemente, la sonda verso la spalla sinistra del paziente,
quando non sono più visibili le semilunari aortiche, sarà possibile evidenziare l’ostio coronarico destro e
sinistro. Ruotando il trasduttore sul proprio asse di qualche grado in senso orario apparirà, oltre all’ostio
della coronaria sinistra, il tronco comune e sarà facile seguirlo fino alla biforcazione. Lo studio della
discendente anteriore (IVA) e della circonflessa (Cx) potrà essere completato effettuando piccoli
aggiustamenti di inclinazione e di rotazione (pochi gradi alla volta) in senso orario ed antiorario rispetto
all’asse longitudinale della sonda,
Per poter visualizzare ostio e tratto prossimale della coronaria destra il trasduttore, partendo da una
proiezione asse corto che permetta di vedere la regione dei seni di Valsalva, dovrà essere ruotato sul
proprio asse in direzione antioraria. La visualizzazione del tratto prossimale dell’arteria coronaria destra
richiederà spesso di inclinare di pochi gradi la coda della sonda in direzione della spalla destra del paziente.
Il decorso del tratto prossimale delle arterie coronarie potrà essere valutato anche con altre proiezioni. Con
la sezione cinque camere apicale sarà possibile valutare la coronaria Dx sul solco coronarico e anche il
tronco comune ed il tratto prossimale della circonflessa (Cx). La proiezione asse lungo invece permetterà di
valutare tronco comune della coronaria di Sn e discendente anteriore (IVA) e superficializzando il ventaglio
ultrasonoro, origine e tratto prossimale della coronaria destra.
Nei pazienti più piccoli, molte informazioni possono essere raccolte anche dalle proiezioni sottocostali. La
sezione sottocostale quattro camere è quella che più si presta a seguire il decorso delle arterie coronarie e
che permette spesso di estendere la valutazione fino al tratto medio.
Le anomalie coronariche congenite rappresentano una patologia rara e costituiscono solo 1-2% delle
Cardiopatie Congenite. Questa affermazione non è però confermata dalla letteratura; infatti in circa una
autopsia ogni 100 è possibile riscontrare un’anomalia coronarica e, se si considerano solo le autopsie
selezionate per causa di morte improvvisa, l’incidenza sale al 4-15% dei casi. Da sottolineare però, che in
circa l’85% L’anomalia ha un significato completamente benigno e non ha rilievo emodinamico
L’anomalia più frequente è l’origine della Circonflessa dalla Coronaria destra o dal seno coronarico destro
(0.67 % delle casistiche). Questa anomalia nella stragrande maggioranza dei casi non darà mai sintomi.
Le anomalie più importanti da correlare al rischio di morte improvvisa sono:
a) L’origine della coronaria sinistra dal seno di Valsava Dx (incidenza del 0,03% - 0,05%)
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b) L’origine della coronaria destra del seno di Valsava Sn (incidenza di 0.019 % 0,17%, ma presente
nell’1,16% dei casi di morte improvvisa)
c) L’arteria coronarica unica (incidenza di 0.02-0.04 %)
Una condizione rara che è necessario escludere in un lattante con dilatazione e disfunzione ventricolare
sinistra è l’origine anomala dell’arteria coronaria sinistra dall’arteria polmonare (ALCAPA). In questi casi
l’arteria coronaria destra appare dilatata; in sezione asse corto si visualizza l’origine anomala della coronaria
sinistra, generalmente dal seno polmonare posteriore sinistro; con color Doppler si documenta il flusso
dall’arteria coronaria all’arteria polmonare. Il ventricolo sinistro appare dilatato e diffusamente ipocinetico; è
spesso presente una aumentata eco riflettenza che coinvolge il muscolo papillare e la parete adiacente,
espressione della fibrosi e fibroelastosi.
Nel sospetto di una origine anomale di un’arteria coronaria spesso è necessario effettuare ulteriori
accertamenti come Angio TC, Angio RM o Cateterismo cardiaco per meglio definire origine e decorso del
vaso. Nel sospetto di una anomalia congenita coronarica ulteriori accertamenti dovranno essere sempre
effettuati nei pazienti con anamnesi positiva per sincope di verosimile natura cardiogena o età inferiore a 30
aa o quando sia documentata una ischemia inducibile al test da sforzo, all’ecostress fisico o farmacologico o
alla scintigrafia miocardica.
Se di regola l’impiego di trasduttori con seconda armonica facilita il riconoscimento dei vasi coronarici, tale
tecnica non andrebbe impiegata nei pazienti sottoposti a valutazione ecocardiografica con sospetta Malattia
di Kawasaki. Infatti l’intensificazione dei contrasti potrebbe portare a definire come iperecogeno un vaso in
realtà assolutamente normale e quindi indurre a conclusioni cliniche non corrette ed addirittura fuorvianti per
il clinico. In corso di Malattia di Kawasaki la possibilità di comparsa di lesioni coronariche incrementa, nei
soggetti non trattati con immunoglobuline, dall’ottavo-decimo giorno di malattia fino alla fine della terza
settimana dall’inizio dei sintomi. Le lesioni aneurismatiche interessano circa il 25% dei pazienti non trattati in
tempo utile e scendono a meno del 2%-3% di quelli trattati. Dal punto di vista morfologico le lesioni
aneurismatiche possono essere descritte come sacciformi o fusiformi, isolate o multiple, ma il criterio più
utilizzato ai fini prognostici è la dimensione; distinguiamo quindi aneurismi di piccole dimensioni (<4 mm di
calibro), medie dimensioni (con calibro compreso fra 4 ed 8 mm) ed aneurismi giganti (calibro maggiore di 8
mm). La coronaria sinistra risulta coinvolta con incidenza quasi doppia rispetto all’arteria coronaria di destra.
La semplice ectasia del vaso non deve essere considerata come un interessamento maggiore e
normalmente si registra una normalizzazione del calibro entro quatto, otto settimane dall’inizio dei sintomi.
cardiaco). Il controllo da parte di personale esperto deve quindi protrarsi per tutta la vita.
E’ necessario sottolineare che per lo studio ecocardiografico di questi pazienti, che possono giungere al
laboratorio ecocardiografico dell’Ospedale Generale per vari motivi (ad esempio per una valutazione in
previsione di interventi di chirurgia extracardiaca, o per un problema aritmico), è necessario disporre di tutta
la documentazione, in particolare la descrizione del/degli interventi e/o procedure interventistiche.
L’argomento è molto vasto, e va al di là degli obiettivi del corso.
Ricordiamo di seguito l’approccio ad alcune delle cardiopatie operate di più frequente riscontro.
stato utilizzato un patch transanulare esteso; la IP è ben tollerata nell’età pediatrica, ma comporta con il
tempo la progressiva dilatazione e disfunzione del ventricolo destro ed è correlata con complicanze maggiori.
La severità dell’IP è stimata in modo affidabile con Doppler cw sulla base della durata del flusso rigurgitante,
espressa come percentuale del tempo di diastole (PRI= Pulmonary Regurgitation Index): nella IP lieve il
gradiente pressorio retrogrado è mantenuto per tutta la diastole; se l’IP è moderata, l’equilibrio fra la
pressione in arteria polmonare e la pressione in ventricolo destro è raggiunto in telediastole; infine, quando
la IP è severa, l’equilibrio è raggiunto precocemente, in mesodiastole, e la durata del segnale da rigurgito è
breve. L’indice ha una buona correlazione con la frazione rigurgitante valutata con RM. Un PRI <0.77 è
espressione di una insufficienza polmonare emodinamicamente significativa.
Altri Autori hanno utilizzato il profilo Doppler cw del flusso rigurgitante per calcolare il PHT (Pressure half-
time); un PHT < 100 msec è considerato un buon indicatore di IP emodinamicamente significativa.
In presenza di IP, lo studio del volume e della funzione del ventricolo destro è uno degli elementi
fondamentali per l’indicazione all’intervento. La RM è considerata oggi la tecnica di imaging gold standard,
tuttavia la Ecocardiografia consente una utile valutazione qualitativa e semiquantitativa.
Un rigurgito tricuspidalico può risultare da un’anomalia intrinseca della valvola o, più comunemente, dalla
dilatazione dell’anello tricuspidalico causato da sovraccarico di volume ventricolare destro. La comparsa, o
l’incremento del rigurgito tricuspidalico è importante ai fini delle indicazioni terapeutiche.
Un flusso polmonare diastolico anterogrado (onda A), registrato a livello dell’arteria polmonare in
corrispondenza della sistole atriale, è frequente nel paziente adulto operato per TF ed è espressione di una
fisiologia ventricolare destra restrittiva. Anche se riflette una emodinamica anormale, l’onda A contribuisce al
flusso polmonare anterogrado e riduce la durata del flusso rigurgitante; il suo riscontro, in pazienti operati
con insufficienza polmonare residua, è stato correlato con una migliore capacità funzionale.
Nella Tabella 2 sono riportati i parametri fondamentali da valutare nel follow-up ecocardiografico del paziente
con TF operato
___________________________________________________________
Tab 2: TETRALOGIA DI FALLOT DOPO CORREZIONE RADICALE
M-MODE/2D
- efflusso del ventricolo destro: infundibulo; valvola polmonare; arteria polmonare; rami polmonari principali
(ETT:sezione parasternale asse corto; sezione sub costale per le sezioni destre; ETE se ETT non adeguato)
- ventricolo destro: dimensioni; rapporto VD/VS (>0.7); funzione ventricolare; ipertrofia
- calibro aorta ascendente
DOPPLER
- insufficienza polmonare (rapporto durata del flusso rigurgitante/durata totale della
diastole; pressure Half-time segnale Doppler cw)
- efflusso ventricolare dx (color; gradiente Doppler cw)
- insufficienza tricuspidalica:
-entità
- gradiente VD-AD (pressione intraventricolare destra)*
- shunt interventricolare residuo
- insufficienza aortica
* N.B.: in caso di ostruzioni distali difficilmente valutabili è preferibile utilizzare il gradiente
VD-AD per stimare l’entità dell’ostruzione
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atrio-ventricolari devono essere sempre indagate. I problemi più comuni dopo intervento di switch arterioso
sono
- una insufficienza della neo-aorta
- un’ostruzione all’efflusso destro, sia a livello della anastomosi chirurgica, sia a livello dei rami, in seguito ad
una possibile distorsione al momento del riposizionamento anteriore del tronco polmonare.
Una dilatazione della neo-aorta e lo sviluppo di una insufficienza aortica importante si presentano in un
limitato numero di pazienti. L’entità e la progressione di un rigurgito valvolare aortico e il calibro aortico
devono essere attentamente monitorizzati nel corso dei controlli ecocardiografici.
L’ostruzione polmonare a livello dell’anastomosi chirurgica è di solito valutabile con esame transtoracico: si
presenta come una riduzione di calibro al di sopra del piano valvolare, dove compare una turbolenza al color
Doppler. Al contrario, stenosi distali, a livello dei rami, non sono di sono di solito visualizzabili; il Doppler cw ,
per la difficoltà di allineamento, può portare a sottostimare l’entità dell’ostruzione. In questi casi, se è
presente un rigurgito tricuspidalico, la valutazione della pressione intraventricolare destra dà un’informazione
più corretta sul grado di stenosi. Nel sospetto di stenosi distali, è indicato eseguire una RM, che è molto più
sensibile nella identificazione di anomalie morfologiche a livello dei rami polmonari principali.
Un prospetto riassuntivo è presentato in Tabella 3.
cardiopatia. L’urgenza dettata dalle condizioni del bambino accentua talvolta la difficoltà dello studio,
soprattutto per il Cardiologo che, pur esperto in Ecocardiografia, non ha tuttavia consuetudine con lo studio
delle cardiopatie congenite. L’identificazione di quei neonati che richiedono il trasferimento al Centro di
riferimento di cardiologia e cardiochirurgia pediatrica è spesso salva-vita.
Riteniamo utili alcune considerazioni preliminari:
1) è fondamentale che lo studio ecocardiografico sia condotto seguendo in modo rigoroso l’approccio
sequenziale e segmentario. E’ sempre preliminare la valutazione della posizione del cuore e del situs.
Ricordiamo che la presenza di isomerismi è quasi invariabilmente associata a cardiopatie congenite
complesse.
2) Lo studio deve essere sempre ‘completo’. Il quadro clinico tuttavia può orientare l’analisi ecocardiografica.
I quadri clinici che suggeriscono una cardiopatia nel neonato sono due: la cianosi (che non risponde alla
somministrazione di O2- test all’iperossia) e lo scompenso cardiaco (fino allo shock cardiogeno). La
comparsa dei segni clinici dopo i primi giorni di vita (in un neonato magari già dimesso dal punto nascita in
buone condizioni
generali) deve far sospettare una dotto-dipendenza, cioè la dipendenza del flusso sistemico o polmonare
dalla persistenza del flusso transduttale.
Il neonato cianotico
La presenza di cianosi nei primi giorni di vita non è sinonimo di cardiopatia; la diagnosi differenziale si pone
principalmente con le malattie parechimali polmonari. Inoltre, poiché la cianosi è dovuta alla presenza di più
di 5 g/dl di Hb circolante, la sua espressione è legata sia alla percentuale di Hb desaturata, sia alla
concentrazione di Hb totale.
Se il neonatologo ha già eseguito un test all’iperossia (che consiste nel far respirare al neonato ossigeno al
100% per 5-10 minuti) il mancato incremento della PO2 al di sopra di 160 mm Hg è fortemente suggestivo di
cardiopatia cianogena.
In presenza di cianosi le cardiopatie che devono essere sospettate sono principalmente:
1) lesioni ostruttive del cuore destro, che causano shunt destro-sinistro e ipoafflusso
polmonare. Dall’approccio sub costale, una ostruzione all’efflusso destro è
documentata utilizzando una sezione paracoronale (obliqua anteriore destra). La pervietà e il calibro del
dotto arterioso sono meglio valutati in sezione parasternale asso corto ‘alta’ (sezione per il dotto) e
dall’approccio parasternale. Il volume della cavità ventricolare destra (Ventricolo destro ‘diminutivo’ nella
atresia polmonare e nella stenosi polmonare critica), e la valvola tricuspide (atresia, ipoplasia) sono
evidenziati nelle sezione 4 camere apicale. Nelle condizioni di dotto-dipendenza polmonare si valuta con eco
la risposta alla infusione di prostaglandine (mantenimento /incremento del flusso transduttale).
2) Discordanza ventricolo arteriosa: trasposizione dei grossi vasi a setto interventricolare intatto.
Dall’approccio sub costale, in sezione obliqua sinistra, si visualizza l’emergenza in parallelo dei due grossi
vasi, con l’aorta in posizione anteriore destra (vedi paragrafo TGA)
3) Il ritorno venoso polmonare anomalo totale (RVPAT) , soprattutto se ostruito (ritorno sottodiaframmatico).
Il riconoscimento della sede del ritorno venoso anomalo, e l’identificazione dell’ostruzione del collettore
possono essere difficili; il mancato riconoscimento dei ritorni venosi (color Doppler) in un atrio sinistro piccolo,
e la documentazione di uno shunt destro-sinistro attraverso il forame ovale sono elementi di sospetto (vedi
paragrafo RVPAT)
In assenza di cardiopatia ‘strutturale’, una causa di cianosi scarsamente responsiva al test all’iperossia è la
‘sindrome da ipertensione polmonare persistente del neonato’. In questi casi l’esame ecocardiografico
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consente di escludere una cardiopatia strutturale e di documentare: dilatazione delle sezioni destre;
convessità sinistra del setto interatriale e interventricolare (sezione 4 camere sub costale e apicale); shunt
destro-sinistro o bidirezionale attraverso il forame ovale e il dotto arterioso. In presenza di rigurgito
tricuspidalico è possibile valutare la pressione sistolica in arteria polmonare.
Ampie comunicazioni fra la circolazione sistemica e polmonare (difetto interventricolare non restrittivo,
canale atrio-ventricolare, fistole artero-venose) tendono a presentarsi con scompenso cardiaco dopo le
prime settimane di vita.
1
LEZIONE 10
L’ecocardiografo che consente l’esecuzione dell’esame di ECV, è dotato di sonde di varia frequenza per
l’acquisizione delle immagini, di software di gestione delle varie metodiche e di sistema di registrazione sia delle
immagini fisse sia in movimento.
A seconda delle sonde utilizzate e della tecnologia, un ecocardiografo consente l’esecuzione di esami mono,
bidimensionali e tridimensionali, Doppler, color Doppler, Doppler tissutale e spekle traking dell’apparato
cardiovascolare di pazienti adulti e in età pediatrica, sia per via transtoracica sia transesofagea, in condizioni di
base o durante prove con agenti stressori o di contrasto. Deve essere garantito un numero minimo di esami
transtoracici standard (1500/anno) o di ogni altra tipologia di esami tale da giustificare la competenza degli
operatori, e funzionalità e costi di gestione del laboratorio.
L’operatore di ECV è il medico, o infermiere competente in ECV o tecnico di ECV di cardiologia o di una
disciplina equipollente che esegue l’esame di ECV. La competenza dell’operatore è garantita da un apposito
percorso formativo.
L’esame può essere eseguito in condizioni basali, durante stress od in anestesia totale, oppure utilizzando
mezzi di contrasto. Le informazioni ottenute sul sistema cardiovascolare sono relative alla morfologia delle
strutture (permettono di distinguere fra normalità ed anormalità delle strutture cardiovascolari esplorate), alla
loro funzione (come la frazione d’eiezione), alla emodinamica (come i gradienti pressori e la quantizzazione dei
flussi), alla visualizzazione delle velocità dei flussi (come i rigurgiti o gli shunt con la metodica color Doppler) ed
alle velocità miocardiche (Doppler tissutale del miocardio).
L'esame di ECV può, inoltre, essere richiesto di routine, d'urgenza o in emergenza; può essere effettuato nel
Laboratorio di ECV, ma anche al letto del paziente, in reparto di terapia intensiva, in sala operatoria, al domicilio
del paziente o in ambulanza, utilizzando ecografi portatili.
La qualità di un esame di ECV è determinata dall’insieme dei requisiti (tipologia di esame, tipologia di pazienti,
ecc.), degli strumenti (ecocardiografi, sonde, laboratori, ecc.), degli operatori (competenza, formazione, ecc.),
dell’organizzazione (responsabilità, obiettivi, articolazione attività, ecc.), delle procedure (modalità di
accettazione, esecuzione, refertazione, archiviazione, consegna dell’esame, adozione di linee guida, standard
di riferimento, controllo di qualità, ecc.) impiegate per produrlo.
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Un esame di ECV viene definito di qualità se nella sua realizzazione vengono definiti ed utilizzati strumenti di
verifica e controllo per la qualità.
I laboratori sono classificati, sulla base di requisiti legati alla tipologia ed al numero di esami effettuati per
Laboratorio, alla collocazione dei Laboratorio in rapporto alle strutture sanitarie, al numero di operatori ed ai
collegamenti funzionali ai fini del controllo per la qualità, in 1° e 2° livello e di alta specialità.
LABORATORIO DI I LIVELLO
Esegue un numero non inferiore a 1500 esami completi transtoracici (mono e bidimensionale, Doppler e color
Doppler) per anno; è dotato della possibilità di eseguire esami in pazienti in età pediatrica ed esami di ecografia
vascolare.
LABORATORIO DI II LIVELLO
E’ un Laboratorio di ECV che esegue un numero superiore a 2000 esami completi transtoracici per anno; deve
eseguire almeno una delle seguenti tipologie di esami in numero adeguato per il mantenimento della
competenza degli operatori ed per una corretta organizzazione: eco in età pediatrica, ecografia vascolare,
ecostress, esame transesofageo, ecocontrasto. Può essere dotato di un numero variabile di ecocardiografi, nel
rispetto del numero minimo di esami per apparecchio. E’ collocato all’interno della struttura ospedaliera,
universitaria o a carattere scientifico. E’ diretto da un Responsabile in possesso della certificazione di
competenza in Ecografia Cardiovascolare generale e della certificazione di competenza di almeno una alta
specialità rilasciate dalla SIEC.
E’ un Laboratorio di II livello con spiccata attività ed esperienza in uno o più dei seguenti
settori specialistici:
· Ecografia Pediatrica
· Ecocardiografia Fetale
· Ecografia Vascolare
· Ecocardiografia Transesofagea
· Ecocardiografia da stress
· Ecocontrastografia
Il Laboratorio deve essere collocato all’interno della struttura ospedaliera, universitaria o a carattere scientifico.
Per favorire il confronto con altre metodiche, invasive e non, è raccomandato un collegamento istituzionale con
altri laboratori quali quello di cateterismo cardiaco, tomografia assiale computerizzata, risonanza magnetica
nucleare, medicina nucleare, cardiochirurgia e anatomia patologica e la verifica periodica dei casi.
generale e di alta specialità. Deve garantire la gestione per la qualità, pianificando le verifiche e controlli da
effettuarsi con periodicità nell’arco dell’anno.
Il Laboratorio di ECV si caratterizza in relazione alla tipologia di esami eseguiti. La caratterizzazione del
Laboratorio non tiene conto dei requisiti relativi alla alta specialità ma del numero minimo di esami necessario a
giustificare l’espletamento del tipo di esame e a garantire l’accuratezza dell’esame stesso e la competenza
dell’operatore.
Per l’attività di ecocardiografia generale transtoracica valgono i requisiti generali sopradescritti. Il numero
minimo di esami per apparecchio è di 1500 anno, quello minimo adeguato al mantenimento della competenza e
di 500 anno per operatore.
ACCREDITAMENTO
Le varie società scientifiche di ecocardiografia, sia americane che europee, sono tutte in accordo che i
laboratori di ecocardiografia devono tutti avere dei requisiti fondamentali strutturali, funzionali e di competenza
degli operatori per garantire la “qualità” delle prestazioni. La SIEC ha stilato un documento “Requisiti minimi di
accreditamento e gestione per la qualità dei laboratori di Ecografia Cardiovascolare” che è uno strumento di
verifica dell’organizzazione funzionale e strutturale, dell’attività, dei processi e della qualità dei laboratorio di
ECV. Tale documento, ispirato alle norme ISO 9000:VISION 2000, definisce una serie di requisiti che
garantiscono una adeguata organizzazione e corretto funzionamento del laboratorio.
L’accreditamento non è altro che il processo di verifica del possesso di questi requisiti.
E’ stato proposto dalla SIEC nel dicembre 2003 e la richiesta è volontaria, non obbligatoria, il percorso è
graduale e va visto come un elemento distintivo e di prestigio per il Laboratorio stesso.
Essa viene inoltrata dal responsabile di laboratorio che compila una check list ad hoc. L’accreditamento viene
rilasciato in modo definitivo se tutti i requisiti richiesti sono soddisfatti; è temporaneo nel caso in cui sono
presenti tutti i requisiti indispensabili ed almeno il 51% dei requisiti restanti. In questo ultimo caso questi
dovranno essere posseduti entro i termini indicati per ogni requisito nella check list.
COMPETENZA
All’interno del Laboratorio di ECV operano un Responsabile Cardiologo, gli operatori di ECV e il personale
infermieristico.
RESPONSABILE
Il Responsabile è un medico cardiologo in possesso della certificazione di competenza rilasciata dalla SIEC,
con esperienza specifica pluriennale attestata da adeguata produzione scientifica mediante curriculum vitae
autocertificato. Il Responsabile organizza l’attività del Laboratorio, gli accessi, il numero degli esami, la gestione
delle risorse umane, tecnologiche e del budget; controlla ogni mese il registro delle attività e verifica che lo
stesso venga compilato in maniera corretta.
Egli deve anche assicurare la conservazione adeguata dei dati sensibili dei pazienti, in ottemperanza alle norme
vigenti, assicurare la conservazione del materiale iconografico (digitale e cartaceo) nonché garantire un
costante aggiornamento degli operatori definendo un piano annuale per la formazione del personale che opera
nel laboratorio.
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Egli deve, inoltre, promuovere una costante verifica dell’attività svolta secondo criteri di qualità, efficacia ed
efficienza; la SIEC raccomanda che la verifica avvenga almeno con cadenza semestrale utilizzando indicatori
specifici di qualità e di attività interni al Laboratorio di ECV.
OPERATORI ECOCARDIOGRAFISTI
Gli operatori ecocardiografisti possono essere medici, tecnici o infermieri; per essi la SIEC raccomanda il
possesso della certificazione di competenza in ECV. Nel caso di Laboratorio di ECV pediatrica il personale deve
essere dedicato e qualificato da esperienza specifica in Cardiologia Pediatrica. E’ opportuno che tutti gli
operatori abbiano eseguito un corso di BLS (basic life support).
PERSONALE MEDICO
Il medico valuta le indicazioni all’esame, fornisce al paziente informazioni sul tipo di esame che verrà fatto,
esegue l’ecocardiogramma e/o rivede le immagini acquisite da altri operatori di ECV, tirocinanti o specializzandi;
referta e comunica al paziente l’esito dell’esame stesso. Il registro degli esami ecocardiografici eseguiti,
controfirmato dal Responsabile del Laboratorio, costituisce il documento ufficiale della casistica
ecocardiografica individuale. Ha la responsabilità della refertazione.
TECNICO DI ECOCARDIOGRAFIA
1.acquisizione dei tracciati e delle sezioni ecocardiografiche ed effettuazione delle misure ecocardiografiche
routinarie
5. assistenza all’esecuzione dell’esame, necessaria durante l’effettuazione degli esami transesofagei e degli
eco stress
7. preparazione dei piani di manutenzione ordinaria e straordinaria e di verifica e controllo della strumentazione
8. assistenza informatica
6.preparazione dei farmaci e manutenzione delle apparecchiature di supporto (carrello del pronto soccorso,
defibrillatore, elettrocardiografo ecc)
8.preparazione dei piani di manutenzione ordinaria e straordinaria e di verifica e controllo della strumentazione
Nel caso in cui l’esecuzione dell’esame di ECV sia affidata al Tecnico o al Medico, l’infermiere svolge le funzioni
assistenziali previste dal suo ruolo.
QUALITA’
Il Laboratorio di ECV che decide di operare in qualità deve adottare una politica per la qualità che porti al
miglioramento continuo mediante verifiche e controlli, gestione delle non conformità e della documentazione,
azioni preventive e correttive, gestione delle risorse umane e materiali, relazione con i clienti. Il Laboratorio di
ECV che desideri dotarsi di un sistema gestione per la qualità fa riferimento alle norme ISO 9001:VISION 2000,
ai requisiti contenuti nel presente documento SIEC e alle raccomandazioni di seguito indicate:
a) promuove verifiche ispettive interne. Le verifiche ispettive interne hanno lo scopo di verificare la conformità ai
requisiti specificati, l’efficacia dell’organizzazione e dei processi nella realizzazione del prodotto/servizio. Ogni
Laboratorio di ECV deve formare un gruppo di verificatori interni e predisporre un piano annuale di verifiche
ispettive interne.
c) promuove azioni preventive e correttive per eliminare le cause di non conformità ed adottare azioni
preventive per evitare il ripetersi delle non conformità.
d) mantiene relazione con i clienti , attraverso comunicazioni, informazioni, relazioni finalizzate alla
soddisfazione del cliente.
g) predispone la documentazione necessaria per la gestione dell’attività e della qualità, e definisce le procedure
di controllo, conservazione, rintracciabilità e revisione della documentazione stessa.
h) nel caso di progettazione di un nuovo servizio o prodotto, il laboratorio si attiene a quanto previsto dalle
norme ISO 9001:VISION 2000.
Il paziente deve essere considerato componente attivo indispensabile al processo di diagnosi e parte integrante
all’organizzazione. Questo non solo risponde a valori etici, ma anche a criteri di gestione aziendale delle UO. Il
Laboratorio di ECV deve fornire al cliente le necessarie informazioni mediante la Carta dei Servizi aziendale o
mediante altri strumenti di informazione contenenti l’elenco delle prestazioni erogabili, gli standard di qualità e
quantità con i quali la struttura si impegna ad erogarle, le modalità e gli orari di accesso, gli orari per l’eventuale
rilascio dei referti ed il nome e cognome del Responsabile del Laboratorio; fornisce informazioni riguardanti
costi, tempi e modalità di pagamento delle prestazioni, nonché degli eventuali rimborsi. L’operatore sanitario,
medico o infermiere professionale, deve fornire al cliente una adeguata informazione sull’esame da eseguire;
nel caso di esecuzione di prestazioni complesse (eco transesofageo, eco stress, eco fetale, ecocontrasto),
l’operatore deve informare il paziente in modo adeguato ed approfondito assicurandosi che questi abbia
acquisito gli elementi di conoscenza sufficienti e firmi l’apposito consenso informato prima dell’esecuzione dell’
esame stesso. Al termine dell’esame l’operatore informa adeguatamente il paziente sull’andamento dell’esame
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e sulle conclusioni diagnostiche. Il Laboratorio di ECV deve definire appositi questionari di rilevamento della
soddisfazione del cliente, modalità e frequenza di somministrazione, analisi dei dati e revisione e gli strumenti
utilizzati.
I requisiti di struttura rappresentano tutti gli elementi distintivi di tipo strutturale che il Laboratorio di ECV deve
possedere affinché possa essere svolta in modo regolare l’attività di diagnostica ecografia.
AMBIENTI
Deve esserci uno spazio di attesa adeguato ai volumi di attività, confortevole e facilmente accessibile ed un
servizio di segreteria/accettazione anch’esso adeguato ai volumi di attività ed al rispetto della riservatezza dei
dati personali e sensibili. La sala per ECV deve avere una superficie di non meno di 12 mq, o comunque
adeguata alla tipologia dell’esame e tale da consentire sia il rispetto della privacy sia facilità di movimento di
paziente ed operatori, climatizzata, con lavabo, disponibilità di erogazione di ossigeno, facilmente accessibile
grazie a chiari cartelli indicatori, senza barriere architettoniche e tale da consentire una facile manovrabilità e
movimentazione dei pazienti barellati. Nel caso dell’alta specialità e di una seconda sala per questi esami, si
raccomandano dimensioni pari a quella per ECV generale; nel caso di esami transesofagei la sterilizzazione
delle sonda deve avvenire, laddove previste, nel rispetto delle disposizioni di legge in materia di sicurezza. Il
Laboratorio deve essere dotato di un archivio delle immagini sia statiche che in movimento, relativamente a tutti
gli esami effettuati
STRUMENTAZIONE (Tab 1)
per la modalità M-mode distanza e tempo, per le modalità bi e tridimensionale distanza e aree e volumi per la
modalità Doppler velocità massime, medie, integrali di velocità, gradienti massimo e medio, e valutazioni di area
di flusso, volumi e frazioni di rigurgito, portata cardiaca, stroke volume in base alle vigenti linee guida della SIEC
ed europee.
Nel caso di ecocardiografia da stress l’ecografo deve essere dotato dell’apposito software di gestione (quad-
screen system).
Deve anche avere la possibilità di registrare immagini fisse ed in movimento su supporto digitale che possano
essere rielaborate ed archiviate
Deve essere dotato di una sonda a bassa (2.5, 3.5 MHz) ed una ad alta frequenza (5.0 MHz), o di sonde
multifrequenza ed eventuale sondino cieco per il Doppler continuo.
Il Laboratorio di ECV che volesse eseguire esami di ecografia vascolare dove dotarsi di apposite sonde (da 7.0,
8.0 MHz). Nel caso di ecocardiografia per via transesofagea
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La registrazione delle immagini è su videotape o su supporto digitale (vedi laboratorio digitale); la stampante è
in bianco e nero e/o a colori. Vi deve essere la possibilità di registrare le immagini fisse e in movimento su un
supporto digitale (CD o DVD) da allegare al referto
La durata della vita di un apparecchio è valutabile in 5 anni; durante questo periodo tutti gli apparecchi debbono
essere sottoposti ad una manutenzione periodica, possibilmente semestrale.
Il Laboratorio di ECV deve essere dotato o avere disponibili quando indicato, un elettrocardiografo a 12
derivazioni con traccia visualizzata su apposito monitor, un defibrillatore e un adeguato sistema hardware e
software per registrazione, elaborazione ed archiviazione dei referti. Il Laboratorio di ECV che esegue esami
transesofagei deve avere nell’apposito locale tutto l’occorrente necessario per la sterilizzazione delle sonde, ivi
compresa, se richiesta dal tipo di presidio utilizzato per la sterilizzazione, un locale per la sterilizzazione ed una
cappa aspirante a norma di legge.
Deve essere presente nell’area del Laboratorio di ECV e rapidamente disponibile in caso di emergenze-
urgenze. Deve essere invece presente nella stanza dove si effettuano esami da sforzo, da stress
farmacologico, e con ecocontrasto o nel laboratorio pediatrico e predisposto per le necessità dell’esame e/o per
eventuali situazioni di emergenza/urgenza. Nei Laboratori di ECV pediatrica dovranno essere presenti
attrezzature e farmaci in confezione idonei all’età pediatrica.
MANUTENZIONE E CONTROLLI
Il Laboratorio di ECV deve definire le modalità di gestione della strumentazione dall’acquisto alla messa in
funzione (collaudo), alla manutenzione, ai controlli periodici dei requisiti di sicurezza ed alle tarature. Deve
definire le responsabilità per controllo, verifica e pianificazione della manutenzione, ivi comprese le riparazioni,
gli aggiornamenti, le dismissioni, le sostituzioni e revisioni ed i piani di manutenzione ordinaria e straordinaria di
verifica delle tarature.
RISORSE UMANE
Ogni Laboratorio di ECV deve definire una procedura relativa alla gestione delle risorse umane, piani di lavoro,
ferie, riposi, reperibilità, responsabilità, ecc. Devono essere definiti l’organizzazione e gli indicatori idonei a
monitorizzare l’attività del laboratorio e dei suoi componenti. Tutte le unità devono condividere le finalità,
l’organizzazione ed i processi all’interno del laboratorio, dare un contributo fattivo alla implementazione ed al
miglioramento continuo della qualità.
FORMAZIONE
La definizione di competenze in ECV ed il relativo percorso formativo è quello indicato dalle apposite procedure
ed istruzioni operative del sistema qualità della SIEC. E’ previsto un processo formativo per le seguenti
competenze:
operatori, definendo un piano semestrale/annuale per la formazione del personale sia per il personale medico
che non medico operante nel Laboratorio. Sia la formazione continua che quella periodica degli operatori deve
essere sottoposta a verifiche e controlli dei livelli raggiunti.
ORGANIZZAZIONE
Il Laboratorio di ECV deve definire le responsabilità, le modalità di gestione delle risorse umane e materiali, i
volumi e tipologia di attività, le modalità di accesso, i tempi di attesa e le modalità di gestione della
documentazione. L’organizzazione deve dotarsi di apposite procedure ed istruzioni operative che definiscano
con chiarezza i processi e le varie fasi che li compongono, le loro interdipendenze ed i fattori ad essi connessi.
Deve attuare verifiche e controlli, risolvere le criticità, migliorare il servizio e revisionare procedure e processi
nel caso di mutate esigenze di carattere organizzativo, tecnologico, scientifico, gestionale. Devono essere
esposti ed accessibili a tutti gli obiettivi, l’organigramma funzionale e nominale, i report di attività, i tempi di
attesa, le norme di sicurezza e le disposizioni sulla riservatezza dei dati.
COMPITI E RESPONSABILITÀ
Responsabile
Il Responsabile organizza l’attività e gli standard del Laboratorio, controlla e gestisce le risorse umane,
tecnologiche e del budget (quando assegnato). Controlla gli accessi, il numero degli esami, predisporre
protocolli per l’esecuzione di ogni tipologia di esame e ne verifica le modalità di esecuzione; analizza processi,
dati, report, e risultati. Controlla le liste di attesa e definisce le modalità per il contenimento dei tempi di attesa.
Controlla ogni mese e controfirma il registro delle attività. Garantisce un costante aggiornamento degli operatori,
definendo un piano annuale per la formazione del personale che opera nel laboratorio. Promuove una costante
verifica dell’attività svolta secondo criteri di qualità, efficacia ed efficienza. Facilita la collaborazione tra
operatori, stimola il senso di appartenenza ed il lavoro di gruppo, facilita il confronto tra le diverse competenze,
promuove l’audit. Verifica la soddisfazione del cliente. Definisce procedure relative alla sicurezza in ambito
lavorativo 626/94, ed al rispetto della legge sulla privacy. Predispone verifiche ispettive, le azioni correttive e
preventive ed il riesame di tutta l’attività.
PERSONALE MEDICO
Valuta le indicazioni all’esame, forniscono al paziente informazioni sul tipo di esame che verrà fatto, eseguono
l’ecocardiogramma e/o rivedono le immagini acquisite da altri operatori di ECV, tirocinanti o specializzandi;
refertano e comunicano al paziente l’esito dell’esame stesso. Il registro degli esami ecocardiografici eseguiti,
controfirmato dal Responsabile del Laboratorio, costituisce il documento ufficiale della casistica
ecocardiografica individuale.
PERSONALE AMMINISTRATIVO.
LINEE GUIDA
La SIEC raccomanda che ogni Laboratorio di ECV debba applicare in parte o totalmente le raccomandazioni
contenute nelle Linee Guida (WWW.SIEC.IT). Ogni Laboratorio di ECV deve dichiarare le Linee Guida cui fa
riferimento sia nella pratica generale del Laboratorio, sia nei casi particolari. Le linee guida hanno lo scopo di
assistere il Medico nelle decisioni cliniche, illustrando un ventaglio di approcci usualmente accettati per la
documentazione della malattia CV.
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Accanto alla funzione di termine di riferimento culturale le linee guida hanno anche la funzione di
omogeneizzare e standardizzare l’approccio degli Operatori allo studio con ultrasuoni delle patologie
cardiovascolari, ed in questa visione la loro applicazione deve essere vista non solo come gesto importante nel
determinare l’appropriatezza delle procedure, ma anche come una componente fondamentale ed
imprescindibile del processo di accreditamento.
REFERTAZIONE/ARCHIVIAZIONE/REGISTRO
REFERTAZIONE
Il referto scritto dell'esame ecocardiografico rappresenta la sintesi delle informazioni raccolte nel corso dello
stesso. Un referto per essere definito completo deve rispondere a requisiti di adeguata esposizione dei dati, di
sintesi, di facile comprensione e deve offrire conclusioni diagnostiche chiare, comprensibili e coerenti sia con le
descrizioni morfologiche e numeriche espresse che con il quesito clinico posto nell’indicazione all’esame. Deve
essere coerente con i parametri riportati, deve rispondere al “Quesito clinico” Deve essere suddiviso in una
”descrizione” e “Conclusioni” e “parametri numerici”
1. Data esame, dati del paziente: cognome, nome, data nascita, peso, altezza, superficie corporea, PA,
FC, ritmo cardiaco
2. Provenienza , esame urgente o no, esame eseguito in ambulatorio o a letto paziente
3. quesito clinico con annessi motivi particolari
a. per paz neoplastici : se pre- terapia, durante, post (tipo chemio o RT, dose)
b. per le protesi valvolari : modello, taglia, sede, data impianto
c. per gli interventi: data e tipo (BAC, plastica, trapianto, endoprotesi, TAVI)
La “descrizione” deve riportare la descrizione di tutte le strutture ed elencare quelle che presentano anomalie
morfologiche e/o funzionali nonché mettere in evidenza chiaramente quelle strutture che, potenzialmente
rilevanti per la risposta al quesito clinico posto nelle indicazione, non sono state esplorate per motivi tecnici.
Ogni anomalia va descritta chiaramente in termini morfologici (es. dilatazione globulare, ectasia uniforme,
calcificazione,) e funzionali, con severità emodinamica in 3 gradi (lieve, media o moderata, grave o severa) in
base ai criteri standard ed alle linee-guida vigenti, in modo da avere una uniformità di vedute tra i vari operatori
e da far capire il problema a chi legge il referto. Descrizione accurata delle anomalie di forma, dimensioni e
parametri (massa, spessore relativo) e le modalità utilizzate per le misurazioni in modo che nel follow-up le
misure possano essere eseguite con le stesse modalità
Le “conclusioni” diagnostiche devono essere chiare, comprensibili e coerenti sia con le descrizioni morfologiche
e numeriche espresse che con il quesito clinico posto nell’indicazione all’esame; devono dare gradazioni di
“entità” della patologia supportate dai parametri necessari e valutazione di differenze riscontrate con esami
precedenti
I “parametri” numerici vanno riportati a parte, con accurata valutazione dei dati numerici delle varie cavità,
indicizzati per la superficie corporea come indicato in letteratura internazionali (2006 Lang, EHJ Chamber
quantification) Per quanto riguarda le misure sistematiche dell'M-mode, esse (se fattibili) dovrebbero essere
almeno le seguenti: i diametri dei ventricolo sinistro in telediastole e telesistole, gli spessori telediastolici del
setto interventricolare e della parete libera, il diametro telediastolico del bulbo aortico ed il diametro telesistolico
dell'atrio sinistro. Per quanto possibile le misure dovrebbero essere effettuate in approccio parasternale o
sottocostale in sezione trasversa ottimizzata e seguendo la convenzione dell'ASE, della Società Europea (ESC
CVImaging) e della SIEC (2011 Linne-Guida).
Dal bidimensionale si rileva la frazione di eiezione di cui si raccomanda di riportarne la modalità di calcolo o se
trattatasi di stima; la Commissione della SIEC raccomanda di utilizzare per il calcolo dei volumi, quando
indicato, il metodo di Simpson biplano od in alternativa (nei pazienti che non presentano alterazioni della
cinetica regionale) quello area-lunghezza monoplano.
Per quanto riguarda il Doppler, le velocità E ed A del flusso transmitralico dovono essere sempre riportate. In
caso di stenosi valvolare o di protesi valvolare, i gradienti, massimo e medio, e l'area valvolare funzionale
dovrebbero essere sempre riportati. In caso di insufficienze valvolare una stima semiquantitativa del grado di
rigurgito, associata o meno alla stima quantitativa che meglio si adatta al caso, deve essere riportata. Altri
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parametri Doppler devono essere riportati in relazione alla patologia presente. Per quanto riguarda l’esame
vascolare devono essere rilevati, per ogni vaso, lo spessore parietale e medio intimale (solo per le carotidi), il
diametro sistolico e diastolico ed il profilo flussimetrico al doppler.
Vanno sempre indicati gradienti massimo e medio, aree valvolari indicizzati per la superficie corporea con
indicato il parametro utilizzato (equaz. continuità Pisa, PHT), parametri doppler di funzione sistolica e diastolica,
doppler tissutale, parametri per la resincronizzazione e vanno sistematicamente modificati ed aggiornati in
ottemperanza alle ultime linee guida nazionali ed internazionali
Il referto deve essere sempre accompagnato dalla documentazione iconografica (immagini fisse in numero
variabile o in movimento di durata variabile) dimostrativa degli aspetti più significativi riportati nel referto stesso;
qualora le immagini fisse da acquisire risultassero di pessima qualità deve essere segnalata la mancanza della
documentazione iconografica ed il motivo. La iconografia può non essere allegata nei referti di pazienti interni
ed in questi casi si fa riferimento alla registrazione archiviata. L’esame e relativo referto, salvo casi particolari,
vanno consegnati al paziente subito dopo l’esecuzione dell’esame, accompagnati da una adeguata
informazione. Il Laboratorio deve essere dotato di un archivio delle immagini sia statiche che in movimento,
relativamente a tutti gli esami effettuati.
Il Laboratorio deve essere dotato di un archivio delle immagini sia statiche che in movimento, relativamente a
tutti gli esami effettuati. La SIEC raccomanda di utilizzare supporti informatici per la refertazione e supporti
magnetici o digitali per l’archiviazione delle immagini. Almeno fino a quando non vi sarà un’adeguata
legislazione sulla firma digitale, di ogni referto deve essere trattenuta ed archiviata una copia cartacea firmata
per 5 anni. L’archiviazione va fatta nel rispetto della legge sulla privacy.
LABORATORIO DIGITALE
La nuova tecnologia degli ecocardiografi di nuova generazione permette l’acquisizione di immagini in real time
sia bi che tridimensionali sia echo che color doppler.
La SIEC raccomanda l'archiviazione non solo di immagini statiche ma anche di cicli cardiaci in movimento,
almeno per quanto riguarda le immagini del ventricolo sinistro. L’archiviazione dell’esame deve comprendere la
visualizzazione in tempo reale di tutte le eventuali anomalie (sia morfologiche che di cinetica o di flusso ) che
vengono ritenute di rilievo, affinché possano essere verificabili e confrontabili nel tempo anche da parte di
operatori diversi. La sola archiviazione “statica” (cartacea) delle immagini non può essere considerata
sufficiente. Almeno fino a quando non vi sarà un’adeguata legislazione sulla firma digitale, di ogni referto deve
essere trattenuta ed archiviata una copia cartacea firmata per 5 anni. Si raccomanda di utilizzare supporti
informatici per la refertazione.
Le moderne apparecchiature ecocardiografiche e la miglio tecnologia sviluppata negli ultimi anni ha permesso
l’attuazione di un laboratorio”digitale”.
L’archiviazione degli esami era prima cartacea, poi in video-tape, con perdita della qualità delle immagini e della
durata nel tempo, oggi la tecnologia digitale permette di catturare immagini di alta qualità sia statiche che in
movimento durante l’esecuzione dell’esame in tempo reale (in genere in formato DICOM), e permette di
archiviarle senza perdita di informazioni e di qualità delle immagini, in modo da essere sempre disponibili per
controlli e valutazioni da più operatori.
Le immagini di questo tipo possono essere anche analizzate “off-line”, trasmesse in via digitale
dall’ecocardiografo alla stanza del responsabile che funge da “tutor” ai tecnici di eco (Sonographer) ove presenti
che effettuano gli esami, agli operatori meno esperti, ma anche di trasmettere le immagini in caso di necessità
direttamente alla sala di emodinamica, terapia intensiva o sala operatoria di cardiochirurgia.
Questo assicura una riduzione notevole dei tempi di indagine, con una qualità elevata, ma permette anche di
poter effettuare una formazione continua di operatori con un notevole incremento della qualità degli esami
prodotti dal laboratorio Per approfondimenti si rimanda alle Linee-Guida SIEC 2011 laboratorio digitale
QUALITA’
E’ opportuno che ciascun laboratorio (in cui operano differenti operatori) costituisca nel proprio interno i
parametri di variabilità intra-osservatori e inter-osservatori, e verifichi ripetutamente nel corso dell’anno tali
variazioni soprattutto in caso di innovazioni tecnologiche di metodiche o di attrezzature.
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Il Responsabile del Laboratorio dovrà effettuare, con gli altri operatori, dei periodici controlli di qualità. I controlli
possono essere effettuati con cadenza bimestrale, a random su un numero di esami variabile relativo ad ogni
singolo operatore di ECV deciso dal Responsabile del Lab. Le verifiche verteranno prevalentemente sulle
modalità’ di esecuzione degli esami, la completezza e modalità di interpretazione e refertazione dell’esame e
sull’accuratezza. Le suddette modalità di verifica e controllo per la qualità dovranno essere definite da apposite
procedure del Lab.
REGISTRO
Allo scopo di verificare e valutare l’attività dei singoli operatori, ogni Laboratorio di ECV deve tenere un registro
degli esami che potrà essere in forma cartacea o informatica e che riporterà i dati utili per rintracciare l’esame,
valutarne la qualità e l’attività degli operatori. I dati devono essere trattati in accordo con quanto disposto dalla
legge 675/96.
APPROPRIATEZZA DELL’ECOCARDIOGRAFIA
In questi ultimi anni abbiamo assistito ad una vera e propria esplosione di metodiche di diagnostica, grazie
anche alla rapida evoluzione tecnologica, ma non per questo un eccesso di ricorso alle tecniche diagnostiche si
traduce poi in un guadagno in “salute” per i pazienti.
Vi è invece sicuramente un incremento di spesa sanitaria, che nel contesto attuale di “costi di gestione” e di
mantenimento della spesa sanitaria rischia poi di trasformarsi in una ridotta capacità del sistema a fornire a tutti
il minimo di assistenza necessaria. Un eccessivo ricorso a metodiche di indagine che si potrebbero evitare
influenza notevolmente i costi dell’assistenza sanitaria, senza peraltro aumentarne l’efficienza diagnostica E’
stato coniato quindi il termine di “appropriatezza” degli esami, per indicare le procedure che hanno un reale
beneficio per il paziente L’ecocardiografia rappresenta un esame non invasivo largamente disponibile, ripetibile,
privo di rischi e con costi medi; tutto ciò determina un eccesso di richieste non sempre appropriate e utili per la
gestione della patologia del paziente.
E’ pertanto utile ricordare che tale tecnica, essendo un esame di II° livello, deve essere preceduta da una
valutazione clinica completa e l’indicazione posta tenendo conto di criteri oggettivi di appropriatezza, derivanti
dalla possibilità che le informazioni fornite dall’esame siano indispensabili per la gestione del paziente (diagnosi,
prognosi, terapia).
Segue in tabella la classificazione delle Linee Guida (2011 JASE ACC/ASE/AHA/ASNC Appropriateness criteria
of TTE and TEE echo) disponibili per definire il grado di appropriatezza della relativa indicazione, al fine di
orientare l’iter diagnostico in relazione al quadro clinico. La classificazione utilizzata comprende 3 classi:
CLASSE I
Condizioni in cui vi è un accordo generale sul fatto che l’ecocardiografia sia appropriata Per cui l’esame va
sempre eseguito
CLASSE II
Condizioni in cui non vi è accordo sul fatto che sia una tecnica appropriata, e viene utilizzata secondo
specifiche indicazioni (II A non assoluta, e limitata a casi particolari; II B dubbia)
CLASSE III
Condizioni in cui vi è un accordo generale sul fatto che l’ecocardiografia non sia appropriata per cui l’esame
non è indicato, e non va eseguito
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TABELLA 2 PARAMETRI INDISPENSABILI CHE NON DEVONO MAI MANCARE NEL REFERTO (GIEC
2005 SIEC Minimal data set;2011 Picard JASE)
1. Data esame, dati del paziente: cognome, nome, data nascita, peso, altezza, superficie corporea, PA,
FC, ritmo cardiaco
2. Provenienza , esame urgente o no, esame eseguito in ambulatorio o a letto paziente
3. quesito clinico
4. Dimensioni, spessori parietali, massa indicizzata spessore relativo, frazione di accorciamento (valutati
in M-mode sec. LG SIEC) del ventricolo sinistro
5. Dimensioni aorta (bulbo, giunzione, ao asc) in mm indicizzati alla SC
6. Descrizione della cinetica regionale sec lo schema ASE a 16 segmenti con punteggio e WMSI
7. Dimensioni atrio sinistro con area e volume indicizzato
8. Dimensioni e funzioni del ventricolo destro
9. Funzione sistolica del ventricolo sinistro con Simpson mono e/o biplano
10. Funzione diastolica del ventricolo sinistro con D-PW e/o TDI
11. Valutazione di un rigurgito valvolare con descrizione meccanismo e grading
12. Valutazione di un rigurgito tricuspidale con grading e valutazione pressione polmonare
13. Velocità, gradiente massimo e medio delle stenosi valvolari con area di flusso (PHT, eq.continuità)
14. Valutazione setto interatriale
15. Studio della e vena cava (dimensioni e collassabilità) e flusso nelle vene sovra epatiche
16. Studio dell’aorta istmica e dell’aorta addominale
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In caso di evoluzione
costrittiva o cronicizzazione
1volta/anno
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