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DISPENSE

CORSO DI ECOGRAFIA CARDIOVASCOLARE


GENERALE
REVISIONE 2014

A CURA

DI

PIERLUGI ARAGONA

CON LA COLLABORAZIONE DI
Daniela Aschieri, Lidia Boccardi, Giovanni Calabri, Enrico Cecchi,
Nicola D’Amato, Sivia Favilli, Stefano Ghio, Danilo Giannini,
Egidio Mariotti, Donato Mele, Roberto Moccheggiani, Fabio Mori,
Paolo G. Pino, Antonio Terranova

Settore Formazione SIEC


Coordinatore:

Sergio Severino

Componenti:

Pierluigi Aragona

Antonello D’Andrea

Benedetta De Chiara

Walter Grosso Marra


LEZIONE 1A
PRINCIPI FISICI DEGLI ULTRASUONI; STRUMENTAZIONI E LORO
CORRETTO UTILIZZO
A cura di: Dr.ssa D. Aschieri – Dr. A. Malagoli

Gli ultrasuoni in generale


L’ecografia è metodica diagnostica che utilizza le proprietà degli ultrasuoni per ottenere immagini e segnali
finalizzati a ricavare dati di ordine morfologico e funzionale. Gli ultrasuoni, costituiti da una serie di
successive compressioni e rarefazioni della materia, hanno frequenza, misurata in cicli al secondo o Hertz,
superiore ai 20.000 Hz. Sono rappresentati graficamente come una sinusoide, in cui la dimensione
orizzontale è il tempo e quella verticale l’intensità o ampiezza. La distanza fra due vibrazioni fornisce la
lunghezza d’onda (λ) ed il numero di vibrazioni in un secondo la frequenza (f) dell’onda in esame (Fig. 1).

Figura 1: Rappresentazione sinusoidale dell’onda

In ecografia vengono usate frequenze assai elevate, comprese fra 2 e 10 milioni di cicli al secondo o
MegaHertz (MHz), tali da permettere l’attraversamento di tessuti biologici con una velocità costante di circa
1540 m/sec. La velocità di propagazione dipende dalla densità, dalle proprietà elastiche e dalla temperatura
del mezzo. Considerando il corpo umano a temperatura costante la velocità di propagazione è quella
anzidetta. Il prodotto della densità del mezzo per la velocità di trasmissione del suono fornisce il valore
dell’impedenza acustica. Tessuti molli più densi hanno maggiore impedenza acustica perché la velocità di
propagazione resta invariata. Tutti questi elementi sono alla base del fenomeno di riflessione degli ultrasuoni
e della diversa densità dei segnali registrati. Un mezzo omogeneo non riflette alcun suono, lo attenuerà
solamente. La riflessione invece si verifica solo nel passaggio tra due mezzi di diversa densità e quindi di
diversa impedenza acustica, ciò è quello che avviene nel nostro corpo dove tessuti di diversa densità sono
sempre affiancati e commisti. Se la superficie di contatto fra i due tessuti è piana e di dimensioni molto
superiori alla lunghezza d’onda, si avrà una riflessione speculare. Una parte dell’energia verrà riflessa ed
un’altra parte proseguirà il cammino con un percorso più o meno modificato, verrà cioè rifratta. L’intensità
della componente riflessa dipende essenzialmente dalla differenza di impedenza acustica e dall’angolo di
incidenza; sarà cioè tanto maggiore quanto più la direzione del fascio ultrasonoro sia perpendicolare rispetto
alla superficie. Se invece la superficie di contatto non è piana, ma irregolare, una parte dell’energia non sarà
riflessa, ma dispersa in tutte le direzioni o diffratta. La dispersione dell’energia in tutte le direzioni o
diffrazione si verifica anche quando gli ultrasuoni incontrano strutture di dimensioni inferiori alla lunghezza
d’onda, come i globuli rossi. In questo caso solo una piccola parte di energia ritorna al trasduttore e potrà
essere analizzata. Il fenomeno, definito in inglese backscattering, è importante, permettendo in alcune
situazioni la visualizzazione del sangue ed essendo all’origine dell’effetto Doppler. Lo stesso fenomeno della
diversa impedenza acustica dei tessuti molli, dovuta a densità e proprietà elastiche diverse, è stato utilizzato
per la tipizzazione tissutale con ultrasuoni. Infatti il segnale riflesso, ha un’intensità che è direttamente
dipendente dall’impedenza acustica del tessuto e che viene elaborata secondo una analisi digitale e
presentata con diversi livelli di grigio. Per questo tipo di studi sono necessari ultrasuoni a frequenze molto
alte, dal momento che il loro potere di risoluzione è maggiore quanto minore è la lunghezza d’onda del
fascio.
Il Trasduttore – Cristallo piezoelettrico
Si definiscono piezoelettriche quelle sostanze che si trasformano per effetto di un campo elettrico
espandendosi o contraendosi secondo le modalità di applicazione della polarità del campo, producendo così
compressioni e rarefazioni ovvero onde sonore. Allo stesso modo, se stesse sostanze, quando sono colpite
da un’onda sonora o da un’onda di energia meccanica, emettono un impulso elettrico. L’utilizzo degli
ultrasuoni è reso possibile dall’esistenza di particolari cristalli, che hanno la proprietà deformarsi ed emettere
ultrasuoni se sottoposti ad impulsi elettrici e, inversamente, di deformarsi ed emettere impulsi elettrici una
volta che siano raggiunti da ultrasuoni. In questa maniera è possibile non solo emettere ultrasuoni della
frequenza voluta, ma analizzare gli echi di ritorno nelle loro caratteristiche di intensità e frequenza. Il cristallo
piezoelettrico è quindi il componente fondamentale delle sonde ecografiche. In pratica vengono emessi
impulsi ultrasonori costituiti da un numero limitato di vibrazioni (da un minimo di 3 a un massimo di 16). Dopo
l’emissione dell’impulso il cristallo resta in attesa dell’eco di ritorno: a seconda del tempo trascorso fra
l’emissione e la ricezione, visto che la velocità di propagazione degli ultrasuoni nel corpo umano è nota, sarà
possibile assegnare una determinata profondità alla struttura che ha originato l’eco. L’elemento può essere
messo in vibrazione continua, doppler ad onda continua, ma richiede la presenza di un secondo elemento
piezoelettrico che funzioni da ricevitore. Oppure si possono alternare microfasi di vibrazione a microfasi di
riposo, come avviene per il doppler ad onda pulsata, durante le prime l’elemento funziona da sorgente
sonora e durante la seconda da ricevitore.

La costruzione di immagini in cardiologia


In cardiologia si usano essenzialmente le metodiche monodimensionale e bidimensionale. Con la prima il
fascio esplorante, fermo, incontra strutture che riflettono segnali puntiformi luminosi di diversa intensità a
seconda dell’impedenza e mobili lungo l’asse verticale, che è quello esplorante del fascio. Facendo scorrere
un sistema di registrazioni impressionabili dall’escursione dei puntini luminosi, questi ultimi tracciano linee
dritte o curve che mostrano l’andamento nel tempo di quelle escursioni e forniscono un tracciato, chiamato
M-mode (Motion mode). Se eseguiamo invece una scansione, muoviamo cioè il trasduttore secondo linee
vicinissime tra loro e registriamo tutti i puntini luminosi riflessi da ogni fascio per ogni struttura incontrata,
otteniamo una ricostruzione spaziale bidimensionale (Fig. II) di tutte le strutture esaminate. I movimenti
automatici nelle attrezzature recenti coprono un settore di 90 gradi con innumerevoli fasci monodimensionali
la cui velocità di scansione deve essere tale da fornire un certo numero di sezioni complete per ogni
secondo. Attualmente si utilizzano sistemi che si basano sulla scansione elettronica (phased array) che
permette una elevata frequenza di campionamento dell’immagine in movimento per cui l’immagine, nitida
nelle varie strutture anche millimetriche, ha un movimento fluido e non a scatti.

Figura 2: Costruzione dell’immagine bidimensionale (da Gambelli G. Ecocardiografia transesofagea, Pensiero


Scientifico Editore)

La risoluzione
Una caratteristica fondamentale di ogni apparecchiatura ecocardiografica è la risoluzione, la capacità cioè di
distinguere fra loro 2 strutture diverse, poste una dopo l’altra lungo la direzione del fascio o una accanto
all’altra. La prima, definita risoluzione assiale, dipende essenzialmente dalla lunghezza dell’impulso
utilizzato, cioè dalla sua lunghezza d’onda e dal numero di oscillazioni di cui è composto. La risoluzione
ottimale (Fig. 3) si avrà con impulsi di frequenza elevata e costituiti da poche oscillazioni (non meno di 3).
Figura 3: Attenuazione del segnale (da Gambelli G. - Ecocardiografia transesofagea, Pensiero Scientifico Editore)

Utilizzando una frequenza di 2.5 MHz la lunghezza d’onda è di 0.6 mm, aumentando la frequenza a 10 MHz
la lunghezza d’onda scende a 0.15 mm e la risoluzione sale in proporzione. Purtroppo l’utilizzo di frequenze
elevate è purtroppo limitato dalla loro scarsa capacità di penetrazione in profondità o attenuazione a causa
della dissipazione in calore dell’energia. La risoluzione laterale consiste nella capacità di differenziare 2
oggetti posti uno accanto all’altro, alla stessa profondità e dipende essenzialmente dalla forma e dalle
dimensioni del fascio ultrasonoro. E’ infatti possibile distinguere 2 oggetti affiancati solo se uno dei due è
all’interno del fascio e l’altro cade all’esterno. Poiché il fascio ultrasonoro tende a divergere ed allargarsi,
soprattutto nel campo lontano, si tenta di restringerlo al massimo (focalizzazione) con particolari
accorgimenti .Usando lenti acustiche è possibile focalizzare in un solo punto, detto distanza focale, in cui
avremo il massimo di focalizzazione. Elettronicamente è invece possibile variare continuamente il fuoco, in
modo da ottenere una zona più ampia (focalizzazione dinamica). La risoluzione laterale è limitata anche
dall’esistenza, a fianco del fascio principale, di fasci o lobi accessori (side lobes) che possono facilmente
originare artefatti, collocando all’interno del settore di scansione strutture che in realtà si trovano all’esterno,
ma cadono in un lobo accessorio.

IMAGING IN SECONDA ARMONICA


Come abbiamo visto un’onda sinusoidale è caratterizzata da due parametri: l’ampiezza (che ne caratterizza
l’intensità) e la frequenza (che ne definisce la tonalità). Per armoniche di un segnale si intendono le
frequenze multiple della frequenza di base, che si chiama Fondamentale: la frequenza doppia della
fondamentale si chiama seconda armonica, quella tripla si chiama terza armonica e così via. Quando le
strutture cardiache sono attraversate da un fascio di ultrasuoni, l’energia acustica viene riflessa e rifratta
dalle irregolarità che il fascio stesso incontra sul suo cammino, e solo una piccola parte di energia riflessa
verso il trasduttore viene utilizzata per costruire l’immagine ecografica. Inoltre le strutture cardiache non sono
omogenee e sono caratterizzate da irregolarità, a diversa resistenza acustica specifica, chiamate interfacce,
che provocano una serie di riflessioni del fascio ultrasonoro di intensità variabile in rapporto alla irregolarità
(densità) della struttura cardiaca incontrata. Tali riflessioni hanno tutte la stessa frequenza ma sono
accompagnate da frequenze di riflessione minori, con picco di intensità nella seconda armonica (le terze,
quarte armoniche e così via hanno bassissima intensità). Nella costruzione dell’immagine ecocardiografica
in seconda armonica, il sistema filtra l’immagine e acquisisce solo la componente della seconda armonica:
l’energia di riflessione è quindi maggiore. Infatti nell’imaging in fondamentale, la frequenza di emissione e
quella di ricezione sono uguali e occorre un compromesso tra una frequenza di emissione bassa (dotata di
alta penetrazione ma bassa risoluzione) ed una frequenza di emissione alta (dotata di bassa penetrazione
ma con elevata risoluzione). Nell’imaging in seconda armonica si utilizza in emissione un fascio a bassa
frequenza (ad esempio 1.7 MHz) che avrà una buona penetrazione e in ricezione si utilizzerà le seconda
armonica (il doppio e cioè 3.4 MHz) dotata di una migliore risoluzione. L’effetto finale è il netto miglioramento
dell’immagine ed in particolare delle strutture più lontane. Un limite è la perdita della risoluzione assiale che
comporta una visualizzazione “più spessa” delle strutture (ad esempio una immagine ispessita dei lembi
valvolari, una aumento apparente degli spessori parietali ed una riduzione dei diametri interni delle cavità
cardiache). Inoltre tutte le misurazioni lineari e bidimensionali standard fanno riferimento a misure eseguite
con imaging in fondamentale.

OTTIMIZZAZIONE DELL’IMMAGINE BIDIMENSIONALE E MONODIMENSIONALE


Ai fini diagnostici e per poter effettuare misurazioni accurate, le immagini devono essere nitide a tutte le
profondità e devono permettere di distinguere e discriminare le strutture, sia normali che patologiche. Le
varie Ditte produttrici di ecocardiografi hanno sviluppato sistemi diversi per ottimizzare la qualità delle
immagini. Alcuni processi di ottimizzazione devono essere applicati in tempo reale (mentre si esegue
l’esame), altri possono essere applicati in fase di post-processazione.

Range focale
Il fuoco deve essere posizionato in modo da privilegiare le strutture situate a maggiore profondità (che
riflettono echi più deboli per l’attenuazione delle frequenze).

Guadagno generale e rumori di fondo


Il guadagno generale deve essere tale da ridurre al minimo il rumore di fondo, in modo tale che echi spuri
non si sovrappongano alle strutture cardiache che si devono studiare, ma tale da permettere di evidenziare
tutte le strutture cardiache. Infatti la riduzione troppo spinta del guadagno generale provoca la scomparsa di
segnali riflessi dalle strutture cardiache.

Guadagno di profondità e guadagno laterale


Molti apparecchi danno la possibilità di operare su alcuni settori dell’immagine, sia lateralmente che in
profondità. L’uso appropriato di tali guadagni permette di esaltare alcune strutture profonde (come la parete
inferiore nella sezione longitudinale ottenuta dalla finestra parasternale) o alcune strutture laterali (la parete
laterale o il ventricolo destro nella sezione 4 camere ottenuta dalla finestra apicale).

Scala dei grigi


In rapporto alla eco densità delle strutture cardiache, è possibile utilizzare scale di grigio diverse, che
esaltano o riducono l’intensità del segnale della struttura che si vuole studiare. L’uso di tali scale, diverse da
apparecchi ad apparecchio, dipende dalla qualità assolutà dell’immagine, dalla patologia che si deve
studiare e dalle preferenze dell’operatore nella percezione personale della scala dei grigi e della morbidezza
dell’immagine.

Larghezza del settore


La frequenza di campionamento (frame rate) determina la qualità dell’immagine. Minore è l’angolo di
apertura del settore bidimensionale, più elevato è il frame rate e migliore la qualità dell’immagine e
viceversa.

ECOCARDIOGRAFIA DOPPLER NELLO STUDIO DEI FLUSSI


L’effetto doppler prende il nome dal fisico austriaco Christian Johann Doppler che per primo lo descrisse nel
secolo scorso e stabilisce che la frequenza del segnale emesso e quello ricevuto sono diverse quando la
sorgente sonora o il punto di ricezione sono in movimento l’uno rispetto all’altro. La variazione o
scostamento di frequenza è tanto maggiore quanto maggiore è la velocità relativa. L’effetto doppler è quindi
la variazione di frequenza e la differenza tra la frequenza emessa e quella ricevuta si chiama frequenza
doppler. L’effetto Doppler è comune a tutte le radiazioni, sia luminose, che sonore o radar: quando esista un
moto relativo fra la sorgente del fenomeno ondulatorio e il ricevitore. Essa è proporzionale alla velocità del
moto (v), alla frequenza con cui l’onda viene emessa dal trasmettitore (f0), al coseno dell’angolo compreso
fra la direzione del moto della sorgente e la linea che unisce sorgente e ricevitore (angolo di intersezione o
angolo J). E’ inversamente proporzionale alla velocità di propagazione dell’onda nel mezzo c, secondo
la formula:

2 v f0 cos ϑ
∆f = ----------------------------
C

Poiché tutti i fattori della formula 1 sono noti, misurando il Doppler shift sarà possibile conoscere la velocità
del flusso, secondo la seguente equazione:

∆f c
v = ----------------------------
2 f0 cos ϑ

Un aspetto peculiare e di estrema importanza dell’effetto Doppler è la sua angolo-dipendenza. La variazione


di frequenza provocata dal moto è infatti massima quando venga rilevata lungo la sua direzione, cioè con un
angolo di intersezione di 0° per un moto di avvicin amento o di 180° per un moto di allontanamento. Il coseno
di 0° ha infatti valore 1, mentre il coseno di 180° assume valore -1. Per u n angolo di intersezione di 90°, cioè
perpendicolare alla direzione del moto, non sarà possibile apprezzare alcuna variazione di frequenza (cos
90° = 1). L’ angolo di intersezione ottimale è ovvi amente quello in cui il fascio ultrasonoro e la direzione del
flusso coincidono, cioè un angolo di 0° (cos 0° = + 1) oppure di 180° (cos 180° = - 1).

IL DOPPLER SPETTRALE: DOPPLER CONTINUO E DOPPLER PULSATO


Nel Doppler ad emissione continua il trasduttore è composto da due cristalli piezoelettrici accoppiati, uno dei
quali emette in continuo gli ultrasuoni, mentre il secondo funziona solo come ricevitore del segnale di ritorno.
Il principale vantaggio del Doppler continuo consiste nella capacità di misurare velocità elevate, senza
alcuna limitazione di ordine teorico. La sua principale limitazione è invece l’assenza di risoluzione spaziale:
al trasduttore ritornano infatti echi da tutte le strutture che il fascio ultrasonoro incontra nel suo cammino, con
le variazioni di frequenza prodotte da eventuali strutture in movimento, e non è possibile stabilire a quale di
esse o a quale profondità un particolare segnale appartenga. Nel Doppler pulsato gli ultrasuoni vengono
emessi in maniera discontinua ed il trasduttore è costituito da un solo cristallo, che funziona alternativamente
da trasmettitore e ricevitore. Emesso un treno di ultrasuoni per un tempo variabile, in genere 1 msec, il
cristallo resta in attesa per il tempo necessario agli ultrasuoni per raggiungere la profondità da esplorare e
ritornare al trasduttore: solo a questo punto viene aperta la soglia (gate) per l’analisi in frequenza del
segnale, che rimarrà aperta per un tempo definito dall’operatore. Contemporaneamente gli echi di ritorno
vengono analizzati in ampiezza per costruire una immagine ecocardiografica bidimensionale, su cui viene
posizionato un cursore che indichi la profondità dell’analisi Doppler. Con questa tecnica, detta di range-
gating, è quindi possibile l’analisi dei segnali originati da un volume di sangue limitato, detto volume
campione. La sua forma, paragonata grossolanamente ad una goccia, e le sue dimensioni dipendono dalle
caratteristiche intrinseche del fascio ultrasonoro e da quelle dell’impulso emesso. Il volume campione non è
infatti altro che l’inviluppo dell’impulso ultrasonoro emesso dal trasduttore, che è composto da più
oscillazioni. La sua dimensione laterale è determinata dalla conformazione del fascio alle diverse profondità
e dipende quindi dalla forma e dalle dimensioni del cristallo piezoelettrico, dalla focalizzazione, dalla energia
emessa. La dimensione assiale del volume campione dipende invece essenzialmente dalla lunghezza
dell’impulso, o meglio dal numero di oscillazioni da cui esso è costituito e dalla loro lunghezza d’onda. E’
comunque l’operatore a scegliere le dimensioni assiali del volume campione: minori tali dimensioni, più
circoscritta l’area di flusso studiata; viceversa, maggiori le dimensioni del volume campione più ampia e
meno definita l’area di flusso studiata. Dal momento che la finalità principale del Doppler pulsato è lo studio
del flusso in una regione circoscritta, per ottenere delle informazioni sul flusso in un punto ben determinato
occorre ridurre le dimensioni del volume campione. Ma il volume campione non deve essere troppo piccolo
perché il tempo di transito degli elementi corpuscolati che determinano il fenomeno del Doppler Shift
risulterebbe ridottoe porterebbe alla dispersione del segnale per inadeguatezza del sistema ad analizzare le
varie velocità (transit time inaccuracy). La rappresentazione grafica del segnale è diversa per il Doppler
pulsato e quello continuo. Il Doppler pulsato è rappresentato, in condizioni normali, da una banda ristretta in
quanto analizza una zona circoscritta nella quale le velocità medie sono simili. Il Doppler continuo è
rappresentato da un segnale denso e compatto (“riempito”) in quanto contiene le informazioni provenienti da
tutti i flussi incontrati dal fascio esploratore nel suo decorso. Sia il Doppler Pulsato che quello Continuo sono
solitamente eseguiti con la guida dell’immagine bidimensionale. Nonostante gli avanzamenti tecnologici non
è possibile ottenere contemporaneamente una buona immagine bidimensionale ed una buona
rappresentazione spettrale. Durante l’analisi spettrale il movimento dell’immagine bidimensionale è interrotto
e solo periodicamente (con tempi decisi dall’operatore) viene ripristinata l’immagine in movimento (per la
verifica di posizionamento del fascio). Con la metodica Doppler è possibile studiare alcune caratteristiche dei
flussi: la direzione, la velocità, il regime, la cronologia.

Direzione
Per convenzione si fa riferimento alla direzione del fascio riflesso. La linea zero corrisponde alla velocità
zero: un flusso in avvicinamento è considerato positivo ed è rappresentato al di sopra della linea zero; un
flusso in allontanamento è considerato negativo ed è rappresentato al di sotto della linea zero. La direzione
non è un dato assoluto, ma relativo alla direzione del flusso in rapporto alla posizione della sonda.

Velocità
Dall’analisi del doppler shift deriva la possibilità di calcolare la velocità del flusso. Con il Doppler pulsato, per
velocità elevate rispetto alle capacità del sistema, avviene il fenomeno dell’aliasing (vedi dopo). Il Doppler
Continuo consente il rilievo di velocità elevate, che costituiscono la base per molti calcoli emodinamici, ma
per le sue caratteristiche non consente di identificare dove avviene la variazione di velocità.

Regime
In condizioni normali il flusso avviene in modo laminare: le cellule ematiche si muovono tutte nella stessa
direzione e, poiché le cellule tendono a raggrupparsi più densamente lungo le pareti vasali, si formano degli
strati concentrici con diverse velocità. Il flusso laminare può avere un profilo piatto o parabolico. Quando il
flusso è soggetto a forti variazioni pulsatili, come avviene ad esempio a livello dello sbocco delle vene
polmonari, gli strati adiacenti alle pareti vasali hanno una velocità minore al contrario di quelli centrali più
veloci. Il fronte delle cellule in movimento appare parabolico; la velocità media è uguale alla metà della
velocità massima. In questi casi anche il flusso rilevato con Doppler pulsato appare “riempito” come quello
ottenuto con continuo

Cronologia
E’ possibile correlare i fenomeni Doppler con altri segnali fisiologici; il più utilizzato è il segnale
elettrocardiografico. Si stabilisce in questo modo la cronologia del segnale Doppler sia in condizioni
fisiologiche che nelle varie patologie.

ANALISI SPETTRALE
In un volume campione, anche piccolo, il segnale doppler viene formato dalla presenza di numerosi elementi
riflettenti (globuli rossi) che si muovono con velocità e direzioni diverse, specialmente nelle zone in cui il
moto è turbolento (stenosi etc.). Di conseguenza, il segnale doppler rilevato non è dovuto ad una sola
velocità, ma alla somma di molte velocità. Dal punto di vista diagnostico è utile avere il maggior numero di
informazioni su questo insieme di velocità; ciò è possibile mediante l’analisi spettrale, che scinde il segnale
totale nelle sue singole componenti di velocità e le rappresenta in un diagramma che ha in ascissa il tempo
ed in ordinata la frequenza doppler o velocità. L’intensità luminosa dei singoli punti del diagramma sul
monitor è proporzionale alla potenza spettrale, cioè al numero delle particelle riflettenti che in quell’istante
(ascissa) si muovono in una certa velocità (ordinata). Per ottenere questo risultato si utilizzano circuiti
computerizzati che, mediante speciali algoritmi matematici quali la Fast Fourier Transform, riescono a dare
una risoluzione temporale ed in frequenza ad elevati campionamenti di immagine. Utilizzando la capacità di
calcolo delle flusso o quant’altro può essere utile ai fini diagnostici.

Aliasing
La capacità di risoluzione spaziale del Doppler pulsato viene però a costare un prezzo in termini di
limitazione nella capacità di misura della velocità. Per assegnare infatti con precisione ad ogni eco di ritorno
la profondità di origine è infatti necessario che un secondo impulso venga emesso solo quando il precedente
ha esaurito il suo viaggio. In questa maniera un solo impulso viaggia all’interno del cuore in ogni momento e
ad ogni eco di ritorno può essere attribuita senza errore una profondità, a seconda del tempo intercorso fra
l’emissione del treno di ultrasuoni e il ritorno di ogni singolo segnale. Il numero di impulsi che possono
essere emessi nell’unità di tempo (frequenza di ripetizione degli impulsi o PRF ) è così limitata dalla velocità
di conduzione del suono nei tessuti biologici e dipende dalla profondità a cui avviene l’esplorazione. In
questa maniera avviene una campionatura discontinua del segnale ondulatorio da ricostruire e, per una
legge conosciuta come teorema del campionamento di Shannon,, è necessario che la frequenza con cui il
segnale viene indagato sia almeno il doppio della frequenza del segnale stesso (Fig. 4).

Figura 4: Il fenomeno dell’aliasing

La frequenza massima che può essere misurata con precisione (F max ) non può quindi superare la metà
della frequenza di campionamento, corrispondente nel caso del Doppler, alla frequenza di ripetizione degli
impulsi. Ad esempio, se la velocità di un flusso ad una determinata profondità origina un Doppler shift di 2.25
KHz, per poter ricostruire correttamente il segnale e misurare la velocità di flusso, dovremo impiegare una
frequenza di ripetizione degli impulsi superiore a 5.5 KHz, pari ad almeno 5.500 impulsi al secondo. Quando
la frequenza da misurare supera questo limite, detto limite di Nyquist, le velocità in eccesso vengono lette
erroneamente come negative e riportate nella parte bassa della scala di velocità. Se la frequenza da
misurare eccede più volte il limite di Nyquist, questo fenomeno, definito aliasing, si ripeterà ad ogni multiplo
della frequenza limite, e provocherà il ripiegamento del segnale su se stesso più e più volte, rendendo
incerta (ambigua) la misura della velocità .

OTTIMIZZAZIONE DELL’IMMAGINE DOPPLER SPETTRALE


Per poter utilizzare al meglio la curva spettrale (ad esempio il contorno esatto per poter effettuare
misurazioni corrette) questa deve essere molto nitida e ben distinta dai rumori di fondo. Sia per il Doppler
pulsato che per quello continuo occorre quindi ottimizzare l’immagine utilizzando una serie di accorgimenti,
variabili a seconda della macchina utilizzata. La rappresentazione spettrale grafica dei segnali è codificata
con una scala di grigi e l’intensità dei grigi è direttamente proporzionale al numero di globuli rossi che in quel
momento hanno la stessa velocità. E’ possibile usare scale di grigi diverse o scale in colore (colorizzazione)
al fine di definire in modo più nitido il contorno delle curve.

Potenza del segnale


La potenza di emissione, il guadagno (gain) e la soppressione degli echi di ritorno (reject) dovranno essere
regolati in modo da ottenere una rappresentazione spettrale nitida e a contorni netti.

Filtro
Utilizzando opportuni filtri è possibile eliminare alcuni segnali che disturbano la rappresentazione spettrale
quali i rumori di fondo a bassa frequenza prodotti dai movimenti parietali.

Profondità del volume campione (per il doppler pulsato)


Per il limite di Nyquist, posizionando il volume campione sui flussi più superficiali (vicini alla sonda) tanto
maggiore sarà la velocità registrabile. Ottenere una curva di qualità ottimale è alla base di una serie di
misure e calcoli. Di base è possibile eseguire misure di velocità massima e media (espresse in cm/sec o in
m/sec), di accelerazione e di decelerazione (espresse in cm/sec/sec o in m/sec/sec) e di durata (espressa in
secondi o millisecondi). L’area sottostante alla curva Doppler, ottenuta planimetrando la curva stessa,
permette di ottenere l’integrale della curva di velocità del flusso (espressa in centimetri). Le apparecchiature
sono dotate di calibri che, opportunamente posizionati sulla curva Doppler, forniscono i valori delle varie
misurazioni.

COLOR DOPPLER
Col termine di color Doppler o color flow Mapping si definiscono i sistemi settoriali ad ultrasuoni che
sovrappongono ad una immagine delle strutture anatomiche in scala dei grigi una rappresentazione dei
flussi con codifica a colori. In questa modalità il movimento del sangue è rappresentato in una mappa
bidimensionale con colori arbitrariamente scelti, che indichino la velocità e delle caratteristiche del flusso in
ogni punto. Per creare l’immagine a colori viene selezionata un’area di interesse all’interno della scansione
bidimensionale. Ogni linea di vista del settore del color Doppler è divisa in 64 o 128 soglie e l’intero settore è
costituito da un numero di linee di vista variabile, fino ad un massimo variabile a seconda delle
apparecchiature. L’analisi viene effettuata per linee di vista consecutive, a partire dalla periferia del settore,
in senso sia orario che antiorario. Contrariamente a quanto avviene nell’Eco bidimensionale, in cui è
sufficiente emettere ed analizzare un solo impulso per ognuna delle linee del settore per costruire una
immagine, nel color Doppler vengono emesse per ogni linea raffiche o pacchetti di più impulsi: ogni
pacchetto deve essere costituito da un minimo di 3 impulsi e può arrivare ad un massimo di 16. Il numero di
impulsi per linea, definito packet size, è uno dei parametri principali del funzionamento di un color Doppler,
determinandone alcune caratteristiche fondamentali quali l’accuratezza nella misura della velocità e la
frequenza delle immagini. Per il color Doppler non è però utilizzabile la Fast Fourier Transform, come nel
Doppler convenzionale, per problemi di tempo: l’analisi di 32.768 (256 linee x 128 soglie) volumi campione
richiederebbe, con un tempo di analisi spettrale variabile da 2 a 10 msec, da 1 a 5 minuti. La soluzione a tale
enorme problema è stata individuata nell’adozione delle metodiche di autocorrelazione, che, pur sacrificando
in parte la precisione, permettono di contenere i tempi di analisi in modo che sia possibile aggiornare
l’immagine fino a 30 volte al secondo. I segnali provenienti dal trasduttore, dopo essere stati digitalizzati,
sono divisi in due parti, una delle quali subisce un ritardo equivalente all’inverso della PRF dello strumento. Il
primo impulso verrà quindi confrontato col precedente, in modo da evidenziare le differenze in fase fra
impulsi successivi. La frequenza di ogni singolo impulso non è così confrontata con una frequenza fissa di
(frequenza di emissione del cristallo o carrier frequency), come avviene nell’analisi spettrale con FFT, bensì
con quella dell’impulso precedente. Il risultato sarà il calcolo della velocità, della intensità e della varianza,
ottenuto come media di diverse misure, ricavate dal confronto di più coppie di impulsi, corrispondenti al
numero di treni ultrasonori emessi lungo ogni singola linea di vista (Packet Size). Sfortunatamente un packet
size costituito da troppi impulsi richiede un tempo di analisi troppo elevato e ridurrebbe eccessivamente la
frequenza delle immagini o la densità delle linee per ogni immagine o l’angolo di scansione. Una soluzione di
compromesso fra accuratezza nella misura della velocità e frequenza delle immagini è costituita da un
packet size di 6-8 impulsi e viene adottata nella maggior parte delle apparecchiature cardiologiche. Il passo
successivo è la codifica dell’informazione così ottenuta: grazie ad algoritmi particolari ad ogni gate viene
assegnato un numero, in una scala variabile da 1 a 256 . Ad ogni numero, decodificato con algoritmi
peculiari di ogni apparecchio definiti mappe, corrisponderà infine sullo schermo TV una particolare
gradazione di colore. La mappa così ottenuta sarà presentata in sovrapposizione alla immagine
bidimensionale. Ogni apparecchio ha una serie di mappe per la rappresentazione del flusso in Color
Doppler. Il flusso in avvicinamento è codificato in rosso e quello in allontanamento in blu (direzione del
flusso). Mediante la combinazione di sfumature di colore (tonalità) è possibile, oltre alla conoscenza della
direzione del flusso, ottenere informazioni anche sulla velocità del flusso. Sono solitamente utilizzate 16
tonalità per ciascuna direzione; un numero maggiore, anche se possibile, non sarebbe percepito dall’occhio
umano. La mappa utilizzata viene mostrata con una barra posta al lato dello schermo; la linea zero e la scala
danno indicazioni sulle velocità massime raggiungibili, senza aliasing, nelle due direzioni: in alto sono poste
le sfumature di colore assegnate alle velocità in avvicinamento, in basso quelle in allontanamento. E’
possibile abbassare la scala generale o solamente la linea dello zero. E’ possibile visualizzare il flusso
utilizzando la cosiddetta Mappa di varianza. Nel flusso laminare la velocità media e la velocità massima sono
pressoché coincidenti. Nel flusso turbolento sono presenti velocità e direzioni diverse per cui non vi è
coincidenza tra velocità media e velocità massima. La varianza rappresenta lo spostamento dalla velocità
media dei flussi presenti in ciascun punto rilevato e graficamente è resa aggiungendo tonalità di verde ai
colori fondamentali. Trattandosi di una tecnica ad emissione pulsata il color Doppler è inevitabilmente
soggetto al fenomeno dell’aliasing: analogamente alla analisi spettrale le velocità eccedenti il limite di
Nyquist sono interpretate come di direzione opposta a quella effettiva ed il fenomeno si ripeterà ogni volta
che si superi il limite di Nyquist, provocando il ripiegamento del segnale su se stesso altrettante volte. Nel
color Doppler le velocità sono rappresentate da un numero finito di sfumature, di solito 16 per ognuna delle
due direzioni: quando una velocità anterograda supera la sfumatura di rosso corrispondente alla velocità più
elevata misurabile, l’aliasing si manifesterà con la brusca inversione del colore e al pixel sarà assegnata la
sfumatura più luminosa di blu. Aumentando ulteriormente la velocità, saranno assegnate tonalità sempre più
scure di blu, finché, superato il secondo limite di Nyquist, si tornerà alla sfumatura più scura di rosso. Il
fenomeno procede circolarmente con l’inversione del colore ad ogni passaggio del limite di Nyquist, di modo
che la velocità effettiva non sarà più misurabile.

OTTIMIZZAZIONE DELL’IMMAGINE COLOR DOPPLER


Al pari del Doppler spettrale, anche per il Color Doppler occorre ottimizzare l’immagine per ottenere una
corretta rappresentazione dei flussi.

Guadagno del colore


L’ottimizzazione del guadagno è alla base di una corretta rilevazione Color Doppler. Il guadagno eccessivo
determina la comparsa di rumore di fondo con una cattiva qualità della rappresentazione del flusso,
viceversa un guadagno troppo basso provoca la mancata codifica o la sottostima di alcuni flussi. E’ perciò
utile iniziare con un guadagno elevato riducendolo fino alla scomparsa dei pixel di fondo.

Ampiezza del settore colore


Se l’immagine bidimensionale fosse esplorata con il Color Doppler in tutta la sua estensione, il
campionamento richiederebbe un tempo tale da non permettere la corretta sincronizzazione tra i movimenti
dell’immagine bidimensionale e quelli dei flussi. Per questo motivo la regione del campionamento Color
Doppler viene ridotta sia in senso laterale che in profondità in modo da aumentarne il frame rate e la qualità
della rappresentazione del flusso Color. Per migliorare ulteriormente la qualità del Color, anche l’angolo di
scansione dell’immagine bidimensionale può essere ridotto.

Filtri di parete, filtri spaziali, filtri di parete


Opportunamente aggiustati permettono di esaltare il flusso color mantenendo una buona immagine
bidimensionale di riferimento.

ECOCARDIOGRAFIA DOPPLER NELLO STUDIO DEI TESSUTI CARDIACI


Lo studio Doppler dei flussi utilizza una serie di filtri che lasciano passare solamente il segnale proveniente
dai globuli rossi (flusso) sopprimendo quello che viene dal tessuto miocardico, considerato un segnale di
disturbo. Questo è ottenuto utilizzando l’High pass filter che consente il passaggio delle velocità elevate
(flussi) e blocca quelle basse (tessuto miocardico). Per poter studiare la velocità dei tessuti occorre
sopprimere l’High pass filter, consentendo anche alle basse velocità di parete di giungere all’autocorrelatore
dell’ecografo; inoltre bisogna ridurre le velocità in valutazione al di sotto di 15-20 cm/sec, vicino alle velocità
tipiche del miocardio, e ridurre il gain totale. L’analisi Doppler tissutale può essere rappresentata in varie
modalità: M-Mode Color Doppler, 2D Color Doppler e Doppler spettrale. Essa consente di ottenere una serie
di informazioni sulle velocità di contrazione e rilasciamento (attivo e passivo) del muscolo cardiaco,
riuscendo a distinguere le velocità riferibili all’accorciamento trasversale e longitudinale. Tali informazioni
sono variamente utilizzate in clinica.
LEZIONE 1B
LE SEZIONI ECOCARDIOGRAFICHE E L’ECOCARDIOGRAFIA M-MODE

A cura di: Dr.ssa D. Aschieri – Dr. A. Malagoli

SEZIONI ECOCARDIOGRAFICHE
APPROCCIO PARASTERNALE SINISTRO

Questo approccio rappresenta, di solito, il punto di partenza per ogni esame bidimensionale. Il paziente è
posizionato in decubito laterale sinistro. In genere, il trasduttore viene posizionato fra il 3 ed il 5 spazio
intercostale, lungo la linea margino-sternale sinistra o qualche centimetro più lateralmente; in casi
eccezionali, l'approccio alle sezioni parasternali può essere ottenuto a partire dal 2 od anche dal 6 spazio
intercostale. Da questo approccio si possono ottenere le seguenti sezioni:

1) Sezione parasternale longitudinale

-) Per il ventricolo sinistro:

Per convenzione in questa sezione si riconoscono, sulla destra dello schermo e dall'alto in basso, gli echi
della parete anteriore del torace, il tratto d'efflusso del ventricolo destro, la radice aortica e l'atrio sinistro. Più
a sinistra compaiono la parete anteriore del ventricolo destro, una porzione della sua cavità, il setto
interventricolare anteriore, la cavità del ventricolo sinistro, la sua parete posteriore ed il pericardio. Il
ventricolo sinistro è situato nel torace obliquamente, con l'apice diretto a sinistra, inferiormente ed
anteriormente con la porzione basale posta a destra e superiormente. Esso si trova posteriormente al tratto
d'efflusso del ventricolo destro, da cui è separato dalla porzione più anteriore del setto interventricolare, ed è
disposto anteriormente ed inferiormente all'atrio sinistro. Si possono riconoscere inoltre i lembi mitralici,
visualizzabili secondo il loro asse longitudinale. Il lembo anteriore divide la cavità ventricolare in una
porzione anteriore (efflusso) ed una posteriore (afflusso). L'apice cardiaco, infine, non viene visualizzato in
questa seziona, tranne che nei cuori di piccole dimensioni, perché si trova in un piano leggermente diverso.
Gli assi longitudinali delle varie strutture esaminate non giacciono tutti sullo stesso piano; pertanto, per
registrare il loro vero asse longitudinale, l'orientamento del fascio ultrasonoro deve sempre essere finalizzato
alla zona d'interesse. Dalla sezione standard si possono quindi ottenere una serie di sezioni modificate volte
alla corrette valutazione delle singole strutture.

-) Per il tratto di afflusso del ventricolo destro:

Si ottiene a partire dalla sezione precedente per il ventricolo sinistro inclinando in basso e mediamente il
trasduttore in direzione della valvola tricuspide. Si osservano, dall'alto in basso, i 2/3 basali del ventricolo
destro, l'atrio destro e la valvola tricuspide. Nelle pareti dell'atrio destro si possono riconoscere lo sbocco
della vena cava inferiore con la valvola di Eustachio, lo sbocco della vena cava superiore e l'ostio del seno
coronarico.
-) Per il tratto d'efflusso del ventricolo destro:

Si ottiene partendo dalla sezione parasternale longitudinale standard per il ventricolo sinistro ruotando il
trasduttore in senso orario, di circa 30-45° ed inc linandolo in alto verso la spalla sinistra del paziente.

2) Sezione parasternale trasversale

Si ottiene a partire dalla parasternale longitudinale, dopo aver ruotato il trasduttore in senso orario di circa
90° e inclinandolo progressivamente verso il basso, in base alla sezione che si vuole visualizzare (talora è
necessario scendere di uno spazio intercostale).

-) Grandi vasi

A questo livello il fascio di ultrasuoni attraversa la base del cuore. La valvola aortica, localizzata
anteriormente all’atrio sinistro e posteriormente al ventricolo destro, è ben visualizzabile nella regione
centrale dell’immagine con le tre cuspidi nella caratteristica configurazione a forma di Y. Questo è molto utile
per comprendere come le patologie dell’anulus aortico possono rapidamente coinvolgere le restanti strutture
cardiache. La regola da ricordare per identificare le cuspidi è che quella non-coronarica è sempre in
continuità con il setto interatriale e che la destra si trova nelle vicinanze del ventricolo destro; la rimanente è
ovviamente la sinistra. E’ possibile visualizzare nella popolazione anziana piccoli ispessimenti nodulari nella
porzione centrale del margine libero delle cuspidi che sono chiamati noduli di Aranzio. Talvolta è possibile
visualizzare l’origine delle coronarie: la sinistra a ore 4, la destra a ore 11. Il tratto d’efflusso si trova
anteriormente alla valvola aortica mentre la valvola tricuspide e quella polmonare si trovano rispettivemente
alla sua sinistra ed alla sua destra. L’atrio sinistro si trova, invece, posteriormente alla valvola aortica e, in
base all’inclinazione della sonda, è possibile visualizzare l’auricola sinistra in corrispondenza della sua
parete laterale. Questa sezione è molto utile per visualizzare le patologie a carico della valvola aortica e può
fornire informazioni circa la presenza di difetti del setto interatriale, solitamente meglio visualizzabili
dall’approccio sottocostale.

-) Livello lembi mitralici

Consente di visualizzare la circonferenza del ventricolo sinistro con al centro i due lembi mitralici, l’anteriore
superiormente, il posteriore inferiormente. Il ventricolo destro si trova anteriormente sulla sinistra del
ventricolo sinistro e talvolta è possibile identificare i lembi tricuspidalici. La sezione di considera ottimale
quando il ventricolo sinistro appare perfettamente circolare durante tutto il ciclo cardiaco. In caso di
sovraccarico ventricolare destro (volumetrico e/o pressorio) il setto interventricolare, normalmente concavo
verso il ventricolo sinistro, appare appiattito.

-) Livello muscoli papillari

A differenza della precedente, in questa sezione scompare la valvola mitralica a vantaggio dei muscoli
papillari, distinguibili solitamente a ore 4 (l’antero-laterale) ed a ore 8 (il postero-mediale). La sezione di
considera ottimale quando il ventricolo sinistro appare perfettamente circolare durante tutto il ciclo cardiaco.
Il ventricolo destro tende a scomparire.
-) Livello apicale

In questa sezione si riconosce solo l’apice del ventricolo sinistro. La sezione di considera ottimale quando il
ventricolo sinistro appare perfettamente circolare durante tutto il ciclo cardiaco e in caso di assenza dei
gruppi dei muscoli papillari.

APPROCCIO APICALE
Il paziente mantiene il decubito laterale sinistro. In genere, il trasduttore viene posizionato al quinto spazio
intercostale lungo la linea ascellare media. La sfida è ottenere immagini comprendenti il vero apice, che può
essere facilmente mal sezionato a causa dell’orientamento obliquo del fascio ultrasonoro: il vero apice ha
solitamente una parete sottile ed una forma tendenzialmente conica, il falso apice presenta uno spessore di
parete analogo a quello delle altre pareti ventricolari ed una forma rotondeggiante. Nel caso ciò si verifichi
occorre spostare il trasduttore nello spazio intercostale sottostante. Da questo approccio si possono ottenere
le seguenti sezioni:

1) Sezione quattro camere

Questa sezione include le 4 camere cardiache principali (i due ventricoli ed i due atri separati dai rispettivi
setti), la valvola mitralica e tricuspidalica e la “crux cordis”. Consente la quantificazione delle dimensioni delle
camere cardiache mediante il calcolo dei volumi, che vanno sempre indicizzati per la superficie corporea del
paziente. I due ventricoli sono nella zona superiore dell’immagine, i due atri nella inferiore. Secondo le
raccomandazioni delle due principali società di ecocardiografia (europea ed americana), l’orientamento delle
immagini in questa sezione deve essere tale per cui il cuore sinistro risulti a destra. Nel mondo reale dei
laboratori di ecocardiografia la scelta resta soggettiva, anche se lo stimolo a standardizzare le sezioni è
molto forte. Lo studio della crux cardiaca implica la conoscenza del posizionamento maggiormente apicale
della valvola tricuspide rispetto alla mitrale. Anomalie come la malattia di Ebstein o la trasposizione dei
grossi vasi necessitano di questa nozione per poter essere correttamente diagnosticate. La sezione di
considera ottimale quando sono visualizzate la parete antero-laterale, l’apice ed il setto inferiore del
ventricolo sinistro. Il ventricolo destro presenta la classica forma triangolare con dimensione circa 1/3
inferiore a quella del ventricolo sinistro. Al suo interno si distingue una struttura ecogena lineare para-apicale
chiamata bando moderatore. E’ possibile differenziare il lembo settale e quello anteriore (più laterale) della
tricuspide ed il lembo anteriore (settale) e posteriore della mitrale. Inclinazioni del trasduttore consentono lo
studio dello sbocco delle vene polmonari, del seno venoso coronarico e del setto interatriale (sezioni definite
off axis per difficoltà nella standardizzazione). La rotazione del trasduttore di circa 90° e l’utiliz zo di uno
spazio intercostale più alto permettono, infine, di visualizzare al disotto degli atri l’aorta discendente, specie
se dilatata, secondo l’asse longitudinale.
2) Sezione cinque camere

Si ottiene a partire dalla sezione precedente inclinando lievemente il trasduttore in avanti verso la parete
anteriore del torace. In questo modo la valvola aortica e la radice aortica appaiono nel posto
precedentemente occupato dalla crux cordis. E’ il miglior piano per studiare il tratto d’efflusso del ventricolo
sinistro, il flusso valvolare aortico e l’eventuale presenza di un difetto interventricolare perimembranoso.
Consente inoltre di visualizzare la porzione anteriore del setto interventricolare e la parete infero-laterale.

3) Sezione due camere

Si ottiene a partire dalla sezione quattro camere dopo aver ruotato il trasduttore in senso antiorario di circa
90°. La sezione di considera ottimale quando sono v isualizzate la parete inferiore (a sinistra), l’apice ed la
parete anteriore (a destra) del ventricolo sinistro con la completa scomparsa delle cavità destre. E’ possibile
distinguere il lembo anteriore e posteriore della mitrale. Consente la quantificazione delle dimensioni delle
camere cardiache sinistre mediante il calcolo dei volumi, che vanno sempre indicizzati per la superficie
corporea del paziente.

4) Sezione tre camere o asse lungo apicale

Si ottiene a partire dalla sezione precedente ruotando il trasduttore in senso antiorario fino alla comparsa del
tratto d’efflusso del ventricolo sinistro e la valvola aortica. La sezione di considera ottimale quando l’apice è
ben visualizzabile e le cuspidi valvolari aortiche presentano la massima escursione di movimento.
Rappresenta un’alternativa alla sezione parasternale longitudinale quando, per motivi di finestra acustica,
non risulti ottimale.

APPROCCIO SOTTOCOSTALE
Il paziente assume il decubito supino o semiseduto, spesso in inspirio profondo, in modo da avvicinare
maggiormente il cuore alla sonda. Il trasduttore viene posto tra l’apofisi xifoidea e l’arcata costale destra o
sinistra. Questo approccio è impiegato per la valutazione di pazienti con accessi acustici standard non
ottimali per elevata impedenza acustica (a causa di obesità, broncopneumopatia, magrezza eccessiva,
malformazioni toraciche). Il problema principale di questo approccio consiste nella difficoltà di
standardizzazione, poiché la finestra sottocostale è ampia e non esistono punti di repere precisi. Molto utile
nell’ambito della patologia pediatrica, per il riconoscimento del situs e la valutazione dei drenaggi venosi.

1) Sezione quattro camere

Si ottiene inclinando la sonda in alto e verso la clavicola sinistra. L’immagine ottenuta ricorda la sezione
quattro camere apicale ma con un differente orientamento in cui il setto interatriale ed interventricolare
appaiono più perpendicolari al fascio ultrasonoro. Ciò consente una miglior valutazione dei difetti interatriali.
Nella parte superiore dell’immagine, dall’alto in basso, è possibile distinguere il fegato, la parete libera del
ventricolo destro con l’apice orientato a destra, la valvola tricuspide (al centro) e l’atrio destro (sulla sinistra).
Procedendo verso il basso si incontra le due cavità sinistre, l’atrio a sinistra ed il ventricolo a destra,
separate dalla valvola mitralica. Mediante piccoli movimenti di rotazione ed inclinazione del trasduttore, è
possibile ottenere sezioni intermedie focalizzate allo studio delle varie strutture cardiache.

2) Sezione cinque camere o longitudinale del tratto d’efflusso del ventricolo sinistro

Si ottiene a partire dalla sezione precedente inclinando il trasduttore in avanti e ruotandolo di circa 30-45°. In
questo modo la valvola aortica e la radice aortica appaiono nel posto precedentemente occupato dalla crux
cordis. Utile per lo studio del tratto d’efflusso del ventricolo sinistro. L’immagine ottenuta ricorda la sezione
cinque camere apicale.

3) Sezione trasversale

Si ottiene a partire dalla sezione quattro camere dopo aver ruotato il trasduttore in senso antiorario di circa
90°. L’immagine ottenuta ricorda la sezione paraste rnale trasversale. In base all’inclinazione del trasduttore
è possibile lo studio del ventricolo sinistro dal piano mitralico fino a quello apicale, passando per la sezione
dei muscoli papillari.

4) Sezione longitudinale del tratto di afflusso ed efflusso del ventricolo destro

Si ottiene a partire dalla sezione precedente inclinando superiormente il trasduttore. L’immagine ottenuta
ricorda la sezione parasternale trasversale grandi vasi. Al centro della scansione si trova la valvola aortica
visualizzata “en face” circondata in una sorta di abbraccio dal cuore destro. In particola modo, superiormente
si trova il tratto d’afflusso con la valvola tricuspide a separare l’atrio dal ventricolo destro; alla sua destra si
trova il tratto d’efflusso con la valvola polmonare a separare il ventricolo destro dal tronco dell’arteria
polmonare e la sua biforcazione.

5) Sezione vena cava inferiore

Si ottiene a partire dalla sezione precedente con il trasduttore inclinato verso la destra del paziente. In
questo modo si visualizza la sezione longitudinale della vena cava inferiore ed il suo ingresso in atrio destro,
in prossimità del quale talora sono presenti i residui della valvola di Eustachio. E’ possibile distinguere le
vene sovraepatiche: originano dall’interno del fegato, sono di diametro inferiore e confluiscono all’interno
della vena cava inferiore. Se si orienta il piano di scansione del fascio ultrasonoro ortogonalmente alla
colonna vertebrale si ottiene la sezione trasversale dei vasi addominali, dove è possibile distinguere sulla
sinistra la vena cava inferiore e sulla destra l’aorta addominale. I due vasi sono facilmente distinguibile in
quanto la vena cava inferiore ha posizione più superficiale e non presenta le tipiche pulsazioni arteriose.

APPROCCIO SOPRASTERNALE
Il paziente mantiene il decubito supino ed estende il collo. Spesso è necessario far eseguire un espirio
forzato. Il trasduttore viene posto nella fossetta giugulare.
1) Sezione longitudinale dell’arco aortico

Il trasduttore va orientato verso il basso e ruotato in modo che il fascio ultrasonoro si diriga parallelamente
all’arco aortico. L’immagine ottenuta consente di distinguere al centro l’arco aortico, a sinistra l’aorta
ascendente ed a destra la discendente, secondo il loro asse longitudinale. Al disotto dell’arco è presente la
sezione trasversale del ramo destro dell’arteria polmonare. A destra, dall’alto in basso, si possono
riconoscere l’arteria anonima, la carotide comune sinistra e la succlavia sinistra. Talvolta, al disopra dell’arco
aortico è possibile visualizzare la vena anonima destra. Questa sezione è particolarmente utile per lo studio
degli aneurismi aortici e della coartazione aortica.

2) Sezione trasversale dell’arco aortico

Si ottiene a partire dalla sezione precedente ruotando il trasduttore in senso orario di circa 90°. L’ immagine
ottenuta contiene l’arco aortico sezionato trasversalmente ed il ramo destro dell’arteria polmonare sezionato
longitudinalmente.

APPROCCI ACCESSORI
In casi selezionati può essere utile valutare le strutture cardiache da un approccio destro. Il paziente è
posizionato in decubito laterale sinistro. In genere, il trasduttore viene posizionato fra il 3 ed il 5 spazio
intercostale, lungo la linea margino-sternale destra. Tale approccio viene utilizzato principalmente per lo
studio dell’aorta ascendente e del setto interatriale. Nei soggetti con destrocardia l’esame viene ottenuto a
partire da un approccio apicale destro, in modo speculare a quello sinistro.

ECOCARDIOGRAFIA M-MODE
La tecnica M-mode è una tecnica ormai limitata alla valutazione delle dimensioni lineari delle strutture
cardiache. Il tracciato M-mode si ottiene a partire dall’immagine bidimensionale, orientando il raggio
esplorante su di questa, in modo che il cursore venga posizionato perpendicolarmente alla cavità che si sta
studiando. Tutte le risorse del sistema sono quindi focalizzate nella scansione di una sola linea eco. Ciò
permette il più alto valore di campionamento (> 2000 volte al secondo), di gran lunga superiore ai 40-80
frames al secondo utilizzati durante l’analisi bidimensionale. Queste misurazioni sono caratterizzate da una
elevata variabilità a causa della difficoltà ad ottenere un allineamento del fascio ultrasonoro perpendicolare
alla struttura cardiaca studiata. Per questo motivo, l’approccio parasternale ed in alternativa quello
sottocostale sono quelli in cui la tecnica M-Mode è maggiormente utilizzata, riservando l’approccio apicale e
soprasternale a casi limitati.

Dall’approccio parasternale longitudinale l’esame M-Mode consente la valutazione delle dimensioni della
radice aortica e dell’atrio sinistro (situato inferiormente). La traccia M-Mode, classicamente mostra le pareti
della radice aortica come due linee ecodense parallele che si muovono in maniera sincrona durante il ciclo
cardiaco. Al suo interno, in assenza di patologia valvolare aortica, è possibile riconoscere le cuspidi valvolari
aortiche (destra e non coronarica) visualizzate come un’unica linea sottile in fase diastolica (valvola chiusa)
e due linee parallele e distanziate in fase sistolica (valvola aperta). Tramite l’approccio parasternale
longitudinale, è inoltre possibile la valutazione dell’escursione dei lembi mitralici. A seconda della fase del
ciclo cardiaco si possono ricavare varie misurazioni, alcune delle quali utilizzate per stabilire l’andamento dei
riempimenti e quindi delle pressioni intraventricolari: il punto E corrisponde alla massima escursione del
lembo anteriore in protodiastole; il punto A corrisponde al movimento di entrambi i lembi in corrispondenza
della contrazione atriale; il punto C corrisponde alla fusione dei lembi in protosistole; il punto D corrisponde
all’inizio della separazione diastolica dei lembi. Tale analisi è ormai passata in sostanziale disuso dopo lo
sviluppo della tecnica bidimensionale e successivamente tridimensionale.
Dall’approccio parasternale trasversale l’esame M-Mode consente la valutazione delle dimensioni e degli
spessori delle cavità ventricolari. In particolar modo, la principale applicazione riguarda il ventricolo sinistro in
quanto consente la quantificazione, mediante formula matematica pre-impostata nel setting di ciascun
ecografico, della massa ventricolare, un parametro prognostico ormai ampiamente validato in letteratura.

Dall’approccio apicale quatto camere l’esame M-Mode permette infine di poter calcolare un parametro di
funzione sistolica ventricolare sinistra (MAPSE) e destra (TAPSE), che corrisponde al’escursione dell’anulus
mitralico e tricuspidalico rispettivamento.
 

Lezione 1C


INFORMAZIONI EMODINAMICHE RICAVATE DALL’ECOCARDIOGRAFIA


A cura di: D. Mele

INTRODUZIONE

L’ecocardiografia Doppler è una tecnica non invasiva in grado di fornire numerose


informazioni quantitative di tipo emodinamico. Tali informazioni sono finalizzare al calcolo dei
seguenti parametri:
• stroke volume e portata cardiaca;
• shunt intracardiaci;
• gradienti transvalvolari;
• aree valvolari;
• rigurgiti valvolari;
• pressioni intracavitarie.

L’accuratezza dei dati ottenuti da parte dell’operatore dipende dai seguenti fattori:
1. dalla comprensione dei principi Doppler e di dinamica dei flussi che sono alla base dei
metodi utilizzati;
2. dalla conoscenza dei metodi da utilizzare e delle situazioni in cui tali metodi possono o
non devono essere applicati;
3. dalla precisione che l’operatore ha nell’acquisire le immagini e nell’effettuare le misure.
Nella formazione del medico ecocardiografista nessuno di questi 3 punti deve essere
trascurato.
In questa lezione saranno sinteticamente descritti i principi generali del Doppler e della
dinamica dei flussi (punto 1) ed anche i principali metodi ecocardiografici e Doppler utilizzabili
per la valutazione incruenta dei parametri emodinamici (punto 2).
Per quanto riguarda il punto 3, e cioè la precisione dell’operatore nell’acquisire le immagini e
nell’effettuare le misure, esso va sostanzialmente affrontato sul campo. Qui è sufficiente
ricordare che anche piccole imprecisioni nella misura di una variabile che fa parte di una
formula possono diventare cruciali se la variabile, ad esempio, viene elevata al quadrato,
determinandosi così una sostanziale amplificazione dell’errore.
Infine, occorre sempre ricordare che tutte le valutazioni quantitative richiedono estrema
precisione da parte dell’operatore non solo nella fase di analisi ma anche nella fase di
acquisizione delle immagini: in presenza di immagini di cattiva qualità o acquisite in modo non
corretto è bene essere molto cauti nell’applicazione dei metodi quantitativi.

1  
 
 

I - PRINCIPI ED EQUAZIONI

I più importanti principi e fenomeni relativi alla dinamica dei flussi sono i seguenti:
• equazioni del flusso e del volume di flusso
• equazione di Bernoulli
• principio ed equazione di continuità
• fenomeno della vena contracta
• fenomeno del recupero di pressione
• fenomeno della regione di convergenza

Equazioni del flusso. Il flusso (o portata) è definito come il prodotto dell’area di sezione di
un condotto per la velocità del flusso:
Q=area x V

Nel caso di un vaso o di una valvola, la velocità viene ottenuta dalla traccia Doppler, che deve
essere registrata nel punto in cui si effettua la valutazione dell’area di sezione del vaso o della
valvola. Il flusso che viene calcolato è quello istantaneo poiché la velocità che si può
direttamente misurare sulla traccia Doppler è quella istantanea:

Qist (ml/s) = area (cm2) x Vist (cm/s)

Se la velocità istantanea che viene misurata è quella massima o di picco, il flusso calcolato è
quello istantaneo massimo o di picco:

Qist max (ml/s) = area (cm2) x Vist max (cm/s)

Talvolta l’area del condotto o della valvola varia durante il ciclo cardiaco. Pertanto il momento
in cui si effettua il calcolo dell’area del condotto o della valvola deve corrispondere, dal punto
di vista temporale, al momento in cui viene misurata la velocità istantanea.
Un altro parametro di interesse è il volume di flusso, cioè la quantità di sangue che
attraversa la sezione di un vaso o di una valvola in un certo periodo di tempo, ad esempio
durante la sistole o la diastole. In questo caso non si utilizza la velocità istantanea del flusso
ma l’integrale tempo-velocità (ITV) della curva Doppler di velocità, il quale si esprime in unità
metriche:

Volume di flusso (cm3 o ml) = area (cm2) x ITV (cm)

Un esempio di volume di flusso è lo stroke volume aortico (“aortic stroke volume”), cioè la
quantità di sangue che il ventricolo sinistro espelle in aorta durante la sistole eiettiva, oppure il
volume di afflusso mitralico (mitral inflow volume), cioè la quantità di sangue che durante la
fase di riempimento ventricolare attraversa la valvola mitrale. Affinchè la formula possa
essere applicata è necessario che l’area di sezione del vaso o della valvola o dell’anello
valvolare attraverso cui passa il flusso non vari nel tempo.

Equazione di Bernoulli. Questa equazione stima la differenza (o gradiente) di pressione


(∆P=P2-P1) esistente ai lati di un orificio ristretto utilizzando l’aumento della velocità di flusso
2  
 
durante la fase di riempimento ventricolare attraversa la valvola mitrale. Affinchè la
formula possa essere applicata è necessario che l’area di sezione del vaso o della valvola
  o dell’anello valvolare attraverso cui passa il flusso non vari nel tempo.
Equazione di Bernoulli. Questa equazione stima il gradiente pressorio (ΔP=P2-P1)
che si genera
esistente a livelloun
attraverso dell’orificio.
orificio ristretto utilizzando l’aumento della velocità di flusso che si
genera a livello dell’orificio.

P1=pressione nella zona 1


P2=pressione nella zona 2
ρ=densità del sangue (1.06 x 103 Kg/m3)
V1=velocità nella zona 1
V2=velocità nella zona 2

L’equazione è la seguente:
L’equazione è la seguente: 20

P2-P1

Accelerazione Accelerazione Attrito


convettiva inerziale del flusso viscoso

IlIl gradiente pressorio risulta


risulta dalla
dalla somma
sommadiditretrecomponenti:
componenti:l’accelerazione
l’accelerazione convettiva,
convettiva,
l’accelerazione inerziale
l’accelerazione inerziale del
delflusso
flussoeel’attrito
l’attritoviscoso.
viscoso.L’accelerazione
L’accelerazioneconvettiva
convettivaè èquella
quellache
che deriva dallo spostamento delle particelle del fluido. L’accelerazione
deriva dallo spostamento delle particelle del fluido. L’accelerazione inerziale del inerziale del flusso
flusso
assume valori significativi solo nella fase di inizio del flusso ed è nulla
assume valori significativi solo nella fase di inizio del flusso ed è nulla nel momento nel momento di di
massima velocità. L’attrito viscoso è una caratteristica del fluido
massima velocità. L’attrito viscoso è una caratteristica del fluido che scorre e pesa che scorre e pesa
maggiormente in
maggiormente in vicinanza
vicinanza delle
delle pareti.
pareti. Questa
Questa equazione,
equazione,comecomesisidiràdiràpiùpiùavanti,
avanti,puòpuò
essere semplificata eliminando l’accelerazione inerziale e l’attrito viscoso e convertendo
essere semplificata eliminando l’accelerazione inerziale e l’attrito viscoso e convertendo
l’unità di misura di ρ per cui il coefficiente 1/2 ρ diventa 3.975 ≅ 4. Si ottiene così la
l’unità di misura di ρ, per cui il coefficiente 1/2 ρ diventa 3.975 ≅ 4. Si ottiene così la seguente
seguente equazione:
equazione:
ΔP = 4 (V22 – V12)
∆P = 4(V22 –V12)
Se V1 (a monte) è molto più piccola di V2, V1 può essere trascurata e V2=V. Si ottiene così

Suna
e Vulteriore semplificazione della formula:
1 (a monte) è molto più piccola di V2, V1 può essere trascurata e V2=V. Si ottiene così
una ulteriore semplificazione della formula:

ΔP = 4v2 (equazione semplificata)
∆P = 4v2 (equazione semplificata)
In alcune circostanze, tuttavia, V1 è significativa per cui si rende necessario utilizzare
In alcune circostanze,
l’equazione intermedia chetuttavia, V1 laè misura
prevede significativa
di 2 velocitàper cui
(V1 si
e Vrende
2).
necessario utilizzare
l’equazione intermedia che prevede la misura di 2 velocità (V1 e V2).
Principio di continuità. In un sistema chiuso con massa di flusso costante, il flusso è
Principio di deriva,
costante. Ne continuità. In un sistema
ad esempio, chiuso
che il flusso con massa
prossimale a undiorificio
flusso ristretto
costante, il flusso
è uguale a è
costante.
quello cheNeattraversa
deriva, adl’orificio.
esempio, Sechenelil sistema
flusso prossimale
il flusso è acostante,
un orificioadristretto è uguale
ogni punto del a
quello
sistema è costante anche il prodotto tra area di sezione del condotto e velocità di flusso. è
che attraversa l’orificio. Se nel sistema il flusso è costante, ad ogni punto del sistema
Questa è la cosiddetta equazione di continuità:
3  
 
In alcune circostanze, tuttavia, V1 è significativa per cui si rende necessario utilizzare
l’equazione intermedia che prevede la misura di 2 velocità (V1 e V2).

Principio
  di continuità. In un sistema chiuso con massa di flusso costante, il flusso è
costante. Ne deriva, ad esempio, che il flusso prossimale a un orificio ristretto è uguale a
quello che attraversa l’orificio. Se nel sistema il flusso è costante, ad ogni punto del
costanteèanche
sistema il prodotto
costante anche iltra area ditra
prodotto sezione
area didel condotto
sezione del econdotto
velocitàedivelocità
flusso. di
Questa
flusso.è la
cosiddetta
Questa è laequazione
cosiddettadiequazione
continuità:di continuità:

L’equazione può essere


essere usata
usata per
percalcolare
calcolarel’area
l’areadidisezione
sezionedeldel
condotto
condottoadad un un
certo livello
certo
livello conoscendo
conoscendo l’area l’area di sezione
di sezione ad un ad unlivello
altro altro livello e le rispettive
e le rispettive velocità
velocità di flusso.
di flusso.

Fenomeno della
Fenomeno della vena
venacontracta.
contracta.Quando
Quandoununflusso
flussoattraversa
attraversaun
unorificio
orificioristretto
ristrettolelelinee
linee di
flusso
di continuano
flusso continuanoa convergere anche anche
a convergere dopo il dopo
superamento dell’orificio,
il superamento per poi divergere.
dell’orificio per poi La
21
vena contracta è la zona in cui l’area di sezione del flusso è minima e la velocità di flusso è
massima.
divergere. La vena contracta è la zona in cui l’area di sezione del flusso è minima e la
velocità di flusso è massima.

f lu s s o f lu s s o

orificio vena contracta = area minore, velocità maggiore

L’ area a livello della vena contracta costituisce la cosiddetta area valvolare funzionale o
L’ effettiva
area a(Ae) ed èdella
livello normalmente il 65-85%
vena contracta dell’arealaanatomica
costituisce cosiddetta(Aa)
areaa livello dell’orificio
valvolare [nel o
funzionale
caso di orifici rigurgitanti si definisce EROA = effective regurgitant orifice
effettiva (Ae) ed è normalmente il 65-85% dell’area anatomica (Aa) a livello dell’orificio [nel area]. Il rapporto
casofra l’area funzionale
di orifici e l’ area
rigurgitanti anatomica
si definisce EROAè il cosiddetto
= effective coefficiente di contrazione
regurgitant orifice area]. Il (CC):
rapporto fra
l’area funzionale e l’ area anatomica è il cosiddetto coefficiente di contrazione (CC):
CC = Ae / Aa = 0,65 - 0,85 (<1)
CC = Ae / Aa = 0,65 - 0,85 (<1)
Il fenomeno della vena contracta è molto importante da conoscere in quanto esso entra a
Ilfar fenomeno della vena
parte di alcuni metodi contracta è moltodelle
di valutazione importante da conoscere
insufficienze in quanto
e delle stenosi esso entra a far
valvolari.
parte di alcuni metodi di valutazione delle insufficienze e delle stenosi valvolari.
Fenomeno del recupero di pressione. Dopo la vena contracta le linee di flusso
cominciano a divergere e la velocità di flusso 4   si riduce: ciò determina un progressivo
 aumento della pressione, fenomeno noto appunto come recupero distale di pressione (o
distal pressure recovery).
fra l’area funzionale e l’ area anatomica è il cosiddetto coefficiente di contrazione (CC):

CC = Ae / Aa = 0,65 - 0,85 (<1)


 
Il fenomeno della vena contracta è molto importante da conoscere in quanto esso entra a
far parte di alcuni metodi di valutazione delle insufficienze e delle stenosi valvolari.
Fenomeno del recupero di pressione. Dopo la vena contracta le linee di flusso cominciano
a divergere e
Fenomeno della recupero
velocità di diflusso si riduce:
pressione. ciò determina
Dopo un progressivo
la vena contracta le lineeaumento della
di flusso
pressione, fenomeno noto appunto come recupero distale di pressione (o distal
cominciano a divergere e la velocità di flusso si riduce: ciò determina un progressivo pressure
aumento della pressione, fenomeno noto appunto come recupero distale di pressione (o
recovery).
distal pressure recovery).

La ragione per cui, quando


quando V
la èVpiù
è più
altaalta
P èlapiù
P bassa
è più bassa e, quando
e quando la V diminuisce,
V diminuisce P aumenta,la P
sta nel principio
aumenta, sta neldella conservazione
principio dell’ energia.dell’
della conservazione Infatti, se non
energia. vienese
Infatti, aggiunta energia
non viene al
aggiunta
sistema:al sistema:
energia

EE + +EE
cinetica
cinetica = =KK
potenziale
potenziale

L’energia cinetica è uguale a 1⁄2 mv2, dipende cioè dalla velocità del flusso, mentre l’energia
potenziale equivale alla pressione laterale. Pertanto, alla vena contracta la P è bassa in
quanto la V è alta mentre distalmente la P aumenta in quanto la V diminuisce. 
Il pressure
recovery dipende anche dalla geometria dell’orificio e degli effetti viscosi che generano
turbolenze.

Area di convergenza del flusso. Il flusso che si avvicina ad un orificio ristretto si organizza
secondo linee di flusso convergenti verso l’orificio. Su ognuna di queste linee alla stessa
distanza dall’orificio la velocità del flusso è la stessa. I punti di isovelocità possono essere
uniti idealmente da linee di isovelocità curve ciascuna delle quali ha un proprio raggio: le linee
con raggio minore hanno velocità maggiore e viceversa.

5  
 
Area di convergenza del flusso. Il flusso che si avvicina ad un orificio ristretto si
organizza secondo linee di flusso convergenti verso l’orificio. Su ognuna di queste linee
alla stessa distanza dall’orificio la velocità del flusso è la stessa. I punti di isovelocità
 
possono essere uniti idealmente da linee di isovelocità curve ciascuna delle quali ha un
proprio raggio: le linee con raggio minore hanno velocità maggiore e viceversa.

Linee di flusso

Linee di
isovelocità
àà

Flusso Orificio
rigurgitante rigurgitante

Nello
Nellospazio
spazio tridimensionale la regione
tridimensionale di convergenza
la regione può essere
di convergenza pensata
può esserecome una come una serie di
pensata
serie di semisfere di isovelocità concentriche: la semisfera più piccola ha la velocità
semisfere di isovelocità concentriche: la semisfera più piccola ha la velocità maggiore. A
maggiore. A livello di ogni semisfera il flusso è lo stesso ed è il prodotto dell’area di
livello didella
superficie ogni semisfera
semisfera per la ilvelocità
flusso cheèlalo stesso ed è il prodotto dell’area di superficie della
caratterizza:
semisfera per la velocità · V = 2πr2 · V = 6.28r2 · V
che la caratterizza:
Q = area semisfera

Il fenomeno dell’area di convergenza


Q = areadel flusso fa ·parte
semisfera V = del 2πrcosiddetto
2 metodo
· V = 6.28r 2
· VPISA
(proximal isovelocity surface area) utilizzato per il calcolo del flusso attraverso un orificio
ristretto o dell’area stessa dell’orificio. Questo metodo utilizza il color Doppler ed il
Il fenomeno
fenomeno dell’area
dell’aliasing. di convergenza
Grazie a questo fenomeno del ilflusso
flusso inè avvicinamento
alla base del cosiddetto metodo PISA
all’orificio
(proximal
viene isovelocity
rappresentato con unsurface area) quando
colore diverso utilizzato per il vacalcolo
la velocità del aflusso
in aliasing: secondaattraverso un orificio
che il flusso
ristretto sia in avvicinamento
o dell’area o in allontanamento
stessa dell’orificio. Questo metodo rispetto alutilizza
trasduttore il colore
il color Doppler ed il fenomeno
cambia da rosso a blu o da blu a rosso. La velocità di aliasing (Va) è nota ed è riportata
dell’ schermo
sullo aliasing. Grazie a questo
dell’ecocardiografo sotto la fenomeno il flusso
barra delle velocità. in avvicinamento
A partire dalla zona di all’orificio viene
rappresentato
aliasing, conessere
inoltre, può un colore diverso
misurata quando
la distanza la velocità
dall’orificio, va in aliasing:
che costituisce il raggio a (raseconda
) che il flusso
della
sia insemisfera di aliasing.oPertanto
avvicinamento la formula su citata
in allontanamento diviene:
rispetto al trasduttore il colore cambia da rosso a blu
o da blu Q a =rosso. La velocità di aliasing (Va) è nota ed è riportata sullo schermo
area semisfera di aliasing · Va = 2πra2 · Va = 6.28ra2 · Va
a
dell’ecocardiografo sotto la barra delle velocità. A partire dalla zona di aliasing, inoltre, può
essere misurata la distanza dall’orificio, che costituisce il raggio (ra) della semisfera di
aliasing. Pertanto la formula su citata diviene:

Qa = area semisfera di aliasing · Va = 2πra2 · Va = 6.28ra2 · Va

dove Qa rappresenta il flusso calcolato a livello della semisfera di aliasing.

Area del cerchio. Questa formula si applica frequentemente in ecocardiografia per calcolare
l’area di sezione di un condotto o di un orificio circolare. Essa può essere espressa in modi
diversi ma in genere si tende ad applicarla utilizzando il diametro del condotto o dell’orificio,
cioè la misura che viene effettivamente eseguita:

Area = π · r2 = π · (D/2)2 = π · D2/4 = π/4 · D2 = 0.785 · D2

6  
 
 

II - STROKE VOLUME E PORTATA CARDIACA

Lo stroke volume (SV) anterogrado è la quantità di sangue espulsa dal ventricolo sinistro in
aorta ad ogni battito. In assenza di insufficienza mitralica o difetto interventricolare esso
coincide con lo stroke volume totale del ventricolo sinistro, calcolato come differenza fra il
volume telediastolico e telesistolico. Tuttavia, in presenza delle situazioni patologiche su
citate, lo stroke volume anterogrado è minore di quello totale poiché una quantità di sangue
durante la sistole rigurgita in atrio sinistro o passa nel ventricolo destro.
La portata cardiaca (PC) è per definizione quella anterograda ed è la quantità di sangue
espulsa dal ventricolo sinistro in aorta in un minuto. Se indicizzata per la superficie corporea
(BSA) essa si definisce indice cardiaco (IC). Si hanno pertanto le seguenti formule:

PC (l/min) = SV anterogrado x FC

IC (l/min/m2) = PC/BSA

dove FC=frequenza cardiaca. Il valore normale dell’indice cardiaco è 2.6-4.2 l/min/m2. Al


cateterismo cardiaco lo stroke volume anterogrado viene calcolato dalla portata cardiaca; in
ecocardiografia la portata cardiaca viene calcolata dallo stroke volume.

Metodi di calcolo dello stroke volume

METODO DEI VOLUMI. Lo SV viene calcolato con la seguente formula:

SV (ml) = VTD (ml) – VTS (ml)

Questo approccio:
• richiede l’eco 3D-RT per una stima accurata dei volumi;
• non è applicabile in presenza di insufficienza mitralica o difetto interventricolare 
(calcola lo
stroke volume totale e dunque sovrastima lo SV anterogrado);
• va usato con cautela in presenza di immagini di cattiva qualità, che possono 
pregiudicare
l’accuratezza del risultato.


METODO ECO-DOPPLER. Lo SV viene calcolato con la seguente formula generale: 


SVant (ml) = area TEVS (cm2) x ITV dell’eiezione aortica (cm) 


dove TESV è l’area del tratto di efflusso ventricolare sinistro. Questo approccio:
• assume che l’area del tratto di efflusso non cambi durante la sistole;
• non è applicabile in presenza di stenosi aortica (di qualunque grado) e di altre ostruzioni
all’efflusso ventricolare sinistro.
L’area del tratto di efflusso viene calcolata a partire dal suo diametro. Si utilizza in genere il
diametro a livello dell’anello aortico, che la zona dove è maggiormente soddisfatta la
geometria circolare. Supponendo che D=1.1 cm e ITV=21.5 cm si ha:

7  
 
 

SVant = 0.785 · D2 ·ITV = 0.785 · (2.2 cm)2 · 21.5 cm = 81.7 ml

Poiché il diametro è elevato al quadrato, errori di 1 mm variano sensibilmente lo SV.


Nell’esempio suddetto la variazione può essere compresa fra -9% e +9%:

SV = 0.785 · (2.3 cm)2 · 21.5 cm = 89.3 ml (+9% circa)


SV = 0.785 · (2.2 cm)2 · 21.5 cm = 81.7 ml
SV = 0.785 · (2.1 cm)2 · 21.5 cm = 74.4 ml (-9% circa) 


Nella applicazione del metodo occorre utilizzare i seguenti accorgimenti.


• Ingrandire il tratto di efflusso con lo zoom.
• Misurare il diametro alla base dei lembi a valvola aperta (protosistole) (evitare
la 
misura del diametro a valvola chiusa).
• Porre il volume campione del Doppler PW a livello dell’anello aortico.
• Tracciare lungo il contorno esterno della parte più densa (più brillante) della
curva 
Doppler spettrale (evitare la traccia della parte centrale o interna della
curva 
Doppler spettrale).
• In ritmo sinusale usare la media di 3-5 battiti.
• In studi seriali (ripetuti nel tempo) usare il diametro misurato nel primo studio.

Il metodo ha alcuni limiti applicativi che vanno tenuti presente.
• Immagini di cattiva qualità e lesioni calcifiche pregiudicano una corretta
misurazione 
del diametro: in questi casi la valutazione dello SV va fatta utilizzando un
altro 
metodo.
• Evitare i battiti prematuri e post-extrasistolici.
• Nel caso di ritmo elettroindotto, considerare il tipo di elettrostimolazione.
• Nel caso di tachiaritmie atriali i dati sono meno attendibili e si può limitare
l’errore 
utilizzando la media di 5-10 battiti.


Lo stroke volume anterogrado andrebbe calcolato in tutte quelle situazioni in cui è presente
insufficienza mitralica o DIV o DIA e si vuole conoscere la portata anterograda. In presenza di
IM o DIV il metodo da utilizzare è quello eco-Doppler. Per ottenere risultati affidabili è
necessaria una curva di apprendimento con confronto dei valori ottenuti con quelli forniti da
una metodica indipendente (possibilmente non ultrasonora). 


8  
 
 

III - SHUNT INTRACARDIACI 


La quantificazione degli shunt intracardiaci si basa sul calcolo delle portate anterograde di
destra e di sinistra utilizzando i concetti e i metodi esposti in precedenza.

In presenza di uno shunt intracardiaco sinistra-destra, la portata anterograda destra (portata
polmonare, Qp) è maggiore di quella sinistra aortica (portata sistemica, Qs). La differenza fra
le due portate (Qp-Qs) equivale al flusso di shunt. Il rapporto fra le due portate (Qp/Qs) è un
indice della gravità dello shunt. 
Per il calcolo di Qp e Qs si utilizza il metodo integrato eco-
Doppler utilizzando la formula generale:


 s (ml/min) = area TEVS (cm2) x ITV dell’eiezione aortica (cm) x FC


Q
Qp (ml/min) = area TEVD (cm2) x ITV dell’eiezione polmonare (cm) x FC

dove TEVD=tratto di efflusso del ventricolo destro. Analogamente al caso del TEVS, la misura
del diametro del TEVD viene generalmente fatta a livello dell’anello della valvola polmonare.
A questo stesso livello viene posizionato il volume campione del Doppler pulsato. Per il
calcolo del rapporto Qp/Qs si può ovviamente omettere la FC e utilizzare solo i due stroke
volume.

9  
 
 

IV – GRADIENTI DI PRESSIONE

Le principali condizioni cliniche in cui è utile la valutazione dei gradienti di pressione sono:
• stenosi valvolari (aortica, mitralica, polmonare, tricuspidale);
• altre ostruzioni all’efflusso ventricolare sinistro (CMP ipertrofica, stenosi sotto
e 
sopravalvolari);
• insufficienze valvolari;
• protesi valvolari;
• coartazione aortica;
• difetto interatriale e interventricolare.

Il calcolo dei gradienti di pressione viene effettuato utilizzando le tracce Doppler CW e si basa
su una semplificazione della equazione di Bernoulli:


∆P = 4 (V22 –V12)


dove ∆P è il gradiente di pressione, V1 è la velocità a monte dell’orificio e V2 è la velocità a


livello dell’orificio.
 In questa equazione sono trascurati due termini della equazione completa e
cioè la componente relativa all’attrito viscoso, poiché il flusso cardiaco è inviscido, e la
componente relativa all’accelerazione inerziale, poiché l’orificio attraverso cui si valuta il
gradiente è in genere ristretto. Inoltre, come si è detto in precedenza, l’unità di misura di ρ
(densità del sangue) viene convertita, per cui il coefficiente 1/2ρ presente nella formula
principale diviene uguale a 3.975 ≅ 4. 
Abitualmente nelle condizioni cardiologiche in cui viene
applicata la formula di Bernoulli la velocità V1 è molto più piccola di V2 (considerata a livello
del jet) o comunque in genere <1 m/sec, per cui V1 viene trascurata e V2=V. Si ottiene così la
forma semplificata dell’equazione: 

∆P = 4 V2 


Occorre tener presente che l’equazione di Bernoulli consente il calcolo di un gradiente


pressorio ma non dice nulla sulle pressioni che generano il gradiente. Pertanto lo stesso
gradiente potrebbe essere il risultato di pressioni anche molto diverse fra di loro, come si
vede nell’esempio sottostante:


40mmHg = 200 mmHg - 160mmHg


40mmHg = 60 mmHg - 20mmHg


L’equazione, tuttavia, consente il calcolo di una pressione se è nota l’altra pressione che
genera il gradiente. Ad esempio, se consideriamo uguale a 30 mmHg il gradiente sistolico
transtricuspidale fra ventricolo destro (VD) e atrio destro (AD) e se assumiamo che la
pressione in AD è uguale a 5 mmHg, si ha che:

∆P = PVD – PAD = 30 mmHg

e quindi che:


PVD = ∆P + PAD = 30 mmHg + 5 mmHg = 35 mmHg

10  
 
 

In alcune condizioni cliniche le assunzioni accettate per semplificare l’equazione di Bernoulli


non sono applicabili e vanno considerate anche le componenti eliminate dalla formula
generale. Tali condizioni sono:
• Alta velocità prossimale alla stenosi (alta V1)

Stenosi aortica in condizioni di alta gittata

Stenosi aortica con coesistente insufficienza aortica significativa
Stenosi aortica con concomitante ostruzione sottovalvolare
• Elevata frizione viscosa

Ostruzioni lunghe tubolari (DIV muscolari)

Aumentata viscosità ematica (policitemia, ipergammaglobulinemia)
• Elevata accelerazione di flusso
 26

Aumento del momento per aprire alcuni tipi di protesi valvolari


In alcune condizioni cliniche le assunzioni accettate per semplificare l’equazione di
Bernoulli non sono applicabili e vanno considerate anche le componenti eliminate. Tali
condizioni sono:
GRADIENTE SISTOLICO AORTICO
• Alta velocità prossimale alla stenosi (alta V1)
Stenosi aortica in condizioni di alta gittata
Stenosi aortica con coesistente insufficienza significativa
Il gradiente sistolico aortico istantaneo di picco può essere utilizzato come esempio per
Stenosi aortica con concomitante ostruzione sottovalvolare
• Elevata frizione viscosa
sottolineare le peculiarità e i limiti dell’equazione di Bernoulli semplificata. Si devono
Ostruzioni lunghe tubolari (DIV muscolari)
Aumentata viscosità ematica (policitemia, ipergammaglobulinemia)
distinguere situazioni di sovrastima e di sottostima del gradiente aortico rispetto al
• Elevata accelerazione di flusso

cateterismo.
Aumento del momento per aprire alcuni tipi di protesi valvolari

Cause
GRADIENTEdi sovrastima.
SISTOLICO AORTICO Nell’ esempio della figura sotto riportata vi è una V2-max di 3.7 m/sec
ma anche una V1 significativa
Il gradiente sistolico aortico
di 1.3 m/sec.
istantaneo di picco può essere utilizzato come esempio per
sottolineare le peculiarità e i limiti dell’equazione di Bernoulli semplificata..

In questo esempio vi è una V2 di 3.7 m/sec ma anche una V1 significativa di 1.3 m/sec.
Applicando l’equazione semplificata alla sola velocità max V2 di 3.7 m/sec si ottiene un ΔP
Applicando l’equazione semplificata alla sola velocità V di 3.7 m/sec si ottiene un ∆P
di 54.8 mmHg. Invece, usando l’equazione completa che include anche la V1 di 1.3 m/sec, 2-max
istantaneo di picco di 54.8 mmHg. Invece, usando l’equazione completa che include anche la
si ottiene un gradiente istantaneo di picco di 48 mmHg, minore di quello calcolato con
l’equazione semplificata. In altri termini, quando V1 è significativa l’equazione semplificata
V di 1.3 m/sec, si ottiene un ∆P di 48 mmHg, minore di quello calcolato con l’equazione
tende
1 a sovrastimare l’entità della stenosi rispetto al cateterismo. In questi casi, pertanto,
va utilizzata l’equazione completa: ΔP = 4 (V22 – V12).
semplificata. In altri termini, quando V1 è significativa, l’equazione di Bernoulli semplificata
tende a sovrastimare l’entità della stenosi rispetto al cateterismo. In questi casi, pertanto, va
utilizzata l’equazione completa: ∆P = 4 (V22 – V12).
11  
 
 

In aggiunta alla presenza di una significativa V1 non considerata nell’equazione semplificata,


vi sono altre cause di “sovrastima” rispetto al cateterismo che vanno considerate:
• innanzi tutto il gradiente sistolico aortico del Doppler è un gradiente istantaneo di
picco 
mentre quello del cateterismo (ottenuto con la tecnica del pull-back) è picco-a-picco
ed 
è inferiore;
• in secondo luogo va considerato il fenomeno del recupero distale di pressione
(distal 
pressure recovery). Al cateterismo il catetere viene ritirato da ventricolo, con il
metodo del pull-back, per misurare la pressione in aorta. In genere tale misura non
avviene a livello della vena contracta (dove il gradiente è massimo) ma a livello della zona
di recupero pressorio (dove il gradiente è più basso, poiché la pressione è più alta). A
causa del fenomeno del recupero pressorio, la misura con il cateterismo del gradiente
pressorio nella zona di recupero della pressione sottostima il gradiente massimo
valutabile con il Doppler. Il fenomeno del recupero pressorio distale è più marcato nel
caso di aree valvolari più grandi associate a vasi a valle più piccoli. Perciò tale fenomeno
ha maggior impatto nel caso di stenosi lievi-moderate con diametro aortico normale
rispetto a stenosi severe con dilatazione aortica post-stenotica. Clinicamente il recupero
pressorio può determinare variazioni pressorie di 5-10 mmHg.

Cause di sottostima. Vi sono anche da considerare cause di “sottostima” del gradiente di
picco nella stenosi aortica rispetto al cateterismo. Fra queste va ricordato soprattutto
l’orientamento non parallelo del fascio ultrasonoro rispetto alla direzione del flusso
transaortico.

Il gradiente aortico sistolico medio del Doppler ha un minor errore rispetto al gradiente di
picco nei confronti degli analoghi gradienti al cateterismo. Esso, pertanto, va sempre
considerato nella valutazione dell’entità della stenosi aortica.

GRADIENTE DIASTOLICO MITRALICO

Nella stenosi mitralica il gradiente di interesse è solo quello diastolico medio, calcolato dalla
28
traccia dell’onda Doppler CW registrata nella sezione apicale 4 camere.

Il gradiente diastolico transmitralico aumenta all’aumentare del grado di stenosi. In genere,


se gradiente medio a riposo è < 5 mmHg l’ostruzione è lieve, se è >10 mmHg l’ostruzione
è marcata.
12   non solo
 
Il gradiente diastolico transmitralico valutato mediante Doppler CW dipende
inversamente dalla grandezza dell’orificio (cioè dal grado di stenosi) ma anche
direttamente dal flusso attraverso la valvola e ciò costituisce un limite del metodo Doppler.
In altri termini, se il flusso aumenta mantenendosi stabile la stenosi aumenta anche la
velocità e viceversa (in base all’equazione Q=A x V). L’aumento della velocità di flusso
 

Il gradiente diastolico transmitralico aumenta all’aumentare del grado di stenosi. In genere, se


il gradiente medio a riposo è < 5 mmHg l’ostruzione è lieve, se è >10 mmHg l’ostruzione è
Il gradiente diastolico transmitralico aumenta all’aumentare del grado di stenosi. In genere,
marcata.

Ilsegradiente
gradiente medio a riposo
diastolico è < 5 mmHg l’ostruzione
transmitralico è lieve, se èDoppler
valutato mediante >10 mmHg CWl’ostruzione
dipende inversamente
è marcata.
dalla grandezza
Il gradiente dell’orificio
diastolico (cioè valutato
transmitralico dal grado di stenosi)
mediante e direttamente
Doppler CW dipende non dal flusso
solo attraverso la
valvola e ciò costituisce un limite del metodo Doppler. Infatti,
inversamente dalla grandezza dell’orificio (cioè dal grado di stenosi) ma anche se il flusso aumenta, pur
mantenendosi
direttamente dal stabile la stenosi,
flusso attraverso aumenta
la valvola anche launvelocità
e ciò costituisce limite deldimetodo
flussoDoppler.
e viceversa (in base
In altri termini, Q=A
all’equazione se il flusso
x V).aumenta
L’aumentomantenendosi stabile la
della velocità di stenosi
flusso aumenta anchelalavalutazione del
condiziona
velocità e viceversa (in base all’equazione Q=A x V). L’aumento della velocità di flusso
gradiente con l’equazione di Bernoulli semplificata:
condiziona la valutazione del gradiente con l’equazione di Bernoulli semplificata:

Q=Av v = Q/A ΔP = 4v2 = 4 (Q/A)2

Pertanto:
Pertanto:
in presenza di stenosi severe: ΔP si riduce se il flusso transvalvolare anterogrado è
• ridotto,

in presenza
ad esempio di per
stenosi
aumento severe: ∆P si riduce
della frequenza se il flusso transvalvolare anterogrado
cardiaca;
• 
ridotto, ad
inèpresenza esempio
di stenosi perΔP
lievi: aumento
può essere dellaaumentato
frequenza se cardiaca;
il flusso transvalvolare
• in presenza di stenosi lievi: ∆P può essere
anterogrado è aumentato, ad esempio per presenza di significativaaumentato
insufficienza se il flusso
mitralica.
transvalvolare 
anterogrado è aumentato, ad esempio per presenza di significativa
Altre fonti di errore nella stima del gradiente diastolico mitralico sono:
insufficienza 
mitralica.
• cattivo allineamento del fascio (possibile sottostima) [va comunque considerato che

Altre fonti di errore
nella stenosi nella l’allineamento
mitralica stima del gradiente
del fasciodiastolico
ultrasonoro mitralico sono: del flusso
con la direzione
• è cattivo
in genereallineamento
meno problematico del fascio
rispetto (possibile sottostima) [va comunque considerato che
alla stenosi aortica];
• coesistenza di significativa insufficienza aortica (possibile
nella stenosi mitralica l’allineamento del fascio ultrasonoro sovrastima). con la direzione del flusso è
in genere meno problematico rispetto alla stenosi aortica];
• coesistenza di significativa insufficienza aortica (possibile sovrastima).

13  
 
 

V - AREE VALVOLARI

1-STENOSI AORTICA

Vi sono vari metodi per ottenere il valore dell’area valvolare nella stenosi aortica, riassunti
schematicamente di seguito:


1-Misura diretta (area planimetrica)


-Ecocardiografia bidimensionale
2-Calcolo indiretto (a partire dal flusso)
-Metodo integrato eco 2D-Doppler
-Metodo integrato eco 3D-Doppler


Ogni metodo ha, ovviamente, vantaggi e limiti.

METODO PLANIMETRICO. L’area planimetrica è dinamica, cioè varia in relazione al flusso:


essa, pertanto, varia durante l’eiezione, come dimostrato da Arsenault, oltre che a causa di
variazioni del ritmo cardiaco. L’area da misurare è quella massima.
 I limiti principali sono:
• la difficoltà nell’identificare i contorni dei lembi o a causa di una scadente qualità delle
immagini o a causa di calcificazioni della valvola e di riverberi che mascherano l’area
reale;
• la difficoltà nell’ottenere il corretto taglio asse-corto della valvola a livello dell’area più
ristretta, soprattutto quando i lembi hanno una morfologia a cupola. 


METODO ECO-DOPPLER 2D. Si basa sull’equazione di continuità, in base alla quale l’area a
livello della valvola può essere calcolata conoscendo l’area a livello del tratto di efflusso (TE)
e gli integrali velocità-tempo (IVT) del flusso a tutti e due i livelli (IVTpw TE e IVT cw): 


StAo = area TE IVTpw TE


IVTcw 


L’area di TE moltiplicata per l’IVTpw TE esprime, come si è già detto più volte, lo SV
anterogrado del ventricolo sinistro. Dunque, utilizzando le formule già descritte in precedenza,
si ha che: 

StAo = SV = 0.785 · D2 · ITVpw
IVT cw IVT cw


Se il diametro del TE è 1.1 cm e gli ITV 21.5 cm e 104 cm, si ha che: 


StAo = 0.785 · (1.1 cm)2 · 21.5 cm = 0.78 cm2


104 cm 


METODO ECO-DOPPLER 3D. Si basa sostanzialmente sullo stesso principio del metodo
precedente con la differenza che lo SV viene calcolato con l’ecocardiografia 3D come
differenza del volumi telediastolico e telesistolico ventricolare. Questo metodo, ovviamente,
14  
 
 

presuppone che lo SV ottenuto dai volumi sia uguale a quello anterogrado aortico e ciò
richiede che non vi siano perdite nel sistema, cioè assenza di insufficienza mitralica e di shunt
interventricolare.

I limiti dei metodi eco-Doppler sono riassunti di seguito schematicamente.

Limiti generali
• Non sempre è facile l’allineamento parallelo del Doppler CW con ladirezione del
flusso 
per la misura di Vmax.
• Necessità di effettuare più misurazioni (5-10) in presenza di aritmie
(fibrillazione 
atriale).
Limiti specifici del metodo eco-Doppler 2D
• Difficile la corretta misura del diametro del tratto di efflusso in presenza di
calcificazioni 
o di cattiva qualità delle immagini.
• Necessità di posizionare correttamente il volume campione del Doppler PW nel tratto
di 
efflusso dove viene fatta la misura del diametro.
Limiti specifici del metodo eco-Doppler 3D
• 
Non applicabile se presente insufficienza mitralica.

• Non applicabile se scadente qualità delle immagini 3D.

2- STENOSI MITRALICA

Vi sono vari metodi per ottenere il valore dell’area valvolare nella stenosi mitralica, riassunti
schematicamente di seguito:


1-Misura diretta (area planimetrica)


-Ecocardiografia bidimensionale
2-Calcolo indiretto (a partire dal flusso)
-Metodo PHT

-Metodo integrato eco-Doppler
-Metodo PISA

Ogni metodo ha, ovviamente, vantaggi e limiti.

METODO PLANIMETRICO. Il modo il cui viene fatta la planimetria è determinante. La regola


generale è: misurare la più piccola area nello spazio, la più grande area nel tempo. La più
piccola area nello spazio è quella che si ottiene tagliando l’imbuto mitralico a livello della parte
più stretta. La più grande area nel tempo si ottiene effettuando la planimetria in protodiastole,
quando cioè vi è il riempimento rapido e l’area valvolare raggiunge le sue dimensioni
maggiori. Questo modo di operare garantisce la maggiore riproducibilità nella misura.
I limiti principali sono:
• la difficoltà nell’identificare i contorni dei lembi, o a causa di una scadente qualità
delle 
immagini o a causa di calcificazioni della valvola e di riverberi che mascherano
l’area 
reale;

15  
 
 

• la difficoltà nell’ottenere il corretto taglio asse-corto della valvola a livello dell’area


più 
ristretta;
• la difficoltà nel discriminare il margine dei lembi dalle corde tendinee fuse
pei 
riconoscere il livello dell’area più ristretta. 


METODO DOPPLER PHT. A mano a mano che la stenosi aumenta, il gradiente pressorio
diastolico atrio-ventricolare tende a diminuire sempre più lentamente così che la pendenza
31
dell’onda di riempimento si riduce (da A a C nella figura sottostante): 31

IlIlPHT
PHT(pressure
(pressurehalf-time)
half-time)è èil iltempo
tempoin in
cuicui
il gradiente pressorio
il gradiente si èsidimezzato.
pressorio Esso
è dimezzato. viene
Esso
Ilviene
PHTcalcolato
calcolato(pressure half-time)
sulla traccia è il
velocitometrica tempo in cui il
transmitralica gradiente pressorio
ottenenuta mediantesi è dimezzato.
Doppler
sulla traccia velocitometrica transmitralica ottenenuta mediante Doppler CW: Esso
viene
CW: calcolato sulla traccia velocitometrica transmitralica ottenenuta mediante Doppler
CW:

Inun
In unsoggetto
soggettonormale
normaleil ilPHTPHTè ècirca
circa20-60
20-60 msec,
msec, nella
nella stenosi
stenosi mitralica
mitralica è compreso
è compreso fra
frafra
100-
In un soggetto
100-400 msec. normale
L’area il
della PHT è circa
stenosi 20-60
mitralica msec,
è nella
inversamentestenosi mitralica
proporzionale èalcompreso
PHT e viene
400 msec. L’area
100-400 della stenosi mitralica
mitralicaèèinversamente
inversamente proporzionale al PHT
PHTe e viene
calcolatamsec. L’area
utilizzando ladella
formula stenosi
seguente: proporzionale al viene
calcolata
calcolatautilizzando
utilizzandolalaformula
formulaseguente:
seguente:
Area Stenosi Mitralica = 220 / PHT
AreaStenosi
Area StenosiMitralica
Mitralica==220
220/ /PHT
PHT
La costante 220 è stata ottenuta empiricamente 16   dalla correlazione fra i valori di PHT e i
  La costante 220 è stata ottenuta empiricamente dalla correlazione fra i valori di PHT e i
valori di area valvolare ottenuti con la formula di Gorlin. Quando PHT = 220 msec l’area
valori di area
valvolare valvolare
mitralica ottenuti
è uguale a 1con
cm22la, quando
formula èdi minore
Gorlin. di
Quando PHT l’area
220 msec. = 220 èmsec l’area
> 1 cm 2
2 e
valvolare
quando è mitralica
maggioreèdiuguale a 1 cm
220 msec. , quando
l’area è2.minore di 220 msec. l’area è > 1 cm e
è < 1 cm
2
 

La costante 220 è stata ottenuta empiricamente dalla correlazione fra i valori di PHT e i valori
di area valvolare ottenuti con la formula di Gorlin. Quando PHT = 220 msec, l’area valvolare
mitralica è uguale a 1 cm2, quando è minore di 220 msec. l’area è > 1 cm2 e quando è
maggiore di 220 msec. l’area è < 1 cm2.
I vantaggi del metodo sono:
• elevata fattibilità
• bassa variabilità legata all’ osservatore
• relativa indipendenza dalla frequenza cardiaca e dalla portata cardiaca (a
differenza 
del gradiente pressorio).

Il limite principale del metodo è che il PHT dipende, oltre che dalla stenosi valvolare, anche
da tutte le cause che variano la P atriale e ventricolare. Ad esempio: se la compliance del VS
si riduce (IAo, ischemia, ipertrofia) la P ventricolare aumenta, il PHT si accorcia e il rapporto
220/PHT aumenta: pertanto, anche se l’area valvolare mitralica non è cambiata, viene
calcolato un valore di area più grande, cioè la stenosi viene sottostimata.

METODO ECO-DOPPLER. Si basa sul principio di continuità in base al quale, in assenza di


insufficienze valvolari, il flusso attraverso la mitrale in diastole è uguale al flusso attraverso la
valvola aortica o la valvola polmonare nella sistole successiva:

Q mitr (diastole) = Q ao/polm (sistole)


Una volta noto il flusso attraverso la mitrale, poiché Q = A v, si ha che:

Areamitr = Areaao/polm ITVao/polm-pw = SVao/polm


ITVmitr-cw ITVmitr-cw

In presenza di insufficienza aortica, il calcolo dello SV va fatto sulla valvola polmonare. La


formula per il calcolo dello SV è quella già più volte precedentemente discussa e richiede,
ovviamente, che la valvola aortica o polmonare sia normale:

SVao/polm = 0.785 · D2 · ITVPW

METODO PISA. Poichè nella stenosi mitralica i lembi hanno una configurazione ad imbuto,
l’area di convergenza del flusso non è in genere una semisfera ma è più piccola di una
semisfera. Pertanto occorre moltiplicare 2 π r2 (area della semisfera) per un fattore correttivo
che tiene conto dell’angolo α formato dai lembi. Tale fattore correttivo è α/180°.

17  
 
SVao/polm = 0.785 · D2 · ITVPW
METODO PISA. Poichè nella stenosi mitralica i lembi hanno una configurazione ad
imbuto, l’area di convergenza del flusso non è in genere una semisfera ma è più piccola di
 una semisfera.
METODO PISA.Pertanto
Poichè occorre moltiplicare
nella stenosi 2πr2i (area
mitralica lembi della
hannosemisfera) per un fattore
una configurazione ad
correttivo dell’angolo
imbuto, l’area α formatodel
di convergenza daiflusso
lembi.non
Tale fattore
è in genere correttivo è α/180°ma
una semisfera . è più piccola di
una semisfera. Pertanto occorre moltiplicare 2πr2 (area della semisfera) per un fattore
correttivo dell’angolo α formato dai lembi. Tale fattore correttivo è α/180°.

α
α

L’angolo α va misurato sull’immagine. La formula finale diventa pertanto:


L’angolo α va misurato sull’immagine. La formula finale diventa pertanto:
2
L’angolo α va misurato2πr α/180°
sull’immagine. V a finale diventa pertanto:
La formula
Areamitr =
2πr2 Vα/180°
peak Va
Areamitr =
Vpeak

dove Va è, come è noto, la velocità di aliasing e Vpeak la velocità massima misurata sulla
traccia Doppler CW.
Il limite principale di questo metodo è proprio nella misura dell’angolo
sulle immagini color Doppler che, per essere rapida e accurata, richiede un software dedicato.

I limiti dei vari metodi finora discussi per ottenere il valore di area valvolare nella stenosi
mitralica sono schematicamente riassunti di seguito:

METODO PLANIMETRICO
• Talvolta difficile il taglio appropriato della valvola
• Planimetria difficile se calcificazioni 

METODO DEL PHT
• Insufficienza aortica importante
• Insufficienza mitralica importante
• Ridotta compliance del ventricolo sinistro (cardiopatia ischemica, ipertrofia) 

METODO ECO-DOPPLER
• Time-consuming
• Insufficienza mitralica importante
• Non applicabile se valvola aortica/polmonare anormali 

METODO PISA
• Time-consuming
• Difficile la misura dell’angolo formato dai lembi

18  
 
 

VI - RIGURGITI VALVOLARI


La quantificazione dei rigurgiti valvolari si basa sul calcolo dei seguenti parametri:
• volume di rigurgito: è la quantità di sangue che rigurgita per battito (ml);
• frazione di rigurgito: è la quantità di sangue che rigurgita per battito espressa
come 
percentuale (%) del sangue che passa in senso anterogrado attraverso la
valvola;
• flusso di rigurgito: è la quantità di sangue che rigurgita al minuto (ml/min) e si
calcola 
moltiplicando il volume di rigurgito per la frequenza cardiaca;
• area dell’orificio rigurgitante: è l’area di superficie dell’orificio valvolare attraverso
cui 
passa il flusso rigurgitante (cm2) e che può essere anatomica o funzionale a
seconda che si riferisca alla valvola o alla vena contracta del jet.


CALCOLO DEL VOLUME E DELLA FRAZIONE RIGURGITANTE. Vi sono due metodi


principali:
• il metodo integrato eco-Doppler (o volumetrico)
• il metodo PISA 

Entrambi i metodi sono basati sull’equazione del volume di flusso:


Volume di flusso (ml) = area (cm2) . ITV (cm) 


Metodo integrato eco-Doppler. Poiché lo stroke volume anterogrado attraverso un orificio


rigurgitante (SVtotale) è la somma dello stroke volume anterogrado sistemico (SVsistemico) e del
volume rigurgitante (VOLrig), quest’ultimo può essere calcolato come segue: 


SVtot = SVsistem + VOLrig

VOLrig = SVtot – SVsistem

Il volume rigurgitante può essere espresso come frazione di rigurgito (%), cioè come:

FRrig = (VOLrig / SVtot) x 100

Ad esempio, nel caso dell’insufficienza mitralica se SVtot=100 ml e SVsistem=60 ml si ha:

VOLrig mitralico = 100 ml - 60 ml = 40 ml

FRrig mitralica = (40 ml / 100 ml) x 100 = 40%

Metodo PISA. E’ basato sulla legge di conservazione della massa e sul principio di continuità:
il flusso calcolato a livello dell’area di convergenza (prima dell’orificio rigurgitante) è uguale al
flusso che rigurgita (dopo l’orificio rigurgitante). Il volume rigurgitante può essere calcolato
come il prodotto dell’area rigurgitante effettiva o funzionale (effective regurgitant orifice area,
EROA) per l’integrale della velocità di rigurgito:

19  
 
continuità: il flusso calcolato a livello dell’area di convergenza (prima dell’orificio
continuità: il èflusso
rigurgitante) ugualecalcolato
al flussoa che
livello dell’area
rigurgita di convergenza
(dopo (prima dell’orificio
l’orificio rigurgitante). Il volume
rigurgitante) è uguale al flusso che rigurgita (dopo l’orificio rigurgitante).
rigurgitante può essere calcolato come il prodotto dell’area rigurgitante effettiva Il volume o
rigurgitante può essere calcolato come il prodotto dell’area rigurgitante effettiva o
 funzionale (effective regurgitant orifice area, EROA) per l’integrale della velocità di
funzionale (effective regurgitant orifice area, EROA) per l’integrale della velocità di
rigurgito:
rigurgito: VOLrig = EROA x ITVrig
VOL
VOLrigrig==EROA
EROAx xITVITV
rigrig

EROA viene calcolata con il metodo PISA utilizzando la tecnica color Doppler, come sotto
EROA viene calcolata con
EROA con ilil metodo
metodo PISA
PISAutilizzando
utilizzandola tecnica color Doppler, come sotto
descritto. ITVrig viene ottenuto dalla traccia Doppler CW ladeltecnica color
rigurgito. Doppler, come sotto
descritto. ITV viene ottenuto dalla traccia Doppler CW del rigurgito.
rig viene ottenuto dalla traccia Doppler CW del rigurgito.
descritto. ITVrig

Calcolo
Calcolo di EROA. IlIl color
color Doppler
Dopplerèècapace
in grado
di di identificare
identificare l’area
l’area di di convergenza
convergenza deldel flusso
flusso
Calcolo
nel di EROA. Il color Doppler è capace di identificare l’area di convergenza del flusso
nel ventricolo
ventricolo sinistro.
sinistro.
nel ventricolo sinistro.

rr

La prima interfaccia
La interfaccia rosso-blu
rosso-blu dell’aliasing
dell’aliasing (quella
(quella più piùdistale
distaleall’orificio
all’orificiorigurgitante)
rigurgitante)
La prima interfaccia rosso-blu dell’aliasing (quella più distale all’orificio rigurgitante)
corrisponde
corrisponde alla superficie di una delle semisfere dell’area di convergenza di flusso. A
corrisponde alla alla superficie
superficiedidiuna unadelle
dellesemisfere
semisfere dell’area
dell’area di convergenza
di convergenza di flusso.
di flusso.A livello
A
livello
di di
tale di tale interfaccia
interfaccia il sangueil sangue ha la velocità
ha la velocità di aliasing
di aliasing Va e la (Va) e la
distanzadistanza dall’orificio
dall’orificio è
è il raggioil
livello tale interfaccia il sangue ha la velocità di aliasing (Va) e la distanza dall’orificio è il r.
raggio r. Utilizzando
Utilizzando il modelloilil modello semisferico,
semisferico, conoscendo conoscendo
il raggio il raggio
r e larr e la velocità
velocità di aliasing
di aliasing Va è
raggio r. Utilizzando modello semisferico, conoscendo il raggio e la velocità di aliasing
Va è possibile
possibile calcolare
calcolare il il
flusso flusso istantaneo
istantaneo (Q , (Qi, ml/sec)
ml/sec) a a
livellolivello
della della semisfera
semisfera di di aliasing:
aliasing:
Va è possibile calcolare il flusso istantaneo ist (Qi, ml/sec) a livello della semisfera di aliasing:

Q .. V = 2πr22 .. Va
Qii =
= area
area semisfera
semisfera V = 2πr Va
Se Qi è quello massimo durante il periodo di rigurgito (Qimax) e se si misura la velocità
Se Q
Se Qiist èè quello
quello massimo
massimo durante ilil periodo didirigurgito (Qi
(Qmax ) e) se si misura la la
velocità
massima di rigurgito con il durante
Doppler CW periodo
a livello rigurgito
transmitralico (Vmaxe),se
ist-max si misura
è possibile velocità
calcolare
massima
massima di
di rigurgito
rigurgito con
con il
il Doppler
DopplerCWCW aalivello
livellotransmitralico
transmitralico (V max
(V ), è
), possibile
è possibilecalcolare
calcolare
EROA come segue: max
EROA come
EROA come segue:
segue:
35

Qimax 2πr2 Va 2π (1.1 cm)2 40 cm/s 2


EROAmax = = = = 0.71 cm
Vmax Vmax 430 cm/s

Il volume rigurgitante, a questo punto, si calcola come segue:


Il volume rigurgitante, a questo punto, si calcola come segue:

VOLrig = EROA x ITVrig = 0.71 cm2 x 114 cm = 81 ml
VOLrig = EROA x ITVrig = 0.71 cm2 x 114 cm = 81 ml
Metodo PISA: aspetti tecnici. Nell’applicazione del metodo PISA occorre tener presente
alcuni aspetti tecnici:
• Ottimizzare le immagini color Doppler
  • Zoommare il PISA
20  
• Freezare in cineloop
• Scegliere il frame mesosistolico
• Shift dello zero per evidenziare l’aliasing
 

Metodo PISA: aspetti tecnici. Nell’applicazione del metodo PISA occorre tener presente
alcuni aspetti tecnici:
• Ottimizzare le immagini color Doppler
• Ingrandire l’immagine con l’area di convergenza (zoom)
• Freezare il cineloop
• Scegliere il frame adatto (in genere quello mesosistolico nelle insufficienze
olosistoliche con acme mesosistolico)
• Shift dello zero per evidenziare l’aliasing
• Misurare il raggio del PISA


Metodo PISA: limiti.


• Non sempre la regione di convergenza è semisferica (soprattutto nelle
insufficienze 
mitraliche funzionali è semiellissoide, con un diametro maggiore nella
sezione 2- camere rispetto a quella 4-camere).
• Il frame mesosistolico non coincide sempre con l’area di convergenza massima
(ad 
esempio, nel prolasso il picco del rigurgito può essere telesistolico).
• Il volume rigurgitante viene calcolato a partire da EROAmax. Tuttavia l’area
dell’orificio 
rigurgitante varia durante la sistole.
• Il metodo non è utilizzabile in presenza di jet multipli.
• Il metodo è meno accurato in presenza di jet eccentrici. 


21  
 
 

VII – PRESSIONI INTRACAVITARIE


 ’ possibile la stima incruenta mediante ecocardiografia Doppler di alcune pressioni delle


E
sezioni sinistre e destre del cuore ed in particolare: 


SEZIONI SINISTRE

• pressione striale sinistra

• pressione telediastolica ventricolare sinistra 

SEZIONI DESTRE
• 
pressione atriale destra
• pressione arteriosa polmonare
• resistenze vascolari polmonari 


PRESSIONI DELLE CAMERE SINISTRE

Sono determinabili in presenza di insufficienze valvolari che consentono di applicare la


tecnica Doppler per il calcolo dei gradienti transvalvolari.

a) Pressione atriale sinistra

Può essere calcolata in presenza di rigurgito mitralico. Il gradiente del rigurgito mitralico è
dato dalla differenza di pressione tra ventricolo (VS) ed atrio (AS) in sistole:

∆P = 4v2 = PVSsist – PAS

per cui:
PAS = PVSsist – (4v2)

Assumendo che PVSsist = Psist arteriosa omerale, si ha che:

PAS = PAsist-omerale – (4v2)

ESEMPIO. Se Vmax = 3.5 m/s, gradiente sistolico mitralico = 49 mmHg e PAsist-omerale = 100
mmHg, allora PAS = 100 - 49 = 51 mmHg.

LIMITE. Se vi è ostruzione all’ efflusso del VS, la PVSsist differisce dalla PAsist-omerale per la
presenza di una gradiente pressorio e il metodo non può essere applicato.

b) Pressione telediastolica ventricolare sinistra

Può essere calcolata in presenza di rigurgito aortico. Il gradiente telediastolico (TD) del
rigurgito aortico è dato dalla differenza di pressione tra aorta e ventricolo:

∆PTD = 4v2 = Pdiast Ao – PTDVS

22  
 
 

per cui:
PTDVS = Pdiast Ao – (4v2)

Assumendo che Pdiast Ao = PAdiast-omerale, si ha che:

PTDVS = PAdiast-omerale – (4v2)

ESEMPIO. Se VTD = 3.8 m/s, ∆PTD aortico = 58 mmHg e PAdiast-omerale = 70 mmHg, allora
PTDVS = 70 - 58 = 12 mmHg.

LIMITE. L’identificazione precisa della VTD sulla traccia Doppler CW può essere talvolta
difficile e determinare una stima molto imprecisa della P ventricolare.

PRESSIONI DELLE CAMERE DESTRE

a) Pressione atriale destra (PAD)

La stima della PAD si basa sull’indice di collassabilità cavale (IC): variazione % inspirio-
espirio del diametro cavale (< la variazione dimensionale del vaso, > la PAD). 
La vena cava
viene visualizzata dalla finestra sottocostale: 37

Diametro cava < 2 cm, IC > 50% → PAD= 5 mmHg


Diametro cava < 2 cm, IC > 50% → PAD = 5 mmHg
Diametro cava < 2 cm, IC < 50% → PAD=10 mmHg
Diametro cava < 2 cm, IC < 50% → PAD = 10 mmHg
Diametro cava > 2 cm, IC < 50% → PAD=20 mmHg
Diametro cava > 2 cm, IC < 50% → PAD = 20 mmHg
I principali limiti di questo approccio sono:
I principali limiti di questo approccio sono:

- pazienti obesi e periodo post-operatorio;
• pazienti
- pazienti obesi
ventilati e periodo post-operatorio;
meccanicamente;
• 
pazienti
- profondità ventilati meccanicamente;

di inspirazione non standardizzabile.
• profondità di inspirazione non standardizzabile.

b) Pressione arteriosa polmonare (PAP)


23  
 
E’ una delle valutazioni effettuata più di frequente in ecocardiografia. In genere si
utilizzano i seguenti valori normali di riferimento:
 

b) Pressione arteriosa polmonare (PAP)

E’ una delle valutazioni effettuate più di frequente in ecocardiografia. In genere si utilizzano i


seguenti valori normali di riferimento:

• PAP sistolica (PAPs) < 35 mmHg

• PAP diastolica (PAPd) < 15 mmHg
• PAP media (PAPm) < 25 mmHg

PAP SISTOLICA (PAPs)

La valutazione della PAPs di picco si effettua in presenza di insufficienza tricuspidale con il


seguente approccio:
• registrazione della curva Doppler CW del rigurgito tricuspidale;
• calcolo della pressione sistolica massima del ventricolo destro (PVD) con la 
seguente
formula: 
PVDmax = ∆Pmax + PAD = 4vmax2 + PAD, 
dove Vmax rappresenta la velocità
massima del rigurgito tricuspidale;
• in assenza di stenosi polmonare od ostruzione del tratto di efflusso del
ventricolo 
destro, PVDmax = PAPs 38

Questometodo
Questo metodoha hanumerosi
numerosilimiti.
limiti.
1-Limiti legati alla stima della PAD:
1-Limiti legati alla stima della PAD:
• misurare PVC quando possibile;
• misurare PVC quando possibile;
• valutazione clinica pressione venosa giugulare in accurata;
•• valutazione
assunzioneclinica
PAD =della pressione
10 mmHg venosa giugulare inaccurata;
in accurata;
•• assunzione
stima PAD PAD in 3 =classi
10 mmHg(5 - 10inaccurata;
- 15 mmHg) basata su valore basale + riduzione
• stima PAD in 3 classi
inspiratoria del diametro vena cava (5 - 10 inferiore
- 15 mmHg) basata
più accurata su sevalore
anche basale
permane una +
riduzione
valutazione 
inspiratoria
grossolana.del diametro vena cava inferiore più accurata, anche se permane
una 

v alutazione grossolana.

2-Limiti legati all’assunzione PVDmax=PAPs
• se stenosi polmonare o ostruzione del tratto di efflusso del ventricolo destro tale
assunzione non è valida (PVDmax ≠ PAPs). 24  
 
3-Limiti legati alla velocità del rigurgito tricuspidalico
• la velocità del rigurgito può essere ridotta (<2 m/s) se insufficienza / infarto del VD o
severa IT se PAD molto aumentata
 

2-Limiti legati all’assunzione PVDmax=PAPs


• se stenosi polmonare o ostruzione del tratto di efflusso del ventricolo destro, tale
assunzione non è valida (PVDmax ≠ PAPs).
3-Limiti legati alla velocità del rigurgito tricuspidale
• 
la velocità del rigurgito può essere ridotta (<2 m/s) se insufficienza / infarto del VD o
severa IT se PAD molto aumentata

4-Limiti legati alla entità dell’insufficienza tricuspidale
• se IT assente/minima o traccia Doppler CW incompleta il metodo non è applicabile.
L’iniezione di salina agitata in vena antecubitale aumenta l’intensità del segnale e la
definizione della traccia Doppler CW (Beard JT II, AJC 1988; 62: 486-488).

PAP TELEDIASTOLICA (PAPTD)


La valutazione della PAPTD si effettua in presenza di insufficienza polmonare con il seguente
approccio:
• registrazione della traccia Doppler CW dell’insufficienza polmonare;
• calcolo della PAPTD con la seguente formula: 


PAPTD = ∆PTD + PVDTD = 4vtd2 + PVDTD

dove vtd rappresenta la velocità telediastolica del rigurgito polmonare e PVDTD la pressione
del ventricolo destro in telediastole.

Poiché PVDTD = PAD (pressione striale destra), la formula sopra riportata diviene:

PAPTD = 4vtd2 + PAD

25  
 
pressione del ventricolo destro in telediastole.
• Poiché PVDTD = PAD (pressione striale destra), si ha che:

  PAPTD = 4vtd2 + PAD

I limiti di questo metodo sono legati essenzialmente alla:


• stima della PAD (già discussi in precedenza per la stima della PAPs)
I limiti di questo metodo sono legati essenzialmente alla:
• adeguatezza della traccia Doppler CW del rigurgito polmonare
• stima della PAD (già discussi in precedenza PAP sistolica)

• presenza didella
adeguatezza rigurgito polmonare
traccia Doppler CW del rigurgito polmonare
• presenza di rigurgito polmonare

PAP MEDIA (PAPm) 


Sulla curva Doppler pulsato della valvola polmonare si calcola il tempo al picco dell’ efflusso
polmonare, detto “tempo di accelerazione” (Acceleration Time, AcT). Se PAP media ↑, AcT↓.40
PAP MEDIA (PAPm)

Sulla curva Doppler pulsato della valvola polmonare si calcola il tempo al picco dell’
efflusso polmonare, detto “tempo di accelerazione” (Acceleration Time, AcT). Se PAP
media ↑, AcT↓.

L’AcT normale è > 120 ms. Un AcT < 90 ms identifica una PAPm >20 mmHg con una
sensibilità dell’80%.
L’AcT normale è > E’
120stata
ms.proposta
Un AcT anche
< 90 una equazioneuna
ms identifica (equazione
PAPm >20di Mahan)
mmHg per
conlauna
stima della dell’80%.
sensibilità PAPm: E’ stata proposta anche una equazione (equazione di Mahan) per la
stima della PAPm:
PAP media = 79 – 0.45 AcT
26  
 
I limiti di questo approccio sono nel fatto che l’ AcT dipende dai seguenti fattori:
• frequenza cardiaca (l’Act va corretto per frequenze < 60 bpm e > 100 bpm);
 

PAP media = 79 – 0.45 AcT

I limiti di questo approccio sono nel fatto che l’ AcT dipende dai seguenti fattori:
• frequenza cardiaca (l’Act va corretto per frequenze < 60 bpm e > 100 bpm);
• portata cardiaca destra (se DIA, AcT può essere normale anche con
PAP 
aumentata).


RESISTENZE VASCOLARI POLMONARI (RVP) 


Anche le resistenze vascolari polmonari (RVP) possono essere stimate con metodo incruento
in presenza di insufficienza tricuspidale.
Sulla curva Doppler CW dell’insufficienza tricuspidale (IT) si calcola la velocità di picco (Vmax
IT) e sulla curva Doppler PW a livello del tratto di efflusso del ventricolo destro (TEVD) si
misura l’ITV. Il rapporto VmaxIT/ITVTEVD è correlato alle RVP calcolate con il cateterismo; in
particolare un rapporto >2 indica un valore di RVP >2 unità Wood.
E’ stata proposta anche una equazione per la stima delle RVP con tecnica Doppler: 


RVP = 0.1618 + 10.006 VmaxIT/ITVTEVD

27  
 
1

LEZIONE 2A

APPROCCIO METODOLOGICO ALLO STUDIO DEL VENTRICOLO


SINISTRO E DEL VENTRICOLO DESTRO

A cura di: P. Aragona, C. Nipote, GL. Ponturo

I progressi nello sviluppo e nel perfezionamento della metodica ecocardiografica hanno permesso
già da quasi dieci anni di validare, nella quantificazione delle dimensioni delle camere cardiache, la
tecnica bidimensionale.
L’utilizzo delle armoniche, di trasduttori ad elevata frequenza, il sostanziale perfezionamento del
software a disposizione dell’ecocardiografista, hanno determinato l’accostamento progressivo all’
“immagine reale” delle camere cardiache.
Pertanto, abbiamo assistito all’abbandono di tecniche di misurazione che si proponevano di
colmare limiti tecnici intrinseci ai primi equipaggiamenti, in favore di misurazioni il più possibile
fedeli alla realtà.
Vedasi, ad esempio, la misurazione in M-Mode degli spessori e dei volumi, condotta in base al
principio “leading edge-to-leading edge”, soppiantata oggi dalle misurazioni effettive dell’immagine
in M-Mode o 2D ottenute con l’uso della seconda armonica.
Già nel 1989, l’ASE pubblicava su JASE un articolo sulle raccomandazioni per la quantificazione
delle misure del ventricolo sinistro in ecocardiografia 2D.
Le più recenti linee-guida pubblicate sullo stesso giornale, dal medesimo comitato, in accordo con
l’ESC, raccomandano l’uso integrato delle misurazioni in M-Mode, 2D e, ove disponibile, 3D, dato
che permane l’impossibilità di uniformare una singola tecnica di misurazione alla moltitudine di
finestre acustiche e situazioni cliniche oggettive.
Permane una discreta variabilità inter- ed intra-osservatore che potrebbe essere nella maggior
parte dei casi superata dall’integrazione, appunto, dei diversi approcci.
Approcci che presentano, ciascuno, vantaggi e svantaggi:
L’M-Mode ad esempio è caratterizzato da una maggiore risoluzione grazie all’elevato frame-rate.
Grazie a questo, quando si effettua una misura è possibile distinguere correttamente le varie
strutture che si sovrappongono (come ad esempio la corda tendinea tricuspidale che si
sovrappone al setto interventricolare). Di contro, in caso di geometria “distorta” delle camere
cardiache, non è possibile orientare perpendicolarmente la linea monodimensionale e l’immagine
ottenuta provoca per lo più una sovrastima delle misure monodimensionali dei ventricoli. Tale
problema è superato in alcuni apparecchi dall’uso dell’Anatomical M-Mode, che permette un
posizionamento della linea M-mode utilizzando piani off axis.
L’approccio bidimensionale, di contro, permette di orientarsi in maniera ottimale rispetto alla
camera in esame, ma sulla scorta di un potere di risoluzione minore (frame rate minore) e
consente la misurazione di una singola fase del ciclo cardiaco per volta.

Accorgimenti che permettono una maggiore accuratezza della misurazione delle camere cardiache
comprendono :
a) modifiche del decubito del paziente, il quale deve essere invitato ad effettuare una
respirazione tranquilla, in base alla sezione ecografica da effettuare o alla struttura da
visualizzare;
b) l’esclusione dalle misurazioni basali di frames derivanti da battiti cardiaci post-
extrasistolici che possono portare, ad esempio, ad una sovrastima delle dimensioni
endocavitarie;
c) l’utilizzo di mezzi di contrasto che permettano di ottimizzare la visualizzazione del bordo
endocardio in caso di misurazioni volumetriche e della massa ventricolare.
2

OBIETTIVO METODO

Minimizzazione dei movimenti di


Traslazione respirazione tranquilla o sospesa

Ottimizzazione della risoluzione


d’immagine minima profondità utile
Trasduttore alla massima frequenza
possibile
Ottimizzazione guadagni e controllo
appropriato del guadagno laterale
Frame rate ≥30/s
Seconda armonica
B-color imaging

Evitare esclusione apice ricerca decubito laterale


Evitare di affidarsi alla palpazione dell’itto
puntale

Ottimizzazione bordo endocardico Tecniche di contrasto

Identificazione telediastole e teleistole Dimensioni cavitarie


Movimenti della mitrale
ECG

VENTRICOLO SINISTRO

E’ possibile ottenere misurazioni accurate dello spessore del setto interventricolare e della parete
posteriore e delle dimensioni interne della cavità ventricolare sinistra, sia direttamente in 2D che in
M-Mode.
Generalmente, le misure del VS sono ottenute con tecnica M-Mode sulla guida delle immagini 2D
della sezione asse corto parasternale all’altezza dei muscoli papillari o nella sezione asse lungo
parasternale sinistra, subito al di sotto dei lembi mitralici.
In virtù dell’elevato frame rate, l’M-Mode possiede un’ottima risoluzione temporale, consentendo di
discriminare la presenza di trabecole in prossimità della parete posteriore o falsi tendini adiacenti
al setto interventricolare, quindi di escludere tali strutture dalle misurazioni. Il limite è costituito
dalla relativamente frequente impossibilità di allineare il cursore dell’M-Mode al reale asse minore
del ventricolo (in caso di cursori senza angolo orientabile).
Comunque vengano ottenute, le misure degli spessori possono essere impiegate per il calcolo
della massa miocardica ventricolare, le dimensioni endocavitarie per ricavare informazioni
funzionali come la frazione d’eiezione e la frazione d’accorciamento (con il vincolo, per le misure
ottenute in M-Mode, dell’assenza di alterazioni di cinetica segmentaria).
L’ASE raccomanda l’impiego del metodo quantitativo 2D per ottenere dimensioni lineari, area e
volumi della cavità ventricolare sinistra. Dopo aver ottenuto un’immagine 2D soddisfacente, in cui
sia ben definito l’endocardio (in sezione parasternale asse lungo e corto) si possono ottenere tali
dati (Figura 1).
L’approccio 2D risulta molto utile nelle misurazioni, ed è stato validato da tempo, specie nei
pazienti con cardiopatia ischemica.
Gli spessori del setto e della parete posteriore, nonché le dimensioni endocavitarie, devono essere
valutati ottenendo una sezione dell’asse minore del ventricolo, a livello delle corde tendinee
mitraliche; a tale livello, il setto interventricolare, interseca inferiormente il tratto d’efflusso del
ventricolo sinistro.
Le misurazioni vanno condotte seguendo il principio bordo interno/bordo interno per quanto
riguarda le dimensioni endocavitarie ed eseguendo una misurazione dell’immagine “reale” per
quanto riguarda gli spessori , avendo cura di discriminare parete del ventricolo destro e falsi tendini
sul versante settale, trabecole carnee in prossimità della parete posteriore.
3

Da notare come l’ASE riporti limiti di normalità minori riguardo alle dimensioni endocavitarie del
ventricolo sinistro in telediastole, rispetto all’approccio in M-Mode (5,2 Vs 5,5 cm).
Per ottenere misure volumetriche, le sezioni più importanti sono l’asse corto parasternale
all’altezza dei muscoli papillari e le sezioni apicali, 4 e 2 camere. Tali misure richiedono il tracking
manuale del bordo endocardico (disponibili anche sistemi che effettuano il tracking automatico), il
cui riconoscimento viene agevolato dalla elevata risoluzione e definizione dei sistemi più avanzati
o può essere facilitato dall’utilizzo di mezzi di contrasto.
Dopo aver tracciato il bordo endocardico, la traccia verrà conclusa da una linea passante per il
piano valvolare mitralico, congiungente i bordi laterale e settale dell’annulus in 4 camere, anteriore
ed inferiore in 2 camere.
Tanto nel calcolo del volume quanto in quello della massa del ventricolo sinistro, i muscoli papillari
devono essere esclusi durante il tracking del bordo endocardico.
Si può assumere come fine della diastole il frame corrispondente all’inizio del QRS sulla traccia
ECG oppure il frame successivo alla chiusura della valvola mitrale; indipendentemente da questi
due criteri, sarebbe utile assumere come telediastole, il frame in cui le dimensioni del ventricolo
sono maggiori e ciò avviene (in pazienti in ritmo sinusale), subito dopo la fine della sistole atriale.
Si può assumere come fine della sistole il frame precedente all’apertura della mitrale o quello in cui
le dimensioni del ventricolo sono minori.
Tali criteri sono ancora più utili nella sezione apicale 2 camere, nella quale non sempre è possibile
discernere i movimenti di apertura e chiusura della mitrale.

Figura 1

Calcolo della massa del VS

Tutti gli algoritmi di misurazione della massa del VS hanno lo stesso fondamento, ossia la
sottrazione del volume della cavità ventricolare dal volume sotteso dall’epicardio, al fine di ottenere
il volume miocardico. Il volume in tal modo ottenuto, verrà convertito in massa dalla moltiplicazione
per la densità miocardica. Appare chiaro come sia di fondamentale importanza, dunque, non solo
l’identificazione del bordo endocardico (interfaccia endocardio-sangue), ma anche del confine tra
epicardio e pericardio. La formula raccomandata dall’ASE (ed integrata nella maggior parte dei
sistemi) è:

LV Mass:0.8x{1.04[(LVIDd+PWTd+SWTd)3 – (LVIDd)3 ]} + 0,6 g.

Dato che questa formula prevede due elevazioni al cubo sia degli spessori parietali che delle
dimensioni endocavitarie, ogni piccolo errore nella loro identificazione, determinerà un’enorme
sovrastima della massa miocardica.
Il calcolo della massa ventricolare sinistra può essere effettuato attraverso una sezione asse corto
parasternale all’altezza dei muscoli papillari (che devono essere esclusi dall’identificazione del
bordo endocardico) oppure col metodo area-lunghezza (più comunemente usato) da una sezione
4 camere apicale ove verrà misurato il volume della cavità ventricolare in telediastole e,
successivamente, tracciata una linea che si estenda dalla base del ventricolo (piano valvolare)
all’apice.( figura 2) Anche in questa sezione, i muscoli papillari andranno esclusi dal calcolo.
4

FIGURA 2

Valori di riferimento del Ventricolo sinistro

I valori di riferimento delle misurazioni lineari del ventricolo sinistro, sono stati ottenuti studiando
popolazioni di diverse etnie, senza fattori di rischio maggiori né evidenza di malattie
cardiovascolari.
Per quanto concerne i valori di riferimento della massa del VS, esiste una fisiologica differenza tra
uomini e donne. Tali valori andrebbero, inoltre, rapportati all’area di superficie corporea (BSA) dei
soggetti in esame. Anche se questo criterio di normalizzazione è attualmente il più usato, esso
porta a sottostimare l’incidenza di ipertrofia nei soggetti soprappeso o obesi.

Valori di riferimento di massa e geometria ventricolare sinistra


5

Valori di riferimento di dimensioni e volumi del VS

VENTRICOLO DESTRO

Il ventricolo destro è una struttura complessa a forma di mezzaluna addossato al ventricolo sinistro,
impossibile da visualizzare in una singola sezione ecocardiografica 2D. quindi, un’accurata
misurazione di tutte le componenti del VDx (tratto di afflusso, tratto di efflusso), richiede
l’integrazione di tutte o quasi le sezioni ecocardiografiche tradizionali e,talora, off axis.
Rispetto al ventricolo sinistro, il ventricolo destro, in condizioni normali, ha uno spessore parietale
minore e non presenta un apice “vero”. Data la sua elevata compliance e ridotta rigidità, il
ventricolo destro presenta notevole sensibilità alle variazioni di post-carico (pressione polmonare),
il cui aumento si riflette non solo sulla funzione ma anche sulle sue dimensioni, in un periodo di
tempo sensibilmente ridotto rispetto a ciò che accade a sinistra.
Lo studio delle dimensioni lineari del ventricolo destro può, quindi, fornire importanti informazioni
cliniche.
La misurazione dello spessore della parete libera (normalmente inferiore a 0,5 cm)- sebbene non
abbia un’applicazione clinica routinaria, vista la mediocre risoluzione dell’endocardio e la frequente
presenza di trabecole carnee che potrebbero portare ad inesatta diagnosi di ipertrofia, può essere
effettuato con sezioni asse lungo apicale o parasternale o subxifoidea. Dalle stesse sezioni può
essere valutato il diametro endocavitario del tratto d’afflusso, misurando a livello delle corde
tendinee tricuspidaliche, contemporaneamente al picco dell’onda R all’ECG (che corrisponde al
picco di pressione sistolica del ventricolo destro) sia in M-Mode che in 2D. Tale metodo consente
misurazioni relativamente semplici e scarsamente gravate da variabilità, qualora si usi l’accortezza
di evitare sovrastime dovute alla presenza di grasso epicardico e di tenere conto dell’abbondante
trabecolatura del VDx. (fig. 3)
Dalla sezione apicale 4 camere il ventricolo destro normale, presenta dimensioni endocavitarie
visivamente inferiori a quelle del ventricolo sinistro. In caso di disfunzione progressiva, le
dimensioni diverranno dapprima simili e successivamente maggiori rispetto a quelle del ventricolo
sinistro, con la comparsa, in questo stadio di disfunzione, di un “apice del ventricolo destro”.
La misurazione delle dimensioni del ventricolo destro si ottiene in sezione apicale 4 camere,
orientata in maniera da ottenere una porzione più estesa possibile del ventricolo destro e da non
escludere le porzioni apicali. In tal modo è possibile ottenere la misura a livello basale (RVD1) e
medio-ventricolare (RVD2) e, in aggiunta, la lunghezza base-apice (RVD3). (vedi figura 4)
6

Fig. 3

Fig.4

Il tratto di efflusso del ventricolo destro, si estende dalla porzione antero-superiore del ventricolo
stesso sino all’arteria polmonare, includendo la valvola.
Può essere visualizzato da una proiezione asse lungo parasternale angolata superiormente o dalla
sottocostale, ma la sezione più appropriata per la misurazione rimane l’asse corto parasternale a
livello dei vasi della base.
A tale livello, il tratto di efflusso può essere misurato nel tratto sottopolmonare, in corrispondenza
della valvola aortica (RVOT1), a livello dell’anulus della valvola polmonare (RVOT2) ed in
prossimità della biforcazione del tronco polmonare (PA1) (vedi fig. 5)
7

Fig 5

Valori di riferimento dimensioni Ventricolo destro e tronco polmonare (cm)

N Ab1 Ab2 Ab3


RVD1 2.0-2.8 2.9-3.3 3.4-3.8 ≥3.9
N:normale RVD2 2.7-3.3 3.4-3.7 3.8-4.1 ≥4.2
Ab1:disfunzione RVD3 7.1-7.9 8.0-8.5 8.6-9.1 ≥9.2
lieve RVOT1 2.5-2.9 3.0-3.2 3.3-3.5 ≥3.6
Ab2:disfunzione RVOT2 1.7-2.3 2.4-2.7 2.8-3.1 ≥3.2
moderata
PA1 1.5-2.1 2.2-2.5 2.6-2.9 ≥3.0
Ab3:disfunzione
severa

Alcune sezioni “off-axis” risultano particolarmente utili nello studio delle dimensioni e della
funzione del ventricolo destro. Partendo dalla sezione parasternale asse lungo si può, inclinando la
“coda” della sonda verso l’alto e ruotandola 20° in senso orario, ottenere una “due camere” del
ventricolo destro, adatta ad osservare oltre alle dimensioni, gli spessori e la cinetica del VDx,
anche eventuali anomalie dei lembi tricuspidalici.

Atrio sinistro

Le dimensioni dell’atrio sinistro si misurano in telesistole quando la camera atriale raggiunge la


maggiore dimensione .
L’atrio sinistro può essere visualizzato da molte proiezioni ecocardiografiche .
La maggior parte dei lavori effettuati finora hanno utilizzato la misura lineare M mode o 2D
anteroposteriore ottenuta dalla proiezione parasternale asse lungo o asse corto a livello della
valvola aortica ( vedi figura 6) .
Le misurazioni in M mode convenzionalmente vengono effettuate con il metodo del leading edge
to leading edge, dalla parete posteriore aortica alla parete posteriore dell’atrio .
Questo metodo di misurazione, sebbene ampiamente utilizzato nella pratica clinica e sebbene
abbia mostrato buone correlazioni con il metodo angiografico, non è un metodo raccomandato;
8

infatti la dimensione anteroposteriore può non essere rappresentativa delle reali dimensioni
dell’atrio, in quanto l’atrio può assumere particolari conformazioni geometriche con espansione
preminente nei diametri supero-inferiore e medio-laterale, che possono sfuggire quando viene
utilizzata la sola dimensione lineare anteroposteriore .
Per questi motivi la dimensione lineare anteroposteriore dell’atrio sin. dovrebbe esser sempre
associata al calcolo del volume .

Misurazione del volume atriale sinistro

Il metodo più semplice è quello del cubo , che assume come presupposto che il volume dell’atrio
sia assimilabile a quello di una sfera il cui diametro sia uguale alla dimensione lineare
anteroposteriore .
Questo metodo di misurazione è però quello meno preciso e attendibile .
I metodi migliori e più affidabili sono quello dell’ellissoide o il metodo di Simpson .
Il modello ellissoidale assume che l’atrio sin. sia assimilabile ad un ellissoide con un volume
uguale a 4π/3(L/2)(D1/2)(D2/2) dove L rappresenta l’asse lungo in apicale 4 camere , D1 è il
diametro anteroposteriore in parasternale asse lungo e D2 è la dimensione mediolaterale dalla
parasternale asse corto (fig. 6)

Fig. 6

Un ulteriore metodo è rappresentato dal metodo biplano area lunghezza: questo metodo prevede
l’utilizzo della proiezione apicale 4 camere (A4C) e apicale 2 camere (A2C) in telesistole.
“L” rappresenta la misurazione ottenuta tracciando la perpendicolare dalla linea posteriore che
congiunge i due punti dell’anello mitralico e la parete posteriore dell’atrio. Viene utilizzata nella
formula la lunghezza minore (vedi figura 7). A1 è l’area calcolata col metodo planimetrico in 4
camere e A2 è l’area calcolata con il metodo planimetrico in 2 camere . Nel calcolo dell’area
planimetrica devono essere escluse dal computo sia lo sbocco delle vene polmonar , sia l’auricola
sin.

Volume atriale sin = 8 (A1)(A2) / 3 π (L)

Infine il metodo di Simpson, analogamente a quanto viene comunemente effettuato per il ventricolo
sinistro, prevede che il volume atriale sia dato dalla sommatoria di piccoli volumi (dischi)
ortogonali all’asse maggiore (vedi fig. 8)
9

Fig. 7

Fig. 8

Tabella dei valori di riferimento per le dimensioni e per i volumi atriali sin.
10

ATRIO DESTRO

Pochi dati sono disponibili in letteratura per quanto riguarda le dimensioni e le misurazioni
dell’atrio dx . Sebben l’atrio dx possa essere visualizzato da diverse proiezioni , la quantificazione
delle dimensioni di questa camera cardiaca viene più comunemente effettuata dalla proiezione 4
camere apicale .
L’asse minore in 4 camere apicale dovrebbe essere misurato su un piano perpendicolare
all’asse lungo e si estende dal bordo laterale dell’atrio dx al setto intreratriale .
Le dimensioni dell’asse minore vanno da 2.9 cm a 4.5 cm sia nelle donne che negli uomini ,
mentre le dimensioni dell’asse minore normalizzate per la superficie corporea (BSA) vanno da
1.7cm a 2.5 cm (vedi anche tabella 9) .
Sebbene siano disponibili poche dati per i volumi atriali dx , il calcolo dei volumi , analogamente a
quanto già esposto per l’atrio sin . ,dovrebbe essere più accurato rispetto alle misurazioni
lineari .
Ci sono però , pochi dati disponibili sia per quanto riguarda la misurazione del volume atriale dx
con il metodo di Simpson , sia con il metodo biplano e con il metodo area lunghezza .
Pertanto , poiche i dati disponibili in letteratura, sono troppo limitati in letteratura e poco validati ,
non è al momento possibile proporre dei valori da considerare come volumi normali .
Nonostante queste considerazioni il volume dell’atrio destro (espresso in ml) indicizzato per la
superficie corporea ,in analogia alla misurazione atriale sinistra , considerato normale è 21
ml/m2 (vedi anche tabella 9) per il sesso maschile e leggermente inferiore per il sesso
femminile .

RITORNI VENOSI

La valutazione della vena cava inferiore dalla proiezione sotocostale dovrebbe esser inclusa nello
studio routinario dell’esame trantoracico . E’ accettato che il diametro della VCI dovrebbe essere
misurato con il, paziente in decubito laterale sinistro a 1 – 2 cm dalla giunzione con l’atrio dx
usando la proiezione asse lungo . . La misurazione dovrebbe essere perpendicolare all’asse lungo
del vaso . Il diametro della vena cava inferiore decresce con l’inspirium .
Il diametro della VCI e la percentuale di decremento durante l’inspirium sono correlate con la
pressione atriale dx
La pressione atriale destra è direttamente correlata con le dimensioni della VCI e con la sua
collassabilità inspiratoria.
Il diametro normale della vena cava inferiore è fino a 1.7 cm
11

a)VCI di dimensioni normali (diametro <1,7 cm) e reattività normale ( indice di collassabilità
maggiore del 50%): pressioni atriali destre di circa 5 mmHg;
b)VCI di dimensioni aumentate ( > 1.7 cm) ma con reattività normale (indice di collassabilità
> 50 %): pressioni in atrio destro da 6 a 10 mmHg;
c) VCI di normali dimensioni e indice di collassabilità inferiore al 50% : la pressione
atriale dx è compresa fra 10 e 15
d) VCI dilatata , con scarsa collassabilità , suggeriscono pressioni atriali dx maggiori di 15
mmHg
Al contrario una picoola VCI ( al disotto di 1.2 cm ) con spontanea collassabilità esprime una
deplezione di volume intravascolare .
Ci sono condizioni particolari che vanno considerate quando valutiamo le dimensioni della VCI :
Ad esempio negli atleti si riscontra facilmente una dilatazione della vena cava inferiore ( 2.3 +-
4.6 ) con normale collassabilità senza che ciò esprima aumento delle pressioni atriali dx . I valori
più elevati sembrano riscontrarsi nei nuotatori di alto livello .
Nei pazienti sottoposti a ventilazione meccanica , la dilatazione della VCI, spesso non è indicativa
di elevati valori di pressione atriale dx .
D’altra parte una piccola VCI ( sotto i 1.2 cm) si corrella con specificità del 100%, ma con bassa
sensibilità ,con una pressione atriale dx inferiore a 10 mmHg
In questi pazienti sembra esserci una migliore correlazione fra dimensioni della VCI e pressioni
atriali dx , quando il diametro è misurato alla fine dell’espirazione e in telediastole utilizzando la
tecnica M mode.
Infine è bene ricordare , che l’utilizzo delle dimensioni della VCI e delle sue escursioni dinamiche
dovrebbe essere sempre utilizzato per il calcolo delle pressioni polmonari con il metodo della
velocità del jet rigurgitante tricuspidalico.
È infatti ,ormai da tempo noto , come sia possibile calcolare direttamente le pressioni polmonari
sulla base dei gradienti ottenuti con l’esame Doppler del rigurgito tricuspidalico. Infatti registrando il
rigurgito tricuspidalico è possibile calcolarne la velocità e da questa ricavare il gradiente ventricolo
destro/atrio destro (applicando la formula di Bernoulli modificata) che, sommato al valore di
pressione atriale destra consente il calcolo della pressione arteriosa polmonare sistolica (PAPs =
RAP + 4v²) dove RAP = pressione atriale destra e V è la vel. max espressa in m/sec.del
rigurgito tricuspidalico .
Per quanto riguarda i ritorni venosi dell’atrio sinistro la vena polmonare superiore destra è
sicuramente quella che con più facilità viene visualizzata dalla proiezione quattro camere apicale.
Attraverso il campionamento di questa possiamo ottenere degli indici utili per la valutazione della
funzione diastolica ( in particolare per slatentizzare un pattern psudonormale) . Le componenti che
vengono prese in considerazione per ottenere tale risultato sono quattro: le due onde sistoliche
sono espressione l’una (S1) del rilasciamento atriale durante la sistole ventricolare, l’altra (S2)
dell’aumento di pressione nelle vene polmonari durante la mesosistole e la protosistole; la
componente diastolica (D) in corrispondenza del decremento della pressione atriale sinistra a
valvola mitrale aperta; infine , la quarta componente (A), negativa, è data dal flusso retrogrado
nelle vene polmonari durante la sistole atriale.

IL SETTO INTERATRIALE (SIA)


La migliore visualizzazione del setto interatriale con l’ecocardiografia di superficie si ottiene da
una sezione quattro camere sottocostale (sub xifoidea).
Un Difetto del Setto Interatriale (DIA) appare come una discontinuità >5 mm del setto interatriale,
Un esplorazione transtoracica può identificare la maggior parte dei difetti settali: il limite della
proiezione apicale consiste nella visualizzazione di lacune di echi del setto, pertanto risulta più
indicatata quella sub xifoidea per valutare il SIA nella sua interezza. Ogni forma di difetto settale
può essere associata a shunt destro sinistro che può determinare ingrandimento delle cavità
destre e setto paradosso (indicativo di sovraccarico di volume).
1

LEZIONE 2A

IL FORAME OVALE PERVIO

A cura di: Dott. P. Aragona

Il Forame ovale pervio (PFO) è una comunicazione interatriale, normalmente presente e necessaria durante
la vita fetale, che consente al sangue ossigenato proveniente dalla placenta, di passare dall’atrio dx all’atrio
sin, poiché la circolazione attraverso il polmone fetale è assente .
Immediatamente dopo la nascita, le pressioni nelle camere cardiache di destra e le resistenze vascolari
polmonari si riducono improvvisamente in conseguenza del riempimento degli alveoli polmonari ;
contemporaneamente si verifica un aumento della pressione atriale sin., secondaria all’incremento del
ritorno venoso polmonare . Tutto questo comporta la chiusura funzionale del forame ovale, per accollamento
del septum primum al septum secundum .
Nei casi in cui tale fusione non si verifica, il forame ovale rimane pervio e questo può determinare shunti dx
> sin , sia in conseguenza delle variazioni pressorie che si verificano durante il ciclo respiratorio , sia in
condizioni di aumento della pressione atriale dx (tosse , manovra di Valsalva ecc.). Il PFO è comune nella
popolazione adulta generale, con una prevalenza del 25-30% .
L’associazione di PFO con varie condizioni cliniche è ampiamente documentata in letteratura : stroke
criptogenetico, embolie sistemiche, sindrome platypnea-orthodeoxia, malattia da decompressione nel
subacqueo,emicrania con aura.

Tecniche diagnostiche

Varie tecniche ecografiche possono essere utilizzate per la diagnosi di FOP . Tutte le tecniche sono basate
sull’uso di mezzi di contrasto che hanno le caratteristiche di non oltrepassare il filtro rappresentato dalla
circolazione polmonare .
I mezzi di contrasto usati sono ottenuti mediante l’uso di due siringhe connesse ad un rubinetto a tre vie
,necessario alla rapida miscelazione dei componenti con la conseguente formazione di micro bolle. La più
comune soluzione utilizzata è costituita da 9 ml di soluzione fisiologica miscelata con 0.5, 1 ml di aria .In
alcuni casa si preferisce utilizzare miscele di soluzione fisiologica e poligelina o piccole quantità di sangue
del paziente, al fine di incrementare il potere contrastografico .
Per la ricerca del PFO , la presenza di shunt dx > sinistro va valutata non solo a riposo, ma soprattutto
durante manovre provocative ,rappresentate dalla tosse o dalla manovra di Valsalva (fase di rilascio).
Queste manovre determinano inversione del gradiente pressorio tra i due atri e shunt dx > sin in presenza di
PFO .
La positività del test per la ricerca di shunt dx > sin è definita dal riscontro di micro bolle nelle camere
cardiache di sin. entro 3 cicli dalla opacizzazione delle camere dx . Il riscontro tardivo (oltre i tre cicli) è
indicativo di origine polmonare dello shunt, verosimilmente conseguente alla presenza di una fistola artero-
venosa .
L’entità dello shunt viene definita come lieve per riscontro di meno di 10 microbolle , moderato per riscontro
di più di 10 microbolle e severo quando c’è la completa opacizzazione dell’atrio sin .

L’ecocardiogramma transtoracico (TTE)con soluzione salina agitata presenta una sensibilità sub ottimale
per la diagnosi di PFO confrontato con la metodica trans esofagea (50-60%) .
Anche la diagnosi di aneurisma del setto inteatriale (ASA) è meno accurata con il trans toracico rispetto al
trans esofageo .

L’ecocardiogramma trans esofageo (TEE) è considerato il gold standard per la diagnosi di PFO ,con una
sensibilità e specificità prossime al 100% .
Il test è comunque semi-invasivo e necessita spesso di sedazione cosciente ,motivo per cui oggi non è
ritenuto test di prima scelta per la ricerca del PFO. Inoltre non infrequentemente, l’entità dello shunt al TEE
risulta sottostimato, come conseguenza della difficoltà, da parte del paziente, ad eseguire una manovra di
Valsalva valida ,circostanza che si presenta ancor più frequentemente in corso di sedazione .

L’ecocolordoppler transcranico (TCD) con iniezione di soluzione salina agitata rappresenta una tecnica
diagnosticata sempre più utilizzata per la valutazione dello shunt dx > sin .
L’esame consiste nel valutare segnali ad elevata intensità (HITS) , determinati dall’insonorizzazione di micro
bolle del mezzo di contrasto,che giungono a livello della circolazione cerebrale .
2

Comunemente l’esame viene condotto mediante insonorizzazione dell’arteria cerebrale media ,con ripetute
prove sia a riposo che durante manovra di Valsalva. Il TCD presenta una sensibilità diagnostica
essenzialmente equivalente al TEE , con il vantaggio che il paziente riesce ad eseguire una corretta
manovra di Valsalva Tuttavia con il TCD non si ottengono informazioni anatomiche riguardo il setto
interatriale e la diagnosi differenziale tra shunt dx > sin intra ed extracardiaco è puramente empirica , basata
sulla latenza tra iniezione del mezzo di contrasto e riscontro di HIT .

PFO e Stroke criptogenetico

Si definisce stroke criptogenetico uno stroke da causa sconosciuta, nonostante una estensiva valutazione
diagnostica finalizzata ad escludere cause identificabili ,come ateromi dell’arco aortico o delle arterie
carotidi, fibrillazione atriale ,dissezione delle carotidi , emorragie intracerebrali o lesioni occupanti spazio. La
causa dello stroke rimane non identificata nel 40% dei casi .
Molti dati suggeriscono un’associazione fra PFO e stroke criptogenetico .
L’embolia paradossa è considerata il più probabile meccanismo patogenetico dello stroke nei pazienti con
PFO : il PFO fungerebbe da tramite per l’embolizzazione arteriosa sistemica di trombi originati nel circolo
venoso sistemico .
Il PFO è presente nel 25-30% della popolazione generale . Tuttavia solo una piccola parte degli individui con
PFO presenta eventi ischemici cerebrali criptogenetici .

Appare quindi ragionevole pensare che ci siano condizioni associate predisponenti che aumentino il rischio
di eventi embolici cerebrali . L’identificazione di questi fattori predisponenti potrebbe aiutare nell’identificare
un sottogruppo di pazienti ad alto rischio ,nei quali potrebbe essere consigliata una strategia terapeutica
preventiva .
Una separazione dei setti maggiore o uguale a 2 mm all’esame TTE o l’aspetto tunnel like del PFO , è
stata associata con un incremento del rischio di stroke (1)
La presenza di ASA (aneurisma del setto interatriale) associata al PFO determina un aumento del rischio
di stroke . Nei pazienti con stroke di età inferiore a 55 anni in terapia con aspirina,la ricorrenza di stroke a 4
anni risulta pari al 4.2% nei pazienti con PFO isolato e del 15.2% nei pazienti con ASA + PFO (2) . Inoltre i
pazienti con PFO + ASA presentano più frequentemente lesioni cerebrali multiple alla risonanza magnetica
cerebrale rispetto ai pazienti con PFO isolato (53% vs 15.2%)
La valvola di Eustachio prominente ,che direziona il flusso ematico proveniente dalla vena cava inferiore
verso la regione della fossa ovale, è risultata più frequente nei pazienti con embolia paradossa. Anche la
Rete di Chiari persistente, presente in circa il 2% della popolazione generale , è risultata di più frequente
riscontro nei pazienti con embolia sistemica criptogenetica (3).
La presenza di shunt destro-sinistro spontaneo, in assenza di manovre provocative,aumenta il rischio di
ricorrenza di di stroke e TIA (4).
La trombosi venosa profonda è più frequente nei pazienti con stroke-PFO– related (5). Una frequente
localizzazione della trombosi venosa nei pazienti giovani con stroke criptogenetico è rappresentata dalle
vene pelviche,riscontrata mediante RMN flebografia.
Tuttavia tale valutazione è ben lontana dall’essere routinaria nella pratica clinica , per cui appare verosimile
che la frequenza di trombosi delle vene pelviche sia sottostimata .
Le alterazioni trombofiliche aumentano il rischio di stroke PFO-related di 4.7 volte (6). Le alterazioni più
frequentemente riscontrate rispetto ad una popolazione di controllo, sono rappresentate dalla mutazione
G20210A del gene della protrombina ( 10.3% vs 2.5%) e dalla mutazione del fattore V di LEIDEN (8.2% vs
2.1%)
Anche altri fattori di rischio per trombosi venosa profonda,come chirurgia recente, traumi, assunzione di
contraccettivi, possono aumentare il rischio di embolia paradossa attraverso il PFO. Alcune condizioni che
determinano un aumento della pressione nelle camere cardiache di destra , quali l’embolia polmonare (7),
l’infarto del ventricolo destro,il severo rigurgito tricuspidalico , sono situazioni favorenti un incremento dello
shunt destro-sinistro attraverso il PFO e quindi aumenato il rischio di stroke PFO-related.

Bibliografia essenziale
3

1)Steiner MM , Di Tullio MR, Rundek T : Patent foramen ovale size and embolic brain imaging finding
imaging patent with ischemic stroke .
Stroke 1998; 29: 944-8

2)Overell JR Bone I, Lees KR : Interatrial septal abnormalities and stroke : a meta-analysis of


control studies.
Neurology 2000 ; 55:1172-9

3)Schneider B et al. : Chiari network : normal anatomic variant or risk factor for arterial
embolic events ?
J. Am .Coll.Cardiol. 1995; 26 : 203-10

4)De Castro S. et al. : Morphological and functional charateristics of patent foramen ovaleand their embolic
implication .
Stroke 2000 ; 31 : 2407:2013

5)Stollberger C.,Slany J et al. : The prevalence of deep venous thrombosis in patients with
suspected paradoxical embolism
Ann Intern Med 1993 ; 119:461-5

6)Meacham RR , Headley AS, Bronze MS : Impeding paradoxical embolism .


Arch Inter Med 1998; 158 : 438-48

7)Lapostolle F , Borron SW ,Surget V :


Stroke associated with pulmonary embolism after air travel
Neurology 2003 ; 60 : 1983-5
1

LEZIONE 2B
FUNZIONE VENTRICOLARE

A cura di: Dott. A. Terranova e Dott. P.G. Pino

FUNZIONE VENTRICOLARE SINISTRA

1. Funzione sistolica globale del ventricolo sinistro


La valutazione semiquantitativa e quantitativa della funzione sistolica globale del ventricolo
sinistro costituisce uno dei maggiori campi applicativi dell’ecocardiografia. In numerose
patologie la conoscenza di alcuni parametri di funzione sistolica svolge un ruolo non solo
diagnostico ma anche prognostico. Indipendentemente dalla etiologia e dalle modalità
cliniche di presentazione della disfunzione sistolica del ventricolo sinistro la valutazione
ecocardiografica della funzione sistolica del ventricolo sinistro si basa principalmente su
una serie di parametri quali le dimensioni ventricolari, gli indici di funzione derivati e la
geometria del ventricolo sinistro; sono stati proposti altri indici di funzione di minore
diffusione che possono però rivestire un certo interesse in alcune patologie specifiche

1.1 Valutazione mono, bidimensionale e tridimensionale


METODICA MONODIMENSIONALE. Ancora oggi una valutazione preliminare delle
dimensioni e della funzione sistolica del ventricolo sinistro può essere ottenuta con
l’esame monodimensionale eseguito sulla scorta dell’immagine bidimensionale. Dalla
finestra parasternale sinistra, nella sezione longitudinale o in quella trasversale mirata sui
ventricoli il fascio singolo è posizionato subito al di sotto dei lembi mitralici per ottenere la
rappresentazione monodimensionale dei ventricoli. La rappresentazione
monodimensionale dei ventricoli è ottenuta sulla proiezione trasversale o longitudinale dei
ventricoli ottenuti dalla finestra parasternale sinistra, subito al di sotto dei lembi mitralici; le
misurazioni lineari devono essere eseguite seguendo le raccomandazioni dell’American
Society of Echocardiography. I diametri dell’asse minore del ventricolo sinistro sono
misurati in diastole ed in sistole; la variazione percentuale delle dimensioni in sistole
rispetto alla diastole rappresenta la frazione di accorciamento (Fractional shortening); il
fractional shortening può essere espresso utilizzando 4 gradi di gravità: normale,
lievemente ridotto, moderatamente ridotto, severamente ridotto (vedi tabella).
. Sono state proposte numerose formule per calcolare i volumi partendo dalle misure
monodimensionali. Il metodo più diffuso è quello di Teichholz. Dai volumi così ottenuti è
inoltre possibile calcolare la frazione di eiezione. La SIEC scoraggia fortemente l’uso di
formule che da misure lineari ricavino volumi e frazione di eiezione.
Anche le sole misure lineari presentano grandi limiti; quello maggiore relativo alla
valutazione della funzione sistolica globale con metodica monodimensionale consiste nel
limitato settore studiato, non sempre rappresentativo del comportamento degli altri settori;
basti pensare alla cardiopatia ischemica nella quale la stima di funzione globale ottenuta
valutando i soli segmenti basali del setto anteriore e della parete posteriore, omette di
considerare il contributo degli altri segmenti basali e dei segmenti medio apicali. Inoltre
non sempre è possibile ottenere un’adeguata e corretta visualizzazione
monodimensionale dei ventricoli pur sulla scorta dell’immagine bidimensionale in quanto la
geometria ventricolare non consente il perfetto orientamento del fascio singolo che deve
essere perpendicolare rispetto alle strutture studiate.
Nei pazienti con ipertrofia ventricolare sinistra è stato proposto di considerare invece
dell’accorciamento dei diametri interni (endocardici) del ventricolo sinistro,
2

l’accorciamento dello strato centroparietale (midwall fractional shortening) . Infatti in questi


pazienti si determina una sovrastima della funzione sistolica basandosi sullo spostamento
dell’endocardio mentre il midwall fractional shortening rappresenta il reale stato della
funzione sistolica. Il midwall fractional shortening può essere espresso utilizzando 4 gradi
di gravità: normale, lievemente ridotto, moderatamente ridotto, severamente ridotto (vedi
tabella).
Un parametro globale di funzione può essere derivato dallo spostamento dell’anello
mitralico (MAPSE) che misura l’accorciamento longitudinale del ventricolo sinistro
espressione della funzione ventricolare. Questa misura non richiede immagini di qualità
particolarmente elevata. Il MAPSE può essere misurato dai quattro siti del piano valvolare
cottispondenti alle pareti settale, laterale, anteriore e posteriore usando la finestra apicale
e le sezioni 4 camere e due camere. Nei soggetti sani i valori di MAPSE della parete
laterale sono maggiori di quelli degli altri siti per cui si considera la misura dello
spostamento di questa parte di anello mitralico visualizzato con metodica
monodimensionale dalla finestra apicale nella sezione quattro camere, indirizzando il
fascio singolo parallelamente alla direzione dello spostamento dell’anello. L'escursione
sistolica dell’anello mitralico dovrebbe essere misurata dal punto più basso in tele diastole
fino al punto corrispondente alla chiusura della valvola aortica (fine dell’onda T sull’ECG).
Un MAPSE superiore a mm 13 (range 12-15 mm) identifica una normale frazione di
eiezione, un MAPSE inferiore a mm 7-8 identifica una frazione di eiezione depressa. Per
valori intermedi può essere utilizzata la retta di regressione proposta da Matos (J Am Soc
Echocardiogr 2012;25:969-74).

METODICA BIDIMENSIONALE. Permette di visualizzare in tempo reale i ventricoli


utilizzando le finestre e le sezioni standard. Un ventricolo sinistro, pur con anomalie
cinetiche circoscritte o deformato nella sua geometria, può essere studiato in modo
attendibile con la metodica bidimensionale. E’ possibile quindi calcolare i volumi
telediastolico e telesistolico e calcolare la frazione di eiezione. Attualmente l’utilizzazione
dell’imaging in seconda armonica permette una accurata visualizzazione dell’endocardio.
Sono stati proposti vari modelli geometrici per il calcolo dei volumi ventricolari ed i
corrispondenti algoritmi sono incorporati nei software delle apparecchiature
ecocardiografiche. Sulle immagini congelate si esegue la planimetria del contorno
endocardico in telediastole ed in telesistole nelle proiezioni richieste dalle formule
prescelte per il calcolo dei volumi; automaticamente, si ottengono i volumi telediastolico e
telesistolico e la frazione di eiezione. Attualmente il metodo più diffuso ed utilizzato è
quello che si basa sulla sommazione dei dischi (metodi di Simpson). Il volume globale è
calcolato come la sommatoria di venti sezioni cilindriche sovrapposte di forma simile. Il
3

metodo più accurato prevede di effettuare la misura biplana (in 4 camere ed in due
camere). È indispensabile la memorizzazione del ciclo mediante cine-loop per la scelta del
frame telediastolico e telesistolico appropriati (per la scelta del frame tele diastolico
sincronizzazione sull’onda R o visivamente nel momento di massima dimensione del
ventricolo sinistro, per la scelta del frame telesistolico visivamente il momento in cui il
ventricolo raggiunge le dimensioni minori).
Questo metodo può essere utilizzato prescindendo dalla forma e dalla geometria del
ventricolo sinistro. Vi è una buona correlazione tra i volumi ecocardiografici e quelli
agiografici, anche se i volumi ecocardiografici sono sottostimati; il metodo ecocardiografico
e quello ventricolografico non possono essere considerati interscambiabili nella pratica
clinica, in particolare nel post-infarto. Una serie di motivi spiegano la non perfetta
corrispondenza tra le due metodiche: imperfetta visualizzazione di tutte le pareti (in
particolare della regione apicale), esclusione ecocardiografica degli interstizi tra le
trabecole o tra i muscoli papillari e le pareti (mentre il mezzo di contrasto riempie gli
interstizi e viene computato nella stima dei volumi). Una migliore correlazione sembra
provata tra la metodica ecocardiografica e la SPECT nel calcolo dei volumi e della
frazione di eiezione . La FE può essere espressa quantitativamente o qualitativamente. In
quest’ultimo caso si utilizzano 4 gradi: normale, lievemente ridotta, moderatamente ridotta,
severamente ridotta.

Alcuni problemi legati alla metodica sono stati in parte superati con le nuove tecnologie. La
possibilità di ottenere immagini con seconda armonica ha permesso di migliorare la
risoluzione dei bordi endocardici con conseguente riduzione degli errori nella fase di
planimetria delle aree dalle quali verranno calcolati i volumi.
Questo algoritmo viene raccomandato perché è indipendente dalla forma del ventricolo,
mantenendo la sua accuratezza anche in ventricoli distorti o con anomalie della cinesi
segmentarie.
Operatori più esperti possono valutare la FE visivamente; questo metodo ha il vantaggio di
correlare con la FE angiografica ma lo svantaggio di non fornire i valori di volume
ventricolare. Anche con il metodo visivo la FE può essere espressa quantitativamente o
qualitativamente (normale, ridotta in misura lieve, moderata o severa).
Nei Laboratori di ecocardiografia si dovrebbe perseguire un programma di controllo per
valutare la qualità delle interpretazioni ecocardiografiche relative alla funzione ventricolare
sinistra ed intraprendere un programma di insegmaneto per migliorare l’accuratezza e la
validità dell’interpretazione ecocardiografica.
4

METODICA TRIDIMENSIONALE. L’ecocardiografia tridimensionale costituisce una delle


maggiori innovazioni degli ultimi anni nel campo degli studi ultrasonori. I rapidi progressi
che hanno investito la tecnologia delle sonde e i software di analisi delle immagini hanno
permesso lo studio delle strutture cardiache nmediante l’ecocardiografia tridimensionale
real-time. La valutazione dei volumi ventricolari, non più dipendente da assunzioni
geometriche, consente una stima accurata dei volumi anche in geometrie ventricolari
deformate con conseguente miglioramento della stima della Frazione di Eiezione.
Di fatto il maggior contributo dell’ecocardiografia tridimensionale (in particolare di quella
transtoracica) può essere considerato lo studio dei volume e della Frazione di eiezione e
la sua utilizzazione ha avuto un notevole incremento con la commercializzazione di
trasduttori a matrice e con la possibilità dell’analisi semiautomatica dei volumi.
La misura dei volumi del ventricolo sinistro e della frazione di eiezione è rapida e
l’accuratezza, superiore alla metodica bidimensionale, si avvicina a quella della risonanza
magnetica sebbene la variabilità può essere più alta dipendendo dalla qualità delle
immagini e dall’esperienza dell’operatore. Nonostante l’elevata correlazione con la
risonanza magnetica, l’ecocardiografia tridimensionale sottostima sistematicamente i
volumi ventricolari principalmente perché l’ecocardiografia non riesce a differenziare le
trabecole dal miocardio. Per tale motivo è raccomandato, per minimizzare le differenze tra
le due tecniche, per l’ecocardiografia tridimensionale si consiglia di tracciare l’endocardio
in modo da escludere le trabecole.

1. 2 Valutazione Doppler della funzione sistolica del ventricolo sinistro


1.2.1 Calcolo della gittata sistolica e della portata cardiaca.
E’ possibile il calcolo della portata cardiaca utilizzando i dati ecocardiografici
bidimensionali e Doppler. In generale il flusso attraverso un vaso o una valvola è dato dal
prodotto della velocità del flusso per l’area della sezione attraversata dal flusso stesso.
Solitamente la gittata sistolica è calcolata utilizzando l’area del tratto di efflusso del
ventricolo sinistro e l’integrale della velocità del flusso calcolata in quel punto. Il calcolo
della portata sistolica, prodotto della gittata per la frequenza cardiaca, ottenuto con questo
metodo si è dimostrato attendibile correlandosi con la portata misurata con la
termodiluizione . E’ stato proposto il calcolo automatico del flusso basato sul
campionamento simultaneo delle velocità, valutate con il Color Doppler, in un’area di
interessa predefinita (automated cardiac output measurement). Questo metodo, che
prescinde dalla geometria ventricolare e che teoricamente permetterebbe una valutazione
più attendibile della performance ventricolare sinistra, di fatto non è stato sottoposto alle
opportune verifiche e validazioni cliniche.
1.2.2 Velocità dell’anello mitralico derivate dal Tissue Doppler.
Il Doppler tissutale (Doppler tissue imaging, DTI) è ormai diventato una componente
obbligata dell’esame ecocardiografico. Questa tecnica rileva le basse velocità delle pareti
miocardiche garantendo una misura obiettiva della funzione ventricolare. Le velocità
tissutali possono essere ottenute nella maggioranza dei pazienti, anche con cattive
finestre ecocardiografiche. Una riduzione delle velocità sistoliche correla con una ridotta
funzione sistolica. La misura della velocità sistolica dell’anello va ottenuta al picco della
velocità sistolica ponendo il volume campione del Doppler tissutale sul lato settale
dell’anello mitralico. Le velocità settali sono più basse (8.3 + 1.7 cm/sec) rispetto a quelle
laterali (9.9 + 2.4) e quelle inferiori (9.5 + 1.9).
1.2.3 Intervalli dei tempi sistolici (Tei index).
Gli intervalli dei tempi sistolici possono fornire informazioni molto utili sulla funzione
ventricolare sinistra. Il tempo di contrazione isovolumetrica, il periodo di pre-eiezione
(PEP), il tempo di eiezione ventricolare sinistra (LVET), ed il rapporto PEP/LVET sono
considerati misure attendibili di funzione sinistra. Più recentemente è stato proposto un
5

indice combinato di performance ventricolare sinistra chiamato Tei index. Il Tei index (o
MPI: myocardial performance index) è la somma del tempo di contrazione isovolumetrico
e del tempo di rilasciamento isovolumetrico diviso il tempo di eiezione. Se la fase
isovolumetrica è più lunga il Tei index è più alto e la funzione globale peggiore. E’ un
indice relativamente indipendente dalla frequenza cardiaca e dalla pressione arteriosa.
In un soggetto sano il PEP è breve e il LVET è lungo, nella disfunzione ventricolare, al
contrario, il PEP si prolunga a scapito del LVET che si riduce. Si può misurare sul Doppler
pulsato dei flussi mitralico ed aortico o sul doppler tissutale del setto basale. Utilizzando i
flussi il volume campione è posizionato in afflusso, sotto i lembi mitralici (sezione 4 camere
apicale) ed in efflusso, subito al di sotto del piano valvolare aortico (sezione longitudinale
per l’efflusso). Il Tei index è definito dall’equazione (a-b)/b dove ‘a’ rappresenta l’intervallo
tra la fine e l’inizio del flusso mitralico (fine onda ‘A’ ed inizio onda ‘E’) misurato sul flusso
mitralico e ‘b’ rappresenta il tempo di eiezione misurato sul flusso aortico.
Le misure degli intervalli con DTI possono essere effettuati su un unico ciclo come è
illustrato nella figura tratta dal lavoro di Hu ( Methods for Assessment of Left Ventricular
Systolic Function in Technically Difficult Patients with Poor Imaging Quality. J Am Soc
Echocardiogr 2013;26:105-13.
I valori medi del Tei index valutato con Doppler pulsato sono 0.39 mentre con Doppler
tissutale o.35. Negli adulti valori inferiori a 0.40 sono considerati normali.

1.2.3 Stima del dP/dt ventricolare sinistro


La velocità di incremento pressorio nel ventricolo è un buon indice di performance
ventricolare sinistro sensibile ai cambiamenti di contrattilità ed insensibile alle variazioni
dell’afterload ma lievemente influenzato dalle variazioni del preload.In ecocardiografia si
utilizza la curva spettrale continua del rigurgito mitralico per ricavare questo indice di
funzione sistolica. Una volta identificato, nella finestra apicale e nella sezione 4 camere, il
6

jet rigurgitante con il Color Doppler si colloca il fascio del doppler continuo in modo da
incontrare il jet con il minor angolo possibile. Il contorno dello spettro deve essere
perfettamente definito. Il dP/dt è calcolato misurando il tempo richiesto al jet rigurgitante di
aumentare la velocità da 1 a 3 m/sec durante il tempo di rilasciamento isovolumetrico;
questo tempo corrisponde ad un aumento di pressione di 32 mmHg (1 m = 4 mmHg; 3 m =
36 mmHg. Il passaggio da 1 m a 3 m/sec corrisponde perciò a 36-4 = 32 mmHg).
Il valore medio normale è > 1200mmHg/sec (intervallo < 27 msec); un valore < 1000
mmHg/sec è indicativo di disfunzione ventricolare (intervallo > 32 msec).

2. Funzione diastolica del ventricolo sinistro


La diastole e’ il periodo del ciclo cardiaco compreso tra la chiusura delle valvole semilunari
e la chiusura di quelle atrioventricolari. Si suddivide in 4 fasi: rilasciamento isovolumetrico,
riempimento ventricolare rapido, riempimento ventricolare lento, sistole atriale.
7

1) Il Rilasciamento isovolumetrico e’ il periodo compreso tra la chiusura delle valvole


semilunari e l’apertura delle valvole atrioventricolari. In questa fase si ha la caduta della
pressione endoventricolare a valori inferiori a quella atriale. Subito dopo la valvola
atrioventricolare si apre ed inizia la seconda fase della diastole, il riempimento
ventricolare rapido.
2) Il Riempimento ventricolare rapido inizia con l’apertura delle valvole A-V procedendo
con velocita’ crescente fino ad un picco massimo, dopodiché si ha una decelerazione
terminando con l’inizio del riempimento lento. Il passaggio di sangue dall’atrio al
ventricolo porta ad una caduta della pressione atriale con aumento di quella
ventricolare. Contribuisce al riempimento per il 65-80%.
3) Il Riempimento lento (diastasi) comporta una lento riempimento del ventricolo poiche’
non vi e’ quasi piu’ gradiente tra le due camere. La durata e’ frequenza dipendente e si
annulla con f.c.> a 100. Il contributo al riempimento ventricolare totale e’ comunque
molto basso (5%).
4) La Sistole atriale, presente solo in ritmo sinusale, e’ la fase finale della diastole. La
contrazione atriale determina un aumento del flusso tra atrio e ventricolo e contribuisce
al riempimento ventricolare per un 20%,

2.1 Valutazione mono e bidimensionale

La metodica mono e bidimensionale ha un valore puramente storico in quanto del tutto


soppiantata dalla metodica Doppler. Riportiamo alcuni parametri che talvolta ancora si
incontrano in letteratura.
Valutazione monodimensionale
- Pendenza D-E. (velocità d’apertura valvola mitrale) v.n.= da 300 a 400 mm/sec. E’
influenzata dalle pressioni telesistolica e protodiastolica del ventricolo sinistro.
- Pendenza E-F. (velocità con cui la mitrale tende a chiudersi in protomesodiastole). E’
influenzata dalla distensibilità (compliance) ventricolare sn. Valori normali da 70 a 150
mm/sec. La riduzione della pendenza è dovuta a tutte le condizioni cliniche che riducono
la compliance del ventricolo sn.
- Pendenza A-C. ( velocità di chiusura del lembo anteriore mitralico dopo la sistole
atriale).v.n. da 200 a 350 mm/sec. Normalmente tale tratto e’rettilineo. Nei pz.con con
elevazione della pressione telediastolica del ventricolo sn, si hanno alterazioni della
chiusura mitralica e si nota una intaccatura sul tratto A-C chiamato B-bump.
- Atrio sinistro. La dilatazione atriale sn, se non vi sono valvulopatie preesistenti, può
indirizzare verso un aumento della pressione diastolica ventricolare snx.
Valutazione bidimensionale
1) visualizzazione di un rilasciamento diastolico rigido o a due tempi, indice di ridotta
compliance o rapido
2) dissincronia del rilasciamento diastolico .
3) brusco arresto del rilasciamento protodiastolico.
4) presenza di dilatazione atriale
5) caratterizzazione tissutale qualitativa.analisi visiva del “tessuto miocardio” (amiloidosi)
6) analisi del pericardio per evidenziare eventuale presenza di pericardite
costrittiva.(aumento spessore e calcificazione del pericardio,dilatazione vena cava
inferiore, presenza o meno di versamento pericardico ed eventuale tamponamento
cardiaco con schiacciamento dell’atrio e del ventricolo destro).

2.2 Valutazione Doppler


8

2.2.1 Valutazione con Doppler pulsato


Lo studio della funzione diastolica si basa sul’analisi delle velocità di flusso transmitralico.e
delle vene polmonari e delle velocità tissutali delle pareti del ventricolo sinistro. Può essere
utilizzato anche il Mono-Color.
Le curve di flusso transmitralico Doppler riflettono le velocità di flusso ematico dall’atrio al
ventricolo sinistro durante il periodo di riempimento diastolico.
Il volume campione viene posizionato a livello dei margini inferiori dei lembi mitralici.
Il flusso transmitralico e’ costituito da due picchi,il primo (onda E) corrisponde alla velocità
di flusso transmitralico durante il riempimento rapido. Quanto più rapidamente aumenta la
pressione ventricolare sinistra in protodiastole tanto più è breve il tempo di decelerazione
del tempo E. Il secondo (onda A) corrisponde alla velocità di flusso durante la sistole
atriale. L’ampiezza dell’onda A può essere aumentata da un aumento del preload atriale
sinistro. Il picco dell’onda A è determinato dalla funzione sistolica atriale sinistra, dal
preload atriale sinistro e dalla compliance ventricolare sinistra.
Flusso transmitralico patologico
1) Disfunzione diastolica tipo I. Anomalo rilasciamento ventricolare: allungamento
periodo isovolumetrico (IVRT), riduzione ampiezza onda E, prolungamento tempo di
decelerazione mitralica, inversione rapporto E/A.
2) Disfunzione diastolica tipo II. Aspetto da pseudonormalizzazione: in pazienti con
moderato incremento pressione capillare polmonare il rapporto E/A è superiore ad 1. Tale
aspetto è solo apparentemente normale; per svelare la disfunzione diastolica è utile far
effettuare al paziente una manovra di Valsalva; in caso di disfunzione diastolica
gradualmente la velocità dell’onda E si riduce e quella dell’onda A aumenta portando ad
un rapporto E/A finale inferiore ad 1. Può essere utilizzato il Doppler tissutale del setto che
in caso di disfunzione diastolica, anche in presenza di E/A mitralico superiore ad 1, sarà
caratterizzato da E/A settale inferiore ad 1. Il Monocolor (propagazione diastolica
intraventricolare del flusso) e la differenza di durata A-mitralica/A-vena polmonare sono
utilizzati per diagnosticare questo tipo di disfunzione diastolica.
3) Disfunzione diastolica tipo III. Pattern restrittivo reversibile: caratterizzato da
accorciamento dell’IVRT (<70 msec), aumento picco E, riduzione del picco A e
conseguente aumento rapporto E/A (valore >>>2), riduzione del tempo di decelerazione
mitralica (<150 msec). Un tempo di decelerazione mitralica < 120 msec potrebbe
corrispondere secondo alcuni studi ad una pressione polmonare capillare > 20 mmHg,
mentre tra 120 e 150 msec ad una Pa >15 mmHg.
4) Disfunzione diastolica tipo IV. Pattern restrittivo irreversibile. Come il precedente. La
valutazione di irreversibilità è valutata con manipolazioni farmacologiche o con
l’andamento clinico-strumentale.

Chiusura valvola mitrale

Apertura valvola mitrale

Chiusura valvola aortica


9

Figura 1

Recentemente ha assunto un ruolo rilevante nella stima delle pressioni di riempimento del
ventricolo sinistro la valutazione del rapporto tra la velocità dell’onda E (flusso
transmitralico) e la velocità dell’onda e’ registrata con Doppler tissutale a livello dell’anulus
mitralico. Alcuni Autori hanno dimostrato che un valore inferiore a 8 è indicativo di normali
pressioni di riempimento, un valore superiore a 15 identifica pazienti con elevate pressioni
di riempimento.

FUNZIONE VENTRICOLARE DESTRA


10

1. Funzione sistolica globale del ventricolo sinistro


I metodi comunemente usati per calcolare diametri, volumi e funzione del ventricolo
sinistro non possono essere applicati al ventricolo destro per la particolare geometria di
questa camera.
Infatti per la complessa geometria del ventricolo destro nessuna singola sezione può
fornire sufficienti informazioni per valutare adeguatamente il ventricolo destro e la sua
funzione.
I metodi per la valutazione del ventricolo destro sono limitati, anche se l’ecocardiografia
tridimensionale sembra una metodica promettente per lo studio di questa cavità.
Mostriamo i metodi comunemente usati per la valutazione della funzione ventricolare
destra
Spostamento dell’anello tricuspidale (TAPSE). E’ analogo allo spostamento dell’anello
mitralico. Il movimento sistolico della base del ventricolo destro fornisce, misurando la
distanza della escursione sistolica del segmento anulare del ventricolo destro dalla finestra
apicale nella sezione apicale, uno dei più semplici metodi per valutare la funzione
ventricolare in quanto ne rappresenta la funzione longitudinale. Maggiore l’escursione,
migliore la funzione ventricolare destra. In analogia con gli altri metodi che considerano
una singola regione, il TAPSE assume che lo spostamento del segmento basale sia
rappresentativo della funzione dell’intero ventricolo destro, ma questo può non essere vero
in molti stati patologici che coinvolgono il ventricolo destro, in particolare quando le
anomalie cinetiche sono segmentarie. Il TAPSE si misura sull’immagine
monodimensionale dell’anello tricuspidale ottenuto ponendo il cursore monodimensionale
sull’anello tricuspidale e misurando l’entità del movimento longitudinale dell’anello fino al
picco sistolico.
Un TAPSE < 17 mm ha un’alta specificità ma una bassa sensibilità nell’identificare I
pazienti con disfunzione ventricolare destra.

Accorciamento frazionale dell’area ventricolare (FAC VDX). E’ il calcolo


dell’accorciamento frazionale dell’area ventricolare planimetrata in sezione 4 camere, che
risulta dalla differenza tra l’area del ventricolo destro in telediastole e in telesistole diviso
per l’area in telediastole. La FAC si ottiene tracciando l’endocardio ventricolare destro in
sistole e diastole, partendo dall’anello e percorrendo la parete libera fino all’apice e quindi
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di nuovo verso l’anello lungo il setto interventricolare. Particolare cura deve essere pres
nella traccia dell’endocardio al di sotto delle trabecole. I valori di FAC si correlano con
quelli di frazione di eiezione ottenuti con la risonanza magnetica.

Tei index del ventricolo destro. Definito anche MPI (myocardial performance index)
permette una stima globale del ventricolo destro ed è analogo al Tei index utilizzato per il
ventricolo sinistro.
Si basa sulla relazione tra il lavoro eiettivo e non eiettivo del ventricolo destro ed è definito
come il rapporto del tempo isovolumetrico diviso il tempo di eiezione. Il tempo
isovolumetrico comprende il tempo di rilasciamento isovolumetrico ed il tempo di
contrazione isovoulmetrico.
MPI = [(IVRT + IVCT)/ET]
Può essere ottenuto con due metodi: il metodo pulsato dei flussi e il metodo pulsato
tissutale. Nel metodo Doppler dei flussi il tempo di eiezione ET è misurato con il Doppler
pulsato nel tratto di efflusso destro (intervallo tra l’inizio e la fine del flusso sistolico),
mentre il tempo di chiusura-apertura tricuspidale è misurato con Doppler pulsato
dell’afflusso destro (intervallo tra la fine dell’onda “a” tricuspidale e l’inizio dell’onda “E”
tricuspidale).
Dal momento che questi due flussi sono rilevati su due diverse immagini, occorre meteter
molta attenzione che siano considerate intervallic RR uguali.
Nel metodo pulsato tissutale tutti gli intervalli sono misurati su un singolo battito
campionando l’anello tricuspidale laterale.
I valori limite sono 0.40 per il Doppler pulsate e 0.55 per il Doppler tissutale.
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1

LEZIONE 3A
APPROCCIO METODOLOGICO ALLA CARDIOPATIA ISCHEMICA
ACUTA E CRONICA

A cura di: Dott. A. Terranova e Dott. P.G. Pino

Approccio ecocardiografico
Il valore diagnostico dell’ecocardiografia nell’ambito della cardiopatia ischemica è andato
vertiginosamente crescendo via via che la tecnologia si è raffinata, la sua discriminazione
spaziale ha raggiunto con la seconda armonica valori di 1 mm, la metodica fondamentale
(M mode – 2D – Doppler) si è arricchita di molte altre possibilità. Tutto ciò ha reso fattibile
una esplorazione della cinetica parietale e della funzione del cuore con una certa
numerosità di parametri. Esistono tuttavia alcuni problemi che sono legati anche alla
complessità anatomica e funzionale dello stesso muscolo cardiaco.
Il 70% della spesa energetica del muscolo cardiaco viene assorbita dall’attività contrattile
delle sue fibre. Il che comporta la assoluta precocità delle alterazioni cinetiche parietali in
caso di ridotto apporto energetico al cuore. Da queste considerazioni, e dalla capacità di
studiare con gli ultrasuoni proprio l’ispessimento parietale sistolico e il concentrico
spostamento delle pareti ventricolari durante il ciclo cardiaco, è scaturito il valore
diagnostico dell’ecografia nel riconoscimento di un disturbo ischemico miocardico.
La composizione della parete miocardica ventricolare a strati di fasci muscolari
sovrapposti rende complicata l’interpretazione della corrispondenza fra tipo di asinergia e
profondità della necrosi nello spessore parietale del miocardio ventricolare. Infatti, quando
la profondità della necrosi supera il 20% dello spessore parietale si possono avere
ipocinesia o acinesia indifferentemente. Inoltre altre patologie cardiache, oltre a quella
ischemica, possono provocare asinergie segmentarie e, nell’ambito della stessa patologia
ischemica, processi diversi con evoluzione diversa possono essere responsabili dello
stesso tipo di asinergia. Un valore particolare, quindi, assume la conoscenza del contesto
clinico in cui viene eseguito l’esame ecocardiografico.
L’obiettivo dell’ecocardiografia nella cardiopatia ischemica è quello di ricercare e
documentare: alterazioni morfofunzionali causate dall’ischemia, definire la sede e
l’estensione del danno ischemico, valutare la funzione cardiaca regionale e globale.
L’ecocardiografia è l’unica metodica in grado di valutare contemporaneamente due
parametri fondamentali: il movimento della parete in senso centripeto e l’ispessimento
sistolico. L’insieme delle alterazioni di movimento e ispessimento definiscono la “asinergia”
che può variare da una minima diminuzione di cinetica (ipocinesia), alla assenza completa
(acinesia) del movimento e ispessimento,fino all’assottigliamento con movimento pradosso
verso l’esterno (discinesia).
Oltre all’asinergia parietale, che rappresenta il segno ecocardiografico più precoce,
sensibile e specifico, sono stati decritti altri marker di ischemia sia regionale che globale. A
livello regionale l’assottigliamento diastolico e l’incremento di ecoriflettenza, a livello
globale la dilatazione e la distorsione del ventricolo sinistro e le modificazioni del flusso
transmitralico. In particolare lo spessore della parete in telediastole valutato in rapporto
allo spessore dei segmenti adiacenti definisce un’area di ischemia severa o di necrosi
miocardia pregressa se associata a sostituzione fibrosa del miocardio. (aumentata
ecogenicità).

Analisi segmentaria della cinesi


L’analisi segmentaria della cinetica ha lo scopo di quantificare la estensione della
asinergia parietale e di distinguere i diversi territori di distribuzione delle coronarie.
L’American Society of Cardiology ha proposto un modello a sedici segmenti in cui il
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ventricolo sinistro è diviso in 3 regioni in senso longitudinale (basale, dall’anello mitralico


all’estremità dei papillari, media, dall’estremità alla base dei papillari, e apicale distalmente
all’inserzione dei muscoli papillari). Le regioni basali e medie sono ulteriormente
segmentate in 6 segmenti: anteriore, laterale, posteriore, inferiore, setto inferiore e setto
anteriore. L’apice è diviso in 4 segmenti (anteriore, laterale, inferiore e settale).

Più recentemente è stata proposta una suddivisione in 17 segmenti. Tale suddivisione


prevede l’aggiunta dell’”apical cap” come 17 segmento per uniformare la segmentazione
ecocardiografica con le altre metodiche di imaging per la valutazione della perfusione con
ecocontrastografia. Va sottolineato che il 17 segmento non viene considerato nella
valutazione della cinetica e nel calcolo del WMSI in quanto non ha superficie endocardica;
è utilizzato negli studi ecocardiografici che utilizzano mezzi di contrasto ecocardiografici
che valutano la perfusione miocardica..
Tutte le sezioni ecocardiografiche devono essere visualizzate per una analisi completa
della cinetica regionale.
Nella figura è riportata la nomenclatura dei segmenti secondo le raccomandazione
dell’ASE/EAE del 2007.
Scompare la parete posteriore che diventa inferolaterale. La parete laterale diventa parete
antero-laterale. Nella sezione longitudinale per l’efflusso i segmenti apicali sono l’apicale
anteriore (e non settale anteriore) e apicale laterale (infero-laterale/antero-laterale).
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Per una valutazione semiquantitativa l’analisi della cinetica segmentaria può essere
integrata attribuendo un punteggio da 1 a 4 basandosi sull’entità dello spostamento
endocardico. Normale: 1 = normale o ipercinesia (spostamento endocardico uguale a
maggiore di mm 5), 2 ipocinesia (spostamento dell’endocardio inferiore a mm 5 ma
ancora presente l’ispessimento sistolico), 3= acinesia (assenza di spostamento
endocardico associato ad assenza di ispessimento sistolico), 4 = discinesia (spostamento
paradosso della parete associato solitamente ad assenza di ispessimento sistolico). Alcuni
software utilizzano il punteggio 5 per i segmenti aneurismatici o cicatriziali.
Nel giudizio sulla cinetica occorre considerare la possibilità di falsi positivi e falsi negativi
legati essenzialmente a fenomeni di trascinamento da parte dei segmenti sani. La
presenza o meno di ispessimento sistolico può aiutare a differenziare un segmento
veramente acinetico (assenza di ispessimento sistolico) da quello falsamente acinetico
(presenza di ispessimento cinetico). Sono però stati segnalati casi di pseudo discinesia
della parete inferiore, causati da sollevamento del diaframma (ascite, obesità).
Sommando i singoli punteggi e dividendo per il numero di segmenti analizzati, si ottiene un
indice di cinesi globale definito “Wall Motion Score Index” (WMSI) punteggio indicizzato
della cinetica parietale che combina la stima della gravità dell’asinergia con la stima della
estensione spaziale dell’asinergia. Si ricava in questo modo un indice di funzione
ventricolare sinistra particolarmente sensibile alle variazioni regionali a differenza della
frazione d’eiezione che richiede una disfunzione contrattile più estesa perché possa
modificarsi.

La vitalita’ miocardica
La possibilità di utilizzare anche procedure non chirurgiche di rivascolarizzazione
miocardica dopo infarto miocardico ha accentuato l’interesse verso quel miocardio
scampato al processo necrotico grazie alla tempestività del moderno trattamento
dell’infarto in fase acuta.
Già dalla fine degli anni’70 si erano distinte due forme diverse di miocardio sopravissuto:
quello stordito e quello ibernato, entrambi accomunati nella terminologia di miocardio vitale
per la loro sostanziale conservazione della struttura morfologica cellulare ma con perdita
della attività funzionale contrattile.
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Il miocardio stordito mostra una normale riperfusione del microcircolo con miociti poco
danneggiati, come avviene dopo un breve periodo di ischemia, ma temporaneamente
incapaci di svolgere la loro attività contrattile, per effetto prevalente proprio del danno da
riperfusione sull’equilibrio degli ioni di calcio all’interno del citoplasma cellulare. Si risolve
spontaneamente nell’arco di giorni o settimane.
Il miocardio ibernato è stato definito come miocardio cronicamente ipoperfuso e quindi
incapace a contrarsi ma biologicamente vivo, dal momento che la scarsa perfusione è
sufficiente a mantenere l’integrità strutturale, ma la ripresa funzionale è condizionata dal
ripristino della normale perfusione.
E’ evidente che soprattutto il miocardio ibernato abbia attirato l’interesse dei ricercatori sul
piano della ricerca diagnostica con tecniche di imaging, che poi è strettamente legato alla
conoscenza della vera natura del miocardio ibernato stesso. Infatti appare pressoché
impossibile ricostruire e mantenere per parecchio tempo in laboratorio una condizione di
ipoperfusione zonale miocardica che non scivoli nell’ischemia o nella necrosi. Soprattutto
con l’impiego della PET, capace di misurare il flusso coronarico distrettuale, non sono
state riscontrate variazioni significative del flusso miocardico basale fra aree asinergiche
ed aree normocinetiche in pazienti infartuati, se non nei segmenti veramente necrotici
presentanti concordanza di riduzione locale sia di flusso sia di metabolismo. Sembra
quindi più verosimile considerare il miocardio ibernato come costituito da un tessuto che
facilmente e ripetutamente ischemizza e riperfonde con uno strascico di stordimento
residuo fra una riperfusione e la successiva ischemia.
A confortare questa ipotesi sono anche dati istologici ed istochimici che dimostrano una
progressione dei danni morfologici nel miocardio ibernato, quindi una scala di severità pur
nell’ambito di una grossolana integrità strutturale cellulare, anche in un campione bioptico
rilevato nello stesso segmento asinergico. Il che renderebbe poi ragione dei diversi tempi
di latenza del recupero funzionale, variabili in un largo intervallo di tempo in diversi studi,
dei segmenti asinergici dopo la rivascolarizzazione.

Metodologia di studio
Il presupposto pratico per lo studio della cardiopatia ischemica è la presenza di adeguate
immagini ecocardiografiche nelle quali sia possibile identificare i contorni endocardici ed
epicardici. In linea di massima si considera attendibile la valutazione di un segmento
quando se ne identifica correttamente almeno il 50% della sua lunghezza. Lo studio
ecocardiografico della cardiopatia ischemica è basato sulla analisi della cinetica zonale,
che si è dimostrata di particolare utilità nella valutazione della sede di ischemia, e nella
valutazione della estensione del miocardio ischemico che sono correlate alla funzione
globale e, come tali, indicative della prognosi del paziente
L’entità o l’intensità di alterazioni della cinetica deve interessare almeno il 50% della
lunghezza del segmento in oggetto per avere un significato clinico..
Per la valutazione della cinetica parietale l’ecocardiografista deve considerare sia il
“movimento” che l’ispessimento sistolico della parete, in quanto il movimento di per sé non
è sinonimo di normale funzione. Infatti la parete miocardica può essere trascinata
“passivamente” (per stiramento da parte di altri segmenti miocardici attigui) e indurre ad
errori di valutazione con sovrastima del movimento di quel determinato segmento
(vengono valutati normali segmenti ipocinetici). Inoltre alterazioni dello spostamento
possono essere presenti anche indipendentemente dalla presenza di ischemia miocardica
ad esempio a livello del setto interventricolare per blocco di branca sinistra, WPW,
stimolazione da pace maker artificiale, sovraccarico di volume del ventricolo destro) con
significato fisiopatologico diverso e quindi non valutabile in senso ischemico.
Le alterazioni dell’ispessimento sistolico della parete sono invece particolarmente
significative e specifiche di lesioni ischemiche.
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Per raggiungere la completezza delle informazioni dopo avere studiato le strutture


cardiache in toto e lo studio della cinetica regionale si deve indirizzare la attenzione alla
valutazione di eventuali complicanze annesse alla cardiopatia ischemica in particolare
all’infarto miocardio (rotture di parete, disfunzioni valvolari, trombosi ventricolare,
versamento pericardico).

Pazienti con dolore toracico acuto.


Le attuali Linee Guida ESC sulle Sindromi Coronariche Acute (2011) mettono in risalto
l’uso dell’ecocardiografia nei pazienti con dolore toracico acuto stabilendo che tra le
tecniche di imaging l’ecocardiografia è la più importante per la valutazione in emergenza
per la sua larga disponibilità. La funzione sistolica globale è un parametro importante per
la prognosi di questi pazienti e può essere rapidamente valutata da operatori esperti,
anche solo visivamente. Inoltre l’ecocardiografia permette la diagnosi differenziale da latre
cause di dolore toracico, quali la dissezione aortica, l’embolia polmonare, il versamento
pericardico. Inoltre l’ecocardiografia permette di identificare le anomalie cinetiche regionali
pur con i limiti che tratteremo in seguito.

Sindromi coronariche acute


La diagnosi corretta di una sindrome coronarica acuta (SCA) permette di evitare ricoveri
inappropriati e di evitare dimissioni inappropriate. A seconda delle casistiche i “mandati a
casa” con infarto miocardico acuto raggiungono il 2-8%. Di questi il 15-20% ha una
prognosi peggiore rispetto ai pazienti con infarto miocardico acuto ricoverati. Le cause per
le quali i pazienti con infarto miocardico acuto sono mandati a casa sono molteplici:
atipicità del dolore, elettrocardiogramma (ECG) non diagnostico per assenza di anomalie,
per presenza di anomalie aspecifiche, per presenza di disturbi della conduzione o di
pacemaker. L’ECG a 12 derivazioni è il primo presidio diagnostico nei pazienti che
afferiscono al Pronto Soccorso per dolore toracico prolungato, ma la sua sensibilità è
bassa.
Attualmente in base alle caratteristiche elettrocardiografiche le SCA si distinguono in: SCA
senza sopraslivellamento del tratto ST e con sopraslivellamento del tratto ST. L’esame
ecocardiografico bidimensionale e Doppler è utilizzato per valutare le modificazioni indotte
dall’ischemia ed offre un ruolo diverso nelle due sindromi.
I rilievi sperimentali e gli studi eseguiti durante angioplastica coronarica e durante eco-
stress mostrano che durante l’ischemia le pareti colpite presentano anomalie della cinetica
e dell’ispessimento sistolico. Per primi Tennant e Wiggers dimostrarono che in seguito
all’occlusione di un’arteria coronarica l’area miocardica perfusa da quell’arteria cessa di
contrarsi.
Esiste una sequenza temporale di eventi, che fanno seguito alla riduzione o alla
cessazione del flusso coronarico: la cosiddetta cascata ischemica. Alla ridotta perfusione
fa seguito l’alterazione metabolica, la disfunzione diastolica, la dissinergia regionale, le
modificazioni elettrocardiografiche e la sintomatologia clinica. L’esame ecocardiografico
permette di identificare le anomalie meccaniche ed in particolare la dissinergia regionale
provocata dalla malperfusione. L’ecocardiogramma (ECO) eseguito durante angioplastica
in pazienti senza precedente infarto e con contrattilità basale normale, documenta che
durante il gonfiaggio del palloncino e l’occlusione coronarica che ne consegue, la parete
miocardica perfusa da quel ramo coronarico non si ispessisce più in sistole e diventa
acinetica.
Per poter determinare un’alterazione della contrattilità il flusso deve però ridursi in modo
significativo, interessando almeno il 20% dello spessore miocardico; in caso contrario la
cinetica e l’ispessimento possono essere normali. Analogamente a quanto avviene per
l’ECG, la possibilità di identificare le anomalie della contrattilità è legata all’esecuzione
6

dell’esame durante l’ischemia. Un’ischemia transitoria può determinare anomalie


transitorie non più rilevabili al momento dell’esecuzione dell’esame se eseguito
tardivamente.

SCA con sopraslivellamento del tratto ST (infarto miocardico)


In questi pazienti l’esame ecocardiografico presenta anomalie cinetiche che a seconda
degli studi possono raggiungere una sensibilità del 100%. La diagnosi ecocardiografia si
basa sull’identificazione di un ridotto ispessimento sistolico o di una ridotta ampiezza di
escursione parietale (acinesia) nei segmenti colpiti da infarto. Un’altra anomalia è
l’assottigliamento diastolico con ecodensità normale. Quando presente è altamente
diagnostico per infarto acuto differenziandolo da infarto pregresso (che è caratterizzato da
assottigliamento diastolico con ecodensità aumentata). Vi è una concordanza tra sede
ECG e sede ECO, anche se in un numero minore di casi si osserva discrepanza ed in
particolare per gli infarti in sede inferiore. Infatti l’ECO permette di identificare anomalie
cinetiche estese alla parete posteriore e laterale non rilevabili con l’ECG.
I limiti dell’ecocardiografia sono nella difficoltà di differenziare una pregressa necrosi da un
infarto acuto, identificare gli infarti di limitata estensione e valutare la reale estensione
dell’infarto. Alcuni parametri sono correlabili alla prognosi a breve e a lunga scadenza:
l’estensione delle anomalie cinetiche, il grado di disfunzione ventricolare globale, il grado
di disfunzione diastolica. L’estensione delle anomalie cinetiche (valutata con il wall motion
score index), la presenza di anomalie cinetiche in segmenti non contigui alla zona
infartuata, l’alterazione della geometria ventricolare (rimodellamento precoce)
condizionano la prognosi. Un wall motion score index elevato (superiore a 2,1) permette di
predire complicanze precoci, complicanze tardive e mortalità. Anomalie cinetiche remote
(in segmenti non contigui alla zona infartuata) correlano con mortalità ospedaliera, shock
cardiogeno, passaggio a classe Killip superiore, ripresa precoce di angina, reinfarto.
Perché le informazioni siano dotate di un accurato valore prognostico necessario che
almeno l’80% dell’endocardio sia stato visualizzato. E’ possibile la sovrastima della
estensione delle anomalie cinetiche (pregressa necrosi, trascinamento, miocardio stordito,
miocardio ibernato). E’ inoltre possibile che la correlazione con i difetti di perfusione
valutati con scintigrafia miocardica e con l’estensione della coronaropatia sia scarsa.
La valutazione della funzione sistolica globale si basa sul calcolo dei volumi e della
frazione di eiezione. Un volume telesistolico superiore a 130 ml ha un valore predittivo di
mortalità post-infartuale superiore a quello di una frazione di eiezione inferiore al 40% o
all’aumento del volume telediastolico. Secondo i dati del GISSI-2 la mortalità a 6 mesi è
modesta se la FE è uguale o superiore al 40% ed elevata (con variazione esponenziale)
se la FE è inferiore al 40%. Il significato prognostico favorevole è elevato se l’ FE è
superiore al 50%; per valori inferiori la prognosi è influenzata dal volume telesistolico e da
eventuale aneurisma ventricolare.
Per quanto riguarda la funzione diastolica, il 15-20% dei pazienti con scompenso cardiaco
hanno un pattern di riempimento anomalo con FE conservata. Un pattern restrittivo è
associato ad una pressione di riempimento del ventricolo sinistro elevata e a sviluppo di
dilatazione e scompenso del ventricolo sinistro. Si correla negativamente con la mortalità
sia intraospedaliera che a distanza mantenendo un valore prognostico indipendente
all’analisi multivariata. Recentemente è stato introdotto un indice combinato Doppler
derivato di funzione diastolica e sistolica (indice di Tei): l’indice è significativamente più
alto nei pazienti che svilupperanno insufficienza cardiaca congestiva o che moriranno.

SCA senza sopraslivellamento del tratto ST


L’ECG può essere normale o presentare solo inversione dell’onda T in meno di 5
derivazioni. Questi pazienti possono essere considerati a basso rischio ma necessitano di
ulteriori informazioni diagnostiche per escludere che la patologia coronarica possa
7

evolvere rapidamente verso l’infarto (Q o non-Q). A tutt’oggi non esistono dati che
permettano di valutare la reale sensibilità e specificità dei classici markers ecocardiografici
di ischemia (anomalie della cinesi ed anomalie dell’ispessimento sistolico) anche quando
la metodica viene eseguita entro le 12 ore dall’insorgenza della sintomatologia dolorosa
toracica. L’esame ecocardiografico può risultare diagnostico se eseguito durante la fase
acuta del dolore o se il dolore è prolungato e persistente. La negatività di un esame
ecocardiografico, in particolare se il paziente in quel momento è asintomatico, non esclude
la presenza di una SCA. In caso di dolore protratto (almeno mezz’ora) o di sintomatologia
presente l’ECO permette di rilevare anomalie cinetiche segmentarie. Più frequentemente
le sedi rilevate all’ECO con ECG negativo sono quelle postero-laterale, laterale ed
inferiore. Meno frequentemente le anomalie cinetiche ad ECG negativo sono localizzate in
sede antero-apicale o antero-laterale.
Rimane il problema di pazienti che abbiano manifestato una sintomatologia dolorosa di
durata inferiore ai trenta minuti e non più presente al momento dell’osservazione e nei
quali la tipicità del dolore, la presenza di fattori di rischio, ancorché l’ECG e l’ECO risultino
negativi, impongono l’osservazione protetta o l’esecuzione di altri test che svelino
l’eziologia ischemica della sintomatologia.
L’eco-stress con dobutamina in fase precoce si è dimostrato una metodica facilmente
eseguibile nelle strutture adeguatamente attrezzate sia in termini di apparecchiature che di
ecocardiografisti esperti. Meno praticabile l’esecuzione della scintigrafia miocardica.
Altre metodiche ecocardiografiche, quali lo studio della funzione diastolica e TDI, anche se
utili, sono tuttavia aspecifici ed hanno solo un significato prognostico quando siano state
definite le anomalie cinetiche. E’ probabile che l’avanzamento tecnologico permetta
l’utilizzazione dell’ecocontrastografia miocardica venosa transpolmonare per lo studio della
perfusione; a tutt’oggi non ci sono studi che definiscano in maniera inequivocabile il ruolo
dell’ecocontrastografia nei pazienti con dolore toracico.

Conclusioni
Nelle SCA con ST sopraslivellato il ruolo dell’ECO non è confinato ovviamente solo alla
diagnosi, che si basa sull’ECG, ma è utilizzato per la scelta tra procedure di
rivascolarizzazione farmacologica o interventistica in base all’estensione della lesione
infartuale e del miocardio a rischio, ed in base al coinvolgimento del ventricolo destro in
caso di infarto inferiore. In particolare la sede e l’estensione sono ben definiti dall’ECO se
confrontati con i dati elettrocardiografici per cui la reale estensione, che può spingere a un
approccio più invasivo, è identificata dall’ECO. Più interessante appare il ruolo dell’ECO
nelle SCA senza sopraslivellamento. Una diagnosi precoce poliparametrica (markers,
enzimi, ECG monitorizzato, ECO) permetterebbe infatti di attuare strategie terapeutiche
farmacologiche volte alla stabilizzazione della placca evitando l’evoluzione infartuale.
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COMPLICANZE DELL’INFARTO MIOCARDICO

In questo settore della cardiopatia ischemica l’ecografia riveste un ruolo privilegiato


rispetto a tutte le altre tecniche diagnostiche per la sua capacità di cogliere particolari
morfologici e funzionali fondamentali con immediatezza e facilità.
Le complicanze dell’infarto miocardico coinvolgono ovviamente tutte e tre le componenti
delle pareti cardiache: endocardio, miocardio e pericardio, anche se quelle riguardanti il
parenchima miocardico sono di gran lunga le più delicate. Infatti le complicanze
miocardiche dell’infarto sono fondamentalmente due: l’estensione e l’espansione. La prima
consiste in un più ampio coinvolgimento di tessuto muscolare da parte del processo
necrotico per un susseguirsi di altri episodi ischemici omosede più o meno ravvicinati e
strettamente correlati con il primo episodio.
L’espansione invece è il processo più grave che possa verificarsi e che condiziona la
storia clinica successiva. Dall’espansione infatti derivano tutti gli altri processi che
complicano a livello miocardico un infarto, anche quelli che si manifestano tardivamente,
come l’aneurisma ventricolare o il rimodellamento ventricolare regionale e globale.
L’espansione è un processo precoce, che si verifica entro i primi 5-7 giorni dall’esordio,
spesso ancora in UTIC, e che si svolge in maniera clinicamente asintomatica, almeno
nella sua fase iniziale, ma che può essere riconosciuto da un monitoraggio
ecocardiografico giornaliero della zona infartuata nei malati a maggior rischio di incorrerci.
Si tratta infatti di primo infarto, transmurale, anteriore, facilitato da terapie antiflogistiche
concomitanti e da condizioni di elevata pressione sistemica persistente. In essi nello
spazio di 24 ore si rileva un assottigliamento ed un allungamento dell’area di infarto, che
iniziano a deformare la geometria della cavità ventricolare; deformazione geometrica che
andrà progredendo nei giorni successivi. Sul piano morfologico si tratta di una rottura
intramiocardica nella zona infartuata, con assente reazione infiammatoria e slaminamento
dei miociti che slittano gli uni sugli altri, sospinti dalla pressione intraventricolare
dell’attività cardiaca allungamento della zona miocardica infartuata a loro volta
responsabili della deformazione della geometria ventricolare.
Le prime segnalazioni di questo fenomeno risalgono alla fine degli anni 70, ma per
parecchio tempo non sono state valorizzate. Oggi sappiamo di più, sia sui meccanismi
intrinseci che innescano il processo di espansione, sia sui passaggi intermedi che
conducono all’espansione. Lo sviluppo di radicali liberi dell’O2 nell’area infartuale attiva la
collagenasi contenuta nelle metalloproteinasi interstiziali, con indebolimento e
frammentazione del sostegno connettivale ai fasci di miociti. Questi, sollecitati
meccanicamente dallo stress parietale ventricolare, possono scivolare gli uni sugli altri ed
assottigliare la parete colpita , distendendola su una superficie più ampia. Si determina
una vera e propria modificazione della geometria ventricolare con difformi distribuzioni
dello stress parietale che conducono progressivamente ad un rimodellamento del
ventricolo, dapprima localizzato e successivamente generalizzato a tutto il ventricolo
avviandolo verso l’insufficienza cardiaca. Il più valido contrasto al fenomeno
dell’espansione è dato dalla rivascolarizzazione della zona infartuata il più precocemente
possibile, in modo da evitare la necrosi transmurale che costituisce il prerequisito più
importante dell’espansione.
In questo concorso di eventi che spingono il cuore verso l’insufficienza un ruolo molto
importante è svolto dai concomitanti disturbi emodinamici. La dilatazione ventricolare e la
discinesia sistolica della zona di necrosi transmurale tendono a lateralizzare e
posteriorizzare i muscoli papillari, le cui corde tendinee, inestensibili, diventano troppo
corte per consentire il collabimento sistolico dei lembi mitralici. L’insufficienza mitralica
derivante aggrava il sovraccarico di volume ed accelera l’evoluzione verso l’insufficienza
cardiaca e lo scompenso terminale.
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Se l’area infartuata transmurale occupa zone come la punta o la parete postero-inferiore


fra papillare posterolaterale e piano valvolare, l’espansione conduce più facilmente
all’aneurisma ventricolare sinistro. Gli stessi fenomeni di transmuralità della necrosi e di
espansione possono in alcune occasioni condurre alla rottura di parete o al distacco di
papillare.

Aneurisma
La definizione ecocardiografica di aneurisma è quella di una regione discinetica con
deformazione del profilo diastolico. E’ una complicanza che interessa prevalentemente gli
infarti anteriori: la sede è apicale nell’85% dei casi e 5%-10% in sede infero-basale. Alcuni
autori attribuiscono questa localizzazione prevalente al ridotto spessore dell’apice rispetto
ai segmenti basali, e alla diversa distribuzione circonferenziale dello stress parietale.
L’espansione miocardica nelle prime ore e nei giorni successivi all’IMA puo’ preludere alla
formazione dell’aneurisma, generalmente rilevabile all’indagine eco predimissione.
L’incidenza di aneurisma VS si è significativamente ridotta dopo l’introduzione delle terapie
di ricanalizzazione coronarica : trombolisi, angioplastica primaria.
In uno studio di Visser e coll. che risale al 1986, su 158 pazienti, è stata riscontrata una
incidenza di aneurisma nel 22% dei casi, la cui formazione si verificava costantemente
entro i primi 3 mesi dall’IMA, ed era associata ad una elevata mortalità a 3mesi (67%) e ad
1 anno (80%).
Le caratteristiche ecocardiografiche dell’aneurisma sono: “smooth transition” dal muscolo
normale alla zona assottigliata, con un angolo ottuso fra l’aneurisma e il corpo del
ventricolo. Inoltre, il rapporto fra il diametro del “colletto” dell’aneurisma e il suo diametro
massimo è > 0.5.
L’ecocardiogramma riveste notevole utilità non solo per la precisazione diagnostica, ma
anche per le informazioni da fornire al chirurgo in previsione di una correzione.
In particolare è importante valutare i volumi del ventricolo e l’estensione percentuale
dell’aneurisma rispetto alla intera circonferenza, al fine di ottenere un adeguato
riempimento diastolico dopo la sua escissione chirurgica. Per avere indicazioni affidabili
circa la funzione sistolica residua del VS, nel caso di aneurismi apicali è opportuno
rivolgere particolare attenzione all’accorciamento frazionario dei segmenti basali del VS.

Trombosi endoventricolare
I trombi si possono formare nelle regioni di marcato rallentamento di flusso e, pertanto,
nella sede di un’aneurisma, o di segmenti acinetici o discinetici. La presenza di
ecocontrasto spontaneo endocavitario che esprime un rallentamento di flusso secondario
a disfunzione ventricolare aumenta la probabilità che si sviluppi una stratificazione
trombotica parietale. Solo in rarissimi casi, come nella sindrome da ipereosinofilia, si puo’
osservare una trombosi endoventricolare a livello di pareti normocinetiche.
L’incidenza della trombosi è pari a circa il 15% negli IMA anteriori e rappresenta il 25%
delle possibili fonti emboligene cardiache. Le formazioni trombotiche hanno generalmente
sede nella regione apicale.
Un trombo si identifica come un’area di aumentata ecogenicità adesa all’endocardio,
ben distinguibile da esso; l’ecocardiogramma possiede una sensibilità compresa fra il 77%
e il 95% e una specificità tra l’86% e il 93%. I
n genere si descrivono: l’estensione (diametri, area), le caratteristiche del contorno
(regolare, irregolare) e della superficie che puo’ essere convessa verso la cavità o
concava.
E’ particolarmente utile la definizione del rischio emboligeno che si puo’ eseguire con
l’esame eco; in particolare viene considerato ad “alto rischio” un trombo con stretta base di
impianto, margine libero convesso, dotato di mobilità (anche in una delle sue parti), a
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tessitura disomogenea; un “basso rischio” di embolia è presente in presenza di trombi a


larga base di impianto, con margine concavo, dotato di scarsa o assente mobilità.
Un’altra caratteristica che deve essere tenuta in considerazione dei trombi endoventricolari
è la loro variazione nel tempo.
Sono stati effettuati diversi studi prospettici al riguardo ; in uno studio di Keren e al (292)
su 198 pazienti con IMA (trombi apicali nel 33% dei casi) è stata osservata la scomparsa
del trombo nel 48% dei casi dopo 6 mesi di follow up: tale evento si correlava alla
presenza di una parete acinetica e ad una corretta terapia anticoagulante.
Inoltre, l’esame eco per la capacità di documentare sia il grado di disfunzione regionale e
globale del VS sia la presenza di ecocontrasto spontaneo, possiede un discreto potere
predittivo circa la formazione di un trombo nei mesi successivi all’evento acuto.

Rottura di parete libera


Rappresenta la terza più comune causa di morte nel post-infarto dopo le aritmie
ventricolari e lo shock cardiogeno, è la più comune forma di rottura miocardica, essendo
da 8 a 10 volte più frequente della rottura del muscolo papillare.
Avviene nel 3% dei pazienti con IMA e nel 20%-30% di coloro che muoiono per
complicanze: nel 25%-35% dei pazienti si verifica entro le prime 24ore, nell’87% dei casi
entro la prima settimana.
E’ responsabile del 10-15% delle morti intraospedaliere, e la sede più comune di rottura
cardiaca è la parete libera del VS (80%-90%), spesso preceduta da espansione dell’area
necrotica.
Non è stata, tuttavia, stabilita una chiara correlazione tra estensione della necrosi e
incidenza di rottura.
E’ stata proposta una classificazione anatomo-patologica del tipo di rottura :
Tipo I : a fessura, senza assottigliamento parietale, con coronaropatia monovascolare
nella maggior parte dei casi.
Tipo II: zona localizzata di rottura con un’area circostante di tessuto necrotico; puo’ essere
un processo subacuto preceduto da erosione miocardica progressiva
Tipo III: rottura al centro o al margine di una zona assottigliata ed espansa.
La rottura eccentrica, vicina al “punto di cardine” e causata dalla forza elastica trasversale
esercitata dal miocardio normocinetico su quello acinetico.
Dal punto di vista istologico è stato documentato che la rottura di I tipo è generalmente
precoce (entro le prime 24h) ed è presente in pazienti con coronaropatia monovascolare,
mentre le rotture di II e III tipo si verificano anche dal 8° al 21 giorno, in pazienti con
numero variabile di coronarie significativamente alterate.
Dalla letteratura si puo’ rilevare che i fattori di rischio correlati alla rottura sono: sesso
femminile, età avanzata (19% in pz < 60anni, 87% in pz > 70anni nel GISSI 2),
assottigliamento parietale, ipertensione arteriosa, minore prevalenza di angina
preinfartuale e, in una recente segnalazione di Solodky anche la classe Killip all’esordio >
1, la tachicardia e l’ipotensione persistenti.
E’, ormai, comunemente accettato che l’IMA transmurale è un prerequisito per la rottura
miocardica. La maggior parte degli studi ha dimostrato che generalmente l’infarcimento
emorragico non si estende oltre la zona di necrosi, mentre il fattore critico per la rottura
sarebbe la distruzione della matrice di tessuto connettivo: nella sede della rottura, infatti,
sarebbe virtualmente assente il collagene, secondo studi di anatomia patologica.
L’effetto della terapia trombolitica sull’incidenza di rottura non è ancora del tutto chiarito.
Sebbene sia indiscutibile il beneficio di tale terapia sulla riduzione della mortalità e della
transmuralità della necrosi, è stata, tuttavia osservata una accelerazione dei casi di rottura
entro le iniziali 24-48 ore dal trattamento (Studi TIMI e LATE, registro americano NRMI). E’
stato ipotizzato che questo effetto sarebbe legato alla produzione di plasmina che
11

attiverebbe collagenasi tessutali latenti con precoce distruzione di collagene: sarebbero


accelerate rotture di tipo I e II. della parete libera.
Tra i pazienti con primo infarto ad esito fatale, quelli sottoposti a trombolisi hanno una piu’
bassa incidenza di rottura rispetto ai non trattati, secondo i dati dello studio TIMI (22% vs
45%, p < 0.045). Secondo una meta-analisi eseguita su quattro trial con un totale di 1638
pazienti il rischio relativo di rottura aumenta in modo significativo e proporzionale al tempo
medio del ritardo di trattamento. La somministrazione di trombolitico dopo le prime 7 ore,
nonostante un persistente e significativo guadagno in termini di sopravvivenza, aumenta il
rischio di rottura.
La ridotta incidenza di complicazioni meccaniche dopo una angioplastica primaria rafforza
l’evidenza che la riperfusione (e, quindi, il danno da riperfusione) non sia un fattore
predisponente la rottura. Una revisione dei trial PAMI I e PAMI 2 (1295 pazienti sottoposti
a PTCA primaria) riporta una incidenza combinata di insufficienza mitralica acuta e rottura
di setto solo nello 0.31% dei casi
La rottura del VS quando si manifesta acutamente provoca dolore toracico, emopericardio
massivo, rapido deterioramento emodinamico, dissociazione elettro-meccanica con exitus
che si realizza in alcuni minuti , spesso prima che sia possibile effettuare un esame
ecocardiografico. La rottura non è prevedibile dal punto di vista ecocardiografico, ma una
attenta valutazione clinica puo’ non sottovalutare quei segni sfumati di sofferenza,
agitazione psicomotoria, e l’eventuale presenza di una tachicardia, elementi questi che
spesso preludono alla rottura acuta e che, in assenza di una bassa portata circolatoria,
non trovano una chiara spiegazione clinica.
I segni ecocardiografici di rottura di parete cardiaca sono la presenza di versamento
pericardico (fino al tamponamento cardiaco, caratterizzato dal collasso diastolico del
ventricolo e dell’atrio destro) e l’evidenza di denso ecocontrasto spontaneo
intrapericardico, spesso fluttuante e stratificato, che indica la componente ematica del
versamento.
La rottura puo’ avere anche decorso subacuto.
C’è un intervallo di tempo che va da alcuni minuti ad alcune ore in cui le manifestazioni
cliniche possono essere: angina , comparsa di ipotensione persistente, di episodi di
improvvisa bradicardia, di transitoria dissociazione elettro-meccanica, di agitazione
psicomotoria. L’elettrocardiogramma puo’ presentare un persistente sopraslivellamento del
tratto ST, alterazioni delle onde T, l’allargamento del QRS.
In questi casi l’ecocardiogramma rappresenta l’esame piu’ importante per individuare
precocemente l’assottigliamento e l’eventuale “breccia“ parietale associati alla presenza di
versamento che puo’ essere ancora localizzato, oppure diffuso, con iniziali segni di
tamponamento. Nei casi in cui il tramite non sia documentabile con chiarezza puo’ trovare
impiego l’ecocotrastografia in tempo reale. Una diagnosi ecocardiografica di rottura è,
infatti, il criterio che consente di porre indicazione ad intervento chirurgico con caratteri
d’emergenza, che può modificare la prognosi altrimenti infausta di questi pazienti.
Una rottura parietale saccata, tamponata cronicamente dal pericardio circostante viene
definita pseudoaneurisma. Le caratteristiche dello pseudoaneurisma sono: un colletto
stretto nella sede della rottura, con una brusco passaggio dal miocardio normale alle pareti
dell’aneurisma, e un rapporto fra il diametro del colletto e il diametro massimo
dell’aneurisma < 0,5. E’ ben valutabile ,con il color-doppler, anche la presenza di flusso
che entra in sistole ed esce in diastole e questo puo’ corrispondere ad un soffio apicale
rilevabile all’auscultazione cardiaca.
E’ indispensabile una corretta diagnosi ecocardiografica dal momento che la correzione
chirurgica è raccomandata e c’è consenso unanime soprattutto nel caso di
pseudoaneurismi che datano meno di tre mesi dall’episodio infartuale, vista l’elevata
tendenza alla rottura spontanea. Non c’è, invece, unanime consenso sull’indicazione
12

chirurgica degli pseudoaneurismi cronicizzati, che si possono riscontrare anche


occasionalmente all’ecocardiogramma,.

Versamento pericardico
L’incidenza del versamento pericardico è pari a 6%-37% a seconda delle varie casistiche,
nel 29% dei casi non si associa a rottura parietale ed è espressione di una reazione
infiammatoria.
In letteratura è riportata un’incidenza di casi “falsi positivi” dal 21% al 70%, anche in
presenza di un versamento con scollamento pericardico superiore a 15mm in diastole. Il
problema piu’ rilevante rimane la diagnosi differenziale fra il versamento da rottura e quello
reattivo: è sempre importante ricordare che nel primo caso la specificità si eleva se si
associano la visualizzazione di un tramite parietale e la presenza di un denso
ecocontrasto spontaneo intrapericardico; l’impiego dell’ecocontrastografia puo’ essere di
ausilio.

Rottura di setto
Avviene nello 0.5%-2% dei pazienti ed è responsabile dell’1%-5% della mortalità.
L’incidenza è simile nei pazienti con IMA anteriore e inferiore. La maggior parte delle
rotture avviene tra il 3 e il 7 giorno. L’assenza di flusso collaterale settale, la distorsione
regionale, e l’espansione dell’infarto sembrano i principali fattori per lo
sviluppo di DIV postinfartuale . Una coronaropatia monovascolare è presente nel 30%-
50% dei pazienti. La RSIV a sede posteriore è spesso associati ad una concomitante
necrosi del ventricolo destro, è caratterizzata da una situazione clinica più compromessa,
e si associa ad una peggiore prognosi.
La terapia trombolitica non sembra aumentare il rischio di rottura di setto.
Clinicamente si rileva un nuovo e intenso soffio olosistolico aspro, e lo spettro delle
manifestazioni cliniche va dalla comparsa di dispnea, all’edema polmonare fino allo shock
cardiogeno.
L’eletrocardiogramma mostra alterazioni variabili e aspecifiche.
L’ecocardiogramma è l’esame diagnostico di scelta: è possibile visualizzare le
caratteristiche morfologiche del difetto, localizzato generalmente nella porzione media del
setto anteriore o posteriore, generalmente al confine fra il muscolo normocinetico e il
territorio aci-discinetico. Puo’ avere un decorso tortuoso e apparire come una
dissecazione intramurale dai bordi irrgolari e sfrangiati, o avere margini assottigliati e netti,
con minor estensione in senso cranio-caudale, ed è sempre associato al rilievo, con color
Doppler, di uno shunt sinistro-destro.
Con la valutazione con doppler continuo si puo’ calcolare un gradiente interventricolare
che consente di determinare, in modo rapido e incruento, la pressione sistolica polmonare.
La valutazione clinica ed ecocardiografica consentono inoltre di ottimizzare la terapia
medica allo scopo di stabilizzare le condizioni di compenso cardiocircolatorio e di
migliorare la prognosi peri- e postoperatoria.

Rottura di muscolo papillare


La rottura avviene nelLo 0.5%-1% dei pazienti con IMA; prevale nell’IMA inferiore per il
coinvolgimento del muscolo papillare postero-mediale.
Rappresenta la causa di morte nell’1-5% dei pazienti infartuati; ha un decorso clinico
fulminante e la metà delle morti avviene nelle prime 24ore dopo la diagnosi.
La rottura parziale del muscolo papillare porta ad una insufficienza mitralica severa, la
rottura completa ad una insufficienza massiva.
L’ecocardiogramma consente di fare con accuratezza la diagnosi differenziale con la
rottura di setto e la rottura di parete libera. Considerate le gravi condizioni cliniche del
paziente che spesso necessita di ventilazione assistita, l’eco transtoracico puo’ essere
13

inadeguato, mentre l’impiego dell’eco transesofageo permette di superare questi limiti e di


ottenere con elevata accuratezza (sensibilità e specificità > 90%) le informazioni
morfologiche e funzionali necessarie per porre indicazione chirurgica con criteri
d’emergenza . La correzione chirurgica viene generalmente eseguita con la sostituzione
valvolare; la mortalità operatoria è pari al 10%-20% ed è correlata alla situazione
emodinamica e alla presenza di shock. Si stima una sopravvivenza ad un anno del 90% e
a 7 anni del 69%.

Insufficienza mitralica
L’insufficienza mitralica (superiore al grado 2+ su una scala di 4+) secondaria ad un
episodio infartuale è, nella maggior parte dei casi, causata da una necrosi della parete
inferiore (di varia estensione) che va incontro a distorsione geometrica (espansione,
discinesia, aneurisma) con spostamento apicale del muscolo papillare che puo’ essere
anch’esso necrotico: il meccanismo del rigurgito è caratterizzato dalla presenza di una
ipomobilità sistolica (movimento restrittivo) del lembo posteriore con conseguente difetto di
coaptazione. Il rigurgito secondario ad una necrosi anteriore è legato ad una dilatazione
dell’anulus associata a vari gradi di ipomobilità sistolica di entrambi i lembi, secondari a
una notevole estensione della necrosi con sfavorevole rimodellamento, dilatazione
cavitaria e dislocazione di uno o di entrambi i muscoli papillari (cardiomiopatia post-
infartuale). L’eco transtoracico è particolarmente affidabile nella definizione del
meccanismo di rigurgito e nella sua quantificazione.
La presenza di un rigurgito mitralico moderato determina una peggiore prognosi, con una
sopravvivienza a 5 anni pari al 60%-70%. In particolare occorre una valutazione
quantitativa accurata in quanto i valori di area effettiva dell’orifizio rigurgitante (ERO) e di
volume rigurgitante (VR) per l’indicazione alla correzione del rigurgito sono diversi
nell’insufficienza mitralica secondaria rispetto all’insufficienza mitralica primaria. Infatti
un’ERO uguale o maggiore a 0.2 cmq ed un VR uguale o maggiore a 30 ml costituiscono
indicazione alla correzione (valori doppi rispetto a quelli proposti per l’insufficienza
mitralica primaria).
Nella chirurgia coronarica la presenza di insufficienza mitralica moderata aumenta la
mortalità al 6%-11% secondo le diverse casistiche.
1

LEZIONE 3B
LE CARDIOMIOPATIE:
CLASSIFICAZIONE E METODOLOGIA DI STUDIO
ECOCARDIOGRAFICO
A cura di: Dott. S. Ghio

Classificazione
Il termine “Cardiomiopatia” è stato probabilmente introdotto per la prima volta nel 1957 quando W. Bridgen
ha descritto “le malattie del miocardio ad eziologia non coronarica” (1). Goodwin et al. hanno
successivamente suggerito un modello classificativo (2), ma il primo approccio ufficiale è stato fatto dalla
WHO Expert Committee on Cardiomyopathies and WHO/ISFC Task Force, che nel 1980 ha pubblicato il
primo report sulla definizione e classificazione delle cardiomiopatie (3). Le cardiomiopatie vengono definite
malattie del muscolo cardiaco ad eziologia ignota (definizione che peraltro rifletteva bene la generale
mancanza di conoscenze sulla patogenesi di queste malattie) e vengono classificate in tre principali gruppi:
· cardiomiopatia dilatativa
· cardiomiopatia ipertrofica
· cardiomiopatia restrittiva
In questa classificazione sono escluse le malattie del miocardio da causa nota (ad es. ipertensione arteriosa,
valvulopatia o coronaropatia) o dovute a disordini di tipo sistemico. Nel 1995, sulla scorta di nuove
conoscenze nell’ambito di queste patologie e di nuove forme di cardiomiopatie, la WHO/ISFC Task Force ha
pubblicato nuove linee-guida per la definizione e la classificazione delle cardiomiopatie (4). In questo report il
maggior cambiamento riguarda in primo luogo proprio la definizione di “cardiomiopatia” che non sta più ad
indicare una malattia del miocardio a genesi sconosciuta, ma una malattia del miocardio associata a
disfunzione cardiaca. Si aggiungono poi alle tre note forme di cardiomiopatia una nuova entità rappresentata
dalla Cardiomiopatia Aritmogena del Ventricolo Destro (CAVD) alcune cardiomiopatie “non classificate” (ad
es. la non compattazione e la cardiomiopatia associata a scarsa dilatazione).

Negli anni successivi i progressi sono notevoli, la distinzione tra forme primarie e secondarie diventa sempre
più tenue, risulta possibile identificare la causa di molte forme di malattia ed infine vengono riconosciute
nuove entità. Il problema della classificazione è stato quindi rivisto, sebbene con intendimenti diversi, da
esperti europei ed americani.
Nel 2006 una Commissione dell’American Heart Association ha proposto un nuovo
schema classificativo, in cui il termine “cardiomiopatia primitiva” descrive malattie in cui il cuore è l’unico (o il
principale) organo interessato e “cardiomiopatia secondaria” indica invece malattie in cui la disfunzione
cardiaca fa parte di un disordine sistemico (5). In questo schema la classificazione della cardiomiopatie
primitive si basa sulla conoscenza del difetto genetico ritenuto responsabile della malattia,
indipendentemente dalla presenza o meno di alterazioni strutturali o funzionali. In pratica si includono tra le
cardiomiopatie primitive anche sindromi come Brugada, QT lungo e le tachicardie ventricolari
catecolaminergiche (in cui morfologia e funzione del cuore sono normali ma i difetti genetici responsabili
sono ben noti).
Questo approccio “basato sulla genetica” è stato criticato dalla Società Europea di Cardiologia e nel 2008 il
Working Group sulle malattie miocardiche e pericardiche di questa Società ha preso formalmente posizione
pubblicando quello che ritiene essere lo schema classificativo più utile dal punto di vista clinico (6). Il punto
di vista europeo è infatti che in medicina gli schemi classificativi devono innanzitutto essere utili al clinico che
ha il problema di fare diagnosi e decidere la terapia del paziente e queste decisioni sono generalmente
indipendenti dalla conoscenza del tipo di difetto genetico. La classificazione europea si basa quindi sempre
sul fenotipo morfologico e funzionale; solo il passaggio successivo è quello di differenziare in ogni gruppo le
forme familiari o geneticamente determinate da quelle non familiari o non geneticamente determinate.
Più recentemente una task force di esperti europei ed americani ha pubblicato un documento in cui si
propone una nuova nomenclatura per la cardiomiopatie che si basa su 5 semplici attributi, le caratteristiche
morfofunzionali (M), l’organo interessato (O), la trasmissione su base familiare o genetica (G) ed una
esplicita annotazione eziologica con dettagli del difetto o della mutazione (E); infine, informazioni sullo stato
funzionale del paziente descritto usando la suddivisione in quattro stadi suggeriti dall’ACC e dall’AHA ed
eventualmente la classe NYHA (S) (7).

Discutere pregi e difetti di queste classificazioni ci porterebbe troppo lontano da quello che
è l’obiettivo di questo syllabus; in fin dei conti si tratta di due approcci diversi soprattutto
2

dal punto di vista filosofico.


Il ruolo dell’ecocardiografista rimane comunque fondamentale nella valutazione del paziente con
cardiomiopatia nota o sospetta. Tre punti fondamentali da ricordare:
1- Lo studio della geometria e funzione del cuore con ecocardiografia è il primo fondamentale passo per una
diagnosi eziologica di cardiomiopatia;
2- l’ecocardiografia permette inoltre di ottenere una valutazione non invasiva molto accurata del profilo
emodinamico del paziente (dalla stima della pressione di incuneamento polmonare alla pressione in arteria
polmonare ed alla pressione in atrio destro), necessaria sia a scopo diagnostico sia per decidere della
terapia del paziente;
3- infine gli aspetti morfo-funzionali del cuore sinistro e destro rappresentano i principali parametri su cui si
basa la stratificazione prognostica del paziente. Per fare questo l’ecocardiografista deve però avere non
soltanto padronanza delle nuove tecnologie (ad es. del tissue Doppler imaging) ma anche e forse soprattutto
delle conoscenze cliniche della malattia che gli permettano di eseguire sempre l’esame in modo
tecnicamente corretto e fisiopatologicamente completo.

CARDIOMIOPATIA DILATATIVA
Malattia del miocardio caratterizzata da dilatazione e disfunzione ventricolare sinistra. Tra le diverse
cardiomiopatie è la più frequente. L’incidenza varia tra 0.73/100.000/anno e 6/100.000/anno. La prevalenza
tra 8.3/100.000 e 36.5/100.000.
Tre principali teorie eziopatogenetiche possono spiegare il cronico e progressivo danno miocardico:
· una infezione cronica virale, con progressivo danno cellulare
· una anomala risposta immunitaria con conseguente malattia autoimmunitaria
· fattori genetici possono essere direttamente o indirettamente responsabili della malattia.

Elenco delle principali alterazioni morfofunzionali da ricercare e quantificare con l’ecocardiografia:


· dilatazione del ventricolo sinistro;
· alterazione della geometria ventricolare sx con aumentato indice di sfericità;
· ridotta funzione contrattile del ventricolo sx;
· insufficienza mitralica (la funzione di pompa del ventricolo sx non può essere correttamente valutata se non
si “corregge” la frazione di eiezione per il grado di rigurgito mitralico);
· disfunzione diastolica (in realtà non è la funzione diastolica di per sé che è importante, quello che è
fondamentale è che attraverso lo studio della diastole si può stimare la pressione di incuneamento
polmonare che è il singolo parametro emodinamico più importante ai fii clinici e prognostici nel paziente con
scompenso cardiaco);
· dilatazione dell’atrio sx;
· aumento delle pressioni del piccolo circolo;
· dilatazione e disfunzione del ventricolo destro (la disfunzione ventricolare destra è
un parametro prognostico molto importante nello scompenso cardiaco);
· presenza di pletora cavale (dilatazione e ridotta collassabilità della vena cava inferiore).

Ai fini clinici e prognostici, è fondamentale che questi dati ecocardiografici vengano rivalutati seriatamente
nel corso del follow up; infatti il riscontro di una riduzione della pressione di riempimento ventricolare sinistra
dopo adeguamento terapeutico è correlato ad una migliore prognosi mentre la mancata regressione del
pattern restrittivo nonostante il trattamento si associa a una prognosi molto scadente.

Una considerazione a parte meritano le forme “midly dilated” che costituiscono un gruppo intermedio tra le
cardiomiopatie dilatative e le forme non classificabili: in questi casi manca la tradizionale dilatazione del
ventricolo sinistro o dilatazione biventricolare. La storia naturale di queste forme è molto eterogenea: in
questo gruppo sono inclusi pazienti con forme iniziali di cardiomiopatia dilatativa a prognosi benigna, che
evolveranno solo successivamente verso una maggiore dilatazione e pazienti che invece, pur avendo
dimensioni cardiache normali o lievemente aumentate, presentano una grave disfunzione sistolica,
scompenso cardiaco e prognosi infausta.

Il programma di controllo ecocardiografico suggerito dalle linee guida SIEC è il seguente:


· entro tre mesi dalla diagnosi di cardiomiopatia dilatativa per documentare eventuali miglioramenti della
funzione cardiaca, in particolare la regressione del “pattern restrittivo”, dopo il trattamento
· a distanza di 6 mesi
· annuali nei pazienti stabili per i primi 2 anni
· ogni 1-2 anni
Generalmente l’esame ecocardiografico per via transtoracica consente una esauriente valutazione della
cardiopatia. Un esame ecocardiografico transesofageo può essere utile nel caso di finestra acustica non
3

adeguata, di sospetta cardioembolia, o per quantificare il rigurgito mitralico o per la


valutazione della flussimetria venosa polmonare. Il test eco-dobutamina può essere utile nella diagnosi
differenziale con la cardiomiopatia ischemica e la valutazione della riserva contrattile.

CARDIOMIOPATIA IPERTROFICA
La cardiomiopatia ipertrofica è caratterizzata da ipertrofia ventricolare sinistra in assenza di fattori che
giustifichino tale grado di ipertrofia. Il ventricolo sinistro di solito è di dimensioni normali. Una ostruzione
dinamica all’efflusso ventricolare è presente in circa il 20% dei casi.
La cardiomiopatia è per lo più familiare, con trasmissione autosomica dominante (oltre il 50% dei casi), ed
espressione e penetranza variabile. La disorganizzazione miocellulare è l’aspetto istopatologico
caratteristico. Lo sviluppo dell’ipertrofia avviene nella minoranza dei casi in utero o in età infantile, più
frequentemente in età puberale, raramente in età adulta. Lo sviluppo può avvenire in modo rapido e dunque
i controlli devono essere ravvicinati in età puberale. L’incidenza è circa 2.5/100.000/anno e la prevalenza è
di 20/100.000. Sulla base di esami ecocardiografici seriati effettuati su ampie popolazioni asintomatiche, non
afferenti ad ospedali, la prevalenza è di circa 2% è dunque appare molto più ampia di quanto sopra indicato.
La malattia può essere asintomatica o portare allo scompenso cardiaco, ma gli aspetti più ricorrenti sono
costituiti dalle aritmie e dalla morte improvvisa.
La classificazione morfologica della cardiomiopatia (“secondo Maron” modificata) è fatta in base alla
localizzazione dell’ipertrofia ventricolare:
· setto basale anteriore (tipo I)
· setto anteriore e posteriore (tipo II)
· setto e parete libera (tipo III)
· regioni del ventricolo sinistro diverse dal setto anteriore e dalla parete posteriore (tipo IV)
In questa classificazione non è compresa la ipertrofia apicale, che rientra nel tipo IV.

Elenco delle principali alterazioni morfofunzionali da ricercare e quantificare con ecocardiografia:


· entità e distribuzione dell’ipertrofia parietale del ventricolo sx
· dilatazione e disfunzione sistolica del ventricolo sx
· aumentata ecoriflettenza delle pareti ventricolari
· presenza o meno di ostruzione intraventricolare dinamica
· insufficienza mitralica
· disfunzione diastolica delventricolo sx
· dilatazione dell’atrio sinistro
· aumento delle pressioni del piccolo circolo
· ipertrofia del ventricolo destro

La valutazione della funzione sistolica è complessa a causa della distorsione geometrica e dell’entità e
distribuzione dell’ipertrofia parietale del ventricolo. Inizialmente la frazione di eiezione ed il fractional
shrinkage possono presentare valori al di sopra del range di normalità. Per lo studio accurato della funzione
sistolica, a scopo diagnostico differenziale (ad es. con delle forme di cuore d’atleta) si rende necessaria
spesso la valutazione con tissue Doppler imaging.
La valutazione della funzione diastolica è altrettanto complessa e richiede l’integrazione di diverse
metodiche ultrasonore.
Il gradiente intraventricolare ha caratteristiche dinamiche ed è molto variabile in base alla frequenza
cardiaca, pressione arteriosa, volemia, l’attività simpatica, le resistenza periferiche, la terapia farmacologia. Il
gradiente sistolico assente in condizioni basali, può essere provocato con la manovra di Valsalva, con
l’infusione di isoproterenolo o dobutamina, o con l’uso di vasodilatatori.

Le valutazioni ecocardiografiche nel follow-up possono essere maggiormente dilazionate nel tempo rispetto
a quanto suggerito nella cardiomiopatia dilatativa.

CARDIOMIOPATIA RESTRITTIVA
La cardiomiopatia restrittiva è una malattia del muscolo cardiaco, caratterizzata da un pattern di riempimento
ventricolare di tipo restrittivo e da un ridotto volume diastolico ventricolare. Le modificazioni istologiche che
sono alla base del quadro ecocardiografico non sono uniformi, essendo incluse sotto questa classe sia
malattie primitive che secondarie: pertanto per la descrizione morfologica e funzionale dei singoli quadri si
rimanda a testi più specialistici. La funzione sistolica e gli spessori parietali generalmente sono normali.
Forme con interessamento miocardico
· non infiltrative: idiopatica, sclerodermia, rigetto
· infiltrative: amiliodosi, sarcoidosi, M. di Gaucher, M. di Urler
4

· tesaurismotiche (da accumulo): emocromatosi, M. di Fabry, glicogenosi


Forme con interessamento endomiocardico
· endomiocardiofibrosi
· endocardite di Loeffler
· sindrome da carcinoide
· tossicità da antracicline
· cardiopatia post attinica

Elenco delle principali alterazioni morfofunzionali da ricercare e quantificare con ecocardiografia:


· entità dell’ipertrofia parietale del ventricolo sx
· eventuale ispessimento del setto interatriale, atri (ad es. nel caso di amiloidosi)
· aumentata ecoriflettenza delle pareti ventricolari
· dilatazione biatriale, dilatazione sistema cavale e delle vene polmonari
· versamento pericardio
· disfunzione diastolica (come già detto a proposito della cardiomiopatia ipertrofica la valutazione della
funzione diastolica è molto complessa e richiede l’integrazione di diverse metodiche ultrasonore).

Non esistono indicazioni standardizzate sulla necessità di valutazioni ecocardiografiche nel follow-up, che
andranno decise in base alle necessità cliniche del singolo paziente.

DISPLASIA ARITMOGENA DEL VENTRICOLO DESTRO


La cardiomiopatia/displasia aritmogena del ventricolo destro è caratterizzata da una progressiva atrofia
localizzata o diffusa, con sostituzione adiposa o fibroadiposa che coinvolge esclusivamente o
prevalentemente le pareti del ventricolo destro. L’esordio della malattia è usualmente caratterizzato da
aritmie ventricolari con morfologia tipo blocco di branca sinistro o da segni di scompenso destro. Allo stato
attuale delle conoscenze non è nota la reale incidenza della malattia che è probabilmente sottostimata.
Alterazioni caratteristiche sono gli aneurismi parietali presenti in circa il 50% dei casi e sono considerati
patognomonici della malattia; sono tipicamente localizzati in sede diaframmatica, infundibulare, apicale (nel
cosiddetto triangolo displasico). Altre alterazioni descritte sono dilatazioni localizzate, estroflessioni
discinetiche, aree ipocinetiche. Le alterazioni strutturali e funzionali del ventricolo destro possono essere
identificate mediante ecocardiografia, angiografia, risonanza magnetica, o scintigrafia cardiaca.
Il gold standard per la diagnosi di cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro è la
dimostrazione istologica di sostituzione adiposa del miocardio ventricolare. Recentemente
è stato proposto l’impiego della risonanza magnetica ai fini della definizione morfologica e
tipizzazione tissutale. I criteri diagnosti principali includono parametri clinici, ECG (tipiche con T invertite nelle
derivazioni destre, potenziali epsilon, e potenziali tardivi all’elettrocardiogramma ad alta risoluzione),
ecocardiografici, istologici e la presenza di storia familiare della malattia.

Elenco delle principali alterazioni morfofunzionali da ricercare e quantificare con ecocardiografia:


· dilatazione e disfunzione sistolica del ventricolo destro
· dilatazioni localizzate a livello del tratto di afflusso e efflusso
· anomalie segmentarie della morfologia e della cinesi parietale (acinesia, discinesie, bulging, aneurismi,
sacculazioni)
· dilatazione del tratto di efflusso
· irregolarità bordo parietale
· disorganizzazione delle trabecole
· aumentata ecogenicità della banda moderatrice e dei muscoli papillari
· particolari orientamento della trabecolatura muscolare ipertrofica con quadri morfologici particolari (a tipo
“impilatura di piatti”)

Va sottolineato che l’ecocardiografia ha una bassa sensibilità diagnostica nella displasia aritmogena.
5

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Favalli V, Kramer C, Roberts R, Zoghbi WA, Bonow R, Tavazzi L, Fuster V, Narula J. The MOGE(S)
classification for a phenotype-genotype nomenclature of cardiomyopathy: endorsed by the World Heart
Federation. J Am Coll Cardiol 2013;62:2046-72.
1

LEZIONE 4A
ECO-COLOR-DOPPLER VASCOLARE:
ASPETTI NORMALI E PATOLOGICI DEI DIVERSI DISTRETTI

A cura di: Dott. D. Giannini

APPROCCIO METODOLOGICO
L'eco-color-Doppler è una modalità diagnostica unitaria, comprendente l'insieme delle
informazioni anatomiche fornite dall'ecografia e dei dati emodinamici forniti dalle tecniche
Doppler. Queste comprendono da un lato la visualizzazione del flusso ematico mediante un
indicatore sintetico espresso dal color-Doppler, e dall'altro l'indicazione delle variazioni della
velocità nel tempo degli eritrociti grazie a un indicatore analitico, quale lo spettro delle
frequenze contenute nel segnale Doppler ottenuto interrogando uno specifico volume
campione. Seguendo tale approccio i! ruolo della metodica risulta ovviamente esaltato e
viene sottolineata l'assoluta inscindibilìtà dei due tipi di informazioni Doppler.
Delle tre componenti tecnologiche che caratterizzano l'eco-color-Doppler, quella ecografica
ben si presta alla valutazione anatomica dei vasi, consentendo di individuare eventuali alterazioni
del decorso o del calibro, sia a livello periferico che carotideo. La qualità dell'immagine
ecografica,tuttavia, non risulta sempre sufficiente a definire l'entità dalla malattia
ateromasica in particolare a livello periferico. Va comunque sottolineato che nei vasi periferici la
caratterizzazione strutturale della placca ateromasica non assume rilevanza come a livello
carotideo.
Un'arteria normale si presenta all'ecografia come una struttura anecogena tubuliforme
caratterizzata da pareti sottili, nelle quali possono essere riconoscibili due linee ecogene
adiacenti, corrispondenti rispettivamente
all'interfaccia lume-intima e all'avventizia, tra
loro separate da una linea ipoecogena
corrispondente alla tonaca media; in condizioni
tecniche ottimali il lume è completamente
anecogeno. Le arterie hanno pulsatilità sincrona
con il polso e, al contrario delle vene, non
collabiscono alla compressione effettuata con il
trasduttore .
L’identificazione dei vasi mediante ecografia viene completata dalla valutazione della
pervietà del lume ricorrendo al color-Doppler che visualizza il flusso su un'ampia area del
campo di vista del trasduttore ecografico. Il color-Doppler permette solo una
valutazione qualitativa del flusso; per quanto non consenta la valutazione quantitativa delle
stenosi, tuttavia ne identifica la presenza, dimostrando la riduzione del lume e/o visualizzando
gli incrementi di velocità degli eritrociti grazie alla desaturazione del colore base verso
tonalità più chiare oppure attraverso la comparsa di aliasing.
Il color-Doppler rappresenta pertanto il presupposto per la successiva analisi dello spettro
Doppler; riduce in modo considerevole il tempo d'esame indirizzando il posizionamento del
volume campione necessario alla valutazione dello spettro delle frequenze Doppler. La terza
componente dell'esame con eco-color-Doppler, cioè l'analisi spettrale Doppler, consiste
di due momenti: una valutazione qualitativa dello spettro e una eventuale valutazione
quantitativa.
La valutazione delle caratteristiche del flusso è generalmente di tipo qualitativo e si basa
sul rilievo della morfologia dello spettro. Altro aspetto che viene considerato nella
valutazione dello spettro è lo spessore della traccia che corrisponde alla dispersione delle
frequenze, quindi delle velocità degli eritrociti presenti nel volume campione; in
condizioni normali, quando il flusso è tendenzialmente laminare, lo spettro è sottile e
l'area libera sottostante la curva risulta ampia, mentre in condizioni patologiche
l'aumentato spessore dello spettro è espressione della turbolenza del flusso correlata
alla stenosi.
2

Ulteriori progressive modificazioni dello spettro consentono una stima di tipo


quantitativo dell'entità delle stenosi. Il grading delle stenosi basato sulla morfologia spet-
trale, come è ormai universalmente accettato.
Come in tutte le indagini ultrasonografiche
anche nello studio eco-colorDoppler dei Approccio metodologico
vasi periferici è necessario uno studio
ordinato e sistematico dei vasi nel loro Preparazione del paziente

Sonde:
decorso esplorabile. Oltre alle scansioni
Lineare
classiche individuabili in quelle longitudinale Settoriale
ed assiale, si rendono in ogni caso Convex

necessarie incidenze “personalizzate” atte Piani di scansione:

alla valutazione più completa possibile del Longitudinale

Trasverso
vaso. Lo studio dei vasi arteriosi periferici Parametri:
prevede l’utilizzo di sonde con frequenze di M-MODE

scansione fra 7 e 10 MHz. L’esame viene 2D

generalmente eseguito a paziente supino; PW, CW, Color, Power.

Settore formazione 2007-2009


nello studio del distretto carotideo
l’operatore si pone alle spalle del paziente con il collo leggermente esteso e ruotato verso
il lato opposto a quello che si intende esaminare; nello studio dei vasi periferici invece
l’approccio è frontale.

PATOLOGIA ARTERIOSA
Malattia aterosclerotica
La valutazione angiografica della parete ateromasica durante la fase di allargamento
compensatorio, sottostima la lesione per stenosi ed estensione, essa non è una
metodica adatta allo studio della iniziale evoluzione dell’ ateroma. Gli ultrasuoni
sembrano essere più sensibili per questo studio perché offrono una miglior accuratezza
diagnostica sulle minime alterazioni della parete.
L'ultrasonografia B-Mode associata al Doppler, al color doppler, fornisce un adeguato
monitoraggio dell'evoluzione del processo ateromasico; anche se tale metodica non è in
grado completamente di discriminare la composizione della lesione; i depositi di calcio e
di colesterolo influenzano le proprietà acustiche, facendo così degli ultrasuoni un'ottima
metodica per il follow up della lesione ateromasica.
L'eco B è in grado di misurare lo spessore del complesso intima-media,è privo di rischi
per il paziente, non necessita di contrasto. Tuttavia l'eco B mode ha delle limitazioni:
non può esaminare le coronarie in modo incruento, non può esplorare tutti i segmenti
carotidei in tutti i pazienti e infine si deve aggiungere un 4% di errore nella misurazione dello
spessore mio-intimale. I distretti carotidei e periferici sono quelli più studiati in quanto sono
superficiali e permettono lo utilizzo di sonde ad elevata risoluzione in grado di fornire
immagini di alta qualità. All'analisi morfologica è sempre associata a quella
velocitometrica (doppler continuo o pulsato) che ci permette di cogliere le modificazioni
funzionali che le stenosi possono provocare (duplex scanner).
Analisi velocitometrica
La morfologia dell'onda sfigmica è caratterizzata da una
fase di accelerazione rapida a cui segue una
decelerazione lenta con una piccola incisura Fig.1
corrispondente alla chiusura delle valvole semilunari (onda
dicrota), nelle arterie muscolari e cutanee dove le
resistenze superano la forza propulsiva, il gradiente
pressorio si riduce determinando una onda negativa
protodiastolica. Successivamente viene liberata l'energia Fig.2
cinetica delle arterie distese a monte (effetto Windkessel)
che determina una progressione della colonna ematica in
senso distale ed una nuova onda positiva; viene a definirsi
una onda trifasica (Fig.1) caratterizzata da due onde
3

positive ed una negativa "reverse" che è direttamente dipendente dalle resistenze peri-
feriche. Nelle arterie che irrorano territori a basse resistenze (rene, cervello) esiste,
durante tutta la fase diastolica, un gradiente positivo per cui la morfologia dell'onda è
monofasica (Fig.2) caratterizzata da un flusso continuo su cui si inserisce , un'onda di
picco sistolica. La componente sistolica, la cui altezza massima esprime la massima
velocità raggiunta, riflette lo stato dei vasi a monte per cui, se esistono lesioni
significative, abbiamo un rallentamento dell'onda sfigmica con alterazione del tempo di
accelerazione sistolica e dell'integrale tempo velocità. Fig.3
Maggiore è l’entità della lesione a monte, maggiore è la
demodulazione dell'onda sfigmica a valle (Fig.3);occorre
anche considerare che la morfologia può variare a seconda
del tipo di circolo collaterale che viene attivato.
Nel caso di lesioni a valle del segmento esplorato, vengono
alterate le resistenze all'efflusso con modificazioni
dell'indice di resistenza di Poucelot, e il rapporto
sistodiastolico (Fig.3).
La presenza di ateromasia genera delle turbolenze ed
altera la morfologia dello spettrogramma per cui è possibile
identificare stenosi a partire dal 15%. Per quanto riguarda i vasi carotidei si rileva che gli
indici migliori per identificare una stenosi significativa (>75%) sono la velocità sistolica, la
teledistolica e il rapporto fra velocità sistolica nella carotide interna e la velocità sistolica
nella carotide comune.
Per gli arti inferiori viene considerato il rapporto fra velocità di picco in sede di stenosi e
velocità a monte più che la velocità nel punto di stenosi.
Se = 2 identifica una stenosi 50%
=4 " " 75%
=7 " " 80%
II significato emodinamico di una stenosi è determinato anche dal rapporto fra pressione
tibiale ed omerale; valori <0.50 identificano valori critici di perfusione mentre valori <0,40
segnalano una compromissione del circolo di compenso. Per le arterie renali una
velocità ostiale >80 cm/sec ed un rapporto fra velocità di picco in sede di stenosi e
velocità in aorta >3,8 identifica una stenosi > 60%. Altro parametro considerato come
segno indiretto di danno vascolare intraparenchimale è l’indice di resistenza.

I vasi carotidei
L'esame inizia facendo distendere il paziente supino sul lettino, posizionato
comodamente, evitando con scrupolo posizioni che detetminino tensione
muscolare, con le braccia lungo il corpo, le spalle appoggiate al piano, il più
possibile abbassate, ed il capo iperesteso. In questa posizione ci si pone
simmetrici e risulta più agevole esplorare
l'asse carotideo fino in sede sottomandibolare,
spostando, se ce ne fosse la necessità, il capo
del paziente con la mano libera dalla sonda.
Richiede una buona manualità con entrambe
le mani nella gestione della sonda, qualità che indubbiamente si
acquisisce con l'esperienza.
4

Come impugnare la sonda: è preferibile tenerla saldamente per l'intera lunghezza con il
pollice ed il dito medio della mano per poter più agevolmente eseguire movimenti fini e
pressioni graduare che avranno l'articolazione del
polso come fulcro per i diversi interventi di
correzione. Ma ovviamente ogni operatore solo con
l'esperienza affina ed arricchisce la propria tecnica
manuale. La mano libera dalla sonda agisce sul
pannello dei comandi e in particolari situazioni
può aiutare il Paziente nello sforzo di
ìperestendere il capo. L'esame inizia con
l'esplorazione delle carotidi comuni. Tenendo il
capo del paziente in asse, si esegue una prima
scansione trasversale del vaso dalla base del
collo risalendo fino alla biforcazione ed oltre, per avere un
primo quadro d'insieme dei vasi da esplorare. Si procede poi,
sempre seguendo un ordine che è bene sìa standardizzato, con
la scansione longitudinale anteriore delle carotidi comuni fino al
bulbo. La carotide esterna nella maggior parte dei casi risulta
come una continuazione sullo stesso asse della carotide
comune, mentre la carotide interna ha calibro maggiore ed
esordisce di solito lateralmente e dorsalmente all'esterna. Gli
spostamenti della sonda si eseguono sempre lentamente,
soprattutto quelli laterali. Nella prima fase allorché si esplora il
tratto iniziale della carotide comune di destra viene molto
frequentemente comodo analizzare la biforcazione della arteria
anonima. Si possono rilevare così e quantificare lesioni ateromasiche collocare all'ostio della
comune o della succlavia. Per motivi anatomici non è altrettanto comune poter esplorare
l'ostio degli stessi vasi in sede controlarerale al loro esordio dall'arco aortico. Altre volte
interna ed esterna presentano posizioni invertite e calibro sostanzialmente
sovrapponibile o addirittura l'esterna si può presentare di calibro maggiore nel caso la
dilatazione bulbare che sì colloca sul suo versante sia partìcolarmente accentuata. In
tali situazioni il loro riconoscimento è affidato ai caratteri del segnale Doppler,
campionato nei due diversi lumi vasali, all'individuazione delle collaterali dell'esterna e
alle manovre di compressione.
Si seguono i vasi fin dove è possibile oltre la biforcazione, per un tratto variabile da 1 a 5-
6 centimetri a seconda della variabilità dell'anatomia vascolare, della lunghezza delle
strutture cervicali e della capacità del paziente di iperestendere il capo (manovra che
può essere facilitata dalla mano libera dell'operatore). L'esplorazione carotidea viene poi
ripetuta con una scansione laterale, con il capo ruotato di circa 45° verso il lato opposto a
quello dell'esame, e quindi con una scansione posteriore (sia in longitudinale che in
trasversale), ruotando il capo il più possibile dal lato opposto, ma sforzandosi di mantenere
la sonda perfettamente allineata con il vaso.

Le vertebrali
Per l'esplorazione delle arterie vertebrali il capo viene riportato in asse, mantenuto rilassato e
con il mento in posizione non estesa. Si posiziona la sonda sul tratto medio-inferiore, comunque
quello più rettilineo, della carotide comune e poi ci sì sposta con la sonda lentamente in di-
rezione laterale fino a quando si riesce a visualizzare l'arteria . Essa appare con il decorso
tipicamente intercalato da coni d'ombra dovuti alle vertebre cervìcalì che rappresentano i tipici
punti di repere che ci danno la certezza della sua individuazione e per non correre il rischio dì
scambiare per arteria vertebrale un robusto tronco tireo-cervicale o altri vasi. Si esplorerà
quindi il vaso, spesso non senza difficoltà, a monte fino all'origine e a valle fino a dove
5

possìbile. L'esame sì esaurisce con l'esplorazione dell'origine delle arterie succlavie alla base del
collo, ben riconoscibili per il tracciato doppler ad alte resistenze.

LA PATOLOGIA OCCLUSIVA DEI VASI CAROTIDEI

Caratteri del flusso


Lo studio velocimetrico Doppler della carotide comune è agevole.
Il tracciato mostra una componente sistolica prevalentemente
dovuta all'influenza della carotide esterna ed una ben rappresentata
componente diastolica tributo della carotide interna.
La massima velocità sistolica non supera di solito i 125 cm/sec.
Notizie indirette sullo stato del letto vascolare intracranico
possono essere dedotte da modificazioni dello spettro Doppler
sopra descritto. Un quadro caratterizzato da una netta riduzione o
con assenza della componente diastolica nel tratto carotideo
extracranico è spia dì un aumento significativo delle resistenze
a valle, causato da una stenosi serrata, da una occlusione, da
alcune forme dì arterite (es. di Horton) oppure da una
compressione ab extrinseco in sede intracranica. Un aumento viceversa della componente
diastolica nella carotide comune e nella biforcazioni può rappresentare un segno indiretto di
una vasodilatazione arterìolare cerebrale generalizzata o zonale quale ad esempio può
rilevarsi nel caso di una fistola aneto-venosa.
Nel soggetto normale, a livello della carotide interna la componente sistolica dello spettro
Doppler si riduce drasticamente rispetto alla carotide comune (distretto a bassa resistenza)
mentre viene a prevalere sia in termini assoluti che relativi la componente continua del
flusso diastolico, modificando anche l'effetto acustico con toni più bassi.
In assenza di placche visibili oppure con placche realizzanti una stenosi < 50%, viene
considerata normale una velocità dì picco sistolica (PSV) inferiore ai 125 cm/sec. Criteri
addizionali sono un rapporto PSV tra ICA e CCA < 2,0 ed una EDV < 40 cm/sec. La PSV
supera i 125 fino a 230 cm/sec, nel caso di stenosi tra il 50% ed il 69% con ICA/CCA PSV
tra 2-4 ed ICA EDV tra 40 e 100 cm/sec.
Quando la stenosi supera il 70% del lume vasale, ma non è ancora sub occludente, la PSV
può superare i 230 cm/sec con ICA/CCA PSV > 4 ed ICA EDV >100 cm/sec. Quando il
lume risulta sub occluso dalla placca ateromasica, questi parametri non possono più essere
applicati, poiché la velocità dì flusso può apparire tanto falsamente bassa quanto alta o non
quantificabile affatto. siamone, infatti, in quelle sedi caratteri peculiari che possono aiutare ad
esprimere il giudizio qualitativo e quantitativo sulla stenosi in alcune situazioni particolarmente
diffìcili, come ad esempio quando la lesione stenosante sìa particolarmente ricca dì accrezioni
calcifiche e pertanto mal valutabile con l'analisi diretta.
Quando nessun flusso è reperibile nella carotide interna
perché appare occlusa, un solo limitato aumento delle
resistenze a carico della carotide comune a monte, e un
aumentato regime di flusso a carico della carotide esterna
omolaterale che assume parzialmente carattere di "vaso a
bassa resistenza", possono confortare nella diagnosi
(internalizzazione della carotide esterna). Com’è
comprensibile però non sempre questi criteri sono
rigorosamente rispettati. Proprio per quanto abbiamo
appena detto è da considerare un obbligo rigoroso
impegnarsi sempre ed in ogni caso ad individuare con
certezza l'orìgine ed il decorso della carotide esterna, senza
accontentarsi di aver individuato, magari in situazioni particolarmente difficili, il vaso di calibro
maggiore che presenta flusso con area diastolica! Potrebbe essere un'esterna internalizzata
6

con la vera carotide interna occlusa e con il calibro ridotto per fenomeni post-trombotici. In
caso di sospetta occlusione della carotide interna, è necessario:
1. poter riconoscere la presenza di eventuali vasi anomali,
2. escludere una rotazione del bulbo sull'asse longitudinale che faccia confondere l'esterna
con l'interna;
3. ricercare la presenza di kinking ad angolo stretto;
4. verificare la presenza e il flusso a livello della vertebrale e del tronco tireo-cervicale
omolaterali per non correre il rischio di confonderli in sede prossimale con l'interna. In
alcune situazioni può essere ancora utile una procedura che rappresentava parte
integrante dello studio velocimetrico Doppler ad onda continua: l'analisi del circolo
sovraorbitario. Come è noto, il circolo sovraorbitario rappresenta una sede di anastomosi
fisiologica fra il letto arterioso intracranìco di derivazione dalla carotide interna via cerebrale
anteriore ed arteria oftalmica che ne rappresenta la prima collaterale ed il letto facciale di
pertinenza delle arterie facciale e temporale superficiale, dìramazioni della carotide esterna.
Il primo è un circolo a bassa resistenza, parenchimale, il secondo prevalentemente
distribuito a masse muscolari è a resistenze elevate. Ne deriva che normalmente il verso del
flusso misurabile a livello del ramo sovraorbitario è diretto dall'interno verso l'esterno. Nel
caso di carotide interna occlusa il flusso a livello sovraorbitario si presenterà invertito con una
direzione cerebropeta.

Arterie vertebrali
L'arteria vertebrale nasce solitamente come primo ramo dalla arteria succlavia. Nel 4% dei
casi a sinistra nasce direttamente dall'arco aortico, molto più raramente a destra. Scorre poi
lateralmente alla carotide comune davanti al muscolo scaleno, prima di entrare, dopo una
dolce curva a S, nel forame dell'apofisi trasversa della sesta vertebra cervicale (più
raramente la quinta). Quindi prosegue cranialmente, quasi rettilìnea fino alla base del cranio,
attraverso i forami delle apofisi trasverse cervicali.
Molto frequentemente la vertebrale di sinistra presenta calibro maggiore. Nell'ambito della
variabilità individuale si segnala che è possibile una ipoplasia de! vaso o una agenesia
monolaterale.. Per l'esplorazione delle arterie vertebrali il capo viene mantenuto in asse, in
posizione non estesa.
Lo spettro Doppler appare caratterizzato sia da una componente diastolica che sistolica,
seppur con un picco più basso rispetto alla carotide interna, con spettro più largo e tono
più cupo. Per la difficoltà tecnica e le possibili varianti anatomiche, è bene avere molta
prudenza nel diagnosticare una occlusione vertebrale.
Una condizione particolare è rappresentata dalla sindrome da furto della succlavia. Con tale
espressione si intende la condizione legata alla insufficienza vertebra-basilare determinata
dalla inversione intermittente o stabile del flusso in una delle due vertebrali qualora l'origine
della succlavia sìa compromessa da una stenosi più o meno rilevante dal punto di vista
emodina-mico, o da una vera e propria occlusione.
Anche la presenza di conformazioni particolari nel rapporto fra strutture muscolo-
scheletriche o fra diverse strutture ossee della spalla, specialmente clavicola e prima
costa, possono determinare quella che viene definita sindrome dello stretto toracico
superiore che si caratterizza per la comparsa dì un'ostruzione dinamica a carico della
succlavia che si verifica a seguito di particolari movimenti del braccio. Tale ostruzione può
essere anche completa con la conseguente scomparsa del flusso ematico in occasione di
elevazioni del braccio.

La carotide operata
Talora giunge alla nostra osservazione un paziente sottoposto ad intervento di TEA
carotidea del quale si devono valutare la pervietà dell’area operata e le caratteristiche dei
segmenti prospicienti la zona d’intervento. Inoltre, sono da tempo non infrequenti i casi di
pazienti sottoposti a posizionamento di stent.
7

LA VALUTAZIONE MORFOLOGICA DI PARETE

Il primo elemento che viene considerato nella valutazione della parete vascolare è la
caratteristica ecografica che definisce lo spessore medio-intimale. Questo è molto importante
perché rappresenta una "cartina di tornasole" nei confronti della situazione vascolare generale. E’
stata infatti dimostrata una stretta relazione
dell'aumento dello spessore medio-
intimale con la prevalenza di lesioni
coronariche, e dei grossi vasi arteriosi in
generale.L'impiego di sonde ad elevata
frequenza dì emissione, lineari, con
l'attenzione a mantenere il fascio
ultrasonoro il più perpendìcolare possibile
all'interfaccia lume-vaso, sono elementi molto rilevanti al fine di una precisa misura dello
spessore. E’ inoltre molto utile provvedere se possibile ad stivare lo zoom per poter operare su
grandezze molto più facilmente definibili. L’ ecografia B-mode consente dì misurare con
precisione lo spessore medio-Ìntimale (IMT), in modo elettivo in sezione longitudinale. L'IMT può
presentarsi omogeneo lungo il vaso, oppure irregolare e zonale. Normalmente gli strati medio-
ìntimali si considerano "nella norma" fino allo spessore di 0,6 mm. Oltre sì parla dì
"ispessimento" medio-intimale fino a 0,9 mm. Oltre tale valore si ha una precisa correlazione
con la malattia aterosclerotica polidistrettuale e coronaria in particolare, come sopra citato. Se
l'ispessimento supera 1,5 mm sì configura come una vera e propria placca.

Caratterizzazione della placca


Collocazione
Benché la malattia aterosclerotica possa colpire in qualsiasi punto dell'albero arterioso, per
motivi strutturali della parete (composizione anatomica e dunque modulo elastico, distensibilità)
ed emodinamici (turbolenza di flusso, onde riflesse), i punti di biforcazione ed i tratti
immediatamente adiacenti vengono coinvolti più frequentemente. L'arteria carotide
extracranica - in pratica la biforcazione, l'ostio della carotide interna ed i primi 2 centimetri di
tale vaso, e l'origine della carotide esterna - rappresentano le sedi dì elezione più
frequentemente interessate dalla patologia aterosclerotica (70-80% dei pazienti) con bilateralità
dei reperti nel 30% dei casi di stenosi e nel 2% di quelli di occlusione. Quasi sempre (95% dei
casi) è interessata la biforcazione carotidea con possibile interessamento dell'origine della
carotide interna e della carotide esterna con quadri di stenosi simmetrica o asimmetrica. Tali
lesioni del circolo cerebro-afferente sono responsabili della genesi trombo-embolica dell'ischemia
cerebrale nella maggioranza dei casi. Anche nel letto arterioso degli arti inferiori nei punti di
biforcazione delle arterie iliaca, femoro e poplitea e nei tratti adiacenti, è più frequente ed è
clinicameme più rilevante la presenza di placche ateromasiche. Questa considerazione non può
tuttavia esimere l'operatore dall’esaminare il tratto vascolare in modo accurato fin dove
tecnicamente è possibile, anche per le preziose indicazioni indirette che nei vasi a monte ed a
valle di una placca realizzante una stenosi emodinamicamente significativa possono essere
raccolte (resistenze vascolari aumentate a monte, flusso ridotto rispetto al vaso controlaterale
sia a monte che a valle). Un esempio importante è lo studio del tratto iniziale della arteria
femorale profonda in caso di stenosi della femorale superficiale che offre dati emodinamici
essenziali per una valutazione chirurgica di eventuale rivascolarizzazione.
L'arteriopatia diabetica nella sua localizzazione sottopoplìtea mostra spesso un quadro
facilmente riconoscibile per il notevole accumulo dì calcio, disposto a manicotto, che disegna
nelle radiografie convenzionali il contorno vasale e che spesso causa una riduzione nerta della
possibilità dì indagare adeguatamente gli spettri di flusso.
8

Una sede frequente di formazione di placca, per fenomeni di marcata turbolenza, è l'interno dì
un aneurisma, sopratrurto sacciforme. Un esempio tipico è quello della lesione aneurismatica
della poplitea.
Per quanto riguarda l'asse arterioso degli arti superiori, sede molto frequente dì una placca
ateromasica risulta essere l'origine della arteria succlavia.
Una collocazione particolare della placca ateromasica è quella riscontrabile all'interno di un
tratto di vena "arteria!izzato" di una fistola artero-venosa confezionata per l'emodialisi, che
vede nella forte turbolenza di flusso il momento fisìopatologico principale per la sua
formazione in questa sede anomala.

Dimensioni e forma
Lo studio ecodoppler delle dimensioni e della forma di una placca aieromasica all'interno
di un'arteria rappresenta in molte circostanze una sfida, in cui la capacità dell'operatore può
fare realmente la differenza. Il grande vantaggio di questa metodica rispetto all'angiografia,
che fornisce solo immagini di "minus", sta nella possibilità dì visualizzare anche le strutture
parietale e i loro rapporti con gli ambiti circostanti, cosa che fa meglio distinguere i contorni
veri della deposizione ateromasica.
L'estensione in lunghezza e la disposizione della placca (semicircolare, concentrica, ecc.),
oltre alla morfologia dì cui parleremo più avanti, sono caratteri che devono essere sempre
ricercati e descritti nel referto d'esame, soprattutto per l'asse carotideo extracranico. Tali
informazioni possono influire ad esempio, a parità del grado di stenosi di un vaso, sull'approccio
medico o addirittura sul tempo e sul modo di un eventuale trattamento chirurgico. Il reperto
più frequente è senz'altro una placca posizionata al bulbo, coinvolgente o meno l'origine
della carotide interna o posizionata nel primo tratto dello stesso vaso, con una estensione
in un range tra 10 e 25 millimetri. Una ateromasia diffusa con placche a manicotto che
interessano ampie porzioni dì vaso, posso consìgliare, anche in assenza dì stenosi
emodinamicamente significative, un trattamento medico più aggressivo sui fattori di rischio
della malattia aterosclerotica. La ricerca della presenza, dimensione e della forma della
lesione, ci impone lo studio dell'asse carotideo seguendo i diversi piani di scansione
perché limitandoci alla scansione in antero-laterale, ci potrebbero essere piccole placche
presentì solo sulla parete posteriore, oppure si potrebbe correre il rischio sovrastimare
placche calcifiche o disomogenee, meglio evidenziabili nella loro esatta dimensione con
una scansione posteriore. Mentre l'estensione in lunghezza della placca può essere
adeguatemente misurata con una scansione longitudinale, la morfologia richiede una
attenta valutazione non solo longitudinale ma anche con la scansione trasversale,
possibilità peraltro assente nelle immagini agiografiche classiche. Non sempre è agevole
descrivere nei dettagli una malattia ateromasica diffusa alle arterie degli arti inferiori,
soprattutto nei pazienti diabetici, in cui è frequente la presenza di calcificazioni diffuse
parietali. In molti casi si segnala la presenza dì "placche in serie interessanti ìl tratto
arterioso - ad esempio - femorale", segnalando le sedi con stenosi più rilevante e le eventuali
occlusioni con i possibili ambiti di rivascolarizzazione a valle.

Ecogenicità della placca


L’ecotomografia, con il rapido sviluppo di apparecchiature sempre più perfezionare, ha
consentito in questi anni uno studio sempre più accurato della placca ateromasica, delle sue
caratteristiche intrinseche e di superficie. Oggi pertanto siamo in grado di descrivere in maniera
assai soddisfacente la placca ateromasica, valutandone lo spessore, l'ecogenicità e la
superfìcie endoluminale, elementi particolarmente significativi per consentire di esprimere
un giudizio di stabilità o, al contrario, dì instabilità e quindi una valutazione del rischio dì
eventi vascolari più appropriata. I più recenti studi relativi alla evoluzione della malattia
ateromasica e alla sua intima connessione con i fenomeni della flogosi, hanno
consentito di valutare l'ecostruttura della lesione areromasica particolare di definire una
lesione come "instabile" qualora siano presentì ben definiti elementi morfologici macro-
ma soprattutto microscopici. Uno dei tipi di placca che richiede la maggior attenzione è
9

rappresenraro dalla tipica placca ipoecogena o "soft”. La codifica del colore in queste
situazioni offre uno degli aiuti più concreti permettendo di definire un profilo dì lume con
flusso che disegna dei veri e propri minus adesi alla parete del vaso. Studi di correlazione
anatomopatologica hanno dimostrato come i componenti della placca siano ben correlati con
l'aspetto ecoriflettente della stessa. Il tessuto fibroso è iperecogeno ed in grado dì realizzare
una barriera iperriflettente al fascio di ultrasuoni. I depositi di calcio determinano invece un
cono d'ombra posteriore. Pertanto, la struttura della placca rappresenta un elemento di
particolare attenzione e la definizione di "omogeneità" o "disomogeneità" della sua struttura è
ormaii possibile con ben definiti livelli di sensibilità (90%), specificità (96%) ed accuratezza
(88%). La placca omogenea stabile è generalmente composta da tessuto fibroso o fibro-
lipidico con distribuzione regolare dei tessuti, margini lisci e netti. Raramenre presenta
ulcerazioni o emorragie intraplacca. La componente lipidìca si presenta uniformemente
iporiflettente, mentre la componente fibrosa si caratterizza per una maggiore ecogenìcità. La
placca disomogenea, generalmente per sua natura instabile, si caratterizza per il
rilievo di aree a diverso grado di ecorifrangenza o addirittura del tutto anecogene. La
componente ipoanecogena istologicamente è caratterizzata da un accumulo di
materiale lipidico. Spesso celano nel loro contesto una lesione ulcerativa individuabile
modificando adeguatamente il piano di scansione. La placca fibro-calcifica, pur presentando
una struttura disomogenea, è in genere più stabile con scarsa tendenza all'accrescimento e,
per la sua compattezza, raramente embolizzante

Superficie endoluminale
Di norevole importanza, ma spesso di rilevante difficoltà, è lo studio della superfìcie
endolumina-le della placca, del profilo della lesione con le eventuali irregolarità che a
suo carico si possono individuare, ed in particolare di quelle situazioni in cui la
collocazione in ambito aacrale della zona ipo-anecogena rende difficile differenziare una
area ateromasica disomogenea da una ulcerata. Infatti tatara è particolarmente
impegnativo, e richiede notevole esperienza, riuscire ad individuare un esile "fibrata
cap"dnte le caratteristiche di limitata ecorifrangenza di tale struttura. In quelle situazioni
è pertanto molto importante sfruttare al meglio le potenzialità dello strumento
modificando l'angolo di insonicazione in maniera tale da renderlo il più favorevole
possibile, adattando la frequenza fondamentale, la PFR, la focalizzazione ecc.
I gradi più severi vedono la presenza di vere e proprie "ulcerazioni": da microulcere fino a a
proprie escavazioni con grossolana perdita di sostanza a carico della lesione

Entità della stenosi


Le metodologìe per definire l'entità di una stenosi a livello di un disttetto vascolare per
mezzo dell’ ecodoppler sono state definite con chiarezza all'inizio degli anni Novanta allorché
la pubblicazione: di due importanti studi il NASCET (North American Symptomatic Carotid
Endoarterectomy e l'ECST (European Carotid Surgery Trial) hanno stabilito la tipologìa dei
rapporti fra le misuri abitualmente eseguite nel corso dell'indagine.
II metodo applicato dal NASCET ha considerato il rapporto fra la misura del lume vero, in sede
dì stenosi, e quella del lume libero nel tratto di vaso a valle della stenosi. Per contro, lo studio
europeo ha considerato il rapporto fra lume vero e calibro del vaso nella sede precisa della stenosi
misurata. Come è intuibile entrambe le posizioni hanno dei vantaggi ma contestualmente
soffrono dì alcuni limiti. L'impostazione metodologica nordamericana, essendo derivata da
un'impostazione angiografica tradizionale, ha il pregio di voler confrontare la sede della stenosi
con un ambito vasale indenne da lesioni e pertanto con interfaccia ecografica ideale, ma
soffre del fatto che non infrequentemente la conformazione anatomica del tratto carotideo
studiato tende ad essere rastremata cranialmennte e pertanto il denominatore del rapporto
risulta minore dell'atteso facendo aumentare così il grado della stenosi calcolata. Lo studio
ECST, dal canto suo, opera una scelta di misure che in alcune condizioni possono essere rese
difficili per la non precisa individuazione dei limiti parietali del vaso alla base della placca
10

ateromasìca; per contro offre il vantaggio di una chiara definizione del grado di stenosi nella
sede precisa della lesione.
Un metodo ulteriore è quello che prevede il calcolo del rapporto fra lume vero in sede dì
stenosi e calibro della carotide comune a monte della dilatazione bulbare (Metodo della
Carotide Comune).
D'altro canto è stato codificato che il livello dì accuratezza del metodo ecodoppler nella
valutazione della stenosi vascolare necessita siano prese in considerazione tanto le misure
bidimensionali quanto le valutazioni veloci metriche. Questa messa a punto ha i presupposti per
essere considerata un punto fisso di riferimento. Si fonda infatti sulla deduzione del grado dì
stenosi derivante dalla analisi contestuale della misura B-mode e della PSV (Peak Systolic
Velocity) ottenuta con la analisi spettrale del colordoppler in sede di stenosi: queste dovrebbero
essere coerenti tra loro.
L'esperienza insegna però che vi possono essere situazioni in cui è possibile uno scostamento
dei parametri suggeriti. Ad esempio nelle condizioni in cui la placca ateromasiche sì collochi a
livello della dilatazione bulbare verso l'ostio del vaso è possibile rilevare stenosi superiori al 60%
in bi mensionale che determinano incrementi limitati della PSV.
Nella Tabella seguente è riportato il Consensus Panel Gray-Scale per la definizione del grado
stenosi della carotide interna.

Arti inferiori: L'esame dei vasi arteriosi


L'indagine si svolge abitualmente con il paziente disteso sul lettino, in posizione supina,
rilassato con gli arti inferiori leggermente
divaricati ed extraruotati. L'operatore di solito si
pone alla destra dell'esaminando, rivolto al
suo viso e con l'apparecchio di fronte a sé
dallo stesso lato rispetto al paziente. L'indagine
prende il via con l'esame della arteria iliaca
esterna destra impiegando abitualmente una
sonda lineare 3-7 MHz, o in alternativa, una
semisettoriale. Si procede poi distalmente
soffermando l'attenzione con particolare scrupolo sulle zone che sì
sa essere sede elettiva di eventuali lesioni ateromasiche.
Si studia, pertanto, la biforcazione femorale valutando calibro della
femorale superficiale e della profonda ed analizzando il carattere
del flusso a livello dei loro ostii e dei tratti iniziali.
Si sposta quindi distalmente la sonda per andare ad indagare la
femorale superficiale nel tratto via via più distale fino a livello del
canale dì Hunter (o degli adduttori).
11

Viene quindi il momento di indagare la poplitea. Si invita il paziente ad assumere la


posizione prona (preferibile soprattutto nelle fasi di apprendimento).
In certe situazioni può essere utile porre un piccolo cuscino sotto i piedi in modo che il poplite
possa rimanere rilassato.
Una volta individuata e studiata l'arteria poplitea, si procede distalmenre ricercando ed
indagando l'origine dei vasi della triforcazione che andranno seguiti per il primo tratto.
Il paziente viene quindi invitato ad assumere nuovamente la posizione supina. A questo
punto,il compito dell'esaminatore prevede l'esplorazione attenta delle arterie distali: le tibiali,
anteriore e posteriore, la pedidia, la peroneale.
L'esito dell'indagine a livello delle sedi di "maggior prevalenza" aterosclerotica condiziona poi
l'operatore nella gestione delle diverse fasi dell'esame. Infatti, nel caso si documentasse una
presenza ateromasica nelle sedi di biforcazione che prima abbiamo citato sarà indispensabile
procedere con particolare attenzione anche nella valutazione dei tratti vascolari intermedi al
fine di documentare la reale entità del coinvolgimento del letto arterioso: per dir così il "carico
aterosclerotico" del paziente che abbiamo di fronte. Una situazione particolare si realizza
quando troviamo lesioni ateromasiche in sede ileo-femorale. In tali situazioni diviene
importante studiare anche il distretto a monte: le iliache comuni e l'aorta addominale con la
sonda a bassa frequenza convex 2-4 MHz. Nel caso dì soggetti diabetici l'impresa potrà essere
partìcolarmente impegnativa dato il frequente ed importante livello dei depositi calcifici a carico
delle lesioni macroangiopatiche che caratterizzano tale forma morbosa e a carico delle strutture
della media (mediocalcinosi) . Altre situazioni di particolare interesse sono quelle connesse con
le sia pur rare forme di morbo di Burger ove alla ostruzione dei vasi distali, normalmente
sottopoplitei, di natura atero-trom-botica e flogistica si accompagna di solito il consensuale
impegno delle vene conomitanti, pure coinvolte nel processo ostruttivo. Raramente ci si può
trovare di fronte, nel distretto femoro-popliteo, a lesioni di tipo flogistico attribuibili a malattie
reumatologiche. Più spesso il coinvolgimento di tali processi valutabile all'ecodoppler, tende a
collocarsi in distretti più centrali come i grossi tronchi epiaortici, talora le coronarie, le femorali
comuni, le iliache, l'aorta ed i suoi grossi rami addominali. E’ tipico di queste situazioni la
possibilità di documentare in fase acuta, o comunque quando la malattia non è ancora del
lutto spenta, un tipico alone ipoecogeno che, "a manicotto" parziale o completo,
accompagna il decorso del vaso per un tratto più o meno esteso. Condizioni che tipicamente si
possono ritrovare alla base di reperti ecocolordoppler come questi sono le forme arteritiche che
coinvolgono i grossi vasi come arterite di Takayasu e arterite gigantocellulare. Forme che
appartengono alle classi con impegno vascolare più distale secondo la classificazione di
Chapel Hill sono ovviamente di difficile risoluzione dato il calibro dei vasi coinvolti. E semmai
possibile identificare complicanze di tipo trombotico o dilatativo. Altro tipo di problemi
interessa il caso di pazienti già sottoposti ad intervento di rivascolarizzazione mediante by-
pass. In questi casi è necessario, oltre ad assicurarsi sul mantenimento dì un efficace e valido
flusso con adeguato run-off, verificare i caratteri dell'abboccamento per escludere fenomeni
di deiscenza, formazione di pseudoaneurismi, apposizioni trombotiche più o meno
organizzate.

I caratteri del flusso arterioso e del flusso venoso


II flusso rilevabile a carico dei vasi arteriosi degli arti inferiori è il tipico flusso verso tessuti ad
alta resistenza quali appunto le masse muscolari che costituiscono la massima parte delle
strutture da irrorare.
SÌ caratterizza nel soggetto normale per un complesso trifasico costituito dalla prima onda
velocimetrica positiva di progressione, strettamente
correlata all'inotropismo cardiaco e corrisponde alla
fase di eiezione sistolica. Questa è seguita da una
seconda onda, ora negativa, legata alla fase di ritorno
dell'onda sfigmica dopo la riflessione in periferia, e
da una terza onda, di nuovo positiva, che si pone in
relazione con il ritorno elastico dei grossi vasi di
12

capacitanza. La seconda e la terza onda, che si collocano durante la fase diastolica della
rivoluzione cardiaca, rappresentano quelli che sì definiscono "accidenti secondari" dell'onda
sfigmica. La presenza di stenosi condiziona ovviamente il flusso determinando le tipiche
demodulazioni che abbiamo analizzato nel capitolo sulla caratterizzazione della placca
ateromasica. E’ importante però conoscere che spesso lo studio dei vasi ileo-femorali
permette di apprezzare modificazioni tipiche dei caratteri del complesso triplice che
dimostrano un'alterazione legata ad ostruzioni del lume vascolare a monte.
Il primo carattere del complesso velocimetrico che viene ad essere modificato è rappresentato
dalla morfologia delle onde accessorie: scompare la terza e quindi la seconda trasformando
il complesso trifasico in un complesso sempre più monofasico con progressivo incremento
del tempo di picco ovvero del tempo per
raggiungere la PSV. Questa a sua volta
in maniera corrispondente si riduce ed il
profilo dell'onda sfigmica diviene
sempre più demodulato fino ad as-
sumere, nelle condizioni di flusso post-
occlusivo, la morfologia arcuata.

Nell’iter diagnostico dello studio del distretto venoso lo scopo dell’esame è l’accertamento
di un reflusso oppure di una trombosi venosa superficiale e/o profonda.
Nei due casi l’ iter diagnostico e procedure sono differenti. Il circolo venoso profondo deve
sempre essere valutato. L’ecocolorDoppler venoso esplora la pervietà dei vasi, la loro
comprimibilità (CUS), il calibro, la velocità e fasicità del flusso nonché la presenza di
reflussi. Esso è indicato nel sospetto clinico di trombosi venosa profonda e superficiale, di
insufficienza venosa, indicazioni terapeutiche e controlli a distanza. Anche le vene
appaiono come strutture anecogene, comprimibili, non pulsatili in cui è possibile scorgere
lembi valvolari esogeni sporgenti nel lume. All’esame Doppler il flusso è unidirezionale,
spontaneo di bassa tonalità, fasico con gli atti dl respiro in assenza di pulsatilità, interrotto
alla manovra di valsala ed incrementabile alla compressione distale. Nel campo patologico
limitiamo ad illustrare la sua utilità nella diagnosi di Trombosi venosa. Infatti per una
conferma della presenza di TVP, o per una sua esclusione, non ci si può basare solo su
una diagnosi clinica, ma occorre ottenere il riscontro obiettivo di un esame strumentale
qual è l’ecocolorDoppler venoso. L’ultrasonografia (ecografia B-mode, duplex scanning,
eco-color-doppler) è la metodica non invasiva di prima scelta per la diagnosi di TVP
prossimale degli arti inferiori: elevata accuratezza diagnostica, praticità, semplicità d’uso,
economica, innocua, può essere ripetuta senza restrizioni. I criteri di diagnosi: possono
essere diretti mediante visualizzazione del trombo ed assenza di flusso spontaneo ed
indiretti con la non compressibilità (totale o parziale) del lume venoso per effetto di una
moderata pressione della sonda, aumento di diametro del lume vasale. La sensibilità è
pari al 97 % e la sua specificità al 98 %
1

LEZIONE 4B
ASPETTI NORMALI E PATOLOGICI DEL VASO AORTICO

A cura di: Dott. A. Terranova, Dott. P.G. Pino

1. METODOLOGIA DI STUDIO DEL VASO AORTICO

1. A ANATOMIA DEL VASO AORTICO.

Il vaso aortico è formato com’è noto da 3 strati laminari sovrapposti (intima, media ed avventizia) ed è diviso
in aorta toracica, sovradiaframmatica, e addominale, sottodiaframmatica. L’aorta toracica si divide in tre
segmenti anatomici: aorta ascendente, arco ed aorta toracica discendente. L’aorta ascendente ha una
lunghezza di circa 5 cm, inizia a livello della valvola aortica ed è suddivisa in 4 diversi segmenti
successivi di diverso calibro: l’anulus (in corrispondenza dell’inserzione delle cuspidi valvolari), che
presenta il calibro minore rispetto agli altri segmenti, i seni di Valsalva, la giunzione seno-tubulare, dove
si verifica una riduzione del calibro aortico e l’aorta ascendente caratterizzata nuovamente da un
aumento del calibro.

La radice aortica è quella struttura compresa tra l’anulus e la giunzione seno-tubulare. La geometria e le
dimensioni della radice aortica, ed in particolare le proporzioni tra altezza della radice e calibro dell’anello e
della giunzione seno-tubulare, sono essenziali per determinare la normale coaptazione della valvola aorta e
a garantirne la continenza. Uno studio particolareggiato dei tre Seni di Valsalva (i due coronarici e quello non
coronarico) è di pertinenza dello studio della valvola aortica.

L’aorta ascendente si continua nell’arco aortico lungo 4-5 cm. L’arco, subito dopo l’origine della arteria
succlavia sinistra, si continua nella regione istmica dell’aorta toracica discendente che decorre
inizialmente alla sinistra della colonna vertebrale, posteriormente all’esofago spostandosi
successivamente verso destra incrociando l’esofago. Il calibro dell’aorta discendente si riduce
progressivamente nel passaggio dall’aorta toracica a quella addominale. L’aorta addominale è distinta
in tratto sovra- e sotto-renale in relazione all’emergenza delle arterie renali.

1. B. VISUALIZZAZIONE E MISURAZIONE ECO DEL VASO AORTICO.

L’esame transtoracico (ETT) permette di studiare, utilizzando la finestra parasternale sinistra, l’aorta
ascendente e, utilizzando la finestra soprasternale, l’arco aortico ed il primo tratto dell’aorta toracica
discendente; spesso la definizione anatomica di queste ultime porzioni di aorta è imprecisa e le
informazioni inattendibili. L’esame transesofageo (ETE) per gli stretti rapporti che intercorrono tra
esofago e aorta toracica, permette invece un’ottima definizione dell’aorta ascendente, dell’arco e, al
contrario dell’ETT, anche del tratto toracico dell’aorta discendente, fino alla prima porzione toraco
addominale.

E’ preferibile ottenere la misurazione del vaso aortico utilizzando le sezioni bidimensionali. Infatti le
misurazioni monodimensionali, per le cicliche variazioni dei rapporti tra fascio singolo e vaso aortico
che si sposta, portano ad una sistematica sottostima del diametro in particolare a livello dei seni di Valsalva.

Per la corretta visualizzazione e successiva misurazione dell’aorta toracica ascendente si utilizza la finestra
parasternale sinistra nella sezione longitudinale eseguendo vari tagli ed eventualmente modificando gli
spazi intercostali utilizzati ed eseguendo l’esame a differenti distanze dal bordo sternale. Le sezioni da
utilizzare sono quelle che permettono la visualizzazione del vaso aortico con il maggior diametro. Viene
inoltre raccomandato di considerare il diametro massimo ottenibile nella sezione trasversale
perpendicolare alla longitudinale. In tutti i pazienti con sospetta patologia del vaso aortico, si raccomanda di
eseguire la sezione parasternale destra per la valutazione delle vere dimensioni dell’aorta ascendente.
Anche se visualizzabile dalla finestra apicale, l’aorta ascendente in questa sezione offre delle misure non
attendibili per il problema della ridotta risoluzione laterale.

La finestra soprasternale è di fondamentale importanza per la valutazione dell’arco e della regione istmica.
Da questa finestra, nella sezione longitudinale, si visualizza l’arco (con l’emergenza del tronco anonimo,
della corotide e della succlavia di sinistra) ed il primo tratto di aorta toracica discendente (con la regione
istmica). La lunghezza del tratto di aorta discendente visualizzabile dipende dal decorso assunto dall’aorta
toracica.
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In quale fase del ciclo cardiaco eseguire le misurazioni del calibro vasale aortico? Per l’anello aortico viene
raccomandata la misurazione in sistole. Per gli altri segmenti di aorta (radice, giunzione seno-tubulare ed
aorta ascendente) viene raccomandata la misurazione in telediastole.

Dove eseguire le misurazioni del calibro vasale aortico? Anche se molti esperti consigliano di eseguire
la misurazione eseguendo la metodica dell’inner edge to inner edge, per poterla confrontare con le
misurazioni ottenute con altre metodiche (RMN, TC) occorre ricordare che i valori considerati normali in
ecocardiografia furono ottenuti utilizzando il metodo leading edge to leading edge. Va comunque
sottolineato che le attuali apparecchiature che permettono, mediante l’utilizzo della seconda armonica,
una più accurata visualizzazione del vaso aortico, minimizzano le differenze tra le due metodiche.

Recentemente Mirea ha studiato 500 soggetti di varia età e superficie corporea, utilizzando la metodica
ecocardiografica inner edge-inner edge, fornendo i nomogrammi dei valori utilizzabili nella pratica clinica.
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Di seguito lo schema proposto da Evangelista, nelle raccomandazioni per la patologia del vaso aortico.
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Di seguito le tabelle di Mirea. I risultati dello studio documentano l’effetto dell’età sulle dimensioni dell’aorta
toracica prossimale ed enfatizzano l’importanza di considerare genere e superficie coroporea quando si
valutano le dimensioni vasali. I range di riferimento sono confrontabili con le altre metodiche di imaging in
quanto le misure sono state effettuate con metodo inner-inner.
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e tabelle tratte dal lavoro originale di Roman, alle quali a tuttoggi si fa riferimento per valutare le
dimensioni del vaso aortico

2. PATOLOGIA DELL’AORTA TORACICA

2.A. DILATAZIONE DEL VASO AORTICO

Le dimensioni della radice aortica si correlano, come abbiamo già detto, con la superficie corporea e
l’età. Il vaso aortico, a livello dei Seni di Valsalva, si considera dilatato per un diametro al di sopra
del limite superiore al 95% dell’intervallo di confidenza di distribuzione di una larga popolazione di
riferimento. Per la valutazione della dilatazione aortica facciamo riferimento alle tabelle di Roman e di Mirea.
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La dilatazione del VASO AORTICO riconosce cause congenite e degenerativa. Cause congenite: sindrome
di Marfan, sindrome di Ehlers-Danlos tipo IV, Sindrome di Loeys-Dietz (Sindrome simil Marfan), valvola
bicuspide, coartazione aortica, sindrome di Turner, sclerosi tuberosa, malattia di Fabry, rene policistico
dell’adulto, osteogenesi imperfetta, omocistinuria, sindrome di Noonan. Cause degenerative:
aterosclerosi, ipertensione arteriosa, ectasia annuloaortica, valvulopatia aortica.

La dilatazione aortica è presente nel 40-60% nei soggetti con aorta bicuspide più evidente e più precoce a
livello del tratto ascendente.

Nell’aorta bicuspide i distretti più interessati sono la giunzione seno-tubulare e l’aorta ascendente e
qualche volta l’arco aortico. Nella sindrome di Marfan la dilatazione interessa soprattutto i seni di
Valsalva e la giunzione seno-tubulare .

Più la struttura della parete è debole più si abbassa il cut-off dell’intervento. Nella malattia di Marfan l’aorta
ascendente > 43 mm aortic root ratio 1,3; nell’aorta bicuspide aorta ascendente >45 mm aortic root
ratio 1,4; nella malattia degenerativa senza insufficienza della valvola aorta tratto ascendente >48 mm
aortic root ratio 1,5.

Nella Sindrome di Loeys-Dietz, di recente inquadramento nosografico, la patologia del vaso aortico
sembrerebbe essere più aggressiva e viene consigliata la correzione chirurgica di sostituzione del
vaso per dimensioni ancora inferiori rispetto a quelli del Marfan ed un monitoraggio attento di tutto
l’albero arterioso per intervenire in maniera precoce.

ANEURISMA

Si definisce aneurisma una dilatazione dell’aorta ascendente ≥5,5 cm o con un rapporto >1,5 tra diametro
rilevato e diametro atteso in base a superficie corporea ed età del paziente; tale rapporto sarà minore
in presenza di altri fattori di rischio per precoce rottura, es.1,3 in presenza di S. di Marfan, 1,4 nel caso
diaorta bicuspide. Per l’arco aortico la definizione di aneurisma è corretta con un diametro ≥4,5 cm e per
l’aorta discendente ≥3,7 cm. L’identificazione di questa patologia è fondamentale in quanto è ad alto rischio
di dissezione. La maggiore complicanza dell’aneurisma del seno di Valsalva è la rottura spontanea
soprattutto in atrio destro. Nella tabella seguente si riportano le maggiori caratteristiche cliniche e fenotipiche
delle tre sindromi con interessamento vascolare.
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2.B. SINDROMI AORTICHE ACUTE


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Il termine sindromi aortiche acute (SAA) descrive un gruppo di patologie a carico del vaso aortico ed
includono la dissezione aortica, l’ematoma intramurale, l’ulcera aterosclerotica penetrante ed i traumi aortici.
Questa è la classificazione più recente proposta dalla Task Force sulla dissezione aort ica della Società
Europea di Cardiologia, che oltre alla dissezione aortica classica, consideral’ematoma intramurale e
l’ulcera penetrante, precursori della più classica dissezione, la rottura localizzata dell’intima e le
dissezioni iatrogene.

La caratteristica delle SAA è la lacerazione, con o senza breccia intimale, della tonaca media, all’interno
della quale il sangue s’infiltra e può contribuire alla progressione della dissezione o rimanere localizzato
portando alla formazione di un’ematoma. Nelle placche ateromasiche ulcerate il materiale trombotico si
deposita sulla placca e nell’ulcera penetrante si determina l’ematoma e la dissezione.

2.B.1. DISSEZIONE CLASSICA

Le classificazioni più utilizzate sono quella di De Bakey e quella della Stanford University.
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La diagnosi ecocardiografica di dissezione si basa sul rilievo dell’intima dissecata che, ampiamente
mobile, separa un falso da un vero lume. Con ETT, dalla sezione parasternale e dalla sezione
longitudinale apicale (2 camere con aorta) si può identificare il flap intimale dell’aorta ascendente che si
presenta come eco lineare mobile. Nelle forme classiche l’intimal flap origina dalla giunzione
sinotubulare ma talvolta, se l’intima è ispessita e sede di placche calcifichi, l’intimal flap può essere
poco mobile o addirittura immobile. Il vero lume è caratterizzato da espansione sistolica e collasso
diastolico; l’ecocontrasto è assente. Il falso lume presenta espansione diastolica, l’ecocontrasto è presente, il
flusso è basso o assente con possibili formazioni trombotiche.

Con ETT se presenti, sono evidenziabili l’insufficienza aortica, il versamento pericardio e pleurico e
l’eventuale ematoma periaortico. La combinazione delle metodiche ETT ed ETE consente di ottenere
sensibilità e specificità vicine al 100%.

Nelle dissezioni dell’aorta discendente è necessario ricorrere all’ETE che permette di evidenziare il
flap intimale e il riconoscimento del vero e del falso lume. Il flap è solitamente concavo dal lato del
vero lume con pulsatilità diretta verso il falso lume, la presenza di ecocontrasto spontaneo ci
orienterà verso un falso lume rifornito da una breccia non molto ampia; il color Doppler identifica
eventuali brecce.

Anche l’aorta addominale va indagata con eco trans toracico, nel sospetto di dissezione toracica: la
presenza di flap al suo interno in una dissezione ci indirizzerà verso un I tipo. Un flap intimale in aorta
addominale senza la sua evidenza in ascendente e arco ci orienterà verso una dissezione di tipo B.

2.B.2. EMATOMA INTRAMURALE.

E’ considerato un precursore della dissezione classica, si origina dalla rottura dei vasa vasorum e può
successivamente provocare la comparsa di una breccia intimale con conseguente comunicazione travero
e falso lume, ed estendersi a tutta l’aorta, progredire, regredire o riassorbirsi.
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Nella quasi totalità dei casi è impossibile una diagnosi di ematoma intramurale con esame eco trans
toracico. La diagnosi si pone se l’eco transesofageo evidenzia il sollevamento dell’intima dalla sottostante
parete di almeno 5 mm (o anche 7 mm secondo altri). Bisogna sottolineare che la diagnosi differenziale
con la stratificazione trombotica non è sempre agevole. In questi casi più difficili può essere di
aiuto l’osservazione di eventuali depositi calcifici, che nel caso dell’ematoma intramurale sono dislocati
verso il lume, al contrario di quanto avviene nelle stratificazioni trombotiche dove le eventuali
calcificazioni e quindi l’intima restano confinate al di sotto del trombo.

2.B.3. PLACCA ULCERATA, DISSEZIONE TRAUMATICA

Non sono diagnosticabili con ETT (eccezion fatta per quelle dell’arco) e sistematicamente richiedono
l’esecuzione dell’esame trans esofageo.

BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA

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EVANGELISTA A Echocardiography in aortic disease: EAE recommendations for clinical practice European
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LEZIONE 5
GLI APPARATI VALVOLARI

A cura di: Dr.ssa D. Aschieri – Dr. A. Malagoli

La conoscenza della morfologia normale e della disposizione spaziale degli apparati valvolari normali è di
fondamentale importanza per affrontare lo studio delle valvulopatie.
Il piano atrio-ventricolare può essere considerato la bussola del cardiologo ecocardiografista poiché
consente di orientarsi sia nella visualizzazione dei piani trasversali che di quelli longitudinali ed è
particolarmente utile per studiare la disposizione delle valvole ed i rapporti che contraggono tra di loro: aorta
in posizione centrale mitrale e tricuspide in posizione posteriore e valvola polmonare disposta anteriormente
alla valvola aortica.

APPARATO VALVOLARE MITRALICO


Questo apparato è costituito dai lembi, dalle commissure, dall’anulus, dalle corde tendinee, dai muscoli
papillari, dal miocardio ventricolare e dal miocardio atriale. La interdipendenza tra ognuna di queste
componenti è dimostrata dall’evidenza clinica che è sufficiente il mal funzionamento di un singolo
componente strutturale per causare, ad esempio, un’insufficienza valvolare.

Lembi valvolari
La normale valvola mitralica è costituita da due lembi (ognuno di circa 1 mm di spessore) collegati da un lato
all’anello fibro-muscolare (la base) e all’apparato sottovalvolare (il margine libero) dall’altro. Il lembo
posteriore è anatomicamente suddiviso in 3 parti o “scallops”, denominati P1, P2 e P3, tramite 2 incisure. Lo
scallop P1 corrisponde alla porzione antero-laterale del lembo e si trova vicino alla commissura antero-
laterale e all’auricola sinistra. Lo scallop P2 è centrale ed è quello maggiormente sviluppato. Lo scallop P3
corrisponde alla porzione postero-mediale e si trova vicino alla commissura postero-mediale e alla valvola
tricuspide. La sua base di impianto si inserisce per una estensione pari a 2/3 della circonferenza dell’anulus,
in una zona di tessuto muscolare. Il suo contributo al meccanismo di apertura-chiusura dell’orifizio mitralico è
più complesso perché, in conseguenza della contrazione del ventricolo sinistro e dell’accorciamento
circumferenziale dell’anulus, modifica le sue dimensioni in fase sistolica.
Il lembo anteriore ha una forma semi-circolare ed è in continuità con la cuspide non coronarica della valvola
aortica tramite la fibrosa intervalvolare. A differenza del lembo posteriore, il margine libero del lembo
anteriore è generalmente continuo, senza incisure. Pertanto viene idealmente suddiviso in tre scallops,
denominati A1, A2 e A3, in funzione dello scallop del lembo posteriore affrontante. Il lembo anteriore, che ha
a forma paragonabile ad una "D" rovesciata, ha una limitata estensione circumferenziale, pari a circa un
terzo della circonferenza dell’anulus, ma una notevole estensione supero-inferiore. E’ inserito in una zona
“strategica” e costituisce una sorta di sipario che divide il ventricolo sinistro, in fase diastolica, in una zona di
afflusso ed in una zona di efflusso.
La sua base di impianto si inserisce per una estensione pari ad 1/3 della circonferenza dell’anulus, in una
zona di tessuto fibroso. Il suo contributo al meccanismo di apertura-chiusura dell’orifizio mitralico è quindi
sostanzialmente limitato all’apposizione meccanica con il lembo posteriore con ampi movimenti di
"sollevamento e di abbassamento".
A valvola chiusa, la porzione di entrami i lembi che si affronta e prende contatto viene definita zona di
apposizione; questa risulta particolarmente importante per mantenere integro il meccanismo della cosiddetta
“chiave di volta”. La linea di contatto tra i due lembi viene invece definita linea di coaptazione.

Commissure valvolari
Le commissure definiscono una area sottile e distinta dove i due lembi si fondono prima della loro inserzione
nell’anulus. Vengono distinte in commissura postero-mediale, quella in corrispondenza degli scallops P3 e
A3, e la commissura antero-laterale, quella in corrispondenza degli scallops P1 e A1. La loro valutazione è di
estrema mportanza nello studio della stenosi mitralica: la commissura postero-mediale e la commissura
antero-laterale.

Anulus mitralico
Rappresenta più un concetto che una vera struttura anatomica. L’anulus ha un conformazione ellissoidale
con diametro maggiore intercommissurale e minore setto-laterale. Dal punto di vista didattico può essere
suddiviso in una porzione antero-mediale ed in una posterolaterale. La porzione antero-mediale appare
come una piega su cui si inserisce il lembo anteriore. E’ delimitata da due addensamenti fibrosi chiamati
trigoni (destro e sinistro) e la giunzione mitro-aortica. I trigoni fibrosi costituiscono un solido ancoraggio per
tutta la valvola; la giunzione mitro-aortica invece contribuisce a restringere il diametro setto-laterale
dell’anulus per effetto della espansione aortica in fase sistolica.
La porzione postero-laterale è caratterizzata da una stringa fibrosa, spesso interrotta da filamenti muscolari
provenienti dall’atrio e dal ventricolo che decorrono adiacenti e paralleli al tessuto fibroso. Su questa stringa
fibro-muscolare si inserisce il lembo posteriore che delimita il miocardio atriale da quello ventricolare. Non
stupisce quindi che, in fase sistolica si contragga. Questa contrazione ha almeno tre funzioni: contribuisce a
ridurre l’estensione circumferenziale del lembo posteriore avvicinando gli scallops e facilitando l’apposizione
con il lembo anteriore; riduce il diametro medio-laterale dell’orifizio mitralico e fa assumere alla valvola la
nota conformazione a sella. La contrazione sfinterica riduce l’area anulare di circa il 25%. L’assenza di un
anello fibroso ben definito e continuo rende questa parte di anulus più debole; infatti, essa è la prima ad
essere coinvolta nella dilatazione dell’anulus ed è quella che più frequentemente va incontro a calcificazione.
L’anulus non è adagiato su un piano ma presenta una conformazione tridimensionale a sella con le zone più
craniali, i picchi, in corrispondenza del diamtetro setto-laterale, e le zone più caudali, le valli, in
corrispondenza del diametro intercommissurale. Tale conformazione risulta fondamentale per garantire
l’integrità del meccanismo della “chiave di volta”, che consente alle forze che agiscono sul lato ventricolare
della valvola di scaricarsi lungo la curvatura dei lembi. Questo meccanismo, che consente di ridurre lo stress
sulle corde tendinee e sui muscoli papillari, si fonda sull’esuberanza del tessuto dei lembi rispetto all’area
dell’anulus che permette la corretta apposizione delle zone rugose che si incastrano perfettamente tra loro
con un meccanismo di cerniera.
Il normale funzionamento della valvola può essere compromesso da quelle condizioni che ne alterano la
forma dell’anulus. Ad esempio, il rimodellamento patologico del ventricolo sinistro che fa assumere al
ventricolo sinistro una configurazione sferica ed una forma circolare all’anulus; in questo modo si determina
una progressiva riduzione della zona di coaptazione dei lembi che, nei casi più eclatanti, è causa diretta di
insufficienza mitralica e, nei casi più lievi, limita fortemente il meccanismo della chiave di volta con un
aumento delle tensioni a carico delle strutture cordali e dei papillari. Vi sono poi altre condizioni che possono
ostacolare il normale movimento sfinterico della parte muscolare dell’anulus ed alterare il funzionamento
della valvola come,ad esempio, una grossolana calcificazione.

Corde tendinee
Le corde tendinee congiungono i lembi mitralici ai muscoli papillari ed hanno una notevole variabilità
anatomica, sicchè numerose classificazioni sono state proposte. Secondo quella maggiormente condivisa a
livello internazione si possono distinguere:
1) Corde di primo ordine (corde marginali): si inseriscono sul margine libero dei lembi, sottili, essenziali per la
coaptazione,
2) Corde di secondo ordine (rough cords): si inseriscono nella porzione rugosa dei lembi (zona di
coaptazione sul versante ventricolare dei lembi), importanti per il mantenimento della forma ed il
funzionamento del ventricolo sinistro,
3) Corde di terzo ordine (struct cords e basal cords): sono limitate al lembo posteriore e che si inseriscono
alla base dei lembi, essenziali per la geometria ventricolare e per il rinforzo dell’anulus.

In circa la metà dei cuori è possibile riscontrare false corde tendinee. Sono strutture fibrose tese tra due
porzioni muscolari all’interno della cavità ventricolare sinistra, il cui lunghezza e spessore variabile (3-9 mm),
contenenti tessuto fibroso e muscolare, piccole ramificazioni coronariche e fibre di Purkinje in continuità con
la branca sinistra del sistema di conduzione. In base al loro punto di inserzione vengono distinte come in
figura sottostante.
Gruppo di muscoli papillari
Il termine di gruppo di muscoli papillari ha soppiantato quello di singolo muscolo papillare perché i muscoli
papillari sono multipli. All’interno della cavità ventricolare sinistra, nel punto di congiunzione tra il terzo
apicale ed il terzo medio, si distinguono due “gruppi”: il primo ad inserzione antero-laterale, il secondo ad
inserzione postero-mediale.
Il gruppo antero-laterale è generalmente costituito da un fascicolo (talora due) e può essere irrorato da
entrambe le arterie coronarie con opportune anastomosi dei due circoli ma prevalentemente riceve flusso
dalle ramificazioni provenienti dalla coronaria sinistra (ramo inteventricolare anteriore e/o ramo circonflesso).
Il gruppo postero-mediale è rappresentato da due (talora tre) fascicoli che, a differenza del gruppo antero-
laterale, hanno una base di impianto comune. Ha una irrorazione che è quasi sempre dipendente dalla sola
coronaria destra. Non deve sorprendere, quindi, che le insufficienze valvolari mitraliche rilevate nell’ischemia
acuta o cronica siano quasi sempre secondarie all’interessamento del gruppo postero-mediale o dei
segmenti del ventricolo sinistro sui cui esso si inserisce, anche in assenza di alterazioni strutturali dei lembi
valvolari o delle corde tendinee.

Le corde tendinee afferenti ad uno o all’altro lembo mitralico, possono inserirsi su entrambi i gruppi di
muscoli papillari. L’insieme di queste strutture appare finalizzato, in fase diastolica, a formare l’imbuto
sottovalvolare che accompagna il flusso nella cavità ventricolare sinistra ed in fase sistolica a formare un
solido argine di protezione dei lembi.
E’ quindi intuitivo che tutte le alterazioni strutturali dei muscoli o della corde possono costituire un ostacolo al
corretto funzionamento del ventricolo sinistro. In fase proto sistolica, la funzione dei due gruppi di muscoli
papillari è di fare da frangiflutti dei lembi valvolari. In questa breve frazione temporale, gli scallops centrali, in
particolar modo P2, sono quelli maggiormente esposti all’onda d’urto pressoria intraventricolare ed alle forze
di trazione dei due gruppi di muscoli papillari. Questo può probabilmente spiegare la più elevata incidenza di
rotture di corde afferenti a questo scallop. In fase mesotelesistolica, quando l’eiezione aortica è già in atto, il
gruppo antero-laterale si incastra nella concavità del gruppo postero-mediale costituendo un tutt’uno a
protezione dei lembi mitralici.

APPARATO VALVOLARE TRICUSPIDALICO


Il complesso valvolare tricuspidalico è simile a quello mitralico ma ha maggiore variabilità. Si compone di
anulus, lembi, ventricolo destro, muscoli papillari e corde tendinee. La valvola tricuspide separa la camera
atriale destra dalla camera ventricolare destra ed è posta in posizione leggermente più apicale rispetto alla
valvola mitrale.

Lembi valvolari
Possiede tre lembi di dimensioni diverse: il lembo anteriore è solitamente il più grande e si estende dalla
regione infundibolare anteriormente alla parete infero-laterale posteriormente; il lembo settale, invece, si
estende dal setto interventricolare al contorno ventricolare posteriore; il lembo posteriore, infine, si inserisce
lungo il margine posteriore dell'anulus dal setto interventricolare alla parete infero-laterale.
Mediante ecocardiogramma transtoracico standard è possibile valutare la valvola tricuspide tramite quattro
principali sezioni: la finestra parasternale asse lungo (inclinando la sonda infero-mediale e ruotando
leggermente in senso orario) consente la visualizzazione del lembo anteriore (vicino alla valvola aortica) e di
quello posteriore; la finestra parasternale asse corto (sezione grandi vasi), quella 4 camere apicale e quella
sottocostale permettono di valutare il lembo settale e quello anteriore. E’ importante ricordare che
l'inserimento del lembo settale della valvola tricuspide è più apicale rispetto all'inserimento settale del lembo
anteriore della valvola mitrale. Raramente è possibile visualizzare contemporaneamente durante
ecocardiogramma bidimensionale i 3 lembi valvolari. Oggi l’ecocardiogramma tridimensionale può ovviare a
questa lacuna tecnologica consentendo la valutazione dell’intera valvola tricuspide in tempo reale.

Anulus tricuspidalico
L'anulus tricuspidale è leggermente più grande rispetto a quello mitralico. Possiede una struttura non planare
con forma ellittica a sella avendo due punti alti (orientati superiormente verso l’atrio destro) e due punti bassi
(orientati inferiormente verso il ventricolo destro). In condizioni di normalità il diametro dell’anulus è 28±5 mm
(misurato in proiezione quattro camere apicale) e la sua contrazione (diminuzione della superficie anulare in
sistole) è pari al 25%, fornendo un contributo essenziale alla competenza della valvola. Tuttavia, poiché la
forma della tricuspide non è circolare ma ovale, con un diametro minore ed uno maggiore, la misurazione
bidimensione dei diametri tricuspide ( in proiezione apicale quattro camere e parasternale asse corto)
sottostimano le dimensioni reali dell’anulus tricuspidalico. Questo spiega il riscontro di un’insufficienza di
grado lieve o moderato nel 65% di pazienti con normale diametro anulare all’ecocardiogramma bidimensione
rispetto al 30% di pazienti con normale diametro anulare all’ecocardiogramma tridimensione.

Gruppo di muscoli papillari


Tre gruppi di muscoli papillari (anteriore, posteriore e settale) solitamente supportano i lembi valvolari
tricuspidalici. Si trovano al di sotto di ciascuna delle tre commissure e presentano dimensioni variabili:
maggiori il gruppo anteriore e settale, minore (a volte assente) il posteriore. Il gruppo muscolare anteriore è
collegato alla bando moderatore, una trabecola carnea di secondo ordine detta anche trabecola arcuata di
Leonardo Da Vinci o trabecola setto-marginale. Per quanto concerne il funzionamento fisiologico di questi
gruppi muscolari vale quanto già scritto per l’apparato valvolare mitralico.

Corde tendinee
Le corde tendinee afferenti ai lembi tricuspidalici possono inserirsi sui tre gruppi di muscoli papillari. Per
quanto concerne la loro classificazione vale quanto già scritto per l’apparato valvolare mitralico.

APPARATO VALVOLARE AORTICO


Anche per la valvola aortica, così come la valvola mitralica, oltre alle cuspidi valvolari sarebbe più corretto
parlare di apparato valvolare aortico compreso all’interno della radice aortica cioè quella porzione del tratto
di efflusso ventricolare sinistro compreso tra la giunzione sinotubulare, in alto, ed il versante ventricolare
delle cuspidi valvolare, in basso. Al suo interno sono compresi: le cuspidi valvolari, l’anulus aortico, i seni di
Valsalva, le commissure, i triangoli intercommissurali e la giunzione sinotubulare. Analogamente a quanto
accade per l’apparato valvolare mitralico, la interdipendenza tra ognuno di questi componenti è dimostrata
dall’evidenza clinica che è sufficiente un mal funzionamento di uno di questi componenti strutturali per
causare il disfunzioni del sistema.

Cuspidi valvolari
Sono i costituenti principali della valvola e determinano la separazione emodinamica tra il ventricolo sinistro
e l’aorta ascendente. Le cuspidi presentano un profilo semilunare, sono fisiologicamente in numero di tre, si
ancorano alla parete aortica tramite un manicotto fibroso di tessuto connettivo, determinando in chiusura una
classica conformazione a nido di rondine. In una valvola aortica normale le cuspidi sono simmetriche, mobili
e libere fino alle commissure con uguale sovrapposizione di tessuto in chiusura. Possono però esistere delle
varianti congenite che ne alterano sia la forma che la funzionalità. La variante più comune è la valvola
biscupide che presenta appunto due sole cuspidi e che predispone alla sclerosi valvolare ed alla sua
incontinenza o stenosi. Esistono anche delle forme più rare come la valvola unicuspide, spesso
incompatibile con la vita, o la valvola quadricuspide. Al centro del margine libero di ciascuna cuspide
valvolare sono presenti dei noduli fibrosi detti Noduli di Aranzio che, a valvola chiusa, rendono più completa
la chiusura della stessa. I seni di Valsalva si trovano tra il manicotto fibroso e le cuspidi valvolari;
rappresentano il tratto di aorta compreso tra il piano valvolare e la giunzione sino-tubulare e hanno un ruolo
essenziale nel riempimento diastolico delle coronarie. Le cuspidi, infine, sono chiamate coronarica sinistra,
coronarica destra e non coronarica in base alla posizione degli osti coronarici.

Anulus aortico
Con il termine di anulus si indica solitamente l’area di tessuto collagene in cui si ancorano le cuspidi valvolari
presupponendo una sua forma circolare che nel caso della valvola aortica è però inaccurata. Infatti, la
porzione posteriore della radice aortica, in corrispondenza del seno non coronarico, è supportata da tessuto
fibroso per circa il 55% della sua circonferenza mentre la parte restante è supportata da muscolo
ventricolare sinistro. Il rapporto area delle cuspidi/area dell’anulus aortico è di 1,6:1 ed è necessario per la
competenza della valvola aortica.

Giunzione sinotubulare
Delinea il confine superiore della radice aortica, ha un aspetto circolare, è costituita principalmente da
tessuto elastico e fornisce sostegno alle porzioni di attacco periferiche delle cuspidi valvolari.

APPARATO VALVOLARE POLMONARE


La valvola polmonare si trova anteriormente ed a sinistra della valvola aortica. Ha la funzione di regolare il
flusso di sangue tra il ventricolo destro ed il polmone. Le tre cuspidi polmonari assumono la forma di una
semiluna come quelle aortiche ma sono più sottili e delicate. Queste sono morfologicamente simili ma di
dimensioni diverse fra loro. A differenza della valvola aortica, la valvola polmonare è posta su un anello
muscolare completo dell’infundibolo e non è in continuità diretta con la valvola tricuspide. La porzione più
spessa è quella lungo il margine di chiusura. Le cuspidi sono costituite principalmente di collagene e si
aprono e si chiudono passivamente con scarso ritorno elastico. Nel tratto medio del margine libero di ogni
cuspide si trova un nodulo fibroso, il cosiddetto nodulo di Aranzio. La coaptazione dei tre noduli assicura la
chiusura centrale completa dell’orifizio valvolare durante la diastole ventricolare.
Negli adulti, la valvola polmonare è meglio visibile dalla proiezione parasternale asse corto con angolazione
anteriore; può essere vista occasionalmente dalle proiezioni soprasternale e sottocostale. La velocità di
flusso è di oltre 75 cm/s in mesosistole. La più frequente patologia della valvola polmonare è la stenosi.
1

LEZIONE 6A
VALVULOPATIE MITRALICHE

a cura di: Dott. F. Mori, Dott.ssa A. Cordisco

ANATOMIA DELLA VALVOLA MITRALE

La normale funzione della valvola mitralica dipende dalla corretta interazione tra più
strutture, ovvero i lembi mitralici, l’apparato sottovalvolare (corde tendinee e muscoli
papillari), l’anello mitralico e il ventricolo sinistro.
Normalmente la valvola mitrale è costituita da due lembi di circa 1 mm di spessore,
ognuno attaccato ad un anello fibromuscolare; sul loro margine libero sono ancorate le
corde tendinee. Il lembo posteriore occupa circa 2/3 della circonferenza dell’anulus ed è
diviso in tre scallop P1, P2 e P3, dove P1 corrisponde alla porzione più esterna
anterolaterale, P2 a quella media e P3 corrisponde alla parte più interna del lembo. Il
lembo anteriore, che occupa circa 1/3 della circonferenza dell’anello, non presenta
incisure sul margine libero, tuttavia viene suddiviso in tre porzioni (A1, A2, A3) per
analogia con il lembo posteriore (figura 1).
L’anello mitralico rappresenta la giunzione anatomica tra l’atrio ed il ventricolo sinistro, ha
forma a sella; la porzione anteriore è attaccata al trigono fibroso ed è generalmente più
sviluppata di quella posteriore. Le dimensioni dell’anello vengono valutate in rapporto con
le dimensioni del lembo anteriore; l’anello è dilatato se tale rapporto è maggiore di 1.3;
oppure se il diametro antero-posteriore dell’anulus supera i 35 mm. La normale
contrazione dell’anulus mitralico contribuisce alla competenza della valvola.
Esistono tre coppie di corde tendinee che si sviluppano dai muscoli papillari e arrivano al
margine libero dei lembi mitralici; le corde vengono classificate sulla base della sede di
inserzione sul lembo in corde marginali (o di primo ordine), intermedie (di secondo ordine)
e basali (di terzo ordine).
Le corde tendinee sono connesse ai due muscoli papillari, antero-laterale e postero-
mediale, e, attraverso tali strutture, alla parete del ventricolo sinistro; la rottura,
l’allungamento o la dislocazione delle corde può determinare insufficienza mitralica.

Figura 1: rappresentazione
anatomica della valvola mitrale:
in evidenza la suddivisione in
scallop dei lembi anteriore e
posteriore.

ECOCARDIOGRAFIA DELLA STENOSI MITRALICA


2

Note di emodinamica
La stenosi mitralica è causata da anomalie strutturali dell’apparato valvolare mitralico che
impediscono un’adeguata apertura della valvola stessa durante la diastole e che causano
quindi una ostruzione all’ afflusso di sangue dall’ atrio al ventricolo sinistro.
Tale restringimento provoca un incremento di velocità nel flusso che attraversa la valvola
ed un aumento del gradiente pressorio tra le camere a monte ed a valle della valvola
stessa e cioè tra atrio e ventricolo sinistro. Le modificazioni secondarie che si vengono a
generare riguardano gli effetti che il sovraccarico di pressione genera nella cavità atriale
sinistra con ripercussioni sul circolo polmonare e sulle sezioni cardiache destre.
La causa predominante della stenosi mitralica è la cardite reumatica; più rare le forme
congenite od altre forme secondarie (es. s. da carcinoide, amiloidosi, LES, artrite
ruematoide ecc). Non infrequenti tuttavia stanno divenendo anche le forme degenerative
tipiche dell’ anziano.
Lo studio ecocardiografico della stenosi mitralica deve definire:
1) morfologia dei lembi valvolari e dell’apparato sottovalvolare;
2) severità della stenosi;
3) dimensioni dell’atrio sinistro
4) ricerca di eventuali trombi in atrio e/o auricola sinistra;
5) pressioni in arteria polmonare;
6) vizi valvolari associati;
7) funzione ventricolare sinistra e destra;
8) indicazione terapeutica medica e chirurgica ;
9) valutazione nel follow-up

Aspetti morfologici valvolari


Le deformazioni morfologiche dei lembi valvolari, secondarie alla retrazione cicatriziale
conseguente al processo reumatico, sono valutabili all’ecocardiografia nelle sezioni
parasternali ed apicali. Gli elementi ecocardiografici che caratterizzano la stenosi mitralica
sono l’ispessimento dei lembi, la loro ridotta mobilità, il grado di calcificazione; lo stato
delle commissure, il grado di alterazione dell’ apparato sottovalvolare.
Con l’ esame bidimensionale in parasternale asse lungo, si visualizza il “doming”
(deformazione a cupola) del lembo anteriore e la ridotta motilità o la fissità del lembo
posteriore; in asse corto, si osserva la ridotta apertura della valvola con conseguente
riduzione della relativa area valvolare e lo stato delle commissure. In M-mode (figura 2) la
ridotta apertura della valvola viene messa in evidenza dalla ridotta pendenza EF del
segnale ecocardiografico relativo al lembo anteriore della valvola e dal movimento del
lembo posteriore consensuale al lembo anteriore.
La valutazione delle alterazioni dell’apparato valvolare nella stenosi mitralica è stata
codificata da Wilkins in un sistema a punteggio: per ognuno dei 4 parametri utilizzati per
descrivere la compromissione valvolare (mobilità dei lembi, loro ispessimento,
calcificazioni della valvola e coinvolgimento dell’apparato sottovalvolare) viene assegnato
un punteggio crescente da 1 a 4. I singoli valori sono sommati a formare un punteggio
finale (score) che riflette la severità della compromissione della valvola. Uno score < 8 è
predittivo di un buon risultato immediato di una eventuale valvuloplastica percutanea,
mentre un valore > 8 predice un risultato subottimale ed una maggiore probabilità di
restenosi nel follow-up.
3

Figura 2: Ecocardiogramma
monodimensionale in stenosi
mitralica moderata. Si osserva
ispessimento dei lembi, ridotta
pendenza EF del lembo anteriore,
ridotta mobilità e movimento
consensuale del lembo posteriore

La sensibilità e la specificità dell’eco bidimensionale nella valutazione dello stato


anatomico dell’apparato valvolare sono rispettivamente del 70 e del 100% se paragonate
ai reperti anatomo-patologici. La sensibilità aumenta al 90% se l’esame viene integrato
con l’ecografia transesofagea.
L’ esame qualitativo della valvola viene poi completato con l’ indagine Doppler, color, PW
e CW; in particolare l’ esame color Doppler evidenzia un flusso ad elevata velocità con
fenomeni di turbolenza evidenziati dal cosiddetto “effetto mosaico” (figura 3). Il color
Doppler inoltre consente di osservare una regione di convergenza del flusso sul versante
atriale della valvola e di valutare, attraverso la morfologia del jet, il grado di
compromissione dell’apparato sottovalvolare.

Figura 3: Sezione apicale 4 camere.


Color Doppler: jet da stenosi
mitralica con evidente “effetto
mosaico”.

E’ frequente infatti il coinvolgimento nel processo reumatico delle strutture sottovalvolari


con fenomeni di fibrosi, fusione, accorciamento e calcificazione a livello delle strutture
cordali. La valutazione qualitativa e quantitativa di tale coinvolgimento contribuisce a
definire la severità della lesione valvolare.
La stenosi mitralica riconosce come eziologia prevalente la malattia reumatica, la cui
incidenza ha mostrato negli ultimi anni una ripresa, dopo una precedente netta riduzione,
legata principalmente a fenomeni di immigrazione da paesi in via di sviluppo. Tuttavia
bisogna tenere presente altre possibili cause di stenosi mitralica emergenti, che devono
essere riconosciute perché possono prevedere un approccio terapeutico diverso rispetto
alla valvulopatia mitralica di origine reumatica (Tabella I).
La stenosi mitralica di natura degenerativa è tipica dei pazienti di età più avanzata e la
lesione principale è costituita da calcificazione dell’anulus, che se isolata non determina
conseguenze emodinamiche; tuttavia la calcificazione può estendersi ai lembi valvolari
che possono apparire quindi ispessiti e calcifici in particolare a livello basale. Non si rileva
in questi pazienti fusione delle commissure.
4

La valvulopatia mitralica associata a esposizione a radioterapia determina più tipicamente


un quadro di insufficienza, tuttavia esistono casi di stenosi mitralica indotta da terapia
radiante in sede mediastinica, che può rendersi clinicamente manifesta anche dopo molti
anni dall’esposizione. Le alterazioni ecocardiografiche tipiche sono ispessimento e
calcificazioni dei lembi valvolari sia aortici che mitralici e in particolare la lesione più tipica
è rappresentata dalla calcificazione della giunzione mitro-aortica. Anche in questo caso,
non si rilevano ne’ fusione delle commissure ne’ ridotta mobilità del lembo posteriore.
Infine la stenosi mitralica congenita è un’affezione assai rara e normalmente si associa ad
altri difetti cardiaci. Le possibili caratteristiche di tale condizione sono la presenza di anello
sopravalvolare, ipoplasia dell’anulus mitralico, alterazioni dei lembi valvolari (retrazione),
assenza di commissure, alterazioni cordali (accorciamento, assenza completa) o dei
muscoli papillari.
Altre cause decisamente più rare di stenosi mitralica sono malattie infiammatorie,
infiltrative, da carcinoide e da farmaci.

Tabella I: caratteristiche ecocardiografiche della SM sulla base dell’eziologia.

EZIOLOGIA COMMISSURE MOBILITA’ CALCIFICAZIONI


SM reumatica Fuse Movimento ristretto Possibili
del LPM
SM degenerativa Entrambe aperte Ridotta mobilità dei Importante (anello +
lembi base dei lembi)
SM post-radiazioni Entrambe aperte Normale mobilità del Possibili a livello della
LPM giunzione mitro-
aortica
SM congenita Non applicabile Normale Normalmente assente

Aspetti quantitativi
La gravità della stenosi mitralica viene definita in base al valore dell’area valvolare e del
gradiente medio transvalvolare.
Misura dell’area valvolare. Può essere calcolata con diversi metodi, ognuno dei quali
presenta vantaggi e svantaggi.
Metodo bidimensionale planimetrico. La stima dell’area valvolare in sezione parasternale
asse corto è un metodo semplice. La sezione bidimensionale, ove viene misurata l’area,
deve essere perpendicolare all’“imbuto” formato dalla valvola stenotica e l’area misurata
deve essere la più piccola nello spazio (nel punto più stretto dell’imbuto valvolare), ma la
più grande nel tempo (in protodiastole in pazienti con fibrillazione atriale o in telediastole in
pazienti in ritmo sinusale). Numerosi i limiti di questo metodo derivanti in primo luogo dalla
impossibilità di ottenere spesso immagini ottimali, ma anche da problemi geometrici, di
settaggio dell’ apparecchio e dalla presenza di calcificazioni (figura 4 e 5).
5

Figura 4: Sezione parasternale asse


corto, stenosi mitralica severa con
calcificazione e fusione della
commissura laterale ed orefizio
valvolare asimmetrico.

Figura 5:Stenosi mitralica severa. A


sinistra: sezione parasternale asse
lungo con evidente doming del
lembo anteriore. A destra: sezione
parasternale asse corto in cui si
osserva calcificazione e fusione
bicommissurale, orifizio valvolare
simmetrico.

Pressure half-time. Si basa sul concetto emodinamico che la velocità di riduzione del
gradiente atrioventricolare è inversamente proporzionale all’entità della stenosi valvolare.
Il “pressure half-time” (PHT) in soggetti normali ha valori compresi tra 20 e 60 ms. Nella
stenosi mitralica, il valore può variare tra 100 e 300 ms, in rapporto alla sua gravità.
L’area valvolare mitralica (AVM) si calcola dividendo 220 (costante derivata
empiricamente) per il PHT: AVM (cm²) = 220/PHT (figura 6). Anche in questo caso i limiti
sono numerosi; in particolare il PHT risulta influenzato dalla compliance atrio-ventricolare
e dal gradiente pressorio iniziale.

Figura 6: Sezione apicale 4 camere:


Stenosi mitralica moderata.
Velocitometria Doppler ottenuta con
CW, calcolo dell’ area valvolare
mediante PHT

Proximal isovelocity surface area (PISA). Le velocità di un flusso che si avvicina ad un


orifizio stenotico o rigurgitante aumentano gradualmente e si distribuiscono
concentricamente con una superficie grossolanamente emisferica.
6

Conosciuta la velocità sulla superficie di un’emisfera (velocità che equivale ad un valore di


“aliasing” prestabilito) e calcolata la superficie dell’emisfera stessa (in base alla distanza
fra il centro dell’ orifizio e la superficie in oggetto), è possibile il calcolo del flusso
transmitralico istantaneo che, messo in relazione al picco di velocità transmitralica, può
fornirci il valore dell’area valvolare (A = Qmax/Vmax). Si tratta di un metodo che può
essere condizionato da problemi di distorsione geometrica della regione di convergenza.
Equazione di continuità. Questo metodo si basa sull’assunto che un flusso attraverso un
condotto è costante in ogni punto del condotto stesso. Per tale motivo, il volume di flusso
transmitralico dovrebbe essere identico alla gittata sistolica, cioè al flusso attraverso la
valvola aortica o polmonare. Misurando l’area del tratto di efflusso del ventricolo sinistro,
l’integrale di velocità del flusso a tale livello e l’integrale di velocità attraverso la valvola
mitrale, è possibile risalire all’area mitralica. Questo tipo di calcolo è condizionato da
numerose possibilità di errore e dalla presenza di insufficienza valvolare sia a livello
mitralico che aortico.
In base ai valori di area valvolare, una valvola mitrale si definisce normale quando l’area è
compresa tra 4 e 6 cm²; una stenosi mitralica si definisce lieve quando l’area
valvolare è > 1.5 cm², moderata quando l’area è compresa tra 1.5 e 1.0 cm², severa
quando l’area è < 1 cm².
Ecocardiografia tridimensionale. L’apporto dell’ecocardiografia tridimensionale negli ultimi
anni ha consentito una migliore definizione dell’apparato mitralico in toto ed è stata
utilizzata anche nell’ambito della valutazione della stenosi mitralica. La modalità di
acquisizione con zoom 3D fornisce una migliore definizione delle caratteristiche
anatomiche e della mobilità dei lembi valvolari.
La metodica tridimensionale permette inoltre un punto di osservazione totalmente nuovo
della valvola, poiché può essere visualizzata sia dal ventricolo sinistro sia dall’atrio sinistro.
Tale approccio è definito “chirurgico” perché riproduce l’immagine intraoperatoria della
valvola e può dare informazioni aggiuntive, non solo sull’anatomia e la mobilità dei lembi,
ma anche sul rapporto anatomico della mitrale con la giunzione mitro-aortica e con la
valvola aortica; utilizzata molto nell’ambito della tecnica transesofagea permette inoltre di
esplorare l’auricola sinistra (Figura 7).
Con la metodica tridimensionale è possibile un migliore allineamento con il piano valvolare
mitralico, di conseguenza è ormai noto che rispetto alla metodica bidimensionale il 3D
fornisce una stima più accurata della misura dell’area valvolare (figura 8), tale misura
risulta la più riproducibile sia dallo stesso operatore che da operatori differenti, e risulta
inoltre la migliore stima anche rispetto alle misure ottenute con il metodo del Doppler
Pressure Half Time (PHT). L’ecocardiografia bidimensionale tende, rispetto al metodo 3D,
a sovrastimare la misura dell’area valvolare, in particolare in valvulopatie di grado
moderato-severo e in pazienti con dilatazione atriale sinistra.
E’ stato introdotto (Anwar et al.) per la valutazione anatomica della valvola uno score di
punteggio ottenuto con metodica ecocardiografica transtoracica 3D Real Time. In virtù
della migliore definizione della metodica, tale sistema fornisce una valutazione dei lembi
mitralici porzione per porzione e per ogni scallop del lembo viene assegnato un punteggio
(0-1) in base a tre caratteristiche: spessore, mobilità e presenza di calcificazioni;
analogamente viene scomposto l’apparato sottovalvolare in porzione prossimale, media e
distale e per ogni segmento vengono valutati lo spessore e la separazione tra le corde.
Tale sistema fornisce un punteggio per la valutazione di pazienti portatori di SM candidati
alla procedura percutanea di valvuloplastica che dà, al pari dello score di Wilkins, una
stima della severità della compromissione valvolare. Non esiste al momento dimostrazione
di superiorità di uno score rispetto all’altro ed è quindi consigliabile integrare i due
approcci.
7

Figura 7: Ecocardiografia
tridimensionale transesofagea.
Visualizzazione “chirurgica” della
valvola mitrale stenotica dall’ atrio
sinistro. Si osserva grossolana
calcificazione della commissura
laterale

Figura 8: Ecocardiografia
tridimensionale transtoracica: la
contemporanea visualizzazione di 3
piani di sezione permette la
valutazione ottimale dell’ area
valvolare mitralica (in basso a
sinistra)

Valutazione del gradiente transmitralico. Il Doppler continuo effettuato sulla immagine


2D con la guida del color Doppler, è il metodo non invasivo ideale per la stima del
gradiente di pressione transmitralico, sia di picco che medio, calcolabile utilizzando
l’equazione di Bernoulli modificata. Un gradiente medio > 15 mmHg indica severa
ostruzione.

Tabella II: Parametri ecocardiografici per la valutazione di severità della stenosi mitralica.

SM lieve SM moderata SM severa


GRADIENTE < 5 mmHg 5 – 10 mmHg > 10 mmHg
MEDIO
PRESSIONE < 30 mmHg 30 – 50 mmHg > 50 mmHg
ARTERIOSA
SISTOLICA
POLMONARE
AREA VALVOLARE > 1.5 cm² 1.0 – 1.5 cm² < 1.0 cm²

Atrio sinistro e trombi. Il sovraccarico cronico di pressione a cui è sottoposta la cavità


atriale sinistra ne determina la graduale dilatazione. Le dimensioni dell’atrio sinistro si
calcolano in M-mode e con sezioni multiple bidimensionali (sezione asse lungo ed asse
8

corto parasternale, sezione 4 e 2 camere apicali) che consentono di definirne il volume.


Nella stenosi mitralica i trombi possono localizzarsi sia in auricola sia nella cavità atriale.
Per l’identificazione di trombi in auricola sinistra è necessario l’uso della metodica
transesofagea che consente la completa esplorazione di questa complessa struttura.
Vizi valvolari associati. La valvulopatia reumatica determina spesso l’interessamento
contemporaneo di più strutture valvolari, in particolare è frequente la coesistenza di
insufficienza valvolare aortica e di insufficienza della stessa mitrale.
Insufficienza tricuspidalica ed ipertensione polmonare.
L’insufficienza tricuspidalica è quasi sempre associata al vizio mitralico. La valutazione del
gradiente pressorio tra ventricolo ed atrio destro costituisce una stima affidabile della
pressione sistolica in ventricolo destro ed in arteria polmonare.
Funzione ventricolare sinistra e destra
La valutazione della funzione ventricolare sinistra è indispensabile in quanto i parametri di
tipo funzionale (per esempio gradienti) sono ad essa correlati. La funzione ventricolare
destra può essere compromessa e l’associazione tra riduzione della funzione ventricolare
destra ed insufficienza tricuspidalica severa è un indice prognostico sfavorevole in vista di
un recupero funzionale post-chirurgico.

Parametri di valutazione e parametri di indicazione chirurgica


Un’attenta valutazione ecocardiografica morfo-funzionale della valvola mitrale stenotica,
con le metodologie sopracitate, può farci definire con grande accuratezza la gravità della
stenosi mitralica in esame. La definizione di severità della stenosi deve essere il risultato
di una valutazione poliparametrica che deve tener conto dell’ area valvolare (calcolata con
più metodi), dei gradienti transvalvolari, della pressione polmonare, delle dimensioni dell’
atrio sinistro e della funzione ventricolare sinistra e destra.
Nella stenosi mitralica l’indicazione all’intervento chirurgico è preminentemente clinica:
l’intervento è indicato in presenza di sintomatologia dispnoica invalidante. Nei casi dubbi
con discordanza fra i dati clinici e la gravità della stenosi può essere molto utile una
valutazione funzionale con ecocardiografia da sforzo; nel corso di un esercizio fisico è
possibile determinare il grado di incremento dei gradienti transvalvolari e della pressione
polmonare, il test consente inoltre di oggettivare meglio la reale capacità funzionale del
paziente.
Le informazioni che si ottengono nel corso di un esame ecocardiografico , inserite nel
contesto clinico del paziente, sono essenziali per decidere l’approccio terapeutico più
opportuno che comprende tre possibilità: la terapia medica, la correzione valvolare
(valvuloplastica percutanea o chirurgica) e la sostituzione valvolare chirurgica.

Controindicazioni alla commissurotomia mitralica percutanea:

 Area valvolare > 1.5 cm²


 Trombosi atriale sinistra
 Insufficienza mitralica più che lieve
 Calcificazioni importanti o di entrambe le commissure
 Assenza di fusione delle commissure
 Concomitante valvulopatia aortica di grado severo o presenza di steno-
insufficienza tricuspidalica di grado severo
 Coronaropatia con indicazione a bypass aorto-coronarico
9

Valvola ideale per la valvuloplastica percutanea:

 Lembi sottili con buona mobilità


 Fusione delle commissure
 Modica compromissione dell’apparato sottovalvolare
 Assenza di calcificazioni
 Assenza di trombosi atriale
 Assenza di rigurgito mitralico moderato o severo
In accordo con le più recenti linee guida la valvuloplastica percutanea è indicata in
pazienti:
• Sintomatici (classe NYHA > II) con anatomia favorevole (classe IB);
• Sintomatici con controindicazioni o alto rischio per la chirurgia (classe IC);
• Sintomatici con anatomia sfavorevole ma senza caratteristiche cliniche sfavorevoli
(età avanzata, pregressa commissurotomia, ipertensione polmonare severa, classe
NYHA avanzata);
• Asintomatici, con anatomia favorevole, ad alto rischio trombo embolico,
ipertensione polmonare (basale o da sforzo), possibile gravidanza (classe IIa).

Follow-up
I parametri da controllare, sia in pazienti in terapia medica che in pazienti sottoposti ad
una delle procedure di correzione della stenosi (valvuloplastica percutanea,
commissurotomia chirurgica) sono: 1) area mitralica; 2) gradiente medio; 3) stima
dell’insufficienza mitralica residua; 4)pressione polmonare; 5) difetto interatriale residuo
(nel follow-up dei pazienti sottoposti a valvuloplastica percutanea).
Il follow-up ecocardiografico deve essere eseguito in tutti i pazienti almeno una volta
all’anno, indipendentemente dal grado di severità iniziale. Il follow-up ecocardiografico
appare, inoltre, particolarmente importante in pazienti con associata insufficienza aortica,
in cui la stenosi mitralica progredisce più rapidamente, e deve essere orientato a valutare
tutte le modifiche della funzione del ventricolo destro (dimensioni, pressione sistolica in
arteria polmonare, funzione sistolica), che possono verificarsi indipendentemente da
variazioni dell’area valvolare mitralica, e che possono essere di aiuto per il “decision-
making” del paziente.
10

L’ECOCARDIOGRAFIA NELL’INSUFFICIENZA MITRALICA

L’insufficienza mitralica è la seconda valvulopatia per incidenza nella popolazione


mondiale; può essere causata da varie alterazioni a livello di ciascun componente
dell’apparato mitralico, ovvero i lembi, l’apparato sottovalvolare (corde tendinee e muscoli
papillari), l’anello mitralico; va inoltre sempre valutata la morfologia del ventricolo sinistro.
Con la valvola mitrale chiusa, la linea di congiunzione dei lembi valvolari viene definita
linea di coaptazione e l’area di sovrapposizione dei lembi stessi si definisce appunto zona
di apposizione.
L’insufficienza mitralica si distingue in ORGANICA e FUNZIONALE; la prima è causata da
alterazioni intrinseche della valvola stessa, mentre l’altra è secondaria a fenomeni di
rimodellamento localizzato e/o globale del ventricolo sinistro, in assenza di alterazioni
morfologiche della valvola mitralica.
Cause di insufficienza mitralica organica possono essere patologie degenerative
(sindrome di Barlow, degenerazione fibroelastica, sindrome di Marfan, sindrome di Ehler’s-
Danlos, calcificazioni dell’anello); malattia reumatica, endocardite, cardiopatia ischemica
se causa di rottura di muscolo papillare, alterazioni congenite, lesioni da farmaci.
Le cause di insufficienza mitralica funzionale sono invece la cardiopatia ischemica e la
cardiomiopatia dilatativa.
In alcuni casi, come nella rottura di una corda tendinea, nella rottura di un muscolo
papillare, o nell'endocardite infettiva, l’insufficienza può essere acuta e grave. In
alternativa, l’insufficienza può essere cronica con progressivo peggioramento nel tempo.
Queste due possibilità si associano ad altrettante diverse presentazioni cliniche.
La compliance atriale sinistra è un importante determinante del quadro emodinamico e
clinico del paziente con insufficienza mitralica. Un rigurgito moderato, che si è sviluppato
improvvisamente in un atrio piccolo e poco compliante, può causare una grave
congestione polmonare e uno stato ipotensivo. Al contrario, pazienti con un grave rigurgito
cronico rimangono a lungo asintomatici grazie ai meccanismi di compenso che
coinvolgono il ventricolo sinistro e alla dilatazione atriale sinistra.

Ecocardiografia mono-bidimensionale
La valutazione anatomica della valvola mitralica è di fondamentale importanza nella
valutazione della gravità del rigurgito e nelle conseguenti scelte terapeutiche. Un'attenta
valutazione dell' apparato mitralico (che include i lembi mitralici, le corde tendinee,
l’anulus, i muscoli papillari e la parete del ventricolo sinistro) dovrebbe essere in grado di
definire il meccanismo e le cause del rigurgito, e di fornirci segni indiretti della sua gravità.
Carpentier, sulla base della sua esperienza di chirurgia riparativa della valvola mitrale, ha
elaborato una semplice classificazione funzionale dell' insufficienza mitralica in tre tipi
fondamentali. Il tipo I include valvole insufficienti con normale movimento valvolare, in cui
la causa dell’insufficienza è da ricercare in perforazioni dei lembi o dilatazioni dell’anello
mitralico o del ventricolo sinistro; il tipo II comprende valvole con aumentato movimento
dei lembi che porta a un’alterata coaptazione del margine libero di uno o più di essi (es.
prolasso), il tipo III può essere distinto in IIIa: valvole con ridotto movimento sisto-diastolico
dei lembi (malattia reumatica); tipo IIIb: valvole con ridotto movimento sistolico dei lembi
(IM funzionale con tethering dei lembi). Nei primi due tipi il meccanismo è riconducibile ad
alterata coaptazione, mentre nel tipo III è presente una alterata apposizione. Non è
peraltro sempre possibile incasellare tutte le mitrali insufficienti in questi tre tipi, perché più
di un singolo meccanismo può essere alla base del rigurgito nello stesso caso.
La valutazione ecocardiografica della mitrale rigurgitante segue questa impostazione
funzionale, con lo scopo di identificare quali alterazioni delle componenti valvolari
11

determinino l'insufficienza. Il punto principale di tale analisi é lo studio delle modalità di


coaptazione e diapposizione dei lembi in sistole lungo tutta l'estensione della rima di
chiusura. I due lembi collabiscono normalmente fino a livello della cosiddetta zona rugosa,
distante 2-3 mm dal margine libero, aderendo l'uno all'altro lungo questo spessore. Se
l'apposizione dei lembi avviene solamente a livello del margine libero o tra il margine libero
di uno e la faccia atriale dell'altro non vi é continenza della valvola. Il secondo passo dell'
analisi é quello di ricercare le cause delle anomalie di coaptazione e/o di apposizione.
Se i lembi sono normalmente mobili (tipo I di Carpentier) occorre valutare l’anello
valvolare, la cui dilatazione o calcificazione può spostare il punto di collabimento dei lembi
verso il margine libero fino alla perdita del collabimento stesso; in assenza di dilatazione
dell’ anello o altre anomali di apposizione, dovrà essere presa in considerazione la
possibilità di una perforazione o fissurazione dei lembi. Quando i lembi valvolari sono
esageratamente mobili, la causa del mancato collabimento é da ricercare in un
allungamento o rottura delle corde tendinee, o raramente, nel contesto della cardiopatia
ischemica, in unarottura di un muscolo papillare.

Nel contesto dell’insufficienza mitralica degenerativa (prolasso), occorre fare chiarezza


innanzitutto sulla terminologia utilizzata. Si parla di 1) valvola billowing: una parte di uno o
entrambi i lembi valvolari protrude in atrio sinistro, in tal caso la coaptazione è mantenuta
al di sopra del piano valvolare e normalmente l’insufficienza è di grado lieve; 2) valvola
floppy: caratterizzata da marcato ispessimento dei lembi (spessore in diastole maggiore di
5 mm);3) prolasso vero in cui il punto di coaptazione dei lembi è al di sotto del piano
valvolare (figura 9 e 10); 4) flail di un lembo, in cui il margine libero del lembo è
completamente rovesciato in atrio sinistro; tale fenomeno è dovuto a rottura cordale da
degenerazione o endocardite infettiva, coinvolge più frequentemente il lembo posteriore e
si associa normalmente ad insufficienza di grado severo (figura 11).

Figura 9: Sezione parasternale


asse lungo: prolasso mitralico di
entrambi i lembi mitralici
12

Figura 10: ecocardiogramma


monodimensionale: prolasso
mitralico

Figura 11: Sezione apicale 5


camere: flail del lembo
posteriore secondario a rottura
cordale.

L’insufficienza mitralica secondaria a malattia reumatica è caratterizzata da un grado


variabile di ispessimento dei lembi valvolari soprattutto a livello del margine libero e da
fibrosi cordale; i lembi hanno quindi un movimento ristretto in sistole e in diastole (tipo IIIa
di Carpentier).
L’insufficienza mitralica funzionale è dovuta a rimodellamento segmentario e/o globale del
ventricolo sinistro, in assenza di alterazioni morfologiche della valvola ed è legato a
cardiopatia ischemica o cardiomiopatia dilatativa. L’insufficienza si instaura a causa di
uno sbilanciamento tra forze di tethering (dilatazione dell’anulus, del ventricolo sinistro,
dislocazione dei muscoli papillari) e forze di chiusura (ridotta contrattilità, dissincronia dei
muscoli papillari e del ventricolo sinistro, alterazione della contrattilità dell’anulus) (figura
12). Il meccanismo dell’insufficienza è quindi solo sistolico (tipo IIIb di Carpentier): tale
alterazione può interessare un solo lembo, di solito il posteriore (cardiopatia ischemica con
infarto inferiore) o entrambi i lembi (cardiomiopatia ischemica secondaria a lesione estesa,
cardiomiopatia dilatativa). Con la metodica ecocardiografica è possibile determinare il
meccanismo dell’insufficienza mitralica funzionale, attraverso la valutazione di aree
asinergiche del ventricolo sinistro, della sua sfericità, della dislocazione dei muscoli
papillari, delle dimensioni dell’anulus, della coaptation depth (distanza tra il punto di
coaptazione ed il piano dell’anello), dell’area di tenting (area compresa tra i lembi ed il
piano valvolare in mesosistole, in sezione parasternale asse lungo).

Definire il meccanismo dell’insufficienza mitralica è fondamentale per capire, qualora sia


necessaria la correzione chirurgica della valvulopatia, se la valvola può essere riparata o
deve essere sostituita.
13

Infine, la valutazione delle dimensioni del ventricolo e dell’atrio sinistro (indicizzate per la
superficie corporea) fornisce parametri fondamentali per definire la gravità della
insufficienza, la sua durata e quindi la necessità e la tempistica di un’ eventuale chirurgia
(dimensioni normali del ventricolo sinistro: diametro telediastolico misurato con metodica
M-mode in sezione asse lungo parasternale inferiore a 3,2 cm/m²; volume telediastolico
misurato con metodo di Simpson in sezione apicale inferiore a 75 ml/m²; dimensioni
normali dell’ atrio sinistro: diametro antero-posteriore in M-mode inferiore a 2.4 cm/m²,
volume misurato con metodo di Simpson biplano utilizzando le sezioni apicali 4 e 2
camere inferiore a ml/m2).

Figura 12: meccanismo


fisiopatologico della
insufficienza mitralica funzionale
(alterato equilibrio fra forze di
tethering e forze di chiusura della
valvola)

Ecocardiografia Doppler

Color Doppler: la visualizzazione del jet di rigurgito è ampiamente utilizzata per una prima
valutazione della presenza e dell’entità del rigurgito. Un piccolo jet è osservato in circa il
40% delle persone sane e pertanto è da considerarsi fisiologico. L'incidenza di un lieve
rigurgito tende ad aumentare con l'età. Sono disponibili tre metodi per quantificare la
gravità dell’insufficienza mitralica al color Doppler: a) area del jet di rigurgito, b) Vena
Contracta, c) area della regione di convergenza del flusso (PISA). Sebbene la valutazione
dell’area del jet di rigurgito sia stato il primo metodo utilizzato per valutare la gravità, tale
metodo risulta meno accurato rispetto agli altri due.
a) Area del jet di rigurgito: jet di dimensioni maggiori, che riempiono buona parte
dell’atrio sono indicativi di rigurgiti di severità maggiore rispetto a piccoli jet, tuttavia, la
correlazione tra l’ area del jet e la gravità del rigurgito è scarsa a causa di una serie di
limitazioni tecniche ed emodinamiche: pazienti con insufficienza mitralica acuta grave, nei
quali la pressione arteriosa sistemica è bassa e la pressione atriale sinistra elevata,
possono presentare un piccolo jet rigurgitante eccentrico; al contrario pazienti con valori
pressori sistemici elevati ed una lieve insufficienza mitralica possono presentare un jet
ampio. Inoltre, lo stesso flusso rigurgitante può produrre jet con dimensioni diverse in
dipendenza delle dimensioni dell’ atrio. Infine, jet diretti centralmente nell’atrio, liberi
quindi di espandersi nella cavità, appaiono generalmente più grandi di quelli eccentrici
che impattano le pareti atriali con conseguente possibile sottostima (effetto Coanda). A
causa di queste considerazioni, la determinazione semiquantitativa della gravità di una
insufficienza mitralica attraverso la sola stima “oculometrica” o “planimetrica” del jet non è
raccomandata. Tuttavia, insufficienze con jet centrali che presentano una superficie
14

inferiore ai 4 cm² o comunque inferiore al 20% della superficie dell’ atrio sinistro possono
essere di solito stimate come lievi, mentre insufficienze con grandi jet che raggiungono gli
sbocchi delle vene polmonari hanno maggior probabilità di essere emodinamicamente
significative.
b) Vena contracta. La vena contracta deve essere valutata in alta risoluzione (zoom),
misurando l’ampiezza del jet nella sua parte più stretta prossimalmente al punto di
rigurgito (figura 13): devono essere utilizzate sezioni perpendicolari alla direzione del jet
(come l’asse lungo parasternale). Anche se le dimensioni della vena contracta sono
indipendenti dalla portata e dalla pressione per un orifizio fisso, l’orifizio rigurgitante nell’
insufficienza mitralica è spesso dinamico e, pertanto, la vena contracta può modificarsi
con le variazioni emodinamiche o durante la sistole. Diversi studi hanno dimostrato che la
larghezza della vena contracta è accurata nel valutare la gravità della insufficienza
mitralica. Una vena contracta inferiore ai 0,3 centimetri di solito indica una insufficienza
mitralica lieve, mentre il cut-off per una insufficienza mitralica severa è stato variamente
indicato tra 0,6 e 0,8 cm. Anche se i valori intermedi tendono a correlare bene con
un’insufficienza moderata, la conferma del grado di rigurgito dovrà essere cercata anche
con altri metodi. Nei pazienti con getti multipli, le rispettive ampiezze di vena contracta non
sono additive.

Figura 13: sezione parasternale


asse lungo, alta risoluzione:
visualizzazione in color Doppler
del jet rigurgitante con misura
della Vena Contracta

c) Flusso della regione di convergenza (Proximal Isovelocity Surface Area: PISA) e


area dell’ orificio rigurgitante (Effective Regurgitant Orifice Area: EROA). La
presenza di un rigurgito mitralico con una regione di convergenza del flusso nella cavità
ventricolare sinistra in un esame di routine (limite di Nyquist 50-60 cm/s) deve far
sospettare una insufficienza non trascurabile. Il metodo PISA è derivato dal principio
idrodinamico di continuità ed è più accurato per rigurgiti centrali e per orifizi rigurgitanti
circolari. Quando il flusso ematico rigurgitante si avvicina all’ orifizio, la velocità del sangue
aumenta formando emisfere di isovelocità concentriche intorno all’ orifizio stesso; il color
flow mapping permette l’ identificazione del raggio (r) e della velocità (v) di ciascuna di
queste emisfere consentendo così il calcolo del relativo flusso (figura 14); in pratica viene
calcolato il flusso a livello della emisfera corrispondente alla velocità di aliasing (2πr2 x va).
La regione di convergenza può essere meglio visualizzata utilizzando sezioni apicali ed
ottimizzando la velocità di aliasing (di solito intorno a 30 cm/sec). L’ EROA può essere
calcolato applicando l’equazione di continuità: EROA = 2πr² x Va/Vmax, dove r = raggio
della regione di convergenza, Va = velocità di aliasing, Vmax = velocità massima del jet
rigurgitante misurata con Doppler CW. Naturalmente è indispensabile che il segnale
Doppler CW sia correttamente allineato con il jet rigurgitante, un errato allineamento con
un jet eccentrico porterà ad una sottostima della velocità massima di rigurgito e quindi ad
15

una sovrastima dell’ EROA. L’EROA calcolata è l’area effettiva massimale istantanea dell’
orifizio rigurgitante; in realtà tale area può modificarsi nel corso della sistole in particolare
in condizioni di patologia dinamica come l’insufficienza secondaria a prolasso o
l’insufficienza mitralica funzionale.

Figura 14: sezione apicale 4


camere, alta risoluzione:
visualizzazione con color Doppler
dell’ area di convergenza del jet
rigurgitante e misura del raggio

In generale un’ EROA pari a 0,4 cm2 corrisponde ad una severa insufficienza, un valore fra
0,20 e 0,39 cm2 indica una forma moderata ed un valore inferiore a 0,20 cm2 corrisponde
ad una lieve insufficienza mitralica. Il volume rigurgitante può essere calcolato come
prodotto dell’ EROA per l’ integrale velocità/tempo (VTI) della velocitometria doppler CW
del rigurgito.
Doppler ad onda continua. Nella maggior parte dei pazienti, la velocità massima di
rigurgito è dai 4 ai 6 m/s, a causa dell’ elevato gradiente di pressione tra ventricolo ed atrio
sinistro in sistole. La velocità in sé non fornisce informazioni di tipo quantitativo circa la
gravità del rigurgito. Tuttavia può essere utile l’ analisi del contorno del profilo della
velocità e la sua densità. Un contorno di tipo triangolare con picco precoce indica una
pressione atriale sinistra elevata ed è spesso espressione di un rigurgito acuto severo (es.
rottura di un m. papillare). La densità del segnale ottenuto con Doppler CW può consentire
una stima qualitativa della severità del rigurgito: un segnale la cui intensità si avvicina a
quella del segnale di flusso anterogrado suggerisce una insufficienza emodinamicamente
significativa, mentre un debole segnale con contorno incompleto (espressione quindi di un
rigurgito non olosistolico) indica una insufficienza di solito lieve.
Doppler pulsato: I pazienti con grave insufficienza mitralica spesso mostrano un pattern
di flusso diastolico transvalvolare caratterizzato da un prevalente riempimento precoce
(onda E con Vmax > 1.5 m/sec). Deve comunque essere sempre considerato che tale
flusso è condizionato da molteplici fattori fra cui l’ età del paziente, la compliance atrio-
ventricolare, la concomitante presenza di una quota di stenosi.
Un altro parametro valutabile mediante doppler CW o PW è il rapporto tra VTI mitralico e
VTI aortico nell’insufficienza mitralica di tipo organico: un rapporto > di 1,4 correla con
un’insufficienza di grado severo, mentre un rapporto inferiore a 1 depone per un grado di
insufficienza lieve.
Doppler quantitativo Un altro metodo per valutare la severità del rigurgito mitralico è
quello di confrontare il volume del flusso calcolato a livello mitralico (che comprende il
flusso anterogrado ed il flusso rigurgitante) con il flusso attraverso una valvola continente
(aorta o polmonare) La differenza fra i due flussi indica il volume rigurgitante (VR); questo
permette poi il calcolo della frazione rigurgitante (VR/VR + flusso anterogrado) e l’ area
dell’ orificio rigurgitante (VR/VTI). Questo metodo può essere utile in particolare per i jet
eccentrici; tuttavia si tratta di un metodo time consuming che richiede molta esperienza in
quanto la misurazione dei flussi è condizionata essenzialmente dalla misura delle aree a
16

livello dell’ annulus mitralico, del tratto di efflusso del ventricolo sinistro o a livello della
valvola polmonare: errori in tali misurazioni divengono causa di errori maggiori nei
successivi calcoli.
Flusso venoso polmonare: Lo studio del flusso nelle vene polmonari mediante Doppler
PW può essere utile per la valutazione degli effetti emodinamici di una insufficienza
mitralica. Il normale flusso venoso polmonare è caratterizzato da un’ onda sistolica la cui
velocità è superiore a quella dell’ onda diastolica. Con l'aumento della gravità della
insufficienza mitralica, la velocità sistolica si riduce e nei rigurgiti severi si osserva una
inversione del flusso sistolico; nei jet eccentrici è importante effettuare un campionamento
su più vene. La valutazione del flusso delle vene polmonari è comunque spesso difficile
con esame transtoracico e richiede l’ approccio transesofageo.
Ecocardiografia tridimensionale (3D): l’ecocardiografia transtoracica tridimensionale
permette una migliore visualizzazione dei lembi valvolari mitralici e dei vari scallop che li
costituiscono, tale caratteristica risulta particolarmente utile nello studio del prolasso,
poiché permette di identificare la sede specifica del prolasso stesso e la sua entità, anche
grazie alla diversa visualizzazione rispetto all’ecocardiografia bidimensionale (figura 15).
Tale tecnica risulta inoltre utile nella misurazione dell’anello mitralico, che presenta
morfologia iperbolica paraboloide; oggi esistono dei software che permettono una più
accurata misurazione inserendo parametri rilevati su più piani. L’ecocardiografia 3D risulta
infine vantaggiosa anche nella stima della severità del rigurgito, in quanto permette una
migliore visualizzazione del jet e quindi della vena contracta, che non ha necessariamente
forma circolare, in particolare nelle insufficienze funzionali; in tali situazioni risulta inoltre
utile il 3D per meglio visualizzare la geometria ventricolare ed eventuali dislocazioni dei
muscoli papillari.

Ao

Figura 15: ecocardiografia


tridimensionale transtoracica.
Visualizzazione di tipo chirurgico
della valvola mitrale dall’ atrio
P1
sinistro. Sono evidenti gli scallop
A2 del lembo posteriore.

P2
P3

L’approccio ideale per la valutazione della gravità dell’IM si basa sull’integrazione di più
parametri. Questo approccio consente di ridurre gli errori tecnici o di misurazione che sono
inerenti a ciascuno dei metodi utilizzabili. Si suggerisce di associare sempre ai parametri
più semplici di tipo semiquantitativo, almeno un metodo quantitativo utilizzando quello con
il quale il laboratorio ha più esperienza
Vantaggi e limiti dei vari parametri Eco Doppler sono sintetizzati nella Tabella III.
17

Tabella III: Parametri ecocardiografici usati per quantificare la severità


dell’insufficienza mitralica. (modificata da European Association of Echocardiography
recommendations for the assessment of valvular regurgitation. Part 2: mitral and tricuspid regurgitation
(native valve disease); Patrizio Lancellotti et al., European Journal of Echocardiography, 2010, pag. 322)

Parametri Utilità/Vantaggi Limiti

Dimensioni VS e AS Un incremento indica una IM cronica Possono essere normali in


significativa; utili per la prognosi. Se forme acute anche severe; altri
normali si può escludere una IM fattori possono determinarne
cronica emodinamicamente un incremento
significativa
Apparato valvolare Lembo flail e rottura di un m. Papillare Altri tipi di alterazioni non
mitralico sono specifici per IM significativa implicano IM significativa
Area del Jet / Color Metodo semplice; screening rapido fra Variazioni per motivi tecnici ed
Flow IM lieve e severa; definisce l’ emodinamici; non affidabile nei
orientamento spaziale del jet jet eccentrici
Vena Contracta Metodo semplice, quantitativo Non utile nei jet multipli; valori
affidabile per distinguere IM lievi e intermedi necessitano di
severe; relativamente indipendente conferma; piccoli errori
dalle condizioni emodinamiche; non è possono dare errori grandi; è
modificato da eventuali altre influenzata da modifiche della
valvulopatie; utile per jet eccentrici. gittata sistolica.
Metodo PISA Quantitativo: valuta sia la severità Meno accurato nei jet
della lesione (EROA) che il eccentrici, non valido nei jet
sovraccarico (VR). Regione di multipli. Fornisce un’ EROA
convergenza con Nyquist a 50-60 massimale; non sempre l’area
cm/sec = IM significativa; utile per jet è semisferica; errori piccoli
eccentrici; non è influenzato vengono elevati al quadrato.
dall’eziologia dell’IM ne’ da eventuali
altre valvulopatie.
Doppler quantitativo Quantitativo, valido per jet multipli edTime consuming; poco
(PW) eccentrici; valuta sia la severità dellaaffidabile in presenza di
lesione (EROA, FR) che il
calcificazione della mitrale e/o
sovraccarico (VR) annulus; non valido in
presenza di insufficienza
aortica significativa, se non si
usa il flusso polmonare;
difficoltà nel misurare l’anulus
mitralico.
Densità e profilo del jet Semplice, facilmente disponibile Solo qualitativo, necessita di
(CW) ulteriori dati; non semplice
ottenere uno spettro completo
in caso di jet eccentrici.
Velocità picco E Semplice, facilmente disponibili; un’ Influenzata da pressione AS,
onda A dominante esclude IM severa compliance VS, AVM e FA.
Non quantizza il rigurgito
Flusso vene polmonari Semplice, flusso sistolico invertito = IM Influenzato da pressione in
severa. AS e FA. Non attendibile nei
jet eccentrici diretti verso la VP
esplorata.
18

Nella Tabella IV si propone uno schema che possa servire da guida alla valutazione della
gravità del rigurgito mitralico. Si distinguono parametri qualitativi, semiquantitativi e
quantitativi. Vi è consenso nel raccomandare che il giudizio tenga conto di multipli
parametri. Se l’insufficienza è chiaramente definibile come lieve o trascurabile non sono
necessarie ulteriori misure. Se invece vi sono segni che l’IM sia più che lieve e la qualità
dei dati lo consente, è auspicabile che l’ecocardiografista esperto valuti quantitativamente
l’IM in termini di volume di rigurgito ed orifizio rigurgitante.

Tabella IV- Impiego dei parametri ecocardiografici nel grading della IM organica:
(modificata da European Association of Echocardiography recommendations for the assessment of valvular
regurgitation. Part 2: mitral and tricuspid regurgitation (native valve disease); Patrizio Lancellotti et al.,
European Journal of Echocardiography, 2010,pag. 321; Guidelines on the management of valvular heart
disease (version 2012). European Heart Journal (2012), 2451–2496)
Lieve Moderata Severa

PARAMETRI QUALITATIVI

Profilo del jet – CW Di solito parabolico Denso e Denso con picco


parabolico precoce triangolare

Lembi valvolari e apparato Normale o anormale Normale o Anormale/


sottovalvolare anormale Lembo flail /
Rottura m. papillare
Area del jet al color jet piccolo, centrale Variabile Jet ampio, centrale (di
(limite di Nyquist 50–60 cm/s) (di solito 4 cm2 o solito > 10 cm2 o
20% dell’ area dell’ 40% dell’ area dell’
ASn) ASn) o jet di
dimensioni variabili
che impatta sulla
parete dell’ ASn o gira
nel suo interno
Area di convergenza Nessuna o piccola Intermedia Grande
(limite di Nyquist 50-60 cm/s)
PARAMETRI
SEMIQUANTITATIVI
Ampiezza vena contracta (cm) < 0.3 0.3 - 0.69 ≥0.7

Flusso vv polmonari Prevalenza sistolica Appiattimento Inversione flusso


sistolico sistolico
Flusso Mitralico – PW Onda A dominante Variabile Onda E dominante
(Onda E > 1.5 m/s)
Rapporto VTI mitralico / VTI < 1 >1 e < 1.4 > 1.4
aortico
PARAMETRI QUANTITATIVI

VR (ml/beat) < 30 30 – 59 ≥60

FR (%) < 30 30 – 49 ≥50

EROA (cm2) < 0.20 0.20 – 0.39 ≥0.40


19

Lieve Moderata Severa

PARAMETRI STRUTTURALI

Dimensioni ASn Normale Normale o Di solito dilatato


Dimensioni VSn Normale dilatato Di solito dilatato
Normale o
dilatato

Si deve tenere presente come sia facile esprimere un giudizio di gravità quando diversi
parametri concordano. Quando invece i parametri sono tra di loro in contraddizione è
necessario ricercare le eventuali ragioni tecniche o, talora, fisiopatologiche che possano
spiegare la discrepanza, al fine di potersi basare sul parametro che dispone dei dati
qualitativamente più attendibili e che sia il più affidabile in relazione a quella particolare
condizione fisiopatologica.
Per quanto riguarda l’insufficienza mitralica di tipo funzionale, i parametri di severità del
rigurgito sono gli stessi; esistono tuttavia evidenze che per valori di EROA > 0.20 e volume
rigurgitante > 30 ml si possono identificare pazienti che a fronte di un grado di
insufficienza non severo, hanno comunque un più elevato rischio di eventi cardiaci.

Parametri di indicazione chirurgica

I parametri fondamentali per la indicazione chirurgica e per la definizione del tipo di


chirurgia idonea per il paziente in oggetto (riparazione, sostituzione valvolare con o senza
conservazione di parte dell’ apparato valvolare) sono:
- valutazione della severità del rigurgito
- tipologia della lesione (eventuale sua riparabilità)
- valutazione della funzione ventricolare sinistra
- dimensioni del ventricolo sinistro, in particolare il diametro telesistolico
In accordo con le linee guida indicate dalle Società Americane AHA/ACC (2008) e dalla
Società Europea di Cardiologia (2012) riportiamo le indicazioni di classe I all’ intervento
chirurgico:
1. Pazienti sintomatici con IM acuta severa
2. Pazienti sintomatici con IM cronica severa, Frazione di Eiezione (FE) > 30%,
diametro telesistolico (DTS) del ventricolo sinistro < 55 mm
3. Pazienti asintomatici con segni di disfunzione ventricolare sinistra (FE ≤ 0.60, DTS
> 45 mm)
Sono indicazioni di classe II le seguenti:
1. Pazienti asintomatici con IM severa e normale funzione ventricolare sinistra nei
quali vi sia una alta probabilità di efficace riparazione e basso rischio chirurgico
(Classe IIa secondo LG AHA/ACC e secondo LG ESC)
2. Pazienti asintomatici con IM severa, normale funzione ventricolare sinistra, recente
insorgenza di Fibrillazione Atriale o ipertensione polmonare (pressione sistolica
polmonare > 50 mmHg a riposo) (Classe IIa)
3. Pazienti sintomatici (NYHA III-IV) con severa disfunzione ventricolare sinistra (FE <
0.30, DTS > 55 mm), refrattari alla terapia medica, con alta probabilità di
riparazione valvolare (IM secondaria a primitive alterazioni valvolari) e bassa
comorbilità (classe IIa)
20

4. Pazienti con IM severa secondaria a severa disfunzione ventricolare sinistra (FE <
0.30, DTS > 55 mm), sintomatici (NYHA III-IV) nonostante una terapia medica
ottimizzata (compresa la eventuale terapia resincronizzante) (classe IIb)
5. Pazienti asintomatici con IM severa, normale funzione ventricolare sinistra, alta
probabilità di riparazione efficace, basso rischio chirurgico e dilatazione atriale
sinistra (> 60 ml/m2 di BSA) in ritmo sinusale oppure ipertensione polmonare da
sforzo (> 60 mmHg) (classe IIb).

E’ importante ricordare come la disfunzione ventricolare sinistra postoperatoria è frequente


(32% con insufficienza mitralica non ischemica), soprattutto nei pazienti operati in
presenza di sintomi. La FE preoperatoria ed il diametro sistolico VS ne sono i predittori.
Queste evidenze suggeriscono come la correzione chirurgica non debba essere
procrastinata fino all’insorgenza di una grave sintomatologia. La bassa mortalità
operatoria, la elevata fattibilità della riparazione valvolare, il miglioramento della
sopravvivenza ottenibile con un intervento eseguito subito dopo la diagnosi di insufficienza
mitralica grave rappresentano il razionale per un intervento di riparazione precoce. Un
approccio aggressivo per i pazienti con IM grave asintomatici è accettabile a condizione
che: la diagnosi di insufficienza mitralica grave sia ben documentata, l’insufficienza
mitralica sia organica e non funzionale, la probabilità di un intervento riparativo sia elevata
sulla base del tipo di lesione valvolare e dell’esperienza del chirurgo, il rischio operatorio
sia basso in base ad età e condizioni del paziente
I parametri predittivi di un risultato subottimale o sfavorevole dell’intervento di riparazione
in caso di insufficienza mitralica organica sono:
1. Prolasso/flail esteso (>1/3) del lembo anteriore;
2. Prolasso esteso multisede ( ≥ 3 scallop e con coinvolgimento della commissura
posteriore);
3. Prolasso/flail del lembo anteriore con patologia del lembo opposto;
4. Calcificazioni estese dell’anulus e/o dei lembi;
5. Estrema dilatazione dell’anulus (> 50 mm);
6. Estrema degenerazione mixomatosa;
7. Endocardite attiva con estese lesioni dell’apparato valvolare.
Nel caso di una insufficienza di tipo funzionale, le caratteristiche ecocardiografiche
sfavorevoli per una buona riuscita di intervento di riparazione sono:
1. Distanza di coaptazione > 1 cm;
2. Area di tenting > 2.5-3 cm²;
3. Jet multipli in particolare centrali e posteromediali;
4. Angolo posterolaterale > 45° (angolo compreso tra lembo posteriore e piano
valvolare);
5. Distanza tra i muscoli papillari > 20 mm;
6. Diametro telediastolico > 65 mm, telesistolico > 51 mm (volume telediastolico >
140 ml);
7. Indice di sfericità > 0,7;
8. Alterazioni di cinetica della parete laterale.

Intervento percutaneo

Negli ultimi anni si è andata sviluppando una nuova tecnica di correzione della
valvulopatia mitralica mediante approccio percutaneo. Tale tecnica consiste
nell’applicazione di una o due clip (Mitraclip) tra i lembi mitralici in modo da ridurne il
rigurgito.
21

Nei vari trial pubblicati, tale approccio si è dimostrato relativamente ben tollerato e con
poche complicanze rispetto alla chirurgia. Tuttavia i dati di follow up dei trial europei e
americani (massimo 4 anni) hanno rilevato soprattutto nel primo anno una maggiore
incidenza di recidiva della valvulopatia mitralica e quindi una maggiore necessità di
reintervento. Dal primo al quarto anno non sono state rilevate differenze statisticamente
significative nella mortalità e nel peggioramento dei sintomi.
Al momento quindi l’intervento percutaneo può essere considerato per pazienti con
insufficienza mitralica primaria o secondaria di grado severo, sintomatici, con criteri
ecocardiografici idonei alla tecnica, non candidabili alla cardiochirurgia tradizionale per
l’alto rischio operatorio e con aspettativa di vita maggiore di un anno.

Caratteristiche ecocardiografiche idonee all’intervento di valvuloplastica:


1. Jet rigurgitante originante da A2 – P2
2. Se IM funzionale lunghezza della linea di coaptazione > 2 mm, profondità di
coaptazione < 11 mm.
3. In caso di flail, distanza tra i lembi < 10 mm, larghezza della base del flail < 15 mm.

Follow up

In caso di insufficienza mitralica organica di grado moderato, è raccomandata una


valutazione clinica annuale e l’esecuzione di un ecocardiogramma ogni due anni, se le
condizioni cliniche sono stabili. Nel caso di insufficienza mitralica di grado severo, in
paziente asintomatico, è raccomandata una valutazione clinica semestrale ed
ecocardiografica annuale; tuttavia in caso si riscontrino iniziali segni di alterazione delle
dimensioni e/o della funzione ventricolare sinistra, l’ecocardiogramma deve essere
eseguito ogni sei mesi. Nella valutazione ecocardiografica devono essere inclusi: le
dimensioni dell’anello mitralico, l’eventuale sviluppo di flail, il diametro telesistolico, la
frazione di eiezione, il volume atriale sinistro e la pressione sistolica polmonare.
Nell’esame clinico-strumentale è necessario infine valutare sempre l’eventuale riduzione
della capacità funzionale del paziente e l’eventuale insorgenza di aritmie.
Bibliografia essenziale

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Heart J Suppl Vol 3 Luglio 2002
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19. Lang et al. EAE/ASE Recommendations for Image Acquisition and Display Using Three-
Dimensional Echocardiography. J Am Soc Echocardiogr 2012;25:3-46.
1

LEZIONE 6B
VALVULOPATIA AORTICA

a cura di: Dott. E. Mariotti

STENOSI AORTICA
La stenosi aortica costituisce la valvulopatia più frequente nei paesi Occidentali. Infatti se da un lato si è
assistito ad un declino del reumatismo articolare acuto, dall’altro, per l’invecchiamento della popolazione, vi è
stato un aumento delle lesioni degenerative. Infine è da ricordare che dal 1%-2% della popolazione nasce
con bicuspidia aortica .
La stenosi aortica calcifica ha molte caratteristiche in comune con la malattia aterosclerotica ostruttiva
coronaria. Entrambe le condizioni infatti sono più comuni nei maschi, nelle persone anziane, nei pazienti con
ipercolesterolemia ed in parte sono dovute ad un processo infiammatorio attivo. La stenosi aortica calcifica
non è più da intendersi semplicemente come una condizione degenerativa associata all’invecchiamento ma
rappresenta il processo finale di una malattia attiva (nelle fasi iniziali è possibile riconoscere delle lesioni focali
caratterizzate da ispessimento dello strato collegeno dei lembi e contenenti LDL colesterolo, macrofagi e T
linfociti; alcuni macrofagi producono osteopontina una proteina che modula la calcificazione dei tessuti; si è
visto altresì che una statina, l’Atorvastatona è in grado di inibire la proliferazione cellulare indotta
dall’ipercolesterolemia e la produzione di matrice ossea in valvole aortiche di coniglio. Dopo un primo
entusiasmo legato a risultati positivi nell’uomo dell’utilizzo della terapia con statine nel rallentare la
progressione della stenosi aortica, studio RAAVE uno studio multicentrico, randomizzato successivo, studio
SEAS, non ha confermato questi dati forse, come a detta degli autori, per un utilizzo della terapia con statine
già in pazienti stenosi valvolare avanzata.

ECOCARDIOGRAFIA DELLA STENOSI AORTICA


La riduzione dell’area valvolare produce una ostruzione all’efflusso ventricolare sinistro, lo sviluppo di un
gradiente sistolico, un sovraccarico sistolico ventricolare sinistro con ipertrofia concentrica (aumento della
massa con volume ventricolare sinistro normale) e lo sviluppo dei sintomi quali dispnea, angina, sincope e
morte improvvisa.
L’ecocardiografia rappresenta la metodica strumentale di prima scelta per la diagnosi e quantificazione della
severità della stenosi aortica.
Infatti essa permette di valutare le caratteristiche morfologiche della valvola aortica, il gradiente pressorio
istantaneo e medio, l’area valvolare, la funzione ventricolare sinistra, le dimensioni ed il grado dell’ipertrofia
ventricolare sinistra, la presenza e l’entità della IA e di altri vizi valvolari, l’eventuale dilatazione post stenotica
dell’aorta ascendente. Inoltre riveste un ruolo determinate nel follow-up e per decidere il timing chirurgico.

Ecocardiografia M-Mode e B-Mode.


L'ecocardiografia transtoracica M-mode e B-mode, permette di porre una diagnosi qualitativa di stenosi
valvolare aortica con specificità e sensibilità elevatissime, virtualmente pari al 100%. La metodica consente,
infatti, nei suoi diversi approcci, un' eccellente visualizzazione e caratterizzazione morfologica dei lembi
valvolari oltre che del loro movimento. L'ecocardiografia, B-mode ed M-Mode fornisce inoltre una visione
complessiva del cuore, evidenziando con chiarezza i segni indiretti, quali l'ipertrofia ventricolare sinistra di tipo
concentrico, la dilatazione post stenotica dell'aorta sopravalvolare, le eventuali anomalie associate a carico
della valvola mitrale e l'ingrandimento atriale sinistro.
In sezione parasternale longitudinale si riconoscono agevolmente la cuspide coronarica destra e la cuspide
non coronarica. Nel soggetto normale in sistole i lembi valvolari appaiono come due echi sottili, rettilinei,
paralleli tra loro e alle pareti dell'aorta; in diastole le cuspidi si riuniscono e la valvola si chiude; poichè in
diastole in questa sezione il fascio ultrasonoro è orientato parallelamente alle cuspidi, queste ultime risultano
ipoecogene e spesso è visualizzabile unicamente il punto di coaptazione dei lembi, come un eco lineare
localizzato nel centro dell'aorta. Nel soggetto anziano le cuspidi tendono a diventare iperecogene, pur
mantenendo una mobilità normale in assenza di stenosi aortica. In sezione parasternale trasversale, nel
normale, si possono visualizzare le tre cuspidi, le quali in diastole hanno il caratteristico aspetto a Y; poichè
l'immagine è visualizzata sullo schermo come se fosse vista dal basso, la cuspide coronarica destra è
posizionata anteriormente e a sinistra, quella coronarica sinistra posteriormente e a destra e quella non
coronarica posteriormente e a sinistra. In sistole è invece riconoscibile la configurazione triangolariforme
dell'orifizio aortico e le strutture semicircolari corrispondenti ai seni di Valsalva. La sezione asse-corto è più
difficile da ottenere rispetto a quella longitudinale, in quanto il piano valvolare aortico si muove in senso
cranio-caudale durante le diverse fasi del ciclo.
2

In presenza di stenosi valvolare aortica, le cuspidi sono ipomobili, presentano un vario grado di inspessimento
ed iperecogenicità e perdono in fase sistolica l'aspetto normale, caratterizzato da echi paralleli tra loro e alle
pareti dell' aorta, assumendo un caratteristico atteggiamento a cupola ("doming"). Il riscontro di una cuspide
incurvata a cupola è considerato tradizionalmente sufficiente per porre una diagnosi qualitativa di stenosi
aortica. La sezione parasternale asse-corto, oltre a confermare l'inspessimento e l'ipomobilità dei lembi,
consente talvolta una definizione diagnostica di tipo eziologico, differenziando le forme degenerativo-calcifiche
su valvola bicuspide da quelle su valvola tricuspide; in caso di estese calcificazioni, peraltro, non sempre è
possibile evidenziare con certezza il numero delle cuspidi. Anche l'approccio apicale, utilizzando le sezioni 3 e
5 camere, e quello sottocostale trasversale e longitudinale permettono di visualizzare lo spessore,
l'ecogenicità e la mobilita' delle cuspidi valvolari aortiche, fornendo informazioni complementari a quelle
ottenibili dall'approccio parasternale.
L'ecocardiografia M-Mode può a sua volta fornire dati utili per una diagnosi qualitativa di stenosi aortica. Nel
tracciato M-Mode normale, ottenuto in sezione parasternale sinistra, la valvola aortica mostra il tipico aspetto
"a scatola", denominato anche “box aortico”. In caso di stenosi aortica si osserva un aumento di spessore ed
ecogenicità dei lembi, i quali presentano una ridotta escursione in sistole. Il box aortico è deformato e in caso
di stenosi aortica marcatamente calcifica l'intera radice aortica è occupata da echi densi e multistratificati, che
impediscono il risonoscimento delle cuspidi valvolari e del loro movimento. Nelle forme lievi e scarsamente
calcifiche è possibile riscontrare una fine vibratilità sistolica dei lembi, o "fluttering" sistolico, la cui presenza
permette di escludere l'esistenza di una stenosi significativa.

Il calcolo del gradiente transvalvolare aortico viene effettuato applicando l'equazione di Bernoulli modificata,
relativa alla meccanica dei fluidi, alla velocità, massima e media, del jet aortico, misurata con tecnica Doppler.
L' equazione semplificata "Gradiente di pressione = 4 x velocità 2 " si è dimostrata altamente affidabile in
modelli sia sperimentali che clinici. Nella valutazione della stenosi aortica le informazioni maggiori sono fornite
dal Doppler ad onda continua. Per ottenere una stima accurata del gradiente pressorio transvalvolare è
necessario che il fascio ultrasonoro sia allineato il più possibile con la direzione del jet; poichè questa non è
prevedibile a priori in ogni singolo paziente, un corretto allineamento va ricercato con cura, al fine di non
sottostimare la velocità massima del jet stesso e quindi la severità della stenosi aortica. Nella maggior parte
dei pazienti la sezione 5 camere apicale consente il miglior allineamento con il tratto di efflusso ventricolare
sinistro e con l'orifizio stenotico; nei casi nei quali questa sezione non permette una registrazione
soddisfacente del tracciato di velocità Doppler non vanno trascurati gli altri approcci: sezione 3 camere
apicale, approccio sottocostale, parasternale destro, soprasternale.
Il color Doppler riveste un'utilità limitata nello studio della stenosi aortica; può essere di ausilio per un corretto
posizionamento del trasduttore, al fine di evitare, di campionare erroneamente un segnale da insufficienza
mitralica o tricuspidale, invece del segnale eiettivo aortico.
Numerosi studi hanno dimostrato l'elevata correlazione tra il gradiente di pressione calcolato con metodica
Doppler e mediante cateterismo cardiaco. Un elemento frequente che emerge negli studi di correlazione
Doppler-cateterismo cardiaco è dato dalla sovrastima del gradiente transvalvolare massimo da parte del
Doppler. Questo fenomeno è dovuto principalmente al fatto che al cateterismo viene misurato un gradiente
picco-picco ("peak to peak"), il quale descrive la differenza tra il valore massimo di pressione ventricolare
sinistra ed il valore massimo di pressione aortica. Poichè i due valori intervengono in momenti diversi del ciclo
cardiaco, il gradiente picco-picco al cateterismo cardiaco non rappresenta un'entità fisiologica, in quanto
misurato su eventi non contemporanei. Esso è concettualmente diverso rispetto al gradiente massimo
Doppler, il quale è istantaneo e costituisce pertanto una misurazione fisiologica. La differenza tra il gradiente
picco-picco ed il gradiente massimo istantaneo è meno avvertibile considerando il gradiente medio,
rappresentato al cateterismo dall'area compresa tra le curve di pressione e al Doppler dall'area sottesa al
tracciato velocimetrico.
Il Doppler può sovrastimare il gradiente calcolato allo studio emodinamico in condizioni ad elevata velocità pre
stenotica, situazione che può verificarsi in caso di alta gittata cardiaca, insufficienza aortica, stenosi
sottovalvolare, fissa o dinamica, associata. La equazione modificata di Bernoulli, infatti, non tiene in
considerazione la pressione a monte della stenosi. Una sovrastima del gradiente con il Doppler può essere
dovuta anche ad una erronea registrazione di un jet da rigurgito mitralico, in luogo del jet aortico. E’ possibile
anche una sottostima del gradiente con il Doppler, soprattutto per motivi tecnici, legati ad inadeguata
registrazione del segnale, inaccurato allineamento del fascio ultrasonoro oppure a fallace registrazione di una
curva da rigurgito tricuspidale, spesso di velocità inferiore, invece della curva aortica.
L'equazione di continuità si basa sulla legge di conservazione della massa secondo cui il flusso di un fluido
incomprimibile all'interno di un sistema chiuso, rimane costante in ogni punto del sistema. Poichè la quantità di
flusso in un determinato punto è data dal prodotto area di sezione x velocità, ne deriva che l'area di sezione a
livello del tratto di efflusso ventricolare sinistro moltiplicata per la velocità del flusso a tale livello è uguale
all'area di sezione moltiplicata per la velocità a livello della valvola aortica stenotica . In questa semplice
equazione di primo grado (A1 x V1 = A2 x V2), tre dei quattro fattori sono facilmente ricavabili con
3

ecocardiografia Doppler; l'incognita (A2), che corrisponde all'area valvolare aortica stenotica, pertanto, può
essere agevolmente calcolata ( A2 = A1 x V1/ V2).
L'area della sezione a livello del tratto di efflusso ventricolare sinistro (A1) viene calcolata, assumendo una
forma circolare, misurando il diametro in sezione parasternale longitudinale e applicando la semplice formula
2
matematica: area = 3.14 x (diametro tratto di efflusso / 2) .
La misurazione del diametro del tratto di efflusso deve essere eseguita immediatamente al di sotto del punto
in cui le cuspidi aortiche anteriore e posteriore entrano in contatto con il setto interventricolare ed il lembo
anteriore mitralico, in sistole, prendendo in considerazione il diametro più interno dell'anello.La velocità media
a livello del tratto di efflusso ventricolare sinistro (V1) viene calcolata con Doppler pulsato, mediante
esecuzione dell'integrale velocità-tempo, posizionando il volume campione in sezione 5 camere apicale
immediatamente al di sotto del piano valvolare aortico, prima che inizi l'accelerazione pre stenotica.
Abitualmente il volume campione viene avanzato nel tratto di efflusso fino al punto in cui compare
l'accelerazione pre stenotica e quindi leggermente ritirato al fine di registrare un segnale chiaro, senza
interferenze (di solito il posizionamento avviene tra 0.5 e 1.0 cm al di sotto della valvola). La velocità media a
livello dell'orifizio stenotico (V2) viene determinata con Doppler ad onda continua, mediante digitalizzazione
dell'integrale velocità-tempo, secondo le modalità descritte precedentemente. L'equazione di continuità può
essere pertanto così rappresentata: Area valvolare = 3.14 x (diametro tratto efflusso / 2)2 x VTI tratto efflusso /
VTI aortica.
Considerato che il tempo di eiezione sistolica e la morfologia delle due curve di velocità all'interno del tratto di
efflusso ventricolare sinistro e a livello della valvola aortica stenotica sono molto simili, si è osservato che il
rapporto tra gli integrali velocità-tempo e le velocità di picco, nei due siti in esame, è pressoché identico. Ciò
consente di semplificare l'equazione di continuità, utilizzando le velocità di picco, al posto delle velocità medie.
Un altro modo con cui è stato proposto lo stesso concetto è costituito dal semplice calcolo del rapporto tra la
velocità nel tratto di efflusso, misurata con doppler pulsato, e la velocità aortica, misurata con doppler
continuo, sia per quanto riguarda gli integrali velocità-tempo, che per le velocità di picco ("Doppler velocity
index"). E' stato osservato che un valore < 0.2 del "Doppler velocity index" (DVI) permette di identificare con
accuratezza una stenosi aortica critica.
Area planimetrica: le nuove sonde (larga banda multifrequenza e a matrice), consentono una buona qualità
della misurazione dall’approccio parasternale asse corto, con una fattibile del 75-100%, TTE<TEE. I possibili
Pitfalls sono rappresentati dall’aspetto “a cupola”, dalle calcificazioni estese e dalla dipendenza anche
dell’area planimetrica dal flusso.
La Resistenza valvolare aortica (RVA) rappresenta l'entità dell'ostacolo all'eiezione ventricolare sinistra
attraverso la valvola aortica stenotica e risulta inversamente correlata all' area valvolare, con una relazione di
tipo curvilineo (quanto minore è l'area, tanto maggiore è la resistenza all'efflusso e viceversa). La RVA viene
espressa in dyne . sec . cm-5 e può essere determinata sia con tecnica emodinamica, che mediante
ecocardiografia Doppler secondo la formula: RVA = ΔPmedio / Qmedio ) x 1.333 dove ΔPmedio è il gradiente
transvalvolare medio (in mmHg), Qmedio costituisce il flusso sistolico medio (in ml/sec) e la costante 1.333
rappresenta il fattore correttivo per esprimere il risultato in dyne . sec . cm-5.
Il "Fractional Shortening/Velocity Ratio” (FSVR) consiste nel semplice rapporto tra frazione di accorciamento
ventricolare sinistro e gradiente pressorio massimo. La frazione di accorciamento è misurata a partire dai
diametri telediastolico e telesistolico, ottenuti con M-Mode su guida bidimensionale in sezione parasternale
asse-corto immediatamente al di sotto della valvola mitrale (secondo la nota formula: Frazione di
accorciamento = Diametro telediastolico - Diametro telesistolico / Diametro telediastolico). Il gradiente
massimo equivale come noto a 4 Vmax2. Recentemente è stato introdotto un perfezionamento del FSVR che
è l’”Ejection Fraction-Velocity Ratio”(EFVR = Frazione di Eiezione / 4Vjet2), che ha dimostrato un potere
diagnostico molto elevato, anche in pazienti con portata cardiaca ridotta.
Lo “Stroke Work Loss" (SWL) consiste nella quantità di lavoro necessaria per ottenere l'apertura della valvola
aortica durante la sistole, espressa in termini percentuali rispetto alla quantità di lavoro necessaria per
ottenere l'effettivo flusso anterogrado. Lo SWL viene calcolato secondo la formula: SWL = ( ΔPmedio /
LVPmedia ) x 100. Dove ΔPmedio è il gradiente pressorio sistolico transvalvolare aortico medio e LVPmedia
è la pressione sistolica ventricolare sinistra media, la quale viene approssimata, utilizzando l'ecocardiografia
Doppler, aggiungendo alla pressione sistolica omerale, misurata semplicemente con sfingomanometro, il
gradiente pressorio medio stesso. Lo SWL è risultato inversamente correlato con l'area valvolare calcolata
con la formula di Gorlin (r= -0.80) e un valore di SWL ≥ 30% sembrerebbe in grado di identificare con elevata
specificità i pazienti con area valvolare aortica < 0.6 cm2.
I valori cut-off di severità di riferimento per l'utilizzazione pratica in clinica di questi indici sono i seguenti:
GMED: ≥ 40mmHg
4

AVA: ≤ 0.75-0.80 cm2


RVA: ≥ 300 dyne x sec x cm-5
DVI: ≤ 0.20-0.25
SWL: ≥ 20-25%
FSVR: ≤ 0.5-0.6
EFVR: ≤ 0.75- 0.80

SEVERITA’ DELLA STENOSI E TIMING CHIRURGICO:


Nella tabella che segue si riporta la relazione tra area valvolare aortica ed il gradiente medio (dati derivati dalla
formula di Gorlin)

Come si può notare sotto il 1 cm2 (circa ¼


Area valvolare AO cm2 Gradiente Medio mmhg
delle dimensioni iniziali, area critica) ulteriori
4 1.7
piccole riduzioni dell’area valvolare producono
3 2.9 elevati gradienti, essendo emodinamicamente
2 6.6 significativi ed indicativi di severita’un
1 26 gradiente medio >40 mmhg, un gradiente al
0.9 32 picco di 64 mmhg (velocità max: 4 m/sec).
0.8 41 Di seguito in tabella vengono riportate le
0.7 53 raccomandazioni per la stima della severità
0.6 73 della stenosi aortica da parte della Società
Europea di Cardiologia (ESC) e di quelle statunitensi (AHA/ACC)

Recommendations for classification of AS severity

a ESC Guidelines.
B AHA/ACC Guidelines.

Viene riportata in tabella una check list della ASE


(American Society of Echocardiography) e della
EAE (European Association of
Echocardiography) del Gennaio 2009 (JASE)

Non esiste una terapia medica efficace per la


stenosi aortica severa e vi è una indicazione
assoluta all’intervento di sostituzione in pazienti
con stenosi aortica severa sintomatica. Per
quanto riguarda i pazienti con stenosi aortica
severa asintomatica sono da considerare alcuni
dati di prognosi: 1-2% morte improvvisa; rischio
della sostituzione: 1% l’intervento; 1%
complicazioni relative alla valvola
(tromboembolie, sanguinamento, deterioramento
della protesi, reintervento).
E’ evidente quindi come si debbano pesare i
rischi della sostituzione valvolare contro i rischi di
ritardare la procedura.
5

PAZIENTI CON STENOSI AORTICA ASINTOMATICA


L’ecocardiografia e lo stress test possono identificare i pazienti che maggiormente beneficiano dell’intervento
di sostituzione valvolare. Lo stress test (non vigoroso!!) controindicato nei pazienti sintomatici con SA severa,
può identificare alcuni pazienti (30%) con sintomi latenti od indurre instabilità emodinamica e quindi porre
indicazione alla sostituzione valvolare in soggetti con stenosi aortica moderata-severa, asintomatici. E’
comunque da sottolineare come il 70% dei pazienti asintomatici con velocità transaortica >4 m/sec; gradiente
max 64 mmhg sviluppano sintomi e richiedono un intervento di sostituzione entro 2 anni (Circulation 1997:
Otto).

PAZIENTI CON BASSO GRADIENTE E BASSA FRAZIONE DI EIEZIONE

Costituiscono un sottogruppo di pazienti con stenosi aortica di difficile valutazione.

Il basso gradiente e la ridotta area valvolare infatti potrebbero dipendere da una disfunzione ventricolare
sinistra in paziente con stenosi aortica severa, ma anche da una cardiomiopatia con primitiva compromissione
della funzione ventricolare e secondaria riduzione della gittata sistolica. In questi pazienti si è dimostrato
estremamente utile il test eco-stress Dobutamina. Infatti se durante stimolo inotropo moderato la frazione di
eiezione aumenta, aumenta il gradiente e l’area valvolare aortica rimane invariata ci troviamo di fronte ad una
stenosi aortica fissa e l’outcome chirurgico sarà buona; d’altro canto se aumenta la frazione di eiezione, il
gradiente rimane invariato ma aumenta l’area valvolare aortica sicuramente ci si troverà di fronte ad una
cosidetta pseudo stenosi aortica, ossia ad una cardiomiopatia. Il non trovare un aumento della frazione di
eiezione cosi come del gradiente e dell’area valvolare aortica sarà fortemente suggestivo per una stenosi
aortica verosimilmente severa e con un cattivo outcome chirurgico

Di seguito si riportano le raccomandazioni per la sostituzione valvolare in paziente con Stenosi Aortica:
INDICAZIONE ALLA SOSTITUZIONE VALVOLARE
 Pazienti con SA severa associato ad almeno uno dei classici sintomi (angina, sincope o dispnea)
 Pazienti con SA severa ed indicazione ad intervento di By-pass.
 Pazienti con SA severa ed indicazione a chirurgia aortica o su altre valvole cardiache.
 Possibile indicazione alla sostituzione valvolare
 Pazienti con SA moderata ed indicazione ad intervento di By-pass o di altra sostituzione valvolare.
 Pazienti con SA severa, asintomatici con almeno 1 dei seguenti: FE <50%; instabilità emodinamica
durante esercizio, tachicardia ventricolare
 non indicazione alla sostituzione per prevenire la morta improvvisa in asintomatici senza i criteri
elencati.

INSUFFICIENZA AORTICA
Analogamente alla stenosi aortica si è assistito ad una sostanziale modifica dell’epidemiologia; infatti si è
avuto un declino del reumatismo articolare acute e della lue ed un aumento delle forme secondarie a
dilatazione della radice aortica e dell’aorta ascendente (Marfan, ipertensione arteriosa), bicuspidia aortica e
degenerazione mixomatosa della valvola. La causa più comune di insufficienza aortica acuta è l’endocardite.
Il rigurgito di sangue dall’aorta al ventricolo di sinistra in diastole attraverso la valvola incontinente determina
un sovraccarico di volume del ventricolo di sinistra ed in misura minore un sovraccarico di pressione (ipertrofia
eccentrica).
L’entità del rigurgito dipende da tre fattori:
• AREA DELL’ORIFIZIO RIGURGITANTE
• GRADIENTE DI PRESSIONE IN DIASTOLE TRA AORTA E VENTRICOLO SIN.
• DALLA DURATA DELLA DIASTOLE
Inizialmente l’aumento del volume telediastolico si accompagna ad un minimo incremento della pressione
telediastolica ma ulteriori aumenti portano ad una riduzione della contrattilita’ miocardica, alla riduzione della
FE e solo tardivamente, allo sviluppo dei sintomi.
Il fatto che la funzione ventricolare sinistra si deteriori molte volte prima dell’insorgenza dei sintomi costituisce
il problema principale del follow-up clinico (markers ecocardiografici).
L’insufficienza aortica acuta costituisce sempre una emergenza clinica per il marcato rapido incremento della
pressione telediastolica Ventricolare sinistra.
Le informazioni più rilevanti ai fini di una diagnosi qualitativa e quantitativa di insufficienza aortica vengono
ottenute dalle tecniche Doppler.
L’ECO2D/MMODE fornisce dati sull’anatomia della valvola e dell’aorta sopravalvolare; evidenzia le
ripercussioni del rigurgito sulle dimensioni del Ventricolo sinistro, consente la diagnosi di bicuspidia, evidenzia
6

il fluttering LAM, una eventuale chiusura prematura della valvola mitrale o una precoce apertura della valvola
aortica ed infine eventuali lesioni da jet

IL DOPPLER CONVENZIONALE (PW/CW) permette di dimostrare in modo sicuro il flusso di rigurgito aortico
(sensibilità 95%; specificità 96%) che presenta le seguenti caratteristiche: turbolento, elevata velocità,
diastolico; consente una valutazione semiquantitativa del rigurgito aortico attraverso:
-il mappaggio in tratto di efflusso del rigurgito (sezione 4 c apicale in doppler PW: estensione del rigurgito
aortico in tratto di efflusso (TEVS)) e ventricolo sin); questo tipo di valutazione però ha dimostrato una
correlazione non ottimale con la gravità del rigurgito valutata con l’esame angiografico; correla invece con il
gradiente AO-Vsin e con l’area dell’orifizio di rigurgito.
-Tempo di dimezzamento (valutazione della decelerazione della velocità max di rigurgito): esprime l’entità di
decadimento del gradiente di pressione tra AO e Vsin in diastole che dipende dalle pressioni diastoliche in AO
e Vsin e dalle dimensioni dell’orifizio; permette una distinsione tra IA lievi e severe.
IL COLOR DOPPLER permette di valutare le caratteristiche del jet di rigurgito: direzione, estensione, numero
jets; una valutazione semiquantitativa routinaria della IA attraverso:
-Rapporto tra l’altezza del jet all’origine in TEVS e l’altezza del tratto di efflusso stesso-Rapporto tra area
planimetrica del jet all’origine in sezione parasternale asse corto e area dell’efflusso Vsin.
Altre parametri di valutazione della gravità della IA (non applicazioni di routine) sono rappresentati da:-Stima
del Volume di Rigurgito e della frazione rigurgitante: differenza tra il flusso aortico (esprime il flusso
anterogrado + quello rigurgitante) e un flusso attraverso un altro orifizio valvolare (rappresenta il solo flusso
anterogrado): calcolo delle gittate sistoliche (prodotto area di sezione x IVT) in aorta e polmonare.
-Ricerca del segnale del rigurgito AO in ao discendente
-Metodo PISA (Proximal Isovelocity Surface Area) calcolo quantitativo del volume di rigurgito mediante il
principio di continuità (convergenza prossimale: studio mediante color doppler del flusso prossimale all’orifizio
di rigurgito aortico) è possibile con questo metodo calcolare l’ERO ( effective regurgitant orifice)

SEVERITA’ DELLA IA E TIMING CHIRURGICO


Nell’insufficienza aortica acuta severa vi è una indicazione all’intervento indipendentemente della funzione
Vsin.
Per quanto riguarda l’insufficienza aortica cronica severa bisogna distinguere tra pazienti sintomatici e pazienti
asintomatici
Nei pazienti sintomatici l’intervento di sostituzione valvolare offre i maggiori benefici, con una elevata
probabilità di recupero funzionale se:
- FE >45%
- Volume telesistolico < 90 ml/mq
- Diametro telesistolico <55 mm
- Rapporto raggio/spessore tdvs <4
- Recente comparsa di sintomi o disfunzione ventricolare (<6 mesi)
I pazienti asintomatici ma con disfunzione ventricolare sinistra (FE<50%) devono essere avviati all’intervento
di sostituzione valvolare. I pazienti asintomatici con normale funzione di pompa ventricolare sinistra(FE>50% )
dovrebbero essere avviati all’intervento se:
- diametro telesistolico>50 mm o<50 mm ma con progressivo incremento del diametro (5 mm) nel follow-up a
6 mesi
- diametro telediastolico > 75 mm
- concomitante dilatazione dell’aorta ascendente (>50 mm)

Si riporta una comprensiva tabella tratta dal JASE 2003 con i parametri qualitativi e quantitativi da prendere in
considerazione per la stima della severità del rigurgito aortico
7

Bibliografia:

1) Bonow RO, Carabello B, De Leon AC Jr,. et al: ACC/AHA guideline for the management of patints with
valvular heart disease; Executive summary. A report of the American College of Cardiology/American
Heart Association Task Force on Practice Guideline. Circulation 98: 1949-1984, 1988.
2) Cheitiln MD, Alpert JS, Amstrong WF, et al: ACC/AHA guideline for the clinical application of
echocardiography; A report of the American College of Cardiology /American Heart Association
.Circulation 95: 1688-1744,1997
3) Otto CM, Burwash IG, Legget ME, et al: prospective study of asintomatic valvular aortic stenosis:
clinical, echocardiographyc, and exercise predictors of outcome. Circulation 1997,95: 2262-70
4) Eugene Braunwald: Valvular Heart disease chapter 46. Heart disease, a textbook of Cardiovascular
th
Medicine, 6 Edition, 2001.
5) Gentile F., Esposti D., La Canna G., Ornaghi M., Pepi M.: insufficienza valvolare aortica: 177-181.
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6) Antonini-Canterin F, Pavan D, Nicolosi GL: Malattie della valvola aortica. In: Nicolosi GL (ed):
"Trattato di ecocardiografia clinica". Piccin Nuova Libraria, Padova, 1999
7) Zoghbi WA, Farmer KL, Soto JG, Nelson JG, Quinones MA: Accurate noninvasive quantification of
stenotic aortic valve area by Doppler echocardiography. Circulation 1986; 73: 452-459
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equation for calculating stenotic aortic valve area. J Am Soc Echocardiogr 1988; 1: 155-157
9) Badano L, Solinas L, Pavan D, Antonini-Canterin F, Zanuttini D: Come fare a ....? Valutare il paziente
con stenosi valvolare aortica con metodica eco-Doppler. G Ital Ecogr Cardiovasc 1998; 8: 15-28
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meaningful than valve area in aortic stenosis? Heart 1999; 82: 9-10
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12) Sprigings DC, Chambers JB, Cochrane T, et al.: Ventricular stroke work loss: validation of a method of
quantifying the severity of aortic stenosis and derivation of an orifice formula. J Am Coll Cardiol 1990; 16:
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15) Chambers J, Bach D, Dumesnil J, et al. Crossing the aortic valve in severe aortic stenosis: no longer
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16) H, Baumgartner, J, Hung, Javier Bermejo et all. Echocardiographic Assessment of Valve Stenosis:
EAE/ASE recommendations for Clinical Practice. JASE 2009
17) Rossebo A B, Terje R P, Burnan C, et all.Intensive Lipid Lowering with Simvastatin and Ezetimibe in
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severity of native valvular regurgitation with two dimensional and doppler echocardiography; J Am Soc
Echocardiogr. 2003 Jul;16(7):777-802.

ADDENDUM E REVISIONE AL MARZO 2014

Dalla stesura della precedente versione sono uscite le nuove linee guida sulle valvulopatie della Societa’
Europea di Cardiologia (ESC versione 2012) e del tutto recentemente (mese di Marzo 2014) della AHA/ACC.
E’ possibile scaricarle entrambe dai rispettivi siti.
Si riportano di seguito comunque alcune tabelle di particolare importanza per quanto riguarda la diagnosi, la
progressione della valvulopatia, i nuovi criteri di appropriatezza dell’utilizzo della metodica ecocardiografica ed
il timing chirugico. Vengono altresì considerate nelle nuove linee guida, la procedura di TAVI (sostituzione
della valvola aortica con tecnica transcatetere) e la nuova entità di stenosi aortica paradossa (stenosi aortica a
basso gradiente e con frazione di eiezione conservata) recentemente confermata dai dati invasici emodinamici
(JACC 2013)

Tabelle dalle nuove linee guida AHA/ACC 2014

Il documento prevede una classificazione della progressione della patologia valvolare in 4 stadi,
analogamente a quanto proposto per lo scompenso cardiaco; dallo stadio A dove ci si trova in presenza di
fattori di rischio fino alla stadio D che rappresenta lo stadio di malattia conclamata.
L’indicazione all’ intervento in pazienti con patologia valvolare (VHD) dipende da
1) Presenza /assenza dei sintomi
2) Severità della VHD
3) Risposta del ventricolo di sinistra/destra al sovraccarico di pressione o volume
4) Effetto sulla circolazione polmonare e sistemica
5) Variazioni nel ritmo cardiaco

Inoltre, esiste un sottogruppo particolare di pazienti caratterizzati da “very severe” stenosi (stenosi serrata)
in cui studi epidemiologici evidenziano una prognosi più sfavorevole in relazione all’incremento della
severità della stenosi stessa.
Vengono riportate di seguito due tabelle (queste tabelle riguardano i pazienti con VHD) con le
raccomandazioni dell’utilizzo (compreso il follow up) della metodica ecocardiografica in pazienti
asintomatici con normale frazione di eiezione argomento assolutamente centrale per criteri di
appropriatezza
9

In questa tabella vengono riportati i criteri attuali (linee guida americane AHA/ACC) dei vari stadi della
STENOSI AORTICA (classificazione delle valvulopatie in 4 stadi di progressione, A-D) applicabili
comunque alla nostra valutazione di paziente con stenosi aortica lieve, moderata, severa asintomatica,
severa sintomatica, con basso flusso e ridotta EF, con basso flusso e EF conservata (cosidetta stenosi
aortica paradossa)

STENOSI AORTICA PARADOSSA: entità caratterizzata da:


1) Riduzione dell’area valvolare (1cm2 o indicizzata: 0.6cm2/m2)
2) Gradiente max<40 mmhg
3) Stroke volume<35 ml/m2
4) Frazione di eiezione >50%
Più frequente nelle donne con ventricoli piccoli, ipertrofici, con pattern di tipo restrittivo e con frequente
compromissione della funzione sistolica globale longitudinale valutata con metodica speckle tracking.
10

Le prossime 4 tabelle sempre tratte dalle linee guida AHA/ACC 2014, riassumono , la prima, l’utilizzo
appropriato (classi e livello di evidenza) della metodica ecocardiografica nei pazienti con stenosi aortica.
In particolare viene enfatizzato l’utilizzo della metodica eco stress sia farmacologico (eco dobutamina a
basse dosi) che fisico.

1) Eco Dobutamina: in tutti i pazienti con stenosi aortica stadio D2 (ridotta EF% ) e cuspidi valvolari
calciche, con ridotta escursione cuspidale , riduzione della area valvolare (1 cm2 o meno) con
gradiente medio<40 mmhg (velocità< di 4m/sec),

1) Eco stress fisico: per valutare le variazioni fisiologiche con l’esercizio fisico (verificare la reale
sintomaticità) in pazienti con stenosi aortica asintomatica con gradiente medio >40 mmhg o velocita
>4 m/sec.

La successiva tabella riguarda il timing chirurgico: da notare, a parte le consolidate indicazione alla
sostituzione nelle classi I, come in classe IIa vi siano:
1) Paziente asintomatici con stenosi aortica severa e basso rischio chirurgico,
2) Pazienti asintomatici con stenosi aortica severa con ridotta tolleranza (o caduta della pressione
arteriosa) alla valutazione esercizio fisico,
3) Pazienti sintomatici con stenosi aortica severa basso flusso/basso gradiente ridotta EF% che hanno
una risposta positiva all’ eco dobutamina (gradiente durante dob >40 mmhg; area valvolare<1 cm2)
4) Pazienti sintomatici con stenosi aortica severa basso flusso/basso gradiente, normotesi e con normale
EF% se i dati clinici, emodinamici ed anatomici supportano l’ostruzione valvolare come causa dei
sintomi (stenosi aortica paradossa).

La terza tabella è un algoritmo decisionale da utilizzare nei pazienti con stenosi valvolare aortica
11
12

Nella successiva tabella vengono riassunte le raccomandazioni per la scelta del tipo di intervento;
chirurgico o trans catetere (TAVI, qui chiamata TAVR). Si ricorda che una volta posta l’indicazione
all’intervento di sostituzione valvolare aortica è il Team Heart Valve che sceglie il miglior atteggiamento
terapeutico.
Le indicazioni delle linee guida americane analogamente alle europee, assegnano la sostituzione con
tecnica transcatetere della valvola aortica ai pazienti:
1) Classe I: pazienti con stenosi aortica severa, sintomatica con rischio chirurgico “proibitivo”
(controindicazione alla chirurgia) e con una aspettativa di vita>12 mesi
2) Classe IIa: pazienti con stenosi aortica severa, sintomatica, con alto rischio chirurgico (logistic Euro
Score 15%-20% o STS score>10).
Si ricorda che il volume di interventi annuali di TAVI in Italia si attesta a poco più di 2000/anno molto inferiore
ad altri paesi europei (Germania circa 6000/anno), condizionato da un evidente bias di valutazione
costo/efficacia.
13

Analogamente per l’ INSUFFICIENZA AORTICA si riportano alcune tabelle di aggiornamento derivate dalle
linee guida AHA/ACC 2014.
Si ricorda altresì come le cause più comuni di insufficienza aortica siano costituite, almeno nei paesi
occidentali, dalla bicuspidia aortica e dalla calcificazione degenerativa aortica; successivamente dalla
dilatazione primitiva dei seni di Valsalva e della aorta ascendente . La malattia reumatica è una altra causa di
insufficienza aortica più importante nei paesi cosidetti in via di sviluppo.
Inoltre per un preciso management dei pazienti affetti da insufficienza valvolari aortica è importante una
1) definizione anatomica delle cause della IA,
2) emodimanica valvolare,
3) valutazione della severità della dilatazione e della funzione sistolica ventricolare sinistra
4) corretta valutazione dei sintomi
Una integrazione clinica ecocardiografica consente nella stragrande maggioranza dei paziente con
insufficienza aortica di rispondere correttamente a queste domande.
In particolare anche nella IA al pari dell’insufficienza mitralica riveste un ruolo centrale il tentativo di
quantificare in modo non invasivo l’entità del rigurgito attraverso l’applicazione del metodo PISA (vedere
come riportato in precedenza) che consente di calcolare l’ERO (effettivo orifizio rigurgitante ) ed il volume
rigurgitante e discriminare in modo preciso tra insufficienze valvolari aortiche lievi-moderate e severe
(ERO<0.20-0.29 cm2 vs >0.30 cm2 vedere tabelle) .

La bicuspia aortica è trattata in dettaglio in una altra sezione di queste dispense. Qui comunque verranno
riportate delle tabelle di aggiornamento ricavate dalle ultime linee guida americane.
14

Per quanto riguarda l’intervento di sostituzione valvolare è bene ricordare che in classe I sono presenti
anche pazienti asintomatici con IA severa e disfunzione sistolica globale (EF%<50%); in classe IIa
pazienti asintomatici con IA severa e EF%>50 ma con severa dilatazione del ventricolo di sinistra
(LVESV: 50mm)
15

Algoritmo decisionale in pazienti con insufficienza aortica

BICUSPIDIA AORTICA ed AORTOPATIA: diagnosi e follow-up

Intervento di chirurgia nella bicuspidia aortica


16

Aggiornamento bibliografico

1) 2014 AHA/ACC Guideline for Management of Patients With Valvular Heart Disease, Executive
Summary: a report of the American College of Cardiology/American Heart Association Task Force on
Practice Guideline. Circulation puplished on line March 2014-
2) ESC/EACTS Guideline versione 2012: guidelines of management of Valvular Heart Disease
3) Invasive Hemodynamic Characteristics of Low Gradient Severe Aortic Stenosis Despite Preserved
Ejection Fraction. Juliane Lauten, MD,* Christian Rost, MD,* Ole A. Breithardt, MD, PHD, Christian
Seligmann, MD, PHD, Lutz Klinghammer, MD, Werner G. Daniel, MD, PHD, Frank A. Flachskampf,
MD, PHD†. JACC Vol. 61, No 17, 2013
4) Low Flow, Low Gradient Severe Aortic Stenosis Despite Normal Ejection Fraction is associated with
severe left ventricular dysfunction as assessed by speckle tracking echocardiography: a multicenter
study: J. Adda, C. Mielot, R. Giorgi, F. Cransas, etc. Circ Cardiovasc Imaging 2012: 27-25 Novembre
22, 2011
5) EAE/ASE Recommendation for the use of Echocardiography in new Transcatheter Intervention for
Valvular Heaert Disease. J.L. Zamorano, L. Badano, C, Bruce. JASE, Sept 2011.
LEZIONE 7B
ENDOCARDITE INFETTIVA
A cura di: E. Cecchi

PREMESSA

L’endocardite infettiva (EI) è una malattia relativamente rara (3-9 casi per 100000 persone nei
paesi industrializzati) gravata da una mortalità ospedaliera tuttora del 20% circa, che ad un anno
sale al 40%. E’ inoltre presente una importante morbilità, di cui l’espressione più severa sono le
lesioni del sistema nervoso centrale su base embolica o emorragica.

Prima di affrontare il ruolo dell’ecocardiografia nell’EI è necessario ricordare alcuni aspetti


essenziali per comprensione e gestione della malattia:

- Stafilococchi e streptococchi rendono conto di circa 80% dell’eziologia, essendo gli


stafilococchi (stafilococco aureo, seguito dai coagulasi negativi) gli agenti attualmente più
frequenti; in risalto anche l’aumento degli enterococchi da correlare all’avanzamento
dell’età.
- Le complicazioni cerebrali sono le più severe e le più frequenti complicazioni
extracardiache; vegetazioni grosse, mobili, in posizione mitralica ed EI da stafilococco
aureo sono associate a rischio aumentato di complicanze emboliche sintomatiche.
- Identificare il microrganismo eziologico è centrale per la diagnosi e per la terapia
appropriata; due o tre emocolture dovrebbero essere eseguite di routine prima di iniziare
la terapia antibiotica.
- Quando è sospettata EI, un esame ecocardiografico di qualità dovrebbe essere eseguito
appena possibile
- Le indicazioni all’intervento cardiochirurgico comprendono la presenza di scompenso
cardiaco, infezione non controllata e prevenzione degli eventi embolici.
- La gestione della malattia dovrebbe coinvolgere un team multidisciplinare con esperienza
cardiologica, cardiochirurgica e di malattie infettive.
- Indicazioni alla profilassi antibiotica sono state limitate alle solo procedure odontoiatriche
per soggetti portatori di protesi valvolare, pregressa EI e con cardiopatia congenita
complessa non sottoposta a riparazione chirurgica.

L’ecocardiografia ha un ruolo chiave nella gestione di tutte le fasi della malattia : la diagnosi
iniziale, il riconoscimento e la previsione delle complicazioni intracardiache ( estensione
perivalvolare e distruzione tissutale valvolare e miocardica, che possono determinare scompenso
cardiaco) ed extracardiache emboliche. Queste stesse complicazioni sono molto importanti nel
determinare il giudizio prognostico e costituiscono la base di molte delle indicazioni all’intervento
cardiochirurgico. Infine l’ecocardiografia è di grande aiuto nella gestione del perioperatorio e del
follow-up successivo ospedaliero e postospedaliero. (Nicolosi, Cecchi, cap EI; Habib, Badano EUR J
Echoc 2010). Qui verranno affrontate soprattutto le problematiche sostenute dall’esame
transtoracico, dato che il transesofageo è trattato in altra sezione.

DIAGNOSI

La diagnosi di endocardite infettiva è ancora attualmente difficile, perché si tratta di


malattia relativamente rara, con interessamento di molti organi e sistemi, con espressioni cliniche
molto varie; la diagnosi si basa sulla ricerca dei quattro elementi fisiopatologici fondamentali: i
fattori predisponenti, il microrganismo responsabile, il danno endo-miocardico ed i segni di
infiammazione. Questi elementi vanno ricercati attraverso una serie di dati che si ritrovano nella
valutazione clinica, laboratoristica e strumentale.
Allo scopo di fornire un punto di riferimento nella diagnosi e nella classificazione delle
casistiche, questi dati sono stati armonizzati nel 1994 nei criteri diagnostici di Duke, che
implementati con alcune successive modifiche sono ancora attualmente accettati dalla
comunità scientifica. In questo senso l’ecocardiografia costituisce, insieme alle emocolture
positive, un criterio diagnostico maggiore, che non va comunque disgiunto da tutti gli altri,
dato che non raggiunge mai una sensibilità ed una specificità diagnostica del 100%.

Quando eseguire l’esame ecocardiografico

L’EI deve essere inizialmente sospettata in un’ampia varietà di situazioni molto diverse tra loro,
che volendo schematizzare, implicano un sospetto clinico iniziale, una successiva valutazione
clinica preliminare e quindi la decisione se passare alla fase diagnostica propriamente detta, che
implica l’esecuzione di un ecocardiogramma di qualità elevata.

Il sospetto clinico iniziale deve essere necessariamente ampio quando sia presente febbre o
attivazione degli indici di flogosi, particolarmente se associati a soffio cardiaco o in presenza di
fattori di rischio di EI (vedi Tabella 1) o di eventi embolici o di sepsi o di nuovi difetti di conduzione.
La valutazione clinica preliminare serve per cercare indizi diagnostici ulteriori, obiettivi ed
anamnestici, che portino verso la diagnosi di EI o verso altre diagnosi; per evitare un eccessivo
numero di indicazioni all’esecuzione di ecocardiogramma, al termine di questa fase è necessario
effettuare una valutazione della probabilità di malattia; se la probabilità di malattia è almeno
intermedia , è necessario passare alla fase diagnostica vera e propria, che comprende l’esecuzione
di emocolture e dell’ecocardiogramma, appena possibile. A nostro avviso l’esame va eseguito
entro 24-48 ore, ma la tempistica deve tenere conto anche e soprattutto dell’andamento clinico:
situazioni di shock settico o cardiogeno necessitano di esecuzione immediata o in urgenza;
situazioni cliniche meno acute, che sono la maggior parte, lasciano la possibilità di programmare
l’esame in tempi brevi.

Anatomia patologica e criteri diagnostici ecocardiografici


I criteri diagnostici attualmente più utilizzati sono quelli di Duke modificati da Li (Tabella 2). In
questi criteri l’ecocardiogramma costituisce un criterio diagnostico maggiore, quindi
fondamentale, in presenza di uno dei tre rilievi seguenti:
- tipica vegetazione
- ascesso endo-miocardico
- nuovo distacco protesico
Queste lesioni vanno pertanto assiduamente ricercate nel sospetto diagnostico di
endocardite infettiva, cercando di ottimizzare al massimo le immagini ecocardiografiche
ottenibili con tecnica transtoracica e ricorrendo alla metodica transesofagea ogni volta che
le immagini non siano adeguate o lascino comunque adito a dubbi. Un atteggiamento
rigoroso permette un’ottima accuratezza dell’esame ecocardiografico, riducendo al
minimo gli esami dubbi, i falsi negativi ed i falsi positivi. L’esame transtoracico risulta
essere ancora oggi fondamentale nella prima fase diagnostica, soprattutto su valvola
nativa: dati dal Registro Italiano della Endocardite Infettiva (RIEI) indicano che l’esame
transtoracico inizialmente è stato diagnostico nel 58% dei casi, essendo i restanti 42%
diagnosticati dall’esame transesofageo.

Vegetazione: è la lesione fondamentale della malattia; si tratta di masserelle costituite da


agglomerati di fibrina, piastrine, cellule infiammatorie ed abbondanti patogeni (da 10 9 a
1010 per grammo di tessuto vegetante). Ecocardiograficamente la presenza di vegetazione
va intesa come massa, tipicamente oscillante, ad ecodensità variabile, impiantata su una valvola o
sull’endocardio murale lungo la traiettoria di flussi rigurgitanti o impiantata su materiale protesico,
in assenza di una spiegazione alternativa. Hanno la densità del miocardio medio e sono
frequentemente associate ad altre alterazioni anatomiche o fisiologiche, come rigurgiti,
ascessi e fistole. Tipicamente sono localizzate sul versante a bassa pressione di un jet
turbolento ad alta velocità; quindi in presenza di sottostante insufficienza valvolare, esse si
ritrovano sul versante atriale delle valvole atrio-ventricolari e su quello ventricolare della
valvola aortica o polmonare.
Soprattutto nella fase iniziale della malattia le vegetazioni possono essere molto piccole o
presentarsi come semplici ispessimenti o noduli, difficili da classificare. In questi casi è
utile ricorrere all’esame transesofageo ed eventualmente ripetere l’esame dopo 7-10
giorni.
Una volta diagnosticata, la vegetazione va analizzata, determinandone la lunghezza, la
mobilità, la densità e l’estensione; questo non è sempre facile e può richiedere una certa
esperienza. Per questo tipo di valutazione è ancora oggi ampiamente utilizzata la
classificazione proposta da Sanfilippo:
a) dimensioni, calcolate su 2 assi ortogonali al lembo valvolare interessato, dalla sezione
asse lungo parasternale
b) mobilità, con punteggio da 1 a 4: VE fissa = 1; VE a base fissa e margine mobile = 2;
VE peduncolata (i cui movimenti, ancorché ampi, restano confinati in unica cavità
cardiaca) = 3; VE prolassante (VE che nei movimenti passa da una camera cardiaca
ad altra, attraverso il rispettivo piano valvolare) = 4
c) estensione, con punteggio da 1 a 4: VE singola = 1; VE multiple su 1 valvola = 2; VE
su più valvole = 3; VE extravalvolari = 4.
d) struttura, con punteggio da 1 a 4: VE calcifica = 1; VE parzialmente calcifica = 2; VE
ecodensa più del miocardio = 3; VE ecodensa quanto il miocardio = 4.
Nello studio originale uno score > 8 sulla mitrale e > 5 sulla valvola aortica erano associati
ad aumento di complicazioni
Come vedremo successivamente le vegetazioni hanno potenzialità emboligena, tanto
maggiore quanto più sono lunghe, mobili, poco dense ed estese. Ai fini di questa potenzialità la
letteratura recente si è concentrata soprattutto sulle dimensioni delle vegetazioni (potenzialità
emboligena sopra i 10 mm e ancora di più sopra i 15 mm) e sulla mobilità, che variamente
associate a variabili non ecocardiografiche (sede mitralica, eziologia da stafilococco aureo,
streptococco bovis, HACEK, Abiotrophia, Candida) sono associate ad eventi embolici e a mortalità
aumentata . In generale la potenzialità emboligena è massima nelle prime fasi della malattia e si
riduce nettamente dopo una settimana di terapia antibiotica efficace. Se la terapia antibiotica è
efficace, le vegetazioni tendono a ridursi di dimensioni fino a scomparire o a diventare più
ecoriflettenti fino a fibrotizzarsi; ma questo non è una regola, visto che nel 50% dei casi le
dimensioni possono restare invariate per lungo tempo. Vegetazioni che aumentano di
dimensioni sono ritenute segno di mancato controllo locale dell’infezione da parte della terapia
antibiotica, sono foriere di complicazioni e costituiscono una indicazione alla chirurgia.
Complessivamente l’ecocardiografia transtoracica è in grado di individuare le vegetazioni
nel 40%-67% dei casi di endocardite, a seconda delle casistiche e della selezione dei
pazienti. L’uso della seconda armonica e l’attuale tecnologia avanzata riducono il numero dei casi
incerti e non diagnostici, ma non permettono risultati simili a quelli dell’esame transesofageo,
fatta eccezione per le vegetazioni su tricuspide del tossicodipendente. L’esame transesofageo
infatti è in grado di identificare le vegetazioni nel 85%-100% dei casi.
Gli esami falsi negativi sono più facilmente dovuti a bassa esperienza dell’operatore, a
vegetazioni piccole o non mobili nella fase iniziale della malattia, o a tecnica di immagine
inadeguata (non transesofageo).
Non tutte le masse visualizzate sulla superficie endocardica sono vegetazioni, ma una
diagnosi differenziale va effettuata con le condizioni riportate in tabella 3.

Ascesso endomiocardico.
Gli ascessi perivalvolari sono una seria complicazione dell’endocardite infettiva con forte
indicazione alla chirurgia. Il loro riscontro costituisce un criterio ecocardiografico maggiore
di endocardite infettiva; sono spesso associati al riscontro di vegetazioni, ma queste
possono anche non essere visualizzate, particolarmente in presenza di materiale
protesico, dove è molto frequente l’associazione con distacco protesico.
Un ascesso viene identificato come un’area ispessita o una massa all’interno del
miocardio o della regione dell’annulus, con un’aspetto disomogeneo oppure ecolucente.
La presenza di uno spazio vuoto è indicativa di uno stadio successivo con completa
colliquazione e svuotamento dell’ascesso in cavità vicine o nel torrente circolatorio. Talvolta sono
presenti concamerazioni. Lapresenza di flusso con il colordoppler nello spazio ascessuale indica la
rottura dell’ascesso e la continuità con il flusso ematico; si può formare così uno
pseudoaneurisma: cavità perivalvolare in comunicazione col lume cardiovascolare, che
ecocardiograficamente è caratterizzata da marcata pulsatilità con collasso diastolico e presenza di
segnale color all’interno.
Gli ascessi coinvolgono più frequentemente la valvola aortica, estendendosi all’annulus
valvolare più spesso a livello della giunzione tra la radice aortica e l’annulus mitralico,
detta fibrosa intervalvolare mitro-aortica. Gli ascessi possono tuttavia trovarsi anche in
altre sedi perivalvolari. Le loro modalità di estensione sono prevedibili; un ascesso
perivalvolare della radice aortica può estendersi al setto interventricolare, al tratto di
efflusso del ventricolo destro, al setto interatriale, al lembo anteriore mitralico.
La sensibilità dell’esame transtoracico nell’identificare ascessi è 50%, quella del transesofageo è
90% circa.
Distacco protesico
E’ questo il terzo criterio ecocardiografico maggiore secondo i criteri di Duke. Sebbene un
certo numero di distacchi protesici possano essere presenti per vari motivi anche in
assenza di endocardite infettiva, il riscontro ecocardiografico di un nuovo distacco nel
corso di una sindrome febbrile infiammatoria ha una specificità molto elevata per
endocardite infettiva, essendo espressione dell’interessamento infettivo della zona di
impianto della protesi, che è spesso molto precoce. Per valutare i distacchi è consigliato l’esame
transesofageo, anche se il transtoracico può essere molto utile per valutare quelli anteriori
all’anello aortico.

Distruzione tissutale.
Altri segni ecocardiografici non sono ritenuti tipici secondo i criteri di Duke, ma possono essere
molto utili per orientare la diagnosi in casi selezionati e dipendono dalla capacità della malattia di
determinare distruzione dei tessuti coinvolti. Questi possono determinare distruzione, prolasso,
perforazione e aneurisma di una valvola.

L’estensione della necrosi infatti può determinare danno tissutale dei lembi valvolari con
lacerazioni o perforazioni, rottura di corde, lembi flail, aneurisma della valvola mitralica e distacchi
protesici.
L’esame transesofageo è la tecnica di scelta per caratterizzare tutte queste complicazioni
ed il meccanismo dei rigurgiti conseguenti. I rigurgiti di una valvola infetta possono essere
determinati: 1. dalle vegetazioni stesse che determinano l’imperfetto collabimento dei
lembi, 2. da distruzione valvolare: da piccole perforazioni, a lacerazione o a completo flail
del lembo o delle cuspidi. 3. da rottura di corde tendinee.
La presenza di un lembo flail è di per sé indicativa di un grado severo di rigurgito e di
prolasso del lembo valvolare nella cavità a monte durante la chiusura della valvola. Le
corde rotte possono essere sovente identificate come piccole masserelle dotate di
movimento indipendente, talvolta difficili da differenziare da vegetazioni. L’aneurisma della
mitrale è una cavità sacculare che si estroflette verso l’atrio sinistro in sistole e si collassa
in diastole; in genere è dovuto ad estensione diretta a colata di infezione della valvola
aortica o indiretta dovuta al rigurgito aortico.

L’estensione della necrosi a partire dalla base delle vegetazioni può anche determinare una
cascata di eventi che possono portare alle complicazioni strutturali perivalvolari (vedi anche
sezione ascesso). Inizialmente tale estensione porta alla formazione di un ascesso. Gli ascessi,
esposti alla elevata pressione pulsatile, possono formare gli pseudoaneurismi. La rottura di ascessi
o pseudoaneurismi in altri spazi anatomici determina la formazione di fistole; raramente gli
pseudoaneurismi si rompono in pericardio con potenziale tamponamento cardiaco.

Altri riscontri ecocardiografici

L’esame transtoracico dovrà inoltre mettere in rilievo ogni ulteriore dato per valutare pienamente
l’importanza emodinamica dei danni valvolari della malattia, in particolare:

- Dimensioni, volumi e funzione ventricolare sinistra


- Quantificazione delle insufficienze e delle stenosi valvolari
- Valutazione della pressione polmonare, funzione ventricolare destra
- Presenza ed entità di versamento pericardico.

Esame transtoracico e transesofageo


Per scegliere correttamente la metodica ecocardiografica più utile nella diagnosi e nella gestione
della endocardite infettiva è utile conoscere alcuni aspetti di tecnica ecocardiografica ai quali si
rimanda. Nell’esame transtoracico di pazienti adulti vengono usate sonde con frequenza di
emissione di 2.5-3 MHz per secondo e la risoluzione dell’immagine risente della distanza, della
capacità di risoluzione del trasduttore, dei disturbi della parete toracica e dei polmoni; questi
ultimi sono particolarmente importanti nei soggetti obesi e con broncopneumopatia, in cui i
polmoni sono ripieni di aria. L’esame transesofageo consente una finestra più vicina con
conseguente più bassa impedenza acustica e possibilità di utilizzare trasduttori ad alta frequenza
(3-7 MHz); questo permette una migliore risoluzione spaziale dell’immagine, con visualizzazione di
strutture di 1 mm di grandezza, ed un migliore frame rate. Sebbene le più recenti apparecchiature
possano raggiungere in situazioni ottimali una risoluzione di 1-2 mm, l’esame transtoracico in
generale non riesce a definire strutture e quindi vegetazioni inferiori a 4-5 mm, soprattutto nelle
zone distanti. Pertanto l’esame transesofageo è superiore all’esame transtoracico nella diagnosi di
endocardite infettiva, specialmente in soggetti con scadente finestra acustica (obesi,
broncopneumopatici), in presenza di protesi valvolari e device endocardici riducendo l’effetto di
shadowing, e in presenza di complicazioni quali ascessi endomiocardici, fistole, pseudoaneurismi,
perforazioni, aneurismi della valvola mitralica. Anche le complicazioni della fibrosa intervalvolare
mitro-aortica sono esplorate meglio con l’esame transesofageo.
La sensibilità dell’esame transtoracico è globalmente del 62%, ma scende sotto il 40% nelle protesi
valvolari ed al 28% nella visualizzazione di ascessi. L’esame transesofageo ha sensibilità
significativamente più alta, rispettivamente del 92%, 84% e 87%, mentre la specificità è
praticamente uguale (95%-96%).
Date queste premesse, l’esame transtoracico è la metodica di scelta iniziale e va sempre effettuato
nella fase diagnostica dell’EI. Dovrà essere seguito da un esame transesofageo ogni volta che
l’esame non è diagnostico o sia negativo in presenza di una probabilità almeno intermedia di
malattia. Anche in caso di esame positivo, in generale si preferisce completare con esame
transesofageo, per valutare più precisamente l’anatomia e ricercare la presenza di eventuali
complicazioni. Può essere un’eccezione il caso di EI tricuspidale isolata del tossicodipendente, che
decorre senza complicazioni.
Anche con tecnica transesofagea la sensibilità e la specificità non sono mai del 100%; esistono
sempre un 5% circa di falsi negativi ed un 8% di falsi positivi (Tabella 3). Per questo motivo l’esame
ecocardiografico (transtoracico e transesofageo nel loro insieme) va inserito nel contesto clinico,
come avviene di fatto nei criteri diagnostici di Duke, che contengono anche una serie di
raccomandazioni tuttora valide per l’uso appropriato della tecnica transesofagea: consigliata in
presenza di protesi valvolari, device endocavitari o quando si sospettano complicazioni.
L’algoritmo diagnostico che ne consegue è riportato in figura 1 ed è del tutto simile a quello
proposto dalla ESC.
La fase diagnostica di un caso sospetto di EI va infine conclusa con cautela ed è talvolta necessario
ripetere l’esame dopo 6-7 giorni, se persiste la situazione clinica in presenza di probabilità di
malattia almeno intermedia.

COMPLICAZIONI

La prognosi del paziente con EI dipende da numerosi fattori che riguardano le caratteristiche del
paziente, del microrganismo e l’evoluzione clinica con le sue complicazioni, spesso individuate
dall’esame ecocardiografico (Tabella 4).

Le linee-guida della Società Europea di Cardiologia del 2009 hanno suddiviso le complicazioni in tre
grandi gruppi, anche in funzione dell’indicazione all’intervento cardiochirurgico (tabella 5 e tabella
6), che in alcuni casi contribuisce decisamente a migliorare la prognosi del paziente: scompenso
cardiaco, infezione non controllata a livello sistemico e a livello locale, eventi embolici.

L’ecocardiogramma è fondamentale nel diagnosticare e nel gestire le complicazioni correlabili allo


scompenso cardiaco, al mancato controllo dell’infezione a livello locale e fornisce informazioni per
prevenire gli eventi embolici.

Scompenso cardiaco.
La presenza di scompenso cardiaco è un forte indicatore di mortalità intraospedaliera ed a 6 mesi.
In generale è dovuto ad insufficienza aortica o mitralica secondarie a distruzione tissutale di vario
tipo o a deficit di coaptazione; piu’ raramente lo scompenso può essere dovuto a shunt o fistole
intracardiache, a stenosi valvolare da vegetazioni ostruttive o a perforazione di un aneurisma
settico del lembo anteriore mitralico; raramente è dovuto a infarto miocardico embolico o a
miocardite.
Dato che lo scompenso cardiaco si osserva nel 50-60% di tutti i casi, questo va ricercato
quotidianamente con un’attenta visita cardiovascolare; l’esecuzione di NT proBNP può dare un
importante supporto in tutti i casi con soffi cardiaci importanti o segni dubbi di scompenso.
Da un punto di vista clinico lo scompenso può essere severo (NYHA 3-4) fino allo shock cardiogeno,
oppure lieve (NYHA 1-2). Nel primo caso l’intervento cardiochirurgico va fatto in emergenza o in
urgenza e va somministrata tutta la terapia medica e di eventuale supporto meccanico previste
nello scompenso cardiaco acuto.
L’ecocardiogramma transtoracico è fondamentale e va eseguito immediatamente quando è
sospettato scompenso cardiaco per confermare la diagnosi e effettuare valutazioni emodinamiche
immediate e nel follow-up. La diagnosi di severità del rigurgito è fondamentale dato che
insufficienze valvolari severe non responsive alla terapia medica sono fatali se non operate
prontamente; la diagnosi deve avvalersi molto dei criteri anatomici (lesioni anatomiche a volte
clamorose) dato che nei rigurgiti acuti possono mancare i segni di severità dei rigurgiti cronici e
possono esserci jet di rigurgito a bassa velocità o di breve durata per la equalizzazione dei
gradienti: atrio-ventricolari nel rigurgito mitralico; ventricolo-aortico nella insufficienza aortica; in
quest’ultimo caso può verificarsi la chiusura mitralica precoce, che nella insufficienza aortica
massiva è un chiaro segnale di destabilizzazione clinica e di necessità di intervento urgente. Le
cavità cardiache non sono dilatate o lo sono poco, se non era già presente una cardiopatia con
impegno emodinamico, e il ventricolo sinistro può essere piccolo ed ipercinetico. Anche il
riscontro di ipertensione polmonare indica un impegno emodinamico importante con necessità di
chirurgia urgente. Quando è già presente un vizio valvolare cronico l’esame transtoracico
permette di definire i meccanismi del rigurgito e la sua intensità, mentre i dati emodinamici
permettono di stabilirne la tollerabilità.
La definizione dell’anatomia valvolare, dei meccanismi di rigurgito e delle complicazioni locali è
spesso effettuata bene con esame transtoracico, ma sarà fatta in modo ottimale con
ecocardiogramma transesofageo, che è necessario prima dell’intervento per permettere una
miglior pianificazione dell’intervento stesso.
Nell’endocardite aortica va sempre esplorata attentamente anche la mitrale per escludere
complicazioni da colonizzazione, quali l’aneurisma del lembo anteriore mitralico, per il quale gli
strumenti diagnostici principali sono l’ecocardiogramma transtoracico e transesofageo.
Il riscontro di gravi lesioni distruttive, insufficienze valvolari massive, ascessi , pseudoaneurismi e
fistole necessitano per lo più di intervento cardiochirurgico in tempi rapidi; la valutazione è
ottimalmente effettuata con esame transesofageo combinato con transtoracico.
Le forme lievi di scompenso in una certa percentuale di casi possono anche improvvisamente
evolvere in forme severe, per progressione del danno tissutale con necessità di chirurgia urgente;
queste forme vanno seguite con valutazione clinica quotidiana ed ecocardiografica frequente; se
non c’è evoluzione, in presenza di insufficienza valvolare mitralica o aortica severa, le linee-guida
consigliano l’intervento elettivo dopo 7-15 giorni di terapia antibiotica.
Nei casi con insufficienza valvolare mitralica o aortica severa senza segni di scompenso cardiaco va
effettuata la terapia antibiotica, con controllo quotidiano della situazione di compenso ed
ecocardiogramma frequente; in questi casi se il decorso non presenta complicazioni l’indicazione
all’intervento cardiochirurgico è elettiva dopo 7-14 giorni di terapia medica. In qualche caso con
decorso particolarmente regolare e buona risposta alla terapia antibiotica, la necessità di
intervento andrà riconsiderata quando la situazione sarà cronicizzata al termine della terapia
antibiotica.
Nei rari casi con lesioni valvolari ostruttive l’ecocardiogramma permette di evidenziare la massa
ostruente e di misurarne l’importanza emodinamica con i gradienti doppler ed il calcolo dell’area
valvolare.
Per i casi di infarto miocardico e di miocardite lo studio della cinesi globale e segmentaria sarà di
grande utilità.

Infezione non controllata.


Può dipendere da infezione non controllata dalla terapia per microrganismi resistenti o al mancato
controllo a livello locale. L’ecocardiografia è diagnostica per quest’ultimo settore, che per lo più
richiede l’intervento cardiochirurgico. In generale è nota in questo settore la superiorità
dell’esame transesofageo.
Infezione non controllata a livello locale.
Si intende la persistenza di febbre e la presenza di vegetazioni in accrescimento o la presenza di
ascessi, fistole o pseudoaneurismi. Tutte queste lesioni sono meglio caratterizzate e diagnosticate
da un esame transesofageo, che va sempre eseguito quando siano sospettate, ad esempio in caso
di febbre persistente o comparsa di nuovo blocco atrio-ventricolare.
Alcuni ascessi di piccole dimensioni e quelli in sede mitralica sono particolarmente difficili da
diagnosticare. Quando le immagini eco (trnsesfageo e transtoracico associati) non siano ancora
diagnostiche, l’esame può essere ripetuto dopo qualche giorno, ma anche la TAC torace può
aiutare nella diagnosi e nel valorizzare i rapporti spaziali perianulari; la PET può evidenziare o
meno la presenza di attività metabolica nelle sedi anatomiche colpite.
Gli ascessi costituiscono la più frequente indicazione chirurgica; l’intervento andrebbe sempre
considerato in questi casi, ma va valutato attentamente anche il rischio operatorio di comorbidità
eventuali ed età; sono descritti casi non operati per rischio elevato, che sono guariti con terapia
antibiotica protratta. Sono aneddoticamente stati trattati con successo senza chirurgia anche
alcuni casi con ascessi piccoli, senza complicazioni e con EI non da stafilococco aureo.
Pseudoaneurismi e fistole in genere si accompagnano a gravi danni valvolari e la mortalità resta
elevata anche dopo intervento cardiochirurgico.

Eventi embolici
Le vegetazioni sono particolarmente fragili e frequentemente si staccano determinando emboli
sistemici in caso di EI sinistra, embolia polmonare settica in caso di EI destra. Le embolie sono
frequenti (20-50% dei casi) e le embolie sistemiche sono gravate da mortalità elevata e da
morbilità con importanti sequele; infatti le embolie sistemiche più frequenti sono quelle cerebrali
e spleniche.
Prevedere la potenzialità embolica è quindi importante, perché fornisce implicazioni prognostiche
e può individuare pazienti da sottoporre a intervento prima che si sia espletato il danno (vedi
tabella 5 e 6, indicazioni all’intervento CCH). Come già detto nel paragrafo sulle vegetazioni,
l’analisi delle caratteristiche di queste secondo i criteri di Sanfilippo può fornire utili indicazioni,
ma attualmente viene data molta importanza alla dimensione: viene considerata a potenzialità
emboligena elevata una vegetazione mobile > 10 mm, essendo a potenzialità ancora più alta le
vegetazioni > 15 mm.
La potenzialità di produrre eventi embolici dipende anche dalla sede mitralica, dal microrganismo
eziologico (stafilococco aureo, streptococco bovis, HACEK, Abiotrophia, Candida) e dal momento di
inizio della terapia antibiotica efficace; infatti durante tale terapia la probabilità di eventi si riduce
in modo esponenziale, diventando poco frequente dopo 2 settimane e molto rara a terapia
ultimata. La frequenza massima di eventi embolici si verifica prima della diagnosi e durante il
primo giorno di terapia; l’intervento preventivo quindi è consigliato nella prima settimana di
terapia antibiotica in alcune situazioni, ma l’evidenza non è elevata (vedi tabella 5 e 6) in assenza
di studi clinici randomizzati. Viene consigliato con evidenza più alta dopo un primo evento
embolico; in questo senso, siccome si ritiene che 20% circa degli eventi embolici sia silente, ne è
consigliata una ricerca sistematica nei primi giorni di terapia antibiotica.
Altre complicazioni

Pericardite. E’ rara e l’ecocardiografia è lo strumento ottimale per diagnosticarla. Pericardite


purulenta può originare da infezione non controllata a livello mitralico o tricuspide. Altre volte può
dipendere da rottura di ascesso o pseudoaneurisma o fistole in pericardio. Questi eventi possono
essere devastanti e l’ecocardiografia permette di seguirne l’impatto emodinamico ed
eventualmente guidarne il drenaggio.

Miocardite. E’ molto rara e dipende da mancato controllo dell’infezione a livello locale, spesso
associata ad ascesso. L’analisi della cinesi globale e segmentaria permette di sospettarla.

Infarto miocardico. E’ una conseguenza rara di evento embolico coronarico o di compressione


coronarica da ascesso o speudoaneurisma , oppure conseguenza di ostruzione coronarica da parte
di vegetazioni aortiche. L’analisi della cinesi globale e segmentaria permette la diagnosi e di
seguirne l’evoluzione nel tempo.

PROGNOSI

PROGNOSI AL MOMENTO DEL RICOVERO

La stratificazione prognostica è molto importante perché in base ad essa si decidono le strategie


terapeutiche, tra cui l’intervento cardiochirurgico, ed i percorsi dei pazienti. Questa passa
attraverso l’analisi delle caratteristiche del paziente, la presenza di complicazioni, il tipo di
microrganismo responsabile e i riscontri ecocardiografici.

Tra i rilievi ecocardiografici importanti da un punto di vista prognostico si annoverano le


complicazioni perianulari, la severa insufficienza mitralica o aortica, la bassa FEVS, l’ipertensione
polmonare, grosse vegetazioni, la severa disfunzione protesica, la chiusura precoce della mitrale o
altri segni di elevata pressione telediastolica ventricolare sinistra.

FOLLOW-UP OSPEDALIERO

L’esame ecocardiografico transtoracico e transesofageo permettono di seguire l’evoluzione


anatomica e fisiopatologica della malattia durante la degenza: entità ed estensione delle
vegetazioni, danni valvolari , entità dei rigurgiti o delle ostruzioni, comparsa ed evoluzione delle
complicazioni perivalvolari; funzione ventricolare sinistra, dimensioni delle cavità, pressione
polmonare. Non è strettamente codificata la frequenza con cui gli esami vanno ripetuti:
sicuramente ogni volta che si sospetta la comparsa di una complicazione; per il resto dipende da
molte delle variabili, che sono implicate nella stratificazione prognostica. Tanto più sono presenti
fattori potenzialmente pericolosi ed evolutivi, tanto più frequentemente andrà eseguito
l’ecocardiogramma. In casi di EI a decorso non complicato, soprattutto su valvola nativa e con
microrganismi non molto aggressivi (ad esempio streptococco viridans), sarà sufficiente eseguire
l’esame una volta alla settimana; altre volte con microrganismi più virulenti o in presenza di
protesi valvolari l’esame va eseguito più spesso.

FOLLOW-UP DOPO LA DIMISSIONE

Al termine del ricovero e prima delle dimissione è consigliata l’esecuzione di un ecocardiogramma


transtoracico che documenti la stabilizzazione clinica e costituisca l’esame basale per il follow-up
successivo. Infatti nel corso dell’anno successivo al ricovero la mortalità resta ancora elevata; gli
eventi che possono capitare sono principalmente una recidiva di EI, scompenso cardiaco, necessità
di intervento cardiochirurgico. Lo scompenso cardiaco e la necessità di intervento sono
decisamente più frequenti nei pazienti con vizio valvolare o con ascesso miocardico o con protesi
valvolare. Per questo motivo le linee-guida della ESC consigliano di eseguire un ecocardiogramma
transtoracico, associato ad una visita, dopo 1,3, 6, 12 mesi dall’evento iniziale.

FORME SPECIFICHE

ENDOCARDITE SU PROTESI VALVOLARE.


Essendo sempre più diffuse le protesi valvolari, si tratta di una forma in costante aumento, che
riguarda attualmente il 20-30% di tutti i casi di EI; la frequenza è uguale per le protesi meccaniche
e per quelle biologiche. Rispetto alla forma su valvola nativa sono meno frequenti le vegetazioni e
sono più frequenti i distacchi protesici e gli ascessi. In generale nelle forme su protesi meccanica
l’infezione inizia a livello dell’anello producendo il distacco, che puo’ successivamente evolvere in
ascesso, pseudoaneurisma e fistola; nelle protesi biologiche l’infezione spesso coinvolge
inizialmente i lembi valvolari (vegetazioni e distruzione dei lembi) e solo in un secondo momento
l’anello.

Tutte queste lesioni possono essere ben visualizzate dall’ecocardiogramma transesofageo, che è
decisamente superiore in questa forma di EI rispetto al transtoracico, che va comunque effettuato
come esame complementare per esplorare le sedi cardiache anteriori e per valutare l’impatto
emodinamico delle lesioni.

ENDOCARDITE INFETTIVA SU DEVICE ENDOCAVITARI

L’endocardite infettiva può coinvolgere cateteri di pace-maker, cateteri di defibrillatori


intracardiaci (ICD), ‘ventricular assist devices’ (VAD) e raramente occluder di difetti interatriali, nei
primi 6 mesi dall’impianto. Si tratta di una forma in rapido aumento, proporzionalmente
maggiore rispetto a quanto atteso dall’aumentata diffusione dei device.
A differenza della semplice infezione che interessa localmente la tasca ed il tessuto circostante, l’EI
su device è una forma sistemica, in cui l’infezione ha interessato l’elettrocatetere. Spesso
l’infezione locale può trasformarsi in EI e la diagnosi differenziale non è sempre agevole. Nella
maggior parte dei casi l’EI è conseguenza di manovre di impianto, sostituzione o altre
manipolazioni, ma non sono infrequenti casi, che si manifestano a grande distanza di tempo da tali
manovre.
Nella presentazione clinica sono frequenti i sintomi localizzati alla tasca e le emocolture positive,
mentre possono mancare completamente i sintomi sistemici e la febbre.

Da un punto di vista ecocardiografico gli elettrocateteri determinano artefatti e riverberi che


rendono difficile la ricerca delle vegetazioni con tecnica transtoracica, che infatti ha una sensibilità
diagnostica solo del 40%; per questo è preferita la tecnica transesofagea: anche la sede atipica
delle vegetazioni (endocardio murale, vena cava) può rendere difficile la diagnosi; è inoltre
importante valutare il convolgimento della tricuspide.

La cura consiste nella terapia antibiotica associata all’estrazione degli elettrocateteri, che
attualmente viene effettuata prevalentemente per via percutanea; è possibile anche l’estrazione
chirurgica, che viene preferita in alcuni centri in presenza di vegetazioni molto grosse ( > 25-30
mm) e in presenza di coinvolgimento tricuspidale con rigurgito severo. L’ecocardiogramma deve
pertanto fornire dati precisi su numero , sede, dimensioni delle vegetazioni e coinvolgimento
tricuspidale. Questo viene effettuato in modo decisamente superiore con tecnica transesofagea,
che deve essere effettuata in combinazione con quella transtoracica, che può fornire informazioni
complementari.

ENDOCARDITE INFETTIVA DESTRA DEL TOSSICODIPENDENTE.


Si tratta di una forma che rappresenta attualmente circa il 10% delle casistiche, in lieve riduzione
rispetto a uno-due decenni fa. Nel tossicodipendente la valvola di gran lunga più colpita è la
tricuspide, ma in un terzo dei casi è coinvolto anche il cuore sinistro; più raro è l’interessamento
della valvola polmonare.
La tricuspide per la sua posizione anteriore è esplorata bene con tecnica transtoracica, che
permette la diagnosi con sensibilità non inferiore all’esame transesofageo; sarà tuttavia
necessario caratterizzare bene le vegetazioni scegliendo le regolazioni più opportune e utilizzando
talvolta proiezioni off-axis; è necessario inoltre valutare le dimensioni e la funzione delle cavità
cardiache, l’entità del rigurgito tricuspidale, la pressione polmonare e l’interessamento dei settori
di sinistra. In caso di interessamento sospetto della polmonare è necessario effettuare l’esame
transesofageo.
La diagnosi differenziale è la stessa indicata nella tabella 3, ma va posta particolare attenzione alla
rete di Chiari ed alla presenza di una valvola di Eustachio prominente.

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Tabella 1. GRUPPI A RISCHIO


Cardiopatia predisponente Anziani (> 65 anni)

Tossicodipendenti attivi ev Devices intracardiaci

Emodialisi Cure mediche ospedaliere

Cure mediche fuori ospedale nei 90 giorni immunodepressione

precedenti

Diabetici Sepsi da microganismi compatibili con EI*

*stafilococco aureo e coagulasi negativi, streptococco viridans e bovis, enterococco, HACEK.


NB. La sepsi da stafilococco aureo merita di per sè una valutazione diagnostica completa con
ecocardiogramma
TABELLA 2a. Criteri di Duke modificati da Li
MAJOR CRITERIA COMMENTS

(Microbiologic)
Typical microorganism isolated from two In patients with possible infective endocarditis, at least two sets
separated blood cultures: Streptococci of cultures of blood collected by separate venipunctures should
viridans, Streptococcus bovis, HACEK group, be obtained within the first 1 to 2 hours of presentation.
Staphylococcus aureus, or community- Patients with cardiovascular collapse should have three cultures
acquired enterococcal bacteremia without a of blood obtained at 5-10 minute intervals and thereafter
primary focus receive empirical antibiotic therapy
Microorganism consistent with infective
endocarditis isolated from persistently
positive blood cultures
Single positive blood culture for Coxiella Coxiella burnetii is not readily cultivated in most clinical
burnetii or phase I IgG antibody titer to microbiology laboratories
Coxiella burnetii >1:800

(Evidence of endocardial involvement)


New valvular regurgitation (increase or
change in pre-existing murmur not sufficient)
Positive echocardiogram (transesophageal Three echocardiographic findings qualify as major criteria: a
echocardiogram recommended in patients discrete, echogenic oscillating intracardiac mass located at a site
who have a prosthetic valve, who are rated of endocardial injury; a periannular abscess and a new
as having at least possible infective dehiscence of a prosthetic valve)
endocarditis by clinical criteria, or who have
complicated infective endocarditis)

MINOR CRITERIA COMMENTS


Predisposition to infective endocarditis that Cardiac abnormalities that are associated with infective
includes certain cardiac conditions and endocarditis are classified into three groups:
injection drug use High-risk conditions: previous infective endocarditis, aortic valve
disease, prosthetic heart valve, coartaction of the aorta and
complex cyanotic congenital heart disease.
Moderate-risk conditions:mitral valve prolapse with valvular
regurgitation or leaflet thickening, isolated mitral stenosis,
tricuspid valve disease, pulmonary stenosis and hypertrophic
cardiomyopathy.
Low or no risk conditions: secundum atrial septal defect,
ischemic heart disease, previous coronary artery bypass graft
surgery and mitral valve prolapse with thin leaflets in the
absence of regurgitation.
Fever Temperature> 38°C (100.4°F)
Vascular phenomena Petechiae and splinter hemorrhages are excluded. None of the
peripheral lesions are pathognomonic for infective endocarditis
Immunologic phenomena Presence of rheumatoid factor, glomerulonephritis, Osler's
nodes or Roth spots
Microbiologic findings Positive blood cultures that do not meet the major criteria.
Serologic evidence of active infection; single isolates of
coagulase negative staphylococci and organism that very rarely
cause infective endocarditis are excluded from this category

TABELLA 2b. Criteri di Duke modificati da Li.

Definite IE
Pathologic criteria:
-Microorganism: demonstrated by culture or histology in a vegetation, or in a vegetation that has
embolized, or in an intracardiac abscess OR
-Pathologic lesions: vegetation or intracardiac abscess, confirmed by histology showing active endocarditis

Clinical criteria:
2 major criteria OR
1 major and 3 minor criteria OR
5 minor criteria

Possible IE
1 major criterion and 1 minor criterion
3 minor criteria
Rejected IE
Firm alternate diagnosis for manifestations of endocarditis OR
Resolution of manifestations of endocarditis, with antibiotic therapy for four days or less OR
No pathologic evidence of infective endocarditis at surgery or autopsy after antibiotic therapy for four days
or less

Does not meet criteria for possible infective endocarditis, as above

Tabella 3. Cause di ecocardiogrammi falsi-positivi

Vegetazioni di Libman-Sacks Vegetazioni reumatiche esuberanti


Endocardite marantica Fibrosclerosi e calcificazioni
Vegetazioni cicatrizzate Rete di Chiari
Trombi Papilloma e fibroelastoma
Strands Corde rotte
Degenerazione mixomatosa marcata S. antifosfolipidi primitiva

TABELLA 4. Indici predittivi di prognosi scadente nella EI


Caratterisitiche del paziente
- età avanzata
- EI su protesi valvolare
- Diabete mellito insulino-dipendente
- Comorbidità ( condizioni generali scadenti, precedenti cardiovascolari, malattia renale o
polmonare)

Presenza di complicazioni della EI


- scompenso cardiaco
- insufficienza renale
- stroke
- Shock settico
- Complicazioni perianulari
Microrganismo
- Stafilococco aureo
- Funghi
- Gram-negativi
Riscontri ecocardiografici
- complicazioni perianulari
- severa insufficienza mitralica o aortica
- bassa FEVS
- ipertensione polmonare
- Grosse vegetazioni
- Severa disfunzione protesica
- Chiusura precoce della mitrale o altri segni di elevata PTDVS

TABELLA 5. Indicazioni e timing chirurgico nella EI di sinistra


Raccomandazioni Timing Classe Livello
A- SCOMPENSO CARDIACO
EI aortica o mitralica con severa acuta insufficienza valvolare Emergenza I B
o ostruzione valvolare, che determinano edema polmonare
refrattario o shock cardiogeno
EI aortica o mitralica con fistola verso una camera cardiaca o Emergenza I B
in pericardio, che determina edema polmonare refrattario o
shock cardiogeno
EI aortica o mitralica con severa acuta insufficienza valvolare Urgente I B
o stenosi e scompenso cardiaco persistente o segni
ecocardiografici di scarsa tolleranza emodinamica ( precoce
chiusura mitralica, ipertensione polmonare)
EI aortica o mitralica con severa insufficienza valvolare Elettivo IIa B
senza segni di scompenso

B – INFEZIONE NON CONTROLLATA


Infezione non controllata a livello locale Urgente I B
Febbre persistente ed emocolture positive dopo 7-10 giorni Urgente I B
Infezioni causate da funghi o organismi multi resistenti Urgente/elettivo I B

C – PREVENZIONE EVENTI EMBOLICI


EI aortica o mitralica con vegetazioni > 10 mm dopo uno o Urgente I B
più eventi embolici nonostante appropriata terapia
antibiotica
EI aortica o mitralica con vegetazioni > 10 mm ed altri fattori Urgente I C
indicativi di decorso complicato (scompenso cardiaco,
infezione persistente, ascessi)
Isolate vegetazioni > 15 mm Urgente IIb C

TABELLA 6. Indicazioni e timing chirurgico nella EI di sinistra su protesi valvolare


Raccomandazioni Timing Classe Livello
A- SCOMPENSO CARDIACO
EI su protesi con severa disfunzione protesica (distacco o Emergenza I B
ostruzione), che determina edema polmonare refrattario o
shock cardiogeno
EI su protesi con fistola verso una camera cardiaca o in Emergenza I B
pericardio, che determina edema polmonare refrattario o
shock cardiogeno
EI su protesi con severa disfunzione protesica e Urgente I B
scompenso cardiaco persistente
Severo distacco protesico senza segni di scompenso Elettivo I B

B – INFEZIONE NON CONTROLLATA


Infezione non controllata a livello locale Urgente I B
Febbre persistente ed emocolture positive dopo 7-10 Urgente I B
giorni
Infezioni causate da funghi o organismi multi resistenti Urgente/elettivo I B
EI su protesi causata da stafilococchi o gram negativi (la Urgente/elettivo IIa C
maggior parte delle Ei precoci)

C – PREVENZIONE EVENTI EMBOLICI


EI protesica con uno o più eventi embolici nonostante Urgente I B
appropriata terapia antibiotica
EI protesica con vegetazioni > 10 mm ed altri fattori Urgente I C
indicativi di decorso complicato (scompenso cardiaco,
infezione persistente, ascessi)
Isolate vegetazioni > 15 mm Urgente IIb C

Figura 1.

Suspected IE

TTE without delay

Prosthetic material involved


+
Image of good quality
+
TTE positive TEE
+
Complications or surgery Pre-test probability
during active IE/not
omplicated causes Low Hight/Intermediate

+
E.Cecchi. Ital Heart J 2004; 5(9):656.62.
1

LEZIONE 8

MALATTIE DEL PERICARDIO E MASSE

A cura di: N. D’Amato

MALATTIE DEL PERICARDIO

Anatomia del pericardio normale


Il pericardio è un sacco fibroso che avvolge il cuore, l’origine dei grossi vasi e lo sbocco
delle vene afferenti ed è formato da una duplice parete: l’esterna o pericardio fibroso o
parietale e l’interna o pericardio viscerale, aderente alle strutture cardiovascolari. I due
foglietti si continuano l’uno nell’altro lungo una linea di ripiegamento del pericardio alla
base del cuore.
Mentre lo strato esterno fibroso del pericardio parietale contribuisce alla fissità del
pericardio stesso nel mediastino, gli strati mesoteliali interni del pericardio parietale e
viscerale, vanno a racchiudere un sottile spazio pericardico contenente una minima
quantità di liquido sieroso, che permette al cuore di eseguire i movimenti di rivoluzione
cardiaca senza attriti, vincolato solo dalla continuità col peduncolo vascolare dei grossi
vasi.
Lo spazio pericardico diviene modicamente più ampio in quelle sedi in cui i foglietti
pericardici vanno a rivestire ed avvolgere vasi e strutture cardiache adiacenti ma non
combacianti tra loro, come accade alla base del cuore dove si rinvengono vari seni
pericardici, di cui il più sviluppato è quello obliquo o traverso, che si colloca tra l’origine
dell’aorta e dell’arteria polmonare e la porzione superiore degli atri.
Di interesse sono anche i rapporti della superficie anteriore del pericardio ed i polmoni. In
particolare esiste una zona pericardica anteriore, extrapolmonare, di forma triangolare,
non in rapporto coi polmoni stessi, sviluppata maggiormente a sinistra, ma quasi del tutto
ricoperta dallo sterno, dalle costole e dalla pleura sinistra, oltreché dai muscoli intercostali.
Dal punto di vista anatomico si determina una via parasternale ed apicale di accesso
diretto al pericardio a livello del V spazio intercostale sinistro.
L’aorta toracica discendente contrae col pericardio solo rapporti di contiguità posteriore,
decorrendo nel contempo anteriormente alle pleure.
Il pericardio è ampiamente vascolarizzato dalle arterie toraciche interne e dalle
diaframmatiche superiori.
L’innervazione è fornita da rami dei nervi frenico, simpatico e vago.

Versamento pericardico
L’efficacia dell’ecocardiografia al letto del malato nella diagnosi di versamento pericardico
(VP) ha storicamente contribuito in maniera determinante alla diffusione della metodica.
Nel contesto dell’emergenza-urgenza diventa fondamentale nel management del paziente
in pericolo di vita (es. tamponamento cardiaco, rottura di cuore, aneurisma dissecante
dell’aorta con rottura in pericardio).
Il pericardio posto anteriormente non produce echi distinguibili da quelli della parete
toracica e del ventricolo destro; il pericardio posteriore e la pleura generalmente
producono un unico eco lineare.
In caso di VP la scarsa ecogenicità del liquido permette il riconoscimento della cavità
pericardica delimitata dagli echi lineari più ecoriflettenti dei foglietti.
Considerando tutti i versamenti pericardici, compresi quelli lievi e saccati, l’ecocardiografia
M e 2D presenta una sensibilità ed una specificità diagnostiche di circa il 90%.
2

L’eco 2D permette una valutazione della distribuzione del versamento nella cavità
pericardica, utile anche nella valutazione semiquantitativa. Tale distribuzione risente della
sede di maggior distensibilità pericardica che generalmente corrisponde alla postero-
laterale, della fissità del cuore al peduncolo dei grossi vasi, della forza di gravità e del peso
specifico del cuore stesso.
Generalmente un VP che aumenta lentamente e progressivamente, si raccoglie prima
posteriormente, poi lateralmente e successivamente anteriormente, circondando
completamente il cuore. Quando il VP è massivo il cuore presenta un tipico movimento
“ondulante” durante la rivoluzione cardiaca.
Ne consegue, a meno di un forte sospetto per la presenza di un VP anteriore saccato, la
necessità di essere molto critici nel valutare un possibile VP anteriore in assenza di un
contemporaneo e chiaro spazio anecogeno posteriore.
La valutazione semiquantitativa di un VP non è agevole, a causa della necessità di
affidarsi a misure bidimensionali per una stima volumetrica, pertanto è consigliabile
esprimersi in quantità con una necessaria approssimazione.
Ciononostante vi sono indicazioni di stima semiquantitativa di comprovata utilità pratica.
La presenza di uno spazio anecogeno minimo, solo sistolico, tra i due foglietti pericardici
non può essere considerato sufficiente per la diagnosi di VP.
La separazione sisto-diastolica dei due foglietti pericardici posteriori fornisce la maggiore
affidabilità diagnostica possibile con M-mode. Il VP supera i 300 cc se è circonferenziale; è
maggiore di 500 cc se in M-mode vi è uno spazio anecogeno diastolico maggiore di 10
mm; se tale spazio è superiore a 20 mm, il VP è maggiore di 700 cc; versamenti
pericardici di entità ancora maggiore occupano anche lo spazio pericardico postero-
superiore, visualizzabile in ecocardiografia 2D come spazio anecogeno ampio retrostante
la parete posteriore dell’atrio sinistro e destro, in proiezione 4 camere apicale.
Nel VP massivo in M-mode si apprezzano movimenti ipercinetici delle pareti del cuore, in
2D si osserva un andamento fluttuante del cuore nel liquido durante la rivoluzione cardiaca
(“swinging-heart”).
L’ecogenicità del VP è variabile; la valutazione è qualitativa, quindi orientativa: tanto più
intensa è l’ecogenicità, tanto più ricco di cellularità è il liquido. Si va dal liquido sieroso
anecogeno, con minima cellularità, ad una modica ecogenicità nei casi di essudato
infiammatorio siero-ematico, fino ad alta ecogenicità nei casi di emopericardio.
La presenza di lacinie fibrose, calcio, fibrina, aria e masse può far sospettare patologie
locali o sistemiche, coerenti con tali rilievi ecocardiografici.
La diagnostica ecocardiografica di VP riserva numerose possibili diagnosi differenziali nei
contesti patologici più disparati: versamenti saccati di piccola entità, ematomi, cisti, tumori,
ernie di Morgagni, dello jatus, grasso pericardico accumulato per lipodistrofia, versamento
pleurico, calcificazione mitralica, megaatrio sinistro, pseudoaneurisma del ventricolo
sinistro. Nei casi di incerta definizione può essere opportuno procedere all’imaging
integrato.
La diagnosi differenziale che più comunemente è importante dal punto di vista diagnostico
e prognostico è quella con l’ampio versamento pleurico.
In caso di riscontro di spazio anecogeno o ipoecogeno posteriore al cuore, è necessario
stabilire la presenza di versamento pericardico, pleurico o di entrambi.
In proiezione asse lungo parasternale il VP si riduce progressivamente verso l’atrio sinistro
e l’aorta discendente viene separata dall’atrio sinistro stesso: ciò non accade nel
versamento pleurico poiché questo si colloca posteriormente all’aorta discendente.
In proiezione asse corto parasternale ed apicale, il VP circonda del tutto i ventricoli e, se
importante, anche gli atri nella porzione postero-superiore; ciò non accade per il v.
pleurico. Al VP si associa spesso ipercinesia delle pareti cardiache.
Si può ricercare la presenza di versamento pleurico con ecografia dal dorso in modo
diretto, in proiezione retrocardiaca sottoscapolare, col paziente seduto/semiseduto. Il
cuore sarà visibile da questa proiezione in presenza di versamento pleurico.
3

In caso di contemporanea presenza dei due tipi di versamento è visibile la linea


iperecogena pericardio-pleurica, che li separa.

Tamponamento cardiaco
Il tamponamento cardiaco (TC) può essere definito clinicamente come la fase di
scompenso cardiaco anterogrado e retrogrado di una compressione cardiaca secondaria a
versamento pericardico ad elevata pressione.
Nella maggior parte dei casi di TC “medico” tale processo si sviluppa in giorni o settimane,
al contrario, nei casi di TC “chirurgico”, la pressione pericardica aumenta rapidamente nel
giro di minuti od ore: il volume di fluido capace di causare il tamponamento varia in modo
inverso rispetto alla “stiffness” del pericardio (nei casi acuti la stiffness è più alta).
Nella sindrome del TC l’ecocardiografia è usata, oltre che per determinare la presenza di
un versamento pericardico, soprattutto per riconoscere la condizione ad alto significato
prognostico di “impending tamponade”, che spesso si verifica quando il paziente è ancora
paucisintomatico.
Poiché il TC costituisce una sindrome a fisiopatologia progressiva, i segni ecocardiografici
utili per la diagnosi, vedono migliorare la loro affidabilità con l’aumentare della gravità
clinica.

Eco2D
Il collasso diastolico delle camere cardiache è uno dei segni più descritti nel TC: è dovuto
alla superiore pressione pericardica rispetto a quella intracardiaca, ma solo nelle fasi del
ciclo cardiaco in cui le pressioni intracavitarie destre fisiologicamente diminuiscono,
rispettivamente la protomesodiastole per il ventricolo destro e la telediastole-primo terzo
della sistole per gli atri.
Il collasso atriale destro è di comune riscontro nei versamenti pericardici, ma non è
correlato ad una specifica fase del tamponamento cardiaco: è altamente sensibile, ma
poco specifico per descriverne il sopravvenire della fase critica; più specifica invece, è la
durata del collasso stesso. Il collasso diastolico ventricolare destro è più specifico di quello
atriale per descrivere la fase critica del TC.
Il collasso diastolico del ventricolo destro si associa ad ipotensione, ridotta gittata e shock
cardiocircolatorio.
Anche la dilatazione della vena cava, con un indice di collasso inspiratorio minore del
50%, è sempre presente nel TC, ma non è specifico della fase critica (sensibilità 97%,
specificità 40%, nella media gravità clinica).
Più improbabile è che si verifichi il collasso diastolico della parete libera del ventricolo
sinistro, a causa dello spessore parietale maggiore di quello del ventricolo destro; quando
ciò si verifica costituisce un segno altamente affidabile di gravità.
Il riscontro in M-Mode e 2D dell’aumento inspiratorio delle dimensioni del ventricolo destro
a scapito di quelle del ventricolo sinistro e reciproco comportamento espiratorio
corrisponde al rilievo clinico del “polso paradosso”. Il fenomeno è espressione
dell’interdipendenza ventricolare e si manifesta nel movimento paradosso del setto
interventricolare .

Eco Doppler
Durante il TC si registra un incremento della velocità inspiratoria del flusso tricuspidale ben
oltre il fisiologico 20%, potendo arrivare fino ad un 40%.
Viceversa il pattern di flusso mitralico inspiratorio presenta una riduzione delle velocità
massime fino al 40% insieme ad un allungamento inspiratorio significativo del Tempo di
Rilasciamento Isovolumetrico, rispetto al comportamento opposto dei due parametri in
espirazione. Con l’aumento della pressione pericardica le variazioni in-espiratorie
diventano più ampie ed in condizioni critiche si può visualizzare la mancata apertura
diastolica della mitrale in inspirazione.
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Pericardite costrittiva

Introduzione
La pericardite costrittiva ( PC) e’ una malattia rara che si manifesta a seguito di recidive di
pericardite acuta, di forme specifiche o più frequentemente come sequela di un intervento
cardiochirurgico. La PC si caratterizza per l’abnorme ispessimento del pericardio associato
a un’importante compromissione del riempimento diastolico. Da un punto di vista
emodinamico la PC è caratterizzata da: aumento delle pressioni diastoliche, riempimento
protodiastolico rapido, che si arresta bruscamente al raggiungimento del limite della
distensione consentita dalla rigidità del sistema (dip-plateau), fluttuazioni respiratorie
reciproche delle pressioni di riempimento nelle cavità cardiache. Questo comportamento
non e’ tuttavia esclusivo della PC in quanto anche la miocardiopatia restrittiva presenta
simili caratteristiche emodinamiche. Generalmente la funzione sistolica e le dimensioni
ventricolari sono conservate, gli atri variabilmente dilatati o normali mentre la vena cava
inferiore appare costantemente dilatata e poco collassabile.

L’Ecocardiogramma M-mode può essere utile nel rilevare segni, peraltro non diagnostici,
quali l’appiattimento meso-telediastolico della parete posteriore del ventricolo sinistro
preceduto da una brusca espansione protodiastolica, anomalie del movimento del setto
interventricolare, una rapida pendenza del tratto E-F mitralico, una apertura prematura
della valvola polmonare. Un altro criterio consiste nel movimento dei foglietti pericardici
che in questa malattia appaiono fusi, spesso iperecogeni e si muovono consensualmente.
L’Ecocardiogramma 2D permette di identificare la presenza di anomalie morfologiche a
carico del pericardio. Lo spessore, che dovrebbe essere marcatamente aumentato, non e’
sempre tuttavia ben documentabile a causa di limiti tecnici legati alla finestra eco o alla
localizzazione focale. Il rilievo di ispessimento del pericardio come unica anormalità non è
sinonimo di PC, pertanto questo segno va ricercato nell’ambito di una valutazione clinica
approfondita.
L’Ecocardiografia doppler fornisce ulteriori elementi di valutazione. Nella PC Il flusso
mitralico tende a presentare un’onda E elevata con rapido tempo di decelerazione; questo
segno peraltro e’ aspecifico in quanto comune ad altre condizioni in grado di aumentare la
pressione atriale sinistra e/o ridurre la distensibilità ventricolare come le forme restrittive.
Ulteriore elemento di valutazione e’ rappresentato inoltre dallo studio delle variazioni del
flusso mitralico durante le fasi del respiro. In ispirio il flusso mitralico si riduce e in espirio
aumenta mentre il flusso tricuspidale, come conseguenza della interdipendenza
ventricolare, tende a comportarsi all’opposto (il volume diastolico globale del cuore e’ fisso
a causa della rigidità pericardica).
Per distinguere la forma restrittiva dalla costrittiva sono stati introdotti anche nuovi concetti
legati all’uso del Doppler tissutale. Infatti nelle forme restrittive l’aumento dell’onda E del
flusso mitralico si associa necessariamente ad una importante riduzione della onda Em
dell’anello mitralico, che e’ un indice di depressione del rilasciamento ventricolare.
Viceversa nelle forme costrittive la velocità Em si mantiene normale e questa caratteristica
può diventare dirimente nella diagnosi differenziale tra le varie patologie.

Ruolo dell’eco nella pericardiocentesi


Possiamo schematizzare i ruoli in cui l’ecocardiografia trova utilità, nella pratica della
pericardiocentesi (PC):

a) ausilio all’indicazione (pre/tamponamento cardiaco);


b) guida all’esecuzione PC (P. eco-assistita/eco-guidata);
c) monitoraggio durante la procedura;
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d) follow-up precoce e a distanza.

Indicazioni alla pericardiocentesi (ESC Guidelines, 2004)

Classe I
Tamponamento cardiaco
Versamento pericardico importante (>20 mm)
Sospetto versamento tubercolare o purulento

Classe IIa
Versamento pericardico moderato (fra 10 e 20 mm) a scopo diagnostico
Oltre che sospetto tubercolare o purulento
Sospetto versamento neoplastico

Classe IIb
Versamento di entità minore (< 10 mm)

Classe III
La dissezione aortica è una controindicazione maggiore
Nell’emopericardio traumatico e nella pericardite purulenta è preferito il drenaggio
chirurgico
Controindicazioni relative includono: coagulopatie non corrette, terapia anticoagulante,
trombocitopenia (< 50000/mm3), versamenti modesti, posteriori, saccati.

La fattibilità della PC guidata da altre tecniche, è alta solo nei versamenti importanti (93%),
mentre la probabilità di successo nei piccoli versamenti ed in quelli solo posteriori, 200-
300 ml, si riduce 58%. La PC eco-guidata ha una percentuale di successo del 97% ed una
incidenza di complicanze maggiori molto bassa (1,2%). L’ecocardiografia rende efficace e
sicura la procedura anche in urgenza: in caso di PC di salvataggio eco-guidata, si ha
successo nel 98% dei casi e nell’82% di essi è la terapia definitiva. Va inoltre considerato
che tutto ciò può essere realizzato anche a letto del paziente.
La scelta del punto di iniezione è fatta in base alla minima distanza tra il trasduttore ed il
pericardio visualizzabile con eco; ciò permette anche di evitare la puntura di strutture vitali
adiacenti al cuore. La PC viene eseguita nel 86% dei casi dalla parete toracica anteriore
con preferenza della regione apicale (71%).
L’eco dimostra la presenza della punta dell’ago in pericardio, sia col monitoraggio della
manovra di introduzione, sia con la visualizzazione dell’ecocontrasto intrapericardico,
provocato da una minima quantità di soluzione fisiologica iniettata per mezzo dell’ago
stesso (meno visibile nei versamenti corpuscolati).
L’introduzione di un catetere pericardico può essere monitorata e la localizzazione della
punta si visualizza per mezzo del color Doppler in fase di aspirazione del versamento
pericardico.
La variazione dell’entità del versamento durante il drenaggio può essere agevolmente
valutata, sia dopo la prima fase acuta, che dopo i drenaggi ripetuti di moderata entità nelle
ore successive.
La pericardiocentesi eco-guidata consiste nell’inserimento dell’ago durante esame
ecografico (in plane/out of plane) eseguito dallo stesso operatore. Nella p. eco-assistita la
puntura è preceduta dalla valutazione ultrasonografica del versamento e del punto più
idoneo per l’inserimento dell’ago. La direzione da imprimere all’ago è solitamente
perpendicolare.

MASSE INTRA ED EXTRACARDIACHE


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Masse intracardiache
Le masse intracardiache comprendono tumori, trombi e vegetazioni endocardiche.
I tumori cardiaci primitivi sono rari, mentre l’interessamento neoplastico del cuore da parte
di neoplasie extracardiache è sicuramente più frequente (20 volte).
La diagnosi di tumore cardiaco, primitivo o secondario, può risultare difficile e complessa,
e richiedere la collaborazione e l’integrazione di competenze plurispecialistiche:
cardiologia, radiologia, chirurgia toracica o cardiochirurgia, oncologia, ecc.
L’ecocardiografia (ECO) costituisce una metodica importante nello studio delle masse,
anche se il suo ruolo si è stato ridimensionato alla luce del progresso tecnologico e della
diffusione di altre metodiche di imaging quali TAC ed RNM.
Dal punto di vista metodologico, la valutazione di una massa mediante ECO deve cercare
di definire i seguenti punti:
1) sede, dimensioni, caratteristiche, ecostruttura (omogenea, disomogenea, presenza di
zone di vacuolizzazione, zone calcifiche, ecc);
2) rapporti con le strutture cardiache: fenomeni di compressione, di dislocazione o di
infiltrazione (perdita del piano di clivaggio), presenza di una capsula, presenza di
versamento pericardico, rapporti con i vasi;
3) diagnosi etiologica probabile e diagnosi differenziale;
4) follow-up.
L’ECO non consente sempre di definire in modo conclusivo l’etiologia di una massa. Nella
pratica clinica possono insorgere problemi di diagnosi differenziale fra masse di diversa
natura, specie nei pazienti con più patologie. La valutazione dei dati forniti dall’ECO si
devono confrontare con l’insieme delle informazioni cliniche e delle altre indagini
strumentali.
Il rilievo di un coinvolgimento delle principali arterie e vene riveste notevole importanza sia
nella prognosi, sia nella terapia.

Trombi
L’ECO transtoracico (TTE) è la tecnica di prima scelta per la valutazione dei trombi
intraventricolari; per la valutazione dei trombi atriali l’ECO transesofageo (TEE) ha
senz’altro maggior sensibilità e specificità.
Le caratteristiche ecocardiografiche di un trombo sono 1) massa a margini ben definiti 2)
visibile durante tutto il ciclo cardiaco 3) contigua ad una zona di miocardio acinetico o
ipocinetico, se ventricolari 4) visibile in più sezioni 5) ecostruttura caratteristica piuttosto
fine ed omogenea, in genere iperecogena, 6) mobilità.
L’analisi qualitativa dell’ecostruttura del trombo può consentire di valutarne l’età: i trombi
recenti hanno in genere ecogenicità granulare, orletto iperecogeno, sono protrudenti e
possono avere il margine libero mobile; quelli più vecchi sono più intensamente ecogeni,
possono assumere forma a stampo e raramente sono protrudenti e/o flottanti in cavità.
Lo studio dell’aspetto morfologico è importante anche per valutare il rischio embolico; i
principali elementi che aumentano tale rischio sono: protrusione del trombo nella cavità,
motilità, aspetto di trombo fresco.
I dati epidemiologici sull’incidenza di trombosi ventricolare sinistra dopo infarto è di circa il
25% negli infarti anteriori; tali dati tuttavia sono stati profondamente modificati dalla
diffusione delle procedure interventistiche di rivascolarizzazione precoce durante infarto
miocardio acuto.

Mixoma
Il mixoma ha sede più frequente nell’atrio sinistro (75% dei casi) specie a livello del setto
interatriale, segue l’atrio destro (18-20%), mentre la localizzazione a livello dei ventricoli si
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attesta intorno al 4-5%. Raramente possono essere presenti mixomi biatriali o multipli, per
lo più nelle forme familiari.
L’ECO è senz’altro la metodica di prima scelta nella diagnosi di mixoma; mediante ECO si
identificano sede, dimensioni, motilità, coinvolgimento delle strutture cardiache ed in
particolare degli apparati valvolari; mediante Doppler e Color-Doppler si rilevano e
quantificano le disfunzioni valvolari eventualmente associate al mixoma.
La valutazione delle caratteristiche tessutali della massa (trama omogenea o
disomogenea, presenza di calcificazioni, estensione e localizzazione delle stesse)
possono fornire elementi aggiuntivi utili, anche se talora non discriminanti, nella diagnosi
differenziale da altre masse.
Nel follow-up l’ECO consente di identificare le recidive, che sono in genere più frequenti
nelle forme familiari (fino al 22% dei casi).

Altri tumori
I tumori primitivi del cuore sono molto rari; più frequentemente hanno sede intracavitaria e
per lo più sono benigni. Il tumore cardiaco più frequente risulta essere il mixoma (45% di
tutti i tumori cardiaci), seguono fibroelastoma, rabdomioma e lipoma; fra i tumori maligni il
più frequente è il sarcoma.
Rabdomioma: E’ il tumore cardiaco più frequente durante l’età pediatrica; da alcuni Autori
è definito come amartoma piuttosto che vera e propria neoplasia.
In genere ha l’aspetto di masse a localizzazioni multiple in più del 90% dei casi e
coinvolgono prevalentemente il miocardio ventricolare;il diametro può variare da alcuni
millimetri fino a diversi centimetri. I rabdomiomi più piccoli possono avere localizzazione
intramurale, mentre quelli di dimensioni maggiori si estendono all’interno della cavità
ventricolare. In un terzo dei casi sono associati a sclerosi tuberosa.
L’ECO consente di identificare una o più masse in genere rotondeggianti, con ecostruttura
piuttosto omogenea che può ricordare quella del miocardio, di definirne i rapporti
anatomici con le strutture cardiache. Sono state segnalate documentazioni
ecocardiografiche di regressione di rabdomioni.
Fibroma: I fibromi si rilevano prevalentemente in età pediatrica, anche se possono essere
riscontrati in soggetti adulti. Sono localizzati all’interno del miocardio ventricolare,
soprattutto a livello della parete libera e del setto interventricolare; in genere non sono
capsulati e contengono zone calcifiche, che ne facilitano il riconoscimento
ecocardiografico.
Fibroelastoma papillare: E’ anche definito papilloma o fibroma papillare; origina dalle
valvole cardiache e non è vascolarizzato. Morfologicamente il fibroelastoma si presenta
come una massa frastagliata con numerose escrescenze papillari facilmente emboligene.
All’ECO ha l’aspetto di una masserella rotondeggiante delle dimensioni di qualche
millimetro, peduncolata e mobile; sono possibili localizzazioni multiple e raramente si
accompagnano ad alterazioni funzionali delle valvole interessate.
Lipoma: Può localizzarsi a livello di qualsiasi struttura cardiaca, e può raggiungere
dimensioni ragguardevoli, in particolare se situato all’interno del pericardio.
Il lipoma intramiocardico si presenta come una piccola massa rotondeggiante ipoecogena
ed è in genere piccolo e capsulato; quello localizzato a livello valvolare può porre problemi
di diagnosi differenziale con altre masse quali cisti, linfangiomi o vegetazioni
endocardiche.

Tumori maligni primitivi del cuore


I tumori maligni primitivi del cuore sono molto rari. Quasi tutti sono sarcomi; i più frequenti
sono gli angiosarcomi; sono spesso localizzati a livello dell’atrio destro o del pericardio.
Il rabdomiosarcoma è secondo per frequenza, può avere localizzazioni multiple, produce
fenomeni ostruttivi di una valvola in almeno una metà dei casi interessati; si presenta
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come una o più masse a contorni irregolari, tende ad infiltrare la parete ed ad aggettare in
cavità.
Il mesotelioma si colloca al terzo posto fra i tumori maligni cardiaci. L’ECO rileva
versamento pericardico e masse ecogene disomogenee pericardiche a componente mista,
prevalentemente solida.

Tumori metastatici
Il cuore costituisce una sede frequente di localizzazione metastatica di neoplasie che
originano da altri organi. Le neoplasie secondarie del cuore sono molto più comuni (circa
20-40 volte) rispetto a quelle primitive; le metastasi possono avere localizzazione
epicardica, endocardica e/o infiltrare la parete miocardica.
Le metastasi cardiache più frequentemente originano dai carcinomi (56%), seguiti da
linfomi (20%), leucemie (12%) , sarcomi (5.5%) e melanomi (4.4%). Le metastasi del
melanoma hanno uno spiccato tropismo cardiaco (50%); con minore frequenza
metastatizzano al cuore il carcinoma broncogeno (30%), della mammella (30%),
dell’esofago (23%), della tiroide (21%).
Le manifestazioni cliniche possono essere molto eterogenee, in relazione alla sede,
dimensioni e caratteristiche della massa metastatica.
L’ECO fornisce un contributo essenziale nella diagnostica delle neoplasie cardiache
secondarie. Essa consente di identificare e quantificare la presenza di versamento
pericardico, di formulare la diagnosi di tamponamento cardiaco, di “costrizione” pericardica
secondaria alla presenza di una massa di tipo neoplastico, di rilevare eventuali
localizzazioni metastatiche intramurali o endocavitarie.
Le caratteristiche principali delle masse neoplastiche secondarie sono: morfologia
eterogenea, irregolare, spesso con estroflessioni e digitazioni, di dimensioni variabili,
assenza di capsula, ecogenicità in genere disomogenea, assenza di netto piano di
clivaggio rispetto alle strutture vicine con aspetti di infiltrazione.

Altre masse intracardiache (cisti etc)


Le cisti sono spesso rilevate occasionalmente. In genere la localizzazione più frequente è
la sede costofrenica destra, ma possono comparire anche nella regione mediastinica
superiore; raramente possono avere rapporti con il cavo pericardico.
L’ECO rileva una struttura paracardiaca rotondeggiante, a contorni netti; l’accuratezza
diagnostica di questa tecnica dipende dalla sede e dalle dimensioni della cisti. TAC ed
RNM sono superiori rispetto all’ ECO, sia per la valutazione dell’estensione della massa
cistica e dei suoi rapporti anatomici con le strutture vicine, sia nel definire le caratteristiche
di densità tessutale.

Masse paracardiache

Teratomi
Questi tumori vengono riscontrati prevalentemente in età pediatrica, e sono in genere
benigni. La maggior parte dei teratomi è extracardiaca o intrapericardiaca.
Dal punto di vista eco si presentano come masse in genere di discrete dimensioni, con
contenuto interno nettamente disomogeneo; il rilievo di una capsula e di un piano di
clivaggio delle strutture vicine è fondamentale per la diagnosi.

Tumori cardiaci ed AIDS


Nei pazienti con AIDS è maggiore la frequenza di linfomi. Anche il sarcoma di Kaposi può
colpire il cuore in forma primitiva nei pazienti con AIDS; è più frequente l’interessamento
epicardico, ma anche il miocardio può essere infiltrato.
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Carcinoide
Il tumore carcinoide in genere non ha localizzazione cardiaca primitiva e raramente dà
metastasi a livello cardiaco; tuttavia le sostanze prodotte da questi tumori possono
provocare un caratteristico quadro anatomo-funzionale conseguente all’interessamento
endocardico o valvolare, in particolare a livello delle sezioni cardiache di destra.
Le valvole risultano ispessite e retratte con disfunzione da steno-insufficienza. La valvola
più colpita è la tricuspide.

Versamento pericardico
E’ molto frequente in associazione alla presenza di neoplasie cardiache maligne. Può
avere composizione siero-ematica o francamente ematica per la tendenza al
sanguinamento delle neoplasie maligne.

Masse intracardiache
FISIOLOGICHE Valvola di Eustachio/Tebesio
Rete di Chiari
Bande muscolari, muscoli pettinati
Plicature pericardiche
FALSE MASSE Noduli sclerocalcifici
Falsi tendini
Cateteri, devices, materiale chirurgico
Aneurisma setto interatriale e interventricolare membranoso
Valvole floppy
Lipomatosi setto interatriale
PATOLOGICHE Cisti
Trombi
Vegetazioni endocardiche
Tumori
Corpi estranei

Masse paracardiache
IPERPLASIA/DISLOCAZIONE DI ORGANI Timo
Tiroide
Ernie di organi addominali
TUMORI Linfomi
Tumori polmonari
Timomi
T. neuroendocrini
Tumori neurogeni
Tumori tiroidei
Metastasi mediastiniche
ALTRE Cisti e pseudo cisti
Pseudoaneurismi
Ematomi
Raccolte purulente, ascessi
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LEZIONE 9
CARDIOPATIE CONGENITE

A cura di: Dott.ssa S. Favilli e Dott. G. B. Calabri

APROCCIO METODOLOGICO

Lo studio ecocardiografico del cuore del bambino con sospetta cardiopatia congenita (CC) deve seguire un
approccio sistematico definito sequenziale segmentario, al fine di identificare la presenza e le caratteristiche
delle malformazioni strutturali congenite. Lo studio inizia con la valutazione del situs viscero-atriale, della
posizione del cuore nel torace e dell’asse cardiaco.

Definizione del situs


Nel soggetto normale il piano sagittale divide il corpo in due metà che sono speculari per quanto riguarda le
strutture muscolari e scheletriche. Tuttavia molti organi all’interno del corpo, anche quelli che sono pari
(come i polmoni, i bronchi e i reni) presentano aspetti distintivi della lateralità. Questa ‘lateralizzazione’ è più
evidente per gli organi impari.Nella grande maggioranza dei soggetti normali il fegato si trova
prevalentemente a destra della linea mediana, mentre lo stomaco e la milza sono localizzate a sinistra. Il
cuore si trova nel mediastino, per i 2/3 dal lato sinistro del torace (levocardia) e con il suo asse lungo che
punta a sinistra.
Nello studio del soggetto con sospetta CC il primo passo è rappresentato dalla identificazioni degli atri. La
morfologia delle appendici auricolari, e il modo con cui si connettono con l’atrio differenziano l’atrio destro o
sinistro. L’appendice morfologicamente sinistra è digitiforme e a uncino, con una base stretta che la connette
alla porzione venosa dell’atrio. L’appendice morfologicamente destra ha una forma triangolare, con una
larga base di impianto.
La morfologia delle appendici auricolari può essere identificata con ecocardiografia, ma questa
identificazione è spesso difficile anche per gli operatori più esperti. Poiché esiste una stretta correlazione
fra la disposizione degli atri e la posizione dell’aorta e dei vasi venosi a livello del diaframma, possiamo
valutare più facilmente la reciproca posizione della vena cava inferiore e dell’aorta in una sezione
trasversale a livello dell’addome superiore. La vena cava inferiore può essere considerata una struttura
propria dell’atrio morfologicamente destro
Si definisce situs solitus la modalità di disposizione degli organi toracici e addominali presente nella
maggioranza degli individui. C’è una lateralizzazione degli organi e degli atri. Il polmone destro è trilobato,
con un bronco corto epiarterioso, mentre il polmone sinistro è bilobato e il suo bronco è lungo e ipoarterioso.
Lo stomaco, la milza e l’aorta discendente sono nella metà sinistra del corpo, mentre il lobo epatico
maggiore e la vena cava inferiore sono a destra della linea mediana. L’atrio posto a sinistra è
morfologicamente sinistro e l’atrio posto a destra è morfologicamente destro. Nel situs solitus, la sezione
trasversale a livello dell’addome superiore documenta la vena cava inferiore a destra e l’aorta a sinistra
relativamente alla colonna.
L’altra modalità di disposizione (situs inversus) si ha nello 0.01% della popolazione. Tutti gli organi del
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corpo sono in posizione speculare (‘mirror image’): il polmone morfologicamente destro, la vena cava
inferiore e il lobo maggiore del fegato si trovano a sinistra, mentre il polmone morfologicamente sinistro, lo
stomaco, la milza e l’aorta discendente sono a destra. Nel cuore, l’atrio morfologicamente destro si trova a
sinistra e viceversa. Normalmente lo stomaco è ruotato e si trova anch’esso in posizione speculare.
Nella sezione traversale a livello dell’addome superiore troveremo la vena cava inferiore a sinistra e l’aorta
a destra relativamente alla colonna.
Eterotassia è la definizione che viene abitualmente utilizzata per indicare una abnorme disposizione viscero
atriale che è diversa dal situs solitus e dal situs inversus.
Si riconoscono due tipi di eterotassia: l’isomerismo destro e l’isomerismo sinistro. Il termine isomerismo si
riferisce allo sviluppo simmetrico di organi che sono normalmente asimmetrici.
In individui con isomerismo sinistro (polisplenia) si possono riconoscere elementi della lateralità sinistra in
entrambi i lati e alcune strutture normalmente riscontrate a destra sono assenti: entrambi i bronchi e i
polmoni sono morfologicamente sinistri; nel cuore, le auricole sono entrambe di tipo sinistro; nella
maggioranza di soggetti si riconoscono milze multiple. Il fegato è una struttura centrale con due lobi
simmetrici, la vena cava inferiore è interrotta in circa il 90% dei casi e il ritorno venoso dalla parte inferiore
(sottodiaframmatica) del corpo avviene attraverso il sistema delle vene azygos o emiazygos, una delle quali,
o entrambe, continuano nel torace per raggiungere la vena cava superiore. Nella maggior parte dei casi
sono presenti malformazioni cardiache: anomala posizione del cuore; vena cava superiore sinistra
persistente; anomalie dei ritorni venosi polmonari che drenano spesso bilateralmente; difetti atrio-
ventricolari; ostruzioni dell’efflusso sistemico.
Nell’isomerismo destro (asplenia) gli organi che normalmente sono asimmetrici hanno bilateralmente una
morfologia destra: due polmoni trilobati; due bronchi corti epiarteriosi; nel cuore, le due auricole sono
morfologicamente di tipo destro; spesso sono presenti due vene cave superiori; la milza è generalmente
assente. In una sezione trasversa dell’addome superiore l’aorta toracica discendente e la vena cava si
trovano entrambe dallo stesso lato, a destra o a sinistra rispetto alla colonna; la vena cava è in posizione
antero-laterale rispetto all’aorta.
Malformazioni cardiache associate sono la regola nell’isomerismo destro. Il ritorno venoso polmonare è
anomalo per definizione, perché manca un atrio sinistro. Altre malformazioni comuni sono: anomala
posizione del cuore; vena cava superiore sinistra persistente; difetto atrio-ventricolare, spesso sbilanciato;
ventricolo destro a doppia uscita, o discordanza ventricolo-arteriosa; ostruzione del tratto di efflusso
polmonare.

Posizione del cuore e dell’apice


Anche se nella maggior parte degli individui due terzi del cuore si trovano nella metà sinistra del torace, in
alcuni soggetti la posizione del cuore può essere anomala. Sulla base della posizione nel torace il cuore può
essere levoposto (levocardia), centrale (mesocardia) e destro posto (destrocardia).
Anomalie della posizione del cuore e dell’asse cardiaco possono verificarsi separatamente, anche se spesso
coesistono.
Nella grande maggioranza degli individui il cuore è levoposto, con l’asse maggiore (e quindi l’apice) che
punta a sinistra. Dopo aver definito il situs viscero-atriale, la posizione del cuore nel torace e la posizione
dell’apice, il secondo momento dello studio è l’analisi del cuore secondo un approccio sequenziale
segmentario.
Tutti i cuori, normali e patologici, possono essere considerati come composti da tre ‘blocchi’ o segmenti
3

maggiori: gli atri, i ventricoli e i grandi vasi. I rapporti fra i segmenti sono: la connessione atrio-ventricolare e
la connessione ventricolo-arteriosa. Per una valutazione completa è necessario inoltre valutare i rapporti fra
le vene (polmonari e sistemiche) e gli atri. Nelle cardiopatie congenite le strutture cardiache possono non
essere nella posizione attesa, e connettersi in modo anormale. E’ quindi necessario riconoscere gli atri e i
ventricoli sulla base della loro anatomia e non sulla base della posizione. In alcuni casi sarà necessario
usare i termini ‘morfologicamente destro’ o ‘morfologicamente sinistro’ piuttosto che ‘destro’ o ‘sinistro’.
Per quanto riguarda gli atri, le auricole rappresentano la componente più costante (vedi sopra).
Dopo aver definito la morfologia e la posizione degli atri, il secondo momento dell’analisi ecocardiografica
segmentaria riguarda lo studio della morfologia e della posizione dei ventricoli. Il ventricolo
morfologicamente destro è caratterizzato da una valvola atrioventricolare (AV) ad impianto più apicale, da
una maggiore trabecolatura, dalla presenza di una banda moderatrice e di tre muscoli papillari, uno dei quali
si inserisce sul setto interventricolare. Il ventricolo morfologicamente sinistro, invece, è caratterizzato da una
valvola AV ad impianto meno apicale, da una superficie più liscia, dalla presenza di due muscoli papillari
(nessuno dei quali si inserisce sul setto), da una forma ellissoidale. Il criterio dell’inserzione valvolare tuttavia
viene a mancare in alcune condizioni (ad esempio nel canale atrio-ventricolare) Occorre definire il tipo e il
modo della connessione AV. Il tipo: la connessione AV può essere bi ventricolare o uni ventricolare.
La connessione bi ventricolare può essere concordante o discordante.
Si parla di connessione AV concordante quando l’atrio morfologicamente destro è connesso con il ventricolo
morfologicamente destro, di connessione AV discordante quando l’atrio morfologicamente destro è invece
connesso ad un ventricolo morfologicamente sinistro. In presenza di isomerismo destro o sinistro la
connessione AV non può essere definita in termini di concordanza o discordanza.
Il terzo momento dell’approccio ecocardiografico segmentario è relativo allo studio delle grandi arterie.
L’aorta è identificata dalla la presenza di un arco, dalla cui parte convessa emergono i tronchi sovraaortici, e
la polmonare dalla presenza di una biforcazione (rami).
Il ramo destro della polmonare è in rapporto con l’arco aortico. In condizioni normali la polmonare è anteriore
e sinistroposta, l’aorta è posteriore e destroposta. Si parla di concordanza ventricolo-arteriosa (VA) quando
dal ventricolo morfologicamente sinistro origina l’aorta e dal ventricolo morfologicamente destro la
polmonare, di discordanza VA quando la sequenza è ventricolo destro – aorta e ventricolo sinistro – arteria
polmonare, di doppia uscita quando entrambi i vasi emergono da un ventricolo e di singola uscita quando è
presente un unico vaso (truncus) o uno dei due è atresico (atresia polmonare o aortica).
Dopo la definizione delle connessioni, l’esame prosegue con la valutazione del setto interatriale e
interventricolare, degli efflussi ventricolare, della morfologia e dinamica valvolare. Anche in età pediatrica è
fondamentale la valutazione del volume e della funzione ventricolare

CARDIOPATIE CONGENITE SEMPLICI

Difetti del setto interatriale


Il difetto interatriale (DIA), nelle sue varie forme, rappresenta il 7-10% di tutte le cardiopatie congenite (CC);
è la CC di più frequente riscontro nell’età adulta mentre può passare inosservato nell’età pediatrica, per
l’assenza di sintomi e la modestia dei reperti obiettivi.
L’entità dello shunt sinistro-destro attraverso il DIA dipende dall’ampiezza del difetto, ma anche dalla
compliance relativa dei due ventricoli, e dal rapporto fra le resistenze sistemiche e polmonari. Un ampio
shunt sinistro-destro a livello atriale determina una dilatazione sia dell’atrio che del ventricolo destro;
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nonostante l’aumentato ritorno venoso l’atrio sinistro non è invece dilatato perché ‘scarica’ attraverso il
difetto stesso.
Ai fini delle indicazioni terapeutiche è molto importante definire non solo l’ampiezza ma anche la sede e
l’anatomia del difetto.
Sulla base della sede vengono distinti quattro tipi di DIA:
a) tipo ostium secundum(OS): interessa la porzione centrale del setto; è il tipo più frequente e rappresenta
da solo circa i 2/3 dei casi. È l’unico difetto candidabile alla chiusura per via percutanea, se l’ampiezza e le
caratteristiche anatomiche lo consentono.
b) tipo seno venoso: il difetto è a livello della porzione alta del setto, generalmente in prossimità dello sbocco
della vena cava superiore; in questo caso una o più vene polmonari possono essere connesse con l’atrio
destro; in particolare è frequente il ritorno anomalo della vena polmonare superiore destra.
c) Tipo ostium primum (OP), considerato una forma parziale di difetto atrio-ventricolare (canale). Il margine
inferiore del difetto è rappresentato dal piano della valvola atrioventricolare. Il DIA OP si associa ad anomalie
dell’apparato mitralico, tra cui il cosiddetto ‘cleft’ del lembo anteriore mitralico, fonte di rigurgito valvolare.
d) Tipo seno coronarico, il tipo più raro (circa il 5% del totale); l’anomalia è caratterizzata dall’assenza della
parete comune normalmente esistente fra una vena cava sinistra persistente e il seno coronarico e l’atrio
sinistro, per cui l’orificio del seno coronarico diventa una comunicazione interatriale, e la vena cava sinistra
persistente drena in atrio sinistro. Una forma minore del difetto è rappresentata dalla fenestratura (unroofing)
del seno coronarico.
La presenza di un DIA è generalmente sospettata all’esame ecocardiografico sulla base del rilievo di una
dilatazione delle sezioni destre, con movimento paradosso o piatto del setto interventricolare (M-Mode e 2D).
Questi segni non sono tuttavia specifici e possono essere espressione di altre condizioni di sovraccarico di
volume delle sezioni destre.
Le sezioni sotto costali risultano particolarmente utili per lo studio del setto perché questo è perpendicolare
al fascio degli ultrasuoni. La sezione 4 camere sottocostale studia il setto nella sua estensione antero-
posteriore. Ruotando il trasduttore di 90° in senso orario si ottiene una sezione sagittale in cui il setto è
rappresentato nella sua estensione superoinferiore.
Utilizzando queste due sezioni sub costali perpendicolari fra loro possono essere identificati difetti della
porzione bassa, media e alta del setto.
In presenza di una finestra acustica sub costale non soddisfacente il DIA tipo cavale superiore può essere
ricercato utilizzando l’approccio parasternale desto: si ottiene una sezione longitudinale del setto e della
vena cava superiore e una precisa valutazione della presenza e dell’ampiezza del difetto settale a questo
livello.
Più raramente il DIA tipo seno venoso è sul versante opposto, in prossimità della vena cava inferiore..
Nei DIA tipo seno venoso è necessario escludere un ritorno anomalo di una o più vene polmonari; molto
frequente è il ritorno anomalo delle vene polmonari destre nella vena cava superiore, in prossimità dello
sbocco in atrio.
Le vene polmonari sono normalmente visualizzate dai seguenti approcci: dall’approccio sub costale è
possibile valutare le vene polmonari sinistre e la vena polmonare inferiore destra; su un piano anteriore
rispetto alla sezione 4 camere si ricerca la vena polmonare superiore destra. In sezione 4 camere apicale si
visualizzano le vene polmonari sinistre e la vena polmonare inferiore destra; con un tilting del trasduttore per
ottenere un piano più anteriore si evidenzia la vena polmonare superiore destra. Partendo dalla sezione
parasternale asse corto e ruotando il trasduttore in senso orario è spesso possibile mettere in evidenza lo
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sbocco delle vene polmonari sinistre in atrio sinistro.


Il DIA tipo OP può essere identificato anche nella sezione 4 camere apicale, che mette in evidenza la
soluzione di continuo a livello della parte bassa del setto interatriale; contemporaneamente è possibile
valutare il rigurgito delle valvole atrio-ventricolari (A-V).
Una insufficienza della valvola A-V sinistra di grado variabile è presente nella maggioranza dei casi ed è
secondaria alle anomalie già citate dell’apparato ‘mitralico’. Il ‘cleft’ mitralico è visualizzato anche in una
sezione asse corto parasternale ‘classica’ a livello della valvola ‘mitrale’, nella quale il lembo anteriore
appare diviso in due porzioni da una soluzione di continuo.
Il DIA tipo seno coronarico deve essere ricercato anch’esso partendo dalla sezione apicale 4 camere e
inclinando il trasduttore in modo da ottenere un piano posteriore: si visualizza un seno coronarico dilatato.
La soluzione di continuità fra la parete del seno e l’atrio sinistro può sfuggire anche ad un operatore esperto
e richiede l’utilizzo di sezioni multiple incluse le sezioni parasternali asse lungo e asse corto.
Sia il DIA OS che il DIA OP possono essere visualizzati anche utilizzando una sezione parasternale asse
corto a livello della radice aortica.
Con Doppler color si identifica immediatamente la direzione dello shunt; il diametro del jet al color è stato
correlato con l’entità dello shunt. In presenza di rigurgito tricuspidalico con Doppler cw, allineando il raggio
sull’immagine color, è possibile valutare il gradiente massimo istantaneo VD-AD che, in assenza di
ostruzione all’efflusso ventricolare destro, corrisponde alla pressione sistolica in arteria polmonare.

Difetti del setto interventricolare


I difetti del setto interventricolare ( DIV ) costituiscono la malformazione cardiaca congenita più frequente
(25% di tutte le CC). I DIV sono classificati sulla base della sede in: a) muscolari, quando sono interamente
circondati da tessuto muscolare
b) perimembranosi quando un bordo è rappresentato dal tessuto fibroso fra l’anello tricuspidalico e l’anello
valvolare aortico. Poiché l’inserzione della valvola aortica forma parte del bordo fibroso, questi difetti sono
necessariamente ‘subaortici’
c) infundibolari; fra questi una variante è rappresentata dai difetti cosiddetti ‘doubly committed’ (questi ultimi
sono difetti subaortici e subpomonari)
La valutazione della sede del difetto richiede l’utilizzo di varie sezioni ecocardiografiche.
I difetti perimembranosi possono estendersi alla porzione di afflusso e/o di efflusso del setto interventricolare.
I difetti doubly committed sono caratterizzati dalla continuità fra la valvola aortica e la valvola polmonare che
costituiscono il tetto del difetto. Possono essere visualizzati nelle sezioni asse lungo, asse corto e obliqua
sub costale paracoronale (quest’ultima sezione evidenzia meglio la continuità fibrosa fra le due valvole
semilunari). Utilizzando le stesse sezioni ecocardiografiche è possibile identificare la eventuale presenza di
un prolasso dei lembi valvolari aortici.
Lo studio ecocardiografico può documentare anche la presenza in prossimità del difetto di strutture che
possono chiuderlo o ridurne l’ampiezza, che nel caso dei difetti perimembranosi sono frequentemente
rappresentate da formazioni pseudoaneurismatiche ad origine dall’apparato tricuspidalico.
Sulla base dell’ampiezza della comunicazione interventricolare e quindi della rilevanza emodinamica dello
shunt, i DIV possono essere divisi in due grandi gruppi: difetti restrittivi e non restrittivi.
I difetti restrittivi hanno un’ampiezza (misurata sull’immagine bidimensionale o considerando il diametro dal
jet al color) inferiore a 1/3 dell’anulus aortico: questo rapido rapporto offre già una informazione grossolana
sulla rilevanza dello shunt.
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Allineando il cursore Doppler cw sull’immagine color è possibile valutare il gradiente pressorio (DP) fra i due
ventricoli mediante l’equazione di Bernoulli modificata. Sottraendo DP dalla pressione sistolica sistemica
(valutata con sfigmomanometro) si valuta la pressione sistolica ventricolare destra (che, in assenza di
ostruzione all’efflusso destro, corrisponde alla pressione sistolica in arteria polmonare).
Se si rileva insufficienza tricuspidalica occorre sempre cercare di stimare la pressione sistolica in arteria
polmonare anche dalla velocità massima del flusso rigurgitante.
Le dimensioni dell’atrio e del ventricolo sinistro forniscono informazioni sull’entità del sovraccarico di volume.
Nei difetti subaortici può verificarsi il prolasso di una o più cuspidi aortiche (generalmente la coronarica
destra o non coronarica), che può manifestarsi con la comparsa di insufficienza aortica. L’insufficienza
valvolare può essere progressiva e richiede quindi un attento monitoraggio. La comparsa di un’insufficienza
aortica rappresenta una indicazione alla correzione chirurgica.
Un’altra possibile complicanza nel corso del follow-up è lo sviluppo di ostruzione muscolare all’efflusso
polmonare, che crea una bicamerazione del ventricolo destro, con due camere a pressione diversa. In
presenza di un ampio difetto interventricolare questa condizione può rappresentare una ‘protezione’ del
circolo polmonare. In questi casi bisogna far attenzione a non porre erroneamente la diagnosi di ipertensione
polmonare. La velocità del flusso attraverso il difetto, infatti, è bassa perché è espressione del gradiente fra il
ventricolo sinistro e la porzione del ventricolo destro a monte dell’ostruzione intraventricolare.
Nei pazienti portatori di DIV perimembranoso (sia in storia naturale, sia dopo correzione chirurgica) è
possibile la comparsa di una stenosi sottovalvolare aortica fibromuscolare o a diaframma, che può essere
progressiva nel corso del follow-up. In questi casi è possibile documentare le comparsa di un eco lineare a
livello del tratto di efflusso ventricolare sinistro, al di sotto del piano valvolare aortico; con color Doppler si
evidenzia l’accelerazione del flusso a questo livello.

Dotto arterioso pervio


Il dotto arterioso pervio ( DAP ) è sempre presente nella vita fetale; nel neonato a termine si chiude
spontaneamente nei primi giorni di vita. Rappresenta circa il 12% dei difetti congeniti. Il dotto connette l’aorta
con l’arteria polmonare in prossimità dell’arteria polmonare di sinistra, può avere diverse morfologie; corto,
lungo, tortuoso, ad ampolla.
All’esame ecocardiografico è possibile studiare il dotto utilizzando diversi piani di studio: sezione
soprasternale; sezione sub costale; sezione parasternale asse corto, a livello dei grossi vasi; sezione
parasagittale (parasternale sinistra alta); in quest’ultima il dotto appare come una continuazione dell’arteria
polmonare nell’ aorta discendente e nel bambino è generalmente possibile misurarne il diametro a livello del
‘colletto’.
Il color Doppler è fondamentale sia per porre la diagnosi che per valutare l’entità e le caratteristiche del
flusso. Se la pressione in arteria polmonare è normale il flusso transduttale sinistro-destro è continuo e
presenta un aspetto a ‘mosaico’ mentre in presenza di ipertensione polmonare il flusso è a bassa velocità, di
colore rosso o blu a seconda della direzione dello shunt.
Un problema a parte è costituito dalla valutazione del significato clinico della persistenza di un DAP nel
neonato pretermine.

Stenosi aortiche (valvolare; sottovalvolare; sopravalvolare)


Stenosi valvolare aortica
La stenosi aortica è la causa più comune di ostruzione all’efflusso ventricolare sinistro e rappresenta il 5%
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delle anomalie cardiache congenite; all’interno di questo gruppo il 75% è rappresentato dalle stenosi a livello
valvolare Le cuspidi aortiche di solito sono tre ma possono variare da una a quattro. L’anomalia più
frequente è rappresentata dalla valvola aortica bicuspide (VAB). La sezione ecocardiografica più utile per la
diagnosi di VAB è la parasternale asse corto a livello della radice e della valvola aortica; in sistole la valvola
bicuspide presenta la tipica apertura definita ‘a bocca di pesce’. In diastole possono invece crearsi falsi
positivi, sia per l’inadeguata visualizzazione della cuspide coronarica sinistra, sia perché la frequente
presenza di un rafe mediano a livello di uno dei lembi valvolari simula la presenza di tre cuspidi.
L’esame deve essere completato utilizzando tutte le sezioni, ricordando che la VAB può essere associata a
coartazione aortica e/o dilatazione dell’aorta ascendente.
Con E 2D nelle sezione asse lungo parasternale il calibro dell’aorta deve essere misurato in fase diastolica a
diversi livelli: anello valvolare (margine interno-interno), seni di Valsalva, anello sopravalvolare o giunzione
sino-tubulare e aorta ascendente prossimale ( margine esterno-interno). In presenza di stenosi valvolare
aortica l’esame deve essere sempre completato dallo studio del ventricolo sinistro (dimensioni, spessore
parietale, massa, funzione ventricolare).
Nel neonato con stenosi aortica severa la valutazione delle dimensioni e della funzione ventricolare sinistra è
cruciale ai fini delle indicazioni terapeutiche (vedi paragrafo ‘Urgenze neonatali’).

Stenosi subaortica fissa


Rappresenta il 25% dei casi di stenosi aortica congenita.
ll tipo più comune è costituito da una semiluna e meno frequentemente da un anello completo di tessuto
fibroelastico. Nel primo caso una membrana fibrosa situata sotto la valvola aortica si estende dal setto al
lembo anteriore della valvola mitrale; l’ostruzione all’efflusso ventricolare sinistro è proporzionale al grado di
protrusione del diaframma nel tratto di efflusso. La forma fibromuscolare è composta da un ispessimento
fibro muscolare che varia da un anello a un tunnel sottovalvolare aortico.
Le sezioni ecocardiografiche più utili sono la parasternale asse lungo, la cinque camere apicale, la
parasternale asse corto a livello del tratto di efflusso ventricolare sinistro sotto la valvola aortica. Il color
Doppler dimostra che la turbolenza inizia prima della valvola.
Anche in questo caso l’ipertrofia ventricolare sinistra è un indice indiretto dell’entità dell’ostruzione.
La valvola aortica può essere danneggiata a causa dell’accelerazione del sangue dovuta all’ ostruzione
sottovalvolare; la presenza di un rigurgito aortico deve essere attentamente sorvegliata nel corso del follow-
up. La comparsa e la progressione di un rigurgito aortico rappresentano infatti una indicazione all’intervento
anche in presenza di ostruzione moderata all’efflusso sinistro.
Stenosi sopravalvolare aortica
E’ una condizione rara, presente nel 2 – 3% dei pazienti con stenosi aortica congenita, e frequentemente si
associa alla sindrome di Williams. La variante più comune è caratterizzata da un anello fibromuscolare
subito al di sopra dei seni di Valsalva; un'altra variante è la membrana fibrosa; la variante estrema è
l’ipoplasia dell’aorta ascendente. La stenosi può coinvolgere l’ostio delle coronarie determinando un
ostruzione. Inoltre, nei casi con restringimento severo del calibro del lume aortico, le arterie coronariche
possono andare incontro ad una dilatazione; l’origine e il primo tratto delle arterie coronarie devono quindi
essere attentamente valutati nel corso del follow-up.
Le sezioni ecocardiografiche più utili sono: la parasternale asse lungo, seguendo il decorso dell’aorta
ascendente; la parasternale asse corto per valutare anche il coinvolgimento e l’ eventuale dilatazione delle
arterie coronarie; la parasternale destra; la soprasternale per valutare l’aorta ascendente e arco. Per
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quantificare l’entità della stenosi valuteremo con Doppler continuo il gradiente all’efflusso ventricolare sinistro,
utilizzando le sezioni apicale 5 camere, parasternale destra e soprasternale.
Anche in questo caso l’esame ecocardiografico deve comprendere uno studio completo del ventricolo
sinistro.

Coartazione aortica
La coartazione aortica (COA), che è considerata erroneamente una ‘cardiopatia congenita semplice’, occupa
il sesto posto nella graduatoria di tutti i difetti cardiaci congeniti.
Rappresenta 8 % di tutte le cardiopatie congenite, con un rapporto maschi/ femmine 2:1.
Una cortazione severa costituisce una urgenza cardiologica neonatale (vedi paragrafo urgenze neonatali).
La coartazione aortica può raramente essere diagnosticata per la prima volta nell’età adulta, in casi in cui un
ricco circolo collaterale alimenta la circolazione degli arti inferiori.
La presenza di una COA dovrebbe pertanto essere sempre esclusa in giovani adulti con ipertensione
arteriosa. Anche in presenza di una valvulopatia aortica (valvola aortica bicuspide) con una dilatazione
dell’aorta ascendente prossimale è necessario escludere una coartazione associata.
La visualizzazione della riduzione del calibro istmico dall’approccio soprasternale è di solito possibile nel
bambino ma è ottenuta più raramente nell’adulto. L’immagine tipica dello ‘shelf’, utilizzando una sezione
parasagittale parasternale asse corto alta è anch’essa di difficile esecuzione nel soggetto adulto.
Il rilievo dall’approccio soprasternale di un flusso turbolento in aorta discendente, indirizza il sospetto verso
la COA e consente di allineare il raggio Doppler cw. Quando l’ostruzione è severa, il segnale Doppler
presenta una elevata velocità sistolica, e continua in diastole (run-off diastolico). In sistole è spesso visibile
un doppio contorno del segnale legato alla contemporanea registrazione del flusso pre e poststenotico.
Tuttavia, anche in presenza di una coartazione serrata, la velocità al Doppler cw può non risultare elevata,
sia per una probabile riduzione di flusso attraverso il segmento coartato, sia a causa della ricchezza dei
circoli collaterali. Inoltre la velocità è ridotta in presenza di disfunzione ventricolare sinistra (che è spesso
presente nella COA ‘critica’ del neonato. In questi casi, che rappresentano una delle cause di urgenza
cardiologica neonatale, l’assenza di un gradiente elevato non deve far sottostimare la gravità della
cardiopatia.
In presenza di una valvola aortica bicuspide stenotica, coesistente con la coartazione, la velocità a monte
della coartazione deve essere considerata per il calcolo del gradiente. In questo caso: DP= 4 (v2- v1)2
Il flusso dell’aorta addominale, che in presenza di ostruzione emodinamicamente significativa presenta un
aspetto ‘poststenotico’, con rallentamento della fase di ascesa e segnale diastolico anterogrado, deve
essere sempre valutato quando si sospetta una COA. Nel neonato tuttavia la presenza del dotto può rendere
meno evidente l’alterazione del pattern di flusso in aorta addominale.

Stenosi polmonare
La stenosi polmonare rappresenta il 10% delle cardiopatie congenite e la stenosi valvolare polmonare è la
variante più comune. E’ dovuta a una fusione delle commessure. Nella forma più severa questo porta alla
formazione di un ‘cono’ fibroso, che in sistole si proietta nel tronco polmonare. I lembi valvolari possono
essere sottili e elastici, ovvero ispessiti e ‘rigidi’ (valvole polmonari displasiche).
Le sezioni ecocardiografiche più utili sono la sezione sottocostale paracoronale e la sezione asse corto
parasternale a livello dei grossi vasi.
Con E. bidimensionalei segni diretti sono la presenza di una valvola ispessita, l’apertura sistolica a cupola
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dei lembi che non raggiungono la parete dell’arteria polmonare, l’eventuale presenza di un anulus polmonare
piccolo.
Segni indiretti sono la dilatazione del tronco dell’arteria polmonare post valvolare e l’ipertrofia del ventricolo
destro.
Nella stenosi severa del neonato oltre alla depressione della funzione contrattile, può coesistere una fibrosi
subendocardica e fibrosi dell’apparato tensore della valvola tricuspide.
Al color Doppler si visualizza un getto turbolento e la sua direzione risulta utile per allineare il Doppler
continuo e calcolare il gradiente transvalvolare massimo e medio.
Altre forme di stenosi polmonare, più rare, sono:
- la stenosi infundibolare, ben visibile con l’ecocardiografia bidimensionale utilizzando nuovamente le sezioni
sub costale paracoronale e parasternale a livello dei grossi vasi
- la stenosi polmonare sopravalvolare, rara, frequentemente associata alla sindrome di Williams..
Lesioni distali sono spesso valutabili con difficoltà all’esame eco. In presenza di rigurgito tricuspidalico
valutando con Doppler continuo la velocità del jet rigurgitante è possibile calcolare la pressione sistolica in
ventricolo destro, segno indiretto dell’entità della stenosi.

CARDIOPATIE COMPLESSE
Si tratta di un gruppo molto polimorfo di anomalie complesse della struttura cardiaca.
Ci limitiamo a considerare alcune condizioni di più frequente riscontro.

Difetto atrioventricolare (‘canale’ AV)


I difetti atrioventricolari hanno come caratteristica anatomica comune la presenza di una giunzione
atrioventricolare unica.
Si distinguono forme parziali e forme complete. Le forme parziali sono caratterizzate dalla presenza di un
difetto interatriale ostium primum e da due orifici atrioventricolari separati.
Nel difetto atrioventricolare completo (canale AV completo) l’orificio atrioventricolare è comune, è presente
un DIA OP e un DIV tipo inlet non restrittivo.
Alcuni Autori distinguono forme intermedie, caratterizzate da un DIA OP, da un DIV restrittivo e da due orifici
atrioventricolari separati.
In tutte le firme di difetto atrioventricolare la valvola atrio-ventricolare è in realtà una valvola comune,
costituita da cinque lembi: lembo superiore ‘a ponte’, inferiore ‘a ponte’ (bridging leaflets), lembi superiore e
inferiore destro, lembo murale sinistro. Nelle forme incomplete i margini altrimenti liberi dei lembi ‘a ponte’
sono uniti e quindi la valvola comune è divisa funzionalmente in due orifici. Quello che definiamo
‘fissurazione’ del lembo anteriore è in realtà espressione del fatto che la valvola atrioventricolare sinistra
(che non è quindi una vera valvola mitrale) è costituita da tre lembi: il lembo murale sinistro e metà di
ciascuno dei due bridging leaflets.
La diagnosi ecocardiografica di difetto atrioventricolare è relativamente semplice utilizzando le sezioni 4
camere apicale e sub costale, ma può essere più difficile la valutazione precisa e completa di tutte le
caratteristiche della lesione.
In particolare è sempre necessario precisare:
- la presenza e l’entità della comunicazione a livello atriale e ventricolare
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- le dimensioni e la funzione dei ventricoli


- la morfologia e la funzione della valvola atrio-ventricolare (stenosi, insufficienza) e la sua relazione
con i ventricoli (se cioè è presente un orificio unico o due orifici separati, e la rispettiva ampiezza)
- l’eventuale ostruzione agli efflussi ventricolari. E’ necessario ricordare che l’efflusso ventricolare
sinistro è più lungo (per la dislocazione anteriore dell’aorta) e più stretto, anche se prima della
correzione non troviamo generalmente un gradiente all’efflusso. L’aspetto ‘allungato’ del tratto di
efflusso ventricolare sinistro (cosiddetto aspetto a ‘goose-neck’) si evidenzia bene dall’approccio sub
costale
- la presenza di lesioni associate
Nel difetto atrioventricolare completo la sezione sub costale asse e corto e parasternale asse corto
documentano la tipica immagine della valvola atrio-ventricolare comune.
In particolare, utilizzando una sezione sub costale parasagittale, angolata leggermente a destra rispetto al
piano che evidenzia l’efflusso sinistro, si ottiene una immagine ‘en face’ della valvola atrioventricolare
comune. L’analisi dei rapporti fra il lembo a ponte superiore e il setto interventricolare è alla base della
classificazione di Rastelli in tre tipi:
a) TIPO A: il lembo a ponte superiore è legato da corde tendinee alla cresta del setto interventricolare
b) TIPO B: il lembo a ponte superiore si estende più verso il VD, non presenta corde inserite sulla
cresta del setto ma è supportato da un muscolo papillare anomalo nel VD, che nasce dalla trbecola
setto marginale
c) TIPO C: il lembo a ponte superiore è libero da inserzioni sul setto (‘free-floating’)

Con esame Doppler color si evidenzia l’ampiezza e la direzione dello shunt a livello atriale e ventricolare, la
presenza e il grado di rigurgito della valvola atrio-ventricolare, l’eventuale ostruzion agli efflussi ventricolari

Difetto atrioventricolare ‘sbilanciato’


Nella maggior parte dei casi, sia quando è presente un orificio valvolare comune sia in presenza di due orifici,
le componenti destra e sinistra della giunzione AV hanno un’area comparabile e i due ventricoli hanno un
volume simile (difetto AV ‘bilanciato’).
In una minoranza dei casi la giunzione è correlata prevalentemente con il ventricolo destro (‘dominanza
destra’) o con il ventricolo sinistro (‘dominanza sinistra’).
La dominanza destra è generalmente associata con una significativa ipoplasia del ventricolo sinistro e delle
strutture aortiche. Nei casi di dominanza sinistra si ha una ipoplasia di vario grado del ventricolo destro e
delle strutture polmonari. Una caratteristica morfologica del difetto atrioventricolare con dominanza sinistra è
il malallineamento del setto interatriale rispetto al setto interventricolare, ben evidenziabile con E in sezione
apicale 4 camere.
Utilizzando la sezione sub costale asse corto per la visualizzazione ‘en face’ della valvola atrioventricolare è
possibile valutare e misurare l’area delle due componenti, destra e sinistra, della valvola AV, Questa
informazione è indispensabile per il chirurgo per definire la fattibilità di una correzione ‘a due ventricoli’.

Ritorno venoso polmonare anomalo


Il ritorno venoso polmonare anomalo totale (RVPAT) è una cardiopatia rara (2% delle CC totali), nella quale
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tutte le vene polmonari drenano nelle sezioni destre


Più difficile è stabilire la prevalenza del ritorno venoso anomalo parziale, di solito associato ad un difetto
interatriale tipo seno venoso.
Si distinguono grossolanamente tre tipi di ritorno venoso anomalo:
1) sopracardiaco (il più comune, rappresenta da solo il 50% dei casi)
2) intracardiaco
3) sottodiaframmatico
Nella forma più comune di RVPAT sopracardiaco le vene polmonari confluiscono insieme in un condotto
dietro l’atrio sinistro (che è stato denominato ‘vena orizzontale’); da qui, una ‘vena verticale’ decorre fino alla
vena brachiocefalica di sinistra, che quindi si connette con la vena cava superiore. Comune è anche il ritorno
delle vene polmonari direttamente nella vena cava superiore. Il decorso del ritorno venoso polmonare
anomalo è molto importante per la possibilità di ostruzioni.
Una volta posto il sospetto di ritorno venoso anomalo occorre precisare:
1) la sede o le sedi del ritorno anomalo, e se questo coinvolge tutte le vene polmonari
(RVPAT)
2) se il RVPAT è ‘isolato’ o se fa parte di una malformazione cardiaca più complessa.
Ricordiamo che il RVPAT è spesso presente in quadri di isomerismo destro , nei quali
la presenza di CC complesse è quasi la regola
3) se il ritorno venoso polmonare presenta zone di ostruzione nel suo percorso anomalo.
Una ostruzione è quasi sempre presente nei casi di RVPAT sottodiaframmatici.
Nelle sezioni 4 camere apicale e sub costale si documenta la dilatazione delle sezioni destre. Le sezioni
sinistre sono di dimensioni ridotte; in particolare si evidenzia un atrio sinistro piccolo, nel quale non si
riconoscono ritorni venosi.
In presenza di RVPAT lo shunt a livello della comunicazione interatriale, che può essere più o meno ampia,
è obbligatoriamente destro-sinistro e questo è uno dei criteri maggiori di sospetto. Non si documenta flusso
da ritorno venoso in atrio sinistro. Le sezioni nelle quali possono essere ricercati i ritorni venosi sono diverse,
e devono essere tutte utilizzate: 4 camere sub costale, 4 camere apicale, parasternale asse corto a livello
dei grossi vasi modificata, soprasternale. La sola immagine bidimensionale può trarre in inganno. Il color
Doppler è importante per ‘seguire’ il flusso venoso, e quindi documentare o escludere la presenza di ritorni
venosi in atrio sinistro.
Il color Doppler è infine essenziale per la ricerca di eventuali turbolenze che indichino una ostruzione del
ritorno venoso.
Il RVPAT può rappresentare una urgenza neonatale, in particolare quando il ritorno venoso anomalo è
ostruito.

Tetralogia di Fallot
La Tetralogia di Fallot (TF) rappresenta circa il 3.5% delle CC nei nati vivi. E’ caratterizzata da ampio difetto
interventricolare, ostruzione del tratto di efflusso ventricolare destro, destroposizione dell’aorta che si
presenta ‘a cavaliere’ del setto interventricolare, ipertrofia del ventricolo destro. Dal punto di vista anatomo-
patologico la caratteristica fenotipica è rappresentata dalla deviazione anteriore e cefalica del setto di
efflusso.
Dall’approccio sub costale, una sezione paracoronale o obliqua destra (ottenuta ruotando il trasduttore circa
90° in senso antiorario rispetto alla sezione 4 camere) dimostra la presenza e il grado della riduzione di
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calibro dell’efflusso destro, sia a livello dell’infundibolo che dell’anello valvolare polmonare e del tronco
polmonare.
Sempre utilizzando la stessa sezione sub costale paracoronale è possibile visualizzare il difetto
interventricolare che generalmente è ampio ed è localizzato direttamente sotto la cuspide aortica coronarica
destra.
Nelle sezioni asse lungo parasternale e apicale 4 camere con aorta, si evidenzia l’aorta ‘a cavaliere’ del
setto interventricolare e si valuta il grado di overriding.
In sezione parasternale asse corto è possibile valutare il calibro sia dell’anello valvolare e del tronco
polmonare che dei rami polmonari. Anomalie associate, come l’agenesia della valvola polmonare e la
dilatazione del tronco e dei rami polmonari (absent pulmonary valve syndrome), possono essere ugualmente
identificate.
Il calibro e la confluenza delle arterie polmonari devono essere studiati anche dall’approccio soprasternale,
con sezioni trasversali all’arco aortico.
Nel 25% dei casi di TF l’arco aortico è destro posto.
L’ostruzione all’efflusso destro è spesso di tipo ‘misto’, a livello infundibolare, valvolare, eventualmente
sopravalvolare. Con Doppler cw si valuta il gradiente (massimo istantaneo e medio) all’efflusso destro.
Quando l’atruzione all’efflusso destro è minima/lieve la fisiopatologia è quella di un difetto interventricolare
(Fallot ‘rosa’). All’altro estremo, quando l’struzione è completa, la condizione rappresenta la forma più
comune di atresia polmonare con DIV.
Nel piccolo bambino, in presenza di un dotto pervio (color Doppler) è necessario considerare l’apporto del
flusso trasduttale alla portata polmonare.

Atresia polmonare con DIV (AP/DIV)


La AP/DIV rappresenta circa il 2% delle CC. La combinazione di atresia della valvola polmonare e DIV può
essere considerata la forma più severa di TF. Diversamente dalla TF , nella AP/DIV sono frequentemente
presenti anomalie importanti del calibro e della distribuzione dei vasi polmonari, con la presenza spesso di
grossi collaterali sistemico-polmonari che riforniscono tutta o in parte la circolazione polmonare.
L’esame ecocardiografico consente la diagnosi iniziale, ma non permette generalmente di definire con
precisione la vascolarizzazione polmonare.
Come descritto nella TF il setto infundibolare è dislocato anteriormente ma nella AP/DIV l’infundibolo termina
a fondo cieco. Dall’approccio soprasternale si ottengono informazioni sulla presenza e sulla confluenza delle
arterie polmonari. La valutazione della vascolarizzazione polmonare è più difficile quando le arterie
polmonari non sono confluenti, o sono molto ipoplasiche e quando sono presenti collaterali maggiori
sistemico-polmonari (MAPCAs).

Trasposizione delle grandi arterie (TGA)


La TGA è caratterizzata da discordanza ventricolo-arteriosa (in presenza di connessione
atrio-ventricolare concordante). Il ventricolo destro è quindi connesso con l’aorta e il ventricolo sinistro con
l’arteria polmonare. I grossi vasi emergono tipicamente side-by-side, o ‘a canne di fucile’, con l’aorta in
posizione anteriore e a destra dell’arteria polmonare. (D-trasposizione).
La TGA può essere isolata (50% dei casi) o associata ad altri difetti cardiaci (difetto interventricolare, stenosi
polmonare, ostruzione dell’arco aortico). Il difetto interventricolare più frequentemente associato è quello
perimembranoso, con malallineamento setto-aorta.
13

Se il setto interventricolare è intatto, alla nascita la criticità del quadro è legata non tanto all’entità del flusso
transduttale, ma all’entità del mixing a livello atriale attraverso il forame ovale: il rilievo di un forame ovale
piccolo, o comunque inadeguato, costituisce indicazione ad una settostomia (che può essere eseguita anche
sotto guida eco), o – se questo non è possibile- al trasferimento urgente del neonato al Centro di riferimento.
Dall’approccio sub costale, una sezione obliqua sinistra (sezione longitudinale leggermente ruotata in senso
orario ed inclinata verso la spalla sinistra del paziente) è particolarmente utile per valutare l’anomala
connessione ventricolo-arteriosa. In tale sezione sono visibili entrambe le grandi arterie che emergono
parallele ed in maniera discordante, con l’ aorta posizionata a destra dell’arteria polmonare; quest’ultima è
riconoscibile per l’origine del suo ramo sinistro che si porta posteriormente e a sinistra.
Le sezioni asse lungo, sia parasternale sinistra che sub costale, sono le più idonee ad evidenziare la
presenza di un difetto interventricolare perimembranoso associato.
Una eventuale ostruzione all’efflusso ventricolare sinistro, più frequentemente sottovalvolare (che in
presenza di TGA determina una stenosi sottopolmonare) può essere evidenziata utilizzando la sezione asse
lungo parasternale, la sezione ‘5 camere’ apicale, oltre alla sezione obliqua sinistra sub costale ricordata in
precedenza.
Le sezioni soprasternali sono fondamentali per evidenziare ostruzioni dell’aorta toracica , associate in una
minoranza dei casi (coartazione aortica; interruzione dell’arco).
Lo studio del pattern coronarico viene effettuato principalmente con sezioni in asse corto parasternale.

Trasposizione congenitamente corretta delle grandi arterie


La trasposizione congenitamente corretta delle grandi arterie (CCTGA) è caratterizzata dalla combinazione
di connessioni discordanti sia a livello della giunzione atrioventricolare che della giunzione ventricolo
arteriosa (doppia discordanza). In situs solitus (90% dei casi mentre solo un 10% presenta una disposizione
mirror image) l’atrio morfologicamente destro, posto a destra, è connesso con un ventricolo
morfologicamente sinistro (posto a destra) che dà origine all’arteria polmonare. Quasi sempre c’è continuità
fibrosa fra la valvola mitrale e la valvola polmonare. Il ventricolo morfologicamente destro, posto a sinistra,
dà origine all’aorta ed ha quindi la funzione di ventricolo sistemico. I tratti di efflusso sono paralleli (side by
side). Nella maggior parte dei casi di CCTGA sono presenti lesioni associate. Un difetto del setto
interventricolare, generalmente perimembranoso, si riscontra in almeno il 50% dei casi; Altre lesioni
associate frequenti sono una ostruzione all’efflusso polmonare e alterazioni morfologiche a carico della
valvola tricuspide.
La diagnosi di CCTGA è generalmente possibile in modo accurato con Ecocardiografia.
Il ventricolo morfologicamente destro è riconoscibile, in sezione apicale 4 camere, per la grossolana
trabecolatura, per la presenza della banda moderatrice e per l’inserzione più apicale della valvola
atrioventricolare (morfologicamente tricuspide). La morfologia della valvola morfologicamente tricuspide
deve essere studiata con attenzione; non raramente i lembi sono displasici, con spiazzamento verso l’apice
del lembo settale e inferiore nei casi nei quali è associata una anomalia tipo Ebstein. In presenza di una
valvola tricuspide marcatamente displasica si documenta generalmente con color Doppler un rigurgito
severo.

Anomalie delle arterie coronarie in età pediatrica


14

Se lo studio ecografico della funzione ventricolare, rappresenta una delle metodiche non invasive di
riferimento per la valutazione indiretta della perfusione coronarica, lo studio con ultrasuoni dell’albero
coronarico ha implicazioni cliniche ancora abbastanza limitate
Lo sviluppo di apparecchi ecocardiografici con risoluzione sempre più elevata ha comunque permesso di
aprire nuovi orizzonti al cardiologo che ora può utilizzare le tecniche ultrasonografiche per avvalorare un
sospetto clinico e indirizzare pazienti, già selezionati verso altre tecniche di immagine (Angiografia, AngioTc,
AngioRM). In età pediatrica l’ecocardiogramma transtoracico permette, nella stragrande maggioranza dei
pazienti, una buona visualizzazione dell’origine e del primo tratto delle arterie coronarie ed è raro dover
ricorrere all’ecocardiogramma transesofageo per incrementare la qualità e la definizione delle immagini e
quindi le possibilità diagnostiche.
La valutazione ecografica delle arterie coronarie nel bambino ha due campi principali di applicazione: la
ricerca di lesioni aneurismatiche in pazienti con Malattia di Kawasaki e lo studio dell’origine e del tratto
prossimale, nel sospetto di una origine o decorso coronarico anomalo.
La proiezione ecografica principale nella valutazione delle arterie coronarie è rappresentata da una sezione
asse corto sui grandi vasi, parzialmente modificata.
Se da una proiezione asse corto classica si trasla lievemente, la sonda verso la spalla sinistra del paziente,
quando non sono più visibili le semilunari aortiche, sarà possibile evidenziare l’ostio coronarico destro e
sinistro. Ruotando il trasduttore sul proprio asse di qualche grado in senso orario apparirà, oltre all’ostio
della coronaria sinistra, il tronco comune e sarà facile seguirlo fino alla biforcazione. Lo studio della
discendente anteriore (IVA) e della circonflessa (Cx) potrà essere completato effettuando piccoli
aggiustamenti di inclinazione e di rotazione (pochi gradi alla volta) in senso orario ed antiorario rispetto
all’asse longitudinale della sonda,
Per poter visualizzare ostio e tratto prossimale della coronaria destra il trasduttore, partendo da una
proiezione asse corto che permetta di vedere la regione dei seni di Valsalva, dovrà essere ruotato sul
proprio asse in direzione antioraria. La visualizzazione del tratto prossimale dell’arteria coronaria destra
richiederà spesso di inclinare di pochi gradi la coda della sonda in direzione della spalla destra del paziente.
Il decorso del tratto prossimale delle arterie coronarie potrà essere valutato anche con altre proiezioni. Con
la sezione cinque camere apicale sarà possibile valutare la coronaria Dx sul solco coronarico e anche il
tronco comune ed il tratto prossimale della circonflessa (Cx). La proiezione asse lungo invece permetterà di
valutare tronco comune della coronaria di Sn e discendente anteriore (IVA) e superficializzando il ventaglio
ultrasonoro, origine e tratto prossimale della coronaria destra.
Nei pazienti più piccoli, molte informazioni possono essere raccolte anche dalle proiezioni sottocostali. La
sezione sottocostale quattro camere è quella che più si presta a seguire il decorso delle arterie coronarie e
che permette spesso di estendere la valutazione fino al tratto medio.
Le anomalie coronariche congenite rappresentano una patologia rara e costituiscono solo 1-2% delle
Cardiopatie Congenite. Questa affermazione non è però confermata dalla letteratura; infatti in circa una
autopsia ogni 100 è possibile riscontrare un’anomalia coronarica e, se si considerano solo le autopsie
selezionate per causa di morte improvvisa, l’incidenza sale al 4-15% dei casi. Da sottolineare però, che in
circa l’85% L’anomalia ha un significato completamente benigno e non ha rilievo emodinamico
L’anomalia più frequente è l’origine della Circonflessa dalla Coronaria destra o dal seno coronarico destro
(0.67 % delle casistiche). Questa anomalia nella stragrande maggioranza dei casi non darà mai sintomi.
Le anomalie più importanti da correlare al rischio di morte improvvisa sono:
a) L’origine della coronaria sinistra dal seno di Valsava Dx (incidenza del 0,03% - 0,05%)
15

b) L’origine della coronaria destra del seno di Valsava Sn (incidenza di 0.019 % 0,17%, ma presente
nell’1,16% dei casi di morte improvvisa)
c) L’arteria coronarica unica (incidenza di 0.02-0.04 %)
Una condizione rara che è necessario escludere in un lattante con dilatazione e disfunzione ventricolare
sinistra è l’origine anomala dell’arteria coronaria sinistra dall’arteria polmonare (ALCAPA). In questi casi
l’arteria coronaria destra appare dilatata; in sezione asse corto si visualizza l’origine anomala della coronaria
sinistra, generalmente dal seno polmonare posteriore sinistro; con color Doppler si documenta il flusso
dall’arteria coronaria all’arteria polmonare. Il ventricolo sinistro appare dilatato e diffusamente ipocinetico; è
spesso presente una aumentata eco riflettenza che coinvolge il muscolo papillare e la parete adiacente,
espressione della fibrosi e fibroelastosi.

Nel sospetto di una origine anomale di un’arteria coronaria spesso è necessario effettuare ulteriori
accertamenti come Angio TC, Angio RM o Cateterismo cardiaco per meglio definire origine e decorso del
vaso. Nel sospetto di una anomalia congenita coronarica ulteriori accertamenti dovranno essere sempre
effettuati nei pazienti con anamnesi positiva per sincope di verosimile natura cardiogena o età inferiore a 30
aa o quando sia documentata una ischemia inducibile al test da sforzo, all’ecostress fisico o farmacologico o
alla scintigrafia miocardica.

Se di regola l’impiego di trasduttori con seconda armonica facilita il riconoscimento dei vasi coronarici, tale
tecnica non andrebbe impiegata nei pazienti sottoposti a valutazione ecocardiografica con sospetta Malattia
di Kawasaki. Infatti l’intensificazione dei contrasti potrebbe portare a definire come iperecogeno un vaso in
realtà assolutamente normale e quindi indurre a conclusioni cliniche non corrette ed addirittura fuorvianti per
il clinico. In corso di Malattia di Kawasaki la possibilità di comparsa di lesioni coronariche incrementa, nei
soggetti non trattati con immunoglobuline, dall’ottavo-decimo giorno di malattia fino alla fine della terza
settimana dall’inizio dei sintomi. Le lesioni aneurismatiche interessano circa il 25% dei pazienti non trattati in
tempo utile e scendono a meno del 2%-3% di quelli trattati. Dal punto di vista morfologico le lesioni
aneurismatiche possono essere descritte come sacciformi o fusiformi, isolate o multiple, ma il criterio più
utilizzato ai fini prognostici è la dimensione; distinguiamo quindi aneurismi di piccole dimensioni (<4 mm di
calibro), medie dimensioni (con calibro compreso fra 4 ed 8 mm) ed aneurismi giganti (calibro maggiore di 8
mm). La coronaria sinistra risulta coinvolta con incidenza quasi doppia rispetto all’arteria coronaria di destra.
La semplice ectasia del vaso non deve essere considerata come un interessamento maggiore e
normalmente si registra una normalizzazione del calibro entro quatto, otto settimane dall’inizio dei sintomi.

FOLLOW-UP DEI PAZIENTI CON CC OPERATI


IL PAZIENTE ‘CONGENITO ADULTO’
I progressi della medicina e soprattutto della cardiochirurgia pediatrica assicurano ormai la sopravvivenza di
circa l’85% dei bambini portatori di malformazioni cardiovascolari, ed hanno quindi ‘creato’ una popolazione
in continua crescita di pazienti adolescenti e adulti portatori di cardiopatia congenita che, utilizzando
l’acronimo inglese, viene definita ‘G.U.C.H.’ (Grown-Up Congenital Heart). Poiché la maggior parte delle
procedure interventistiche o chirurgiche effettuate in età pediatrica sono ‘ riparative’ ma non ‘curative o
correttive’, difetti residui e sequele postoperatorie sono frequenti e spesso i pazienti dovranno affrontare
negli anni complicanze cardiovascolari (reinterventi, procedure interventistiche, aritmie, scompenso
16

cardiaco). Il controllo da parte di personale esperto deve quindi protrarsi per tutta la vita.
E’ necessario sottolineare che per lo studio ecocardiografico di questi pazienti, che possono giungere al
laboratorio ecocardiografico dell’Ospedale Generale per vari motivi (ad esempio per una valutazione in
previsione di interventi di chirurgia extracardiaca, o per un problema aritmico), è necessario disporre di tutta
la documentazione, in particolare la descrizione del/degli interventi e/o procedure interventistiche.
L’argomento è molto vasto, e va al di là degli obiettivi del corso.
Ricordiamo di seguito l’approccio ad alcune delle cardiopatie operate di più frequente riscontro.

Coartazione aortica operata (Tab I)


I problemi fondamentali da considerare nel corso del follow-up sono quattro:
1. la ricoartazione (riportata nel 3-41% dei casi in una revisione di 11 studi maggiori della letteratura)
2. l’evoluzione della valvulopatia aortica associata
3. l’ipertensione arteriosa (a riposo o durante esercizio), anche in assenza di gradiente residuo
significativo
4. lo sviluppo di aneurismi nella sede di intervento
La definizione di ricoartazione è variabile, e dipendente dal test diagnostico usato. Le linee guida della
European Society of Cardiology definiscono una (ri) coartazione significativa in presenza di ‘ipertensione a
riposo o da sforzo e un gradiente a riposo braccio-gamba ≥30 mm Hg’.
Il significato e i limiti della valutazione con Doppler cw sono stati già discussi nel paragrafo precedente per lo
studio della coartazione nativa.
Nel follow-up del paziente operato, il rilievo di una velocità sistolica a riposo ≥3.2 m/sec e una velocità
diastolica ≥1 m/sec è altamente suggestivo di ricoartazione.
L’evoluzione dei problemi vascolari aortici è considerata frequente causa di morbilità e morbilità nei pazienti
portatori di COA; una valvola aortica bicuspide è riportata, secondo le diverse casistiche, nel 25-85% dei
casi; una dilatazione dell’aorta ascendente prossimale si ha, quando coesiste una bicuspidia, nel 28% e
alcuni Autori riportano in questi casi una elevata incidenza di dissezione.
Il follow-up di questi pazienti richiede quindi una valutazione sia della funzione della valvola aortica sia delle
eventuali variazioni nel tempo del calibro aortico ai diversi livelli (valutato utilizzando la sezione parasternale
asse lungo). Vista l’elevata incidenza di complicanze maggiori, è infatti da considerare un atteggiamento
terapeutico più aggressivo in pazienti con COA operata, valvola aortica bicuspide e dilatazione (progressiva)
della radice aortica.
Anche utilizzando gli apparecchi di ultima generazione l’ecocardiografia presenta ancora limiti per il
riconoscimento di aneurisma nella sede di intervento. La Risonanza Magnetica (RM) è superiore nel rilevare
la formazione di aneurismi e dovrebbe essere utilizzata periodicamente di routine nel soggetto adulto o (se
non facilmente disponibile) comunque sempre nei casi sospetti sulla base dell’esame clinico e della
valutazione ecocardiografica.
Lo studio ecocardiografico del paziente operato per COA deve sempre comprendere la valutazione delle
dimensioni del ventricolo sinistro, della massa e della funzione ventricolare.
Soprattutto nei soggetti più giovani, nei quali è richiesta anche una valutazione del livello di attività fisica
consentita, riteniamo particolarmente utile eseguire una E da sforzo. In molti casi, gradienti anomali a livello
dell’aorta discendente non sono evidenti in condizioni di riposo ma possono essere indotti dall’esercizio
fisico. Un gradiente sistolico di picco >28 mm Hg, o un gradiente diastolico di picco >8-17 mm Hg sono da
considerare sospetti per riduzione del calibro aortico. La RM o l’aortografia sono necessarie in questi
17

soggetti per confermare il sospetto di ricoartazione.

Tab 1: COARTAZIONE AORTICA (dopo intervento e/o angioplastica)


M-MODE/2D
- Sezione soprasternale: anatomia dell’aorta discendente (NOTA: RMI è superiore nel sospetto di
ricoartazione o formazione di aneurisma)
- Dimensioni/funzione del ventricolo sinistro
- Ipertrofia ventricolare sinistra
- Morfologia/funzione valvola aortica (ricordare frequente bicuspidia associata)
- Calibro radice aortica (anello valvolare; seni di Valsalva; giunzione sino-tubulare;
aorta ascendente prossimale)
- Calibro e pulsatilità dell’aorta addominale
DOPPLER
- Velocità massima (V2) in aorta discendente (approccio soprasternale); run-off
diastolico
- Se presente valvulopatia aortica considerare V1 (velocità prestenotica) per il calcolo
del gradiente.
- Flusso transvalvolare aortico (stenosi/insufficienza)
- Pattern di flusso in aorta addominale.

Tetralogia di Fallot (dopo correzione radicale)


I difetti e sequele postoperatorie più frequenti, che devono essere valutati con
Ecocardiografia sono:
- ostruzioni residue all’efflusso ventricolare destro (a livello dell’infundibolo; della valvola polmonare;
dei rami polmonari)
- insufficienza polmonare
- difetti residui del setto interventricolare.
In alcuni pazienti è presente una ectasia della radice aortica; una insufficienza valvolare aortica è comune
nei pazienti adulti, sia come conseguenza di un danno sulla valvola nel corso dell’intervento riparativo, sia
per anomalia congenita dell’apparato valvolare.
Lo studio del tratto di efflusso del ventricolo destro è molto importante per identificare una eventuale
ostruzione medio-ventricolare (ventricolo destro bicamerato), che può svilupparsi progressivamente nel
corso del follow-up in una minoranza dei pazienti. Nel bambino, l’infundibolo polmonare, l’anello e la valvola
polmonare, il tronco polmonare sono visualizzati di solito agevolmente con esame transtoracico utilizzando
le sezioni asse corto parasternale e subcostale; con una sezione asse corto soprasternale si evidenzia la
confluenza e il calibro dei rami polmonari. L’approccio transtoracico è non di rado inadeguato nell’adulto; lo
studio transesofageo fornisce in questi casi informazioni aggiuntive.
Ostruzioni distali (a livello del tronco e soprattutto dei rami polmonari) sono difficilmente evidenziabili, anche
con l’aiuto del Doppler color e cw. In presenza di insufficienza tricuspidalica, il gradiente massimo istantaneo
ventricolo-atrio destro è solo di poco inferiore alla pressione ventricolare destra misurata al cateterismo ; in
presenza di lesioni distali non direttamente valutabili, la stima della pressione in ventricolo destro fornisce la
migliore indicazione della presenza e dell’entità dell’ostruzione.
L’insufficienza polmonare (IP) è la lesione più frequente nei pazienti operati per TF, soprattutto quando sia
18

stato utilizzato un patch transanulare esteso; la IP è ben tollerata nell’età pediatrica, ma comporta con il
tempo la progressiva dilatazione e disfunzione del ventricolo destro ed è correlata con complicanze maggiori.
La severità dell’IP è stimata in modo affidabile con Doppler cw sulla base della durata del flusso rigurgitante,
espressa come percentuale del tempo di diastole (PRI= Pulmonary Regurgitation Index): nella IP lieve il
gradiente pressorio retrogrado è mantenuto per tutta la diastole; se l’IP è moderata, l’equilibrio fra la
pressione in arteria polmonare e la pressione in ventricolo destro è raggiunto in telediastole; infine, quando
la IP è severa, l’equilibrio è raggiunto precocemente, in mesodiastole, e la durata del segnale da rigurgito è
breve. L’indice ha una buona correlazione con la frazione rigurgitante valutata con RM. Un PRI <0.77 è
espressione di una insufficienza polmonare emodinamicamente significativa.
Altri Autori hanno utilizzato il profilo Doppler cw del flusso rigurgitante per calcolare il PHT (Pressure half-
time); un PHT < 100 msec è considerato un buon indicatore di IP emodinamicamente significativa.
In presenza di IP, lo studio del volume e della funzione del ventricolo destro è uno degli elementi
fondamentali per l’indicazione all’intervento. La RM è considerata oggi la tecnica di imaging gold standard,
tuttavia la Ecocardiografia consente una utile valutazione qualitativa e semiquantitativa.
Un rigurgito tricuspidalico può risultare da un’anomalia intrinseca della valvola o, più comunemente, dalla
dilatazione dell’anello tricuspidalico causato da sovraccarico di volume ventricolare destro. La comparsa, o
l’incremento del rigurgito tricuspidalico è importante ai fini delle indicazioni terapeutiche.
Un flusso polmonare diastolico anterogrado (onda A), registrato a livello dell’arteria polmonare in
corrispondenza della sistole atriale, è frequente nel paziente adulto operato per TF ed è espressione di una
fisiologia ventricolare destra restrittiva. Anche se riflette una emodinamica anormale, l’onda A contribuisce al
flusso polmonare anterogrado e riduce la durata del flusso rigurgitante; il suo riscontro, in pazienti operati
con insufficienza polmonare residua, è stato correlato con una migliore capacità funzionale.
Nella Tabella 2 sono riportati i parametri fondamentali da valutare nel follow-up ecocardiografico del paziente
con TF operato

___________________________________________________________
Tab 2: TETRALOGIA DI FALLOT DOPO CORREZIONE RADICALE
M-MODE/2D
- efflusso del ventricolo destro: infundibulo; valvola polmonare; arteria polmonare; rami polmonari principali
(ETT:sezione parasternale asse corto; sezione sub costale per le sezioni destre; ETE se ETT non adeguato)
- ventricolo destro: dimensioni; rapporto VD/VS (>0.7); funzione ventricolare; ipertrofia
- calibro aorta ascendente
DOPPLER
- insufficienza polmonare (rapporto durata del flusso rigurgitante/durata totale della
diastole; pressure Half-time segnale Doppler cw)
- efflusso ventricolare dx (color; gradiente Doppler cw)
- insufficienza tricuspidalica:
-entità
- gradiente VD-AD (pressione intraventricolare destra)*
- shunt interventricolare residuo
- insufficienza aortica
* N.B.: in caso di ostruzioni distali difficilmente valutabili è preferibile utilizzare il gradiente
VD-AD per stimare l’entità dell’ostruzione
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Trasposizione dei grossi vasi (TGV) dopo intervento


Fino agli anni ’80 l’intervento di scelta era rappresentato dallo switch atriale (interventi di Mustard o Senning).
Queste procedure correggono l’anomala fisiologia del cuore con TGV confezionando un baffle intraatriale
dall’origine di ciascuna vena cava, in modo da ridirezionare tutto il ritorno venoso sistemico verso la valvola
mitrale e il VS (polmonare); il sangue delle vene polmonari passa anteriormente verso la valvola tricuspide e
il VD sottoaortico. Nel caso dell’intervento di Senning il baffle è ottenuto utilizzando la parete dell’atrio destro
e il tessuto del setto interatriale, mentre nell’intervento di Mustard viene utilizzato materiale estrinseco
(pericardio o materiale sintetico.
I problemi più importanti da valutare con E nei pazienti con TGA sottoposti a switch atriale sono:
- una ostruzione dei condotti atriali
- uno o più leak dei condotti
- la disfunzione del ventricolo destro sistemico
L’ostruzione dei condotti non è frequente ma è una complicanza importante nei pazienti sottoposti a switch
atriale. Interessa soprattutto la connessione fra vena cava superiore e condotto intraatriale (5-10% dei casi
dopo intervento di Mustard) e, con minor frequenza, anche la connessione vene polmonari-atrio (tunnel
inferiore).
Con esame transtoracico è consigliabile iniziare la valutazione dalla sezione 4 camere apicale, ricercando
una buona visualizzazione del flusso transmitralico, e quindi angolare il trasduttore cercando di seguire,
utilizzando il Doppler color, il tunnel intraatriale fino alla vena cava superiore e inferiore. Analogamente,
partendo dalla visualizzazione del flusso transtricuspidalico, si studia il condotto polmonare fino allo sbocco
delle vene polmonari .
In presenza di ostruzione del condotto si evidenzia una turbolenza al color Doppler e un modesto aumento
della velocità di flusso (> 1 m/sec; di solito non oltre 2 m/sec) al Doppler pw; è ridotta la fisiologica variabilità
con le fasi respiratorie e il flusso diventa continuo.
In molti casi, soprattutto quando l’ostruzione interessa il condotto polmonare è necessario ricorrere
all’approccio transesofageo per la definizione diagnostica.
Nei pazienti operati di switch atriale il ventricolo destro rimane il ventricolo sistemico, e il suo deterioramento
nel follow-up a lungo termine rimane uno dei problemi fondamentali ai fini prognostici. L’aumento nel tempo
delle dimensioni del ventricolo destro (sezione parasternale, sezione apicale) e dell’entità del rigurgito
tricuspidalico sono segni indiretti della progressiva disfunzione contrattile. In tutti i casi dubbi la RM offre
informazioni superiori sui volumi e la funzione ventricolare destra e dovrebbe essere eseguita
periodicamente in questi pazienti.
Il ventricolo sinistro (ventricolo polmonare) è piccolo, con pareti sottili. Il setto interventricolare è convesso e
spostato verso la cavità ventricolare sinistra che è a bassa pressione. In sezione apicale 5 camere è
necessario escludere con Doppler cw una ostruzione all’efflusso polmonare che può essere dinamica
(secondaria ad un movimento sistolico anteriore del lembo anteriore mitralico) o fissa.
Dopo la prima descrizione di Jatene nel 1975, nelle ultime decadi l’intervento di prima scelta nei pazienti con
TGV è il cosiddetto switch arterioso, che prevede la resezione di entrambi i vasi arteriosi al di sopra dei seni
valvolari, l’anastomosi di ciascuna arteria all’altro efflusso e il reimpianto delle arterie coronarie. I risultati a
distanza sono molto buoni. L’intervento ripristina la connessione ventricolo sinistro-aorta e la funzione del
ventricolo sistemico è generalmente normale nel tempo. Poiché la procedura prevede il reimpianto delle
arterie coronarie sulla neo-aorta, la funzione del ventricolo sinistro, e la comparsa di rigurgito delle valvole
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atrio-ventricolari devono essere sempre indagate. I problemi più comuni dopo intervento di switch arterioso
sono
- una insufficienza della neo-aorta
- un’ostruzione all’efflusso destro, sia a livello della anastomosi chirurgica, sia a livello dei rami, in seguito ad
una possibile distorsione al momento del riposizionamento anteriore del tronco polmonare.
Una dilatazione della neo-aorta e lo sviluppo di una insufficienza aortica importante si presentano in un
limitato numero di pazienti. L’entità e la progressione di un rigurgito valvolare aortico e il calibro aortico
devono essere attentamente monitorizzati nel corso dei controlli ecocardiografici.
L’ostruzione polmonare a livello dell’anastomosi chirurgica è di solito valutabile con esame transtoracico: si
presenta come una riduzione di calibro al di sopra del piano valvolare, dove compare una turbolenza al color
Doppler. Al contrario, stenosi distali, a livello dei rami, non sono di sono di solito visualizzabili; il Doppler cw ,
per la difficoltà di allineamento, può portare a sottostimare l’entità dell’ostruzione. In questi casi, se è
presente un rigurgito tricuspidalico, la valutazione della pressione intraventricolare destra dà un’informazione
più corretta sul grado di stenosi. Nel sospetto di stenosi distali, è indicato eseguire una RM, che è molto più
sensibile nella identificazione di anomalie morfologiche a livello dei rami polmonari principali.
Un prospetto riassuntivo è presentato in Tabella 3.

Tab 3: TRASPOSIZIONE DEI GROSSI VASI


PAZIENTI SOTTOPOSTI A SWITCH ATRIALE
- ricerca di stenosi e/o leak a livello dei condotti atriali
ETT: color Doppler, sezioni apicali
ETE (60°)
- entità/incremento del rigurgito tricuspidalico
- disfunzione ventricolare destra (incremento dimensioni; valutazione qualitativa)*
* RM è superiore nella valutazione dei volumi/funzione VD
PAZIENTI SOTTOPOSTI A SWITCH ARTERIOSO
- Neo-aorta: valutare - insufficienza valvolare
- dilatazione dei seni
- stenosi (1-2 cm sopra il piano valvolare)
- Neo-polmonare: valutare – stenosi (1-2 cm sopra il piano valvolare)
N.B.: in caso di stenosi dei rami polmonari* valutare preferenzialmente la pressione VD
attraverso il rigurgito tricuspidalico
*RM è più sensibile nella valutazione morfologica dei rami polmonari principali.
- Ventricolo sinistro (dimensioni; funzione; insufficienza valvole A-V)

La Ecocardiografia Doppler nel neonato critico con sospetta cardiopatia


La Ecocardiografia Doppler è la metodica diagnostica fondamentale nel neonato ‘critico’ con sospetta
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cardiopatia. L’urgenza dettata dalle condizioni del bambino accentua talvolta la difficoltà dello studio,
soprattutto per il Cardiologo che, pur esperto in Ecocardiografia, non ha tuttavia consuetudine con lo studio
delle cardiopatie congenite. L’identificazione di quei neonati che richiedono il trasferimento al Centro di
riferimento di cardiologia e cardiochirurgia pediatrica è spesso salva-vita.
Riteniamo utili alcune considerazioni preliminari:
1) è fondamentale che lo studio ecocardiografico sia condotto seguendo in modo rigoroso l’approccio
sequenziale e segmentario. E’ sempre preliminare la valutazione della posizione del cuore e del situs.
Ricordiamo che la presenza di isomerismi è quasi invariabilmente associata a cardiopatie congenite
complesse.
2) Lo studio deve essere sempre ‘completo’. Il quadro clinico tuttavia può orientare l’analisi ecocardiografica.
I quadri clinici che suggeriscono una cardiopatia nel neonato sono due: la cianosi (che non risponde alla
somministrazione di O2- test all’iperossia) e lo scompenso cardiaco (fino allo shock cardiogeno). La
comparsa dei segni clinici dopo i primi giorni di vita (in un neonato magari già dimesso dal punto nascita in
buone condizioni
generali) deve far sospettare una dotto-dipendenza, cioè la dipendenza del flusso sistemico o polmonare
dalla persistenza del flusso transduttale.
Il neonato cianotico
La presenza di cianosi nei primi giorni di vita non è sinonimo di cardiopatia; la diagnosi differenziale si pone
principalmente con le malattie parechimali polmonari. Inoltre, poiché la cianosi è dovuta alla presenza di più
di 5 g/dl di Hb circolante, la sua espressione è legata sia alla percentuale di Hb desaturata, sia alla
concentrazione di Hb totale.
Se il neonatologo ha già eseguito un test all’iperossia (che consiste nel far respirare al neonato ossigeno al
100% per 5-10 minuti) il mancato incremento della PO2 al di sopra di 160 mm Hg è fortemente suggestivo di
cardiopatia cianogena.
In presenza di cianosi le cardiopatie che devono essere sospettate sono principalmente:
1) lesioni ostruttive del cuore destro, che causano shunt destro-sinistro e ipoafflusso
polmonare. Dall’approccio sub costale, una ostruzione all’efflusso destro è
documentata utilizzando una sezione paracoronale (obliqua anteriore destra). La pervietà e il calibro del
dotto arterioso sono meglio valutati in sezione parasternale asso corto ‘alta’ (sezione per il dotto) e
dall’approccio parasternale. Il volume della cavità ventricolare destra (Ventricolo destro ‘diminutivo’ nella
atresia polmonare e nella stenosi polmonare critica), e la valvola tricuspide (atresia, ipoplasia) sono
evidenziati nelle sezione 4 camere apicale. Nelle condizioni di dotto-dipendenza polmonare si valuta con eco
la risposta alla infusione di prostaglandine (mantenimento /incremento del flusso transduttale).
2) Discordanza ventricolo arteriosa: trasposizione dei grossi vasi a setto interventricolare intatto.
Dall’approccio sub costale, in sezione obliqua sinistra, si visualizza l’emergenza in parallelo dei due grossi
vasi, con l’aorta in posizione anteriore destra (vedi paragrafo TGA)
3) Il ritorno venoso polmonare anomalo totale (RVPAT) , soprattutto se ostruito (ritorno sottodiaframmatico).
Il riconoscimento della sede del ritorno venoso anomalo, e l’identificazione dell’ostruzione del collettore
possono essere difficili; il mancato riconoscimento dei ritorni venosi (color Doppler) in un atrio sinistro piccolo,
e la documentazione di uno shunt destro-sinistro attraverso il forame ovale sono elementi di sospetto (vedi
paragrafo RVPAT)
In assenza di cardiopatia ‘strutturale’, una causa di cianosi scarsamente responsiva al test all’iperossia è la
‘sindrome da ipertensione polmonare persistente del neonato’. In questi casi l’esame ecocardiografico
22

consente di escludere una cardiopatia strutturale e di documentare: dilatazione delle sezioni destre;
convessità sinistra del setto interatriale e interventricolare (sezione 4 camere sub costale e apicale); shunt
destro-sinistro o bidirezionale attraverso il forame ovale e il dotto arterioso. In presenza di rigurgito
tricuspidalico è possibile valutare la pressione sistolica in arteria polmonare.

Neonato con scompenso cardiaco /shock cardiogeno


Le condizioni principali che si presentano con scompenso cardiaco nei primi giorni di vita sono due:
1) lesioni ostruttive del cuore sinistro, che impediscono un flusso aortico adeguato. Se si tratta di una dotto-
dipendenza sistemica le condizioni generali diventano rapidamente drammatiche dopo i primi giorni di vita, al
momento della chiusura del dotto arterioso.
L’efflusso aortico è visualizzato nelle sezioni asse lungo sub costale e parasternale. In presenza di stenosi
aortica critica la valvola aortica appare ispessita, ipomobile (sezioni longitudinali) con anatomia bicuspide o
uni cuspide (sezione asse corto parasternale).
Una coartazione istmica dell’aorta può essere evidenziata dall’approccio soprasternale o dall’approccio
parasternale ‘alto’ (sezione del dotto). La ricerca dell’accelerazione di flusso e quindi del gradiente a livello
del segmento stenotico (Doppler cw) può essere fallace se la funzione sistolica ventricolare sinistra è ridotta.
La coartazione aortica è la causa più frequente di scompenso cardiaco nella prima settimana di vita.
2) Malattie del muscolo cardiaco, primitive o secondarie: disfunzione sistolica ventricolare sinistra o bi
ventricolare, in assenza di ostruzione all’efflusso ventricolare.

Ampie comunicazioni fra la circolazione sistemica e polmonare (difetto interventricolare non restrittivo,
canale atrio-ventricolare, fistole artero-venose) tendono a presentarsi con scompenso cardiaco dopo le
prime settimane di vita.
1

LEZIONE 10

IL LABORATORIO DI ECOGRAFIA CARDIOVASCOLARE

A cura di: Dott.ssa L. Boccardi

LABORATORIO DI ECOCARDIOGRAFIA: GENERALITÀ

Il Laboratorio è l’insieme di organizzazione, responsabilità, regole, risorse umane e materiali, processi ed


ambienti ove opera personale esperto che, attraverso l’utilizzo di adeguata strumentazione di ecografia
cardiovascolare (ECV), è in grado di eseguire e refertare esami diagnostici completi mono e bidimensionali,
Doppler e color Doppler dell’apparato cardiovascolare. Il numero minimo di esami ecocardiografici che
garantisce il mantenimento di competenza è 1500 esami/anno. Il Laboratorio di ECV può essere di 1° e 2°
livello e di alta specialità.

L’ecocardiografo che consente l’esecuzione dell’esame di ECV, è dotato di sonde di varia frequenza per
l’acquisizione delle immagini, di software di gestione delle varie metodiche e di sistema di registrazione sia delle
immagini fisse sia in movimento.

A seconda delle sonde utilizzate e della tecnologia, un ecocardiografo consente l’esecuzione di esami mono,
bidimensionali e tridimensionali, Doppler, color Doppler, Doppler tissutale e spekle traking dell’apparato
cardiovascolare di pazienti adulti e in età pediatrica, sia per via transtoracica sia transesofagea, in condizioni di
base o durante prove con agenti stressori o di contrasto. Deve essere garantito un numero minimo di esami
transtoracici standard (1500/anno) o di ogni altra tipologia di esami tale da giustificare la competenza degli
operatori, e funzionalità e costi di gestione del laboratorio.

L’operatore di ECV è il medico, o infermiere competente in ECV o tecnico di ECV di cardiologia o di una
disciplina equipollente che esegue l’esame di ECV. La competenza dell’operatore è garantita da un apposito
percorso formativo.

L’ECV comprende, attualmente, le modalità tecniche M-mode, bidimensionale (infrequenza fondamentale, II


armonica), tridimensionale e Doppler a onda continua, ad onda pulsata, tessutale ed a codifica di colore; utilizza
con maggiore frequenza gli approcci transtoracico, transesofageo e vascolare; sono approcci utilizzati con
minore frequenza e per situazioni particolari quello epicardio e intravascolare.

L’esame può essere eseguito in condizioni basali, durante stress od in anestesia totale, oppure utilizzando
mezzi di contrasto. Le informazioni ottenute sul sistema cardiovascolare sono relative alla morfologia delle
strutture (permettono di distinguere fra normalità ed anormalità delle strutture cardiovascolari esplorate), alla
loro funzione (come la frazione d’eiezione), alla emodinamica (come i gradienti pressori e la quantizzazione dei
flussi), alla visualizzazione delle velocità dei flussi (come i rigurgiti o gli shunt con la metodica color Doppler) ed
alle velocità miocardiche (Doppler tissutale del miocardio).

L'esame di ECV può, inoltre, essere richiesto di routine, d'urgenza o in emergenza; può essere effettuato nel
Laboratorio di ECV, ma anche al letto del paziente, in reparto di terapia intensiva, in sala operatoria, al domicilio
del paziente o in ambulanza, utilizzando ecografi portatili.

La qualità di un esame di ECV è determinata dall’insieme dei requisiti (tipologia di esame, tipologia di pazienti,
ecc.), degli strumenti (ecocardiografi, sonde, laboratori, ecc.), degli operatori (competenza, formazione, ecc.),
dell’organizzazione (responsabilità, obiettivi, articolazione attività, ecc.), delle procedure (modalità di
accettazione, esecuzione, refertazione, archiviazione, consegna dell’esame, adozione di linee guida, standard
di riferimento, controllo di qualità, ecc.) impiegate per produrlo.
2

Un esame di ECV viene definito di qualità se nella sua realizzazione vengono definiti ed utilizzati strumenti di
verifica e controllo per la qualità.

LIVELLO DEI LABORATORI

I laboratori sono classificati, sulla base di requisiti legati alla tipologia ed al numero di esami effettuati per
Laboratorio, alla collocazione dei Laboratorio in rapporto alle strutture sanitarie, al numero di operatori ed ai
collegamenti funzionali ai fini del controllo per la qualità, in 1° e 2° livello e di alta specialità.

LABORATORIO DI I LIVELLO

Esegue un numero non inferiore a 1500 esami completi transtoracici (mono e bidimensionale, Doppler e color
Doppler) per anno; è dotato della possibilità di eseguire esami in pazienti in età pediatrica ed esami di ecografia
vascolare.

E’ collegato con un laboratorio di II livello. E’ diretto e gestito da un Responsabile in possesso della


certificazione di competenza in Ecografia Cardiovascolare generale rilasciato dalla SIEC.

Non è abilitato all’addestramento degli operatori.

LABORATORIO DI II LIVELLO

E’ un Laboratorio di ECV che esegue un numero superiore a 2000 esami completi transtoracici per anno; deve
eseguire almeno una delle seguenti tipologie di esami in numero adeguato per il mantenimento della
competenza degli operatori ed per una corretta organizzazione: eco in età pediatrica, ecografia vascolare,
ecostress, esame transesofageo, ecocontrasto. Può essere dotato di un numero variabile di ecocardiografi, nel
rispetto del numero minimo di esami per apparecchio. E’ collocato all’interno della struttura ospedaliera,
universitaria o a carattere scientifico. E’ diretto da un Responsabile in possesso della certificazione di
competenza in Ecografia Cardiovascolare generale e della certificazione di competenza di almeno una alta
specialità rilasciate dalla SIEC.

Il Laboratorio è abilitato all’addestramento degli operatori per la certificazione di competenza in ecografia


cardiovascolare di base e generale, a disposizione dei quali è dedicato un operatore esperto con funzione di
tutor.

LABORATORIO DI ALTA SPECIALITÀ

E’ un Laboratorio di II livello con spiccata attività ed esperienza in uno o più dei seguenti

settori specialistici:

· Ecografia Pediatrica
· Ecocardiografia Fetale
· Ecografia Vascolare
· Ecocardiografia Transesofagea
· Ecocardiografia da stress
· Ecocontrastografia

Il Laboratorio deve essere collocato all’interno della struttura ospedaliera, universitaria o a carattere scientifico.
Per favorire il confronto con altre metodiche, invasive e non, è raccomandato un collegamento istituzionale con
altri laboratori quali quello di cateterismo cardiaco, tomografia assiale computerizzata, risonanza magnetica
nucleare, medicina nucleare, cardiochirurgia e anatomia patologica e la verifica periodica dei casi.

E’ diretto da un Responsabile in possesso della certificazione di competenza in Ecografia Cardiovascolare


generale e della certificazione di competenza di almeno una alta specialità rilasciate dalla SIEC; è
indispensabile la certificazione nell’alta specialità nella quale il Laboratorio si identifica. Nel Laboratorio operano
operatori di ECV esperti e operatori con certificazione di competenza in ecografia cardiovascolare di base,
3

generale e di alta specialità. Deve garantire la gestione per la qualità, pianificando le verifiche e controlli da
effettuarsi con periodicità nell’arco dell’anno.

Il Laboratorio è abilitato all’addestramento degli operatori per la certificazione di competenza in ecografia


cardiovascolare di base, generale e di alta specialità che caratterizza il Laboratorio, ed un operatore esperto ha
funzione di tutor.

CARATTERIZZAZIONE DEL LABORATORIO

Il Laboratorio di ECV si caratterizza in relazione alla tipologia di esami eseguiti. La caratterizzazione del
Laboratorio non tiene conto dei requisiti relativi alla alta specialità ma del numero minimo di esami necessario a
giustificare l’espletamento del tipo di esame e a garantire l’accuratezza dell’esame stesso e la competenza
dell’operatore.

CARATTERIZZAZIONE PER ECOCARDIOGRAFIA GENERALE TRANSTORACICA (TTE)

Per l’attività di ecocardiografia generale transtoracica valgono i requisiti generali sopradescritti. Il numero
minimo di esami per apparecchio è di 1500 anno, quello minimo adeguato al mantenimento della competenza e
di 500 anno per operatore.

ACCREDITAMENTO

Le varie società scientifiche di ecocardiografia, sia americane che europee, sono tutte in accordo che i
laboratori di ecocardiografia devono tutti avere dei requisiti fondamentali strutturali, funzionali e di competenza
degli operatori per garantire la “qualità” delle prestazioni. La SIEC ha stilato un documento “Requisiti minimi di
accreditamento e gestione per la qualità dei laboratori di Ecografia Cardiovascolare” che è uno strumento di
verifica dell’organizzazione funzionale e strutturale, dell’attività, dei processi e della qualità dei laboratorio di
ECV. Tale documento, ispirato alle norme ISO 9000:VISION 2000, definisce una serie di requisiti che
garantiscono una adeguata organizzazione e corretto funzionamento del laboratorio.

L’accreditamento non è altro che il processo di verifica del possesso di questi requisiti.

E’ stato proposto dalla SIEC nel dicembre 2003 e la richiesta è volontaria, non obbligatoria, il percorso è
graduale e va visto come un elemento distintivo e di prestigio per il Laboratorio stesso.

Essa viene inoltrata dal responsabile di laboratorio che compila una check list ad hoc. L’accreditamento viene
rilasciato in modo definitivo se tutti i requisiti richiesti sono soddisfatti; è temporaneo nel caso in cui sono
presenti tutti i requisiti indispensabili ed almeno il 51% dei requisiti restanti. In questo ultimo caso questi
dovranno essere posseduti entro i termini indicati per ogni requisito nella check list.

COMPETENZA

All’interno del Laboratorio di ECV operano un Responsabile Cardiologo, gli operatori di ECV e il personale
infermieristico.

RESPONSABILE

Il Responsabile è un medico cardiologo in possesso della certificazione di competenza rilasciata dalla SIEC,
con esperienza specifica pluriennale attestata da adeguata produzione scientifica mediante curriculum vitae
autocertificato. Il Responsabile organizza l’attività del Laboratorio, gli accessi, il numero degli esami, la gestione
delle risorse umane, tecnologiche e del budget; controlla ogni mese il registro delle attività e verifica che lo
stesso venga compilato in maniera corretta.

Egli deve anche assicurare la conservazione adeguata dei dati sensibili dei pazienti, in ottemperanza alle norme
vigenti, assicurare la conservazione del materiale iconografico (digitale e cartaceo) nonché garantire un
costante aggiornamento degli operatori definendo un piano annuale per la formazione del personale che opera
nel laboratorio.
4

Egli deve, inoltre, promuovere una costante verifica dell’attività svolta secondo criteri di qualità, efficacia ed
efficienza; la SIEC raccomanda che la verifica avvenga almeno con cadenza semestrale utilizzando indicatori
specifici di qualità e di attività interni al Laboratorio di ECV.

OPERATORI ECOCARDIOGRAFISTI

Gli operatori ecocardiografisti possono essere medici, tecnici o infermieri; per essi la SIEC raccomanda il
possesso della certificazione di competenza in ECV. Nel caso di Laboratorio di ECV pediatrica il personale deve
essere dedicato e qualificato da esperienza specifica in Cardiologia Pediatrica. E’ opportuno che tutti gli
operatori abbiano eseguito un corso di BLS (basic life support).

PERSONALE MEDICO

Il medico valuta le indicazioni all’esame, fornisce al paziente informazioni sul tipo di esame che verrà fatto,
esegue l’ecocardiogramma e/o rivede le immagini acquisite da altri operatori di ECV, tirocinanti o specializzandi;
referta e comunica al paziente l’esito dell’esame stesso. Il registro degli esami ecocardiografici eseguiti,
controfirmato dal Responsabile del Laboratorio, costituisce il documento ufficiale della casistica
ecocardiografica individuale. Ha la responsabilità della refertazione.

TECNICO DI ECOCARDIOGRAFIA

Svolge le seguenti funzioni:

1.acquisizione dei tracciati e delle sezioni ecocardiografiche ed effettuazione delle misure ecocardiografiche
routinarie

2. predisposizione delle attrezzature specifiche per l’esame

3. rifornimento materiali di consumo

4. informazioni generali al paziente sull’esame e la sua preparazione

5. assistenza all’esecuzione dell’esame, necessaria durante l’effettuazione degli esami transesofagei e degli
eco stress

6. pulizia e manutenzione giornaliera degli apparecchi e delle sonde

7. preparazione dei piani di manutenzione ordinaria e straordinaria e di verifica e controllo della strumentazione

8. assistenza informatica

9. verifica della firma di un eventuale consenso informato

L’infermiere competente in ECV svolge le seguenti funzioni:

1. predisposizione delle attrezzature specifiche per l’esame

2. rifornimento materiali di consumo

3. informazioni generali al paziente sull’esame e la sua preparazione

4.assistenza all’esecuzione dell’esame, necessaria durante l’effettuazione degli esami transesofagei,


ecocontrastografici ed eco stress

5.predisposizione di accessi venosi (se necessari)

6.preparazione dei farmaci e manutenzione delle apparecchiature di supporto (carrello del pronto soccorso,
defibrillatore, elettrocardiografo ecc)

7.pulizia e manutenzione giornaliera degli apparecchi e delle sonde

8.preparazione dei piani di manutenzione ordinaria e straordinaria e di verifica e controllo della strumentazione

9.controllo dei farmaci in uso nel laboratorio


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10. verifica della firma di un eventuale consenso informato

11. assistenza informatica

12. assistenza al paziente

13. rilevamento della soddisfazione del cliente

Nel caso in cui l’esecuzione dell’esame di ECV sia affidata al Tecnico o al Medico, l’infermiere svolge le funzioni
assistenziali previste dal suo ruolo.

QUALITA’

Il Laboratorio di ECV che decide di operare in qualità deve adottare una politica per la qualità che porti al
miglioramento continuo mediante verifiche e controlli, gestione delle non conformità e della documentazione,
azioni preventive e correttive, gestione delle risorse umane e materiali, relazione con i clienti. Il Laboratorio di
ECV che desideri dotarsi di un sistema gestione per la qualità fa riferimento alle norme ISO 9001:VISION 2000,
ai requisiti contenuti nel presente documento SIEC e alle raccomandazioni di seguito indicate:

a) promuove verifiche ispettive interne. Le verifiche ispettive interne hanno lo scopo di verificare la conformità ai
requisiti specificati, l’efficacia dell’organizzazione e dei processi nella realizzazione del prodotto/servizio. Ogni
Laboratorio di ECV deve formare un gruppo di verificatori interni e predisporre un piano annuale di verifiche
ispettive interne.

b) garantisce il miglioramento continuo di tutta l’attività all’interno del laboratorio.

c) promuove azioni preventive e correttive per eliminare le cause di non conformità ed adottare azioni
preventive per evitare il ripetersi delle non conformità.

d) mantiene relazione con i clienti , attraverso comunicazioni, informazioni, relazioni finalizzate alla
soddisfazione del cliente.

e) gestisce le risorse umane e materiali.

f) definisce le modalità di approvvigionamento, la gestione dei documenti relativi, le responsabilità. Garantisce


una adeguata manutenzione e controllo delle tarature e della sicurezza della strumentazione operante.

g) predispone la documentazione necessaria per la gestione dell’attività e della qualità, e definisce le procedure
di controllo, conservazione, rintracciabilità e revisione della documentazione stessa.

h) nel caso di progettazione di un nuovo servizio o prodotto, il laboratorio si attiene a quanto previsto dalle
norme ISO 9001:VISION 2000.

COMUNICAZIONE E “CUSTOMER SATISFACTION”

Il paziente deve essere considerato componente attivo indispensabile al processo di diagnosi e parte integrante
all’organizzazione. Questo non solo risponde a valori etici, ma anche a criteri di gestione aziendale delle UO. Il
Laboratorio di ECV deve fornire al cliente le necessarie informazioni mediante la Carta dei Servizi aziendale o
mediante altri strumenti di informazione contenenti l’elenco delle prestazioni erogabili, gli standard di qualità e
quantità con i quali la struttura si impegna ad erogarle, le modalità e gli orari di accesso, gli orari per l’eventuale
rilascio dei referti ed il nome e cognome del Responsabile del Laboratorio; fornisce informazioni riguardanti
costi, tempi e modalità di pagamento delle prestazioni, nonché degli eventuali rimborsi. L’operatore sanitario,
medico o infermiere professionale, deve fornire al cliente una adeguata informazione sull’esame da eseguire;
nel caso di esecuzione di prestazioni complesse (eco transesofageo, eco stress, eco fetale, ecocontrasto),
l’operatore deve informare il paziente in modo adeguato ed approfondito assicurandosi che questi abbia
acquisito gli elementi di conoscenza sufficienti e firmi l’apposito consenso informato prima dell’esecuzione dell’
esame stesso. Al termine dell’esame l’operatore informa adeguatamente il paziente sull’andamento dell’esame
6

e sulle conclusioni diagnostiche. Il Laboratorio di ECV deve definire appositi questionari di rilevamento della
soddisfazione del cliente, modalità e frequenza di somministrazione, analisi dei dati e revisione e gli strumenti
utilizzati.

LABORATORIO DI ECOCARDIOGRAFIA: ASPETTI STRUTTURALI (TAB.1)

I requisiti di struttura rappresentano tutti gli elementi distintivi di tipo strutturale che il Laboratorio di ECV deve
possedere affinché possa essere svolta in modo regolare l’attività di diagnostica ecografia.

AMBIENTI

Le caratteristiche dell’ambiente (dimensioni almeno 12 mq, luminosità e ventilazione adeguate, comfort)


costituiscono un indicatore della qualità percepita dall’utente. I locali necessari sono: sala attesa,
segreteria/accettazione, archivio, locale personale/spogliatoio, una o più sale di ECV, locale per sterilizzazione
sonde nel caso di esecuzione di esami per via trans esofagea.

Deve esserci uno spazio di attesa adeguato ai volumi di attività, confortevole e facilmente accessibile ed un
servizio di segreteria/accettazione anch’esso adeguato ai volumi di attività ed al rispetto della riservatezza dei
dati personali e sensibili. La sala per ECV deve avere una superficie di non meno di 12 mq, o comunque
adeguata alla tipologia dell’esame e tale da consentire sia il rispetto della privacy sia facilità di movimento di
paziente ed operatori, climatizzata, con lavabo, disponibilità di erogazione di ossigeno, facilmente accessibile
grazie a chiari cartelli indicatori, senza barriere architettoniche e tale da consentire una facile manovrabilità e
movimentazione dei pazienti barellati. Nel caso dell’alta specialità e di una seconda sala per questi esami, si
raccomandano dimensioni pari a quella per ECV generale; nel caso di esami transesofagei la sterilizzazione
delle sonda deve avvenire, laddove previste, nel rispetto delle disposizioni di legge in materia di sicurezza. Il
Laboratorio deve essere dotato di un archivio delle immagini sia statiche che in movimento, relativamente a tutti
gli esami effettuati

STRUMENTAZIONE (Tab 1)

La strumentazione prevista è rappresentata da ecocardiografo con varie sonde, elettrocardiografo, defibrillatore,


hardware e software, carrello emergenza. Per tutti e’ necessario indicare caratteristiche, modalità di
approvvigionamento, piano manutenzione, tarature, sicurezza, sterilizzazione sonde.

Ecografo cardiovascolare. E’ dotato di tecnica M-mode e bidimensionale, tridimensionale, Doppler ad onda


pulsata, continua ed a codifica di colore, doppler tissutale e di almeno una traccia elettrocardiografica.

E’ predisposto per effettuare, direttamente su schermo, almeno le seguenti misurazioni:

per la modalità M-mode distanza e tempo, per le modalità bi e tridimensionale distanza e aree e volumi per la
modalità Doppler velocità massime, medie, integrali di velocità, gradienti massimo e medio, e valutazioni di area
di flusso, volumi e frazioni di rigurgito, portata cardiaca, stroke volume in base alle vigenti linee guida della SIEC
ed europee.

Nel caso di ecocardiografia da stress l’ecografo deve essere dotato dell’apposito software di gestione (quad-
screen system).

Deve anche avere la possibilità di registrare immagini fisse ed in movimento su supporto digitale che possano
essere rielaborate ed archiviate

Deve essere dotato di una sonda a bassa (2.5, 3.5 MHz) ed una ad alta frequenza (5.0 MHz), o di sonde
multifrequenza ed eventuale sondino cieco per il Doppler continuo.

Il Laboratorio di ECV che volesse eseguire esami di ecografia vascolare dove dotarsi di apposite sonde (da 7.0,
8.0 MHz). Nel caso di ecocardiografia per via transesofagea
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La registrazione delle immagini è su videotape o su supporto digitale (vedi laboratorio digitale); la stampante è
in bianco e nero e/o a colori. Vi deve essere la possibilità di registrare le immagini fisse e in movimento su un
supporto digitale (CD o DVD) da allegare al referto

La durata della vita di un apparecchio è valutabile in 5 anni; durante questo periodo tutti gli apparecchi debbono
essere sottoposti ad una manutenzione periodica, possibilmente semestrale.

ALTRA STRUMENTAZIONE (Tab 2)

Il Laboratorio di ECV deve essere dotato o avere disponibili quando indicato, un elettrocardiografo a 12
derivazioni con traccia visualizzata su apposito monitor, un defibrillatore e un adeguato sistema hardware e
software per registrazione, elaborazione ed archiviazione dei referti. Il Laboratorio di ECV che esegue esami
transesofagei deve avere nell’apposito locale tutto l’occorrente necessario per la sterilizzazione delle sonde, ivi
compresa, se richiesta dal tipo di presidio utilizzato per la sterilizzazione, un locale per la sterilizzazione ed una
cappa aspirante a norma di legge.

CARRELLO DELLE URGENZE.

Deve essere presente nell’area del Laboratorio di ECV e rapidamente disponibile in caso di emergenze-
urgenze. Deve essere invece presente nella stanza dove si effettuano esami da sforzo, da stress
farmacologico, e con ecocontrasto o nel laboratorio pediatrico e predisposto per le necessità dell’esame e/o per
eventuali situazioni di emergenza/urgenza. Nei Laboratori di ECV pediatrica dovranno essere presenti
attrezzature e farmaci in confezione idonei all’età pediatrica.

MANUTENZIONE E CONTROLLI

Il Laboratorio di ECV deve definire le modalità di gestione della strumentazione dall’acquisto alla messa in
funzione (collaudo), alla manutenzione, ai controlli periodici dei requisiti di sicurezza ed alle tarature. Deve
definire le responsabilità per controllo, verifica e pianificazione della manutenzione, ivi comprese le riparazioni,
gli aggiornamenti, le dismissioni, le sostituzioni e revisioni ed i piani di manutenzione ordinaria e straordinaria di
verifica delle tarature.

RISORSE UMANE

Ogni Laboratorio di ECV deve definire una procedura relativa alla gestione delle risorse umane, piani di lavoro,
ferie, riposi, reperibilità, responsabilità, ecc. Devono essere definiti l’organizzazione e gli indicatori idonei a
monitorizzare l’attività del laboratorio e dei suoi componenti. Tutte le unità devono condividere le finalità,
l’organizzazione ed i processi all’interno del laboratorio, dare un contributo fattivo alla implementazione ed al
miglioramento continuo della qualità.

FORMAZIONE

La definizione di competenze in ECV ed il relativo percorso formativo è quello indicato dalle apposite procedure
ed istruzioni operative del sistema qualità della SIEC. E’ previsto un processo formativo per le seguenti
competenze:

· Competenza di base in ecografia cardiovascolare:


o per medici di medicina generale. Il percorso formativo richiede una formazione di base/conoscenze
sull’apparato cardiovascolare.
o per tecnici o infermieri. Il percorso formativo richiede una formazione di base/conoscenze sull’apparato
cardiovascolare.
· Competenza in ecografia cardiovascolare generale. Il percorso formativo richiede una formazione
specialistica dell’apparato cardiovascolare.
· Competenza in ecografia cardiovascolare di alta specialità. Il percorso formativo richiede il possesso
della certificazione di competenza in ecografia cardiovascolare generale.

La verifica della competenza è a cadenza quinquennale ed il suo mantenimento è subordinato al superamento


dell’apposito esame. In ogni Laboratorio di ECV deve essere garantito un costante aggiornamento degli
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operatori, definendo un piano semestrale/annuale per la formazione del personale sia per il personale medico
che non medico operante nel Laboratorio. Sia la formazione continua che quella periodica degli operatori deve
essere sottoposta a verifiche e controlli dei livelli raggiunti.

LABORATORIO DI ECOCARDIOGRAFIA: ASPETTI GESTIONALI

ORGANIZZAZIONE

Il Laboratorio di ECV deve definire le responsabilità, le modalità di gestione delle risorse umane e materiali, i
volumi e tipologia di attività, le modalità di accesso, i tempi di attesa e le modalità di gestione della
documentazione. L’organizzazione deve dotarsi di apposite procedure ed istruzioni operative che definiscano
con chiarezza i processi e le varie fasi che li compongono, le loro interdipendenze ed i fattori ad essi connessi.
Deve attuare verifiche e controlli, risolvere le criticità, migliorare il servizio e revisionare procedure e processi
nel caso di mutate esigenze di carattere organizzativo, tecnologico, scientifico, gestionale. Devono essere
esposti ed accessibili a tutti gli obiettivi, l’organigramma funzionale e nominale, i report di attività, i tempi di
attesa, le norme di sicurezza e le disposizioni sulla riservatezza dei dati.

COMPITI E RESPONSABILITÀ

Responsabile

Il Responsabile organizza l’attività e gli standard del Laboratorio, controlla e gestisce le risorse umane,
tecnologiche e del budget (quando assegnato). Controlla gli accessi, il numero degli esami, predisporre
protocolli per l’esecuzione di ogni tipologia di esame e ne verifica le modalità di esecuzione; analizza processi,
dati, report, e risultati. Controlla le liste di attesa e definisce le modalità per il contenimento dei tempi di attesa.
Controlla ogni mese e controfirma il registro delle attività. Garantisce un costante aggiornamento degli operatori,
definendo un piano annuale per la formazione del personale che opera nel laboratorio. Promuove una costante
verifica dell’attività svolta secondo criteri di qualità, efficacia ed efficienza. Facilita la collaborazione tra
operatori, stimola il senso di appartenenza ed il lavoro di gruppo, facilita il confronto tra le diverse competenze,
promuove l’audit. Verifica la soddisfazione del cliente. Definisce procedure relative alla sicurezza in ambito
lavorativo 626/94, ed al rispetto della legge sulla privacy. Predispone verifiche ispettive, le azioni correttive e
preventive ed il riesame di tutta l’attività.

PERSONALE MEDICO

Valuta le indicazioni all’esame, forniscono al paziente informazioni sul tipo di esame che verrà fatto, eseguono
l’ecocardiogramma e/o rivedono le immagini acquisite da altri operatori di ECV, tirocinanti o specializzandi;
refertano e comunicano al paziente l’esito dell’esame stesso. Il registro degli esami ecocardiografici eseguiti,
controfirmato dal Responsabile del Laboratorio, costituisce il documento ufficiale della casistica
ecocardiografica individuale.

L’INFERMIERE COMPETENTE IN ECV. Vedi paragrafo relativo

TECNICI. Vedi paragrafo relativo

PERSONALE AMMINISTRATIVO.

1. gestisce le pratiche burocratiche

2. gestisce ed organizza gli appuntamenti

3. archivia gli esami

4. invia i referti in altre strutture sanitarie

LINEE GUIDA

La SIEC raccomanda che ogni Laboratorio di ECV debba applicare in parte o totalmente le raccomandazioni
contenute nelle Linee Guida (WWW.SIEC.IT). Ogni Laboratorio di ECV deve dichiarare le Linee Guida cui fa
riferimento sia nella pratica generale del Laboratorio, sia nei casi particolari. Le linee guida hanno lo scopo di
assistere il Medico nelle decisioni cliniche, illustrando un ventaglio di approcci usualmente accettati per la
documentazione della malattia CV.
9

Accanto alla funzione di termine di riferimento culturale le linee guida hanno anche la funzione di
omogeneizzare e standardizzare l’approccio degli Operatori allo studio con ultrasuoni delle patologie
cardiovascolari, ed in questa visione la loro applicazione deve essere vista non solo come gesto importante nel
determinare l’appropriatezza delle procedure, ma anche come una componente fondamentale ed
imprescindibile del processo di accreditamento.

REFERTAZIONE/ARCHIVIAZIONE/REGISTRO

REFERTAZIONE

Il referto scritto dell'esame ecocardiografico rappresenta la sintesi delle informazioni raccolte nel corso dello
stesso. Un referto per essere definito completo deve rispondere a requisiti di adeguata esposizione dei dati, di
sintesi, di facile comprensione e deve offrire conclusioni diagnostiche chiare, comprensibili e coerenti sia con le
descrizioni morfologiche e numeriche espresse che con il quesito clinico posto nell’indicazione all’esame. Deve
essere coerente con i parametri riportati, deve rispondere al “Quesito clinico” Deve essere suddiviso in una
”descrizione” e “Conclusioni” e “parametri numerici”

Nel referto devono essere riportati

1. Data esame, dati del paziente: cognome, nome, data nascita, peso, altezza, superficie corporea, PA,
FC, ritmo cardiaco
2. Provenienza , esame urgente o no, esame eseguito in ambulatorio o a letto paziente
3. quesito clinico con annessi motivi particolari
a. per paz neoplastici : se pre- terapia, durante, post (tipo chemio o RT, dose)
b. per le protesi valvolari : modello, taglia, sede, data impianto
c. per gli interventi: data e tipo (BAC, plastica, trapianto, endoprotesi, TAVI)

La “descrizione” deve riportare la descrizione di tutte le strutture ed elencare quelle che presentano anomalie
morfologiche e/o funzionali nonché mettere in evidenza chiaramente quelle strutture che, potenzialmente
rilevanti per la risposta al quesito clinico posto nelle indicazione, non sono state esplorate per motivi tecnici.
Ogni anomalia va descritta chiaramente in termini morfologici (es. dilatazione globulare, ectasia uniforme,
calcificazione,) e funzionali, con severità emodinamica in 3 gradi (lieve, media o moderata, grave o severa) in
base ai criteri standard ed alle linee-guida vigenti, in modo da avere una uniformità di vedute tra i vari operatori
e da far capire il problema a chi legge il referto. Descrizione accurata delle anomalie di forma, dimensioni e
parametri (massa, spessore relativo) e le modalità utilizzate per le misurazioni in modo che nel follow-up le
misure possano essere eseguite con le stesse modalità

Le “conclusioni” diagnostiche devono essere chiare, comprensibili e coerenti sia con le descrizioni morfologiche
e numeriche espresse che con il quesito clinico posto nell’indicazione all’esame; devono dare gradazioni di
“entità” della patologia supportate dai parametri necessari e valutazione di differenze riscontrate con esami
precedenti

I “parametri” numerici vanno riportati a parte, con accurata valutazione dei dati numerici delle varie cavità,
indicizzati per la superficie corporea come indicato in letteratura internazionali (2006 Lang, EHJ Chamber
quantification) Per quanto riguarda le misure sistematiche dell'M-mode, esse (se fattibili) dovrebbero essere
almeno le seguenti: i diametri dei ventricolo sinistro in telediastole e telesistole, gli spessori telediastolici del
setto interventricolare e della parete libera, il diametro telediastolico del bulbo aortico ed il diametro telesistolico
dell'atrio sinistro. Per quanto possibile le misure dovrebbero essere effettuate in approccio parasternale o
sottocostale in sezione trasversa ottimizzata e seguendo la convenzione dell'ASE, della Società Europea (ESC
CVImaging) e della SIEC (2011 Linne-Guida).

Dal bidimensionale si rileva la frazione di eiezione di cui si raccomanda di riportarne la modalità di calcolo o se
trattatasi di stima; la Commissione della SIEC raccomanda di utilizzare per il calcolo dei volumi, quando
indicato, il metodo di Simpson biplano od in alternativa (nei pazienti che non presentano alterazioni della
cinetica regionale) quello area-lunghezza monoplano.

Per quanto riguarda il Doppler, le velocità E ed A del flusso transmitralico dovono essere sempre riportate. In
caso di stenosi valvolare o di protesi valvolare, i gradienti, massimo e medio, e l'area valvolare funzionale
dovrebbero essere sempre riportati. In caso di insufficienze valvolare una stima semiquantitativa del grado di
rigurgito, associata o meno alla stima quantitativa che meglio si adatta al caso, deve essere riportata. Altri
10

parametri Doppler devono essere riportati in relazione alla patologia presente. Per quanto riguarda l’esame
vascolare devono essere rilevati, per ogni vaso, lo spessore parietale e medio intimale (solo per le carotidi), il
diametro sistolico e diastolico ed il profilo flussimetrico al doppler.

Vanno sempre indicati gradienti massimo e medio, aree valvolari indicizzati per la superficie corporea con
indicato il parametro utilizzato (equaz. continuità Pisa, PHT), parametri doppler di funzione sistolica e diastolica,
doppler tissutale, parametri per la resincronizzazione e vanno sistematicamente modificati ed aggiornati in
ottemperanza alle ultime linee guida nazionali ed internazionali

Il referto deve essere sempre accompagnato dalla documentazione iconografica (immagini fisse in numero
variabile o in movimento di durata variabile) dimostrativa degli aspetti più significativi riportati nel referto stesso;
qualora le immagini fisse da acquisire risultassero di pessima qualità deve essere segnalata la mancanza della
documentazione iconografica ed il motivo. La iconografia può non essere allegata nei referti di pazienti interni
ed in questi casi si fa riferimento alla registrazione archiviata. L’esame e relativo referto, salvo casi particolari,
vanno consegnati al paziente subito dopo l’esecuzione dell’esame, accompagnati da una adeguata
informazione. Il Laboratorio deve essere dotato di un archivio delle immagini sia statiche che in movimento,
relativamente a tutti gli esami effettuati.

Il Laboratorio deve essere dotato di un archivio delle immagini sia statiche che in movimento, relativamente a
tutti gli esami effettuati. La SIEC raccomanda di utilizzare supporti informatici per la refertazione e supporti
magnetici o digitali per l’archiviazione delle immagini. Almeno fino a quando non vi sarà un’adeguata
legislazione sulla firma digitale, di ogni referto deve essere trattenuta ed archiviata una copia cartacea firmata
per 5 anni. L’archiviazione va fatta nel rispetto della legge sulla privacy.

LABORATORIO DIGITALE

La nuova tecnologia degli ecocardiografi di nuova generazione permette l’acquisizione di immagini in real time
sia bi che tridimensionali sia echo che color doppler.

La SIEC raccomanda l'archiviazione non solo di immagini statiche ma anche di cicli cardiaci in movimento,
almeno per quanto riguarda le immagini del ventricolo sinistro. L’archiviazione dell’esame deve comprendere la
visualizzazione in tempo reale di tutte le eventuali anomalie (sia morfologiche che di cinetica o di flusso ) che
vengono ritenute di rilievo, affinché possano essere verificabili e confrontabili nel tempo anche da parte di
operatori diversi. La sola archiviazione “statica” (cartacea) delle immagini non può essere considerata
sufficiente. Almeno fino a quando non vi sarà un’adeguata legislazione sulla firma digitale, di ogni referto deve
essere trattenuta ed archiviata una copia cartacea firmata per 5 anni. Si raccomanda di utilizzare supporti
informatici per la refertazione.

Le moderne apparecchiature ecocardiografiche e la miglio tecnologia sviluppata negli ultimi anni ha permesso
l’attuazione di un laboratorio”digitale”.

L’archiviazione degli esami era prima cartacea, poi in video-tape, con perdita della qualità delle immagini e della
durata nel tempo, oggi la tecnologia digitale permette di catturare immagini di alta qualità sia statiche che in
movimento durante l’esecuzione dell’esame in tempo reale (in genere in formato DICOM), e permette di
archiviarle senza perdita di informazioni e di qualità delle immagini, in modo da essere sempre disponibili per
controlli e valutazioni da più operatori.

Le immagini di questo tipo possono essere anche analizzate “off-line”, trasmesse in via digitale
dall’ecocardiografo alla stanza del responsabile che funge da “tutor” ai tecnici di eco (Sonographer) ove presenti
che effettuano gli esami, agli operatori meno esperti, ma anche di trasmettere le immagini in caso di necessità
direttamente alla sala di emodinamica, terapia intensiva o sala operatoria di cardiochirurgia.

Questo assicura una riduzione notevole dei tempi di indagine, con una qualità elevata, ma permette anche di
poter effettuare una formazione continua di operatori con un notevole incremento della qualità degli esami
prodotti dal laboratorio Per approfondimenti si rimanda alle Linee-Guida SIEC 2011 laboratorio digitale

QUALITA’

E’ opportuno che ciascun laboratorio (in cui operano differenti operatori) costituisca nel proprio interno i
parametri di variabilità intra-osservatori e inter-osservatori, e verifichi ripetutamente nel corso dell’anno tali
variazioni soprattutto in caso di innovazioni tecnologiche di metodiche o di attrezzature.
11

Il Responsabile del Laboratorio dovrà effettuare, con gli altri operatori, dei periodici controlli di qualità. I controlli
possono essere effettuati con cadenza bimestrale, a random su un numero di esami variabile relativo ad ogni
singolo operatore di ECV deciso dal Responsabile del Lab. Le verifiche verteranno prevalentemente sulle
modalità’ di esecuzione degli esami, la completezza e modalità di interpretazione e refertazione dell’esame e
sull’accuratezza. Le suddette modalità di verifica e controllo per la qualità dovranno essere definite da apposite
procedure del Lab.

REGISTRO

Allo scopo di verificare e valutare l’attività dei singoli operatori, ogni Laboratorio di ECV deve tenere un registro
degli esami che potrà essere in forma cartacea o informatica e che riporterà i dati utili per rintracciare l’esame,
valutarne la qualità e l’attività degli operatori. I dati devono essere trattati in accordo con quanto disposto dalla
legge 675/96.

APPROPRIATEZZA DELL’ECOCARDIOGRAFIA

In questi ultimi anni abbiamo assistito ad una vera e propria esplosione di metodiche di diagnostica, grazie
anche alla rapida evoluzione tecnologica, ma non per questo un eccesso di ricorso alle tecniche diagnostiche si
traduce poi in un guadagno in “salute” per i pazienti.

Vi è invece sicuramente un incremento di spesa sanitaria, che nel contesto attuale di “costi di gestione” e di
mantenimento della spesa sanitaria rischia poi di trasformarsi in una ridotta capacità del sistema a fornire a tutti
il minimo di assistenza necessaria. Un eccessivo ricorso a metodiche di indagine che si potrebbero evitare
influenza notevolmente i costi dell’assistenza sanitaria, senza peraltro aumentarne l’efficienza diagnostica E’
stato coniato quindi il termine di “appropriatezza” degli esami, per indicare le procedure che hanno un reale
beneficio per il paziente L’ecocardiografia rappresenta un esame non invasivo largamente disponibile, ripetibile,
privo di rischi e con costi medi; tutto ciò determina un eccesso di richieste non sempre appropriate e utili per la
gestione della patologia del paziente.

E’ pertanto utile ricordare che tale tecnica, essendo un esame di II° livello, deve essere preceduta da una
valutazione clinica completa e l’indicazione posta tenendo conto di criteri oggettivi di appropriatezza, derivanti
dalla possibilità che le informazioni fornite dall’esame siano indispensabili per la gestione del paziente (diagnosi,
prognosi, terapia).

Segue in tabella la classificazione delle Linee Guida (2011 JASE ACC/ASE/AHA/ASNC Appropriateness criteria
of TTE and TEE echo) disponibili per definire il grado di appropriatezza della relativa indicazione, al fine di
orientare l’iter diagnostico in relazione al quadro clinico. La classificazione utilizzata comprende 3 classi:

CLASSE I
Condizioni in cui vi è un accordo generale sul fatto che l’ecocardiografia sia appropriata Per cui l’esame va
sempre eseguito

CLASSE II

Condizioni in cui non vi è accordo sul fatto che sia una tecnica appropriata, e viene utilizzata secondo
specifiche indicazioni (II A non assoluta, e limitata a casi particolari; II B dubbia)

CLASSE III
Condizioni in cui vi è un accordo generale sul fatto che l’ecocardiografia non sia appropriata per cui l’esame
non è indicato, e non va eseguito
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TABELLA 1 CARATTERISTICHE LABORATORIO ATTREZZATURE NECESSARIE

1. superficie non inferiore a 12 mq


2. ventilazione e luminosità sufficienti
3. adeguata climatizzazione, anche in estate ed in considerazione del calore prodotto dalle macchine
4. facile accessibilità a pazienti ambulanti e barellati, anche in caso di urgenza/emergenza
5. agevole mobilità dei vari operatori
6. Una scrivania con poltrona e almeno due sedie
7. Un lettino largo, con testata regolabile
8. Un attaccapanni
9. Un paravento
10. Uno o più armadi per materiali di consumo e farmaci
11. Un seggiolino per l’operatore che deve essere ergonomico e regolabile
12. attacco per l’erogazione dell’Ossigeno E aspiratore
13. saturimetro
14. Ecocardiografo tecnologicamente avanzato e dotato di sonda 2D e 3D e transesofagea
15. Elettrocardiografo a 12 derivazioni
16. Defibrillatore
17. Carrello per l’emergenza-urgenza
18. Computer con software per registrazione, elaborazione archiviazione dei referti
19. pavimento facilmente lavabile

TABELLA 2 PARAMETRI INDISPENSABILI CHE NON DEVONO MAI MANCARE NEL REFERTO (GIEC
2005 SIEC Minimal data set;2011 Picard JASE)

1. Data esame, dati del paziente: cognome, nome, data nascita, peso, altezza, superficie corporea, PA,
FC, ritmo cardiaco
2. Provenienza , esame urgente o no, esame eseguito in ambulatorio o a letto paziente
3. quesito clinico
4. Dimensioni, spessori parietali, massa indicizzata spessore relativo, frazione di accorciamento (valutati
in M-mode sec. LG SIEC) del ventricolo sinistro
5. Dimensioni aorta (bulbo, giunzione, ao asc) in mm indicizzati alla SC
6. Descrizione della cinetica regionale sec lo schema ASE a 16 segmenti con punteggio e WMSI
7. Dimensioni atrio sinistro con area e volume indicizzato
8. Dimensioni e funzioni del ventricolo destro
9. Funzione sistolica del ventricolo sinistro con Simpson mono e/o biplano
10. Funzione diastolica del ventricolo sinistro con D-PW e/o TDI
11. Valutazione di un rigurgito valvolare con descrizione meccanismo e grading
12. Valutazione di un rigurgito tricuspidale con grading e valutazione pressione polmonare
13. Velocità, gradiente massimo e medio delle stenosi valvolari con area di flusso (PHT, eq.continuità)
14. Valutazione setto interatriale
15. Studio della e vena cava (dimensioni e collassabilità) e flusso nelle vene sovra epatiche
16. Studio dell’aorta istmica e dell’aorta addominale
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TABELLA 3 APPROPRIATEZZA ECO

A)Soggetti senza cardiopatia nota

PATOLOGIA CLASSE I CLASSE II (A-B) CLASSE III

Soffio cardiaco Soffio di probabile Soffio in paziente Soffio innocente in paziente


origine organica in asintomatico con bassa asintomatico
paziente sintomatico o probabilità di cardiopatia
asintomatico

• Fondato sospetto • Documentata, o


Dolore toracico di cardiopatia fortemente probabile,
ischemica, valvolare, etiologia non cardiaca
miocardiopatia o
pericardite.
• Fondato sospetto • Qualunque aritmia per • "Palpitazioni" aspecifiche
Disturbi del ritmo di cardiopatia cui venga posta • Aritmie minori senza
ischemica, valvolare, indicazione al trattamento segni clinici di sospetta
miocardiopatia o farmacologico cardiopatia.
pericardite.
• Aritmie maggiori
documentate o
sospette (fibrillazione
atriale, flutter atriale,
aritmie ventricolari
gravi)
• Anamnesi positiva
per cardiopatia
geneticamente
trasmessa.
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B) SOGGETTI CON CARDIOPATIA NOTA

PATOLOGIA CLASSE I CLASSE II (A-B) CLASSE III

VALVULOPATIE • Definizione diagnostica • Valvulopatie lievi o • precedente


ed emodinamica moderate o portatori di controllo < 1 anno in
• Rivalutazione in caso di protesi senza disfunzione o forme clinicamente
variazione rilevante del ipertrofia ventricolare o stabili ed
quadro clinico o in senza modificazioni del emodinamicamente
gravidanza quadro clinico non gravi
• Rivalutazione (6-12 mesi)
di stenosi severa o a
evoluzione rapida, anche
asintomatici o in cui è
prevedibile una evoluzione
rapida
• Ogni anno dopo
valvuloplastica
• Ogni anno nelle
insufficienze medio severe

CARDIOPATIE • Definizione diagnostica • Ripetizione


CONGENITE • Modificazione clinica in dell’esame in
cardiopatia nota situazione di stabilità
• necessità di ridefinire la clinica
diagnosi
• Follow up di funzione
ventricolare, pressione
polmonare

CARDIOMIOPATIE • Definizione diagnostica • Atleti a livello agonistico • Malattia


PRIMITIVE E • Modifiche del quadro • Malattia sistemica con sistemica a raro
SECONDARIE clinico potenziale interessamento coinvolgimento
• Prima e dopo cardiaco cardiaco
chemioterapia • BBD, BBS, BAV I e II
• E radioterapia grado asintomatici
mediastinica e/o toracica • Folow-up dopo
• Ogni 3-6 m- 1 a. nelle radioterapia o chemioterapia
forme tossiche da
chemioterapia o etilismo
cronico
MASSE • Diagnosi
CARDIACHE • Follow up per recidiva
• Guida alla scelta
terapeutica

IPERTENSIONE • Ipertensione grave • Ipertensione stabile • Ipertensione di


ARTERIOSA • In caso di danno (PAD<115) in assenza di recente insorgenza
d’organo segni di danno d’organo • Ipertensione
• Sintomi legati border-line
sicuramente all’apparato • Crisi ipertensiva
cardiovascolare
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• Studio della ischemia • Rivalutazione


CARDIOPATIA inducibile quando ECG da (<12 mesi) in forme
ISCHEMICA sforzo non è interpretabile con quadro clinico
• Ricerca della vitalità stabile
ECOSTRESS miocardia ai fini di una • Altri test di
rivascolarizzazione immagine negativi (o
• Valutazione restenosi in positivi)
paz. rivascolarizzati
• Definizione della lesione • Batteriemia di
ENDOCARDITI valvolare e delle condizioni origine ignota
INFETTIVE emodinamiche • Febbre< 8gg in
• In presenza di fondato assenza di
sospetto di endocardite batteriemia
anche se con emocoltura
negativa

Definizione diagnostica Pregressa patologia


MALATTIE DEL pericardica senza esiti
PERICARDIO Sospetto tamponamento

In caso di evoluzione
costrittiva o cronicizzazione
1volta/anno
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C) SOGGETTI CON PATOLOGIE DIFFERENTI NON CARDIACHE

PATOLOGIA CLASSE I CLASSE II Classe III

Malattie polmonari • Sospetta ipertensione • Pregressa embolia


polmonare polmonare
• sospetto cuore polmonare • BPCO
acuto
• embolia polmonare
Ischemia cerebrale • Sospetta ischemia • Follow-up del • Accertata
cerebrale cardioembolica paziente con etiologia non
• Ischemia cerebrale recente pregressa ischemia cardiaca
ed età <45 aa cerebrale
• Ischemia cerebrale cardioembolica
recente, assenza di patologia accertata
carotidea ed età >45 aa

Sincope • Sincopi reiterate in • Accertata


soggetti con occupazione ad etiologia non
alto rischio cardiovascolare
• Sincopi correlate a sforzi • Classica
• sospetto di cardiomiopatia sincope
ipertrofica ostruttiva, stenosi neurogena
aortica, stenosi mitralica
Malattie dell'aorta • Sospetta dissezione Follow-up di pazienti
aortica con dilatazione
• Anamnesi positiva per dell'aorta ascendente
malattie connettivali a
trasmissione genetica Rivalutazione
interventi endoprotesi

Embolie periferiche • Occlusione acuta di arteria • Origine


periferica o viscerale embolia non
• Paz. in cui la decisione di Monitoraggio della cardiaca accertata
coagulare si basa sui risultati cardiopatia • Nota patologia
dell’esame ecocardiografico emboligena già cardiaca ad alto
accertata rischio
emboligeno per
cui è indicata la
terapia
anticoagulante

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