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CAPITOLO SEI

LE CRISI E LE RIFORME DEL MEDIO PERIODO TANG

L’aumento della popolazione sotto i Tang rese impossibile il sistema del “campo uguale”, e inoltre i
ricchi proprietari erano riusciti a inglobare, con mezzi legali e illegali, molti appezzamenti nelle loro
tenute.
Il carico fiscale gravava quindi sui contadini che erano rimasti nelle terre statali, che si videro
costretti ad abbandonarle o a trasferirle con accordi truffa nelle grandi tenute.
Questo non fece altro che indebolire il gettito fiscale dello stato.
Un altro problema fu costituito dalla lotta per il potere tra le fazioni della burocrazia e della vecchia
aristocrazia Tang della Cina nordoccidentale.
La burocrazia era diventata potente sotto l’imperatrice Wu, che aveva preferito affidarsi ai
funzionari piuttosto che ai membri dell’aristocrazia.
A ciò si aggiunsero i conflitti tra i capi militari e il governo centrale.
I comandanti regionali erano divenuti funzionari che controllavano gli affari civili e militari in vaste
regioni di confine.
Essi, essendo militari di professione, erano di origine straniera, assieme ai mercenari che
combattevano nelle loro file, e gli avamposti sui confini dell’impero erano interamente gestiti dagli
alleati barbari.
L’insieme di questi elementi portò alla fine il regno di Xuanzong.

La svolta che causò la fine dei Tang avvenne nel 751, quando gli eserciti cinesi furono sconfitti dal
regno di Nanzhao nello Yunnan e dagli Arabi sul fiume Talas.
Quest’ultima battaglia fu decisiva perché essa fu il preludio della fine del dominio cinese sull’Asia
Centrale, che sopraggiunse quattro anni dopo, durante la grande rivolta che sconvolse la Cina.
Nel 745 Xuanzong prese in sposa la giovane e bella Yang Guifei, e sotto la sua influenza egli si
abbandonò agli atti più sconvenienti.
Entrambi presero sotto protezione An Lushan, un generale barbaro violento e presuntuoso.
Yang Guifei ne fece il suo figlio adottivo e ne divenne anche l’amante.
An Lushan fu così nominato comandante militare di tre regioni lungo il confine nordorientale, e alla
fine entrò in conflitto con il fratello di Yang Guifei per il controllo del governo centrale, e nel 755 si
ribellò, penetrando dapprima a Luoyang e poi a Chang’an.
Xuanzong fuggì nel Sichuan, dove le truppe ammutinate lo costrinsero ad assistere all’uccisione di
Yang Guifei e del fratello, ed egli infine abdicò in favore di uno dei suoi figli.
An Lushan fu ucciso da suo figlio nel 757, e gli succedette a capo della ribellione un altro generale
barbaro, che però fece la stessa fine.
Il nuovo imperatore Tang venne rimesso sul trono grazie all’aiuto degli Uiguri, e la pace fu
ristabilita nel 763.
Dopo la rivolta di An Lushan, il nuovo governo Tang non fu più in grado di controllare saldamente
il territorio cinese.
Il sistema dei comandi regionali fu esteso a tutto il paese e presto i vari comandanti militari
trasformarono le zone che controllavano in satrapie personali.
Ogni tanto, spinti dall’ambizione o dall’opposizione al governo centrale che cercava di arrestare il
loro potere, si davano alla ribellione, e la più grave di queste fu quella che colpì la Cina
nordorientale tra il 781 e il 786.
In seguito si scatenarono lotte interne tra la burocrazia e gli eunuchi, che riuscirono a manovrare gli
imperatori a loro piacimento e a contendere ai burocrati il controllo degli organi di governo.

Una delle regioni alla base della pace e stabilità nella nuova dinastia Tang è da ricercare in una serie
di riforme finanziarie che il governo emanò dopo la rivolta di An Lushan.
Il ministro Liu Yan perfezionò le operazioni di trasporto di cereali dalla valle dello Yangzi alla
capitale, sostituendo le corvè con l’impiego di operai retribuiti e migliorando i canali e le
imbarcazioni.
Lo statista Yang Yan, invece, introdusse una riforma che raggruppava le varie imposte, personali,
familiari e fondiarie in una tassa doppia, che veniva riscossa il sesto e l’undicesimo mese dell’anno
e che veniva applicata non al contadino, ma all’unità fondiaria, senza riguardo per la proprietà.

Il crollo del regime iniziò nell’874, con delle insurrezioni che scoppiarono nella Grande Pianura.
Uno dei capi ribelli, Huang Chao, riuscì ad emergere sfruttando il monopolio governativo del sale,
poi si spinse verso sud, prima saccheggiando la ricca città di Canton, e poi occupando Chang’an,
costringendo l’imperatore a fuggire nel Sichuan.
La rivolta venne repressa nell’884 da Li Keyong, un generale di origine turca.
Durante i dieci anni della rivolta, il governo perse il controllo di tutti i comandanti regionali, che
avevano trasformato i loro territori in regni indipendenti.
Nel frattempo avvenne un conflitto tra Li Keyong e Zhu Wen (Un luogotenente di Huang Chao
passato dalla parte del governo) per il controllo della Cina del nord.
Alla fine Zhu Wen ebbe la meglio, nel 904 creò un imperatore fantoccio, e nel 907 usurpò il trono
eliminando i Tang e fondando la dinastia Liang Posteriore.

LE CINQUE DINASTIE E I DIECI REGNI

I 53 anni che seguirono sono noti come Cinque Dinastie e Dieci Regni, dal nome di cinque dinastie
che si alternarono rapidamente nella Cina del nord e di dieci regni meridionali che si mantennero in
questo periodo.

Nel 960 Zhao Kuangyin, un generale di origine cinese, fu inviato a combattere un’incursione dei
Khitan, ma impiegò le sue truppe per impadronirsi del trono, fondando la dinastia Song con il nome
postumo di Taizu.
Inizialmente limitato alla Cina del nord, in seguito egli riuscì a riunificare tutta la Cina, riuscendo a
sottomettere tutti gli stati del sud ad eccezione della dinastia Liao lungo il confine settentrionale, del
regno di Wu Yue nel Zhejiang e della dinastia Han Settentrionale nello Shanxi.
Gli ultimi due stati furono sottomessi dal fratello e successore di Taizu, Taizong.
Il successo di Taizu fu dovuto sia alla durata del suo regno, protrattosi per sedici anni, sia perché
seppe affrontare il grosso problema del potere illimitato dei comandanti militari.
Riuscì a trasferire quelli più influenti ad un grado di minore importanza o a dimetterli in cambio di
compensi, nelle province limitò l’influenza dei comandanti regionali ad una sola prefettura,
sostituendoli con funzionari statali.
Inoltre fece trasferire tutti gli eserciti migliori nella capitale, lasciando nelle province quelli meno
efficienti, e pose tutte le forze armate sotto il diretto controllo del governo.

Questo provocò una debolezza militare che impedì ai Song di ripristinare il controllo sull’Asia
Centrale, nelle steppe, e nelle sedici prefetture perse al tempo delle Cinque Dinastie, a vantaggio
della dinastia Liao fondata dai Khitan.
I tentativi iniziali di riconquistare questa zona si conclusero nel 986 con una disastrosa sconfitta, e
infine con il trattato di Chanyuan nel 1004 i Song riconobbero la perdita della regione, accettando di
pagare un tributo annuo ai Liao.
Quest’accordo diede inizio ad un lungo periodo di pace, che fu interrotto soltanto dall’arrivo di
nuovi barbari: alcune tribù tangute di Tibetani avevano stabilito il loro controllo nell’Ordos, nel
corridoio del Gansu e in alcune zone della Mongolia Interna.
Dopo aver adottato il nome dinastico di Xia (I Cinesi li chiamarono Xi Xia o Xia Occidentali),
tentarono la conquista della Cina.
Alla fine vennero respinti, ma nel 1044 stipularono un trattato di pace con i Song, i quali dovevano
pagare anche a loro un tributo annuo.
I Liao, che approfittarono dell’invasione dei Xi Xia per muovere contro i Song, accettarono di
arrestare le incursioni in cambio di un aumento del tributo che già ricevevano.

Taizu, togliendo il potere ai capi militari, creò un nuovo sistema di uffici amministrativi che
concentravano il potere nelle mani dell’imperatore.
Il primo era il Consiglio degli Accademici, che in origine serviva per la stesura dei documenti, ma
adesso divenne un organo consultivo dell’imperatore.
Il secondo era il Consiglio Privato, che agì come ufficio per gli affari militari.
Questo sforzo di riunire gli organi amministrativi nelle mani dell’imperatore rese il governo Song il
più autocratico che ci fosse mai stato.
Il principale organo politico esecutivo fu un gabinetto non ufficiale composto da un gruppo di
consiglieri che variavano da cinque a nove.
Altri organi furono la Segreteria-Cancelleria, alle cui dipendenze vi erano ministeri e commissioni,
e la Commissione Finanziaria, che dirigeva il tesoro, la contabilità, le tasse, la registrazione di terre
e i monopoli.

Il punto di forza dell’impero Song stava nell’amministrazione civile, che dipendeva dal sistema
degli esami.
Gli esami si tenevano regolarmente ogni tre anni, e si svolgevano in tre fasi.
La prima consisteva negli esami svolti nelle prefetture e nelle scuole governative, e i promossi
potevano affrontare la seconda fase che si svolgeva nella capitale.
I promossi passavano quindi alla fase degli “esami di palazzo”, dopo il quale veniva pubblicata la
classifica finale dei vincitori.
Naturalmente il sistema degli esami ammetteva al servizio del governo solo persone provenienti da
famiglie agiate che potevano fornire un’educazione ai propri figli, oppure da famiglie più umili ma
con tradizioni culturali.

Nel 1609, dopo l’ascesa al trono dell’imperatore Shenzong, venne nominato consigliere il
riformatore Wang Anshi, che diede vita ad una serie di riforme volte a rafforzare la posizione
finanziaria del governo e potenziare l’efficienza militare.
Concesse ai contadini dei prestiti al 20%, un interesse molto basso, aiutandoli a vivere e pagare le
tasse, sottraendoli agli usurai.
Vennero redatte nuove mappe catastali per eliminare le vecchie disuguaglianze e stabilire un
sistema proporzionale di imposta fondiaria basato sulla produttività del suolo.
Le corvè che gravavano sui contadini poveri furono trasformate in obblighi fiscali e quindi
addossate alle classi superiori.
Tassò le ricchezze personali , tentò di regolare i prezzi, estese le agevolazioni creditizie ai piccoli
imprenditori creando agenzie di prestito governative che applicavano tassi di interesse bassi e fece
eseguire lavori per il controllo delle acque.
Nel settore militare reintrodusse il sistema dei “tre capi” e stabilì che le unità create dal sistema
provvedessero autonomamente alle spese per l’addestramento e per l’armamento di un certo numero
di soldati.
Sul piano culturale creò nuove scuole governative per contrastare le accademie private e decretò che
gli esami dovevano vertere sui problemi più pratici della politica e dell’amministrazione.
Le sue riforme causarono l’opposizione dei membri delle classi verso cui erano dirette, ovvero i
proprietari terrieri, i mercanti, gli usurai e i funzionari delle classi agiate.
Esse vennero sabotate dai burocrati ostili e male eseguite dai funzionari favorevoli ma impreparati a
esercitare i necessari controlli economici.
Nel 1076 Wang Anshi fu costretto a dimettersi, e dopo la morte di Shenzong i tradizionalisti
tornarono al potere ristabilendo il vecchio ordine.

La decadenza finanziaria e amministrativa dei Song continuò fino al disastro che avvenne durante il
regno di Huizong.
Egli si circondò di una corte fastosa, indebolendo le finanze della dinastia.
Negli ultimi anni del suo regno scoppiarono rivolte contadine, ma il colpo di grazia avvenne
dall’esterno.
Alcune tribù tunguse dette Jurchen avevano occupato la Manciuria nordorientale e il bacino
superiore del Sungari intorno all’odierna Harbin.
Nel 1114 essi si ribellarono ai Liao e adottarono il nome dinastico cinese di Jin, che significa
“dorati”.
I Song, nel tentativo di sbarazzarsi dei Liao, si allearono con i Jin, ma nel conflitto che seguì gli
eserciti cinesi non ottennero risultati, mentre i Jin distrussero definitivamente i Liao nel 1125.
I Song si mostrarono delusi dalla divisione del bottino, che assegnava loro solo cinque prefetture
intorno a Pechino, così i Jin continuarono la loro marcia verso sud.
Huizong, preso dal panico, abdicò e il suo successore tentò invano di mercanteggiare col nemico.
Così nel 1126 i Jin occuparono la capitale Kaifeng catturando Huizong e il suo successore.
Uno dei figli di Huizong, noto come Gaozong, continuò la lotta stabilendo il suo dominio sui
territori centrali e meridionali del paese.
Per questo motivo la seconda fase della dinastia è chiamata Song Meridionale.
I Jin non riuscirono ad inseguire i Song nel sud, a causa della natura paludosa dei territori, e
concentrarono il loro dominio sulla Cina del nord, spostando la capitale a Pechino e iniziando un
graduale processo di sinizzazione.

Nel frattempo i Song Meridionali stabilirono la capitale ad Hangzhou, e continuarono per qualche
tempo a cercare di riconquistare il nord sotto la guida del generale Yo Fei, ma i proprietari terrieri
volevano la pace, e la loro fazione, capeggiata da Qin Gui, prevalse.
Dopo aver fatto condannare a morte Yo Fei, i pacifisti stipularono nel 1141 un trattato di pace con i
Jin che sanciva il confine tra i due regni, che i Song si impegnavano a non fortificare, e stabiliva che
i Song erano vassalli dei Jin e dovevano pagargli un tributo annuo in seta e in argento.
La pace non durò a lungo: un tentativo da parte dei Jin di conquistare il sud fallì, e comportò la
riduzione del tributo e la liberazione dei Song dallo status di vassalli.
Successivamente un generale dei Song, Han Tuozhou, tentò di invadere il nord, ma pagò la sconfitta
con la vita, e i Song dovettero cedere alcuni territori ai Jin.

IL NEOCONFUCIANESIMO

Durante il periodo Song, la principale corrente filosofica in vigore fu quella del


Neoconfucianesimo.
In un periodo in cui le concezioni buddhiste avevano profondamente influenzato il pensiero della
gente, che ragionava in termini metafisici, era necessaria una nuova metafisica che sostenesse
l’etica di Confucio e allontanasse gli spiriti dalla concezione buddhista del mondo.

Han Yu, stilista e critico del Buddhismo, è considerato come il primo neoconfuciano.
Egli riscoperse il Mencio e il Grande Studio, contribuendo a farli entrare nel canone confuciano.
Altri importanti pensatori furono Fan Zhongyan, che riscoperse il Classico dei mutamenti e il
Giusto mezzo, Ou Yangxiu, che contribuì alla ripresa generale dell’interesse per i testi antichi, e
Zhu Xi, che redisse il canone confuciano ortodosso.

Secondo la metafisica neoconfuciana della scuola di Zhu Xi, tutte le cose, nonostante la loro varietà,
hanno un li o principio formale fondamentale.
I li, se uniti in un tutto, formano il Supremo che non conosce limiti di spazio e tempo, ed è il grande
principio dell’esistenza fenomenica.

Ogni cosa però è composta anche da qi, “strumento”, ovvero ciò che possiamo chiamare materia.
Alcune teorie mettevano in evidenza il legame tra i li, i qi, lo yin e lo yang e i cinque elementi,
mentre un’altra dottrina illustrava il ciclo dei mutamenti dalla creazione al caos.
L’applicazione di queste teorie alla natura umana e alla società suscitarono molto più interesse tra i
cinesi.
Durante l’epoca Song venne alla luce il conflitto tra la dottrina di Mencio, che sosteneva la natura
buona dell’uomo, e quella di Xunzi, che la definiva cattiva.
Zhu Xi e i suoi seguaci diedero ragione a Mencio, e stabilirono che il li della natura umana è buono
ed è alla base delle cinque virtù fondamentali di amore, rettitudine, proprietà, conoscenza e fiducia.
La natura umana è la manifestazione del suo li attraverso l’apparenza fisica del qi.
La per la del li dell’uomo si trova nel fango del qi e dev’essere ripulita affinché risplenda in tutto il
suo splendore.

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