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CAPITOLO CINQUE

L’epoca che seguì il crollo degli Han è detta periodo delle “Sei Dinastie”, dal nome delle dinastie
che si succedettero dal 222 al 589 che fissarono la loro capitale a Nanchino.
In questo periodo orde di barbari distrussero la Cina del nord, e una religione straniera, il
Buddhismo, minacciò le basi della civiltà cinese.

Gli intellettuali taoisti di questo periodo erano dediti al Qing Tan (Conversazioni pure).
Essi cercavano di conservare la purezza allontanandosi dalla vita politica e mondana, dedicandosi
ad una sensibilità estetica e a una vita individualistica.
I più famosi esponenti del Qing Tan furono i “Sette saggi della foresta di bambù”, un gruppo di
ricchi che vivevano nella capitale dei Jin Occidentali, e che si ritiravano nei boschi per discutere di
filosofia, comporre versi, suonare il liuto e bere.
Con le invasioni barbariche, questi intellettuali fuggirono dal nord e si rifugiarono a sud a
Nanchino, dove nel IV secolo il gruppo degli “Otto che comprendono” ostentarono un’eccentricità
maggiore di quella dei loro predecessori settentrionali.

Un altro aspetto importante fu l’interesse per l’alchimia come metodo per ottenere l’elisir della vita.
All’inizio del IV secolo Ge Hong scrisse il Baopuzi, un’enciclopedia delle arti per raggiungere
l’immortalità.
Nel libro è indicata una ricetta per ottenere l’oro dal mercurio, dal piombo e dal cinabro, e che gli
elisir non conferivano solo immortalità, ma anche altri benefici per i maghi, i generali e i funzionari.
Questa ricerca degli elementi atti a rendere immortali ebbe come conseguenza la scoperta di
anestetici e nuovi farmaci, infatti la medicina tradizionale cinese è strettamente legata al Taoismo.

Un’altra concezione taoista fu quella dell’igiene interiore: si credeva che ogni individuo avesse
dentro di sé 3 centri vitali o “campi di cinabro”, 36.000 divinità e 3 vermi, cause di malattie,
vecchiaia e morte.
L’obiettivo era eliminare i vermi e alimentare i campi di cinabro, creando quindi all’interno del
corpo fisico un secondo corpo puro che sarebbe diventato immortale.
I taoisti maturarono la credenza che i Xian, gli Immortali, giungevano solo ad una forma di morte
esteriore del corpo fisico, vista come un momento di passaggio in cui ci si liberava dell’inutile
corpo mortale.
I seguaci di questo culto evitavano il vino e la carne per non offendere le divinità interiori e i cinque
cereali per non nutrire i tre vermi.
Inoltre cercavano di purificare i canali interiori praticando esercizi ginnici, di respirazione e di
meditazione.
Nei tempi successivi il Taoismo si trasformò in una religione organizzata, sulla base del modello
buddhista, creando un pantheon sterminato di divinità, monasteri e conventi.

IL BUDDHISMO INDIANO
La nuova religione buddhista era in aperto contrasto con le concezioni e gli ideali cinesi, e
rappresentò una grande sfida per la società cinese.
Secondo i buddhisti, la vita è fatta essenzialmente di dolore, ed ogni vita è legata a quella
precedente tramite il karma.
Ogni atto produce quello successivo, la nascita porta alla vecchiaia, alla morte e ad altre rinascite
ancora, in un ciclo vitale senza fine, ritenuto la causa delle diversità sociali e delle ingiustizie.
Il buddhista non intende correggere l’ordine sociale come il confuciano, ma soltanto sfuggire al
ciclo doloroso dell’esistenza.

Il Buddha storico, noto col nome di Sakyamuni, visse intorno al 500 a.C.
Era un principe dello stato di Magdha, e, angosciato dalle sofferenze che vedeva intorno a sé, lasciò
la famiglia per dedicarsi a una vita ascetica, ma in seguito scoprì che così facendo non sarebbe
arrivato a niente.
Così, mentre era in meditazione, raggiunse l’illuminazione, e quindi divenne il Buddha,
l’illuminato, e iniziò a predicare la sua scoperta ad un gruppo di discepoli.
I suoi insegnamenti furono messi per iscritto alcuni secoli dopo la sua morte, peraltro in forme
storpiate e contraddittorie, tant’è che è impossibile determinare quali siano stati gli insegnamenti
originari.
La base delle sue concezioni sembra ruotare intorno alle Quattro Nobili Verità:

1. La vita è dolore
2. L’origine del dolore è il desiderio
3. La cessazione del dolore è causata dalla fine del desiderio
4. La strada che giunge a questo fine è il Nobile Ottuplice Sentiero, cioè le regole per un giusto
modo di vivere

I discepoli del Buddha praticavano una vita ascetica e si astenevano dall’uccidere, dal rubare, dal
mentire, dal bere e dal fornicare.
L’obiettivo di tutti questi sforzi era il Nirvana.
Secondo i buddhisti, la personalità umana era costituita dall’unione di “cinque aggregati”, ossia
l’organismo corporeo e i quattro stati psichici della sensazione, della cognizione, dell’attività
mentale e della coscienza.
Raggiungere il Nirvana significava spezzare l’eterno ciclo delle reincarnazioni e annullare sé stessi.
Il Buddhismo presto si sviluppò in una chiesa monastica.
Dopo una lunga tradizione orale, intorno al I secolo d.C. venne prodotta una grande quantità di
letteratura sacra, che venne scritta inizialmente in due lingue indoeuropee: il Pali e il Sanscrito.
Le scritture in Pali furono conservate a Ceylon, mentre quelle in Sanscrito ci sono pervenute
attraverso traduzioni in Cinese e in Tibetano.
Il canone buddhista, cioè il Tripitaka (Tre cesti), viene suddiviso in Vinaya, cioè discipline per la
vita monastica, Sutra, cioè discorsi che costituiscono i principali insegnamenti, e Abhidharma, cioè
elaborazioni scolastiche degli stessi insegnamenti.
Fin dall’inizio, il Buddhismo si divise in due grandi correnti: Hinayana, o Piccolo Veicolo, e
Mahayana, o Grande Veicolo.
La forma buddhista preferita dai cinesi è quella Mahayana, poiché accolse i culti e le idee religiose
dei popoli convertiti, e con la sua distinzione tra verità assoluta e verità relativa, poté accogliere
anche le dottrine contraddittorie, considerandole gradi diversi di verità corrispondenti a livelli
diversi di comprensione dei credenti.
Esso inoltre sviluppò un complesso di speculazioni metafisiche e un ricco pantheon.
In luogo della religione senza dio del Buddha storico, i seguaci del Mahayana riconobbero miriadi
di Buddha simili a dèi in cicli temporali.
Essi introdussero anche un nuovo tipo di divinità, il Bodhisattva o “Esistenza Illuminata”, il quale,
pur avendo raggiunto l’illuminazione, rimane sulla terra per aiutare gli altri a salvarsi, prima di
passare a sua volta nel Nirvana.

Secondo la tradizione, il Buddhismo fu introdotto in Cina nel 64 d.C., in seguito ad un sogno


dell’imperatore Ming della dinastia Han.
Il racconto è apocrifo, ma già in questo periodo esisteva una delegazione buddhista alla corte del
fratello dell’imperatore, il re di Chu, nella valle del basso Yangzi.
Nel secolo successivo il Buddhismo penetrò nel Vietnam nel nord, al confine con l’impero, e i
convertiti iniziarono ad erigere in Cina gli stupa, le torri reliquarie buddhiste, che col tempo si
trasformarono nelle pagode di pietra, legno e mattoni che costituiscono un aspetto tipico dell’Asia
Orientale.
Il Buddhismo fu introdotto in Cina inizialmente dai mercanti che seguivano le rotte costiere
meridionali e le vie terrestri settentrionali attraverso l’Asia Centrale, ma in seguito il merito
dell’arrivo della religione fu dato principalmente ai missionari.
Il principale propagatore della fede buddhista in Cina fu Kumarajiva, che tradusse i testi buddhisti
in Cinese.

Una funzione più importante degli stessi missionari indiani la ebbero i monaci cinesi che andarono
in pellegrinaggio in India per meglio conoscere la nuova religione.
Il più famoso dei pellegrini buddhisti fu Xuanzang, che fece un viaggio di andata e ritorno in India
tra il 629 e il 645.
Dopo il suo ritorno a Chang’an, che era ridiventata la capitale della Cina unita, divenne la maggiore
figura religiosa del suo tempo e dedicò il resto della sua vita a tradurre 64 opere buddhiste.
Egli inoltre scrisse un resoconto dei suoi viaggi intitolato Xi Yu Ji (Memorie sui paesi occidentali),
che è una delle più importanti opere del genere.

I CINQUE BARBARI E LE SEDICI DINASTIE

Gli invasori nomadi che si abbatterono sulla Cina del nord erano chiamati dai cinesi “I Cinque
Barbari”, ed erano i Turchi Xiongnu, una tribù affine a loro chiamata Jie, i Xianbei, i Di e i Qiang.
Il periodo delle invasioni della Cina del nord tra il 304 e il 439 è chiamato “Sedici Dinastie”, e fu
caratterizzato da confusione politica e militare, in cui i vari capi barbari si contesero il trono degli
Han.

Liu Yuan, sovrano Xiongnu dello Shanxi settentrionale, si proclamò re di Han nel 304.
In seguito i suoi successori presero il nome di Zhao Anteriori.
Nel corridoio del Gansu un generale cinese fondò i Liang Anteriori, mentre nel nord-est un generale
Xiongnu distrusse nel 329 i Zhao Anteriori dando inizio ai Zhao Posteriori.

Nello stesso periodo un potente Stato tibetano iniziò a svilupparsi nel nordovest, ovvero lo stato dei
Jin Anteriori.
Fu Jie, l’imperatore di questo stato, istituì un’amministrazione di tipo cinese e una forte fanteria.
Egli distrusse i Yan Anteriori nel 370 e i Liang Anteriori nel 376, riunificando la Cina del nord.
In seguito cercò di invadere la Cina del sud, ma la sua campagna finì in un disastro e il suo impero
si smembrò.
Nel 384 un generale tibetano usurpò il trono fondando i Jin Posteriori, nel nordest e nello Shanxi
nacquero le dinastie dei Yan Posteriori e dei Yan Occidentali, nel Gansu meridionale nacquero i Jin
Occidentali e nel corridoio del Gansu i Liang Posteriori.
Le dinastie che succedettero ai Jin Anteriori ebbero vita breve, e ad essi succedettero nuove dinastie
a stampo tribale.

Tra gli stati tribali che emersero dalle rovine dei Jin Anteriori, uno solo ebbe una durata più lunga
degli altri.
Esso fu fondato da una tribù Xianbei chiamata Tuopa, che si stanziò nello Shanxi settentrionale,
fondando nel 386 la dinastia dei Wei Settentrionali.
Il nuovo stato si rafforzò rapidamente e iniziò ad espandersi, fino ad eliminare l’ultimo stato rivale
della Cina del nord nel 439.
Dopo aver conquistato le zone della Grande Pianura, lo stato di matrice barbarica dei Wei iniziò a
cambiare.
Le terre coltivabili non furono suddivise tra le tribù Tuopa, ma venne adottato il sistema di
divisione cinese.
Sotto l’imperatore Xiaowen il processo di sinizzazione raggiunse il suo apice: la capitale venne
spostata a Luoyang, il Cinese divenne la lingua ufficiale dello Stato e fu imposto ai nobili Xianbei
di adottare nomi e costumi cinesi.
La completa sinizzazione provocò numerose rivolte tra le forze militari rimaste fedeli alla società
tribale, il governo centrale si disintegrò velocemente e i generali si impadronirono del potere.
Dalle rovine dei Wei nacquero diverse dinastie, tra cui quella dei Zhou Settentrionali, che
riunificarono nuovamente il nord.
Tuttavia, il trono fu usurpato nel 581 dal generale Yang Jian, che fondò la dinastia Sui con il nome
di Wendi.

La funzione svolta dai Sui nella storia cinese è simile a quella svolta dai Qin: Yang Jian infatti
riuscì a riunificare tutto il territorio cinese, ma il suo successore non riuscì a mantenerlo.
Il successore di Wendi fu il figlio Yangdi, che succedette al padre assassinandolo nel 604, e avendo
perduto il mandato del cielo, è stato condannato dalla storiografia cinese, che lo annovera tra i
sovrani malvagi.
Sotto i due imperatori Sui venne ristabilito il governo centralizzato, la Grande Muraglia fu
ricostruita e si scavarono lunghi canali che resero possibile la prosperità dei secoli successivi.
A sud Wendi ristabilì il controllo cinese nel Vietnam del nord, e nel 605 Yangdi inviò una
spedizione nel regno di Cham, nel Vietnam del sud.
Nel frattempo, a nord i Sui avevano ristabilito il controllo sull’Asia Centrale e sulle steppe, ma si
ritrovarono ad affrontare la minaccia dei Turchi.
Essi avevano creato un forte impero in Asia Centrale, ma nel 581 si divisero in due tronconi,
orientale e occidentale, e alcuni nuclei di questi turchi divisi si sottomisero ai Sui.

Yangdi tuttavia si alienò le simpatie della popolazione per le continue guerre e l’enorme impiego di
manodopera per la costruzione di canali, mura e palazzi.
La dinastia subì un duro colpo in seguito alla sconfitta subita nel 612 contro il regno coreano di
Koguryo.
Nel 613 scoppiarono rivolte, che costrinsero l’imperatore a interrompere le campagne in Corea.
Nel 615 fu sconfitto dai Turchi Orientali, che fino ad allora gli erano stati fedeli, l’impero si
smembrò e Yangdi fuggì nella Cina del sud, dove fu assassinato nel 618.

LA FONDAZIONE DELLA DINASTIA TANG

Colui che ebbe la meglio durante i disordini che seguirono la caduta dei Sui fu Li Yuan, un
funzionario che si era distinto reprimendo rivolte contadine e incursioni dei Turchi nello Shanxi.
Egli fu incitato alla ribellione dal figlio Li Shimin, essi occuparono la capitale nel 617, e nel 618 Li
Yuan fu nominato imperatore della dinastia Tang con il nome di Gaozu.
Nel 628 l’ordine era stato ristabilito in tutta la Cina, e la dinastia Tang fu una delle più fiorenti della
storia cinese.
Nel 626 Gaozu abdicò in favore del figlio Li Shimin, che aveva eliminato i suoi fratelli eredi al
trono.
Egli assunse il nome di Taizong, e sotto il suo governo l’amministrazione centrale fu ricostruita,
vennero scavati nuovi canali e ricostruiti palazzi, e i cinesi tornarono a sottomettere i barbari delle
terre circostanti.
Nel 624 i Turchi invasero il paese arrivando fino a Chang‘an, ma nel 630 Taizong soggiogò le tribù
orientali assumendo egli stesso il titolo di Khan Celeste dei Turchi.

L’IMPERATRICE WU

L’imperatrice Wu fu dapprima una concubina di Taizong, che fu poi elevata al rango di imperatrice
dal suo successore Gaozong.
Dopo la morte di quest’ultimo, ella governò per un certo periodo avvalendosi di due imperatori
fantoccio e nel 690 assunse direttamente il titolo di imperatrice, mutando il nome della dinastia in
Zhou.
Essendo una donna e anche usurpatrice, Wu è stata condannata dagli storici cinesi, ma in realtà il
suo governo fu abile e forte.

Nel 705 l’imperatrice Wu fu deposta da una congiura di palazzo che ristabilì sul trono il primo dei
due imperatori fantoccio.
Questi venne però assassinato dalla moglie, che voleva prendere il potere, ma cadde vittima del
figlio del secondo imperatore, il quale, dopo aver lasciato governare il padre, salì direttamente al
trono nel 712 con il nome di Xuanzong.
Durante il suo regno, egli cercò di difendere i territori cinesi dall’espansione degli Arabi, e il
generale Gao Xianzhi condusse un esercito oltre i monti del Pamir e dell’Hindukush per evitare
un’alleanza tra Arabi e Tibetani.
Ma il suo esercito fu duramente sconfitto dagli Arabi nel 751 presso il fiume Talas, e così il regno
di Xuanzong finì pochi anni dopo con una rivolta che portò alla caduta dell’impero.

Nel V secolo i sovrani della dinastia Wei Settentrionale iniziarono ad affrontare i problemi che
seguirono la caduta degli Han, e per riuscirci dovevano tenere quanti più contadini nella condizione
di contribuenti, sottraendoli alla schiavitù o al dominio dei proprietari terrieri.
Nel 485 Xiaowen introdusse il sistema del “campo uguale”, secondo cui ad ogni contadino adulto
veniva assegnato un appezzamento di terreno di determinate dimensioni.
Le quote spettanti ad un uomo e alla moglie dovevano raggiungere 140 mou, ossia 19 acri.
Una piccola parte dell’appezzamento doveva essere coltivata a gelsi per l’allevamento del baco da
seta o altre piantagioni.
Questo sistema contribuì ad evitare l’incorporazione dei contadini dei domini terrieri e a stabilizzare
le finanze del governo.

Xiaowen istituì anche il sistema dei “tre capi”, secondo cui la popolazione veniva divisa in gruppi,
ciascuno dei quali era responsabile del comportamento degli altri e del pagamento delle tasse.
Cinque famiglie formavano un “vicinato”, cinque vicinati un “villaggio” e cinque villaggi
un’”associazione”.
Ogni tipo di raggruppamento era presieduto da un capo, da cui il nome del sistema.

Questi due sistemi si rivelarono così efficienti che furono ripresi dalle dinastie che succedettero i
Wei Settentrionali nella Cina del nord.
In seguito le dinastie Wei Occidentale e Zhou Settentrionale introdussero il sistema della “milizia”,
secondo cui tutti i contadini abili venivano addestrati alle armi e organizzate in forze regolari.

Sotto le dinastie Sui e Tang, il sistema del “campo uguale” fu notevolmente modificato: ogni
contadino adulto riceveva di 100 mou di terra, di cui un quinto doveva essere coltivato a gelsi.
Ogni adulto doveva così pagare le tasse con una quota fissa dei raccolti.
In questo modo lo Stato poté godere di un enorme gettito fiscale, con cui finanziò la costruzione di
canali.
Nel 608 Yangdi aveva fatto costruire un canale che collegava il Fiume Giallo a Pechino, e poi
continuò i lavori verso sud fino ad Hangzhou.
Il tratto di rete idrica compreso tra Hangzhou e Chang’an è considerato come il primo Grande
Canale, per distinguerlo dal secondo Grande Canale che andava da Hangzhou fino a Pechino.

In teoria il sistema del “campo uguale” si basava sulla redistribuzione periodica delle terre
coltivabili tra i contadini che pagavano le tasse, ma questa operazione non venne mai seriamente
effettuata.
La popolazione era aumentata sensibilmente grazie alla pace interna, e così ogni contadino riceveva
in eredità dal padre un appezzamento inferiore ai 100 mou previsti.
Nella prima metà del VII secolo l’intero sistema si stava disgregando, Xuanzong fece di tutto per
rimetterlo in sesto, ma con scarso successo.
La caduta della dinastia Tang è in parte dovuta al fallimento di questo sistema fiscale, che in seguito
venne abbandonato e mai più ristabilito.

Sul piano della burocrazia, Wendi aveva introdotto il sistema degli esami per reclutare i funzionari
imperiali, basato su un programma di studi confuciani.
Inoltre stabilì che i funzionari delle prefetture e sottoprefetture non dovevano provenire
dall’aristocrazia locale, ma essere inviati dal governo centrale, e sottrasse le milizie contadine al
controllo dei proprietari terrieri, mettendole alle dipendenze dello stato.

Tuttavia il sistema in vigore dell’epoca Tang rimaneva aristocratico, poiché le scuole della capitale
erano destinate ai membri dell’aristocrazia, i candidati erano selezionati dai membri della
burocrazia privilegiata dal governo centrale, e spesso gli aristocratici raccomandavano i propri figli
in modo da farli entrare nei ranghi della burocrazia senza fare gli esami.

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