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Giorgia Tettamanti

La ricerca dell'armonia
La cultura giapponese

La regola del cielo la perfezione.


La regola dell'uomo la ricerca della perfezione

Giorgia Tettamanti

Indice
1. Premessa
2. Lo Shintoismo, religione nipponica
2.1 Teogonia e mitologia
2.2 Filosofia
2.2.1 I quattro spiriti
2.2.2 I demoni, gli spiriti, i kami dall'aspetto di animali
2.2.3 La dottrina del peccato e della colpa; la via dei kami

2.3 Preghiere, ministranti, templi

3. Il Buddhismo

3.1 Il sincretismo tra Shintoismo e Buddhismo


3.2 Il Buddhismo Zen
3.2.1 I dieci principi dello Zen

4. Il Bushid: la regola dei Samurai

4.1 Bujutsu ()
4.1.1 Le norme del Bud
4.1.2 I sette precetti del Samurai
4.1.3 Le arti del Samurai
4.1.4 Le armi del Samurai

5. Il Karate e le arti marziali a mani nude

5.1 Le norme del Dj


6. L'arte calligrafica: lo Shod ()

7. L'organizzazione del giardino


7.1 La filosofia del giardino
8. La Cha No Yu e il culto del t

8.1 La stanza del t

9. Bibliografia e sitografia

Giorgia Tettamanti

1. Premessa
Ho iniziato ad interessarmi alla cultura del Giappone leggendone i fumetti tradizionali, i manga, noti
soprattutto per essere letti partendo dall'ultima pagina. Il passaggio dallo svago alla passione per la
cultura giapponese in generale stato obbligato: i manga sono scritti da giapponesi per giapponesi,
nell'ambito della cultura giapponese, che quindi viene data per scontata; dunque stato necessario
fare ricerche per comprendere gli aspetti della tradizione o della religione presentati dai mangaka,
gli artisti che realizzano i disegni.
Si trattato di un circolo vizioso: pi aspetti scoprivo, pi bisognava approfondire per capire gli
stessi. Insomma, ho finito per appassionarmi alla cultura del paese del Sol Levante in tutte le sue
forme, o quasi.
L'aspetto che maggiormente mi ha colpito stato la continua ricerca, persino nelle piccole cose della
quotidianit, di un'armonia universale. In ogni ambito della vita serve equilibrio: l'armonia e la pace
interiori devono essere applicate anche nelle relazioni con gli altri e con il mondo circostante. Tale
concezione della vita proviene dallo Shintoismo e dal Buddhismo, che per non sono pi semplici
religioni, ma diventano veri e propri stili di vita. Da queste dottrine derivano codici comportamentali
cui attenersi, diversi a seconda del campo e delle situazioni.
Il pi grande maestro, per un giapponese, il mondo naturale: da esso si apprendono i canoni della
perfezione che si applicano nelle varie discipline. I mezzi con cui raggiungere la perfezione, invece,
sono ricavati dal Buddhismo Zen, una corrente filosofica che oggi vanta numerosissimi seguaci in
Giappone, a fianco dello Shintoismo.
I maggiori campi in cui gli insegnamenti dello Zen e dello Shint vengono applicati per il perseguimento dell'armonia e della perfezione sono le arti marziali e la disciplina samurai, l'arte calligrafica,
l'organizzazione del giardino e la cerimonia del t, e sono appunto questi campi che ho scelto di trattare.
Per quanto si tratti di arti e pratiche molto antiche, non vengono dimenticate, anzi, ancora oggi fanno
parte di un bagaglio culturale che ogni Giapponese deve rispettare. Chi dimentica la tradizione e il
proprio passato, sar sempre incompleto e non potr mai raggiungere appieno l'armonia cui anela.
Certo, alcuni aspetti di questa tradizione possono essere quasi considerati tribali, oppure rasentano
il livello delle superstizioni, ma il Giappone non vuole cancellarli: il progresso positivo, ma, se eccessivo, finisce per rompere l'equilibrio precedente e per provocare una grave crisi.

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2. Lo Shintoismo, religione nipponica


Il primo e pi sicuro passo per entrare
in comunione con il divino la sincerit.
Se si prega una divinit con sincerit,
si riesce a percepire la divina presenza.
Anonimo

Lo Shintoismo una religione nata in Giappone. Non solo un insieme di dottrine e di divinit, ma
uno stile di vita. Ha subito le influenze di altre fedi, nel corso della storia, e dei moti politici interni
al paese.
Il suo nome in giapponese si scrive , ed la fusione di due kanji, che significano divinit
(lettura: shin oppure kami) e via (lettura: t); quindi l'intera parola indica la strada della
divinit, l'insieme di precetti, rituali e comportamenti che possono avvicinare l'uomo al divino.
Shint una parola antica: oggi esiste un suo sinonimo, (Kannagara no michi) che ha il
medesimo significato.
Le ricostruzioni storiche collocano la nascita dello Shint verso la fine dell'era Jmon, intorno al 400
a.C., quando giunsero i primi coloni dalla Cina orientale. Ogni villaggio, o area, aveva la sua propria
collezione di divinit e riti senza alcuna relazione tra un culto locale e l'altro. In seguito all'ascesa
degli antenati della famiglia imperiale giapponese, and probabilmente a crearsi un pantheon stabile.
L'introduzione della scrittura nel V secolo e del Buddhismo nel VI ebbe un profondo impatto nello
sviluppo di un sistema unificato di credenze shintoiste. All'inizio del periodo Nara, il Kojiki (Memorie degli eventi antichi, 712) ed il Nihonsoki (Annuali del Giappone, 720 circa) furono scritti compilando miti e leggende esistenti in un resoconto unificato, il cui scopo era di diffondere la credenza
che la famiglia imperiale discendesse da Amaterasu. In un paese frammentato dal feudalesimo e
sempre in preda a lotte intestine fra i Daimy, testi di questo genere permettevano di accrescere la
centralit del potere imperiale.
Con l'introduzione del Buddhismo e la sua rapida adozione a corte, divenne necessario spiegare l'apparente differenza tra il credo nativo giapponese e gli insegnamenti buddhisti. In effetti lo Shintoismo non ebbe un nome fino a che non fu necessario distinguerlo dal Buddhismo. Quest'ultimo non
penetr spazzando via la precedente fede giapponese, ma al contrario contribu al suo consolidamento. Esso legittim infatti tutti gli dei giapponesi, considerandoli come entit sovrannaturali intrappolate nel ciclo delle rinascite. Altre correnti invece vedevano i kami come manifestazioni del Buddha,
solo con altri nomi.
La concezione dell'origine divina dell'imperatore non si perse neanche durante il periodo Sengoku
(1478-1600), era in cui le lotte tra Daimy diventarono cos violente da provocare la caduta del potere effettivo del regnante a favore dello shgunato, anzi, l'unica autorit del Ten'n era rappresentata dalla sua stirpe.
La coesistenza sincretica di Buddhismo e Shintoismo ebbe larga diffusione fino alla fine del Periodo
Edo (1600-1889). A quell'epoca nacque un rinnovato interesse negli studi giapponesi (Kokugaku),
forse come risultato della politica del paese chiuso. Nel XVIII secolo con vari studiosi giapponesi, in
particolare Motoori Norinaga (1730-1801), ci furono vari tentativi di separare lo Shintoismo dalle
influenze straniere, tentativi che non ebbero grande successo, ma prepararono comunque il terreno
per l'introduzione dello Shintoismo di Stato, in seguito alla Restaurazione Meiji, con il quale
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Shintoismo e Buddhismo furono ufficialmente separati.


Lo Shintoismo venne proclamato religione ufficiale del Giappone e nel 1868 la sua combinazione
con il Buddhismo venne resa illegale. Con il passare del tempo lo Shintoismo venne utilizzato sempre pi per enfatizzare i sentimenti nazionalisti popolari. Nel 1890 venne promulgato il Kyoiku Chokugo (Rescritto imperiale sull'educazione), che richiese agli studenti di recitare ritualmente il giuramento di offrire s stessi coraggiosamente allo Stato, cos come di proteggere la famiglia imperiale.
La pratica dell'adorazione dell'Imperatore venne ulteriormente diffusa dalla distribuzione di ritratti
imperiali come oggetti di venerazione esoterica. Questo utilizzo dello Shintoismo diede al patriottismo giapponese una tinta di misticismo speciale e di introversione culturale, che divenne sempre pi
pronunciata con il passare del tempo.
Questo processo continu a consolidarsi durante il Periodo Showa prima di arrestarsi bruscamente
nell'agosto 1945, con la separazione tra Stato e chiesa shintoista. Ironicamente, l'invasione dell'Occidente cos temuta all'inizio dell'epoca Meiji era infine arrivata, in parte a causa della radicalizzazione
del Giappone permessa dalla sua compattezza religiosa.
L'era dello Shintoismo di Stato si chiuse bruscamente con la fine della seconda guerra mondiale.
Poco dopo la fine del conflitto l'imperatore annunci pubblicamente la rinuncia al suo stato di divinit terrena e sment la discendenza della famiglia imperiale dalla dea Amaterasu. La brama di territori stranieri accec i loro leader, esaltando l'importanza della loro patria. Nel periodo successivo
alla guerra comparvero numerose Shinshukyo (nuove sette religiose), molte delle quali ostentatamente basate sullo Shintoismo.
Successivamente alla guerra, lo Shintoismo insistette con meno importanza sulla mitologia e il mandato divino della famiglia imperiale. Invece i templi tesero a focalizzarsi su attivit sociali, volte ad
aiutare le persone ordinarie nel migliorare le proprie condizioni o se stessi, mantenendo buone relazioni con gli antenati e gli dei. Successivamente alla guerra la pratica generale dei rituali shintoisti
non decrementata. La spiegazione normalmente data per questa anomalia che in seguito alla di smissione dello Shintoismo di Stato, la religione ritornata alla sua posizione tradizionale, culturalmente radicata, piuttosto che imposta. In ogni caso lo Shintoismo ed i suoi valori continuano ad essere una componente fondamentale della vita.

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2.1 Teogonia e mitologia


La teogonia giapponese composta da miti molto complessi e articolati: non solo dal punto di vista
della trama, anche per i numerosi titoli che costituiscono i nomi degli dei.
Gli dei primari diedero alla luce Izanagi ( , essenza maschile) e
Izanami ( , essenza femminile), gli sposi-fratelli che crearono il
mondo con l'ausilio di un'alabarda sacra Amanuhoko ( , Alabarda
Celeste della palude), con la quale mescolarono i mari. Costituirono la prima isola del Giappone e vi si stabilirono, formando una famiglia. Alcuni
figli erano malformati, e non vennero considerati dei. Da una loro seconda
unione nacquero le altre isole del Giappone.
Tuttavia Izanami mor nel partorire i suoi due ultimi figli, Kagututi (
, incarnazione del fuoco) e Ho-Masubi ( , causa prima del
fuoco) e si rec nel Mondo dei Morti, lo Yomi ( ). Esso un regno di
tenebra. Izanagi vi si rec alla ricerca della
compagna, la trov e gli fu consentito porAmaterasu-O-Mi-kami tarla indietro, a patto che non si voltasse a
guardarla, come nel mito occidentale di
Orfeo ed Euridice. Disobbed a questo comando e, quando si rese
conto del suo aspetto decomposto e orripilante, fugg, inseguito da
delle arpie, le Shikome ( ). Una volta tornato in superficie
si purific, lavandosi. Dalle abluzioni del suo viso nacquero la dea
del Sole, Amaterasu (Amaterasu-o-mi-kami, ), la dea
della Luna, Tsukiyomi ( ), e il dio delle tempeste, Susano'o (
), che istitu il suo dominio nei mari. Quest'ultimo lott contro la sorella Amaterasu, perse e fu esiliato dal Cielo (Takama No
Hara, ). Vagando sulla terra, uccise il temibile drago-serIzanami e Izanagi
pente a otto teste e otto code Orochi ( ), che faceva strage di
giovani fanciulle, ed estrasse dal suo cadavere la potentissima spada Kusanagi ( , letteralmente Ama No Murakumo, spada del paradiso), che giunger nelle mani di
Amaterasu.
Dalla discendenza di Susano'o nacquero numerosi principi,
tra cui namuji ( ), che si sfidavano per ottenere la
mano della principessa Yakami ( ). Dopo numerose
peripezie, namuji prevalse sui fratelli e spos la principessa.
Sul regno della Terra non govern Susano'o, ma il nipote di
Amaterasu, Ninigi (), al quale la dea don tre oggetti:
Susano'o contro il serpente Orochi
il gioiello Magatama (), simbolo di regalit, lo specchio
di bronzo del Yata No Kagami ( , Specchio Sacro),
simbolo di conoscenza, e la spada Kusanagi, simbolo di forza, in grado di trasportare il nemico trafitto in un'altra dimensione. Oggi questi tre doni sono i simboli dello stato giapponese; lo specchio e
il gioiello sono conservati rispettivamente nel tempio di Ise, a Kyto, e nel palazzo imperiale di Tky.

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Le divinit maggiori crearono e generarono numerose divinit minori. Il pantheon shintoista odierno
ricalca grandemente quello antico e comprende un numero molto vasto di dei. Ogni dio o dea ha la
sua festivit, in cui viene celebrato o celebrata con tutti gli onori. Tenuti fortemente in considerazione, ancora oggi, sono divinit come Enmusubi (dio dell'amore), -kuni-nushi (figlio di Susano'o;
dio della medicina, della magia e dei matrimoni felici), o Benzai-Ten (dea della musica e
componente del gruppo delle Sette Divinit della Fortuna); molto pi forte, e vissuto
quotidianamente, il sentimento di rispetto dovuto agli spiriti della natura. Nell'Antichit, oltre al
pantheon ultraterreno classico, era usanza venerare al pari dei kami una serie di personaggi
mitologici ed eroi umani; inoltre , erano oggetto di culto entit dalla natura non perfettamente
definita, esseri a met tra kami e spiriti: una delle pi note era la principessa Kaguya, spirito lunare,
che, secondo la leggenda Storie di un taglia bamb, scese sulla terra e si invagh dell'imperatore
del Giappone, da cui fu poi abbandonata e che la costrinse,
quindi, a ritornare al suo palazzo sulla luna.

Le sette divinit della fortuna

Watatsumi, dio del mare

Benzaiten, dea della musica

Raijin, dio del fulmine


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2.2 Filosofia
Alla base della spiritualit shintoista vi un unico, immenso testo da osservare: la natura. Il giapponese non venera, nella sua quotidianit, i grandi kami primordiali: essi sono al di fuori del mondo.
Oggetto di culto vero e sentito la natura in tutti i suoi aspetti. La frase di N. Nieda (La visione
giapponese della natura una visione esistenzialista) sintetizza alla perfezione la concezione che
lo Shintoismo ha del mondo naturale. Come scriveva il teologo shintoista Keiji Nishitami, questo
esistenzialismo dato dalla percezione del reale non diretta ad una divinit esistente e unica, ma dalla percezione dello spirito e delle cose in quanto realmente esistenti. La realt non il quotidiano,
ma parte integrante dell'esistenza delle cose. Trascendere il quotidiano, quindi, vuol dire entrare
nel mondo in cui si pu toccare questa realt: e il mondo di cui si parla la natura. La venerazione
di questa nasce da un sentimento del Sublime: osservando la bellezza della natura e la forza distruttiva delle catastrofi e dei cataclismi, nasce nell'uomo un sentimento di sottomissione. L'essere umano
riconosce la propria debolezza innanzitutto fisica, e anche morale, in quanto chiede a queste entit
infinitamente pi grandi di lui di realizzare desideri relativi alla propria vita. Ecco che il divino si incarna negli elementi fisici della natura: animali, foreste, fiumi, montagne. Tutte queste entit sono
unite da un flusso armonico. Stando a contatto con la natura, l'uomo tenta di entrare in quel flusso,
raggiungendo la pace interiore e la piena consapevolezza di s. Questa una delle ragioni perch i
templi vengono spesso costruiti nelle foreste, dove possibile, o perch, comunque, hanno sempre
una piccola macchia nelle vicinanze: per favorire il contatto tra l'uomo e la natura. L'anima umana
pu raggiungere la purificazione solo in questo modo.
2.2.1 I quattro spiriti
Il flusso della natura, e, di conseguenza, lo spirito di ogni essere all'interno di questa, formato da
quattro anime, definite singolarmente con il nome di Tama (che significa anche Gioiello o Sfera),
mentre vengono chiamate Shikon , quando vengono considerate insieme. Questi quattro Tama
sono:

Ara-mitama: anima violenta, indica il coraggio nella sua accezione positiva

Nigi-mitama: anima gentile, pu indicare l'amicizia

Kushi-mitama: anima misteriosa; incluso nel Nigi-mitama e rappresenta la saggezza

Saki-mitama: anima felice; anch'esso fa parte del Nigi-mitama e indica l'amore.

Questi spiriti non sono n malvagi n benigni. Ci che fa la differenza la loro combinazione. La
natura perfetta perch, per ogni singolo elemento che la costituisce, troviamo la giusta mescolanza
delle anime. La loro presenza non fissa, per, e pu far variare gli atteggiamenti delle varie creature. Per esempio, i kami sono esseri neutri: l'agire degli umani a far variare la miscela degli Shikon; dunque, se nei kami prevale l'Ara-mitama, il loro comportamento sar violento e iracondo; se,
invece, lo Shikon maggiore il Nigi-mitama, le divinit saranno benevole. Lo stesso vale per i demoni e gli spiriti: anche quelli benigni possono trasformarsi in mostri, che perseguitano e maledicono gli umani a seconda delle azioni di questi ultimi.
Diverso, invece, per gli umani: in ognuno di loro i quattro Shikon sono miscelati in modi differenti, che determinano il carattere del singolo, in una sorta di equilibrio precario. Nessuno spirito, di per
s, porta alla malvagit. Tuttavia, se un uomo intraprende la via del male, i suoi Shikon si corrompono e perdono il loro instabile equilibrio, portando alla condizione di impurit dell'animo, denominata
Magatsuhi (, cio Spirito Ambiguo). Viceversa, la via del bene permette di avvicinarsi alla con8

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dizione di equilibrio perfetto, corrispondente alla presenza delle anime in quantit equivalenti, che
viene chiamata Nahoi. Il compito dell'uomo quello di impegnarsi a raggiungere l'equilibrio
perfetto. Lo stato di Magatsuhi (o di Nahoi) non rappresenta una condizione definitiva: sempre
possibile tornare sui propri passi e trovare la strada per la purezza e l'armonia (o, viceversa, finire sul
sentiero del male).
2.2.2 I demoni, gli spiriti, i kami dall'aspetto di animali
Un elemento centrale nelle credenze shintoiste sono gli spiriti. Del resto, essi ritengono che ogni elemento del reale abbia uno spirito. In
modo particolare, i Giapponesi temono e venerano gli spiriti degli animali e dei boschi. Si tratta di creature da rispettare, in quanto sono in
gran parte innocue o benevole, e la loro presenza indica prosperit,
protezione e pace. Molto venerati sono gli dei delle montagne ( ,
Yama No kami), che in primavera scendono nelle campagne a rendere
fertile il terreno, gli dei delle fonti e dei boschi, soprattutto per il loro Demone volpe
legame con lagricoltura. Foreste e montagne con sorgenti erano considerate abitazioni dei kami ( , Kami No Mikumari); tuttavia,
durante il periodo della Restaurazione Meiji, una credenza importantissima nella quotidianit dello shintoista stata ridotta a mera superstizione. Nonostante ci, ancora oggi i Giapponesi tendono a coltivare alcuni
rituali, ormai inseriti in una tradizione assodata. Ancora oggi, infatti,
non c tempio shintoista che non racchiuda statue di animali, soprattutto volpi, cani e scimmie (kitsune , inu , saru ), circondate da fiori,
offerte in cibo, messaggi di preghiera. Soprattutto nellEra Sengoku, gli
uomini temevano, avventurandosi nelle foreste, di incontrare piccoli demoni volpe, o tanuki (procioni ), e di rimanere vittima degli inganni di
questi: normalmente, volpi e tanuki offrivano denaro fasullo che, in breve tempo, si trasformava in una manciata di foglie; sapevano, tuttavia, di
Spirito dei boschi
non poter reagire in malo modo, o aggredire gli spiriti, in quanto da entit benevole e dispettose si sarebbero trasformate in creature maligne, in
grado di perseguitare il malcapitato fino a che questo non avesse espiato per loffesa arrecata. Spiritelli di questo genere erano sempre riconoscibili, perch si mostravano con coda e zampe da volpe gli uni, con
muso di procione e corpo vagamente umano gli altri. Molto pi temibili e pericolosi, invece, erano i demoni maggiori (dai-ykai ):
essi odiavano gli umani, in quanto li consideravano esseri inferiori, e,
se irritati, potevano uccidere i malcapitati che incrociavano sul loro
cammino. Infine, da non sottovalutare erano anche gli oni ( ), demoni
mostruosi dall'aspetto di orchi giganteschi, che si cibavano di esseri
umani.
Oni
Oggi, non portare unofferta o danneggiare la statua del kami costituiscono delle gravi offese. La divinit si pu vendicare del colpevole scagliandogli contro il malocchio, provocando insonnia, incubi, perdite di denaro e alla lotteria e sindromi influenzali.
2.2.3 La dottrina del peccato e della colpa; la via dei kami
Luomo, per sua natura, non un essere votato al male. Lidea di malvagit non esiste nella sua
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anima. Tuttavia commette degli sbagli, dei peccati: peccati intesi come infrazioni delle norme delletica causate dallinfluenza di uno spirito, di un demone maligno fuoriuscito dallo Yomi, regno delle
tenebre e dellinfelicit. Questa entit, dunque, fa deviare luomo dal suo percorso, ma non gli preclude la strada del ritorno alla bont. La possibilit di recuperare la purezza dello spirito professata
con il massimo fervore dalla corrente Tenrikyo; i suoi seguaci paragonano il male alla polvere che si
deposita su di uno specchio: basta poco per ripulirla e riportare lo specchio al suo stato precedente. I
kami avvertono gli uomini, nel momento in cui lo specchio deve essere pulito e, se gli uomini non
obbediscono, possono anche punirli.
Letica non viene dalluomo: se luomo necessitasse di darsi un codice morale, sarebbe un essere addirittura inferiore agli animali. In questo senso, si contrappongono due correnti: la prima, sostenuta
dal teologo Norinaga Motoori, che parla delluomo come un prodotto dei kami, i quali lo hanno dotato di un senso etico; la seconda, invece, del teologo Hatsuo Tanaka, secondo il quale i kami hanno trasmesso la morale agli antenati, i quali lhanno tramandata di generazione in generazione, fino
agli uomini doggi. Certo , comunque, che la moralit un senso innato nelluomo, che parla con
una voce interiore che deve solo essere ascoltata.
Il peccato, nello shintoismo, ha tre nomi:
Tsumi (): crimine, cattiva condotta
Wazawai (): infelicit, calamit
Kegari (): impurit
Il primo indica proprio lazione negativa, della quale luomo
paga la colpa, gli altri due sono aspetti negativi che non comportano una pena. Kegari e Wazawai, infatti, indicano la negativit
che i kami dello Yomi scatenano contro gli umani per far commettere loro Tsumi. I kami del Cielo (gli dei originari) e i kami
della Terra (quelli che vivono a fianco degli uomini) combattono
per tentare di fermare lazione negativa dei kami delle Tenebre e
per aiutare luomo ad ascoltare la voce interiore della morale.
Non fanno parte della categoria delle colpe tutti quegli eventi negativi che capitano per caso.
Lo Shintoismo non vuole sapere se luomo agisce nel bene o nel
male: vuole che luomo raggiunga larmonia. Per arrivare alla
purezza dellanima, tuttavia, occorre seguire la propria voce etica
interiore, che non porta mai luomo sulla via del male: chi segue
la morale, non pu commettere malvagit e vola verso la libert
dallansiet e dalle preoccupazioni, dirigendosi verso larmonia
Uomini maledetti da una volpe a (prof. Kishimoto). La morale shintoista ha il nome di Kannagarano-Michi ( ), cio Via dei kami. La parola Michi indica
nove code
tanto la strada, la via, quanto un concetto inesprimibile, proprio
ad indicare come l'etica provenga dagli dei e non dagli uomini. Un uomo di Michi un uomo che
vive con rettitudine. Chi si allontana dal Michi commette peccato. Il Michi rappresenta, infine, l'armonia tra la vita reale, l'agire umano nel quotidiano, e l'ideale di perfezione e purezza che viene dai
kami.

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2.3 Preghiere, ministranti, templi


L'uomo si rivolge alla divinit con delle preghiere, dal
nome di Norito. Di per s pi che preghiere come quelle a
cui siamo abituati nella tradizione occidentale, si tratta di
formule stereotipate che servono a dialogare con i kami.
Le formule base possono essere modificate in base alla
circostanza, a ci che si chiede o offre alla divinit, al
kami cui ci si sta rivolgendo. Alcune parole del Norito,
talvolta associate a dei simboli, sono obbligatoriamente
fisse, in quanto hanno una sorta di potere, in grado di attivare la forza spirituale della persona che le sta pronunKannushi
ciando: queste parole prendono il nome di Kotodama (
, letteralmente, anima del linguaggio). E' importante che le intenzioni della persona che prega
siano pure e sincere: solo cos le preghiere verranno ascoltate dai kami
ed esaudite. Per quanto riguarda, invece, la purificazione, che occupa
una posizione di primo piano nello shintoismo, necessario usare le formule del Norito Nakatomi, cio preghiera della grande purificazione:
originariamente erano discorsi di carattere magico pronunciati dalle caste sacerdotali. Oggi il Norito Nakatomi serve ad elencare tutte le colpe
commesse prima dei rituali di purificazione.
Rituali di questo genere possono essere compiuti da chiunque per una
qualsiasi ragione. La purificazione, per, deve essere necessariamente
praticata dai sacerdoti prima delle cerimonie e degli esorcismi. I ministranti possono essere sia uomini che donne e hanno il nome di Kannushi ( ). Anticamente, la carica di Kannushi era ereditaria, mentre
oggi, per accedere al ministero, necessario frequentare un seminario.
Al fianco dei Kannushi stanno le Miko ( ): si tratta di giovani sacer- Miko
dotesse vergini, di solito le figlie dei Kannushi, che assistono gli altri
ministranti nelle cerimonie e negli esorcismi e possono entrare in contatto diretto con i kami, in virt
della loro purezza. La loro dea protettrice Amaterasu: fin dall'Antichit, questa divinit sempre
stata rappresentata con indosso il tipico abito delle Miko. La caratteristica fondamentale di Miko e
Kannushi la capacit di sfruttare il proprio potere spirituale, ovvero l'energia dei quattro spiriti, e di
incanalarla attraverso armi, soprattutto frecce, per purificare gli spiriti maligni, o di sfruttarla per incantesimi di varia natura.
I luoghi in cui Miko e Kannushi vivono, sono templi chiamati Jinja ( ). In questi templi e santuari vi sono delle aree private, come le residenze dei sacerdoti, o i depositi di cimeli sacri, o l'Honden
( , zona dei libri). L'area accessibile a tutti chiamata Hindan ( ), dove ci si reca a pregare
durante i matsuri ( , festivit). Altre componenti importanti dei templi sono i Torii (portali singoli o
in serie che formano un legame tra il mondo umano e quello dei kami), i boschi e gli alberi sacri, che
proteggono il tempio dagli spiriti maligni, il Chozuya ( ), ovvero l'area adibita alle abluzioni
di mani e bocca, e il Kaguraden (), il padiglione in cui si svolgono le danze sacre, cio le Kagura, durante i matsuri.

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3. Il Buddhismo
Lo Zen punta direttamente
alla mente-cuore dell'uomo,
guarda la tua vera Natura
e diventa Buddha.
Anonimo
La religione buddhista arriva in Giappone nel 538 d. C., portato da monaci e missionari cinesi e co reani in visita all'imperatore: questo viene narrato dal Nihongi, il codice storiografico giapponese. I
monaci iniziarono a stabilirsi sul territorio nipponico, costruendo santuari e istituendo scuole. Nume rosissime furono le sette che si formarono in seguito all'insediamento dei bonzi. Le pi importanti
sono quelle costituitesi in epoca Kakamkura (1185-1336):
Amidismo: in giapponese Jdosh (), la dottrina della Terra Pura. Questa costituisce
una sorta di paradiso, situato nelle terre occidentali, abitato dal Buddha e dalle anime pure.
Nella Terra Pura si raggiunge uno stato simile a quello del Nirvana, ovvero, secondo le correnti legate alla tradizione originaria dell'India, la cessazione del ciclo delle reincarnazioni.
Nichiren: prende il nome dal suo fondatore, il monaco Nichiren ( ). Gli adepti vedono in
Nichiren il Vero Buddha, un grande saggio (Dai-Shonin ), che rivel la corretta interpretazione del Sutra del Loto, il testo sacro pi importante per i Buddhisti, per permettere ai
fedeli di raggiungere l'illuminazione.
Zen: . Si tratta della corrente pi diffusa e nota, ad oggi la setta buddhista con il maggiore numero di adepti, suddivisi nelle varie scuole.
Alla base del Buddhismo stanno le Quattro Nobili Verit, che Buddha comprese durante il suo risveglio spirituale, e che sono state da lui enunciate nel discorso di Varanasi. Queste Verit riguardano
laspetto pratico della condotta di vita e della dottrina spirituale buddhista nel cosiddetto Nobile Ottuplice Sentiero. I punti centrali della realt percettiva indicati dal Buddha sono:
Dottrina della sofferenza: gli aggregati fisici o mentali producono sofferenza in due
casi: quando li si vuole mantenere, ed essi cessano, e quando li si vuole allontanare,
essi restano.
Dottrina dellimpermanenza: ci che composto da aggregati fisici o mentali
soggetto ad una nascita e ad una disgregazione di s e degli aggregati che lo formano.
Dottrina dellassenza di un io eterno e immutabile.
Questultima dottrina si riconduce alla credenza pi nota del Buddhismo, ovvero quella della reincarnazione, secondo la quale ogni anima, alla morte del corpo, ne ottiene uno nuovo, con una nuova
vita. In base al tipo di karma, positivo o negativo, che si accumula in vita, e che determinato da
azioni ed emozioni, lanima pu raggiungere un livello di esistenza superiore o inferiore. Nel mo mento in cui lanima riesce a liberarsi completamente dai tre difetti fondamentali, cio brama, odio e
illusione, pu accedere al nirvana, ovvero lassenza totale di emozioni. Per liberarsi dai tre difetti,
tuttavia, bisogna raggiungere il completo risveglio spirituale. Chi ci riesce, diventa un arhat, una
specie di santo.

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3.1 Il sincretismo tra Shintoismo e Buddhismo


E' la religione mista che viene praticata oggi in Giappone. La fusione avvenne inizialmente nell'ambiente della Corte imperiale: si applicavano le norme comportamentali buddhiste, ma si mantenevano le credenze religiose shintoiste, soprattutto quelle riguardo ai kami e agli spiriti. Questo cos,
perch la dottrina buddhista sembrava fornire una maggiore garanzia disalvezza e purificazione. Gli
imperatori finirono per prediligere il Buddhismo: lo Shinto di Stato era una religione di facciata che
serviva, ormai, solo a dare maggiore autorit al Ten'n come diretto discendente della dea Amaterasu.
Se nello Shintoismo puro i kami sono esseri al di fuori del mondo ed eterni, in questa religione
sincretica partecipano del circolo delle reincarnazioni. Uomini, spiriti, fantasmi, demoni, kami, fanno tutti parte di una graduatoria di elevazione spirituale. Solo gli esseri che raggiungono l'illumi nazione si sottraggono alla Samsara (in giapponese, Rinne ). La classifica delle entit esistenti,
dal pi misero al pi elevato spiritualmente, cos composta:
esseri infernali
defunti famelici (spiriti maligni nati dalle anime dei morti)
animali
asura (guerrieri morti che continuano a combattere anche da spiriti)
uomini
dei concupiscenti (legati alle passioni)
dei meditativi (non raggiungono la verit)
Vie superiori (non si preoccupano di salvare gli uomini)
bodhisattva (possono diventare buddha, ma non raggiungono volontariamente il nirvana, perch ci sono ancora esseri da salvare).
Sul gradino pi alto stanno coloro che hanno infine compiuto il loro compito, salvato le anime loro
affidate e raggiunto l'illuminazione. I kami fanno parte degli dei concupiscenti, poich intervengono
nel mondo umano e provano emozioni e passioni.
Nel gruppo dei kami sincretici rientrano anche gli Shinigami ( , letteralmente, mietitore), cio
gli dei della morte, che aiutano le anime di uomini e animali a raggiungere la pace interiore e a recarsi, senza rimpianti per la vita terrena, verso il circolo delle reincarnazioni. Qualora le anime si
trasformino in spiriti maligni, compito degli Shinigami purificarli prima di indirizzarli alla trasmigrazione. Loro opposti sono i demoni infernali, che invece tentano di spingere le anime dei defunti
a maledire chi rimasto in vita o a trasformarsi in spettri maligni, per poi trascinarli in una sorta di
inferno di dannazione eterna, senza la possibilit di reincarnarsi.
Anche i luoghi di culto diventano misti: i Jinja shintoisti diventano Jinguji, mantengono la tradizione originaria, sia per i matsuri che per i norito, ma spesso i monaci applicano la regola buddhista,
e tra le reliquie si trovano spesso sutra e statuette del Buddha.
Inoltre, gran parte delle arti tipicamente giapponesi, come la xilografia, il combattimento, l'ikebana
ecc., hanno come fondamento le norme del buddhismo Zen miste ad un sentimento tutto nipponico.
Infine, il sincretismo viene vissuto nella quotidianit: si applicano i precetti buddhisti, matrimoni e
funerali si celebrano con riti buddhisti, mentre le preghiere, le superstizioni, la venerazione dei kami
e dei defunti vengono vissuti secondo lo stile shintoista.

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Giorgia Tettamanti

3.2 Il Buddhismo Zen


La parola Zen ( ) la traslitterazione in giapponese del cinese Ch'an e del sanscrito Dhyana. La
parola di per s significa meditazione, oppure tutto insieme. Intesa nel suo significato di meditazione, la disciplina Zen indica una delle sei perfezioni, che permettono di raggiungere l'illuminazione. La meditazione si compie stando seduti (Za, ). Da qui il

Bonzo, monaco buddhista

termine ZaZen ( ), appunto la pratica della meditazione


compiuta seduti in una stanza apposita presente in ogni monastero, cio la Send. Attraverso la meditazione, il Maestro
educa i discepoli ad un'esperienza completa e profonda della
vita, a rinunciare alle distorsioni dell'ego ed ai filtri, che assorbiamo inconsciamente dall'ambiente in cui viviamo; senza
questi, noi possiamo sperimentare la realt cos com', fino ad
arrivare a liberarci dalla sofferenza. Essenziale alimentare
continuamente il rapporto tra Maestro e discepolo, un contatto
da persona a persona, da esperienza a esperienza, al di l di
astrattismi e speculazioni dialettiche.

Come si pu spiegare lo Zen dal punto di vista teorico? Definire lo Zen in termini di sistema o struttura religiosa equivale a distruggerlo, o meglio a fraintenderlo completamente, perch ci che non si
pu costruire non si pu nemmeno distruggere. Non si pu comprendere lo Zen collocandolo entro precisi limiti o conferendogli una fisionomia caratteristica o lineamenti facilmente riconoscibili.
Non si comprende lo Zen collocandolo in una particolare categoria, separato da ogni altra cosa: lo
Zen al di l del mondo degli opposti, un mondo fatto di distinzioni intellettuali, un mondo spirituale di non-distinzione che comporta il raggiungimento di un punto di vista assoluto. Zen guardare
con i propri occhi, ascoltare con le proprie orecchie, senza mediazioni, senza compromessi, senza
giustificazioni per lincomprensibilit degli atti di chi fa lo strano, perch pretende di collocarsi al di
l del bene e del male. Forse la migliore definizione del concetto di Zen data dal monaco cristiano
T. Merton, che, nella sua opera Lo Zen e gli uccelli rapaci, paragona questa corrente buddhista ad
uno specchio:
La coscienza Zen paragonata a uno specchio. [...] Lo specchio senza io e senza mente. Se arriva un fiore riflette un fiore, se arriva un uccello riflette un uccello. Mostra bello un oggetto bello,
brutto un oggetto brutto.
La realt viva non abbisogna di alcuna definizione, il nostro intelletto il portatore di tale bisogno.
Lo Zen inizia quando ogni parola, anche il termine buddhista, vista la sua inadeguatezza viene
meno ed inizia il presente, la vita, il tempo vivente.
Nellilluminazione Zen non di rilevante importanza vedere Buddha ma di essere Buddha, e che
Buddha non quello che le immagini del tempio ci avevano fatto credere: perch non c pi nessuna immagine, e di conseguenza nulla da vedere, nessuno che vede, e un vuoto nel quale nessuna immagine concepibile.
Nell'ambito pratico, oltre che sull'essenzialit della meditazione, la dottrina buddhista Zen si fonda
sul rifiuto di riconoscere autorit alle scritture buddhiste, cio i sutra. Questo non significa che lo
Zen le rigetti completamente: alcune di esse, come il Sutra del cuore, o il Vimalakrti Nirdea Stra,
sono spesso utilizzate durante le funzioni religiose e nella formazione dei discepoli. Tuttavia, l'unica
autorit che il Buddhismo Zen riconosce e su cui fonda il proprio insegnamento l' esperienza che
viene indicata come satori ( , "Comprensione della Realt") o anche kensh ( , "guardare la
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Giorgia Tettamanti

propria natura di Buddha" ovvero "attualizzare la propria natura illuminata'"). Questa esperienza non
viene semplicemente identificata come "intuizione" quanto piuttosto come una esperienza improvvisa e profonda, che consente la "visione del cuore delle cose", la quale risulta essere identica alla "natura di Buddha" ( bussh). Tale "natura di Buddha" la natura di tutta la realt, del cosmo e del
S e corrisponde alla stessa vacuit ( k) indicata dall'Ens (), un simbolo dalla forma circolare tra i pi significativi dello Zen. Comprendere la vacuit, la nullit delle cose terrene, l'illusione
che esse costituiscono, significa raggiungere l'illuminazione: infatti, una volta raggiunta questa certezza, possibile staccarsi completamente dalla natura fisica e diventare davvero parte dell'universo, che il nulla. In questo senso l'Ens indica la vacuit, perch simboleggia l'universo. Se possibile raggiungere il concetto di vacuit solo una volta raggiunta l'armonia dell'animo, lo stesso vale
per la rappresentazione della vacuit stessa: solo chi ha trovato il proprio equilibrio pu disegnare un
Ens perfetto. L'esperienza del satori, tuttavia, non va confusa con quella del Nirvana: questo, infat ti, l'annullamento dell'anima e della vita dell'anima (intesa anche come circolo delle reincarnazioni). Il satori, invece, la comprensione della vacuit dell'universo, cui segue la partecipazione attiva
dell'anima al mondo, anche se questo ad essere nullo.
Questa idea del conseguimento dell'armonia, della pace interiore, viene
applicata non solo all'ambito prettamente filosofico e dottrinale dello Zen. Collegate a tale dottrina possibile trovare numerose pratiche appartenenti a campi
eterogenei: ognuna di queste attivit ha come presupposto essenziale la capacit
del praticante di raggiungere la pace interiore, l'armonia dei sentimenti e delle
passioni, il distacco dalla materialit. Origine e fondamento delle arti e della
cultura, lo Zen ispir la poesia (, Haiku), la cerimonia del t ( , cha
no yu, cio acqua per il t, o , Chad, ossia via del t), l'arte di dispor- Ens
re i fiori ( , Ikebana, cio fiori viventi), l'arte della calligrafia ( ,
Shod, via della scrittura), la pittura ( , Zen-Ga), il teatro ( , N), l'arte culinaria. Inoltre, la
dottrina Zen alla base delle arti marziali (Aikid, Jud, Karate, Jjitsu, ecc.), dell'arte della spada
(, Kend, Via della spada) e del tiro con l'arco ( , Kyd, Via dell'arco).
3.2.1 I dieci principi dello Zen

1. Vivi qui e ora


2. Fai attenzione a tutto quello che fai
3. Sii autentico verso i tuoi sentimenti
4. Ama te stesso
5. Impara a lasciare andare
6. Sii onesto con te stesso e con gli altri
7. Sii consapevole dei tuoi desideri
8. Sii responsabile di te stesso e del mondo
9. Non opporti al flusso della vita
10. Trova la pace interiore.
Questi principi vanno a costituire i precetti base non solo della dottrina vera e propria, ma anche delle pratiche, citate sopra, che da essa derivano. Essenziale aiutare gli altri uomini a rispettare queste
norme nella vita quotidiana, ma solo dopo aver raggiunto la propria pace interiore personale: del
resto, chi non in armonia con se stesso, non potr mai aiutare gli altri ad esserlo.

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Giorgia Tettamanti

4. Il Bushid: la regola dei Samurai


,
Hanawa Sakura-gi, Hitowa Bushi
Tra i fiori il ciliegio,
tra gli uomini il guerriero
Motto dei Samurai
I Samurai ( ) erano i soldati dei feudatari giapponesi, cio dei
Daimy. Samurai il termine pi noto per indicare questi
guerrieri, e di per s significa colui che serve, ma un termine
pi appropriato sarebbe bushi ( , letteralmente: bu significa
"marziale"; shi l'unione tra il tratto basso orizzontale che indica il numero 1 e la croce il 10: l'unione di questi due segni rappresenta la conoscenza, colui che discerne tutto, l'illuminato),
che risale al periodo Edo.
La loro funzione primaria consisteva nelleseguire i comandi
impartiti dai superiori, cui avevano votato la propria fedelt.
Questi guerrieri agli ordini dei propri Daimy erano strutturati
allinterno di categorie e ranghi, il cui numero e la cui importanza variavano secondo la posizione del loro padrone nella gerarchia dei feudatari, la grandezza e la ricchezza del clan cui appartenevano e la funzione che erano chiamati a svolgere nel loro
clan. Durante il periodo Tokugawa, i samurai avevano gi ampiamente dimostrato di possedere tutte quelle caratteristiche che
li rendevano tanto oggetto di ammirazione (quale incarnazione
di tutte le virt virili) quanto di enorme disprezzo e odio (quale
Il Samurai Musashi Miyamoto
strumento del potere di Daimy troppo ambiziosi).
Probabilmente, tali contrastanti giudizi erano anche il risultato della mancanza di riserve nellimpegno di questi samurai, in quanto essi onoravano tale incombenza fino alla fine, spesso a costo della
propria vita.
Una figura disprezzata da tutti era il Ronin, ovvero il samurai traditore/disertore o decaduto, a seconda dei casi. Quando, durante il periodo Tokugawa, ci fu la dissoluzione di molti feudi, molti samurai furono costretti ad arrangiarsi da soli; questi erano divisi in tre gruppi principali:

i ricchi subordinati, che avevano deciso di rinunciare alla propria posizione;

coloro che erano stati congedati dai propri signori;

i guerrieri allontanati per errori personali o per avidit e che non potevano rivelare il nome
del Daimy precedente.

Un guerriero passava dalla posizione di Samurai a Ronin per diverse ragioni. Per esempio, un uomo
poteva nascere Ronin se era figlio di un samurai senza padrone, che non aveva mai rinunciato alla
sua posizione di guerriero; oppure un dipendente di un clan poteva diventare Ronin se rimaneva senza padrone. oppure quando il clan, cui il Samurai apparteneva, subiva un completo sconvolgimento
e ridimensionamento; inoltre, anche quando il Giappone si apr allOccidente, molti guerrieri diven16

Giorgia Tettamanti

tarono Ronin per servire i complessi occidentali; oppure la condizione di Ronin poteva venir
acquisita quando un samurai entrava a far parte di una corporazione (za) e diventava commerciante.
Spesso, abbandonati a se stessi e senza sostentamento, molti Ronin insegnavano Bujutsu dietro compenso; a volte si facevano ingaggiare come guardie
del corpo (, yjinb) da ricchi Heimin ( ,
contadini), altri vivevano saccheggiando. Proprio per
le condizioni precarie ed imprevedibili, nelle quali si
trovavano a vivere, i Ronin erano dotati di notevole
indipendenza e vivacit mentale.
Il Bujutsu deve molto a questi guerrieri. Il Ronin era
il combattente ideale in quanto era abituato a non dipendere da nessuno se non se stesso e, per questo
motivo, era imprevedibile e sempre pronto durante il
combattimento, sia con le armi (soprattutto spada e
lancia) sia senza (quando veniva sfidato da un samurai affiliato).
Lo Zen stata definita la religione dei Samurai. La
pratica dello Zen conduceva il guerriero ad ottenere
quello stato di Mushin (non-mente) essenziale all'efficacia nel combattimento. Durante l'addestramento,
il Samurai apprendeva le varie tecniche di meditazione e respirazione, proprio perch gli permettevano di
gestire correttamente le proprie energie, di garantire
il perfetto funzionamento dei muscoli e di svuotare la
mente da ogni pensiero, di renderla sorda alle provoSamurai
cazioni dell'avversario e attenta ad ogni falla nella
tecnica altrui che gli permettesse di ottenere la vittoria.

Sfilata di Samurai durante un matsuri


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Giorgia Tettamanti

4.1 Bujutsu ()
Nella lunga storia dellarte giapponese della guerra esistono moltissime e diverse forme, metodi,
armi, ognuno dei quali costituisce una particolarit specifica. Ogni specializzazione detta Jutsu
( ), cio Arte o Tecnica, che indica il modo particolare in cui
vengono compiute certe azioni. Spesso una specializzazione veniva
identificata con il nome dellarma usata dai praticanti oppure dal
modo particolare di usare unarma.
Le specializzazioni dellarte marziale giapponese sono state perfezionate durante il periodo feudale della storia giapponese; tale periodo comprende circa nove secoli (dalla fine del IX allinizio del X
secolo fino alla Restaurazione Meiji quando, let feudale fu proclamata ufficialmente chiusa).
Il termine Bujutsu raggruppa tutte le tecniche e le conoscenze che
un samurai doveva possedere per riuscire ad assolvere i propri compiti sociali, morali, politici e amministrativi. Il temine legato soprattutto agli aspetti tecnici, pratici e strategici di tali arti (se fosse
inteso come fine educativo o etico diventerebbe Do, o Via). Il
Bujutsu proviene direttamente dallantica cultura dei samurai ed
legato allantica medicina orientale Bu-I-Jutsu (la I sta per Igaku , che significa medicina) comprendeva i principi e le pratiStampa raffigurante un
che per ottenere il benessere personale inteso come equilibrio corSamurai
po-mente-spirito. Infatti il BuiJutsu esercita e mantiene con costanza lo spirito, il corpo attraverso lallenamento del movimento fisiologico del fisico, in quanto questultimo rappresenta uno specchio del nostro spirito. Le tecniche che comprendono la pratica del
Buido si muovono sui meridiani energetici, che attraversano il corpo (keiraku) e, sia quando viene
usato a fine terapeutico sia per la difesa marziale, producono un effetto benefico. Lo studio di ciascun arte comprende lapprendimento del panorama storico, dei suoi fattori caratteristici, la filosofia
usata per affrontare il combattimento, ecc. Tali fattori sono divisi in due categorie:
1. Fattori Esterni (tecniche di combattimento, ecc.)
2. Fattori Interni (controllo del Ki, cio l'energia spirituale del guerriero, ecc.).
Tra gli elementi pi importanti da controllare durante l'addestramento del Samurai troviamo la respirazione. La respirazione la prima forma di vita: una respirazione scorretta, e il mancato movimento
di muscoli e articolazioni porta a un progressivo peggioramento del movimento di tutto il nostro cor po, che sfocia anche a livello mentale nella lentezza, nella cattiva concentrazione per le attivit quotidiane. Quindi il movimento alla base della nostra vita; senza movimento si diventa facili prede di
squilibri. Un corpo allenato al movimento riesce ad evitare squilibri, ma, se lallenamento eccessivo, il movimento del fisico pu comunque essere compromesso.
Per raggiungere il perfetto controllo della respirazione, la pratica dello Zazen essenziale.
Il primo a diffondere la pratica buddhista dello Zazen fu il principe indiano Bodhidharma, che insegn ai monaci la corretta meditazione ZaZen, riconducendoli all'originario insegnamento del Buddha e le tecniche da combattimento ed energetiche, che ristabilirono il corretto equilibrio mente-corpo. Da allora la meditazione sempre stata parte integrante, insostituibile, della pratica delle arti
marziali cinesi e successivamente giapponesi. Il momento contemplativo diviene il fondamento in18

Giorgia Tettamanti

sostituibile dell'azione, favorendo un'immediatezza nella comprensione attraverso il corpo del significato profondo del Bud e ristabilendo quella intuitivit primordiale, che l'uomo moderno ha
perduto e che le Arti Marziali si prefiggono di recuperare.
4.1.1 Le norme del Bud
I. Il Bud non deve essere inteso come strumento di attacco o per sviluppare la forza fisica e muscolare.
II. Il ruolo del Bud pacifico, in quanto coltiva la pace e il benessere fisico e spirituale e mira alla
creazione di un ambiente sociale che riesca ad eliminare tutti quegli elementi che possono portare ad
un conflitto.
III. Lefficienza marziale del Bud si fonda sulla pratica dei principi della medicina orientale, attra verso i quali una persona di qualsiasi et, sesso e forza pu riuscire a preservare il proprio benessere.
IV. Le tecniche del Bud consistono nellapplicazione di tre movimenti base del corpo: perpendicolare, circolare, curvilineo e tutte le loro combinazioni e varianti.
V. Il punto pi importante del Bud consiste nellantica tradizione dei punti sensibili, attraverso i
quali si pu far perdere coscienza ad un avversario o paralizzarlo agendo direttamente sugli organi
interni.
VI. Il Bud originale usa solo le potenzialit delluomo (unione corpo-mente-spirito) e non comprende attrezzi.
VII. Il Bud, in quanto tecnica di difesa, ha come scopo lannullamento dellattacco.
VIII. Il Budka non usa mai le proprie tecniche per iniziare un attacco. Ognuno sar il Maestro di
se stesso nel perfezionamento delle pratiche.
Lo scopo delle armi quello di permettere al combattente di convogliare in un oggetto il risultato
della pratica interiore avvenuta in precedenza.
Ovviamente, durante uno scontro, non possibile fermarsi per recuperare larmonia interiore: essenziale, dunque, apprendere il modo migliore per estraniarsi dalle influenze esterne, ma, nel tempo
stesso, per restare concentrati sulle azioni proprie e dellavversario.
4.1.2 I sette precetti del samurai
Oltre agli insegnamenti del Bushido, il Samurai doveva osservare anche sette precetti che riguardavano strettamente il suo comportamento.
Queste norme comportamentali, una vera e propria etichetta del buon Samurai, sono esposte dalle
opere di due grandi Samurai e teorici dell'arte del combattimento: l'Hagakure (letteralmente all'ombra delle foglie) di Yamamoto Tsunetomo e Il libro dei cinque anelli di Musashi Miyamoto.
Anche se lo scritto di Tsunetomo si incentra maggiormente sull'atteggiamento e sulla vita del Samurai di corte, mentre quello di Miyamoto sul raggiungimento della perfezione e dell'armonia fisiche e
spirituali, i principi da essi descritti sono essenzialmente i medesimi. I testi risalgono al XVII (il primo) e al XVI (il secondo) secolo dopo Cristo, ma raccolgono insegnamenti molto pi antichi, osservati dai guerrieri fin dagli inizi del XIV secolo, all'epoca dei primi scontri tra feudatari. I sette pre cetti sono:

Gi (), Onest/Giustizia; bisogna agire giustamente e rettamente nei confronti degli altri uomini, di tutti. Non vi una via di mezzo nelle azioni: esiste solo ci che giusto e ci che
sbagliato.
Yu (), Coraggio eroico; si deve agire con coraggio, ma con intelligenza, elevandosi sopra i
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Giorgia Tettamanti

timorosi e gli incoscienti.


Jin ( ), Compassione; il Samurai mette la sua vita al servizio di tutti gli uomini, non solo
del suo padrone. Per questo deve essere compassionevole nei confronti di tutti.
Rei ( ), Gentilezza; essenziale dimostrarsi cortesi verso gli altri, anche verso i nemici e
gli avversari.
Makoto ( ), Sincerit; indica non solo la sincerit verso gli altri, ma anche, e soprattutto,
quella verso se stessi e le proprie decisioni: una volta che si compie un'azione, non possibi le tornare indietro. Per evitare i rimorsi, bisogna fare in modo che il parlare e l'agire coincidano.
Meiyo ( ), Onore; il pi grande giudice delle azioni di una persona la persona stessa:
per quanto ci si riesca a nascondere dalle critiche altrui, non si potr mai sfuggire a quelle
della propria coscienza.
Chgi (), Dovere/Lealt; il Samurai deve essere fedele verso le persone di cui responsabile. Qualora deviasse dalla sua strada, pagherebbe le conseguenze delle proprie scelte.

4.1.3 Le arti del Samurai


Il Samurai non doveva essere semplicemente un buon guerriero: non solo apprendeva delle tecniche
di combattimento, ma imparava anche a leggere, a scrivere, normalmente o con le tecniche calligrafiche, a dipingere, a comporre poesie. Questo avveniva perch il Samurai doveva essere un uomo
completo per poter svolgere al meglio i propri doveri. Importantissime, poi, erano le pratiche mediche: un Samurai doveva sempre avere un corpo allenato, curato, sano. Dato che spesso erano in
viaggio e, in caso di necessit, non sempre riuscivano a trovare un medico, erano i soldati stessi a
curare ferite e malanni propri o dei compagni. Le discipline pi importanti che i Samurai studiavano
nel corso della loro preparazione sono: etichetta, classici cinesi e giapponesi, calligrafia, matematica,
composizione e retorica, poesia cinese e giapponese, strategia, teoria politica, legge, calendaristica,
astrologia, divinazione, musica, medicina e farmacia, composizione dei fiori, cerimonia del t, alimentazione, erboristeria, meditazione, imposizione delle mani, arti marziali.
Certamente le discipline pi bizzarre sono la divinazione, l'astrologia e la calendaristica. In realt,
era essenziale che un Samurai sapesse leggere i segni del cielo e i collegamenti tra la situazione pre sente e, ad esempio, la propria data di nascita, in modo da capire quale strada intraprendere, se scegliere di agire piuttosto che di aspettare e osservare il corso degli eventi.
Non devono sorprendere, invece, l'ikebana, cio la composizione dei fiori, e la cerimonia del t: infatti alla base di queste due attivit troviamo nuovamente gli insegnamenti dello Zen. Solo chi raggiunge la pace interiore in grado di portare a termine nel modo corretto e di comprendere i significati profondi di una composizione di fiori ben articolata e di una cerimonia del t svoltasi senza im perfezioni.
Per quanto riguarda le arti marziali, infine, i Samurai praticavano soprattutto:
Kyujutsu (): tiro con l'arco.

Kenjutsu (): arte della spada. La spada del Samurai viene chiamata katana (), ed un
oggetto importantissimo: si riteneva, infatti, che in essa risiedesse l'anima del Samurai stesso.
Yarijutsu ( ): combattimento con la lancia. La lancia del samurai poteva essere di due
tipi: yari, la lancia semplice, o naginata ( ), una sorta di alabarda.

Tantjutsu ( ): arte dei pugnali. Comprendeva anche le tecniche del Seppuku (taglio
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Giorgia Tettamanti

dello stomaco) e dell'Harakiri (taglio del ventre), cio il suicidio rituale che il Samurai praticava, quando il suo onore era irrimediabilmente macchiato (il primo: infatti tagliare lo stomaco, insieme alla decapitazione, liberava l'anima), o per evitare di essere catturato (il secon do, pi rapido).
Ninjutsu ( ): letteralmente, arte dell'agire nascostamente. Il primo ideogramma della
parola Ninjutsu, cio , significa sopportare, pazientare. Addestrarsi nel Ninjutsu voleva dire imparare come muoversi senza farsi scoprire dal nemico, per essere il pi micidiale
possibile. Il Ninjutsu sfrutta anche delle armi specifiche, ovvero i Kunai (pugnali particolari)
e gli Shuriken (armi da lancio dalla forma di croce o di stella).
Lotta a mani nude.

Pugnale kunai

Katana
Shuriken

Tant
Naginata

Yumi

Wakizashi

Yari

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5. Il Karate e le arti marziali a mani nude


Evita piuttosto che deviare,
devia piuttosto che bloccare,
blocca piuttosto che ferire,
ferisci piuttosto che storpiare,
storpia piuttosto che uccidere,
perch ogni vita preziosa,
ed una vita perduta persa per sempre
Credo dello Shaolin

In generale, tutte le discipline di combattimento a mani nude praticate oggi in Giappone (e note nel
resto del mondo), quali il Karate, il Jud, l'Aikid, derivano dal Bud e ad esso sono ancora strettamente connesse.
Nelle arti marziali, lo Zen e la meditazione aiutano a raggiungere la piena consapevolezza di s: il
karateka, cos come il judka (cos come il Samurai), deve trovare l'armonia tra il proprio spirito e
ci che lo circonda. In questo modo le azioni compiute non andranno a minare lo stretto legame tra
la mente e il corpo.
La consapevolezza di s essenziale tanto per il movimento, quanto per lo sviluppo della capacit di
osservare l'avversario e individuare aperture da sfruttare a proprio vantaggio. Quando si pienamente consapevoli delle proprie tecniche, delle proprie abilit e dei propri limiti, si potr raggiungere lo
stato di Mushin (non-mente), ovvero la totale alienazione della mente da tutte quelle influenze esterne e interne che possono andare ad influenzare l'armonia mente-corpo e a destabilizzare l'equilibrio.
Nello stato di Mushin possibile combattere in modo armonico
senza bisogno di pensare alle mosse, senza paure n ripensamenti.
Questa consapevolezza di s si raggiunge tramite lo Zazen, che aiuta a liberarsi di tutte le influenze spirituali a ritornare in s, ad
ascoltare la propria interiorit: la meditazione e le arti ad essa connesse sono rispettose dell'esistenza spirituale dell'individuo. Rispetto inteso come armonia con s e con gli altri: ferire una persona nel combattimento, cos come nel quotidiano, provoca una dissonanza nell'individuo, poich va contro la sua natura di essere umano
sempre alla ricerca dell'armonia, non del conflitto.
Essendo derivate dalle tecniche Samurai, le arti marziali moderne
sono divise in due sezioni: quella dei Jutsu, cio delle tecniche di
combattimento vere e proprie, e quella del D, cio la via del perfezionamento spirituale. Del D fanno parte, oltre che alle pratiche di
meditazione, anche tutte le norme dell'etichetta allievo/Sensei (
, maestro), che devono essere rispettate all'interno del Dj (
, luogo in cui si insegue la via), la palestra in cui si viene addestrati. Questi precetti non vogliono limitare la libert di azione del
singolo individuo, ma hanno lo scopo di liberare la mente dalle influenze esterne mediante la concentrazione e la ripetizione di gesti
e atteggiamenti. Nei Dj addestramento tecnico e trasformazione
interiore vanno di pari passo.
Karateka
Il combattimento il risultato finale: gesti e mosse diventano auto22

Giorgia Tettamanti

matici, incertezze e paure vengono escluse dall'animo, ci si scontra non solo con l'avversario, ma
con se stessi e la propria energia.
Nel combattimento, come nel resto della vita, il praticante di arti marziali deve rifuggire l'aggressivit e l'arroganza: l'anima umana portata per natura a non voler ferire, a mantenere l'armonia. Per
questa ragione le arti marziali vanno usate solo in caso di estrema necessit, con l'intento di fermare
l'avversario, non di ferirlo o di ucciderlo.

5.1 Le norme del Dj


I principi della palestra di arti marziali sono essenzialmente cinque:
1. Ricercare la perfezione del carattere l'equilibrio dello spirito essenziale. L'esercizio
coinvolge ogni aspetto del quotidiano che ostacola il raggiungimento dell'armonia. Se l'allenamento fisico pu essere intaccato dall'avanzare degli anni, quello spirituale dura fino alla
morte.
2. Ricercare la via della sincerit per instaurare rapporti con gli altri bisogna saper far combaciare le proprie pretese con l'apertura e la disponibilit verso il prossimo. L'egoismo e l'ingiustizia distruggono l'equilibrio creatosi: solo la sincerit rende liberi, umili e giusti.
3. Rafforzare la costanza dello spirito senza esercizio costante non si pu perseverare. La fatica dell'allenamento va sopportata con la pratica dell'autodisciplina. L'ambizione che fa da
fondamento al progresso non deve essere associata a comportamenti immaturi.
4. Perseguire la via del rispetto universale la condotta corretta rende l'uomo degno di fiducia
e gli consente di mantenere l'armonia e la possibilit di comunicare nelle relazioni con l'altro.
L'etichetta garantisce questa armonia e fa comprendere all'altro la propria disponibilit ad un
contatto aperto.
5. Acquisire l'autocontrollo l'uomo deve dominare i propri istinti, in quanto essere dotato di
ragione: essere consapevoli di ci deve portare alla rinuncia della violenza e del ricorso ad
essa. La violenza mina l'armonia dei rapporti interpersonali: il praticante di arti marziali deve
imparare a gestire le situazioni affrontando il proprio io, sempre alla ricerca dell'auto-perfezionamento, mai della violenza e dello scontro.

Dj
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Giorgia Tettamanti

6. L'arte calligrafica: lo Shod ()


Lo spirito deve essere tondo e il principio
con cui si scrive e' il cerchio
Regola dello Shod
La parola Shod significa Via dello scrivere ( , scrittura, e
, via). Con essa si intende non solo l'atto pratico della bella
scrittura, ma anche tutto l'insieme di conoscenze filosofiche,
derivate dal Buddhismo Zen, che permettono di raggiungere
l'equilibrio spirituale desiderato, per convogliare le proprie
emozioni durante il disegno dell'ideogramma. Si tratta di un'arte antica, originatasi in Cina, ma arricchita, appunto, dalla pratica Zen. Non si tratta solo di un esercizio di bella scrittura, ma
costituisce una delle forme artistiche pi importanti di tutto il
mondo orientale. Si usa solo inchiostro nero: il contrasto bianco/nero rappresenta gli opposti per eccellenza nello Zen; la policromia del Buddhismo tradizionale viene vista come un puro
abbellimento estetico, che distrae tanto l'artista quanto l'osservatore.
Lo Shod non vuole essere un'arte articolata: si concentra, infatti, sulla semplicit e sulla connessione tra la mente e il corpo. Tuttavia, come tutte le altre arti, ha per fondamento la linea, la forma e lo
spazio. Trattandosi del disegno di ideogrammi, essenziale, per il calligrafo, conoscere alla perfezione le linee del kanji, in modo da poter visualizzare la forma di ci che andr a rappresentare (questo perch gli ideogrammi cinesi e giapponesi derivano dall'evoluzione di immagini stilizzate dell'animale o dell'oggetto che indicano). I segni vengono tracciati sempre con pennello e inchiostro di
china, tramite movimenti ampi e circolari. Non si eseguono schizzi preparatori: si lavora a mano libera, ripetendo pi volte l'ideogramma fino a che non si soddisfatti. Gli ideogrammi rappresentati
pi frequentemente riguardano elementi della natura, soprattutto fiori e alberi. Questo perch la bellezza viene dall'armonia del mondo natura, e il pittore, raggiungendo il proprio personale equilibrio,
tenta di ricreare quella perfezione. Altri kanji spesso dipinti sono quelli che si riferiscono a precetti
morali; normale trovare almeno un quadretto calligrafico all'interno di una casa giapponese: esso
funge da monito agli abitanti, che, vedendolo, devono ricordarsi di mettere in pratica quel principio.
Lo scopo della calligrafia, sulla base della filosofia Zen, di aiutare le persone a raggiungere una
miglior sintonia con la parte pi profonda del loro essere. Tanto pi questa sintonia viene realizzata,
tanto maggiore la felicit personale, tanto maggiore sar la bellezza del disegno. Per conseguire
questo risultato, bisogna cercare di eliminare il proprio ego per raggiungere il concetto di Mushin. A
questo livello spirituale non si accede con la pratica intensa dell'arte, ma con la meditazione, con lo
svuotare completamente l'animo dai propri pensieri contrastanti. Una volta arrivati alla condizione di
non-mente, i pittori calligrafici sono in grado di far fluire la propria energia spirituale attraverso il
pennello per trasmettere un messaggio, che non viene dalla loro individualit, ma che viene trasmesso da un'energia superiore, metafisica. Chi osserva le opere calligrafiche recepisce questi messaggi,
consciamente o inconsciamente: se l'insegnamento viene interiorizzato, pu portare un cambiamento
positivo nella persona, pu aumentarne la consapevolezza. Solo chi ha raggiunto l'armonia interiore
in grado di rinunciare al proprio ego e di immedesimarsi completamente con il significato del ca rattere che si disegna: il calligrafo deve diventare un tutt'uno con la sua creazione.

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7. L'organizzazione del giardino


Nel mio verde eremo
Seduto o in piedi
La mia sola preghiera:
Prima di me,
Far passare tutti gli esseri.
San Sho Doei
Anche l'arte del giardino nasce in Cina: qui, per le influenze delle leggende taoiste, veniva organizzato in una struttura che comprendeva sempre un lago e una
montagna-isola, cos da ricostruire le isole mitiche abitate da
esseri puri e beati.
Proprio per l'importanza data
alla componente acquatico-insulare, in origine, i giardini giapponesi venivano chiamati Shima
( , cio isola). Se gi nello
Shintoismo la montagna, vista
come dimora dei kami, era un
elemento essenziale, con il Il giardino d'argento (Ginkaku-Ji) di Kyoto (Periodo KamakuBuddhismo il valore del monte ra)
diventa cosmico e rappresenta il
monte Sumeru, il centro dell'universo.
Nel periodo Heian (794-1185 d.C.), i giardini si trovavano solo nei palazzi dell'imperatore e degli
aristocratici, e avevano uno scopo puramente estetico. Con l'avvento del Buddhismo amidista, invece, il giardino vuole riprodurre il paradiso della Terra Pura, cio l'Isola dei Beati delle anime illuminate. Nel periodo Kamakura (1185-1338), in Giappone si sviluppa lo Zen: il giardino si trasforma nuovamente, non pi appannaggio dei nobili, ma ogni tempio ne ha uno accessibile a tutti. Il
giardino Zen simboleggia il processo interiore che conduce all'illuminazione. Ulteriore modifica del
giardino si ha con l'importazione, sempre dalla Cina, della tradizione del t pomeridiano, che in
Giappone diventa una cerimonia: la Cha No Yu ( , cerimonia del t) necessita di un giardino che aiuti i partecipanti alla cerimonia a preparare lo spirito. In epoca Edo (1603-1867), il giardino
diventa di nuovo aristocratico: nasce il giardino da passeggio, un ambiente vastissimo, con molti specchi d'acqua e sentieri intricati, che conducono a vari padiglioni. Oggi gli architetti studiano la
tradizione del giardino e Zen e del giardino del t, per riportarla in auge. Del resto, sono proprio
questi i tipi di giardini, che, per antonomasia, rappresentano in Occidente l'arte del giardino giapponese.

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7.1 La filosofia del giardino


Alla base del giardino giapponese vi sono due principi: l'amore per la natura e la ricerca dell'armonia.
L'amore per la natura deriva soprattutto dallo Shintoismo: la natura fonte di vitalit, e bisogna accostarsi ad essa per raggiungere la perfetta armonia del proprio spirito. Per questa ragione il giardino
viene sempre strutturato in modo completo e armonico, secondo norme che disciplinano i rapporti
fra le varie componenti.
Tra gli elementi indispensabili troviamo la montagna, che viene riprodotta in miniatura anche in
zone completamente piane, spesso accompagnata da immagini di aironi e tartarughe (legate ai miti
taoisti), che simboleggiano il benessere e la longevit. Immancabili sono anche le pietre, che trasmettono stabilit e armonia e all'osservatore; ogni roccia ha il proprio nome e il proprio significato
a seconda del luogo e della posizione in cui disposta: di solito rappresentano ostacoli e fatiche da
superare, o una condizione di prosperit e serenit. Codici antichissimi spiegano come queste pietre
debbano essere disposte e proibiscono di spostare o far cadere i massi. Infatti, come vuole lo Shintoismo, nelle pietre abitano demoni e spiriti: variare la posizione della pietra significa commettere
un atto imperdonabile nei confronti dello spirito che la occupa, il quale, preso dall'ira, getter male dizioni sul responsabile e sul padrone della casa in cui il giardino si trova. L'acqua non manca mai,
nemmeno nei giardini pi piccoli, come quelli a volte situati in uno spazio tra le mura domestiche.
Dove possibile, vengono realizzati stagni pi o meno grandi, spesso sagomati a forma di ideogrammi dal significato positivo. Le pozze d'acqua non sono mai troppo profonde, soprattutto per evitare, qualora siano presenti, che i pesci ornamentali si riproducano eccessivamente. Nei giardini Zen
secchi, l'acqua viene simulata da ciottoli bianchi rastrellati a onde, che, anche con il loro colore, evocano il potere purificatore dell'acqua, dando un senso di pulizia e purezza. Anche se l'acqua non
presente fisicamente, viene rievocata dall'ambiente circostante, mediante ponti, rocce-isole, guadi.
Il giardino del t ha tutti questi elementi, ma li gestisce in modo tale da preparare lo spirito delle persone alla cerimonia metafisica del t. Ancora pi degli altri vuole trasmettere una sensazione di tranquillit e serenit, senza per suscitare stupore nell'osservatore. La sua eleganza, per questa ragione,
rustica, mai ostentata, ma sempre raffinata. La vegetazione sempreverde molto fitta, per impedire
che chi attraversa il giardino venga influenzato dalla visione del mondo esterno, in modo da evitare
che nel suo animo si sviluppino pensieri negativi, che minano l'armonia. Per anche l'occhio vuole
la sua parte: l'arredamento semplice del giardino, che anticipa quello altrettanto scarno, ma elegante,
della stanza da t, gratifica il visitatore. Qui l'elemento acquatico rappresentato anche da una vasca
di pietra, la Tsukubai ( ), che contiene l'acqua per le abluzioni, a scopo non solo di purificazione, ma anche di refrigerio.
Anche gli alberi contribuiscono a rendere l'ambiente armonico. L'artista di topiaria non vuole piegare la pianta alla propria volont, ma fare in modo che essa esprima appieno la perfezione che cela in
s. Per modellare tronchi e chiome, vengono usate tecniche molto antiche, che fanno raggiungere
forme contenute e aggraziate, o armoniosamente contorte, che trasmettano comunque un senso di
equilibrio. L'albero prediletto pino, simbolo di dignit, longevit e vigore maschile. Il bamb, invece, la pianta prediletta per le recinzioni, ultimo, ma non ultimo, elemento del giardino. La recin zione, realizzata anche con pietra e legno, serve ad inquadrare lo scenario, ma funge anche da collegamento con la realt esterna, della quale il giardino costituisce una semplice riduzione artistica.

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8. La Cha No Yu: il culto del t


La filosofia del t [] geometria morale,
in quanto definisce il rapporto
tra i nostri sentimenti e l'universo
Kakuzo kakura
Il t ha origine in Cina, dove veniva usato come medicina, prima di trasformarsi in bevanda. Giunge
in Giappone nell'VIII secolo d.C. e, a partire dal XV secolo, diventa il soggetto di una religione estetica, cio il tismo. Si tratta di un culto dell'Imperfetto, una filosofia che aiuti a realizzare qualcosa
di possibile nell'impossibile della vita. Il tismo ispira purezza, armonia, ordine. Il culto del t stato
cos importante da influenzare la struttura delle case, l'abbigliamento, l'arte e la letteratura. La ceri monia del t e il culto di questa vogliono aiutare a riconoscere la piccolezza delle grandi cose che
ognuno ha in s, in modo da apprezzare la grandezza delle piccole cose che sono negli altri. La Cha
No Yu (, letteralmente, acqua calda per il t) come la conosciamo oggi frutto della commistione tra l'usanza di bere il t quotidianamente e la filosofia taoista e zen.
Il t viene visto come un'opera d'arte, quindi solo i maestri
della cerimonia sono in grado di rendere manifeste la propriet pi nobili e armoniose di questa bevanda. Come per
tutte le altri arti, esistono diverse scuole, ciascuno con un
modo tutto suo di preparare e servire il t. Le tre pi note
sono quella del t bollito, del t sbattuto e del t infuso. In
Cina si preferiva mettere in infusione le foglie di t, in Giappone, invece, queste venivano macinate in una polvere finissima, che era versata in una ciotola colma d'acqua e sbattuta
con un frullino di bamb. Oggi anche in Giappone, per motiT sbattuto
vi pratici, si fanno infusi di t, ma nelle cerimonie tradizionali il t in polvere sbattuto considerato il t dei t. Negli ambienti aristocratici la cerimonia del t
ancora un rito essenziale, da praticare nelle occasioni formali: quando possibile, sono le Geishe a
presiedere la Cha No Yu, a servire la bevanda e a intrattenere gli altri partecipanti.
Il valore del t e della sua cerimonia, per, non puramente estetico: per il Taoismo, esso un ingrediente
fondamentale per la bevanda dell'immortalit, mentre
i monaci buddhisti lo usano per restare svegli durante
le lunghe ore di meditazione; i bonzi prendono questa
bevanda con un rituale, svolto davanti alla statua del
Buddha, da cui la cerimonia del t ha avuto origine.
Addirittura, il poeta cinese Lu Wu, che scrisse un trattato sulla cerimonia del t (il Ch'a-ching) vedeva in
essa la stessa armonia e lo stesso ordine presenti in
tutte le cose. Ed questa la concezione che oggi i
giapponesi hanno del t: servire correttamente questa Una Geisha prepara la Cha No Yu
bevanda, senza lasciarsi influenzare dai pensieri e dai fattori esterni, vuol dire ricreare l'ordine e la
perfezione del cosmo, che vengono persi, dimenticati nel marasma della vita quotidiana. Per il t
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non un'idealizzare la forma del bere, ma la religione dell'arte del vivere.


La filosofia del t ha origine dallo Zen; il Taoismo, invece, ha posto le basi del culto estetico del t.
Tanto la cerimonia, quanto l'ambiente in cui essa si svolge, vogliono mantenere il senso delle proporzioni e diventano immagine di una proporzione armonica universale. Per mantenere questo ordine, bisogna dare spazio all'altro senza rinunciare al proprio, e per agire correttamente nel proprio bisogna conoscere il tutto: il senso della totalit non deve perdersi in quello dell'individuo. In questa
direzione, la stanza del t non fine a se stessa, ma ha senso solo se inquadrata nell'ambito del vuoto
che la circonda: il vuoto onnipotente, l'Assoluto, poich in s comprende ogni cosa. L'individuo
per non si annulla in questo vuoto, anzi, se esiste proprio grazie ad esso. Le parole ostacolano il
pensiero: per questo sia lo Zazen che la cerimonia del t vengono svolti nel silenzio pi assoluto.
Nel silenzio, infatti, possibile raggiungere la natura pi profonda delle cose, andando oltre il loro
aspetto estetico. La cerimonia del t, come lo Zen, vuole aiutare a comprendere il significato nascosto delle cose, insegnando ad apprezzare il valore delle piccole cose, anche quelle pi insignificanti,
del quotidiano.

8.1 La stanza del t


La stanza del t si chiama Sukiya ( ), cio Dimora della Fantasia. Pu significare anche Dimora
del Vuoto: infatti priva di ornamenti dallo scopo puramente estetico; oppure Dimora dell'Asimmetrico,
poich rappresenta l'imperfezione del reale. Il termine
indica sia la stanza da t vera e propria, sia l'ambiente
circostante. Infatti, se possibile, la stanza separata
dal resto della casa e si trova in un giardino. Al di fuori
della sala della cerimonia vi sono la Mizuya ( ,
Sukiya
stanza dell'acqua), un'anticamera, in cui tazze e strumenti vengono lavati prima di essere usati, il Machiai ( , in attesa), un portico in cui gli ospiti
attendono di poter accedere alla Sukiya e dove anticamente venivano anche lasciate le armi (nessuna
violenza deve entrare nella Sukiya, neanche gli oggetti con cui la si esercita), e il Rji ( ), un
sentiero nel giardino che collega il Machiai alla Sukiya.
La Sukiya di solito una stanza non molto grande, arredata in modo da essere povera, ma nel contempo elegante. Questo perch ricalca la semplicit dei monasteri Zen, che vogliono essere luoghi di
meditazione. Pu anche simboleggiare l'illuminazione: infatti il Rji non serve solo da collegamento, ma rappresenta anche il percorso con cui ci si libera dalle influenze esterne per giungere all'illuminazione. Tutto sobrio, i colori preponderanti sono il bianco e il nero; per non rompere l'equilibrio dell'ambiente, i partecipanti alla cerimonia devono indossare vesti dai colori smorzati. Tutto
perfettamente pulito: senza pulizia non ci pu essere armonia. I materiali con cui la stanza costruita, oltre ad armonizzare, devono anche ricordare la fragilit, la caducit della vita: l'eternit non
delle cose materiali, ma dello spirito che si incarna tanto nei corpi, quanto nell'ambiente ordinato
di una Sukiya. Conformemente all'ideale di sobriet, le stanze da t sono essenzialmente spoglie.
Tuttavia, a seconda del gusto personale, possibile inserire una decorazione (come un dipinto) nell'ambiente, decorazione che diventa dominante, e a cui tutta la conformazione della stanza si deve
adeguare. Raramente si scelgono abbellimenti che hanno a che fare con l'uomo: l'armonia infatti
della natura, e l'uomo non pu avere come esempio se stesso, l'essere che cerca l'armonia.

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Giorgia Tettamanti

9. Bibliografia e sitografia
SATORI BANTE, BHIKKHU. Shintoismo. Rizzoli Editore, Milano 1997.
MARGIARA, ANGELO. Il Buddhismo nel Giappone. Universale Studium, Roma 1994.
Storia delle religioni, volume V. (1970-1976). Laterza Editore, Roma 1976.
ROTERMUND, HARTMUND. Sezione: Le credenze del Giappone antico.
RENONDEAU, GASTON; FRANK, BERNARD. Sezione: Il Buddhismo giapponese.
RENONDEAU, GASTON. Sezione: Il sincretismo giapponese.
PAVANI, GIUSEPPE. La cultura dei Samurai. Associazione italiana Shojukai 2004.
SENZAKI, NYOGEN; REPS, PAUL. 101 storie Zen. Adelphi Edizioni, Milano 1989.
TRIPODI CALOGERO, PAOLO. Karate-D. Tesina di maturit 2012.
LODARI, CAROLA. Il giardino giapponese: storia, arte e simbolismo. Giunti Editore, Firenze
2005.
KAKURA, KAKUZO. Lo Zen e la cerimonia del t. Giangiacomo Feltrinelli Editore, Milano
1997.
GOLDEN, ARTHUR. Memorie di una Geisha. TEADUE, Milano 2000.
www.wikipedia.org
www.uniurb.it/Filosofia/bibliografie/zen
www.testesso.com/i-10-principi-fondamentali-della-filosofia-zen/
hanabitemple.forumfree.it
www.culturalismi.com
www.cultor.org/Orient/Shodo
www.wikideep.it/giardini-zen/
images.google.org
Alcune informazioni e illustrazioni sono state tratte dai fumetti:
TAKAHASHI RUMIKO. (1987). Ranma . SHOGAKUKAN, Tokyo.
TAKAHASHI, RUMIKO. (1996). Inuyasha. SHOGAKUKAN, Tokyo.
TAKAHASHI, RUMIKO. (2009). Kykai No Rinne. SHOGAKUKAN, Tokyo.
KISHIMOTO, MASASHI. (1999). Naruto. SHUEISHA, Tokyo.
KUBO, TITE. (2001). Bleach. SHUEISHA, Tokyo.
E dal film:
MIYAZAKI, HAYAO. (1988). Tonari No Totoro. Studio Ghibli, Mitaka (Tokyo).

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Giorgia Tettamanti

Colui che saggio


vive con la semplicit dell'acqua.
Questa non si inchina a nessuno,
eppure permane immutabile ed eterna.
Si adegua ad ogni recipiente
senza sminuirsi di valore,
con il freddo si indurisce come il diamante.
E' fragile ed impetuosa,
utile ed armoniosa.
Porta con s la linfa vitale del divenire,
senza superbia n vanit.
Proverbio giapponese

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