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La ricerca dell'armonia
La cultura giapponese
Giorgia Tettamanti
Indice
1. Premessa
2. Lo Shintoismo, religione nipponica
2.1 Teogonia e mitologia
2.2 Filosofia
2.2.1 I quattro spiriti
2.2.2 I demoni, gli spiriti, i kami dall'aspetto di animali
2.2.3 La dottrina del peccato e della colpa; la via dei kami
3. Il Buddhismo
4.1 Bujutsu ()
4.1.1 Le norme del Bud
4.1.2 I sette precetti del Samurai
4.1.3 Le arti del Samurai
4.1.4 Le armi del Samurai
9. Bibliografia e sitografia
Giorgia Tettamanti
1. Premessa
Ho iniziato ad interessarmi alla cultura del Giappone leggendone i fumetti tradizionali, i manga, noti
soprattutto per essere letti partendo dall'ultima pagina. Il passaggio dallo svago alla passione per la
cultura giapponese in generale stato obbligato: i manga sono scritti da giapponesi per giapponesi,
nell'ambito della cultura giapponese, che quindi viene data per scontata; dunque stato necessario
fare ricerche per comprendere gli aspetti della tradizione o della religione presentati dai mangaka,
gli artisti che realizzano i disegni.
Si trattato di un circolo vizioso: pi aspetti scoprivo, pi bisognava approfondire per capire gli
stessi. Insomma, ho finito per appassionarmi alla cultura del paese del Sol Levante in tutte le sue
forme, o quasi.
L'aspetto che maggiormente mi ha colpito stato la continua ricerca, persino nelle piccole cose della
quotidianit, di un'armonia universale. In ogni ambito della vita serve equilibrio: l'armonia e la pace
interiori devono essere applicate anche nelle relazioni con gli altri e con il mondo circostante. Tale
concezione della vita proviene dallo Shintoismo e dal Buddhismo, che per non sono pi semplici
religioni, ma diventano veri e propri stili di vita. Da queste dottrine derivano codici comportamentali
cui attenersi, diversi a seconda del campo e delle situazioni.
Il pi grande maestro, per un giapponese, il mondo naturale: da esso si apprendono i canoni della
perfezione che si applicano nelle varie discipline. I mezzi con cui raggiungere la perfezione, invece,
sono ricavati dal Buddhismo Zen, una corrente filosofica che oggi vanta numerosissimi seguaci in
Giappone, a fianco dello Shintoismo.
I maggiori campi in cui gli insegnamenti dello Zen e dello Shint vengono applicati per il perseguimento dell'armonia e della perfezione sono le arti marziali e la disciplina samurai, l'arte calligrafica,
l'organizzazione del giardino e la cerimonia del t, e sono appunto questi campi che ho scelto di trattare.
Per quanto si tratti di arti e pratiche molto antiche, non vengono dimenticate, anzi, ancora oggi fanno
parte di un bagaglio culturale che ogni Giapponese deve rispettare. Chi dimentica la tradizione e il
proprio passato, sar sempre incompleto e non potr mai raggiungere appieno l'armonia cui anela.
Certo, alcuni aspetti di questa tradizione possono essere quasi considerati tribali, oppure rasentano
il livello delle superstizioni, ma il Giappone non vuole cancellarli: il progresso positivo, ma, se eccessivo, finisce per rompere l'equilibrio precedente e per provocare una grave crisi.
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Lo Shintoismo una religione nata in Giappone. Non solo un insieme di dottrine e di divinit, ma
uno stile di vita. Ha subito le influenze di altre fedi, nel corso della storia, e dei moti politici interni
al paese.
Il suo nome in giapponese si scrive , ed la fusione di due kanji, che significano divinit
(lettura: shin oppure kami) e via (lettura: t); quindi l'intera parola indica la strada della
divinit, l'insieme di precetti, rituali e comportamenti che possono avvicinare l'uomo al divino.
Shint una parola antica: oggi esiste un suo sinonimo, (Kannagara no michi) che ha il
medesimo significato.
Le ricostruzioni storiche collocano la nascita dello Shint verso la fine dell'era Jmon, intorno al 400
a.C., quando giunsero i primi coloni dalla Cina orientale. Ogni villaggio, o area, aveva la sua propria
collezione di divinit e riti senza alcuna relazione tra un culto locale e l'altro. In seguito all'ascesa
degli antenati della famiglia imperiale giapponese, and probabilmente a crearsi un pantheon stabile.
L'introduzione della scrittura nel V secolo e del Buddhismo nel VI ebbe un profondo impatto nello
sviluppo di un sistema unificato di credenze shintoiste. All'inizio del periodo Nara, il Kojiki (Memorie degli eventi antichi, 712) ed il Nihonsoki (Annuali del Giappone, 720 circa) furono scritti compilando miti e leggende esistenti in un resoconto unificato, il cui scopo era di diffondere la credenza
che la famiglia imperiale discendesse da Amaterasu. In un paese frammentato dal feudalesimo e
sempre in preda a lotte intestine fra i Daimy, testi di questo genere permettevano di accrescere la
centralit del potere imperiale.
Con l'introduzione del Buddhismo e la sua rapida adozione a corte, divenne necessario spiegare l'apparente differenza tra il credo nativo giapponese e gli insegnamenti buddhisti. In effetti lo Shintoismo non ebbe un nome fino a che non fu necessario distinguerlo dal Buddhismo. Quest'ultimo non
penetr spazzando via la precedente fede giapponese, ma al contrario contribu al suo consolidamento. Esso legittim infatti tutti gli dei giapponesi, considerandoli come entit sovrannaturali intrappolate nel ciclo delle rinascite. Altre correnti invece vedevano i kami come manifestazioni del Buddha,
solo con altri nomi.
La concezione dell'origine divina dell'imperatore non si perse neanche durante il periodo Sengoku
(1478-1600), era in cui le lotte tra Daimy diventarono cos violente da provocare la caduta del potere effettivo del regnante a favore dello shgunato, anzi, l'unica autorit del Ten'n era rappresentata dalla sua stirpe.
La coesistenza sincretica di Buddhismo e Shintoismo ebbe larga diffusione fino alla fine del Periodo
Edo (1600-1889). A quell'epoca nacque un rinnovato interesse negli studi giapponesi (Kokugaku),
forse come risultato della politica del paese chiuso. Nel XVIII secolo con vari studiosi giapponesi, in
particolare Motoori Norinaga (1730-1801), ci furono vari tentativi di separare lo Shintoismo dalle
influenze straniere, tentativi che non ebbero grande successo, ma prepararono comunque il terreno
per l'introduzione dello Shintoismo di Stato, in seguito alla Restaurazione Meiji, con il quale
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Le divinit maggiori crearono e generarono numerose divinit minori. Il pantheon shintoista odierno
ricalca grandemente quello antico e comprende un numero molto vasto di dei. Ogni dio o dea ha la
sua festivit, in cui viene celebrato o celebrata con tutti gli onori. Tenuti fortemente in considerazione, ancora oggi, sono divinit come Enmusubi (dio dell'amore), -kuni-nushi (figlio di Susano'o;
dio della medicina, della magia e dei matrimoni felici), o Benzai-Ten (dea della musica e
componente del gruppo delle Sette Divinit della Fortuna); molto pi forte, e vissuto
quotidianamente, il sentimento di rispetto dovuto agli spiriti della natura. Nell'Antichit, oltre al
pantheon ultraterreno classico, era usanza venerare al pari dei kami una serie di personaggi
mitologici ed eroi umani; inoltre , erano oggetto di culto entit dalla natura non perfettamente
definita, esseri a met tra kami e spiriti: una delle pi note era la principessa Kaguya, spirito lunare,
che, secondo la leggenda Storie di un taglia bamb, scese sulla terra e si invagh dell'imperatore
del Giappone, da cui fu poi abbandonata e che la costrinse,
quindi, a ritornare al suo palazzo sulla luna.
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2.2 Filosofia
Alla base della spiritualit shintoista vi un unico, immenso testo da osservare: la natura. Il giapponese non venera, nella sua quotidianit, i grandi kami primordiali: essi sono al di fuori del mondo.
Oggetto di culto vero e sentito la natura in tutti i suoi aspetti. La frase di N. Nieda (La visione
giapponese della natura una visione esistenzialista) sintetizza alla perfezione la concezione che
lo Shintoismo ha del mondo naturale. Come scriveva il teologo shintoista Keiji Nishitami, questo
esistenzialismo dato dalla percezione del reale non diretta ad una divinit esistente e unica, ma dalla percezione dello spirito e delle cose in quanto realmente esistenti. La realt non il quotidiano,
ma parte integrante dell'esistenza delle cose. Trascendere il quotidiano, quindi, vuol dire entrare
nel mondo in cui si pu toccare questa realt: e il mondo di cui si parla la natura. La venerazione
di questa nasce da un sentimento del Sublime: osservando la bellezza della natura e la forza distruttiva delle catastrofi e dei cataclismi, nasce nell'uomo un sentimento di sottomissione. L'essere umano
riconosce la propria debolezza innanzitutto fisica, e anche morale, in quanto chiede a queste entit
infinitamente pi grandi di lui di realizzare desideri relativi alla propria vita. Ecco che il divino si incarna negli elementi fisici della natura: animali, foreste, fiumi, montagne. Tutte queste entit sono
unite da un flusso armonico. Stando a contatto con la natura, l'uomo tenta di entrare in quel flusso,
raggiungendo la pace interiore e la piena consapevolezza di s. Questa una delle ragioni perch i
templi vengono spesso costruiti nelle foreste, dove possibile, o perch, comunque, hanno sempre
una piccola macchia nelle vicinanze: per favorire il contatto tra l'uomo e la natura. L'anima umana
pu raggiungere la purificazione solo in questo modo.
2.2.1 I quattro spiriti
Il flusso della natura, e, di conseguenza, lo spirito di ogni essere all'interno di questa, formato da
quattro anime, definite singolarmente con il nome di Tama (che significa anche Gioiello o Sfera),
mentre vengono chiamate Shikon , quando vengono considerate insieme. Questi quattro Tama
sono:
Questi spiriti non sono n malvagi n benigni. Ci che fa la differenza la loro combinazione. La
natura perfetta perch, per ogni singolo elemento che la costituisce, troviamo la giusta mescolanza
delle anime. La loro presenza non fissa, per, e pu far variare gli atteggiamenti delle varie creature. Per esempio, i kami sono esseri neutri: l'agire degli umani a far variare la miscela degli Shikon; dunque, se nei kami prevale l'Ara-mitama, il loro comportamento sar violento e iracondo; se,
invece, lo Shikon maggiore il Nigi-mitama, le divinit saranno benevole. Lo stesso vale per i demoni e gli spiriti: anche quelli benigni possono trasformarsi in mostri, che perseguitano e maledicono gli umani a seconda delle azioni di questi ultimi.
Diverso, invece, per gli umani: in ognuno di loro i quattro Shikon sono miscelati in modi differenti, che determinano il carattere del singolo, in una sorta di equilibrio precario. Nessuno spirito, di per
s, porta alla malvagit. Tuttavia, se un uomo intraprende la via del male, i suoi Shikon si corrompono e perdono il loro instabile equilibrio, portando alla condizione di impurit dell'animo, denominata
Magatsuhi (, cio Spirito Ambiguo). Viceversa, la via del bene permette di avvicinarsi alla con8
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dizione di equilibrio perfetto, corrispondente alla presenza delle anime in quantit equivalenti, che
viene chiamata Nahoi. Il compito dell'uomo quello di impegnarsi a raggiungere l'equilibrio
perfetto. Lo stato di Magatsuhi (o di Nahoi) non rappresenta una condizione definitiva: sempre
possibile tornare sui propri passi e trovare la strada per la purezza e l'armonia (o, viceversa, finire sul
sentiero del male).
2.2.2 I demoni, gli spiriti, i kami dall'aspetto di animali
Un elemento centrale nelle credenze shintoiste sono gli spiriti. Del resto, essi ritengono che ogni elemento del reale abbia uno spirito. In
modo particolare, i Giapponesi temono e venerano gli spiriti degli animali e dei boschi. Si tratta di creature da rispettare, in quanto sono in
gran parte innocue o benevole, e la loro presenza indica prosperit,
protezione e pace. Molto venerati sono gli dei delle montagne ( ,
Yama No kami), che in primavera scendono nelle campagne a rendere
fertile il terreno, gli dei delle fonti e dei boschi, soprattutto per il loro Demone volpe
legame con lagricoltura. Foreste e montagne con sorgenti erano considerate abitazioni dei kami ( , Kami No Mikumari); tuttavia,
durante il periodo della Restaurazione Meiji, una credenza importantissima nella quotidianit dello shintoista stata ridotta a mera superstizione. Nonostante ci, ancora oggi i Giapponesi tendono a coltivare alcuni
rituali, ormai inseriti in una tradizione assodata. Ancora oggi, infatti,
non c tempio shintoista che non racchiuda statue di animali, soprattutto volpi, cani e scimmie (kitsune , inu , saru ), circondate da fiori,
offerte in cibo, messaggi di preghiera. Soprattutto nellEra Sengoku, gli
uomini temevano, avventurandosi nelle foreste, di incontrare piccoli demoni volpe, o tanuki (procioni ), e di rimanere vittima degli inganni di
questi: normalmente, volpi e tanuki offrivano denaro fasullo che, in breve tempo, si trasformava in una manciata di foglie; sapevano, tuttavia, di
Spirito dei boschi
non poter reagire in malo modo, o aggredire gli spiriti, in quanto da entit benevole e dispettose si sarebbero trasformate in creature maligne, in
grado di perseguitare il malcapitato fino a che questo non avesse espiato per loffesa arrecata. Spiritelli di questo genere erano sempre riconoscibili, perch si mostravano con coda e zampe da volpe gli uni, con
muso di procione e corpo vagamente umano gli altri. Molto pi temibili e pericolosi, invece, erano i demoni maggiori (dai-ykai ):
essi odiavano gli umani, in quanto li consideravano esseri inferiori, e,
se irritati, potevano uccidere i malcapitati che incrociavano sul loro
cammino. Infine, da non sottovalutare erano anche gli oni ( ), demoni
mostruosi dall'aspetto di orchi giganteschi, che si cibavano di esseri
umani.
Oni
Oggi, non portare unofferta o danneggiare la statua del kami costituiscono delle gravi offese. La divinit si pu vendicare del colpevole scagliandogli contro il malocchio, provocando insonnia, incubi, perdite di denaro e alla lotteria e sindromi influenzali.
2.2.3 La dottrina del peccato e della colpa; la via dei kami
Luomo, per sua natura, non un essere votato al male. Lidea di malvagit non esiste nella sua
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anima. Tuttavia commette degli sbagli, dei peccati: peccati intesi come infrazioni delle norme delletica causate dallinfluenza di uno spirito, di un demone maligno fuoriuscito dallo Yomi, regno delle
tenebre e dellinfelicit. Questa entit, dunque, fa deviare luomo dal suo percorso, ma non gli preclude la strada del ritorno alla bont. La possibilit di recuperare la purezza dello spirito professata
con il massimo fervore dalla corrente Tenrikyo; i suoi seguaci paragonano il male alla polvere che si
deposita su di uno specchio: basta poco per ripulirla e riportare lo specchio al suo stato precedente. I
kami avvertono gli uomini, nel momento in cui lo specchio deve essere pulito e, se gli uomini non
obbediscono, possono anche punirli.
Letica non viene dalluomo: se luomo necessitasse di darsi un codice morale, sarebbe un essere addirittura inferiore agli animali. In questo senso, si contrappongono due correnti: la prima, sostenuta
dal teologo Norinaga Motoori, che parla delluomo come un prodotto dei kami, i quali lo hanno dotato di un senso etico; la seconda, invece, del teologo Hatsuo Tanaka, secondo il quale i kami hanno trasmesso la morale agli antenati, i quali lhanno tramandata di generazione in generazione, fino
agli uomini doggi. Certo , comunque, che la moralit un senso innato nelluomo, che parla con
una voce interiore che deve solo essere ascoltata.
Il peccato, nello shintoismo, ha tre nomi:
Tsumi (): crimine, cattiva condotta
Wazawai (): infelicit, calamit
Kegari (): impurit
Il primo indica proprio lazione negativa, della quale luomo
paga la colpa, gli altri due sono aspetti negativi che non comportano una pena. Kegari e Wazawai, infatti, indicano la negativit
che i kami dello Yomi scatenano contro gli umani per far commettere loro Tsumi. I kami del Cielo (gli dei originari) e i kami
della Terra (quelli che vivono a fianco degli uomini) combattono
per tentare di fermare lazione negativa dei kami delle Tenebre e
per aiutare luomo ad ascoltare la voce interiore della morale.
Non fanno parte della categoria delle colpe tutti quegli eventi negativi che capitano per caso.
Lo Shintoismo non vuole sapere se luomo agisce nel bene o nel
male: vuole che luomo raggiunga larmonia. Per arrivare alla
purezza dellanima, tuttavia, occorre seguire la propria voce etica
interiore, che non porta mai luomo sulla via del male: chi segue
la morale, non pu commettere malvagit e vola verso la libert
dallansiet e dalle preoccupazioni, dirigendosi verso larmonia
Uomini maledetti da una volpe a (prof. Kishimoto). La morale shintoista ha il nome di Kannagarano-Michi ( ), cio Via dei kami. La parola Michi indica
nove code
tanto la strada, la via, quanto un concetto inesprimibile, proprio
ad indicare come l'etica provenga dagli dei e non dagli uomini. Un uomo di Michi un uomo che
vive con rettitudine. Chi si allontana dal Michi commette peccato. Il Michi rappresenta, infine, l'armonia tra la vita reale, l'agire umano nel quotidiano, e l'ideale di perfezione e purezza che viene dai
kami.
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3. Il Buddhismo
Lo Zen punta direttamente
alla mente-cuore dell'uomo,
guarda la tua vera Natura
e diventa Buddha.
Anonimo
La religione buddhista arriva in Giappone nel 538 d. C., portato da monaci e missionari cinesi e co reani in visita all'imperatore: questo viene narrato dal Nihongi, il codice storiografico giapponese. I
monaci iniziarono a stabilirsi sul territorio nipponico, costruendo santuari e istituendo scuole. Nume rosissime furono le sette che si formarono in seguito all'insediamento dei bonzi. Le pi importanti
sono quelle costituitesi in epoca Kakamkura (1185-1336):
Amidismo: in giapponese Jdosh (), la dottrina della Terra Pura. Questa costituisce
una sorta di paradiso, situato nelle terre occidentali, abitato dal Buddha e dalle anime pure.
Nella Terra Pura si raggiunge uno stato simile a quello del Nirvana, ovvero, secondo le correnti legate alla tradizione originaria dell'India, la cessazione del ciclo delle reincarnazioni.
Nichiren: prende il nome dal suo fondatore, il monaco Nichiren ( ). Gli adepti vedono in
Nichiren il Vero Buddha, un grande saggio (Dai-Shonin ), che rivel la corretta interpretazione del Sutra del Loto, il testo sacro pi importante per i Buddhisti, per permettere ai
fedeli di raggiungere l'illuminazione.
Zen: . Si tratta della corrente pi diffusa e nota, ad oggi la setta buddhista con il maggiore numero di adepti, suddivisi nelle varie scuole.
Alla base del Buddhismo stanno le Quattro Nobili Verit, che Buddha comprese durante il suo risveglio spirituale, e che sono state da lui enunciate nel discorso di Varanasi. Queste Verit riguardano
laspetto pratico della condotta di vita e della dottrina spirituale buddhista nel cosiddetto Nobile Ottuplice Sentiero. I punti centrali della realt percettiva indicati dal Buddha sono:
Dottrina della sofferenza: gli aggregati fisici o mentali producono sofferenza in due
casi: quando li si vuole mantenere, ed essi cessano, e quando li si vuole allontanare,
essi restano.
Dottrina dellimpermanenza: ci che composto da aggregati fisici o mentali
soggetto ad una nascita e ad una disgregazione di s e degli aggregati che lo formano.
Dottrina dellassenza di un io eterno e immutabile.
Questultima dottrina si riconduce alla credenza pi nota del Buddhismo, ovvero quella della reincarnazione, secondo la quale ogni anima, alla morte del corpo, ne ottiene uno nuovo, con una nuova
vita. In base al tipo di karma, positivo o negativo, che si accumula in vita, e che determinato da
azioni ed emozioni, lanima pu raggiungere un livello di esistenza superiore o inferiore. Nel mo mento in cui lanima riesce a liberarsi completamente dai tre difetti fondamentali, cio brama, odio e
illusione, pu accedere al nirvana, ovvero lassenza totale di emozioni. Per liberarsi dai tre difetti,
tuttavia, bisogna raggiungere il completo risveglio spirituale. Chi ci riesce, diventa un arhat, una
specie di santo.
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Come si pu spiegare lo Zen dal punto di vista teorico? Definire lo Zen in termini di sistema o struttura religiosa equivale a distruggerlo, o meglio a fraintenderlo completamente, perch ci che non si
pu costruire non si pu nemmeno distruggere. Non si pu comprendere lo Zen collocandolo entro precisi limiti o conferendogli una fisionomia caratteristica o lineamenti facilmente riconoscibili.
Non si comprende lo Zen collocandolo in una particolare categoria, separato da ogni altra cosa: lo
Zen al di l del mondo degli opposti, un mondo fatto di distinzioni intellettuali, un mondo spirituale di non-distinzione che comporta il raggiungimento di un punto di vista assoluto. Zen guardare
con i propri occhi, ascoltare con le proprie orecchie, senza mediazioni, senza compromessi, senza
giustificazioni per lincomprensibilit degli atti di chi fa lo strano, perch pretende di collocarsi al di
l del bene e del male. Forse la migliore definizione del concetto di Zen data dal monaco cristiano
T. Merton, che, nella sua opera Lo Zen e gli uccelli rapaci, paragona questa corrente buddhista ad
uno specchio:
La coscienza Zen paragonata a uno specchio. [...] Lo specchio senza io e senza mente. Se arriva un fiore riflette un fiore, se arriva un uccello riflette un uccello. Mostra bello un oggetto bello,
brutto un oggetto brutto.
La realt viva non abbisogna di alcuna definizione, il nostro intelletto il portatore di tale bisogno.
Lo Zen inizia quando ogni parola, anche il termine buddhista, vista la sua inadeguatezza viene
meno ed inizia il presente, la vita, il tempo vivente.
Nellilluminazione Zen non di rilevante importanza vedere Buddha ma di essere Buddha, e che
Buddha non quello che le immagini del tempio ci avevano fatto credere: perch non c pi nessuna immagine, e di conseguenza nulla da vedere, nessuno che vede, e un vuoto nel quale nessuna immagine concepibile.
Nell'ambito pratico, oltre che sull'essenzialit della meditazione, la dottrina buddhista Zen si fonda
sul rifiuto di riconoscere autorit alle scritture buddhiste, cio i sutra. Questo non significa che lo
Zen le rigetti completamente: alcune di esse, come il Sutra del cuore, o il Vimalakrti Nirdea Stra,
sono spesso utilizzate durante le funzioni religiose e nella formazione dei discepoli. Tuttavia, l'unica
autorit che il Buddhismo Zen riconosce e su cui fonda il proprio insegnamento l' esperienza che
viene indicata come satori ( , "Comprensione della Realt") o anche kensh ( , "guardare la
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propria natura di Buddha" ovvero "attualizzare la propria natura illuminata'"). Questa esperienza non
viene semplicemente identificata come "intuizione" quanto piuttosto come una esperienza improvvisa e profonda, che consente la "visione del cuore delle cose", la quale risulta essere identica alla "natura di Buddha" ( bussh). Tale "natura di Buddha" la natura di tutta la realt, del cosmo e del
S e corrisponde alla stessa vacuit ( k) indicata dall'Ens (), un simbolo dalla forma circolare tra i pi significativi dello Zen. Comprendere la vacuit, la nullit delle cose terrene, l'illusione
che esse costituiscono, significa raggiungere l'illuminazione: infatti, una volta raggiunta questa certezza, possibile staccarsi completamente dalla natura fisica e diventare davvero parte dell'universo, che il nulla. In questo senso l'Ens indica la vacuit, perch simboleggia l'universo. Se possibile raggiungere il concetto di vacuit solo una volta raggiunta l'armonia dell'animo, lo stesso vale
per la rappresentazione della vacuit stessa: solo chi ha trovato il proprio equilibrio pu disegnare un
Ens perfetto. L'esperienza del satori, tuttavia, non va confusa con quella del Nirvana: questo, infat ti, l'annullamento dell'anima e della vita dell'anima (intesa anche come circolo delle reincarnazioni). Il satori, invece, la comprensione della vacuit dell'universo, cui segue la partecipazione attiva
dell'anima al mondo, anche se questo ad essere nullo.
Questa idea del conseguimento dell'armonia, della pace interiore, viene
applicata non solo all'ambito prettamente filosofico e dottrinale dello Zen. Collegate a tale dottrina possibile trovare numerose pratiche appartenenti a campi
eterogenei: ognuna di queste attivit ha come presupposto essenziale la capacit
del praticante di raggiungere la pace interiore, l'armonia dei sentimenti e delle
passioni, il distacco dalla materialit. Origine e fondamento delle arti e della
cultura, lo Zen ispir la poesia (, Haiku), la cerimonia del t ( , cha
no yu, cio acqua per il t, o , Chad, ossia via del t), l'arte di dispor- Ens
re i fiori ( , Ikebana, cio fiori viventi), l'arte della calligrafia ( ,
Shod, via della scrittura), la pittura ( , Zen-Ga), il teatro ( , N), l'arte culinaria. Inoltre, la
dottrina Zen alla base delle arti marziali (Aikid, Jud, Karate, Jjitsu, ecc.), dell'arte della spada
(, Kend, Via della spada) e del tiro con l'arco ( , Kyd, Via dell'arco).
3.2.1 I dieci principi dello Zen
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i guerrieri allontanati per errori personali o per avidit e che non potevano rivelare il nome
del Daimy precedente.
Un guerriero passava dalla posizione di Samurai a Ronin per diverse ragioni. Per esempio, un uomo
poteva nascere Ronin se era figlio di un samurai senza padrone, che non aveva mai rinunciato alla
sua posizione di guerriero; oppure un dipendente di un clan poteva diventare Ronin se rimaneva senza padrone. oppure quando il clan, cui il Samurai apparteneva, subiva un completo sconvolgimento
e ridimensionamento; inoltre, anche quando il Giappone si apr allOccidente, molti guerrieri diven16
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tarono Ronin per servire i complessi occidentali; oppure la condizione di Ronin poteva venir
acquisita quando un samurai entrava a far parte di una corporazione (za) e diventava commerciante.
Spesso, abbandonati a se stessi e senza sostentamento, molti Ronin insegnavano Bujutsu dietro compenso; a volte si facevano ingaggiare come guardie
del corpo (, yjinb) da ricchi Heimin ( ,
contadini), altri vivevano saccheggiando. Proprio per
le condizioni precarie ed imprevedibili, nelle quali si
trovavano a vivere, i Ronin erano dotati di notevole
indipendenza e vivacit mentale.
Il Bujutsu deve molto a questi guerrieri. Il Ronin era
il combattente ideale in quanto era abituato a non dipendere da nessuno se non se stesso e, per questo
motivo, era imprevedibile e sempre pronto durante il
combattimento, sia con le armi (soprattutto spada e
lancia) sia senza (quando veniva sfidato da un samurai affiliato).
Lo Zen stata definita la religione dei Samurai. La
pratica dello Zen conduceva il guerriero ad ottenere
quello stato di Mushin (non-mente) essenziale all'efficacia nel combattimento. Durante l'addestramento,
il Samurai apprendeva le varie tecniche di meditazione e respirazione, proprio perch gli permettevano di
gestire correttamente le proprie energie, di garantire
il perfetto funzionamento dei muscoli e di svuotare la
mente da ogni pensiero, di renderla sorda alle provoSamurai
cazioni dell'avversario e attenta ad ogni falla nella
tecnica altrui che gli permettesse di ottenere la vittoria.
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4.1 Bujutsu ()
Nella lunga storia dellarte giapponese della guerra esistono moltissime e diverse forme, metodi,
armi, ognuno dei quali costituisce una particolarit specifica. Ogni specializzazione detta Jutsu
( ), cio Arte o Tecnica, che indica il modo particolare in cui
vengono compiute certe azioni. Spesso una specializzazione veniva
identificata con il nome dellarma usata dai praticanti oppure dal
modo particolare di usare unarma.
Le specializzazioni dellarte marziale giapponese sono state perfezionate durante il periodo feudale della storia giapponese; tale periodo comprende circa nove secoli (dalla fine del IX allinizio del X
secolo fino alla Restaurazione Meiji quando, let feudale fu proclamata ufficialmente chiusa).
Il termine Bujutsu raggruppa tutte le tecniche e le conoscenze che
un samurai doveva possedere per riuscire ad assolvere i propri compiti sociali, morali, politici e amministrativi. Il temine legato soprattutto agli aspetti tecnici, pratici e strategici di tali arti (se fosse
inteso come fine educativo o etico diventerebbe Do, o Via). Il
Bujutsu proviene direttamente dallantica cultura dei samurai ed
legato allantica medicina orientale Bu-I-Jutsu (la I sta per Igaku , che significa medicina) comprendeva i principi e le pratiStampa raffigurante un
che per ottenere il benessere personale inteso come equilibrio corSamurai
po-mente-spirito. Infatti il BuiJutsu esercita e mantiene con costanza lo spirito, il corpo attraverso lallenamento del movimento fisiologico del fisico, in quanto questultimo rappresenta uno specchio del nostro spirito. Le tecniche che comprendono la pratica del
Buido si muovono sui meridiani energetici, che attraversano il corpo (keiraku) e, sia quando viene
usato a fine terapeutico sia per la difesa marziale, producono un effetto benefico. Lo studio di ciascun arte comprende lapprendimento del panorama storico, dei suoi fattori caratteristici, la filosofia
usata per affrontare il combattimento, ecc. Tali fattori sono divisi in due categorie:
1. Fattori Esterni (tecniche di combattimento, ecc.)
2. Fattori Interni (controllo del Ki, cio l'energia spirituale del guerriero, ecc.).
Tra gli elementi pi importanti da controllare durante l'addestramento del Samurai troviamo la respirazione. La respirazione la prima forma di vita: una respirazione scorretta, e il mancato movimento
di muscoli e articolazioni porta a un progressivo peggioramento del movimento di tutto il nostro cor po, che sfocia anche a livello mentale nella lentezza, nella cattiva concentrazione per le attivit quotidiane. Quindi il movimento alla base della nostra vita; senza movimento si diventa facili prede di
squilibri. Un corpo allenato al movimento riesce ad evitare squilibri, ma, se lallenamento eccessivo, il movimento del fisico pu comunque essere compromesso.
Per raggiungere il perfetto controllo della respirazione, la pratica dello Zazen essenziale.
Il primo a diffondere la pratica buddhista dello Zazen fu il principe indiano Bodhidharma, che insegn ai monaci la corretta meditazione ZaZen, riconducendoli all'originario insegnamento del Buddha e le tecniche da combattimento ed energetiche, che ristabilirono il corretto equilibrio mente-corpo. Da allora la meditazione sempre stata parte integrante, insostituibile, della pratica delle arti
marziali cinesi e successivamente giapponesi. Il momento contemplativo diviene il fondamento in18
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sostituibile dell'azione, favorendo un'immediatezza nella comprensione attraverso il corpo del significato profondo del Bud e ristabilendo quella intuitivit primordiale, che l'uomo moderno ha
perduto e che le Arti Marziali si prefiggono di recuperare.
4.1.1 Le norme del Bud
I. Il Bud non deve essere inteso come strumento di attacco o per sviluppare la forza fisica e muscolare.
II. Il ruolo del Bud pacifico, in quanto coltiva la pace e il benessere fisico e spirituale e mira alla
creazione di un ambiente sociale che riesca ad eliminare tutti quegli elementi che possono portare ad
un conflitto.
III. Lefficienza marziale del Bud si fonda sulla pratica dei principi della medicina orientale, attra verso i quali una persona di qualsiasi et, sesso e forza pu riuscire a preservare il proprio benessere.
IV. Le tecniche del Bud consistono nellapplicazione di tre movimenti base del corpo: perpendicolare, circolare, curvilineo e tutte le loro combinazioni e varianti.
V. Il punto pi importante del Bud consiste nellantica tradizione dei punti sensibili, attraverso i
quali si pu far perdere coscienza ad un avversario o paralizzarlo agendo direttamente sugli organi
interni.
VI. Il Bud originale usa solo le potenzialit delluomo (unione corpo-mente-spirito) e non comprende attrezzi.
VII. Il Bud, in quanto tecnica di difesa, ha come scopo lannullamento dellattacco.
VIII. Il Budka non usa mai le proprie tecniche per iniziare un attacco. Ognuno sar il Maestro di
se stesso nel perfezionamento delle pratiche.
Lo scopo delle armi quello di permettere al combattente di convogliare in un oggetto il risultato
della pratica interiore avvenuta in precedenza.
Ovviamente, durante uno scontro, non possibile fermarsi per recuperare larmonia interiore: essenziale, dunque, apprendere il modo migliore per estraniarsi dalle influenze esterne, ma, nel tempo
stesso, per restare concentrati sulle azioni proprie e dellavversario.
4.1.2 I sette precetti del samurai
Oltre agli insegnamenti del Bushido, il Samurai doveva osservare anche sette precetti che riguardavano strettamente il suo comportamento.
Queste norme comportamentali, una vera e propria etichetta del buon Samurai, sono esposte dalle
opere di due grandi Samurai e teorici dell'arte del combattimento: l'Hagakure (letteralmente all'ombra delle foglie) di Yamamoto Tsunetomo e Il libro dei cinque anelli di Musashi Miyamoto.
Anche se lo scritto di Tsunetomo si incentra maggiormente sull'atteggiamento e sulla vita del Samurai di corte, mentre quello di Miyamoto sul raggiungimento della perfezione e dell'armonia fisiche e
spirituali, i principi da essi descritti sono essenzialmente i medesimi. I testi risalgono al XVII (il primo) e al XVI (il secondo) secolo dopo Cristo, ma raccolgono insegnamenti molto pi antichi, osservati dai guerrieri fin dagli inizi del XIV secolo, all'epoca dei primi scontri tra feudatari. I sette pre cetti sono:
Gi (), Onest/Giustizia; bisogna agire giustamente e rettamente nei confronti degli altri uomini, di tutti. Non vi una via di mezzo nelle azioni: esiste solo ci che giusto e ci che
sbagliato.
Yu (), Coraggio eroico; si deve agire con coraggio, ma con intelligenza, elevandosi sopra i
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Kenjutsu (): arte della spada. La spada del Samurai viene chiamata katana (), ed un
oggetto importantissimo: si riteneva, infatti, che in essa risiedesse l'anima del Samurai stesso.
Yarijutsu ( ): combattimento con la lancia. La lancia del samurai poteva essere di due
tipi: yari, la lancia semplice, o naginata ( ), una sorta di alabarda.
Tantjutsu ( ): arte dei pugnali. Comprendeva anche le tecniche del Seppuku (taglio
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dello stomaco) e dell'Harakiri (taglio del ventre), cio il suicidio rituale che il Samurai praticava, quando il suo onore era irrimediabilmente macchiato (il primo: infatti tagliare lo stomaco, insieme alla decapitazione, liberava l'anima), o per evitare di essere catturato (il secon do, pi rapido).
Ninjutsu ( ): letteralmente, arte dell'agire nascostamente. Il primo ideogramma della
parola Ninjutsu, cio , significa sopportare, pazientare. Addestrarsi nel Ninjutsu voleva dire imparare come muoversi senza farsi scoprire dal nemico, per essere il pi micidiale
possibile. Il Ninjutsu sfrutta anche delle armi specifiche, ovvero i Kunai (pugnali particolari)
e gli Shuriken (armi da lancio dalla forma di croce o di stella).
Lotta a mani nude.
Pugnale kunai
Katana
Shuriken
Tant
Naginata
Yumi
Wakizashi
Yari
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In generale, tutte le discipline di combattimento a mani nude praticate oggi in Giappone (e note nel
resto del mondo), quali il Karate, il Jud, l'Aikid, derivano dal Bud e ad esso sono ancora strettamente connesse.
Nelle arti marziali, lo Zen e la meditazione aiutano a raggiungere la piena consapevolezza di s: il
karateka, cos come il judka (cos come il Samurai), deve trovare l'armonia tra il proprio spirito e
ci che lo circonda. In questo modo le azioni compiute non andranno a minare lo stretto legame tra
la mente e il corpo.
La consapevolezza di s essenziale tanto per il movimento, quanto per lo sviluppo della capacit di
osservare l'avversario e individuare aperture da sfruttare a proprio vantaggio. Quando si pienamente consapevoli delle proprie tecniche, delle proprie abilit e dei propri limiti, si potr raggiungere lo
stato di Mushin (non-mente), ovvero la totale alienazione della mente da tutte quelle influenze esterne e interne che possono andare ad influenzare l'armonia mente-corpo e a destabilizzare l'equilibrio.
Nello stato di Mushin possibile combattere in modo armonico
senza bisogno di pensare alle mosse, senza paure n ripensamenti.
Questa consapevolezza di s si raggiunge tramite lo Zazen, che aiuta a liberarsi di tutte le influenze spirituali a ritornare in s, ad
ascoltare la propria interiorit: la meditazione e le arti ad essa connesse sono rispettose dell'esistenza spirituale dell'individuo. Rispetto inteso come armonia con s e con gli altri: ferire una persona nel combattimento, cos come nel quotidiano, provoca una dissonanza nell'individuo, poich va contro la sua natura di essere umano
sempre alla ricerca dell'armonia, non del conflitto.
Essendo derivate dalle tecniche Samurai, le arti marziali moderne
sono divise in due sezioni: quella dei Jutsu, cio delle tecniche di
combattimento vere e proprie, e quella del D, cio la via del perfezionamento spirituale. Del D fanno parte, oltre che alle pratiche di
meditazione, anche tutte le norme dell'etichetta allievo/Sensei (
, maestro), che devono essere rispettate all'interno del Dj (
, luogo in cui si insegue la via), la palestra in cui si viene addestrati. Questi precetti non vogliono limitare la libert di azione del
singolo individuo, ma hanno lo scopo di liberare la mente dalle influenze esterne mediante la concentrazione e la ripetizione di gesti
e atteggiamenti. Nei Dj addestramento tecnico e trasformazione
interiore vanno di pari passo.
Karateka
Il combattimento il risultato finale: gesti e mosse diventano auto22
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matici, incertezze e paure vengono escluse dall'animo, ci si scontra non solo con l'avversario, ma
con se stessi e la propria energia.
Nel combattimento, come nel resto della vita, il praticante di arti marziali deve rifuggire l'aggressivit e l'arroganza: l'anima umana portata per natura a non voler ferire, a mantenere l'armonia. Per
questa ragione le arti marziali vanno usate solo in caso di estrema necessit, con l'intento di fermare
l'avversario, non di ferirlo o di ucciderlo.
Dj
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9. Bibliografia e sitografia
SATORI BANTE, BHIKKHU. Shintoismo. Rizzoli Editore, Milano 1997.
MARGIARA, ANGELO. Il Buddhismo nel Giappone. Universale Studium, Roma 1994.
Storia delle religioni, volume V. (1970-1976). Laterza Editore, Roma 1976.
ROTERMUND, HARTMUND. Sezione: Le credenze del Giappone antico.
RENONDEAU, GASTON; FRANK, BERNARD. Sezione: Il Buddhismo giapponese.
RENONDEAU, GASTON. Sezione: Il sincretismo giapponese.
PAVANI, GIUSEPPE. La cultura dei Samurai. Associazione italiana Shojukai 2004.
SENZAKI, NYOGEN; REPS, PAUL. 101 storie Zen. Adelphi Edizioni, Milano 1989.
TRIPODI CALOGERO, PAOLO. Karate-D. Tesina di maturit 2012.
LODARI, CAROLA. Il giardino giapponese: storia, arte e simbolismo. Giunti Editore, Firenze
2005.
KAKURA, KAKUZO. Lo Zen e la cerimonia del t. Giangiacomo Feltrinelli Editore, Milano
1997.
GOLDEN, ARTHUR. Memorie di una Geisha. TEADUE, Milano 2000.
www.wikipedia.org
www.uniurb.it/Filosofia/bibliografie/zen
www.testesso.com/i-10-principi-fondamentali-della-filosofia-zen/
hanabitemple.forumfree.it
www.culturalismi.com
www.cultor.org/Orient/Shodo
www.wikideep.it/giardini-zen/
images.google.org
Alcune informazioni e illustrazioni sono state tratte dai fumetti:
TAKAHASHI RUMIKO. (1987). Ranma . SHOGAKUKAN, Tokyo.
TAKAHASHI, RUMIKO. (1996). Inuyasha. SHOGAKUKAN, Tokyo.
TAKAHASHI, RUMIKO. (2009). Kykai No Rinne. SHOGAKUKAN, Tokyo.
KISHIMOTO, MASASHI. (1999). Naruto. SHUEISHA, Tokyo.
KUBO, TITE. (2001). Bleach. SHUEISHA, Tokyo.
E dal film:
MIYAZAKI, HAYAO. (1988). Tonari No Totoro. Studio Ghibli, Mitaka (Tokyo).
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