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ISTITUTO

BUDDISTA ITALIANO
SOKA GAKKAI

02 [Esame di Buddismo secondo livello 2020]

MATERIALE
DI STUDIO
ISTITUTO
BUDDISTA ITALIANO
SOKA GAKKAI

02 [Esame di Buddismo secondo livello 2020]

MATERIALE
DI STUDIO
MATERIALE DI STUDIO
ESAME DI BUDDISMO SECONDO LIVELLO
PRIMAVERA 2020

© Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai


Tutti i diritti riservati
Progetto grafico e copertina: Cristina Canestrelli
Testi a cura del Dipartimento di studio
dell’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Edito in proprio dall’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai


Via di Bellagio 2/e - 50141 Firenze
www.sgi-italia.org

Prima edizione: settembre 2019

ISBN 978 8888 155289


INDICE

IV Prefazione
Il sole di un autentico umanesimo
1 La filosofia buddista della vita
Tremila regni in un singolo istante di vita
1 Il significato di “un singolo istante di vita” e di “tremila regni”
2 La struttura dei tremila regni in un singolo istante di vita
9 Il Gohonzon
Abbracciare il Gohonzon è di per sé osservare la propria mente
9 Il significato del Gohonzon
17 La fede e la pratica
Fede per superare gli ostacoli
18 I tre ostacoli e i quattro demoni
23 Trasformare il proprio karma
26 Alleggerire la retribuzione karmica
27 Assumere volontariamente il karma appropriato
31 La storia della Soka Gakkai
Kosen-rufu mondiale e la Soka Gakkai
32 L’epoca del primo presidente Tsunesaburo Makiguchi
39 L’epoca del secondo presidente Josei Toda
48 L’epoca di Daisaku Ikeda, terzo presidente della Soka Gakkai
e presidente della SGI
55 Lo spirito dell’offerta
55 Le offerte per lo sviluppo di kosen-rufu
58 La storia di Sudatta
60 Coltivare una determinazione sincera
62 Piantare semi nel terreno della fortuna
65 Gosho
Il conseguimento della Buddità in questa esistenza
65 testo del Gosho Il conseguimento della Buddità in questa esistenza
70 Illuminazione nella vita presente
82 Daimoku, il richiamo che risveglia
93 “Con coraggio e diligenza”
IV p r e fa z i o n e

IL SOLE
DI UN AUTENTICO
UMANESIMO
di Alberto Aprea
Presidente dell’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Riconfermando le basi della nostra organizzazione, il maestro


Ikeda scrive: «La Soka Gakkai avanzerà sempre in completo ac-
cordo con il Sutra del Loto e con il Gosho, gli scritti di Nichiren
Daishonin. Praticare in accordo con gli insegnamenti del Budda,
come indicato dal Daishonin, è il fondamento immutabile della
Soka Gakkai fin dai tempi del primo e del secondo presidente,
Makiguchi e Toda» (NR, 657, 5).
Lo scopo del Buddismo di Nichiren Daishonin è creare pace
e prosperità dando alla gente comune, principale forza motrice
della società e dei tempi, i requisiti interiori per trionfare su qual-
siasi circostanza.
Abbracciare questo insegnamento significa tornare al rispetto
della suprema dignità della vita, eliminare l’egoismo e vivere
sulla base di un autentico umanesimo. Negli insegnamenti del
Daishonin troviamo il principio universale che fornisce la chiave
per la prosperità del genere umano e la pace universale.
Tutto inizia dal cambiamento interiore di ogni singola persona.
Per questo è fondamentale consolidare profonde radici nelle due
vie di “pratica e studio”.
p r e fa z i o n e V

Nel messaggio inviato per il Corso di studio europeo dei giovani


(agosto 2019), il maestro Ikeda scrive: «Perché la Soka Gakkai
è riuscita a realizzare un così grande sviluppo? Perché siamo an-
dati avanti basandoci sempre sul Gosho. Come ho descritto nei
romanzi La rivoluzione umana e La nuova rivoluzione umana,
nel dopoguerra il mio maestro, Josei Toda, iniziò a ricostruire la
Soka Gakkai proprio a partire dallo studio del Buddismo. […]
Leggendo il Gosho entriamo direttamente in contatto con lo
spirito di Nichiren Daishonin; in questo modo la nostra fede si
rafforza, si purifica e diviene più profonda. […] Inoltre, studian-
do la filosofia suprema non solo ci risvegliamo alla missione dei
Bodhisattva della Terra di realizzare la felicità del genere umano e
la pace nel mondo, ma la saggezza e il coraggio del Budda emer-
gono con vigore dalla nostra vita» (NR, 658).
Lo studio del Gosho e dei romanzi La rivoluzione umana e La
nuova rivoluzione umana sono come le due ruote di uno stesso
carro. Più si studiano i princìpi buddisti, più si riesce a compren-
dere profondamente La nuova rivoluzione umana, e più si studia
La nuova rivoluzione umana, più si comprende la profondità del
Gosho. Sono entrambi fondamentali.
Lo studio del Buddismo è uno studio per vincere, che ci for-
nisce le basi per superare gli ostacoli imparando dal comporta-
mento del maestro e facendo emergere in noi lo spirito del re
leone. «Più difficili erano i momenti che affrontavo – racconta
il maestro Ikeda – più sinceramente cercavo le parole del Dai-
shonin. E ogni volta che lo facevo, trovavo nuovo coraggio. Un
sole inesauribile, rompendo l’oscurità, sorgeva nel mio cuore»
(NR, 657, 6).
Lo scopo dello studio del Buddismo è diventare felici mentre
aiutiamo anche gli altri a diventarlo.
Oggi ci troviamo di fronte a molti gravi problemi: la minaccia
di una guerra nucleare, i problemi ambientali… Le persone ri-
VI p r e fa z i o n e

cercano la pace e la felicità, ma la situazione si fa ogni giorno più


confusa. Ciò deriva dalla mancanza di una filosofia che esponga
la vera natura della vita e il suo funzionamento: solo tornando a
princìpi buddisti quali la suprema dignità della vita, la compas-
sione, la non dualità di mente e corpo e l’inseparabilità di vita e
ambiente, possiamo iniziare ad aprire una strada verso un nuovo
umanesimo.

Ad aprile del 2020 si svolgeranno in Italia gli esami di Buddismo


di primo e secondo livello, un’occasione preziosa per approfon-
dire la fede sia per chi affronta l’esame, sia per chi sostiene i com-
pagni di fede nella preparazione, studiando insieme e dialogando
con calore, proprio come scrive il maestro Ikeda: «Cari amici e
care amiche che sostenete gli esami, compagni e compagne di
fede che li aiutate nella preparazione, vi prego di studiare insie-
me mantenendo sempre vivo il vostro spirito di ricerca e metten-
do in pratica ciò che avete imparato. Conquistiamo anche oggi
brillanti vittorie vivendo con il Gosho, con lo stesso spirito del
Daishonin» (NR, 540, 5).
Insieme ai nostri amici adorniamo la nostra vita di vittorie e
felicità trasformando la sofferenza in gioia, attraverso la grande
filosofia della rivoluzione umana!
1

La filosofia buddista
della vita
TREMILA REGNI
I N U N S I N G O L O I S TA N T E D I V I TA

“Tremila regni in un singolo istante di vita” è un insegnamen-


to buddista che rivela come le persone comuni possono conse-
guire la Buddità. Studiare questo insegnamento ci fa capire più
profondamente in che modo il Buddismo del Daishonin rende
possibile a tutte le persone il conseguimento dell’Illuminazione.

IL SIGNIFICATO DI “UN SINGOLO ISTANTE


DI VITA” E DI “TREMILA REGNI”

Uno dei princìpi filosofici alla base dell’iscrizione da parte di


Nichiren Daishonin del Gohonzon di Nam-myoho-renge-kyo –
l’oggetto di culto che mette in grado tutte le persone dell’Ultimo
giorno della Legge di conseguire la Buddità – è la dottrina dei
“tremila regni in un singolo istante di vita”.
Fu formulata dal Gran Maestro cinese T’ien-t’ai nella sua ope-
ra Grande concentrazione e visione profonda allo scopo di aiuta-
re le persone a mettere in pratica l’insegnamento del Sutra del
Loto secondo il quale tutti gli esseri umani possono conseguire
la Buddità.
“Un singolo istante di vita” si riferisce alla propria vita, così come
esiste in un dato momento. “Tremila regni” si riferisce a tutti i
fenomeni, cioè a tutte le cose e alle loro varie funzioni.
2 m at e r i a l e d i st u d i o

Il principio dei tremila regni in un singolo istante di vita insegna


che un singolo istante di vita include tremila regni e che la vita
in ogni momento li permea e li pervade tutti.
La vita in ogni istante ha un potenziale illimitato. Quando si tra-
sforma la propria condizione vitale in un dato momento, anche
l’ambiente circostante cambia, e alla fine ciò può determinare un
cambiamento nel mondo intero. Così la dottrina dei “tremila re-
gni in un singolo istante di vita” è un insegnamento di speranza e
di trasformazione. Il presidente della SGI Daisaku Ikeda esprime
il significato di questo principio quando descrive l’argomento
del suo romanzo La rivoluzione umana: «La rivoluzione umana
di un singolo individuo contribuirà al cambiamento nel destino
di una nazione e condurrà infine a un cambiamento nel destino
di tutta l’umanità» (Prefazione RU, 1, IV).

LA STRUTTURA DEI TREMILA REGNI


IN UN SINGOLO ISTANTE DI VITA

Nel trattato L’oggetto di culto per l’osservazione della mente, Nichi-


ren Daishonin cita un passo di Grande concentrazione e visione
profonda di T’ien-t’ai in cui sono descritti i tremila regni in un
singolo istante di vita: «La vita in ogni istante è dotata dei die-
ci mondi. Al tempo stesso ognuno dei dieci mondi è dotato di
tutti i dieci mondi, cosicché una entità di vita in effetti possiede
cento mondi. Ognuno di questi mondi a sua volta possiede tren-
ta regni e quindi in cento mondi vi sono tremila regni. Questi
tremila regni di esistenza sono tutti posseduti dalla vita in un
singolo istante. Se non c’è vita, il discorso è chiuso, ma se c’è
anche la più piccola forma di vita, essa è dotata di tutti i tremila
regni» (RSND, 1, 313). In altre parole, fintanto che si vive, la
vita in ogni istante è dotata dei “tremila regni”, ognuno dei quali
è unico e distinto dagli altri.
l a f i l o s o f i a b u d d i sta d e l l a v i ta 3

Il numero tremila deriva dalla moltiplicazione del mutuo posses-


so dei dieci mondi (dieci mondi per dieci mondi = cento mondi)
per i dieci fattori della vita e per i tre regni dell’esistenza (cento
per dieci per tre = tremila).
I dieci mondi, i dieci fattori e i tre regni sono concetti che ana-
lizzano la vita e la legge di causalità che opera in essa secondo tre
diverse prospettive. Il principio dei “tremila regni in un singolo
istante di vita” incorpora queste tre prospettive offrendo quindi
una visione onnicomprensiva della propria vita e del mondo nel
suo complesso.

• Il mutuo possesso dei dieci mondi

Il principio fondamentale alla base dei tremila regni in un sin-


golo istante di vita è il mutuo possesso dei dieci mondi. Scrive il
Daishonin: «La dottrina dei tremila regni in un singolo istante di
vita inizia con il mutuo possesso dei dieci mondi» (L’apertura de-
gli occhi, RSND, 1, 197), e «[Il Budda] espose anche la dottrina
dei tremila regni in un singolo istante di vita, secondo la quale i
nove mondi possiedono la Buddità e la Buddità possiede i nove
mondi» (La scelta del tempo, RSND, 1, 480).
I dieci mondi rappresentano dieci stati vitali. Sono i mondi di
inferno, degli spiriti affamati (avidità), degli animali (animalità),
degli asura (collera), degli esseri umani (umanità), degli esseri
celesti (cielo), degli ascoltatori della voce (apprendimento), dei
risvegliati all’origine dipendente (realizzazione), dei bodhisattva
(bodhisattva) e dei Budda (Buddità).
I sutra diversi dal Sutra del Loto insegnano che ognuno dei dieci
mondi è distinto e separato dagli altri, è una condizione vitale
fissa, e quindi non è possibile passare da uno all’altro fino alla
morte, quando si potrà rinascere in un altro dei dieci mondi.
Il Sutra del Loto sovverte completamente questa visione rivelan-
4 m at e r i a l e d i st u d i o

do che tutte le persone in ognuno dei nove mondi, diversi dalla


Buddità, possiedono anche il mondo di Buddità, e che a sua
volta il mondo di Buddità è dotato di tutti gli altri nove mondi.
“Mutuo possesso dei dieci mondi” significa che una vita che
adesso manifesta uno qualsiasi dei dieci mondi li possiede tutti
e dieci. In tal senso i Budda e le persone dei nove mondi sono
ugualmente dotati di tutti i dieci mondi e perciò sono essenzial-
mente uguali.
Inoltre, se la vita di un individuo in un dato momento è in uno
dei dieci mondi, essa ha il potenziale di manifestare, in risposta a
una particolare condizione o influenza, un altro dei dieci mondi
nel momento successivo. Ne consegue che chiunque si trovi in
uno qualsiasi dei dieci mondi, se posto nelle condizioni giuste
può manifestare il mondo di Buddità.
Il principio del mutuo possesso dei dieci mondi spiega dunque
che nel corso di questa esistenza è possibile elevare il proprio
stato vitale fino a quello di bodhisattva e di Buddità.

• I dieci fattori della vita

Ci sono dieci aspetti o fattori1 che sono comuni a tutte le for-


me di vita in ciascuno dei dieci mondi. Ogni forma di vita in
ognuno dei dieci mondi, dall’inferno alla Buddità, è ugualmente
dotata dei dieci fattori, i quali descrivono la legge di causalità che
regola i cambiamenti del nostro stato vitale.
La parte del secondo capitolo del Sutra del Loto “Espedienti”
che i membri della SGI recitano ogni giorno durante la pratica
di Gongyo, descrive così il “vero aspetto di tutti i fenomeni”: «Il

1) Nel libro I misteri di nascita e morte Daisaku Ikeda scrive: «Il principio dei
dieci fattori fornisce una struttura per l’analisi di quegli aspetti della vita che
rimangono costanti per tutti i fenomeni mutevoli» (Esperia, pag. 142).
l a f i l o s o f i a b u d d i sta d e l l a v i ta 5

vero aspetto di tutti i fenomeni può essere compreso e condiviso


solo tra Budda. Questa realtà consiste di: aspetto, natura, entità,
potere, azione, causa, relazione, effetto, retribuzione, e della loro
coerenza dall’inizio alla fine» (SDL, 66).
Per aiutare le persone a comprendere il concetto del vero aspetto
di tutti i fenomeni, il sutra introduce dieci attributi o fattori
ognuno dei quali è preceduto da un termine, in giapponese nyo-
ze, che significa “come questo”, “questo è” o “così è”.
Fra i dieci fattori, l’“aspetto” è la forma esteriore di un essere vi-
vente soggetta a cambiamento di momento in momento.
La “natura” è il suo carattere innato e costante, ovvero i suoi
attributi intrinseci2.
L’“entità” è l’essere di per sé, che possiede le caratteristiche di
aspetto e natura.
I primi tre fattori – aspetto, natura ed entità – costituiscono l’e-
sistenza e l’essenza di un determinato essere vivente. I rimanenti
sette fattori invece ne esprimono i meccanismi e le funzioni.
“Potere” è l’energia, il potenziale interiore.
“Influenza” è l’espressione esterna del “potere” e l’influenza che
esso esercita su altre vite o fenomeni.
I successivi quattro fattori – causa interna, relazione, effetto la-
tente ed effetto manifesto – esprimono la legge di causalità che
regola il funzionamento della vita.
La “causa interna” è la causa primaria o diretta, intrinseca nella
vita, che produce un effetto o risultato.
La “relazione” si riferisce alle condizioni o influenze esterne che
stimolano la causa interna e svolgono un ruolo di sostegno o di
causa ausiliaria per la manifestazione di un effetto.

2) Nel libro I misteri di nascita e morte Daisaku Ikeda scrive: «In relazione all’e-
sistenza umana, la “natura” corrisponde alle qualità invisibili e a quelle latenti,
come la mente e la coscienza» (Esperia, pag. 144).
6 m at e r i a l e d i st u d i o

L’“effetto latente” è il risultato intrinseco e impercettibile che


risulta dall’interazione tra la causa interna e la relazione o causa
esterna.
La “retribuzione” o “effetto manifesto” è il risultato evidente che
emerge dall’effetto latente in risposta al tempo e alle cause ester-
ne o condizioni.
Infine, “coerenza dall’inizio alla fine” indica che tutti gli altri fat-
tori sono coerenti: dal primo, l’aspetto, al nono, la retribuzione
o effetto manifesto. Per esempio una vita che attualmente è nel
mondo di Buddità avrà l’aspetto della Buddità, la natura della
Buddità e così via fino all’effetto manifesto della Buddità; lo stes-
so principio si applica a ognuno dei dieci mondi.
La vita in ognuno dei dieci mondi è dotata dei dieci fattori, cioè
della legge di causalità che regola i cambiamenti dello stato vita-
le. Una vita che adesso sta manifestando uno dei dieci mondi ha
il potenziale, in risposta a certe condizioni o influenze, di mani-
festarne qualsiasi altro. Ne consegue che chiunque, in qualunque
dei dieci mondi si trovi in questo momento, può manifestare il
mondo di Buddità in risposta alle giuste condizioni.

• I tre regni dell’esistenza

I “tre regni dell’esistenza” sono il regno delle cinque compo-


nenti (o cinque aggregati), il regno degli esseri viventi e il regno
dell’ambiente3.
Ognuno dei dieci mondi si esprime distintamente in questi tre
regni.

3) Nel libro I misteri di nascita e morte Daisaku Ikeda scrive: «Questo concetto
analizza la vita da tre differenti punti di vista e definisce l’esistenza della vita
individuale nel mondo reale, chiarendo le tre dimensioni in cui i dieci mondi si
manifestano: il regno dei cinque aggregati, il regno degli esseri viventi e il regno
dell’ambiente» (Esperia, pag. 147).
l a f i l o s o f i a b u d d i sta d e l l a v i ta 7

Gli esseri viventi sono classificati secondo i propri stati vitali – i


dieci mondi – di momento in momento; il regno degli esseri
viventi riflette le differenze fra questi stati vitali.
Il Buddismo considera un essere vivente come una unione tem-
poranea di cinque componenti. In quanto tali gli esseri viventi
non hanno di per sé un’esistenza fissa o permanente, ma sono in
un costante stato di flusso o cambiamento.
Perciò è naturale che i cambiamenti o le distinzioni di stato vitale
fra gli esseri viventi – vale a dire, quale dei dieci mondi manife-
stano – siano evidenti anche nelle cinque componenti che for-
mano questi esseri viventi.
Le cinque componenti sono: forma, percezione, concezione, vo-
lizione e coscienza.
La “forma” è l’aspetto fisico della vita, il corpo e gli attributi
fisici.
La “percezione” è la funzione di ricevere o percepire informazio-
ni dal mondo esterno attraverso i “sei organi di senso” (occhi,
orecchie, naso, lingua, corpo e mente).
La “concezione” è la funzione di formarsi impressioni o idee su
ciò che si è percepito.
La “volizione” è ciò che lega la concezione di ciò che si è perce-
pito all’azione. Essa è in accordo con le varie funzioni della vita,
come la volontà e i desideri.
Infine la “coscienza” descrive la funzione della vita di discernere,
che riconosce e distingue le cose.
Nel mondo di inferno le cinque componenti della vita hanno ca-
ratteristiche specifiche del mondo di inferno, mentre nel mondo
di Buddità hanno caratteristiche specifiche del mondo di Buddità.
Perciò il “regno delle cinque componenti” manifesta i dieci mondi.
Le differenze di stato vitale fra gli esseri viventi, ovvero quale dei
dieci mondi essi manifestano, si manifestano anche nella terra o
ambiente che essi abitano, cioè nel “regno dell’ambiente”.
8 m at e r i a l e d i st u d i o

Alla luce del principio dei tre regni dell’esistenza, possiamo vede-
re che quando lo stato delle cinque componenti cambia, cambia
anche quello degli esseri viventi e dei loro ambienti. Un cambia-
mento nello stato del nostro cuore, o mente, produrrà un cam-
biamento in ogni aspetto della nostra vita e del nostro ambiente.
I princìpi del mutuo possesso dei dieci mondi, dei dieci fattori
della vita e dei tre regni dell’esistenza, quando vengono fusi in-
sieme, costituiscono il principio dei tremila regni in un singolo
istante di vita. Questa dottrina ci offre una visione generale della
legge di causalità che permea la vita e il mondo circostante, e
spiega che tutte le persone sono ugualmente capaci di conseguire
la Buddità.
il gohonzon 9

Il Gohonzon
ABBRACCIARE IL GOHONZON
È D I P E R S É O S S E R VA R E
LA PROPRIA MENTE

Lo scopo della pratica buddista è stabilire in questa esistenza la


condizione vitale di Buddità, caratterizzata da una felicità asso-
luta non influenzata dai cambiamenti della propria situazione
o dell’ambiente.
Per questo scopo Nichiren Daishonin iscrisse il Gohonzon,
l’oggetto di culto, stabilendo così il modo in cui ogni essere
umano può manifestare nella propria vita il mondo di Buddi-
tà, vincere nella propria esistenza quotidiana e diventare una
persona vittoriosa.
Questa sezione spiega il significato del Gohonzon e il principio
secondo il quale abbracciare il Gohonzon è di per sé osservare
la propria mente, ciò che rende possibile il conseguimento della
Buddità a tutte le persone.

IL SIGNIFICATO DEL GOHONZON

In qualsiasi tradizione religiosa l’oggetto di devozione, o di culto,


riceve la massima venerazione. Nel Buddismo spesso è una statua
o l’immagine di un Budda o di un bodhisattva. Una religione con-
sidera ciò che è essenziale per il suo credo come proprio oggetto di
culto, l’elemento centrale che determina il modo in cui le persone
abbracciano e manifestano la loro fede in quella religione.
10 m at e r i a l e d i st u d i o

L’oggetto di culto fondamentale per la fede dei membri della


SGI è il Gohonzon di Nam-myoho-renge-kyo, che fu istituito
da Nichiren Daishonin.

• Il seme della Buddità

Shakyamuni si risvegliò alla Legge fondamentale che permea la


vita e l’universo, e per questa ragione fu chiamato il “Budda”,
il “risvegliato”. Egli chiarì che tutti i Budda conseguono l’Illu-
minazione risvegliandosi a questa Legge fondamentale, la Legge
mistica. Nam-myoho-renge-kyo è la Legge che mette in grado
tutte le persone di conseguire la Buddità, ed è anche il nome di
tale Legge. Nichiren Daishonin espresse come Nam-myoho-ren-
ge-kyo questa Legge che costituisce la causa fondamentale per
conseguire l’Illuminazione, e la insegnò agli altri.
La Legge mistica, che è la causa o il seme della Buddità, è ine-
rente alla vita di tutti gli esseri viventi. Questa causa innata è
chiamata anche natura di Budda o mondo di Buddità.
A questo proposito il Daishonin afferma: «Quando veneriamo
il Myoho-renge-kyo che è nella nostra vita come oggetto di
culto, la natura di Budda che è in noi viene richiamata dal-
la nostra recitazione di Nam-myoho-renge-kyo e si manifesta.
Questo si intende per “Budda”. Per fare un esempio, quando
un uccello in gabbia canta, gli uccelli che volano liberi nel cielo
sono richiamati e si radunano intorno a lui. E quando gli uc-
celli che volano nel cielo si radunano, l’uccello in gabbia cerca
di uscire fuori. Così, quando con la bocca recitiamo la mistica
Legge, la nostra natura di Budda viene richiamata e immanca-
bilmente emergerà. La natura di Budda di Brahma e di Shakra,
richiamata, ci proteggerà e la natura di Budda dei Budda e dei
bodhisattva, richiamata, gioirà» (Come coloro che inizialmente
aspirano alla via, RSND, 1, 789).
il gohonzon 11

Nam-myoho-renge-kyo è il nome del mondo di Buddità, che è


il potenziale presente nella propria vita, in tutte le cose e in tutti
i fenomeni. Quando si crede nel Gohonzon e si recita Nam-
myoho-renge-kyo, ci si risveglia e si richiama il mondo di Bud-
dità presente nella propria vita e inoltre si fa emergere il mondo
di Buddità che è in tutte le cose dell’universo. In altre parole, si
libera il potenziale illimitato della propria vita e si attivano le
funzioni dei Budda, dei bodhisattva e degli esseri celesti, cioè le
forze protettive nel proprio ambiente.

• «Io, Nichiren, ho iscritto la mia vita


in inchiostro di sumi»

Nam-myoho-renge-kyo è l’essenza del Sutra del Loto, il quale inse-


gna che tutte le persone sono capaci di diventare Budda. Nichiren
Daishonin si risvegliò alla Legge mistica presente nella sua stessa
vita, comprendendo che essa corrisponde al mondo di Buddità.
Questa Legge, disse, non è altro che Nam-myoho-renge-kyo, e la
diffuse ampiamente. La materializzò infine nel Gohonzon come
punto focale della pratica buddista.
Il Daishonin scrive: «Io, Nichiren, ho iscritto la mia vita in inchio-
stro di sumi, perciò credi profondamente nel Gohonzon. Il volere
del Budda è il Sutra del Loto, ma l’anima di Nichiren non è altro
che Nam-myoho-renge-kyo» (Risposta a Kyo’o, RSND, 1, 365).
Il Gohonzon è dunque un’espressione del mondo di Buddità al qua-
le Nichiren si era risvegliato e che aveva rivelato e incarnato nella sua
vita, cioè la Legge fondamentale di Nam-myoho-renge-kyo.
Dall’alto in basso, al centro del Gohonzon sono iscritte le parole
“Nam-myoho-renge-kyo Nichiren”, perché Nam-myoho-renge-
kyo è la Legge fondamentale per il conseguimento della Buddità,
e il Daishonin è il Budda dell’Ultimo giorno della Legge che
rivelò e insegnò questa Legge a tutte le persone.
12 m at e r i a l e d i st u d i o

• Lo specchio limpido che riflette la propria vita

Da persona comune, Nichiren Daishonin dischiuse e rivelò nella


sua vita il mondo di Buddità (Nam-myoho-renge-kyo), lo stato
vitale supremo che tutte le persone possono aspirare a consegui-
re. Perciò il Daishonin lo concretizzò nella forma di un manda-
la, o oggetto di culto, stabilendo così il modo in cui le persone
comuni possono rendere il proprio innato mondo di Buddità il
fondamento del loro essere. Quando le persone comuni credo-
no nel Gohonzon e pregano davanti a esso, possono immedia-
tamente osservare il mondo di Buddità inerente alla loro vita,
proprio come fece il Daishonin.
Riassumendo: Nichiren Daishonin studiò approfonditamente il
Sutra del Loto, che insegna che tutte le persone possiedono il
mondo di Buddità, e scoprì nelle sue profondità la Legge fonda-
mentale per il conseguimento della Buddità. Rivelò direttamen-
te questa Legge come Nam-myoho-renge-kyo e stabilì il Gohon-
zon come sua concreta espressione per aiutare le persone nella
loro pratica per il conseguimento della Buddità. In questo senso
il Gohonzon si può considerare lo specchio limpido che riflette
il mondo di Buddità presente nelle persone comuni e permette
loro di osservarlo e farlo emergere.

• La Cerimonia nell’aria

Nichiren Daishonin iscrisse il Gohonzon sotto forma di un manda-


la che raffigura la Cerimonia nell’aria descritta nel Sutra del Loto.
Nel creare l’immagine del Gohonzon il Daishonin utilizzò la for-
ma della torre preziosa, che ha un ruolo centrale nella Cerimonia
nell’aria del Sutra del Loto. La raffigurò come Nam-myoho-renge-
kyo, che iscrisse verticalmente al centro del Gohonzon. Afferman-
do: «Nell’Ultimo giorno della Legge, non esiste altra torre preziosa
il gohonzon 13

che gli uomini e le donne che abbracciano il Sutra del Loto» (La
torre preziosa, RSND, 1, 264), chiarisce che la torre preziosa rap-
presenta la vita di coloro che credono nella Legge mistica.
Il Daishonin insegna che Shakyamuni e Molti Tesori, così come
appaiono nella Cerimonia nell’aria, rappresentano il mondo di
Buddità inerente a tutti gli esseri viventi, e che i Bodhisattva della
Terra, guidati dal Bodhisattva Pratiche Superiori e dagli altri, indi-
cano il mondo di bodhisattva, anch’esso innato in tutte le perso-
ne. Alla Cerimonia nell’aria partecipano gli ascoltatori della voce,
gli dèi celesti, le divinità benevolenti e altri esseri. Nel Gohonzon
sono inclusi rappresentanti dei dieci mondi.
Il Daishonin diede forma alla sua Illuminazione nel Gohonzon,
che definisce un “mandala”. Questa parola sanscrita si riferisce
all’immagine di un Budda circondato da coloro che lo ascoltano
predicare e assume quindi anche il significato di “perfettamente
dotato” e “cumulo di benefici”. Il Gohonzon di Nam-myoho-
renge-kyo è perfettamente dotato perché comprende tutti i dieci
mondi, ed è un cumulo di benefici perché possiede tutti i mera-
vigliosi attributi dei dieci mondi.
Il Gohonzon rappresenta lo stato vitale del Budda, che è Nam-
myoho-renge-kyo stesso, eternamente dotato di tutti i dieci mon-
di e degli attributi superiori propri di ciascun mondo. Quando
le persone credono in questo Gohonzon e basano la loro vita su
di esso, consapevoli di essere Nam-myoho-renge-kyo, possono
liberamente e pienamente manifestare i nobili attributi propri di
ciascuno dei dieci mondi inerenti alla loro vita.

• I tremila regni effettivi in un singolo istante di vita

Nonostante le numerose persecuzioni e gli ostacoli che dovet-


te affrontare, mosso dalla compassione di salvare tutte le per-
sone dalla sofferenza, Nichiren Daishonin incarnò da persona
14 m at e r i a l e d i st u d i o

comune la condizione vitale e il comportamento di un Budda.


Il Gohonzon nel quale egli manifestò direttamente il suo stato
vitale di Budda – che aveva fatto emergere dalla sua vita di essere
umano – è un’espressione concreta del principio dei tremila re-
gni in un singolo istante di vita. Perciò il Gohonzon rappresenta
“i tremila regni effettivi in un singolo istante di vita”.
Inoltre, Nichiren Daishonin definì il Gohonzon come il «vessillo
della propagazione del Sutra del Loto» (Il reale aspetto del Gohon-
zon, RSND, 1, 737). Nella Cerimonia nell’aria Shakyamuni af-
fida ai Bodhisattva della Terra la missione di diffondere la Legge
mistica nell’epoca successiva alla sua morte allo scopo di salvare
tutte le persone dalla sofferenza e condurle alla felicità.
Il Gohonzon è l’esempio concreto di questo intento del Budda.
Diffondere la fede nel Gohonzon equivale a diffondere il Sutra
del Loto aprendo la strada a kosen-rufu, l’ampia propagazione
della Legge mistica.

• Abbracciare il Gohonzon è di per sé osservare


la propria mente

Il Sutra del Loto chiarisce che tutte le persone possiedono intrin-


secamente la saggezza e la compassione di un Budda. Insegna che
lo scopo fondamentale dell’avvento di un Budda in questo mondo
è aprire la porta della saggezza del Budda a tutti gli esseri viventi.
In generale, la meditazione, un elemento centrale nella prati-
ca buddista, consiste nel concentrare la propria mente sul far
emergere la saggezza. In particolare ha il significato di “osserva-
re” la propria vita, o mente, sulla base dei princìpi insegnati nelle
scritture buddiste. “Osservare la mente” è una pratica che viene
svolta per conseguire la Buddità.
Osservando profondamente il funzionamento della sua mente,
T’ien-t’ai arrivò a rendersi conto che la sua vita possedeva tutti i
il gohonzon 15

dieci mondi e in tal modo comprese il principio del loro mutuo


possesso. Insegnò la pratica dell’osservazione della mente allo scopo
di aiutare le persone a risvegliarsi alla realtà che la loro vita in ogni
istante è dotata dei tremila regni in un singolo istante di vita.
Per preparare le persone alla pratica dell’osservazione della mente,
T’ien-t’ai elencò una serie di discipline che conducevano le per-
sone a vari gradi di sviluppo e risveglio. Ma erano pratiche molto
difficili, che richiedevano capacità superiori e uno sforzo intenso,
e poche persone riuscivano a “risvegliarsi” con tali metodi.
Nichiren Daishonin impiegò un approccio diverso da quello di
T’ien-t’ai, ricercando un tipo di pratica buddista accessibile a
tutte le persone, che permettesse loro di conseguire la Buddità.
La sua ricerca culminò nell’insegnamento della pratica della reci-
tazione di Nam-myoho-renge-kyo con fede nel Gohonzon come
la strada attraverso la quale ogni persona può raggiungere una
felicità autentica.
Il Gohonzon di Nam-myoho-renge-kyo rivela la vera natura del-
la vita di tutte le persone come dotata dei dieci mondi.
Coloro che credono nel Gohonzon e pregano davanti a esso sono
in grado di osservare i dieci mondi che operano nella propria
vita. Questa è la dottrina secondo la quale abbracciare il Gohon-
zon è di per sé osservare la propria mente.
Ne L’oggetto di culto per l’osservazione della mente il Daishonin
afferma: «Le pratiche di Shakyamuni e le virtù che come conse-
guenza egli ottenne sono tutte contenute nei cinque caratteri di
Myoho-renge-kyo. Se noi crediamo in questi cinque caratteri, ci
saranno garantiti naturalmente gli stessi benefici che come con-
seguenza egli ottenne» (RSND, 1, 325).
17

La fede e la pratica
FEDE PER SUPERARE
G L I O S TA C O L I

Poiché lo scopo della pratica buddista è il conseguimento della


Buddità in questa esistenza, è importante mantenere la fede e
la pratica per tutta la vita. Tuttavia il Buddismo insegna che, se
continuiamo a praticare con perseveranza, sorgeranno imman-
cabilmente ostacoli e difficoltà per impedirci di farlo. Perciò è
cruciale essere preparati a questo e impegnarsi a costruire una
fede che non venga mai scalfita da alcun problema o avversità.
Per quale motivo una persona che abbraccia l’insegnamento cor-
retto incontra ostacoli?
Anzitutto perché credere nell’insegnamento corretto e praticarlo
per manifestare lo stato vitale di Buddità equivale a trasformare
la propria vita al livello più profondo.
Qualsiasi trasformazione o riforma incontra sempre un certo
grado di resistenza, ma la pratica buddista suscita un’opposizio-
ne particolarmente intensa al cambiamento, sia all’interno della
nostra vita sia nelle relazioni con gli altri.
Ciò si può paragonare alle onde prodotte dalla resistenza dell’ac-
qua sullo scafo di una barca in movimento.
Gli impedimenti che sorgono quando pratichiamo il Buddismo
allo scopo di conseguire l’Illuminazione sono classificati come “i
tre ostacoli e i quattro demoni”.
Inoltre il Sutra del Loto insegna che un devoto del Sutra del
18 m at e r i a l e d i st u d i o

Loto, cioè una persona che pratica correttamente e si adope-


ra per diffondere questo insegnamento nell’epoca dell’Ultimo
giorno della Legge, incontrerà l’opposizione dei cosiddetti “tre
potenti nemici”1.
Essi rappresentano le persecuzioni che si verificano ogniqual-
volta ci sono persone che, dopo la morte di Shakyamuni, prati-
cano il Sutra del Loto e si impegnano a diffonderlo ampiamen-
te per permettere a tutte le persone di conseguire la Buddità.

I TRE OSTACOLI E I QUATTRO DEMONI

In Lettera ai fratelli Nichiren Daishonin scrive: «In un passo


dello stesso volume [il quinto volume di Grande concentrazione
e visione profonda di T’ien-t’ai] si legge: “Quando la pratica
progredisce e aumenta la conoscenza, i tre ostacoli e i quattro
demoni emergono in maniera disorientante, facendo a gara per
interferire. […] Non dovete farvi influenzare né spaventare da
loro. Se vi fate influenzare da loro, sarete trascinati nei sentieri
del male. Se vi fate spaventare, vi sarà impedito di praticare
il corretto insegnamento”. Questa spiegazione non si applica
solo a Nichiren, ma è anche una guida per i suoi discepoli.
Imparatela rispettosamente e trasmettetela come verità di fede
alle generazioni future» (RSND, 1, 446). Come afferma questo

1) Nelle Lezioni sull’Apertura degli occhi Daisaku Ikeda scrive: «Per chi vive
nell’Ultimo giorno della Legge, un’epoca caratterizzata da conflitti incessanti
e dalla sfiducia tra gli esseri umani, è difficile accettare il Sutra del Loto, che
insegna l’Illuminazione universale e trasmette il messaggio che tutti gli esseri
viventi sono eguali e degni di rispetto. Le persone dell’Ultimo giorno rifiuta-
no il Sutra del Loto per il semplice fatto che non riescono a comprenderlo, e
arrivano addirittura a nutrire animosità verso i praticanti del Sutra del Loto
che coraggiosamente diffondono questo profondo insegnamento e si impe-
gnano sinceramente per l’autentica Illuminazione delle persone» (Esperia,
pag. 171).
l a f e d e e l a p r at i c a 19

passo, quando crediamo nell’insegnamento buddista corretto e


lo pratichiamo, progredendo nella pratica e approfondendo la
fede, sorgeranno delle funzioni per ostacolare il nostro progres-
so, chiamate “i tre ostacoli e i quattro demoni”.
Nello stesso Gosho il Daishonin spiega dettagliatamente
ognuno dei tre ostacoli e dei quattro demoni: «I tre ostacoli
in questo passo sono: l’ostacolo delle illusioni e dei desideri,
l’ostacolo del karma e l’ostacolo della retribuzione. L’ostacolo
delle illusioni e dei desideri corrisponde agli impedimenti nella
pratica personale che sorgono da avidità, collera, stupidità e
da cose di questo genere; l’ostacolo del karma sono gli impe-
dimenti rappresentati dalla moglie o dai figli, e l’ostacolo della
retribuzione sono gli impedimenti causati dal proprio sovrano
o dai genitori. Dei quattro demoni, le funzioni del re demone
del sesto cielo sono di quest’ultimo tipo» (Lettera ai fratelli,
RSND, 1, 446).

• I tre ostacoli

Nei “tre ostacoli”, la parola “ostacoli” indica le funzioni che in-


tralciano la nostra fede e la nostra pratica: l’ostacolo delle illusioni
e dei desideri, l’ostacolo del karma e l’ostacolo della retribuzione.
L’ostacolo delle illusioni e dei desideri corrisponde alla con-
dizione in cui le illusioni e i desideri, ovvero gli impulsi come
l’avidità, la collera o la stupidità (chiamati “i tre veleni”), ci
impediscono di progredire nella fede e nella pratica.
L’ostacolo del karma riguarda gli impedimenti alla fede e alla
pratica che sono effetto delle azioni negative commesse in questa
vita. Un esempio, citato in Lettera ai fratelli, è l’opposizione da
parte dei familiari, come il coniuge o i figli.
L’ostacolo della retribuzione descrive gli impedimenti alla pra-
tica buddista dovuti alle circostanze difficili nelle quali siamo
20 m at e r i a l e d i st u d i o

nati o in cui viviamo. Esse sono considerate retribuzioni nega-


tive che originano dal cattivo karma creato nelle vite passate.
In Lettera ai fratelli il Daishonin le collega all’opposizione delle
persone al cui volere siamo costretti a sottostare, come il sovra-
no del paese o i propri genitori.

• I quattro demoni

Nell’espressione “quattro demoni”, la parola “demone”2 indica le


funzioni interne alla vita di coloro che credono nel Buddismo e
lo praticano. Queste funzioni ostacolano e privano di forza vitale
la vita delle persone, che di per sé è entità della Legge mistica.
I quattro demoni sono:
1) l’impedimento delle cinque componenti3;
2) l’impedimento delle illusioni e dei desideri;
3) l’impedimento della morte;
4) l’impedimento del re demone.
L’impedimento delle cinque componenti sorge dalla disarmonia
fra le funzioni del corpo e della mente dei praticanti, cioè delle
loro “cinque componenti”.
L’impedimento delle illusioni e dei desideri si riferisce all’appari-
zione nella vita di pulsioni come l’avidità, la collera e la stupidità
che operano per distruggere la fede.
L’impedimento della morte si verifica quando la pratica di una
persona viene interrotta dalla morte. Inoltre possiamo dire di es-
sere stati sconfitti dal demone o impedimento della morte anche

2) Nel Dizionario del Buddismo il termine “demone” indica «quelle funzioni o


influenze negative che privano le persone di felicità o forza vitale e ne offuscano
la corretta capacità di giudizio» (pag. 137).
3) Cinque componenti (o cinque aggregati): gli elementi costitutivi di forma,
percezione, concezione, volizione e coscienza che si uniscono temporaneamente
per formare il singolo essere vivente.
l a f e d e e l a p r at i c a 21

quando la morte di una altro praticante o di una persona vicina


a noi ci fa dubitare della pratica buddista.
Infine c’è l’impedimento del re demone. “Re demone” è un’ab-
breviazione per “Re demone del Cielo in cui si gode liberamente
delle creazioni illusorie degli altri”, cioè il re che sfrutta a suo
piacimento i frutti degli sforzi altrui per il proprio piacere. Viene
chiamato anche “re demone del sesto cielo” e nel Buddismo co-
stituisce la funzione demoniaca fondamentale.
Nichiren Daishonin afferma che «l’oscurità fondamentale si
manifesta come re demone del sesto cielo» (Curare la malattia,
RSND, 1, 988).
Ciò significa che questa funzione demoniaca è qualcosa che
emerge dall’illusione fondamentale inerente alla vita stessa. Si
rivela in diverse forme e impiega vari mezzi per perseguitare e
opprimere coloro che praticano correttamente il Buddismo. Nel-
la sua forma più tipica si manifesta nella vita di persone di potere
che hanno una forte influenza sui praticanti.

• Il saggio si rallegrerà, mentre lo stolto indietreggerà

È chiaro dunque che nel corso della pratica buddista emergeran-


no ostacoli e difficoltà per impedirci di andare avanti. Tuttavia
è importante essere consapevoli che le illusioni e i desideri come
l’avidità, la collera e la stupidità, oppure i coniugi, i partner, i fi-
gli, i genitori, il nostro corpo, la nostra mente e persino la morte
non sono di per sé ostacoli e demoni. Svolgono questa funzione
a causa della debolezza della nostra forza vitale che fa sì che ne
veniamo influenzati negativamente.
Persino il Budda Shakyamuni poté conseguire l’Illuminazione
riconoscendo lucidamente che le varie illusioni, che sorgevano
dalla sua mente, erano funzioni demoniache che cercavano di
impedirgli di raggiungere il suo scopo.
22 m at e r i a l e d i st u d i o

Per noi la chiave per sconfiggere le funzioni demoniache è svilup-


pare una fede così forte da non farsi influenzare da niente.
A questo proposito Nichiren Daishonin afferma: «Si verifica
sempre qualcosa fuori dal comune all’alzarsi e all’abbassarsi delle
maree, al comparire e scomparire della luna, al passaggio dalla
primavera all’estate, dall’estate all’autunno e all’inverno; lo stesso
avviene quando una persona comune consegue la Buddità. In
quel momento i tre ostacoli e i quattro demoni invariabilmente
appariranno: il saggio si rallegrerà, mentre lo stolto indietreg-
gerà» (I tre ostacoli e i quattro demoni, RSND, 1, 568).
Quando i tre ostacoli e i quattro demoni appaiono è essenziale
avere la convinzione che proprio quello è il momento in cui si
può compiere un grande passo avanti verso il conseguimento
della Buddità e, in quanto persone sagge che gioiscono davanti a
tali difficoltà, perseverare nella fede e superarle.

• I tre potenti nemici

Il tredicesimo capitolo del Sutra del Loto “Esortazione alla de-


vozione” descrive in una sezione di venti versi i tre tipi di po-
tenti avversari che perseguiteranno coloro che si impegnano per
diffondere gli insegnamenti del Sutra nell’Ultimo giorno della
Legge, definiti i tre potenti nemici: 1) laici arroganti; 2) preti o
monaci arroganti e 3) falsi santi arroganti.
Sono chiamati tutti “arroganti” perché mostrano varie forme di
altezzosità e disprezzo, ritenendosi superiori alle altre persone.
1) I laici arroganti sono persone ignoranti di Buddismo che per-
seguitano i praticanti del Sutra del Loto. Il sutra spiega che essi
insulteranno i praticanti, li malediranno e parleranno male di
loro, e li attaccheranno armati di spade e bastoni.
2) I monaci arroganti sono membri del clero buddista che offen-
dono i praticanti del Sutra del Loto. A causa della loro scarsa ca-
l a f e d e e l a p r at i c a 23

pacità di comprensione e del loro cuore distorto non riescono ad


afferrare la verità degli insegnamenti buddisti. Tuttavia si attac-
cano alle proprie idee e credenze, ritenendosi superiori agli altri
e perseguitando coloro che abbracciano l’insegnamento corretto.
3) I falsi santi arroganti sono monaci o preti dall’apparenza ri-
spettabile che le persone considerano come santi.
Di solito vivono separati dagli altri e, consumati dall’avidità e
dal desiderio di profitto, nutrono animosità nei confronti dei
praticanti del Sutra del Loto e cercano modi per danneggiarli
o ingannarli. La loro tattica di solito consiste nell’avvicinare i
governanti, gli alti funzionari o comunque persone di potere, e
formulare false accuse sui praticanti, dicendo per esempio che
diffondono idee sbagliate, cercando di farli perseguitare.
Il Sutra del Loto descrive la condizione di qualcuno la cui mente
è caduta sotto questa influenza nella frase: «Demoni malvagi si
impossesseranno di altre persone» (SDL, 272). E insegna che
nell’Ultimo giorno della Legge coloro che praticano il Sutra del
Loto saranno ripetutamente assaliti e scacciati dalle persone che
hanno ceduto a questi impulsi malvagi.
Fu proprio a causa del suo impegno costante nel diffondere il
Sutra del Loto che Nichiren Daishonin subì le persecuzioni su-
scitate dai tre potenti nemici, proprio come predice il Sutra, e
ciò dimostra che egli è il devoto del Sutra del Loto nell’Ultimo
giorno della Legge.

TRASFORMARE IL PROPRIO KARMA

Nella vita incontriamo vari tipi di problemi e sofferenze, alcuni


dei quali sono effetti evidenti di azioni e scelte da noi compiute
in questa vita. Ma vi sono anche problemi di cui non sappiamo
identificare la causa, rispetto ai quali potremmo pensare: «Non
ho fatto niente di male. Come mai devo soffrire così?».
24 m at e r i a l e d i st u d i o

Dal punto di vista del Buddismo possiamo considerare questo


tipo di sofferenza come un effetto che si manifesta in questa vita
a causa di azioni negative compiute nelle esistenze passate. Que-
sto è chiamato il principio del karma.
La parola “karma” deriva da un termine sanscrito che significa
“azione”. Le azioni compiute nelle vite passate, che hanno il po-
tere di influenzare la nostra felicità o infelicità in questa vita, co-
stituiscono il nostro “karma dalle vite passate” o destino. Sebbe-
ne il karma possa essere sia buono che cattivo, di solito il termine
è riferito al cattivo karma, cioè all’accumulo nel passato di cause
negative che produce come effetto la sofferenza nel presente.
Il Buddismo parla delle “tre esistenze della vita” e di “causa
ed effetto attraverso le tre esistenze”, esprimendo una visione
che non è limitata all’esistenza presente, ma è un continuum
che si estende dal passato al presente e al futuro. Le azioni
compiute nelle esistenze passate sono cause che si manifestano
come effetti nell’esistenza presente, e le azioni che compiamo
nel presente sono cause che produrranno effetti nelle esistenze
future. Se una persona ha posto cause negative in passato, ne
sperimenterà gli effetti in questa vita sotto forma di sofferenza,
mentre se ha posto buone cause nelle vite passate, gli effetti
positivi in questa vita si manifesteranno come fortuna, pace e
felicità.
Questa è una descrizione della legge generale di causalità esposta
dal Buddismo, che è alla base del concetto di karma.
Secondo questa visione, tuttavia, anche se dovessimo prendere
coscienza delle cause della nostra attuale sofferenza, potremmo
fare ben poco per risolverla in questa vita, perché fin quando
permangono le cause poste nel passato, continuiamo a prova-
re sofferenza. Inoltre, queste cause verrebbero trasformate solo
dopo aver prodotto i loro effetti.
In tal caso, tutto ciò che potremmo fare sarebbe aspettare che
l a f e d e e l a p r at i c a 25

le cause negative, una dopo l’altra, producano i loro effetti, fino


a esaurirle tutte, facendo attenzione a non produrre altre cause
negative nel frattempo; ma questo processo richiederebbe innu-
merevoli vite.
Dunque questa visione del karma ci offre ben poche speranze di
migliorare la nostra vita e, peggio, potrebbe indurci semplice-
mente a rassegnarci al nostro destino.
In contrasto con questa visione, Nichiren Daishonin ci insegna
come trasformare il nostro karma in questa vita. In Lettera da
Sado afferma che le grandi persecuzioni che stava subendo non
potevano essere attribuite alla legge generale di causa ed effetto
esposta nel Buddismo, ma piuttosto alle offese nei confronti del
Sutra del Loto e dei suoi praticanti da lui stesso commesse nelle
esistenze precedenti. «Tuttavia le mie sofferenze non sono ascri-
vibili a questa legge causale. Nel passato ho disprezzato i devoti
del Sutra del Loto, ho anche messo in ridicolo, ora esaltandolo
ora denigrandolo, il Sutra del Loto» (RSND, 1, 270).
In questo passo il Daishonin afferma che offendere o disprezzare
il Sutra del Loto – cioè commettere “l’offesa verso l’insegnamen-
to corretto”4 – è la causa negativa più forte che si possa porre.
Il Sutra del Loto racchiude il nucleo essenziale del messaggio del
Buddismo secondo cui tutte le persone possono conseguire la
Buddità e sono degne di rispetto, e bisogna impegnarsi per rea-
lizzare la felicità propria e degli altri. Per tale ragione offendere il
Sutra del Loto equivale a disprezzare o negare il vero potenziale
e la dignità degli esseri umani; rappresenta quindi il male fon-

4) Ne Il mondo del Gosho Daisaku Ikeda scrive: «In sostanza offendere la Legge
significa non credere, dubitare dell'esistenza della natura di Budda in noi e negli
altri. Questo dubbio è la causa fondamentale che impedisce al mondo di Buddi-
tà di emergere e che genera vari tipi di karma negativo. Sradicare questo dubbio
e far emergere il mondo di Buddità è la legge causale più importante che rende
possibile cambiare il karma» (Esperia, pag. 455).
26 m at e r i a l e d i st u d i o

damentale, che dà origine a ogni sorta di causa negativa. Secon-


do il Daishonin possiamo ottenere uno stato vitale di autentica
felicità in questo mondo se smettiamo di commettere il male
fondamentale di non credere nell’insegnamento corretto e di
offenderlo, e invece realizziamo il bene fondamentale creden-
do in esso, proteggendolo e diffondendolo. Così, sostituendo la
massima causa negativa con la massima causa positiva, anche il
conseguente risultato si trasformerà in senso positivo. L’essenzia-
le, per questa trasformazione, è la recitazione di Nam-myoho-
renge-kyo.
A proposito della frase: «Tutte le colpe, come brina e rugiada,
potranno sciogliersi al sole della saggezza» (SDL, 465) che si tro-
va nel Sutra di Virtù Universale, l’epilogo del Sutra del Loto, il
Daishonin afferma: «“Tutte le colpe” sono impedimenti karmici
[…] e questi sono come brina o rugiada. Perciò, benché essi esi-
stano, possono essere dissolti dal sole della saggezza. Il sole della
saggezza è Nam-myoho-renge-kyo» (Raccolta degli insegnamenti
orali, cfr. BS, 124, 50).
Se crediamo nel Gohonzon e ci impegniamo a recitare Nam-
myoho-renge-kyo per la felicità nostra e degli altri, faremo sor-
gere il sole della Buddità nella nostra vita dissolvendo il karma
negativo di molte vite passate, come brina o rugiada al sole.

ALLEGGERIRE LA RETRIBUZIONE KARMICA

Pur impegnandoci nella nostra pratica buddista, non saremo mai


completamente liberi dalle difficoltà della vita. Nel corso delle
nostre lotte per kosen-rufu sorgeranno numerosi ostacoli e im-
pedimenti. Il Daishonin spiega che incontrare tali avversità ci
permette di trasformare il nostro karma, ed è quindi un benefi-
cio della pratica buddista, definito “alleggerimento della retribu-
zione karmica”. Il concetto di “alleggerimento della retribuzione
l a f e d e e l a p r at i c a 27

karmica” è spiegato come segue. Il karma pesante che deriva dal-


le cause negative commesse nelle vite passate crea pesanti soffe-
renze non solo nella vita presente, ma anche in quelle future.
Il potere benefico della nostra pratica buddista – che consiste nel
credere nell’insegnamento corretto e nell’adoperarsi per diffon-
derlo – ci permette di ricevere gli effetti di tali cause negative in
questa esistenza attuale, e in forma alleggerita.
In questo modo è possibile trasformare in una sola esistenza tut-
to il karma negativo creato dall’infinito passato.
Riguardo al principio dell’alleggerimento della retribuzione kar-
mica, il Daishonin afferma: «Le sofferenze dell’inferno svaniran-
no immediatamente» (Alleggerire la retribuzione karmica, RSND,
1, 173). Nel momento in cui trasformiamo il karma negativo, ci
liberiamo da sofferenze peggiori in questa esistenza e in quelle fu-
ture. In questa prospettiva le avversità che incontriamo diventano
preziose opportunità per liberarci dal karma negativo e temprare la
nostra vita. A tal proposito, il Daishonin scrive: «Una bella spada
si ottiene battendo il ferro incandescente. I santi e i saggi sono
messi alla prova dagli insulti. Il mio attuale esilio non è dovuto ad
alcun crimine mondano; è per permettermi di espiare in questa
esistenza le mie gravi offese passate ed essere libero dai tre cattivi
sentieri nell’esistenza futura» (Lettera da Sado, RSND, 1, 269).

ASSUMERE VOLONTARIAMENTE
IL KARMA APPROPRIATO

Coloro che perseverano nella fede anche di fronte alle difficol-


tà trasformano il proprio karma, e in questo modo daranno un
nuovo significato alla loro vita. A questo proposito il Sutra del
Loto spiega il principio di “assumere volontariamente il karma
appropriato” [per adempiere il proprio voto di kosen-rufu].
Gli esseri viventi nascono in un particolare tempo e luogo in
28 m at e r i a l e d i st u d i o

virtù di due diversi tipi di cause: in accordo con i loro desideri e


il loro voto, o come risultato del karma.
In generale, il Buddismo spiega che i bodhisattva nascono in
questo mondo animati dal desiderio di adempiere il loro voto,
mentre le persone comuni nascono nelle circostanze presenti
come effetto del loro karma.
In particolare, il Sutra del Loto spiega che i bodhisattva, che han-
no accumulato un’immensa fortuna con la loro pratica buddista
nelle vite passate, rinunciano volontariamente alle ricompense
per le loro azioni pure e scelgono invece di nascere in questo
mondo impuro e pieno di malvagità.
Questo perché provano compassione per gli esseri viventi e desi-
derano salvarli dalla sofferenza, e di conseguenza anche loro in-
contreranno sofferenze, proprio come le persone comuni che na-
scono in questo mondo malvagio a causa del loro cattivo karma.
Se assumiamo questo punto di vista, le avversità che incontria-
mo assumono un significato nuovo. Poiché siamo persone che
superano i problemi attraverso la fede, possiamo considerare la
nostra vita in questo mondo malvagio e le sofferenze che sop-
portiamo non come l’effetto del nostro cattivo karma, ma come
un’opportunità per adempiere al nostro voto di bodhisattva di
condurre le persone alla felicità.
Condividendo le sofferenze degli altri come se fossero le nostre,
possiamo mostrare con il nostro esempio come superarle. Ri-
ferendosi a coloro che vivono in base a questo principio di “as-
sumere volontariamente il karma appropriato [per adempiere il
proprio voto di kosen-rufu]”, il presidente Ikeda osserva: «Tutti
abbiamo il nostro karma o destino. Ma quando lo guardiamo
dritto in faccia e ne cogliamo il vero significato, allora ogni av-
versità può aiutarci a condurre una vita più ricca e profonda.
Le azioni che compiamo per trasformare il nostro destino di-
ventano un esempio e una fonte d’ispirazione per innumerevoli
l a f e d e e l a p r at i c a 29

altre persone. Quando trasformiamo il nostro karma in missione


trasformiamo il ruolo che svolge il nostro destino, da negativo
a positivo. Chi trasforma il proprio karma in missione è una
persona che ha “volontariamente assunto il karma appropriato”.
Perciò, chi continua ad avanzare considerando qualsiasi cosa
come parte della propria missione, sta procedendo verso la tra-
sformazione del proprio destino» (Il mondo del Gosho, Esperia
2015, pag. 461).
31

La storia
della Soka Gakkai
KOSEN-RUFU MONDIALE
E LA SOKA GAKKAI

Il Sutra del Loto è la scrittura che chiarisce l’intento del Budda


Shakyamuni, il vero scopo dei suoi insegnamenti. L’intento del
Budda era che tutte le persone facessero emergere la saggezza
della Buddità, da sempre esistente dentro di loro, e creassero una
condizione di felicità indistruttibile per sé e per gli altri, ponen-
do le basi della pace in tutto il mondo.
Nel Sutra del Loto sono chiamati bodhisattva del vero insegna-
mento mahayana coloro che si adoperano per realizzare concreta-
mente l’intento del Budda, lottando contro ogni sorta di ostacoli
per raggiungere una trasformazione profonda nella loro vita e in
quella degli altri. Questi bodhisattva, insegna il sutra, appaiono
dopo la morte di Shakyamuni in un’epoca chiamata Ultimo gior-
no della Legge e diffondono il Sutra del Loto in tutto il mondo
realizzando così lo scopo del Budda. Questo processo si chiama
kosen-rufu, l’ampia propagazione dell’insegnamento del sutra.
I bodhisattva che si fanno carico di questa missione sono chia-
mati Bodhisattva della Terra.
La guida dei Bodhisattva della Terra che appare nel Sutra del Loto
è il Bodhisattva Pratiche Superiori. Nichiren Daishonin, risve-
gliandosi alla sua missione svolse il ruolo del Bodhisattva Pratiche
Superiori nell’Ultimo giorno della Legge, facendo proprio il gran-
de desiderio, o voto, di kosen-rufu descritto nel sutra, la volontà e
32 m at e r i a l e d i st u d i o

il mandato del Budda. Si alzò per realizzare concretamente quella


volontà e istituire l’insegnamento e la pratica fondamentale per
liberare tutte le persone e la società dalla sofferenza. Per questa
ragione è chiamato il Budda dell’Ultimo giorno della Legge.
Oggi la Soka Gakkai ha ereditato e sta portando avanti lo spirito
del Daishonin con la profonda determinazione di realizzare la
sua missione di kosen-rufu mondiale, continuando a perseverare
con impegno verso la concretizzazione di questo scopo.
I maestri che hanno fermamente stabilito la pratica, la consape-
volezza e la determinazione per realizzare kosen-rufu nei tempi
moderni sono i primi tre presidenti della Soka Gakkai: il primo,
Tsunesaburo Makiguchi, il secondo, Josei Toda e il terzo, Dai-
saku Ikeda (che attualmente è presidente onorario della Soka
­Gakkai e presidente della SGI). Insieme sono rispettati come i
tre presidenti fondatori. Spesso ci riferiamo a loro con il cogno-
me seguito dal titolo onorifico sensei (maestro).

L’EPOCA DEL PRIMO PRESIDENTE


TSUNESABURO MAKIGUCHI

La Soka Gakkai ha origine dalla relazione maestro-discepolo fra


il primo presidente, Tsunesaburo Makiguchi, e il secondo presi-
dente, Josei Toda, entrambi educatori.
Tsunesaburo Makiguchi nacque il 6 giugno 1871 nel villaggio di
Arahama, nell’attuale città di Kashiwazaki, prefettura di Niigata
(sulle coste del Giappone).
Appena adolescente si trasferì nello Hokkaido, la più a nord del-
le quattro isole principali che compongono il Giappone, dove fu
affidato alle cure di un parente.
Continuò a studiare mentre lavorava e alla fine fu ammesso alla
Scuola normale dello Hokkaido (l’attuale Università dell’educa-
zione dello Hokkaido). Dopo la laurea diventò maestro di scuo-
la storia della soka gakkai 33

la elementare e nel 1901 si trasferì a Tokyo portando con sé il


manoscritto della sua prima opera Jinsei Chirigaku (La geografia
della vita umana), che fu pubblicata nel 1903. In seguito ricoprì
la carica di preside in varie scuole elementari di Tokyo.
Josei Toda nacque l’11 febbraio 1900 nel villaggio di Shioya, nell’at-
tuale città di Kaga, prefettura di Ishikawa (sempre sulle coste giap-
ponesi). Attorno al 1902 la sua famiglia si spostò nel villaggio di
Atsuta, che attualmente fa parte della municipalità di Ishikari, nello
Hokkaido. Dopo aver conseguito il diploma elementare e quello
elementare superiore (che equivale all’incirca ad aver finito le scuo-
le medie) nel 1914, studiò da autodidatta mentre lavorava e alla
fine ricevette l’abilitazione all’insegnamento e iniziò la carriera di
maestro di scuola elementare nella città di Yubari, nello Hokkaido.

• L’incontro fra maestro e discepolo

Sin da allora Toda cercava un maestro di vita; quando si recò in vi-


sita a Tokyo incontrò Makiguchi, che era diventato preside di una
scuola elementare, e fra loro vi fu un’intesa immediata. Makiguchi
aveva quarantotto anni e Toda diciannove. Ben presto il maestro
Toda iniziò a insegnare in quella scuola, considerando Makiguchi
come suo maestro e sostenendolo in ogni modo possibile.
[Dopo il trasferimento a Tokyo, Toda, pur continuando a lavo-
rare si iscrisse alle classi serali dell’Istituto superiore Kaisei e poi
dell’Università Chuo, n.d.r.].

• La fondazione della Soka Kyoiku Gakkai

Come educatore impegnato sul campo nella scuola primaria, il


maestro Makiguchi nutriva la speranza e il voto di mettere in
grado ogni bambino di creare la propria felicità personale e di-
ventare un membro autonomo della società. Fu con questi obiet-
34 m at e r i a l e d i st u d i o

tivi che si dedicò all’elaborazione del suo metodo educativo.


Makiguchi si immerse profondamente nella ricerca e formulò
una teoria del valore che potesse costituire il fondamento della
sua pedagogia, che in seguito avrebbe elaborato in maniera si-
stematica. Nel corso delle sue ricerche incontrò il Buddismo di
Nichiren Daishonin e si rese conto che esso esponeva proprio
i princìpi e la pratica fondamentale per realizzare quel tipo di
trasformazione della vita che avrebbe portato alla creazione di
valore nella società umana. Nel 1928 si convertì al Buddismo
del Daishonin e divenne membro della Nichiren Shoshu – una
scuola buddista che derivava i suoi insegnamenti dal lignaggio
dottrinale di Nikko Shonin, discepolo diretto e successore del
Daishonin. All’epoca aveva cinquantasette anni.
Makiguchi descrive così i suoi sentimenti subito dopo la conversione
al Buddismo del Daishonin: «Con una gioia indescrivibile cambiai
completamente il modo in cui avevo vissuto per quasi sessant’anni».
Come si intuisce da questa affermazione, egli adottò l’insegna-
mento del Daishonin come principio di vita e si dedicò a esso
considerandolo una potente fonte di energia per creare valore e
ottenere risultati concreti nella società e nella vita quotidiana.
Parlando delle motivazioni della sua conversione, Makiguchi rac-
conta: «Quando incontrai il Sutra del Loto, capii che i suoi inse-
gnamenti non contraddicono in alcun modo i princìpi della filo-
sofia e della scienza che sono alla base della nostra vita quotidiana».
Quello stesso anno Toda seguì il suo maestro e prese fede nel
Buddismo del Daishonin.
Il 18 novembre 1930 Makiguchi pubblicò il primo volume del
suo Soka Kyoikugaku Taikei (Il sistema educativo per la creazio-
ne di valore, parzialmente tradotto in italiano come L’educazione
creativa). Quest’opera, nella quale sviluppò in maniera sistemati-
ca la sua visione dell’educazione, doveva essere la prima di dodici
volumi (dei quali alla fine ne furono pubblicati quattro).
la storia della soka gakkai 35

Il suo discepolo Toda contribuì personalmente a finanziare la


pubblicazione e collaborò in ogni aspetto alla sua realizzazione,
revisionando gli appunti di Makiguchi, organizzandoli in un
manoscritto e dividendone il contenuto in capitoli.
La nota tipografica del libro riportava il nome di Tsunesaburo Ma-
kiguchi come autore, di Josei Toda come editore e stampatore e della
Soka Kyoiku Gakkai (Società educativa per la creazione di valore,
antesignana della Soka Gakkai) come casa editrice. Fu la prima volta
che apparve in pubblico il nome della Soka Kyoiku Gakkai, e per
tale ragione il giorno della pubblicazione dell’opera, il 18 novembre,
viene celebrato come giorno della fondazione della Soka Gakkai.
[Come verrà spiegato in seguito, dopo la quasi completa distru-
zione della Soka Kyoiku Gakkai a opera del governo militarista,
Toda la ricostruì e la chiamò Soka Gakkai, n.d.r.].
“Soka” significa “creazione di valore”. Lo scopo dell’educazione,
e lo scopo della vita, è la ricerca della felicità, e il nome “Soka”
esprime l’idea di Makiguchi che la creazione di valore è essenzia-
le per costruire la felicità.
L’idea di impiegare la parola “Soka” sorse durante un dialogo fra
questi due educatori innovatori. Dunque si può dire che la na-
scita della Soka Gakkai fu la cristallizzazione dell’unità spirituale
di maestro e discepolo.

• Una pratica buddista direttamente collegata


a Nichiren Daishonin

Così la Soka Kyoiku Gakkai nacque dal legame di maestro e


discepolo e gradualmente la sua struttura organizzativa divenne
più definita e iniziò a svilupparsi.
In origine era un’associazione di educatori interessati ai princìpi
dell’educazione per la creazione di valore, ma in seguito inizia-
rono ad aderire anche non educatori e la Soka Kyoiku Gakkai
36 m at e r i a l e d i st u d i o

divenne un gruppo per la pratica del Buddismo di Nichiren Dai-


shonin, la fonte di energia per la creazione di valore.
Sebbene fosse un’associazione di praticanti laici della scuola bud-
dista Nichiren Shoshu, la Soka Kyoiku Gakkai conduceva le sue
attività in maniera completamente diversa dalle associazioni lai-
che già esistenti legate alla Nichiren Shoshu. Ognuna di queste,
infatti, era affiliata a un tempio locale e operava sotto la guida
del prete a capo di quel tempio. La Soka Kyoiku Gakkai invece
operava indipendentemente, sotto la guida del presidente Maki-
guchi e del direttore generale Toda, e non dipendeva dai preti per
le sue attività di gestione o per le guide in materia di fede.
Non promuoveva un tipo di pratica buddista che obbligava a
visitare i templi o a partecipare a cerimonie quali funerali o cele-
brazioni, come nel caso della maggior parte delle scuole buddiste
giapponesi, compresa la Nichiren Shoshu. Era invece una pratica
aperta a tutti che mirava a far sì che ogni persona realizzasse con-
cretamente la propria felicità in mezzo alle difficoltà della vita
reale e contribuisse alla pace e alla prosperità della società.
Attraverso gli zadankai e i viaggi dei responsabili in varie zone
del Giappone per offrire guide e incoraggiamenti nella fede, la
Soka Kyoiku Gakkai iniziò a crescere costantemente fino a con-
tare circa tremila membri.

• La sfida al militarismo giapponese

Il governo militarista, nella sua sconsiderata corsa alla ricerca di


un sostegno sempre maggiore alla guerra, impiegò come base
spirituale lo Shintoismo di Stato, mirando a far sì che tutto il
popolo giapponese si uniformasse forzatamente a esso. Così gli
zadankai della Soka Kyoiku Gakkai e altre attività furono poste
sotto la sorveglianza della Polizia speciale, che era incaricata di
investigare sui cosiddetti crimini ideologici.
la storia della soka gakkai 37

A quell’epoca il governo spingeva i cittadini a visitare i santuari


shintoisti per pregare e a custodire e venerare i talismani della
Dea del Sole, la mitica progenitrice della stirpe imperiale. Nel
giugno 1943 i preti della Nichiren Shoshu, temendo la repres-
sione del governo, formularono alla Soka Kyoiku Gakkai la se-
guente richiesta: «Perché non accettate il talismano shintoista?».
Questa domanda fu rivolta direttamente al maestro Makiguchi,
alla presenza del patriarca.
Accettare, come aveva fatto la Nichiren Shoshu, la richiesta del
governo di custodire il talismano della Dea del Sole equivaleva
a rendersi complici di offesa alla Legge (offesa all’insegnamento
buddista corretto). Era una violazione degli insegnamenti di Ni-
chiren Daishonin e del suo successore Nikko Shonin, da cui la
Nichiren Shoshu affermava di discendere.
Makiguchi rifiutò tassativamente di accettare il talismano shintoista
e la Soka Kyoiku Gakkai persistette nell’abbracciare gli insegnamen-
ti del Daishonin e ammonire severamente l’offesa alla Legge.
Il 6 luglio, mentre era in visita a Shimoda, presso Izu, nella pre-
fettura di Shizuoka, il maestro Makiguchi fu preso in custodia
dai funzionari della Polizia speciale. Josei Toda, che si trovava a
Tokyo, fu arrestato lo stesso giorno. In seguito anche ventuno re-
sponsabili della Soka Kyoiku Gakkai furono arrestati per sospet-
ta lesa maestà (il crimine di violare la dignità dell’imperatore) e
violazione della Legge per la preservazione della pace.
Tutti gli imputati furono sottoposti a interrogatori con metodi
coercitivi e la maggior parte di loro abbandonò la fede. Alla fine
solo Makiguchi e il suo fidato discepolo Toda mantennero la
fede. Makiguchi cercò persino di spiegare gli insegnamenti del
Buddismo di Nichiren Daishonin agli accusatori e ai giudici che
lo interrogavano. Sia Makiguchi sia Toda si rifiutarono di cede-
re alle pressioni delle autorità e perseverarono nell’abbracciare i
princìpi corretti del Buddismo.
38 m at e r i a l e d i st u d i o

Il 18 novembre 1944, all’età di settantatré anni, Makiguchi morì


nel centro di detenzione di Tokyo a causa della malnutrizione e
degli effetti delle rigide condizioni carcerarie sulla sua età avan-
zata. Il giorno della sua morte coincise proprio con l’anniversario
della fondazione della Soka Gakkai.
Fino alla fine della sua esistenza egli visse e praticò come insegna
il Daishonin nei suoi scritti, senza esitare di mettere a repentaglio
la vita per questo. Fu un nobile pioniere che fece rivivere in tempi
moderni lo spirito del Daishonin della propagazione della Legge
mistica per condurre le persone dalla sofferenza alla felicità.

• Il risveglio in carcere di Toda

Josei Toda, mentre era in prigione, oltre a recitare assiduamen-


te Daimoku, all’inizio del 1944 cominciò a leggere il Sutra del
Loto e a meditare profondamente su di esso. Nel corso di que-
sto processo si risvegliò alla consapevolezza che “il Budda è la
vita stessa”.
Mentre continuava a recitare Daimoku immerso in profonda
contemplazione, Toda acquisì la consapevolezza di essere un Bo-
dhisattva della Terra, presente alla Cerimonia nell’aria descritta
nel Sutra del Loto, a cui era stata affidata l’ampia propagazione
dell’insegnamento del sutra nell’epoca successiva alla morte del
Budda Shakyamuni.
Così, nel novembre del 1944, risvegliò in sé questa profonda
convinzione: «Io, Toda, sono un Bodhisattva della Terra la cui
missione è realizzare kosen-rufu».
Attraverso questo profondo risveglio in carcere, il maestro Toda
sviluppò un’incrollabile convinzione negli insegnamenti del
Buddismo del Daishonin e decise che la sua personale missione
era assicurare la loro propagazione in tutto il mondo. Il risveglio
di Toda in carcere diventò la fonte di ispirazione primaria per
la storia della soka gakkai 39

la rinascita del Buddismo nell’epoca moderna e per l’energico


sviluppo della Soka Gakkai come gruppo religioso dedito alla
realizzazione di kosen-rufu.
Durante il servizio funebre per Makiguchi, dopo la guerra, Toda
si rivolse idealmente al suo defunto maestro con queste parole:
«Nella tua vasta e infinita compassione mi hai permesso di ac-
compagnarti persino in prigione. […] Così ho potuto leggere
con tutto il mio essere il passo del Sutra del Loto che dice: “Le
persone che avevano udito la Legge dimorarono in varie terre del
Budda, rinascendo di continuo insieme ai loro maestri” (SDL,
203). Ho ottenuto il beneficio di conoscere la mia precedente
esistenza di Bodhisattva della Terra e ho potuto comprendere
con la vita una piccola parte del significato del sutra. Può esserci
una felicità più grande di questa?» (NRU, vol. 17, pag. 12).
Questo passo tratto dal settimo capitolo del Sutra del Loto “La
parabola della città fantasma” insegna che il legame fra maestro
e discepolo è tale che essi rinasceranno sempre insieme in una
terra del Budda, in un luogo in cui si impegneranno per salvare
le persone dalla sofferenza.
Mentre la maggior parte di coloro che furono perseguitati dalle
autorità abbandonarono la fede, le parole di Toda esprimono un
sincero apprezzamento per il suo maestro e la determinazione di
ripagare il debito di gratitudine nei suoi confronti in qualsiasi
circostanza.
In esse possiamo percepire la forza di questo legame fra maestro
e discepolo.

L’EPOCA DEL SECONDO PRESIDENTE


JOSEI TODA

Il 3 luglio 1945 Josei Toda uscì di prigione dopo due anni in


isolamento e si alzò per portare avanti la volontà del suo maestro
40 m at e r i a l e d i st u d i o

Tsunesaburo Makiguchi, la realizzazione di kosen-rufu. Come


direttore generale della Soka Gakkai iniziò immediatamente a
ricostruire l’organizzazione.
La popolazione giapponese versava nella più profonda dispe-
razione a causa della devastazione arrecata dal secondo con-
flitto mondiale e della situazione caotica del dopoguerra. Lo
Shintoismo di Stato che era stato imposto al popolo veniva
ora ripudiato insieme ad altre credenze e valori propugnati dal
governo militarista, ma non vi erano nuove fonti di speranza a
cui rivolgersi.
Il maestro Toda era convinto che solo il Buddismo di Nichi-
ren Daishonin fosse un riferimento spirituale così potente da far
riemergere le persone dalla sofferenza e dalla confusione, per-
ciò diede inizio alla sua impresa animato dal grande desiderio,
o voto, di diffonderne ampiamente gli insegnamenti. Lo scopo
dell’organizzazione non si sarebbe limitato alla riforma dell’edu-
cazione ma si sarebbe ampliato alla realizzazione di kosen-rufu,
cioè la pace nel mondo e la felicità di ogni persona. In linea con
questo obiettivo egli ne cambiò il nome da Soka Kyoiku Gakkai
(Società educativa per la creazione di valore) a Soka Gakkai (So-
cietà per la creazione di valore), e ricominciò a tenere gli zadan-
kai e a recarsi nelle regioni più lontane per dare guide nella fede.

• L’incontro fra maestro e discepolo:


Josei Toda e Daisaku Ikeda si conoscono

Nel 1947 il maestro Toda conobbe il giovane Daisaku Ikeda, che


in seguito sarebbe diventato il terzo presidente della Soka Gakkai
(oggi presidente della Soka Gakkai Internazionale).
Ikeda nacque nel distretto di Omori, nel quartiere Ota di Tokyo,
il 2 gennaio 1928.
Trascorse l’infanzia e l’adolescenza tra due guerre: la seconda
la storia della soka gakkai 41

guerra sino-giapponese1 (1937), scoppiata quando lui aveva


nove anni, e la guerra del Pacifico contro gli Stati Uniti (1941)
durante il secondo conflitto mondiale, iniziata quando ne aveva
tredici.
I suoi quattro fratelli maggiori, nel fiore degli anni, furono tutti
chiamati alle armi e inviati al fronte. Per contribuire al sostegno
della famiglia, Ikeda lavorava in una fabbrica di munizioni. Af-
fetto da tubercolosi, trascorse la sua prima giovinezza nella ma-
lattia, e ciò lo spinse a riflettere profondamente sulla questione
della vita e della morte.
Quando il fratello maggiore, Kiichi, tornò a casa in licenza dal
fronte, descrisse le sofferenze atroci che la guerra stava causando
ai popoli dell’Asia. Di lì a poco l’intera famiglia si ritrovò senza
casa, distrutta durante un raid aereo, e fu costretta a sfollare.
Fu attraverso questi resoconti e queste esperienze che Ikeda pre-
se amaramente coscienza dell’ingiustizia e della tragica crudeltà
della guerra.
Al termine del conflitto la famiglia fu informata che Kiichi, che
era stato rimandato al fronte, era stato ucciso in combattimen-
to a Burma (attuale Myanmar). Testimone diretto del profondo
dolore di sua madre alla notizia della morte del figlio, la sua per-
cezione della malvagità della guerra, un crimine contro l’umani-
tà, si rafforzò e si approfondì sempre di più. Cercando risposte
chiare alla domanda di quale fosse il modo migliore di vivere, il
giovane si immerse nella lettura di opere letterarie e filosofiche.
Fu nel corso di questa ricerca che il 14 agosto 1947 partecipò
al suo primo zadankai della Soka Gakkai, dove incontrò Josei
Toda, che sarebbe diventato il suo maestro di vita.
Nella riunione di quella sera il maestro Toda stava tenendo una

1) La guerra che ebbe inizio con l’invasione giapponese della Cina e terminò
con la sconfitta del Giappone nella Seconda guerra mondiale, nel 1945.
42 m at e r i a l e d i st u d i o

lezione sul trattato di Nichiren Daishonin Adottare l’insegnamento


corretto per la pace nel paese. Quando ebbe finito di parlare, Ikeda
gli pose una serie di domande: «Qual è la maniera corretta di vi-
vere?», «Cosa significa essere un vero patriota?», «Cosa vuol dire
Nam-myoho-renge-kyo?», «Cosa pensa dell’imperatore?».
Dalle risposte di Toda, chiare e articolate, traspariva una profon-
da convinzione maturata nelle sue battaglie contro il governo
militarista giapponese e nei due anni di ingiusta prigionia. Men-
tre lo ascoltava, il giovane provò l’intensa sensazione di potersi
fidare di qualsiasi cosa quell’uomo dicesse.
Dieci giorni dopo, il 24 agosto, Ikeda iniziò a praticare il Buddi-
smo di Nichiren Daishonin. Aveva diciannove anni mentre Toda
ne aveva quarantasette.
Nell’aprile dell’anno successivo il giovane si iscrisse alle classi sera-
li della Taisei Gakuin (che in seguitò diventò l’Università Fuji di
Tokyo). A settembre cominciò a frequentare le lezioni di Toda sul
Sutra del Loto e, con Toda come maestro, approfondì lo studio
e la comprensione del Buddismo e formulò il voto di dedicare la
vita a kosen-rufu. Poi, nel gennaio 1949, iniziò a lavorare nella casa
editrice di Toda come redattore di una rivista per ragazzi.

• La lotta condivisa di maestro e discepolo


per ricostruire la Soka Gakkai

Nel luglio 1949 iniziarono le pubblicazioni della rivista men-


sile della Soka Gakkai Daibyakurenge. Il numero inaugurale
conteneva un saggio di Toda dal titolo La filosofia della vita.
In seguito i suoi affari, già in difficoltà a causa della caotica
situazione economica del dopoguerra, subirono una grave crisi
finanziaria e, il 24 agosto 1950, Toda annunciò l’intenzione di
rassegnare le dimissioni dalla carica di direttore generale della
Soka Gakkai.
la storia della soka gakkai 43

In quell’occasione il giovane Ikeda gli chiese: «Chi sarà il mio


maestro d’ora in poi?». E Toda rispose: «Anche se finora non ti
ho causato altro che problemi, il tuo maestro sono io», afferman-
do così il legame indissolubile di maestro e discepolo.
Il discepolo si impegnò al massimo per sistemare gli affari di
Toda e risolvere la crisi finanziaria. Aveva deciso profondamente
di fare il possibile affinché Toda potesse assumere pienamente la
leadership come presidente della Soka Gakkai.
Ikeda aveva deciso di lasciare la scuola serale per dedicarsi com-
pletamente a sostenere il suo maestro e in cambio Toda gli disse
che lo avrebbe istruito personalmente, dandogli una formazio-
ne migliore di quella che avrebbe ricevuto all’università. Queste
lezioni private, note come “Università Toda”, proseguirono per
quasi dieci anni, fino a un anno prima della morte del maestro.
In questa intensa lotta Toda condivideva le sue idee per il futuro
con il suo discepolo più fidato.
Fra queste vi era la creazione di un quotidiano dell’organizza-
zione, il Seikyo Shimbun, per utilizzare anche la carta stampa-
ta nell’impegno per kosen-rufu, e la fondazione dell’Università
Soka. Entrambe queste iniziative furono poi realizzate come ri-
sultato di quei dialoghi fra maestro e discepolo.

• La nomina del secondo presidente

Superate le difficoltà finanziarie, il maestro Toda accettò, su ri-


chiesta di molti membri, di assumere la carica di presidente della
Soka Gakkai. La sua nomina a secondo presidente ebbe luogo il
3 maggio 1951 e in quell’occasione egli dichiarò il suo voto di
convertire 750.000 famiglie2.

2) In quei giorni per indicare il numero di membri della Soka Gakkai si parlava
di “famiglie aderenti”.
44 m at e r i a l e d i st u d i o

Allora la Soka Gakkai contava solo tremila membri e nessuno


riusciva a considerare realizzabile lo scopo dichiarato da Toda.
Prima della nomina a presidente, Toda aveva messo in atto una
ristrutturazione organizzativa della Soka Gakkai, istituendo un
sistema basato sui capitoli come fondamenta dello sviluppo fu-
turo, in modo che l’organizzazione fosse pronta ad affrontare la
sfida di kosen-rufu.
Il Seikyo Shimbun aveva già iniziato le pubblicazioni il 20 apri-
le dello stesso anno e su quel numero inaugurale comparve la
prima puntata del romanzo di Toda La rivoluzione umana, che
aveva scritto con lo pseudonimo di Myo Goku3.
La “rivoluzione umana” è il processo con il quale, attraverso la
pratica del Buddismo di Nichiren Daishonin, ogni individuo
trasforma il proprio stato vitale per giungere infine a una trasfor-
mazione del destino di tutta l’umanità. Sostenendo il principio
della rivoluzione umana basato sulla sua filosofia di vita, Toda si
adoperò a diffondere il Buddismo del Daishonin, un insegna-
mento accessibile e applicabile a tutte le persone che vivono nel
mondo di oggi.
Subito dopo la sua nomina Toda istituì, uno dopo l’altro, i
Gruppi donne, giovani uomini e giovani donne. All’inizio del
1952, dietro sua indicazione, Ikeda diventò consigliere del ca-
pitolo Kamata di Tokyo e condusse una “campagna” che portò
all’adesione alla Soka Gakkai di 201 nuove famiglie nel solo
mese di febbraio. Fu un risultato impressionante, di gran lunga
superiore ai record di adesioni mensili realizzati fino ad allo-
ra dai vari capitoli, e divenne noto come la storica campagna
di febbraio. A partire da quella svolta, il progresso della Soka

3) Lo pseudonimo “Myo Goku” era legato all’esperienza di Toda in carcere,


nella quale egli si era risvegliato (go) all’essenza del Buddismo, la verità mistica
(myo) della non sostanzialità o vacuità (ku).
la storia della soka gakkai 45

Gakkai verso la realizzazione delle 750.000 famiglie accelerò


rapidamente.
Il maestro Toda progettò di pubblicare una raccolta degli
scritti di Nichiren Daishonin, ritenendola indispensabile per
studiarne e capirne correttamente gli insegnamenti e progre-
dire verso kosen-rufu, l’ampia propagazione del Buddismo del
Daishonin. Così chiese a un grande studioso del Daishonin,
Nichiko Hori (1867-1957), di occuparsi della compilazione
e della pubblicazione. Nell’aprile 1952, in occasione del set-
tecentesimo anniversario della fondazione dell’insegnamento
del Daishonin, fu pubblicata la Raccolta degli scritti di Ni-
chiren Daishonin (in giapponese Nichiren Daishonin Gosho
Zenshu). Da allora ogni membro utilizzò questo testo per stu-
diare assiduamente gli insegnamenti di Nichiren Daishonin e
si stabilì nell’intera Soka Gakkai lo spirito di basare tutto su
tali scritti.

• La battaglia contro le tendenze demoniache del potere

Nell’aprile 1955 la Soka Gakkai in Giappone sostenne per la


prima volta alcuni suoi candidati alle elezioni delle assemblee
locali. Decise di intraprendere questo passo basandosi sullo spi-
rito di “adottare l’insegnamento corretto per la pace nel paese”
che il Daishonin aveva esposto mentre lottava per la felicità delle
persone e la creazione di una società pacifica.
L’anno successivo, nella zona del Kansai, Ikeda fu ispiratore e
promotore di una notevole crescita nelle attività di propagazio-
ne, e a maggio il capitolo Osaka realizzò il traguardo dell’ade-
sione di 11.111 famiglie in un solo mese. Nelle elezioni per la
Camera dei consiglieri, che si tennero nel luglio di quell’anno,
a dispetto di ogni previsione fu eletto un candidato della Soka
­Gakkai proprio nella circoscrizione di Osaka. Fu un risultato
46 m at e r i a l e d i st u d i o

così sorprendente che un importante quotidiano giapponese in-


titolò l’articolo È stato realizzato l’impossibile!.
Nel corso di quelle elezioni furono eletti alla Camera dei consiglie-
ri tre candidati sostenuti dalla Soka Gakkai, che si ritrovò al centro
dell’attenzione come gruppo che esercitava una crescente influen-
za sociale. Contemporaneamente iniziarono gli ingiusti tentativi
di ostacolare l’organizzazione da parte del potere costituito.
Nel rispondere a questi attacchi Ikeda si batté risolutamente per pro-
teggere i membri della Soka Gakkai. Nel giugno del 1957, quando
il sindacato dei minatori della città di Yubari, in Hokkaido, cercò di
minacciare la libertà religiosa dei membri della Soka Gakkai, egli si
recò immediatamente sul posto per affrontare il problema e, dichia-
rando che la Soka Gakkai si sarebbe sempre nettamente opposta a
questo tipo di abusi, si adoperò in ogni modo per trovare una solu-
zione (episodio del sindacato dei minatori di Yubari).
Il 3 luglio, subito dopo aver lasciato Yubari, Ikeda fu arrestato in-
giustamente dalla polizia della prefettura di Osaka (episodio di
Osaka). Nelle elezioni dell’aprile precedente la Soka Gakkai aveva
presentato un candidato per il posto vacante alla Camera dei con-
siglieri nel distretto elettorale di Osaka e alcuni membri impegnati
nella campagna erano stati accusati di aver violato le leggi elettora-
li. Ikeda, come persona responsabile della campagna elettorale, fu
falsamente accusato di aver orchestrato attività illegali.
Il 3 luglio è la stessa data in cui, nel 1945, Toda era uscito di pri-
gione. Anni dopo, Ikeda scrisse una poesia haiku su questi fatti:

«In questo giorno / il giorno dell’arresto e della scarcerazione / rifulge


la via di maestro e discepolo» (RU, 11, 330).

Per quindici giorni Ikeda fu sottoposto ad aspri interrogatori e a


minacce da parte del procuratore: «Se non confessi la tua colpa,
arresteremo il presidente Toda».
la storia della soka gakkai 47

Le condizioni di salute di Toda in quel periodo erano già assai


precarie e il carcere avrebbe significato una morte certa.
Per proteggere la vita del suo maestro, Ikeda ammise
temporanea­mente le imputazioni a suo carico, riservandosi di
dimostrare in seguito la sua innocenza in tribunale. Il 17 lu-
glio fu rilasciato dal carcere di Osaka. Dovette intraprendere
una battaglia legale che durò quattro anni e mezzo e infine, il
25 gennaio 1962, fu pienamente assolto da tutte le accuse. Il
pubblico ministero accettò la decisione del tribunale e rinunciò
all’appello.

• L’affidamento di kosen-rufu ai successori

L’8 settembre 1957 Josei Toda pronunciò la sua Dichiarazione


per l’abolizione delle armi nucleari4, che divenne il punto di
partenza e il fondamento del movimento per la pace della Soka
Gakkai. Basandosi sul principio della santità e della dignità della
vita, Toda disse che le armi nucleari erano una creazione diabo-
lica che minaccia di usurpare all’umanità l’inviolabile diritto di
vivere, e stigmatizzò il loro uso come il “male assoluto”.
Nel dicembre 1957 la Soka Gakkai realizzò lo scopo di 750.000
famiglie di membri, l’obiettivo che Toda aveva fatto voto di rag-
giungere. Poi, nel marzo dell’anno seguente, completò e donò
l’edificio chiamato “grande sala di conferenze” al tempio prin-
cipale della Nichiren Shoshu, il Taiseki-ji. In quella sede, il 16
marzo 1958, seimila giovani giunti da tutto il Giappone si riu-
nirono su indicazione di Ikeda per una cerimonia nella quale il
maestro Toda affidò loro la realizzazione di kosen-rufu in ogni

4) Più letteralmente, per l’abolizione delle “bombe atomiche e all’idrogeno”


che era il termine che si impiegava in Giappone a quell’epoca per indicare le
armi nucleari.
48 m at e r i a l e d i st u d i o

suo aspetto. In quella occasione Toda dichiarò: «La Soka Gakkai


è la regina del mondo religioso».
Il 16 marzo, giorno nel quale fu affidato a quei giovani successori
il grande desiderio, o grande voto di kosen-rufu, venne in seguito
chiamato giorno di kosen-rufu della Soka Gakkai e della SGI.
Il 2 aprile 1958 Toda morì dopo aver completato tutto ciò che
aveva deciso di realizzare. Basandosi sul risveglio vissuto in carce-
re, aveva ricostruito la Soka Gakkai e gettato solide fondamenta
per il futuro di kosen-rufu.

L’EPOCA DI DAISAKU IKEDA, TERZO PRESIDENTE


DELLA SOKA GAKKAI E PRESIDENTE DELLA SGI

Dopo la morte di Toda, Daisaku Ikeda, nella sua nuova posi-


zione di amministratore generale (dal giugno 1958), si assunse
la piena responsabilità di guidare la Soka Gakkai e il 3 maggio
1960 fu nominato terzo presidente dell’organizzazione.
In quell’occasione dichiarò: «Nonostante la mia giovane età, da
oggi assumerò la guida del nostro movimento come rappresentan-
te dei discepoli del presidente Toda, e avanzerò insieme a voi verso
la concreta realizzazione di kosen-rufu»5. Fu il suo “primo ruggito
da leone” come presidente, nello stesso giorno in cui il maestro
Toda aveva assunto la presidenza nel 1951, e con esso ebbe inizio
un nuovo periodo di grande sviluppo per la Soka Gakkai.
Il 2 ottobre di quell’anno il presidente Ikeda si recò in Nord e
Sud America; fu il primo passo del suo viaggio per far conoscere
il Buddismo del Daishonin in tutto il mondo. Nel gennaio 1961
visitò Hong Kong, l’India e altri paesi asiatici, e in ottobre si
recò in Europa, dando inizio al processo di avanzamento verso
kosen-rufu mondiale.

5) Daisaku Ikeda, La rivoluzione umana, Esperia, 2009, vol. 12, pag. 370.
la storia della soka gakkai 49

In tal modo tracciò concretamente una strada per la realizzazione


della “trasmissione del Buddismo verso occidente” e per la diffu-
sione della Legge mistica nel mondo intero, come il Daishonin
aveva predetto.
Nel 1965, con lo pseudonimo di Ho Goku6, iniziò a scrivere La
rivoluzione umana, che fu pubblicata a puntate sul quotidiano
Seikyo e alla fine raggiunse dodici volumi. Il suo scopo era tra-
smettere correttamente la storia e lo spirito della Soka Gakkai
alle generazioni future.
Nella prefazione esprime il tema fondamentale del romanzo:
«La rivoluzione umana di un singolo individuo contribuirà al
cambiamento nel destino di una nazione e condurrà infine a un
cambiamento nel destino di tutta l’umanità» (RU, 1, IV). La
rivoluzione umana racconta gli sforzi e le lotte dei tre presidenti
fondatori per porre le basi della felicità e della pace dell’umanità.
Il maestro Ikeda ha continuato a narrare la storia della Soka
­Gak­kai ne La nuova rivoluzione umana, un romanzo in trenta
volumi, anch’esso pubblicato a puntate sul Seikyo Shimbun.

• Un movimento per la pace, la cultura e l’educazione

La Soka Gakkai sostiene lo sviluppo dei giovani che daranno un


contributo positivo alla società.
Il maestro Toda diceva che via via che kosen-rufu progredisce

6) Ne La nuova rivoluzione umana, Daisaku Ikeda scrive a proposito della sua


scelta dello pseudonimo Ho Goku: «Il presidente Toda usò lo pseudonimo
di Myo Goku. Io userò quello di Ho Goku. Unendo le prime parti dei due
nomi si ottiene myoho, la Legge mistica. Goku significa risvegliarsi alla verità
della non sostanzialità. Myo di myoho si riferisce al mondo di Buddità e ho si
riferisce agli altri nove mondi. Myo è anche il risveglio o Illuminazione, mentre
ho è l’oscurità fondamentale. Sulla base di questo principio possiamo dire che
myo corrisponde al maestro e ho al discepolo» (La nuova rivoluzione umana,
Esperia, vol. 9, pag. 13).
50 m at e r i a l e d i st u d i o

emergono tanti individui capaci che svolgono ruoli importanti


nei vari campi della società. Si aspettava inoltre che un giorno la
Soka Gakkai sarebbe stata un pilastro importante per la fioritura
della pace e della cultura per tutta l’umanità, e a tal fine si racco-
mandava che diventasse un movimento educativo di eccellenza
per formare persone in grado di adempiere alla propria missione.
Per realizzare concretamente questa idea la Soka Gakkai, sotto
la guida del maestro Ikeda, ha promosso un movimento in con-
tinua crescita per la pace, la cultura e l’educazione basato sui
princìpi buddisti, dando così grandi contributi alla società.
Per rispondere alle aspettative di Toda, la Soka Gakkai ha ­creato
vari gruppi specifici come ad esempio quelli degli educatori, de-
gli scienziati, degli accademici, degli artisti, degli scrittori, degli
esperti in questioni internazionali, dei medici e degli operatori
sanitari. Poi, via via che l’organizzazione ha sviluppato una gam-
ma sempre più vasta di attività, si sono creati gruppi di profes-
sionisti in ambito economico e finanziario, di lavoratori dell’a-
gricoltura e della pesca, di residenti nelle isole più remote e di
persone impegnate nelle attività assistenziali e di sostegno alla
comunità. Sono inoltre state fondate istituzioni dedicate al sape-
re e alle arti come l’Istituto di filosofia orientale, l’Associazione
concertistica Min-on e il Museo d’arte Fuji di Tokyo.
Nell’intento di creare un movimento politico dedito a servire
gli interessi delle persone comuni e della società giapponese, nel
1964 è stato costituito il Komeito7, un partito politico indipen-

7) Le attività della federazione politica del Komeito sono strettamente limitate


al Giappone e, secondo precise indicazioni contenute nello Statuto della Soka
Gakkai, nessuna attività politica verrà mai intrapresa nei paesi al di fuori del
Giappone da parte delle organizzazioni locali della Soka Gakkai. Dal 1970 è
stata sancita la separazione tra la Soka Gakkai e il Komeito, che ha mantenuto la
sua identità di partito politico indipendente. Sebbene la Soka Gakkai continui a
dare il suo supporto al Komeito in occasione delle elezioni, ai membri è assicu-
rata la libertà di sostenere qualsiasi altro partito
la storia della soka gakkai 51

dente supportato dai membri della Soka Gakkai.


Il maestro Ikeda ha anche realizzato un sistema di istituzioni
educative che mettono in pratica la pedagogia per la creazione di
valore di Makiguchi e Toda, ossia l’Educazione Soka. Esso com-
prende scuole materne, elementari, medie e superiori, universi-
tà e scuole di specializzazione post-laurea. Tra queste la scuola
media e superiore Soka di Tokyo (aperta nel 1968) a Kodaira,
Tokyo; l’Università Soka di Hachioji, Tokyo (1971); la scuola
media e superiore del Kansai (che nacque come scuola media e
superiore femminile Soka nel 1973) a Katano, Osaka.
Nel 2001 si è aggiunta l’Università Soka d’America nella Contea
di Orange, in California.
Allo stesso tempo il maestro Ikeda ha continuamente ampliato il
suo impegno nel condurre dialoghi rivolti alla pace, alla cultura
e all’educazione su scala globale.
L’8 settembre 1968 annunciò una proposta per la normalizza-
zione delle relazioni fra Giappone e Cina8. Nel 1972, ai primi di
maggio, si impegnò in una serie di dialoghi con il famoso storico
britannico Arnold J. Toynbee (1889-1975). Le loro conversazio-
ni si protrassero per due anni, per un totale di quaranta ore. Fu
l’inizio di una serie di dialoghi e scambi con leader e intellettuali
di rilevanza mondiale.
Nel 1974 e nel 1975, al culmine della Guerra Fredda fra est e ovest

8) All’epoca non vi erano relazioni diplomatiche ufficiali fra la Repubblica po-


polare cinese e il Giappone; quindi tecnicamente i due paesi erano ancora in
stato di guerra, e in Giappone dominavano sentimenti anticomunisti e antici-
nesi. L’appello di Daisaku Ikeda per la normalizzazione delle relazioni era basato
sulla convinzione che la pace con la Cina fosse fondamentale per la stabilità
della regione asiatica e la reintegrazione della Cina nella comunità internazionale
essenziale per la pace mondiale. La sua proposta contribuì a gettare le basi per
i negoziati che condussero alla normalizzazione delle relazioni diplomatiche nel
1972 e al Trattato di pace e amicizia nel 1978.
52 m at e r i a l e d i st u d i o

e con un conflitto in atto anche fra la Cina e l’Unione Sovietica,


il presidente Ikeda effettuò una serie di viaggi in Cina, in Unione
Sovietica e negli Stati Uniti, durante i quali incontrò i massimi
vertici allo scopo di aprire una strada di pace e di amicizia.
Il 26 gennaio 1975 i rappresentanti dei membri della Soka
Gakkai di cinquantuno paesi e territori si riunirono sull’isola di
Guam, nel Pacifico, e fondarono la Soka Gakkai Internazionale
(SGI), nominando presidente il maestro Ikeda.
A partire dal 1977 circa, mentre la Soka Gakkai avanzava a gran-
di passi verso kosen-rufu nel mondo, i preti di vari templi affiliati
alla Nichiren Shoshu iniziarono a sollevare ripetute accuse in-
fondate contro l’organizzazione. Era l’inizio di quello che viene
chiamato “il primo problema con il clero”, dietro cui vi era un’al-
leanza fra i preti e alcuni ex responsabili che avevano rinnegato
la Soka Gakkai. I loro complotti miravano a recidere il legame
tra il maestro e i discepoli, cioè fra il maestro Ikeda, leader del
movimento di kosen-rufu, e i membri, allo scopo di controllare
la Soka Gakkai per i propri fini personali.
Il maestro Ikeda si adoperò per trovare una soluzione al pro-
blema allo scopo di proteggere i membri da questi attacchi e,
nella speranza di ristabilire l’armonia nelle relazioni fra clero
e laici, ritenne che l’unico modo possibile fosse dimettersi da
presidente della Soka Gakkai. Rassegnò quindi le dimissioni
nell’aprile del 1979 assumendo da quel momento il titolo di
“presidente onorario”.

• Un susseguirsi di premi e onorificenze

Per celebrare il giorno della SGI, nell’anniversario della fonda-


zione, il maestro Ikeda ogni 26 gennaio, a partire dal 1983, pub-
blica una Proposta di pace che riceve grande apprezzamento in
tutto il mondo.
la storia della soka gakkai 53

Ha tenuto oltre trenta conferenze in università e istituzioni acca-


demiche, e i suoi dialoghi con importanti intellettuali di portata
mondiale, capi di Stato, esponenti del mondo della cultura e ret-
tori universitari supera il numero di 1600, di cui più di settanta
pubblicati come libri. Fra questi il dialogo con lo storico Toyn-
bee, tradotto in trenta lingue, è stato ampiamente apprezzato e
definito “una guida per la cultura globale” e “un libro di testo
per l’umanità”.
Questi dialoghi, che stabiliscono una connessione fra diverse
culture e religioni, hanno contribuito ad approfondire gli scambi
fra i popoli e a costruire reciproca comprensione e solidi legami
fra le persone che si dedicano al bene. Nel 1995 è stata adottata
la Carta della SGI in cui vengono esplicitati i princìpi dell’uma-
nesimo sostenuti dall’organizzazione, e nel 1996 è stato fonda-
to l’Istituto Toda per la pace (che all’inizio si chiamava Istituto
Toda per la pace globale e la ricerca politica), basato sull’eredità
degli insegnamenti e dei princìpi esposti da Josei Toda. In ri-
conoscimento dell’impegno della SGI per la pace mondiale e
delle sue attività per la cultura e l’educazione, in varie località del
mondo hanno iniziato ad apparire parchi pubblici e strade inti-
tolate ai presidenti Makiguchi, Toda e Ikeda. Il maestro Ikeda ha
ricevuto una serie di onorificenze e premi da parte di nazioni,
municipalità e istituzioni educative, fra cui medaglie nazionali,
dottorati e cattedre ad honorem, oltre a cittadinanze onorarie di
innumerevoli città e regioni.

• La nuova era di kosen-rufu mondiale

Proprio mentre si verificavano questi grandi progressi a livello


globale, nel 1991 il clero della Nichiren Shoshu decise di scomu-
nicare i milioni di membri della Soka Gakkai di tutto il mondo
(questo e gli altri eventi correlati sono noti come il “secondo
54 m at e r i a l e d i st u d i o

problema con il clero”). La Soka Gakkai condannò severamen-


te quest’azione perpetrata dal clero corrotto, che costituiva una
grave offesa verso gli insegnamenti di Nichiren Daishonin e un
tradimento del suo mandato.
Dopo aver trionfato sugli intrighi del clero, la Soka Gakkai inau-
gurò una nuova era nella storia di kosen-rufu mondiale. Attual-
mente i suoi membri praticano il Buddismo in 192 paesi e ter-
ritori, dove si sono guadagnati ampia fiducia e apprezzamento
per lo sforzo costante di contribuire alla società con lo spirito
dell’umanesimo buddista.
Nel novembre 2013 è stato completato il Kosen-rufu Daiseido,
il Palazzo del grande voto di kosen-rufu, a Shinanomachi, Tokyo,
che fa parte del complesso di edifici che costituiscono la sede
centrale della Soka Gakkai.
Nella dedica sul monumento collocato all’ingresso del palazzo, il
maestro Ikeda ha scritto: «Kosen-rufu è la strada per realizzare la
pace e la prosperità universale. È il nostro grande voto dal tempo
senza inizio per l’Illuminazione di tutte le persone».
Dal Giappone e da tutto il mondo i membri si radunano al Dai-
seido per recitare Gongyo e Daimoku. Uniti dal voto di realiz-
zare kosen-rufu, pregano davanti al Joju Gohonzon della Soka
Gakkai che reca l’iscrizione “per la realizzazione del grande voto
di kosen-rufu attraverso la compassionevole propagazione della
grande Legge” e ripartono con una nuova determinazione.
Grazie all’impegno della Soka Gakkai ora il Buddismo di Ni-
chiren Daishonin risplende in tutto il mondo come una grande
sorgente di speranza, come un sole che illumina l’umanità.
55

Lo spirito dell’offerta
Da La nuova rivoluzione umana,
vol. 4, cap. 2 “Trionfo”, pagg. 83-93

LE OFFERTE PER LO SVILUPPO DI KOSEN-RUFU

Poco prima del 3 maggio Shin’ichi si trovava alla sede centrale di


Tokyo. Assorto nei suoi pensieri, riesaminava una serie di proget-
ti da realizzare nei mesi successivi: la Grande sala dei ricevimenti
al tempio principale e una serie di nuovi templi e Centri cultu-
rali disseminati in tutto il paese. Ognuno di questi edifici aveva
una sua specifica importanza per le attività della Soka G ­ akkai, il
problema era trovare i fondi per costruirli.
Come già accaduto durante la presidenza di Toda per quanto ri-
guardava la Sala delle conferenze, anche questa nuova costruzio-
ne si sarebbe potuta realizzare solo chiedendo ai credenti una do-
nazione straordinaria. Ma Shin’ichi era incerto su questo punto.
Per continuare a costruire Centri culturali e templi era indispen-
sabile aumentare il numero di membri che sostenevano finanzia-
riamente la Soka Gakkai. Ma il dubbio di Shin’ichi era che, per
quanto la maggior parte dei membri stesse ottenendo evidenti
benefici, pochi di costoro potevano dirsi effettivamente “fuori
pericolo”. Dopotutto moltissimi avevano abbracciato la fede per
risolvere problemi economici e Shin’ichi non voleva crear loro
ulteriori preoccupazioni.
Ripensava a come la Gakkai si era sostenuta finanziariamente
56 m at e r i a l e d i st u d i o

in passato. Fin dall’inizio, da quando Tsunesaburo Makiguchi


aveva dato vita all’organizzazione, ogni responsabilità finanziaria
era stata a carico di Toda, allora direttore generale. Anche dopo
la guerra, per ricostituirla, Toda aveva usato il proprio denaro
per non gravare finanziariamente sui membri. Ma poco dopo la
sua nomina a secondo presidente, molti avevano avanzato la ri-
chiesta di poter partecipare al sostentamento economico dell’or-
ganizzazione. Del resto, dato il vertiginoso ritmo di crescita, a
Toda non sarebbe stato possibile far fronte a tutte le spese ancora
per molto.
Le donazioni alla Gakkai rappresentano un’offerta per lo svilup-
po di kosen-rufu. Di fronte alle richieste dei membri, Toda si rese
conto che era giunto il momento di compiere anche quel passo,
mantenendo comunque un atteggiamento di estrema cautela.
Era convinto che i finanziamenti per kosen-rufu dovessero pro-
venire da offerte basate su un intento puro e uno spirito sincero.
Per questo impose norme molto severe circa la possibilità di ef-
fettuare donazioni. Selezionò un gruppo di settantotto persone
– che riteneva affidabili sia dal punto di vista della fede sia da
quello finanziario – e le incaricò del reperimento e della supervi-
sione di tutti i fondi della Gakkai. Il Gruppo finanziamenti, co-
stituito ufficialmente il 3 luglio 1951, crebbe rapidamente negli
anni successivi, diventando un supporto insostituibile per la vita
economica dell’organizzazione. I membri che entravano a farne
parte consideravano un onore poter contribuire allo sviluppo di
kosen-rufu con le loro offerte. Lo spirito che animava queste per-
sone riempiva di gioia il cuore di Toda.
Le offerte in denaro alla Soka Gakkai differivano dalle analo-
ghe pratiche di offerta in uso presso altre organizzazioni, proprio
perché era essenziale che fossero basate sulla fede. Coloro che
contribuivano con spirito sincero, in accordo col desiderio di
Nichiren Daishonin, avrebbero immancabilmente ricevuto im-
l o s p i r i to d e l l ’ o f f e rta 57

mensi benefici. Toda avrebbe voluto offrire questa opportunità a


un numero maggiore di membri, ma consapevole delle difficoltà
economiche che molti di loro attraversavano aveva preferito so-
prassedere. Allo stesso tempo, si rendeva conto che impedire del
tutto la possibilità di contribuire sarebbe stata una mancanza di
compassione. Giunse infine a un compromesso: tutti i membri
– a condizione che ciò non creasse loro problemi economici –
avrebbero potuto versare un contributo per la realizzazione di
opere di carattere straordinario, come il restauro della Pagoda a
cinque piani o la costruzione della Sala delle conferenze.
Shin’ichi si ricordò di qualcosa che Toda gli aveva detto a propo-
sito di Tokugawa Mitsukuni (1628-1700): «Il secondo signore
del feudo di Mito, che aveva fama di governante saggio e be-
nevolente, riunì un gran numero di insigni studiosi affidando
loro il compito di compilare un’esauriente storia del Giappone.
Mitsukuni, comunemente noto con il nome di Mito Komon, fu
protagonista di racconti popolari che lo vedevano viaggiare in
incognito per tutto il paese al fine di ispezionare l’operato degli
alti funzionari dello shogunato. Ebbene, costui scrisse il monu-
mentale Dai Nihon shi (Grande storia del Giappone), opera che, a
quanto si dice, mise a dura prova le sue risorse finanziarie.
Mitsukuni era un uomo di grande virtù e di sicuro dovette an-
gustiarlo non poco il fatto di gravare di tasse i suoi sudditi per
reperire i fondi necessari. Allo stesso modo io oggi mi trovo a in-
coraggiare i membri, molti dei quali sono davvero poveri, a ver-
sare un contributo in denaro perché è necessario per kosen-rufu
e perché in questo modo riceveranno benefici. Pur essendo certo
di questo, mi sento profondamente dispiaciuto».
Shin’ichi comprendeva ciò che il suo maestro aveva inteso dire
e anche lui ora condivideva quello stato d’animo. Eppure rima-
neva il fatto che fare offerte per il Buddismo è fonte di benefici
incommensurabili.
58 m at e r i a l e d i st u d i o

LA STORIA DI SUDATTA

Ne è esempio la storia del ricco mercante Sudatta, che fece co-


struire il monastero di Jetavana in offerta al Budda Shakyamuni.
Molte scritture sostengono che Sudatta si convertì al Buddismo
dopo essersi arricchito, altre invece offrono una versione diffe-
rente. In India c’era un uomo di nome Sudatta che viveva con
la moglie. Pur essendo molto poveri, erano ferventi seguaci degli
insegnamenti del Budda. Un giorno la moglie stava cucinando
quel poco di riso che il marito era riuscito a procurarsi quan-
do Aniruddha, uno dei discepoli di Shakyamuni, si affacciò alla
porta porgendole la ciotola dell’elemosina. Nel vederlo, la donna
si inchinò rispettosamente e gliela riempì di riso. Subito dopo
arrivarono altri discepoli del Budda, tra i quali Subhuti, Maha-
kashyapa, Maudgalyayana e Shariputra, ognuno porgendo alla
donna la propria ciotola. Ella offrì il suo riso a ciascuno. Infine
arrivò Shakyamuni in persona e la donna, in segno di rispetto,
gli offrì con gioia tutto il riso rimasto.
Se il marito fosse stato presente, ella avrebbe certamente chiesto
il suo consenso e lui sarebbe stato ben lieto di offrire tutto il riso
ai visitatori. La donna, tuttavia, si sentiva inquieta per non aver
chiesto il consenso.
Quando Sudatta tornò a casa chiese alla moglie: «C’è qualcosa
da mangiare?» Questa lo guardò negli occhi e disse: «Se il disce-
polo di Shakyamuni Aniruddha venisse a elemosinare alla nostra
porta, gli offriresti qualcosa?»
«Naturalmente» rispose l’uomo. «Se avessi del cibo glielo cederei,
anche se poi io stesso dovessi rimanere digiuno…»
La donna continuò: «E se Subhuti o Mahakashyapa o lo stesso
Shakyamuni venissero qui, cosa faresti?»
«La stessa cosa. Se avessi del cibo gliel’offrirei di cuore». La mo-
glie sorrise. «Shakyamuni e i suoi discepoli sono venuti davvero
l o s p i r i to d e l l ’ o f f e rta 59

e io ero così felice che ho dato loro tutto il riso per il quale hai
faticato tanto. Ma ero preoccupata per quello che avresti detto;
sono lieta di sentire che anche tu avresti fatto come me».
Anche Sudatta sorrise e disse: «Quello che hai fatto è meraviglio-
so. Di certo sradicherà il nostro karma e ci recherà fortuna».
Si dice che il gesto di generosità della moglie e la gioia con cui
Sudatta aveva approvato il suo operato fecero di lui una persona
ricca e influente. Queste due figure rappresentano il sincero spi-
rito dell’offerta che nasce da una fede pura.
La storia della donazione del monastero di Jetavana da parte
dell’ormai ricco Sudatta viene così riportata in una delle scritture
buddiste: Sudatta decise di donare un monastero a Shakyamuni
e si mise alla ricerca di un sito adeguato per costruirlo: né troppo
vicino né troppo lontano da Shravasti, la capitale del regno del Ko-
sala. Scelse infine un bosco che apparteneva al principe Jetri, dal
quale si recò per chiedergli di acquistarlo. Il principe però rifiutò.
«Quel bosco è il luogo che preferisco» disse. «Anche se tu potessi
offrirmi tanto oro da ricoprirlo interamente, non lo venderei».
Ma Sudatta non si arrese e dopo un’accanita discussione i due
decisero di rimettersi all’arbitrato di un giudice. Ascoltate le par-
ti, questi decretò che il principe avrebbe venduto al mercante
tutto il terreno che fosse riuscito a ricoprire d’oro.
Sudatta corse a casa, caricò un carro di monili d’oro e, tornato
nel bosco, cominciò a disporli sul terreno. Ma l’intero carico del
carro ricopriva soltanto un esiguo lembo di terra, così decise di
portare tutto l’oro che possedeva.
Colpito da questo comportamento, il principe Jetri si domandò:
«Come mai quest’uomo è pronto a rinunciare a ogni sua ricchez-
za? Shakyamuni è davvero così grande? E se fosse vero quello che
si dice di lui, che sia un Budda, un illuminato?». Così, rivolto a
Sudatta disse: «Va bene, fermati. Non occorre che tu ricopra tut-
to il terreno. Il bosco è tuo». La sincerità e la devozione di Sudat-
60 m at e r i a l e d i st u d i o

ta avevano commosso il principe. Questi non solo offrì l’intero


bosco ma contribuì all’edificazione del tempio, che prese il nome
di Jetavana (bosco di Jetri).
Quando Sudatta informò Shakyamuni che intendeva donargli
un tempio, il Budda replicò solennemente: «Vorrei chiederti di
offrirlo non soltanto a me, ma all’intera comunità dei credenti,
in modo che possa essere usato da tutti». Così il monastero di
Jetavana divenne un luogo di preghiera, in quello spirito che
divenne una tradizione del Buddismo e che si ritrova oggi nei
Centri della Soka Gakkai. È certo che l’offerta di Sudatta fu per
lui fonte di grandi benefici e fortuna.

COLTIVARE UNA DETERMINAZIONE SINCERA

Lo spirito dell’offerta accresce lo stato vitale delle persone che,


in virtù di ciò, possono approfondire la propria fede. Questa è
una sorta di equazione infallibile che aiuta a consolidare le basi
della felicità.
Shin’ichi aprì il Gosho, con l’intento di approfondire il signifi-
cato dell’offerta alla luce degli insegnamenti del Daishonin. Per
prima cosa lesse L’offerta del riso, una lettera di ringraziamento
per alcune offerte giuntegli mentre si trovava sul monte Mino-
bu. Lodando la sincerità del suo discepolo, il Daishonin dice:
«Tuttavia, per quanto riguarda il conseguimento della Buddità,
le persone comuni, tenendo bene in mente le parole “determi-
nazione sincera”, diventano Budda». Egli indica dunque in una
fede profonda, in un sincero spirito di ricerca, la chiave per con-
seguire la Buddità.
Nel Gosho L’offerta del riso il Daishonin loda altresì il suo disce-
polo per avergli fornito del cibo, necessario sostentamento per la
vita. Egli scrive che il beneficio di una tale azione è paragonabile
a quelli ricevuti da santi e saggi del passato quali Sessen Doji,
l o s p i r i to d e l l ’ o f f e rta 61

il Bodhisattva Re della Medicina o il principe Shotoku, che of-


frirono le loro vite per il Buddismo. In particolare, Sessen Doji
offrì il suo corpo in pasto a un demone per conoscere la metà di
un verso di un insegnamento buddista; il Bodhisattva Re della
Medicina si bruciò un gomito in offerta al Budda; il principe
Shotoku (574-622) invece fu una figura di grande rilievo nella
storia della politica e della cultura del Giappone. Fervente segua-
ce del Buddismo, contribuì in maniera decisiva alla sua diffusio-
ne. La leggenda narra che arrivò a utilizzare la pelle delle proprie
braccia per trascrivere una parte del Sutra del Loto.
Shin’ichi cercò un altro Gosho. Scelse Il ricco Sudatta, una lettera
spedita a Nanjo Tokimitsu il ventisettesimo giorno del dodice-
simo mese del calendario lunare dell’anno 1280. A quell’epoca
Tokimitsu versava in pessime condizioni finanziarie. Aveva aiu-
tato i seguaci del Daishonin durante la persecuzione di Atsuhara,
così le autorità gli avevano imposto di pagare pesanti tasse e di
fornire al governo operai che lavorassero senza compenso.
Pur non potendo permettersi di mantenere un cavallo e benché
la moglie e i figli mancassero di cibo e abiti adeguati, aveva offer-
to al Daishonin un kan di monete – un’antica unità monetaria
consistente di mille monete forate, tenute insieme da una cordi-
cella – affinché il suo maestro avesse di che proteggersi dal rigido
inverno sul monte Minobu. Nelle numerose lettere indirizzategli
dal Daishonin, leggiamo che di solito le sue offerte consistevano
di cibo o abiti. Il fatto che in quell’occasione avesse inviato del
denaro induce a pensare che si trovasse letteralmente nell’impos-
sibilità di fornire aiuti d’altro genere.
Probabilmente quelle monete costituivano i suoi risparmi per
fronteggiare le emergenze. Nichiren Daishonin nella lettera loda
e ringrazia Tokimitsu per la sua devozione, espressa anche in quel
momento così difficile. L’offerta deve sempre scaturire da una
fede sincera.
62 m at e r i a l e d i st u d i o

In una lettera al signore di Matsuno, il Daishonin racconta che


un fanciullo di nome Tokusho Doji rinacque come re Ashoka
e ottenne la Buddità per aver offerto una torta di fango a Sha-
kyamuni. Il bambino non aveva altro che quella torta di fango
da offrire. Al di là della natura dell’offerta, lo spirito con cui era
stata presentata manifestava la devozione del piccolo per il Bud-
da. Quell’azione fu la causa che fece di lui un grande monarca in
una vita successiva.
Shin’ichi passò poi al Gosho Il corpo e la mente delle persone co-
muni. Si soffermò su un paragrafo rileggendolo più volte per
afferrarne il significato profondo: «Anche se una persona compie
azioni meritorie, se queste sono indirizzate verso ciò che non è
vero, porteranno soltanto un grande male, non un bene. D’altro
canto, per quanto una persona possa essere ignorante e le sue
offerte misere, se sono indirizzate a chi sostiene la verità, allora
il suo merito sarà grande. Quanto è più vero questo nel caso di
persone che in tutta sincerità fanno offerte al corretto insegna-
mento!» (RSND, 1, 1006).
In sintesi le parole del Daishonin indicano che un’offerta può
produrre tanto effetti positivi quanto negativi a seconda delle
cause che la motivano o della persona a cui viene indirizzata.

PIANTARE SEMI NEL TERRENO DELLA FORTUNA

Alla luce di quanto aveva letto, Shin’ichi tornò a rivolgere i suoi


pensieri alle offerte fatte all’interno della Soka Gakkai. I con-
tributi richiesti dall’organizzazione servivano esclusivamente per
compiere la volontà del Daishonin: propagare la Legge mistica.
In tal senso le offerte erano destinate al Budda. Nulla, quindi,
poteva avere maggior valore o recare benefici più grandi.
Shin’ichi si sentì pervaso di gioia per aver avuto lui stesso la gran-
de fortuna di fare questo tipo di offerte. Il Daishonin conclude il
l o s p i r i to d e l l ’ o f f e rta 63

suo scritto esprimendo apprezzamento per lo spirito che anima-


va la persona che gli inviava offerte: «Sicuramente stai gettando
dei buoni semi in un campo di fortuna e, quando ci penso, le
lacrime sgorgano senza posa dai miei occhi» (Piantare semi nel
terreno della fortuna, RSND, 1, 1006).
Fin dalla giovinezza Shin’ichi era stato convinto che dedicarsi a ko-
sen-rufu significasse “piantare semi nel terreno della fortuna”. Ri-
cordava gli sforzi incessanti per proteggere e sostenere Josei Toda,
che da solo si era assunto la responsabilità di propagare gli inse-
gnamenti del Daishonin pur trovandosi in gravi difficoltà econo-
miche. Lo stipendio di Shin’ichi era sempre in arretrato e lui si era
imposto di ridurre drasticamente le spese per poter disporre di un
po’ di denaro da destinare alle attività della Soka Gakkai. Questa
decisione era stata per lui fonte di gioia e se ne sentiva orgoglioso
dal profondo del cuore. Aveva trascorso un intero inverno senza
cappotto, perché appena riceveva del denaro ne utilizzava buona
parte per contribuire alle spese che Toda sosteneva per le attività.
Era convinto che fossero stati proprio quegli sforzi a consentirgli
di risolvere tutti i suoi problemi di salute e di assumere la presi-
denza della Gakkai con fiducia. Nessuno l’aveva spinto a fare tutto
ciò, aveva agito spontaneamente e con gioia.
Dopo queste lunghe riflessioni, confortato anche dalla lettu-
ra del Gosho, decise di permettere che tutti i membri contri­
buissero con le loro offerte alla costruzione della Grande sala dei
ricevimenti, così che ognuno potesse “seminare nel terreno della
fortuna” della propria vita.
Del resto, in tutti i luoghi in cui si era recato, aveva sempre in-
contrato gente entusiasta che gli aveva comunicato il desiderio di
fare sacrifici mettendo da parte del denaro per poter contribuire
a kosen-rufu. Questo voleva dire che ormai erano molti i credenti
che condividevano il senso di responsabilità personale che aveva
animato Toda. Shin’ichi pensava a tutti quegli individui come a
64 m at e r i a l e d i st u d i o

dei nobili bodhisattva. «Queste persone sono i Sudatta, i Toku-


sho Doji e i Nanjo Tokimitsu della nostra epoca. Molti di loro
sono poveri al momento, ma di sicuro conosceranno un grande
benessere in futuro. Farò quanto in mio potere per far sì che ciò
accada. Devo lodare la loro sincerità e riverirli come farei con il
Budda in persona».
Niente poteva conferire maggior splendore alla Grande sala dei
ricevimenti se non lo spirito radioso con cui i membri mani-
festavano la propria fede. Era di vitale importanza quindi, che
tutti comprendessero appieno il vero significato dell’offerta e
ciascuno approfondisse la consapevolezza della propria missione.
Shin’ichi decise di esporre il suo pensiero in occasione della riu-
nione del direttivo della Soka Gakkai e, qualora avesse ricevuto
l’approvazione, di annunciare la decisione alla riunione generale
del 3 maggio 1961.
65

Gosho
Il conseguimento
della Buddità
in questa esistenza1

Se vuoi liberarti dalle sofferenze di nascita e morte che sopporti dal


tempo senza inizio e ottenere sicuramente la suprema Illuminazione
in questa esistenza, devi cogliere la mistica verità che è originaria-
mente inerente 2 a tutti gli esseri viventi. Questa verità è Myoho-ren-
ge-kyo. Di conseguenza recitare Myoho-renge-kyo ti permetterà di
cogliere questa mistica verità innata in tutti gli esseri viventi.
Il Sutra del Loto è il re dei sutra, autentico e corretto sia nella lettera
sia nella teoria. I suoi caratteri sono il vero aspetto di tutti i feno-
meni e questo vero aspetto è la Legge mistica (myoho). È chiamata

1) RSND, 1, 3-5. Questo Gosho è stato scritto nel 1255, a trentaquattro


anni, a Kamakura, ed è destinato a Toki Jonin. Il titolo originale è Issho Jobutsu
Sho (Nichiren Daishonin Gosho Zenshu, Tokyo, Soka Gakkai, 1952, pag. 383.
Di seguito citato come GZ), reso con l’espressione “il conseguimento della
Buddità in una sola esistenza”. Il termine issho significa letteralmente “una
singola nascita” e si riferisce all’attuale rinascita, ossia a questa esistenza. “Una
sola esistenza” viene usato da T’ien-t’ai in contrapposizione a ryakkoshugyo che
indica le pratiche (shugyo) che gli ascoltatori della voce, i risvegliati all’origi-
ne dipendente (pratyekabuddha) e i bodhisattva dei sutra provvisori dovevano
adempiere per innumerevoli kalpa (ryakko) e quindi attraverso innumerevoli
rinascite prima di conseguire l’Illuminazione.
2) In giapponese Honnu: hon significa letteralmente origine, è lo stesso di hon
di honmon (insegnamento dell’Illuminazione originale) e di honbutsu (Budda
originale), e u significa letteralmente essere presente o esserci. Quindi: origina-
riamente presente.
66 m at e r i a l e d i st u d i o

Legge mistica perché rivela la relazione di mutua inclusione tra un


singolo istante di vita 3 e tutti i fenomeni. È questa la ragione per cui
questo sutra è la saggezza di tutti i Budda.
“Mutua inclusione tra un singolo istante di vita e tutti i fenomeni”
significa che la vita in ogni singolo istante 4 abbraccia il corpo e la
mente 5, l’io e l’ambiente di tutti gli esseri senzienti dei dieci mondi e
anche di tutti gli esseri insenzienti dei tremila regni: le piante, il cielo e
la terra, fino al più piccolo granello di polvere. La vita in ogni singolo
istante permea l’intero regno dei fenomeni e si manifesta in ognuno
di essi. Risvegliarsi a questa verità è di per sé la relazione di mutua
inclusione tra un singolo istante di vita e tutti i fenomeni. Tuttavia, se

3) L’espressione “un singolo istante di vita” corrisponde al giapponese ichinen,


letteralmente “un singolo istante di pensiero” o “il pensiero in un singolo istante”.
4) L’espressione “vita in ogni singolo istante”, che ricorre più volte nel testo,
corrisponde all’espressione giapponese ichinen no kokoro che significa “la mente
in ogni singolo istante di pensiero”. Mente, cuore, vita sono tre parole che nella
nostra lingua possono indicare concetti anche molto diversi ma che spesso corri-
spondono, in particolare nei testi buddisti, allo stesso carattere giapponese: kokoro
(o shin, che corrisponde alla seconda lettura dello stesso carattere). Nel Gosho
Il conseguimento della Buddità in questa esistenza il termine kokoro o shin è stato
tradotto quasi sempre con “mente” e talvolta con “vita”: indichiamo di seguito in
breve le ragioni di queste scelte. Kokoro o shin in generale indica contemporane-
amente sia la mente sia tutte le attività umane di cui essa sarebbe il centro, non
solo quindi del pensiero e della volontà ma anche dei sentimenti. Nel principio
buddista di shikishin funi, non dualità di corpo e mente, shin (mente) è utilizzato
in opposizione a shiki (corpo) – tutto ciò che ha forma e colore, ossia l’aspetto
fisico dell’esistenza – e indica quindi ciò che non ha né forma né colore, l’aspetto
mentale e psichico della vita. Dunque kokoro o shin designa sia la mente sia tutte
le funzioni mentali, come ad esempio la fede o la fiducia, la determinazione,
il coraggio, la compassione ecc., altre espressioni con cui spesso questo termine
viene tradotto. Anche se in italiano è stato reso a volte con il termine “cuore”, non
risulta che vada mai interpretato come “cuore” nel senso di “sede dei sentimenti”
separatamente da “mente” intesa come “sede del pensiero”, bensì in termini di
“vita” che può essere profondamente diretta verso la Legge o verso l’errore.
5) Il termine tradotto qui con “mente” indica l’aspetto mentale o psichico
della vita. È lo shin di shikishin funi, non dualità di corpo e mente. Ha un
significato meno ampio di kokoro (vedi nota 4).
i l c o n s e g u i m e nto d e l l a b u d d i t à i n qu e sta e s i st e n za 67

reciti e credi in Myoho-renge-kyo, ma pensi che la Legge sia al di fuori


di te, stai abbracciando non la Legge mistica, ma un insegnamento
inferiore. “Insegnamenti inferiori” sono quelli diversi da questo sutra,
che sono tutti espedienti e insegnamenti provvisori. Nessun espedien-
te o insegnamento provvisorio conduce direttamente all’Illuminazio-
ne e, senza la diretta via all’Illuminazione, non si può conseguire la
Buddità, neanche praticando vita dopo vita per innumerevoli kalpa.
Conseguire la Buddità in questa esistenza sarebbe dunque impossibile.
Perciò, quando invochi myoho e reciti renge6 devi sforzarti di credere
profondamente che Myoho-renge-kyo è la tua vita stessa 7.
Non pensare mai che qualcuno degli ottantamila sacri insegnamenti
di Shakyamuni o qualcuno dei Budda e bodhisattva delle tre esistenze
e delle dieci direzioni sia al di fuori di te. La pratica degli insegna-
menti buddisti non ti solleverà affatto dalle sofferenze di nascita e
morte a meno che tu non percepisca la vera natura della tua vita 8.
Se cerchi l’Illuminazione al di fuori di te, anche eseguire diecimila
pratiche e diecimila buone azioni sarà inutile, come se un povero stesse
giorno e notte a contare le ricchezze del suo vicino, senza guadagnare
nemmeno mezzo centesimo. Per questo il commentario della scuola
T’ien-t’ai afferma: «Se non si percepisce la natura della propria vi-
ta 9, non si possono sradicare le proprie gravi colpe» 10. Questo implica
che, finché non si percepisce la natura della propria vita 11, la pratica
sarà un’infinita e dolorosa austerità. Perciò queste persone che studia-
no il Buddismo vengono tacciate di essere non buddiste. In Grande
concentrazione e visione profonda si afferma che, benché studino il

6) «Invocare myoho e recitare renge» significa recitare il Daimoku della Legge


mistica, cioè Nam-myoho-renge-kyo.
7) Letteralmente “ogni tuo singolo istante di pensiero”, o “di vita”.
8) Letteralmente “la natura della mente”, vedi nota 4.
9) Letteralmente “mente”, vedi nota 4.
10) Annotazioni su “Grande concentrazione e visione profonda”.
11) Letteralmente “mente”, vedi nota 4.
68 m at e r i a l e d i st u d i o

Buddismo, le loro idee non sono diverse da quelle dei non buddisti.
Sia che tu invochi il nome del Budda 12, che reciti il sutra o sempli-
cemente offra fiori e incenso, tutte le tue azioni virtuose metteranno
nella tua vita 13 buone radici e benefici. Pratica la fede con questa
convinzione. Il Sutra di Vimalakirti afferma che, quando si ricerca
l’emancipazione del Budda nelle menti degli esseri comuni, si scopre
che gli esseri comuni sono le entità dell’Illuminazione e che le sof-
ferenze di nascita e morte sono nirvana. Afferma inoltre che, se la
mente degli esseri viventi è impura, anche la loro terra è impura, ma
se la loro mente è pura, lo è anche la loro terra; non ci sono terre pure
e terre impure di per sé: la differenza sta unicamente nella bontà o
malvagità della nostra mente.
Lo stesso vale per un Budda e una persona comune. Quando una
persona è illusa è chiamata essere comune, quando è illuminata è
chiamata Budda. È come uno specchio appannato che brillerà come
un gioiello se viene lucidato. Una mente annebbiata dalle illusioni
derivate dall’oscurità innata è come uno specchio appannato che, però,
una volta lucidato, sicuramente diverrà limpido e rifletterà la natura
essenziale dei fenomeni e il vero aspetto della realtà. Risveglia in te
una profonda fede e lucida con cura il tuo specchio notte e giorno.
Come dovresti lucidarlo? Solo recitando Nam-myoho-renge-kyo.
Cosa significa myo (mistico)? È semplicemente la misteriosa natura 14
della nostra vita di istante in istante, che la mente non riesce a com-
prendere e le parole non possono esprimere. Guardando la nostra mente
in ogni singolo istante, non percepiamo né colore né forma per veri-

12) «Il nome del Budda» in questo contesto denota Nam-myoho-renge-kyo.


13) Letteralmente “in ogni singolo istante di pensiero” ossia “in ogni singolo istan-
te di vita”.
14) Il termine qui tradotto con “misteriosa” significa in realtà “insondabile” e il
carattere qui reso con “natura” letteralmente significa “luogo”. Nel lessico bud-
dista è spesso usato per indicare il luogo da cui sorgono le funzioni mentali,
ma qui indica la misteriosa natura della vita.
i l c o n s e g u i m e nto d e l l a b u d d i t à i n qu e sta e s i st e n za 69

ficare che esiste. Eppure non possiamo nemmeno dire che non esiste,
poiché molti pensieri differenti sorgono di continuo. Non possiamo né
ritenere che la mente esista né che non esista. È una realtà inafferrabile
che trascende sia le parole sia i concetti di esistenza e di non esistenza.
Non è né esistenza né non esistenza, e tuttavia manifesta le proprietà
di entrambe. È la mistica entità della Via di mezzo che è l’unica vera
realtà. Myo è il nome dato alla misteriosa natura della vita 15 e ho
quello attribuito alle sue manifestazioni. Renge, che significa fiore di
loto, simboleggia la meraviglia e il mistero di questa Legge. Se com-
prendiamo che la nostra mente, o vita 16, in questo istante è myo, allora
comprenderemo che essa 17 è la Legge mistica anche negli altri istanti.18
Tale comprensione è il mistico kyo, o sutra. Il Sutra del Loto è il re dei
sutra, la diretta via all’Illuminazione, poiché spiega che l’entità della
nostra mente o vita 19 in ogni singolo istante, dalla quale sorgono sia il
bene che il male, è in realtà l’entità della Legge mistica.
Se reciti Myoho-renge-kyo con una profonda fede in questa verità, sicu-
ramente conseguirai la Buddità in questa esistenza. Questo è il motivo
per cui il sutra afferma: «Dopo la mia estinzione, dovrebbe abbracciare
e sostenere questo sutra. Tale persona sicuramente, senza alcun dubbio,
conseguirà la via del Budda» 20. Non dubitare mai minimamente.
Rispettosamente.

Mantieni la tua fede e consegui la Buddità in questa esistenza.


Nam-myoho-renge-kyo, Nam-myoho-renge-kyo.
Nichiren

15) Letteralmente “mente”, vedi nota 4.


16) Ibidem
17) Ibidem
18) Questa frase si può interpretare anche: «Se comprendiamo che la nostra
mente, o vita, in questo istante è myo, allora comprenderemo che anche la
mente o vita degli altri è la Legge mistica».
19) Letteralmente “mente”, vedi nota 4.
20) Il Sutra del Loto, pag. 378
70 m at e r i a l e d i st u d i o

ILLUMINAZIONE NELLA VITA PRESENTE21

Se vuoi liberarti dalle sofferenze di nascita e morte che sopporti dal


tempo senza inizio e ottenere sicuramente la suprema Illuminazione
in questa esistenza, devi cogliere la mistica verità che è originaria-
mente inerente a tutti gli esseri viventi. Questa verità è Myoho-ren-
ge-kyo. Di conseguenza recitare Myoho-renge-kyo ti permetterà di
cogliere questa mistica verità innata in tutti gli esseri viventi.

In cosa consiste un’esistenza davvero significativa? Cos’è la vera feli-


cità? Il Buddismo di Nichiren Daishonin è un insegnamento pieno
di speranza che ci permette di forgiare una condizione di felicità in-
superabile e indistruttibile e di condurre una vita di supremo valore,
aiutando nel contempo anche gli altri a fare la stessa cosa.
Tutti hanno il potenziale per conseguire la Buddità e inoltre pos-
sono acquisire questa suprema condizione così come sono, certi
di riuscire a farlo in questa vita. Il Buddismo di Nichiren Dai-
shonin espone con chiarezza questo meraviglioso sentiero per
l’Illuminazione.
Il profondo insegnamento del conseguimento della Buddità in
questa esistenza esposto dal Daishonin fu un’idea rivoluzionaria
che sovvertì completamente il pensiero buddista dominante; a
tutt’oggi continua a brillare come un principio in grado di tra-
sformare radicalmente la nostra epoca spalancando le porte a un
futuro luminoso per il mondo nel XXI secolo.
Perciò mi accingo con entusiasmo a studiare questo Gosho in-
sieme a voi proprio adesso che stiamo partendo con grande
energia per una nuova avventura di crescita e di sviluppo, verso
l’ottantesimo anniversario della Soka Gakkai.

21) Testo della spiegazione di Daisaku Ikeda tratto dal volume Il conseguimento
della Buddità in questa esistenza, Esperia, 2008, pag. 7
i l c o n s e g u i m e nto d e l l a b u d d i t à i n qu e sta e s i st e n za 71

Il profondo significato della recitazione del Daimoku

Il conseguimento della Buddità in questa esistenza chiarisce le basi


teoriche e pratiche del Buddismo di Nichiren Daishonin. Gra-
zie allo studio di questo Gosho, animati dal sincero intento di
farne una guida per la pratica e per lo studio, i membri di tutto
il mondo hanno potuto approfondire la comprensione degli in-
segnamenti del Daishonin nella loro essenza.
Sebbene l’originale non esista più e non si conoscano né la data
esatta di stesura né il nome del destinatario, si ritiene che questa
lettera sia stata scritta a Toki Jonin22 nel 1255. Questa data, di
poco successiva alla proclamazione ufficiale da parte del Daisho-
nin della propria dottrina, è plausibile anche alla luce del con-
tenuto della lettera, in cui si spiega il significato di recitare Dai-
moku in termini sia teorici sia pratici.
La recitazione del Daimoku è la base di tutto l’insegnamento del
Daishonin. Il suo Buddismo, a differenza delle scuole buddiste
ufficiali del suo tempo, non si basava sul culto di una specifica
divinità o Budda; ciò che il Daishonin stabilì fu il mezzo per
realizzare l’ideale del Sutra del Loto, l’ottenimento dell’Illumi-
nazione da parte di tutte le persone. Egli insegnò che attraverso
la pratica di recitare Nam-myoho-renge-kyo è possibile attivare
la nostra intrinseca natura illuminata e manifestarla nello stato
vitale di Buddità.
Nel Buddismo di Nichiren Daishonin vi sono due aspetti del Dai-
moku: il Daimoku della fede e il Daimoku della pratica. Il primo
riguarda l’aspetto spirituale della nostra pratica e consiste essen-

22) Toki Jonin era un seguace laico del Daishonin che viveva a Wakamiya, nel
distretto di Katsushika, provincia di Shimosa (nell’attuale prefettura di Chiba)
ed era al servizio del signore di Chiba. Ricevette dal Daishonin vari scritti che
custodì con cura, fra cui L’oggetto di culto per l’osservazione della mente.
72 m at e r i a l e d i st u d i o

zialmente nella battaglia che ha luogo nel nostro cuore per con-
trastare la nostra condizione interiore illusa, detta oscurità. È una
battaglia contro le forze negative e distruttive interiori per aprire
un varco nell’oscurità che avvolge la natura di Budda e far emer-
gere la condizione vitale della Buddità grazie al potere della fede.
Il Daimoku della pratica riguarda invece l’azione specifica di re-
citare Nam-myoho-renge-kyo e di insegnarlo agli altri, gli sforzi
che compiamo, con le parole e con le azioni, per la nostra felicità
e per quella degli altri, che sono la dimostrazione tangibile della
nostra battaglia interiore contro l’illusione e la negatività interne.
Quando recitiamo Nam-myoho-renge-kyo stiamo recitando il
nome della natura di Budda che esiste nella nostra vita e in quel-
la degli altri, e al tempo stesso la stiamo risvegliando. Quando
la fede vince sul dubbio e sulle illusioni interiori, il potere della
natura di Budda viene risvegliato dal suono del Daimoku e si
manifesta spontaneamente nella nostra vita23.
Il punto essenziale che differenzia il Buddismo del Daishonin
dalle altre scuole buddiste del suo tempo è l’aver stabilito questo
mezzo concreto per conseguire la Buddità. Dalla prima volta che
proclamò Nam-myoho-renge-kyo fino al momento della mor-
te, Nichiren Daishonin si impegnò ardentemente per insegnare
questo supremo sentiero per l’Illuminazione a tutte le persone
della sua terra.

23) Nel Gosho Come coloro che inizialmente aspirano alla via il Daishonin
scrive: «Quando veneriamo il Myoho-renge-kyo che è nella nostra vita come
oggetto di culto, la natura di Budda che è in noi viene richiamata dalla no-
stra recitazione di Nam-myoho-renge-kyo e si manifesta. Questo si intende
per “Budda”. Per fare un esempio, quando un uccello in gabbia canta, gli
uccelli che volano liberi nel cielo sono richiamati e si radunano intorno a
lui. E quando gli uccelli che volano nel cielo si radunano, l’uccello in gabbia
cerca di uscire fuori. Così, quando con la bocca recitiamo la mistica legge,
la nostra natura di Budda viene richiamata e immancabilmente emergerà»
(RSND, 1, 789).
i l c o n s e g u i m e nto d e l l a b u d d i t à i n qu e sta e s i st e n za 73

Nel passo d’apertura del Conseguimento della Buddità in questa


esistenza il Daishonin espone in maniera chiara ed esaustiva la
filosofia di salvezza che sta alla base del suo insegnamento, il cui
scopo è la felicità del genere umano.
Il passo «Se vuoi liberarti […] negli esseri viventi», che vorrei di-
scutere dettagliatamente nel prossimo capitolo, afferma in sintesi
che possiamo liberarci dalle sofferenze eterne di nascita e mor-
te manifestando dentro di noi la mistica verità originariamente
presente in tutti gli esseri viventi. Il nome di questa mistica verità
è Myoho-renge-kyo e il modo per manifestarla è proprio la reci-
tazione di Myoho-renge-kyo.

Il significato della nostra esistenza come esseri umani

Tuttavia, se reciti e credi in Myoho-renge-kyo, ma pensi che la Legge


sia al di fuori di te, stai abbracciando non la Legge mistica, ma un
insegnamento inferiore.

“Conseguire la Buddità in questa esistenza” significa che una


persona comune diventa illuminata nel corso della sua attuale
esistenza e, per estensione, che lo potrà fare così com’è. Perciò
“conseguire la Buddità in questa esistenza” ha lo stesso signifi-
cato di “conseguire la Buddità nella forma presente”, che è la
visione della Buddità esposta nel Sutra del Loto ed esemplificata
dalla figlia del re drago24 nel dodicesimo capitolo, Devadatta.

24) Nel capitolo dodicesimo del Sutra del Loto, “Devadatta”, la figlia di otto
anni del re drago Sagara concepisce il desiderio dell’Illuminazione quando
ascolta il Bodhisattva Manjushri predicare il Sutra del Loto. Si reca allora da
Shakyamuni a cui offre un gioiello e istantaneamente completa la sua pratica
di bodhisattva. Appare quindi in una terra del sud chiamata Mondo Immaco-
lato nel quale consegue lo stato di Buddità senza mutare la sua forma di drago
e predica il Sutra del Loto a tutti gli esseri di quella terra (vedi Il Sutra del Loto,
pagg. 262-265).
74 m at e r i a l e d i st u d i o

Questa visione è in totale contrasto con gli insegnamenti prece-


denti al Sutra del Loto, secondo i quali ci si può illuminare sol-
tanto dopo aver praticato varie austerità per innumerevoli vite.
Poiché la condizione vitale di Buddità è una sola cosa con la Legge
mistica eterna ed è colma di infinita saggezza e compassione, si
tende a considerarla del tutto separata e distante dalla vita delle
persone comuni immerse nelle illusioni. Fu proprio l’idea che ot-
tenere l’Illuminazione richiedesse il superamento di questo abisso
di incalcolabile profondità tra la condizione spirituale di un Budda
e quella di una persona comune che diede origine al pensiero che
fosse necessario svolgere pratiche austere per innumerevoli kalpa.
Il Buddismo di Nichiren Daishonin spiega invece che è proprio
in questa esistenza, in cui siamo nati come esseri umani, che
possiamo realizzare il principio del conseguimento della Buddità
nella propria forma presente rivelato nel Sutra del Loto. Questo
è ciò che portò il Daishonin a chiarire il suo profondo insegna-
mento del conseguimento della Buddità in questa esistenza.
Il Daishonin spiega che analogamente alle diverse qualità di riso,
alcune delle quali maturano prima e altre dopo ma tutte produco-
no un raccolto entro l’anno, coloro che praticano il Sutra del Loto
conseguiranno immancabilmente la Buddità in questa esistenza25.
Il Daishonin attribuisce importanza alla vita presente degli esseri
umani. Naturalmente tutti gli esseri viventi posseggono la natura di
Budda e sono dotati del potenziale per conseguire la Buddità nella

25) Nello scritto La dottrina dei tremila regni in un singolo istante di vita il Dai-
shonin afferma: «Se i devoti del Sutra del Loto svolgono le proprie pratiche
religiose così come insegna il sutra, allora ciascuno di essi, senza eccezione,
conseguirà sicuramente la Buddità nella sua esistenza presente. Facendo un’a-
nalogia, se si seminano i campi in primavera e in estate, si è comunque certi
che, presto o tardi, entro l’anno si mieterà il raccolto. I devoti del Sutra del
Loto appartengono a tre categorie, superiore, media e inferiore, a seconda del-
le loro capacità, eppure tutti otterranno immancabilmente l’Illuminazione in
una singola esistenza» (RSND, 2, 85).
i l c o n s e g u i m e nto d e l l a b u d d i t à i n qu e sta e s i st e n za 75

propria forma presente, ma il motivo per cui il Daishonin pone l’ac-


cento sul conseguimento della Buddità in questa esistenza è che il
suo obiettivo fondamentale è sempre, prima di tutto, la felicità degli
esseri umani. Il cuore umano è sensibile, ricco e multiforme, e ha la
capacità di realizzare imprese straordinarie. Ma proprio per questo
spesso prova grandi sofferenze e tormenti. Al tempo stesso, il cuore
umano può cadere prigioniero di una infinita spirale negativa. Le
nostre vite dovranno forse trasmigrare per sempre nei sentieri del
male o possiamo riuscire a farle entrare nell’orbita del bene?
Come dimostrano molti dei suoi scritti, il Daishonin sottoli-
nea ripetutamente l’importanza cruciale che riveste il cuore o la
mente. È in questo ambito interiore della vita che risiede il po-
tenziale per realizzare enormi cambiamenti, sia dal male al bene
sia dal bene al male. Perciò la dottrina dell’Illuminazione del
Daishonin si può leggere come un processo che ha inizio con
il cambiamento interiore. Grazie al potere della fede possiamo
sconfiggere le forze negative dentro di noi, governate dall’oscuri-
tà fondamentale che risiede in ogni cuore umano, e manifestare
le funzioni positive della vita che sono un tutt’uno con la natura
del Dharma, cioè con la nostra Buddità. L’esistenza presente, in
cui siamo nati come esseri umani, è un’occasione d’oro per assi-
curarci che la nostra vita non debba più trasmigrare nei sentieri
del male ma in quelli del bene.

L’accento sul cambiamento interiore

Perciò, quando invochi myoho e reciti renge devi sforzarti di crede-


re profondamente che Myoho-renge-kyo è la tua vita stessa.

Risveglia in te una profonda fede e lucida con cura il tuo specchio


notte e giorno. Come dovresti lucidarlo? Solo recitando Nam-myoho-
renge-kyo.
76 m at e r i a l e d i st u d i o

Nel Conseguimento della Buddità in questa esistenza il Daishonin


spiega dettagliatamente che non possiamo ottenere l’Illumina-
zione senza un cambiamento profondo nella nostra vita, al livel-
lo del nostro cuore o mente.
Prima di tutto afferma che la mistica verità di cui sono dotati
tutti gli esseri viventi rivela «la relazione di reciproca inclusione
tra un singolo istante di vita e tutti i fenomeni». Ciò significa che
la nostra vita e la nostra mente in ogni momento comprendono
tutti i fenomeni e li pervadono, in una condizione vitale di iden-
tità con l’universo.
Inoltre il Daishonin ci ammonisce a non ricercare la Legge mi-
stica fuori di noi perché, per quanto Daimoku possiamo recitare,
non riusciremo a ottenere l’Illuminazione e, al contrario, la no-
stra pratica buddista sarà solo «un’infinita e dolorosa austerità».
Afferma esplicitamente che «se reciti e credi in Myoho-renge-
kyo, ma pensi che la Legge sia al di fuori di te, stai abbracciando
non la Legge mistica ma un insegnamento inferiore».
Il Daishonin spiega che la chiave per recitare Daimoku è fare
appello a una fede profonda. Facendo così possiamo “lucidare”
la nostra vita e ottenere l’Illuminazione. Scrive: «Perciò, quando
invochi myoho e reciti renge, devi sforzarti di credere profonda-
mente che Myoho-renge-kyo è la tua stessa vita [lett.: è la tua
mente in ciascun momento]» e «Risveglia in te una profonda
fede e lucida con cura il tuo specchio notte e giorno. Come do-
vresti lucidarlo? Solo recitando Nam-myoho-renge-kyo».
Inoltre il Daishonin parla della «mistica entità della Via di mezzo
che è la realtà ultima di tutte le cose», cioè della natura mistica e
insondabile della vita, del nostro cuore e della nostra mente, che
si manifesta come Buddità. Afferma così che Myoho-renge-kyo è
la Legge mistica della vita, del mondo interiore di noi esseri uma-
ni; quando recitiamo Daimoku con profonda fede nella Legge
mistica possiamo conseguire la Buddità in questa esistenza.
i l c o n s e g u i m e nto d e l l a b u d d i t à i n qu e sta e s i st e n za 77

Un umanesimo autentico

Ora vorrei affrontare tre aspetti per i quali la dottrina del Daishonin
sul conseguimento della Buddità in questa esistenza è significativa.
Prima di tutto vorrei far notare che, aprendo la strada dell’ot-
tenimento dell’Illuminazione in questa vita a tutte le persone
attraverso la recitazione del Daimoku, il Daishonin istituì per la
prima volta una dottrina di autentico umanesimo. Permettere a
tutte le persone di conseguire l’Illuminazione è il primo requisito
di una religione veramente umanistica. È questo, a mio avviso,
il significato religioso e filosofico del principio di conseguire la
Buddità in questa esistenza.
Nichiren Daishonin aveva una profonda comprensione del po-
tenziale degli esseri umani: vedeva chiaramente che, grazie a un
profondo cambiamento interiore, essi avrebbero potuto liberarsi
dal ciclo negativo di trasmigrazioni e crearne uno positivo. Espo-
se così un modo pratico per farlo; perciò nessun altro insegna-
mento potrebbe maggiormente meritare l’aggettivo “umanisti-
co” del Buddismo del Daishonin.
Ne Il vero aspetto di tutti i fenomeni il Daishonin scrive: «In tal
caso, sebbene si pensi che Shakyamuni sia dotato delle tre virtù di
sovrano, maestro e genitore per il bene di noi tutti, esseri viventi,
in realtà non è così. Al contrario sono le persone comuni che lo
dotano delle tre virtù»26. Questo passo mette in evidenza il pas-
saggio da una “religione autoritaria” a una “religione umanistica,
centrata sulle persone”27. E il Buddismo di Nichiren Daishonin,
che stabilisce il mezzo concreto per ottenere l’Illuminazione in
questa esistenza, rende possibile tale cambiamento di prospettiva.

26) Il vero aspetto di tutti i fenomeni, RSND, 1, 340


27) Per un’analisi approfondita di questo brano vedi Daisaku Ikeda, L’apertura
degli occhi, Esperia, 2007, pagg. 33-34
78 m at e r i a l e d i st u d i o

Quando il primo presidente della Soka Gakkai, Tsunesaburo


Makiguchi, formulò la sua teoria del valore, non incluse il con-
cetto di “santità” o “sacralità”, considerato un valore religioso
da vari altri filosofi prima di lui. Makiguchi riteneva che il più
alto valore che una religione doveva sforzarsi di realizzare fosse il
“grande bene”. “Grande bene” significa il massimo valore che gli
esseri umani e la società possono creare. Nella teoria del valore
di Makiguchi una vera religione deve servire al benessere degli
esseri umani. Aprire la via per il conseguimento della Buddità
in questa esistenza, come ha fatto il Daishonin, significa fondare
una religione che contribuisce alla felicità degli esseri umani nel-
la maniera più ampia possibile.

Il significato di conseguire la Buddità in questa esistenza


dal punto di vista individuale

In secondo luogo, esponendo la via del conseguimento della


Buddità in questa esistenza, il Daishonin ci ha dato la possibilità
di condurre una vita basata sull’infinito potere della Legge mi-
stica, una vita solida e sicura che infonde coraggio e fiducia in
se stessi. Questo è il significato del principio del conseguimento
della Buddità in questa esistenza nei termini della nostra vita
individuale.
Nel Buddismo del Daishonin ottenere l’Illuminazione non si-
gnifica imbarcarsi in un viaggio interminabile per diventare un
Budda splendente come una divinità, bensì effettuare una tra-
sformazione nelle profondità del nostro essere. Questa conce-
zione rivoluzionaria dell’ottenimento dell’Illuminazione cambia
radicalmente l’intero significato della pratica buddista per come
era sempre stata tradizionalmente intesa.
Non si tratta dunque di praticare per raggiungere le massime
vette dell’Illuminazione a un certo momento in un lontano
i l c o n s e g u i m e nto d e l l a b u d d i t à i n qu e sta e s i st e n za 79

futuro, ma piuttosto di una costante lotta interiore, attimo


dopo attimo, fra le due alternative di rivelare la nostra inna-
ta natura del Dharma oppure di farci dominare dall’oscuri-
tà fondamentale e dall’illusione. Questo sforzo incessante di
perfezionare la nostra vita è il nucleo e l’essenza della pratica
buddista.
Solo vincendo sulla nostra oscurità e negatività interna possiamo
essere vincitori nella vita e rivelare pienamente il nostro poten-
ziale. Lo stesso vale se desideriamo davvero godere di una piena
realizzazione nella nostra vita. In tal senso vorrei sottolineare che
la pratica esposta nel Buddismo di Nichiren Daishonin per con-
seguire la Buddità in questa esistenza è il solo mezzo per vincere
l’oscurità e l’illusione, che sono l’origine fondamentale di tutto
ciò che di male esiste nella vita degli esseri umani, e coltivare
una vera indipendenza, costruire un io solido e raggiungere uno
stato vitale di illimitata felicità e pace della mente. Conseguire la
Buddità in questa esistenza diventa così lo scopo fondamentale
della vita di un individuo.

Il significato di conseguire la Buddità in questa esistenza


dal punto di vista collettivo

Il Sutra del Loto è il re dei sutra, la diretta via all’Illuminazione,


poiché spiega che l’entità della nostra mente o vita in ogni singolo
istante, dalla quale sorgono sia il bene che il male, è in realtà l’entità
della Legge mistica.
Se reciti Myoho-renge-kyo con una profonda fede in questa verità,
sicuramente conseguirai la Buddità in questa esistenza. Questo è il
motivo per cui il sutra afferma: «Dopo la mia estinzione, dovrebbe
abbracciare e sostenere questo sutra. Tale persona sicuramente, sen-
za alcun dubbio, conseguirà la via del Budda». Non dubitare mai
minimamente.
80 m at e r i a l e d i st u d i o

Il terzo motivo per cui ritengo così significativo il principio del


conseguimento della Buddità in questa esistenza è perché co-
stituisce una fonte di speranza per tutta l’umanità che renderà
possibile trasformarne il destino. Questo è il suo significato dal
punto di vista collettivo e universale.
Molti eminenti pensatori e intellettuali condividono la perce-
zione che la civiltà moderna abbia perso di vista l’essere umano
e si trovi in un vicolo cieco su molti fronti. Non si può negare
che il mondo spirituale interiore sia stato trascurato e che trop-
pe persone siano ossessionate dalla ricerca di comodità, agio e
piacere in qualcosa di esterno a loro.
Se non superiamo le fondamentali illusioni umane indotte
dall’avidità, dalla collera e dalla stupidità non potremo risolvere
i numerosi problemi che il mondo attuale ha di fronte, fra cui
la preoccupazione per la crescita economica, una politica priva
di umanesimo, i conflitti internazionali, la guerra, la crescente
disparità fra ricchi e poveri e la discriminazione che dilaga. La
conclusione che ho tratto dai miei dialoghi con grandi pensatori
è che l’unica soluzione reale per gli esseri umani è cambiare, che
l’unica chiave risiede nella “rivoluzione umana”.
Inoltre se non si adotta una visione corretta della vita e della
morte è impossibile vincere radicalmente sull’oscurità e sulle
illusioni interiori. Senza la visione della vita e della morte della
Via di mezzo – una visione che rifugge i punti di vista estremi
della dottrina dell’annichilazione e della dottrina dell’eternità28
– è impossibile ottenere un’autentica e duratura felicità.

28) La dottrina dell’annichilazione è l’attaccamento erroneo all’idea che la vita


abbia inizio con la nascita e termini con la morte. Secondo questa visione esiste
solo la vita presente, e la morte rappresenta la completa cessazione dell’esistenza
sia fisica sia spirituale. La dottrina dell’eternità è una visione altrettanto erronea
secondo cui ciò che esiste nel presente è permanente e immutabile. È una teoria
che rifiuta la nozione di causalità e sostiene che agire bene o male non ha alcuna
influenza sulla propria condizione.
i l c o n s e g u i m e nto d e l l a b u d d i t à i n qu e sta e s i st e n za 81

Per gli esseri umani l’unico modo di cambiare è vincere l’oscurità


interiore e riscoprire la sacralità e la dignità eternamente presenti
nella vita.
Coltivare la nobile spiritualità di cui tutte le persone sono ori-
ginariamente dotate condurrà direttamente a un cambiamento
nel destino dell’umanità. Con questa convinzione noi della Soka
Gakkai ci siamo adoperati per costruire una rete del bene che
abbracci tutto il mondo.
In queste lezioni avrò ulteriori occasioni di parlare di quanto sia
apprezzata questa impresa senza precedenti che stiamo cercando
di realizzare e delle grandi aspettative che suscitiamo.
Alla fine del Gosho il Daishonin scrive: «Non dubitarne mai mi-
nimamente». Sta dicendo di avere completa fiducia nel fatto che
conseguiremo la Buddità in questa esistenza. Le sue parole con-
tengono anche il monito a mantenere una forte fede, altrimenti
sarà facile perdere di vista l’obiettivo fondamentale dell’Illumi-
nazione e cadere negli abissi dell’oscurità e dell’illusione.
Tutti nel profondo del cuore anelano a conseguire l’Illumina-
zione, ma nessun insegnamento è tanto difficile da credere e da
comprendere quanto quello che ci assicura il conseguimento
della Buddità nell’esistenza presente. Noi della Soka Gakkai
abbiamo accettato la sfida di praticare questo profondo inse-
gnamento e condividerlo con le altre persone, in Giappone e
in tutto il mondo.
Come coraggiosi Bodhisattva della Terra stiamo dando prova,
nel mondo di oggi, del potenziale che ha ogni essere umano di
trasformare il proprio destino. Fieri della nostra nobile missio-
ne continuiamo a diffondere con gioia il Buddismo del Dai-
shonin – con la sua dottrina del conseguimento della Buddità
in questa esistenza che permette a tutte le persone di realizzare
la suprema felicità – e a condurre un’esistenza volta a creare il
massimo valore.
82 m at e r i a l e d i st u d i o

DAIMOKU, IL RICHIAMO CHE RISVEGLIA29

La recitazione di Nam-myoho-renge-kyo è una pratica che arre-


ca benefici incommensurabili perché ci permette di risvegliare e
manifestare nella nostra vita il potere illimitato della Legge mi-
stica, la Legge fondamentale dell’universo.
Nichiren Daishonin si batté per realizzare la felicità di tutta l’u-
manità grazie all’illimitato potere benefico di Nam-myoho-ren-
ge-kyo, e nel passo d’apertura del Conseguimento della Buddità in
questa esistenza espone con grande semplicità e concisione le basi
dottrinali di questa impresa.

Se vuoi liberarti dalle sofferenze di nascita e morte che sopporti


dal tempo senza inizio e ottenere sicuramente la suprema Illumi-
nazione in questa esistenza, devi cogliere la mistica verità che è
originariamente inerente a tutti gli esseri viventi. Questa verità
è Myoho-renge-kyo. Di conseguenza recitare Myoho-renge-kyo ti
permetterà di cogliere questa mistica verità innata in tutti gli
esseri viventi.

Questo passo esprime sinteticamente i profondi princìpi del


Buddismo e della rivoluzione religiosa, iniziata dal Budda Sha-
kyamuni e completata dal Daishonin, per realizzare l’Illumina-
zione di tutte le persone. Ogni singola parola e frase è pervasa
della sublime saggezza del Buddismo.
“Liberarsi dalle sofferenze di nascita e morte sopportate dal
tempo senza inizio” è la questione fondamentale dell’esistenza
umana e lo scopo originale della religione. “Ottenere la su-
prema Illuminazione” è la profonda risposta del Buddismo a

29) Testo della spiegazione di Daisaku Ikeda tratto dal volume Il conseguimento
della Buddità in questa esistenza, pag. 19
i l c o n s e g u i m e nto d e l l a b u d d i t à i n qu e sta e s i st e n za 83

questa domanda. “Cogliere la mistica verità originariamente


presente negli esseri viventi” costituisce un ulteriore approfon-
dimento di tale risposta sulla base degli insegnamenti del Sutra
del Loto, e “recitare Myoho-renge-kyo” si riferisce alla pratica
istituita dal Daishonin per consentire a tutte le persone di tra-
durre questa saggezza buddista in azione. L’istituzione di que-
sta pratica è il frutto di una grande compassione che aspira alla
felicità di ogni persona, ed esprime la natura veramente rivolu-
zionaria del Buddismo di Nichiren Daishonin. Da questo scrit-
to, nel suo complesso, appare chiaro che la pratica di recitare il
Daimoku istituita dal Daishonin è la pratica buddista corretta
e suprema. Nelle poche righe d’apertura vengono sintetizzate
le profonde e penetranti ­intuizioni del Buddismo, affinate per
più di due millenni, insieme alla compassione e alla saggezza
per condurre tutte le persone all’Illuminazione che ritroviamo
nel Buddismo del Daishonin.
Commentando questo passo si intende riconfermare che la pra-
tica di recitare Daimoku stabilita dal Daishonin è la forma fon-
damentale della pratica buddista corretta e che la sua istituzione
segna l’inizio di un autentico “Buddismo della gente”, che rende
possibile a tutta l’umanità di raggiungere la stessa condizione
illuminata del Budda.

Liberarsi dalle sofferenze di nascita e morte


e conseguire una condizione di felicità eterna

Cominciamo ad analizzare il profondo significato della prima


frase: «Se vuoi liberarti dalle sofferenze di nascita e morte che
sopporti dal tempo senza inizio».
Il riferimento del Daishonin alle “sofferenze di nascita e
morte sopportate dal tempo senza inizio” si basa sull’idea di
trasmigrazione secondo cui gli esseri viventi attraversano un
84 m at e r i a l e d i st u d i o

ciclo di nascite e morti, incessante e pieno di sofferenza, che


perdura dall’infinito passato all’infinito futuro. Il Buddismo
ritiene che questo circolo vizioso di sofferenza sorga in ultima
analisi dalle illusioni e dai desideri (giapp. bonno), e che la ne-
gativa successione ciclica di illusioni e desideri, karma e sof-
ferenza sia parte integrante della trasmigrazione. In tal senso
le “sofferenze di nascita e morte sopportate dal tempo senza
inizio” rappresentano anche un’interminabile successione di
illusione e sofferenza.
Poiché il pensiero di tale infinita trasmigrazione è veramente in-
sostenibile, le persone cercarono una via per mettere fine a que-
sto ciclo doloroso di nascita e morte e per liberarsi dalle catene
dell’illusione e della sofferenza.
Il Buddismo propone sostanzialmente due modi per affronta-
re tale questione. Uno sostiene che le persone possono liberarsi
dal ciclo di nascita e morte sradicando le illusioni e i desideri
che conducono alla trasmigrazione nel regno del karma. L’altro è
l’approccio mahayana secondo cui l’essenza della vita, sottoposta
alla trasmigrazione, non viene considerata un fenomeno transi-
torio e impermanente.
Le dottrine mahayana espongono per esempio il concetto di at-
traversare il ciclo di nascita e morte in accordo con il voto del
bodhisattva di condurre tutti gli esseri viventi all’Illuminazione,
oppure considerano nascita e morte come un ciclo che emerge
e ritorna alla vita fondamentale dell’universo che tutto abbrac-
cia. Quest’ultima visione si può comprendere con la metafora
delle onde del mare: la nascita è come un’onda che appare sulla
superficie dell’oceano – la vita dell’universo – mentre la morte
è l’onda che si inabissa nuovamente. Acquisire questa compren-
sione dell’essenza della vita che ripete il ciclo di nascita e morte
significa raggiungere la “suprema Illuminazione”, la più alta for-
ma di risveglio del Budda.
i l c o n s e g u i m e nto d e l l a b u d d i t à i n qu e sta e s i st e n za 85

La verità mistica abbraccia tutte le cose ed è inerente a esse

L’espressione «cogliere la mistica verità originariamente presente


negli esseri viventi» significa “ottenere la suprema Illuminazio-
ne”. La saggezza per capire questa “verità originariamente pre-
sente” rappresenta la suprema Illuminazione del Budda.
Il punto in cui il Buddismo si distacca radicalmente dalle filo-
sofie e dalle religioni che lo hanno preceduto è che esso scopre
all’interno della vita dell’individuo la Legge, l’illimitato potere
interiore per risolvere tutte le sofferenze al livello fondamentale.
Un Budda è una persona che, basandosi su questa Legge, ha
conseguito la saggezza ultima per porre fine alla sofferenza e co­
struire un’incrollabile felicità.
Il Buddismo è un insegnamento che crede nell’illimitato poten-
ziale posseduto dagli esseri umani. Perciò viene chiamato la “via
interiore”.
«Cogliere la mistica verità originariamente presente negli esseri
viventi» significa ottenere la suprema Illuminazione, ed è l’unico
mezzo per liberarsi dalle «sofferenze di nascita e morte sopportate
dal tempo senza inizio». Questo è il punto di partenza di Sha-
kyamuni e la conclusione del pensiero buddista. La scrittura che
proclama questa filosofia della “via interiore” è il Sutra del Loto,
che insegna che tutte le persone possono ottenere l’Illuminazione.
Si potrebbe dire che il Sutra del Loto incarna il principio fonda-
mentale del rispetto per la dignità e la sacralità dell’essere umano.
In questo scritto il Daishonin afferma che «la mistica verità che è
originariamente inerente a tutti gli esseri viventi» è «la relazione
di mutua inclusione tra un singolo istante di vita e tutti i feno-
meni». Quest’ultimo principio riguarda la relazione insondabile
che sussiste fra noi – la nostra mente o ciascun istante di vita – e
l’universo; il suo significato è che nella nostra vita sono contenu-
ti tutti i fenomeni e che, al tempo stesso, la nostra vita pervade
86 m at e r i a l e d i st u d i o

tutti i fenomeni. Questo principio corrisponde sicuramente al


significato del “principio di inerenza e pervasione”30 elaborato da
Nichikan Shonin (1665-1726), un importante restauratore del
Buddismo del Daishonin, per descrivere la dottrina dei tremila
regni in un singolo istante di vita.
La vita cosmica abbraccia e pervade tutte le cose e proprio per
questo è anche inerente a tutte le cose. Il concetto della sostanzia-
le unità della vita dell’universo e delle nostre esistenze individuali
è alla base della «relazione di mutua inclusione tra un singolo
istante di vita e tutti i fenomeni». Risvegliarsi a questa mistica
verità significa ottenere la “suprema Illuminazione” del Budda.

Dare un nome alla Legge mistica

Il punto è come mettere in grado le persone di cogliere questa


mistica verità originariamente presente in tutti gli esseri viven-
ti. Sarebbe impossibile fondare un Buddismo accessibile a tutti
se soltanto un numero limitato di persone fosse in grado di
seguire la via stabilita per comprendere la Legge mistica. Pri-
ma del Daishonin il Gran Maestro cinese T’ien-t’ai cercò di
stabilire il mezzo per percepire questa mistica verità attraverso
la pratica della contemplazione e della meditazione sulla Leg-
ge. Ma non si trattava di un mezzo facilmente accessibile alle
persone dell’Ultimo giorno della Legge. Il primo passo che il
Daishonin compì per aprire il grande sentiero dell’Illumina-
zione universale fu di “chiamare per nome” la Legge mistica.
La Legge mistica inerente a tutte le cose in origine non aveva

30) Commentando le parole di T’ien-t’ai: «I tremila regni esistono nella vita in


ciascun istante», Nichikan Shonin nei suoi Scritti in sei volumi dice: «L’intento
di questo sutra [il Sutra del Loto] è rivelare il “principio di inerenza e pervasio-
ne”, secondo il quale tutti i fenomeni sono inerenti a un singolo istante di vita
e un singolo istante di vita pervade tutti i fenomeni».
i l c o n s e g u i m e nto d e l l a b u d d i t à i n qu e sta e s i st e n za 87

nome ma, come spiega il Daishonin nell’Entità della Legge mi-


stica, un saggio, risvegliato a questa verità che aveva percepito
nella propria vita, riuscì a dargli il nome più appropriato31. De-
nominare è un processo creativo. Dare un nome che colga con
esattezza l’essenza di una cosa ha l’importante effetto di rendere
tale essenza accessibile alle persone in modo che anch’esse ne
possano comprendere il valore.
In Il conseguimento della Buddità in questa esistenza, come attesta
la frase «la mistica verità che è originariamente inerente a tutti gli
esseri viventi è Myoho-renge-kyo», il Daishonin afferma chiara-
mente che la mistica verità che costituisce la Legge fondamentale
dell’universo non è altro che Myoho-renge-kyo. Per essere più
precisi, il termine Myoho-renge-kyo esisteva anche prima, come
titolo del Sutra del Loto, ma il Daishonin fu il primo a identifi-
care Myoho-renge-kyo come nome del principio del “vero aspet-
to di tutti i fenomeni”32 che, come insegna il Sutra del Loto, è la
profonda saggezza di tutti i Budda.

31) Il Daishonin scrive: «Questo passo significa che il principio supremo [cioè la
Legge mistica] in origine non aveva nome. Mentre il santo osservava il principio e
assegnava i nomi a tutte le cose, percepì l’esistenza di quest’unica Legge meraviglio-
sa [myoho] dotata simultaneamente di causa ed effetto [renge] e la chiamò myoho
renge. Quest’unica legge di myoho renge comprende in sé tutti i fenomeni dei dieci
mondi e dei tremila regni, nessuno escluso. Chiunque pratichi questa Legge ot-
terrà simultaneamente sia la causa che l’effetto della Buddità» (Entità della Legge
mistica, RSND, 1, 374).
32) Il vero aspetto di tutti i fenomeni è la realtà fondamentale che permea tutti
i fenomeni e non è in alcun modo separata da essi. È un principio espresso nel
Sutra del Loto. Nel Vero aspetto di tutti i fenomeni Nichiren definisce “tutti i
fenomeni” come tutti gli esseri viventi e i loro ambienti nei dieci mondi, e il
“vero aspetto” come la Legge di Myoho-renge-kyo, la realtà fondamentale che
permea tutti gli esseri viventi e i loro ambienti in ciascuno dei dieci mondi.
Tutti i fenomeni sono manifestazioni di questa Legge universale. Il capitolo
“Espedienti” spiega che tutte le persone sono intrinsecamente dotate del po-
tenziale di diventare Budda e sono in grado di attingere a questo potenziale e
manifestarlo nella loro vita.
88 m at e r i a l e d i st u d i o

Inoltre, sebbene il sedicesimo capitolo del Sutra del Loto, “Du-


rata della vita del Tathagata”, narri la vita del Budda eterno dal
punto di vista di Shakyamuni, fu il Daishonin a rivelare per pri-
mo che l’essenza della vita eterna del Budda – il cuore del capito-
lo “Durata della vita del Tathagata” – è Myoho-renge-kyo.
Il Budda eterno, sin dall’ottenimento dell’Illuminazione nel
remoto passato, attraversa ripetutamente il ciclo di nascita e
morte come Budda, mentre appare in varie forme, nell’ambi-
to dei dieci mondi, per la salvezza di tutti gli esseri. Il capitolo
“Durata della vita del Tathagata” rivela che tutti gli esseri vi-
venti dei dieci mondi, Budda compresi, così come la nascita e
la morte, sono manifestazioni della grande vita eterna dell’u-
niverso. Poiché il Daishonin dice che l’essenza del capitolo
“Durata della vita del Tathagata” è Myoho-renge-kyo, possia-
mo dedurre che Myoho-renge-kyo è il nome della grande ed
eterna vita universale rivelata in quel capitolo.
Anche gli esseri viventi dei nove mondi che attraversano ripe-
tutamente il ciclo di nascita e morte seguono il ritmo fatto di
emersione dalla grande vita eterna di Myoho-renge-kyo (nascita)
e ritorno a essa (morte). Essi sono abbracciati da Myoho-renge-
kyo e allo stesso tempo possiedono Myoho-renge-kyo dentro di
sé. Perciò Myoho-renge-kyo è il nome della «mistica verità origi-
nariamente presente negli esseri viventi».
Il Daishonin fu il primo a dichiarare che Myoho-renge-kyo è
il Daimoku da recitare e propagare nell’Ultimo giorno della
Legge.

Recitare Daimoku per percepire la mistica verità

Il Sutra del Loto è il re dei sutra, autentico e corretto sia nella lettera
sia nella teoria. I suoi caratteri sono il vero aspetto di tutti i feno-
meni e questo vero aspetto è la Legge mistica (myoho). È chiamata
i l c o n s e g u i m e nto d e l l a b u d d i t à i n qu e sta e s i st e n za 89

Legge mistica perché rivela la relazione di mutua inclusione tra un


singolo istante di vita e tutti i fenomeni. È questa la ragione per cui
questo sutra è la saggezza di tutti i Budda.
“Mutua inclusione tra un singolo istante di vita e tutti i fenome-
ni” significa che la vita in ogni singolo istante abbraccia il corpo
e la mente, l’io e l’ambiente di tutti gli esseri senzienti dei dieci
mondi e anche di tutti gli esseri insenzienti dei tremila regni: le
piante, il cielo e la terra, fino al più piccolo granello di polvere. La
vita in ogni singolo istante permea l’intero regno dei fenomeni e
si manifesta in ognuno di essi. Risvegliarsi a questa verità è di per
sé la relazione di mutua inclusione tra un singolo istante di vita e
tutti i fenomeni.

Il passo successivo del Daishonin nell’aprire questo grande sen-


tiero consiste nell’istituire la pratica di recitare Daimoku. Il Dai-
shonin fa precedere alla verità universale di Myoho-renge-kyo la
parola nam (una variante fonetica di namu), che significa “dedi-
care la propria vita a”. Recitare ad alta voce Nam-myoho-renge-
kyo rappresenta la determinazione e il voto di dedicare la propria
vita al regno della verità di Myoho-renge-kyo con pensieri, pa-
role e azioni.
Al tempo stesso recitare Daimoku permette a ogni perso-
na di realizzare un’esistenza basata sulla verità universale di
Myoho-renge-kyo. Il punto cruciale è che la recitazione del
Daimoku nel Buddismo del Daishonin non è un semplice
intonare il nome di una “verità esterna”, ma costituisce una
pratica per “tirar fuori” concretamente la “verità interna” che
pervade l’universo e il nostro stesso io e vivere in accordo con
essa. Questa pratica potrebbe essere descritta come un pro-
cesso che stabilisce un io in grado di attivare e attingere dal
proprio interno la «mistica verità originariamente presente in
tutti gli esseri viventi».
90 m at e r i a l e d i st u d i o

Nel corso della storia del Buddismo, anche se il Sutra del Loto
ha sempre insegnato che si dovrebbero aprire gli occhi su questa
mistica verità, con il passare del tempo le persone hanno perso di
vista il fatto che essa esiste nella vita stessa.
Fu in tale contesto che T’ien-t’ai istituì una pratica meditativa
basata sul principio dei “tremila regni in un singolo istante di
vita” e sulla “relazione di mutua inclusione tra un singolo istante
di vita e tutti i fenomeni”, cercando in tal modo di insegnare alle
persone a risvegliare il mondo di Buddità. Il metodo di medita-
zione di T’ien-t’ai, basato sulla “osservazione della mente”, può
essere considerato una pratica appropriata che ristabilì il corretto
sentiero del Sutra del Loto.
Inoltre, per far sì che le persone potessero percepire e concretiz-
zare la «mistica verità che è originariamente inerente a tutti gli
esseri viventi», Nichiren Daishonin le diede il nome di Myoho-
renge-kyo e istituì la pratica di invocare questo nome, cioè la
recitazione del Daimoku, permettendo così a tutte le persone
di basare la propria vita sulla Legge mistica e di dedicarsi a essa.
Dunque fu il Daishonin a stabilire il mezzo col quale tutte le
persone possono risvegliarsi al fatto che la verità della vita e
dell’universo esiste nella loro stessa vita e manifestare concreta-
mente tale verità. Inoltre questa verità è l’illuminata saggezza di
tutti i Budda ed è pienamente rivelata nel Sutra del Loto, che
è il supremo insegnamento del Buddismo. Basandoci su tale
verità possiamo condurre esistenze di supremo valore. Il Bud-
dismo del Daishonin ha reso questo regno della fede accessibile
a ogni persona indipendentemente dal luogo, dal tempo e dalla
sua storia personale. Non sarebbe eccessivo dire che la pratica
della recitazione del Daimoku nel Buddismo di Nichiren Dai-
shonin è ciò che ha dato origine al Buddismo della gente. È
questa la suprema pratica buddista che ci permette di trasfor-
mare radicalmente la nostra vita.
i l c o n s e g u i m e nto d e l l a b u d d i t à i n qu e sta e s i st e n za 91

In altre parole, recitare Daimoku è anche far appello alla nostra


Buddità innata33. È la via diretta per manifestare questa suprema
condizione vitale. La saggezza e la compassione del Budda che
emergono attraverso la recitazione del Daimoku arricchiscono
il nostro essere, recando felicità a noi e agli altri. Inoltre, man
mano che un numero sempre maggiore di persone recita Dai-
moku per la propria felicità e per quella degli altri, sarà possibile
costruire un sodalizio di esseri umani pieni di dedizione la cui
vita risplenderà della compassione del Budda in grado di trasfor-
mare sostanzialmente il destino dell’umanità.

L’alba del Buddismo del sole

Un altro punto da tenere a mente, riguardo al vero significato di


Nam-myoho-renge-kyo, è che questo è anche il nome della vita
del Budda dell’Ultimo giorno, Nichiren Daishonin. Il nome di
Nam-myoho-renge-kyo e la vita del Budda originale sono indis-
solubilmente connessi. Potremmo affermare che la verità fonda-
mentale di Myoho-renge-kyo, che pervade la vita e l’universo, fu
identificata e stabilita per la prima volta soltanto grazie al fatto
che il Daishonin la praticò e la manifestò nelle sue azioni. Egli
diede espressione concreta alla Legge che le persone fino a quel
momento non erano state in grado di percepire.
La vita di Nichiren Daishonin come Budda dell’Ultimo giorno
della Legge non è altro che una vita dedicata a combattere il male

33) Scrive il Daishonin: «Perciò, quando recitiamo una volta Myoho-renge-kyo,


con questo singolo suono chiamiamo e manifestiamo la natura di Budda di tutti
i Budda, di tutte le esistenze, di tutti i bodhisattva e gli ascoltatori della voce, di
tutte le divinità come Brahma, Shakra e re Yama, il sole, la luna e le miriadi di
stelle, di tutti gli dèi celesti e terreni, di tutti gli abitanti dell’inferno, degli spiriti
affamati, animali, asura, esseri umani e celesti e di tutti gli altri esseri viventi.
Questo è un beneficio immenso, incalcolabile» (vedi Come coloro che inizialmen-
te aspirano alla via, RSND, 1, 789).
92 m at e r i a l e d i st u d i o

e a dissolvere l’ignoranza. La lotta per liberare le persone da ogni


sorta di infelicità e sfortuna, da tutto il karma e dalle sofferenze
di nascita, invecchiamento, malattia e morte, richiede in ultima
analisi di combattere l’oscurità fondamentale o ignoranza che dà
origine al male e alla sofferenza.
Il Daimoku ha il potere di dissolvere l’oscurità, come spiega
il Daishonin stesso quando dichiara che il Daimoku di Nam-
myoho-renge-kyo, che egli recita per sé e per gli altri, per la rea­
lizzazione di kosen-rufu, disperde «le nuvole dell’ignoranza»34.
Quando recitiamo Nam-myoho-renge-kyo il sole del mondo di
Buddità sorge nel nostro cuore e l’ignoranza e le illusioni che,
come spesse nubi, oscuravano questo sole, vengono spazzate via.
Quando il sole della Buddità comincia a brillare dentro di noi,
l’oscurità dell’ignoranza svanisce.
Il Buddismo del Daishonin non è un insegnamento nel quale
solo il Daishonin risplende come il sole. È un insegnamento in
cui ogni individuo può far sorgere il sole nella propria vita. Sia-
mo veramente fortunati a poter manifestare la stessa luminosa
condizione vitale di Nichiren Daishonin.
Rispetto a ciò Nichikan Shonin scrive: «Quando si abbraccia
questo Gohonzon, si ha fede in esso e si recita Nam-myoho-
renge-kyo, la propria vita diventa immediatamente l’Oggetto di
culto dei tremila regni in un singolo istante di vita. Diventa la
vita di Nichiren Daishonin»35.
La pratica di recitare Daimoku è veramente il supremo sentiero
per il conseguimento della Buddità, attraverso il quale ogni per-
sona può di diritto diventare un sole splendente.
Il poeta russo Aleksandr Puskin (1799-1837) scrive:

34) La dottrina dei tremila regni in un singolo istante di vita, RSND, 2, 82


35) Commentario a “L’Oggetto di culto per l’osservazione della mente” in Nichikan
Shonin Mondanshu (I commentari di Nichikan Shonin), Tokyo, Seikyo Shimbun-
sha, 1980, pag. 548
i l c o n s e g u i m e nto d e l l a b u d d i t à i n qu e sta e s i st e n za 93

Di fronte all’alba luminosa ogni sofisma vacilla e muore


sfiancato dall’imperitura scintilla della ragione.
Salutiamo l’alba e dissolviamo l’oscurità.36

Quello di Nichiren Daishonin è il Buddismo del sole che apre


la strada a una vita di suprema vittoria per tutta l’umanità. Con
l’unico comune slancio di “salutare il sole che sorge”, proseguia-
mo con vigore e freschezza nel compito di sconfiggere l’oscurità
dell’ignoranza nel cuore delle persone.

“CON CORAGGIO E DILIGENZA”37

Un cammino di trasformazione interiore


aperto a ogni persona

Chi ha un cuore che brilla per dedizione alla verità e alla giu-
stizia non perderà mai la speranza anche di fronte alle peggio-
ri avversità e, anzi, sarà come un faro in grado di illuminare
l’oscurità della sofferenza delle persone, fonte di ispirazione,
fiducia e coraggio.
Quando noi cambiamo, il mondo cambia. La chiave di qualsiasi
cambiamento è la nostra trasformazione interiore, un cambia-
mento del nostro cuore e della nostra mente. Questa è la rivo-
luzione umana. Tutti abbiamo il potere di cambiare, e quando
comprendiamo questa verità possiamo fare emergere tale potere
in qualsiasi luogo, momento o situazione. Il Buddismo di Ni-
chiren Daishonin, che si basa sui princìpi trasformativi del Sutra

36) Tradotto da: Pushkin Threefold: Narrative, Lyric, Polemic and Ribald Verse,
New York, E. P. Dutton and Co., Inc. 1972, pag. 20
37) Testo della spiegazione di Daisaku Ikeda tratto dal volume Il conseguimento
della Buddità in questa esistenza, pagg. 57-68
94 m at e r i a l e d i st u d i o

del Loto, ha reso accessibile a tutti questo grande cammino di


cambiamento interiore attraverso la pratica fondamentale della
recitazione di Nam-myoho-renge-kyo. Studiamo ora il passo in
cui il Daishonin spiega l’atteggiamento di base con cui svolgere
la pratica fondamentale di recitare Daimoku.

Cambiare noi stessi e cambiare la terra

Il Sutra di Vimalakirti afferma che, quando si ricerca l’emancipa-


zione del Budda nelle menti degli esseri comuni, si scopre che gli
esseri comuni sono le entità dell’Illuminazione e che le sofferenze di
nascita e morte sono nirvana. Afferma inoltre che, se la mente degli
esseri viventi è impura, anche la loro terra è impura, ma se la loro
mente è pura, lo è anche la loro terra; non ci sono terre pure e terre
impure di per sé: la differenza sta unicamente nella bontà o malva-
gità della nostra mente.
Lo stesso vale per un Budda e una persona comune. Quando una
persona è illusa è chiamata essere comune, quando è illuminata
è chiamata Budda. È come uno specchio appannato che brillerà
come un gioiello se viene lucidato. Una mente annebbiata dalle
illusioni derivate dall’oscurità innata è come uno specchio appan-
nato che, però, una volta lucidato, sicuramente diverrà limpido e
rifletterà la natura essenziale dei fenomeni e il vero aspetto della
realtà. Risveglia in te una profonda fede e lucida con cura il tuo
specchio notte e giorno. Come dovresti lucidarlo? Solo recitando
Nam-myoho-renge-kyo.

Come ho già spiegato a fondo, la totalità del Buddismo esiste all’in-


terno delle nostre vite e così anche la chiave per il conseguimento
della Buddità – la trasformazione basilare della nostra condizione
vitale – risiede in un cambiamento del nostro cuore o mente.
Per far capire questo punto il Daishonin cita il Sutra di Vima-
i l c o n s e g u i m e nto d e l l a b u d d i t à i n qu e sta e s i st e n za 95

lakirti38 riassumendone alcuni passi nella seguente affermazione:


«Quando si ricerca l’emancipazione del Budda nella mente degli
esseri comuni, si scopre che gli esseri comuni sono l’entità dell’Il-
luminazione e che le sofferenze di nascita e morte sono nirvana»39.
«Gli esseri comuni sono l’entità dell’Illuminazione» significa che
la saggezza per conseguire la Buddità (Illuminazione) si manife-
sta nella vita delle persone comuni immerse nelle illusioni e nei
desideri. Analogamente «le sofferenze di nascita e morte sono
nirvana» significa che la condizione vitale di Budda, caratteriz-
zata da vera pace e serenità (nirvana) si manifesta nella vita del-
le persone comuni afflitte dalle sofferenze di nascita e morte. Il
Daishonin sta spiegando che il Budda e le persone comuni non
sono separati da un baratro insormontabile, che tutto ciò che li
distingue è una differenza «nella mente degli esseri comuni».
Il Daishonin cita anche il passo del Sutra di Vimalakirti che spiega
la differenza fra terre pure e impure, riassumendolo nella frase «se la
mente degli esseri viventi è impura, anche la loro terra è impura, ma
se la loro mente è pura, lo è anche la loro terra»40. Vi si spiega che non
esistono due terre separate ma che l’unica differenza fra terre pure e
terre impure sta nella bontà o malvagità della nostra mente. Secondo

38) Il Sutra di Vimalakirti è un sutra mahayana sulla figura di Vimalakirti,


ricco ed eminente cittadino di Vaishali vissuto all’epoca di Shakyamuni. In
questo sutra rappresenta il modello ideale di credente laico. L’originale sanscri-
to del sutra non è più esistente ma sono rimaste tre traduzioni cinesi fra cui
quella di Kumarajiva che è la più famosa e alla quale di solito si fa riferimento.
39) Qui il Daishonin riassume vari passi del Sutra di Vimalakirti e il relativo
commento del Gran Maestro T’ien-t’ai. Il capitolo quinto del sutra Informarsi
sulla malattia contiene il seguente dialogo: «“E come va ricercata l’emancipa-
zione dei Budda?” chiese Manjushri. “Può essere ricercata nelle menti […]
di tutti gli esseri viventi” replica Vimalakirti» (The Vimalakirti Sutra tradotto
da Burton Watson dalla versione cinese di Kumarajiva, New York, Columbia
University Press, 1997, pag. 66).
40) Questo riassunto è basato sul brano: «Quando la mente è pura, la terra del
Budda sarà pura», Ibidem, pag. 29.
96 m at e r i a l e d i st u d i o

questa visione la terra pura non esiste in qualche mondo ultraterre-


no bensì nel mondo reale, e le persone la raggiungono attraverso la
propria trasformazione interiore. Si tratta di una visione dinamica e
al tempo stesso pratica della terra pura, basata sul concetto di “purifi-
cazione delle terre del Budda” esposto nel Sutra del Loto41.
Il passo del Sutra di Vimalakirti che il Daishonin cita è tratto dal
quinto capitolo, Informarsi sulla malattia, che descrive il dialogo
fra Vimalakirti, eminente credente laico che pratica la via del
bodhisattva e che si è ammalato, e Manjushri, uno dei principali
discepoli di Shakyamuni, che è andato a fargli visita. Quando
gli viene chiesta la causa della sua malattia Vimalakirti risponde:
«Poiché tutti gli esseri viventi sono malati, io sono malato»42. È
un passo famoso, emblematico dello spirito del bodhisattva che
condivide le sofferenze degli altri come se fossero le proprie.
Vimalakirti prosegue spiegando che i bodhisattva scelgono di
nascere fra gli esseri viventi, afflitti dalle illusioni, e di condi-
viderne le sofferenze di nascita e morte allo scopo di istruirli e
guidarli all’Illuminazione. Inoltre, poiché i bodhisattva hanno
costruito dentro di sé una pura condizione vitale illuminata43,
non vengono sviati né sopraffatti dalle sofferenze.
I passi del Sutra di Vimalakirti che il Daishonin cita spiegano
dunque il significato della Buddità e della terra pura dal punto
di vista di un bodhisattva che lotta in mezzo alla realtà della vita
quotidiana. Perciò, concludendo, il Daishonin afferma: «Quan-

41) Cfr. Il Sutra del Loto, pag. 147


42) Vimalakirti dice: «Poiché tutti gli esseri viventi sono malati, io sono mala-
to. Se tutti gli esseri viventi vengono liberati dalla malattia allora la mia malat-
tia sarà curata. Perché? Perché un bodhisattva, per il bene degli esseri viventi,
entra nel regno di nascita e morte, e poiché è nel regno di nascita e morte è
sottoposto alla malattia. Se gli esseri viventi possono ottenere la libertà dalla
malattia allora il bodhisattva non sarà più ammalato», The Vimalakirti Sutra,
op.cit., pag. 65.
43) Ibidem, pag. 65 e segg.
i l c o n s e g u i m e nto d e l l a b u d d i t à i n qu e sta e s i st e n za 97

do una persona è illusa è chiamata essere comune, ma una volta


illuminata è chiamata Budda». Vale a dire che la differenza fra
persone comuni e Budda non è altro che la differenza fra illu-
sione e Illuminazione nella mente delle persone comuni. Come
possiamo allora trasformare l’illusione in Illuminazione?
Nel passo precedente il Daishonin spiega che quando cambia il
cuore delle persone, cambia anche la terra, cioè il loro ambiente
esterno. Fondamentalmente, si tratta di una trasformazione da
illusione a Illuminazione.
Come ho già sottolineato, ciò che rende possibile questa trasfor-
mazione è il Daimoku e, sul piano spirituale, la fede. È attraverso
la fede che possiamo vincere sull’ignoranza e l’oscurità che è alla
radice delle illusioni e manifestare la Buddità di cui siamo origi-
nariamente dotati.
Il Daishonin impiega una celebre metafora per descrivere questa
potenzialità fondamentale di cambiamento: «È come uno specchio
appannato che brillerà come un gioiello se viene lucidato», spiegan-
do così che la recitazione del Daimoku – il mezzo per sconfiggere
l’oscurità interna attraverso la fede – serve a “lucidare” la nostra vita.
Tutti gli esseri viventi sono per loro natura entità della Legge
mistica. E, per sua stessa natura, la condizione vitale di Buddità
ci permette di utilizzare, senza alcun impedimento o limitazione,
l’infinito potere della Legge mistica che esiste dentro di noi, ogni
qualvolta e in qualsiasi forma ci occorra. Il Daishonin paragona
questo supremo stato vitale a uno specchio limpido che brilla
come un gioiello. E tuttavia, pur essendo entità della Legge mi-
stica, se la nostra vita è immersa nell’ignoranza non siamo in
grado di far emergere il potere di questa Legge; in questa condi-
zione oscurata siamo come “uno specchio appannato” incapace
di riflettere alcunché.
Recitare Daimoku è la pratica per lucidare lo specchio appanna-
to della nostra vita.
98 m at e r i a l e d i st u d i o

La strada per lucidare la propria vita:


primo, sfidarsi coraggiosamente

Riguardo alla funzione del Daimoku di “lucidare” la vita, il Daisho-


nin afferma: «Una mente annebbiata dalle illusioni derivate dall’o-
scurità innata della vita è come uno specchio appannato, che però, una
volta lucidato, sicuramente diverrà chiaro e rifletterà la natura essenzia-
le di tutti i fenomeni e il vero aspetto della realtà. Risveglia in te una
profonda fede e lucida con cura il tuo specchio notte e giorno. Come
dovresti lucidarlo? Solo recitando Nam-myoho-renge-kyo».

La metafora dello specchio è veramente calzante. Così come lo


specchio è dotato della proprietà della riflessione, così la nostra
vita è dotata della mistica verità. Ma se uno specchio non vie-
ne lucidato diventerà opaco. Poiché ai tempi del Daishonin gli
specchi erano fatti principalmente di bronzo, si opacizzavano fa-
cilmente; ma se uno specchio è opaco non può più adempiere
alla sua funzione originale e quindi va lucidato regolarmente.
Anche la nostra vita, se la trascuriamo e non la coltiviamo, sarà
avvolta dall’ignoranza. Da qui la metafora dello specchio.
L’atto di lucidare è indispensabile per ripristinare la proprietà in-
nata dello specchio, e inoltre non è sufficiente pulirlo una volta
soltanto. Se vogliamo che mantenga la proprietà della riflessione
dobbiamo continuare a lucidarlo. Come suggerisce questa meta-
fora, la nostra pratica di recitare Daimoku è una lotta per pulire la
nostra vita, per spazzar via la polvere dell’ignoranza e aumentare al
massimo lo splendore della nostra natura illuminata del Dharma.
La pratica di “lucidare” la nostra vita ha due aspetti. Uno consi-
ste nel risvegliare una fede profonda, come ci esorta a fare il Dai-
shonin; potremmo dire anche che consiste nel trovare il coraggio
di combattere la nostra oscurità interna. L’altro aspetto è conti-
nuare questo sforzo costantemente, secondo il monito del Dai-
i l c o n s e g u i m e nto d e l l a b u d d i t à i n qu e sta e s i st e n za 99

shonin di “lucidare con cura il nostro specchio notte e giorno”.


Questi due punti ricordano i due aspetti della recitazione del
Daimoku di cui tratta Nichikan Shonin facendo riferimento
all’espressione del secondo capitolo del Sutra del Loto, “Espe-
dienti”: «Si sono esercitati con coraggio e diligenza»44. Nichikan,
famoso per essere un grande restauratore del Buddismo di Ni-
chiren Daishonin, spiega che “con coraggio e diligenza” (yumyo)
significa far sgorgare con coraggio il potere della fede mentre
recitiamo Daimoku, ed “esercitarsi” (shojin) significa impegnarsi
sinceramente nella pratica della recitazione45.
Quando si recita Daimoku la prima cosa importante è avere lo
spirito di sfida per agire con coraggio. Potremmo definirlo come
l’atto di risvegliare una fede profonda dalle più riposte intimità del-
la nostra vita in accordo con le parole del Daishonin, credendo
fermamente di riuscire ad attivare la Legge mistica dentro di noi,
a manifestare la nostra Buddità innata e a ottenere senz’ombra di
dubbio l’Illuminazione in questa esistenza. Significa anche affron-
tare direttamente i tre ostacoli e i quattro demoni che cercano di
impedirci di recitare Daimoku. Ci occorre uno spirito di sfida in-
stancabile, impavido e assiduo per affrontare e vincere le schiere di
ostacoli che sorgono per assalirci. È proprio sfidando, combattendo
e sconfiggendo l’ignoranza che possiamo “lucidare” la nostra vita.

44) Il Sutra del Loto, pag. 65, giapp.: yumyo shojin.


45) Nel trattato Interpretare il testo in base al suo significato originale in Scritti in
sei volumi, Nichikan Shonin scrive: «Dovreste comprendere che “esercitarsi con
coraggio e diligenza” (yumyo shojin) si riferisce alla fede e alla recitazione del
Daimoku. Significa quindi recitare il Daimoku dell’insegnamento originale.
“Con coraggio e diligenza” (yumyo) è riferito alla fede. Perciò un commentario
afferma: “Yu (con coraggio) significa agire con coraggio; myo (con diligenza)
significa utilizzare tutta la propria saggezza”. Quindi “con coraggio e diligenza”
significa far emergere coraggiosamente e appieno il potere della fede. Shojin
(esercitarsi) significa recitare Daimoku. Un commentario afferma: “Sho (puro)
significa incontaminato; jin (sforzo) significa avanzare incessantemente”».
100 m at e r i a l e d i st u d i o

La strada per lucidare la propria vita:


secondo, continuare

Inoltre è indispensabile continuare. Continuare è assolutamente


indispensabile per conseguire la Buddità in questa esistenza. Il
Daishonin afferma: «Accettare è facile, continuare è difficile. Ma
la Buddità si trova nel mantenere la fede»46. In Il conseguimen-
to della Buddità in questa esistenza possiamo dedurre quanto
sia importante la perseveranza dall’enfasi che il Daishonin pone
ripetutamente sul bisogno di praticare “notte e giorno” e “con
cura”. Continuare a recitare costantemente Daimoku è un requi-
sito essenziale per conseguire la Buddità.
Scrive il Daishonin: «Quando c’è da soffrire, soffri; quando c’è
da gioire, gioisci. Considera allo stesso modo sofferenza e gioia, e
continua a recitare Nam-myoho-renge-kyo. Come potrebbe non
essere questa la gioia senza limiti della Legge?»47. Dobbiamo con-
tinuare a recitare Daimoku sia nei momenti dolorosi sia in quelli
felici. Qui l’accento è sulla parola “continuare” e la chiave risiede
nel continuare a farlo nella sofferenza e nella gioia. Quando ci
troviamo di fronte alla sofferenza non dovremmo arretrare ma
illuminarci alla sofferenza. Non si tratta né di rassegnarsi né di
cercare di fuggire dalla realtà ma di guardarla ben dritta in faccia
e sfidarla coraggiosamente basandoci sul Daimoku. Il Daishonin
spiega che questo è l’atteggiamento corretto per chi pratica la
Legge mistica. La fede nel Buddismo del Daishonin è diretta
costantemente alla trasformazione della realtà.
Naturalmente non è una condizione vitale che si ottiene da un gior-
no all’altro. Ma se continuiamo a sforzarci di migliorare noi stessi
giorno dopo giorno, mese dopo mese e anno dopo anno con costan-

46) La difficoltà di mantenere la fede, RSND, 1, 417


47) Felicità in questo mondo, RSND, 1, 607
i l c o n s e g u i m e nto d e l l a b u d d i t à i n qu e sta e s i st e n za 101

za e continuità, giungeremo senz’altro in maniera del tutto naturale


a conseguirla così come si afferma nel sutra: «Questo cumulo di
gioielli inestimabili è venuto a noi senza bisogno di cercarlo»48.
Quando invece stiamo provando gioia dovremmo ricordarci di
avere gratitudine e sforzarci ancor di più nella recitazione del
Daimoku, mirando allo scopo ultimo di conseguire la Buddità
in questa esistenza. È più difficile approfondire lo spirito di ricer-
ca nella fede nei momenti belli piuttosto che in quelli brutti, per-
ché nei momenti felici è più facile lasciarsi andare e accontentarsi
di come siamo. Invece di essere persone forti nelle avversità ma
deboli quando le cose vanno bene, dovremmo cercare di costru-
ire quel tipo di fede invincibile che ci consente di «considerare
allo stesso modo sofferenza e gioia»49.
Una fede simile si forgia attraverso la pratica come membri della
Soka Gakkai che si sforzano di realizzare il nobile obiettivo di
kosen-rufu e della propria Illuminazione in questa esistenza. So-
prattutto recitare Nam-myoho-renge-kyo, che è la maniera in cui
«lucidiamo con cura il nostro specchio notte e giorno», rafforza
la nostra vita nello stesso modo in cui una magnifica spada viene
forgiata e temprata. Il punto cruciale qui è recitare Daimoku
con un atteggiamento di sfida nei confronti delle difficoltà nei
momenti di sofferenza e recitare Daimoku con apprezzamento e
gratitudine nei momenti di gioia.
“Continuare” è un altro modo per dire “non retrocedere”. At-
traverso le pagine degli scritti di Nichiren Daishonin possiamo
vedere quanta importanza egli attribuisca al non retrocedere mai
e al non permettere che la propria fede si indebolisca. Per citare
solo alcuni passi:

48) Il Sutra del Loto, pag. 141. Queste parole piene di gioia vengono pronun-
ciate dagli ascoltatori della voce, discepoli di Shakyamuni, quando apprendo-
no di poter concretamente conseguire la Buddità che prima era preclusa loro.
49) Felicità in questo mondo, RSND, 1, 607
102 m at e r i a l e d i st u d i o

«[...] chi recita il Daimoku, è l’inviato del Tathagata. Inoltre chi


persevera di fronte a grandi persecuzioni e abbraccia il sutra dall’i-
nizio alla fine è l’inviato del Tathagata»50.
«Rafforzate la vostra fede giorno dopo giorno e mese dopo mese. Se la
vostra determinazione cala anche solo un po’, i demoni prenderanno
il sopravvento»51.
«Porta avanti la tua fede nel Sutra de Loto. Se ti fermi a metà strada
non potrai mai far scaturire il fuoco dalla pietra focaia»52.

Senza una battaglia per vincere l’ignoranza e l’oscurità non pos-


siamo manifestare la natura essenziale dei fenomeni o natura del
Dharma. E, a meno che non continuiamo a ingaggiare questa
battaglia sforzandoci nella fede, non possiamo costruire una
condizione vitale incrollabile che sia una sola cosa con la natura
del Dharma (cioè con la condizione vitale della Buddità). Que-
sto perché se “ci rilassiamo anche solo un po’”, come scrive il
Daishonin, diventeremo vulnerabili alle influenze demoniache.
Inoltre quando ci sforziamo nella fede sorgono inevitabilmente
i tre ostacoli e i quattro demoni ed è sconfiggendoli che pos-
siamo stabilire lo stato vitale di Buddità. Quando purifichiamo
la nostra vita al livello più profondo attraverso la pratica della
recitazione del Daimoku possiamo approfondire, rafforzare ed
espandere oltre ogni limite la nostra condizione spirituale.

Nam-myoho-renge-kyo è una pratica diligente

Il Daishonin si sforzò di condividere la suprema condizione in-


teriore del conseguimento della Buddità in questa esistenza con

50) Più lontana la sorgente, più lungo il corso del fiume, RSND, 1, 837
51) Le persecuzioni che colpiscono il santo, RSND, 1, 885
52) Le illusioni e i desideri sono Illuminazione, RSND, 1, 283
i l c o n s e g u i m e nto d e l l a b u d d i t à i n qu e sta e s i st e n za 103

tutti i suoi seguaci, e di fatto con tutto il genere umano.


La vera grandezza della recitazione di Nam-myoho-renge-kyo è
che essa permette a ogni persona di manifestare la stessa condi-
zione vitale del Budda e condurre un’esistenza di suprema pro-
fondità e significato, come indica il famoso passo della Raccolta
degli insegnamenti orali: «Se in un singolo istante di vita esau-
riamo le sofferenze e gli sforzi di milioni di kalpa, allora istante
dopo istante sorgeranno in noi i tre corpi del Budda53 di cui sia-
mo eternamente dotati. Nam-myoho-renge-kyo è proprio una
tale pratica diligente»54.
Sin dal momento in cui mi fu spiegata dal secondo presidente
della Soka Gakkai, Josei Toda, questa frase è diventata il motto
in base al quale sono vissuto. In tutte le mie battaglie ho sempre
tenuto a mente queste parole.
Il capitolo quindicesimo del Sutra del Loto, “Emergere dalla ter-
ra”, descrive l’apparizione dei Bodhisattva della Terra, un nume-
ro infinito di bodhisattva che emergono dal sottosuolo, e spiega
che essi dimoravano nello spazio vuoto sottostante al mondo di
saha e ricercavano la via del Budda con costanza e diligenza55.
Il passo citato dalla Raccolta degli insegnamenti orali chiarisce la
natura di tale diligenza e di tale sforzo instancabile secondo il
Buddismo del Daishonin.
L’essenza del Buddismo del Daishonin è che coloro che si sforzano
assiduamente di ricercare la via del Budda manifestano automa-
ticamente la condizione vitale del Budda eternamente dotato dei

53) I tre corpi del Budda sono il corpo del Dharma, il corpo di ricompensa e il
corpo di manifestazione. Il corpo del Dharma è la verità fondamentale o Legge
alla quale il Budda si è illuminato. Il corpo di ricompensa è la saggezza per
percepire la Legge e il corpo di manifestazione sono le azioni compassionevoli
che il Budda compie per condurre le persone alla felicità.
54) The Record of the Orally Transmetted Teachings, Soka Gakkai 2004, pag. 214
55) Cfr. Il Sutra del Loto, pag. 296.
104 m at e r i a l e d i st u d i o

tre corpi, in altre parole fanno emergere la loro Buddità innata.


Quando recitiamo Daimoku concentrando in un singolo istante
gli ardui sforzi di incalcolabili eoni, cioè «esauriamo le sofferenze
e gli sforzi di milioni di kalpa», la condizione vitale del Budda
eternamente dotato dei tre corpi (cioè la Buddità) appare dentro
di noi momento per momento.
Nam-myoho-renge-kyo è una pratica che richiede diligenza. Per
risvegliare una fede profonda e continuare costantemente a reci-
tare Daimoku ci vuole davvero un impegno deciso e instancabi-
le. Perseverare con coerenza e totale determinazione56 ci condur-
rà al conseguimento della Buddità in questa esistenza. Attraverso
tali sforzi la nostra Buddità intrinseca – il Budda eternamente
dotato dei tre corpi – si manifesta come inesauribile coraggio,
perseveranza, gioia, saggezza e compassione.

Pregare perché appaiano giovani coraggiosi


e pieni di vigore

“Esercitarsi” significa impegnarsi con coraggio e vigore. Senza


coraggio ed energia non c’è vero impegno. Anche il primo presi-
dente della Soka Gakkai, Tsunesaburo Makiguchi, condusse una
vita di ricerca continua, coraggiosa ed energica. Una volta disse
ai giovani: «Applicatevi con coraggio e vigore! Il Buddismo è
azione; significa darsi da fare costantemente. È quello che faccio
io, persino alla mia età».
Anche il presidente Toda disse ai giovani: «I giovani che desiderano
la felicità dell’umanità dovrebbero per primi ricercare l’essenza di
questa nobile filosofia della rivoluzione umana e impegnarsi con
coraggio e vigore per combattere e vincere su ogni manifestazione

56) Quella che Nichiren Daishonin nel Gosho definisce “unica mente”.
i l c o n s e g u i m e nto d e l l a b u d d i t à i n qu e sta e s i st e n za 105

dei tre potenti nemici, dei tre ostacoli e dei quattro demoni».
Io la penso allo stesso modo e prego ardentemente che in tutto
il mondo appaiano giovani discepoli coraggiosi e pieni di vigore.
Ogni giorno prego per questo, con tutto il cuore.
Impegnarsi con coraggio e vigore è veramente il segno distintivo
dello spirito Soka di maestro e discepolo.
Il Daimoku è la forza trainante del progresso e della vittoria.
Ogni impresa dovrebbe iniziare con la preghiera. Nessuno può
competere con coloro che recitano Daimoku con tenacia.
Recitiamo assiduamente Nam-myoho-renge-kyo mattina e sera,
lucidiamo con cura la nostra interiorità e costruiamo una vita in
cui conseguire una vittoria dopo l’altra.

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