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NR 398 2008

LE BASI DEL BUDDISMO DI NICHIREN DAISHONIN


I DESIDERI SONO ILLUMINAZIONE

Il Buddismo è una pratica dinamica che porta le persone ad affrontare le sofferenze e le conduce
verso la felicità. In questa sezione affrontiamo i princìpi fondamentali della filosofia buddista,
raccontiamo attraverso testimonianze i cambiamenti che le persone hanno sperimentato nella loro
vita, percorriamo le tappe principali della storia del Buddismo, rispondiamo ad alcune domande e
presentiamo alcuni scritti di Nichiren avvertendo i lettori che gli articoli che compongono queste
pagine non sono sempre legati fra loro
Per molti, il Buddismo è associato all’ascetismo, infatti ci sono molte scuole e tradizioni
che sottolineano la necessità di eliminare i desideri e liberarsi da tutti gli attaccamenti.
Secondo l’insegnamento Theravada – che aveva avuto origine dai primi sutra predicati da
Shakyamuni – il corpo era la sede di tutti i desideri e l’ottenimento dell’Illuminazione era
possibile solo attraverso la completa estinzione dei bonno (illusioni e desideri). In questo
modo veniva stabilito un netto dualismo tra desideri e Illuminazione e fra i comuni mortali e
il Budda.
Inutile dire che una vita dominata completamente dai desideri è infelice. Scrive a proposito
il presidente Ikeda: «Una persona dominata dai desideri e dagli istinti non è in grado di
costruire un’identità forte e libera, ma resterà invece in balìa delle circostanze mutevoli
della vita ed è esattamente per questa ragione che alcuni insegnamenti religiosi hanno
sostenuto che sradicare i desideri sia l’unica via verso la salvezza».
Ma i desideri e gli attaccamenti possono essere davvero eliminati? Ikeda prosegue
dicendo: «Tuttavia, il desiderio è una funzione intrinseca della vita e in ultima analisi non si
può estinguere il desiderio senza estinguere la vita stessa. Il desiderio non è quindi
qualcosa di necessariamente dannoso, ma ha piuttosto una valenza neutra in quanto
possiede il potenziale sia di nuocere sia di giovare all’esistenza umana. Ciò che conta non
è perciò sopprimere i desideri, bensì controllarli ed elevarli, indirizzandoli verso il proprio
miglioramento e il raggiungimento dell’Illuminazione» (I misteri di nascita e morte, esperia,
pagg. 205-206). Anche Josei Toda affermò: «Il Gohonzon ci permette di percepire i nostri
attaccamenti per quello che sono e poiché sia voi che io abbiamo desideri, possiamo
condurre vite interessanti e signif icative. Per avere successo negli affari o per propagare il
Buddismo, ad esempio, dobbiamo nutrire attaccamento per queste attività. La nostra fede
fa sì che, anziché lasciarci controllare dai nostri attaccamenti, li usiamo appieno per
diventare felici» (NR, 314, 10).
Come possiamo allora affrontare questo aspetto della vita dal punto di vista buddista? È
nel Sutra del Loto che troviamo un vero cambiamento di prospettiva: i desideri, le passioni,
le illusioni non vanno eliminate ma trasformate. A questo si riferisce il principio “le illusioni e
i desideri sono Illuminazione” (bonno soku bodai, in giapponese). Il signif icato di bonno deriva
dal termine sanscrito klesha ed è tradotto con desideri
terreni, contaminazioni, illusioni, impurità: indica tutto ciò che conduce le persone
all’infelicità. In sostanza, bonno include tutte le funzioni della mente che ingannano,
causano sofferenza e nascondono la natura di Budda.
Soku viene tradotto con trasformazione e si può comprendere con l’esempio di un frutto,
una banana o un cachi che, se colto acerbo, è assolutamente immangiabile a causa della
sua asprezza, ma che diventa dolcissimo una volta lasciato maturare: il potenziale per
trasformare i bonno estremamente aspri nella dolcissima Buddità è intrinseco alla propria
vita. Nichiren Daishonin spiega questo principio di trasformazione affermando che «la
parola soku è Nam-myoho-renge-kyo – e prosegue – la vita del comune mortale è piena di
desideri e illusioni, ma quando egli si dedica alla recitazione di Nam-myoho-renge-kyo, la
sua vita di comune mortale diviene immediatamente illuminata. Basati sulla sua natura
emergente di Budda, tutti i suoi desideri sono purif icati e cominciano a operare
naturalmente a proprio beneficio e per quello degli altri, senza perdere il loro carattere di
desideri» e sempre nell’Ongi kuden dichiara: «Quando Nichiren e i suoi seguaci recitano
Nam-myoho-renge-kyo […] bruciano la legna delle illusioni e dei desideri, ravvivando il
fuoco della saggezza dell’Illuminazione».
Spesso le esperienze di fede dei membri della SGI descrivono eventi e cambiamenti che
apparentemente sembrano concentrati sulla parte esteriore e materiale della vita. Ma tali
“benefici” sono solo una parte della storia. Un nuovo lavoro, la guarigione da una malattia,
un matrimonio riuscito e così via, non sono separati da un profondo processo di rif lessione
su se stessi e di trasformazione interiore. Anche l’impulso più banale e illusorio può essere
trasformato in qualcosa di più nobile e i desideri, che all’inizio sono incentrati su se stessi,
si sviluppano abbastanza naturalmente in desideri più ampi che comprendono anche la
propria famiglia, gli amici, la comunità e infine, il mondo. In questo modo, la natura del
desiderio subisce una profonda trasformazione – lo scopo puramente materiale diventa
desiderio di vivere una vita pienamente soddisfacente dal punto di vista spirituale – e
siamo in grado di scoprire il desiderio originale di tutti gli esseri umani: diventare felici
insieme agli altri.
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la Storia – 5 / La diffusione del Buddismo in Cina e in Giappone
Il Buddismo arrivò in Cina nel I secolo d.C., probabilmente attraverso la Via della Seta, ma
fu soltanto nel V secolo che, grazie all’opera di traduzione della scuola di Kumarajiva, la
sua filosofia fu disponibile senza distorsioni e fu quindi possibile l’elaborazione di un vero e
proprio Buddismo cinese. Infatti, fra il VI e il IX secolo si svilupparono otto importanti
scuole, alcune di derivazione tipicamente indiana, altre, come il C’han (Zen in giapponese)
più propriamente cinesi. Fra queste la scuola del Gran Maestro Chih-i (538-597), che
prese il nome di T’ien-t’ai dalla montagna dove risiedeva. Il Buddismo di T’ien-t’ai, in base
a un’accurata classif icazione delle scritture buddiste, poneva le sue radici nel Sutra del
Loto, da lui identif icato come la vetta più alta dell’insegnamento di Sha kya muni. Elaborò
anche la teoria di ichinen sanzen, i tremila mondi in un singolo istante di vita, secondo cui
tutti i fenomeni sono presenti in un istante di vita e la Buddità è inerente a ognuno di essi.
In Giappone il Buddismo arrivò dalla Corea, probabilmente nel 538 d.C., e intorno alla fine
dello stesso secolo ebbe una grande espansione a opera del principe Shotoku Taishi. Egli
spiegava personalmente alla gente i sutra buddisti, compreso il Sutra del Loto. In seguito
si svilupparono numerose scuole, spesso citate nel Gosho, fra cui la Zen, la Jodo
(Nembutsu), la Shingon e la Ritsu. Il Gran Maestro Dengyo (767-822), il cui vero nome era
Saicho, fondò la scuola Tendai a partire dagli insegnamenti di T’ien-t’ai. Grazie alla
saggezza e alla profonda comprensione del Sutra del Loto, la scuola Tendai si sviluppò
moltissimo, diventando una delle più influenti del Giappone. Il tempio principale della
scuola, situato sul monte Hiei, fu per secoli il più importante centro per lo studio del
Buddismo, in cui anche Nichiren trascorse un periodo di ritiro. Tuttavia, benché il Sutra del
Loto fosse diffuso e rispettato, la difficoltà degli insegnamenti e delle pratiche della scuola
Tendai, fecero sì che il Buddismo che predicava si allontanasse dalla società e dai suoi
problemi. Inoltre il suo clero non fu in grado di contrastare il coinvolgimento delle autorità
religiose nella vita politica e la confusione fra i diversi insegnamenti, che divennero
strumenti per accrescere il potere del clero e il suo distacco dalla gente comune. Come
predetto nel sutra, l’epoca in cui l’insegnamento del Budda era andato perduto e la
confusione regnava sovrana, l’Ultimo giorno della Legge, era iniziato. Fu in questo
scenario che, nel 1222, nacque Nichiren Daishonin.
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Gli Scritti di Nichiren Daishonin

Risposta a Nichigon-ama (SND, 7, 211)


L’8 novembre del terzo anno di Koan (1280) ho ricevuto la petizione scritta con la tua
preghiera, insieme alle offerte di mille monete e di una veste estiva di canapa grezza. Le ho
poste davanti al tesoro del Sutra del Loto e ho riferito agli dèi del Sole e della Luna. Oltre a
ciò, non puoi presumere di valutare [il potere del Gohonzon]: se la tua preghiera avrà risposta
oppure no, dipende dalla tua fede. Non è assolutamente colpa di Nichiren [se non ottieni
risposta].
Quando l’acqua è limpida, la luna vi si riflette. Quando soffia il vento, gli alberi si agitano. La
mente è come l’acqua: una fede debole è come l’acqua torbida, una fede risoluta è come
l’acqua limpida. Gli alberi sono come i princìpi [di tutte le cose] e il vento che li agita è come
la recitazione del sutra. Questo devi comprendere.
Rispettosamente,
Nichiren
Il 29 novembre
CENNI STORICI – Il Daishonin scrisse questa lettera il 29 novembre del 1280 da Minobu.
Nichigon-ama era una credente della quale si hanno scarse notizie. Forse era una parente
di Takahashi Nyudo, influente seguace della provincia di Suruga; si pensa anche che
fosse la madre di Nichigen, un prete della scuola Tendai convertito al vero Buddismo.
Probabilmente Nichigon aveva inviato al Daishonin delle offerte e una lettera nella quale
esprimeva una preghiera per un problema che la preoccupava e pensava che ciò fosse
sufficiente. Ma in poche frasi il Daishonin le insegna qual è l’atteggiamento corretto: non
dobbiamo affidarci a un altro, tutto dipende unicamente dalla nostra fede nel Gohonzon e
dalla sincerità delle nostre preghiere.

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