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Indice

 Introduzione.
Le origini del Buddismo e differenze tra cultura
Orientale e cultura Occidentale p. 2

 1. La storia del principe Shakamuni p. 4

 2. I dieci mondi p. 6

 3. La tradizione cinese. T’ien T’ai p. 8

 4. Buddismo in Giappone: Dengyo p. 10

4.1 La vita di Nichiren Daishonin p. 11

4.2 Proclamazione della legge p. 12

 Bibliografia p. 13

LA FILOSOFIA BUDDISTA

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Introduzione

Le origini del Buddismo e differenze tra cultura Orientale e


cultura Occidentale

Il VI sec. a.C. è caratterizzato da una profonda differenziazione tra la civiltà occidentale


e orientale; infatti, diversamente dalla filosofia greca che ha come principale oggetto di
ricerca la conoscenza della natura e delle sue forze, la speculazione orientale in
particolare quella indiana, si concentra soprattutto sui problemi esistenziali e religiosi.
Essa concepisce la conoscenza in funzione della salvezza o della liberazione dell'uomo.
Mentre Grecia e Roma giacevano ancora nella preistoria, in India si sviluppava la
corrente dell'Induismo, la cui dottrina più antica è contenuta nelle parti antiche dei libri
sacri del RIS VEDA, risalenti presumibilmente intorno al 300-200 a.C..
Sempre in India verso la fine del VI secolo a.C., quando il pensiero greco era ai suoi
albori, Buddha, traendo spunto da una meditazione sul dolore (più precisamente sulle
quattro sofferenze fondamentali della vita: nascita, vecchiaia, malattia e morte), dava
origine a una delle più notevoli religioni filosofiche della storia: il Buddismo.
In Cina invece visse e pensò nello stessa secolo Lao Tzu, autore della dottrina del Tao,
opposta a Confucio (551/479 a.C.) fautore di una saggezza politica e di tradizione.
Anticamente le fonti dell'Induismo sono i Veda, raccolta di antiche scritture composte
da anonimi saggi e Vid, significa vedere.
Attraverso la meditazione, infatti, i saggi si ponevano nelle vesti di veggenti.

I Veda costituiscono una specie di "Bibbia" dell'Induismo.Le masse indiane, invece, non
hanno tanto ricevuto l'insegnamento tramite questi scritti, quanto attraverso racconti
popolari, raccolti in poemi epici; ad esempio il canto del beato (Bhagavad-Gita).
Tale sistema vedeva il vertice della società il clero, costituito dalla casta dei Brahamane.
Tuttavia la crescente corruzione del clero aveva favorito l'affermarsi di asceti e liberi
pensatori che ripudiavano gli insegnamenti tradizionali; Nigantha Nattaputta ad esempio
fondò il Giainismo.
Fu a causa di quel clima che il giovane Shakyamuni, invece di rivolgersi alla religione
tradizionale dei Brahamani, praticò con due noti maestri Yogi del tempo, pur rimanendo
insoddisfatto dei loro insegnamenti. Decise allora di dedicarsi alla via dell'ascesi nel
bosco di Urvela; si rese conto però che l'ascetismo era altrettanto inadeguato

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dell'abbandono al piacere dei sensi per giungere alla verità, ed approdò alla visione della
"via di mezzo " che caratterizza il Buddismo. Una concezione basata su una profonda
saggezza che non separa il corpo dalla mente, ma sa comprendere ed abbracciare tutti
gli aspetti dell'esistenza.
Il concetto pratico è orientato a conoscere la via che permetta all'uomo di salvarsi dal
dolore che gli deriva dall'essere inserito nel flusso dell'esistenza: finchè l'uomo pensa di
essere separato dall'ambiente naturale, resterà sempre irretito nella trama dell'esistenza e
del dolore.
Emblematico argomento è la legge del "karma", concetto tipicamente indiano.
Barman, significa "azione". E tale legge non esaurisce i suoi effetti neppure con la
morte dell'individuo; secondo l'Induismo le nostre azioni e le nostre parole producono
effetti duraturi.
Mentre ha inizio il processo di decomposizione, permane un corpo sottile che non
muore, ma è in grado di iniziare una nuova vita reincarnandosi in un altro corpo. La
legge del canna vuole che ognuno sconti il male compiuto attraverso le sue azioni
nella sua stessa vita o in quella successiva.
E' questo il vero distinguo tra cultura orientale ed occidentale.
Per il Buddismo, infatti è soprattutto importante che l'individuo abbia piena coscienza
che la via principale per liberrsi dal dolore dell'esistenza, consiste nel riconoscere l'unità
e l'armonia di tutta la natura, uomo compreso.

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1. La storia del principe Shakyamuni

Siddharta Gautana, conosciuto anche come principe Shakyamuni, principe di


Shakya, tribù vissuta alle Appendici dell'Himalaya, Nepal. Visse tra il VI e V secolo,
abbandonando le sue cospicue ricchezze si allontanò dalla corte dopo avere
incontrato (così narra la leggenda), un vecchia, un'ammalato, un funerale, infine
un'asceta.
gli studiosi hanno individuato, alcuni principi rappresentativi del suo insegnamento e le
più famose sono probabilmente le cosiddette "quattro nobili verità"; prima insegna che
l'esistenza nel mondo di Saha (nel quale viviamo) è caratterizzata dalla sofferenza che a
sua volta è causata dai desideri (seconda verità). Sradicando i desideri l'individuo può
liberarsi dalla sofferenza e raggiungere uno stato di pace ed illuminazione chiamato
sovente Nirvana (terza verità). Per ottenere questo scopo, occorre seguire una disciplina
nota come ottuplice sentiero (quarta verità); questo sentiero è l'insieme di principi
narrati che raccomandano di coltivare: rette visioni, retto pensiero, rette parole, rette
azioni, un retto modo di vivere , retti sforzi, retta concentrazione e retta meditazione.
Altra dottrina è quella dei Dodici Anelli, detta Catena Causale, che mette in risalto
anello dopo anello, la relazione causale che intercorre tra ignoranza e sofferenza. Scopo
di tale dottrina è quello di risvegliare l'individuo alla vera essenza della realtà,
aiutandolo a liberarsi dall'ignoranza e dalla sofferenza.
Shakyamuni divenne membro dell'Ordine Buddista che comprendeva monaci e
monache; solo in questa condizione priva di legami famigliari, vivendo in povertà e
castità e dedicandosi allo studio e alla disciplina era possibile raggiungere lo stato di
Buddità.
Secondo il principio del Karma, tutte le azioni morali, compiute da una persona, sia
buone che cattive, producono nella sua vita effetti che non si manifestano
necessariamente nell'immediato, ma possono richiedere un certo lasso di tempo. Il
Buddismo accolse il principio della Rinascita e della Trasmigrazione, insegnando che le
circostanze e l'ambiente in cui un essere rinasce sono determinate dalle azioni positive e
negative compiute nell'esistenze precedenti.

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L'insieme dei principi delle pratiche descritte sono spesso indicate col termine di
Buddismo Hinayana (piccolo veicolo); è un termine dispregiativo utilizzato per indicare
il Buddismo delle origini, da un gruppo che a sua volta, si definiva Mahayana (grande
veicolo) che riteneva le proprie dottrine superiori alle prime forme di Buddismo.
Il movimento Mahayana sembra abbia mosso i primi passi in India, intorno al I e II
secolo d.C.. Il suo obiettivo era quello di aprire la vita religiosa ad una più larga parte
della popolazione.
Nel Buddismo delle prime generazioni, scopo fondamentale della pratica religiosa era
raggiungere lo stato di Arhat (perfetto), ovvero colui che non ha più nulla da
apprendere, ed è libero dal ciclo delle rinascite negli stadi inferiori dell'esistenza.
Il Buddismo Mahayana, invece, indirizzò immediatamente i suoi seguaci, uomini e
donne verso il supremo stadio di illuminazione: lo stato di Buddità. Il Buddismo
delle origini descrisse spesso il Buddha Shakyamuni come un individuo che era stato
Bodhisattwa nelle esistenze passate, allorché stava ancora avanzando versa
l'illuminazione.
Ma nei testi Mahayana, come il Sutra del Loto, i Bodhisattwa sono rappresentati in
numero illimitato.
Risulta che le dottrine Mahayana abbiano influenzato in modo determinante l'India
Nord Occidentale, da dove si sarebbero diffuse nell'Asia Centrale, in Cina.
Di conseguenza il Buddismo cinese è stato fin dall'inizio Mahayana e questa versione
della fede nei secoli si diffuse in Corea, Giappone e in Vietnam, dove continua ad
esistere ancora oggi.

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2. I dieci mondi

Si riteneva che il mondo in cui viviamo fosse costituito da quattro continenti


che circondavano una gigantesca montagna centrale, il monte Sumeru.
Gli esseri viventi vivevano nel continente situato a sud, chiamato Jambudvipa, il
continente degli "alberi di Jambu". Al di fuori di questo mondo ne esistono
innumerevoli altri, sparsi in tutte le direzioni, governati da vari Buddha. Tutti questi
mondi, compreso il nostro sono soggetti ad un incessante ciclodi formazione,
stabilità, declino e disintegrazione.
Gli esseri viventi comuni che vivono nel nostro mondo attuale rientrano in sei categorie
cioè vivono in uno dei sei regni dell'esistenza, strutturati gerarchicamente secondo il
grado di desiderabilità. Al livello inferiore vi sono coloro che vivono nel mondo di
Inferno. Questo esseri a causa di azioni malvagie compiute in passato sono costretti a
soffrire per determinati periodi di tempo nei vari tipi di Inferno situati al di sotto della
terra.
Il più terribile di tutti è il cosiddetto Inferno Avichi, l'Inferno della
sofferenza incessante.
Al livello immediatamente superiore si trovano gli spiriti sofferenti, esseri tormentati da
fame insaziabile e da desideri irrefrenabili (mondo dell'avidità); viene poi il mondo
delle bestie e degli esseri dominati da istinti animaleschi ( mondo di animalità), sopra al
quale si trova il regno degli Asura, demoni che nella mitologia indiana, sono
rappresentati
come continuamente impegnati in furiose battaglie(mondo di collera). Queste prime tre
o quattro stati rappresentano i cosiddetti "cattivi sentieri", stati dell'esistenza più infimi,
dolorosi e miserabili.
Al quinto livello si trova il regno degli esseri umani, seguito dal sesto, quello degli
esseri celesti o Dei.
Anche gli Dei, sebbene vivano in gran lunga in condizioni più felici degli esseri degli
altri mondi, sono destinati a morire prima o poi; qualunque sia il regno di appartenenza,
tutti gli esseri dei sei mondi ripetono il ciclo senza fine della morte e della rinascita,

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movendosi da uno all'altro dei sei stati dell'esistenza secondo delle azioni positive o
negative compiute, ma senza poterle interrompere.
Il Buddismo Ma.hayana aggiunge a questi primi sei, altri quatto mondi, detti "mondi
mobili", che rappresenta la vita illuminata. Il settimo mondo è quello dei Shravaka, gli
"ascoltatori della voce".A questo mondo appartenevano i discepoli del Buddha, ovvero
coloro che facevano parte dell'ordine buddista e avevano appreso direttamente dal
Buddha, le dottrine e le pratiche. In seguito diventò il termine per indicare i monaci che
seguivano gli insegnamenti del Buddismo delle origini, come le quattro nobili verità e si
sforzavano di conseguire lo stato di Arhat (di perfezione).
Una volta raggiunta quella condizione, essi interrompevano i propri sforzi, convinti
di aver raggiunto la massima condizione cui potessero aspirare.
Al di sopra di essi vi sono coloro che raggiungono l'illuminazione da soli, ma che
non fanno nulla ad insegnare agli altri la via dell'illuminazione, né si prodigano nel
loro aiuto.
Il nono stadio è quello dei Bodhisttwwa. Essi mossi dalla compassione decidono di
rinunciare al mondo di buddità e continuano a vivere nel mondo di Saha per alleviare le
sofferenze altrui.
Il decimo livello è quello di Buddha. Lo stato di buddità è secondo il buddismo
Mahayana presente in tutti gli esseri viventi, e l'uomo dovrebbe sforzarsi di raggiungere
questa condizione che è-nelle sue possibilità, purchè non si contenti di raggiungere scopi
inferiori e continui ad avere fede nel Buddha e negli insegnamenti contenuti nelle
scritture sacre.

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3. La tradizione cinese. T’ien T’ai

Il mondo percepito attraverso i sensi, il mondo fenomenico conosciuto nel Buddismo


delle origini,era descritto come “vuoto” perché insegnava che tutti i fenomeni hanno
origine da cause e condizioni ,sono in costante divenire e sono destinati a mutare nel
tempo. Si riteneva inoltre che essi fossero vuoti nel senso che non possedevano
caratteristiche inerenti o permanenti che permettessero di rappresentarli, dato che erano
continuamente soggetti a un costante processo di trasformazione.
Ma nel pensiero Mahayana divenne usuale sottolineare non tanto gli aspetti negativi
della dottrina del vuoto, ma quelli positivi.Se tutti i fenomeni sono caratterizzati dalla
vacuità, allora il vuoto deve costituire la natura propria e immutabile dell’esistenza .
Pertanto il mondo assoluto e immutabile deve essere un tutt’uno con il mondo
fenomenico, tutte le distinzioni mentali e fisiche che noi distinguiamo con la nostra
mente devono essere parte di una singola unità che le compenetra. Il concetto di “vuoto”
condusse i filosofi Mahayana che il “Samsara”, il mondo della sofferenza e del ciclo di
rinascita e di morte, è in definitiva identico a quello di Nirvana.
I desideri terreni sono illuminazione:ciò rappresenta l’avvento di una vera e propria
rivoluzione della filosofia buddista.
Il buddismo arrivò in Cina nel I sec. D.c, probabilmente attraverso la via della seta, ma
fu soltanto nel V sec. ,grazie all’opera di traduzione della scuola di Kumarajiva, che la
sua profonda filosofia , fu a disposizione senza distorsioni e fu quindi possibile
l’elaborazione di un vero e proprio Buddismo cinese.
Infatti, fra il VI e il IX sec. si svilupparono otto importanti scuole, alcune di derivazione
tipicamente indiana,altre come il C’han’(Zen in giapponese), più propriamente cinesi.
Fra queste scuole,quella del Gran Maestro Chihi (538/597), che prese il nome di T’ien
T’ai dalla montagna dove risiedeva..Egli pose il Sutra del Loto al vertice di tutti gli
insegnamenti di Shiakyamuni.
T’ien T’ai classificò i Sutra in base ad uno schema di cinque periodi della vita del
Budda.

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Il primo, detto Kegon,al quale appartiene “Il Sutra della Ghirlanda Fiorita”, risale a
tempi immediatamente successivi all’illuminazione, in cui il Budda provò a
trasmetterne i contenuti così per come li aveva sperimentati.
Quell’insegnamento era però troppo profondo per poter essere compreso dalla gente
comune, così egli decise di predicare una serie di insegnamenti preparatori.
Nel secondo periodo (detto Agon),il Budda insegnò il Sutra del canone Pali,contenenti
regole disciplinari e semplici insegnamenti accessibili a tutti.
Al terzo periodo (Hodo) appartengono i Sutra della Mahayana delle origini,sono tre e
contengono l’estratto in cui il budda vide risvegliare il desiderio di ricerca
dell’illuminazione,raccontando varie storie dei vari Budda.
Al quarto periodo appartengono i Sutra della Perfezione e della saggezza ,i Paramita
Sutra, in cui il budda spiegò la Legge Mistica attraverso il concetto di “ Vuoto”.
Soltanto nell’ultimo periodo(Hokke Nehan),durato otto anni, il Budda rivelò la verità. A
questo pereiodo appartengono il Sutra del Loto e il Sutra del Nirvana.
T’ien T’ai lasciò tre importanti trattati sul Sutra del Loto e sul sutra del Nirvana:
l’Hokke Mongiu e l’Hokke Gengi. Quest’ultimo, considerato il Sutra del Loto del Medio
Giorno della Legge, è di particolare importanza in quanto contiene il principio di
“Ichinen Sanzen”:tremila mondi in un unico istante di vita.

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4. Buddismo in Giappone: Dengyo

In Giappone il Buddismo arrivò dalla Corea, probabilmente nel 538 D.c. e intorno alla
fine dello stesso secolo ebbe una grande espansione a opera del principe Shotuku
Taishi, il quale si convertì alla nuova religione ed eresse numerosissimi templi e Stupa.
Egli spiegò personalmente alla gente i Sutra Buddisti compreso il Sutra del Loto.
In seguito si svilupparono in Giappone numerose scuole tra cui lo Zen, la Jodo
(Nembutsu), lo Shindon e la Ritsu.
II Gran Maestro Dengyo (767-822), il cui vero nome era Saicho, fondò in Giappone la
scuola Tendai, a partire dagli insegnamenti del cinese T’ien T'ai basati sul Sutra del Loto
e grazie alla sua saggezza e alla sua profonda comprensione del Sutra del Loto, la scuola
Tendai si sviluppò moltissimo, diventando una delle più influenti del Giappone.
Il tempio principale della Scuola, situato sul monte Hiei, fu per secoli il più, importante
centro per lo studio del Buddismo, in cui anche Nicheren passò un periodo di ritiro. Al
presti della scuola Tendai contribuirono anche alcuni dibattiti ai quali Dengyo partecipò
sconfiggendo i suoi oppositori.
Tuttavia, benchè il Sutra del Loto fosse diffuso e formalmente rispettato, la difficoltà
degli insegnamenti e delle pratiche della scuola Tendai unita alla tendenza dei monaci
di quella scuola a isolarsi sul monte Hiei, fecero sì che il Buddismo Tendai si
allontanò gradualmente dalla realtà della vita sociale e, a causa del suo isolamento fu
impotente nella lotta contro la

corruzione, l'ignoranza e la miseria, le caratteristiche dominanti della Società giapponese


dell'epoca.

Inoltre il clero Tendai non fu in grado di contrastare il coinvolgimento delle autorità


religiose nella vita politica e la confusione tra i diversi insegnamenti, fece sì che
divennero strumenti per accrescere il potere del clero e il suo distacco dalla gente
comune. Come predetto dai Sutra, L‘epoca in cui l‘insegnamento del Budda era andato
perduto e la confusione regnava sovrana: 1'ultimo giorno della Legge era iniziato.
Fu in questo scenario che nel 1222 Nichiren Daishonin, fece la sua apparizione.

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4.1 La vita di Nichiren Daishonin

Nichiren Dainshonin nacque il 6 febbraio 1222 a Kominato una località sulle coste della
penisola di Boso, che delimita, a est la baia di Tokyo. II padre si chiamava Nikuni No Tayn e la
madre Umeak Nyo. Nel dibattito sull'oggetto di culto dice " Io vengo da una famiglia
dì.pescatori, da un luogo chiamato Katani, nel paese di Tojo, distretto di Nepo, provincia di
Awa.. Nella lettera da Sado dice:"Questo e' successo anche a Nichiren ,che in questa vita e' nato
povero e umile in una famiglia Chandala".
Nella società indiana, Chandala era la classe più bassa, quella degli individui che facevano
lavori impuri come il macellaio o i becchini. Poichè i pescatori vivevano uccidendo pesci, il
Dainshonin si definì di famiglia Chandala,
A dodici anni arrivò nel tempio Seicho ji per ricevere un'istruzione religiosa e generale. Nella
Refutazione di Ryokan e di altri preti dice che sin da ragazzo aveva grande desiderio di
apprendere e al tempio Seicho ji pregò davanti alla statua del Bodhisattwa Koki per poter
diventare l'uomo più saggio del Giappone.
A sedici anni fu ordinato prete dall’abate Dozen Bom ,il suo maestro, e prese il nome di Zesho
Bo e si dedicò a studiare approfonditamente le scritture e le dottrine.delle varie scuole. A
diciotto anni si recò a Kamakura dove rimase .3 anni, studiando:più insegnamenti delle sette
Zen e Jodo. Dopo altri dieci anni di studio sul Monte Hiei, sede della setta T-aim sul monte
Kaua, si convinse che l'insegnamento fondamentale di Shakyamuni fosse il Sutra del
Loto e che nella profondità di questo Sutra fosse nascosta la Grande legge di Nam-Myo-
ho-renge-kyo.

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4.2 Proclamazione della Legge

A 32 anni tornò al Seicho ji ,a mezzogiorno del 28 aprile 1253 tenne il suo primo
sermone e, davanti a1 Dozen Bo, e ad altri preti e a numerosi ascoltatori laici, proclamò
che Nam-Myo-ho Renge -Kyo, era la grande Legge Nascosta nella profondità del
capitolo Juryo del Sutra del Loto, e' la sola che può condurre all'illuminazione l'umanità
nell'epoca di Mappo. In questa occasione si diede il nome Nichiren (II Sole /Loto) Il
fatto che mi sia dato il nome Nichiren significa che ottenni l'illuminazione da solo. In un
altro Gosho scrive: " C'è qualcosa più brillante del sole e della luna? C’è qualcosa di
più puro del fiore di loto? Sutra del Loto è il sole e la luna è il fiore di loto. Per questo è
chiamato Nam- mvo-ho- Renge- Kyo. Anche Nichiren è come il sole e la luna e come il
fiore di loto" II nome Nichiren significa che il Dainshonin è il Budda originale che
illuminerà 1'umanità nella degenerata epoca di Mappo, e che “farà sbocciare la felicità
dalle tribolazioni del mondo come il Loto che sboccia candido dalle acque melmose
dello stagno”.
Nel suo primo sermone egli affermò che le principali sette del tempo, basate su principi
non più validi per la nostra epoca, non portano alla salvezza ma alla rovina, la setta Zen
è opera dei Diavoli, la Ritsu è traditrice e la Shindon causa il declino della nazione. Tali
affermazioni suscitarono l’ira di Toja Kageno Bo, signore e fervente credente della
Setta Jodo, che ordinò di arrestarlo. Ma Dozen Bo incaricò due preti di condurlo in
salvo.
II Dainshonin si recò quindi a Kamakura e si stabilì in un casolare da dove iniziò la
sua attività di propagazione.. Ai tempi del Dainshonin il Giappone era stato colpito da
una serie di terremoti, incendi, inondazioni, siccità, carestia e pestilenza.
Dopo il disastroso terremoto che colpi Kamakura l'agosto 1253, si recò a Inamoto, nel
tempio di Isso a rileggere le scritture e a meditare sulle tre calamità e i quattro
disastri. Nella sua vita realizzò il suo profondo desiderio di coinvolgere tutte le
persone e divulgare il concetto che “la buddità e in ognuno di noi e non solo in
coloro che Vivono nei templi”. .
Ancora oggi il Buddismo di Nichiren Dainshonin è diffuso nel mondo.

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Bibliografia

 IKEDA DAISAKU, Il sutra del loto, Milano, Esperia ed., 1999

 MARINIELLO FRANCESCO, Il principe Shakyamuni, Milano, Esperia ed.,


1995

 MICHELI C. (acura di ), Il buddismo di Nichiren Daishonin, Milano, Esperia


ed., 1998

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