Sei sulla pagina 1di 3

: 1 - 76

Prologo
Traduzione a cura della prof.ssa Marzia Zamboni.

Apollo: O reggia di Admeto, in cui proprio io sopportai di accettare una mensa servile pur essendo io
una divinità. Zeus, infatti, è causa. Lui che ha ucciso mio figlio Asclepio, gettandogli una
folgore nel petto. E di ciò adirandomi, ho ucciso i Ciclopi, artefici del fuoco di Zeus; e mio
padre mi costrinse per espiazione a servire presso un uomo mortale, e, essendo giunto in
questa terra, pascolavo i buoi per il mio ospite (Agmeto) e custodivo questa casa fino a questo
giorno. Infatti, essendo io puro, m’imbattevo in un uomo (a sua volta) puro, il figlio di Ferete,
che ho salvato dalla morte (dal morire), avendo ingannato le Moire. Le Dee, accettarono per
me che Admeto potesse sottrarsi alla morte imminente se questi avesse dato in cambio
un altro morto a quelli di laggiù. Passando in rassegna tutti i (suoi) cari, e avendo messo
alla prova il padre e la vecchia madre che l’aveva partorito, non trovò, eccetto la moglie, che
fosse disposto a morire al suo posto e a non vedere più la luce; ora, lei è portata sulle braccia
per la casa, agonizzante: infatti, è stato stabilito dal Fato che essa muoia in questo
giorno, e si stacchi dalla vita. Ed io, perché la contaminazione in queste cose non mi
raggiunga, lascio il tetto carissimo di queste travi, ma già vedo vicino questo Thanatos,
sacerdote e re degli estinti, che sta per condurla giù nella casa di Ade. È arrivato al
momento giusto, spiando questo giorno in cui è necessario che essa muoia.

Thanatos: Ah! Perché tu (sei) davanti a questa casa? Perché tu ti aggiri qui, O Febo? Di nuovo fai
ingiustizia agli onori degli Dei Infernali, ponendo confini, e cercando di farli cessare. Non
ti è bastato impedire il destino di Admeto? Avendo fatto cadere le Moire, con arte
ingannevole, e ora di nuovo preparando la mano armata d’arco, sorvegli costei che ha
accettato di morire scegliendo il marito, lei, la figlia di Penia.

Apollo; Coraggio: ho certo argomento giusto e ragioni oneste.


Thanatos: Che bisogno c’è dunque dell’arco, se sei nel tuo buon diritto?
Apollo: È cosa consueta per me portare queste cose.
Thanatos: E anche giocare contro giustizia a questa casa.
Apollo: Si, perché sono oppresso dalle sventure di un uomo amico.
Thanatos: E mi priverai di questo secondo morto?
Apollo: Ma neppure quello te lo tolsi a forza.
Thanatos; Come mai è sulla terra e non giù di sotto?
Apollo: Perché ha dato in cambio la sposa, per la quale tu ora sei giunto.
Thanatos: E la condurrò via con me nella terra di sotto.
Apollo: Avendola presa, vattene: infatti non so se potrei convincerti.
Thanatos: A uccidere chi dovrei uccidere? Infatti siamo stati incaricati per questo.
Apollo: No, a gettare la morte su quelli che stanno per / si attardano nella vita a morire.
Thanatos: Capisco il tuo discorso e il tuo desiderio.
Apollo: C’è dunque un modo che Alcesti possa giungere alla vecchiaia?
Thanatos: Non c’è. Sappi che anche io godo degli onori.
Apollo: Non potresti prendere più che una sola anima.
Thanatos: Ottengo un onore più grande se muoiono i giovani.
Apollo: E se muore vecchia, sarà sepolta più riccamente.
Thanatos: Proponi la legge, Apollo, per quelli che hanno soldi.
Apollo: Come dici? Mi era sfuggito che tu fossi anche sapiente.
Thanatos: Quelli ai quali è possibile comprerebbero di morire vecchi.
Apollo: Non ti sembra opportuno darmi questo favore?
Thanatos: Certo no. Sai i miei costumi.
Apollo: Nemici ai mortali e abominevoli agli Dei.
Thanatos; Non potresti avere tutto quello che devi (avere).

Apollo: Ma di certo tu cesserai benché tu sia troppo crudele: Verrà alla casa di Ferete un uomo
tale che, poiché Euristeo l’ha mandato per il carro tirato da cavalli dai luoghi tempestosi
della Tracia, essendo stato ospitato in questa casa da Admeto, con la forza ti strapperà
questa donna. E né ci sarà per te amore da parte nostra e farai ugualmente queste cose, e
mi resterai odioso.

Thanatos: Tu potresti dire molte cose, non otterresti nulla di più: questa donna certamente scende
nelle case di Ade. Vado verso di lei perché inizierò (il sacrificio) con la spada: infatti (è)
sacra agli dei di sottoterra questa persona dal cui capo questa spada recida (lett.
purifichi) un capello.
: 136 – 212
Dialogo della Serva
Traduzione a cura della prof.ssa Marzia Zamboni.

Corifeo: Ma ecco dalla casa viene una delle serve in lacrime, quale evento ascolterò? Bisogna
comprendere il lutto, se capita qualcosa ai padroni; ma vorremmo sapere se la donna è
ancora viva o invece è morta.
Serva: È possibile per te dire sia (che è) viva, sai (che è) morta.
Corifeo: E come potrebbe la medesima persona essere morta e anche (vedere) la luce?
Serva: È già con lì capo chinato e agonizza.
Coro: Oh infelice, tu, essendo tale, sei privato di una tale donna.
Serva: Il padrone non lo sa ancora, prima di averne fatta esperienza.
Coro: Non c’è più speranza che le sia salvata la vita?
Serva: Il giorno stabilito dal Fato sforza a morire.
Coro: Dunque non si fanno per lei gli onori funebri?
Serva: È (pronto) il corredo funebre, con cui il marito la seppellirà.
Coro: Sappia dunque che muore gloriosa e di gran lunga la donna migliore tra quelle che stanno
sotto il sole.
Serva: E come non la migliore? Chi dirà il contrario? Cosa bisogna che sia la donna che la supera?
E come una potrebbe mostrare che onorar il marito più che essendo disposta a morire (per
lui)? Ma queste cose certo le conosce tutta la città: invece ti stupirai ascoltando le cose che
ha fatto in casa. Quando, infatti, comprese che era giunto il giorno decisivo, si lavò con
acqua di fiume il bianco corpo e, avendo preso dalle casse di legno di cedro la veste e
l’ornamento, si adornò magnificamente e, stando in piedi a Estia, pregò: ”Signore, poiché io
scendo sottoterra, per l’ultima volta prostrandomi, ti supplicherò di allevare i miei figli orfani:
unisci all’uno una cara sposa, all’altra un nobile sposo. (Ti supplicherò) che i figli non
muoiano prematuri come muoio io, la loro madre, ma che portino a termine fino in fondo
una vita piacevole, felici nella terra patria.” Si accostò a tutti gli alteri nella casa di Admeto e
li incoronò e pregò, staccando dai rami foglie di mirto, senza pianto, senza gemere, né il
male che sopravveniva mutava la bella natura della sua carnagione. E poi gettandosi sul
letto e talamo, qui pianse,e disse queste parole: “Oh letto, dove io sciolsi la verginità di
fanciulla con quest’uomo per il quale muoio, addio! Non ti odio, hai ucciso me sola: infatti
muoio rifuggendo di tradire te e lo sposo. E un’altra domani ti possederà, e non, potrebbe
essere più assennata (di me) , ma forse (più) fortunata.” E, prostrandosi, (lo) bacia e bagna
tutto il letto con un diluvio (di lacrime) che sgorga dagli occhi. E quando ebbe sazietà di
molte lacrime si avviò a capo chino uscendo dalla stanza e uscita dal talamo, si volse indietro
molte volte e si gettò ripetutamente sul letto. I figli, attaccati alle vesti della madre,
piangevano: ed essa, prendendoli sulle braccia, salutava (baciando) ora uno ora l’altro, come
se morisse. Piangevano anche tutti i servi nella casa compiangendo (la loro) padrona. Ed
essa tese la (mano) destra a ciascuno e nessuno era così umile che essa non gli rivolgesse la
parola e non fu chiamata a sua volta (da lui). Tali sono i mali nella casa di Admeto e certo se
egli fosse morto sarebbe finito ma scomposto (alla morte) ha un tale dolore che non
dimenticherà mai.
Coro: E (non è) forse (vero) che Admeto geme per tali disgrazie se è necessario che egli sia privato
di una donna così nobile
Serva: Sì,piange, tenendo fra le braccia la cara sposa e supplica che non lo abbandoni chiedendo
cose impossibili. Infatti essa si consuma e illanguidisce per la malattia. Lasciandosi andare,
misero peso tra le sue braccia (...) tuttavia sebbene ancora con un alito di vita vuole vedere i
raggi del sole che non (vedrà) mai più, ma solo ora per l’ultima volta (e guarderai il bagliore
intorno al sole) Ma vado e darò la notizia della tua presenza: non tutti, infatti, vogliono bene
ai signori tanto da stare benevoli accanto a loro nella sventura, ma tu sei un vecchio amico
per i miei padroni.
: 642 - 652
Dialogo Admeto – Feretre (Admeto)
Traduzione a cura della prof.ssa Marzia Zamboni.

Admeto: E certo ti sei distinto tra tutti per mancanza di coraggio (lett. assenza di vita) tu che,
essendo così attempato ed, essendo giunto al termine della vita, non hai acconsentito a non
hai avuto il coraggio di morire per tuo figlio, ma avete lasciato (morire) questa donna
estranea, che io giustamente potrei considerare, lei sola, sia madre che padre. Eppure
avresti potuto gareggiare in questa bella impresa, morendo per tuo figlio, e del tutto breve
era per te il restante tempo da vivere. [e io avrei potuto vivere e questa ( con me) il tempo
rimanente e non avrei pianto, rimasto solo, per (queste) mie sventure ]

: 681 - 698


Dialogo Admeto – Feretre (Feretre)
Traduzione a cura della prof.ssa Marzia Zamboni.

Feretre: Io ti ho generato e ti ho allevato (come) padrone delle (mie) cose. Ma non ho il dovere di
morire al posto tuo: non ho ricevuto dai padri questa legge, che i padri muoiano per i figli,
né (è legge) greca. Tu sei nato per te stesso, infatti, o infelice o felice: ciò che bisognava che
tu ricevessi da noi, ce l’hai. Governi molti, e ti lascerò vasti campi: io ho ricevuto queste
stesse cose da mio padre. Perché dunque sono stato ingiusto con te? Di cosa ti privo? Non
muori per quest’uomo né io per te. Ti rallegri vedendo la luce: pensi che tuo padre non si
rallegri di questo? Calcolo che di certo molto (è) il tempo (da passare) laggiù, breve quello da
vivere ma ugualmente dolce. Tu infatti lottavi senza pudore per non morire, e vivi andando
contro la sorte stabilita dal destino, uccidendo costei: e dopo ciò (tu) parli della mia
mancanza di coraggio, scelleratissimo, tu che sei inferiore alla donna che è morta per te, il
bel giovane?

: 747 - 772


Presentazione del Servo di Eracle
Traduzione a cura della prof.ssa Marzia Zamboni.

Potrebbero piacerti anche