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Odoya Library

20
Prudence Jones
Nigel Pennick

Storia dei pagani


traduzione
Laura Piermartiri

postfazione
Alessandro Testa

?
O DOVA
Titolo originale

A History of Pagan Europe

Copyright © Prudence Jones e Nigel Pennick, 1995


Ali Rights Reserved
Traduzione autorizzata dall'editore
Routledge del Taylor & Francis Group

Un ringraziamento particolare a Pina von Prellwirz e a Eulama


Copyright © 2009 Casa editrice Odoya srl
Tutti i diritti riservati
ISBN 978-88-6288-043-5

Odoya srl
Via Benedetto Marcello 7 - 40141 Bologna
www.odoya.it
Indice

l. Paganesimo vecchio e nuovo 9


II. I greci e il Mediterraneo orientale 15
I greci 20
Sacrificio e santificazione 24
Il luogo e la dea 29
Gli oracoli 33
I templi e le immagini 35
Sviluppi successivi 38
III. Roma e i popoli del Mediterraneo occidentale 41
Gli etruschi 41
La transizione verso Roma 49
La Roma repubblicana 52
La religione urbana 55
L e divinità straniere 62
Pontefici e auguri 63
Il calendario 66
I libri sibillini 68
Roma si espande 69
Le sette mistiche 73
La filosofia 74
IV. Limpero romano 79
La rivoluzione augustea: 30 a.C.-14 d.C. 79
Il culto dell'imperatore 82
Le religioni unificatrici - Il culto di Iside 83
Il mitraismo 86
Dualismo e cristianesimo 87
Linstabilità politica del III secolo 90
Diocleziano: la restaurazione del paganesimo di stato 93
Costantino: il paganesimo esautorato 96
I pagani si difendono 101
Leredità 1 06
Llslam 111
V. Il mondo celtico 1 15
Le pratiche religiose 1 18
Le divinità celtiche 1 24
Lanno sacro dei celti 1 28
I celti si romanizzano 131
VI. La fase tardo celtica 1 37
Il paganesimo vernacolare 1 46
VII. I popoli germanici 155
La religione germanica delle origini 1 57
Sacrari e santuari 1 64
Il calendario festivo germanico 1 67
I franchi e i sassoni 171
I vichinghi 1 78
VIII . La religione tardo germanica 1 87
Le divinità tardo germaniche 191
Lorganizzazione religiosa 1 97
Le arti marziali nordiche 204
La doppia fede e il paganesimo vernacolare 206
IX. Le terre baltiche 215
Lantica Prussia e le sponde baltiche 22 1
Le divinità del pantheon baltico 226
Santuari e templi 228
Il paganesimo ugro-finnico 23 1
X. La Russia e i Balcani 237
Gli stati balcanici 243
Llmpero bizantino 246
XI. La riaffermazione del paganesimo 253
Il Rinascimento e la riaffermazione dei valori pagani 256
La Riforma e i suoi effetti 26 1
Una falsa pista: la grande caccia alle streghe 262
L'età della ragione e la ricomparsa degli ordini sacerdotali 267
Il paganesimo romantico 273
Il neopaganesimo 277
La riaffermazione delle divinità germaniche 279
La situazione attuale 28 1
Postfazione: Paganesimo e Neopaganesimo
di Alessandro Testa 283

Note 30 1
Bibliografia 317
Mappe 33 1
Indice dei nomi 333
I.
Paganesimo vecchio e nuovo

Oggetto di questo libro è la storia nascosta dell'Europa, la persistenza


della sua religione primordiale sotto varie forme a partire dai tempi antichi
fino ai giorni nostri. Oggi la maggior parte degli europei conosce meglio
certe tradizioni originarie di altri continenti piuttosto che la propria eredi­
tà spirituale. La tradizione nativa americana, le religioni tribali dell'Mrica,
la complessità del pensiero e della pratica indù, e la tradizione giapponese
scintoista, tra le più recenti ad essere stata rivalutata, vengono ampiamente
riconosciute come le vere tradizioni animistiche nelle rispettive zone. Po­
trebbe sembrare che la tradizione originaria europea, che va dalle immense
civiltà greche e romane fino ai sistemi tribali scarsamente documentati dei
p i ti, dei finni e di altre popolazioni ancora all'estremo nord del continente,
sia stata rimpiazzata prima dal cristianesimo e dall'Islam, poi, più di recen­
te, dall'umanesimo postcristiano. Qui sosteniamo che, al contrario, essa
ha continuato a esistere e anche a fiorire, più o meno apertamente, fino ai
giorni nostri, oggetto di rinnovato interesse.
Iniziamo però con una definizione dei termini. La parola "pagano" (con
la "p" minuscola) è spesso usata con un'accezione peggiorativa a significare
semplicemente "non civilizzato" o anche "non cristiano" (spesso conside­
rati sinonimi) allo stesso modo in cui è usato "infedele" . Il suo significato
letterale è "rurale" , "che viene dalla campagna (pagus)". Venne usata per
la prima volta come designazione religiosa dai primi cristiani dell'Impero
romano per descrivere i seguaci delle altre religioni (non ebraiche) ; non,
come si credeva, perché a seguire le vecchie usanze fossero soprattutto zo­
ticoni di campagna e non i liberi pensa tori di città, ma perché i soldati ro­
mani del tempo usavano la parola paganus per riferirsi in modo sprezzante
a civili e non a combattenti. I primi cristiani, reputandosi "soldati di Cri-
lO Storia dei pagani

sto", consideravano coloro che non seguivano la loro religione come meri
casalinghi, pagani. Questo uso non sembra essere sopravvissuto a lungo
fuori dalla comunità cristiana. Nel IV secolo, "pagano" era tornato vicino
alla radice del significato e veniva usato in modo non polemico per descri­
vere chiunque adorasse lo spirito di una certa località o pagus.1
Il nome sopravvisse anche quando le sue origini furono dimenticate e
sviluppò una modificazione nell'uso, riferendosi alle grandi civiltà classi­
che della Grecia, di Roma, della Persia, di Cartagine ecc. I primi scrittori
cristiani composero diatribe "contro i pagani" , riferendosi a Platone, Porfi­
rio, Plutarco, Celso e altri predecessori o contemporanei. Molto più tardi,
quando la letteratura classica riemerse nel Rinascimento europeo, i lettera­
ti del tempo scrissero saggi sulla filosofia pagana, e per il XIX secolo si era
stabilito un uso della parola come sinonimo di "classico" . All'inizio del XX
secolo, il circolo letterario di D . H . Lawrence "I Pagani" traeva ispirazione
dalla Grecia e da quella che egli definì successivamente la «grande, antica
visione pagana, prima che l'idea e il concetto della personalità rendessero
tutto così piccolo e angusto com'è ora» .2
La terminologia di Lawrence ha connotazioni più vicine all'uso con­
temporaneo, in cui "pagano" viene riutilizzato nel suo significato origi­
nario per descrivere una religione che venera la natura, che si propone di
mettere la vita umana in armonia con i grandi cicli scanditi dal ritmo delle
stagioni. Ci atterremo qui a questa convenzione, usando la parola "pagane­
simo" per riferirei, in generale, a tradizioni spirituali indigene che venerano
la natura e, in particolare, a quella europea, riproposta sotto questo nome
dai seguaci suoi contemporanei. Le religioni pagane in questo senso hanno
in comune le seguenti caratteristiche:
sono politeistiche, riconoscono una pluralità di entità divine che pos­
sono essere o meno un'incarnazione o altri aspetti di una unità/dualità/
trinità ecc. sottostante.
vedono la natura come una teofania, una manifestazione della divinità,
non come una sua creazione.
riconoscono il principio divino femminile, chiamato la Dea (con la D
maiuscola per distinguerla dalle molte dee particolari) , alla pari o al
posto del principio divino maschile, il Dio (nel corso del libro si usa
la parola "dio" esclusivamente per riferirsi a divinità maschili, non alla
sorgente o all'essenza divina stessa) .
Paganesimo vecchio e nuovo Il

In questo senso tutte le religioni


animistiche del mondo sono paga­
ne, dal momento che possiedono
queste tre caratteristiche. Una reli­
gione come quella indù è pagana,
ma il giudaismo, l'islamismo e il
cristianesimo ovviamente non lo
sono, poiché tutte negano la Dea e
almeno una delle altre due caratte­
ristiche. Il buddismo, che provie­
ne dalla tradizione originaria indù,
è un sistema di fede altamente
astratto, si relaziona con ciò che va
oltre il tempo e le manifestazioni e
non con l'intervento delle divinità
nel mondo. Nella sua forma pura
ha ben poco in comune con il suo
Statue buddiste rivolte verso il grande Buddha progenitore pagano.
(Tian Tan Buddha) a Lamau (Hong Kong)
Avremo modo di osservare,
tuttavia, come tutte e tre le carat­
teristiche elencate sopra accomunino il paganesimo moderno, nelle sue
varie forme, e le religioni antiche dei popoli d'Europa.
Negli ultimi anni molte persone di origine europea hanno edificato una
nuova religione per il XXI secolo attingendo alle antiche tradizioni indi­
gene. Questa nuova religione, chiamata neopaganesimo o semplicemente
paganesimo, è, da un punto di vista più ampio, una forma di misticismo
della Natura. È un credo che vede la terra e tutte le cose materiali come
una teofania, un'espressione della presenza divina, generalmente personi­
ficata nella figura della Grande Dea e del suo consorte, il Dio o principio
maschile della natura. Tra loro, questi due principi sono ritenuti la sintesi
di tutta l'esistenza e di tutto lo sviluppo. In qualche modo si tratta di una
nuova religione per una nuova era. Il pensiero moderno è rappresentato in
queste due divinità di base la cui influenza è complementare e non gerar­
chica o antagonistica. I pagani di oggi tendono a vedere tutti gli dèi e le
dee come personificazioni delle due divinità di base, in contrasto con la si­
tuazione dell'antichità, quando le varie divinità del tempo erano in genere
considerate entità realmente indipendenti. Nella sua forma più diffusa, il
12 Storia dei pagani

neopaganesimo si avvicina a una


teologia della polarità piuttosto
che al politeismo della cultura
europea antica.
Ma il paganesimo moderno è
anche un prodotto della vecchia
tradizione europea. Ha riesumato
i riti sacri, i festival e le divinità di
quest'ultima e li ha reinterpretati
in una forma che è intesa come la
continuazione della loro funzione
originaria. I seguaci delle varie
correnti al suo interno come dru­
idismo, Wicca e Asatru, puntano
a seguire una forma contempora­
nea di quelle vecchie religioni che
Ruota di Ecate, rappresentazione della dea nei sono descritte o accennate negli
suoi tre aspetti: vergine, madre e vecchia scritti antichi; come in Islanda,
dove l'Asatru, che è una religione
legalmente riconosciuta, s'ispira alle antiche saghe norvegesi, in una visio­
ne di continuità con il passato, seppur riadattata al XX secolo.
All'estremo opposto, molti neo pagani, in particolare nei paesi anglo­
sassoni, non seguono un percorso strutturato ma aderiscono a una visione
generalmente politeista, incentrata sulla venerazione della natura e sulla
centralità della divinità femminile: caratteristiche, queste, in linea con l' at­
titudine religiosa di cui stiamo parlando.
Come mai il paganesimo è tornato in auge in Europa e in America? Ci
occuperemo del processo storico nell'ultimo capitolo, ma l'impulso inizia­
le sembra sia nato innanzitutto dalla ricerca di una religione che venerasse
la Dea e potesse dare alle donne, come agli uomini, la dignità di esseri che
portano i "lineamenti della divinità". Il che è stato ritenuto necessario da
donne la cui emancipazione politica non è stata accompagnata da un egua­
le sviluppo nello status religioso (anche nell'induismo politeistico pagano,
il culto di Kali, la Grande Madre, è attualmente uno dei dogmi popolari
in più rapida crescita) .3 In secondo luogo, in Europa e in America si sta
riaffermando un maggiore rispetto per la terra. Il movimento ecologista è
andato di pari passo con la volontà di fare attenzione al carattere intrinseco
f'aganesimo vecchio e nuovo 13

del mondo fisico, il suo ritmo e lo "spirito dei


luoghi".
Questo ha portato a rivalutare la com­
prensione delle varie credenze e tradizioni,
nonché della filosofia che le sorregge, che
è generalmente pagana. E, in ultimo,
l'influenza delle filosofie pagane da
Oriente è andata a braccetto con
questo sviluppo, fornendo sofisti­
cate basi logiche per pratiche che
in passato sarebbero state respinte
come superstiziose e infondate.
La rinascita pagana sembra perciò Il Valknut (dai termini in lingua norrena valr,
parte di un processo ampio che ri­ "guerrieri uccisi" e knut, "nodo"), simbolo sacro
consistente in tre triangoli interlacciati, appare
colloca l'umanità, vista a lungo sia in diversi oggetti di carattere germanico-pagano.
dalle religioni monoteistiche sia Molte teorie sono state proposte
dal materialismo secolare in astra- per spiegarne il significato

zione da ciò che la circondava, in


un contesto più generale. Questo contesto è sia fisico, con riferimento al
mondo materiale visto come una parte essenziale della vita, che cronologi­
co, come mostra la ricerca di continuità con le filosofie antiche.
Le religioni antiche spesso non sono molto ben conosciute al di fuo­
ri delle proprie aree di specializzazione accademica, e la prova della loro
continuazione viene spesso fraintesa o travisata come un incidente o una
superstizione. Questo libro si propone di investigare appunto la prova di
questa continuità.
L'ambito del nostro studio copre l'intera Europa, cominciando dalla
Grecia e il Mediterraneo orientale, luogo d'origine dei primi documenti
scritti; continuando verso ovest attraverso Roma e il suo Impero; passando
per la cosiddetta "frangia celticà' di Francia, Bretagna e parte dei Paesi
Bassi; poi per quelle che ora sono la Germania e la Scandinavia; per finire
verso l'Europa centrale e orientale, gli stati baltici e russi che (escludendo
la Russia e gli stati slavi del sud) sono apparsi nei documenti storici solo
di recente. L'Europa in questo senso è un'entità geografica divisa somma­
riamente tra nord e sud dalle Alpi e tra est e ovest dal meridiano di Praga.
Dopo che il Sacro Romano Impero ad ovest e l'Impero bizantino ad est
ebbero abbracciato la cristianità, l'Europa diventò un'unità culturale, e le
14 Storia dei pagani

sue tradizioni religiose originarie sparirono gradualmente dai territori ver­


so una relativa oscurità. Questa realtà europea vitale, seppur parzialmente
nascosta, è appunto documentata in questo libro.
I secoli oscuri vanno dall'alba della storia documentata a oggi: con
diverse scansioni temporali per ogni zona. Il processo d'interpretazione
dell'Età della pietra che resta è troppo esteso e attualmente troppo contro­
verso per essere gestito in modo congruo nel contesto di questo libro. Ci
limiteremo a descrivere in cosa credessero le persone e cosa abbiano fatto,
in quale epoca e in che luogo. Dietro simili interrogativi si cela una storia
affascinante. Cominceremo perciò dai primi documenti.
II.
I greci e il Mediterraneo orientale

I primi documenti scritti rinvenuti in Europa provengono da Creta.


Questa civiltà, fiorente a partire all'incirca dal 28 00 a.C. e fino all'età buia,
iniziata intorno al 1 1 00 a.C. e durata tre secoli, offre un legame unico tra
l'archeologia e la storia scritta. Dalle successive leggende greche (risalenti a
dopo 1'8 00 a.C.) apprendiamo che Creta era prospera e ben popolata, che
la sua flotta dominava i mari e uno dei suoi re, Minosse, riceveva in tributo
da Atene sette ragazzi e sette ragazze ogni sette anni.
Si vuole che queste vittime venissero sacrificate al Minotauro, un mo­
stro metà uomo e metà toro che viveva al centro di un labirinto costruito
dal grande architetto Dedalo. 1 I greci parlano di Poseidone, dio del mare,
dei terremoti e delle tempeste, come della principale divinità dell'isola e del
toro come suo animale sacro . .Larcheologia fornisce le prove di un'elevata
cultura e prosperità, di una mancanza di fortificazioni, indice che fosse il
mare a offrire protezione e non una guarnigione. Mostra un culto del toro
diffuso, e negli scritti cretesi decifrati (la cosiddetta scrittura lineare B, di
origine micenea, ma ritrovata anche a Creta e attestata tra 1 300 e il 1 200
a.C.) viene nominato Poseidone stesso. Il suo nome significa semplicemen­
te "Signore".
Tuttavia nell'arte dei cretesi Poseidone non è mai rappresentato, alme­
no non in forma umana . .L unica divinità antropomorfa dipinta nell'intera
iconografia cretese è infatti una dea, o varie dee, che nello stile ne ricor­
dano una proveniente dalla vicina Asia Minore che fu successivamente
identificata come la Grande Madre. Questa dea fu adorata con continuità
in Asia Minore dal VII millennio prima della nostra era, fino alla caduta
dell'Impero romano.2 Il suo culto fu portato ad Atene e in seguito a Roma.
Ciononostante le iscrizioni cretesi non nominano una Grande Madre.
16 Storia dei pagani

Menzionano una varietà di dee, alcune conosciute dal periodo greco, come
Era e Atena, e altre che risultano sconosciute negli scritti successivi.
A quei tempi molti popoli del vicino Oriente, un'area con cui Creta
aveva rapporti commerciali, adoravano dee simili a quella che sarebbe stata
la Grande Madre, ognuna accompagnata da un consorte maschile che era
nominato ma mai ritratto, un dio celeste di fulmini e tempeste. Ne sono
esempi i siriani Atargatis e Ramman e, naturalmente, i canaaniti Asherah
e Baal, contro il cui culto si mossero i profeti israeliti del dio rivale Jahvè. 3
Una doppia ascia simile a quella degli dèi celesti del vicino Oriente appare
anche nell'arte cretese, ma qui la si trova sempre nelle mani di una don­
na, una dea, presumibilmente, o la sua sacerdotessa. Il suo nome cretese
è labris, e pare che abbia dato il nome al labirinto, casa del mostruoso
Minotauro, metà uomo e metà toro. Nella terra di Canaan del IX secolo,
Asherah, rappresentato non da un'immagine umana ma da un albero o da
un pilastro, aveva un toro come animale sacro, il toro che è menzionato
dai profeti di Jahvè nell'Antico Testamento come il vitello d'oro. È erede
di una lunga tradizione di immagini di toro risalente alla çatal Hiiyiik del
settimo millennio a.C., la quale a sua volta era senza dubbio frutto dell'ere­
dità dell'Egitto, in egual modo un attivo partecipante nella rete di scambi
commerciali e politici del Mediterraneo orientale. È su questo sfondo di
forme divine e immagini sacre che devono essere viste le corna del toro, i
suoi sacrifici e il dio toro della Creta leggendaria.
L'epiteto della dea greca Era, dagli occhi bovini, può inoltre ricordare la
dea cretese e le sue contemporanee del vicino Oriente. La sua immagine di
culto a Samo era una tavola e ad Argo un pilastro, anche decorato con ghir­
lande e gioielli, che nella sua forma originaria ricordava quello di legno di
Asherah. I templi più antichi nella cultura greca (datati a partire dall'800
a.C.) furono costruiti per ospitare le immagini sacre di questa dea, il che
può significare che fosse la divinità più importante del tempo, o magari
che la sua immagine fosse ritenuta più bisognosa di protezione.4 Più tardi,
nel primo secolo della nostra era, Luciano, descrivendo l'adorazione della
Grande Madre Atargatis in Siria, chiama la dea Era e il suo consorte, il dio
celeste Ramman, Zeus. Tali frequenti resoconti e immagini della regina
degli immortali, il suo pilastro, il suo bovino e il suo consorte, il dio ani­
conico delle tempeste e, in Grecia e Asia, dei fulmini o, a Creta, del mare
e dei terremoti, sono difficili da ignorare. Questo dio tempesta - Baal,
Ramman, Poseidone, Zeus - non è un figlio maschio della Grande Madre,
l greci e il Mediterraneo orientale 17

Sigillo cretese che mostra due figure femminili, forse dee o sacerdotesse, con il consueto simbolo
della doppia ascia, il sole e la luna

non è Tammuz o Attis, ma piuttosto un principio indipendente, adorato


sia da solo che con la dea e a volte identificato come suo fratello (come
Zeus e Era o Baal e Anàt) . Usando il genere per simboleggiare una duali­
tà complementare, la prima cultura della Grecia, attraverso Creta, mostra
una continuità con quella del vicino Oriente.
Molti santuari nella cultura greca successiva, incentrati su un albero
sacro, e le icone cretesi rivelano una pratica similare. Il singolo albero,
recintato o circondato da muri, con o senza un altare accanto, è una ca­
ratteristica universale della cultura sacra europea e infatti appare attraverso
tutta l'Eurasia e l'Mrica. Nella Creta minoica le icone mostrano persone
che ballano nell'area delimitata da muri intorno a un unico albero di fico
o di ulivo. A volte compare una dea sospesa nell'aria sopra i ballerini, pro­
babilmente un risultato delle visioni provocate dall'euforia dell'occasione.
Ancora una volta, la leggenda greca (cfr. Iliade, XVIII, 591) racconta di
come il re Minosse avesse costruito una pista da ballo per sua figlia Arian­
na. Alcune delle prime tombe hanno vicino anche qualcosa che assomiglia
a una pista da ballo. Si può quindi dedurre che le danze fossero una ce-
18 Storia dei pagani

lebrazione solenne degli eventi rituali, come avviene per la pratica corale
greca in seguito? O si danzava con lo scopo di procurarsi uno stato d'estasi
funzionale alla visione delle divinità, come avrebbero fatto successivamen­
te i seguaci di Dioniso? Non ci è dato saperlo.
Un'altra dea cretese di cui abbiamo informazioni (cfr. Odissea, XIX, 188)
è Eileitia, la cui caverna fu rinvenuta ad Arnnissos, vicino Knosso. Al suo
interno c'erano frammenti di ceramiche databili dal neolitico al periodo
romano. Eileitia era la dea greca della nascita e la sua caverna è un luogo
interessante. All'ingresso c'è una formazione rocciosa simile a un ventre
sdraiato con un grande ombelico. Da dietro sembra una figura seduta e
vicino c'è una piscina di acqua minerale, una sorgente di guarigione. In
mezzo alla grotta c'è una stalagmite che ricorda chiaramente una figura
femminile, anche se la sua sommità (la testa) è stata rotta. È circondata da
un muro basso con un blocco di pietra di fronte che potrebbe essere servito
come altare. La stalagmite è diventata liscia da quanto è stata toccata. Si
tratta di un luogo sacro in cui la venerazione sembra essere stata continua­
tiva durante tutto il periodo di presenza dell'uomo.5
Un altro luogo in cui si veneravano le divinità erano le cime delle mon-

Un affresco sulle pareti del palazzo di Cnosso a Creta


I greci e il Mediterraneo orientale !9

tagne, dove abbiamo le uniche prove archeologiche di sacrificio attraverso


il fuoco. Sono stati trovati i resti carbonizzati sia di terracotte votive che di
animali, tuttavia non vi sono prove, letterarie o pittoriche, di cosa si facesse
in quei luoghi o quali divinità si venerassero. Nelle città, inoltre, molte case
avevano un santuario o una stanza che fungeva da tempio, con un altare
basso su cui erano collocate le note immagini di donne col seno scoperto
- dee? - con indosso gonne a balze e spesso con qualche animale tra le brac­
cia, come un serpente o un gatto. C'erano anche dei templi e le iscrizioni in
lineare B riferiscono di sacerdotesse (solo in un caso un sacerdote) . Non vi
è traccia tuttavia delle statue di culto a grandezza umana o più grandi che
si trovano nei templi greci successivi. Si può aggiungere altro a proposito
della dea-colonna del vicino Oriente. Platone nel Crizia (IX c) , descrive la
colonna sacra, fatta di o ricalco, nel tempio di Poseidone ad Atlantide, su cui
venivano sacrificati i tori e che in seguito veniva lucidata con il loro sangue.
Tuttavia a Creta non è stata rinvenuta, finora, nessuna colonna simile.6
A Creta poi vediamo la popolazione, protetta dal mare e dalla sua flotta,
eseguire una celebrazione artistica e creativa delle forze della natura, espres­
sa attraverso la danza e i rituali atletici tra cui la taurocatapsia: il salto del
toro. Emerse una cultura cerimoniale anche grazie al fatto che la maggior
parte dei cretesi non aveva bisogno di essere costantemente pronta alla
guerra e, secondo una leggenda greca, fu un re dell'isola, Minosse, a isti­
tuire le prime leggi al mondo. Le icone di quella cultura non dipingevano
Poseidone, l'iracondo dio delle tempeste, ma un'affascinante dea, o varie
dee, i cui nomi sono sconosciuti.
Ma la cultura cretese non era soltanto un avamposto per la venerazione
di dee mediorientali. Nella Grecia continentale crebbe una civiltà che si
mescolò con essa a partire dal II millennio. Inizialmente, nel III millennio,
era caratterizzata da insediamenti fortificati da muri con edifici imponenti
al centro. Contrariamente ai cretesi che compivano sacrifici principalmen­
te come dono agli dèi, ponendo li e lasciando li sull'altare intatti, l'inse­
diamento continentale mostra tracce di sacrifici animali col fuoco. Tra le
poche statue rinvenute si trovano figure maschili itifalliche e maschere/
entrambe usate in tutto il mondo come simboli di difesa. Nel continente
tutti gli stanziamenti dovevano essere pronti a difendersi in combattimenti
corpo a corpo e i guerrieri godevano di uno status elevato. Questa prima
cultura maturò dalla metà del II millennio a.C. fino a diventare la civiltà
micenea su cui è incentrata l'Iliade.
20 Storia dei pagani

Proprio a Micene, i contenuti delle tombe datate intorno dal XVII e


XVI secolo chiariscono che si trattava di una società guerriera, non soltan­
to di una comunità che si proteggeva fortificando i propri insediamenti.
Gli scheletri alti e forti e l'ingente quantità di armi contenute nelle tom­
be lasciano pensare a un'élite ai cui membri venivano garantiti funerali
sontuosi. Lo stile artistico miceneo, dei sigilli, degli affreschi e dei lavori
metallici è minoico, ma le scene rappresentate sono ora di combattimenti
e di caccia, non più le danze e i rituali dell'arte minoica. A cominciare
dal terremoto del 1 730 a.C. a Creta, che distrusse gli edifici della prima
cultura minoica, le comunità micenea e minoica diventarono più forte­
mente interconnesse, forse attraverso i commerci, o la conquista, o ancora
la migrazione. Colonie cretesi si diffusero sulle altre isole dell'Egeo, ma i
micenei governarono la parte continentale della Grecia dalle loro cittadelle
fortificate e dopo l'eruzione del monte Thera (Santorini) , intorno al 1 500,
arrivarono a conquistare Creta e diventarono i controllori incontrastati di
tutto il Mediterraneo.
I micenei parlavano greco, una lingua indoeuropea, e probabilmente la
introdussero nelle isole, se non anche nella parte continentale. La scrittura
lineare B, che appare a Creta dopo la loro conquista, come a Pylos, Tebe e
Micene, è una forma di greco. Ci offre informazioni preziose sulle divinità
venerate a quei tempi. Ci sono riferimenti a Zeus (Diwija) e Era, Atena
(Atana) , Poseidone (Posedaon) , Pan (Pajawo - la forma greca è un epiteto
di Apollo) e Dioniso (Diwonusojo) , che non diventò mai uno degli dei
dell'Olimpo e che in passato era stato considerato un nuovo dio, prove­
niente dalla Tessaglia o dall'Asia Minore. Come per Creta, i porti greci che
commerciavano con l'isola erano senza dubbio luoghi di venerazione di
Poseidone. 8 Non ci è dato sapere, tuttavia, se anche i cretesi venerassero le
stesse divinità che saranno olimpiche o se ve le portarono i micenei.

I greci

Dopo la caduta dei micenei la storia tace per oltre quattrocento anni
finché non furono composti i poemi di Esiodo e Omero e finché non ri­
masero impressi nelle scritture i nomi e la natura delle divinità olimpiche.
I nomi di queste dodici divinità e le storie delle loro liti familiari, per come
sono state raccontate da Omero e altri poeti, sono diventate patrimonio
l greci e il Mediterraneo orientale 2!

comune della cultura europea. Gli


studiosi prima sostenevano che la
religione greca fosse tutta lì: l'im­
posizione di un modello di fami­
glia patriarcale sui culti indigeni
"primitivi" di un territorio conqui­
stato. In realtà la dicotomia non è
così semplice.
Non ci fu nessuna conquista
chiara. Lo storico Erodoto del IV
secolo afferma che un altro popo­
lo di lingua greca, i dori, invasero
i territori micenei dal nord-ovest
della Grecia e prese possesso del­
la maggior parte della penisola
(esclusa l'Attica) . Si narra, nella
letteratura greca che gli fa seguito,
Erodoto a cominciare dai poemi attribuiti a
Omero ed Esiodo, che gli dèi e le
dee vivessero sul monte Olimpo, nel nord della Tessaglia, vicino alla Ma­
cedonia. Sotto la pressione militare ed economica, molti dei precedenti oc­
cupanti si dispersero verso est in Asia Minore e nelle isole dell'Egeo, verso
sud in Libia, Egitto ed Etiopia, e verso ovest a cercare colonie come Gades
(Cadice) in quella che ora è la Spagna, Massilia (Marsiglia) in Francia e
l'esteso insediamento italiano della Magna Grecia. In Italia la colonia greca
diede forma successivamente alla prima cultura romana.
La distinzione tra le vecchie divinità e quelle dei nuovi arrivati non è
netta. Come abbiamo visto, molte delle divinità dell'Olimpo, che a lungo
si è pensato fossero state introdotte dagli invasori dori, erano conosciute
nella Creta minoico-micenea già nel 1 500 a.C. Nella parte continentale,
i nuovi greci presero possesso di molti degli antichi santuari databili al
periodo premiceneo. Eressero altari del fuoco e, successivamente, templi
per ospitare le raffìgurazioni divine. I culti fondati da conquistatori, im­
migranti e commercianti si svilupparono in continuità con i culti esistenti
basati sullo spirito del luogo. Ad Atene, ad esempio, la famiglia regnante
aveva tracciato le sue origini in un antenato serpente, Erachtheus, la cui
tomba si ergeva sull'acropoli. Si interrogò un oracolo che permise di offrire
22 Storia dei pagani

sacrifici a Poseidone nel tempio di Erechtheus. Poseidone, abbiamo già


visto, era venerato nell'Egeo e non era una divinità importata dai dori.
Come dono alla città offrì una sorgente di acqua salata che sgorgava dalle
rocce della cittadella.9
Successivamente si dice che Poseidone abbia discusso con Atena su chi
dei due dovesse diventare la divinità guardiana della citt� . Ora Atena, con
il soprannome di Pallas, potrebbe essere stata la dea del clan che governava
in precedenza, i Pallantidae, e quindi si sarebbe trattato di una disputa
umana di successione. In una votazione tra le due divinità vinse Atena.
Il suo dono alla città fu l'albero d'ulivo. Una sorgente sacra e un albero
sacro: questi totem sono tipici della religione indigena in tutto il mondo,
interpretano lo spirito del luogo. Le prime icone di Atena la mostrano con
serpenti nelle mani e come ornamento del mantello, in continuità, forse,
con il culto ancestrale del luogo, o forse con la dea serpente di Creta. Nella
disputa con Poseidone vinse lei, grazie ai voti delle donne che superavano
in numero gli uomini, ed è in conseguenza di ciò, probabilmente, che le
donne ateniesi persero il diritto di voto e di cittadinanza. Questa storia si
può leggere come giustificazione del cambiamento di status delle donne,
e suggerisce inoltre che Atena presiedette a uno stato precedente di orga­
nizzazione sociale. Forse tra i Pallantidae le donne godevano della totale
cittadinanza. Il nome Atena indica oltretutto che fosse la personificazione
di Atene, che era a sua volta la cittadella dello stato dell'Attica. Eppure sia
lei che Poseidone vengono inseriti nella genealogia dell'Olimpo da Esiodo
e Omero nell'VIII secolo.
Storie simili possono essere narrate da città di tutta la Grecia e l'Egeo.
Le religioni pagane interagiscono sempre in modo creativo con l'ambiente
circostante, sotto la cui influenza si sviluppano e vengono assimilate le loro
divinità. Eppure accadde qualcosa di nuovo nella cultura religiosa greca al
tempo delle migrazioni doriche. Uno stile di vita nomade e mobile pro­
dusse una religione che dava valore all'astrazione e all'autonomia almeno
quanto ne dava alla fedeltà al clan e all'affiliazione allo spirito del luogo.
Come il dio degli israeliti, in contrasto con gli dei e le dee dei canaani­
ti stanziati, le divinità dei dori che stavano arrivando rimanevano con il
loro popolo ovunque questo si trovasse, offrendogli aiuto nelle situazioni
di estremo bisogno. Contrariamente al dio degli israeliti, però, le varie
divinità olimpiche favorivano gli individui con cui avevano particolari af­
finità caratteriali, enfatizzando, quindi, i tratti specifici della personalità,
lgreci e il Mediterraneo orientale 23

che in un primo momento avevano agevolato


l'affiliazione di quella persona alla divinità.
Perciò nell' !ppolito di Euripide l'eroe casto
e riservato venera la cacciatrice vergine,
madrina delle cose selvagge e non addome­
sticate: Artemide. Artemide è ovviamente la
divinità protettrice della madre di Ippolito, la
regina degli amazzoni. Tuttavia la sua venerazio­
ne di Artemide risulta eccessiva e l'eroe sarà
maledetto per la sua indifferenza offensiva
nei confronti della dea dell'amore e del di­
vertimento, Afrodite. Interessante il fatto
che Ippolito muoia per intervento del dio
del luogo, Poseidone, non per intervento
diretto di Afrodite. Le divinità astratte
e internazionalizzate Artemide e Afro­
dite (che a loro volta erano state dee
locali di altri luoghi) si danno batta­
glia attraverso lo spirito del luogo. È
altresì vero che Poseidone era uno tra i Artemide
primi dèi "portatili" provenienti dalla
cultura marinara e internazionale minoico-micenea, dal momento che era
il patrono di molte città intorno all'Egeo, tra cui, come abbiamo già visto,
Atene.
In questo racconto però (i suoi seguaci probabilmente si erano stabiliti
ad Atene qualche tempo prima) è presentato come "padre" del re Teseo, e
antenato mitico di quest'ultimo e giustificazione della sua reggenza secon­
do gli antichi principi della venerazione degli antenati, che sarà presto sfi­
data come abbiamo già visto da Pallade Atena e i suoi seguaci, che facevano
riferimento a un clan antenato ancora più antico.
Come i micenei, i greci dori offrivano sacrifici bruciati alle loro divi­
nità insieme a quelle che venivano definite le antiche offerte senza sangue
e senza vino, ossia latte, olio e miele. Athenaeus (I, 46) narra di come gli
eroi di Omero mangiassero la carne con gusto in contrasto con la dieta a
base di frutta, pesce e verdure dei popoli costieri; questa distinzione appare
evidente nei differenti cibi portati in sacrificio. Solo metà delle divinità
micenee furono riconosciute dalla nuova cultura, forse perché la scrittura
24 Storia dei pagani

scomparve sistematicamente durante l'età buia, o forse perché la loro ve­


nerazione appariva irrilevante nelle nuove circostanze. Omero nomina due
nuove divinità, Apollo e Mrodite, che hanno siti di culto rispettivamente
a partire dall'VIII e XII secolo. Anch'essi erano originariamente divinità
locali, entrambe introdotte, a quanto pare, dal vicino Oriente attraverso
Cipro. La cultura del Mediterraneo orientale aveva quindi come caratteri­
stiche la continuità e l'interrelazione tra diverse tradizioni. Le divinità in­
teragivano, molte delle pratiche religiose rimanevano costanti, ma cambiò
l'attitudine culturale a riguardo.
I Greci, come i micenei, vivevano in città fortificate poste sulla sommità
delle colline. L'acropoli, la cittadella di ogni insediamento, pare sia stata
all'inizio un borgo fortificato che fungeva da rifugio per gli abitanti dei vil­
laggi vicini. 1 0 Si ritiene che un ateniese chiamato Hipparchos abbia stabili­
to che fossero necessarie 520 colonne per segnare il punto a metà strada tra
ciascun villaggio dell'Attica e l'acropoli di Atene. Generalmente il tempio,
dimora delle divinità che proteggevano la città, si trovava nell'acropoli,
anche se esistono numerose eccezioni. Nella fattispecie i templi di Era ad
Argo, Samo e Olimpia, e quello di Mrodite a Paphos, sono abbondante­
mente fuori dalle città, una caratteristica che segna una linea di continuità
con il periodo pre miceneo. Le città greche si ergevano sulle stesse sommità
collinari di quelle micenee che le avevano precedute, tuttavia questi san­
tuari delle dee erano stati collocati in modo indipendente.

Sacrificio e santificazione

Il luogo principale per onorare una divinità era l'altare all'aria aperta.
I primi santuari includevano un edificio coperto da un focolare circolare
all'interno, come quello rinvenuto in alcuni luoghi a Creta (Dreros e Pi­
nias) e presso l'oracolo di Apollo a Delfi. Il focolare domestico rimaneva
sacro, era dedicato a Estia e il capofamiglia faceva offerte rituali come parte
della vita domestica. Plutarco nel suo Quaestiones Graecae (296 F) descrive
come ad Argo il braciere di una casa in cui era morto qualcuno venisse
spento e, dopo il periodo di lutto, venisse riacceso con un sacrificio usando
il fuoco del braciere. A un certo punto dell'età buia, però, il braciere fu
sostituito dall'altare sopraelevato all'esterno, intorno al quale restavano in
piedi i celebranti mentre si offriva il sacrificio.
l greci e il Mediterraneo orientale 25

La signora delle cose selvagge, dipinto su un'anfora della Beozia, 750-700 a.C.

Nei santuari collocati sulle montagne a Creta, databili a prima del 1 700
a.C., ci sono depositi di strati di cenere con ossa di animali e ceramiche vo­
tive, talvolta oggetti metallici. Non c'è modo di sapere se i presunti sacrifici
bruciati in quei luoghi stessero a simboleggiare un pasto rituale consumato
con gli dèi secondo quella che sarà poi la modalità greca, o se si trattasse di
un olocausto, come i rituali di Artemide a Patrasso ai tempi greci, descritti
da Pausania (VII,l8, 1 2) , in cui l'altare era circondato da ceppi di legno
verdi con piante rampicanti su cui le sacerdotesse vergini sarebbero arrivate
trasportate da un carro trainato da cervi:

si gettavano animali sull'altare, tra cui uccelli commestibili e ogni genere


di vittima, cinghiali selvaggi, cervi e gazzelle, alcuni portavano cuccioli
di orso e di lupo e altri animali adulti [ . . ] lì vidi un orso e altre bestie,
.

che erano state imprigionate, lottare per evitare le prime fiamme e fuggire
con una forza bruta. Ma coloro che li avevano messi lì li rilanciavano nel
fuoco. Non ricordo di nessuno che sia stato ferito dalle belve selvagge.

Una storia simile si ripete all'inizio dell'era comune con Luciano nel
suo resoconto pseudoantico del culto di Atargatis (Era) in Siria (De Dea
Syria 49):
26 Storia dei pagani

il più grande tra i festeggiamenti che conosco si tiene all'inizio della pri­
mavera. Alcuni lo chiamano la Pira, altri la Torcia. In questo evento il
sacrificio si svolge come di seguito. Dopo aver abbattuto grandi alberi e
averli sistemati nel cortile, si portano anche capre e pecore e altri animali
del gregge da appendere agli alberi. Portano anche uccelli e indumenti ol­
tre che manufatti in oro e argento. Quando tutto è pronto, portano le vit­
time intorno agli alberi e danno loro fuoco, finché non si consumano.

In questo caso il sacrificio asiatico è una cerimonia dedicatoria di com­


bustione totale che anticipa il racconto di Adamo di Brema, oltre mille anni
dopo, del festival a Uppsala in Svezia. Non sappiamo se i falò in cima alle
montagne della Creta minoica seguissero lo stesso schema, ma la sostanza
dei sacrifici tra i greci successivi era differente. Sia Pausanias (IV,32,6) sia
Luciano descrivono come nell'aia dei santuari si tenessero tutti i tipi di
animali domestici. Ciò ricorda gli animali e uccelli sacri tenuti nei com­
plessi templari egiziani e nordeuropei. Nei dipinti del periodo romano del
tempio di Mrodite a Kouklia (vecchia Paphos) , Cipro, sono presenti pesci
e uccelli e nelle fones dei prussiani e dei lituani vi erano cavalli sacri.
Le divinità che Omero chiama olimpiche - Zeus, Era, Atena, Artemi­
de, Apollo, Ermes, Poseidone, Mrodite, Ares, Demetra, Estia, Efesto - era­
no onorate soprattutto con sacrifici della natura di un pasto rituale: «più
una festa per il signore onorato», come osserva Luciano nel secondo secolo.
Cento anni prima Omero descrive Odisseo che dice a Telemaco «Sacrifica
il migliore dei maiali cosìcché possiamo mangiare presto» ( Odissea, XXIV,
2 1 5) . La formula non era cambiata. In un periodo molto lontano dai mo­
derni sistemi di conservazione degli alimenti, frigoriferi e supermercati,
quando lo scaffale del negozio era il gregge al pascolo e si doveva uccidere
una bestia ogni volta che si voleva mangiare carne, lo sgozzamento di un
animale davanti all'altare, il fatto di arrostirlo o bollirlo in modo cerimo­
niale per poi offrire alcune parti - non a caso quelle non commestibili -
alla divinità che presiedeva, era a quei tempi una mera santificazione della
festa. In molti casi tuttavia, c'era senza dubbio un'offerta che causava un
sacrificio economico al supplicante. Ma l'uccisione sarebbe sempre stata
seguita da un arrosto, anche se molte delle parti migliori venivano cedute
ai sacerdoti del tempio. Il sacrificio olimpico bruciato, ben cotto, contra­
riamente all'olocausto degli anatolici, non era un'orgia di distruzione ma
un pasto conviviale. La società greca, nonostante il culto delle prodezze
l greci e il Mediterraneo orientale 27

individuali, aveva un forte senso della co­


munità e del dovere.
Altri sacrifici erano, però, olo­
causti. Talvolta si bruciava un
piccolo animale, un porcellino
o un gallo, prima del sacrifi­
cio principale1 1 e nel culto
degli antenati e delle divini­
tà dell'aldilà era comune la
combustione totale. Gli an­
tenati in particolare richie­
devano il sacrificio di san­
gue: lo si versava in una buca
scavata accanto alla tomba sul
lato ovest, che era la direzione
dell'estremità nella cosmologia
sacra. 12 Come accade oggi in molte
società, gli antenati potevano volersi
Sacrificio animale nella Grecia amica
vendicare dall'oltretomba sui vivi e si
pensava che dovessero essere placati.
Nell'attuale Rajasthan molti villaggi temono il bhootha, lo spirito inquieto
che può infestare le zone di sepoltura e i luoghi isolati, pronto a possedere
e fare del male a ignari esseri umani. Qui lo spirito può essere esorcizzato
con il bhopa locale (lo sciamano o mantis, come l'avrebbero chiamato i
greci) , e se la sua identità è nota può essere placato. A volte gli spiriti del­
la famiglia rimangono attivi in modo positivo nei confronti dei viventi e
quindi si dedica loro un sacrario. Ancora nel Rajasthan attuale, si venerano
gli eroi e le eroine locali - persone che hanno salvato la comunità in un
episodio di necessità - e alcuni di loro fungono da oracolo. Gli spiriti della
famiglia e della comunità ricevono in dono offerte di profumi, liquori for­
ti, tabacco e dolci, come nei sacrifici senza fuoco e senza sangue dei greci.
Tuttavia il dio protettore locale, Bhairon (che completa la dea madre lo­
cale, Mata) , ha due forme. La forma chiara, Gora Bhairon, è venerata con
doni di dolciumi, e la forma scura, Kala Bhairon, richiede liquori e sacrifici
animali. Ricorda le due forme di sacrificio dell'antica Grecia: quelle senza
sangue, con le primizie per le divinità della terra, e i sacrifici di sangue o gli
olocausti per gli antenati e gli spiriti dell'aldilà. 13
28 Storia dei pagaui

Gli altari locali dell'attuale Rajasthan sono essenzialmente indipendenti


dal pantheon indù centrale, analogamente a quelli greci storici degli an­
tenati, quelli per eroi ed eroine oltre che per le divinità del luogo. In Gre­
cia, ciononostante, alle divinità locali si attribuivano talvolta i nomi degli
equivalenti Olimpi, forse come giustificazione alla loro continuazione. Ne
è un esempio Zeus Meilichios, che sembra aver assorbito gli attributi di un
culto del serpente ancestrale della zona e aver funzionato come vendicatore
delle colpe di sangue. 14
I sacrifici "puri" senza sangue e senza fuoco che venivano offerti presso
vari altari e santuari anche a dei che altrove erano omaggiati con offerte
bruciate, furono considerati successivamente dai greci pratiche di un mon­
do precedente, più semplice.15 Quando sull'altare della Demetra nera in
Arcadia si ponevano frutti, nidi d'ape e lana versandoci sopra olio d'oliva,
o quando si offrivano ad Apollo signore di Delo, grano, frumento e tor­
te, senza bisogno del fuoco, entrambe le celebrazioni furono considerate,
dai commentatori postumi, pratiche precedenti alla scoperta della fermen­
tazione, precedenti l'invasione degli immigranti dalle pianure del centro
Europa, che si cibavano di carne, ossia dal III millennio a.C. Certamente
nella Creta minoica, come abbiamo visto, i sacrifici bruciati erano un' ec­
cezione, tranne che nei santuari in cima alle montagne, dove per micenei
e dori erano la regola.
La libagione, versare una bevanda a terra o su un tavolo apposito o an-

Culto di Zeus in una decorazione di un vaso greco


l greci e il Mediterraneo orientale 29

cara su un altare ad uso della divinità che vi presiedeva, può essere visto nel
contesto del sacrificio senza fuoco di latte, olio e miele, nell'ambito della
condivisione di un pasto con le divinità, dal momento che si versava sempre
la prima coppa di una festa serale come libagione e che in altre situazioni
si chiedeva alla divinità di accettare la libagione ed entrare in sintonia con
l'essere umano che la stava versando. Anche durante i sacrifici di sangue, il
liquido si faceva schizzare sull'altare. Platone narra nel Crizia che nell'antica
Atlantide (che può essere stata la Creta minoica) si faceva sgorgare il sangue
dei tori sacrificati nel tempio sulla colonna su cui erano incise le leggi che
governavano l'isola, date da Poseidone ai suoi fondatori.
Dalla pratica fondamentale del sacrificio proviene un'enfasi di respon­
sabilità sociale: di condivisione di ciò che si possiede con le persone e con
gli immortali. I.:atto cerimoniale di versare liquidi, inoltre, santifica un
luogo, che si tratti della terra stessa, dell'altare o dell'onfalo. I.:altro tipo di
sacrificio è una risantificazione, l'aggiustamento di uno sgarro, un'alterna­
tiva alla punizione che il fato altrimenti infliggerebbe. Invochiamo questo
tipo di giustizia retributiva anche oggi quando facciamo un giuramento
attraverso oggetti sacri, invitando i poteri divini a farci venire un accidente
se non dovessimo mantenerlo.
Il greco antico mentre pronunciava un giuramento stava in piedi sulla
carcassa smembrata del suo animale sacrificale e si offriva alla stessa sorte
di distruzione se avesse infranto la sua parola. Cerimonie del genere hanno
un effetto psicologico potente sia conscio che inconscio. Forse le antiche
cerimonie di liberazione erano efficaci nell'esorcizzare maledizioni interi o­
rizzate. Eschilo, ovviamente, ci dice nella sua Oresteia (45 8 a.C.) come alla
fine gli ateniesi abbiano rimpiazzato il fardello della colpa, che non aveva
favorito nessuna liberazione in Oreste e che lo guidava senza frutto da
una luogo all'altro, con l'autorità della legge, in cui i leciti castigatori sono
esonerati dal doversi vendicare, il criminale è purificato dalla punizione e
così il ciclo della vendetta si interrompe. I vecchi rituali, perciò, potevano
essere modificati.

Il luogo e la dea

Come abbiamo visto, il santuario in sé potrebbe essere caratterizzato da


un altare, da un albero sacro, da una sorgente (come in molti luoghi dove
30 Storia dei pagani

è presente l'oracolo) , o da
una pietra chiamata onfalo
o ombelico. Abbiamo già in­
contrato la pietra a forma di
ombelico nella grotta di Elei­
tia a Creta ma l' onfalo greco
classico è un oggetto molto
più elaborato. Si tratta di
una pietra a forma di cupo­
la alta circa un metro, spesso
accuratamente intarsiata, ed
era luogo tipico per le liba­
gioni e altre offerte. Lonfalo
originale a Delfi, che esiste
ancora, è una pietra non la­
vorata che riporta l'inscri­
zione "Ge" , probabilmente
un'immagine iconica della
dea della terra Ge-Themis
Oresteia, vaso dalla Magna Grecia che mostra il
(Gaia) . Le pitture sui vasi
giudizio di Atene su Oreste
mostrano onfali drappeggia-
ti da nastri, fili incrociati, di
lana, che costituivano la forma tipica di sacrificio delle prime tosature delle
pecore, ma che successivamente diventarono le decorazioni della vittima
sacrificale e, quindi, dei veggenti o di chiunque si "abbandonasse" al volere
degli immortali. Lonfalo appare spesso nelle pitture vascolari con una figu­
ra femminile gigante da un lato che si erge dalla terra. È un attributo della
dea della terra. A volte la figura è chiamata Ge (terra) , a volte Pandora o
Aneisidora (donatrice dei doni della terra) , e altre volte Meter (madre) .
In molti santuari prima di offrire sacrifici alle altre divinità, era previsto
che se ne facesse innanzi tutto uno alla terra. Eschilo, nelle Eumenidi, vuole
che la sacerdotessa presso l'altare di Apollo a Delfi inizi la sua preghiera
con le parole:

Tra tutti gli dei, per prima, devo pregare


la prima delle veggenti, la Terra.
I greci e il Mediterraneo orientale 31

Le frasi successive spiegano il controllo di Apollo sul santuario come


dono della dea:

e poi Temi
che per seconda fu sul seggio della madre profeta,
come dice la storia sacra. La terza
fu un'altra figlia della Terra, Febe
che prese il posto di Temi senza violenza:
nel giorno gioioso del suo genetliaco
Febe ne fece dono a Febo, ch'ebbe, da lei,
il nome. (trad. di P.P. Pasolini)

Nelle Coefore (127), Eschilo aggiunge:

ed alla Terra
che produce ogni cosa e la nutrica,
ed il rigoglio poi ne riassorbe. (trad. di E. Romagnoli)

Gli ateniesi invocavano inoltre i morti di Demetra. Sappiamo che nel


mito del rapimento di Persefone, è sua figlia, non Demetra stessa, a diven­
tare regina dell'aldilà, ma la cultura popolare preservava o fondeva le due
identità. La dea dell'aldilà era dunque la terra oscura, portatrice di frutti e
anche sovrana e detentrice della morte. Anche Aneisidora era una generosa
dea della terra e dell'aldilà, menzionata da Aristofane (Gli uccelli, 971) sia
come dea a cui venivano sacrificati gli agnellini bianchi, sia come terra in
grado di procurare tutto quanto necessario alla vita. Era connessa con Pan­
dora, che è arrivata a noi soprattutto nell'aspetto dell'aldilà connesso con
la morte. Il suo aspetto positivo appare tuttavia quando, nel primo secolo
della nostra era, il saggio Apollonio di Tiana, per aiutare un uomo che de­
siderava una dote per sua figlia, pregò con successo Pandora.
Un tema più differenziato, il matrimonio tra cielo e terra, appare nel
culto di Zeus a Dodona. La sua sacerdotessa declama:

Zeus era, Zeus è, Zeus sarà: o grande Zeus!


La terra ci dona i suoi frutti: preghiamo dunque la madre terra.

Zeus viene descritto in un'antica filastrocca ateniese per bambini come


il portatore della pioggia. Ai misteri eleusini, sacri a Demetra e a sua figlia,
32 Storia dei pagani

Persefone, la dea dell'oltretomba

pare che i fedeli alla fine delle cerimonie guardassero prima il cielo urlando
«piovi!)), poi la terra gridando «sii feconda!)) . A Olimpia, nel santuario di
Era e Zeus, vi era una fenditura nel suolo nella quale veniva versata una
libagione prima di ogni sacrificio.16
Pare che ci fosse poi una basilare e apparentemente antica venerazione
della terra stessa che continuava parallelamente ai nuovi culti e che si dif­
ferenziava nei culti di certe dee, in particolare Demetra e Kore (Persefone) ,
Pandora e Aneisidora. I simboli della terra erano la fenditura, la stanza
sotterranea o megaron (a Eleusis) , e l' onfalo, entrambe rappresentazioni
dell'anatomia femminile. Vale la pena di sottolineare, comunque, che non
tutte le dee sono dee della terra. In Grecia queste ultime erano divinità
del mondo sotterraneo piuttosto definite, di prosperità e distruzione. Allo
stesso modo non tutti gli dèi sono dèi celesti.
l greci e il Mediterraneo orientale 33

Gli oracoli .

Le dee e gli dèi greci parlavano attraverso i loro seguaci per mezzo di
trance e ispirazione. Inizialmente si pensava che la religione classica fosse
costituita da osservanza esteriore, andare ai festival e rispettare i sacrifici
prescritti, 17 ma ciò è chiaramente falso. Gli dèi e le dee apparivano a singoli
individui nei sogni o durante voli sciamanistici di visioni interiori; appari­
vano in visione a intere armate e folle; e fin dai primi tempi c'erano oracoli
stabili in santuari permanenti, ruolo ricoperto da veggenti professionisti,
cosa ancora valida in un paese "pagano" contemporaneo come l'India. Le
divinità del mondo antico erano attive anche nelle vite interiori delle per­
sone. Il santuario di Zeus a Dodona, nel cuore del territorio dei mitici
dori e configuratosi l'oracolo più antico, era di tipo classico: con l'albero.
Fu fondato in un'antica foresta di querce intorno all'VIII secolo a.C. da
una sacerdotessa missionaria egiziana di Tebe.18 In una radura si ergeva un
unico albero di quercia che lei aveva identificato come sacro. Ai suoi piedi
vi era una sorgente intermittente, e tra i suoi rami vivevano tre colombe
(secondo Esiodo) o tre sacerdotesse chiamate colombe, che entravano in
uno stato di estasi e profetizzavano senza ricordare cosa dicevano.19 Ab­
biamo già visto i danzatori che ricevevano visioni di una dea al santuario
dell'albero a Creta, perciò questa pratica risulta familiare.
Gli oracoli a volte crescevano intorno alle sorgenti. Presso l'oracolo di
Apollo a Mileto la sacerdotessa sedeva con i piedi nell'acqua della sorgente
e respirava i vapori per entrare in trance. Nell'oracolo dello stesso dio a
Klaros, per avere lo stesso effetto, il sacerdote beveva l'acqua. A Delfi la
sacerdotessa si immergeva nell'acqua prima di profetizzare. Loracolo dei
morti a Ephira aveva due fiumi, chiamati Acheronte (pena) e Kokytos (la­
mento) , a richiamare i due fiumi dell'Ade. Anche un sacrificio di sangue
presso il santuario di un antenato locale, come ad esempio quello di Odis­
seo alla tomba di Tiresia descritto nell' Odissea (XI,23 ss.) , poteva attrarre
gli spiriti dei morti affinché potessero essere consultati. In questo caso non
era il veggente ma gli spiriti ad essere estasiati dal liquido, perciò c'è la pos­
sibilità che le due procedure fossero in effetti completamente estranee.
Presso l'Apollo di Mileto la profetessa si sedeva su un axon accanto
alla sorgente sacra. Questo termine indica letteralmente un "asse" ma a
quel tempo veniva usato per riferirsi alle assi del cielo. Perciò la profetessa
sedeva simbolicamente al centro del mondo. Analogamente, a Delfi, la
34 Storia dei pagani

Si bilia sedeva su un treppiedi vicino all' onfalo, nella parte affossata po­
sta in fondo all'interno del tempio. Anche l' onfalo era visto come centro
del mondo, come ci narra Platone («Apollo siede al centro sull'ombelico
della terra») /0 ma contrariamente all'asse di Mileto che era aperto al cielo
e presumibilmente puntava alla stella polare, l' onfalo era posizionato in
un contesto di oltretomba. Delfi, secondo Eschilo, era originariamente un
santuario alla dea terra, perciò la tradizione della profezia deve essere conti­
nuata alla veneranda maniera, con riferimento all'oltretomba, non all'asse
dei cieli. La tradizione della veggenza per consultare gli spiriti dell'aldilà
al centro dell'universo fu portata avanti dagli etruschi (cfr. capitolo III) ,
che si pensa siano emigrati in Italia dal Mediterraneo orientale e abbiano
gettato le fondamenta della cultura romana.
Lalbero, al contrario, è un'immagine dell'asse celeste: il polo dei cieli
marcato dalla stella del Nord, intorno alla quale sembra che rivoluzionino
le costellazioni. Gli alberi che contraddistinguono certi santuari - la quer-

Un oracolo a Delfì
I greci e il Mediterraneo orientale 35

eia di Zeus a Dodona, il salice di Era a Samo, l'ulivo di Atena ad Atene


- sono probabilmente stati visti come l'asse locale, posto a legare l'universo
mondano a quello celeste, come l' onfalo connetteva il mondo alle ricchez­
ze e ai terrori dell'aldilà. Coerentemente con ciò vediamo la dea cretese
apparire nel santuario sopra i danzatori mentre Demetra emerge dalla terra
presso il suo onfalo. Il modello costituito dai tre mondi - celestiale, terre­
stre e occulto, uniti nell'asse cosmico ed estesi sul piano ellittico - è stato
sviluppato in dettaglio, sia dal punto di vista simbolico che matematico,
dai mesopotami e dagli egiziani. Quando arriveremo alle tradizioni nordi­
che vedremo la sua immagine come albero evoluto a un estremo senza pre­
cedenti. Allo stesso tempo, sembra che lo stesso simbolismo fosse presente
nell'antica Grecia. La profezia, per i greci, divenne oggettiva nell'essere
integrata nelle coordinate del cosmo stesso. Il vero veggente era colui che
si sedeva al centro del mondo visibile.

I templi e le immagini

Un commentatore di Aristofane sostiene che l'albero di ulivo era il tem­


pio e l'immagine di Atena, prima che edificassero i templi e le immagini.21
Ogni divinità aveva il suo albero sacro, la quercia per Zeus, il mirto per
Mrodite, il salice per Era, la vite per Dioniso. Gli alberi sacri venivano
spesso considerati più santi degli altari a cui si associavano. 22 Secondo la
tradizione, i greci diedero inizio alla religione recintando piccoli boschet­
ti. Pausania asserisce (X, 5 ,9) che il primo tempio di Apollo a Delfi fosse
una capanna fatta di allori. Non vi era tempio dedicato che non avesse
un albero sacro a esso associato.23 I.:albero di Era a Samo era incorporato
nell'altare stesso. In un rilievo di Anfione e Zeto a palazzo Spada a Roma, è
rappresentata un'immagine di Artemide in piedi di fronte a un albero sacro
al centro di un tempio.
Il tempio come edificio seguì l'altare all'aria aperta nei santuari greci.
I.:albero di quercia di Zeus a Dodona fu rimpiazzato da un tempio solo
nel IV secolo. I templi più antichi ritrovati finora sono tutti dedicati a Era,
dall'Heraion del IX secolo a Samo con il suo altare del X secolo, attraverso
Argo fino a Olimpia, dove il tempio della dea precede quello di Zeus. 24 Ciò
può significare che Era fosse la dea più importante dell'età buia o, più sem­
plicemente, che la sua immagine fosse la prima che si pensasse bisognosa di
36 Storia dei pagani

rifugio. I templi venivano usati per ospitare le immagini delle divinità ed


erano strutturati secondo il megaron miceneo o stanza del trono. L'immagi­
ne sacra originaria di Era a Samo, secondo Phoronis, era una semplice asse.
Ad Argo era una colonna. Questi simboli furono successivamente decorati
con pettorali e catene di frutti. Vediamo la stessa iconografia semplice ri­
prodotta nella pittura vascolare, che mostra il culto femminile di Dioniso
(ma non nel culto di altre divinità) . Qui l'immagine sacra è un'asse con
una maschera appesa, una tunica e nastri di lana che la drappeggiano. Po­
trebbe trattarsi di un altro aspetto del culto dell'albero, dal momento che
le colonne di pietra sembra non siano state usate con questo ruolo, pur
essendo rappresentazioni esplicite dell'immagine.
Le offerte votive portate nei luoghi sacri venivano lasciate lì dopo le
cerimonie. C'erano pelli di animali, teschi, ossa, corna, corna di cervo,
uova, ghirlande di fiori, fasci di grano, fiori e frutti, corde, reti, utensili e
armi. Costituiscono la base degli ornamenti riprodotti in pietra nei templi:
praticamente ogni componente di decorazione del tempio classico deriva
da uno di questi elementi.25 I templi completamente sviluppati conserva­
rono e rispettarono gli oggetti sacri originari. La roccia su cui in principio
si celebravano i riti fu lasciata esposta (come si può vedere oggi nella mo­
schea della Roccia a Gerusalemme e nella cappella del monastero cristiano
di Mont-Sainte Odile, in Alsazia, Francia, entrambi costruiti sui luoghi di
precedenti santuari pagani) . I templi erano costruiti intorno a pietre dalle
virtù sacre. La più famosa tra queste è l'immagine aniconica di Afrodite,
un betile (meteorite che esiste ancora nel museo di Cipro a Nicosia) vene­
rato nel santuario di Paphos, Cipro.
Certe divinità, in particolare Zeus e Poseidone, non furono mai rappre­
sentate attraverso l'uso di immagini durante il periodo arcaico (800 ca-530
ca a.C. ). Zeus era il cielo durante il giorno, la pioggia, il lampo. Abbiamo
già visto questo genere di simbolismo espresso in versi e in rituali. Perciò
Zeus, come Ge, la terra, e Poseidone, forze naturali spontanee, erano viste
come principi astratti, senza un'immagine. Analogamente, la prima rap­
presentazione di Afrodite è aniconica. Si tratta del betile di cui sopra, una
pietra meteorica nera conservata nel tempio della dea a Kouklia (vecchia
Paphos) , nell'isola di Cipro, datata intorno al 1 200 a.C. e precede, dun­
que, i templi greci di Era. Ermes, d'altra parte, rappresenta fin dai primi
tempi una linea di confine. I primi herms sono tumuli, pile di pietre come
vengono usate in tutto il mondo per marcare i confini e le stazioni sul
l greci e il Mediterraneo orientale 37

Tempio dedicato a Efesto, Atene

percorso. Dal VI secolo in poi troviamo il caratteristico pilastro di pietra,


che si reputava fosse stato istituito da Ipparco d'Atene nell'anno 520 per
segnare il punto a metà strada tra i villaggi dell'Attica e l'agorà ad Atene.
Walter Burkert ha osservato26 in modo convincente, che le figure maschili
itifalliche come Ermes in Grecia e Frey in Scandinavia sono probabilmente
figure apotropaiche, a guardia degli intrusi, come i babbuini che siedono
a segnalare che ci sono maschi adulti e forti nelle vicinanze a difesa del
territorio. Inoltre, nel caso di Priapo, il fallo è invocato per la fertilità oltre
che per la protezione dell'orticoltura.
Fino al V secolo Ermes fu sempre rappresentato (nella pittura vascolare
e altrove) con le fattezze di un uomo adulto con la barba. Il ragazzo alato
che appare nell'arte successiva è espressione del suo dominio sull' adole­
scenza. Ermes è il dio degli stati intermedi, perciò serve a stabilire i con­
fini, ma anche a superarli. Similmente nel Rajasthan di oggi c'è un dio
dei confini, un aspetto di Bhairon, il «potente principio maschile».27 Egli
protegge i villaggi indiani dagli intrusi ed è una presenza aniconica nel-
38 Storia dei pagani

la terra di nessuno che lo circonda. I visitatori generalmente gli portano


un'offerta quando attraversano questo territorio. In Grecia versioni locali
di Ermes potevano anche avere ulteriori attributi. Pausania (VII,22,2) vide
un'immagine di Ermes, dio del mercato a Pharae in Acaia. Era un piccolo
pilastro squadrato sormontato da una testa barbuta. Di fronte, un camino
con lampade di bronzo appese a fili. Accanto c'era un oracolo: l'interessa­
to arrivava la sera, bruciava incenso sul caminetto, accendeva le lampade,
poneva una moneta sull'altare alla destra dell'immagine e sussurrava la sua
domanda nell'orecchio della figura. Poi si tappava le orecchie e usciva dal
mercato. Dopo un po' si scopriva le orecchie e prendeva la prima parola
che sentiva come un vaticinio.

Sviluppi successivi

Le divinità dell'Olimpo, in seguito, furono assimilate e di solito di­


scendevano da una moltitudine di dèi e dee locali che avevano funzioni
pratiche nella vita quotidiana delle loro comunità . .L abilità greca nella nar­
razione delle storie e nella classificazione si scoprì nelle pratiche religiose
che erano connesse con la venerazione degli spiriti del luogo, gli antenati e
altri esseri astratti. n periodo classico, datato dal realistico, non simbolico,
stile della pittura vascolare rossa ateniese che iniziò intorno al 535 a.C.,
vide un sistematico sviluppo del pensiero speculativo. La legge divenne
più impersonale e altrettanto accadde alle divinità, come nella conversione
delle Furie in esseri gentili con l'installazione nel tempio, un cambio ag­
ghindato ad arte da Eschilo nella sua Oresteia. La scoperta fatta da Talete,
che permise di prevedere le eclissi del 5 8 5 a.C. , aveva già contribuito senza
dubbio al senso dell'oggettiva distanza dal mondo naturale. Le persone
nel Mediterraneo orientale cominciarono a pensare a come anticipare gli
eventi piuttosto che limitarsi a reagire (le religioni trascendentali come
il buddhismo e il zoroastrismo, si possono datare nello stesso periodo) .
Si registrarono incredibili passi avanti nell'astronomia, si investigarono le
leggi matematiche e del ragionamento stesso e alla fine Atene acquisì la sua
personale scuola di filosofia con l'avvento di Socrate (m. 399) e del suo
discepolo Platone (428-347) .
Socrate fu condannato a morte per aver corrotto la gioventù di Atene
insegnandole a mettere in discussione le tradizioni che si erano mantenute
I greci e il Mediterraneo orientale 39

Morte di Socrate, Jacques-Louis David, 1 787

senza critiche razionali, fino a quel momento. Ma il demone del libero


pensiero (il daimon di Socrate, il suo spirito ispiratore) ormai era stato
liberato. La tradizione intellettuale occidentale procede in linea retta dai
metodi di ragionamento sviluppati nel Mediterraneo orientale dal VI al IV
secolo a.C. e cristallizzati specialmente nelle scuole ad Atene. I contempo­
ranei di Socrate pensavano che l'intelletto offendesse i poteri divini, perciò
lo trovarono colpevole di corruzione. A lungo andare, però, la sua scuola
di pensiero produsse una filosofia mistica, il neoplatonismo, che coesisteva
e persino giustificava, agli occhi dei seguaci, le religioni pagane del tempo
e i monoteismi successivi, resistendo fino ai giorni nostri. I metodi di ra­
gionamento sviluppati da Socrate, dai suoi contemporanei e dai suoi pre­
decessori, oltre che le scoperte parallele in matematica e astronomia, sono
state molto influenti, ma non é di questo che ci stiamo occupando.
Il discepolo di Platone, Aristotele, fu mentore di Alessandro il Mace­
done (356-323) , che, col nome Alessandro Magno, conquistò in seguito
non solo la parte continentale della Grecia, ma anche il suo antico riva­
le, l'impero persiano, e buona parte dell'Asia, introducendo così i filoso­
fi e i sacerdoti greci nelle culture babilonesi, zoroastriana e braminica. Il
breve regno di Alessandro ebbe come risultato di consolidare quella che
sarà conosciuta come la sfera culturale ellenistica. Questa non solo ave-
40 Storia dei pagani

va una lingua comune e un sistema


amministrativo uniforme nelle varie
nazioni indipendenti, ma anche una
religione sincretistica sviluppata da
Tolomeo I d'Egitto intorno al 331.
Questa religione, basata sul culto
di lside e Osiride proveniente dalla
zona del Nilo, includeva elementi
greci ed era, nel consueto stile pa­
gano, ospitale con i culti locali. !si­
de era una maestra di magia e una
dea salvatrice (soteria) , che iniziò
gli esseri umani ai misteri della vita
eterna. Il suo culto di solito eclissava
quello del consort� che era il giudice
Osiride rra il duplice occhio di Horus dei morti nel mondo ultraterreno,
ma in teoria i due erano venerati in­
sieme. Sotto molte forme il loro culto fu ampiamente seguito durante l'età
ellenistica e il successivo Impero romano.
Alessandro impostò i suoi nuovi stati ellenistici secondo lo schema de­
mocratico dell'antica Atene, con i magistrati, un concilio e un'assemblea
popolare. Ma ogni città aveva anche un re, e questi re divennero rapida­
mente il centro di un culto del sovrano. Il monarca e la sua consorte erano
venerati come divinità in vita invece di essere osannati a posteriori come
semidèi. Le divinità protettive già esistenti nelle città-stato in questione
mantennero, ad ogni modo, il loro culto. Perciò, ad esempio a Teos in
lonia, le statue del re conquistatore e della sua regina erano poste in un
tempio insieme a quella del dio della città, Dioniso, e ogni anno si metteva
un'offerta di primizie accanto alla statua del re nella camera del consiglio.
Si credeva che il culto del monarca, forse introdotto da fonti orientali, o
forse frutto dell'affermazione di Alessandro di essere divinamente cresciuto
come figlio di Zeus, preservasse il benessere del regno stesso.28 Questo era
un nuovo elemento nel paganesimo mediterraneo. Durante il III secolo le
colonie greche nel Mediterraneo occidentale furono gradualmente invase
dal potere crescente di Roma: è perciò in quest'area che ci sposteremo
ora.
III.
Roma e i popoli del Mediterraneo occidentale

Gli etruschi

Nell'VIII secolo, periodo in cui la società greca stava emergendo dopo


l'età buia postmicenea, in Italia occidentale e centrale si sviluppò una ci­
viltà complessa. Per trecento anni gli etruschi dominarono il Mediterra­
neo occidentale. Estraevano il rame, costruivano armi, utensili e gioielli,
sviluppavano l'agricoltura, praticavano l'ingegneria, compresa l'irrigazione
agricola, e commerciavano con i greci, i cartaginesi, i fenici e altri mem­
bri della comunità internazionale del tempo. All'estero, i loro mercanti
viaggiavano in Gallia, Germania e nel Baltico, scambiando vino e rame
per ambra e sale. Si pensa che furono loro a far conoscere il carro da com­
battimento a due ruote ai celti dell'Europa centrale. Intorno al 545 a.C. la
loro flotta formidabile si unì a quella dei cartaginesi per arginare il potere
dei greci nel Mediterraneo. Le loro capacità ingegneristiche e organizzative
diedero vita alla città di Roma nel tardo VII secolo, e due, se non tre, dei
primi re romani furono etruschi. 1
Gli etruschi erano esperti nella divinazione e nelle arti mantiche e, come
mostrano gli affreschi delle loro tombe, la loro cultura includeva arti quali
la musica, il ballo, i banchetti, l'atletica e la scrittura. Il VI secolo, il periodo
degli ultimi tre re romani semileggendari, marca l'apice della potenza etru­
sca. Dopodiché le città etrusche, civilizzate ma disorganizzate, caddero di
fronte al militarismo risoluto della Roma repubblicana. La storia fu riscritta
dai vincitori e le reminescenze della civiltà etrusca si possono solo intuire dai
reperti archeologici, dai resoconti degli storici antichi e da alcune inscrizioni
decifrate solo in parte. La storia in dodici volumi di questo popolo, scritta
dall'imperatore Claudio nel I secolo d.C. , è andata persa.
42 Storia dei pagani

[opinione degli studiosi si divide sul luogo d'origine degli etruschi.


Molti dei commentatori antichi pensavano che fossero arrivati in Italia
dal Mediterraneo orientale, ma Dionigi di Alicarnasso, nel I secolo a.C.,
riteneva che fossero d'origine italiana e che avessero imparato ciò che sape­
vano dai commercianti e dagli invasori stranieri, in particolare dai greci nel
Sud Italia. Le prove dell'archeologia moderna non portano a conclusioni
definitive. La manifattura degli etruschi era, ad ogni modo, di stile greco
o fenicio, la loro ingegneria idraulica era riconducibile a quella dell'Egitto
e della Mezzaluna Fertile piuttosto che a una qualsiasi in Italia, contem­
poranea o precedente, e la loro organizzazione politica ricorda più i regni
teocratici centralizzati del Medio Oriente che le città-stato greche libera­
mente organizzate, in cui nessuno avrebbe considerato un re come un dio
incarnato. Ogni città etrusca era indipendente, ma nei primi stanziamenti
dell'attuale Toscana, le città più importanti formavano una Lega di dodici.
Quest'ultima era incentrata su un santuario comune, a Tarquinia, dove
avevano luogo un raduno pan etrusco e un sacrificio una volta all'anno.
I primi resti etruschi sono datati intorno al 750 a.C. Durante il VII

Il cosiddetto "Fegato di Piacenza" , riproduzione in bronzo di un fegato animale con inciso il


nome, in etrusco, delle divinità connesse a ogni parte dell'organo. Come è noto, gli antichi in­
terpretavano il presunto volere degli dèi esaminando le viscere degli animali sacrificati. Questo è
quindi un piccolo "manuale di istruzioni" per gli oracoli
Roma e i popoli del Mediterraneo occidentale 43

secolo le città etrusche crebbero in Italia, al centro e al nord, come centri


di allevamento, commercio, estrazione e manifattura. La loro complessa ci­
viltà urbana contrastava nettamente con i semplici stanziamenti di villaggi
della cultura (villanoviana) d'origine. Durante il VI secolo gli etruschi si
espansero al Nord nella vallata del Po e a sud in Campania, colonizzando
anche parte del Lazio, inclusa Roma, tra il 625 e il 509 circa. I commerci
degli etruschi si estendevano a nord fino al Mar Nero e al Baltico e l' allean­
za navale con Cartagine intorno al 545 conferì loro potere sul Mediterra­
neo occidentale. Nel tardo VI secolo in molte città etrusche la monarchia
venne sostituita da un' oligarchia, e durante i due secoli successivi l'Etruria
perse gradualmente il suo potere a causa delle sconfitte navali nel Medi­
terraneo, ma anche delle incursioni celtiche nella vallata del Po e attraver­
so gli Appennini e delle tendenze espansioniste della Roma repubblicana.
Ciononostante l'influenza culturale etrusca rimase attiva nell'Italia centrale
fino al V secolo d.C. , quando Roma, sotto l'attacco di Alarico il Goto, ac­
cettò l'offerta di alcuni visitatori etruschi di mettere in atto un rituale per
causare una tempesta che avrebbe fatto retrocedere l'invasore. Ma il rituale
doveva essere svolto in pubblico, con tutto il senato presente, e questo il
papa non l'avrebbe permesso, quindi il piano fu abbandonato. 2
I primi resti etruschi sono elaborate tombe in pietra che si possono
datare intorno al 750 a.C . , prima quadrate e poi a forma di cupola, in
forte contrasto con le semplici urne funerarie e tombe a trincea che le cir­
condano. Il culto dei morti resta di grande importanza per tutta la durata
della civiltà etrusca, come in molte società pagane, e gli affreschi nelle tom­
be mostrano una ricchezza di esseri divini che aspettano l'anima dopo la
morte. I resti dei morti erano oggetto di onoranze e si provvedeva alla loro
sistemazione in elaborate necropoli, ma non sappiamo se tutto ciò faccia
capo a un reale culto degli antenati, con tanto di altari agli eroi nello stile
greco e rituali di pacificazione, o se i morti fossero considerati solo oggetti
delle divinità d'oltretomba.
Quest'ultima possibilità sembra essere più plausibile dal momento che
la religione etrusca non si basava solo su pratiche rituali e tradizione, nel
più classico stile pagano, ma era anche una religione rivelata, le cui sa­
cre scritture offrivano istruzioni dettagliate sulle cerimonie e sulla natura
dei poteri divini. In un campo vicino a Marta, di proprietà di un fattore
chiamato Tarcone, come ci dice Cicerone,3 un bambino emerse misterio­
samente da un solco appena scavato. Tarcone riunì i sacerdoti, a cui il
44 Storia dei pagani

bambino (riferendosi a se stesso come Tages, figlio di Genius, figlio di


Tinia il capo degli dèi) dettò la dottrina sacra, dopodiché cadde a terra
morto. Seguendo le istruzioni date da Tages, Tarchon fondò una città sacra
sul luogo. Fu chiamata Tarquinia, la città santa della Lega di dodici. La
dottrina di Tages era custodita nelle sacre scritture, che come molti sacra
etruschi erano divise in tre gruppi. C'erano i libri della divinazione (con le
viscere) , i libri dell'interpretazione dei vaticini (particolarmente illuminan­
ti) e i libri dei rituali. Questi ultimi erano a loro volta divisi in tre: i libri
della divisione agraria del tempo, i libri sulla vita ultraterrena e le regole per
l'interpretazione, l'espiazione e la mitigazione degli spiriti.
I sacerdoti e gli auguri etruschi erano professionisti formati per molti
anni nei loro collegi, reminescenza dei colti sacerdoti baru di Babilonia (è
interessante notare come la parola etrusca maru stia ad indicare allo stesso
tempo un sacerdote e un magistrato, diversamente dai sacerdoti e le sacer­
dotesse part-time del mondo ellenico o anche dai veggenti a tempo pieno
ma senza preparazione) .4 È come se per gli etruschi ogni scienza avesse una
funzione sacra (c'era poco studio secolare rispetto alla Grecia) , e comun­
que come se il mondo sacro fosse analizzato con cura e misurato per mezzo
di una precisa divinazione: in un modo che noi oggi, e persino i romani,
che coesistettero con gli etruschi per alcuni secoli, chiameremmo super­
stizioso. Le elaborate tecni­
che di divinazione etrusche
furono respinte per queste
ragioni da molti romani
(Cicerone e Catone tra gli
altri) , che preferivano ot­
tenere un segno semplice
dell'approvazione degli dèi,
un sì o un no, piuttosto che
le dettagliate previsioni e
analisi che i metodi etruschi
offrivano.
Il re di ogni città era
inoltre l'alto sacerdote, il
lucumo. Lo stile del suo dia­
Sarcofago etrusco. Complesso museale di Santa Maria
dema, dello scettro, della
della Scala, Siena tunica porpora, il suo lituus
Roma e i popoli del Mediterraneo occidentale 45

o personale d'ufficio, e il suo trono


d'avorio furono adottati dai magi­
strati romani, in seguito dagli im­
peratori e alla fine dai papi e car­
dinali cattolici romani. I simboli
regali del potere esecutivo, i fasci
o verghe da flagello e l'ascia a due
facce, furono adottati dai romani
(ma usando un'ascia a una sola
faccia) e restaurati nel XX secolo
da Mussolini.
Il lucumo e i suoi deputati era­
no responsabili dell'amministra­
zione delle cerimonie della reli­
gione etrusca ed erano consigliati
da un collegio di studiosi che ora
sono tra i primi a essere ricordati
per le loro capacità divinatorie: gli Statua cineraria etrusca, in pietra
aruspici. Tuttavia gli aruspici era­ policroma, da Chiusi, del 550/530 a.C.
Museo archeologico regionale di Palermo.
no anche astronomi, matematici e
ingegneri. Dopo che il potere po-
litico etrusco fu demolito da Roma, si mantenne un collegio di aruspici
come parte della struttura amministrativa. Fu uno di loro ad avvertire Ce­
sare delle Idi di Marzo. Gli uffici sacri dei lucumones furono gestiti, dopo la
caduta dei re etruschi a Roma, da un re cerimoniale, il rex sacrorum.
La struttura delle città etrusche e della campagna era conforme alle
misure sacre. Era formata da quattro lati orientati in direzione dei punti
cardinali. Quattro strade (o più spesso tre, tralasciando nord) andavano
verso l'esterno partendo da un punto centrale e correvano in direzione dei
quattro cancelli situati al centro di ciascun muro laterale. Questa struttura
probabilmente può essere datata a partire dall'Età del bronzo, dal momen­
to che nella cerimonia per tracciare i confini della città si utilizzava un
aratro di bronzo. Può essere anche il risultato di un originale indigeno
poiché lo stesso stile a quattro lati è visibile anche negli stanziamenti di cit­
tadini lacustri nel Nord Italia durante l'Età del bronzo, i terramaricoli. La
versione etrusca può tuttavia provenire da uno schema sacro mediorientale
che rifletteva la struttura percepita del cosmo, il cammino annuale del sole
46 Storia dei pagani

diviso fra solstizi ed equinozi


con cui avevano familiarizza­
to grazie all'astronomia sacra
mesopotamica. 5 Infatti gli
etruschi sono conosciuti per
aver diviso il cielo in quattro
parti, come la terra, a scopo
divinatorio. Varro descrive lo
schema di uno stanziamen­
to etrusco e ci conferma che
è riproposto puntualmen­
te nell'antica cittadella di
Roma, la Roma quadrata sul
Palatino. I romani credevano
di aver ereditato la loro strut­
tura cittadina dagli etruschi
e la città quadrata romana,
con il suo pozzo al centro
sigillato da una pietra (non
Testa in bronzo di una divinità etrusca un onfalo come in Grecia) , i
suoi tre cancelli e le sue tre
strade, sopravvive nella mappa contemporanea di Torino, di Timgad in
Algeria (fondata da Traiano nel 1 00 d.C.) e di Colchester in Inghilterra,
fondata dall'imperatore Claudio nel 49 d.C. Secondo Polibio anche i cam­
pi militari romani venivano costruiti seguendo le indicazioni contenute
nella disciplina etrusca, e i campi romani erano disegnati come griglie di
misure precise, orientate verso i punti cardinali. I romani riconoscevano
che la loro competenza con la legge del territorio derivava da quella degli
etruschi. La forma esteriore della disciplina della terra etrusca ha resistito
fino alla contemporaneità poiché lo stesso quadrato orientato verso i punti
cardinali fu acquisito, sia in città che in campagna, dai fondatori degli
attuali Stati Uniti. Ma nell'antica Etruria, naturalmente, lo scopo della
pianificazione a quadrati e il suo cerimoniale non era semplicemente fun­
zionale all'agilità di organizzazione, ma anche alla protezione magica che
attraversava lo stanziamento e proteggeva gli abitanti da tutte le minacce
che provenivano dal mondo invisibile.
I primi templi conosciuti risalgono circa al 600 a. C., quindi si può pen-
Roma e i popoli del Mediterraneo occidentale 47

sare che siano stati preceduti, come in altre culture, dalla Grecia alla (come
vedremo) Norvegia, da altari all'aria aperta circondati da un muro. Uno di
questi altari esiste ancora a Marzabotto. Il tipico tempio etrusco, però, era
quasi quadrato, leggermente più profondo che largo, con la parte anteriore
caratterizzata da un'elaborata serie di colonne, dai lati e dalla parte poste­
riore molto semplici (contrariamente ai templi greci che erano aperti con
colonne su tutti i lati) e da un interno con tre compartimenti o cellae per
una triade di divinità. A volte c'era soltanto una cella con un'ala su uno dei
lati. I muri e il tetto erano generalmente fatti di legno e non di pietra, con
i cornicioni decorati da immagini di terracotta dipinte in colori brillanti.
Di fronte al tempio si ergeva un altare e l'intero recinto era racchiuso da un
muro. Alcune delle divinità etrusche pare che fossero specifiche della loro
cultura, tuttavia molte erano prese in prestito dalla Grecia. Tre importanti
divinità etrusche erano Tinia, il dio dei confini e del diritto agrario (con­
siderato un antenato del leggendario Tages) , Uni, la dea del dominio che
brandiva uno scettro e Menrva, dea delle capacità pratiche, patrona degli
artigiani. Il nome Tinia è etrusco ma i romani identificarono questo dio
con Giove, la loro versione del dio celeste indoeuropeo. Si riteneva che Ti­
nia avesse istituito il diritto agrario sacro. Uni è una dea italica che condi­
vide il nome e la natura con la Giunone romana; Menrva è un'altra divinità
italica conosciuta a Roma come Minerva. Queste tre divinità riempivano le
tre cellae nel tempio centrale della Repubblica romana, il tempio di Giove,
che si presuppone sia stato voluto dal re etrusco Tarquinio Prisco intorno
al 600, costruito sul colle Capitolino alla fondazione della Repubblica nel
509 e sopravvissuto finché la sua infrastruttura bruciò nell'83 a.C.
Secondo Varro,6 il capo degli dèi per gli etruschi non era Tinia ma Vol­
tumna o Veltuno, il cui altare era vicino a Volsinii, nei cui pressi i membri
dell'originaria Lega dei dodici si incontravano annualmente per dar luogo
alle cerimonie tradizionali, tra cui dei giochi e una fiera, e per stabilire
principi di legge e organizzazione. Questa celebrazione cadde in disuso
nei giorni del declino dell'Etruria, ma fu successivamente recuperata pro­
babilmente dall'imperatore Claudio e continuò per tutto il IV secolo d.C.
durante il regno dell'imperatore cristiano Costantino. Anche la dea Nortia,
chiamata Arthrpa sull'orma del greco Atropos, aveva un tempio a Volsinii.
Sul suo muro gli ufficiali etruschi di alto rango avrebbero inciso una tacca
a ogni festival annuale. I..:accumulazione di queste tacche, una all'anno,
mostrava il passaggio delle ere, e si pensava che la vita della civiltà etrusca
48 Storia dei pagani

sarebbe finita quando il muro fosse stato coperto. C'era una dea dal fato
implacabile, chiamata Vanth, che negli affreschi sembra modellata sulla
Artemide greca, con la gonna corta e gli stivali da caccia. Il dio della morte
era Mantus e alcuni autori antichi sostengono che Mantova si chiami così
in suo onore, il dio dell'aldilà era Aita. Si pensava che dopo la morte le ani­
me si incontrassero nell'aldilà con Charun, una figura mostruosa alata con
il naso a uncino che brandiva un martello, mentre nelle regioni infernali si
incontravano altre divinità alate. Questi terrori non vennero assorbiti dalla
religione romana così com'erano, ma diventarono parte del suo cerimo­
niale pubblico. I giochi dei gladiatori romani, documentati per la prima
volta nel 264 a.C., potrebbero essere derivati dall'abitudine funeraria degli
etruschi di mettere in scena una lotta mortale tra tre paia di guerrieri, pro­
babilmente i cadaveri dei perdenti nello spettacolo romano erano trascinati
fuori dal circo da una figura vagamente vestita come Charun.
La società etrusca sembra che abbia conosciuto un fatalismo che non
era condiviso dalla altre culture del Mediterraneo del nord. Gli individui
non combattevano sempre contro la morte, al contrario si sentivano im­
potenti di fronte a essa. Durante l'assedio romano di Veio, Livio narra
che i soldati convinsero un indovino con l'inganno a rivelare il segreto
delle difese: quando il lago
Albano accanto alla città
fosse stato prosciugato Veio
sarebbe caduta. Quando
scoprì il trucco, lungi dal
voler dissimulare il suo er­
rore, l'esperto sostenne che
erano stati gli dèi a fargli
rivelare la profezia e pro­
cedette offrendo istruzioni
dettagliate su come drena­
re il lago. Lidea che tutto
fosse prestabilito è già stata
menzionata in relazione al
tempio di Volsinii, dove le
tacche fatte nel muro ogni
anno predicevano la durata
Charun e le anime dei morti, dipinto su un vaso etrusco
del IV secolo a.C. della civiltà etrusca. Sappia-
Roma e i popoli del Mediterraneo occidentale 49

mo da Censorino, che scrive nel 238 d.C.,? che effettivamente si riteneva


che la civiltà avesse avuto una vita di dieci saecula, ciascuno di durata sco­
nosciuta. Dei portenti, interpretati dagli aruspici, avrebbero annunciato la
fine di ogni saeculum. Il quinto saeculum cominciò nel 568 a.C., quando
l'Etruria era all'apice del suo potere. I saecula precedenti erano durati cento
anni, il che ci porta indietro al 968, cioè a un periodo anteriore alle prime
prove della cultura etrusca. Il sesto saeculum cominciò nel 445 , il settimo
nel 326 e l'ottavo nel 207. Nell'8 8 , quando il potere politico etrusco era
già da tempo stato eclissato da quello di Roma, gli aruspici annunciarono
l'inizio del nono saeculum; e alla morte di Cesare, quando, come riporta
Shakespeare, «Si videro le tombe scoperchiate, e i lor morti trascorrer per le
strade urlando, avvolti nei loro sudarii» (Amleto, atto I , scena I) , Vulcatius
l'aruspico proclamò l'inizio del decimo saeculum, che finì alla morte di
Claudio nel 54 d.C., quando una cometa e un fulmine, che colpì la tomba
del padre dell'imperatore defunto, fornirono i portenti necessari.

La transizione verso Roma

Vicino alla foce del Tevere, sulla sponda opposta rispetto all'etrusca
Veio, c'era un guado circondato da paludi e sulle colline sopra di esso un
gruppo di villaggi amalgamati a formare un complesso cittadino. La tradi­
zione riportata da Livio vuole che Roma sia stata fondata nel 753 da Ro­
molo, un discendente di Enea di Troia, a sua volta figlio della dea Mrodite.
Roma calcolò il suo calendario da quella data (ab urbe condita - AUC) e
al tempo di Livio (gli ultimi anni avanti Cristo) la famiglia imperiale al
governo a Roma, la Giulia, scelse, come protettrice della città, una sua
antenata divina, ossia una dea locale chiamata Venere, assimilata già da
tempo alla greca Mrodite.
Ma l'archeologia mostra che prima del 625 a.C. sul luogo della futura
città, esisteva solo un groviglio di canne e capanne imbrattate. Ammesso
che Romolo sia esistito, egli era il capo tribale degli abitanti di un villag­
gio. Le prime immagini mostrano la tradizione più vecchia di Romolo che
viene allattato da una lupa, l'animale del protettore originario di Roma:
Marte. La città stessa fu probabilmente chiamata così per il nome etrusco
del Tevere: Rumlua. I tre re che secondo Livio hanno seguito Romolo -
Numa Pompilio, Tullo Ostilio e Anco Marzio - sarebbero stati allo stesso
50 Storia dei pagani

modo capi locali, non re secondo la sofisticata organizzazione etrusca del


potere. Ciascuno di questi re si dice abbia regnato trentacinque anni, il che
ci porta al 6 1 3 a.C. e al regno dell'etrusco Lucio Tarquinio Prisco. Come
mostra il suo nome latino, i romani lo ricordavano come il venerabile re
sacerdote (il romano lucumo corrispondente all'etrusco lauchme) di Tarqui­
nia (santuario di Vertumna, città centrale della Lega etrusca) . [archeologia
conferma che la pianura alluvionale del Tevere fu bonificata nell'ultimo
quarto del VII secolo, presumibilmente da ingegneri etruschi che drena­
rono le paludi intorno al letto del Tevere. Frammenti tipicamente etruschi
offrono una testimonianza della loro presenza, perciò le capacità ingegneri­
stiche etrusche erano messe al servizio della costruzione della nuova città.
Le capanne nella vallata furono demolite all'inizio del VI secolo e si
costruì uno spazio aperto: il foro. Si fecero le strade secondo la pianta
etrusca; le case di pietra e mattoni con il tetto di mattonelle; si gettarono
le fondamenta di quello che sarebbe stato il tempio di Giove sul colle Ca­
pitolino; alla fine si costruì il Circo Massimo. Tutto prima del 575 a.C. Il
pagus (campagna) era ora un' urbs (città) nello stile mediterraneo orientale,
come le città dell'Etruria stessa.
Il successivo re di Roma, Servio Tullio, secondo la tradizione romana
regnò dal 578 al 5 3 5 e pare che fosse un latino di basso rango. La tradizio­
ne etrusca tuttavia lo identificava con il capo di una fazione della nobiltà
etrusca che depose il primo Tarquinio. La prova tangibile è debole in en­
trambi i resoconti. A Servio si attribuisce l'istituzione del primo sistema
di governo democratico conosciuto nella città, che però non durò oltre
la sua morte. Ciò includeva fasce di tassazione in base alla proprietà e il
principio di una cittadinanza armata, raggruppata in quelle che i romani
chiamarono centuriae. Fu sotto il controllo di Servio che le fortificazioni di
Roma furono estese con le mura serviane; a includere tutti e sette i colli; il
tempio di Diana, patrona della Lega latina, fu costruito congiuntamente
dai romani e da altre tribù latine. Roma diventò così capo della Lega. [ul­
timo re Tarquinio il superbo (534-5 1 0) , restaurò il vecchio ordine patrizio
e completò il tempio sul Capitolino, costruito secondo le misure sacre
etrusche. A Tarquinio il superbo viene attribuita anche la donazione dei
Libri Sibillini, di buon auspicio, offertigli a fronte di un'ingente spesa da
una veggente, e (sul piano pratico) la costruzione della Cloaca Massima, la
fogna principale, tutt'oggi operativa. Prima della fine del suo regno Roma
era diventata una città funzionale con artigiani, templi, case di pietra, con-
Roma e i popoli del Mediterraneo occidentale 51

dutture principali e un sistema di governo che, per quanto patrizio, abitua­


va tutti gli abitanti liberi alla responsabilità civica e all'azione corporativa
organizzata.
Dopo la caduta di Tarquinia il superbo nel 5 1 0, i nomi etruschi spari­
rono gradualmente dalla lista dei dignitari cittadini e la manifattura etru­
sca - gioielleria, musica, danza e banchetti - sparì dalla Repubblica appena
nata, sostituita da agricoltori armati. La semplicità e la praticità diventaro­
no la regola, si disapprovava il lusso, come indicano le prove archeologiche
e il puritanesimo romantico degli scrittori successivi, ad esempio Catone il
Vecchio. La religione localizzata del pagus romano rimpiazzò le divinità e
le cerimonie della religione etrusca, ma la triade del Capitolino rimase e fu
persino riprodotta in altre città del successivo impero. I Libri Sibillini, che,
genuini o no, erano santificati dall'antichità, furono usati come autorità
decisionale nelle questioni religiose e gli auguri etruschi si consultavano in
quanto esperti in materia di veggenza.
Come abbiamo visto, i regalia dei re etruschi, lo scettro, il diadema, la
tunica porpora e il trono d'avorio, furono utilizzati nelle occasioni religiose
e cerimoniali della nuova Repubblica, e continuano a tutt'oggi, insieme al
lituus o adunco bastone, come simboli del papato cattolico romano. È af­
fascinante vedere i demoni etruschi, che non facevano parte della religione
romana, sopravvivere nell'iconografia del cattolicesimo successivo.
Le città etrusche sottostimarono la forte ambizione romana per il pos­
sesso e il controllo del territorio o, in ogni caso, non riuscirono a rispon­
dere in modo efficiente alla minaccia militare che Roma presto venne a
rappresentare. Durante i secoli IV e III Roma conquistò prima Veio, poi
Tarquinia, Vulci e Volsinii. Molte divinità protettrici vennero portate a
Roma in modo da togliere alle città non solo il potere materiale, ma anche
quello spirituale. Altre città etrusche furono bloccate da tregue e la rete via­
ria romana poté attraversarne il territorio. I greci pressavano l'Etruria dal
mare, e i celti via terra dal nord. Durante il terzo secolo gli etruschi fecero
alleanze contro Roma con i celti e le tribù italiche, successivamente con
Annibale (225-203) , ma, dopo la sconfitta di quest'ultimo la colonizzazio­
ne romana e il controllo dell'Etruria, della Campania e della vallata del Po,
crebbero. Durante gli eventi che portarono alla guerra civile a Roma (83-
82) , l'Etruria ancora una volta si mise dalla parte dei futuri perdenti, e il
territorio etrusco fu rapidamente devastato dal vittorioso Silla nell'82 (no­
tiamo che il nono saeculum comincia nell'88, il periodo della guerra sociale
52 Storia dei pagani

tra Roma e gli stati clientelari italiani, inclusa l'Etruria) . A questo punto
le città etrusche erano efficacemente romanizzate e Roma aveva acquisito
le capacità ingegneristiche, e, piuttosto curiosamente, le capacità mantiche
(per quanto disastrose fossero state nel consigliare i generali a partire dal
IV secolo) erano molto richieste. Erano viste come una pratica indigena in
contrasto con i culti mantici e religiosi depravati e stranieri (cioè orienta­
li) , che inondavano la cultura popolare romana attraverso i nuovi legami
internazionali della città. L'imperatore Claudio restaurò la cultura etrusca
a Roma (4 1 -54 d.C. ) , riformò un collegio di aruspici, portò a quindici la
vecchia Lega di dodici e riesumò le sue celebrazioni presso il santuario di
Voltumna vicino Volsinii. Pare che le città etrusche si siano unite in quello
che noi chiameremmo un raggruppamento culturale, piuttosto che in un
vero e proprio raggruppamento politico, come lo avrebbero chiamato i
romani: ed è proprio nella sfera culturale che continuarono le conquiste, a
partire dalla struttura quadrata della città e della campagna, passando per
le pratiche cerimoniali della Roma antica e della Chiesa cattolica romana.

La Roma repubblicana

La prima storia scritta che ci rimane di Roma, la prosa greca di Fabius


Pictor, è databile intorno al 202 a.C. La nostra immagine della prima Re­
pubblica (dal 509) , dei re etruschi (presumibilmente dal 6 1 3) e dei loro
predecessori (circa dal 753) , e degli stanziamenti tribali precedenti, deve
essere ricostruita attraverso i resoconti abbozzati di viaggiatori greci con­
temporanei, i racconti fantasiosi dei successivi apologhi romani e le te­
stimonianze dell'epigrafia dell'antropologia e dell'archeologia. Per quanto
quest'immagine sia incompleta, alcuni dei suoi tratti sono già chiaramente
definiti.
In origine le divinità di Roma erano guardiane della terra. Sia la giovane
città, che si pensava fosse stata fondata da Romolo a metà dell'VIII secolo,
sia le località contadine o pagi di cui era il centro, erano costruiti su uno
schema quadrilaterale secondo, così ci dice Plutarco, la disciplina etrusca. 8
L'agrimensor, o controllore della terra, avrebbe indicato gli orientamenti
nord-sud ed est-ovest a partire dalla propria posizione usandoli per sud­
dividere un'unità di terra. Nel periodo classico tali unità erano venti actus
quadrati: duemilaquattrocento piedi romani, con una superficie di una
Roma e i popoli del Mediterraneo occidentale 53

centuria, duecento iugera. Il quadrilatero di base poteva essere suddiviso


infinite volte, finché ciascun contadino avesse un quadrato o una striscia
di terra circondata da tre o quattro identiche. Ogni settore con le sue varie
cascine era chiamato pagus e gli spiriti dei pagi erano le divinità originarie
dell'antica Roma.9
Varro ci narra che i primi romani veneravano le loro divinità senza
immagini. Per la verità pare che le abbiano venerate senza attribuire loro
alcuna personificazione. Il credo romano di base era più probabilmente
individuabile in un numen o in un potere sovrannaturale, piuttosto che in
spiriti personificati. 10 Una delle prime cerimonie per liberare un pezzo di
terra da coltivare era così formulata: «0 tu, dio o dea, a cui è sacro questo
luogo». Uno spazio sacro, locum sacrum, era ritualmente pulito e isolato per
le attività religiose. Vi erano anche luoghi particolari, foca religiosa, pres­
so cui era accaduto un qualche portento, come la caduta di un fulmine.
Questi ultimi venivano recintati e isolati in quanto divini, come succede
più o meno spontaneamente oggigiorno, quando sul luogo di un incidente
si lasciano fiori, giocattoli o, nei casi più eclatanti, come il disastro di una
folla di tifosi di calcio negli anni Ottanta, sciarpe e coccarde. Tali santuari
moderni sono effimeri, ma in passato si ponevano lapidi alla memoria. A
Quy Fen, nel Cambridgeshire, c'è una pietra che commemora la morte di
un giovane che fu colpito da un fulmine in quel punto nel XVIII secolo.
A Roma gli spiriti dei campi erano conosciuti come Lares. Non si at­
tribuiva loro, per quanto ne sappiamo, nessuna personalità e neanche un
nome individuale. A ogni incrocio dove si congiungevano quattro pro­
prietà vi era un santuario per il Lares condiviso, il compita/es. Ognuno dei
quattro santuari era rivolto oltre il proprio terreno e a quindici metri di
distanza da ciascuno c'era un altare sacrificale. Ovidio nei Fasti (11,639,ss.) ,
narra che nel mese d i dicembre ogni località onorava le proprie divinità
agli incroci. I contadini celebravano presso il santuario dei Lares condivisi
agghindando la pietra di confine e spruzzandola con il sangue degli ani­
mali sacrificati sugli altari individuali (il che ricorda le donazioni con cui
si onoravano le pietre di confine già descritte per la Grecia antica e l'In­
dia contemporanea) . Le donne della casa portavano il fuoco dai focolari
domestici e uno dei figli portava un cesto di prodotti; il suo contenuto
veniva successivamente gettato nel fuoco da una delle sue sorelle. A questo
punto ci sarebbero stati festeggiamenti e allegria secondo lo stile pagano
tradizionale.
54 Storia dei pagani

All'inizio vi era un singolo Larfomilia­


ris, ma dal I secolo a.C. ce ne furono due,
rappresentati da immagini giovanili e dan­
zanti. Nelle case dei poveri erano custodite
in una nicchia accanto al camino mentre
nelle abitazioni più prospere avevano un
vero e proprio santuario, il lararium. 1 1 La
loro venerazione rimase pressoché invariata
durante i tre periodi: regale, repubblicano
e imperiale. Successivamente la divinità
venne identificata col nome Monacello
(piccolo monaco) o Auguriellu (pic­
colo augure) , il genius della casa. In
seguito le immagini di Gesù bam-
bino saranno in diretta continua­
zione, per misura, stile e attri­
buti, ai Lares. Lisola di Capri è
famosa per la loro presenza. 1 2
Lar familiaris Storicamente i Lares erano
venerati negli interni (come Lares fo­
miliares) , ed erano visti come i padroni invisibili della casa. Le case del pe­
riodo imperiale (dopo il 27 a.C.) contenevano santuari con statue del Lar
della famiglia, e la città stessa possedeva un santuario dei Lares compita/es.
I numina per l'interno tuttavia erano originariamente i Penati, i control­
lori della dispensa con le provviste o penus. Ancora una volta si trattava di
entità riconosciute a livello collettivo senza che ci fosse bisogno di attri­
buire loro un nome individuale. La tavola non veniva mai lasciata vuota
e durante il pasto principale della giornata, la cena della sera, uno dei figli
si alzava e, con atteggiamento cerimoniale, gettava nel fuoco un pezzo di
pane cotto dalle sorelle seguendo una ricetta arcaica, messo su un piattino
detto patella. Come le fiamme si levavano per avvolgerlo il giovane annun­
ciava che gli dèi erano favorevoli: dii propitii. Vesta, la dea del focolare, è
una divinità indoeuropea, assimilabile alla greca Estia. Vesta era la fiamma
nel camino ed era trattata con tutta la dovuta riverenza. La padrona di casa
doveva lasciare il camino pulito alla fine di ogni serata.
Anche l'ingresso di casa (ianus, ianua) era sacro. Come la fiamma
anch'esso rappresentava una divinità, il dio Giano. Essendo il punto di
Roma e i popoli del Mediterraneo occidentale 55

transizione tra l'incontrollato mondo esterno e il territorio sicuro dell'in­


terno, la porta d'ingresso suscitava una serie di tabù. Prima che una sposa
potesse varcare la soglia di casa, doveva imbrattare gli infissi con grasso di
lupo e avvolgerli in fili di lana. Quando nasceva un bambino l'ingresso
diventava oggetto di un triplo rituale: una persona colpiva la soglia con
un'ascia, un'altra la batteva con un pestello e una terza la spazzava con una
saggina. Tali rituali si spiegavano col tentativo di proteggere la casa dalla
sfortuna, o meglio per impedire che la sfortuna vi venisse introdotta. Fuori
dalla casa stavano gli dèi ambivalenti: Marte, che aveva il lupo come ani­
male, Fauno, il dio delle bestie selvagge in generale e Silvano, il dio dei bo­
schi. I contadini romani erano saggi nel propiziare queste divinità, ma non
sarebbero stati tanto folli da invitarne l'influenza all'interno della casa.

La religione urbana

Giano è certamente più noto come dio della religione di stato a Roma,
che non è altro che la religione domestica dei romani traslata su scala col­
lettiva. Giano non ebbe un tempio fino al 260 a.C. ma solo un'enorme
porta doppia che si reggeva da sola, la ianus geminus, nell'angolo nord-est
del Foro, attraverso la quale marciavano gli eserciti diretti in guerra. La
porta era lasciata aperta quando la Repubblica era in guerra e chiusa sol­
tanto in tempo di pace. Sul lato opposto del foro c'era il focolare di Vesta
e il foro riproduceva la sistemazione di una casa privata, con Giano che
rappresentava il confine pieno di tabù tra l'interno e l'esterno e Vesta come
centro sacro, sorgente intrinseca di vita. Il focolare di Vesta era presenziato
da sei vestali vergini che erano scelte all'età di dieci anni da famiglie aristo­
cratiche e che servivano per trent'anni, mettendo in atto forme rielaborare
dei rituali arcaici che le figlie nubili avevano praticato nelle cascine della
prima Roma. Nel periodo repubblicano, durante l'invocazione completa
di tutte le divinità, ci si doveva rivolgere al dio Giano per primo e alla dea
Vesta per ultima. Queste due divinità racchiudevano gli estremi dell'esi­
stenza, dal punto più esterno al più interno del dominio romano, e la
loro venerazione illustra il fondamentale interesse di questo popolo per il
possesso e l'amministrazione del territorio.
Fin dal primo calendario romano che è stato ricostruito dalle inscrizioni
su una serie di tavole databili nel periodo imperiale, abbiamo i nomi di tren-
56 Storia dei pagani

tatré divinità originali di Roma. Dodici di esse ave­


vano sacerdoti permanenti, individui di origine ari­
stocratica, ad esempio discendenti dei fondatori
di Roma, il cui compito era di offrire (suc­
cessivamente di amministrare) i sacrifici e
attuare gli altri rituali della loro divinità,
che bisognava assicurasse la pace tra il
mondo divino e quello umano, che i ro­
mani volevano mantenere a ogni costo.
Tale pace sacra, la pax deorum, fu successiva­
mente assimilata nella Repubblica in conti­
nua espansione come Pax Romana e alla fine,
nel periodo imperiale trovò espressione nella
Pax Augusta. Cicerone, scrivendo alla fine
della Repubblica, diceva senza esitazione:
«cum deos esse intellexerit, non intellegat
eorum numine hoc tantum imperium esse
natum et auctum et retentum?» (De haru- Vesta, dea del focolare
spicum responso, 19) .U
Tre dei sacerdozi che offrivano sacrifici erano quelli principali di Giove
Marte e Quirino e un quarto era il sacerdozio di Giano che era affidato
da un ministro conosciuto come rex sacrorum, il re delle cose sacre, che
supervisionava le celebrazioni dello stato. La moglie di questo ministro,
la regina sacrorum, offriva un sacrificio a Giunone ogni primo giorno del
mese che era sacro anche a Giano, la divinità servita dal rex. È possibile
che il rex sacrorum avesse ereditato le funzioni precedentemente svolte dal
re-sacerdote etrusco, ma il suo nome e la sua funzione ricordano anche
l'ufficio miceneo del basileus, il re sacro, diverso da quello secolare o anax,
secondo una distinzione che risale a mille anni prima della Roma repub­
blicana. I quartier generali del "re" romano si chiamavano reggie o palazzi,
edifici che effettivamente possono essere fatti risalire all'inizio della Repub­
blica (509 ca.) e non al tempo della monarchia, in cui, malgrado il nome,
era chiaramente designato come tempio più che come residenza.
Il sacerdote di Giove era il Flamen Dialis, il cui ufficio era circondato
da diversi tabù. Non poteva impegnarsi in attività ordinarie, come andare
a cavallo o guardare un esercito in formazione da battaglia (familiare a
Roma) , indossare un anello o nodi nei vestiti, o fare qualsiasi lavoro secola-
Roma e i popoli del Mediterraneo occidentale 57

re. Inutile dire che nel periodo repubblicano si trattava di un duro compito
da svolgere. È stato suggerito 14 che Giove era originariamente il dio di Alba
Longa, la città vicina a capo della Lega latina che pare sia stata conquistata
da Roma prima del periodo della monarchia etrusca. Giove presiedeva sul
periodo della luna piena (che in seguito diventò quello delle Idi di ogni
mese sul calendario) , sui lampi, le querce e le sommità delle colline. A
Roma il suo primo santuario fu quello di Giove Feretrio sul colle Capitoli­
no, dove si ergeva una quercia su cui si narrava che Romolo avesse appeso
le vestigia delle battaglie. E dove (così ci dice Dionigi di Alicarnasso) c'era
nel I secolo a.C. un piccolo tempio, largo circa quattro metri e mezzo, che
conteneva una pietra sacra usata dai Feziali, una delle corporazioni sacer­
dotali, per santificare le querce. Quelle querce erano benedette da "Gio­
ve la pietrà', indicando con questo che il dio era considerato immanente
nell'oggetto stesso, come Vesta nella fiamma del focolare. Il jlamen Dialis
amministrava inoltre il rito arcaico del matrimonio aristocratico, durante
il quale si spezzava solennemente una torta di farro, che poi lo sposo e la
sposa mangiavano, forse in segno di consacrazione dei voti.
Il sacerdote di Marte deve essere stato una personalità importante nella
prima Roma. Nel rituale arcaico delle fattorie, Marte era un dio esterno
che aveva come animale sacro il lupo. Era invocato durante l'antico rituale
del confine delle cascine, conservato per noi da Catone, 1 5 ma a Roma non
ebbe un tempio all'interno delle mura della città fino al regno di Augusto,
iniziato nel 27 a.C. I.: altare di Marte era ovviamente all'interno del Campo
Marzio, il luogo in cui si addestrava l'esercito fuori dalla città, ma i suoi riti
erano svolti anche da due collegi di dodici sacerdoti ciascuno all'interno
della città. Erano chiamati i Salii, o "saltatori" .
A marzo di ogni anno, il mese che prende il nome dal dio, essi raduna­
vano le armi sacre o ancilia che erano state conservate nella reggia durante
l'inverno e eseguivano una danza sacra cantata con parole arcaiche, che
invocava la fecondità dei campi e annunciava l'inizio della stagione della
campagna militare. Un rito simile, l'ottobre seguente, prevedeva una corsa
di cavalli e un sacrificio, il canto di un altro inno che metteva fine alla
campagna militare e il ricollocamento delle armi sacre nella reggia. A que­
sto punto vediamo Marte come dio della giovinezza e del vigore maschile,
forse simboleggiato dai verdi germogli della vegetazione, forse associato
con la protezione dei campi, ma sicuramente a protezione delle azioni di
guerra. In tempi antichi, al momento della dichiarazione di guerra, il con-
58 Storia dei pagani

sole responsabile si sarebbe recato alla reggia e avrebbe agitato le armi sacre
gridando «Marte svegliati!».
Marte era un dio di importanza centrale a Roma, probabilmente l' origi­
naria divinità protettrice della città. Il suo sacerdote, come abbiamo visto,
era il secondo in ordine di importanza dopo quello di Giove e la sua natura
può senza dubbio essere equiparata a quella dell'ultima delle tre divinità
principali, il dio Quirino. Non sappiamo quasi nulla di questo dio. Il Colle
che prende il suo nome, il Quirinale, era casa dei due sodalizi marziali, i
Salii. Erano chiamati semplicemente i Salii del colle in contrasto con i Salii
del Palatino, la cui dimora era sulla collina su cui si pensava fosse stata
inizialmente fondata Roma da Romolo. Perciò a quanto pare i Saliii del
Quirinale sono precedenti a quelli del Palatino e forse Quirino era il dio
delle battaglie della cittadella sul Quirinale mentre Marte svolgeva la stessa
funzione nella prima Roma, la città sul Palatino. Nelle orazioni formali i
romani sono anche chiamati Quiriti, elemento che va di nuovo a sostegno
di un'identificazione dei due stanziamenti sotto i due dèi.
Quelli di cui abbiamo parlato sono i principali sacerdozi che si occupa­
vano dei sacrifici, amministrati dai principali jlamines o "soffìatori di fiam­
ma" . Tra i rimanenti sacerdozi solo uno era per una divinità relativamente
nota: Cerere. I restanti furono a lungo dimenticati, insieme probabilmente
a divinità antiche come Furrina, Falacer, Portunus, le origini delle quali
erano sconosciute persino ai commentatori romani della seguente Repub­
blica. Ma anche in mezzo alle divinità più note che non compaiono tra i
sacerdozi sacrificali, le loro funzioni originali, prima di essere assimilate
con gli Olimpi greci, sono sempre quelle che ci potremmo aspettare. Non
ci sono prove ad esempio che le divinità si presentassero a coppie sposate.
Certamente vediamo coppie di divinità, per esempio Saturno e Lua Mater,
Marte e Nerio, ma queste sono piuttosto divinità indipendenti con funzio­
ni in comune, non formate da marito e moglie. Giunone, in particolare,
all'inizio non era la moglie di Giove, ma una divinità il cui nome significa­
va giovinezza e che si voleva preservasse il vigore e la fertilità, dalla pubertà
fino ai quarantacinque anni (la fine dello status di uomo giovane e abile al
servizio militare) per gli uomini, e presumibilmente fino alla menopausa
per le donne. In quanto dea del vigore e della forza, Giunone appare, come
divinità protettrice di molte città e dea della battaglia, sul carro e con la
lancia. 16 Come abbiamo visto, controllava l'inizio di ogni calendario (luna­
re in origine) mensile: le Calende.
Roma e i popoli del Mediterraneo occidentale 59

Processione di sacerdoti sul fregio dell'Ara Pacis: al centro i flamini col caratteristico copricapo

Era una dea della crescita, e molti santuari a Roma e in altre parti d'Ita­
lia aiutano a individuarne l'area di influenza. Giunone Rumina proteggeva
Roma, Giunone Populona il popolo romano, Giunone Lucina il boschet­
to sacro (lucus) ecc. Ogni donna inoltre aveva la sua Giunone personale,
il proprio spirito protettivo del vigore giovanile; come ogni uomo aveva
il suo genius (dalla stessa radice di generare) , potere di procreazione e di
originalità. Nel periodo imperiale il genius o numen dell'imperatore di­
ventò oggetto di culto religioso e in tutte le case dai tempi arcaici il genius
del pateifamilias era celebrato durante il compleanno di quest'ultimo; fin
dall'inizio della Repubblica vediamo anche la Giunone del re, Giunone
regina, venerata nel tempio sul Capitolino.
Giunone quindi ha radici piuttosto distinte dalla greca Era, così come
accade per altre divinità. Venere, una dea degli alberi da frutto e degli orti,
era la divinità protettrice di Ardea e Lavinium. Fu successivamente assimi­
lata alla greca Mrodite, la madre leggendaria di Enea di Troia, e fu nomi­
nata antenata di Roma, che, secondo il racconto diffuso negli insediamenti
greci del Sud Italia e reso popolare a Roma da Virgilio nel I secolo a.C. ,
era stata fondata originariamente da Enea. Ma la Venere originale non era
mai stata adorata come divinità protettrice di Roma; al contrario, come
abbiamo visto, i guardiani pare fossero Marte o Quirino.
60 Storia dei pagani

Al contrario Diana fu presto assimilata all'Artemide greca. Diana presi­


diava diverse città nel Lazio, tra cui una che potrebbe essere stata uno tra i
primi santuari della Lega latina, Arida. Il sacerdote della dea ad Arida era
il noto rex nemorensis (un altro re sacerdote, il re del boschetto) . Ciascun
addetto otteneva la carica uccidendo il suo predecessore e era destinato alla
stessa fine. All'inizio del VI secolo, sotto il regno tradizion·ale di Servio Tul­
lio, si costruì un tempio a Diana fuori dalle mura di Roma sul colle Aven­
tino a sancire l'alleanza di Roma con le città della Lega latina. La statua al
suo interno era infatti una copia dell'Artemide di Massilia (Marsiglia) , a
sua volta una copia della grande Artemide di Efeso. Qui il legame tra le di­
vinità romane e quelle greche risale quindi a tempi antichi. Si attribuisce a
Servi o Tullio anche la costruzione del tempio di Fortuna, che divenne nota
nel periodo imperiale come dea bendata. Era, tuttavia, in origine una dea
dell'abbondanza, che governava sulle nascite e in seguito sul destino dei
bambini. Fortuna aveva un oracolo a Preneste che non operava attraverso
la veggenza ma col sorteggio. È facile immaginare come, una volta dimen­
ticate le radici rurali, si sia evoluta fino a diventare la dea cieca del fato. 17
Il dio della semina invernale era Saturno. Il suo nome fu fatto derivare
da saeta, seme, e fu associato alla leggendaria età dell'oro celebrata durante
i Saturnalia del solstizio d'inverno. Ricerche moderne individuano il suo
nome come una parola etrusca dal significato sconosciuto . 1 8 Saturno pre­
siedeva molte cerimonie di pulizia e purificazione e perciò si può dedurre
che fosse proprio questa la sua funzione principale. La sua compagna nel
culto, Lua Mater, apparentemente prende il nome dal verbo che sta a indi­
care il rituale di purificazione o espiazione: luere. Il verbo per le cerimonie
purificatrici su cui presiedeva Saturno, lustrare, è rimasto nel vocabolario
moderno con la medesima accezione. Soltanto dopo le riforme della secon­
da guerra punica (nel 2 1 7 a.C.) Saturno iniziò a essere identificato con il
greco Kronos, il quale, analogamente, aveva una festa a metà inverno. Lua
fu in seguito rimpiazzata nel ruolo di compagna di culto da Opi, che in
origine era stata associata a Conso. Entrambe queste divinità sono oscure,
ma Opi pare fosse identificata con la Rea greca a per questo fu assegnata al
culto ellenizzato di Crono-Saturno.
Questi culti individuali con i relativi altari e templi sono stati proba­
bilmente le forme più antiche di venerazione nella Roma repubblicana
e successivamente in quella regale. Quando i romani si spostarono dalla
campagna alla città continuarono a venerare divinità individuali che pre-
Roma e i popoli del Mediterraneo occidentale 61

siedevano su luoghi e funzioni


e sembra non abbiano tentato
di metterle in relazione una con
l'altra, né attraverso la leggen­
da né con la teologia (nel sen­
so di organizzazione razionale
delle funzioni) . I culti indivi­
duali della famiglia e della fat­
toria si trasformarono in culti
nazionali senza subire perdite
nell'essenza della loro natura.
Abbiamo visto la porta d'in­
gresso dello stato e il suo cuore
stesso con i culti nel foro. Inol-
tre ai percorsi sui confini delle J.'.apex, il cappello usaro da Salii e jlamines

fattorie facevano eco quelli in-


torno alla città, gli Ambarvalia, supervisionati da una congrega speciale di
sacerdoti, i .frates arvales. La cerimonia annuale dei Lupercalia (da lupus) ,
in cui due giovani patrizi sacrificavano un cane (con un lupo sarebbe stato
troppo difficile) e una capra in una grotta del Palatino, si imbrattavano
con il sangue, ridevano, si asciugavano con fili di lana impregnati di latte
e poi, con indosso solo un perizoma, correvano intorno ai sacri confini
della città vecchia, colpendo le persone con lembi della pelle della capra,
ricorda il rituale apotropaico del matrimonio in cui si ungevano gli stipiti
della porta col grasso di lupo. La ricorrenza della morte dell'antenato più
importante di ciascuna famiglia fu gradualmente sostituita dal Parentalia
nazionale ogni febbraio.
Un ultimo culto era specifico della vita cittadina e, nonostante fosse
iniziato in epoca monarchica, era essenziale per la Repubblica. Quando
Roma diventò una città nel tardo VII secolo, il colle Capitolino fu spianato
ed entro il secolo successivo vi si costruì un tempio in stile etrusco. Infi­
ne, venne dedicato, durante le Idi di settembre del 509, all'inaugurazione
della Repubblica. Il tempio era in stile tipicamente etrusco, a tre celle, in
ciascuna si trovava un'immagine di Tinia (Giove) , Uni (Giunone) e Men­
rva (Minerva) . Le due dee diventarono relativamente insignificanti in quel
tempio, ma il dio protettore, Giove Optimus Maximus diventò la divinità
protettrice della Repubblica romana. A lui i generali vittoriosi offrivano il
62 Storia dei pagani

bottino di guerra in occasione dei trionfi in


stile etrusco, una pratica divenuta consuetu­
dine dopo ogni campagna. Il culto di Giove
Optimus Maximus era piuttosto distinto da
quello più datato di Giove Feretrio, il cui
tempio era in un altro punto sullo stesso col­
le, e di Giove Latiaris, il dio originario della
Lega latina sui colli albani. Inoltre gli antichi
sacerdoti di Giove non avevano nulla in co­
mune con il culto capitolino. Quest'ultimo
era nazionale e internazionale e i suoi epiteti
Fili caducei, simboli di Mercurio si applicarono alla fine anche al nome del dio
supremo del periodo cristiano. Infatti leggia­
mo che nel 1 5 82 Johannes Lasicius, un vescovo polacco, invocava il culto
di «Deus optimum maximus» cioè il dio cristiano. 1 9 Sempre nel tempio
capitolino vennero depositati i Libri Sibillini. Erano i libri con le profezie,
ai quali si faceva riferimento in quanto oracoli nei momenti di confusione
attraverso l'interpretazione di due commissari per i riti sacri (duoviri ad
sacris fociendis) , il cui numero più tardi arrivò a dieci, poi a quindici, col
crescere dell'importanza dei riti greci che amministravano.

Le divinità straniere

I romani permettevano agli stranieri di venerare le proprie divinità ance­


strali, ma i forestieri (novensiles) erano tenuti se possibile oltre il pomerium,
la fascia di terra inviolata che circondava le antiche mura serviane. Ciò raf­
forzava la distinzione tra i patrizi, che affermavano di essere discendenti del­
le famiglie fondatrici di Roma, e i plebei che invece non lo erano. Abbiamo
già visto il tempio di Diana costruito intorno al 570 per i visitatori del Lazio.
Allo stesso modo, prima dell'inaugurazione della Repubblica, i mercanti e i
commercianti, collocati intorno al mercato del bestiame, avevano acquisito
i loro templi a Ercole e a Castor e Pollux dentro Roma stessa. Minerva era
giunta da Faleri in quanto protettrice degli artisti e degli artigiani ed ebbe
un suo tempio sull'Aventino.
L'Aventino divenne il centro della religione plebea, ma senza che ci fos­
se qualcuno a ufficiare il culto. Appariva ovvio ai romani che popoli diversi
Roma e i popoli del Mediterraneo occidentale 63

fossero protetti da esseri divini diversi. Non si chiedevano, a questo punto


della loro storia intellettuale, come fossero correlate tra loro tali divinità, o
piuttosto sembra che dessero per scontato che fossero come esseri umani,
ciascuna occupata dai propri interessi e che faceva alleanze soprattutto in
virtù delle circostanze. Quando i romani assediavano una città straniera
supplicavano con un rito la sua divinità protettrice di cambiare parte e
andare a Roma, dove sarebbe stato imbastito un culto in suo onore. Fu
così che la famosa statua di Giunone, da Veio, la città etrusca sul Tevere
conquistata nel 396, arrivò a Roma.

Pontefici e auguri

A sacerdoti e sacerdotesse non era permesso ricoprire qualsiasi posizio­


ne secolare di stato, anche se in molti casi (con le rilevanti eccezioni deljla­
men dialis e delle vergini vestali) potevano svolgere una vita normale come
privati cittadini. Essi erano, per così dire, l'armata esecutiva dell'ordine
divino. I membri dell'esercito legislativo, il gruppo di uomini (nessuna
donna) che avevano il potere di interpretare il volere degli dèi, di scrivere
i rituali e di determinare forme di divinazione, potevano invece svolgere
compiti civili. Si trattava di collegi di pontefici e auguri e nella successiva
Repubblica annoverarono personalità potenti come Giulio Cesare, pontifex
maximus nel 63 a.C., e Cicerone che fu augure subito dopo.
I pontefici, il cui nome significa letteralmente costruttori di ponti (se ne
ignora la motivazione) si dice siano stati istituiti dal re leggendario Numa
Pompilio nel VII secolo. In origine erano cinque membri (nove in seguito
alle riforme democratiche del 300 a.C.) ed erano accreditati già dalla for­
mulazione delle prime leggi e giuramenti. Erano arbitri in materia di legge
divina e sul rapporto tra la religione e lo stato, incluso il calendario religio­
so sul quale ci soffermeremo in seguito. I romani attribuivano grande im­
portanza al mantenimento della pace degli dèi (pax deorum) . Si trattava di
assicurare in teoria che le azioni degli esseri umani fossero sempre conformi
al volere degli esseri divini, le intenzioni dei quali, per quanto oscure, era­
no considerate nettamente più influenti dei miseri impulsi degli uomini.
Tali intenzioni erano conosciute come /ex divina, ed erano decodificate in
due modi, razionalmente dai pontefici e irrazionalmente dagli auguri e dai
collegi minori di lettori di presagi che interpretavano i portenti degli dèi.
64 Storia dei pagani

La qualità tipica degli umani che agivano deliberatamente seguendo sia la


legge divina sia quella civile era la pietas, una virtù romana fondamentale
che includeva l'obbedienza a tutte le figure dell'autorità debitamente inca­
ricate. La parola italiana "pietà" ha acquisito un'accezione vagamente peg­
giorativa ma la pietas latina divenne nella cristianità cattolica romana come
la virtù di Gesù, il figlio di Dio che volontariamente permise a suo padre di
crocifiggerlo per il bene dell'universo, la Civitas Dei o Città di Dio.
I pontefici quindi avevano l'importante compito di salvaguardare la
giusta relazione tra gli umani e le divinità. Già le prime leggi stabiliscono i
momenti per i sacrifici, le forme di cerimonia, cosa fare se una cerimonia
viene officiata male e come deve espiare il suo crimine un trasgressore della
legge divina. Una legge memorabile stabiliva che una donna che avesse
avuto relazioni extraconiugali non dovesse toccare l'altare di Giunone. Se
lo faceva, doveva sacrificare un agnello tenendo i capelli sciolti. Un figlio
che colpiva il padre, tuttavia, offendeva mortalmente gli dèi ed era con­
dannato a morte. Il padre, il paterfomilias, era il rappresentante dell'ordine
divino nei confronti dell'intera famiglia, sia per i consanguinei che per
gli schiavi, e pretendeva obbedienza assoluta. La formula standard per la
morte di fronte alla legge divina era sacrum focere, diventare sacro, o devoto
alla divinità che era stata offesa, quindi non essere più uno dei vivi. Nor­
malmente però un reato minore poteva essere rettificato con un piaculum
o sacrificio espiatorio, una sorta di multa, generalmente un porcellino. Ad
esempio le cerimonie del confine degli arvali, che si teneva nel loro bo­
schetto all'altezza della quinta pietra miliare lungo la via Capena tra Roma
e Ostia, includevano un tabù riguardo il ferro. Tuttavia gli arvali utilizza-

Bassorilievo che raffigura un altare sacrifico romano


Roma e i popoli del Mediterraneo occidentale 65

vano di tanto in tanto deliberatamente questo utile metallo con la saggia


precauzione di due sacrifici piaculari, uno prima e uno dopo.
Queste quindi erano le cerimonie gestite dai pontefici. Prescrivevano
anche il formulario per la celebrazione, per l'espiazione e per l'evocazione
di una divinità protettrice dalla città che tutelava. Supervisionavano i ri­
tuali spesso arcaici dei sacerdozi sacrificali e li integravano nella vita sempre
più sofisticata della città in espansione. Stabilivano le modalità e i tempi
per i rituali per il numero crescente di divinità straniere e consigliavano le
persone su come armonizzare la vita quotidiana con i precetti della legge
divina. In quanto guardiani del calendario, che non fu pubblicato fino al
304 d.C. , solo i pontefici sapevano quali fossero i giorni adatti a svolgere
affari mondani e quali non andavano bene e dovevano essere dedicati alle
attività sacre. Sapevano qual era il giorno di festa di ciascuna divinità e an­
nunciavano l'inizio di ogni mese. Tutte queste informazioni erano tenute
segrete e fu così fino alla metà del V secolo, quando le cosiddette dodici ta­
vole della legge ne diffusero una parte. Cinquant'anni dopo, la Lex Ogulnia
aprì il collegio ai plebei (i non membri delle famiglie fondatrici di Roma) ,
e circa in questo stesso periodo il numero dei pontefici salì da cinque a
nove, di cui cinque dovevano essere plebei. I pontefici, come gli auguri
rimasero tuttavia un organismo segreto e auto-selettivo fino a quando la
Lex Domitia del 1 04 d.C. non introdusse le elezioni.
I collegi di auguri o indovini avevano il dovere di interpretare i vaticini
che rivelavano il volere degli dèi. Il capo magistrato o console avrebbe poi
osservato il presagio in modo cerimoniale da un luogo speciale, il templum,
diviso in quattro e costruito per quello scopo secondo lo schema sacro dei
quattro incroci. Come indica il nome "augurio", il volo degli uccelli (aves)
era particolarmente importante in questa procedura ma l'ufficiale secolare
che li osservava poteva richiedere anche altri vaticini. Si ricorreva alla loro
consultazione prima di ogni importante azione di stato, come l'inizio di
una guerra, per vedere se il cambiamento nello status quo proposto fosse
accettabile per le divinità. L'augurio si poteva ricavare anche dall'interpre­
tazione delle viscere delle vittime sacrificali. Per questo motivo gli eserciti
si portavano dietro interi greggi di mucche e di pecore. Durante le carestie
e lo scompiglio civile generale del V secolo d.C. si consultarono anche i
veggenti etruschi, gli aruspici, e si tenevano in grande considerazione le
loro elaborate tecniche di divinazione con l'uso del fegato e di altre inte­
riora. L'interpretazione dettagliata della luce dei fulmini che cadevano nel
66 Storia dei pagani

campo di osservazione diviso in quattro si può datare probabilmente al


periodo etrusco. Durante la vita della Repubblica (509-27 d.C. ) , la pra­
tica ufficiale dell'augurio divenne più una formalità, simile all'annuncio
del di propiti fatto dal figlio giovane della famiglia che gettava nel fuoco
la torta di farro durante il pasto principale. Era il magistrato, invece che
l'augure, a essere considerato responsabile del mantenimento della pace
con gli dèi e, di conseguenza, gli auguri avevano più prestigio che potere.
Cicerone, egli stesso un augure, si oppose con forza a ciò che egli conside­
rava superstizione nel suo De Divinatione. Si considerava tuttavia giusto
consultare, in modo più o meno cerimoniale, il volere degli dèi, prima di
iniziare qualsiasi azione e senza dubbio i romani, come i singoli cittadini
di fronte a una cerimonia pubblica nel mondo contemporaneo, avevano
opinioni divergenti sulla natura dell'importanza che assegnavano a ciascu­
na di queste azioni.

Il calendario

Si ritiene che all'inizio il calendario fosse lunare. Ciascun mese inizia­


va con la prima apparizione della falce di luna, che un giovane sacerdote
avrebbe annunciato (calare) al pontefice capo. Quando infine il calendario
fu basato sull'anno solare (prima che comparissero i documenti scritti) il
primo giorno di ogni mese continuò a chiamarsi Calende e fu dedicato a
Giunone e Giano. La luna piena, dopo il tredicesimo o il quindicesimo
giorno dopo le Calende, corrispondeva alle Idi, sacre a Giove e, tra que­
ste, il nono giorno dopo le Idi era chiamato le None. Dal momento che
i romani contavano includendo i giorni finali, le None cadevano alla fine
della settimana prima delle Idi, riferendosi così a quello che nel calendario
lunare era il primo quarto di luna. Si trattava presumibilmente della data
in cui il re dell'antica Roma aveva l'abitudine di incontrare gli abitanti
delle campagne circostanti, il pagus romanus, e di promulgare i suoi editti.
All'inizio della Repubblica era il giorno in cui i pontefici annunciavano i
giorni festivi di ogni mese. Era questo dunque il calendario di cui Cesare
corresse le inesattezze nel 45 a.C. dandoci il sistema dei mesi usato oggi in
tutto il mondo occidentale.
Le festività più importanti nel calendario erano dedicate alle divini­
tà native, le di indigetes, già menzionate. Queste festività descrivevano il
Roma e i popoli del Medite"aneo occidentale 67

Frammento di un calendario romano pregiuliano

processo dell'anno naturale. C'erano le feste di primavera per la pulizia,


le liberazione, e l'invocazione che aprivano la strada a un'estate prospera;
seguivano le festività della vendemmia, a ottobre, che segnavano la fine
della stagione della campagna militare; poi c'erano le feste invernali della
semina e della purificazione, i Saturnalia, Sementivae e Lupercalia. Ovidio,
nei Fasti (1.663ss.), evoca la festa del Sementivae:

State alla pingue greppia cinti di serti, o giovenchi:


per voi verrà il lavoro con la dolce stagione.
I.:aratore sospenda al palo l'aratro dimesso:
la terra, quand'è fredda, paventa d'ogni solco.
Lascia la terra queta, fattore, poiché seminasti;
e lascia che riposi quei che l'ha coltivata.
Faccia festa il villaggio; purgate le ville, o coloni;
ponete ogni anno i doni sopra i rustici altari.
Le madri delle biade si plachino, Cerere e Terra,
col sangue d'una scrofa pregna e col farro loro.
Hanno Cerere e Terra comune l'ufficio; ché quella
fa germinare i semi, questa li chiude in seno.20

Il calendario originale iniziava con l'equinozio di primavera (o con la


luna nuova o piena dopo l'equinozio di primavera) a marzo. Pare che fosse
un calendario di dieci mesi con il periodo di maggese fissato in quelli che
68 Storia dei pagani

poi sarebbero diventati i mesi


di gennaio e febbraio.21 Dal
solstizio d'inverno all'equino­
zio di primavera, il tempo era
sospeso (esisteva una carat­
teristica simile a Delfi dove,
secondo Plutarco, Apollo, dio
dell'ordine, sovrintendeva a
Calendario portatile nove mesi dell'anno ma era il
dissoluto Dioniso che gover­
nava il quarto invernale con la stagione del "desiderio") . Il re che introdus­
se i mesi di gennaio e febbraio a Roma deve aver voluto che l'anno iniziasse
con il dio degli inizi, il Giano a due facce, e non con il mese di Marte come
fino a quel momento. Fino al 1 53 a.C. i consoli furono eletti, tuttavia,
secondo l'anno tradizionale con inizio a marzo invece che con il moderno
anno fiscale britannico che inizia, come per la Chiesa, in concomitanza
con l'annunciazione il 25 marzo (per seguire le riforme del calendario del
1 752 fu spostato di undici giorni al 5 aprile) , anche se in effetti l'anno se­
colare parte dal primo gennaio. Allo stesso modo nella Roma repubblicana
molte festività pubbliche seguivano ancora il calendario che iniziava il pri­
mo marzo, mentre il calendario "ieratico",22 regolato dai pontefici, sembra
utilizzare una data precedente fissata nel primo giorno di gennaio. 23

I libri sibillini

Accanto al sistema sacerdotale di pontefici, auguri e collegi minori, ap­


parentemente indigeno, esisteva un sistema oracolare derivato dal santua­
rio greco a Cuma, nel sud Italia. Nei sotterranei del tempio Capitolino
erano custoditi gli oracoli sibillini, una collezione di versi presumibilmente
venduta da una profetessa a Tarquinio il superbo. Erano interpretati da un
collegio di due uomini (aumentati a dieci nel 37 e poi a quindici nell'S I ) e
vi si faceva riferimento per rispondere a domande che esulavano dalla com­
petenza della principale religione di stato. Gli oracoli sibillini consigliaro­
no di edificare numerosi templi nei primi anni della Repubblica, tutti fuori
dal pomerium, i confini della città sacra. All'espansione della Repubblica, i
doveri degli ufficiali sibillini divennero più importanti. Erano responsabili
Roma e i popoli del Mediterraneo occidentale 69

dell'amministrazione di tutte le cerimonie del rito greco nella città e pre­


siedevano ai rituali pubblici di origine non romana. La cosa interessante di
Roma non è il fatto che ci fosse fin dall'inizio della Repubblica una forte
influenza greca negli affari religiosi, poiché l'avevano garantita i legami
commerciali internazionali e la cultura ellenizzata dei fondatori etruschi,
ma piuttosto che la religione indigena, né greca né etrusca, persistette così
fortemente e con un ruolo centrale accanto a tutte queste influenze più
sofisticate.

Roma si espande

La religione urbana di Roma, quindi, sembra avere uno sviluppo dalle


religioni individuali delle cascine e dei relativi pagi. La religione romana si
basava sostanzialmente sugli spiriti del luogo che erano considerati abitanti
invisibili. Lo stato riproduceva la fattoria su grande scala. Le sue routine
e le sue cerimonie erano simili a quelle familiari. Tuttavia quando lo stato
romano si espanse, si dovettero includere nuove divinità nella vita cittadi­
na e cercare nuove opportunità di ruoli attivi nei rituali religiosi per una
"congregà' in rapida espansione.
Durante gli ultimi anni della monarchia e il primo secolo della Re­
pubblica, Roma divenne un'importante potenza economica e militare nel
centro Italia, in grado di attirare visitatori e nuovi abitanti da tutta la pe­
nisola e dal resto del Mediterraneo. Le pressioni della plebs, quei cittadini
che non avevano legami con i clan originari della città, forzarono i patrizi
passo dopo passo a estendere i loro privilegi a una parte più ampia della
popolazione. Le leggi custodite fino a quel momento dai pontefici furono
pubblicate intorno al 450 nelle Dodici Tavole e, sia il collegio pontificio
sia quello augurale, aprirono le porte ai plebei circa cinquant'anni dopo.
Lufficio del pretore fu creato nel 366, in modo da offrire a tutti i cittadini
indicazioni sulla legge, e si pubblicarono le date dei Fasti, o calendario fe­
stivo, all'inizio del III secolo. Il potere concreto stava passando nelle mani
del cittadino comune e in questo modo il diritto civile, o ius humanum, di­
ventava sempre più chiaramente distinto da quello divino, la ius divinum.
La vita secolare iniziava a distinguersi da quella religiosa. 24
Durante tutto il V secolo, Roma aveva trovato una base economica e
amministrativa senza la guida etrusca e come conseguenza ebbe continue
70 Storia dei pagani

guerre, pestilenze e carestie. Ovviamente, agli occhi del cittadino romano


medio, le pratiche religiose esistenti non erano in grado di garantire l' anti­
ca pace con gli dèi. Durante quel secolo si dedicarono molti templi nuovi a
divinità indigene maggiori o minori, tra i quali uno a Saturno nel Foro nel
496, uno a Mercurio nel 495, a Cerere, Liber e Libera (Demetra, Dioniso
e Persefone) sull'Aventino nel 493, a Castore e Polluce nel 484, al Dius
Fidius (Giove) nel 466 e ad Apollo nel 43 1 . I libri sibillini erano consultati
regolarmente ed erano responsabili dell'introduzione sia dei riti in stile
greco sia della venerazione di divinità greche nell'ambito delle Repubblica.
Nel 399, durante una forte pestilenza, il libri sibillini imposero una nuova
forma di divinazione, la supplicatio. Diversamente dai vecchi rituali, in cui
il sacerdote o la sacerdotessa offrivano un sacrificio o facevano un voto alla
divinità, usando formule prescritte, con i partecipanti che osservavano in
ossequioso silenzio, la supplicatio era una processione variopinta di uomini
comuni, donne e bambini, coronati e con in mano rami d'alloro da por­
tare al tempio. Lì si prostravano di fronte all'immagine della divinità, le

Srarua di Apollo
Roma e i popoli del Mediterraneo occidentale 71

donne tenevano i capelli sciolti e pregavano. Per otto giorni c'era anche
un lectisternium (letteralmente "banchetto di fronte ai divani") , in cui si
offrivano cibi a coppie di divinità (Apollo e Latona, Diana e Ercole, Mer­
curio e Nettuno) , che si adagiavano sui divani di fronte alle tavolate. Tutta
la cittadinanza teneva la casa aperta e l'ospitalità era all'ordine del giorno.
Erano proprio questi riti in stile greco che offrivano alla gente comune
la possibilità di prendere parte alle cerimonie religiose e forse per questo
stesso motivo divennero tanto importanti per la città.
Durante il secolo successivo i romani istituirono una modalità di go­
verno più aperta, sia per i plebei che per i patrizi. Sconfissero la minaccia
celtica (i galli avevano saccheggiato la città nel 390, distruggendo la strut­
tura stradale etrusca) e conquistarono il controllo della maggior parte della
penisola italiana prima del 330. Nel 3 1 2 si aprì la via Appia che collegava
Roma alle nuove colonie greche ed etrusche acquisite in Campania, apren­
do la strada a una crescente influenza ellenistica. Durante il III secolo,
poi, Roma consolidò i suoi possedimenti, si espanse verso il Mediterraneo
occidentale e conseguentemente assimilò la conoscenza e la venerazione
di sempre nuove divinità straniere.25 La vita religiosa iniziava a esulare dal
controllo dei pontefici. I primi giochi dei gladiatori (forse basati sui gio­
chi funerari etruschi che prevedevano una lotta rituale fino alla morte) si
registrano nel 264 e, innovazione altrettanto truculenta, nel 2 1 6 appaiono
documenti dei primi sacrifici umani di vittime greche e celtiche, con il
capo dei decemviri, l'interprete dei libri sibillini, che conduceva la parte
religiosa della cerimonia.
Per evitare che la cosa si ripetesse, nel 1 96 a.C. il Senato promulgò
una legge che proibiva il sacrificio umano. Nell'ultima metà del III secolo
Roma si batté contro Cartagine, per il controllo economico del Mediter­
raneo occidentale, e l'arrivo di Annibale durante la seconda guerra Punì­
ca (2 1 8-20 1 ) costituì una terribile minaccia. Nel 2 1 2 venne elaborato un
ordine volto alla registrazione di tutte le religioni. Nessuno doveva offrire
sacrifici in pubblico con un rito inusuale o straniero a meno che quella
forma di venerazione non fosse stata autorizzata dal pretore. Quest'ultimo,
ovviamente, rendeva conto al pontefice capo. La tensione tra la religione
indigena romana, regolata dai pontefici, e la molteplicità di culti esterni,
sotto il controllo esteso dei decemviri, era arrivata al culmine.
In effetti era già stato creato un importante punto di contatto. Nel
2 1 7 i libri sibillini prescrissero un nuovo lectisternium, che fu organizzato
72 Storia dei pagani

conformemente al patheon greco ma alla maniere romana. Immagini di


Giove e Giunone, Nettuno e Minerva, Marte e Venere, Apollo e Diana,
Vulcano e Vesta, Cerere e Mercurio presidiavano i festeggiamenti. Le divi­
nità, con i loro nomi romani, erano in realtà coppie nel culto greCfl. Marte
e Venere ad esempio non avevano niente a che fare l'uno con l'altro nella
divinazione romana, mentre nel mito greco Ares e Mrodite erano aman­
ti. L'assimilazione informale delle divinità romane a quelle greche con le
stesse funzioni, che andava, avanti già da un po', ottenne a quel punto un
avallamento ufficiale. Da quel momento la natura delle divinità romane si
dissolse nell'oblio e l'equivalenza già familiare con le divinità si consolidò.
L'ultima divinità straniera introdotta a Roma per ordine dei libri sibil­
lini fu la Grande Madre dell'Asia Minore, che abbiamo già menzionato in
relazione alla religione greca. Anche se i romani veneravano Vesta, la dea
del focolare, e Tellus, o Madre Terra, insieme a una varietà di dee indivi­
duali come Ceres, è difficile trovare tracce di un qualsiasi culto, per quanto
arcaico, di una Madre Suprema com'era nota in Asia Minore e nel Levante.
Quando la Grande Madre,
nella sua forma di meteori­
te nero, arrivò a Roma, col
permesso del re di Pessinun­
te, ne derivò uno scandalo. I
suoi sacerdoti erano castrati
e praticavano riti orgiastici di
delirio e auto-flagellazione.
Non vi era nulla di romano
in questo e nonostante all' ar­
rivo dell'icona fosse seguita
la fine della guerra punica, i
cittadini romani non erano
autorizzati a diventare sacer­
doti di quella dea. Inoltre,
i suoi riti dovevano essere
condotti in privato, entro i
limiti del recinto del tempio.
Si fece ogni sforzo per con­
tenere questa forma aliena di
Pandora e Cerere culto.
Roma e i popoli del Mediterraneo occidentale 73

Le sette mistiche

Durante il II secolo Roma si espanse verso est, consolidando le conqui­


ste delle guerre puniche e così entrò in contatto con i culti orientali. Data
la natura pratica, priva di fantasia e aperta del carattere romano, tali culti
erano impossibili da assimilare. La società greca aveva sviluppato un'enfasi
maggiore sull'esperienza individuale, sia intellettuale che mistica, rispetto
a Roma e in Grecia i culti dell'est, per quanto con resistenze e modifi­
che, trovarono alla fine un loro posto accanto le pratiche native delle varie
città-stato (basti metter a confronto due opere teatrali ateniesi del tardo V
secolo: le Baccanti di Euripide, che descrive lo scenario peggiore rispetto
alla minaccia percepita, e le Nuvole di Aristofane, che fa satira sugli eccessi
dei culti religiosi e filosofici del tempo) . Roma semplicemente non era in
grado di trovare spazio per l'esperienza estatica. Come l'arte e la letteratura
greche, era vista dalle autorità come un'influenza decadente e portatrice di
debolezza. I riti bacchici furono banditi nel 1 86 e persistette l'obbligo della
registrazione dei nuovi culti del 2 1 2. È un segno della natura pluralistica
del paganesimo arcaico, tuttavia, il fatto che anche un culto bandito come
quello dionisiaco, potesse essere praticato in privato, all'interno di limiti
ristretti, se il praticante riusciva a ottenere una dispensa speciale dal senato.
Alle cerimonie di queste religioni non approvate (religiones illicitae) , non
potevano essere presenti più di cinque persone, non si potevano nominare
sacerdoti o sacerdotesse permanenti e non potevano essere raccolti o ac­
cumulati fondi. Restrizioni del genere, che miravano a privare le piccole
sette di ogni potere pratico, determinarono in seguito le ben note forme
di raggruppamento dei primi cristiani: piccole, informali, senza ufficiali
permanenti e votate alla povertà.
I culti religiosi che funzionavano in pratica, perciò, in una Roma sem­
pre più multiculturale, erano religiones lictae, o religioni registrate. 26 La
parola superstitio significava semplicemente pratica religiosa che era al di
fuori dei rituali di stato: religione privata che poteva benissimo essere rego­
larmente registrata. Per quanto riguarda il termine moderno "superstizio­
ne" , l'eccessiva paura degli spiriti, bisogna fare riferimento alla parola greca
deisidaimonia, che significava proprio questo. I romani controllavano le
azioni delle persone; i greci, con una sottile sofisticazione, ne giudicavano
anche le attitudini.
74 Storia dei pagani

La filosofia

Nel periodo successivo alla guerra punica, come conseguenza della sot­
tomissione dei paesi del Mediterraneo orientale e dei celti della vallata del
Po che avevano supportato Cartagine, Roma aveva in pratica ottenuto,
entro il 1 60, il controllo di tutto il mondo civilizzato. La brutalità romana
nel mantenere e sfruttare le proprie conquiste divenne leggendaria ma l'in­
fluenza culturale dei nuovi territori conquistati le faceva da contrappeso.
Curiosamente, il Mediterraneo orientale era diventato culturalmente unito
nella stessa decade, il 330, in cui Roma aveva conquistato la maggior parte
dell'Italia. Nel 336 Alessandro Magno iniziò la sua carriera e l'anno suc­
cessivo, il filosofo Aristotele, maestro di Alessandro, fondò la sua scuola,
il Liceo ad Atene. Aristotele era l'ultimo dei filosofi scientifici e nel III
secolo gli scienziati conducevano già ricerche separate rispetto ai filosofi,
che erano diventati studiosi dell'arte del vivere (etica) e della conoscenza
(epistemologia) . I.:epicureismo e lo stoicismo si svilupparono nello stes­
so periodo e nel secolo successivo il lato contemplativo del platonismo
insieme agli insegnamenti di Pitagora furono rivisitati con l'aggiunta di
una forte componente etica. I.:influenza delle civiltà più antiche con cui
Roma era entrata in contatto cominciò ad avere il suo effetto. Le classi più
alte iniziarono a educare i loro figli in grammatica, retorica, ginnastica e
filosofia, invece di !asciarli ad assorbire soltanto le arti della guerra e del
comando, com'era stato fino a quel momento.
Nel 1 5 5 il filosofo Carneade, capo dell'Accademia di Atene, arrivò a
Roma come membro di un'ambasciata. Il suo insegnamento, svolto come
attività complementare, introdusse la filosofia nella mappatura intellettua­
le. In un tempo in cui il culto delle antiche divinità romane sembrava
sempre meno sofisticato e insoddisfacente per i bisogni spirituali personali,
mentre le religioni importate dal Mediterraneo orientale erano caotiche
e confuse, il metodo scettico di Carneade, per quanto intellettualmente
stimolante, si pensava accelerasse troppo il relativismo morale invece di
offrire uno nuovo standard di condotta e il filosofo fu espulso dall'Italia.
Ma nei pochi decenni a seguire, le alte classi di Roma, sempre più istruite,
colsero gli insegnamenti di tre sistemi di pensiero. Si trattava delle scuole
appena fondate di epicureismo, stoicismo e neoplatonismo.
Questi sistemi offrivano due cose alle persone. lnnanzitutto una descri­
zione della natura dell'universo che rimpiazzava la tacita assunzione che
Roma e i popoli del Mediterraneo occidentale 75

ogni località avesse i suoi abitanti invisibili, alcuni più saggi e tutti più po­
tenti degli esseri umani e che richiedevano a questi ultimi particolari stili
di vita, oltre ai rituali, per mantenere la pace. In secondo luogo i sistemi
filosofici offrivano un resoconto etico che descriveva un modello di eccel­
lenza umana che poteva essere raggiunto con la comprensione piuttosto
che con l'obbedienza, sostituendo l'antica pietas romana con un modello
diverso, più adatto a persone in contatto con la varietà di norme sociali di
una comunità internazionale.
Il primo sistema, l'epicureismo, che prendeva il nome dal suo fondatore
Epicuro, era un individualismo radicale. Si riteneva che l'universo fosse co­
stituito da atomi che si muovevano nel vuoto, l'unione dei quali andava a
formare gli oggetti fisici. Il primo obbiettivo di tutti gli esseri era la ricerca
del piacere, ma l'uomo saggio doveva scegliere i propri piaceri in modo
razionale. Gli esseri divini esistevano, in realtà, ma non intervenivano in
alcun modo nelle questioni umane ed servivano agli umani per la contem­
plazione, ispirando presenze che potevano apparire nella mente durante la
meditazione e spingere l'anima ad agire in modo più nobile e più saggio.
Questo sistema non si radicò mai davvero durante il II secolo. Nel I secolo
ispirò un meraviglioso poema di Lucrezio (il De Rerum Natura, pubblicato
postumo nel 55 a.C.) e fu scelto da persone di una fascia contemplativa,
ma come filosofia pratica, alle persone di attitudine più attiva, la sua vo­
cazione al piacere appariva come un'autorizzazione all'irresponsabilità e
all'edonismo, nel senso moderno della parola.
Lo stoicismo, che prende il nome dal porticato, o stoa, ad Atene dove si
sviluppò, prese immediatamente piede a Roma. Probabilmente contribuì
l'appoggio che ottenne dal generale Sci pio ne Emiliano. Sci p ione era un
soldato della vecchia !)cuoia romana, le cui truppe avevano cancellato lo
stato sovversivo di Cartagine dalla faccia della terra nel 1 49- 1 46. Era an­
che un intellettuale che cercava una guida meno materiale per la vita e che
sotto l'influenza del suo amico Panezio di Rodi e si avvicinò allo stoici­
smo. Gli stoici vedevano la natura come una fusione tra spirito e materia,
con esseri diversi che tendevano verso l'uno piuttosto che l'altra. Perciò
una roccia sarà prevalentemente materiale e uno spirito evanescente pre­
valentemente psichico, niente è privo di uno dei due principi. Gli stoi­
ci erano monisti, credevano infatti che l'essere divino fosse l'intelligenza
nascosta dell'universo, il principio ordinatore della natura che in essa era
contenuto. Questa visione, che considerava la natura una teofania, era più
76 Storia dei pagani

vicina alla religione tradizionale


del pagus che alle divinità astrat­
te dell'epicureismo. Gli stoici
inoltre consideravano le varie di­
vinità della religione tradiziona­
le manifestazioni dell'unico po­
tere divino, che di conseguenza
doveva essere venerato. Perciò il
loro monismo permetteva pan­
teismo e politeismo e con essi
la pratica di religioni teistiche
tradizionali. Generalizzava i cul­
ti indigeni locali, anche il culto
della città di Roma, esso stesso
troppo parrocchiale per il mon­
do mediterraneo, all'interno di
una religione ampia che potesse
effettivamente accontentare una
comunità internazionale. Etica­
mente gli stoici ricercavano con-
Lucrerius, D� =um natura formità con la natura o meglio
con quella che chiameremmo la
"natura delle cose" che è la Ragione (ratio, una traduzione del logos greco) .
Se tutti gli esseri si fossero comportati secondo la propria vera natura (lo­
gos) , la giustizia avrebbe prevalso, secondo l'oratore Cicerone ( 1 06-43) , il
secondo grande esponente dello stoicismo a Roma. In pratica, nelle menti
stoiche, crebbe una dicotomia tra ragione e sentimento, come implica il
nostro uso popolare di questo nome, e l'antiemotività snob della dottrina
stoica garantì l'assenza di seguaci appartenenti ai culti estatici già a Roma.
Tuttavia rimase influente tra i ceti alti per altri due secoli; l'ultimo grande
esponente appartenente alla vita pubblica fu l'imperatore Marco Aurelio
(m. 1 80 d.C. ) , l'autore delle Meditazioni stimato in vita come governante
saggio e giusto.
Nell'88 l'Accademia di Platone ad Atene era stata rilevata da Antioco
di Ascalone, che si allontanò dal metodo scettico di Carneade. Antioco
favorì un'analisi contemplativa, qualcuno ha detto dogmatica, delle for­
me immateriali o idee che si riteneva esistessero nel mondo dei pensieri
Roma e i popoli del Mediterraneo occidentale 77

come strutture invisibili degli oggetti materiali. Tale linea di ricerca diven­
ne la base del neoplatonismo, la convinzione della progressiva emanazione
dell'essere dalla sorgente spiritualmente unificata attraverso l'accumulazio­
ne crescente di strati di materiale e esseri dissimili. Il neoplatonismo trovò
infine espressione nel misticismo ebraico, attraverso Filone di Megara (25
a.C.-45 d.C.) fino ai quattro mondi della Cabala; nel misticismo cristiano,
con lo Pseudo-Dionigi l'Aeropagita, 500 circa, con le sue gerarchie celesti
di troni, poteri, domini, angeli, arcangeli ecc. e infine nel pensiero de­
gli umanisti colti del Rinascimento con la grande catena dell'essere. Nella
Roma della tarda Repubblica, la nascita del medio platonismo portò a un
aumento dell'interesse nella possibile divinità e immortalità dell'anima e
della natura unificata della sorgente divina. Perciò ad esempio, Cicerone27
sostiene che non è necessario aver paura della morte se si accetta che l'ani­
ma è immortale e per sua stessa natura si volatilizzerà nell'etere invece che
sprofondare nella terra insieme al corpo. Questa dottrina è molto distante,
come puntualizza Cicerone, dall'assunzione romana d'origine che gli spiri­
ti dei morti vivevano a livello del terreno o nelle tombe di famiglia. Sotto
l'influenza della filosofia greca i romani stavano cominciando a speculare e
raggiungere alcune conclusioni non romane.
Un'altra influenza venne dal neopitagorismo, associato all'amico di Ci­
cerone Nigidio Figulo (pretore nel 58) e nei primi anni dopo Cristo con
il famoso profeta e maestro Apollonio di Tiana. Nel 1 8 1 a.C. erano stati
prodotti alcuni documenti per provare che Numa, il re leggendario che si
riteneva all'origine della religione romana, era in effetti discepolo di Pita­
gora. Cent'anni dopo la corrente pitagorica aveva raggiunto la maturità.
Un credo nella reincarnazione e nella superiorità del mondo immateriale
(il mondo del pensiero, i pitagorici investigavano la teoria dei numeri)
rispetto a quello materiale, portò a una visione ascetica e umanitaria. Pro­
prio per la fiducia nella reincarnazione, i neopitagorici furono tra i primi
romani ad essere vegetariani e la loro riluttanza nel prendere parte ai sacri­
fici di animali provocò alcuni turbamenti in un mondo in cui la fedeltà allo
stato implicava la lealtà attiva alle sue divinità.
Statua roman di lside, 1 1 7- 1 38 d.C. (Musei Capitolini, Roma)
IV.
[Imp ero romano

La rivoluzione augustea: 30 a.C.-14 d.C.

I nuovi movimenti filosofici, citati nel precedente capitolo, interessa­


rono solo una manciata di persone e, per di più, gli effetti dell' elitarismo
intellettuale, per quanto profondo, si verificano in tempi lunghi. I 1 73
anni intercorsi tra la sconfitta di Annibale e l'ascesa al potere di Augusto,
nel 30 a.C., furono anni di tumulti culturali e politici: Cartagine, la gran­
de rivale di Roma nel Mediterraneo occidentale, venne definitivamente
distrutta nel 1 46 e l'Mrica divenne così una provincia romana. Intanto,
in seguito alla conquista degli alleati di Annibale nel Mediterraneo orien­
tale, l'influenza greca nella letteratura, nell'arte e nei costumi si era fatta
strada causando una certa confusione tra i romani riguardo agli standard
di comportamento corretti. Vi furono ulteriori concessioni democratiche
a causa delle pressioni dei ceti poveri urbani e degli alleati italici di Roma,
ma il sistema di governo non era sufficientemente forte da contrastare la
conseguente minaccia dell'anarchia e il rischio ricorrente della tirannia. Il
conflitto giunse a un momento critico con la guerra del 9 1 -88 e la guerra
civile dell'83-82. Con l'assassinio, nel 44, del grande riformatore Giulio
Cesare, colpevole di aver accentrato su di sé troppi poteri in maniera re­
pentina (anche se, secondo la sua opinione, a tutto vantaggio del popolo
romano) , si rendeva necessaria una riforma istituzionale.
A Cesare succedette il secondo Triumvirato, formato da Marco An­
tonio, Lepido e Ottaviano, nipote, nonché figlio adottivo, del dittatore.
Dopo 1 5 anni di lotte di potere, nel 29, Ottaviano ritornò a Roma dopo
80 Storia dei pagani

aver sconfitto Marco Antonio nella battaglia di Azio, conquistandosi l' au­
torità suprema. 1 Egli chiuse le porte di Giano nel foro, inaugurando il
periodo che verrà poi ricordato con il nome di Pax Augusta, e fece costruire
un altare dedicato alla Vittoria nel senato (nell'antica Roma, anche in un
periodo cinico, la vita religiosa e quella secolare erano intimamente legate
e gli edifici pubblici quali le sale assembleari, le terme e i circhi avevano al
loro interno statue, altari e piccoli santuari) .
Augusto - letteralmente "il venerabile" - appellativo adottato da Ot­
taviano, diede inizio ad ambiziose riforme istituzionali ispirandosi alla re­
staurazione dell'antica Repubblica, al centro dell'ideologia romana, con
forme appropriate ai suoi tempi. Fece restaurare ottantadue templi caduti
in rovina nel secolo precedente e autorizzò lo stato a costruirne altri tredi­
cF. Nei settant'anni precedenti lo stato aveva fondato solo quattro templi
nuovi (la media normale dall'inizio della Repubblica era stata di almeno
due per decade) , ma la tendenza stava per cambiare. I quarantaquattro
anni di governo di Augusto videro il rinnovamento degli antichi sacerdozi
e l'inclusione della religione in un ideale di identità e orgoglio nazionale.
Augusto pare fosse particolarmente cauto nel far apparire il suo consi­
derevole potere personale come designato, esercitato solo col permesso del
collettivo politico. Una religione di stato, di qualunque tipo, era un mezzo
per rafforzare questo collettivo. Il genio di Augusto stava nella capacità
di rianimare una religione antica con significato politico che dava ai suoi
seguaci un senso di legittimazione e di destino manifesto, in una forma
che teneva conto inoltre delle influenze religiose più recenti che l'avevano
quasi distrutta. La sua religione ravvivata riuscì a soddisfare quasi tutti.
Il crescendo della restaurazione di Augusto raggiunse l'apice con i gio­
chi secolari del 1 7 a.C. Si trattava di sacrifici e giochi in onore di Dite
(Plutone) e Proserpina che avevano luogo ogni saeculum. [ultimo degli
storici pagani, Zosimo, attivo all'inizio del V secolo d.C. , descrive un sa­
eculum come la durata della vita dell'essere più longevo nato in un certo
periodo. Anche se la parola passò successivamente nel latino ecclesiastico
a significare cento anni, la stima canonica nel periodo classico era di 1 1 O
anni ed era, in ogni caso, prettamente formale. Ogni gioco secolare se­
gnava un'epoca, essendo un evento che nessuno in vita aveva mai visto o
avrebbe mai rivisto.
Augusto utilizzò i giochi del 1 7 a.C. per inaugurare il suo nuovo ordine.
I primi tre giorni, dal 26 al 28 maggio, videro una purificazione generale
L'Impero romano 81

del popolo romano. Lo si inten­


deva probabilmente come ritua­
le di pulizia dal caos del passato.
Nelle tre notti successive, Augusto
stesso sacrificò agnelli neri e capre
ai Fati greci, poi incenso a Eileitia,
la dea della nascita, e alla fine una
scrofa nera a Tellus Mater, madre
terra mentre pregava per la sua
salute, di quella della sua famiglia
e della Repubblica. Di giorno sa­
crificò tori bianchi a Giove e gio­
venche dello stesso colore a Giu­
none che erano definiti divinità
celesti nell'oracolo sibillino dato
da Zosimo. Lo stesso Augusto era
devoto ad Apollo, un dio visto sia
come civilizzatore delle terre bar­
bariche sia come Sole. Nel terzo
e ultimo giorno, si sacrificarono
vittime bianche ad Apollo nel suo
nuovo tempio sul Palatino men­
tre due cori, uno maschile e l'altro
femminile, cantavano una lode in
onore di tutte le divinità, mentre
le matrone romane pregavano
all'altare di Giunone. Le lodi per
la preghiera erano state scritte per
l'occasione dal grande poeta Ora­
zio e, dopo essere state cantate
presso il tempio di Apollo, si can­ Proserpina, Dame Gabriel Rossetti,

tarono di nuovo fuori dal primo 1 874 (Tate Gallery, Londra)


tempio della Repubblica, scenario
dei sacrifici dei due giorni precedenti, sul Capitolino. 3 In questo modo le
cerimonie purificavano e univano il popolo romano, mettendolo sotto la
protezione di tre gruppi di divinità: quelle dell'aldilà, i cui riti ricordavano
i rituali antichi delle cascine, le divinità celesti della vecchia Repubblica e
82 Storia dei pagani

il nuovo dio internazionale che controllava la pace e la civiltà del mondo


romano allargato. Fu una cerimonia imponente che saldava quello che sa­
rebbe diventato l'impero per i duecento anni seguenti e avrebbe costituito
la spina dorsale del vecchio ordine durante la disgregazione dei due secoli
successivi.

Il culto dell'imperatore

Vi erano altri fattori, tuttavia, al servizio della religione del futuro impe­
ro. Giulio Cesare era stato divinizzato postumo dopo la morte nel 44 a.C.,
il primo comandante romano a ricevere questo onore, e Augusto si riferiva
apertamente a se stesso come "figlio del dio", probabilmente per giustifi­
care le sue pretese di potere. È opportuno vedere la deificazione come la
tradizione greca del culto dell'eroe:
anche Augusto fu divinizzato dopo
la sua morte, come accadde per i
suoi successori, Tiberio e Caligola
(che si consacrò divino autonoma­
mente in vita) . Il quarto impera­
tore, Claudio, conquistatore d'In­
ghilterra, ricevette in vita un tem­
pio coloniale, nel luogo del tempio
alla triade capitolina, a Colchester
(Camulodunum) , ma a Roma fu
deificato solo postumo. Da quel
momento in poi le pretese divine
sarebbero dipese dal gusto dell'im­
peratore in carica.
In vita Augusto fu dichiarato
"padre della patrià' (nel 2 a.C.)
e venivano offerti sacrifici al suo
genius, lo spirito progenitore col
favore del quale aveva ottenuto
il suo incarico, analogamente a
Lapide romana proveniente dalla Spagna con
come le antiche famiglie venerava­
svastiche no il genius del paterfomilias. Dal
L1mpero romano 83

momento che, a partire dai giochi secolari del l ? a.C. in poi, il principe fu
realmente identificato con lo Stato, il suo genius era anche visto come nu­
men, un potere divino più generale. Qualunque fossero le fantasie degli ul­
timi imperatori, in pratica era al numen imperiale e alle divinità dell'impero
che i cittadini leali avrebbero offerto sacrifici nei secoli a venire. Seguendo
la tradizione tipicamente pagana del libero pensiero, l'interpretazione di
questa pratica era lasciata ai cittadini e nelle zone orientali dell'impero in
particolare veniva spesso considerato un dio, coerentemente con la pratica
iniziata quando Alessandro Magno aveva istituito il suo regno ellenistico
negli anni Trenta e Venti del 300. Limperatore romano tuttavia possedeva
uno status di divinità solo in virtù dell'incarico che ricopriva. Se veniva
deposto o abdicava la sua divinità lo lasciava, come un ufficiale dei nostri
tempi, per quanto talentuoso, riceve obbedienza formale non in quanto
individuo ma per il posto che occupa.

Le religioni unificatrici - Il culto di lside

Vediamo perciò all'inizio dell'impero tre concorrenti per il ruolo di


principio divino unificato re. Primo, c'era l'Uno dei filosofi, identificato in
pratica con Giove a Roma e con Zeus nelle provincie orientali. Poi c'era la
divinità civilizzatrice e, per ora, soprattutto solare, Apollo, istituita da Au­
gusto. Infine c'era il numen imperiale, il genius dell'imperatore che era visto
come protettore invisibile dello stato. Era già stata proposta una religione
unificatrice per tutto il mondo civilizzato dal faraone Tolomeo I in seguito
alla conquista dell'Egitto da parte di Alessandro Magno nel 33 1 a.C. Esula
dai nostri scopi descrivere in dettaglio la religione egiziana, i suoi riti e
le sue pratiche, ma, a grandi linee, la religione di lside e Serapide (prima
Osiride) , era sorta dal pantheon egiziano d'origine, circa nel modo in cui
Augusto aveva ridato vita all'antica religione. La leggenda originaria offrì
alla nuova religione greco-egiziana una prima immagine di Madre, Figlio e
consorte. Osiris, identificato da alcuni commentatori greci con Dioniso e
da altri con il dio della vegetazione, morto e risorto, Attis dell'Asia Minore,
era infatti una figura troppo complessa per essere totalmente assimilata e
venne quindi sostituito nella nuova religione, nella personificazione del
toro divino, Apis, nel quale Osiris si diceva si fosse reincarnato dopo la
morte. Il nuovo dio Serapis, può essere identificato con Zeus, Poseidone, e
84 Storia dei pagani

certamente Dioniso, i quali, a loro volta, venivano associati al toro. lside,


che Erodoto inizialmente fa coincidere con Demetra nel V secolo a.C.,
fu vista successivamente come la signora della magia e la portatrice della
civiltà al mondo. Anche se in 3000 anni di religione egiziana lside (il suo
nome significa "trono") fosse stata solo una tra le figure centrali del pan­
theon, nella versione ellenistica degli ultimi tre secoli prima di Cristo, la
sua importanza superò di gran lunga quella del suo nuovo consorte Sera­
pide. Identificata con molte altre dee del Mediterraneo orientale attraverso
il normale processo di paragone e assimilazione, aveva templi in tutto il
mondo ellenistico.
Roma tuttavia, era più sospettosa. lside era una dea salvatrice e i roma­
ni non avevano la concezione della metanoia: trasformazione spirituale o,
come la chiamano i cristiani, pentimento. Intorno all'SO a.C.4 fu fondato
a Roma un Collegio dei servi di lside, dopo il ritorno delle truppe romane
vittoriose per aver sottomesso la Grecia e l'Asia Minore, ma i cittadini
romani guardavano con sospetto i penitenti lamentosi che battevano la
testa contro la porta del tempio implorando la trasformazione.5 Durante
gli anni Cinquanta l'altare di lside sul Capitolino fu distrutto in quanto
superstizioso per ordine di Emilio Paolo, ma nel 43 il Triumvirato in carica
autorizzò la costruzione di altri templi per la dea e il suo consorte. Dopo
essere stata bandita di nuovo a seguito della sconfitta dell'Egitto nel 3 1 per
mano di Ottaviano, il culto di lside e Serapide si ristabilì di nuovo a Roma
e nella decade del 30 d.C. ebbe il suo tempio fondato dallo stato a Campo
Marzio. I festeggiamenti annuali di lside a Roma avevano luogo dal 28
ottobre al primo novembre, seguiti da quelli di Osiride, che prevedevano
una cerimonia pubblica di lamentazione per il dio che moriva.6
La religione isiana, in stile tutt'altro che romano, era anche di iniziazio­
ne misterica. A metà del II secolo d.C. , l'avvocato africano Lucio Apuleio,
egli stesso un iniziato ai misteri di lside, scrisse l'Asino d 'Oro, un coinvol­
gente racconto allegorico a proposito della conversione di un uomo dal
desiderio materialistico, simboleggiato dalla sua metamorfosi in un asino
alla quale seguivano avventure piccanti, allo stato di puro servizio della
sublime dea che è conosciuta con nomi diversi in molti luoghi ma il cui
vero nome è regina lside. È possibile che lside sia il prototipo della mo­
derna Grande Dea dei pagani, definita in vario modo (una dea adatta a un
mondo multinazionale e sincretistico) . Sorprendentemente per noi e per
l'eroe della novella, l'iniziazione di quest'ultimo è seguita dall'introduzione
L'Impero romano 85

ai misteri di Osiride a Roma, «il I S I D I S


grande dio e padre supremo degli Magn<t Deorum Matris
A p V L E l A N A D Il S C R I P T l O.
dèi, l'invincibile», la cui natura è
"legata e persino unità' a quella di
lside, ma i cui riti di iniziazione,
secondo Lucio, differiscono so­
stanzialmente da quelli della dea.
Qui ancora una volta abbiamo
una religione universale, che non
tende al monoteismo, come face­
vano quella del Giove dei filosofi e
di Apollo, ma che sembra amalga­
mare tutti i pantheon al suo inter­
no. Il sincretismo è una reazione
naturale alla confusione della co­
munità multietnica e per un certo
periodo era stata portata avanti, ad
ovest, "l'interpretazione romanà'
delle divinità straniere, special­
mente barbare, dando vita ad un
pantheon repubblicano greco-ro­
mano. Perciò, ad esempio, abbia­ Iside, illusrrazione di Arhanasius Kircher,
conrenura in Oedipus Aegyptiacus, 1 652- 1 654
mo Tacito che identifica il Woden
germanico con Mercurio. Con
l'inserimento della religione di lside nell'Impero romano l' interpretatio ro­
mana incontrò quella che potrebbe essere definita l' interpretatio aegyptya e
gli animi ordinati si sarebbero certamente sentiti a disagio. Ma in qualche
modo non ci fu né uno scontro né un' amalgamazione. La religione di lside
e Serapide/Osiride non era legata intimamente allo stato e aveva radici in
Egitto come la religione repubblicana ce le aveva a Roma. Fiorì come culto
privato, con il riconoscimento e il sostegno dello stato, ma lside, a quanto
pare, non fu mai considerata in lizza per essere riconosciuta come numen
in grado di tenere insieme l'impero.
86 Storia dei pagani

Il mitraismo

Un altro culto che sorse nel periodo dell'impero e si diffuse fu il mi­


traismo, una derivazione del zoroastrismo persiano. rimperatore Com­
modo ( 1 80- 1 92) fu iniziato ai suoi misteri e l'imperatore stoico Marco
Aurelio fondò un tempio mitraico sul colle Vaticano la cui profanazione,
autorizzata dal prefetto cristiano di Roma nel 376, avrebbe annunciato la
fine della civiltà pagana. I santuari e le iscrizioni mitraiche apparvero tra i
mercenari siriani nelle province del Danubio intorno al 60 d.C. Si arrivò al
punto di contare un paio di dozzine di santuari nella sola Roma, ma le in­
scrizioni diminuirono molto dopo il II secolo d.C. e dopo questo periodo
la religione non è più menzionata da altri scrittori. Introdotto dai soldati, il
mitraismo rimase una religione per i soldati, e per quanto ne sappiamo, nei
suoi riti non vi era posto per le donne. Forse per questa ragione era visto
come religione privata, una dedizione individuale che non poteva trovare
spazio nella vita più ampia della comunità. I santuari mitraici erano picco­
li, in grado di contenere solo un centinaio di persone e situati sottoterra,
all'interno di grotte, nelle cantine delle case o in edifici costruiti per quello
scopo. La maggior parte di quello che si sa è stato ricavato dalle inscrizio­
ni e dalle brevi allusioni,
spesso ostili, degli scritto­
ri esterni. 7
Ai riti per Mitra erano
ammessi tutti i ceti sociali
ma a quanto pare era pre­
vista un'iniziazione dolo­
rosa e terrificante, confa­
cente a una religione per
guerrieri.
Il dio Mitra, nella
cultura persiana il me­
diatore tra il dio della
luce e dell'ordine, Ahura­
Mazda, e il dio dell' oscu­
Bassorilievo del II-III secolo raffigurante una tauroctonia, rità e del caos, Arimane,
Mitra che sacrifica il toro sacro. Sono presenti nella raffi­
è rappresentato nell'ico­
gurazione il serpente, lo scorpione, il cane e la cornacchia,
caratteristici dell'iconografia mitraica nografia romana come un
L1mpero romano 87

ragazzo, con in testa un cappello tipico della Frigia, e di solito nell'atto di


uccidere un toro (non sappiamo se come sacrificio o conquista) e circon­
dato da segni zodiacali. Un'immagine rilevante mostra il dio che emerge
da una roccia, nudo, con il cappello e con un coltello in una mano e una
torcia accesa nell'altra. Gli antichi commentatori sostenevano che rappre­
sentasse il sole che sorgeva dietro alle montagne. Mitra è spesso descritto
nelle antiche inscrizioni come un dio solare, perciò pare avesse perso il suo
ruolo originario di mediatore tra luce e buio. Nei mitrei si trovano anche
altari allo spirito malvagio, Arimane, ma non ne conosciamo lo scopo.
I seguaci della religione erano chiamati "sacra ti" . Vi erano sette gradi
di iniziazione, i primi quattro dei quali - il Corvo, l'Occulto, il Soldato
e il Leone - conducevano alla partecipazione totale al culto, mentre gli
ultimi tre - il Persiano, il Corriere del sole e il Padre - erano gradi più alti.
Pare che i riti includessero un pasto di comunione invece che il semplice
banchetto che era consuetudine dopo i sacrifici pagani ordinari, questo e
altre caratteristiche portarono i primi cristiani a considerare il culto mi­
traico una parodia blasfema del proprio. È più probabile comunque che
i due culti si siano sviluppati semplicemente lungo linee differenti par­
tendo da un retroterra simile. Non ci sono prove che i mitraici abbiano
mai predicato una moralità dell'amore, magari l'opposto; come non ce
ne sono del fatto che il culto cristiano fosse tutto maschile fin dall'inizio,
come invece era quello mitraico, e nemmeno che il culto mitraico abbia
mai ammesso delle donne come invece faceva quello cristiano. Il dualismo
mitraico nacque direttamente dal suo progenitore zoroastriano, mentre il
dualismo cristiano era una caratteristica temporanea del pensiero ebraico
nel periodo apocalittico, al tempo delle origini del cristianesimo. I cristiani
si definivano soldati in virtù della loro fede, invece molti, se non tutti, i
mitraici erano realmente soldati. Il sacrificio mitraico del toro è difficile da
assimilare alla comunione cristiana, anche perché si rifà interamente alla
tradizione delle religioni antiche.

Dualismo e cristianesimo

Il mitraismo tuttavia introduce la concezione persiana del dualismo tra


luce e oscurità, che rappresentano il bene e il male in una visione forte che
è unica nelle religioni mediorientali di quel periodo. Nella maggior parte
88 Storia dei pagani

delle religioni, gli spiriti malvagi hanno un loro posto nell'ordine delle
cose, la loro influenza apre la strada all'intervento degli spiriti che porta­
no benefici agli uomini. Molti spiriti sono considerati ambivalenti con il
potere di maledire o benedire. La tensione forte verso il dualismo derivata
dalla Persia del VI secolo, tuttavia, vide una perpetua battaglia tra i prin­
cipi del bene e del male, in cui il primo doveva lottare per avere la meglio
sul secondo, che altrimenti avrebbe vinto per definizione. Questa visione
profondamente pessimistica della natura del mondo contrasta fortemente
con quella delle religioni pagane che vede la legge di natura positiva (come
nello stoicismo) o neutrale. Ciò condizionò alcune varietà della religione
egiziana e di quella ellenistica, attraverso le quali il dio del deserto, Seth,
venne idealizzato in un principio avversario minaccioso, sempre in lotta
contro suo fratello Horus il vecchio, in una battaglia dagli esiti incerti. Il
dualismo condizionò anche la religione ebraica nel periodo che seguì alla
ribellione di Giuda Maccabeo ( 1 67 a.C.) .
Il clima sociale preminentemente ostile del tempo portò a un'accentuata
enfasi religiosa su Satana, il servo di Jahvè, nonché tentatore dell'umanità,
in cui sono evidenti le tendenze dualistiche. Culti dualistici più piccoli, di­
ramazioni delle religioni del Medio Oriente, crebbero anche nei deserti di
Siria, Palestina e Persia. Gli esseni, molte sette gnostiche e successivamente
i seguaci del profeta Mani (m. 276 d.C.) erano dualisti di tipo diverso.
Molti di loro non ebbero effetti durevoli; il giudaismo e la religione di
Iside alla fine tornarono a una visione meno polarizzata o più olistica. Una
piccola setta invece si distinse. Si trattava del cristianesimo, le cui tendenze
dualistiche erano presenti fin dall'inizio nella sua missione di soffocare il
"peccato".
I cristiani, seguaci della prima riforma del rabbino Gesù di Nazareth,
erano cresciuti in sordina durante il I secolo d.C. , rivolgendosi a una gran­
de varietà di persone. Molti dei suoi seguaci erano ininfluenti dal punto di
vista politico, quindi non si sa nulla della crescita iniziale, ma per l'anno 64
devono aver raggiunto la combinazione necessaria di un alto profilo pub­
blico e di un basso livello di influenza per essere additati come capro espia­
torio per l'incendio che distrusse Roma per nove giorni, da parte dell'im­
peratore Nerone. Nell'anno 90, vent'anni dopo la distruzione del tempio
di Gerusalemme durante la rivolta ebraica del 66-73, la comunità ebraica
si riorganizzò, abolendo il sacerdozio del tempio e i suoi sacrifici, sostituen­
doli con la struttura rabbinica e scomunicando i cristiani. Il cristianesimo
L'Impero romano 89

diventò quindi una religio­


ne distinta con un proprio
diritto.
Introdusse molte attitu­
dini che non erano condivise
dai molti culti del mondo pa­
gano. 8 La prima era la carità,
l'idea del valore spirituale del
povero. La società pagana era
profondamente stratificata e
snob e sia il ricco che il pove­
ro conoscevano il loro posto.
Le famiglie potevano andare
avanti per molte generazio­
ni e gli individui venivano
rispettati al di là della classe
economica per le buone ma­
niere e la cultura personale,
ma non esisteva l'idea che le
Gesù Cristo parla con i bambini, Meister der persone fossero tutte intrin­
Reichenauer Schule, l 000 ca. secamente uguali in quanto
tali. La religione cristiana fu
fin dall'inizio un movimento sociale rivoluzionario. In secondo luogo la
sua nozione del peccato era estranea ai pagani. Essi potevano compiere
azioni vili, o fare errori o non essere illuminati (dal punto di vista dei
misteri) , ma peccato e colpa erano concetti senza senso come lo era un
terzo: l'eresia. Eresia, in greco antico significa semplicemente "scelta" e nel
mondo pagano la scelta dei culti si moltiplicava quasi quotidianamente. Le
persone potevano seguire più di un culto alla volta e davano per scontato
che non esistesse alcuna incompatibilità con le divinità dell'impero o con
la sorgente suprema dell'essere divino (se pensavano che ce ne fosse una) .
Le religioni pagane hanno linee guida e precedenti, ma nessun dogma e
non si trova nel paganesimo l'idea del diavolo, sovvertitore dell'unica veri­
tà. I cristiani inoltre basavano la loro origine salvifica non sul mito ma sulla
storia; cercavano rivelazioni invece che misteri; e mentre i pagani onorava­
no e pregavano i morti, i cristiani pregavano per se stessi.
Innovazioni concettuali a parte, i cristiani avevano anche una linea di
90 Storia dei pagani

condotta che persino la più ampia tolleranza pagana non avrebbe potu­
to digerire. Come il gruppo progenitore, gli Ebrei, essi si rifiutavano di
offrire i sacrifici obbligatori alle divinità dell'impero che, come abbiamo
visto, erano stimate come protettrici della stabilità materiale e spirituale
di tutti i domini romani. Offrire il sacrificio al numen dell'imperatore era
visto come l'abitudine di salutare la bandiera per gli americani o di alzarsi
all'inno nazionale per gli inglesi . Gli Ebrei erano severamente monoteisti e
iconoclasti ma non imponevano i loro gusti religiosi agli altri, non ricerca­
vano la conversione e perciò, specialmente dopo aver perso la loro patria in
Palestina, erano generalmente tollerati come visitatori esterni.
Il cristianesimo, al contrario, si sviluppò rapidamente in una religione
dell'altro mondo, che non solo ignorava democraticamente ma che rifug­
giva asceticamente i benefici dell'esistenza materiale e i cristiani cercavano
conversioni e martiri ad ogni minimo pretesto. I documenti sono pieni
di resoconti in cui magistrati pagani offrono disperatamente ai cristiani
che rifiutavano i sacrifici la possibilità di fare la più nominale delle offerte
al numen in modo da salvare la pelle. Di fronte alla totale incomprensio­
ne pagana, i cristiani generalmente rifiutavano. Sembra che nonostante
la mancanza di disciplina politica, nei primi anni i cristiani ebbero un
impatto relativo sul pensiero pagano e le loro teorie non furono oggetto di
discussione nei circoli pagani fino alla fine del II secolo.

L'instabilità politica del III secolo

A questo punto le mire dell'impero si erano espanse molto oltre i con­


fini di Roma e delle sue tradizioni. Traiano, Optimus princeps, (98- 1 1 7)
fu il primo imperatore non nativo di Roma e il suo successore Adriano
( 1 1 7 - 1 38) uomo di successo e ispani co anche lui, viaggiò in lungo e in lar­
go nell'impero per ispezionare la stato delle provincie. Ad Adriano, grande
appassionato di architettura si deve la costruzione del pantheon, il tempio
a tutte le divinità. Il secondo secolo procedette con la relativa stabilità
e con lo stile di vita equilibrato inaugurato da Augusto. Culti e filoso­
fie andavano e venivano, crebbe un tumulto politico, poi sedato e quella
che successivamente i cittadini identificarono come l'età d'oro dell'impero
durò fino alla morte dell'imperatore stoico Marco Aurelio nell'anno 1 80.
In quel periodo iniziarono a comparire segni di instabilità. Stava iniziando
L1mpero romano 91

una recessione nei commerci e i l tasso d i natalità scendeva rapidamente. A


nord-est dell'impero i goti avanzavano e cercavano un varco nelle provincie
del Danubio. Nel 1 65- 1 67 le legioni avevano portato con sé un'epidemia
dalle provincie orientali e per tutte queste ragioni l'impero incontrava dif­
ficoltà nel mettere insieme le risorse interne per fronteggiare le sfide ester­
ne. Roma aveva già affrontato periodi di disintegrazione simile prima, ma
non aveva mai avuto un territorio tanto esteso da amministrare.
In periodi di stress economico spesso avvengono innovazioni religiose.
Le Meditazioni di Marco Aurelio avevano dimostrato la persistenza dello
stoicismo, i culti delle varie divinità e i pronunciamenti sempre più fi­
losofici degli oracoli continuavano a fiorire,9 inoltre il filosofo Pilostrato
compilò una biografia del maestro pitagorico Apollonia di Tiana per l'im­
peratrice Giulia Domna, la moglie di Settimo Severo ( 1 93-2 1 1 ) . Nel 1 78
il filosofo platonico Celso scrisse il Discorso vero, un'invettiva contro il cri­
stianesimo, e intorno al 200 il cristiano Tertulliano scrisse lunghe critiche
su pagani, gnostici e altri scismatici cristiani. La cristianità aveva raggiunto
la maturità intellettuale e veniva considerata, ora, un valido oggetto di
discussione dall'establishment intellettuale.
Nel frattempo, sulla scena politica, iniziavano a infiltrarsi nell'impero
popoli tribali migranti. I movimenti delle popolazioni avevano forzato i
nomadi della steppa asiatica a pressare sulle frontiere romane del nord e
dall'inizio del III secolo essi furono invitati non solo a far parte dell'eserci­
to come mercenari ma anche ad accamparsi entro i confini dell'impero in
cambio del servizio militare. Il controllo dell'esercito passò in fretta nella
mani di abili barbari e le truppe svilupparono l'abitudine di eleggere gli
imperatori. Nessuno poteva opporsi alla scelta se non un altro corpo di
soldati e di ventidue imperatori: tra il 235 e il 284 tutti, tranne tre, mori­
rono assassinati.
A Roma, tuttavia, stava avendo luogo una nuova fioritura di filosofia e
letteratura. Ammonio di Alessandria (23 5), Platino (204-275) e Porfirio
portarono il neoplatonismo da Alessandria a Roma. Platino era un mistico
contemplativo che asseriva la definitiva unione di tutte le religioni, inse­
gnava la dottrina dell'emanazione dallo spirituale alla molteplicità mate­
riale, negando però il male o la possibilità di caduta del mondo materiale
perché, come sosteneva, non c'erano mai stati sintomi. Il suo discepolo
Porfirio sarebbe diventato uno dei peggiori nemici del cristianesimo, e i
suoi lavori furono banditi dalla successiva amministrazione cristiana nel
92 Storia dei pagani

333. In contrasto con Plotino, il maestro persiano Mani (m. 276) , anch'egli
un visionario, insegnava il male del mondo materiale e la necessità per gli
esseri umani di purificarsi per avvicinarsi alla luce eterna. Le dottrine di
Mani portarono a molti movimenti settari cristiani, anche fino al XIII
secolo, quando l'autorità papale venne a conoscenza di valdensi, catari e
altri scismi cristiani. In Mani e Plotino vediamo il contrasto tra il dualismo
mediorientale e l' olismo pagano più ampio a cui si contrapponeva.
Dal 222 al 226 l'impero fu governato da Elagabalo, discendente di una
famiglia di siriani che adoravano il sole. La religione siriana non era duali­
stica, era molto antica e aveva senza dubbio influenzato l'attribuzione delle
qualità solari al dio greco Apollo nel V secolo a.C. Ora incontrava il suo
erede nel culto imperiale romano di Apollo, ma quando Elagabalo, dopo
aver cambiato nome in un ellenico Eliogabalo, istituì la religione della sua
divinità solare El Gabel, lo shock culturale fu troppo grande da sopportare.
Dopo la sua morte il culto fu cancellato e il culto imperiale tornò al suo
vecchio stile pragmatico. Ma nel 274 le truppe dell'imperatore Aureliano
(270-275) si dissero ispirate in battaglia da una forma divina che venne
identificata con il siriano El Gabel. 10 In onore del dio che gli aveva dato la
vittoria Aureliano modificò il culto per venire incontro alla visione conso­
lidata dell'impero e istituì il culto del sol invictus deus-sole, dio non con­
quistato, il cui tempio nel campo Agrippa fu inaugurato durante il solstizio
d'inverno, il giorno festivo di Mitra, 25 dicembre 274. Aureliano fu un
imperatore di successo, attaccò la corruzione nel servizio civile, reclamò le
frontiere orientali invase e si descrisse sulle monete "ricreato re del mondo" .
Il sole invitto era chiaramente inteso come fattore unificante dell'impero
che coesisteva con altre divinità ma che riassumeva in sé elementi delle
divinità solari già esistite a Roma e nelle sue provincie. I successori di Au­
reliano, Tacito, Probo e Caro, continuarono a riverire il dio sole.
In mezzo a questi due culti solari comunque iniziò la prima persecuzio­
ne sistematica dei cristiani. Nel 249-25 1 , Decio utilizzò il suo breve regno
per istituire un ordine assoluto per tutti i cittadini di giurare alleanza con
lo stato e le sue divinità per ricevere il certificato di lealtà. [obbiettivo
era di restaurare un governo centrale unificato e il mezzo scelto era il vec­
chio appello romano alla continuità e al conservatorismo. Chiaramente in
questo momento tutti quei culti stranieri che sminuivano i doveri pratici
rispetto a quelli spirituali erano visti come una vera e propria minaccia
all'impero. I cristiani stessi successivamente ammisero che quella campa-
L1mpero romano 93

Mitra descritto come sol invictus (Musei vaticani, Roma)

gna li aveva quasi spazzati via. 1 1 Ma l'imperatore Gallieno (260-268), il


quale invocava la protezione di Mitra, sospese la persecuzione e così i dua­
listi e semi-dualisti poterono raggrupparsi mentre la religione unifìcatrice
dell'impero tornava al culto del sole.

Diocleziano: la restaurazione del paganesimo di stato

Nel 275 circa Porfìrio scrisse Contro i Cristiani, un attacco dal quale,
come per quello di Celso cent'anni prima, i nuovi arrivati sentirono il bi­
sogno di difendersi. Il caos politico di cinquant'anni fu invertito dall'ascesa
di Diocleziano (284-305), un provinciale dalmata, assolutamente non no­
bile, soldato professionale e genio organizzativo. Come Augusto trecento
anni prima di lui, riorganizzò radicalmente la gerarchia amministrativa e
riaffermò la vecchia religione della Roma repubblicana in una forma adatta
alle nuove circostanze. Rimosse il culto del sole invitto e istituì di nuovo
il tradizionale culto dell'impero con a capo Giove, Ercole e Vittoria. Il suo
94 Storia dei pagani

editto del 287, Su malfattori e manichei era un attacco ideologico ai creden­


ti dualisti che dovevano essere bruciati «insieme ai loro scritti abominevoli»
per «insegnamenti futili malvagi e superstiziosi» che erano «contrari alla
natura umana». 12 Si tratta della prima istanza di censura del pensiero oltre
che della pratica (com'era accaduto per i riti bacchici, banditi come forma
di depravazione superstiziosa straniera nel 1 86 a.C.) del mondo romano.
Mostra che la moda per la religione dogmatica stava iniziando a infettare il
paganesimo stesso. Diocleziano non ebbe contro i manichei lo stesso suc­
cesso di papa Innocenzo II contro i catari (più concentrati geograficamen­
te) oltre novecento anni dopo. Il manicheismo persistette e il cristianesimo
crebbe a passi da gigante.
Nel 298 l'imperatore instituì una purga disciplinare all'esercito ren­
dendo il giuramento statutorio di alleanza un obbligo individuale invece
che collettivo. Ciò rese impossibile ai cristiani e ai manichei continuare
il loro servizio militare e la loro influenza presumibilmente sovversiva fu

Persecuzioni di Diocleziano durante il 301 d.C., in una raffigurazione del 686


L1mpero romano 95

conseguentemente sradicata. Nel settembre 303, a seguito della continua


inflazione e di disastri naturali, l'imperatore instituì la "grande persecu­
zione" dei cristiani, ordinando la distruzione delle loro chiese e delle sacre
scritture. Forse si trattava della cinica pratica imperiale di rendere le mino­
ranze capro espiatorio, ma, a giudicare dagli editti, Diocleziano credeva,
diversamente dai suoi subordinati pagani più tolleranti, che il dogmatismo
di dualisti e semi-dualisti, non potesse trovare spazio nel consenso pagano
politeista. Sarebbe stato naturale per i pagani accettare che i culti monotei­
sti e dualisti avessero un posto nella molteplicità dei culti dell'impero. Dio­
cleziano percepiva chiaramente che i dualisti «opponevano il proprio credo
contro i culti antichi»13, tentando di minarli attivamente, e ovviamente
non si fidava del fatto che il tempo, la rivelazione e il dibattito razionale
avrebbero portato infine a un'integrazione.
Diocleziano inoltre mosse la capitale dell'impero occidentale da Roma a
Milano e poi a Ravenna. In quanto provinciale si sentiva a disagio e altez­
zosamente ignorato dalla vecchia aristocrazia di Roma, così, quando al ven­
tesimo anniversario del suo governo cadde (303-304 d.C.), egli, avventata­
mente, anticipò la chiusura delle celebrazioni, inclusi i tanto attesi giochi
secolari a cui stava partecipando nella vecchia capitale, e fuggì a Ravenna
dove contrasse una malattia che lo costrinse ad abdicare. Questo insulto
alla città e alle sue divinità ancestrali era destinato a dare un forte colpo al
morale di tutto l'impero. Lo storico pagano Zosimo attribuisce il declino di
Roma a quel gesto sacrilego. Anche se non si vuole prendere letteralmente
l'intervento divino, si può dire che l'azione di Diocleziano, inopportuna per
uno stratega, strappò il cuore dall'impero e la fiducia ai romani. Da ogni
punto di vista Roma diventò nel secolo successivo sempre più marginale e
inefficace. Le arti e la letteratura pagana fiorirono in una cultura stagnante,
ma non ebbero effetti concreti sul governo quotidiano.
A Diocleziano successe Galerio, un uomo tanto rude da essere sopran­
nominato "il mandriano" anche dai suoi stessi soldati, che intensificò la
persecuzione dei cristiani e di altre sette non romane. Ma, abbastanza cu­
riosamente, sul suo letto di morte, nel 3 1 1 , promulgò un editto di tolle­
ranza che rappresentò un punto di svolta per la storia religiosa. Da questo
momento in poi i cristiani si rafforzarono e intensificarono la loro campa­
gna contro il vecchio politeismo. Gli anni 3 1 3-3 1 4 videro la costruzione
della prima basilica a Roma. Nel frattempo la guida del governo passò
per diverse mani e altrettanti cambiamenti, durante i quali il tempio di
96 Storia dei pagani

Fortuna venne incendiato nel 309. Tuttavia il nuovo imperatore dell'est,


Massimino Daia, rispose a petizioni provenienti da città come Nicomedia
e Aricanda in Licia per istituire di nuovo una legislazione anticristiana in
tutta la sua area di giurisdizione. Fondò il tempio di Zeus "amico dell'uma­
nità'' ad Antiochia e strutturò un sacerdozio pagano organizzato in ogni
città dell'area. Era un'imposizione dall'alto e non era cresciuta organica­
mente dai templi locali come in passato. Daia introdusse anche i libri di
scuola anticristiani che descrivevano Gesù di Nazareth come uno schiavo
e un criminale invece che come un profeta ispirato, come lo vedevano i
pagani liberali del tempo.
Gli editti di Daia causarono tremende avversità tra i cristiani che ve­
nivano estromessi dalle case ed espulsi dai paesi, ma suscitò grande en­
tusiasmo tra i pagani locali, non tanto per la persecuzione in sé quanto
per la rinnovata opportunità di servire la loro comunità e rappresentare
i loro protettori divini secondo l'antica tradizione che, per convenzione,
a questo punto datava l 000 anni. Fu in questo periodo che Ierocle, go­
vernatore di Bitinia, aggiunse alcune ricostruzioni fantasiose dei miracoli
alla Vita di Apollonio di Filostrato e li presentò come alternativa pagana ai
vangeli cristiani. Ancora una volta questo mostra che l'organizzazione dei
pagani era sulla difensiva, nel tentativo di far coincidere i miracoli e gli
insegnamenti di Gesù con prodigi simili a quelli di Apollonio. È interes­
sante notare come, in un periodo politicamente dipendente dalla volontà
dell'imperatore, nella sfera religiosa venissero ricercati i segnali dell'ispi­
razione ultraterrena del potere del leader e una gerarchia sacerdotale con
potere autocratico delegato dall'alto, piuttosto che un sistema di potere
sviluppato organicamente partendo dalla tradizione, come nella vecchia
religione repubblicana. Era iniziato il culto dell'individuo.

Costantino: il paganesimo esautorato

Le riforme di Daia sarebbero durate solo tre anni. Le lotte di potere


tra gli aspiranti imperatori continuarono e nel 3 1 2 Costantino, il figlio
dell'imperatore occidentale, Costantino Cloro, prese il potere a Roma.
Daia morì nel 3 1 3 di colera dopo che il suo esercito era stato sbaragliato
dal futuro co-imperatore di Costantino: Licinio. I..:armata vittoriosa aveva
marciato al grido di battaglia Summe sancte deus, anche se il suo generale
L'Impero romano 97

era notoriamente non religioso. 14 I partigiani di Daia furono massacrati


e la sua nuova amministrazione annientata. Il padre di Costantino, un
devoto al Sole, era stato !assista nell'implementare gli atti persecutivi di
Diocleziano nel suo territorio. Costantino stesso non aveva alcuna alleanza
religiosa esplicita, ma (come spiega in dettaglio John Holland Smith) 1 5 era
sembrato acuto nell'apparire ispirato in generale. Sull'arco trionfale, eretto
dopo la sua vittoria sull'imperatore occidentale Massenzio presso Ponte
Milvio, si legge:

All'imperatore Cesare Flavio Costantino il quale grazie al suo istinto di­


vino e alla grandezza del suo spirito ha vendicato con le sue armate la
comunità per una giusta causa sia dal tiranno che dai suoi seguaci

Il panegirico letto di fronte al nuovo imperatore durante una celebra­


zione molti mesi dopo la vittoria includeva la seguente domanda:

Quale dio mai, quale divina potenza a te tanto vicina ti mosse, sicché,
mentre quasi tutti i tuoi compagni e generali non solo borbottavano sotto
voce, ma anche apertamente mostravano timore, mentre i consigli degli
uomini ti erano contro, e ti erano contro i moniti degli aruspici, tu solo
invece, da te stesso, sentivi che era venuto il tempo di liberare Roma?
(Paneg. Lat IX. 2, 1 -4)

In una serie di resoconti successivi, di cui il primo pubblicato a circa


un anno dall'evento, prende forma una risposta. Costantino è indirizzato
in sogno alla vigilia della battaglia, a disegnare il segno Chi Rho cristiano
sullo scudo dei suoi soldati (Lattanzio) , o ispirato da una visione nella mar­
cia prima della battaglia, o spinto ad aggiungere al monogramma le parole
"vincerai sotto questo segno", secondo versioni successive. Con ogni nuovo
racconto l'originale intimazione di una missione divina divenne sempre più
specificamente cristiana e, come Aureliano prima di lui, Costantino fu in
grado di presentarsi al popolo come un uomo guidato dal divino. Contra­
riamente ad Aureliano però non offrì immediatamente il suo dio salvatore al
popolo come simbolo unifìcatore per la comunità allargata.
Quello che in realtà fece Costantino fu garantire libertà di religione
a tutti coloro che vivevano nell'impero, con l'editto di Milano del 3 1 3.
Egli non favorì i cristiani in particolare ma, come abbiamo visto, era per­
sonalmente incline al culto di una divinità suprema e senza nome, come
98 Storia dei pagani

lo erano stati i filosofi prima di lui. Sua


madre tuttavia era cristiana. Al suo
decimo anniversario nel 3 1 5 (si
era proclamato imperatore du­
rante la lotta di potere con Galerio
nel 305) , insultò le antiche divinità
rifiutando di prendere parte ai sa­
crifici e permettendo solo preghie­
re senza fumo e fiamme. Da quel
momento ci fu un'alleanza sempre
più forte tra l'imperatore e i cristia­
ni, organizzati estremamente bene,
che avevano iniziato la loro carriera
di "soldati di Cristo", morendo per
la loro causa nell'arena e che aveva­
no modellato la loro organizzazione
sulle linee della stessa amministra­
zione imperiale con termini come
"vicario" e "diocesi" presi diretta­
mente dal modello organizzativo
Altare romano con svastiche, corni lunari e cune di Diocleziano. l manichei, disin-
teressati alle cose di questo mon­
do, non avevano un'organizzazione simile e a quanto pare non ce l'avevano
neanche i vari sacerdoti del Sole invitto, che potrebbe essere stata la divinità
originaria di Costantino. La legge sull'osservanza della domenica del 32 1
impediva tutti i lavori tranne quelli essenziali, in quel giorno, che non era
descritto come il Sabbath ebraico, e nemmeno come il giorno della resur­
rezione di Gesù, come sostiene oggi la visione cristiana, ma semplicemente
come giorno venerabile del sole. Nel 326 Costantino diede il suo santuario
di Helios Apollo, nel circo di Nerone, ai cristiani per la fondazione della
loro nuova chiesa di San Pietro.
Per dirigere le simpatie emotive delle sue molte questioni, Costantino
utilizzò la superba rete amministrativa della chiesa cristiana. Entro il 3 1 8
ai vescovi erano stati conferiti tutti i diritti civili e privilegi degli alti sacer­
doti pagani e il ministero cristiano era diventato una professione più che
una vocazione. Nel 323, sotto il segno del Chi Rho e il grido di battaglia
Deus Summus Salvatori, Costantino aveva attaccato e sconfitto il suo co-
L'Impero romano 99

imperatore Licinio che, secondo Eusebio, combatteva ora sotto le divinità


repubblicane ed era accompagnato da un corpo di auguri che lavoravano
da un santuario nel boschetto sacro. Ci sono tre spiegazioni possibili per
questo. La prima è che Licinio avesse semplicemente trasferito la sua alle­
anza a una serie diversa di divinità nel regime di libero mercato del politei­
smo. La seconda è che avesse vissuto una conversione (o un'apostasia) nel
senso cristiano, rivoltandosi con forza contro il Dio santo e supremo che
una volta gli aveva dato la vittoria sul rivale orientale. Il terzo è che Eusebio
stesse semplicemente inventando una storia per far risultare la vittoria di
Costantino come religiosa, proprio come era stata descritta quella di Lici­
nio contro un imperatore che, guarda caso, era pagano. Per organizzare an­
cora di più la chiesa cristiana Costantino convocò il concilio di Nicea nel
maggio 325, istituendo il famoso Credo di Nicea che stabiliva una serie di
fedi a cui i cristiani dovevano aderire e che rendeva i vescovi concretamente
parte del servizio civile imperiale. Nel 328 l'imperatore trasformò la città
di Bisanzio, una volta protetta dalla dea Ecate, nella città di Costantinopoli
che doveva diventare la capitale del nuovo impero unificato. Costantino
depredò i santuari pagani dell'Egeo per arricchire la sua nuova città. Il tem­
pio di Asclepio ad Agrigento in Sicilia e quello di Venere Urania vicino al
monte Libano furono saccheggiati. 16 11 4 novembre fu lo stesso Costantino
a scavare il solco che delimitava le mura. Tutta la cerimonia fu eseguita
secondo i riti ancestrali con l'aiuto dell'alto sacerdote e del neoplatonico
Sopatro che presumibilmente redasse l'oroscopo per l'occasione: il sole in
sagittario e il cancro nascente, a indicare una città religiosa che sarebbe
stata una casa per l'impero. Il tempio sull'acropoli (simbolicamente ed ef­
fettivamente il punto di forza) della nuova città, era una chiesa cristiana ma
altrove vi erano altri quattro santuari religiosi. Tre di questi erano pagani,
dedicati a Castore e Polluce (divinità della cavalleria) , a santa Pace e alla
Fortuna della città. L ultimo era un santuario a Costantino stesso, costruito
col massimo di cura nella simbologia.
Consisteva in un'enorme statua alla base della quale era contenuto il
palladio che Costantino aveva probabilmente rimosso dalla casa delle ve­
stali a Roma due anni prima. Il palladio, l'attributo di Pallade, era una re­
liquia dall'aspetto tuttora sconosciuto, che si suppone Enea abbia portato
da Troia e che, proprio per questo motivo, posta nel focolare sacro della
città, garantiva il lignaggio di Roma dalla civiltà più antica del Mediter­
raneo conosciuta dai suoi mitografi. Rimuovendo il palladio Costantino
1 00 Storia dei pagani

aveva simbolicamente rimosso il potere di Roma. Mettendolo alla base


della statua di se stesso, si era posto a capo del lignaggio politico e spiritua­
le che rappresentava. Le intere fondamenta del nuovo impero erano una
rappresentazione di ingegneria simbolica e spirituale, condotta secondo gli
antichi espedienti della tecnologia magica pagana.
Su un livello pratico, la capitale dell'impero doveva spostarsi a est per­
ché erano le frontiere in quella direzione ad aver bisogno di protezione.
Altrettanto concretamente, ciò mise la religione romana occidentale in
stretto contatto con le pratiche e le filosofie orientali che fino a quel mo­
mento erano state relegate nella devozione privata invece che da cerimo­
niali pubblici. I rituali della vita pubblica avrebbero presto avuto bisogno
di un cambiamento per tenere conto di queste cose. Il culto del sole si­
riano era già stato romanizzato e presentato come modello di riferimento
per tale cambiamento e sarebbe entrato senza intoppi nel pantheon delle
divinità ancestrali, ma gli mancava la struttura burocratica garantita dalla
cristianità. Allo stesso modo, e nonostante l'enorme popolarità tra i citta­
dini dell'impero, sembra non aver attirato gli imperatori più militarizzati
e inclini all'azione che offrirono la loro devozione personale a Sol, Mitra
o Giove. Costantino perciò era alla ricerca di una religione che unificasse
le provincie orientali e occidentali dell'impero. Nella sfera sorretta dalla
sua statua, simbolo del dominio mondiale (gli scienziati pagani avevano
già dimostrato che la terra era rotonda) era incastrato un frammento di
quella che si riteneva fosse la vera croce dei cristiani, scoperta dalla madre
dell'imperatore. Simbolicamente, in accordo con i "riti ancestrali" que­
sto non si riferiva soltanto al cristianesimo ma anche alla croce di quattro
quarti di terra e cielo, l'antico templum degli auguri e guardiani della terra.
Alessandria, Roma, Costantinopoli e Gerusalemme erano le città che divi­
devano in quattro il Mediterraneo, almeno secondo la simbologia antica,
e, secondo quella stessa tradizione, gli assi si incrociavano sul luogo in cui
sorgeva Troia, la culla mitica della civiltà romana e la casa del palladio,
che Costantino aveva adottato come fondamento del suo ordinamento.
Attraverso la spiritualità sia pagana che cristiana il nuovo imperatore stava
controllando il mondo. Pare che egli fosse infatti un semplice politeista
e fondò santuari ad altre divinità oltre a permetterne la costruzione. Nel
320 approvò una legge che autorizzava gli auguri a interpretare i fulmini
sugli edifici pubblici. I pagani non comprendevano la natura esclusiva del
cristianesimo e lo vedevano naturalmente come un culto tra tutti quelli a
L'Impero romano lOl

cui potevano aderire, sotto l'egida filosofica del principio divino supremo,
qualunque esso fosse.
Negli anni Venti del 300 iniziava a svilupparsi una nuova forma di
cristianità. Ario, un insegnante in Egitto, aveva iniziato a divulgare una
forma di neoplatonismo che negava l'identità assoluta del dio supremo e
del profeta Gesù (la dottrina della consustanzialità) . Questo permetteva a
tutti i tipi di insegnamenti filosofici e mistici pagani di coesistere con la
forma pensata di cristianità ma ironicamente i missionari ariani avevano
anche successo nel convertire le tribù "barbare" del nord. Non era un cri­
stiano cattolico ma un ariano, Alarico I, ad essere destinato a portare Roma
alla caduta.

I pagani si difendono

Costantino fu battezzato secondo il cristianesimo da un vescovo aria­


no sul letto di morte, nel giorno di Pentecoste del 337. Non aveva per­
seguitato mai i membri delle sette cristiane nella persecuzione dei non
cristiani, cosa che invece fecero i suoi tre figli. Nel 340 furono banditi i
sacrifici pagani, la "superstizione" e il "pensiero irrazionale" ad est e nel
342 l'editto fu esteso a tutto l'impero. Nel 346 i sacrifici pubblici furono
banditi e il culto pagano fu reso un'offesa capitale. I pagani abbassarono
la testa nell'attesa che la marea della storia portasse via con sé la nuova
setta. Mai prima di allora un nuovo culto aveva tentato di schiacciare la
religione di stato. Il dualismo del pensiero cristiano era assolutamente sen­
za precedenti e presumibilmente incomprensibile per i pagani. Nel 349 i
pagani si unirono alla ribellione politica di Magnenzio, comandante delle
legioni degli Herculiani e degli Ioviani istituite da Diocleziano. Limpe­
ratore più giovane, Costante, comprò il suo silenzio ma egli rinnovò gli
sforzi l'anno successivo appropriandosi di tutto l'impero occidentale. Il
suo regime pagano fu accolto con grande sollievo dalla maggioranza della
popolazione che ovviamente aveva solo bisogno di un sostegno per riaffer­
mare il proprio credo. Eppure, allo stesso tempo, le conversioni cristiane
si moltiplicavano rapidamente, soprattutto nelle città. È a questo punto
che la parola "pagano" cessò di essere usata dai cristiani per riferirsi sem­
plicemente a un "codardo non combattente di Cristo" e riguadagnò il suo
significato letterale: una persona di campagna, un rustico, troppo arretrato
l 02 Storia dei pagani

per essere in grado di afferrare la religione della modernità. Magnenzio fu


sconfitto dall'imperatore dell'est Costanzo nel settembre 3 5 1 e si suicidò
due anni dopo in Gallia, o Britannia, dove si era ritirato. Nella campagna
contro Magnenzio tuttavia, Costanzo aveva dovuto dare il potere agli unici
parenti maschi (fratelli a parte) che non erano stati scannati durante la sua
ascesa, i cugini Gallo e Giuliano. Proprio quest'ultimo avrebbe condotto la
successiva restaurazione pagana.
Giuliano era un giovane pensieroso, irritabile e sulla difensiva, che alla
fine sviluppò l'abitudine eccentrica di vestirsi come un filosofo ellenistico
con una barba incolta e una tunica grossolana. Lui e suo fratello erano stati
reclusi come cristiani ariani. Giuliano mancava delle maniere cortesi di un
gentiluomo di qualsiasi fede, ma quando si metteva a capo di un comando
militare si distingueva come condottiero coraggioso, onesto uomo di disci­
plina e vincitore giusto. 17 Quando i suoi doveri lo portarono in Grecia, il
giovane si riconvertì al paganesimo nel tempio di Atena a Ilio, ancora una
volta il sito presupposto dell'antica Troia, la dimora simbolica del misterio­
so palladio. L anno seguente ebbe una visione estatica durante l'iniziazione
ai misteri mitraici a Efeso (il luogo in cui sorgeva il tempio a Zeus "amico
dell'umanità'' di Massimino Daia) e divenne un missionario pagano per
il resto della vita. Chiaramente il culto pagano privato, inclusi i misteri,
continuavano a esistere ma, Giuliano notò con amarezza la decadenza dei
templi pubblici.
La nomina militare sotto Costanzo lo portò come Cesare in Gallia,
dove le tribù germaniche, pressate dalle invasioni gote da est, stavano sac­
cheggiando le provincie. Il nuovo Cesare restaurò l'ordine e, a quanto pare,
anche la prosperità nella zona. Costanzo morì il 3 novembre 36 1 , nomi­
nando Giuliano suo successore, e il nuovo imperatore marciò su Costan­
tinopoli l' 1 1 dicembre dello stesso anno. Non riprese il massacro dei cri­
stiani, i quali si lamentarono di essere stati privati del martirio. 18 Ridusse la
corruzione nell'amministrazione, abrogò le leggi di persecuzione religiosa
ma impedì ai cristiani di servire nell'esercito (perché la loro legge impediva
l'uccisione) , di ricevere sussidi e doni (perché la loro religione predicava la
povertà) e di usare i testi pagani nei libri di scuola (perché i miti pagani
dimostravano un'etica che poteva solo fuorviare i bambini cristiani) . Non
è chiaro se questo regolamento fosse superbamente cinico o ingenuamente
sincero.
Sotto Giuliano furono riaperti i templi e le bande razziatrici di cristiani
L'Impero romano 1 03

che avevano preso l'abitudine di saccheggiare e di­


struggere i santuari pagani, dovettero sottomet­
tersi alle comuni sanzioni di legge. Pare che
Giuliano stesso fosse un filosofo influenzato
dal clima del periodo, in fermento intellet­
tuale combattuto fra la razionalità e la rive­
lazione. Esistono prove che Giuliano volesse
istituire una "chiesà' pagana che predicasse una
dottrina pagana imposta dall'alto da lui stes�
nel ruolo di pontefice supremo. Questa è la r
gione di un seguace della parola dal momefltl
che, per la maggior parte dei collaboratori
di Giuliano, le molte divinità pagane, era­
no presenze invisibili la cui esistenza era
testimoniata dai loro effetti, numina che
nessuno si sarebbe azzardato a negare. Il
clima culturale stava cambiando, o per
la predicazione dogmatica di cristiani e Dettaglio di una statua che
manichei o come presupposto a essa. La rappresenta Giuliano l'apostata

versione di ellenismo proposta da Giu­


liano rifletteva il cambiamento epocale.
Nel 363 l'imperatore andò a proteggere la frontiera orientale contro i
persiani e morì in battaglia. Ancora una volta il cristianesimo divenne reli­
gione ufficiale, ma il paganesimo fu tollerato fino all'ascesa di Teodosio nel
379. Nel frattempo, l'arte e la letteratura pagana avevano ripreso a vivere a
Roma e la cosiddetta "aristocrazia delle lettere" fiorì sommessamente fino
alla ribellione pagana contro Teodosio nel 379. Dopo che quest'ultimo
ebbe dichiarato quella cristiana come unica fede permessa nel 38 1 , l'impe­
ratore dell'ovest, Graziano, snobbò i pagani di Roma rifiutando il titolo di
pontefice massimo e attuando una serie di leggi contro i culti dell'antica
Repubblica. I fondi dello stato dovevano essere prelevati dai santuari paga­
ni e dalle cerimonie, l'altare della Vittoria doveva essere rimosso dal senato
e, forse la peggiore di tutte, le vestali avrebbero perso tutti i loro privilegi
e immunità e il loro fuoco sacro doveva essere estinto. La classe dirigente
romana era sconvolta. Per la fine dell'anno, comunque, Graziano fu ucciso
dal suo comandante della cavalleria barbaro a Lione.
Dopo l'assassinio di Graziano un patrizio di nome Simmaco divenne
1 04 Storia dei pagani

prefetto di Roma nel 384. M­


frontò i pagani in una discussio­
ne a proposito dell'altare della
Vittoria, sostenendo che l'uso
ancestrale doveva esser man­
tenuto perché nazioni diverse
hanno fedi diverse. A Roma do­
veva essere permesso a ognuno
di vivere a modo suo.
«Chiediamo la pace per gli
dèi dei nostri padri, pace per le
nostre divinità della natura. È
giusto solo ipotizzare che l' og­
getto del culto di tutte le per­
sone sia lo stesso. Guardiamo
le stesse stelle, un solo cielo ci
sovrasta e lo stesso universo ci
Icona religiosa che raffigura san Mercurio mentre circonda. Importa davvero qual­
uccide l'imperatore Giuliano
cosa il mezzo con cui l'uomo
cerca la verità? Non c'è un'unica
strada attraverso la quale si possa raggiungere un simile mistero». (Simma­
co, Relatio, 3, in Smith 1 976, p. 1 52)
I..:imperatore cristiano, sotto la guida del vescovo di Ambrosia, rifiutò
di restaurare l'altare, Simmaco fu assalito da una campagna diffamatoria e
rassegnò le dimissioni da magistrato capo nel 385, subito prima che l'impe­
ratore Valentiniano tenesse il suo giubileo decennale a Roma. Quell'anno,
386, vide la pubblicazione della Difesa dei Templi di Libanio, e un ex mo­
naco fanatico, Giovanni Crisostomo, venne incaricato come arcivescovo
di Costantinopoli. Nel 392, leggi trasversali contro pagani e cristiani non
cattolici resero i testamenti pagani invalidi se contestati da eredi cristiani,
bandivano tutti i giochi celebrativi e i giorni di festa pagani, oltre a proibire
persino il culto privato delle famiglie. A ovest Valentiniano fu assassinato
nel 392 e Eugenio (392-394) restaurò l'immagine della Vittoria nel senato
e ricominciarono i pagamenti ai sacerdoti pagani. I santuari furono restau­
rati con i cerimoniali di ufficiali anziani, incluso quello di Ercole a Ostia.
Teodosio era stato l'imperatore principale dal 379 e nella sua zona
orientale di giurisdizione la legislazione antipagana era stata ininterrot-
L'Impero romano 105

ta. Data la natura instabile dei tempi, aveva avuto il terrore delle società
segrete e della magia, quindi i rituali pagani privati furono proibiti fin
dall'inizio del suo regno. Ad est erano stati fondati monasteri e conventi e
gruppi di monaci in tunica nera vagavano per le città e le campagne, pro­
fanando i templi e incitando la folla a distruggerli, mentre le autorità civili
chiudevano un occhio. Nel 390 una folla bruciò la libreria di Alessandria,
un'insostituibile collezione di documenti che datavano fino alla più remota
antichità e nell'anno seguente il Serapeio (tempio di lside e Serapide) fu
distrutto per ordine dell'arcivescovo Teofilo di Alessandria. Dopo decadi
in attesa che i cristiani se ne andassero, i pagani finalmente iniziarono a
reagire. I..:abitudine romana d'obbedienza alle autorità era più debole a est,
e ci furono scontri nelle città. Un vescovo, Marcello, che aveva mandato un
gruppo di soldati e gladiatori a distruggere un tempio, venne sequestrato
dalla popolazione locale e arso vivo. 19 Ad Alessandria alcuni dei sabotatori
furono crocifissi. Ma i culti pagani erano disuniti, non esisteva un con­
cetto di religione pagana generale (l'ellenismo di Giuliano non era stato
sperimentato abbastanza a lungo) e «gli uomini in nero che mostrano la
loro pietà vestendo gli abiti del lutto» di Libanio alla fine ebbero via libera,
distruggendo gran parte delle opere d'arte e degli insegnamenti del mondo
antico nel loro zelo di scoprire e sradicare il "peccato".
Nel 394 Teodosio prese il controllo del vasto impero e annunciò che
l'impero non poteva permettersi di pagare i riti pagani perché il denaro
serviva per l'esercito. Il paganesimo ufficiale finì nell'oscurità e i pagani
furono perseguitati. I loro diritti civili continuavano a essere soppressi fino
al culmine del 4 1 6 quando fu negato loro il servizio imperiale. Ma a quel
punto l'impero era diviso, saccheggiato da goti, vandali e unni, si ritirava
a ovest sotto la pressione degli unni che erano appena stati cacciati dalla
Cina. Molti di loro erano cristiani ariani. Le truppe romane che sconfissero
Eugenio, l'imperatore pagano dell'ovest, nel 394 erano sotto il controllo di
un ariano, un vandalo di nome Stilicone, e includeva mercenari goti ariani
tra cui Alarico. Quest'ultimo appare poi l'anno seguente con il sabotaggio e
l'ampia distruzione dei santuari pagani della Grecia. Alcuni commentatori
pagani del tempo20 erano convinti che si trattasse di una crociata religiosa.
Il santuario del Mistero ancora funzionante a Eleusi fu distrutto in quel
periodo e l'Erecteo, tempio di Poseidone sull'acropoli divenne il primo sito
pagano della penisola a essere convertito in chiesa cristiana.
Stilicone "il vandalo", un romano naturalizzato, era ora capo di stato
1 06 Storia dei pagani

maggiore sotto l'imperatore Onorio (395-423) che istituì il temuto decre­


to per la distruzione dei templi nel 398. La legge che attaccava i templi,
tuttavia, fu abrogata e l'impero ricadde nel precedente stato di confusione.
A un certo punto, dopo il 402, Stilicone bruciò i libri sibillini, forse per
mostrare il disprezzo per la spiegazione pagana del caos come conseguenza
dell'abbandono delle divinità ancestrali. Nel 405 confluirono in Italia da
nord-est, comandati da uno scita pagano chiamato Redegais, più di due­
centomila goti. Li sconfisse Alarico. Comparvero altri pretendenti al trono
e furono sconfitti e con un pretesto Onorio giustiziò Stilicone. I..:ammi­
nistrazione doveva essere purgata da tutti i "barbari". In breve, Alarico,
nonostante fosse cristiano, istituì una nuova amministrazione imperiale
pagana a Roma ma il tentativo di colpire Onorio fallì e, in uno slancio di
frustrazione, il 24 agosto 4 1 O Alarico mise a sacco la città.
In quanto cristiano, Alarico permise di risparmiare un santuario, la
chiesa di San Pietro sul colle Vaticano, dove si conservarono i beni di tutti
i cristiani che vi si rifugiarono e le loro bambine. La nuova città fu impo­
stata come se fosse stata fondata da cristiani. Ulteriori editti si riferirono
alle pratiche pagane come a un errore da parte dei credenti cristiani, invece
che come parte di una religione separata e indipendente. Mille anni di
tradizione pagana erano giunti al termine.

e eredità

Tuttavia, la gente comune rimase pagana nei fatti se non nella teoria,
come mostrano i decreti e gli scritti degli osservatori. Gli scritti dei padri
della Chiesa da Agostino (354-430) fino agli studiosi di antichità del XIX
secolo (vedi le osservazioni di J . B . Andrew sulle streghe italiane pubblicate
nella rivista Folk-Lore, vol. vlll, n. l, marzo, 1 897) condannano, rimpian­
gono o semplicemente osservano le vestigia del credo antico e della pratica
nel popolo analfabeta. Il tempio della Madre del Cielo (lside) a Cartagine,
in disuso e coperto di erbacce, fu trasformato in una chiesa. Ma nell'anno
440, alcuni vescovi notarono che i credenti stavano continuando a venera­
re l'antica dea e ottennero la demolizione del tempio.21
Alcuni intellettuali pagani riuscirono a recuperare e trasmettere gli in­
segnamenti e i valori del passato durante quel primo secolo desolato. Ab­
biamo già menzionato lo storico Zosimo, attivo alla fine del IV secolo, i
'
L Impero romano 1 07

cui resoconti sulla civiltà romana sono pieni dei pregiudizi di un uomo
prevenuto nei confronti dei cristiani contemporanei.
In più, l'avvocato Marziano Capella, un contemporaneo di Agostino a
Hippo compilò Le Nozze di Mercurio e Filologia un compendio di quelle
che furono conosciute come le sette arti liberali, tra cui lunghe citazioni
degli autori classici. L'insegnamento platonico continuò ad Alessandria, un
focolaio di zelo missionario cristiano, ma nel 4 1 5 la direttrice della scuola,
Hypatia, fu massacrata da una folla cristiana sul cammino che la condu­
ceva in aula. Nel 432-433 un giovane visionario di nome Proda studiò ad
Atene con i filosofi pagani Siriano e Plutarco. Dopo ulteriori viaggi sotto
la protezione della dea Ecate, la divina patrona della sua città natale, Bi­
sanzio, Proda stesso divenne capo dell'Accademia intorno al 450. Scrisse e
insegnò diffusamente, e quando nel 529 l'imperatore dell'est Giustiniano
chiuse le scuole pagane ad Atene, i filosofi rimasti, piuttosto che abiurare,
fuggirono in Persia e si misero a insegnare nell'università di Jundishapur.22
L'insegnamento fu quindi preservato e unito a quello dei persiani e degli
arabi che l'avevano ricevuto attraverso secoli di interazione con l'impero

Secondo la nuova interpretazione di Giovanni Reale, la Primavera del Borricelli raffigura le


nozze di Filologia e Mercurio, insieme alle ancelle Retorica e Poesia.
108 Storia dei pagani

greco-romano. Tornò al mondo occidentale quando l'impero franco-cri­


stiano si scontrò con l'impero islamico dei mori in Spagna nel IX secolo.
Cristiani colti come Boezio (480-524) e Cassiodoro (477ca.-565ca.)
erano rari ma inestimabili per la trasmissione degli insegnamenti. Boezio
tradusse Aristotele in latino, scrisse molti trattati di logica, musica e arit­
metica, e usò liberamente citazioni da autori classici nel suo De Consola­
zione Philosophiae. Applicando categorie filosofiche a questioni di teologia
cristiana preparò la strada alla riammissione della speculazione intellettuale
nella piega teologica. Cassiodoro era un allievo di Boezio che estese il lavo­
ro di Capella sulle sette arti liberali e fondò una casa di contemplativi che
includeva una ricca biblioteca con molti testi antichi. Boezio e Cassiodoro
conferirono alla filosofia medioevale la raffinatezza intellettuale per cui la
rispettiamo oggi, e che in grande parte proveniva dal pensiero pagano.
Dopo la morte dell'imperatore Teodosio nel 395, il vecchio Impero
romano con le sue due capitali cristiane si divise un'altra volta. Questa
volta senza nessuna autorità a coordinare l'impero. Nel 38 1 Teodosio aveva
dichiarato il patriarcato orientale di Costantinopoli equivalente, in quanto
ad autorità, a quello occidentale di Roma, dopodiché i due domini cri­
stiani erano andati sempre più per strade distinte quando la forza politi­
ca dell'impero d'Occidente era andata a diminuire in seguito al Sacco di
Roma. Nonostante i fanatismi localizzati, come quello delle folle cristiane
in Egitto, l'impero bizantino recuperò il rispetto greco per le informa­
zioni intellettuali e visionarie e preservò molti documenti antichi oltre a
incorporare alcuni insegnamenti mistici nella sua forma di cristianità. Al
contrario, quando crebbe il neoplatonismo durante il II secolo, i cristiani
di Roma avevano abbandonato il greco, la loro lingua liturgica originale
e avevano iniziato a diffidarne ritenendolo troppo sofisticato e pericoloso
per le menti oneste. La religione cristiana a Roma era politicamente attive,
si considerava un contrappeso morale all'ignoranza dei nuovi governanti,
quelli che erano stati guerrieri nomadi e sapevano poco di civiltà urbana,
ma durante i primi anni si pose anche in conflitto contro il pensiero spe­
culativo, sia intellettuale sia mistico.
Diviso dai conflitti tra cattolici e ariani, l'impero d'Occidente divenne
sempre più debole, e l'ultimo imperatore fu deposto nel 476 in favore di
un re barbaro d'Italia. I goti e i vandali che controllavano l'Italia e la Spa­
gna, tuttavia, si consideravano custodi di una civiltà antica che loro, come
nuovi arrivati, non condividevano. Tale civiltà era ovviamente quella pa-
L'Impero romano 1 09

gana. La Chiesa cattolica in questi


paesi adottò molte forme esteriori
dei cerimoniali pagani. Ad esem­
pio, i goti avevano i capelli lunghi
e le tuniche corte, mentre i preti
cristiani conservarono i capelli
corti e la tunica lunga del genti­
luomo romano. La testa rasata era
stata la caratteristica di un sacerdo­
te di religione egiziana, tanto che
san Gerolamo (n. 348) affermò
che i preti cristiani non dovesse­
ro apparire con la testa rasata per
timore che venissero confusi con i
sacerdoti di lside e Serapide. 23 Ep­
pure nel 663, il sinodo di Whitby
incluse una discussione non sulla
possibilità dei preti di essere rasati,
ma sullo stile da adottare per farlo.
Il cristianesimo si era fortemente Scultura di antico rituale cristiano del IV secolo
opposto al culto delle dee. Eppure
nel luogo in cui sorgeva il tempio di Diana a Efeso, nacque una delle prime
chiese dedicate a Maria madre di Dio. Lì si era tenuto un sinodo nel 43 1
che l'aveva designata tale. 24 La processione che celebrava la beatificazione
di Maria usava incensieri e torce infuocate come si usava per Diana. I..:uso
di acqua santa e incenso, le processioni solenni (i vecchi lustri) , i riti re­
ligiosi di passaggio che marcavano i punti di svolta della vita umana, la
venerazione dei santi locali, e il grande banchetto dei morti, il "parentalià'
cristiano annuale il giorno di Ognissanti, possono essere considerati una
diretta imitazione della tradizione pagana.
Sant'Agostino propose la "cristianizzazione" degli oggetti pagani come
delle persone, convertendoli all'uso cristiano. È risaputo che nel 60 1 papa
Gregorio I consigliò ai suoi missionari in nord Europa di fare lo stesso
con i luoghi santi. Abbiamo già visto i risultati inaspettati di un primo
tentativo in questo senso (il tempio della Madre dei Cieli a Cartagine, di
cui sopra) . A Roma la Litania maggiore della Chiesa cattolica si tenne nel
giorno di San Marco (25 aprile) , lo stesso dei Robigalia romani. Prevedeva
I lO Storia dei pagani

una processione che seguì lo stesso percorso di quella pagana.25 Durante


i secoli successivi, le direttive della Chiesa si riempirono di ordini ai preti
di impedire, ad esempio, filastrocche cantate o danzate, specialmente da
ragazze, nelle loro chiese.26 I preti prendevano parte anche ai riti per le
Calende di maggio. 27 Gli ordini erano confusi e ad hoc perché cercavano
di combattere una situazione ormai inevitabile. I festeggiamenti romani
di metà inverno (i Saturnalia del 1 7 dicembre) , il solstizio invernale o
Brumalia il 25 dicembre e il nuovo anno durante le Calende di gennaio
persistettero nella loro forma pagana. In teoria erano feste pagane, non
cristiane. Il vescovo Martino di Braga si scagliò contro le celebrazioni per
il nuovo anno nel 575:

Non dovrete dar luogo alle malevole celebrazioni delle Calende e osser­
vare la festa dei gentiles, e nemmeno dovrete decorare le vostre case con
alloro e rami verdi. Tutto ciò è pagano.
(Acta concilia rum V,III,399, citato in Tille 1 899, p. 1 03, n.2)

Nel 7 42 il vescovo missionario di Northumbria, Bonifacio, mise in


guardia i suoi germani convertiti dalla celebrazione del solstizio. Ma loro
risposero che avevano visto la stessa celebrazione a Roma di fronte alla
basilica di San Pietro e che questa non era proibita. Effettivamente il sol­
stizio d'inverno o Brumalia, fino a quel momento festa di Mitra e del Sole
invitto, era stato associato alla nascita di Gesù nel 354 da Liberio, vescovo
di Roma. 28 Questa mossa era stata fatta per adattare la nuova dottrina
alla continua battaglia contro l'arianesimo: Gesù era stato divino fin dalla
nascita invece che aver ricevuto la divinità al momento del battesimo di
Giovanni, evento che era celebrato come Epifania il 6 gennaio (Epifania,
tra l'altro è l'antica parola per un dio o una dea che si mostrava ai suoi
adoratori in una visione) . La nuova festa della messa di Cristo durante il
solstizio d'inverno fu esportata a Costantinopoli nel 379 e nel 506 il Li­
bro della legge di Alarico la designò come giorno festivo pubblico. Come
abbiamo visto, al tempo di Costantino, la nuova fede nel cristianesimo era
considerata simile a quella del Sole invitto, il cui giorno di festa, insieme a
quello di Mitra, coincideva anch'esso col solstizio d'inverno. Non sappia­
mo perché il vescovo Liberio scelse il solstizio d'inverno come giorno per la
nascita di Cristo, ma possiamo dedurre che la scelta fu condizionata dalla
confluenza storica di Cristo, Mitra e Sole.
L1mpero romano III

La cosa certa è che una volta compiuta la scelta, le celebrazioni pagane


erano quasi obbligate ad affiliarsi alla nuova data. Il titolo di Saturnalia si
perse ma le sue celebrazioni, l'addobbare le case con piante sempre ver­
di, fare regali e banchetti, rimasero legate al Natale. Alcune caratteristi­
che dell'anno nuovo, come tenere il fuoco acceso nel camino e imbandire
una tavolata per la dea Fortuna (successivamente per gli spiriti locali o
per babbo natale) , si trasferirono nella nuova festa. Ma il capodanno, che
corrisponde ogni volta a un vero e proprio punto di svolta nella vita civica,
rimase anche come festa (eretica) a sé e non fu mai assimilata dalla Chie­
sa. In generale non è propriamente vero che la Chiesa adottò le festività
pagane e le fece proprie, ma essa prese in prestito i relativi festeggiamenti,
come i Saturnalia, e li trasferì nel suo anno liturgico, offrendo in cambio
la benedizione agli eventi locali che sarebbero stati festeggiati in ogni caso,
come il "lunedì dell'aratro", la festa di San Giorgio, la benedizione dei
confini del villaggio e la vigilia di maggio, come vedremo.
Alla fine l'impero d'Occidente collassò a causa della continua rivalità
tra cattolici e ariani. Nel 534 l'imperatore d'Oriente Giustiniano, riprese
l'Mrica ai vandali (prevalentemente ariani) e fu esaltato come liberatore
dalla chiesa cattolica del luogo, e tra il 535 e il 5 5 5 riscattò l'Italia dai
goti (ariani) , tutto nel nome della religione. La ricchezza e le infrastrutture
del paese furono quasi completamente distrutte nel processo29 e non ci fu
tempo di sistemarle prima della successiva ondata di invasioni barbariche
guidate dai Longobardi nel 568. Ogni parvenza di impero d'Occidente era
ormai scomparsa, eppure si perpetuava l'ideale, che sarebbe stato rivissuto
col nome di Sacro Romano Impero da Carlo Magno (74 1 -8 1 4) . I..: i mpero
orientale rimase politicamente e liturgicamente intatto (anche se gestito
dai franchi per nome di Roma fino al 1 26 1 ) finché non cadde per mano
dei turchi islamici nel 1 453. Dopodiché il primato autoattribuito del Sa­
cro Romano Impero dell'est, con il suo rito ortodosso, diverso da quello
dei cattolici, fu assunto dalla Russia.

I.;Islam

Tra il 580 e il 632 visse il profeta Maometto, lavorò come mercante e


insegnò, la sua nuova fede monoteistica, una rielaborazione di influenze
ebraiche, del Nuovo Testamento, dei Parsi e gnostiche, in vigore nei pa-
1 12 Storia dei pagani

esi del levante che si trovavano all'estremità dei suoi viaggi in carovana.
La nuova religione, Islam (obbedienza) , cancellò il vecchio paganesimo
dell'Arabia Saudita, con i suoi santuari aniconici, compreso quello di Caba
a La Mecca, che Maometto in seguito dichiarò essere il tempio di Abramo,
e il suo dio luna Sin che già aveva incorporato il culto delle tre dee: Al'lat,
Al-Uzzah e Manat, menzionate in seguito nei famosi versetti satanici del
Corano. La luna crescente e la stella, motivi dell'Islam, richiamano gli em­
blemi del dio luna, Sin, e del dio della stella della sera, Attar, e infatti
Maometto cambiò il calendario lunisolare degli arabi con uno totalmente
lunare che è ancora in uso oggi. La rielaborazione ispirata di un monotei­
smo basato su un dio lunare che già esisteva, portò a una religione vincente
e di successo, tanto quanto quella dell'antica Roma o del cristianesimo
cattolico o ortodosso. Fu proprio seguendo la conquista araba nel 637 che
i Parsi, seguaci del dualismo solare persiano, fuggirono in India e la Persia
divenne islamica. I governanti arabi, fanaticamente antipagani, erano in
tutto e per tutto tolleranti nei confronti degli altri monoteismi, giudaismo
e cristianesimo e molte parti d'Europa finirono sotto il loro controllo nei
secoli successivi.
Il regno cristiano di Spagna fu conquistato dagli arabi sotto l'Islam, con
le truppe berbere nel 7 1 1 , legando così la penisola occidentale con l'arte e
il sistema educativo orientale in una società multiculturale generalmente
tollerante, sotto il controllo islamico. Nell'870, la biblioteca di Al Hakem a
Cordoba vantava libri di tutto il mondo. C'erano 600 mila volumi classifi­
cati e catalogati.30 I pochi piccoli regni cristiani, rannicchiati contro i Pire­
nei, iniziarono la riconquista del sud nel 1 08 5 e finirono nel 1 266, mentre
il Portogallo fu fondato nel 1 1 47. Abbastanza stranamente, i cristiani non
furono gli unici a lottare contro gli arabi. La Sardegna, islamica a sua volta
dal 720 al 740, inviò missioni pagane in Spagna intorno all'anno 1 000.
Nel tardo VI secolo, papa Gregorio Magno aveva scoperto che la Sardegna
era una roccaforte del paganesimo, e che il suo popolo corrompeva il go­
vernatore per chiudere un occhio.31 Nell'XI secolo il paganesimo in Sarde­
gna era forte e molti di "coloro che lo professavano"32 andarono in Spagna,
dove tentarono di divulgare il loro credo, ma furono cacciati dai cattolici
oltre che, presumibilmente, dagli arabi. Creta fu islamica dall'823 al 96 1 ,
la Sicilia dall'832 all'878, la Corsica dall'852 al 1 077 e Malta dall'870 al
1 090. La Francia del sud fu invasa dalle forze arabe nel 720 ma dopo una
sconfitta decisiva da parte dei francesi del nord a Poitiers nel 732, gli in-
L'Impero romano 1 13

vasori non fecero altri


tentativi seri di stanzia­
mento e furono respin­
ti definitivamente oltre
i Pirenei.
Llslam si diffuse
a nord del suo luogo
d'origine verso l'Egit­
to, la Persia e la Siria,
dove fece sua l'eredità
Il profeta Maometto in un'illustrazione del Codice di Edimbur­ intellettuale del mondo
go, manoscritto turco del XVIII secolo classico che ritrasmise
ai regni romani a ovest.
La Spagna e la Francia divennero centri culturali sotto i loro comandanti
islamici e questa cultura fu disseminata a nord dopo l'invasione berbera
della Castiglia nel 1 1 9 5, che costrinse molti intellettuali cristiani ed Ebrei
a fuggire nei regni cristiani, portando con loro la logica, l'astronomia e altri
aspetti dell'insegnamento greco che erano stati arricchiti dagli arabi (nel
1 492 Ferdinando e Isabella espulsero quelle stesse classi intellettuali come
eretiche, reali o potenziali, e la Spagna divenne un avamposto dottrinario
del cattolicesimo militante) . Entro l'XI secolo, l'Islam si era diffuso molto
a nord nel vecchio mondo ellenistico ed era il vicino antagonista dell'Im­
pero romano d'Oriente, dove lo incontreremo ancora nell'ultimo capitolo.
Nel frattempo, l'Occidente celtico romano stava diventando germanico.
v.
Il mondo celtico

I greci chiamavano keltoi i popoli barbari dell'Europa centrale, che sce­


sero come gruppi invasori a partire dal V secolo a.C. e terrorizzarono le
salde città-stato del Mediterraneo. Durante il tardo V secolo queste tribù
si espansero verso ovest in Gallia, Bretagna e Irlanda, a sud-ovest nella pe­
nisola iberica, verso sud nell'Italia settentrionale e a est attraverso i Balcani
e in Asia Minore. Tra le tribù ora considerate celtiche troviamo gli elvezi
nell'area in cui ora si colloca la Svizzera, i bo i in quella che ora è l'Italia,
gli averni nell'attuale Francia e gli scordisci nella Serbia di oggi. Gli storici
del XIX secolo attribuirono grande rilevanza all'ipotesi di indipendenza
tra le radici "celtiche" e "germaniche" ma la ricerca moderna indica che
esse facevano parte di una comune tradizione nord-europea che si stava
già differenziando in gruppi linguistici distinti quando furono separati ge­
ograficamente dai romani. Con il termine "celti" indichiamo in generale i
popoli indigeni del nord-ovest Europa che, con l'eccezione degli irlandesi,
furono colonizzati da Roma e che furono sempre separati, per mezzo delle
frontiere dell'Impero romano, dalle tribù germaniche ad est del Reno e a
Nord del Danubio. 1
La civiltà celtica emerse intorno al 700 a.C. in Austria: la cosiddetta
cultura di Hallstatt. Questa città doveva la sua ricchezza al sale che veniva
scambiato con beni provenienti dalla Grecia e dall'Etruria. Intorno al 500
a.C. ebbe luogo uno sviluppo nel nord-est della Francia e lungo la parte
centrale del Reno, il primo periodo della cultura La Tène, dopo il quale i
celti divennero considerevolmente. Quando scesero nella penisola italiana,
si presero la vallata del Po dagli etruschi, fondarono Milano nel V secolo e
saccheggiarono Roma nel 390. Raggiunsero l'area più ampia di influenza
intorno al 260 ed erano visti, insieme a persiani e sciti, una delle tre grandi
116 Storia dei pagani

Elmetti della cultura Hallsratt

nazioni dell'Europa barbarica. Durante il VII secolo, i celti arrivarono in


Gallia dove, dal III secolo in poi, sotto l'influenza romana, iniziarono una
vita semi sedentaria nelle città e cominciarono a lavorare come mercanti, a
viaggiare attraverso l'Europa per comprare, vendere e spesso saccheggiare
i beni. Si erano insediati in Britannia nel VI secolo a.C., e durante il III
secolo in parte della Spagna, successivamente a intervalli e in quello stesso
lasso di tempo colonizzarono la costa dalmata, la Tracia (attuale Bulgaria)
e parte dell'Asia Minore, dove divennero conosciuti come galati. Strabone
riporta che i celti erano litigiosi, coraggiosi, veloci in battaglia, ma d'altra
parte non zotici. 2 Sotto il nome di Gaesatae, lavoravano spesso come mer­
cenari, ad esempio per Dionisio di Siracusa (Sicilia) all'inizio del V secolo,
per i macedoni, tra cui Alessandro Magno (336-323) e successivamente
per Annibale (247- 1 82) .
Durante il III secolo le nazioni mediterranee svilupparono una buona
resistenza nei loro confronti. Nel 225 un'invasione celtica in Italia fu bloc­
cata dagli abitanti sotto la guida romana e nel 20 l , dopo aver sconfitto
le invasioni cartaginesi di Annibale, Roma reclamò la vallata del Po dagli
occupanti celti, le cui tribù, tra cui i cenomani, gli insubri e i bai, furono
schiavizzate o sterminate. I romani conquistarono la Spagna e la Gallia
in circa duecento anni, iniziando con la seconda guerra punica, quando
Il mondo celtico 1 17

caddero le roccaforti di Cartagine in Spagna e nel sud della Francia, per


finire con l'ultima conquista del nord-ovest della Spagna durante il regno
di Augusto. All'inizio del III secolo i celti avevano attaccato la Macedonia
e la Grecia, si erano stabiliti a Delfi nel 279, col risultato che la divinità di
quel tempio, Apollo, fu considerata da quel momento in poi come simbo­
lo della civiltà contro la barbarie.
Ciononostante, i celti nomadi e le culture stanziate a sud interagirono.
Lo scambio culturale con le civiltà del Mediterraneo pare che inizialmente
fosse monodirezionale. Intorno al 650, attraverso l'incontro con greci ed
etruschi, i celti iniziarono ad assorbire elementi della cultura mediterranea.
Di conseguenza, lo stile artistico tipicamente celtico prese forma come
sviluppo dello stile mitteleuropeo di Hallstatt con elementi greci (etruschi)
modificati. Larte figurativa greca ed etrusca ebbe un impatto inferiore ri­
spetto ai dettagli più astratti che crearono lo stile unico dei celti. Nono­
stante il contatto con civiltà che usavano un alfabeto, non esisteva alcuna
lingua celtica scritta. Perciò i nomi delle divinità e i significati religiosi
degli artefatti ci sono pervenuti da un periodo successivo, dopo le conqui­
ste romane. I celti erano rinomati per la riverenza all' oralità: i bardi erano
membri rispettati della società e i druidi mantenevano la loro conoscenza
grazie a una memoria altamente sviluppata. Nel I secolo a.C. , quando la
conquista romana della vallata del Po si era placata, le vecchie terre celtiche
produssero molti letterati di grande rilievo tra i quali Catullo, Catone,
Varrone, Virgilio e altri. Molto dopo, in seguito alla caduta dell'impero
nel V secolo d.C., le province della Spagna e dell'attuale Francia del sud
diventarono analogamente tenaci roccaforti della cultura sociale, artistica e
letteraria di Roma sotto il controllo dei nuovi comandanti visigoti.
Per i greci e i romani, i celti erano barbari (persone dal linguaggio che
suonava come un balbettio) . Erano nomadi a cui mancavano le arti della
civiltà ed erano totalmente disprezzati dai loro vicini sedentari. Ma dal
punto di vista religioso, erano parte dello stesso ampio raggruppamento
pagano.
Veneravano la natura, erano politeisti e devoti alle divinità femmini­
li. Le loro divinità furono facilmente, se non accuratamente, romanizzate
(proprio come quelle romane erano state facilmente grecizzate) al contrario
delle divinità ebraiche e cristiane che non ebbero mai questa sorte. Venera­
vano divinità sia locali che non, di solito in santuari naturali, specialmente
altari vicino a sorgenti, fiumi, laghi e nei boschi. La dea delle sorgenti
1 18 Storia dei pagani

Simboli sacri celtici

Sirona era venerata a Pforzheim, Germania, ed è nota una continuità con


il culto dell'acqua praticato presso centinaia di pozzi sacri in Inghilterra e
Irlanda, come ad esempio le sorgenti calde a Buxton nel Derbyshire, co­
nosciute in tempi romani come Aquae Arnemetiae (le acque della dea del
boschetto sacro) . Alcuni fiumi avevano la loro divinità specifica e molti ri­
chiamano i loro nomi celtici: ad esempio Axona (Aisne) , Nechtan (Nektar,
Neckinger) , Sequana (Seine) , Sinend (Shannon) , Deva (Dee) e Belisama
(Mersey) . Esistevano importanti santuari di divinità dell'acqua alle sor­
genti dei fiumi, come quello alla sorgente della Senna. In queste sedi si
svilupparono luoghi sacri per la guarigione. Gli esempi britannici più rile­
vanti sono Sul, divinità delle fonti calde a Bath, identificata dai roman i con
Minerva, e Nodens, che forse era equivalente al dio irlandese Nuada Ar­
getlam, onorato nel santuario della foresta a Lydney, Glouchestershire. Nel
tardo IV secolo d.C. il sito si espanse e divenne meta di pellegrinaggio per
le guarigioni, attrezzato con ricchi templi, terme e dimore per i visitatori.

Le pratiche religiose

Come le civiltà del Mediterraneo, i celti pregavano nei boschetti sa­


cri o Nemet, ma contrariamente a esse non avevano templi elaborati per
Il mondo celtico 1 19

ospitare le immagini delle loro divinità. Nella sua Pharsalia, Lucano fa


riferimento ai druidi galli che vivono nei fitti boschetti e nei boschi iso­
lati e disabitati. Il commento dello scoliasta in questo passaggio è «essi
venerano gli dèi nei boschi senza utilizzare templi».3 Cassio Dione scrisse
che i bretoni avevano santuari in cui offrivano sacrifici ad Andraste, dea
della vittoria.4 Questi boschetti erano posti terrificanti, tenuti in grande
ammirazione e frequentati solo dai sacerdoti. Il toponimo nemet indica
il sito di un boschetto sacro. Potevano anche essere luoghi per incontri
amministrativi: Strabone riferisce che il luogo d'incontro più importante
per i galati, i celti in Asia Minore, era chiamato Drunemeton, o boschetto
di querce.5 In quanto luoghi di lealtà nativa, erano talvolta distrutti dai
conquistatori. Giulio Cesare abbatté un bosco sacro vicino a Marsiglia, in
cui vi erano tronchi intagliati ad immagine degli dèi, e Svetonio Paolina
distrusse i boschi druidici di Anglesey, durante il saccheggio dell'isola nel
6 1 .6 La pratica celtica della venerazione degli alberi continuò nel periodo
cristiano, quando anche preti come san Martino e san Patrizio trovarono
boschetti da profanare.
Il Temenos (recintato da un fossato, letteralmente "luogo distinto") era
il luogo principale di culto, il tempio al suo interno era di rilevanza se­
condaria, com'era stato nei primi periodi per la Grecia e per Roma. La
recinzione era solitamente quadrata o rettangolare; se irregolare, comun­
que aveva i lati rettilinei. A volte conteneva un albero sacro o una colonna,
magari incisi o decorati come moderni alberi della cuccagna. Una recinzio­
ne a fossato a Goloring (vicino Koblenz, Germania, VI secolo a.C.) aveva
una buca al centro. Esistono prove archeologiche che mostrano l'abitudine
di camminare in cerchio intorno all'altare, magari danzando, come nel­
la tradizione dell'albero della cuccagna. All'interno di un ampio fossato
presso un tumulo a Normée (Marna, Francia) del tardo La Tène II, c'è
una superficie di venti metri quadri, compressa con forza, come se delle
persone vi avessero camminato o danzato sopra in gran numero intorno
a un punto centrale.7 Nel periodo imperiale romano, ci fu continuità di
luoghi di culto in Inghilterra. A Frilford, vicino Abingdon, nell'Oxfordshi­
re, furono eretti due santuari romani dove prima sorgeva una struttura in
legno, mentre a Gosbecks Farm, vicino Colchester, nell'Essex, dove prima
c'era un santuario a fossato, si costruì un tempio romano in stile celtico. In
questa sede è stata trovata un'immagine di Mercurio in bronzo.
Anche i pozzi erano sacri e spesso associati alla guarigione. Ognuno di
1 20 Storia dei pagani

essi era associato a una particolare divinità, come ad esempio Coventina, a


Carrawburgh. A nord dell'Inghilterra, l'antico territorio dei bri ganti, e in
Irlanda, il culto dei pozzi continua in forma moderna, a volte come culto
popolare locale, ma più spesso in seguito all'adozione del rito da parte del
cristianesimo, sotto forma di "addobbo del pozzo" . Si costrui scono con
cura immagini fatte con petali di fiori la notte prima e poi le si porta al

Immagine della dea Sequana, divinità della Senna in Francia, proveniente da un san tuario
gallico-romano situato alla sorgente del fiume
Il mondo celtico 121

pozzo i n processione, a volte con carri e bambini che danzano, a volte più
sobriamente, con il vicario che benedice il pozzo come fonte di acqua per
la comunità. In origine, si associava al pozzo un santo locale, il successore
della divinità celtica originale, ma questa caratteristica si è persa spesso nel
periodo protestante.
Nonostante i celti fossero stati in contatto con il mondo mediterraneo
almeno dal VII secolo a.C. (attraverso i commerci) e fossero diventati
contadini stanziali dall'occupazione della vallata del Po nel V, Cesare, nel
53 d.C., è ancora nelle condizioni di dire che la maggior parte dei Galli
al di là delle Alpi praticavano sacrifici umani. I celti erano «schiavi della
superstizione», dice, e credevano che per risparmiare le proprie vite in
battaglia dovessero sacrificarne altrettante. 8 I druidi presiedevano a questi
sacrifici pubblici regolari, che in alcune tribù si effettuavano bruciando
le vittime in enormi effigi lavorate in vimini. Già nel periodo imperiale,
circa cinquant'anni dopo, i viaggiatori non parlano più di sacrifici umani,
quindi si può dire che Cesare stava registrando le ultime prove di una
prima cultura celtica. Strabone, all'inizio della nostra era, scrive quanto
segue:

Avevano l'usanza di ungere con olio di cedro le teste dei nemici, che
tenevano in grande considerazione, e di esibirle agli stranieri, e non si
sarebbero sognati di scambiarle neanche con una quantità pari di oro.
Ma i romani posero termine a questi costumi, insieme a quelli connessi
ai sacrifici e alle divinazioni contrari ai nostri usi. Avevano l'abitudine di
colpire sulla schiena un essere umano, precedentemente destinato alla
morte, con una sciabola e di trarre presagi dai suoi spasmi. Ma non com­
pivano sacrifici senza la presenza dei druidi. Ci è stato riferito anche di
altri tipi di sacrifici umani; ad esempio colpivano a morte le vittime con
le frecce, o le impalavano nei templi, oppure, dopo aver costruito un
enorme cumulo di legna e paglia vi gettavano dentro bestiame, animali
selvatici di tutti i tipi ed esseri umani e facevano un'offerta bruciando il
tutto.9

Analogamente Omero aveva descritto il sacrificio del comandante greco


Agamennone, che offrì sua figlia nella guerra troiana del 1 1 80 a.C., come
il sacrificio dei prigionieri di guerra troiani di fronte alla pira di Patroclo,
ma non ci sono prove che i contemporanei greci di Omero, trecento anni
dopo, praticassero o approvassero i sacrifici umani. Al contrario, popola-
1 22 Storia dei pagani

zioni che si dicevano civilizzate li recepivano come aberrazioni e, come


abbiamo visto, i romani approvarono una legge che li proibiva.
Non si hanno notizie di donne come sacerdotesse o veggenti dei primi
resoconti celtici. I druidi e i collegi maschili a essi associati, i vati e i bardi,
pare che avessero monopolizzato il settore. Secondo Plinio (IV.4) i Bardi
erano cantanti e poeti, i Vati erano veggenti e scienziati e i druidi erano sia
scienziati che filosofi morali, i giudici e gli arbitri di dispute pubbliche e
private. Plinio narra che i druidi e "altri", presumibilmente i vati, insegna­
vano l'immortalità dell'anima; Cesare aveva accennato che l'anima sarebbe
passata, dopo la morte, in un altro corpo. Nel mondo mediterraneo tali
credenze esistevano solo tra i pitagorici, quindi a volte i druidi venivano
classificati come tali. Plinio fa eco alle prime notizie date da Cesare (forse
semplicemente li ripete) sostenendo che i druidi avessero anche il compi­
to di decidere questioni di dominio pubblico, come l'entrata in guerra.
Abbiamo già osservato che il luogo principale d'incontro politico dei celti
in Asia Minore era un boschetto sacro di querce. Al tempo di Cesare il
centro principale del dru­
idismo si trovava nell'area
dei Carnutes, dalla quale
Chartres prende il nome.
Lì i druidi si incontrava­
no annualmente presso un
santuario che si crede fosse
nel luogo della cattedrale
di Chartres. Era l' onfalo di
Gallia, il centro sacro, se
non geografico, del paese.
Sembra, inoltre, che
l'ordine sacerdotale celti­
co avesse molto più potere
politico rispetto a quello
della Grecia o di Roma,
dove i magisteri erano un
incarico secolare, gli augu­
ri avevano solo il potere di
dare consigli, non di diri­
Due druidi gere, e gli ufficiali secolari,
Il mondo celtico 1 23

per quanti obblighi religiosi potessero avere in virtù del loro ufficio, erano
scelti per la loro razionalità, per il buon senso e forse per un caso fortuito,
piuttosto che per una linea diretta con gli dèi.
Dopo la conquista romana della Spagna, della Gallia e della Britannia,
sono pochi i resoconti degli ordini sacerdotali druidi, forse perché la strut­
tura politico-decisionale era cambiata. Sia Claudio che Tiberio tentarono
di annientare la "religione dei druidi", 10 e gli altari per la "superstizione
selvaggià' dei sacrifici umani furono distrutti, 1 1 ma non siamo venuti a co­
noscenza di dettagli su una persecuzione generale. Narrazioni occasionali
di druidi e druidesse emergono verso la fine dell'impero e in Irlanda, che
non fu mai romanizzata, i racconti tradizionali menzionano di druidi e fili,
poeti o veggenti i cui pronunciamenti erano molto stimati e spesso temuti
dalle comunità. In altri periodi storici i fili irlandesi e i druidi viaggiava­
no ed erano conosciuti come "predicatori vaganti" come i sadhus erranti
dell'India, che passano i propri insegnamenti a chiunque lo desideri.
Tacito, verso la fine del I secolo d.C., riportò anche che i celti non fa­
cevano distinzione tra governanti uomini e donne. In Britannia, la famosa
rivolta guidata da Boudicca (60 d.C.) sembra che avesse ispirato una leal­
tà senza limiti in tutta la provincia. La regina Cartimandua, comandante
dei vicini briganti nel nord-est, chiaramente godeva dell'autorità assoluta
sulla sua tribù. Consegnò Caratacus, il capo di una ribellione precedente,
ai romani nell'anno 47, e nel 53 sentiamo ancora parlare di lei per aver
divorziato da suo marito in favore di un cocchiere più giovane e virile.
Ma gli autori antichi ci dicono poco delle sacerdotesse. Strabone12 ripete
un racconto di Poseidonio a proposito di un'isola vicino alle coste delle
Gallia, sulla quale le donne dei sanniti vivevano senza uomini, devote al
culto estatico di Dioniso, al quale offrivano iniziazioni mistiche e altri riti.
Si sarebbe trattato di un collegio femminile simile ai vati, i veggenti celtici.
C'è anche un resoconto di Artemidoro, che dice che su un'isola vicino alla
Britannia le donne offrivano sacrifici come quelle in Samotracia, devo­
te al culto (tutto femminile) di Demetra e Kore. Sfortunatamente queste
dichiarazioni non furono mai confermate da viaggiatori successivi e sono
spesso scartate come apocrife. Tacito tuttavia parla di donne vestite di nero
che correvano tra i battaglioni di guerrieri britannici, agitando spade di
fuoco, prima della battaglia di Anglesey, ma non è chiaro se si trattasse di
druidesse o di laiche. Sono informazioni stuzzicanti ma non c'è molto di
più. Nel periodo medioevale e moderno i paesi celtici si sono vantati di
1 24 Storia dei pagani

molte guardiane di pozzi, spesso veggenti, che presumibilmente discen­


dono in linea diretta dagli antichi santuari profetici e guaritori evidenziati
dall'archeologia e dagli autori antichi. Ma nel periodo di mezzo la linea di
discendenza è oscura.

Le divinità celtiche

Pare che i celti fossero devoti alle prodezze e alle conquiste individuali
piuttosto che agli obbiettivi collettivi come il nazionalismo. Le lotte tribali,
peraltro frequenti, erano più un'occasione per l'eroismo individuale piut­
tosto che per il prestigio nazionale (com'era tra germanici e romani) o per il
bottino. Gli dèi celtici identificati in seguito con Marte appaiono in inscri­
zioni rivolte a ibridi come Marte Rigisamo (West Coker, Somerset) , Marte
Corotiaco (Martlesham, Suffolk) e Marte Loucetius (Bath) . Nel nord della
Britannia si invocavano gli dèi Belatucadrus e Cocidius e occasionalmente
si dipingevano con l'elmetto, una lancia e uno scudo. In particolare vi
erano molte dee della battaglia, ad esempio Nemet. I miti irlandesi, scritti
da monaci nel IX secolo, nominano una tripla dea chiamata Macha, una
chiamata Morrigan e una Badb, ma, sia da questi racconti tardi sia da an­
tichi manufatti, si può dedurre che quasi ogni dea avesse almeno un ruolo
sussidiario come divinità della battaglia. 13 Gli scrittori antichi riportano
che le donne celtiche erano alte, fiere, forti e terribili in battaglia come gli
uomini e le monete celtiche ritraggono spesso una donna nuda in groppa
a un cavallo che brandisce trionfalmente una lancia o una spada. Essendo
nuda, forse si trattava della personificazione della vittoria piuttosto che
di una reale guerriera. La dea gallica Epona, il cui nome significa "cavallo
divino", fu adottata da molti soldati della cavalleria romana e il suo culto
si diffuse in tutto l'impero.
I santuari celtici romani, come i miti celtici successivi, mostrano triadi
di divinità come Proximae (congiunte) , Dervonnae (folletti delle querce) e
Niskai (dee dell'acqua) . Sono spesso conosciute come le tre madri e sono
particolarmente numerose nella pianura del Reno. Alcune di esse danno
nutrimento, con cesti di frutta e fiori; altre sono più enigmatiche come
nelle triadi di dee con due dischi e una catena, provvisoriamente identifica­
te da uno scrittore14 con le dee di terra, luna e sole. Queste triple dee sono
di solito nominate come guardiane dei luoghi: le madri delle Britannia e
Il mondo celtico 1 25

La dea dei cavalli Epona, IV secolo d.C.

le madri di Nimes, le madri della patria e le madri dei celti . 1 5 In Galles,


le fate, che erano considerate la fonte della conoscenza esoterica, special­
mente nel predire il futuro, sono ancora conosciute come "le madri" (Y
Mamau) . Ma non sono necessariamente chiamate "madri" per la capacità
di avere figli. Madre e padre nel mondo antico erano spesso titoli onorifici,
che si riferivano a una persona matura e con autorità del relativo sesso,
come nei titoli ecclesiastici di oggi. I miti irlandesi tuttavia parlano di un
dio padre, il Daghda, che ha un calderone di abbondanza e di rinnovo
della vita e (nel Glossario di Cormac del X secolo) di una madre degli dèi,
Dana, il cui nome appare anche nei racconti irlandesi come madre della
sua tribù umana: il popolo di Dana, o Tuatha de Danaan. Un'inscrizione
della metà del III secolo, a Lanchester, invoca il numen dell'imperatore e
la dea Garmangabis, insieme all'incisione di un coltello, di una brocca, di
una patera o piatto rituale e di un disco. Si trattava probabilmente di una
dea della prosperità e dell'abbondanza.
C'erano molti dèi e dee locali, gli "spiriti del luogo" che abbiamo già
visto nei culti locali intorno al Mediterraneo. Erodiano, all'inizio del III se­
colo, narra che Belenus, il dio di Noricum, era intensamente venerato ad
Aquileia, dov'era considerato come Apollo. 16 Penninus o Poeninus, dio delle
catene montuose, era riverito presso il passo oggi conosciuto come Piccolo
S. Bernardo. In occasione della costruzione di una strada in epoca moderna
fu rinvenuto un santuario contenente numerose offerte di monete celtiche
1 26 Storia dei pagani

e romane. Nel periodo romano, Poeninus fu assimilato a Giove Dolicheno.


Sempre nelle Alpi, Brigantia, successivamente cristianizzata come santa Bri­
gida, era la guardiana dei passi di montagna. Entrambi i nomi appaiono in
Inghilterra dove sembra sia esistito un culto simile tra i briganti che vivevano
sui Pennini e a est di essi. È possibile che questa tribù una volta controllasse
i passi che attraversano quelle colline inospitali. Esus, il dio totemico dell'Es­
suvii, era venerato in quella regione della Gallia e molte città tra cui Lione,
in Gallia, Leiden in Frisia e Carlisle in Britannia prendevano il nome dal dio
Lugh, come Mainz (Maguntiacum) da Mogounus. Lugh è una delle poche
divinità celtiche veramente internazionali, ma si pensa che in alcuni paesi sia
stato importato successivamente. Cesare parla di Dis, il signore dell'aldilà,
come dio ancestrale dei Galli. Per questa ragione, dice Cesare, i Galli conta­
no ogni giorno a partire dalla notte precedente. 17
Sul era la dea delle sorgenti calde a Bath. Il nome significa "sole" : il sole
del sottosuolo che riscalda le acque. Nelle terre celtiche si pensava che il
sole affondasse nell'acqua tutte le sere, secondo i fratelli Grimm, e "Sun
springs", sorgenti di sole, sono nomi comuni, come ad esempio Sonne­
brunno vicino a Oiisseldorf. In certi casi si credeva che queste sorgenti
curassero le malattie degli occhi, portandovi la luce del sole. Un complesso
di associazioni simile può essere visto nel caso del dio solare Apollo: la cura,
la profezia (chiaroveggenza) , una fonte (a Delfi) e il sole. Apollo presiedeva
molte fonti curative nella penisola iberica e in Gallia, ma le divinità del
sole celtiche, erano spesso, tuttavia (forse in origine) femminili. In Un­
gheria, Roma, Gallia, Germania e Britannia troviamo le Matres Suleviae
legate alla guarigione e al sole, 1 8 e in tutta la Francia e la Germania, e in
un solo caso in Gran Bretagna, si trovano fonti di guarigione con accanto
delle immaginette femminili decorate da dischi solari . 1 9 Il termine gaelico
per sole è grian, un nome femminile, in irlandese contemporaneo grian na
maighdean, che significa la più bella tra le fanciulle, e corrisponde letteral­
mente a "il sole tra le fanciulle" . J . F. Campbell, folclorista del XIX secolo,
riferisce che "Dia graine" era l'antico nome scozzese delle dee del sole.20 I
siti megalitici conosciuti come Newgrange (in Irlanda) , Granja de Toni­
nudo (in Spagna) e Bois-de-la-neuve-Grange (in Francia) probabilmente
portano nel nome questo elemento. Quando il sole illumina il cuore della
tomba durante il solstizio d'inverno a Newgrange, ci vengono in mente
i racconti baltici (e giapponesi) di dee che si nascondono in una grotta a
metà inverno, un tema che riecheggia in seguito nella leggenda di Grainne
Il mondo celtico 1 27

(che significa "odioso" ma potrebbe derivare da grian) e del suo


amante Diarmat.
La leggenda racconta dei due amanti che fuggono dal ma­
rito di Grainne e viaggiano attraverso l'Irlanda in un anno e un
giorno (una rotazione di albe e tramonti attraverso l' oriz­
zonte) dormendo in una grotta diversa
ogni notte. Allo stesso modo il dio del sole
persiano Mitra era associato a una caverna.
Il dio Apollo porta il titolo solare celtico al
santuario di Apollo Granno vicino all'attuale
Grand in Francia e a quello di Granno Febo a
Treviri. Secondo Diane Cassio l'imperatore Ca­
racalla fece una visita all'altare di Granno nel 2 1 5
d.C. senza trame beneficio.
Nell'iconografia celtico-romana, sotto l' interpretatio ro­
mana, anche il dio celeste Giove appare con il disco a rag­
giera del sole o del cielo dell'arte paleolitica nord europea.
Gli dèi identificati con Giove sotto l'interpretatio romana
includevano Ambisagrus (il persistente) e Taranucus (il
produttore di tuoni) , Taranis e Uxellimus (il più in alto) .
Molte inscrizioni e nomi di luoghi sono dedicati al culto di
Minerva e Mercurio, divinità della civiltà e del commercio.
Minerva era commemorata più spesso come Sulis Minerva
a Bath. Gli dèi identificati con Mercurio annoverano il
dio del popolo, Teutates, Atesmiius, Caletos e Moccos.
Quelli identificati con Marte includono Albiorix (re del
mondo) , Caturix (re della battaglia) , Dunatis (dio delle
fortezze) , Leucetius (dio dei fulmini) , Vintius (dio del
vento) e Vitucadrus (brillante in energia) . Gli oggetti
sacri sopravvissuti portano l'immagine delle divinità
più importanti del pantheon. Il calderone di Gun­
destrup, che porta elementi celtici e traci, risulta­
to, si pensa, della cooperazione tra argentieri
tribaliani e scordisci, porta le immagini del Statua di bronzo del dio Apollo
signore degli animali (Dioniso) , del dio della
guerra (Perun-Ares) , della Grande Madre (Kybele) e del dio con corna di
cervo (Cernunnos) .21 Un altare trovato a Notre Dame a Parigi reca l'im-
1 28 Storia dei pagani

magine del dio Esus provvisto di ascia, un toro e tre gru con l'inscrizione
Tarvos Trigaranus.
Divinità e totem animali continuarono per tutto il periodo celtico ro­
mano: i cavalli di Epona e Giove; il cane di Nehalennia; Arduina, la si­
gnora degli orsi selvatici delle Ardenne; Artio, la dea degli orsi di Berna e
Berlino; i serpenti con la testa d'ariete che non possono essere nominati; e,
ovviamente, il dio gallese con le corna di cervo citato in un'iscrizione col
nome [C] ernunnos, il "cornuto" , che costituisce un parallelo con le divini­
tà con le corna di toro in Britannia. Apparentemente c'era la credenza che
i membri di certi clan discendessero magicamente dalle bestie totemiche. 22
Si riflettono nei nomi delle divinità legate agli animali come Tarvos (il
toro) , Mullo (asino) , Moccos (dio del maiale) e Epona, Artio e Damona,
rispettivamente dee dei cavalli, degli orsi e dei bovini. I nomi celtici come
Brannogenos (figlio del corvo) e Artogeno (figlio dell'orso) fanno da paral­
lelo ai culti guerrieri totemici della Scandinavia (i Berserker ecc.) . Secondo
Cesare, i bretoni allevavano lepri, galline e capre ma non le uccidevano.
Provavano verso di loro un assoluto rispetto. Prima dell'ultima battaglia
contro le truppe romane, si dice che Boudicca abbia liberato una lepre che
teneva sotto il mantello, probabilmente per propiziare le divinità o magari
per consultare i presagi. Successivamente si unì a queste bestie rispettate
anche il gatto. Gli Elvezi che migrarono dall'area dell'attuale Bavaria ver­
so sud in Svizzera, pare si siano messi sotto la protezione di una dea orso
Artio. È stata trovata un'immagine di questa dea a Muri, vicino, Berna,
in Svizzera. Nel XIII secolo la rivelazione di un orso a un cavaliere portò
alla fondazione della città che ancora oggi conserva l'orso come emblema
totemico.

I..: anno sacro dei celti

In Gallia e in Irlanda l'anno era diviso fondamentalmente in due metà:


l'inverno e l'estate. La metà invernale era all'inizio dell'anno, che comincia­
va con il Samhain ( l Novembre) . Si trattava della festività più importante
dell'anno, il che mostra l'origine pastorale, più che agricola, del calendario.
Il Samhain era la fine del periodo del pascolo, quando si riunivano i greggi
e si risparmiavano dall'uccisione solo le bestie da riproduzione. Era un
momento di convivialità della tribù intorno al centro rituale per la celebra-
Il mondo celtico 1 29

La festa di Bel tane ai giorni nostri

zione della morte e della rinascita, dedicata all'unione del dio tribale (in
Irlanda il Daghda) con la dea della sovranità, la Morrigan, o più specifica­
mente, Boann, divinità del fiume Boyne.
Il secondo grande festeggiamento dell'anno era il Bel tane o Céts­
hamhain (primo maggio) . Era l'inizio della metà estiva dell'anno, anch'essa
una festa pastorale. Come per il Samhain, l'accensione dei falò era un rito
importante. Si conduceva il bestiame attraverso il fumo per proteggerlo
nella stagione entrante. Il Beltane può essere connesso con la divinità au­
striaca Belenos che era particolarmente associata con la pastorizia, 23 oppure
potrebbe aver preso il nome dalla luminosità (bel) dei fuochi che facevano
parte della celebrazione. Il Beltane è l'unica festività registrata nei racconti
gallesi del IX secolo, un periodo in cui l'altro mondo comunica con il
mondo degli umani, sia attraverso dei prodigi come la lotta del dragone
nel racconto di Lludd e Llevelys, o con delle apparizioni come la visione
della dea Rhiannon da parte dell'eroe Pwyll. La chiesa romanica a Belsen,
su un'antica collina sacra celtica vicino a Tubinga in Germania, mostra
immagini contemporanee di Béél con teste di mucche e di pecore.
In Irlanda l'anno era ulteriormente suddiviso da altre due festività (i
1 30 Storia dei pagani

solstizi e gli equinozi non trovano corri­


spondenza in alcuna festa celtica) . Nel­
la storia del corteggiamento di Emer da
parte dell'eroe irlandese Cù Chulainn,
la giovane domanda al suo spasimante
di non dormire dal «Samhain, quando
l'estate inizia a riposarsi, fino all'Im­
bolc, quando si mungono le pecore
all'inizio della primavera; dall'Imbolc
fino al Bel tane all'inizio dell'estate e
dal Beltane al Bron Trogain, in cui la
terra rimpiange l'autunno».24 Come il
Samhain e il Beltane, l'Imbolc ( l feb­
braio) era una festa pastorale, che cele­
brava la nascita degli agnelli e il primo
allattamento delle pecore. Era sacra alla
dea della guarigione, della poesia e del­
La lancia magica di Lugh in la manifattura del ferro, Brigit, che fu
un'illustrazione di H . R. Millar, 1 905 assimilata dalla Chiesa come santa Bri-
gida, e festeggiata sempre nello stesso
giorno. È possibile che inizialmente Imbolc fosse una festa specifica di un
singolo gruppo culturale o occupazionale che poi è stata assorbita e rico­
nosciuta a livello generale.
Lughnasadh ( l agosto, anche Bron Trograin) sembra che sia stata im­
portata in Irlanda in un secondo momento, magari dai devoti continentali
di Lugh, che è uno degli ultimi arrivati nel pantheon irlandese, l'Ild:inach,
signore di tutte le abilità, dal carattere più moderno di tutti gli altri dèi e
dee. Differisce dalle altre tre feste per il carattere agricolo, riferendosi alla
raccolta con la produzione del primo filone di pane fatto col grano nuo­
vo. La divinità onorata in questa occasione era Lugh, che si diceva avesse
istituito i giochi in onore della sua levatrice, Tailtiu. Tailtiu (Teltown) è
infatti il nome del luogo della festa a Tara. È un antico luogo di sepoltura
e si ritiene che il nome significhi "bello" o "amabile", 2 5 quindi se fosse mai
stato associato a una divinità protettrice con quel nome, come Demetra in
Grecia, essa avrebbe governato l'aldilà e i frutti che ne provenivano.
Il calendario celtico più complesso proviene dalla Gallia romana, inciso
su una tavoletta di bronzo, originario di Coligny, Ain, Francia. Datato al
Il mondo celtico 131

I secolo a.C., è frammentario m a n e è rimasto abbastanza da indicare che


era diviso in sedici colonne che mostravano sessantadue mesi lunari conse­
cutivi, ciascuno diviso in una metà oscura e in una luminosa, con il punto
di passaggio indicato da ATENOVX. Ci sono anche due mesi bisestili, che
servivano a riallineare il calendario lunare a quello solare. I mesi hanno
tutti un nome; quelli fausti sono segnalati con MAT e quelli nefasti con
ANM. I giorni sono numerati da I a XV nella parte luminosa del mese e da
I a XIV (o XV) nella parte oscura. Alcuni giorni significativi sono indicati
da abbreviazioni ma le festività non vengono accennate.26

I celti si romanizzano

I fenici avevano posizionato un centro di commerci a Gades (l'attuale


Cadice in Spagna) e uno a Massilia (oggi Marsiglia, Francia) prima dell'Vlll
secolo a.C., ma sostanzialmente l'hinterland del Mediterraneo occidentale
restava immune dalle antiche civiltà orientali e i celti scesero verso la costa
nel VII secolo. Liberia (Spagna e Portogallo di oggi) , ha avuto abitanti
molto variegati; Imilcone il Cartaginese, nel V secolo a.C., afferma di aver
visto degli etiopi che vivevano lìY Strabone, all'inizio della nostra era, dice
che «non vi erano altari indigeni nel sud del paese ma solo pietre sistemate
in gruppi di tre o quattro» che secondo un'abitudine popolare «venivano
girate da coloro che visitavano il luogo poi, dopo l'offerta di una libagione,
venivano rimesse nella stessa posizione e rigirate».28 È come se gli abitanti
stessero usando i siti megalitici per il culto contemporaneo, una pratica
che continuò nella storia e fu proibita dall'editto di Nantes nel VII secolo.
Strabone aggiunge che gli abitanti del luogo impedivano alle persone di
offrire sacrifici o anche di andare sul posto durante la notte, perché in quel
momento era occupato dagli dèi. Gli occidentali moderni in una situazio­
ne simile direbbero che il luogo era infestato, o che c'era il Piccolo Popolo.
Per gli antichi tuttavia, i sacrifici olimpici completi (thuein) erano esclusi,
eppure lì gli spiriti erano visti come theoi, divini e meritevoli di libagione.
Questo ci offre una visione interessante della natura del pensiero pagano
antico e anche delle nostre convinzioni, sia che accettiamo le moderne
pratiche folcloristiche come "sopravvivenze" o che, invece, le scartiamo
come "superstizioni" .
Nell'Iberia centro-nord vivevano i celtiberi che pare fossero i più sel-
1 32 Storia dei pagani

vaggi di tutti gli abitanti, ma che nel periodo di Strabone parlavano lati­
no, indossavano la toga ed erano completamente romanizzati.29 Tuttavia
mantenevano almeno un'abitudine non romana, quella di offrire sacrifici
di fronte alle porte delle loro case a una divinità senza nome nella notte
di luna piena ogni mese, per poi danzare fino alla mattina. Strabone sfor­
tunatamente non era mai stato in Iberia e stava solo riportando i racconti
di altri viaggiatori ma almeno il suo è uno fra i primi resoconti e la sua
storia, se vera, forma un parallelo significativo con le moderne celebrazioni
pagane della luna piena. Egli offre anche dettagli di sacrifici e divinazioni
simili ai riti spiacevoli descritti da Cesare cinquant'anni prima e ripetuti
successivamente da Tacito.
I cartaginesi avevano occupato la penisola iberica a partire dal 240 a.C.,
seguiti dai romani che iniziarono circa venti anni dopo. Lespansione ro­
mana a nord-ovest della provincia richiese altri duecento anni ma a quel
punto la cultura celtica era quasi invisibile: gli iberici stavano diventando
romani. La penisola iberica successivamente produsse non solo gli scrittori
Seneca e Lucano ma anche gli imperatori Traiano e Adriano. Certamente
pare che il paganesimo romano sopravvisse in quei luoghi fino al VII seco­
lo d.C. poiché il vescovo di Braga, san Martino, che fu nominato nel 560
per convertire gli abitanti ariani del nord-ovest, i galiziani, al cattolicesimo,
descrive le vecchie pratiche come ancora esistenti.

Osservano i vulcanalia e le Calende, decorano le tavole, indossano l'allo­


ro interpretano i presagi dalle impronte dei piedi, mettono frutta e vino
sul ceppo nel camino e pane nel pozw, cos'è tutto ciò se non culto del
diavolo? Le donne che invocano Minerva mentre girano su se stesse e
onorano il giorno di Venere ai matrimoni e la invocano ogni volta che
percorrono strade pubbliche, cos'è questo se non il culto del diavolo?30

La Gallia del sud fu invasa da Roma all'inizio del II secolo a.C., dopo
la sconfitta di Annibale e definitivamente annessa cento anni dopo. Era la
prima "provincià' fuori dall'Italia e la parte orientale di essa porta ancora
quel nome: Provence. Durante il secolo dell'occupazione romana, i celti
costruirono e svilupparono città commerciali in tutto il territorio che ora
comprende la Francia. La conquista della "Gallia dai lunghi capelli" (Gal­
lia cornata) l'area a nord della Gallia togata, l'attuale Provenza e Langue­
doc, fu portata a termine da Cesare nel 57-55 a.C. La sua descrizione nel
Il mondo celtico 1 33

De bello gallico ci ha offerto i nostri unici resoconti di prima mano della


vita tribale celtica. Dopo Cesare ci furono rivolte regolari nella Gallia del
nord finché Augusto annesse la provincia e la salvò da un'invasione germa­
nica. Dopo ciò i druidi sparirono dalla vista e durante il 50 d.C. , Tiberio e
Claudio tentarono di sopprimerne i reduci; ma non ci furono altri tipi di
interferenza con il culto delle divinità celtiche. I Galli, come menzionato
da molti scrittori antichi, si abituarono presto all'agio romano e furono
piuttosto disprezzati per questo dai loro conquistatori. Ciononostante,
cinque secoli dopo sarebbero diventati i guardiani dell'organizzazione e
della cultura romana che loro, come i popoli imparentati e i vicini iberici,
riuscirono a imporre sui loro conquistatori al momento delle invasioni dei
goti, degli alemanni e dei franchi nel V secolo d.C. Il sistema legislativo
romano come codificato da Teodosio e Giustiniano sopravvisse a formare
le basi del diritto dell'Unione Europea di oggi.
La Britannia conquistata da Claudio nel 43 a.C. e inizialmente sfruttata
per le tasse, gli schiavi e le truppe ausiliarie, tentò di espellere i romani nella
ribellione di Boudicca del 60 d.C. La ribellione era sul punto di avere suc­
cesso, ma alla fine fu estinta e il vincitore, Svetonio Paolina, discretamente
rimosso a un altro comando, insieme a una serie di nuovi governatori e ai

Cesare in Britannia
1 34 Storia dei pagani

loro direttori finanziari, impostò un processo sistematico di romanizza­


zione. Come osserva Tacito con un certo sarcasmo, «Tra i conquistati la
si chiama cultura quando in realtà è parte della loro schiavitù».31 La Bri­
tannia, contrariamente alla Gallia e all'Iberia, è conosciuta per due grandi
regine: Boudicca e Cartimandua. Ancora una volta, nelle parole di Tacito:
«Non fanno distinzioni di sesso tra i loro governanti».32 Boudicca, la vedo­
va di re Praesutagus degli iceni, dedicava il bottino delle sue battaglie alla
dea Andraste,33 e come già detto rilasciò cerimoniosamente una lepre nel
campo di battaglia prima dell'ultima battaglia contro i romani sotto Paoli­
no. Il ruolo decisivo di Cartimandua è già stato descritto.
La fase celtico-romana sia in Gallia che in Britannia fu caratterizzata da
tre aspetti principali: in primo luogo, c'era un'assenza relativa dei druidi, e
la totale mancanza di sacrifici sanguinosi e divinazioni. Forse diventarono
sacerdoti dei templi della nuova religione che si era espansa, ma, se è così, è
strano che non ne abbiamo documentazione e che non se ne abbia notizia
neanche come auguri ufficiali, magari in un collegio a sé come gli aruspici
etruschi. In Gallia ci fu una ribellione nel 69-70 in cui sono menzionati i
druidi,34 dopodiché sia i druidi che le druide appaiono solo sporadicamen­
te come veggenti occasionali. Si dice che fosse una druida la locandiera che
profetizzò al soldato Diocle che un giorno sarebbe diventato imperatore
- cosa che effettivamente diventò, col nome di Diocleziano.35 In secondo
luogo, si registra l'apparizione di monumenti e immagini native che erano
state più o meno assenti nella fase preromana. Esistono alcune prove che
i celti preromani possedevano immagini fatte di legno e che solo dopo
l'arrivo dei romani cominciarono a scolpire la pietra. I templi quadrati
dei celti sono già stati descritti, come alcune divinità native. Immagini di
triple dee sono tipicamente celtiche come gli dèi che reggono ruote o che
sono adornati da esse. Altri dèi dalle stesse caratteristiche sono identificati
con Giove. Il Giove romano governava il cielo, i tuoni e i fulmini ma i
celti, specialmente i galli, avevano un Dio specifico del tuono: Taranis. È
spesso ritratto con in mano un martello, come Thor nella successiva arte
germanica. Sucellus, "il buon percussore", è specificamente un dio martel­
lo e a volte è rappresentato con una parrucca di piccoli martelli che escono
direttamente fuori dalla testa in quello che potrebbe ricordare un motivo
solare. Le divinità celtiche ci rimangono spesso oscure poiché i romani non
fecero commenti dettagliati a questo proposito alle proprie ma preferirono
assimilarle alle proprie.
Il mondo celtico 135

La terza caratteristica della religione celtico romana è quella dell'assi­


milazione. Nelle dediche sono rappresentate e anche menzionate, molte
divinità duali. Queste variano da ibridi mal assortiti come Sulis Minerva e
Marte Loucetius, fino a vere e proprie iniziative innovative nella religione
sincretica come le colonne di Giove che si trovano in tutte le province
nord dell'impero, specialmente a est. Massimo di Tyre affermava che la
rappresentazione di Zeus per i celti era una quercia alta36 e le colonne cel­
tiche a Hausen-an-der-Zaber sono spesso decorate con immagini di alberi,
ad esempio con foglie di quercia e ghiande. Spesso la figura in cima alla
colonna è un dio a cavallo che schiaccia un mostro con spire di serpente.
Al dio celeste celtico qui viene dato il nome del suo equivalente romano,
ma il suo cavallo, le ruote a raggiera, la colonna celeste, le immagini di
alberi sacri e la lotta con il serpente dell'aldilà guardano oltre, al dio celeste
germanico Odino, descritto in dettaglio solo nel XIII secolo dagli scrittori
islandesi, che usavano il medesimo simbolismo celeste. Qui una tradizio­
ne nord-europea durevole ha trovato espressione in una cornice classica.
Sono state documentate qualcosa come 1 50 colonne di Giove e sarebbe
interessante sapere se servivano, alla maniera dei veri pilastri celesti, come
onfali del loro stanziamento, il centro simbolico e funzionale dell'ambien­
te costruito.
o

o
Sarcofago Ludovisi (part.), Palazzo Altemps. Scene di battaglia fra romani e germani. Il principale
personaggio probabilmente è Ostiliano, figlio dell'imperatore Decio. Marmo proconnesio, opera
romana, 250 d.C. ca.
VI .
La fase tardo celtica

Le provincie nord-occidentali, le terre "celtiche", svilupparono una loro


identità e nel tardo impero si dichiararono più volte indipendenti. Du­
rante il III secolo, pirati di Sassonia e d'Irlanda iniziarono a perseguitare
la Britannia e la Gallia del Nord. Dal momento che la frontiera imperiale
a Oriente era già sotto attacco dei goti, le truppe difficilmente poteva­
no essere impiegate nella difesa delle provincie del nord. Intorno al 260
il comandante del Reno Marco Postumo dichiarò la Gallia, la Spagna,
la Britannia e la Renania impero delle province galliche. Questo impero
durò fino al 274, periodo durante il quale gli Alemanni, una confedera­
zione dall'est del Reno, invase e devastò la Gallia del Nord. Fecero breccia
nelle mura delle città e ne occuparono da cinquanta a sessanta. Le città
britanniche nel frattempo si espansero, forse per l'arrivo di rifugiati dal
continente. Le case di campagna mostrano segni di edificazione, poiché i
grandi proprietari terrieri erano i primi a essere in grado di ritirarsi nella
relativa sicurezza dell'isola e si datano in quel periodo superbi mosaici, tra
cui il pavimento Orfico a Littlecote House in Oxfordshire. In Gallia, gli
anni 284-286 videro un'altra secessione di disoccupati e senza tetto che gli
Alemanni avevano espropriato e nel 287 la Britannia si separò dall'impero
sotto Carausio e poi Allecto. 1
Questa minaccia esterna coincideva con i tumulti interni causati dal (o
strumentalmente veicolati dal) cristianesimo, poiché il corpo politico ro­
mano lottava per formulare un sistema religioso unificatore. Il passaggio al
nuovo secolo, al tempo delle persecuzioni dei cristiani da parte di Diocle­
ziano seguite dalla tolleranza di Costantino, videro la costruzione di molti
nuovi templi in Britannia. Le provincie galliche devono essere state relati­
vamente paradisiache per i cristiani durante il regno di Diocleziano perché
138 Storia dei pagani

il loro Cesare Constanzio, marito della cristiana Elena e padre del futuro
cristiano Costantino, non applicava severamente gli editti anticristiani. La
nuova amministrazione seguita alla riconquista della Britannia da parte
dell'impero nel 306 accelerò nei fatti la regolamentazione cristiana. La Bri­
tannia, la Frisia, la Renania, la Gallia e la Spagna si erano formate all'inter­
no di una nuova prefettura con la capitale a Trier (il sito di un santuario di
guarigione dedicato ad Apollo sull'attuale confine tra Francia e Germania) .
Questa aveva la sua amministrazione civile indipendente dal potere cen­
trale basato nella capitale occidentale e, sotto il governo di Costantino, la
burocrazia finì per essere dominata dai cristiani. Al crescere del favore di
Costantino per il cristianesimo, i templi pagani venivano sistematicamente
privati dei fondi. In Britannia, terra che non aveva sofferto come la Gallia e
la Spagna per le invasioni gote, ciò ebbe il curioso risultato di un generale
aumento della prosperità civica poiché i fondi dei templi venivano riciclati
nella comunità controllata dai cristiani.
I.: impero occidentale nella sua interezza, inclusa l'Italia e l'Illiria (la Dal­
mazia) , come le province galliche, era coinvolto inoltre nelle battaglie di
successione imperiale, quando il conte pagano Massenzio si oppose a Co­
stantino dal 306 al 3 1 2 e quando Magnenzio, che tollerava il paganesimo
ma sosteneva anche il cristianesimo ufficiale, combatté contro l'ultimo dei
figli di Costantino dal 350 al 353. La breve rivolta di Magnenzio corrispo­
se a un periodo di grande speranza per i pagani che fino a quel momento
stavano perdendo le loro proprietà a causa delle multe e i loro guadagni a
causa dell'esclusione dall'ufficio nel nuovo fiducioso impero cristiano del
figlio di Costantino. In Britannia la rivolta fu estinta con grande violenza
da un burocrate di strette vedute, un notaio imperale che si guadagnò il
soprannome di Paolo "la catenà' a causa del paranoico legame di associa­
zioni che costruì per acquisire nuove vittime da sottoporre ai suoi tribunali
di rappresaglia. Fortunatamente per i pagani, due anni più tardi l'impera­
tore Giuliano ascese al trono e nonostante la sua influenza fosse limitata
come il suo regno sul continente, sull'isola britannica ci furono segni di
una rinnovata fiducia pagana. Il santuario di guarigione di Marte Nodens
nel Gloucestershire fu allargato e divenne un enorme centro e in questo
stesso periodo fu ricostruito il tempio pagano al Verulamio. Il Mitreo di
Londra fu distrutto e poi ricostruito, il che sta a indicare che un attacco
atteso era stato sventato o che gli era sopravvissuto (anche se la datazione in
questo caso è incerta) , e fu forse in questo periodo che il governatore della
La fase tardo celtica 1 39

Britannia del Sud restaurò la colonna di Giove a Cirencester. Quest'ultima


era crollata o per incuria o per azione dei cristiani. Cinscrizione su di essa
legge:

A Giove, il migliore e il più grande, la sua perfezione Lucio Settimio . . .


Governatore della Britannia Prima, restaurò essendo cittadino di Reim.
Questa statua e la colonna eretta sotto l'antica religione Settimio restaura,
governatore delle Britannia Prima. 2

Se questo revival temporaneo sia durato a lungo, se abbia avuto un ef­


fetto radicale o se mai sia esistito è motivo di disputa tra gli accademici. Le
iscrizioni fatte dai soldati sono perlo più pagane ma probabilmente l' ammi­
nistrazione civile era cristiana. Certo è che quando fu chiamato in Britan­
nia nel 429 un vescovo continentale, Germanico, per discutere sull'eresia
cristiana, egli descrisse una classe governativa interamente cristiana.
Sul continente il cristianesimo militante ricominciò. Non fu un pe­
riodo di tolleranza religiosa, almeno per color che aderirono alla nuova
religione. Dal 380 al 3 8 5 , San Martino di Tours ispezionò la Gallia del
Nord, distruggendo i santuari pagani e in particolar modo gli alberi. C'è
una storia secondo cui i pagani in una città lo sfidarono a fare un miracolo.
Poteva tagliare il loro albero sacro se accettava di starei in piedi sotto men­
tre cadeva. San Martino declinò e andò altrove. 3
Limperatore Teodosio (379-395) estese le leggi draconiane contro il
paganesimo che si erano allentate dopo Giuliano, ma fortunatamente per
i pagani nella prefettura nord-occidentale erano ampiamente ignorate dal
prefetto pretoriano incaricato del territorio, un barbaro franco pagano di
nome Arbogast. I Franchi che avevano attraversato la Gallia dalla sponda
orientale del Reno al tempo dell'impero di Carausio, erano già stati roma­
nizzati dal loro conquistatore Costantino e possiamo dedurre che Arbogast
stesse difendendo il paganesimo romano piuttosto che quello germanico.
Quanto Teodosio approvò la sua famosa legge con la quale proibiva anche
le forme di culto pagano nel privato della famiglia, Arbogast posizionò un
burattino come imperatore dell'Ovest, Eugenio, che rescisse immediata­
mente ogni legislazione an tipagana e ordinò la restaurazione dell'altare del­
la Vittoria al Senato (cfr. capitolo IV) come il recupero di alcuni culti paga­
ni reconditi molto strani. Eppure Teodosio combatté, Eugenio e Arbogast
perirono nella battaglia di Flavia Frigida il 6 settembre 394. Liberia e la
1 40 Storia dei pagani

Gallia furono gettate nel caos dalle lotte cristiane al


loro interno che portarono al Sacco di Roma da par­
te di Alari co nel 4 1 O, la Renania combatté contro i
Germani invasori (cfr. capitolo VII) che seguivano
la forma tribale di base del paganesimo nord­
europeo e della Britannia conosciamo poco
se non le iscrizioni monumentali.
Nel 409-4 1 O, la Britannia e l'Ar­
morica (l'attuale Bretagna) si separa­
rono per l'ultima volta dall'impero
prendendosi la responsabilità della
loro difesa contro i predatori sasso-
ni e irlandesi che avevano razziato la
costa nell'ultimo secolo. Gli irlandesi non ave-
vano mai fatto parte dell'Impero romano e quin­
di ciò che sappiamo di loro lo si è dovuto dedurre
dall'archeologia e dall'attenta interpretazione delle
ballate e delle storie scritte dai monaci centinaia di
anni dopo che il mondo che stavano descrivendo
era finito. I racconti irlandesi descrivono la stessa
aristocrazia guerriera, orgogliosa e superstiziosa che
gli osservatori romani vedevano in Britannia e nel
continente. Essi aggiunsero anche una tradizione di
donne potenti e autonome e di dee della battaglia
che è assente dai territori romanizzati dopo le deca­
di iniziali in cui avevano giocato un ruolo decisivo
governanti come Cartimandua e Boudicca. Come
i Galati in Asia Minore, gli irlandesi si riunivano
regolarmente in centri di culto che erano enormi
terrapieni, il più famoso è quello di Tara nel County
Meath. Come i druidi galli, il cui punto d'incon­
tro a Chartres si considerava il centro del paese, gli
irlandesi vedevano Meath come centro dell'isola
con le quattro province di Ulster, Leinster,
Connaught e Munster che lo circonda­
Croce celtica nel Cimitero di Père­
vano. I..:Ulster a nord era visto come la
Lachaise, Parigi provincia più bizzarra, essendo allo stes-
Ltt Jttse tardo celtictt 141

so tempo contrastata d a una coalizione delle altre province guidate dalla


regina Maedb. Se il nord era il quarto sfortunato (è il quarto degli dèi della
tradizione germanica) o se la storia è meno apertamente simbolica, non pos­
siamo dirlo con certezza. Un'eco di questa tradizione si conservò nell'avam­
posto celtico della Cornovaglia. I Miracoli, opere teatrali medievali, della
Cornovaglia, messe in scena presso terrapieni circolari permanenti (il "Plen
an Gwary'') mantennero la tradizione del Nord come direzione degli dèi
pagani. «l personaggi cattivi o pagani nelle pianure della Cornovaglia sono
raggruppati vicino al Nord. In Meryasek ne troviamo conferma come unica
sistemazione plausibile perché sia un demone che Giove in questa sede ven­
gono chiamati "nostro santo patrono del lato nord».4
Nodens, il dio guaritore del santuario sulla sorgente del Gloucestershire
ha un nome affine con "Nuadà', il nome di un leggendario re irlandese
che perse un braccio e lo rimpiazzò con uno d'argento e successivamente
fu guarito miracolosamente. È interessante che il santuario di Nodens di­
venne rilevante solo nel periodo della pirateria irlandese anche se sembra
improbabile che il popolo della zona abbia adottato uno degli eroi dei suoi
nemici come dio. Alla fine del IV secolo un re conosciuto come Niall dei
Nove Ostaggi stava attraversando la Britannia. C'è un racconto simbolico
che narra di lui e di ciò a cui andò incontro entrando in una foresta per
una prova di sopravvivenza con i suoi fratelli in quest'occasione fu l'unico
a riconoscere la fanciulla mascherata che in realtà era la sovrana d'Irlanda:
l'unione con lei era l'unico modo per essere nominati "alto re". È piuttosto
probabile che fu Niall a rapire il futuro san Patrizio, convertitore cristia­
no d'Irlanda, e lo tenne in schiavitù sull'isola per sette anni. Patrizio era
tornato in Britannia con la sua famiglia nel 4 1 8 quindi è relativamente
contemporaneo a Niall.
Il paganesimo irlandese fu molto tollerante con il cristianesimo. Nel
438 l'alto re Laighaire ebbe una controversia popolare a Tara su questioni
di fede. Per sistemare il cristianesimo, convocò un comitato per redigere
nuove leggi per l'Irlanda. Il comitato comprendeva tre re, tre Brehona (le­
gislatori pagani) e tre missionari cristiani. Le leggi che promulgarono di­
ventarono il Seanchus Mor, che conteneva elementi di legislazione cristiana
e pagana. Rimase valido finché non venne soppiantato dal diritto inglese
nel XVII secolo. Nel 448 san Patrizio arrivò e stabilì il cristianesimo come
religione ufficiale d'Irlanda, e non sappiamo nient'altro di quella nazione
per tutto il secolo successivo.
1 42 Storia dei pagani

Nel frattempo, in Gallia e in Spagna, le classi dirigenti iniziavano a es­


sere inglobate nella nuova amministrazione cristiana. Gli ufficiali di chiesa
come gli antichi sacerdoti e sacerdotesse del tempio, erano esonerati da
molte tasse e dal peso oscillante della finanza pubblica, molta della quale
proveniva dalle tasche dei notabili della città. Per questo motivo, oltre al
fatto che il potere effettivo era ora nelle mani di cristiani dichiarati, l'ari­
stocrazia celtico romana divenne cattolica e, sul continente, si appoggiò ai
mercenari goti ariani per condurre le proprie armate. In Britannia è proba­
bile che le truppe fossero di mercenari sassoni, pagani invece che cristiani,
e quando dopo il 430 le truppe straniere di re Vortigern gli si rivoltarono
contro, l'isola degenerò nel caos. La data tradizionale per l'invasione sasso­
ne della Britannia è il 449 sotto il comando di Hengist e Horsa, i nomi dei
quali sono totemici e significano rispettivamente "stallone" e "giumentà'.
Nel 460 molti Bretoni migrarono in Gallia e, più precisamente, in
Armorica, una parte del paese che non era mai stata propriamente rias­
sorbita dopo la secessione del 409, ed essendo predisposti alla battaglia e
dominanti, stando a quanto dice Gildas, se ne impossessarono formando
la Bretagna. È in questo momento che appare nella storia britannica il se­
mileggendario Arnbrosio Aureliano, combattendo contro i sassoni e sbara­
gliandoli presso il monte Badon al volgere del VI secolo. Si tratta delle basi
storiche per le leggende di re Artù. Dopo la vittoria di Ambrosio si dice
che ci sia stata la pace per due generazioni. Gildas, che scrive a metà del VI
secolo, parla di «nostra attuale serenità» e menziona una generazione che
non aveva esperienza de «la grande tempesta». 5 Tuttavia è probabile che
questa pace sia stata mantenuta da capitani guerrieri su piccola scala sul
vecchio modello tribale celtico, piuttosto che da un governo nazionale ba­
sato nelle città. La Gallia al contrario era gestita sotto la vecchia burocrazia
civica romana dai monarchi franchi, i leggendari Merovingi o discendenti
di Meroveo, il "lottatore marino" che aveva catturato Tournai nel 446. La
tradizione pagana germanica impediva loro di tagliarsi i capelli e manten­
nero questa tradizione anche dopo essersi convertiti al cristianesimo nel
503. 6 Alla fine divennero monarchi cerimoniali nello stile tardo imperiale,
invece che re germanici combattenti, finché non furono deposti dal loro
ministro capo P i pino nel 75 1 , quando questi fondò la dinastia carolingia.
Perciò, nel VI secolo il nord della Francia di oggi era governato dai germani
dell'Ovest, i franchi (cattolici) , e il Sud, la vecchia provincia romana, insie­
me alla Spagna, dai germani dell'Est, i goti (ariani) . Tuttavia il paganesimo
La fase tardo celtica 1 43

sopravvisse nelle pratiche vernacolari. Nel 589 il terzo Concilio di Toledo


tuonò che «il sacrilegio dell'idolatria è radicato quasi in tutta la Gallia e la
Spagna» . Anche l'Irlanda oscillò avanti e indietro tra il cristianesimo uffi­
ciale e il paganesimo ufficiale. Nel 5 54 il centro geomantico dell'Irlanda,
Tara, fu maledetto dal monaco cristiano Ruadhandi Lohtra, probabilmen­
te perché la gente ne venerava ancora la natura sacra. Cinque anni dopo, il
re Diarmat McCerbaill celebrò il feis o matrimonio cerimoniale con la dea
della terra, parte dell'inaugurazione cerimoniale dei re irlandesi, all'ultima
assemblea di Tara. Ma Diarmat morì nel 565, fu probabilmente l'ultimo
re pagano d'Irlanda e da quel momento non si parlò più del paganesimo
ufficiale. Diarmat deve aver fatto parte di una restaurazione pagana perché
l'alto re successivo, Ainmire (565-57 1 ) era così preoccupato del declino
della religione cristiana che invitò Gildas e altri monaci dalla Britannia per
ravvivarla.
Non ci furono più matrimoni sacri in Irlanda, ma il culto di santa
Brigida mantenne la sua vitalità. C'è un accordo comune sul fatto che Bri­
gida sia la cristianizzazione della dea conosciuta come Brighde in Irlanda,
Bride in Scozia e forse Brigantia nel Nord dell'Inghilterra. Aveva a che fare
col calore, il fuoco, l'estate e probabilmente il sole, poiché una leggenda
irlandese narra che in inverno era tenuta prigioniera in una montagna di
ghiaccio da una megera con un occhio solo.7 In certi luoghi presidiava
sulle sorgenti termali, presumibilmente come il sole del sottosuolo, e in
Scozia fino alla metà del XX secolo veniva accolta durante l'Imbolc ( l
febbraio) dalla riaccensione simbolica del fuoco nel focolare dopo che la
casa era stata pulita alla perfezione. Nella contea Kildare Brighde aveva un
santuario con una fiamma sacra che era custodita da un collegio di donne
simile a quello delle vergini vestali a Roma. Non si tratta semplicemente di
una storia romana, poiché la fiamma fu mantenuta viva nel tempo anche
dopo che il tempio in questione divenne un convento cristiano. Nel 1 220
l'arcivescovo Enrico di Dublino ordinò lo spegnimento della fiamma. Nel
722 colei che a quel punto era diventata santa Brigida, apparve all'esercito
irlandese di Leinster, oscillando in cielo prima che questo sbaragliasse le
forze di Tara, più o meno come il dio sole El Gabel era apparso a Aureliano
nel 273 e come il Chi Rho cristiano si manifestò a Costantino nel 3 1 2.
In Britannia i sassoni iniziarono una nuova invasione dopo la pace di
Ambrosio, probabilmente intorno al 570. La storia poi tace fino alla mis­
sione di Agostino nel 597, quando il monaco romano trovò un paese che
I 44 Storia dei pagani

era interamente germanico, governato da re sassoni che tracciavano il loro


lignaggio da Woden, che viveva nelle cittadine e nei villaggi invece che nel­
le città, che parlava anglo-sassone invece che celtico o latino e che seguiva
le leggi germaniche che erano quasi identiche a quelle annotate cinque
secoli prima da Tacito. I sassoni erano stati ovviamente impervi nel lusin­
gare la romanizzazione, contrariamente ai vicini franchi e goti. Sacche di
resistenza si mantennero nel nord della Britannia.
A Strathclyde scoppiò una lotta per la supremazia. C'erano quattro re
britannici a Strathclyde; gli angli avevano invaso e conquistato i Lothian.
Sotto l'influenza angla, i Piti e i Gallesi ritornarono al paganesimo e in­
torno all'anno 5 5 0 il missionario Kentigern intraprese una crociata per
estirparlo.8 Fu un fallimento spettacolare però, poiché una gran parte della
popolazione britannica a sud di Strathclyde aveva restaurato la sua antica
fede "fomentata dai loro bardi, che richiamavano le vecchie tradizioni della
razza, prima che fosse cristianizzata sotto il dominio romano",9 o ad ogni
modo adottando una forma diversa di paganesimo sotto l'influenza degli
invasori (si deve annotare tuttavia che la lingua cumbrica fu usata nell'area
fino al XIV secolo e perciò i racconti pagani tradizionali diffusi nelle sue
ballate sono stati accessibili solo fino a quel momento) . Nel 573, i quattro
re combatterono per la supremazia sul territorio. Tre di loro (uno cristia­
no, Uriens, uno anticristiano, Morcant, e uno sconosciuto, Gwendolleu)
rivendicavano la discendenza attraverso Coil Hen, l'"antico" di Gallia, da
Beli e Anna, gli antenati divini del mito celtico. 1 0 I.:altro re, Rhydderch
Hael, era un cristiano entusiasta, discendente, secondo i quattro Libri del
Galles, l i dell'imperatore Magno Massimo (383-388), il comandante cri­
stiano romano che era stato eletto imperatore d'Occidente dalle truppe
mentre prestava servizio in Britannia. Alla battaglia di Arderyd, sul fiume
Esk, dodici chilometri a nord di Carlisle, il cristiano Rhydderch conquistò
la vittoria, il gallese Gwenddoleu fu ucciso e Kentigern e i suoi sacerdoti
furono invitati a tornare in Cumbria a estirpare la tradizione nativa. 1 2 La
tradizione dei re che rivendicavano la discendenza da antenati divini, che
vedremo più distintamente tra le tribù germaniche, in questa parte delle
Britannia era giunta al termine.
Lasciamo ora il paganesimo ufficiale per andare al tempo del folclore e
delle pratiche cristianizzate. Troviamo che non si riuscì a sradicare i piccoli
rituali di vita, una volta presidiati dalle antiche divinità, la Chiesa ne adot­
tò molte. Furono benedette le processioni del primo di maggio, le divinità
La jàse tardo celtica 1 45

benevole come Brighde furono adottate come santi, insieme ai finimenti


del loro antico culto, e le divinità turbolente come Woden furono anate­
mizzate come diavoli.
Il Capitularia Regum Franco rum, pubblicato a Parigi nel 1 677, fa una
lista delle pratiche rurali in uso in quel periodo, ma che erano proibite
dalla Chiesa. Tra loro vi erano cerimonie per i deceduti conosciute come
Dadsissas e altre cerimonie presso le loro tombe. Erano proibite le cerimo­
nie di Mercurio e Giove, insieme ai sacrifici offerti a qualsiasi altra divinità.
Ciò comprendeva l'osservanza delle festività di Mercurio o Giove e Vince
Luna (eclissi di luna) . La Chiesa condannava «coloro che credevano che
poiché le donne veneravano la luna, erano in grado di attirare il cuore degli
uomini verso i pagani». In una chiara duplicazione della fede la Dea Ma-
dre era indicata nella forma
«di colei che la buona gente
chiama Santa Maria». Sen­
za dubbio, lo è ancora. I
pagani francesi pregavano
nei «luoghi irregolari che
avevano cari per le cerimo­
nie» che includevano «le
sorgenti d'acqua come luo­
ghi di sacrificio», compresi i
fossati intorno alle case e le
pietre. Come in lnghiterra
facevano processioni anche
attraverso le chiese e lungo
il «cammino pagano, che
chiamano Yries» che era
«segnalato da stracci o da
scarpe» . Alcune cerimonie
prevedevano la costruzione
di piccole capanne ricono­
sciute come santuari, con­
nessi con «le cerimonie del­
la terra boschiva conosciute
come Nimidas». I pagani
Ghirlanda cerimoniale del primo maggio francesi del VII secolo fece-
1 46 Storia dei pagani

ro immagini con la farina gettata a terra (a forma di passi e simili) ; imma­


gini fatte di stracci; «l'immagine che possono portare attraverso i campi»
e i «piedi e le mani di legno usati nei rituali pagani». Tra gli amuleti si
trovavano corni e gusci di lumaca, filatterie e «cose arrotolate» .
Le divinità pagane furono venerate inoltre nel tempo come spiriti fol­
cloristici, non semplicemente come santi cristiani, come diremo sotto.
Tutto ciò fa parte di un'immagine coerentemente pagana che riconosce
molti tipi di spiriti, ognuno col suo luogo e la sua funzione e che nei primi
tempi della Chiesa, dell'Islam e del giudaismo (se si può credere al Libro
dei Re) ha considerato la divinità monoteistica semplicemente come una
tra molte, forse quella suprema tra le tante divinità presistenti. È una pro­
spettiva pagana ed è continuata in Europa fino al giorno d'oggi.

Il paganesimo vernacolare

In Galles, Scozia, Irlanda e Bretagna, gli antichi dèi, venerati a vol­


te sotto il travestimento dei santi celtici (cioè quelli non canonizzati dal
papa) , erano riveriti secondo uno stile propriamente pagano. Ad esempio,
a Llanderfel nel Merionethshire, Galles, Darvel Gadarn era venerato con
un'immagine «in cui le persone ripongono una tale sicurezza, speranza e
fiducia, che vengono quotidianamente in pellegrinaggio presso di lui, alcu­
ni con le mucche, altri con buoi e cavalli». 13 Portata a Londra, l'immagine
fu bruciata a Smithfield nello stesso anno. Nel 1 5 89, John Ansters riporta
che si sacrificavano vitelloni «metà al dio e a Beino» nel cortile della chiesa
a Clynog, a Lleyn, Galles. 14 Il bestiame nato sotto «il segno di Beyno» era
letteralmente marcato per un sacrificio successivo. Questo stesso bestiame
veniva poi venduto per l'uccisione dai guardiani della chiesa nel giorno
della santissima Trinità. I.: abitudine cadde in disuso nel XIX secolo.
Il culto delle dee continuò sotto molteplici nomi. Fino al XVII secolo
in Bretagna vi erano santuari tenuti da donne anziane conosciute come
Fatuae o Fatidicae che insegnavano i "riti di Venere" alle giovani, istruen­
dole alle pratiche sciamaniche. 1 5 In Galles, la dea del paradiso o madre di
tutti gli esseri umani era conosciuta come Brenhines-y-nef. 1 6 In Bretagna
il culto di sant'Anna «prese il posto di una delle Bona: Dea:, dee tutelari
della terra [ . . . ] che a loro volta rappresentavano la Ane celtica e preceltica,
madre degli dei». 17 A volte si veneravano direttamente immagini pagane:
La fase tardo celtica 1 47

Nel 1 625 mentre arava un campo a Keranna, nella parrocchia di Phme­


vet, in Morbihan, un contadino di nome Yves Nicolayic sollevò dal ter­
reno una statua, probabilmente una Bona Dea dei pagani armoricani, di
cui se ne sono trovate molte negli ultimi anni [ . . ] i Carmeliti, che erano
.

stati zelanti avvocati del culto della Madre di Nostra Signora [ . . ] co­
.

struirono una cappella per l'immagine e [ . ] organizzarono pellegrinaggi


. .

presso di essa che incontrarono grande successo. I.: immagine fu distrutta


durante la rivoluzione ma i pellegrinaggi continuano. 1 8

Anche Gwen Teirbron, l a patrona con tre seni delle madri che allattano,
era venerata in Bretagna. Le madri che allattavano offrivano a Gwen Teir­
bron una roccia e del lino per assicurarsi un'adeguata quantità di latte per i
propri bambini. Un tempio importante era presso la cappella di Santa Ve­
nec tra Quimper e Chiteaulin. Negli anni Settanta dell'Ottocento i preti si
liberarono di molte immagini
di Gwen Teirbron «brucian­
dole, dato che le considerava­
no qualcosa di oltraggioso che
non conduceva alla devozio­
ne» . In Britannia le chiese di
Santa Candida, White e Wita
sono luoghi per la devozione a
Gwen Teirbron. 19
Il paganesimo fiorì in Sco­
zia dopo la scissione della
Chiesa cattolica. Nella regione
di Gaerloch, nel Wester Ross,
gli "antichi riti" della divinità
Mhor-Ri, il Grande Re, tra­
sformata in San Maree, Mourie
o Maelrubha, furono osservati
fino al XIX secolo. Nel 1 656,
il presbiterio di Dingwall «tro­
vando tra altre pratiche abomi­
nevoli e pagane che le persone
in quel luogo erano abituate a
sacrificare tori a una certa ora
Pagina del Libro di Ba/lymote ( 1 390), con spiegazioni
sull'alfabeto ogamico del 25 agosto, il quale giorno
148 Storia dei pagani

è dedicato, nella loro conce­


zione, a San Mourie, come lo
chiamano [ . . . ] e che tutti loro
adoravano i pozzi e altri mo­
numenti e rocce superstiziose»,
tentò di sopprimere l' osser­
vanza di Mhor-Ri che, secon­
do i documenti del presbiterio
Oingwall, includevano «I' of­
ferta di sacrifici in certi periodi
presso il lago di Mourie [ . . . ]
nel quale luogo si trovano mo­
numenti di idolatria», anche
Graffi to del XIII secolo di un danzatore che indossa
il disegno della rosa celtica, nella chiesa di Sunon, «versando latte sulle colline
Bedfordshire, Inghilterra come oblazione». Gli stranieri
e «questi che vengono da paesi
stranieri» prendevano parte agli "antichi riti" di Mhor-Ri.
Il tentativo di soppressione fallì. Vent'anni dopo, nel 1 678, membri del
clan Mackenzie furono richiamati dalla chiesa a Dingwall per «aver sacri­
ficato un toro in maniera pagana nell'isola di San Ruffus [ . . . ] per la guari­
gione di Cirstaine Mackenzie».20 Nel 1 699 un uomo fu citato in giudizio
di fronte alle sessioni ecclesiastiche (Kirk sessions) a Elgin nel Morayshire
con l'accusa di idolatria. Aveva sistemato una pietra in verticale e si era tol­
to il cappello davanti a essa.21 Nel 1 774 lhomas Pennant scrisse sui luoghi
sacri di Mhor-Ri: «se un viaggiatore passa in uno dei luoghi di ristoro, non
dimentica mai di lasciare un'offerta [ . . ] una pietra, un bastone, un po' di
.

stracci».
Durante il XIX secolo, i luoghi sacri, come pietre in posizione verticale,
colline e pozzi sacri, venivano considerati generalmente santuari dedicati
a dee e dèi, ad esempio: «al limite nord dell'isola di Calligray ci sono va­
ghe tracce di un edificio molto antico chiamato Teampull-na-H'Annait,
il tempio di Annat, una dea [ . . . ] che, in quella particolare provincia, si
prende cura delle fanciulle. Vicino al tempio c'è un pozzo d'acqua chia­
mato Tobar-na-H'Annait» .22 Sull'isola di Man, la croce di Odino presso la
Kirk Andreas, la croce di lhor nella Kirkbride e la pietra Heimdall a Jurby,
mantennero la loro identità pagana.23
Le colline continuarono a essere utilizzate come loci di culto pagano. Le
La fase tardo celtica 1 49

dee fatate, Aine e Fennel, erano onorate presso due colline vicino a Lough
Gur, nella contea Limerick in Irlanda, «sulle cui sommità si celebravano
sacrifici e riti sacri secondo tradizioni viventi» . 24 Nel 1 860 Sir A. Mitchell
scrisse a proposito dei luoghi sacri nel paesaggio intorno al lago Maree: «le
persone del luogo parlano spesso del dio Mourie».25 Una collina chiamata
Claodh Maree era sacra al culto. Dr Reeves, scrive nel 1 86 1 osserva: «si
crede [ . . . ] che nessuno possa suicidarsi o farsi del male avendo questo
luogo in vista». 26
Sull'isola di Maelrubha nel lago Maree, la quercia sacra di Mhor-Ri era
incastonata di chiodi a cui erano appesi dei nastri, oltre a fibbie e bottoniY
Questo albero era associato a un pozzo della guarigione, reputato in grado
di curare la pazzia. I documenti del presbiterio di Dingwall raccontano del
derilans che pare i preti officiassero sull'isola. Dixon suggerisce che questo
titolo proviene dal gaelico deireoil (afflitto) inferendo che il sacerdozio era
composto da persone intrise di "pazzia divinà', alla maniera degli sciamani
nel resto del mondo.28 Nel 1 774 lhomas Pennant29 visitò il lago Maree e
testimoniò i riti. Una persona mentalmente malata viene portata sull'iso­
la sacra e «fatta inginocchiare di fronte all'altare, dove i suoi partecipanti
lasciano un'offerta in denaro. Viene poi condotto al pozzo e sorseggia un
po' di acqua santa. Si fa una seconda offerta; fatto ciò viene immerso tre
volte nel lago». Il santuario fu profanato nel 1 830 da un uomo che tentò di
curarvi un cane pazzo.30 Poi per un po' si perse la sua virtù curatrice, fino
circa al 1 840, quando ricominciarono le visite.
I pozzi sacri sono venerati in tutta Europa. Esistono miriadi di esempi,
la cui consuetudine mostra continuità sia nel tempo che nello spazio. Nel
XIX secolo un famoso pozzo pieno a Kotzanes in Macedonia aveva acqua
curativa «che si diceva sgorgasse dai seni di Nereide, e che fosse in grado
di curare tutte le malattie umane».31 A Vinnitsa, Ucraina, c'era un pozzo
sacro in cui le persone malate si immergevano e poi lasciavano fazzoletti e
camicie sui rami come offerte votiveY Il pozzo sacro Ff)rnnon Cae Moch,
vicino a Bridgend, Glamorgan, Galles, era visitato da supplicanti che poi
legavano degli stracci a un albero o a un cespuglio lì vicino. Gli stracci era­
no legati al cespuglio con fili di lana allo stato naturale.33 A Ff)rnnon Elian
a Llanylian yn Rhos, vicino a Abergele, Denbigh, Galles, sugheri ai quali
erano attaccate delle spille galleggiavano nell'acqua del pozzo.34
Molti pozzi sacri avevano guardiani che se ne occupavano e sorveglia­
vano il culto. Nella prima parte del XIX secolo il guardiano ereditario del
1 50 Storia dei pagani

pozzo di Ffynnon Elian, Jac Ffynnon Elian Qohn Evans) fu imprigionato


due volte per aver riaperto il pozzo dopo che era stato sigillato dai preti
cristiani del luogo. 35 Il pozzo sacro «si ergeva nell'angolo di un campo, na­
scosto in un boschetto [ . . ] a volte, e precisamente nel suo ultimo periodo
.

più fiorente, aveva una sacerdotessa, chiamata signora Hughes».36 Parlando


nel 1 893 a un incontro delle società Cymmrodorion e Folk-Lore a Londra,
il professar John Rhys fece la seguente affermazione a proposito del famoso
Ffynnon Elian:

Esiste qui, penso, scarso dubbio che il proprietario o guardiano di questo


pozzo era, come dire, il rappresentante di un antico sacerdozio del pozzo.
La sua funzione in quanto pagano [ . . . ] era analoga a quella di una perso­
na o di un predicatore che affitta le sedute nella sua chiesa. Non abbiamo,
tuttavia, dati sufficienti in questo caso per mostrare come fosse acquisito
il diritto al sacerdozio di un pozzo sacro; ma sappiamo che una donna
poteva avere l'incarico del pozzo di Sant'Elian.

Alla fine il pozzo fu distrutto nel gennaio 1 829.37


In alcuni pozzi santi venivano tenuti pesci sacri. Nel pozzo di San Bean
a Kilmore, Argyll in Scozia vi erano due "pesci mistici o santificati" identi­
ficati come Easg Siant (i pesci santi) .38 Il Ffynnon Wenog nel Cardigan in
Galles ospitava una trota con una catena d'oro, come anche il pozzo do­
rato a Peterchurch, Herefordshire, lnghilterra.39 I pesci nel Ffynnon Bryn
Fendigaid a Aberffraw, sull'Anglesey, erano usati nei riti di divinazione. Il
Liverpool Mercu ry ( 1 8 novembre 1 896) riporta il collocamento di due nuo­
vi pesci nel Ffynnon y Sant a Tyn YFfynnon, Nant Peris, Llanberis, Galles.
Per rimpiazzare altri due che erano morti. Nella prima parte del XIX secolo
i riti del Garland Sunday, pellegrinaggio nazionale irlandese, presso il lago
sacro chiamato Loughharrow nella contea Mayo in Irlanda, continuavano
l'antica pratica:

Le persone [ . . . ] quel giorno fanno nuotare i propri cavalli nel lago per
difenderli dagli infortuni accidentali durante l'anno e lanciano cime e
cavezze che lasciano lì [ ] hanno anche il costume di gettarvi del burro
. . .

affinché le mucche possano essere produttive a sufficienza.40

Il rito di buttare le offerte nei laghi o nei fiumi era rinomato nell'antica
Irlanda, in Britannia e in Danimarca. Continua ancora oggi.
La fase tardo celtica 151

Uomini che perlustrano l a collina del White Horse a Uffìngton, Berkshire, Inghilterra, 1 889

I riti pagani continuano nel XX secolo nei paesi celtici. Una preghiera
pagana, recuperata intorno al 1 9 1 O da WY. Evans-Wentz, presso un' anzia­
na donna Manx, invoca il dio celtico del mare:

Manannan beg mac Y Leirr, fer vannee yn Ellan


Bannee shin as nyn maatey, mie goll magh
As cheet stiagh ny share lesh bio as marroo "sy vaatey".
[Piccolo Manannan, figlio di Leirr, che benedisse la nostra terra,
benedici noi e la nostra barca, una buona andata
e un miglior ritorno con vivi e morti nella barca.]

Questa preghiera era stata usata dal padre e dal nonno della donna. Suo
nonno aveva invocato il dio del mare celtico Manannan, mentre suo padre
aveva sostituito a esso il nome di san Patrizio.41
Sugli altopiani scozzesi si versano libagioni di latte in una speciale pietra
scavata, la Leac na Gruagach (Dobby Stane) in onore di Gruagach, una
dea che protegge le muccheY A Samhain è un'usanza bretone quella di
! 52 Storia dei pagani

versare libagioni sulle tombe dei morti. Sull'isola di Lewis a Hallowtide si


sacrificava della birra al dio del mare Shony.

Dopo essere arrivato alla chiesa di san Mulvay durante la notte un uomo
fu mandato a guadare il mare, dicendo: «Shony, ti offro questo boccale
di birra sperando che tu sia così buono da darci abbondanza di pesca per
arricchire la nostra terra il prossimo anno>>.43

Evans-Wentz registra ( 1 9 1 1 ) che in questo giorno, le persone di Lewis


versavano libagioni a Shony per le alghe.44 Inoltre «fino a tempi moderni a
lona si versavano libagioni simili a un dio corrispondente a Nettuno» .45 In
Bretagna la divinità equivalente Yann-An- O d appare talvolta sulle spiagge
appostandosi tra le dune di sabbia. Ha l'abitudine di cambiare forma pas­
sando a piacimento dall'aspetto di un gigante a quello di un nano. A volte
lo si vede indossare un cappello cerato da marinaio e altre volte un cappel­
lo nero di feltro dalla falda larga. In Northumbria si parla di apparizioni
simili di Odino.
James Anderson, scrivendo nel ]ournal della società degli antiquari di
Scozia nel 1 792 a proposito delle usanze nei Lothian trent'anni prima,
affermò:

La celebrazione della festa di Lammas era di grande rilievo. Ogni comu­


nità si accordava sulla costruzione di una torre in un posto facilmente
distinguibile vicino al centro del loro distretto [ . . ] Questa torre era ge­
.

neralmente fatta di zolle erbose [ . . ] Nella costruzione si lasciava un buco


.

al centro per l'asta di una bandiera su cui innalzavano la bandiera nel


grande giorno della festività.

Nel giorno di Lammas i partecipanti danzavano e cantavano, prendeva­


no parte agli sport e ai banchetti «bevendo acqua pura da un pozzo che si
aveva cura che stesse sempre vicino alla scena del banchetto» . In Irlanda la
celebrazione pagana di Lammas continuò nel XX secolo. A volte le festività
si tenevano nella domenica più vicina al giorno di Lammas, conosciuta
come Garland Sunday. Le cerimonie erano incentrate su una ragazza, se­
duta su una sedia in cima alla collina e agghindata con fiori. In alcuni luo­
ghi, si sistemava un'effige femminile decorata con nastri e analogamente
con ghirlande di fiori. Intorno ad essa, si danzava in cerchio e le ragazze
La fase tardo celtica ! 53

Una danza delle lattaie del XVIII secolo su un piatto d'argento, Londra

afferravano i nastri e i fiori dalla figura mentre danzavano.46 Ricerche con­


dotte in Irlanda nel 1 942 dalla Commissione per il folclore irlandese (lrish
Folklore Commission) identificò 1 95 siti assembleariY Molti erano situati
sulla cima delle colline; di 1 95 solo diciassette erano connessi alla Chiesa
cristiana. 48
Perciò le cerimonie pagane sono continuate fino ai giorni nostri. Al­
cune di loro sono arrivate direttamente, altre sono state amalgamate con
la cristianità e altre ancora si sono trasformate in folclore e altre tradizioni
ancora non decifrate.
Pietra con incisioni runiche
VII.
I popoli germanici

Tra il Reno e quella che ora è la Lituania, il nord Europa era abitato
da popoli che i romani chiamavano germani. In latino il nome significa
semplicemente "imparentati" e potrebbe far riferimento al legarne con i
celti ma Tacito ci informa che in origine era il nome di una tribù e che
solo successivamente passò a definire l'intero popolo ( Germania, 2). Qua­
lunque fosse l'origine del nome, le tribù che vivevano a est del Reno non
sembravano pensare a loro stesse come a una comunità e la dottrina mo­
derna sembra poco incline a parlare di una distinzione netta tra i popoli
che vivevano a est e a ovest del Reno all'inizio della nostra era. 1 Le loro dif­
ferenze linguistiche e culturali sembra si siano intensificate con la creazione
da parte di Giulio Cesare di un confine artificiale tra loro. In quanto segue
tracciamo una storia religiosa del popolo che visse, o almeno ebbe origine,
a est del Reno in epoca romana.
La cultura che si sviluppò nella regione in cui si trova oggi Copenhagen
era relativamente più semplice rispetto alle culture celtiche di Hallstatt e
de La Tène a sud. Nelle pianure germaniche2 non vi erano grandi depositi
di metallo e, forse per questa ragione, le tribù non svilupparono un arma­
mentario avanzato fino a che le loro scarse risorse non vennero sfruttate nel
III e IV secolo d.C.3 A quel tempo i popoli della penisola baltica rimasero
nella terra natia e diventarono in seguito gli scandinavi, ma alcuni erano già
migrati precedentemente, stabilendosi sul continente a est. Una di queste
tribù orientali, i bastami dai monti Carpazi, minacciarono le città greche
sul mar Nero intorno al 200 a.C. e l'anno seguente i germani d'occidente
pressarono verso la frontiera renana e verso sud sulle Alpi. Qui spinsero i
celtici elvezi all'interno della Svizzera e i celti bo i, la cui terra d'origine, la
Boemia, porta ancora il loro nome, giù verso la vallata del Po. I germani
! 56 Storia dei pagani

occidentali della Renania ebbero delle schermaglie con i celti della Gallia
romana e alla fine fecero una confederazione per diventare franchi e sas­
soni. Nel 9 d.C. questi occidentali avevano respinto un'invasione romana
con il massacro di tre legioni ma non tentarono di avanzare oltre la fron­
tiera del Reno. Rimasero, con le loro armi di tecnologia primitiva, a est del
fiume finché il ferro per fabbricare le armi si rese disponibile quattro secoli
dopo e il dio-fabbro guadagnò un posto da eroe nella loro mitologia.
I germani dell'est che al tempo di Tacito erano chiamati suebi e ,_

sivamente goti, sembra che abbiano avuto accesso a una tecnologi;-. :,J -

re. Tacito li descrive in possesso di scudi rotondi e spade corte ( Gemumia,


43,6) , e il tesoro rituale trovato a Pietroasa in Romania datata intorno al
III secolo d.C. consiste di vasi d'oro lavorati e intarsiati, coppe, collane
ecc. in stile greco e iraniano.4 Il loro mito d'origine, riportato dallo storico
Jordanes nel VII secolo, colloca la loro origine nella Scandinavia del sud
(i suebi dividono il nome con gli Svedesi) e narra di come attraversarono
il mare con tre navi fino alle coste baltiche della Prussia odierna, dove
sconfissero i vandali e gli altri. Fu il loro quinto re a portarli a sud verso il
mar Nero dove, però, le armate greco-romane li contennero fino al tempo
di Aureliano (270-275 d.C. ) . Dopodiché invasero la Dacia, cacciando gli
abitanti celtici che vi si erano stanziati nel V secolo e divennero noti come
visigoti. Le tribù che rimasero in Ucraina divennero poi gli ostrogoti e
costruirono un impero enorme da Don al Dniester, dal mar Nero alla Bie­
lorussia. Tuttavia nel 370 gli stessi furono conquistati dagli unni invasori
(anche se la lingua gotica continuò ad essere parlata in Crimea almeno fino
al 1 5 54) e iniziò la grande migrazione gota. Abbiamo già visto come l'Italia
fu conquistata dagli ostrogoti, il sud della Gallia e l'Iberia dai visigoti e
l'Mrica dai vandali, un altro popolo germanico orientale. Nel 568 l'Italia,
da poco riconquistata dai goti dell'imperatore Giustiniano, fu catturata di
nuovo dai longobardi, un popolo goto che aveva vissuto in origine vicino
all'attuale Amburgo, alla foce dell'Elba.5 Anche quando divennero cristiani
i goti continuarono ad agire secondo leggi basate sulla consuetudine germa­
nica, che furono infine codificate quando si stanziarono in Spagna. Come
per i germani dell'ovest, entro il 487, quando Clodoveo sconfisse l'ultimo
dei comandanti indipendenti gallo-romani, i franchi avevano definitiva­
mente fondato la Francia. In Italia, Francia e Spagna i goti divennero in
qualche modo romanizzati e quindi la cultura latina prevalse, nonostante
le sostanziali differenze della lingua dei goti . In Germania e in Britannia
l popoli germanici ! 57

questo non accadde e le lingue, insieme alla


cultura originaria, rimasero germaniche con
enclavi celtiche persistenti nelle zone perife­
riche occidentali. Entro il 5 5 0 gli angli e i
sassoni conquistarono il controllo di quella
che ora è l'Inghilterra e le classi dominanti
europee, latinizzate o meno, divennero dun­
que germaniche.

La religione germanica delle origini

Tacito, scrivendo nell'ultima decade del


I secolo d.C., dice che i popoli germani af­
fidavano la propria storia solo alle canzoni.
La loro era una cultura orale come quella dei
celti, ma essi avevano una forma di scrittura
sacra che era incisa su strisce di legno lasciate
nelle mani del destino. 6 Il loro mito d'origi­
ne era di discendenza patrilineare: la storia
del dio Tuisto, un figlio di Terra, che incoro­
nò tre figli che diedero il nome ai tre gruppi
di tribù germaniche. Tuisto è il dio tribale
(in gotico thiudisko, come il celtico Teutates)
e il suo epiteto "figlio di terrà' riecheggia in
una leggenda nordica scritta molto tempo
dopo. L.lnganno di Gylfi, registrato a metà
del XIII secolo, descrive come la Terra fu
creata dal corpo di un gigante e come la raz­
za umana si generò da due antenati fatti con
tronchi di albero: Ash ed Elm. Anche qui gli
esseri umani sono considerati un prodotto
della forza vitale della terra. Nel mito prece­
dente, i tre figli di Tuisto davano il nome ai
tre popoli: gli Ingveoni, quelli più vicini al
Palo usato per le celebrazioni del
mare; gli lrminoni, quelli dell'interno; e gli
primo maggio a Winterbach,
lstaevoni, secondo Tacito la parte restante, Baden-Wtirttemberg, Germania
1 58 Storia dei pagani

ma secondo Plinio i cittadini vicino al Reno. Due di questi nomi di razze


emergono successivamente nei nomi di dèi tribali. I re svedesi degli Yn­
glingasaga, sovrani di alcuni dei "popoli più vicini al mare", fecero risalire
la loro dinastia dal dio lngvi, e gli abitanti della Germania centrale furono
conquistati nel IX secolo dal re franco Carlomagno presso il boschetto
sacro la cui immagine era l'Irmimul, o "Pilastro del paradiso", un alto palo
di legno, reminescenza delle colonne di Giove della Renania celto-romana.
Il nome degli lstaevoni non richiama nessun dio germanico ma Plinio
potrebbe essersi sbagliato col fiume. Dal tempo di Erodoto (11,33) e per
secoli successivi non fu il Reno ma il Danubio ad essere conosciuto come
Hister o lstar. Gli lstaevoni potrebbero essere stati i germani orientali e lsta
la divinità del loro fiume.
Tutti i germani, stando a Tacito, erano estremamente forti e resistenti,
ma, contrariamente ai celti si vestivano in modo molto semplice e in certi
casi assolutamente ardito: gli uomini andavano nudi ad eccezione di un
mantello. Avevano una forte lealtà tribale ed era considerata una disgrazia
sopravvivere al comandante in battaglia. Diversamente dai celti non viveva­
no in cittadine fortificate, ma in villaggi con capanne ampiamente distan­
ziate e praticavano la caccia, la pesca e l'agricoltura, coltivando il grano. La
loro bevanda nazionale era la birra e come i celti con il vino mediterraneo,
ne bevevano in gran quantità. I germani occidentali erano democratici (o
pragmatici) , eleggevano i capi per merito, ma l'ordine civile e la punizione
erano nelle mani dei loro sacerdoti «non come punizione o ordine del capo
ma per ordine del dio che credono combatta al loro fianco in battaglia».7
Ciò sembrerebbe indicare un culto di espiazione simbolica più che una
responsabilità individuale, più o meno come i druidi che offrivano creature
innocenti agli dèi se non erano disponibili abbastanza criminali. Immagini
e segni o magari stendardi (signa) , normalmente conservati nei boschetti
sacri dei Germani, venivano portati in battaglia e il loro dèi speciali erano,
nell' interpretatio romana, Mercurio (Woden?), Ercole (Thunor?) e Mar­
te (Tiw?) . Tacito accenna che una delle confederazioni orientali, i suebi,
offrivano sacrifici anche a lside, il cui simbolo era una nave, un galeone
liburniano, a dimostrazione che la religione era importata ( Germania,9,2) .
Tuttavia l'immagine di Sequana, dea della Senna, era ugualmente una bar­
ca e, con il senno di poi, potremmo affermare la possibilità che il culto
di lside fosse indigeno. La forma della barca nondimeno suggerisce che i
suebi erano entrati in contatto con i beni del Mediterraneo orientale. Al
l popoli germanici 1 59

tempo di Tacito il fiume Oder era conosciuto come Suebus, quindi una
divinità dell'acqua avrebbe potuto benissimo governare su quella confede­
razione e vedremo che i Germani dell'est erano meglio conosciuti per le
loro dee di quelli dell'ovest.
Tutti i germani credevano nel potere profetico delle donne, come con­
cordano sia Tacito che Cesare, e le loro profetesse erano talvolta considera­
te divine. Veleda, che cantò i germani in battaglia durante il regno di Ve­
spasiano (69/79 d.C.) e fu portata a Roma nel 78 d.C.,8 era una di queste,
e una profetessa precedente Aurinia, come pure altre donne erano riverite
in modo simile. La deificazione di una sibilla ispirata creava un parallelo
con la pratica pagana romana e la moderna tradizione scintoista in cui
un defunto lodevole diventa kami. Un'altra famosa sibilla era la veggente
franco-alemanna, Thiota. La veggente dei Semnoni che andò a Roma con
re Masyas nel 9 1 d.C. fu chiamata Ganna (l'antica magia germanica era
detta gandno) . Waluburg {da walus, il bastone magico) era in Egitto con le
truppe germaniche nel II secolo. 9 La veggente chiamata Haliarunnos che
consultava le ombre dei morti, fu espulsa dalle terre dei goti da re Filimer
nel V secolo. Successivamente la famosa sibilla islandese Thordis Spakona
apparve nelle saghe Biskupa, Heioarviga e Vatnsdoela. Ci sono prove della
correlazione con gli animali. In Svezia vivevano i Vargamor, veggenti che
abitavano le foreste condividendole con i lupi. Le saghe descrivono inoltre
donne comuni che, come consuetudine, predicevano il futuro ed elabora­
vano incantesimi protettivi e curativi per i loro uomini. Pare che ciò fosse
parte delle normali faccende di casa per le mogli germaniche.
La divinazione, secondo Tacito, era anche praticata dal padre di fami­
glia o, nel caso di un prestigio tribale, dal sacerdote del popolo, per mezzo
di strisce di legno tagliate da un albero di noce e incise con dei sigilli, 10
che erano poi sparse a caso su un tessuto bianco e selezionate dal divina­
tore mentre scrutava i cieli. Una procedura simile è riportata nel periodo
medievale per la divinazione attraverso gli amuleti: strisce di legno con
rune intagliate sulla superficie . .Lalfabeto fonetico runico non fu, tuttavia,
introdotto fino al IV secolo; questi primi sigilli erano probabilmente ideo­
grammi. Si praticava anche la divinazione per mezzo del volo degli uccelli
e il movimento dei cavalli. I cavalli bianchi sacri venivano prelevati dai
boschetti in cui erano custoditi e poi soggiogati a una carrozza cerimoniale;
dopodiché si osservavano nitriti e sbuffi.
Durante la luna nuova e quella piena si tenevano incontri pubblici,
1 60 Storia dei pagani

poiché si riteneva che


fossero momenti pro­
pizi per condurre gli
affari. Il crimine e la
responsabilità erano
certamente ricono­
sciuti in alcuni ambi­
ti della vita poiché le
pumztoni variavano
per tipi diversi di re­
ato. Traditori e diser­
tori venivano appesi
a un albero, ma i co­
dardi e i praticanti di
"abominazione fisicà'
venivano immersi
nelle paludi e tenu­
ti sott'acqua da una
pietra. Recentemen­
te sono stati scoperti
Antica pietra runica che raffigura un cavaliere, un cane e un'in­ numerosi di questi se­
cisione (da destra a sinistra con intenti magici) Uppland, Svezia
polcri paludosi anche
se non tutti sembrano
essere stati punitivi. Ancora una volta troviamo delle somiglianze tra le
pratiche celtiche e quelle germaniche. Secondo Tacito la moralità era se­
vera, in contrasto con i romani dissoluti e con la rilassatezza dei celti della
Gallia. I germani erano sani, rispettosi della legge e monogami. Ma i giorni
trascorsi sdraiati intorno al fuoco in ozio non contavano come degene­
razione e tutti i germani bevevano pesantemente. Le usanze di sepoltura
erano semplici: gli uomini venivano bruciati in una pira con le loro armi e
talvolta con il loro cavallo, poi su di loro si stendeva una collinetta erbosa.
Non sappiamo come venissero sepolte le donne.
Questi erano i bellicosi popoli germani dell'ovest. I germani orientali
che Tacito ch iama Suebi, erano piuttosto diversi. Anche loro erano guer­
rieri e rozzi, ma la loro caratteristica peculiare erano le acconciature elabo­
rate. Gli uomini si pettinavano tutti i capelli all'indietro e li annodavano
sulla nuca o sulla cima della testa per sembrare più alti e terrificanti. La
lpopoli gennanici 161

loro religione sembra che fosse sciamanistica - implicava infatti l a tran­


ce e la possessione - e devota alle dee quanto agli dèi. I semnoni che al
tempo di Tacito vivevano a Brandeburgo, vicino all'attuale Berlino, ma
che successivamente migrarono a sud e divennero la confederazione degli
Alemanni, si sarebbero incontrati a intervalli regolari in un'antica foresta,
a lungo nascosta dal tempo, per sacrificare un essere umano all'inizio di
ognuno dei loro rituali. Il luogo d'incontro includeva un boschetto in cui
nessuno poteva entrare a meno che non fosse legato e ciò per ((sminuire
sé stessi in modo da manifestare apertamente il potere della divinità» . 1 1
Questo può essere letto come una descrizione di possessione trance, così
come accade nella santeria con il concetto di essere "guidati" dalla divinità.
Come ultima cosa avrebbero finito per personificare la divinità come nella
moderna pratica Wicca. Se la persona nel bosco cadeva incidentalmente
(ancora un'altra possibilità della trance) non era autorizzata a rimettersi in
piedi, ma doveva strisciare a terra fuori dal luogo. Tacito considera tutto
ciò come una "superstizione" nel senso moderno e accenna al fatto che
l'idea nasceva dalla convinzione dei semnoni che il bosco era la casa del dio
all'origine della loro razza e che governava su tutte le cose, tutto il resto era
soggetto a lui e parte della sua casa. Come custodi del bosco i semnoni si
consideravano il clan capo dei suebi.
Contrariamente a tutti gli altri popoli incontrati finora, le tribù germa­
niche tracciavano tutta la discendenza umana a partire da un dio. Jordanes,
lo storico dei visigoti, riporta che questi popoli veneravano i loro antenati
sotto il nome di Anses, così come anche un dio equivalente di Marte. A
quest'ultimo offrivano le primizie dei loro bottini di battaglia, appenden­
doli ai tronchi d'albero. La tradizione pagana nordica di sacrificare il bot­
tino agli dèi è riportata anche da Orosio nel suo resoconto1 2 della sconfitta
di una forza militare romana da parte dei cimbri della bassa vallata del
Rodano nel 1 05 a.C. I cimbri occuparono due campi militari romani e
procedettero al sacrificio di tutto ciò che trovarono in adempimento a un
voto agli dèi.

Gli indumenti furono strappati e gettati via, oro e argento lanciati nel fiu­
me, l'armatura dei soldati ridotta in brandelli, le imbracature dei cavalli
distrutte e gli stessi cavalli buttati nel fiume, e gli uomini furono appesi
agli alberi cosicché non ci fu bottino per i vincitori né grazia per i vinti.
1 62 Storia dei pagani

Analogamente Cesare riferisce che anche i celti dedicavano i bottini di


guerra, 13 ma il tutto veniva accatastato in mucchi su un terreno consacrato
invece che appeso agli alberi o nei templi. Jordanes menziona inoltre che i
visigoti avevano l'usanza di praticare sacrifici umani che finì con il periodo
in cui raggiunsero il mar Nero.
Non è chiaro se le dee venerate dalle tribù orientali fossero viste anch'es­
se come antenate divine o solo come protettrici. Le tribù intorno alla foce
dell'Elba a sud dell'attuale Danimarca erano quelle che, come si sa bene
ora, veneravano Nerthus, Madre Terra. Pensavano che intervenisse nelle
questioni umane e andasse in giro tra la sua gente in un carro trainato
da mucche. Il sacerdote di Nerthus sentiva quando la dea era pronta per
lasciare il suo santuario sull'isola e poi con profonda riverenza avrebbe
seguito il carro nel giro attraverso le terre della sua gente, il che sarebbe
stata un'occasione per una festa generale, l'unico momento in cui queste
persone bellicose deponevano le armi. Alla fine del percorso, il carro e il
suo contenuto sarebbero stati lavati in un lago dagli schiavi che poi veniva­
no annegati. Nessuno era autorizzato
a vedere la dea nel dolore della morte.
Abbiamo già visto immagini portate
in parata e poi lavate ritualmente da
greci e romani, ma il finale cruen­
to è un tocco arcaico che questi non
condividevano.
I Naharvali che vivevano vicino
alla sorgente dell'Oder, sul Riesenbir­
ge, praticavano un'antica religione che
prevedeva un prete in abiti femmini­
li nel presiedere ai rituali per gli Alci
(che probabilmente significa sempli­
cemente 'dèi') , dèi gemelli, equivalen­
ti nell' interpretatio romana a Castor e
Polluce. Il prete in abiti femminili è
tipico delle religioni che utilizzano la
trance rituale. Abbiamo già visto i gal­
li, sacerdoti castrati del culto estatico
Santuario romano-frisiano della dea Neha-
della grande madre dell'Asia Minore,
lennia, situato sull'isola sacra di Walcharen,
Paesi Bassi che secondo Apuleio si vestivano da
l popoli gennanici 1 63

donne, e nello sciamanismo orientale l'uomo sciamano si traveste in segno


di separazione dalla vita normale. Tuttavia Tacito non ci informa sui det­
tagli del culto degli alci. Ancora più a est in quella che ora è la Lituania, lo
scrittore ci parla della tribù degli aestii (il cui nome sopravvive in quello
degli estoni) . Parlavano una lingua come quella dei bretoni, veneravano la
madre degli dèi e portavano il suo emblema, l'immagine di un cinghiale
selvatico, come protezione anche in situazioni in cui sarebbero servite le
armi. Sembra che i devoti al servizio di questa dea fossero considerati in­
toccabili, protetti dalle turbolenze della vita normale. Il cinghiale era un
animale sacro anche ai celti e nella religione tardo germanica era sacro a
Freya e a Frey, portatori di successo e abbondanza. Gli aestii erano anche
raccoglitori di ambra, un altro simbolo di Freya nella mitologia successiva
e Tacito ci dice che erano ignari del valore che aveva tra i mercanti romani.
Questo risulta improbabile perché i percorsi dell'ambra operavano tra il
Baltico e il Mediterraneo fin dal tempo degli etruschi.
Per finire, Tacito menziona i sitoni, uguali, sotto tutti gli aspetti, alle
altre tribù, tranne per il fatto che erano matriarcali. Sembra che tra le tribù
germaniche orientali una figura femminile, una dea o anche una donna re­
ale, portasse un'autorità maggiore rispetto alle tribù dei germani ad ovest,
le cui divinità erano tutte descritte come dèi e per cui non sentiamo af­
fermazioni come quella riguardo ai bretoni che "non facevano distinzione
di genere tra i sovrani". Riguardo la religione degli ostrogoti e dei visigoti
sappiamo poco. La storia del martirio di san Saba nel tardo IV secolo da
parte dei visigoti descrive la morte per annegamento che può essere stato
un metodo rituale di morte come nel caso degli schiavi di Nerthus. Per di
più le tribù intorno al mar Nero, inclusi i goti, sono descritti da molti scrit­
tori come adoratori del dio della spada. Secondo Ammiano Marcellino, gli
alani (un popolo mongolo ma tipico di quest'area) «conficcano una spada
disegnata nel terreno e la onorano come dio della guerra e protettore delle
loro case». 14 Un simbolo identico di un dio della guerra e anche della giu­
stizia si trova nei resoconti del dio nordico Tyr, il cui attributo è una spada
e la cui runa, che ne condivide il nome, ha la forma di una freccia con la
punta in su o una spada stilizzata. Registri del tempo delle incursioni goti­
che, però, non ci dicono nulla delle loro dee.
1 64 Storia dei pagani

Sacrari e santuari

I luoghi sacri germanici e nordici mostrano la stessa evoluzione rilevata


nelle altre aree considerate finora. Le caratteristiche più basilari sono quelle
naturali. Nell'Islanda del X secolo i Landvtettir (esseri terreni, spiriti della
terra) avevano campi o cascate consacrate per loro. Il Landndmabok (6,6) ,
il registro degli stanziamenti islandesi, descrive il culto presso cascate, grot­
te e colline sacre in cui le anime passavano alla morte. Helgafell era così
sacra che nessuna persona era autorizzata a guardarla senza prima essersi la­
vato . 1 5 Su queste terre consacrate, nessuno poteva urinare, non si potevano
emettere odori flatulenti e nessun essere vivente poteva essere distrutto. 1 6
I luoghi sacri nel paesaggio erano contrassegnati da immagini sulle
colline, alberi della cuccagna, labirinti e tumuli di pietre. Questi ultimi
si costruivano dove erano state celebrate importanti cerimonie d'offerta,
conosciute come b/Ots (la parola b/Ot significa sacrificio di sangue. È impa­
rentato non solo con il 'blood' dell'inglese contemporaneo ma anche con
'blessing', benedizione) . Ciascun tumulo aveva un nome commemorativo
(ad esempio Flokavarda, Landndmabok 1 .2) . Spesso, si trovavano nei pressi
di importanti frontiere. Weland's Stock, un mercato di confine vicino a
Whiteleaf nel Buckinghamshire, segnalato su una mappa del 903 , 1 7 era un
albero della cuccagna o un simbolo fallico sacro al dio fabbro Wayland.
Il più celebrato tra tutti questi pali era quello chiamato lrminsul che si
trovava a Eresburg (ora Ober-Marsberg, in Westfalia, Germania) . La Tran­
slatio S. Alexandri (cap. III) afferma che i sassoni veneravano «una grande
colonna di legno sistemata all'aperto. Nella loro lingua si chiama /rminsul
che in latino significa 'una colonna universale'». I labirinti erano usati nei
riti di primavera, nella magia meteorologica e nelle cerimonie dei morti
(come a Rosaring, Laasa, Uppland, Svezia dove una "strada dei morti" e un
labirinto in pietra erano adiacenti a un luogo di sepoltura) . 18
L'anglo-sassone Wih era un'immagine senza protezione posizionata
all'aperto. Un esempio importante di questa categoria di luoghi, dove il
culto si svolgeva all'aperto, è il nordico Vé: una recinzione sacra, rettango­
lare, poliedrica o triangolare, circondata da pietre erette o steccati consa­
crati di paletti di nocciolo (e corde) nota come Vébond. Questi potevano
essere sistemati temporaneamente, come quando la comunità si riuniva
per testimoniare il pagamento di un debito o la pronuncia di un giura­
mento. Il combattimento rituale aveva luogo anch'esso nel Vébond e il ring
I popoli germanici 1 65

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Pagan Vé at Jellinge Christianised Vé

Jellinge 1 1-1 1 1

Piantina del Vé regale (recinto sacro) nella forma pagana a sinistra e in quella cristiana a destra, a
Jellinge in Danimarca. In quello cristiano i confini dei recinti sacri sono rimasti immutati, mentre
il sacro centro è stato usato per posizionare una chiesa. I.: avvento della chiesa ha alterato di poco
le tradizioni di geomanzia pagane e l'uso dei luoghi sacri.

della nostra boxe è una reminescenza di quella pratica. Più sviluppato è il


Trref (anglo-sassone) , lo scandinavo H0rgr o Horgr (letteralmente "super­
ficie rocciosà') che era un sacrario coperto da una tenda, un tabernacolo
o un padiglione che riparava un altare o un'immagine sacra. Un edificio
sacro recintato era l'Hof, un comune atrio della fattoria, dove si osserva­
vano regolarmente festività come quelle per annunciare le stagioni. I.:Hof
166 Storia dei pagani

era diviso in due sezioni: lo skali, o ingresso vero e proprio, e l' afhus, un
santuario, dove si tenevano oggetti e immagini sacre.
Nonostante molte osservanze religiose avessero luogo in un Hof, c'era­
no anche templi completamente chiusi in legno (l'anglo-sassone Ealh) .
Templi importanti a divinità del Pantheon nordico si trovavano a Jellinge
in Danimarca, a Sigtuna e a Uppsala in Svezia, a Trondenes, Lade, Ski­
ringssal, a Mreri in Norvegia e a Dublino in Irlanda. Il tempio di Uppsala
aveva una pianta quadrata, come quello del dio Prussiano Svantovit ad
Arcona sull'isola santa del Baltico Riigen. In Islanda ogni contadino di una
località pagava le sue offerte a un tempio anche se era dovere del sacerdote
del tempio mantenerlo a sue spese. Erbyggja saga documenta un tempio
costruito da 1h6r6lfMostrarskegg a 1h6rsness su Snrefellness. 1h6r6lf por­
tò con sé i pilastri della sede superiore del suo tempio originale in Norvegia
e li gettò in mare fuori dalla sua barca; sulla spiaggia dove fossero approda­
ti, sarebbe stato costruito un nuovo tempio. Sembra che questa fosse una
pratica diffusa, perché quando Thorhadd il vecchio, sacerdote del tempio
a Thrandheim in Mreri, emigrò in Islanda, portò con sé la terra sotto il
tempio e i pilastri (Landndmab0k,4,6) . Dopo la terra su cui si ergono, gli
alberi, i pali e le aste sono le cose più sacre di queste recinzioni sacre, inclu­
so il boschetto, il Vé e il tempio. Il pellegrinaggio verso siti ancestrali non
era sconosciuto a nord: l'islandese Lopt faceva un pellegrinaggio al tempio
di suo padre in Norvegia ogni tre anni per venerarlo (Landndmabok,5,8).
I.: entrata del tempio di 1h6r6lf era sulla parte laterale, vicino al fronto­
ne. Subito dopo la porta c'erano i pilastri della sede superiore, incastonati
con i "chiodi divini" che segnavano il confine del santuario. All'interno
del tempio un cancello contenente un altare intorno al quale si trovavano
le immagini degli dèi. Su questo altare c'era un anello sacro, indossato dal
sacerdote del tempio durante le riunioni pubbliche e sul quale si pronun­
ciavano i giuramenti. Sull'altare era situata anche una scodella sacrificale
con un aspersorio per il sangue. Il tempio a Uppsala fu descritto intorno
al 1 200, forse un centinaio d'anni dopo la sua distruzione, da Adamo di
Brema: «in questo tempio completamente ornato d'oro, le persone adora­
no le immagini di tre dèi [ . . . ] i sacerdoti sono assegnati a tutti i loro dèi,
perché offrano sacrifici a nome delle persone». Il tempio del Thor nero a
Dublino, chiamato il "castello dorato", fu saccheggiato dal re irlandese
Mrel Seachlainn nel 994, che lo privò di tutti i suoi tesori sacri, tra cui
l'anello d'oro. 1 9
I popoli germanici 1 67

Quando fu imposto il cristianesimo, i siti pagani più importanti furo­


no occupati per costruirvi delle chiese. Il Vé a Jellinge in Danimarca è un
primo esempio. Allo stesso modo a Gamla, Uppsala, in Svezia, è esistito un
grande tempio di legno fino al 1 1 00. Si pensa che quel sito sia nato come
grotta sacra per poi evolversi in un H0rgr e poi in un tempio. Sul posto fu
costruita una cattedrale. D'altra parte, durante il periodo anglo-sassone e
poi vichingo, le sepolture pagane si facevano all'interno di recinzioni sacre
che erano state ripaganizzate. La cattedrale di Peel dell'isola di Man pos­
sedeva tumulazioni pagane nordiche successive ad altre cristiane. La pietra
tombale dell'età vichinga incisa con l'alfabeto runico, trovata nel 1 8 52 nel
cortile della cattedrale di St Paul a Londra, che potrebbe essere stata scolpi­
ta da un esperto di rune svedese, rappresenta un esempio rilevante. 20

Il calendario festivo germanico

Tacito nella Germania (26) , ci narra che i germani avevano solo tre
stagioni: primavera, estate e inverno. Circa l 000 anni dopo, il libro della
legge d'Islanda descrive un anno diviso in due: inverno ed estate. In realtà
sembra che gli antichi Germani avessero un anno diviso in sei fatto di corsi
di sessanta giorni o "doppi mesi" come li dovremmo chiamare. Nell'età
vichinga (dopo l'VIII secolo) c'erano due mesi in stile romano chiamati Li­
tha in estate e, inoltre, il calendario della chiesa gotica del VI secolo chiama
il mese romano di novembre "il primo Yule" stando a significare che una
volta ce n'era un secondo, ossia dicembre. Il venerabile Beda, un monaco
anglosassone che scrive intorno al 730, registra in modo analogo un dop­
pio Litha a luglio e agosto, più un periodo "Giuli" nei mesi di dicembre
e gennaio. Quindi abbiamo i nomi di due dei presunti vecchi periodi di
sessanta giorni, ma sfortunatamente nessuno degli altri. I.: anno germanico
di sei parti, apparentemente divise da tre festività principali, è l'antenato
dei nostri quadrimestri legali e universitariY
Come l'anno celtico anche quello germanico cominciava all'inizio
dell'inverno con un festeggiamento equivalente al Samhain celtico. In Ger­
mania e in Francia fu successivamente assorbito dal giorno di San Martino
( 1 1 novembre) e in Inghilterra dalla festa di Ognissanti ( l novembre) .
Segnava l'inizio dell'anno finanziario: si dovevano pagare le tasse e altre
somme dovute come la rata triennale dello stipendio della servitù fem-
1 68 Storia dei pagani

,., c.Aifl.·,.

Il cerchio dello spazio-tempo diviso in 8 spicchi, tipico della tradizione nordica da Rimbegla di
Stephan Bjiirnssen, Copenaghen, 1 780. Nideck Picture Collection

minile e la prima rata di un qualche prestito. Gli incarichi valevano dal


giorno di san Martino di un anno a quello dell'anno successivo e i conti si
rifacevano allo stesso periodo. In Scandinavia, dove l'inverno inizia prima,
la festività era conosciuta come 'notti d'inverno' e cominciava il giovedì tra
il 9 e il 1 5 ottobre.
Il secondo quadrimestre iniziava a metà marzo, più o meno in corri-
lpopoli germanici 1 69

spondenza della Pasqua, metà quaresima o al giorno di santa Gertrude ( 1 7


marzo) . Le festività pagane di quel periodo si sono conservate nella Pasqua
come ad esempio le uova di Pasqua, prese dal paganesimo baltico (vedi
capitolo VIII) e la lepre o il coniglio pasquale, che richiama le lepri sacre
delle tribù britanniche. Marzo o Pasqua erano la seconda delle tre fasi che
riguardavano i pagamenti, il controllo e la scelta del bestiame e i tre periodi
dell'anno coltivabili. In Olanda i quattro mesi dal 1 5 marzo al 1 5 luglio
si chiamavano "maggio" .22 In Scandinavia dove né l'influenza romana né
quella cristiana sono state evidenti fino circa all'anno l 000, l'anno comin­
ciava un mese prima, a ottobre, e la sua seconda festa, quattro mesi dopo,
è documentata nella saga di Olaf il Santo (cap. 77) come «la principale
offerta di sangue della Svezia [ . . . ] a Uppsala, nel mese di G6i [febbraio] » .
S i tenevano poi u n mercato e una fiera m a con l'arrivo del cristianesimo
in quei luoghi il mercato fu spostato al Candlemass (2 febbraio) e durava
solo tre giorni.
L ultimo periodo cominciava a metà luglio, successivamente fatto coin­
cidere al Lammas (l agosto) . In Germania, in Francia e in Inghilterra so­
pravvive come data legale e agricola. Le pecore non si potevano tosare
prima di quel giorno, e nelle settimane precedenti quelle più deboli dove­
vano essere messe all'ingrasso per una prima vendita.23 Il pascolo estivo per
le pecore e il bestiame finiva spesso al Lammas e per indicare un pascolo
utilizzato fino a quel momento dell'anno si usava l'espressione 'Lammas
land' . In Scandinavia la terza parte iniziava un mese prima ed era cono­
sciuta come "in estate", un sacrificio "per la pace e l'abbondanza dell'anno"
(saga di Olaf Tryggvason, cap.74) . Cominciava il giovedì tra il 9 e il 1 5
giugno. In Islanda questa festa diventò la data dell'assemblea annuale ge­
nerale, o Allthing.
La divisione a metà dell'anno germanico è conosciuta meglio, poiché
la sua versione scandinava è stata preservata nel libro della legge islandese
del XX secolo. Il giorno d'estate, l'inizio della metà estiva dell'anno, era nel
giovedì tra il 9 e il 1 5 aprile, opposto al giorno d'inverno che cadeva tra
il 9 e il 1 5 ottobre. In Inghilterra, in Germania, nei Paesi Bassi e Francia
del nord il calcolo di metà anno dopo l'inizio dell'inverno portava l'inizio
dell'estate a metà maggio. Ciò fu successivamente assimilato al giorno della
Pentecoste o giorni della rogazione, e in Francia e in Inghilterra prese alcu­
ne delle caratteristiche del Beltane celtico. Nell'Europa medioevale le due
divisioni date da San Martino (novembre) e Pentecoste (maggio) scandiro-
1 70 Storia dei pagani

no i resoconti di metà anno della municipalità fino al XVI secolo, quando


la Pasqua e San Michele li rimpiazzarono. La Pentecoste era celebrata in
stile pagano con giochi, processioni, gare di cavalli e festeggiamenti.24 I
giochi della Pentecoste continuarono fino al periodo dell'alto medioevo
sotto forma di tornei familiari per tutti i lettori dei romanzi arturiani, e in
tempi moderni nel nord d'Inghilterra sono sopravvissuti come carnevali
locali con bande, carri e fanciulle danzanti adornate di fiori.25
Nell'età vichinga l'anno pare che fosse diviso in quattro e i riferimenti
alle date di tre o quattro festività sono ambigui. Le fonti scandinave descri­
vono una festa di metà inverno tra il 9 e il 1 5 gennaio. In Norvegia, il re
cristiano Hakon il buono (940-963) «fece una legge per cui lo Yule doveva
essere tenuto contemporaneamente a quello dei cristiani. Ma prima era
stato tenuto nella notte hiiku, che è la notte di metà inverno e durava tre
notti». Ora, nell'anno germanico originale, Yule non era il nome di una
festa ma di un periodo di due mesi. Secondo Tille,26 l'Ynglingasaga non
fa menzione di una festa Yule prima dell'840: la festa principale è quella
delle notti d'inverno a metà ottobre. Dall'840 al 1 000 le notti d'inverno
e lo Yule sono menzionati con uguale frequenza e dopo l'anno 1 000 lo
Yule diventa la festa principale. Dal momento che la Scandinavia adottò il
cristianesimo in questo periodo la cosa non è sorprendente. C'era però un
festival pagano per il solstizio d'inverno?
Il monaco inglese Beda, intorno al 730 afferma che gli antichi angli
cominciavano il loro anno il 24-25 dicembre. Egli si riferisce a questo non
come Yule (per lui questo è il nome dei mesi di dicembre e gennaio) , ma
come notti madri. 27 Nell'VII secolo la chiesa cominciava il suo anno a Na­
tale, ma il calendario romano da cui derivava quello della chiesa, comincia­
va con le calende di gennaio. Ogni altra prova mostra l'anno nord europeo
che inizia con le notti d'inverno o Samhain. Beda stava riferendo un'abi­
tudine angla altrimenti sconosciuta, magari sacra alle tre dee conosciute
come le madri? È possibile, ma Tille sostiene, che egli potrebbe anche aver
descritto un adattamento pagano della festa importata del Natale.
Le usanze di metà inverno che furono associate alla nascita di Cristo
erano, come abbiamo visto, adattamenti nordici dei Saturnalia romani.
Ma il solstizio d'estate sotto la sua data, fissata il 25 giugno, divenne una
festività popolare all'inizio della storia germanica. La parola tedesca Son­
nenwende si riferisce sempre, nei testi medioevali, al solstizio estivo, non a
quello invernale. All'inizio del VII secolo il vescovo Eligio di Noiona nelle
I popoli germanici 171

Fiandre criticava i canti,


le musiche e i salti prati­
cati dalla folla il 24 giu­
gno.28 Nella Germania
medioevale questa stessa
data, adottata nel cri­
stianesimo come vigilia
di san Giovanni, era una
notte di baldoria dove, in
particolare i ragazzi alle
prime armi, diventava­
no indomiti. In alcuni
stanziamenti scandinavi
il solstizio rimpiazzò il
periodo delle offerte esti­
ve del 9- 1 5 giugno. Liso­
la di Man in Britannia
mantiene il parlamento
fondato dai vichinghi,
che si tiene su una col­ Stampo per dolci natalizi del XVI I I secolo, che mostra la
dea rotante, provvista di corna. Siccome le tradizionali forme
lina artificiale chiamata per dolci, pasticcini e biscotti sono fortemente conservatrici
Tynwald (pianura dell'as­ riguardo alle immagini, vengono mantenuti i motivi pagani
semblea) , il 25 giugno di
ogni anno. La cristianizzazione ha fatto sì che ogni delegato quel giorno
indossi un rametto di erba di san Giovanni. Nella moderna Scandinavia
i falò di metà estate si accendono in quel giorno e l'usanza di far rotolare
ruote infiammate giù dalle colline persiste in nord Europa.

I franchi e i sassoni

A metà del III secolo, le tribù più vicine al Reno si erano raggruppate
tutte sotto il nome di franchi, che significa audaci e pieni d'ardore. A sud
alcuni dei suebi si erano riformati in "All-men" o alemanni e iniziavano a
minacciare l'Italia e la Gallia del sud. Verso la fine del secolo, le tribù cen­
trali si erano confederate come sassoni e stavano iniziando a espandersi.
Forzarono i franchi verso ovest e iniziarono anche delle incursioni marine
1 72 Storia dei pagani

nella Britannia del sud e nella Gallia del nord, causando devastazione. I
sassoni rimasero pagani per un altro mezzo millennio. In Britannia il loro
arrivo fu visto come uno scontro di fedi oltreché come una battaglia tra
civiltà e barbarie, e a vincere furono i barbari. Quanto il confronto sia stato
sanguinario è attestato dal loro unico storico, Gildas, che scrive circa un
secolo dopo l'invasione. La Britannia divenne una confederazione pagana
germanica governata da re che tracciavano la loro discendenza divina non
da Beli e da Anna, ma da Woden.
In Britannia la conversione al cristianesimo ebbe luogo nel VII secolo
più attraverso discussioni e cavilli legali piuttosto che con il massacro e la
demolizione dei templi. La missione cristiana mandata da Roma alla Bri­
tannia sotto Agostino nel 597 visitò il re di Kent, che, d'accordo sul valore
politico di avere un supporto continentale accettò di convertirsi e diven­
tare cristiano. Le autorità ecclesiastiche a Roma decisero che la Britannia
doveva essere convertita (ignorando l'esistenza della setta di cristianesimo
celtico delle zone non sassoni, che a sua volta aveva ignorato l'opportunità
di convertire gli immigrati) . Seguendo la pratica romana i missionari divi­
sero la Britannia in una provincia del sud, controllata da Londra, e in una
del nord, a cui faceva capo York. Mellito, uno degli assistenti di Agostino,
visitò Londra nel 603 e convinse Sebert, re dell'Essex, che doveva diven­
tare cristiano, come aveva fatto il suo potente vicino e potenziale nemico
a Kent. Il tempio pagano a Londra fu espropriato e divenne la capitale di
San Paolo. Ma questo non durò a lungo perché alla morte di Sebert nel
6 1 4 i suoi tre figli, Saxred, Sigebert I e Seward, che erano pagani, espulsero
i cristiani che fuggirono a Canterbury e considerarono persino di lasciare
definitivamente l'Inghilterra. La cattedrale di san Paolo fu riconvertita a
tempio pagano e l'antica fede prosperò a Londra per altri 4 1 anni. Durante
questo periodo il sistema ecclesiastico si stabilì nella sede temporanea di
Canterbury, che rimase il centro della nuova religione al posto di Londra.
Secondo gli autori cristiani, le guerre politico-religiose d'Europa sono
state elevate a lotte eroiche tra il bene e il male, quando in realtà la religio­
ne e la politica erano interconnesse. Ad esempio, il re cristiano celtico del
Galles, Caedwal II, combatté al lato di Penda, re pagano di Merda, contro
il re romano cristiano Edwin di Northumbria, uccidendolo nella battaglia
di Hatfield il 1 2 ottobre 633 . Quando Caedwal II morì, fu seppellito nella
Londra pagana. Seguendo la caduta della società celtico-romana, non tro­
viamo nessuna battaglia del "bene contro male", cristiani contro romani,
I popoli gennanici 1 73

come gli apologisti spesso tendono a raccontare. I re si convertivano al dio


che portava loro la vittoria e la prosperità, e per molti re il dio cristiano
aveva successo. In Inghilterra, il conflitto bene contro male è databile a
partire dalle guerre anglosassoni contro i danesi nell'VIII e nel IX secolo.
Nella stessa Sassonia, al contrario, gli abitanti pagani erano perseguitati
dall'esterno dai loro vecchi nemici tribali, i franchi, che nel frattempo era­
no diventati cristiani conservatori. Ancora una volta la religione era usata
per razionalizzare vecchi odi politici.
Alla fine dell'VIII secolo il monarca franco Carlo Magno condusse una
crociata religiosa e territoriale contro i sassoni. Nel 782 uccise 4500 pri­
gionieri pagani che rifiutarono di convertirsi nel luogo che ha dato il nome
alla città che oggi gli sorge vicino, Sachsenhain-bei-Verden. Le truppe
franche abbatterono l'icona sacra dei sassoni, /rminsul, il pilastro dei cieli,
e nel 78 5 il condottiero pagano Widukind fu battezzato. Carlo Magno
istituì la pena di morte per il rifiuto del battesimo e per altri aspetti di
continuità con la fede pagana.29 «Riguardo ad alberi, pietre e fontane dove
certe persone folli accendono torce o praticano altre superstizioni, noi or­
diniamo onestamente che l'usanza più diabolica odiosa a Dio, ovunque sia
scovata, debba essere rimossa e distrutta» .30 Nonostante questa repressione
i sassoni, nel 793, si ribellarono. Seguirono deportazioni di massa e una
seconda ribellione della Sassonia nell'870, che ebbe abbastanza successo da
restaurare il paganesimo per un po' di tempo.
Nonostante la lunga esistenza del paganesimo tra i sassoni sappiamo
poco sfortunatamente della loro religione. Sappiamo che alcuni di quelli
che invasero la Britannia veneravano un antenato divino, Seaxnot, un dio­
spada totemico. Gli altri tracciavano la loro discendenza partendo dal dio
della tempesta Woden. Possiamo sostenere che lrmin, l'essere santo dei
sassoni continentali, era un dio del cielo, il cui nome si era sviluppato da
quello dell'antenato mitico del I secolo Herminone. Il condottiero germa­
nico che respinse i romani nell'anno 9 era anch'egli chiamato Hermann
(in latino Arminius) . Si potrebbe trattare del medesimo antenato. William
A. Chaney ha presentato un caso dettagliatamente argomentato riguardo
al fatto che i re anglosassoni fossero mediatori tra cielo e terra, i portatori
di "fortuna" tra la loro genteY Quando veniva meno questa fortuna nel
regno il re poteva essere deposto o ucciso. Una caratteristica di questo
sistema è che ogni abuso di potere regale sarebbe stato particolarmente
difficile ciò richiama il commento di Tacito sulla franchezza e l'ingenuità
1 74 Storia dei pagani

delle tribù germaniche (Germania,22,4) . I re anglo­


sassoni svilupparono anche l'abitudine di sposare, al
momento dell'ascesa, la vedova del loro predecessore.
Anche il nuovo re cristiano Canuto lo fece nel 1 0 1 8 .
Dal momento che gli angli e i frisoni che colonizza­
rono quella che sarebbe diventata l'Inghilterra erano
in origine gli adoratori della dea Nerthus, è stato
suggerito che si potesse trattare di una caratteristica
matrilineare. Attraverso questi matrimoni i nuovi re
si potevano identificare con la detentrice femminile
del potere, una rappresentante della sovranità del re­
gno come le dee irlandesi. 32
I franchi di Carlo Magno erano i germani dei Pa­
esi Bassi e del Reno. Erano entrati in contatto con
la civiltà gallo-romana nel I secolo a.C. e occuparo­
no un paese di confine poco accogliente, che tuttavia
ospitava la capitale di tutte le province galliche: Trèves
o Trier (Treviri) . La loro storia come nazione inizia nel
446 quando presero Tournai, probabilmente sotto la
leadership del semileggendario e semidivino Mero­
pe, letteralmente "lottatore del mare" . Merope die­
de il nome alla dinastia merovingia, i cosiddetti "re
dai lunghi capelli", che, nello stile del tardo impero,
diventarono monarchi solo nominalmente, mentre
il loro ministro capo, il "maggiore di palazzo" aveva
il potere esecutivo. Portare i capelli lunghi e la bar­
ba sembra che fosse una caratteristica liturgica del
sacerdozio pagano. Esiste un'immagine a riguardo
nel Wiirttembergische Landesmuseum a Stoccarda.
È una statua di un sacerdote pagano svevo con la
barba, con i vestiti che ancora trattengono le tracce
di una colorazione rossa e i capelli raccolti in dieci
treccine lunghe fino alla vita. Il Wildberger Mann
fu ritrovato in un muro a Wildberg (vicino a
Immagine proveniente da Calw, Baden-Wiirttemberg) nel 1 698 e fu datato,
Wildberg, probabilmente
su base stilistica, al XIII secolo. Una figura simile,
raffigurante un religioso in
abiti da cerimonia ritrovata a Ekaterinoslav, nella Russia del sud, è
l popoli germanici 175

situata nel Pitt-Rivers Museum a Oxford, il Kamene Baba. Anche questa


presenta i caratteristici capelli intrecciati ma non porta la barba perciò, pur
non avendo i seni, si è ipotizzato che fosse una donna.
Nel 487 i re merovingi dei franchi erano ancora a capo del loro popolo.
In quell'anno Clodoveo conquistò Syagrius, l'ultimo condottiero gallo-ro­
mano, a Soissons e occupò la Gallia del nord. A un certo momento, tradi­
zionalmente nel 496 ma con più probabilità nel 503, Clodoveo si convertì
al cattolicesimo cristiano e perciò sostenne l'Impero romano (cattolico)
per le sue ambizioni militari. Nel 496 sconfisse gli alemanni nel sud-ovest
del suo territorio e spostò la capitale a Parigi. Poi, con la benedizione della
Chiesa, si accollò i goti ariani. Nel 507 sconfisse Alarico li a Vouillé e con­
finò i goti ai Pirenei francesi e in Spagna. La battaglia di Clodoveo contro
i burgundi che si erano stanziati nella vallata del Rodano, fu vinta nel 534:
le truppe furono incorporate all'impero franco e sparirono come nazione.
Le loro canzoni tuttavia non fecero la stessa fine. La storia della battaglia
tra il re burgundo, Gundahar, e il capo unno, Attila, insieme ad altre fi­
gure storiche come la regina Brynhild, furono commemorate in un'epica
che diventò la Nibelungenlied, alla base dell'opera di Wagner L'Anello del
Nibelungo.
Il culto germanico degli antenati divini, che vivevano attraverso il loro

Immagini dal Gallehus Horn


1 76 Storia dei pagani

rappresentante sulla terra, il re, fu trasformato in obbedienza all'unzione


del Signore e a partire dall'inizio dell'VIII secolo seguì l'eclissi dei mero­
vingi da parte dei loro ministri capo. Questi ultimi, gli arnolfingi e poi i
carolingi, trattennero un controllo ereditario del potere e quando lo assu­
mevano ricevevano l'unzione dai loro vescovi. All'incoronazione di Carlo
Magno nell'800, il significato fu esteso. Proprio come nella chiesa orien­
tale il patriarca di Costantinopoli consacrava l'imperatore acclamandolo
durante l'incoronazione, così Carlo Magno acconsentì a una procedura
simile eseguita dal papa a Roma. Durante la messa del giorno di Natale il
papa posizionò la corona sulla testa di Carlo Magno, si inchinò di fronte
a lui e lo proclamò imperator et augustus, gli antichi titoli dell'imperatore
romano vittorioso. Lesercito di Carlo Magno diventava così un esercito a
servizio della Chiesa romana. Tutto ciò significava anche che Carlo Magno
non era più soltanto il capo di un popolo o di un territorio, com'erano i re
anglosassoni, ma era il re della cristianità occidentale, e in quanto tale, po­
teva condurre crociate religiose. Il mito dell'Impero romano che combatte
per la civiltà contro la barbarie, era stato amplificato dal mito di un'unica
vera fede che si faceva tutt'uno con l'impero. Ciò divenne in seguito la
giustificazione di tutte le crociate territoriali. La conquista normanna d'In­
ghilterra nel l 066 fu pensata in parte come estensione della Chiesa romana
sulla semi indipendente Chiesa d'Inghilterra. Linvasione normanna d'Ir­
landa, un secolo più tardi, fu presentata come volontà di portare la civiltà
cristiana a persone «cristiane solo di nome ma pagane nei fatti» .33 E le cro­
ciate franche contro i pagani dell'Europa orientale, che considereremo in
dettaglio nel capitolo IX, erano viste come una colonizzazione giustificata
e necessaria di persone la cui religione era in grado di renderle meramente
umane. Tuttavia la crociata di Carlo Magno era una corsa arida agli svilup­
pi futuri che non si cristallizzò completamente finché l'ascesa di Otto I nel
936 non diede vita al Sacro Romano Impero.
In Britannia era passato più di un secolo dal periodo della "doppia fede"
quando re R.cedwald dell'Anglia dell'est (m. 625) era stato in grado di avere
«un altare per offrire sacrifici a Cristo e uno per offrirli ai demoni»,34 ed
era poi stato sepolto, sempre che fosse lui, nel magnifico tumulo sepolcrale
pagano a Sutton Hoo. Il sinodo di Whitby nel 663 aveva amalgamato la
Chiesa con la gerarchia situata a Roma, rimpiazzando lo schema irlandese
di singoli eremiti, predicatori viaggianti, vescovati indipendenti e comuni­
tà monastiche portate nella Britannia del nord durante il VI e VII secolo.
I popoli germanici 1 77

Improvvisamente, la Britannia era di nuovo parte di una comunità inter­


nazionale e i re insieme ai vescovi, di conseguenza, utilizzavano i poteri
politici. Nel 677, il vescovo di York Wilfrid, nel viaggio verso Roma per
appellarsi contro una decisione di re Ecgfrith di Northumbria, naufragò
sulle coste della Frisia e colse l'occasione per predicare agli abitanti. Fu
aiutato nel suo tentativo dal ministro capo di allora dei franchi, Pipino Ar­
nulf, e l'ambizione politica ed ecclesiastica ancora una volta si strinsero in
una crociata antipagana. Nel 7 1 6 re Redbolg guidò una campagna pagana
contro gli intrusi, ma nel 7 1 9 il successore di Wilfrid, Bonifacio, iniziò a
distruggere i santuari e a sopprimere l'insegnamento pagano. Nell'anno
722, i capitani frisoni, Detdic e Dierolf, «pur professando il cristianesimo,
erano veneratori di idoli»35 e in Hessia e Turingia, negli anni Trenta del
700 «il credo e la pratica dei convertiti [al cristianesimo] erano ancora
ampiamente mescolati col paganesimo». In una lettera a papa Zaccaria,
Bonifacio parla persino di presbiteri di doppia fede che offrivano sacrifici
agli dèi del focolare così come al dio cristiano.36
Vari concili della Chiesa tenutisi in Germania invocarono la soppres­
sione delle pratiche del focolare, tra cui la divinazione, l'uso di amuleti, del
fuoco e l'offerta di sacrifici, sia alle vecchie divinità pagane che ai santi che
ne avevano preso il posto.37 Ma questi ebbero molto meno effetto di quan­
to la Chiesa volesse, perché c'era una resistenza continua su larga scala. Nel
732, ad esempio, fu riferito a papa Stefano che trenta chiese erano state
bruciate o distrutte da pagani nei territori franchi.38
Bonifacio, che non esitava a ricambiare i favori ottenuti, aveva con­
sacrato Pipino nel 73 1 come re dei franchi e di conseguenza depose la
dinastia merovingia con i suoi strani tabù pagani. Ma la ribellione pagana
che l'anno seguente distrusse trenta chiese portò a un'ulteriore rinascita e
il 5 giugno 754 Bonifacio e cinquanta colleghi furono uccisi nella Frisia
occidentale dai pagani che si opponevano alla conversione. Nel frattempo
però i franchi stavano attaccando i pagani in Sassonia e nel 785 i santuari
del dio Fosite, incluso quello sull'isola santa - Heligoland - furono distrut­
ti dai cristiani. Sembrava che il conflitto religioso in Europa occidentale
fosse finito, finché non entrò in campo un nuovo giocatore. Era iniziata
l'era vichinga.
1 78 Storia dei pagani

I vichinghi

La Scandinavia non aveva preso parte alla politica occidentale per mille
anni, da quando gli antenati dei goti avevano navigato la Vistola e iniziato
il loro percorso per la Crimea. La società norvegese, svedese e persino dane­
se era ancora basata su piccoli raggruppamenti tribali invece che su una più
ampia identità nazionale e l'etica del pascolo del bestiame e della guerriglia
fra clan prevaleva ancora su ogni possibilità di avanzamento all'interno di
una stati ca gerarchia sociale. Contrariamente agli irlandesi che avevano una
struttura sociale simile ma si consideravano parte della comunità cristiana
internazionale, gli scandinavi mantennero un'apparenza che l'Europa oc­
cidentale aveva superato alcuni secoli prima. Quando la conquista della
Frisia da parte di Carlo Magno lasciò indifese le rotte del mare del Nord
(i franchi non erano grandi navigatori) , i norvegesi e i danesi si misero in
cerca di bottino. Le loro tattiche e attitudini erano simili a quelle dei celti
che avevano spazzato e saccheggiato le terre mediterranee l 000 anni prima
e degli incursori germanici che si erano avventurati attraverso il Reno cin­
quecento anni più tardi, per catturare gli schiavi e i cavalli celtico-romani.
Ma nell'VIII secolo la maggior parte d'Europa aveva dimenticato quelle
tattiche e per un po' fu incapace di difendersi. La cattiveria dei vichinghi
veniva fatta risalire alla loro religione invece che al loro espansionismo o
all'organizzazione sociale primitiva, e le coste del nord Europa tremarono
di fronte alle incursioni dei pagani. Anche i commentatori moderni scri­
vono dei vichinghi come se questi ultimi stessero facendo una campagna
spregiudicata contro il cristianesimo senza avere «rispetto per la santità del-

Pietra funeraria dell'era vichinga, Brampton, England


l popoli germanici 1 79

le case religiose e del pacifismo degli abitanti» .39 Ma non c'è ragione per cui
avrebbero dovuto farlo. Le chiese e i monasteri erano pieni di ricchezze da
prendere e agli occhi di una società guerriera, se le loro comunità non ci te­
nevano abbastanza da difenderle, perché dovevano farlo gli stranieri? Nelle
antiche società guerriere un attacco alle divinità del nemico era un attacco
al nemico stesso. I goti distrussero il tempio di Artemide a Efeso nel 250
a.C., i romani distrussero i boschi sacri delle tribù recalcitranti, i bretoni
ribelli bruciarono il tempio di Claudio divinizzato a Colchester, senza che
questi fossero attacchi specificamente religiosi. I cristiani dell'VIII secolo
e i loro apologisti moderni dimenticano che il loro dio non era quello dei
nordici e che per questo non avrebbero avuto nessuna pietà. Le due parti
giocavano con regole differenti. Alcuni commentatori precedenti sostene­
vano che poteva esserci una ragione per un'amarezza religiosa specifica.

Molti [degli incursori] erano uomini che avevano sofferto dei mezzi di
forza impiegati da Carlo Magno per la conversione dei pagani. La loro
ostilità nei confronti del cristianesimo era perciò fiera e senza pietà; c'era
odio religioso, unito al desiderio di bottino nella rabbia che selezionava
chiese e monasteri come oggetti speciali. 40

Alcuni, o anche molti, individui potranno aver provato una gioia parti­
colare nel vendicarsi contro il dio che aveva ordinato tante atrocità contro
i loro santuari e le loro famiglie. Le atrocità cristiane però non furono con­
dannate con gli stessi toni di quelle vichinghe contro i santuari cristiani e i
loro guardiani. Nondimeno, come registrano le saghe, l'odio religioso non
era il motivo principale e nemmeno uno dei più importanti nell'onda delle
invasioni. I vichinghi andavano per saccheggiare.
Anch'essi divennero stanziali. Nell'ultima decade dell'VIII secolo i vi­
chinghi norvegesi colonizzarono le isole scozzesi, l'isola di Man e l'Irlan­
da. Sulle isole il cristianesimo era tollerato, ma gradualmente si estinse e
l'Irlanda si divise in due fedi. Nei tre secoli successivi la frangia a nord-est
dell'Europa divenne una vasta dinastia. I signori scozzesi delle isole erano
vichinghi. Nel IX secolo, a Hebridean, una donna cristiana chiamata Aud
la riflessiva, sposò il re di Dublino, rimase vedova, governò con suo figlio
Thorstein il rosso. Dopo la sua morte navigò per i mari del nord «con una
truppa di venti uomini liberi» forgiando alleanze dinastiche e stanziandosi
alla fine in IslandaY Più a sud, dove i sistemi politici erano più stabili, la
1 80 Storia dei pagani

società si muoveva più lentamente. La metà orientale dell'Inghilterra, dal


Tamigi al Tyne, fu catturata e ripaganizzata negli anni 60 dell'800 dai figli
del famoso vichingo Ragnar Lodbrok. Il Wessex si stava stabilizzando sotto
Alfredo il Grande (87 1 -90 1 ) , che era arrivato a Roma da ragazzo ed era
stato console onorario presso il papa. Alfredo riunì il sud dell'Inghilterra in
una grande e ufficiale confederazione cristiana. Stabilì un codice di legge,
usò la cultura dei monaci per portare la scolarizzazione tra la sua gente e
promosse lo sviluppo letterario degli anglosassoni. Fece anche conquiste e
stipulò trattati con i danesi che si erano sistemati a est, fondando il regno
cristiano dell'Anglia orientale con capitale a Godmanchester (Guthrum's
camp) , dopo aver sconfitto Earl Guthrum nella battaglia di Wedmore e
averlo obbligato a convertirsi. La Northumbria con la sua capitale a York,
fu scandinava e di doppia fede per quasi un secolo (865-954) sotto i re
danesi e nord-irlandesi con la connivenza di vari arcivescovi. A volte i re
erano pagani, a volte cristiani, ma non si ebbe luogo alcuna persecuzione
religiosa. Fu re Canuto ( 1 0 1 6- 1 035), il conquistatore danese del Wessex e
delle sue dipendenze inglesi, ad adottare il cristianesimo e a unire l'Inghil­
terra, la Danimarca, la Norvegia e le Ebridi in un unico impero.
A seguito della morte di Carlo Magno nell'8 1 4, i vichinghi danesi e
poi norvegesi saccheggiarono ampie zone della Francia, tra cui Bordeaux,
Parigi, Nantes, Tolosa e Orléans, e occuparono Chartres (l'antico centro
druidico della nazione) . Usavano i porti francesi per le incursioni nel Me­
diterraneo, inclusa la Spagna, il Marocco e forse Alessandria. I francesi
contrattaccarono, ma nel 9 1 1 re Carlo il Semplice si piegò alle circostanze
e invitò uno dei gruppi incursori a stabilirsi. Una delle condizioni era che
diventassero cristiani. La conversione fu accettata, i nuovi arrivati adotta­
rono le usanze romane come avevano fatto i franchi prima di loro e nel
l 066 invasero e conquistarono l'Inghilterra.
Anche se i normanni - gli uomini del Nord - erano ufficialmente cri­
stiani, generalmente la pratica di una doppia fede prevaleva. Una rinascita
del culto di Thor nel X secolo rese i cristiani una minoranza all'interno del
loro stesso paese,42 e successivamente il padre di Guglielmo il conquistato­
re divenne noto come Roberto il Diavolo a causa dell'aderenza alle vecchie
usanze. Ciononostante fu in Normandia che il futuro cristianizzatore della
Norvegia, Olaf il Santo, fu battezzato nel l O 1 3 e fu con l'approvazione
del papa che il duca Guglielmo invase l'Inghilterra nel l 066.43 I normanni
avevano adottato l'amministrazione centralizzata di stampo romano dal
l popoli germanici 181

suo guardiano contemporaneo, l a Chiesa d i Roma, e ancora una volta po­


litica e religione andavano di pari passo.
Nella patria dei vichinghi, la doppia fede era poco considerata. Mentre
nelle altre comunità, dalla Roma di Costantino al Wessex di Alfredo, il dio
cristiano aveva portato successo presso i seguaci, per gli scandinavi era vero
il contrario. I loro dèi avevano portato loro fortuna e non avrebbero volta­
to le spalle a quegli aiutanti divini per rischiare con una nuova religione. I
re spesso tolleravano i missionari cristiani ma i loro conti tendevano a pro­
nunciarsi contro di loro. Nel 963 re Hakon il Buono tentò di cristianizzare
la Norvegia, ma dovette abbandonare l'idea di fronte alla dura opposizione
dei suoi conti, determinati ((a mettere fine alla fede cristiana in Norvegia

Particolare di un elmo ritrovato a Vendei raffigurante Odino con i suoi due corvi. Uppland,
Svezia, VII sec.
1 82 Storia dei pagani

[ . . ] e costringere il re a un'offerta di sangue», cosa che fecero.44 Quando


.

Hakon morì gli fu fatto un funerale pagano in un tumulo a Sein nel Nord
Hordaland. Il suo scaldo, Eyvind Scaldaspiller, compose un'elegia pagana
su quanto il re «che aveva eretto i templi», fosse ricevuto bene in grazia a
Valhalla dagli "alti dèi". 45
Successivamente i figli cristiani di re Erik di Danimarca andarono in
Norvegia, distrussero i templi e abolirono i sacrifici pagani, ma furono
deposti e giustiziati dai nobili e i sacrifici tornarono leciti. Fu solo nel 998
che re Olaf Tryggvason, seguito da Olaf Haraldson, canonizzato sul letto
di morte nel l 033, rese la Norvegia cristiana con la forza armata, saccheg­
giando e bruciando i templi pagani e obbligando comunità dopo comuni­
tà al battesimo o alla morte, prendendo ostaggi per rafforzare la continu­
ità della religione cristiana. 46
Ciononostante molti pagani
erano disposti a essere tortu­
rati e a morire come martiri,
piuttosto che abbandonare il
loro credo. Olaf Tryggvason
ordinò che il veggente paga­
no, Thorleif il saggio, doveva
essere accecato. Fu cattura­
to dall'agente di Olaf e sop­
portò la sua tortura con una
compostezza talmente eroica
che i suoi torturatori fuggi­
rono dopo avergli strappato
un occhio. Eyvind Kelde (af­
fogato con i suoi camerati) ,
lron Skegge (ucciso mentre
difendeva il tempio a Mreri),
Eyvind Keinnrifi (torturato a
morte con i carboni ardenti)
Olaf Tryggvason di Norvegia dopo la vittoria sugli in­
glesi a Maldon. Sebbene convertito al cristianesimo,
e Raud il forte (torturato con
nel profondo Olaf rimase sempre pagano. Non solo un serpente velenoso e ferro
ospitava alcuni maghi alla sua corte, ma egli stesso fu incandescente) furono solo
un celebre indovino. Praticava l'ornitomanzia (ossia la
divinazione attraverso il volo degli uccelli) che gli valse
alcuni, tra i molti che mori­
il nomignolo di "Osso di corvo" rono per l'antica fede. Anche
I popoli gennanici 1 83

il capo vichingo Ragnar Lodbrok, ucciso dai cristiani in Northumbria, fu


considerato un martire e viene celebrato come tale dai seguaci contempo­
ranei di Asatru.
I norvegesi si erano stanziati in Islanda nel IX secolo, scappando al tu­
multo politico di casa. Anche se alcuni tra i primi arrivati erano cristiani,
l'organizzazione dell'isola era sostanzialmente pagana con la santificazio­
ne rituale della terra, la costruzione di templi e la partecipazione regolare
all'assemblea legale tenuta nei periodi di offerta. Quando l'Islanda adot­
tò il cristianesimo come religione di stato nell'anno l 000, non fu con la
persuasione o con la conversione, ma con un raggiro che fece scendere in
campo il legislatore Thorgeirr al fianco della Chiesa contro la fede dei suoi
antenatiY I documenti sopravvissuti mostrano che a nord, come da altre
parti, gli evangelisti cristiani usavano ogni metodo disponibile: la frode, la
truffa e la forza armata.
Seguendo il precedente biblico ebraico, le scritture cristiane riportano
di scontri magici tra preti cristiani e pagani, che venivano vinti dai primi
(ad esempio i fuochi santificati nella Saga Njal) . Ma a volte questa mano­
vra gli si rivoltava contro. Scrivendo sugli svedesi del XII secolo, un eccle­
siastico inglese contemporaneo affermava:

Gli svedesi e i goti sembrano certamente, finché tutto gli va bene, onorare
all'apparenza la fede cristiana. Ma quando le tempeste della sfortuna li
assalgono, se la terra nega loro il raccolto o i cieli la pioggia, le tempeste
impazzano o il fuoco distrugge, allora essi condannano (il cristianesimo)
[ . . ] ciò accade non solo a parole ma anche con le azioni, attraverso la
.

persecuzione di cristiani credenti che cercano di cacciare dal paesè.48

La Danimarca allo stesso modo resistette alla cristianizzazione. All'ini­


zio del IX secolo c'erano battaglie a favore e contro il cristianesimo, sotto
la pressione franca da sud. Nell'architettura della chiesa l'orientamento
a nord, dimora delle divinità nella religione scandinava, si scontrò con
l'orientamento verso est che il cristianesimo aveva adottato all'epoca di
Costantino, che era stato adoratore del sole. «Nelle chiese orientali e oc­
cidentali dei frisoni, che erano recentemente stati cristianizzati da Carlo
Magno, il re danese Gotrik (800 circa) aveva ridotto le porte a nord e for­
zava le persone ad attraversarle strisciando» .49 Nella metà del IX secolo, la
Danimarca collassò nell'anarchia e l'espansione vichinga iniziò seriamente,
portando alla creazione del Danelaw inglese e del Ducato di Normandia in
1 84 Storia dei pagani

Il tempio a Uppsala, Olaus Magnus, Svezia, incisione del XVI secolo

quella che ora è la Francia. Le comunità danesi furono unite sotto un unico
regno intorno al 950, governato dal formidabile Harald Gormsson, che
istituì la famosa comunità J6msvfking alla foce dell'Oder, portò la Norve­
gia sotto il suo controllo e impose spietatamente la cristianità in Danimar­
ca. Ciò fu enormemente risentito dagli abitanti e nel 988 il figlio di Harald
Swein cacciò suo padre dalla Danimarca riaffermando la vecchia religione.
Tuttavia le pressioni delle alleanze internazionali si rivelarono troppo forti
e Swein finì per essere un patrono riluttante del cristianesimo. Il suo figlio
più giovane Canuto, che conquistò l'Inghilterra e stabilì l'impero danese,
era come abbiamo visto un cristiano entusiastico, ma nonostante ciò in
Danimarca il culto pagano era esercitato apertamente.
La Svezia prese parte limitatamente alle incursioni vichinghe. Le sue
ambizioni erano volte a est. Gli invasori svedesi e i mercanti viaggiarono a
est in direzione del Volga. Stabilirono centri di scambio a Riga, Novgorod
e K.iev e lì, noti come Rus o Rossi, diedero il nome al paese che fonda­
rono: la Russia. Mantennero la loro fede ancestrale e il racconto di un
viaggiatore arabo nel 92 1 ci ha lasciato un resoconto inestimabile di navi
funerarie nordiche, offrendo dettagli che altrimenti potremmo soltanto
intuire (cfr. oltre pp. 1 87-8) . Gli svedesi di K.iev guardavano a sud verso
l popoli germanici 185

Costantinopoli e nell'860, nell'888, nel 907 e nel 9 1 4 attaccarono la città.


Le autorità, alla maniera del tempo, impiegarono i loro assalitori come
guardie del corpo e così si stabilì un ricco flusso commerciale e diploma­
tico tra la Russia e Bisanzio. Nelle steppe gli svedesi pare che siano entrati
in contatto con ciò che rimaneva degli alani, che erano arrivati intorno al
1 00 a.C. e controllavano il territorio dal Don al Volga e fino a sud oltre la
vallata del Kuban. I greci chiamavano gli alani As o Asii, dal quale viene
sia il nome dell'Asia che la dinastia regnante degli dèi nordici, gli lEsir. Il
territorio governato dagli alani era un centro di affari e commerci, oltre
che di prosperità. Quest'area fiorente pare che fosse la Àsaheim dello scrit­
tore norvegese Snorri Sturluson ( 1 1 79- 1 24 1 ) . Si trova a est del Tanakvisl
(fiume Don) . La sua capitale era Àsagarth (Asgard) . Certi elementi della
mitologia nordica che descriveremo nel prossimo capitolo sembra abbiano
avuto origine nella storia del popolo alano di questo periodo.
La Svezia stessa resistette al cristianesimo, a scapito di una conversione
forzata. In quanto nazione commerciale era prospera e relativamente salda,
e il tempio a Uppsala era famoso in tutto il mondo nordico. Tra il l 000 e il
1 024, Olave Scotkonung impose ufficialmente il cristianesimo in parte del
paese, ma ci fu un ritorno al paganesimo intorno al l 060 quando furono
espulsi i vescovi di Sigtuna e Skara. Nel l 080 re lnge il vecchio fu esiliato
da Uppsala per aver rifiutato di offrire sacrificio al tempio. Anche dopo
la distruzione di quest'ultimo, intorno al 1 1 00, il paganesimo continuò a
svilupparsi fino agli anni Venti di quel secolo, quando il re cristiano norve­
gese Sigurd, il viaggiatore di Gerusalemme, dichiarò una crociata contro i
pagani a Smiland, nel sud della Svezia, e rase al suolo il paese. Gli svedesi
furono l'ultimo popolo germanico ad adottare il cristianesimo.
lhor con il suo martello Mjollnir e la cintura della forza, in un manoscritto islandese del XVIII
secolo
VIII.
La religione tardo germanica

Dal momento che le nazioni baltiche e scandinave rimasero così a lun­


go indipendenti dall'organizzazione romana e dal credo cristiano del resto
d'Europa, le loro antiche pratiche religiose contenevano molte caratteristiche
di un'epoca precedente. Nell'anno 92 1 un viaggiatore arabo, Ibn Fadlan,
riferisce della presenza di una nave funeraria a grandezza naturale, tra i Rus
del Volga. Il suo racconto ci offre la testimonianza più rilevante di ciò che
potrebbe nascondersi dietro alle tombe disseminate nel paesaggio europeo.
Per prima cosa, avevano seppellito il corpo del capitano nel terreno semi
congelato per i dieci giorni in cui si facevano le preparazioni. Poi lo avevano
riesumato, annerito dal freddo ma almeno non disfatto e vestito in abiti
sontuosi preparati per l'occasione. L avevano sdraiato su cuscini di seta bi­
zantini sopra una panca all'interno della nave e circondato di cibo, bevande
e erbe prima che alcuni animali, tra cui cavalli, mucche, cani, galli e galline,
venissero tagliati a pezzi e gettati sulla barca. Una delle servitrici dell'uomo
morto, una schiava, si era offerta di morire con lui. Era stata trattata come
una regina mentre si ubriacava, cantava e faceva sesso con tutti gli uomini
che voleva. Prima che salisse sulla barca era stata sollevata tre volte per guar­
dare al di là di una struttura che assomigliava alla cornice di una porta. Stava
guardando nell'aldilà dove dice di aver visto prima i suoi genitori, poi i suoi
parenti morti, e alla fine il suo padrone che voleva raggiungere in quel luogo.
Poi era salita sulla barca, cantando due canzo ni cerimoniali d'addio ed era
stata condotta nella tenda in cui giaceva il corpo del capitano. Un gruppo di
uomini batteva gli scudi con dei bastoni, per soffocare tutte le grida, mentre
lei subiva una doppia morte, per strangolamento e accoltellamento. Il suo
esecutore era la donna anziana incaricata di tutti i procedimenti, un'unna
nota come Angelo della Morte. Dopodiché il congiunto più prossimo al
1 88 Storia dei pagani

capitano si era avvicinato alla barca nei pressi della pira di legno. Era nudo
e camminava all'indietro con una mano sulle natiche. Prese un tizwne, lo
accese e poi diede fuoco a tutta la pira. Le altre persone aggiunsero bastoni e
legno, e l'intera struttura venne data alle fiamme. Nell'opinione dei Rus, gli
arabi erano pazzi a seppellire i loro morti. «Noi li bruciamo in un istante, così
possono andare subito in paradiso». '
È impossibile immaginare che questa cerimonia fosse esattamente la
stessa di quelle all'Età del bronw, o anche che potesse essere identica ad
altre esistenti in Europa, ma sicuramente ci mostra come la comunità in­
terpretava la sepoltura nelle tombe. Ci dice che tra loro la morte era vista
come la via d'accesso a un altro mondo, che il sacrificio funerario era ac­
cettato volentieri e che rappresentava l'occasione per una certa feroce gio­
vialità. La doppia morte della serva del capitano richiama la doppia o tripla
morte delle sepolture preistoriche nelle paludi (per stordimento, strango­
lamento e accoltellamento o annegamento) e la tripla morte cerimoniale
descritta nei racconti irlandesi. Sfortunatamente, Ibn Fadlan doveva co­
municare con i Rus attraverso un interprete, perciò non riuscì a cogliere il
significato di altri dettagli come la natura delle divinità invocate, la ragione
per cui sulla barca venivano gettate le carcasse degli animali, il sesso rituale
dei seguaci con la schiava, la ragione del modo in cui moriva e il perché
colui che accendeva la pira dovesse essere nudo.
Il sacrificio di due cavalli fa parte di una tradizione tra le molte che
sono arrivate fino ai giorni nostri. Luccisione cerimoniale del cavallo per
un pasto sacro di carne equina era parte del paganesimo nord europeo. Il
cavallo era l'animale totemico di Woden/Odino e parte delle cerimonie
usavano il pene dello stallone {Volsi) . A causa della sua connotazione sacra­
le, papa Gregorio III (73 1 -74 1 ) proibì di mangiare carne equina in quanto
«atto sporco ed esecrabile».2 Il concilio di Celchyth (787) ne condannò il
consumo come macchia nel carattere del popolo britannico.3 Questa sem­
bra essere l'origine del tabù tuttora esistente nel mangiare la carne equina
in Gran Bretagna. La tradizione di mangiare questa carne tuttavia non si
estinse così facilmente: i monaci dell'abbazia di San Gallo mangiavano
carne di cavallo pronunciando ringraziamenti che si trovano nelle rime del
monaco Ekkehard III (m. 1 036) .4
Il sacrificio pagano del cavallo continuò in Danimarca fino all'inizio
dell'XI secolo5 come rito funerario di re e cavalieri. Lo si offrì per i funerali
di re Giovanni d'Inghilterra,6 per l'imperatore Carlo IV nel 1 378 e per
La religione tardo germanica 1 89

Ricostruzione di un sacrificio di cavallo del VII secolo a Lejre, Denmark

Bertrand Duguesclin nel 1 389.7 Nel 1 499, il Landsknechte sacrificò un


cavallo per celebrare la fine delle guerre sveve (Schwabenkrieg) .8 Durante il
funerale del cavaliere generale Friedrich Kasimir a Treviri, in Renania, nel
1 78 1 , il suo cavallo fu ucciso e gettato nella sua tomba.9 La pratica arcaica
della divinazione di cavalli vivi fu usata per onorare la sepoltura di uno tra
i primi santi. Alla morte di san Gallo, in Svizzera (VII secolo) , cavalli pos­
senti trasportavano la bara e decidevano il luogo di sepoltura. 1 0
La Saga di Olaf Tryggvason (1, cap.322) racconta che la morte di Frey,
antenato mitico dei re svedesi, fu tenuta segreta per un po' . Quando la
gente scoprì che era morto e sepolto nel suo tumulo, ma che la sua fortuna
regale continuava a proteggere il regno, «credettero che sarebbe stato così
finché fosse rimasto in Svezia e non l'avessero bruciato» . Gli animali sacri­
ficati al funerale del capitano dei Rus erano quindi stati mandati probabil­
mente come guardiani della tomba. La pratica continuò anche nel periodo
cristiano. Esistono numerosi esempi della sepoltura di teschi di questo ani­
male all'interno di chiese ed edifici sacri. La chiesa di san Botolfo a Boston,
1 90 Storia dei pagani

nel Lincolnshire, aveva ossa di cavallo sul pavimento, 1 1 e quella di Elsdon,


in Northumbria, nel campanile. 12 Otto teschi di cavallo furono trovati an­
nessi al pulpito della Bristol Street Meeting House a Edimburgo, demolita
nel 1 88313 e altri nella cattedrale Llandaff in Galles, trovati all'interno dei
palchi del coro. 14 Nel 1 897 la testa di un cavallo fu seppellita nelle fonda­
menta della nuova cappella metodista primitiva a Black Horse Drove, vici­
no a Littleport, nella wna paludosa del Cambridgeshire. Si versò su.di esse
una libagione di birra prima che iniziassero ad essere accatastati mattoni e
malta. Un artigiano lo descrisse come «un'antica abitudine pagana di scac­
ciare il male e la stregoneria». 1 5 A Hahnenkan, vicino a Eichstadt nel IX
secolo si offrì un cavallo a san Willibald. 1 6 Nel XVIII secolo si registra un
sacrificio equino di minore entità in Olanda, quando Henrik Cannegeiter
di Arnhem affermò che i contadini olandesi scacciavano i Moirae (fati =

sfortuna) gettando un teschio di cavallo sul tetto. 17


I tumuli dei morti rappresentavano un legame con il passato e i fan­
tasmi degli antenati, proprio come nelle società pagane considerate fino­
ra. Erano viste come case dei morti e i loro abitanti sono spesso descritti
mentre guardano fuori o accolgono i nuovi abitanti o persino festeggiano
tra le collinette. Sia nei tumuli vichinghi che in quelli sassoni ci sono inter­
ramenti successivi di corpi e di ceneri che si registrano anche nell'Età del
bronw. In Islanda la collina Helgafell (montagna sacra) , che assomiglia a
un tumulo enorme, fu utilizzata come luogo simbolico di sepoltura dalla
famiglia di Th6r6lf Mosturbeard. Di questi uomini si diceva che andassero
"nelle montagne" quando morivano. Nell'età vichinga, sentiamo soprat­
tutto di sepolture maschili, ma in Scandinavia i sepolcri comprendono
la sepoltura di donne con ricchi beni funerari. In Inghilterra una delle
tombe del Sutton Hoo è di una donna di mezz'età che ha, tra gli altri
ornamenti, una piccola palla di cristallo attaccata alla cinta e quello che
sembra un cucchiaio da libagione, con cinque buchi. Possiamo immagina­
re che queste aggiunte fossero necessarie per i doveri sacerdotali. Quando
i vichinghi occuparono Dublino nel 930, si dice che Ota, la moglie del re
Turgeis, abbia preso l'altare cristiano a Clonmacnoise come altare per le
proprie profezie. Nell'Europa germanica, come in Grecia, sembra che, non
ci fossero sacerdozi professionali a tempo pieno e i capi politici dovevano
eseguire anche gli obblighi religiosi.
Si praticava la continuità dei luoghi. La collina dello statuto, luogo
d'incontro dell'assemblea tribale, era a volte un cumulo di un noto ante-
La religione tardo gennanica 191

nato o una costruzione preistorica. Tynwald Hill sull'isola d i Man è una


collina artificiale costruita specificamente come luogo d'incontro. Lazione
di Ota a Dublino è generalmente presentata come la profanazione di un
luogo sacro cristiano ma potrebbe essere anche stata una rispettosa tradi­
zione di continuità. In Danimarca accadde l'opposto. Il sito sepolcrale a
Jellinge fu espropriato dalla religione cristiana al tempo di Harald Gorms­
son (che fu successivamente espulso dalla Danimarca dai suoi sottoposti
pagani nel 988). La lapide di re Gorm, padre di Harald e assiduo cultore
degli dèi antichi, fu rimpiazzata da quella di re Harald e l'Horgr pagano
da una chiesa cristiana. Tuttavia la struttura del luogo si mantenne intatta
e fu persino aggiunta da Harald, più o meno come Costantino utilizzò la
vecchia disciplina etrusca per strutturare la sua città cristiana di Costanti­
nopoli. Similmente, il palazzo sassone del VII secolo a Yeavering in Nor­
thumbria fu costruito sul luogo di un tumulo dell'Età del bronzo che fu
mantenuto intatto all'estremità orientale della nuova recinzione. Sulla sua
sommità era stato messo un palo alto - una procedura identica a quella ese­
guita nella sepoltura navale sul Volga - insieme ad altre antiche cremazioni
e inumazioni. 1 8 Tutti gli edifici anglosassoni erano allineati con il palo sul
tumulo. Successivamente quest'ultimo sarebbe stato incluso nel cortile di
una chiesa.
Parte della ragione dell'uso dei tumuli come colline dello statuto può
essere ricercata nel fatto che si supponeva che i morti fossero abili nell'ispi­
rare i vivi in questi luoghi, dandogli consigli saggi. Il Flateyjarbok racconta
di un uomo che aveva dormito sulla tomba di un morto ed era stato ispi­
rato con il dono della poesia. La credenza nei buoni consigli è continuata
anche nei tempi moderni. Il mistico del XIX secolo, Richard Jeffries, ebbe
una serie di visioni rilevanti e stati trascendentali mentre era sdraiato su un
tumulo sul Wiltshire Downs, che documentò nella sua autobiografia, La
Storia del mio Cuore. Le tombe quindi erano luoghi consacrati, come i foca
sacra e i foca religiosa dei romani, visti come via d'accesso all'altro mondo
sotto la protezione di coloro che vi erano sepolti.

Le divinità tardo germaniche

Fortunatamente è stato ritrovato un documento riguardante le divi­


nità vichinghe e le loro forme di culto. Nel XIII secolo il diplomatico
1 92 Storia dei pagani

La trinità pagana norvegese di Frigga, 7hor e Odino, Olaus Magnus, incisione del XVI secolo

e proprietario terriero islandese, Snorri Sturluson, trascrisse molte delle


antiche saghe e poemi e ne compose alcuni suoi, tra cui un'introduzione,
sottilmente mascherata, alla mitologia pagana nordica, L1nganno di Gylfi.
Queste storie, riportate dopo almeno due secoli di cristianesimo, erano
influenzate dai classici oltre che dai modelli biblici e perciò non possono
essere considerate totalmente oggettive. Ma anche ammettendo la distor­
sione del tempo e della forma, gli studiosi moderni sono generalmente
d'accordo sul fatto che ci offrono un inestimabile documento di un mondo
scomparso. I protagonisti principali di Snorri sono ben noti oggi: Odino,
capo degli dèi e dio della battaglia; Thor, il dio tuono col suo martello;
Freya, dea raggiante e prima a scegliere la nobile morte; suo fratello Frey,
dio della fertilità; Loky, l'imbroglione; la moglie di Odino, Frigga. Oggi
tendiamo a considerarli come un gruppo ben coeso definito dal mito, ma
lo studio delle origini delle divinità porta a una storia ben più complessa,
di cui possiamo tracciare un abbozzo.
Lintroduzione di Snorri al Gylfagynning, il suo racconto del panthe­
on nordico islandese dell'antichità, pone le divinità in una posizione giu­
stificata nella visione del mondo dei suoi tempi. Egli traccia lo sviluppo
dell'umanità da Noè in accordo con l'insegnamento cristiano; attribuisce
diverse cosmologie alla "saggezza" naturale degli esseri umani, esercitata,
tuttavia, ((senza comprensione spirituale»; e poi elabora il mito classico
originale di Troia come centro del mondo tripartito, con la sua divisione
geomantica in dodici, i suoi capitani e la popolazione di mostri, dragoni
La religione tardo germanica 1 93

e una profetessa, la sibilla d'Europa. Uno dei dodici capitani di Troia era,
secondo Snorri, il padre di Thor e quest'ultimo diventò duca di Tracia e
sposò la sibilla; uno degli esseri che discesero da loro era Voden, che noi
chiamiamo Odino e che, avendo il dono della profezia, viaggiò a nord
attraverso la Germania, la Danimarca, la Svezia e la Norvegia dove, in
accordo con la profezia, trovò le varie razze germaniche con i loro antenati
semidivini. A causa della loro origine, Odino e i suoi figli furono chiamati
lEsir, o "razza dell'Asià' .
Il culto di Woden (in norvegese Odino) pare che abbia preso il posto
di quelli di Tiwaz, il dio della spada e della giustizia, e di Thunor, dio del
tuono e della protezione della proprietà. Nella parte principale dell'Edda
il dio Tyr (Tiwaz) perde una mano e il dio lhor è descritto come figlio di
Odino, anche se nell'introduzione era l'antenato di quest'ultimo. Il fatto
che accadano questi scambi può essere considerato la conseguenza di un
indebolimento della tradizione e un sovrapporsi di miti. In quanto dio
della battaglia, Odino è un signore capriccioso ed era noto come un dio
fraudolento; era il sovrano del mondo invisibile, dell'ispirazione poetica,
della pazzia in battaglia e degli scritti - le rune - che sappiamo sono deri­
vate dagli scritti nord-italici e che avevano raggiunto la Danimarca nel III
secolo d.C. Odino è il dio del commercio, del vivere secondo lo spirito,
commemorato nell' interpretatio romana da iscrizioni a Mercurio. È un
dio adatto ai migranti, e prendendo la residenza {secondo l'introduzione
di Snorri) a Sigtuna, in Svezia, potrebbe aver soppiantato il culto di Freya
e Frey.
Secondo Snorri, i re di Svezia (gli lngaevoni di Plinio) derivavano la
loro discendenza da Yngvi, in certi casi noto come Yngvi-Frey. Yngvi di­
vide il nome con la runa lng, che significa discendenza, ma il nome Frey
significa semplicemente "signore". La nobiltà basata su una stirpe aristo­
cratica e la "buona nascita" è in questo caso direttamente legata con il culto
germanico dell'antenato divino. Frey era un dio dell'educazione. Era rap­
presentato come itifallico, o se vestito, aveva addosso alcuni simboli della
sua virilità. Lo si invocava ai matrimoni e si pensava che portasse prosperità
e prole. Aveva molti soprannomi descrittivi, uno dei quali era enn frooi, il
lussurioso. I suoi animali sacri erano il cavallo e il maiale, a sua volta crea­
tura fertile, e si diceva che viaggiasse nella campagna svedese con un carro,
portando prosperità ai suoi fedeli.
La sorella di Frey, Freya, e Woden erano le divinità pagane a cui ci face-
1 94 Storia dei pagani

va più spesso allusione nei riferimenti germanici del Medioevo e nel Gylfa­
ginning, Snorri ci dice che Freya era la più rinomata tra le dee e che il suo
culto era sopravvissuto fino ai suoi giorni. In effetti, durante il XII secolo
c'era stata una rinascita del culto di Freya e la cattedrale di Schleswig ha un
dipinto di quel periodo che ritrae Freya mentre cavalca nuda su un gatto
gigante (nelle saghe si narra che si muovesse su un carro trainato da gatti) ,
insieme a Frigga (la moglie di Odino) anch'essa svestita, che cavalca un
attrezzo per filare. Era un insulto a Freya fatto dall'Althing (il parlamento)
che apriva lo scontro finale per la cristianizzazione dell'Islanda. Un ferven­
te cristiano chiamò Freya "dea megerà' 19 e la disputa ebbe inizio. Pare che
Freya fosse stata una figura estremamente importante. Il Gylfaginning ci
narra che ogni giorno dopo la battaglia sceglieva metà degli ammazzati e
Odino poteva avere i rimanenti. La storia di come Loki rubò la sua collana
d'oro per Odino, così come la storia di Tyr menomato dal lupo, portano
il marchio classico di un mito che prende il controllo. La collana d'oro
in sé, come le lacrime d'oro che Freya si diceva piangesse,
possono legarla alle dee del sole baltiche. Suo fratello
Frey era connesso con un'altra figura solare, forse lo
spirito del sole di mezzanotte, la gigantessa Gerd.
Il Gylfaginning riferisce che quando Gerd entrò
in casa sua, sollevò le braccia per aprire la porta
e «queste illuminarono il cielo e il mare, e il
mondo intero si rischiarò con lei».
Si diceva che Frey e Freya
fossero figli di Njord, un re
del mare la cui casa è nota
come "il cantiere navale" .
Nelle saghe Frey aveva
una nave magica,
Skiòblaònir (lama
che scivola) che po­
teva essere ripiegata
e tenuta in un ta­
schino quando non
serviva. Freya non
era connessa con una
Pittura murale del XII secolo della dea Frigga che cavalca una
scopa, cattedrale di Schleswig, Germania nave nella letteratura
La religione tardo gennanica 195

dell'età vichinga, anche se dal periodo romano sappiamo che la nave era
un attributo di Sequana, dea della Senna, e della dea senza nome dei suebi
descritta da Tacito. I commentatori moderni hanno immediatamente vi­
sto Njord come il fratello di Nerthus, la dea delle tribù danesi di Tacito.
Nerthus, come Frey, viaggiava in un carro, portando felicità e prosperità ai
suoi fedeli. Prosperità, buoni raccolti e pace è ciò che nel prologo al Gylfo­
ginning viene portato da Odino e gli JEsir quando raggiungono la Svezia:
un'altra indicazione del fatto che essi avevano sostituito il culto precedente
dei Vanir in quei luoghi. Nerthus era connessa con l'acqua: la sua casa era
su un'isola e i suoi schiavi venivano affogati. Non sappiamo di annegamen­
ti rituali associati a Frey, ma la Saga di Viga-Glum narra che il santuario di
Frey fu profanato versandovi del sangue. Le armi non erano permesse nel
tempio di Frey, che si ricollega al culto di Nerthus, dove tutte le armi dove­
vano essere messe via. Freya e Frey, Njord e le altre divinità chiamate Vanir
da Snorri, sembra che siano state in origine portatrici di pace, prosperità e
continuità e il loro culto sembra che includesse un'interdizione sulle armi.
l: associazione di Freya con la battaglia è considerata nel Flateyjarbok come
il prezzo da pagare per farsi restituire la collana da Odino. Si indica qui una
complessa serie di origini.
Le divinità nei carri sembra che fossero elementi antichi della religione
nordeuropea, forse connessa con le abitudini migratorie dei celti e special­
mente dei germani. Plinio (IV,80) include tra i sarmati, gli aorsi o abitanti
dei carri. Gregorio di Tours registra che ad Autun si portava su un car­
ro l'immagine della dea Berecinzia per la protezione delle vigne e di altri
raccolti.20 Quando il re gotico Atanarico decise di tornare a imporre il
paganesimo ai suoi sudditi fece divulgare l'immagine di un dio in un carro
coperto e domandava agli abitanti di offrirgli un sacrificio. Molto dopo il
Flateyjarbok (1,467) narra del re svedese Erik che consulta il dio Lytir, la cui
presenza giungeva in un carro. La presenza era percepita dal peso aggiunto
del carro che era trascinato poi nella sala del re. Allo stesso modo, Tacito ci
racconta, che il sacerdote di Nerthus "sentiva" quando la dea era presente
e trascinava il suo carro avanti in mezzo a grande gioia.
Scoperte archeologiche di carri sacri includono piccoli modelli e veicoli
a grandezza normale, sparsi in un periodo di 2000 anni. Tra essi troviamo
molti carri piccoli che potrebbero essere i modelli di quelli grandi che
venivano utilizzati per le strade. Molti di loro presentano anche la rappre­
sentazione dei cavalli. Il più noto è quello trovato in una palude di torba a
1 96 Storia dei pagani

Trundholm in Danimarca, depositato intorno al 1 200 a.C. che trasporta


un cavallo di bronzo e quello che si ritiene essere un disco solare. Molto più
tardi l'Inganno di Gylfi ci racconta che Sole e Luna vengono trasportati nei
cieli da carri. Un veicolo alto dodici centimetri della tarda Età del bronzo
(circa 1 000 a.C.) proveniente da una tomba di Alcolshausen, Landkreis
Wiirzburg, Germania, ora nel museo Mainfrankishes a Wiirzburg, traspor­
ta un recipiente a forma di calderone. Un carro sacro di bronzo del VII
secolo proveniente da Strettweg, vicino a Graz, in Austria, ritrae una dea
circondata dai servitori che reggono dei cervi.21 Porta un recipiente sulla
testa. Una figura femminile simile con il calderone in testa e su un veicolo
a ruote, circondata da uomini e animali, era tra gli oggetti etruschi espo­
sti alla mostra franco-germanica tenuta a Parigi nel 1 992. Su un piccolo
carro celtico proveniente da Merida, in Spagna, è rappresentato un cava­
liere a caccia di cinghiali (Il-I secolo a.C. ) . Tra i carri a grandezza naturale
troviamo quello proveniente dal tumulo celtico di Hochdorf, a Baden­
Wiirttemberg, Germania (VI secolo a.C.); due trovati a Dejbjerg Mose,
Ringk0bing, Judand Ovest, Danimarca; e il carro del IX secolo sepolto con
una nave a Oseberg, Norvegia, che accompagnava il corpo di una nobile.
Un altro dio molto importante era Thor. Si pensa che sia una rappre­
sentazione successiva del dio conosciuto da Tacito ed equiparato a Ercole,
apparso ad alcune tribù della pianura del Reno. 22 Ercole con la sua clava
era spesso accomunato a Taranis, il dio gallico del tuono. Successivamen­
te, Thunor fu equiparato a Giove e diede il suo nome al giorno di Giove:
Thursday (Giovedì) . Molti stanziamenti in Scandinavia, Germania e Bri­
tannia prendono il nome da Thor ma non sappiamo di nessuna casa reale
che riconducesse il lignaggio al dio. Secondo l'Edda, Thor non era un dio
della nobiltà. I vichinghi norvegesi che si stanziarono in Irlanda erano suoi
fedeli e il loro tempio a Dublino era rinomato in tutto il mondo vichingo.
Quando nel 994 il re irlandese Mad Seachlainn conquistò Dublino e prese
la Spada di Carlo (che si diceva fosse appartenuta a Carlo Magno) e l'anello
sacro di Thor dal grande tempio, ai normanni dev'essere sembrato l'inizio
della fine. Thor era un dio di grande vitalità e gusto per la vita: forte, bra­
moso, pomposo e senza sottigliezze, non era affatto un dio misterioso. I
tuoni si diceva che fossero i colpi del martello di Thor in cielo e i fulmini
le scintille che l'attrezzo provocava battendo sulla terra. Il suo albero sacro
era la quercia, il suo animale la capra - rozza, avida e determinata - e due
capre tiravano il suo carro attraverso il cielo. Nell'Edda di Snorri, Thor è
La religione tardo germanica 1 97

una figura vagamente ridicola, ma nel culto quotidiano era chiaramente


molto venerato e onorato.
Si pensa che Thor fosse connesso con la terra poiché i suoi fedeli in Islan­
da prendevano spesso del terreno da sotto i pilastri del tempio per portarlo
nei loro stanziamenti. Prendevano anche i pilastri della parte superiore che
erano talvolta scolpiti con un'immagine del dio e con chiodi divini. Thor
era collegato alle querce della foresta (rappresentate dai pilastri)23 ma era
legato anche all'asse celeste, l'origine delle tempeste, rappresentato a sua
volta da un albero. 24 Thor, come Giove, faceva da guardiano ai giuramenti,
che erano pronunciati sul suo anello del tempio, generalmente un anello
da braccio. Il sacerdote di Thor indossava l'anello sempre e soltanto duran­
te le cerimonie. I tre re danesi dell'Anglia dell'est che ebbero a che fare con
re Alfredo, pronunciarono un giuramento sul "santo bracciale di Thor" .
Thursday (giovedì) - giorno di Thor nella settimana di sette giorni usata
dagli scandinavi - era il primo giorno della settimana ed era sacro. Il parla­
mento d'Islanda iniziava sempre in quel giorno e sia il solstizio d'estate che
il solstizio d'inverno cadevano di giovedì in date variabili. Contrariamente
all'Edda, i resoconti storici mostrano Thor come una figura stimata, che
faceva rispettare la legge e i giuramenti. Non solo proteggeva la comunità
ma in un certo senso la teneva insieme, un'impresa paradossale per una
figura tanto violenta e irascibile.

eorganizzazione religiosa

La storia, in contrasto con l'Edda di Snorri, indica che il pantheon


politeistico era tenuto insieme non tanto da una divinità principale, come
nella religione greco-romana, e nemmeno da una divinità del luogo, come
nella religione greco-romana arcaica, ma dal culto dell'antenato divino.
Nei primi giorni tribali l'antenato divino del re era la divinità della tribù e
ne vediamo l'ultimo esempio con gli anglosassoni. Non è chiaro se i sasso­
ni continentali, gli erminoni di Plinio, sconfitti da Carlo Magno nel 772,
adorassero un antenato divino o un dio celeste più astratto. I templi ave­
vano molti altari, da quello del re Ra::dwald dell'Anglia dell'est con i suoi
altari per Cristo e per "i demoni", a quelli del grande tempio di Uppsala
con le immagini di Odino, Thor e Frey, e gli individui erano liberi, come
in tutte le società pagane, di offrire una devozione speciale alla divinità
1 98 Storia dei pagani

che sentivano più vicina. Se una divinità li deludeva seriamente avrebbero


spostato la devozione a un'altra come l'islandese V.fga-Glum che passò da
Frey a Odino.
Llslanda, colonizzata dalla Scandinavia nel IX secolo ·mostrava i prin­
cipi democratici pagani in azione. Unica tra le terre scandinave, era gover­
nata da una sorta di oligarchia teocratica imposta dall'ereditario Goòar. In
origine, il Goòi era il sacerdote di una tribù o di un clan che aveva lo stesso
tempio in comune. Nei momenti di stanziamento non c'era un sacerdozio
a tempo pieno {se mai ce n'era stato uno) , e i capitani o proprietari terrieri
avevano il dovere di occuparsi del tempio. Quest'ultimo poteva essere pri­
vato o pubblico. La Saga Vdpnfiròinga racconta che un tempio pubblico
(Hofuò-hof) era di proprietà di una donna chiamata Steinv6r.25 Il Libro
della legge islandese afferma che una donna che ereditava il comando dove­
va delegare la sua autorità a un uomo del distretto. La testimonianza della
Saga Vdpnfiròinga indica che poteva mantenere per sé i poteri sacerdotalU6
A volte si trasportavano dalla Norvegia interi templi di legno. La Saga Er­
byggja racconta come Th6r6lf Mostrarskegg smontò il tempio di Thor in
Norvegia e lo trasportò, con tutto il suolo sacro sotto l'immagine del dio,
in Islanda. Altri templi si costruirono dalle fondamenta. Col declino del
tribalismo, la carica del Goòi divenne progressivamente più secolarizzata.
In Islanda divenne un ufficiale della confederazione, con potere sovrano su
tutti i vassalli, autorizzando e presiedendo sulle corti. Il Goòi del tempio di
Kialarnes, discendente del primo colono d'Islanda, lngulf Arnarson, por­
tava il titolo di alsherjargoòi. Il suo tempio era il più antico del territorio e
i suoi sacerdoti avevano la precedenza sugli altri perciò sarebbe stato lui a
permettere l'Althing (riunione generale) ogni anno.
I Goòar erano il nucleo dell'assemblea legislativa (logrétta) . Essi sta­
bilivano inoltre il prezzo dei cibi. Llslanda era divisa dal punto di vista
geomantico in quattro quarti, che contenevano tre giurisdizioni (Things) .
Ogni 1bing era divisa in tre Goòorò, ciascuno presidiato da un Goòi.
C'erano perciò trentasei Goòar in tutto, successivamente fu aggiunta un'al­
tra giurisdizione al quarto nord, portando il totale a trentanove. I trentasei
originali erano chiamati full ocforn, "pieni e antichi" . I..:Althing conteneva
altri uomini: nove Logrettamaòr, che facevano quarantotto. Ogni membro
era accompagnato da due assessori o consiglieri, che chiudevano il numero
dell'assemblea a 1 44. Rispettivamente nel l 056 e nel I l 06, i vescovi di
Skaiholt e Holar furono aggiunti ai membri ex officio dell'Althing.27
La religione tardo germanica 1 99

Il paganesimo nordico
prevedeva l'uso regolare di
veggenti, sia per scoprire lo
stato di cose presente e futu­
ro sia per conoscere il volere
degli esseri spirituali, le dee
e gli dèi. Le tecniche runiche
sono ben comprovate e nel
decimo capitolo della Ger­
mania, come abbiamo già
visto, Tacito descrive i divi­
natori germanici che fanno
pronostici usando ramoscelli
segnati da sigilli: proto-rune.
Secondo la leggenda le rune
erano state consegnate al ge­
nere umano da Odino ed era­
no provviste del potere della
Pastore saluta la luna calante, tratto da un
magia sacra, che permetteva
calendario pastorale tedesco del 1 560
a chi le usava di avere accesso
ad altri livelli di coscienza. È
chiaro dalle saghe e dal Libro islandese dell'insediamento che era norma­
le per le persone avere una "seconda vistà' o fare del proprio meglio per
vedere nel futuro. Persino la regina cristiana Dowager Aud di Dublino,
sapeva quando sarebbe morta. Dette una festa, che dichiarò essere per il
suo funerale, predicendo correttamente la sua morte tre giorni dopo.28 La
veggenza sembra essere stata sconsacrata dalla crescita del cristianesimo. In
origine i periodi di offerta pagana erano anche occasioni per prevedere il
futuro, e ciò emerge chiaramente dalle saghe. La Saga Orkneyinga ne mo­
stra la progressione.29 L'antenato mitico dei norvegesi, Thorry, è descritto
nel primo capitolo mentre partecipa a un banchetto dopo il sacrificio prin­
cipale di metà inverno con lo scopo di scoprire cos'era accaduto a Goa, la
sua figlia scomparsa. Nel periodo cristiano, nel tardo XI secolo (cap. 36) ,
Hakon, l'erede del conte, era in Svezia quando «gli capitò di udire di un
certo saggio che poteva vedere nel futuro, anche se non si sapeva se usasse
la stregoneria o altri mezzi» . Hakon consultò il veggente che lo pose ironi­
camente fuori dal cristianesimo dicendo «mi fa piacere che tu possa riporre
200 Storia dei pagani

in me così tanta fiducia, più di quanta tu e la tua famiglia ne diate alla fede
che professate». Nel XII secolo (cap.77) abbiamo la descrizione meramente
laconica di uno dei seguaci del conte, presentato come «Un uomo astuto
[ . . . ] con un talento per vedere il futuro, ma [ . . . ] spietato e violento» .
La mitologia nordica, come riportato da Snorri, h a i suoi tre spiriti del
fato, le Nome. È probabile che queste figure fossero influenzate dalle tre
parche delle fonti classiche, ma dobbiamo anche ricordare la tradizione
nativa delle tre dee, le Madri della Renania. Nel resoconto di Snorri la pri­
ma Norna è Urd, "quella che fu" , che è parallela a Clotho della tradizione
greca. Verdandi, "quella che sta diventando", è l'equivalente di Lachesis;
e Skuld "quella che deve venire", è identificata con Atropos. Come le tre
parche greche, la prima Norna fila la trama dell'esistenza. Poi passa la tela
a Verdandi, che la ricama col disegno presente dell'esistenza. Nella lingua
anglosassone questo tessuto era chiamato rete di Wyrd. La tela ricamata
passa quindi a Skuld che la strappa e ne disperde i pezzi. La rete di Wyrd
delle Nome era immaginata come un tessuto composto di milioni di fili
intrecciati. Questo concetto si ripropone in una vecchia espressione in­
glese "intessuto per volontà del faro" . Sassone il Grammatico, descriven­
do la Danimarca intorno all'anno 1 200, affermò che in quel periodo era
un'abitudine per i pagani che desideravano conoscere il futuro dei propri
figli consultare la dea tripartita. "Tre fanciulle che siedono su tre sedie" ,
tre sacerdotesse (la loro sistemazione è una reminescenza di quella delle
tre Madri) , servivano come oracolo per le tre parche. Nell'Inghilterra del
medioevo erano chiamate le Strane Sorelle. Scrivendo intorno al 1 38 5 ,
nella Leggenda delle Donne Eccellenti, Geoffrey Chaucer parla d i «the Wer­
dys that we crepe Destiné» (le Wyrd che chiamiamo destino) . Successiva­
mente le tre parche riappaiono nel Macbeth di William Shakespeare come
tre streghe. La storia di Macbeth proveniva dalle Cronache di Holinshed
del 1 577 che raccontano di «tre donne dall'abbigliamento selvaggio che
assomigliano a creature di un mondo più vecchio». Più avanti nell'opera
Holinshed afferma che non erano nient'altro che le «strane Sorelle, ossia
[ . . . ] le dee del destino» .
In Scandinavia e in Islanda le donne attuavano cerimonie di veggenza
in trance, note come seiòr. Per quanto ne sappiamo non erano usate per
guarire dalle malattie come nello sciamanismo lappone, ma svolgevano
una funzione oracolare. Era una dote governata dalla dea Freya, che si
diceva l'avesse insegnato anche a Odino, ma gli uomini generalmente non
La religione tardo germanica 201

praticavano questa tecnica poiché per loro era considerata vergognosa. La


sibilla nordica si chiamava spdkonr o Volva. La reverenza sentita per la si­
bilia è implicita nel testo islandese Voluspd (la visione della sibilla) , databile
al X secolo. Il poema descrive la cosmologia e le credenze del nord nella
forma di una sessione di domande e risposte con una veggente. La pratica
caratteristica della sibilla era l' utiseta "sedere fuori" , dove si sarebbe seduta
su una piattaforma o una seduta rialzata sulla quale sarebbe andata in tran­
ce. Spesso aveva un considerevole numero di seguaci ed era accompagnata
da aiutanti. La Saga Orvar-Odds (2) ad esempio, racconta di una sibilla
accompagnata da un coro di quindici fanciulle e quindici giovanotti. La
Saga di Erik il Rosso racconta di seiòr praticato nella comunità vichinga
occidentale cristianizzata di Greenland. La pratica di sedersi all'aperto con­
tinuò con la Witta Wijven Olandese della provincia di Drenthe fino alla
metà del XVII secolo.30 In periodi precedenti le veggenti olandesi erano
chiamate Hagadissae, da cui deriva il nome della capitale dei Paesi Bassi,
Den Haag.
La pratica della magia era diffusa anche negli insediamenti norvegesi. Il
seiòr aveva le sue applicazioni magiche, tra le quali, a quanto pare, il solle­
vamento dei cadaveri e la "cavalcata della stregà' , stato di ossessione e gra-

Le "Strane Sorelle", immagine tratta da Macbeth inclusa in Chronicles di Holi nshed, 1577
202 Storia dei pagani

ve turbamento, di sfortunati esseri viventi attraverso il "mare della notte"


(night-mare: incubo) . Nel Landndmabok sono inclusi anche gli stregoni.
In battaglia, i seguaci di Odino non solo si svegliavano nel delirio ma
tentavano anche di controllare i loro nemici mettendo loro i "ceppi di
guerrà'. Si trattava di un'ingiustificabile paralisi che rendeva il nemico in­
capace di contrattaccare. Potrebbe essere stara una tecnica acustica come
quelle praticate al giorno d'oggi dall'arte marziale giapponese kiai-jitsu,
che colpisce 1l sistema nervoso provocando la paralisi. Gli scrittori romani
riferiscono di una tecnica più psicologica delle truppe in attesa: ad esempio
i germani che urlavano negli scudi per creare un'eco e non solo terroriz­
zavano il nemico ma presagivano l'esito della battaglia dalla qualità del
suono prodottaY Lesercito celtico affrontò Svetonio Paolina sull'isola di
Anglesey usando tattiche simili per ridurre le truppe romane a un'immobi­
lità causata da shockY D'altro canto al posto dei ceppi di guerra potrebbe
anche essere stata usata la magia, che influiva sulle vittime senza che una
causa potesse essere identificata.
Il modello islandese di magia è probabilmente inusuale, una conse­
guenza dell'individualismo e dell'autosufficienza dei primi coloni. Nelle
società pagane organizzate la magia, come ogni altra fonte di potere in­
dividuale, è sempre �tata severamente controllata. È accettata, ma ogni
accenno di abuso è severamente punito, e trovare il capro espiatorio nella
sua tipica misoginia è diffuso. Le Haliarunnos, le donne gote negromanti
espulse da re Filimer nel V secolo, furono incolpate per l'arrivo degli unni.
I goti pensavano che queste donne si fossero accoppiate con dei mostri nel
deserto e avessero dato vita a questa terrificante razza guerriera, spostando
nettamente la colpa dall'incapacità di re Ermenrich nel fronteggiare l'inva­
sione unna. Le prime leggi cristiane in realtà abolirono alcune delle minac­
ce contro i maghi; ad esempio nell'Editto di Rotari, pubblicato nel 643, il
re longobardo d'Italia, nel capitolo 376 ingiunge: «nessun uomo pensi di
poter uccidere la schiava di un altro uomo con la giustificazione che è una
strega (o masca, come diciamo noi) ; poiché le menti cristiane si rifiutano
di credere che una donna possa mangiare un uomo vivo dall'interno» . 33
La magia organizzata, contenuta nelle limitazioni comunemente sanzio­
nate del culto, era, tuttavia, normale, e anche ciò veniva negato come un
"inganno" dalle leggi dei nuovi re germanici cristiani. La visione pagana
della natura come teofania, un'espressione dell'essenza divina, porta natu­
ralmente a credere nella magia e nella preveggenza. È interessante che sia
La religione tardo germanica 203

sotto il regime pagano che cristiano, i veggenti, coloro che passivamente


potevano conoscere il futuro erano generalmente rispettati e risparmiati
dalla persecuzione, mentre gli stregoni con il loro uso attivo dei poteri
invisibili erano temuti e spesso perseguitati.
La società vichinga sembra sia stata un posto relativamente paritario
per le donne, che potevano possedere e amministrare la loro proprietà ed
erano spesso descritte nelle saghe come agenti indipendenti invece che
come membri minori della casata di qualcun altro. Quando lo studioso e
diplomatico arabo Al-Ghazali visitò la roccaforte dei vichinghi che aveva­
no fatto incursione nel suo territorio, incontrò la regina, chiamata Noud,
che parlò liberamente con lui informandolo che tra la sua gente gli uomini
non erano gelosi e che le mogli erano libere di cambiarli se volevano.34 Una
regina fece proprio così nel tardo X secolo: Sigrid la superba, la moglie di
re Erik di Svezia, lo lasciò e sposò Swein di Danimarca. 35
Le donne possedevano e comandavano le navi, come sappiamo
dall'esempio di Aud. Nella Canzone di Atli leggiamo che re Hniflungr cor­
teggiava Gudrun perché era una «donna d'azione», e più avanti nel poema
lei racconta com'era andata in incursione insieme al marito e al fratello,
comandando una nave ciascuno.36 Un esempio documentato di donna
guerriera si trova nel capitolo nono del Sogubrot, che racconta la batta­
glia combattuta a Bravoll nello Jutland orientale intorno all'anno 700 tra
l'esercito di Harald Hilditonn (re di Danimarca, Svezia e parte dell'Inghil­
terra) e quello del pretendente, Sigurd Hring. Uno dei paladini di Harald
era una donna, Vébjorg:

La fanciulla-scudo Vébjorg sferrò attacchi feroci agli svedesi e ai goti;


assalì il paladino Soknarskoti; si era allenata così bene a usare l'elmo, la
cotta di maglia e la spada da essere una delle migliori in combattimento
[Riddarskap], come dice Storkold il Vecchio: sferrò colpi pesanti al pa­
ladino e lo attaccò per molto tempo e con un colpo forte sulla guancia
gli tagliò la mascella e il mento; egli si mise la barba in bocca e strinse i
denti per tenere su il mento. Lei compì molte imprese eroiche in batta­
glia. In seguito, Thorkel il caparbio, un paladino di H ring, la incontrò
e si attaccarono ferocemente. Alla fine, con grande coraggio, ella cadde,
coperta di ferite.

I lai e le saghe suggeriscono anche che le donne usavano la scrittura


runica. Nonostante fosse stata portata da Odino, evidentemente non era
204 Storia dei pagani

un privilegio maschile. Nel capitolo terzo della Canzone di Atli, Gudrun


invia un messaggio runico a Kostbera, moglie di Hogni, che riconosce il
messaggio manomesso dal messaggero. Un frammento di legno, parte di
un telaio trovato a Neudingen in Germania nel 1 979, mostra inequivoca­
bilmente l'esistenza di signore delle rune nell'antichità. Lì, incise in rune
su uno strumento femminile, ci sono le parole «Blithgund wrait runa»,
(Blithgund [un nome di donna] scrisse queste rune) .

Le arti marziali nordiche

La tradizione guerriera nordica sembra sia originata dalle pratiche ma­


gicheY Nel periodo eroico si era sviluppata in una forma di attività di
arti marziali fisico-spirituali paragonabile al successivo codice giapponese
samurai scintoista di Bushido. In ogni momento i guerrieri dovevano eser­
citare la fiducia in sé stessi ed essere sempre disposti a morire altruistica­
mente per la famiglia e i compagni. Per essere capaci di imprese eroiche
era necessario un severo addestramento all'autocontrollo, essenzialmente
religioso. In seguito, l'elemento religioso venne so p piantato dal cristiane­
simo, trasformando le arti marziali nell'arte della cavalleria, e gli animali
totemici in artifici araldici.
C'erano tre culti animali principali: quello dell'orso, del lupo e del cin­
ghiale. Indossare una pelle d'orso era il marchio del berserk, un praticante
delle arti marziali che non indossava l'armatura normale di cotta di maglia,
e nonostante ciò era tanto forte e feroce da essere temuto dagli avversari.
I guerrieri dell'orso «andavano senza armatura, feroci come cani o lupi»,
documenta l' Ynglingasaga; «mordevano gli scudi e erano forti come orsi e
cinghiali; uccidevano uomini, ma né il fuoco né il ferro poteva ferirli. Si
tratta di berserk in corsa».
La cappa di pelle d'orso era un segno totemico grazie alla quale il ber­
serk, in battaglia, poteva contare sulla forza dell'orso. Essi erano devoti al
culto di quell'animale, diffuso in tutto l'emisfero Nord.38 Il potere dell'orso
si guadagnava con l'iniziazione. Hrolfi Saga Kraki ci narra che tra le prove,
il candidato doveva uccidere l'immagine di una bestia allevata in cortile
e poi bere il suo sangue, a quel punto il potere dell'animale sarebbe stato
assimilato a quello del guerriero. La forza dell'orso era invocata anche nei
periodi di difficoltà. Quando fu abbandonato con la sua truppa su un'isola
La religione tardo germanica 205

"'···

Pannelli di elmetti del VI secolo rappresentanti guerrieri berserker, Ulfheònar e Svinfylking

deserta del Baltico, Orvar-Odd sistemò la testa e la pelle di un orso, sup­


portate da un bastone, come offerta (Saga di Orvar-Odd 5 ) . Nella Saga
Ftereynga un orso morto venne puntellato con un pezzo di legno tra le
mascelle. Infine i corpi dei berserker morti venivano adagiati su una pelle
d'orso prima dei riti funebri.39
A causa delle loro rinomate prodezze marziali, testate in battaglia, i ber­
serker erano uomini combattenti stimati nelle armate dei re pagani. Harald
Fairhair, re norvegese del IX secolo, aveva dei berserker come guardie del
corpo personali, come Hrolf, re di Danimarca. Il simbolismo guerriero­
orso sopravvive ai giorni nostri nei cappelli di pelliccia d'orso indossati
dalle guardie dei monarchi danesi e britannici.
Gli Olfheònar indossavano pelli di lupo al posto della cotta di maglia
206 Storia dei pagani

(Vatnsdoela Saga, 9) . Diversamente dai berserker, che combattevano in


squadroni, gli (Jlfheònar entravano in combattimento da soli come soldati
di guerriglia. Un guerriero-lupo appare sullo stampo di un fabbricatore di
elmi proveniente da Torslinda sull'isola baltica di Oland. In Britannia c'è
un bassorilievo nella chiesa dell'XI secolo di Kilpeck, nello Herefordshi­
re, che mostra una maschera di lupo con una testa umana che guarda da
dietro. Potrebbe trattarsi di una copia di pietra della maschera appesa nei
templi pagani, indossata nei momenti cerimoniali o di guerra. Maschere
simili, usate dagli sciamani, servono come ricettacolo di spiriti quando
non sono indossate. Nella sua Vita di Caio Mario, Plutarco descrive gli
elmi dei cimbri come fauci aperte di terribili bestie predatrici e strane ma­
schere di animali.
Il cinghiale era l'animale sacro del culto dei Vanir. "La Signora" , Freya,
aveva un maiale selvatico chiamato Hildisvin (maiale da battaglia) e suo
fratello Frey possedeva il cinghiale dalle setole dorate Gullinbursti, che era
in grado di superare un cavallo in velocità. Hilda Ellis Davidson ipotizza
che i sacerdoti dei Vanir potrebbero aver indossato maschere di maiale, per
invocare la protezione di Frey e Freya.40 Nella Svezia del periodo Vendei
e nella prima Inghilterra anglosassone, l'immagine del cinghiale appare su
molti oggetti cerimoniali, come sull'elmo di Benty Grange (Derbyshire) .
Il re svedese Athil aveva un elmo chiamato Hidigoltr (maiale da battaglia) .
Egli prese un altro elmo col cinghiale, Hildisvin, dal suo nemico, re Ali.4 1 I
guerrieri cinghiale combattevano nella formazione da battaglia nota come
Svinfylking: la testa del cinghiale. Era a forma di cuneo, guidata da due pa­
ladini noti come Rani (grugno) . Questa tipologia di guerrieri padroneggia­
va il camuffamento e la fuga, avendo una conoscenza intima del terreno.
Come i berserker e gli Ulfheònar, i guerrieri cinghiale usavano la forza del
loro animale come base delle loro arti marziali.42

La doppia fede e il paganesimo vernacolare

I.:arrivo del cristianesimo fu marcato nelle comunità germaniche come


in altri luoghi dalla tipica proibizione di continuare le pratiche pagane. Ciò
ci fornisce un'idea di come si palesava il culto pagano quotidiano. Nel testo
Punizioni per pagani e altri che si ribellano alla Chiesa di Dio, che venne
imposto intorno al 690, si trova un elenco di azioni proibite:
La religione tardo germanica 207

2: chiunque mangi o beva inconsapevolmente presso un santuario


pagano
5: chiunque tenga banchetti nei luoghi abominevoli della paganità
15: chiunque bruci grano nel luogo in cui è morto un uomo per il benes­
sere dei vivi della casa [ . . . ]43

Sembrerebbe che alla fine del VII secolo esistessero ancora dei santuari
pagani in Inghilterra riconosciuti come tali. Un'altra proibizione di circa
mezzo secolo dopo afferma:

chiunque pratichi la divinazione o l'evocazione presso una sorgente o una


pietra o un albero, se non in nome di Dio [ . . . ]44

Le proibizioni furono intensificate al tempo delle invasioni vichinghe.


Abbiamo già visto come i paesi scandinavi adottarono il cristianesimo con
riluttanza, sotto una coercizione assetata di sangue. Paesi come l'Inghil­
terra, che avevano già adottato il cristianesimo come religione ufficiale,
utilizzarono lo zelo missionario contro la rinascita del paganesimo sotto
l'influenza degli invasori. Il re inglese Edgar (959-975) proibì esplicita­
mente la tolleranza e l'assimilazione:

[lngiungiamo] che ogni prete promuova zelantemente il cristianesimo,


ed estingua totalmente ogni paganità; e proibisca il culto dei pozzi e la
negromanzia, e le divinazioni, e i malefici, e il culto dell'uomo, e le pra­
tiche vane che sono messe in pratica con vari incantesimi, e con nuclei
nelle boscaglie [santuari], e con il sambuco o altri alberi, e con le pietre,
e con molti vari inganni, con cui gli uomini fanno molte cose che non
dovrebbero . . . e ingiungiamo, che nei giorni di banchetto ci sia una com­
pleta astensione dalle canzoni pagane e dai giochi del diavolo. 45

Più tardi il nuovo re cristiano Canuto, sovrano danese di un'Inghilterra


ufficialmente cristiana per quasi quattrocento anni, aggiunse ( 1 020- 1 023) :

la paganità è, quando gli uomini venerano gli idoli; ossia, che adorano
gli dèi pagani, e il sole o la luna, il fuoco o i fiumi, i pozzi d'acqua o le
pietre, o le foreste di alberi di ogni tipo; o amano la stregoneria, o pro­
muovono artifici mortali [incantesimi di morte] in ogni maniera; che sia
col sacrificio o la divinazione, o mettono in atto qualsiasi cosa che faccia
capo a tali illusioni.46
208 Storia dei pagani

Giulio Cesare aveva detto che le tribù germaniche


veneravano il sole e la luna. Anche se possiamo asse­
gnare attributi solari e lunari a varie divinità menzionate
dagli osservatori e praticanti successivi, non abbiamo
prove del culto dei due corpi celesti in quanto tali.
I decreti di Canuto provenivano dall'arcivescovo
Wulfstan di York, ma presumibilmente il re, di
educazione danese e padre pagano, non avrebbe
legiferato su pratiche che sapeva essere fittizie. Il
suo decreto ci lascia con un accenno stuzzicante
di pratiche non documentate.
A seguito della conversione ufficiale delle ter­
re scandinave e dei loro incursori, all'interno de­
gli stati germanici europei molte pratiche pagane
furono assimilate nel cristianesimo o persistettero
come tradizioni popolari accanto alla nuova reli-
gione. A Colonia nel 1 333, Petrarca vide una
donna evocare il Reno come rito del popolo. 47
In questa stessa città sorgeva un importante
tempio pagano.48 Quando "tre grandi fuochi
nell'aria" scesero per riposare nell'Holselberg,
una montagna sacra in Turingia (meglio conosciuta
come Venusberg di Tannhiiuser) , nel 1 398, il feno­
meno fu interpretato come l'apparizione della dea
HorselY A volte gli stessi preti partecipavano a dei ri­
tuali pagani adattati che facevano parte della vita della
comunità. Il percorrere ritualmente i confini della
parrocchia ("battendo i limiti") , il festeggiare gli al­
beri di mele da sidro versandoci sopra una libagione
Il dio lunare sassone e sparando colpi d'arma da fuoco in aria, la bene-
dizione annuale dell'aratura nella parrocchia in un
giorno a cui veniva dato un nome speciale per l'occasione (lunedì dell'ara­
tro, il primo lunedì dopo la dodicesima notte) , sono tutte cerimonie che
continuano ancora oggi in Gran Bretagna. In Germania e in Scandinavia,
dove l'urbanizzazione della popolazione al tempo della rivoluzione indu­
striale non fu così drastica, sono rimaste anche più cerimonie di tributo
alla terra. I falò per il solstizio d'estate e le "ruote del sole" continuano in
La religione tardo germanica 209

Danimarca e in Norvegia, le fiere di metà estate in tutto il nord Europa. In


Germania e nei Paesi Bassi, la quarta domenica di quaresima è nota come
"giorno della gioià' e attribuito al libro biblico di Isaia (66. 1 0) , ma in realtà
sembra coincidere all'antico giorno d'estate, quando mimi e marciatori
celebravano la vittoria dell'estate sull'inverno. 50 Molte cittadine e villaggi
hanno ancora i loro alberi di maggio o alberi della cuccagna, e feste locali
come la corsa del pastore a Markgronigen, Baden-Wiirttemberg, vedono
grande partecipazione. Ciò che Cesare di Ales, nel VI secolo, chiamava
«canzoni diaboliche, erotiche e immorali» (cantica diabolica, amatoria e
turpia) o «canzoni oscene e immorali con cori di donne» divennero canti
usati per celebrare il solstizio d'inverno e la primavera nella loro forma
cristianizzata. In questo libro, l'Anatomia degli abusi ( 1 583) , il fondamen­
talista cristiano inglese Stubbes documentò le cerimonie pagane del suo
tempo:

Marcia poi questa compagnia pagana verso la chiesa e il cortile, le loro


zampogne suonano, i loro tamburi tuonano, i ceppi danzano, le campane
tintinnano, i fazzoletti sventolano sulle loro teste come impazziti, i cavalli
di legno e altri mostri si battibeccano nella folla; e in questa maniera
vanno verso la chiesa (dico io) e al suo interno (anche se i ministri stanno
pregando o predicando) danzano e agitano i fazzoletti sulla testa . . . do­
podiché, vicino alla chiesa persistono ancora e ancora, e così nel cortile,
dove generalmente avevano la sala estiva, i pergolati, i luoghi ombrosi e
sistemavano spazi per i banchetti, dove festeggiavano, banchettavano e
danzavano tutto il giorno e (probabilmente) anche tutta la notte.

Le danze non hanno più luogo nei cortili delle chiese o nel coro, ma a
Abbots Bromley, nello Staffordshire, si conservano cerimoniosamente in
chiesa le corna di renna per la danza tradizionale Horn Dance (danza delle
corna) . Le corna sono stata datate con il metodo del carbonio, all'XI seco­
lo, un periodo in cui in realtà le renne erano estinte nelle isole britanniche,
e si pensa che furono portate dai coloni norvegesiY
Alcune delle divinità dell'antico pantheon resistettero durante il nuovo
ordine. Jacob Grimm riferisce che nella Scandinavia del XVII secolo si
facevano offerte a Thor contro il mal di denti. 52 Fino al 1 8 1 4 , la pietra di
Odino, una pietra bucata a Croft Odin, Orkney, si usava per i giuramenti,
ma poi fu distrutta da un contadino. 53 Nel 1 79 1 , gli anziani di Orkney
citarono in giudizio un giovane per «aver disatteso la promessa a Odino»,
21O Storia dei pagani

Partecipanti alla Abbots Bromley Horn Dance, 1900 ca.

un giuramento pronunciato su quella pietra. 54 Quando si faceva visita alla


pietra era abitudine lasciare un'offerta di pane, formaggio, un capo di ve­
stiario o una pietra. Un'incisione del 1 823 su un megalite ritrae l'Anello
di Stenness, noto come Tempio alla Luna, dove una donna sta invocando
Odino per santificare la sua promessa di fidanzamento.55 Anche nel XX
secolo lo psichiatra svizzero C.J. Jung spiegò uno dei suoi sogni facendo
riferimento all'immaginario ancora in voga, della "caccia selvaggià' portato
da «colui che indossa il cappello verde»: Wotan.56 O.S. Reuter identificò
quello che sembra essere un primitivo riferimento alla "caccia selvaggia" in
un passaggio dell'antico poema visionario norvegese (cristiano) Drauma­
kvadi: «L'orda di demoni giunge dal nord con splendore e ornamento, e il
vecchio canuto [Odino] li conduce». 57 Nel folclore medioevale e moderno,
la "caccia selvaggià' erano gli spiriti che cavalcavano la tempesta e che,
così come riporta Jung, portavano via le anime verso un luogo diverso dal
paradiso cristiano. Nella cultura germanica, si pensava che fosse guidata da
Woden anche se altrove, gli uomini di chiesa l'avevano immaginata gui-
La religione tardo germanica 21 1

data da una dea, Erodiade o Diana, come ad esempio nel Canon Episcopi
del X secolo.
Piuttosto distanti dalle reliquie dirette, per un lungo periodo le imma­
gini cristiane furono aggiunte ai santuari pagani, e alle immagini pagane si
attribuivano i nomi di santi o profeti. Molte delle divinità pagane venivano
semplicemente rinominate dai preti cristiani. Le divinità beneficiali di­
vennero santi: Freya diventò Maria; Baldur, san Michele; Thor, sant'Olaf;
T6nn, sant'Antonio, ecc., mentre i demoni e le divinità distruttive furono
identificate con il Diavolo. Abbiamo già visto la concezione politeistica di
re Ra:dwald dell'Anglia dell'est, con il suo santuario personale in cui ve­
nerava sia le divinità pagane che quelle cristiane. Furono i luoghi sacri nel
paesaggio, i pozzi sacri, le colline e le grotte a subire l'alterazione minore.
Le chiese cristiane sugli antichi luoghi pagani nelle terre di lingua germa­
nica, dedicate a Verena e Walburga, erano note come Heidenkirchen (chiese
pagane).58 Heidenkanzel (pulpito pagano) era il nome di una collina in
Alsazia su cui si ergeva la chiesa di san Materno.59 Nel Saarland vi è un'al­
tra Heidenkirche sull'Halberg.60 In Tirolo c'è una collina sacra chiamata
Heidenbuhel. Era sormontata da una cappella all'interno di un cimitero
detto Heidenfriedhof (cimitero pagano) . Altrove si trovavano chiese chia­
mate Heidentempe/. 6 1
Talvolta alla divinità locale si attribuiva semplicemente l'epiteto "san­
to" , ad esempio il pozzo sacro di Thor a Thorsas in Svezia era noto come
sorgente di san Thor.62 I pozzi sacri riveriti nel periodo medievale costitu­
iscono altri esempi; tra i più rilevanti il tempio della dea sveva Zisa nello
Zisenburg, ad Asburgo; i luoghi sacri di Jutta a Heidelberg; il pozzo sacro
profetico di Mons Noricus, a Norimberga; e il labirinto, luogo di danza, di
Libussa a Praga. La croce di pietra del X secolo a Gosforth, Cumbria, pre­
senta sia immagini della mitologia nordica che cristiana. I dipinti murali
del XIII secolo nella cattedrale di Schleswig, in Germania, rappresentano
le dee Frigga e Freya. 63 C'è un'immagine di Woden, completa di corvi e
svastiche nella chiesa a Great Canfield, nell'Essex, in Inghilterra. In quella a
Belsen, Kreis Tiibingen, Baden-Wiirttemberg, si trovano due immagini del
dio Béél. Un dipinto murale della dea nel labirinto, risalente al XV secolo,
è visibile nella chiesa a Sibbo, Nyland, in Finlandia.64 Al tempo delle con­
versioni, le immagini potevano soddisfare sia i fedeli pagani sia quelli cri­
stiani. Le statue munite di ascia di re Olaf il Santo, ucciso nella battaglia di
Stiklastad nel l 030, furono sistemate nelle chiese norvegesi, dove i pagani
212 Storia dei pagani

le veneravano come im­


magini di Thor.65 In tem­
pi più recenti, un'antica
immagine sacra di Buryat
in un monastero sul lago
Baikal, fu trasformata
nella raffigurazione di
san Nicola e venerata col
medesimo zelo da devoti
cristiani e pagani.66 Nel
nord della Germania,
sotto il nome di Rolan­
dseulen, sono stati eretti
pilastri pagani e nel XV
secolo c'era un tempio di
Giove Cristo a lsteinY
Nella tradizione pa­
gana i santi cristiani oc­
cuparono il posto dei
corrispettivi dèi pagani
all'interno del pantheon.
Il colono islandese Helgi
il Magro si diceva credes­
se in Cristo, ma invocava
La caccia selvaggia di Wodan ( 1 882) di Friedrich Wilhelm Thor per i viaggi· in mare
Heine
e .le imprese avventuro-
se. 68 Le invocàzioni e le
preghiere pagane subirono una modificazione con l'aggiunta (e talvolta la
sostituzione) di riferimenti cristiani. Il secondo Merseburg Charm, datato
dal X secolo, menziona Phol, Woden, Frigga e Volla. Il Canterbury Charm
contro la malattia ( 1 073) contiene le parole «Thor ti santifichi». Un libro
di medicina islandese del tardo XIII secolo contiene i nomi di Odino,
Fjolnir, Thor, Frigga e Freya insieme a nomi importanti della tradizione
giudaico cristiana.69 Il bastone della guarigione runico proveniente da Ribe
in Danimarca ( 1 300 circa) è un classico esempio di un oggetto sacro di
doppia fede. Questo bastone di pino di 30 cm di lunghezza reca con se un
incantesimo runico per esorcizzare il dolore sotto forma di tremore (si tratta
La religione tardo germanica 213

forse d i malaria) : «io prego, protettore della terra e dei cieli, Sol e Santa
Maria; e Dio re, che mi diede la mano guaritrice, e parole per sanare, per
la cura del dolore quando c'è bisogno di sollievo».7°
In seguito alla conquista normanna del l 066, il cristianesimo ufficiale
in Inghilterra mantenne una concezione separatista. Il re si riservava il di­
ritto di nominare i vescovi ma il papa si opponeva a questo atteggiamento.
La tensione emerse durante il regno di Enrico II ( 1 1 54- 1 1 89), particolar­
mente separatista, con la popolarità del mito del Graal, che raccontò di
Giuseppe di Arimatea, lo zio di Gesù, e che portò alla creazione di una
chiesa indipendente a Glastonbury, in Inghilterra. Il mito della successione
apostolica inglese era al servizio di un utile obbiettivo politico, ma il vei­
colo di trasmissione perpetuò incidentalmente un'antica tradizione pagana
celtica riscontrabile nella storia di un contenitore che miracolosamente
produceva cibo, il Graal, e la sua sacerdotessa o guardiana. La popolari­
tà delle storie del Graal, che furono favorite in Inghilterra, in Galles, in
Germania e in Francia, sorse in un momento in cui l'importanza della
comunione cristiana (un pasto miracoloso) stava crescendo, come il culto
della Vergine Maria. Le storie pagane furono usate in questo caso per tra­
smettere il simbolismo di uno sviluppo interno al cristianesimo.
Llnghilterra rimase in conflitto con la Chiesa di Roma. Nel 1 208 il
papa mise un'interdizione sul paese perché re Giovanni si rifiutava di sotto­
mettersi. Tutte le consacrazioni furono interrotte: le chiese chiuse, le cam­
pane non suonavano, i matrimoni celebrati senza il clero, e i morti seppel­
liti in terreni non consacrati. Nel l 209, le cose peggiorarono e l'Inghilterra
intera ricevette la scomunica. Re Giovanni ordinò a tutti i preti di lasciare
il paese e espropriò i possedimenti della chiesa. Seguì un periodo di stra­
ordinaria vitalità e prosperità per il regno. La corte di Giovanni a Windsor
era particolarmente sontuosa, frequentata da tutti i nobili del reame. In
questo periodo Riccardo di Devizes si stupì visitando Londra, nella quale
trovò un vibrante pluralismo di stili di vita: «Attori, giullari, giovani dal�
la pelle morbida, Mori, adulatori, ragazzetti carini, effeminati, pederasti,
donne canterine, dottori ciarlatani, danzatrici del ventre, streghe, estorsori,
viandanti notturni, maghi, mimi, mendicanti, buffoni: questa tribù riem­
pie tutte le case».
Alcune curiose sopravvivenze della tradizione indigena rimasero o si
rinnovarono nell'Inghilterra medioevale. Nel suo English Society in the
Middle Ages, Lady Stenton descrive come, nel l 2 5 5 , una compagnia di tre-
214 Storia dei pagani

dici persone cacciò illegalmente nella foresta di Rockingham. Tagliarono la


testa di un caprone e la misero su un'asta in mezzo a una radura. Gli misero
uno spuntone in bocca in modo da farlo restare a bocca aperta verso il sole
«in grande contemplazione del dio e degli animali della foresta».
Il simbolismo in tutto ciò è oscuro. Sembra che, più di cento anni dopo,
in seguito alla morte della regina Filippa nel 1 369, Alice Piers, l'amica di
re Edoardo III, abbia esercitato una certa influenza. Sedeva con i giudici
e dirigeva la giustizia. Nel 1 374 apparve con il travestimento di "signora
del sole", la personificazione della dea Sol. Prese posto accanto al re in
una carrozza, seguita da una scorta di nobili e cavalieri, ognuno dei quali
era accompagnato da una damigella vestita sfarzosamente. Andarono dalla
Torre di Londra a Smithfield, dove si tenne un torneo lungo una settima­
na in onore della Signora del Sole. Essendo molto impopolare a corte fu
costretta ad andarsene, ma il re la riconvocò. Significativamente, Alice gli
fu accanto sul letto di morte dove rifiutò l'accesso ai preti. Quando morì,
non ricevette l'estrema unzione.
In Germania erano incoraggiate le attività antipagane. La chiesa pro­
mosse l'usanza di Heidenwerfen. Si collocava un'immagine che rappresen­
tava una divinità pagana e la si lapidava, si distruggeva in pezzi e la si
bruciava. Si registrano Heidenwerfen a Hildesheim (XIII secolo) , Halber­
stadt (XVI secolo) e Treviri. A Hildesheim si metteva un palo di legno di
fronte alla chiesa; gli si mettevano sopra una corona e un mantello e lo si
chiamava Giove. Poi lo si prendeva a sassate prima di bruciarlo.71 Fino al
1 8 1 1 il busto della Venere Vicrtix romana è stato conservato nella chiesa
monastica di San Mattia vicino Treviri. Occasionalmente lo si sistemava
da qualche parte e si incoraggiavano i parrocchiani a prenderlo a sassate.72
In questo caso erano le divinità romane più che quelle germaniche a essere
attaccate, proprio come il tempio di Giove Cristo a lstein, che onorava una
divinità romana. I testi classici sono stati assorbiti in nord Europa fin dalla
riconquista della Spagna che iniziò nel l 086, e l'insegnamento monastico
era analogamente pieno di esempi, di espressioni tratte dal linguaggio del
Nuovo Testamento, con la sua rappresentazione di cristiani schierati in
battaglia in opposizione alle divinità del mondo antico. Nomi e attributi
classici erano quindi a disposizione del clero medioevale, e sembrerebbe
che siano stati usati liberamente. Il popolo tuttavia rimaneva attaccato ai
nomi tradizionali delle proprie divinità indigene.
IX.
Le terre baltiche

Il territorio tra il fiume Elba e il golfo di Finlandia è emerso dalla prei­


storia e dai racconti dei viaggiatori piuttosto recentemente. Non ha mai
fatto parte dell'Impero romano e si unì al Sacro Romano Impero solo nei
secoli tra il X e il XIV. Fino a tempi recenti, i resoconti storici tendevano
a essere ambigui. I poteri imperiali - la Chiesa, i germani, gli scandinavi,
i russi - che combatterono per il controllo del territorio, trascurarono la
storia indipendente dei suoi abitanti e i successivi movimenti nazionalisti
tra i popoli colonizzati hanno avuto la tendenza a esagerare le proprie im­
prese. Con l'indebolimento e il collasso dell'impero sovietico negli anni
Ottanta del secolo scorso, un investigazione storica quanto più oggettiva è
ora tornata possibile, anche se siamo ancora agli inizi.
La storia antica del territorio è incompleta ma incontrovertibile. Nel V
secolo a.C. Erodoto documentò la presenza di sciti che vivevano intorno
ai fiumi Dnieper e Don, nomadi e cacciatori (IV, 1 7ss.) . Egli descrive una
tribù chiamata geloni, di origine greca, che furono cacciati dalle loro città
sul mar Nero e viaggiarono a nord verso il Don, dove si stabilirono dando
vita a una città in legno, supportata da un'economia agricola e pervasa
di templi dedicati alle divinità greche; la popolazione parlava una lingua
che era metà scita e metà greco (277). Seicento anni dopo, Tacito riferisce
dell'esistenza dei famosi aestii sulle coste orientali del Baltico, che parla­
vano una lingua parente del britannico e che raccoglievano ambra, vene­
ravano la madre degli dèi e avevano adottato come simbolo il cinghiale
selvatico. Il geografo Tolomeo, a metà del II secolo d.C., descrisse i venedi
(vendi) , i finni, gli ossi (osiliani) e altri abitanti sulle sponde del Baltico.1
Le tribù lituane dei galindiani e dei sudini viveva nell'interno, ad est dei
popoli finnici sulla costa. Nel VI secolo d.C. gli storici goti Procopio e
216 Storia dei pagani

Jordanes fecero delle aggiunte al dipinto. Quando arrivarono i Rus dalla


Svezia nel IX secolo e si stanziarono sul Volga, dominando le tribù slave,
iniziarono a utilizzare i Chud estoni come mercenarU I Rus (i vichinghi
svedesi descritti nel capitolo VIII) costruirono un impero corrispondente
agli stati dell'attuale Bielorussia e Ucraina, dominando sugli abitanti di lin­
gua slava della zona, estendendo la loro influenza sotto il confine orientale
d'Europa fino al mar Nero e a Costantinopoli. Le terre intorno al litorale
baltico furono, tuttavia, lasciate libere.
Sembra che i Balti fossero un popolo di navigatori e di pirati. Giovanni
( 1 488- 1 544) , fratello del famoso vescovo Olao Magno, autore della Histo ­
ria de omnibus gothorum sueonumque regibus (Storia di tutti i Re dei goti e
degli svedesi) fornisce numerosi esempi di guerre navali sul Baltico orien­
tale, databili a partire dal V secolo d.C. Ad esempio nell'anno 4 1 0, Tordo,
re di Svezia, armò la sua nazione contro un'enorme flotta di estoni, curoni
e ulmigeri (prussiani) , che obbligò alla ritirata.3 Nel frattempo, i sassoni
colsero la loro occasione di saccheggiare Gotland, Holstein, Danimarca,
Pomerania, Curonia ed Estonia.4 La migrazione dei goti dalla Gautland
(Svezia del sud) e dall'isola di Gotland iniziò, secondo Giovanni Magno,
dopo una serie di incursioni particolarmente severe da parte dei popoli del
Baltico orientale. 5 I futuri visigoti guidati da Gotrijk giunsero in Riigen e
Pomerania. Un gruppo tra loro poi migrò a sud verso le Alpi. Un secondo
gruppo si staccò sotto la guida del re per conquistare i prussiani, i curo­
ni, i samogizi e gli estoni dopodiché Gotrijk lasciò il comando al figlio,
Filimer e ritornò a Gautland dove ristabilì il suo regno. Il terzo gruppo,
sotto Ermanerik, conquistò i vandali e poi gli estoni.6 Molto dopo il re
svedese Erik il Vittorioso (940-944) respinse un'invasione degli estoni e li
invase a sua volta, forzandoli a diventare suoi vassalli. La vittoria, tuttavia,
non sembra sia vissuta più del suo autore. Adamo di Brema7 documenta
l'esistenza di pirati chiamati ascomanni o wichingi (vichinghi) che razzia­
rono le coste della Frisia nell'anno 994 e che navigarono fino all'Elba. Il
loro nome suggerisce la loro provenienza: la provincia estone di Askala, "la
terra dei maghi" . 8 Il famoso re norvegese OlafTryggvason fu catturato dai
vichinghi estoni e reso schiavo quand'era ragazzo, intorno al 970.9 Sàssone
Grammatico, nel tardo XII secolo, e Enrico di Livonia, nel 1 227, scrivono
a proposito delle navi pirata estoni e delle loro tattiche. 1 0
La maggior parte delle terre baltiche nel primo millennio d.C. sono state
apparentemente abitate da popoli che non erano nomadi né agricoltori, ma
Le terre baltiche 217

Immagini in legno di divinità baltiche del Tardo Medioevo

incursori. [etica di una società assaltatrice è un'estensione del modo di vede­


re del cacciatore/raccoglitore. Proprio come gli altri animali sono lì per essere
mangiati, così gli altri insediamenti sono a disposizione per l'incursione e il
saccheggio. [assaltatore di successo porterà a casa cataste di bottino e difen­
derà il proprio insediamento da altri predatori. Non si tratta di infrangere
la legalità, ma la normale e, senza dubbio, centrale attività nella vita di un
maschio adulto. Era la stessa visione degli antichi irlandesi (cfr. lhe Cattle
Raid of Cooley) , dei vichinghi norvegesi e danesi e dei popoli della parte
continentale dell'est Europa nel primo periodo medioevale. Il Trattato di
Christburg ( 1 249) documenta come i prussiani avessero una classe partico­
lare di sacerdoti che celebravano i funerali, «encomiando il morto per i furti,
i saccheggi, le oscenità, le rapine e altri vizi e peccati commessi in vita»Y
Chiunque legga le saghe vichinghe riconoscerà una forma simile di glori­
ficazione. Gli scaldi vichinghi, i poeti epici, non erano mai descritti come
preti, ma in Irlanda i fili, e prima ancora i bardi, certamente lo erano stati. In
218 Storia dei pagani

queste società preletterarie la fama di un individuo doveva essere riaffermata


e riguadagnata a intervalli regolari. Atti che noi (e le civiltà antiche) chiame­
remmo di vanagloria ed esibizionismo erano normali, e il buon nome di un
guerriero sarebbe semplicemente morto senza gli sforzi del suo bardo.
Alla fine del X secolo il Sacro Romano Impero gettò uno sguardo verso
est in vista delle crociate. Seguendo le attività missionarie di Willibrord e
i suoi monaci northumbriani in Frisia negli anni Novanta del Sei�ento, i
combattenti cristiani nell'impero franco avevano considerato l'Elba come
limite orientale della loro attività. Nell'83 1 -834 però, Pipino I d'Aqui­
tania, nipote di Carlo Magno, stabilì una sede episcopale ad Amburgo
e un secolo dopo (946-949) l'imperatore Otto I usò quella e altre nuove
fondazioni come avamposti nella sua campagna per la conversione alla
cristianità degli slavi occidentali e degli abitanti delle terre pagane dell'est.
Il suo unico successo a nord fu in Polonia. Quest'ultima fu innalzata a
stato cattolico tra il 962 e il 992 dal principe Mieszco L Ma tra questa
e i regnanti cattolici di Sassonia si estendeva il territorio pagano, la terra
degli antichi venedi o, com'erano chiamati in quel momento, i vendi, che
rifiutarono fortemente la religione cristiana ed espulsero tutti i missionari
e i seguaci nel l O 1 8 e nel l 066. Il Sacro Romano Impero dovette aspettare
cinquant'anni prima di ritentare ancora.

«Gli slavi>>, così procede un proclama [del l l 08] dei vescovi e principi alla
guida dei sassoni, «sono un popolo abominevole, ma la loro terra è molto
ricca di carni, miele, grano, uccelli e abbonda di tutti i prodotti della fer­
tilità della terra coltivata, tanto che nessuna può esserle paragonata. Così
dicono coloro che sanno. Perciò O sassoni, franchi, lotaringi, uomini più
famosi delle Fiandre, qui potete sia salvare l'anima sia, se desiderate, avere
la migliore terra in cui si possa vivere». 1 2

S i tratta dell'incitamento a una crociata vero e proprio, che faceva capo


allo spirito stimoltato dalla prima crociata del l 096 nell'ovest. I popoli a
est dell'Elba non si fecero sottomettere facilmente e alcuni nel lontano an­
golo orientale d'Europa non furono mai dominati. Nel 983 il popolo slavo
sollevatosi a Brandeburgo espulse i conquistatori ottoniani, ma nel l 047 il
cristiano Gottschalk stabilì il regno dei venedi, che si estendeva dall'Elba
all'Oder. Nel l 066 sia Gottschalk che il vescovo Mecklenbur furono uccisi
dalla resistenza pagana. 1 3
L a riconquista iniziò con l a crociata contro i venedi (wendish) nel l l 47.
Le terre baltiche 2!9

L a parte occidentale della Vandalia, tra l'Oder e l a Vistola, era nota come
Pomerania (la terra degli "abitanti sulla spondà' ) , e rappresentava il primo
obbiettivo della crociata orientale, ma più tardi nel 1 1 53 slavi e sassoni a
Brandeburgo veneravano il dio Triglav. Cent'anni prima questa zona era
stata il centro del paganesimo germanico, dove i semnoni adoravano il dio
supremo nel boschetto sacro. 14 Nell'Alto Medioevo, Svantovit, riverito sia
dagli slavi che dai balti, aveva ancora il centro del suo culto a nord di que­
sta zona, sull'isola santa di Riigen nel Baltico. I..: i sola stessa era sacra al dio
Rugevit, i cui alberi sacri di sorbo selvatico crescevano in abbondanza. A
Karentia (Garz) , all'estremità sud dell'isola, c'era un santuario contenente
le raffigurazioni a più teste di Porevit e Rugevit. Nel tempio di Svantovit,
nel promontorio più a nord di Riigen, si trovava un pilastro intarsiato con
la rappresentazione dei quattro profili di Svantovit. Un profilo aveva un
corno di metallo prezioso che annualmente un oracolo riempiva di vino,
per le riunioni in occasione della festa del raccolto, momento in cui l'alto
sacerdote decideva se la nazione doveva entrare in guerra oppure no. I..: alto
sacerdote era l'unico uomo venedo autorizzato ad avere i capelli lunghi.
Riceveva una sua proprietà e tutto l'oro preso in guerra; inoltre aveva un
esercito personale di trecento cavalieri. 1 5 Il tempio era un edificio a pianta
quadrata come molti altri templi celtico-romani e come quello a Uppsala. 16
Le immagini delle divinità erano considerate così sacre che solo i sacerdoti
erano autorizzati a guardarle nell' inner sanctum dov'erano custodite. Nei
templi si conservavano anche altri oggetti sacri; ad Arcona ad esempio vi
erano la sella sacra e le briglie di Svantovit, usati sui cavalli sacri durante le
cerimonie. A Wolgast, il tempio conteneva lo scudo sacro di Gerovit, e a
Stettin c'erano corna di uro decorate con oro e gioielli. Nel temenos di Ar­
cona stava un cavallo bianco sacro. Altri erano tenuti nel santuario di Zua­
rasiz (Redegost) a Rethra. Il santuario di Triglav a Stettin, che includeva
una quercia e un pozzo sacri, aveva cavalli neri. Lo stesso Stettin conteneva
a sua volta quattro templi e alcune sale dove i nobili si incontravano in
occasione di banchetti sacri in cui usavano piatti d'oro e d' argentoY
A Rethra, durante una ·ribellione, il vescovo fu giustiziato e la sua testa
offerta a Redegost. Triglav era venerato a Brandeburgo dagli slavi e dai
sassoni intorno al 1 1 53, al tempo in cui il duca Nyklot degli abotriti (che
viveva vicino Mecklenburg in Pomerania) stava riaffermando il paganesi­
mo sulla scia della conversione ufficiale nel 1 1 28. Il tempio di Svantovit fu
distrutto dall'arcivescovo Absolom e re Valdemar I di Danimarca nel 1 1 68,
220 Storia dei pagani

e il tempio a Karenzia fu danneggiato nel 1 1 69. Una lastra di granito ac­


corpata al muro della chiesa a Altenkirchen presenta un bassorilievo di un
uomo senza barba che regge delle corna. 1 8 È stato riconosciuto come uno
Svantovit. 1 9
I pomeraniani si convertirono al cristianesimo nel 1 1 28 sotto l'influen­
za del vescovo missionario Otto di Bamberg. Tra il grande dibattito e la
resistenza pagana organizzata, i ceti alti delle Pomerania si fecero persua­
dere dai vantaggi della cultura condivisa con i loro compagni comm< -:ial i .
Una fazione pagana attiva rimase dopo l a conversione, come abbi;; \'t­

sto, e i templi su Riigen restarono in funzione fino al 1 1 68- 1 1 69, do p o la


morte del loro difensore il duca di Nyklot nel 1 1 60. I contadini, come al

Il labirinto usato per la danza della Corporazione dei calwlai da Pommeranische Archive III, 1784
Le terre baltiche 221

solito, rimasero pagani per molto più tempo dell'aristocrazia, e in nessun


luogo accettarono il cristianesimo senza coercizione e resistenza armata.20
La Pomerania fu accorpata alla Polonia nel 1 294 e anche qui, le vecchie
tradizioni hanno resistito a lungo. Quando le ceneri di un combattente
polacco e di sua moglie vennero seppellite nel loro villaggio natio nel 1 993,
vicino alla tomba furono piantati due alberi di betulla sacri al paganesimo
baltico. Un osservatore annotò che sembrava di assistere a una miscela
unica di «fede cristiana, patriottismo militante e culto degli antenati» . I
resti del generale, pensò, erano stati seppelliti come a guardia del villaggio
e per ricordare agli abitanti la loro identità, come fanno sempre le sepolture
ancestrali. 21

�antica Prussia e le sponde baltiche

A est del golfo di Gdansk si situava l'antica Prussia e sulla sponda orien­
tale del Baltico la Lituania, la Livonia e I.:Estonia. Le lingue dell'antica
Prussia, Lituania e della parte sud della Livonia (attuale Lettonia) costi­
tuiscono un ramo arcaico dell'indoeuropeo, alla pari con lingue antiche
come il sanscrito, il greco antico e il gotico. Fino al XX secolo le lingue
baltiche erano considerate un ramo di quelle slave, ma recenti studi oggi
le raggruppano in una categoria indipendente. Molti accademici pensano
che il popolo di questo gruppo linguistico arrivò nella terra attuale circa
4000 anni fa, anche se è possibile che gli appartenenti al ceppo linguisti­
co ugro-finnico che ora sono confinati in Estonia e in punti più a nord,
una volta vivessero più a sud.22 Come chiariscono i documenti del 1 300
d.C. tutti questi popoli finnici erano noti a loro stessi, al mondo antico e
ai parlanti germanici come aestii, agli scandinavi come sembi e agli slavi
(venedi e polacchi) come pruzi (prussiani) .23 I lituani degli altipiani, che
vivevano nell'interno,24 si trasferirono per insediarsi sulle zone costiere tra
la Vistola e la Ovina dopo che le incursioni dei crociati cristiani avevano
destabilizzato la zona.25
Le identità degli stati baltici e i loro confini, poco chiari dalla preistoria,
cambiarono radicalmente in seguito alle incursioni franche del X secolo,
ma non fece altrettanto la loro attitudine alla religione. Questi paesi man­
tennero il paganesimo ufficiale molto a lungo nel periodo medioevale. Le
tribù dell'antica Prussia erano devotamente pagane. Fu solo attraverso le
222 Storia dei pagani

guerre di sterminio guidate dai prelati cristiani che fecero cessare le pra­
tiche della tradizione pagana. Il genocidio degli antichi Prussiani non fu
portato a termine facilmente. Si unirono ai venedi nella ribellione baltica
del 983, considerando il cristianesimo culto dei Teutonicus deu?-6 • Nel 997,
Adalberto, vescovo di Praga, fu ucciso nel suo tentativo di cristianizzare
l'antica Prussia. Fu seguito da Bruno di Magdeburg, ucciso dagli Yatvegia­
ni (lituani del sud/prussiani dell'est, intorno al fiume Niemen) nel 1 009,
quando il cristianesimo fu estirpato dal paese.
A causa di questi fallimenti, il vescovo Bertoldo asserì che solo la con­
quista delle terre avrebbe messo fine al paganesimo. Costui morì in bat­
taglia nel 1 1 98 , ma la sua chiamata fu recepita dai fondatori degli ordini
militari cristiani. Nel 1 200, i livi furono sottomessi dal vescovo Alberto di
Brema, che portò alla fondazione di Riga e, nel 1 202, alla costituzione dei
Fratres Militiae Christi, l'"ordine della spadà'. Questi cavalieri tentavano
di imporre il cristianesimo con la forza ma incontravano strenua resistenza.
Nel 1 225, l'Ordine Teutonico (ordine ospitaliero di Santa Maria dei Ger­
mani di Gerusalemme, fondato ad Acri nel 1 1 90) fu espulso dalle sue terre
feudali in Transilvania dai cumani pagani e andò in Prussia per occupare
le terre baltiche per il proprio ordine. 27 Iniziò una lunga guerra: i Cavalieri
della Spada furono sconfitti in battaglia da un esercito pagano di Lituani
a Saule, vicino Bauska nel 1 236. Nel 1 260 la "Grande Apostasià' nell'an­
tica Prussia portò i cavalieri teutonici a istituire la stessa prova di fedeltà
imposta ai romani dalla minaccia cristiana dodici secoli prima. A tutti gli
abitanti del paese fu fatta giurare alleanza alla divinità nazionale, in questo
caso il dio cristiano. Coloro che lo facevano venivano premiati con privi­
legi civili.28 Tra il 1 270 e il 1 273 una campagna ufficiale di sterminio fu
attuata dagli ordini militari cristiani - i cavalieri teutonici, i cavalieri della
Croce e i cavalieri della Spada - contro la nazione pagana della Sambia
nell'antica Prussia. Alcuni anni dopo ( 1 280- 1 283) la crociata raggiunse la
Sudovia a est. La nazione fu ridotta alla desolazione, i suoi abitanti mas­
sacrati o espulsi. Fino al 1 525 la Prussia è stato un Ortenstaat, un paese
posseduto da un ordine militare cristiano, e diede il nome e la reputazione
militaristica allo stato che le successe: Brandeburgo.
La Lituania, al contrario, in realtà entrò in essere come stato pagano
per reagire la doppia minaccia proveniente dagli ordini militari cristiani a
ovest e l'invasione dei tartari a est. Per la metà del XIV secolo era diven­
tata lo stato più esteso d'Europa, completamente moderno, burocratico e
Le terre baltiche 223

Le divinità l iruane Perkiinas e Perkiinatele (Zemyna) , XVI secolo

posseduto da una fiorente religione pagana che era organizzata con tutti i
vantaggi politici che la religione cristiana offriva a i suoi stati ospitanti.29 La
frammentazione delle antiche divinità locali e delle alleanze fu sopraffatta
da celebrazioni nazionali di vittoria e dai funerali di stato degli eroi, in
cui si invocavano le divinità comuni a tutti i lituani. Come gli scandinavi
in epoca vichinga, i lituani non avevano nulla di tangibile da guadagna­
re adottando il cristianesimo, ma contrariamente a loro, furono in grado
di trasformare il paganesimo da locale, col culto degli spiriti del posto, a
statale, col culto degli spiriti della nazione, nello stesso modo in cui l'ave­
vano fatto i romani e le altre civiltà mediterranee. Nel 1 2 5 1 , il re limano
Mindaugas, l'architetto di questa ricostruzione, in realtà divenne cristiano,
ma questo non portò a una conversione obbligatoria di tutti i suoi sudditi
e le pratiche pagane rimasero legittime durante tutto il suo regno e oltre.
Si pensò infatti che la conversione fosse stata solo apparente. Le Cronache
Galato-Livoniane affermano che:

Segretamente egli offriva sacrifici agli dèi - a Nenadey [dio della sfortu­
na] , Telyavel [protettore dei morti], Diveriks il dio-lepre [dio celeste] e
Meidein [dea della foresta]. Se quando Mindaugas cavalcava nei campi
224 Storia dei pagani

una lepre gli attraversava il cammino, non andava nel bosco e non osava
spezzare un ramoscello. Offriva sacrifici al suo dio, bruciava i cadaveri e
conduceva riti pagani in pubblico.30

I samogizi tuttavia avvertirono Mindaugas del giogo politico che ac­


compagnava il cristianesimo. Essi resistettero alla nuova religione fino alla
fine. I tentativi da parte dei cavalieri della Spada di cristianizzare la Samogi­
zia (pianura lituana) avevano incontrato una sconfitta decisiva nel 1 259 e i
samogizi continuarono a offrire il proprio supporto alle tribù livoniane nel
combattimento contro l'ordine militare con sede a Riga. Nel frattempo il
governo centrale a Vilnius stava seguendo un percorso espansionistico. Nel
1 3 1 5 la Lituania sotto Gudimin annesse formalmente la Piccola Russia,
la patria originaria dei Rus, nella quale si stava espandendo fin da quando
Kiev era stata saccheggiata dai tartari nel 1 240. Questa mossa ripaganizzò
la Piccola Russia. Gli abitanti presto si fecero chiamare lituani ma la lin­
gua ufficiale rimase il bielorussoY La Lituania pagana mostrava tolleranza
religiosa: la religione era un fatto di coscienza individuale. Dopo il 1 3 1 2
quando i preti cristiani entrarono in Lituania, i santuari pagani e i mona­
steri delle sette cattoliche e ortodosse stavano fianco a fianco nella capitale,
Vilnius, mentre gli scribi musulmani erano impiegati nella cancelleria re­
gale-ducale.32 La Lituania dell'altopiano fu cristianizzata ufficialmente nel
1 387, in cambio della corona di Polonia. La Samogizia, un distretto che
aveva instancabilmente combattuto contro i crociati franchi, non accettò
il cristianesimo fino al 1 4 1 4. Dopo che l'unione di Polonia e Lituania era
stata resa permanente nel 1 569, la Polonia incominciò a essere vista come il
partner dominante della relazione, così la lingua di stato divenne il polacco.
:L importanza politica della Lituania dal XIII al XVI secolo è quindi rimasto
uno dei segreti meglio nascosti della storia europea. Le classi governative
della Lituania furono colonizzate ma i contadini mantennero la loro lingua
e le loro abitudini popolari, anche sotto la persecuzione dopo che la Litua­
nia passò alla Russia nel 1 795. I movimenti in favore della cultura popolare,
che crebbero in tutti i paesi baltici nel tardo XIX secolo, incoraggiarono la
raccolta e la riaffermazione delle pratiche antiche e un movimento pagano
lituano crebbe stabilmente durante tutto il XX secolo.33
I templi lituani, come quelli in altri luoghi dell'Europa pagana, erano in
origine fondati e mantenuti indipendenti, non come parte di una religione
nazionale o transnazionale. Le storie medioevali di paganesimo centraliz-
Le terre baltiche 225

zato, basate su un tempio centrale, Romowe (Romuva) , sotto la giurisdi­


zione di un alto sacerdote, Kriwe Kriwejto, erano considerate stravaganti da
alcuni ricercatori,34 ma studiosi del nostro tempo hanno iniziato a dargli
credibilità35 e il paganesimo lituano moderno, restaurato formalmente nel
1 967, represso dai sovietici nel 1 97 1 e tollerato fino al 1 988, ha preso il
nome di Romuva. Dal 1 988, il luogo di culto a Romuva, nell'enclave rus­
so di Kaliningrad (precedentemente in Prussia dell'est) , è stato restaurato
come luogo di pellegrinaggio e celebrazione. Secondo una leggenda ripor­
tata da Maciej Styjokowski36 il luogo in cui sorge l'attuale capitale Vilnius,
fu scelto dal duca Sventaragis, che, mentre era a caccia, si imbatté in un
bosco di querce. La sua bellezza lo incantò così tanto che diede ordine che
il suo corpo venisse sepolto lì nello stile dei germani e degli scandinavi che
abbiamo già incontrato:

Secondo il costume dei suoi antenati, il duca fu cremato con indosso la


sua migliore armatura, le armi e l'abbigliamento più bello. Consumati
dal fuoco insieme ai resti del duca c'erano i suoi amati cani da caccia, il
falco, il falcone e il valletto.

Dopodiché il luogo divenne terreno di cremazione dei duchi lituani e


oggi vi sorge la piazza della cattedrale.
Nonostante il paganesimo baltico sia stato abolito nel XV secolo, in altre
parti d'Europa il paganesimo continuò. La maggioranza della classe con­
tadina estone e Iettane non accettò il cristianesimo. La lingua della chiesa
era il latino o il tedesco e i lettoni conservarono la loro cultura pagana nelle
canzoni popolari e nelle pratiche religiose casalinghe. La tradizione popola­
re del paganesimo Iettane, la Latviju Dainas, fu pubblicata in sei volumi tra
il 1 894 e il 1 9 1 5 dall'Accademia Imperiale delle Scienze di San Pietroburgo.
La restaurazione di Dievturi venne da Brastinu Ernests, che collezionò e
commentò le tradizionali canzoni popolari sacre lettoni ( 1 928) _37 È una
fortuna che si siano conservate perché contengono un'eredità inestimabile
di cultura e religione popolare a partire dall'XI fino al XIX secolo.38 Le terre
più a sud, la Curonia e l'antica Prussia, persero gran parte della loro tradi­
zione linguistica e popolare a causa delle potenze coloniali.
. 226 Storia dei pagani

Le divinità del pantheon baltico

Nonostante le differenze linguistiche, molte divinità del pantheon bal­


tico sono in comune con gli slavi. Saule, la dea del sole (anche Saule Mo­
tul, madre sole) e sua figlia risiedono in un castello oltre dausos, la collina
del cielo, dimora dei morti. La dea viene rappresentata mentre attraversa
le colline del cielo su un carrozza con ruote di rame e alla sera si ferma per
lavare i cavalli nel mare. Il sole stesso è una brocca o un cucchiaio da cui si
versa la luce. Saule è un altro esempio di divinità sul carro. La sua festività,
Kaledos, si tiene durante il solstizio d'inverno; si trasportano raffigurazioni
del sole nei campi e nei villaggi per portare prosperità nell'anno a venire.
La festività britannico-scandinava dello Yule è parallela al Kaledos nella
presenza di gru, capre, cavalli, orsi e tori, nell'usanza di bruciare il Blukis
(ceppo dello Yule) e nel banchetto di carne di maiale. Saule ha anche una
festa per il solstizio d'estate, Ligo, per la quale viene acceso un falò in cima
a un palo sopra un'altura. Il palo o l'albero come simbolo dell'Albero del
Mondo, l'asse celeste di rotazione terrestre, è ben comprovato nella tradi­
zione baltica. Il luogo è decorato con corone di fiori, ci sono danze e inni
e si prepara un pasto speciale di formaggio e idromele. Nelle terre baltiche
ci sono santuari su pali ai bordi della strada che a volte hanno in cima un
simbolo solare e Saule in gergo colloquiale si dice sia rannicchiata in cima
a un albero, spesso una betulla o un sorbo selvatico. È simboleggiata da
ruote, uova e mele d'oro e il lino le è sacro.39 Saule è anche il fuoco nel
camino e il serpente della casa, Zaltys, che vive vicino al fuoco, si dice sia
il suo amato. 40 Anche la Lettonia gode di feste d'estate e poesia lirica. Le
autorità sovietiche bandirono le canzoni del ligo e abolirono il giorno del
solstizio d'estate come festa nazionale nel 1 960.4 1 La tradizione folcloristi­
ca con il suo registro delle divinità veniva usata per scopi nazionalistici e
ora, nell'epoca postsovietica, sta prendendo piede un forte interesse nelle
pratiche indigene per questo stesso motivo.
Mehnesis (in lituano: Mènuo) , il dio-luna, viaggia nel cielo in un carro
trainato da cavalli grigi. Era sposato con Saule ma in seguito si innamorò
di Auseklis (in lituano: Ausrinè) la dea stella del mattino e della sera e
fu punito da Perkunas, che lo spezzò a metà. Il dio della luce è Svaixtix
(stella) . Perkunas (Pehrkons, Perun, Varpulis) è il dio del tuono che porta
l'ascia (come il Lycurgos traciano e il dio Shango degli Yoruba dell'Mrica
occidentale) . È l'avversario degli spiriti maligni e si muove, come Thor, su
Le terre baltiche 227

un carro trainato da capre. Altre divinità dell'atmosfera includono Lytuvo­


nis, il dio-pioggia. Il mare è governato dalla dea Juras Mate. La lavorazione
del metallo e la costruzione sono sotto la tutela di Kalvaitis, il fabbro divi­
no, mentre la distruzione è personificata da Jods, lo spirito delle malefatte.
Zemyna (anche Zemlja o Perkunatelé) è la dea della terra. Il suo nome è
l'equivalente linguistico di quello di Semele, madre di Dioniso, nella tra­
dizione greca e trace. Ha un fratello, Majas kungs (in lituano: Zemepatis,
Zeminkas) custode della casa, con l'esclusione del camino, che è protetto

'i ' '?'t, ••

Cartolina d'auguri tedesca del 1925 che mostra il sole-albero pagano


228 Storia dei pagani

dalla dea del fuoco Gabija. Il dio del cielo è Dievs (in lituano: Dievas) . È
raffigurato come un re bello, che indossa una tunica d'argento con cinta e
cappello e con la spada. Il suo dominio è oltre le colline del cielo, dausos, il
regno dei morti, un luogo a cui si accede attraverso tre cancelli d'argento.
Il paganesimo lettone moderno è chiamato Dievturi, da Dievs, e il movi­
mento Dievturiba. «Per vivere in armonia con la Natura e gli altri membri
della società e per seguire la volontà degli dèi» è l'obbiettivo dichiaratoY
In associazione con Laima, dea della vita, Dievs determina il destino degli
umani. Mara, la dea del mondo materiale, colei che dà, preserva e alla fine
toglie la vita, era venerata nel sud della Polonia come Marzanna, il cui
settore è la frutta. 43

Santuari e templi

Esistevano dei templi negli insediamenti più grandi, ma come altrove


in Europa, gran parte del culto si svolgeva all'aria aperta, in posti sacri
di campagna. Presso i fiumi si sacrificavano maiali al dio dell'acqua pu­
lita, Upinis. In Prussia, Antrimpas, dio dei laghi e del mare era venerato
in modo simile. In Lituania, luoghi sacri specifici erano chiamati Alkas:
comprendevano boschi che non potevano essere tagliati, pozzi sacri in cui
non si poteva pescare e campi sacri che non si potevano arare. La crema­
zione aveva luogo al loro interno o nelle vicinanze e le offerte si facevano
lì o presso gli altari (Aukuras) . Dittmar, vescovo di Merseburg (976- 1 0 1 8)
scrisse del bosco sacro a Zutibure (Svantibor) , contenente immagini degli
dèi. Vicino al fiume Nawassa c'era una montagna sacra ai samogizi (pianu­
ra limana) . Lì vi era un fuoco sacro perennemente acceso sotto il controllo
di un sacerdote.
Nel paganesimo baltico, c'è la credenza che ci sia una componente
dell'essere umano, la Siela, che non se ne va con la Yéle (anima) , ma si
reincarna sulla terra in animali e piante, soprattutto alberi. Inoltre gli al­
beri sacri venivano riveriti associando ciascuno a una divinità: Laima era
venerata nel tiglio e Puskaitis, dio che governa sugli spiriti dell'aldilà (i
barstukai - elfi e fate) , era onorato lasciando delle offerte presso gli alberi
più antichi. Testi del XIII secolo fanno riferimento a Medeine, dea della
foresta, mentre nel XVIII secolo ci sono riferimenti a Giraitis, dio delle
foreste, e a Silniets.
L e terre baltiche 229

Lasicius (vescovo Jan Lasicki, 1 534- 1 602) , nei suoi De Diis Samagi­
tarum (Basilea, 1 5 80, 1 6 1 5) e Religio Borussorum ( 1 582) racconta della
religione pagana praticata tra i borussiani, samogizi, lituani, ruteniani e
livoniani dei suoi giorni. Egli fa un resoconto degli dèi venerati e del­
le feste agricole officiare dai Vurschayten (sacerdoti) . Tra questi troviamo
Pergrubius, dio dei fiori, delle piante e di tutte le cose che crescono, la cui
festività era il 23 aprile. Si tratta, ovviamente, del giorno di san Giorgio
nel calendario della chiesa e fa eco alla festa dell'uomo verde in Inghilter­
ra; può inoltre avere un significato religioso nella data della notte di San
Giorgio del 1 343 in Estonia (cfr. sotto) . In Polonia il culto di Pergrubius fu
assimilato con San Floriano, guardiano del "mese dei fiori di san Giorgio" .
Altre feste erano lo Zazinck, l'inizio del raccolto, e O Zinck, la casa del
raccolto, durante la quale si sacrificava una capra. Una festività successiva,
Waizganthos (Vaizgautis) , serviva per augurare una buona coltivazione di
lino e canapa nell'anno seguente, e questi, come sappiamo da altre fonti,
erano sacri al sole.
Con una concezione patriarcale, Lasicius diede per scontato che tutte
queste divinità fossero maschili, finendo per latinizzare con suffissi ma­
schili tutti gli dèi. Tuttavia, da altre fonti sappiamo che alcuni di questi
erano in effetti dee: egli infatti ascrive il ringraziamento per il raccolto tra
i Samogizi al dio della terra Zemiennik, che è chiaramente la dea della
terra Zemyna. Nel 1 5 82 racconta inoltre del culto di Occopirnus, dio del

Culto pagano li tua no che mostra il fuoco dell'altare e il sacro serpente (Zaltys) , XVI secolo,
Olaus Magnus
230 Storia dei pagani

cielo e della terra, tra i prussiani, e del suo opposto Pocclus, dio della mor­
te e dell'aldilà; Pilvitis (Plutone) dio delle ricchezze; Pargnus, dio-tuono;
Ausceutus (Asklepios) , dio della salute; Potrympus, dio dei fiumi e delle
sorgenti; Antrimpus, dio del mare e Marcoppolus, dio della classe nobile.
Oltre che di dèi, narra di semidèi minori e folletti, tra cui spiriti dell'aria,
sotto il controllo di Pacollus, e i Barstuccae (Erdmannchen) , Elfi. Lasicius
parla anche di un'usanza che si è conservata, privata della sua divinità guar­
diana, fino ai giorni nostri.

In aggiunta queste stesse persone hanno tra di loro veggenti, che nella
lingua rutenica [bielorusso] si chiamano Burty. Essi invocando Potrim­
pus gettano della cera nell'acqua e dai segni o le immagini che si formano
con la cera fusa, descrivono e prevedono la natura di ogni situazione su
cui sia stato posto un quesito. Io stesso ho incontrato una piccola donna
che, dopo aver atteso a lungo invano notizie sul ritorno di suo figlio, che
aveva lasciato la Prussia per la Danimarca, consultò il veggente, da cui
apprese che il figlio era perito in un naufragio. Poiché la cera si era sciolta
nell'acqua a formare la sagoma di una nave e dietro l'effige di un uomo
che le galleggiava vicino.

Negli anni Novanta del secolo scorso, nelle Midland inglesi, un visita­
tore presso una casa di espatriati lettoni la vigilia di capodanno fu invitato
con grande piacere a prendere parte "a una nostra usanza tradizionale".
Ogni ospite scaldava una piccola noce di piombo in una vecchia padella
sulla stufa, poi versava il metallo fuso in un secchi o d'acqua fredda permet­
tendo così alla signora della casa di leggergli la sorte per l'anno successivo.
Nel tardo XVII secolo, Matthaus Praetorius racconta nel suo Delica­
tae Prussicae oder Preussische Schaubuhne che alla festa del raccolto delle
sacerdotesse, offrirono maialini da latte neri a Zemyna, la dea della terra.
Si mangiò la carne in panini fatti con il primo pane della raccolta e una
porzione fu messa in un granaio dove la dea era invocata in privato. I riti di
Zemyna accompagnavano anche la semina: ad esempio, un filone dell'an­
no precedente sarebbe stato infilato nella terra al momento di iniziare l'ara­
tura. Come per piante e animali, spesso i pagani baltici riverivano la terra
baciandola all'inizio del lavoro o prima di andare a letto. Era considerato
sacrilegio colpire la terra, sputarci sop ;a o abusarne in qualsiasi modo. Il
serpente d'erba Zaltys era ossequiato e tenuto come guardiano nei posti
sacri e intorno alle stufe delle case di campagna. Lasicius ha riportato che
Le terre baltiche 23 1

in questo giorno una volta all'anno i serpenti domestici venivano attirati


fuori dai loro nascondigli dai sacerdoti pagani e gli veniva offerto il cibo
migliore con lo scopo di assicurarsi un anno prospero.

Il paganesimo ugro-fìnnico

Molte ddle lingue d'Europa, tra cui lo slavo, formano una grande fa­
miglia, l'indoeuropeo, con un vocabolario e una struttura grammaticale di
base comune. Gli stati più a nord della regione baltica tuttavia cadono in
un raggruppamento linguistico totalmente differente, quello delle lingue
ugrofinniche. Tra queste vi sono il finlandese, il lappone (sami) , l'estone,
il livoniano e il careliano. In aggiunta ci sono alcuni raggruppamenti più
piccoli in Russia a ovest degli Urali: i popoli ersiano, komi, mari, mocscia
e udmurt, alcuni dei quali sono ancora pagani. In Russia i mari e alcuni
udmurt posero resistenza sia all'islamizzazione che alla cristianizzazione.
Durante il 1 870, il movimento Kugu Sorta (grande candela) resistette ai
tentativi della Chiesa di convertire i mari.44 In Lapponia ripetuti tentativi
da parte della Chiesa tra il 1 389 e il 1 603 di sopprimere il paganesimo
portarono a pratiche di doppia fede. Quando i sami furono battezzati for­
zatamente cancellarono gli effetti del sacramento con ontano masticato,
sacro a Leib-Olmai, il dio-renna. Johannes Schefferus, che documentò le
pratiche pagane nella Lapponia del XVII secolo, scrisse che si trattava di
una «lega di paganesimo e cristianesimo, visibile a tutti, apparentemente
non condannato da nessuno».45 Il suo dipinto di un altare a Thor rivela
un paganesimo vivace che era ancora praticato attivamente. Ma c'erano
anche i martiri pagani, come un noid (sciamano) bruciato vivo con il suo
tamburo a Arjeplog nel 1 693.46 In Estonia durante la battaglia contro l'in­
vasione danese, i ribelli pagani nella rivolta della Jiirioo Mass (notte di san
Giorgio) 1 343, distrussero tutte le chiese e le tenute e uccisero tutti i preti
e i diaconi; infine furono convocati i cavalieri teutonici per uccidere molte
migliaia di ribelli per vendettaY
Gli estoni, secondo lo storico romano del V secolo Cassiodoro ( Vtt riae,
546) , erano il popolo noto a Tacito come gli aestii. L'estensione del loro
territorio nel primo periodo medioevale è controversa, come abbiamo vi­
sto, al contrario della natura della loro religione che era individualistica
e contemplava varie pratiche magiche. Erano noti agli scandinavi come
232 Storia dei pagani

esperti nella magia del vento, analogamente ai !apponi (a quel tempo fin­
ni) nel nord della penisola. La Saga di 0/af Tryggvason include la storia
di Raud, «Un uomo molto dedito a offrire sacrifici e grende stregone, [al
quale] molti finni seguivano ogni volta che aveva bisogno di loro». Raud,
il cui nome in finlandese equivale a "ferro" , "rosso" e "forte", 48 impedì al re
cristiano Olaf di entrare nel fiordo in cui viveva sollevando una burrasca
e una tempesta. Il re fece in modo che il suo vescovo pronunciasse una
contro-magia cristiana per calmare la tempesta, poi entrò nella baia e uc­
cise Raud e i suoi seguaci.49 Una provincia nel nord dell'Estonia era nota
come Askala: "terra di maghi". Nel l 070, riferisce Adamo di Brema, la
terra di Curonia (sul lato sud del bacino della Ovina) era abitato da «una
razza primitiva rifuggita da tutti a causa del suo grande culto degli idoli . . .
ogni casa è piena di divinatori, auguri e maghi. Chiedono di loro persone
da tutto il mondo, soprattutto gli ispanici e i greci».50 Tra il Baltico e il Me­
diterraneo si estendevano le cosiddette "vie dell'ambra" , lungo le quali si
trasportava questa preziosa resina fossile. Alcune fonti dicono che l'ambra
fosse trasportata dalle fanciulle verso il tempio di Apollo a Delfi. All'inizio
veniva garantito loro un passaggio sicuro ma dopo essere state attaccate
presero l'abitudine di portare l'ambra al confine e darla in consegna per
il tempio.51 .Lambra, essendo un gioiello color oro, era presumibilmente

Altare !appone con immagi ni di Thor, offerte di teschi di renne e vegetazione, Johannes Scheffe­
rus, 1 67 1
Le terre baltiche 233

sacra ad Apollo per la sua qualità di dio-sole. Diodoro Siculo riportò che
intorno al 500 a.C., oltre la terra dei celti, vi era un'isola con un tempio
circolare dedicato ad Apollo, il cui popolo parlava una lingua propria e
aveva intrattenuto relazioni amichevoli con i greci dai tempi più antichi. 52
Lisola potrebbe essere stata Riigen, o Samland sulla costa orientale, che
all'epoca era divisa dalla terra ferma dal mare. Il rispetto mostrato alle fan­
ciulle sacre nel racconto di Plinio richiama l'osservazione di Tacito rispetto
al fatto che gli Aestii veneravano la madre degli dèi, e che il popolo non era
governato solo da loro ma anche da donne. Come vedremo il culto della
dea-sole era onorato anche a nord della Dvina.
Un viaggiatore chiamato Wulfstan riferì alla corte di re Alfredo il Gran­
de (87 1 -90 1 ) a proposito della situazione sul Baltico orientale. Disse che i
Venedi controllavano il paese fìno alla Visto la, e oltre quel punto c'erano
gli "Estum" o estoni che avevano un grande stato con un re in ogni città.
I poveri bevevano idromele invece che birra e i nobili bevevano latte di
giumenta mescolato con il sangue. Le loro abitudini funerarie, secondo
Wulfstan, prevedevano di lasciare il morto intatto nella casa di parenti
e amici che poi facevano una veglia con bevande e giochi fìno al giorno
della cremazione. Più ricco era il deceduto, più lunga la veglia. Il corpo del
morto si manteneva perché gli estoni avevano trovato il modo di utilizza­
re il ghiaccio per conservarlo. Il giorno del funerale, la ricchezza rimasta
veniva divisa in cinque o sei pile di grandezza crescente e poste a distanza
crescente dalla proprietà fìno a poco più di un chilometro. Gli uomini
del posto con i cavalli più veloci, poi, si riunivano e gareggiavano verso
la casa dell'uomo. Il più rapido raggiungeva per primo la pila più grande
e la reclamava, e così di seguito in ordine di arrivo. Dopo la gara il corpo
del morto veniva portato fuori e bruciato con i suoi vestiti e le sue armi.
Questa storia non solo indica la natura aggressiva e l'economia basata sul
cavallo della società baltica orientale, ma richiama anche il funerale dei
Rus del X secolo descritto da Ibn Fadlan (capitolo VIII) . Proprio come i
guerrieri Rus schernivano l'arabo perché non bruciava i suoi morti, così,
secondo Wulfstan, gli estoni insistevano che "gli appartenenti a ciascun
popolo" dovevano essere cremati, e che chiunque avesse lasciato un osso
intatto avrebbe pagato una grossa multa. 53
Presumibilmente il rito della cremazione velocizzava il viaggio per rag­
giungere i morti al di là della "collina del cielo" . I morti non diventavano
quindi spiriti legati alla terra, solitamente considerati pericolosi per i vivi;
234 Storia dei pagani

proprio l'importanza di bruciare i corpi, persino quelli degli stranieri, po­


trebbe derivare dalla paura di quegli spiriti. Enrico di Livona registra che
nel 1 222 gli estoni dissotterravano i morti cristiani e li bruciavano.54 Con­
trariamente ai pagani del tempo, i cristiani pensavano che fosse importante
conservare i corpi morti perché questi sarebbero risorti alla fine dei tempi,
e perciò è interessante vedere l'azione degli estoni vittoriosi come un at­
tacco deliberato ai luoghi sacri del loro nemico. Ma alla luce di ciò che
sappiamo ora, è altrettanto probabile che si trattasse prima di tutto di un
atto di igiene fisica, liberare il luogo dai demoni. È interessante che, una
volta conquistati, gli estoni adottarono gioiosamente la festa cristiana di
Ognissanti ( l novembre) . La videro come una continuazione della propria
venerazione dei morti e delle divinità in cielo.
Come per gran parte dell'Europa pagana nordica e orientale, non esi­
stevano documenti scritti tra i popoli ugro-finnici; le tradizioni religiose
venivano trasmesse oralmente. Molto dopo furono trascritte sotto forma
di poesie finlandesi, Kalevala, ed estoni, Kalevipoeg. Le rune furono in
uso per i calendari fino a molto dopo che in Svezia. In Estonia le si fa­
cevano ancora alla fine del XVIII secolo (una proveniente da Hiiumaa è
datata 1 796) .55 Giovedì era il giorno santo, per il quale si preparava il cibo
migliore della settimana - si mangiavano carne e burro per l'occasione. Il
calendario pagano divideva l'anno in quattro quarti: Kiinnipaev (giorno
dell'aratro, 14 aprile, equivalente al giorno d'estate nordico) , Karuspaev
(giorno dell'orso, 1 3 luglio) , Kolletamisepaev (giorno del fulmine, 1 4 ot­
tobre, equivalente al giorno d'inverno nordico) , e Korj usep (giorno della
raccolta, 1 4 gennaio, la tarda festa del solstizio d'inverno nordica) .
Le divinità pagane ugro-finniche includono un dio celeste a cui erano
attribuiti nomi locali, ad esempio Jumala in finlandese, Taevataat ('Nonno
del Cielo') in estone, Jumo in mari, lnmar in udmurt e Ibmel in sami. In
Lapponia, Pieve, il sole (femminile) e Mano (Aske) la luna (maschile) non
presero mai sembianze antropomorfe. Pieve appare come una losanga o un
cerchio con quattro raggi e Mano appare crescente.56 Akko diventò il dio
supremo dei finni. La sua consorte Akka proteggeva il raccolto e la fertilità.
Era nota tra gli estoni come Maan-Emo (terra madre) , e Muzem-mumi
presso gli udmurti. Il dio-tuono appare ai sami con il nome Horagalles
(anziano Thor) , come Tooru/Taara in Estonia e Torym agli Ostiachi. Rota,
il dio nazionale dei sami, è identificato con Odino. I contatti commerciali
tra gli insediamenti della Scandinavia con queste terre ugro-finniche ha
Le terre baltiche 235

Sciamano !appone in trance, Johannes Schefferus, 1 673

portato a una parziale assimilazione di nomi e attributi. Anche gli scan­


dinavi dell'epoca vichinga vedevano i !apponi e i finni come esperti nelle
arti magiche. Vivendo in piccole bande funzionali alla cultura di caccia e
raccolta, i !apponi e, in misura inferiore, i finni, preservarono il ruolo dello
sciamano, l'esperto che viaggia in trance tra il mondo quotidiano e l'altro
mondo, per tornare con informazioni utili alla tribù. Due !apponi furono
mandati in un viaggio astrale sciamanico, un "giro magico in Islandà', dal
vichingo norvegese Ingimund il Vecchio. Aveva perso una raffigurazione di
Frey in argento e i !apponi tornarono dal loro "percorso magico" e descris­
sero dove doveva essere cercato in Islanda. Secondo la storia, raccontata
nel Landndmabok ( 1 79), la loro descrizione era assolutamente accurata e
quando Ingimund si recò sul posto trovò la statua esattamente dove gli
avevano detto.
Come in altre parti d'Europa, la religione ugro-finnica onora gli ante­
nati, gli spiriti della terra e gli elementi che sono importanti nelle pratiche
sciamaniche. I sami venerano Radien-ahttje, la loro divinità ancestrale, ac­
compagnata dalla sua consorte Radien-akka, dal figlio e dalla figlia, Radien­
pardne e Rana-neida (patrona della primavera) . Per quest'ultima sono stati
sistemati dei fusi nei luoghi sacri. 57 I culti degli spiriti guardiani Metsik
e T6nn erano molto forti in Estonia. Tra una miriade di esseri troviamo
l'Ukus estone (spirito della casa) , il Biegg-Olbmai sami (signore del vento) ,
Varalden-Olmai (l'uomo del mondo, dio della renna e della caccia) , gli spi­
riti dell'acqua udmurt: Obin-murt (uomo della pioggia) , Vu-Murt (uomo
dell'acqua) e Vu-Nuna (zio dell'acqua) . Anche il culto dell'orso giocava un
236 Storia dei pagani

ruolo importante in mol­


te tribù. 58 Nelle tombe
dei Chud (estoni) al lago
Ladoga, sono stati trovati
amuleti di bronzo con la
rappresentazione di una
figura umana con la testa
d'alce e il dio sami Ra­
dien Kiedde è rappresen­
tato con le corna d'alce.
Come per i popoli
celti e baltici, la religio­
ne ugro-finnica utilizza
molto i boschetti sacri.
Lo jumon oto mari era
usato per servizi in onore
delle divinità beneficiali,
mentre quelle pericolose
erano propiziate nel kere­
met, un boschetto circon­ Il dio norvegese Ulli (Ullr) , divinità della caccia invernale,
dato da una staccionata, in una stampa svedese del XVI I secolo
equivalente al Vébond
norvegese. Alla fine del XIX secolo, i mari usavano almeno sessantaquattro
boschi. Anche gli udmurt avevano dei boschetti (lud) e costruivano strut­
ture saçre (kvala) , semplici edifici di legno senza finestre che fungevano
da santuario degli dèi della famiglia e del clan. All'interno si teneva un
contenitore di legno con le immagini della famiglia o dell'antenato tribale.
Coerentemente con il paganesimo in generale, gli alberi sacri erano deco­
rati con immagini e ornamenti simbolici.
Un popolo ugro-finnico migrò a sud e si stabilì in Crimea. Nacquero
così gli ungari, oggetto del prossimo capitolo.
x.
La Russia e i Balcani

Le terre a nord del mar Nero furono colonizzate intorno al 700 a.C.
dagli sciti dell'Asia centrale. Erano un'orda eterogenea di popoli, fra i qua­
li quello dominante erano gli iraniani. Il loro impero si espanse fino a
circondare l'intera steppa, dal Volga e dal Kuban a est fino al Dniester a
ovest. Tra il Don e il Danubio sono state disseppellite migliaia di collinette
sepolcrali. Tra le più imponenti ci sono quelle regali che contengono, oltre
al sovrano deceduto, schiavi e mogli, cavalli, briglie, armi, utensili e veicoli
su ruote. La divinità suprema degli Sci ti era Tabiti (Estia nell' in terp reta­
fio graeca) , consorte di Papaeus (Zeus) . Altre divinità erano Api (madre
terra) , Argimpasa (l'Afrodite celeste) e Oetosyrus (Apollo) . Thagimasadas
(Poseidone) era il dio della dinastia regale, che si diceva discendesse da Tar­
gitaus, figlio di Papaeus. [impero scita durò circa quattrocento anni ma
la pressione dell'impero persiano alla fine del IV secolo a.C., le avanzate
celtica da ovest e quelle sarmatiche da est lo indebolirono fatalmente. Du­
rante il III secolo, i celti avanzarono verso est dalla Galizia alla vallata del
·
Dnieper, tuttavia furono costretti a ritirarsi. I primi sarmati a raggiungere
la steppa da est furono gli Iagizi, che si insediarono sulla sponda nod-ovest
dal mar Nero. In seguito, i Roxolani, un'altra tribù sarmatica, si insediò
nei territori a est degli iagizi. I Sarmati infine assunsero il controllo totale
della steppa durante il II secolo. Intorno al l OO a.C. gli alani, l'ultima tribù
sarmatica ad arrivare, controllavano la steppa dal Don al Volga e a sud oltre
la vallata del Kuban. Nel frattempo gli sciti erano fuggiti verso nord, come
mostrano le loro sepolture, e pressavano gli slavi a nord verso quella che
oggi è la Russia. 1
Sul mar Nero c'erano colonie greche dal 400 a.C. Le coste delle attuali
Bulgaria, Romania e Crimea erano riccamente popolate e integrate con le
238 Storia dei pagani

grandi civiltà asiatiche e levantine


dell'epoca. I greci chiamavano gli
alani As o Asii, da cui discende sia
il nome Asia che la dinastia regnan­
te degli dei nordici, gli JEsir, come
già descritto nel capitolo ottavo. Il
territorio degli alani era fiorente
di affari e commerci. Si estendeva
a est del Tanakvisl (fiume Don) .
Essi erano guerrieri tanto eccellen­
ti da servire come mercenari negli
eserciti di altre tribù. Durante la
seconda metà del II secolo d.C. le
forze sarmatiche e teutoniche at­
traversarono il Danubio e attacca­
rono la Dacia (attuale Romania) .
La divinità Tabiti Più tardi, intorno al 450, le for-
ze alane fecero parte dell'esercito
Unno al comando di Attila. Infine gli alani subirono l'invasione dei goti
migranti, che dopo essere stati invasi dagli unni nel 376 lasciarono tracce
della loro lingua nel territorio, dove furono documentate per l'ultima volta
nel XVI secolo.
Questa sponda occidentale del mar Nero era in mano a Costantinopoli,
parte dell'impero romano. Il nord-est della nostra area, all'incirca 30° a
ovest di Greenwich fu contattata (come abbiamo già visto) dai vichinghi
svedesi nell'859, quando imposero un tributo agli abitanti del territorio in­
torno all'odierna Novgorod. Nell'862 furono invitati a tornare dagli stessi
abitanti perché mettessero ordine fra loro. Ruric e i suoi guerrieri svedesi
dovevano proteggere le città commerciali sulla Neva e il Dnieper. Loro e
i discendenti costruirono basi a Novgorod e Kiev, stabilirono un impe­
ro commerciale, attaccarono l'impero bizantino in varie occasioni, oltre a
prestare servizio come mercenari nella Guardia Varangiana (svedese) nella
capitale imperiale, e tentarono di conquistare la Bulgaria. I vichinghi man­
tennero stretti contatti con la patria scandinava.
Nel 988 il principe Vladimir (980- 1 0 1 5) impose il cristianesimo ai rus­
si. Convocò un concilio di boiardi per discutere la possibile adozione di
giudaismo, Islam, cristianesimo o qualche altra religione, che gli avrebbe
La Russia e i Balcani 239

portato utili contatti politici e commerciali con i vasti territori nei qua­
li queste religioni erano professate. 2 Al concilio parteciparono sacerdoti e
missionari di numerose fedi. Nell'occasione venne deciso che la Russia sa­
rebbe diventata cristiana ortodossa, formalmente basata su una chiesa russa
nazionalista. L'unione tra stato e chiesa nell'Impero Romano d'oriente era
così radicata che era lecito aspettarsi che all'adozione del cristianesimo sa­
rebbe seguita l'accettazione dell'imperatore come sovrano. La politica in
Russia seguiva l'orientamento religioso: la fazione nazionalista era pagana,
mentre quella imperiale era cristiana. Vladimir ricattò l'imperatore bizan­
tino per avere in moglie sua sorella, quale contropartita avrebbe inviato
le sue truppe mercenarie a sostegno della guerra civile bizantina, succes­
sivamente tornò a Kiev e iniziò la sua opera di cristianizzazione del paese.
I templi pagani furono demoliti e al loro posto sorsero chiese. Il grande
ritratto kievano di Perun fu prima percosso a bastonate da dodici uomini e
poi gettato nel fiume, la popolazione fu battezzata forzatamente. L'influen­
za bizantina portò ai russi un sistema di leggi più evoluto e fece rifiorire le
arti e la letteratura, mortificate da secoli di relativa inattività sotto l'impero
romano.
Nel 1 1 69, Kiev fu messa a sacco, la capitale sottratta a Vladimir dal
principe Andrew Bogliouski. Nel 1 224, iniziò l'invasione tartara. Le di­
fese russe furono sbaragliate, come quelle della Moravia, della Silesia, di
Cracovia e di Pest. Le truppe tartare non riuscirono a conquistare Vienn e
fondarono il Khanato dell'Orda d'Oro con capitale Sarai sul basso Volga.
Ai russi e ai popoli conquistati furono imposti pesanti tributi, dai quali
monaci e preti erano esenti. Come conseguenza la chiesa ortodossa russa
divenne ricca e influente. I tartari si convertirono all'Islam e controllarono
il territorio per duecento anni, dal 1 264 fino all'ascesa della Moscovia e
dell'impero turco. Nel 1 328 il russo Ivan Kalita, Gran Principe di Mosca,
divenne un esattore a favore dei tartari, fino ad avere il monopolio delle
riscossioni, e di conseguenza Mosca aumentò la sua importanza. Kiev perse
il primato e il centro del potere si trasferì a Mosca. Dal 1 3 1 5 al 1 377, Kiev
tornò ad essere pagana, con il pantheon baltico. I capi lituani Gudimin e
suo figlio Olgerd conquistarono l'area e la sede del governo venne stabilita
a Vilnius.3 Quando nel 1 386 Jagellon I di Lituania si convertì al cattolice­
simo, con lo scopo di unire Lituania e Polonia, la Russia lituana, accentrata
nell'Ucraina di oggi, divenne nota come Piccola Russia, Russia baltica o
Russia bianca.4 Mosca considerava polacchi e lituani alla stregua dei tar-
240 Storia dei pagani

tari musulmani: eretici. Tuttavia i tartari rimasero un potere influente in


Russia, riscuotendo tributi per buona parte del XVI secolo. Il vescovo Jin
Lasicius disse di aver partecipato a un incontro di preghiera tartaro vicino
a Vilnius nel 1 5 82.5 Quando Costantinopoli cadde, a favore dei turchi
islamici nel 1 453, Mosca divenne la città santa imperiale. lvan il Grande
( 1 462- 1 505) adottò in seguito il titolo di Cesare (Zar) e aggiunse l'aquila
a due teste dell'impero romano al vessillo dell'esercito.6
Le divinità slave sono in stretta relazione con quelle baltiche. Il dio ce­
leste è Svarog. Suo figlio è la divinità del fuoco Svarozhitsch (la luce santa) ,
a volte identificato con la divinità del sole, Khors o Dazhdbog, consorte
della divinità della luna, Myesyats, e padre delle stelle. Per i russi Myesyats
è una dea, mentre in Ucraina (come nel Baltico) è un dio, marito della dea
del sole. Svarog era anche conosciuto come Svantovit, e fu successivamente
venerato sotto le spoglie di san Vito. Bielbog, il bianco, dio luminoso, è
opposto a Tschernobog, il dio nero del male. Vi è inoltre un dio della guer­
ra, Jarovit e Domovoi, il dio degli antenati. Pernun fu assimilato al poeta
ebreo Elia. Fu associato con il dio del tempo atmosferico, Erisvorsh, e gli
dèi del vento Stribog, Varpulis (il vento di tempesta) e Dogoda (il leggero
vento dell'ovest) . In Ucraina e Bielorussia, Perun è il dio dell'estate, in
contrasto con Kolyada, il dio del periodo invernale. Krukis è la divinità
protettrice dei fabbri e degli animali domestici, mentre il giudizio dei cri­
mini è affidato a Proven.
Janet McCrickard avanza delle prove circa la perdita di una dea solare
nel folclore russo e slavo del sud. 7 In russo la parola per definire "sole" è
neutra, tuttavia i verbi che vi sono associati sono sempre coniugati al fem­
minile. Nelle canzoni tradizionali il sole appare come una sposa o una fan­
ciulla, la luna come un giovane, un padre o un nonno. McCrickard riporta
anche una narrazione russa che è molto simile a quella del dio scandinavo
Frey e della gigantessa Gerd, descritta nel capitolo ottavo. Un ragazzo giro­
vaga fino alla fine del mondo, dove trova una casetta. Una ragazza di una
radiosità abbagliante, arriva nella casetta, si toglie il vestito e si copre con
un lenzuolo. Cade la notte. Al mattino si alza, indossa il suo vestito bril­
lante e vola in cielo. Sua madre la chiama "Solntse" : Sole.
Le tre parche (Nome, Strane Sorelle) sono rappresentate nella religio­
ne slava dalle Zorya: Utrennyaya, dea dell'alba, Zorya Verchernyaya, dea
guerriera del crepuscolo, e la dea della mezzanotte. Fanno la guardia al dio
demoniaco incatenato al carro della notte polare; se scappasse finirebbe
La Russia e i Balcani 24 1

il mondo. La dea dei morti è


Baba-Yaga, che risiede in una
capanna circondata da una re­
cinzione di ossa con teschi in
cima. Questo riflette la loggia
terrestre disseminata di ossa
della saggia nella provincia di
Drenthe, in Olanda, esistita
fino al XVII secolo, e le costru­
zioni sciamaniche siberiane fat­
te di ossa e zanne di mammut.
Il Volkhv russo (lo sciamano)
aveva a che fare con altri spi­
riti, tra cui i Domovoi (folletti
della casa) , i Leshy (spiriti del
bosco che fanno smarrire i
viandanti) e i Vodanyoi, spiriti
violenti dell'acqua.
La dea della fertilità Kupala
era riverita durante il solstizio
d'estate attarverso bagni ritua-
li dio Svarog li nei fiumi sacri, l'offerta di
ghirlande alle acque, il salto
delle fiamme di falò e l'erezione di un palo di betulla decorato con fiocchi.
Fino al XVIII secolo si riveriva Yarilo, dio della sessualità erotica. Il bestia­
me era protetto dal dio Walgino. La dea slava e ceca Devana (in serbo Di­
iwica e in polacco Dziewona) è, come Diana, la dea della caccia. Il mondo
naturale è identificato con la dea del sud della Russia Polevoi (Polevik) , lo
spirito dei campi. Ovinnik, lo spirito del granaio è venerato nella forma
del gatto nero. 8
In Slovacchia, il dio supremo era Praboh, associato alla dea della vita,
Zivena. Quest'ultima era contrapposta alla dea della morte Morena .C agri­ .

coltura era il regno di Uroda, dea dei campi, e Lada, dea della bellezza.
Come nel resto d'Europa, il dio del tuono Parom era oggetto di culto. I
Bieloknazi (sacerdoti bianchi) offrivano servizio e invocavano gli dei bian­
chi, mentre i sacerdoti neri praticavano la magia.9 Gli slovacchi hanno un
loro immaginario di luce e buio in comune con i russi, per i quali abbiamo
242 Storia dei pagani

già parlato di un dio bianco e di uno nero. Una contrapposizione simile di


luce e buio avviene tra elfi della luce ed elfi del buio nella tarda mitologia
scandinava, anche se un contrasto così netto è generalmente estraneo ai
pantheon pagani che vedono tutte le forze con un loro posto nell'ordine
naturale. :Limmaginario di luce e buio potrebbe essere benissimo una re­
minescenza delle influenze iraniane che erano diffuse tra gli abitanti sciti
della Russia durante gli ultimi cinque secoli a.C.
Un popolo di lingua ugro-finnica produsse una cultura diversa, tra gli
slavi del sud dei Balcani e i loro parenti a nord. Si trattava dei magiari,
cacciati dai territori nell'area del Volga verso le steppe del Mar Nero, dove
si mescolarono con i turchi. Tra il V e il IX secolo si confederarono come
on-ugri (il popolo delle dieci frecce) e infine divennero noti come unghe­
resi. Dispute di confine nell'impero bizantino del IX secolo li forzarono
a ovest attraverso le steppe verso le province del Danubio, in precedenza
Dacia e Pannonia. (Le vecchie province di Noricum e della Pannonia oc­
cidentale erano state conquistate da Carlo Magno, dagli avari e i longo­
bardi nel 799 e trasformate in Ostmark: l'Austria, il confine orientale del
dominio cattolico romano) . Nell'890 i magiari, con al comando re Arpad,
fecero incursioni nell'impero occidentale spingendosi fino all'Alsazia. Fu­
rono respinti da Enrico I di Sassonia (9 1 9-936) a Merseburg nel 933 e
da Ottone I ad Asburgo nel 9 5 5 , tornarono quindi a stabilirsi nell'attuale
Ungheria, che con loro tornò al paganesimo, poiché i magiari professavano
uno sciamanismo tribale.
La conversione ufficiale degli ungheresi ad opera dei missionari franchi
avvenne nel 997, con il primo vescovato nel 1 00 1 a Estergom. Nel 1 236
re Béla IV ristabilì il contatto con gli ungheresi originari che vivevano in
Bashkira, vicino agli Udmurt e ai Mari. Il loro territorio era noto come
Grande Ungheria, erano ancora pagani e mangiavano carne di cavallo e di
lupo. I cumani (o pechenegs) , nomadi turchi originari della Siberia occi­
dentale, arrivarono in Ungheria alla fine del X secolo, formavando un en­
clave etnico pagano noto come Piccola Cumania e integrandosi pienamen­
te grazie al re ungherese Ladislas IV ( 1 272- 1 290) . Come conseguenza il
papa predicò una crociata contro Ladislas per aver favorito il paganesimo.
Le pratiche sciamaniche persistettero tra gli ungheresi e le tradizioni del
ti!tos (sciamano) sono documentate fino agli anni '40 del secolo scorso. 10
:LUngheria vive un revival di arte pagana, anche se molto differente dallo
sciamanismo tribale dei nomadi. Nell'anno 1 88 fu costruito un tempio a
La Russia e i Balcani 243

lside a Swmbathely, sul confine norico-pannonico. Fu ampliato nel III


secolo e poi ricostruito negli anni Cinquanta del Novecento, completo di
un fregio di lside che cavalca su Sothis. Vi si tiene un festival annuale di
Mozart durante il quale si suona Il Flauto Magico. Quest'opera è notoria­
mente basata su un simbolismo massonico ma più in generale include l'im­
maginario luce-buio del dualismo iraniano, la fonte del mitraismo tanto
popolare in questa wna negli ultimi anni del paganesimo romano ufficiale.
Il dualismo wroastriano e il sincretismo egiziano si collocano alle estremità
opposte dello spettro pagano eppure qui c'è una continuità nella pratica,
se non esattamente nel credo, con la conservazione di un culto misterico
pagano.

Gli stati balcanici

I paesi a sud del Danubio erano stati parte dell'Impero Ellenistico di


Alessandro il Grande e dei suoi successori. I traci ad esempio erano visti
dai greci pressappoco come i tardi Scandinavi vedevano i lapponi: come
esperti di magia antica. Secondo Erodoto (V,7) le uniche divinità venerate
dai traci erano Artemide, Dioniso e Ares. Con l'epiteto "basileà' (regina) ,
Artemide era venerata da donne della Tracia e della Peonia, che portavano
doni avvolti in spighe di grano. 1 1 In effetti i traci veneravano anche altre
dee. Bendis era vestita come Artemide, come una dea della caccia. Era ono­
rata ad Atene nel Bendideia, descritta da Aristofane come la Grande Dea,
Megale Thea, imparentata a Artemide Brauronia, le cui devote mettevano
in scena una danza rituale dell'orso a lei ispirata. Le devote alla dea Kotyto
erano accolte nella sua schiera attraverso il battesimo. Tereia, un'altra dea
madre, era associata alla frigia Kybele e Kabyle in Tracia era uno dei suoi
luoghi di culto.
Tracia, Moesia, Macedonia e parte della Dalmazia, che sarebbe poi di­
ventata Illiria e Dacia Ripiensis, erano le province balcaniche dell'Impero
romano. Come la wna cuscinetto della vulnerabile frontiera del Danubio,
furono soggette a partire dal III secolo a invasioni di goti, unni e altri. Le
invasioni di Alarico, il comandante goto cristiano che mise a sacco Roma
nel 4 1 O devastarono l'economia della Grecia del nord e distrussero molti
dei suoi templi antichi. I Balcani soffrirono anche più della Grecia a causa
degli invasori nomadi, sia cristiani che pagani. Nel VI o VII secolo questo
244 Storia dei pagani

territorio, insieme a gran parte della Grecia, fu occupato dai popoli di


lingua slava, la maggior parte dei quali fu convertita al cristianesimo greco
ortodosso nel IX secolo. Tra le pressioni delle invasioni nomadi, le mac­
chinazioni politiche degli imperi d'Oriente e d'Occidente e la conseguente
occupazione dei turchi che durò dal XV al XIX secolo, gli stati balcanici
ebbero possibilità ridotte di evolversi organicamente come stati-nazione.
I turchi furono, tuttavia, tolleranti con le altre religioni, mentre i capi di
queste ultime mancavano del potere politico per imporre un'ortodossia
sistematica tra i loro seguaci e così è continuato fino a oggi un misto di
pratiche cristiane e pagane slave. La doppia fede esisteva anche prima delle
conquiste turche. Nel 1 33 1 , nella vallata dell'alto Isonzo, ai confini con
l'attuale Slovenia e Italia, intorno a Capo retto, la Chiesa cristiana organiz­
zò una crociata contro gli slavi che avevano mantenuto pratiche pagane. 1 2
In seguito il movimento pan-slavo del XIX secolo promosso dalla Russia
con lo scopo di estendere la sua influenza nel Mediterraneo orientale, in­
coraggiò il recupero di pratiche popolari di origine pagana.
La Romania a nord del Danubio, fu rioccupata dopo l'invasione slava
ai danni dei coloni romani, fuggiti secoli prima a formare la provincia
della Dacia Ripiensis. Ad oggi la Romania mantiene una lingua di origine
latina. La sua tradizione pagana è tuttavia simile a quella degli slavi occi­
dentali. Prima che il comunismo cercasse di annientare tutte le tradizioni
rurali durante il XX secolo, in Romania si venerava la luna come dea Ileana
Sanziana, "regina dei fiori", "sorella del sole" . C'erano incantesimi rivolti
alla luna, e si salutava ogni luna nuova con la preghiera:

Luna, luna nuova


Spezza il pane in due
E danne
Metà a Te
La salute a me

In certi periodi dell'anno, compagnie di danzatori cerimoniali organiz­


zavano una cerimonia di nove giorni. Visitavano nove punti di confine,
riempivano un vaso cerimoniale con l'acqua di nove sorgenti e pregavano
la loro dea protettrice lrodeasa (il suo nome probabilmente non è originale
ma piuttosto una versione di Erodiade, il nome della donna più cattiva del­
la Bibbia, usato spesso per le dee pagane dai prelati cristiani che predicava-
La Russia e i Balcani 245

no contro di loro) . I dan­


zatori portavano spade e
clave, alcuni indossavano
maschere o si annerivano
i volti ed erano accom­
pagnati da un cavallo di
legno. Alla chiusura della
cerimonia il nono giorno
si piazzava nel fiume un
palo sacro per la prosecu­
zione del rito. 1 3 Le can­
zoni folcloristiche liriche
della Romania si chiama­
no doinas, come le dainas
lettoni, anche se il fulcro
della lingua rumena deri­
va da latino.
Anche la Bulgaria se­
guì un percorso diverso
dai suoi vicini slavi. Era
stata occupata dopo la ca­
duta di Roma dagli unni
ma successivamente inva­
sa da migranti slavi, che si
mescolarono con gli abi­
tanti unni e crearono una
nazione-stato aggressiva
espansionistica che sfidò
l'impero orientale con ca­
pitale a Costantinopoli.
Nel 6 I 3 Kurt, re dei bul- La dea tracia Bendis

gari, diventò cristiano ma


gran parte del suo popolo rimase pagano. All'inizio del IX secolo, quando
i greci stavano riconquistando il territorio contro gli arabi, il re bulgaro
Krum, un pagano slavo, mise in contrapposizione pagani e cristiani. Alla
fine nell'S I I , uccise l'imperatore d'Oriente Nicophorus in battaglia, mise
in mostra la sua testa secondo il costume tipico e poi si fece ricoprire il
246 Storia dei pagani

teschio di argento per utilizzarlo come contenitore per bere. Krum morì
nell'8 1 4 e i bulgari adottarono il cristianesimo circa cinquant'anni dopo, a
seguito di un blocco navale dei greci. Tra 1'889 e 1'893, re Vladimir di Bul­
garia ritornò al paganesimo, ma dopo di lui suo fratello Simeon il grande
restaurò il cristianesimo come parte del suo programma per rendere la Bul­
garia uno stato civilizzato all'avanguardia che potesse, come fece, sfidare
Costantinopoli. Fu per le macchinazioni di Simeon che i magiari furono
cacciati a ovest verso l'attuale Ungheria.
Gli stati balcanici avevano adottato il cristianesimo ufficiale nell'VII
secolo, contemporaneamente ad altre zone dell'impero romano invase dai
barbari. Alla Bulgaria si unì la Serbia che adottò il rito ortodosso, tuttavia
la Slavonia, parte dell'odierna Croazia, si convertì solo nell'864 dopo che
gli slavi ebbero rimpiazzato i conquistatori avari del VI secolo. In quell'an­
no i missionari Cirillo e Metodio arrivarono da Costantinopoli e crearono
un alfabeto adeguato alle tribù slave per tradurre la Bibbia. Divenne noto
come scrittura cirillica e si diffuse in tutte le chiese slave ortodosse. La
Moravia fu convertita da Cirillo e Metodio nell'863 e la Bulgaria ancora
una volta nell'864. Cirillo e Metodio erano arrivati a Costantinopoli come
emissari di Roma nell'impero Orientale, dal momento che in quella de­
cade si iniziava a presagire lo scisma. Erano stati inviati inizialmente per
convertire i turchi kazari della Crimea, affinché il legame religioso potesse
unirli all'impero più efficacemente di quelli politici. Ancora una volta il
cambiamento religioso era un prodotto delle manovre politiche. La con­
versione della Piccola Russia nel 988 può essere visto ugualmente come
una mossa nel gioco tra Kiev e Costantinopoli per l'influenza sulla Bulga­
ria e sulla foce dell'Ellesponto.

�Impero bizantino

Nella stessa Costantinopoli il processo di cristianizzazione era stato pe­


santemente influenzato fin dall'inizio dal pensiero filosofico pagano. Tra le
classi governative, gli ideali pagani di virtù umana e dovere pubblico rima­
sero attivi, e nelle fasce colte della società, il culto pagano proseguì fino alla
fine del VI secolo. 14 La paideia (istruzione) greca era essenziale nell'educa­
zione di una persona; come il moderno corpus letterario islandese contiene
i racconti antichi delle divinità nordiche e dei loro seguaci pagani, così la
La Russia e i Balcani 247

paideia della prima società cristiana conteneva i miti, la storia e la filosofia


dell'epoca pagana. Allo stesso tempo, i lavoratori senza istruzione credeva­
no ancora in personaggi prodigiosi e semidei e in questo contesto il culto
dei santi si innestò facilmente. 1 5 Una concezione trascendentale, mistica,
che aveva molto in comune col neoplatonismo adottato nella teologia cri­
stiana e con la dottrina della theosis, nella quale «dio fu fatto uomo così che
l'uomo potesse diventare dio (attraverso la contemplazione mistica) », parte
centrale del credo e della pratica ortodossa. Nel IV secolo, i santi Basilio
e Gregorio rifiutarono la concezione di (quello che chiamarono piuttosto
ingiustamente) una "piccola divinità ebraica'' e permisero che la divina
presenza venisse celebrata in un tripudio di arte e cerimonie. Gli schemi
mistici come le Gerarchie Celesti, attribuite al discepolo di san Paolo, Dio­
nisio l'Aeropagita, opera in realtà scritta all'inizio del VI secolo, divennero
parte della dottrina ufficiale in un'epoca nella quale l'analogo sistema della
Cabala ebraica, di derivazione probabilmente neoplatonica, era ancora og­
getto di culto di una minoranza eretica. 1 6
Di fatto alcune cerimonie pagane si sono trasferite in Grecia subendo
alterazioni minime. Il patriarca del IX secolo " Photius" ne descrisse un
caso a Tebe, la Dafoeforia:

Adornano un palo di legno vivo con alloro e fiori vari. Sulla cima si siste­
ma un globo di bronzo, al quale ne sono appesi altri più piccoli. A metà
del palo mettono un globo più piccolo, legandolo con fili porpora - men­
tre la base è decorata con lo zafferano. Con il globo più in alto vogliono
indicare il sole, che in realtà paragonano ad Apollo. Il globo sottostante
è la luna: quelli piccoli appesi sono le stelle e le costellazioni e i filamenti
sono il corso dell'anno - ne mettono infatti 365 [ . . . ] il dafneforo porta
l'alloro, ha i capelli sciolti, indossa una corona dorata ed è abbigliato con
una tunica splendida lunga fino ai piedi e indossa scarpe leggere. Lo se­
guono un coro di fanciulle che reggono dei ramoscelli davanti a loro per
rafforzare la supplica degli inni . 1 7

Nel periodo degli attacchi degli invasori islamici, tuttavia, la Chiesa


cristiana a Costantinopoli attraversò un periodo iconoclasta. Dal 726 al
787 e dall'8 1 3 all'843, l'impero Orientale era ufficialmente privo di raf­
figurazioni scolpite e seguirono alcune orge di distruzione purificatrice.
Le icone, insieme ai culti dei santi e della Vergine, erano stati precedente­
mente accettati in modo alquanto ambivalente dalle autorità della Chiesa
248 Storia dei pagani

come i resti inadeguati del paganesimo, cosa che in effetti erano. Durante
le controversie iconoclaste, i campi contrapposti furono rinominati e gli
iconoclasti, quelli che una volta appartenevano all'ortodossia cristiana, fu­
rono screditati come "mentalità saracenà' , mentre quelli a favore delle ico­
ne divennero gli "ellenofili" . La restaurazione delle immagini nell'843 fu
accompagnata da un grande sollievo cristiano e fu marcata da una celebra­
zione annuale: la festa dell'ortodossia. Perciò, paradossalmente, le pratiche
pagane furono reintrodotte per distinguere il cristianesimo dall'Islam.
J.C. Robertson, nel volume quinto del suo A History of the Christian
Church, riportò una reale riconversione pagana di un insegnante alla corte
dell'imperatore Alessio I di Bisanzio (asceso nel 1 08 1 ) . Un italiano, in­
segnante di letteratura classica a Costantinopoli, iniziò a spiegare la tra­
smigrazione delle anime e la dottrina platonica delle idee. Uno dei suoi
discepoli si dice che si sia gettato nel mare esclamando «accoglimi, o Po­
seidone!». Lo stesso professore finì per essere persuaso a "rinunciare ai suoi
errori", e l'ordine cristiano fu restaurato .
.L Impero bizantino raggiunse la sua massima estensione nel l 023. In­
globò tutta l'Asia Minore, Cipro, Creta, metà del Levante, la Crimea del
sud, la Grecia e la parte continentale dal Danubio alla Drava, più la Sicilia
orientale e il sud Italia, ossia, l'antica Magna Grecia. Poco dopo la Chiesa
d'occidente si separò dal punto di vista della dottrina, da quella d'oriente
e i due imperi sarebbero dovuti andare ognuno per la propria strada. Tut­
tavia, la prima crociata, nel 1 096, li riunì contro i conquistatori arabi della
vecchia provincia romana di Palestina. Ciononostante, la quarta crociata
del 1 204, che fu deviata dalle forze occidentali verso la conquista di Co­
stantinopoli, per gli interessi commerciali di Venezia e finì per consolidare
la separazione tra le due metà del vecchio impero. Nel frattempo a est si
era sollevato un nuovo nemico. Nell'ultima decade del X secolo i turchi
uscirono dal Turkestan in cerca di conquiste. Abbracciarono l'Islam e così
aggiunsero la crociata religiosa alle loro ambizioni territoriali. Nel 1 360
possedevano il nord-est dell'Asia Minore, la Turchia di oggi, e un piccolo
punto d'appoggio sulla parte continentale di Gallipoli. Si consolidarono,
si espansero e nel 1 45 3 presero la stessa Costantinopoli . .Limpero cristiano
d'Oriente passò a Mosca e nel 1 648 la Turchia aveva conquistato il nord
Mrica, il Levante, la Mesopotamia, l'Asia Minore, la Grecia e i Balcani,
parte dell'Austria, l'Ungheria, la Romania e la Crimea. Il vecchio Impero
romano d'Oriente era stato sottomesso e persino esteso (a nord del Danu-
La Russia e i Balcani 249

bio) dal nuovo impero Ottomano. I territori della Crimea furono infine
persi a favore della Russia moscovita nel tardo XVIII secolo e la Grecia
diventò indipendente nel 1 832. Nel tardo XIX secolo, con il movimen­
to pan-slavo, perdette i territori da entrambi i lati del Danubio, seguiti
dal nord Mrica e dal sud dei Balcani. Dopo la prima guerra mondiale, la
Mesopotamia e il Levante divennero indipendenti, lasciando la Turchia
in possesso esclusivamente dell'Asia Minore, di Costantinopoli e del suo
entroterra.
I secoli di dominio turco avevano bloccato l'Europa sudorientale ad
uno stadio preindustriale, ideologicamente neutrale, dove le tradizioni pa­
gane erano state preservate nella fede cristiana e adattate alla realpolitik di
uno stato tollerante ma ufficialmente islamico. Nel 1 892, quando la Grecia
e i Balcani divennero indipendenti, un ufficiale britannico in Grecia, Re­
nell Rodd, descrisse molte sopravvivenze pagane perpetuate attivamente.
Raccontò come ogni casa del più rozzo paesino di campagna avesse il suo
santuario iconico, spesso con una fiamma perenne che bruciava davanti:
"se la famiglia avesse cambiato quartiere, questa sarebbe stata portata so­
lennemente alla nuova abitazione, come gli dèi della casa nell'antichità; e
se la piccola luce si fosse spenta per strada, sarebbe stata riaccesa per im­
pedire una qualche disgrazià' . 1 8 I.:attribuzione di nuovi nomi di santi alle
divinità antiche continuò in Grecia come in altre parti d'Europa. Il culto
di san Eleuterio sostituì quello di Ilizia, dea della nascita dei bambini, e al­
meno una chiesa della Vergine della fecondità sorge sul luogo di un antico
tempio alla dea. 19 I santuari a Demetra furono rimpiazzati da chiese di san
Demetrio e i dodici apostoli erano invocati in antichi templi dei dodici
dèi. Fu a san Dioniso che i cretesi del XIX secolo ascrissero l'introduzione
dell'uva e fu attribuito a san Paolo l'antico successo di Eracle nel cacciare
i serpenti da Creta. Si fanno offerte votive alle icone cristiane degli altari
domestici come si faceva in precedenza con le divinità antiche nei templi
pubblici, e nell'ultimo decennio del XIX secolo i preti cristiani benedice­
vano il sacrificio di un agnello o di un pollo alla cerimonia inaugurale di
un qualsiasi nuovo edificio.20
Il giorno dei santi locali in ogni villaggio o città greca era chiamato
paneguris, la stessa parola dell'antico panegyria, una riunione solenne di
tutte le persone. Ad Atene l'antico Anthestereia, la cosiddetta "festa dei
fiori", che in realtà era la festa dei morti, fu rimpiazzata dalla medievale
e moderna "festa delle rose" , la Rousalia, tenuta nel martedì di Pasqua.
250 Storia dei pagani

Rodd riporta che l'attuale Rousalia era anche celebrata altrove in Grecia
per la festa d'Ognissanti, questa volta esplicitamente in memoria dei mor­
ti. 21 Durante l'antica Anthestereia si stappavano le botti di un vino nuovo;
è interessante che la parola greca anthos (fiore) , come quella spagnola fior,
si riferisce anche alla fermentazione che si forma sulla superficie del vino
vecchio. La festa potrebbe essere intesa quindi come la celebrazione della
fioritura di una nuova vita dai detriti del decadimento. Nella festa delle
rose moderna, aggiunge Renell Rodd, si cantava una canwne, per augurare
buona fortuna ai bambini della comunità e i maschietti venivano solleva­
vari in aria tre volte pregando che, restando nella metafora, fiorissero. Que­
sta strana continuazione di una festività antica, a sua volta apparentemente
una forma alterata di una ancora precedente, stava già morendo ai tempi
di questa testimonianza. 22
Nell'antichità il dio celeste Zeus era considerato la causa della piog­
gia. Al giorno d'oggi è ancora in uso l'espressione " [il] dio sta piovendo" .
.Cantico Poseidone conosciuto come "colui che fa tremare la terrà', un dio
centrale nel pantheon minoico-miceneo, sembra sopravvivere in un detto
dell'isola di Zante, quando si parla di un terremoto: " [il] dio si scompi­
glia i capelli" . Le Furie venivano propiziate come Eumenidi, le Gentili;
nel XIX secolo si definiva "eulogià' (benedizione) il vaiolo. Caronte, il
traghettatore mitico che si diceva trasportasse le anime attraverso il fiume
Stige, ha subito una metamorfosi nella Grecia moderna nella figura di un
araldo della morte non lontana da quella etrusca con la differenza che
quello greco appare come un uomo distinto vestito di nero, o anche in un
affresco del monte Athos, come uno scheletro con una falce sulla spalla,
come il "Vecchio Padre Tempo" anglosassone. 23 Una diffusa paura dei vam­
piri e della morte inquieta nella cultura popolare contemporanea potrebbe
essere attribuita a influenze slave, ma, come abbiamo visto nel primo ca­
pitolo, questa credenza e i sacrifici espiatori che l'accompagnavano erano
presenti anche nell'antichità. Nel XIX secolo, molti luoghi avevano ancora
il loro stoikheion o genius foci (come quello propiziato col sacrificio delle
fondamenta) . In particolare, alberi grandi o antichi avevano il loro spirito
guardiano che sarebbe stato mandato via cerimoniosamente al momento
della caduta dell'albero. E come in altre parti d'Europa, i serpenti di casa
sono stati riveriti fino a tempi recenti. Nell'lstanbul di oggi, l'antica Co­
stantinopoli, Pierre Chauvin documenta una continua diffusa venerazione
dello spirito del luogo. Luoghi sacri come tombe e alberi sono decorati
La Russia e i Balcani 25 1

con fiocchi e candele; le fonti hanno monete al loro interno e alle strutture
sono applicate placche votive, nonostante i divieti che proibiscono queste
pratiche nel nome dell'Islam.24
Sembra che molte credenze popolari greche arcaiche e molte pratiche
domestiche siano sopravvissute in una forma sorprendentemente immuta­
ta fino a oggi. Anche la religione pubblica si è perpetuata trasformandosi
nel culto dei santi, riprendendo date delle feste e delle pratiche, oltre che
con la continuità dei luoghi sacri. Alcune delle credenze antiche passaro­
no fin da subito all'interno del cristianesimo che prese piede nell'impero
d'Oriente, e l'eredità mistica del neoplatonismo in particolare distinse il
credo ortodosso dal suo vicino cattolico. Ma piuttosto distante dalle so­
pravvivenze già conosciute o discretamente assimilate del paganesimo che
abbiamo visto ora in tutta Europa, l'eredità articolata ed esplicita delle
civiltà antiche è passata anche nella principale corrente culturale europea.
È a questo risveglio che dedichiamo ora l'ultimo capitolo.
Druidi in consiglio
XI .
L a riaffermazione del p aganesimo

Nell'Alto Medioevo (950- 1 350) , come abbiamo visto nei capitoli pre­
cedenti, le religioni monoteistiche militanti, cristianesimo e Islam, hanno
a tal punto imposto la propria influenza sulle regole dell'Europa che le re­
ligioni ufficiali dei regni e degli imperi emergenti sono diventate monotei­
ste, anzi praticamente androteiste, dal momento che si riferivano alla loro
divinità suprema solo al maschile. Abbiamo anche visto che le pratiche e le
credenze pagane continuavano qua e là senza essere punite da sanzioni uf­
ficiali, a volte venendo incorporate nella pratica cristiana. In questo senso
le divinità pagane si sono tramandate, rispecchiando la forma della società
cristiana che le aveva inglobate, e perciò sono rimaste nella tradizione,
riconoscibili e recuperabili nelle epoche successive. Nelle aree islamiche
dell'Europa la situazione era diversa. La dottrina islamica non scendeva a
compromessi con i valori pagani e l'Islam è rimasto profondamente anti­
politeista.
Gli anni dell'Alto Medioevo furono anni di crociate. Il dualismo cristia­
no, al di là del suo monoteismo di facciata, si è prima ribellato ai conqui­
statori islamici della Palestina, poi ai suoi vicini pagani nel Baltico; e poi
ancora contro i presunti eretici, i terreni e gli apostati all'interno della sua
stessa giurisdizione. La persecuzione degli Ebrei in Europa si è intensificata
visibilmente e prolungata fin dopo l'XI secolo, 1 ma le sue origini sono da
collocare nell'età della formazione della religione cristiana, quando i capi
della nuova Chiesa diffamavano regolarmente gli Ebrei, i pagani e i cristia­
ni di altre sette. Il principale diffamatore è stato san Giovanni Evangelista
che scrisse di Gesù che diceva di quegli Ebrei che non credevano in lui: «sei
del diavolo padre tuo» (Giovanni, 8, 44) . Nel suo Trattato espositivo contro
gli Ebrei Ippolito ( 1 70-236) scrisse che gli Ebrei erano «oscurati, incapaci
254 Storia dei pagani

di vedere la vera luce». Origene ( 1 8 5-254) chiamava gli Ebrei «il popolo
più scellerato» e diceva che avevano sofferto giustamente rifiutando Gesù
di Nazareth. Gregorio di Nissa (33 1 -396) definiva gli Ebrei «assassini del
Signore», «avvocati del diavolo» e «coloro che odiano il legittimo» . Le otto
omelie contro gli Ebrei di Crisostomo affermavano che «gli Ebrei sacrificano
i loro figli a Satana [ . . . ] sono peggio delle bestie selvagge [ . . . ] la sinagoga è
una bestemmia». Il suo più famoso trattato sull'antisemitismo continuava
dicendo: «odio gli Ebrei perché violano la legge. Odio la sinagoga perché
ha la legge e i profeti. È dovere di tutti i cristiani odiare gli Ebrei» . Nell'an­
no 4 1 4 il patriarca Cirillo istigò delle sommosse religiose ad Alessandria
che portarono all'uccisione di tutti gli Ebrei che non riuscirono a scappa­
re. La propaganda diffamatoria di questi primi tempi fu istituzionalizzata
in seno alla Chiesa e utilizzata periodicamente per attaccare gli Ebrei e i
pagani. Lo scopo di questo libro non è esporre minuziosamente la storia
della caccia alle streghe, agli Ebrei o agli zingari, anche se possiamo trovare
una loro spiegazione in queste dottrine professate dai polemisti della tarda
antichità.
Dalla metà del XIV secolo giunse dall'estero un'influenza pagana, pic­
cola ma significativa. Gli zingari moderni sembravano i discendenti del
popolo che era migrato dall'India verso ovest durante il XII secolo. Nel
1 322 due preti francescani in pellegrinaggio verso la Palestina denunciaro­
no delle abitazioni sotterranee degli zingari vicino a Candia, a Creta. Dal
1 348 i cingarije si trovavano in Serbia. Gli zingari arrivarono in Europa
centrale all'inizio del XV secolo; erano nell'Hildesheim (in Germania) nel
1 407, a Zurigo nel 1 4 1 9 e in Francia nel 1 42 1 . Come gli Ebrei, gli zingari
sono stati perseguitati per motivi religiosi e razziali. E lo sono stati ogni
volta che sono venuti in Europa, spesso uccisi o venduti come schiavi. Nel
1 370 quaranta famiglie di zingari in Valacchia (Romania) , furono fatte
prigioniere e i membri venduti come schiavi al monastero di S. Antonio a
Voditza.2 Nel 1 530 essere uno zingaro in Inghilterra era considerato un'of­
fesa capitale e nel 1 665 gli zingari furono deportati da Edimburgo per
diventare schiavi nelle Indie occidentali.3 In Romania sono stati schiavi
fino al 1 8 56.
A parte il timore razzista causato dalla pelle scura, le loro credenze e
le pratiche pagane hanno fatto degli zingari il fulcro della persecuzione.
Nelle strade della Boemia venivano appese immagini che mostravano gli
zingari torturati o impiccati con lo slogan «Straff die Heiden» (''punisci i
La riaffirmazione delpaganesimo 255

Danzatori medioevali travestiti da animali

pagani"). In Olanda gli zingari venivano anche chiamati Heiden e l' Hei­
denjachten (''la caccia paganà') fu istituita per sterminarli. Fino al XVIII
secolo la caccia ai pagani fu periodica e parallela ad altre azioni che preve­
devano l'uso della fanteria, della cavalleria e della polizia. Nel XVI e XVII
secolo in Svizzera vennero promulgate leggi a favore dello sterminio degli
zingari: la caccia agli zingari veniva così istituita ufficialmente. Un'ordi­
nanza del 1 646 della città di Berna diede il diritto a chiunque di «Uccidere
personalmente a bastonate o con armi da fuoco» gli zingari e gli Heiden.
Nel 1 66 1 l'elettore Georg II approvò la pena di morte per tutti gli zingari
della Sassonia e li cacciò con la cavalleria. Più tardi, nel 1 72 1 , l'imperatore
Carlo VI ordinò lo sterminio degli zingari; nel 1 725 Frederick William
I condannò all'impiccagione tutti gli zingari sopra i diciotto anni trovati
nelle sue terre. La caccia agli zingari continuò in Danimarca fino al 1 83 5 e
anche durante il XX secolo le cose non migliorarono. Con l'avvento della
Seconda guerra mondiale tutti gli zingari in Inghilterra e in Francia furono
arrestati e portati nei campi di prigionia,4 nei quali rimasero fino al 1 948.
Tutti gli zingari del Terzo Reich furono portati ad Auschwitz nel 1 943,
dove ne morirono tra 250 e 300 mila. I passaporti interni per gli zingari
sono stati obbligatori in Francia fino al 1 970.5
All'interno della cristianità, dunque, venivano praticate molte crocia­
te: alcune di esse le abbiamo già viste ma un'altra ancora merita di essere
menzionata.
256 Storia dei pagani

Nel 1 208 papa Innocenza II, un papa sistematizzatore spietato ed ef­


ficiente, predicò una crociata contro i catari del sud della Francia, un
gruppo di cristiani che possedeva apertamente credenze dualistiche e
che era più influente degli ufficiali della Chiesa romana sulle politiche
di quell'area. Come risultato della crociata, l'infrastruttura economica e
culturale di questa zona prosperosa e civilizzata, che aveva preservato lo
stile di vita romano di 500 anni prima, nonostante l'alternanza di gover­
natori cattolici, ariani e infine saraceni, fu distrutta. Nello stesso periodo
nasceva l'Inquisizione. Nel 1 233 Domenico di Guzm:in fu posto a capo
di un ordine di monaci per inquisire le minoranze eretiche in quest'area.
Il suo ordine, quello domenicano, prese subito il controllo di tutte le
altre "inquisizioni" della giurisdizione papale. Nei due secoli successivi
l'Inquisizione guadagnò gradualmente il potere di sospendere molti dei
normali processi di diritto con il risultato che divenne difficile per un
sospettato, una volta accusato, essere assolto. In questo periodo, all'inizio
dell'età moderna, la Chiesa occidentale stava disperatamente cercando di
rendere stabile il proprio credo, nonostante gli influssi crescenti da parte
di diverse culture.

Il Rinascimento e la riaffermazione dei valori pagani

Nello stesso momento in cui il cristianesimo si stava rinforzando, anche


se temporaneamente, in Occidente, una ripresa del classicismo umanista
iniziò a reintegrare al proprio interno le divinità pagane e gli dèi dell'Euro­
pa antica. In Spagna l'influsso della filosofia greca, da parte delle fonti arabe
aveva già rivoluzionato il pensiero accademico nelle università, e molti ec­
clesiastici erano intimiditi dall'arte e dall'insegnamento del mondo antico.
Più notoriamente il perseguimento della "ragione", in quanto disputa sui
principi primi, veniva opposto a quello dell'"autorità" , l'aderenza letterale
alle scritture dei padri della Chiesa praticata fin dal XII secolo. Un secolo
dopo, Roger Bacon e i francescani di Oxford ricercavano un'applicazione
diversa del pensiero indipendente, lo sviluppo del metodo sperimentale.
In Italia, invece, i laici ricchi avevano una salute e pace sufficienti per de­
dicarsi allo svago delle lettere e dunque i testi classici iniziarono a essere
ampiamente riesaminati. Le divinità e gli dèi simbolici ripresero il loro
posto, per esempio Minerva, la dea dell'arte e della cultura, che rimpiazzò
La riaffirmazione delpaganesimo 257

l'astratta Sapienza medioevale. Christine de Pizan ( 1 365- 1 430 ca.), autrice


femminile, apriva il suo trattato araldico con un'invocazione a Minerva:

o Minerva, dea delle armi e della cavalleria, che, con la virtù di capire di
gran lunga superiore alle altre donne, hai scoperto e stabilito l'uso di for­
giare il ferro e l'acciaio tra altre arti nobili [ . . . ] adorata donna e immensa
dea, non dispiacerti se io, semplice e umile donna, niente in confronto
alla grandezza della tua celebre conoscenza, provo ora a parlare di una tale
magnifica impresa come quella delle armi.6

Il tempio malatestiano a Rimini è stato progettato da Leon Battista Al­


berti e costruito nel 1 450 come tempio della vittoria per Sigismondo Ma­
latesta, soldato, patrono dell'arte e nemico del papa. Alla corte di Rimini
fu riconosciuto apertamente il «ricorso alle divinità pagane» .? Liconografia
pagana, probabilmente concepita da Basinio da Parma e Roberto Valturio
ed eseguita da Agostino di Duccio e altri, è espressa in diverse cappelle
tematiche ispirate ai «segreti più reconditi della filosofia» .8 La cappella dei
pianeti contiene le divinità planetarie e i segni dello zodiaco. La cappella
delle arti liberali custodisce le divinità greche, mentre, nella cappella degli
antenati, vengono presentati gli Ebrei e i sibillini come precursori della
cristianità. Infine nella cappella di Sigismondo il sole radiante è il tema che
rappresenta la dualità Apollo/Cristo. Questa rappresentazione fu condan­
nata da papa Pio II come immagine troppo pagana e per questo motivo
Malatesta fu scomunicato.9 A Pienza i miglioramenti della città furono
apportati da Federico da Montefeltro dopo il 1 4 5 5 , inclusi una chiesa e un
tempio. Questo tempio, il tempietto delle muse, rifletteva la stessa funzio­
ne della chiesa: da una parte si venerava una visione del mondo cristiana e
dall'altra quella pagana.
Nel 1 453 la capitale dell'Impero romano d'Oriente, Costantinopoli,
attaccò i turchi otto mani, che poi occuparono la Grecia, i Balcani e l'area
del Danubio ponendole sotto la religione islamica (il conflitto tra cristiani
ha fatto sì che i cattolici dell'ovest rifiutassero di sup portare gli ortodos­
si dell'est) . Il pensiero filosofico del mondo antico iniziò a esercitare una
certa influenza sull'etica occidentale, con l' humanitas ciceroniana civile, il
comportamento umano che compete con l'umiltà cristiana come ideale
privato, e la rivalutazione pagana della bellezza e l'eccellenza nel mondo
manifesto che sfida il disprezzo cristiano per la carne. Lorenzo de' Medi­
ci, governatore di Firenze, creò anche un'accademia platonica per appro-
258 Storia dei pagani

La divina armon ia, da Pratica musicae, Luc Gaffurius, 1 496, che mostra le divi nità
e la cosmologia pagane in un contesto rinascimenrale
La riaffirmazione delpaganesimo 259

fondire le tematiche filosofiche, l'arte e la musica. Lideale rinascimentale


dell'uomo come persona colta, portata per l'arte e per le lettere, crebbe
in Italia in questo periodo come continuazione della visione antica. Non
aveva nulla a che fare con la cristianità ed era vista dalla maggior parte del­
le persone come dalla società religiosa indipendente e trascendente. Ecco
perché anche l'ateismo e l'umanesimo sono figli del Rinascimento, nono­
stante nell'antichità, come abbiamo visto, i punti di vista corrispondenti
fossero visti semplicemente come finezze filosofiche della religione seguita
più rozzamente dalle masse.
Le rappresentazioni dell'antichità classica si rifacevano alla saggezza
dell'antico mondo pagano, del quale il Rinascimento era l'erede. Nell'arte
comparvero i temi pagani. La scuola di Atene di Raffaello ( 1 508- 1 5 1 1 ) in
Vaticano è uno dei primi esempi. Immagini delle divinità e degli dèi paga­
ni iniziarono a riapparire in pubblico, soprattutto nei bronzi delle fontane.
Tra il 1 567 e il 1 570 il decano dei maestri del bronzo, il Giambologna,
creò diverse divinità pagane, incluso il Nettuno della fontana di Bologna,
l'Oceano dei giardini di Boboli e un bellissimo Ercole a Firenze. Presto
le immagini delle divinità pagane si diffusero anche fuori dall'Italia. Uno
dei primi esempi è l'Ercole della fontana ad Augusta, realizzato nel 1 602
dal discepolo del Giambologna, Adrien de Vries. Nell'Europa centrale le
divinità pagane presero il posto delle figure di san Giorgio, e che in prece­
denza aveva presidiato le fontane. La riscoperta delle divinità e, meno en­
faticamente, degli dèi, fu universale sia nelle aree sotto il cattolicesimo che
in quelle di fede protestante. Per esempio la nuova moneta in occasione
della restaurazione del regno di re Carlo II nel 1 660 recava l'immagine di
Britannia, la divinità della regione, cosa che non avveniva dai tempi dei ro­
mani. Più tardi, l'inno patriottico, "Rule, Britannia", fu scritto invocando
la divinità e la nazione. In ogni luogo emersero immagini di altre divinità
nazionali. Una statua della divinità della terra, Virtembergia, spiccava in
cima allo Schloss Solitude, vicino a Stoccarda, costruito nel 1 767 come
residenza dei governatori del Wiirttemberg.
A parte la loro affermazione a livello nazionale, le divinità pagane ini­
ziarono ad adornare i giardini dei palazzi privati e delle ville signorili. Al­
cuni proprietari aggiunsero tranquillamente addirittura dei templi pagani,
che spesso sono ignorati dagli studiosi di questioni religiose. Ogni volta
che veniva costruita una cappella cristiana da un proprietario terriero essa
veniva considerata autentica. Non era la stessa cosa per i templi pagani.
260 Storia dei pagani

Fontana d i Poseidone, Heidelberg, Germania

Non ci è consentita un'analisi attendibile della letteratura di quel periodo,


per questo non possiamo essere certi che l'antico spirito pagano dei tem­
pli fosse totalmente compreso e legittimamente utilizzato dai progettisti
dei giardini di quel periodo. Nella sua Iconografia rustica ( 1 7 1 8- 1 742) il
progettista Stephen Switzer ( 1 682ca.- 1 745) fornì le regole per la locazione
delle immagini delle divinità pagane nei giardini:

Giove e Marte dovrebbero possedere i più grandi spazi e prati aperti di un


grande disegno elevato sopra un piedistallo di colonna e altri lavori archi­
tettonici [ . . . ] . Nettuno deve possedere il centro del grande corpo dell'ac­
qua [ . . . ] , Vénere deve essere posta tra le Grazie, Cup ido ecc. E in tutti i
centri minori di un'area poligonale è opportuno mettere nelle nicchie
Apollo con le muse [ . . ] , poi Vulcano con i ciclop i in un centro di minore
.

importanza e tutte le divinità disperse nel loro posto o ordine.

Spesso a Stoccarda la divinità veniva immaginata come guardiana del


paesaggio. Un enorme Ercole si trova in cima a una collina vicino a Kassel,
raggiunto da una lunga strada dritta che collega il palazzo dell'Elettore a
una delle strade principali della città. La ricomparsa delle divinità pagane
La riaffirmazione del paganesimo 261

non era limitata a quelle del pantheon classico. John Michael Rysbrack, nei
primi anni del Settecento, scolpì una serie di sette divinità sassoni, una per
ogni giorno della settimana su commissione di Lord Cobham per i suoi
giardini a Stowe.

La Riforma e i suoi effetti

I cambiamenti all'interno del cattolicesimo che sfociarono nella Ri­


forma protestante all'inizio del XVI secolo, portarono a un desiderio di
semplicità del rituale e alla convinzione che molti dei compromessi che la
Chiesa aveva fatto con la pratica pagana andassero rifiutati. La venerazione
della Vergine Maria e dei santi, l'uso di immagini e di incenso e il contras­
segno di luoghi santi (cfr. i foca sacra e foca religiosa romani) con croci e
santuari ai margini della strada scomparvero sotto l'influenza protestante.
Anche le pratiche tradizionali come la celebrazione del primo maggio e
i canti vennero condannati. In Inghilterra e nel Galles, grazie alla legge
puritana del Parlamento lungo ( 1 642- 1 653) , molti Maypole nelle città e
nei villaggi furono distrutti. Anche quando tornò un atteggiamento più
tollerante, verso la fine del XVII secolo, le pratiche tradizionali non furono
reintegrate completamente.
La Riforma comunque ebbe un effetto utile e inaspettato sulla conser­
vazione della continuità pagana. Insistendo sull'uso della lingua vernaco­
lare nelle pratiche religiose, i missionari protestanti mantennero in vita
forme linguistiche che erano state sul punto di morire, soprattutto nelle
terre baltiche, e consentirono senza volerlo la preservazione di storie e canti
tradizionali, che rimasero vivi come parte del corpus dell'uso del vernaco­
lo. Essi vennero considerati per molto tempo come parte dei movimenti
nazionalisti e il grande movimento del revival nazionalista del XIX secolo
li vide raccolti e declamati dalla gente istruita nel tentativo di suscitare uno
spirito di identità nazionale. Se le lingue native non si fossero rinvigorite
attraverso le riforme protestanti nel XVI secolo, molte delle informazioni
sulla loro tradizione orale sarebbero andate perse per sempre.
262 Storia dei pagani

Una falsa pista: la grande caccia alle streghe

Nel paganesimo moderno è un luogo comune sostenere che la caccia


alle streghe, diffusa tra il 1 480 e il 1 650 circa, sia stata una deliberata per­
secuzione dei pagani sopravvissuti, che ha provocato otto o nove milioni di
vittime. Queste cifre sembra siano state suggerite negli anni Cinquanta da
Cecil Williamson, proprietaria del museo di stregoneria dell'isola di Man,
che eresse un monumento a questo evento. 10 Le stime moderne ottenute
dalle ricerche negli archivi più precisi si aggirano intorno a un massimo di
l 00 mila esecuzionP 1 e molte stime sono decisamente inferioriY Le stre­
ghe accusate erano vittime di una nuova credenza circa una cospirazione
satanica per sovvertire il cristianesimo, soprattutto tra gli intellettuali del
tempo. Quando la gente poco sofisticata accusava i propri vicini, come
spesso succedeva, di magie dannose e di progetti nefasti, gli avvocati e i
clericali erano subito pronti a intervenire e a trasformare le cerimonie in
investigazioni sulla supposta cospirazione satanica. Le confessioni e le ac­
cuse venivano ottenute con la tortura. «Il luogo dell'esecuzione sembrava
un piccolo bosco per la quantità di roghi», scrisse un osservatore di Wol­
fenbiittel a Brunswick nel 1 590.U Tuttavia i processi erano distribuiti in
maniera irregolare sia nel tempo che nello spazio. Le comunità potevano
andare avanti per anni senza essere disturbate e poi improvvisamente soc­
combere a causa di un attacco alle streghe. Alcuni paesi vennero appena
sfiorati dalle persecuzioni, ma altri, come la Scozia o la Germania, condan­
narono e uccisero presumibilmente migliaia di vittime innocenti. Le ricer­
che oggi indicano che poche delle streghe accusate praticavano magie dan­
nose e nessuna di loro eseguiva riti diabolici anticristiani. 14 In ogni caso,
in alcuni episodi della Scandinavia e dei territori della Germania dell'Est,
dove la religione magico-pagana era continuata, questi riti potevano essere
la causa delle accuse iniziali. Fu il caso dell'Islanda. L'uso delle formule
magiche venne considerato una stregoneria e divenne illegale a partire dal
1 63 9 1 5 • I grimori islandesi a noi pervenuti mostrano una mescolanza di
terminologia pagana e cristiana, usata con la classica intenzione magica
di dominare lo spirito invocato, piuttosto che diventare servi del diavolo
come immaginato dai teorici inquisitori del continente. 1 6 Alcuni casi però
portarono all'accusa del patto diabolico e vennero di solito mossi contro
persone innocenti. Solo ai margini deli'Europa la grande caccia alle streghe
attaccò la magia pagana in questo modo.
La rùtjjèrmazion e del paganesimo 263

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" Rappresen tazione d i Pan" , da CEdipus /Egyptiacus d i Athanasius Kircher (I 602- 1680}
264 Storia dei pagani

Come abbiamo già visto, la Chiesa occidentale aumentò i suoi attacchi


al pensiero non ortodosso estendendo i poteri dell'Inquisizione. Fino al
1 480, la magia quotidiana del tipo che abbiamo visto essere stato proibito
da parte dei primi vescovi cristiani e dai re anglosassoni e descritto nelle
saghe nordiche, era considerata fuori dalla giurisdizione dell'Inquisizione.
La si vedeva come follia, non eresia. Ma nel 1 480 una bolla papale affermò
specificamente che ora la magia pericolosa, maleftcium o stregoneria, dove­
va essere vista come un'eresia e perciò essere giudicata dall'Inquisizione. La
pratica dell'apprendimento della magia, in aumento presso l'intellighen­
zia, stimolata dai testi che provenivano dal Mediterraneo orientale, aveva
allertato l'attenzione della gerarchia ecclesiastica occidentale su quello che
sembrava uno scambio deliberato con i demoni. "Limmagine della magia
come patto diabolico si diffuse anche nelle classi inferiori della società,
finché persino la più semplice maledizione o occhiataccia poteva essere
interpretata come un'espressione di potere satanico. 17 La natura del patto
cambiò, inoltre, agli occhi degli accusatori. I maghi cristiani cerimoniali
del XIII secolo affermavano di essere (o erano percepiti come) spiriti ine­
sorabilmente decaduti e inferiori quanto al potere delle loro arti magiche.
Nel XV secolo furono accusati di aver venduto le loro anime al diavolo
in cambio di benefici materiali e in seguito anche di niente: vale a dire di
essersi venduti in schiavitù. 1 8 La strega diabolica, come immaginata dagli
inquisitori, si era venduta al potere del diavolo senza ricavarne benefici
particolari. Ciò può dare un'idea del perché fossero le donne più degli uo­
mini a essere accusate di questa nuova tipologia di cospirazione diabolica.
Il fatto che la grande caccia alle streghe fosse innanzitutto una caccia alle
donne sembra essere il risultato della misoginia dell'epoca. Non era un at­
tacco deliberato alle donne in quanto tali, ma ai diavoli, con la certezza che
gli unici esseri umani abbastanza stupidi da essere circuiti da questi nemici
dell'umanità fossero, per natura, le donne.
Queste le conclusioni della ricerca contemporanea. Il mito pagano
moderno discende dalle intuizioni romantiche del XIX secolo. Ciò accad­
de quando iniziò il movimento ''Arts and crafts", insieme alla raccolta di
racconti popolari, canwni e danze tradizionali, oltre che naturalmente al
diffondersi dei movimenti nazionalistici alimentati da immagini di purezza
etnica. La nuova classe media, colta ed emancipata, vedeva scomparire le an­
tiche usanze del volgo attorno a sé e conferiva loro un significato romantico,
colmo di nostalgia per una certezza (vista in precedenza, in senso peggiora-
La riaffirmazione delpaganesimo 265

tivo, come semplicità) che stava rapidamente venendo meno. Per ragioni
che ancora non sono state sufficientemente chiarite, alcuni commentatori
hanno visto la religione indigena europea come persistente in coloro che
venivano accusati di stregoneria trecento anni prima. «l sabba delle streghe
possono essere intesi come forma esoterica di quei riti della fertilità pagani
che sopravvissero in Europa occidentale secoli dopo l'introduzione ufficiale
del cristianesimo» scrisse Arno Runebe�g nel 1 947. 1 9 Runeberg, come due
dei teorici del XIX secolo, in realtà proveniva dal nord-est dell'Europa, dove,
come abbiamo visto, la religione locale aveva preso una forma più vicina
alla magia rispetto alle altre zone. Qui essa fu a lungo influente, anche dopo
che era stata assimilata dal cristianesimo, ridotta a tradizione popolare o
nel resto d'Europa riaffermata come interesse aristocratico. Karl-Ernst Jarke,
professore di diritto penale all'Università di Berlino, nel 1 828 sosteva che le
persone accusate in tribunale di essere streghe locali fossero in effetti seguaci
dell'antica religione germanica. Nel 1 839 l'archivista Franz Joseph Mone di
Baden ipotizzava che le caratteristiche orgiastiche del presunto culto delle
streghe fossero in realtà parte di una religione clandestina derivata dal culto
dionisiaco delle colonie greche del Mar Nero e fossero state riportate in
Germania dai goti che facevano ritorno. Una versione della teoria raggiunse
anche la cultura popolare. [opera corale di Mendelssohn, Die Erste W"al­
purgisnacht ( 1 832) , descriveva la celebrazione tradizionale del "May Eve"
(30 aprile) , in cui gli abitanti del villaggio, sotto l'attacco dei cristiani locali,
facevano finta di essere streghe per spaventare gli avversari. Runeberg, di
Helsinki, realizzò nel XX secolo uno studio meravigliosamente dettagliato
delle religioni magiche norvegesi, finniche e di altre più remote, sostenendo
che l'ipotetico culto delle streghe fosse in realtà una mutazione del catari­
smo eretico e della magia popolare indigena. Questi pensatori attiravano
l'attenzione sul loro retaggio regionale, ma sfortunatamente non riusciro­
no a dimostrare, riferendosi ai documenti contemporanei, che le persone
accusate avessero effettivamente preso parte a cerimonie magiche o di una
religione pagana. Come abbiamo visto le ricerche contemporanee tendono
a screditare queste riflessioni.
La più famosa interprete della magia diabolica fu, tuttavia, la professo­
ressa Margaret Murray ( 1 863- 1 963) , un'egittologa che iniziò a interessar­
si ai processi europei contro le streghe quando aveva più di sessant'anni.
Le sue conclusioni, pubblicate nei libri lhe Witch Cult in Uléstern Europe
( 1 92 1 ) e God ofthe Witches ( 1 933) , furono all'epoca criticate da archivisti,
266 Storia dei pagani

come ad esempio C. [Estrange Ewen, che aveva effettivamente esaminato


le prove dei processi. Ma fu soltanto con lo studio definitivo di Norman
Cohn, pubblicato nel 1 975 col titolo Europe's Inner Demons, che fu messa
in discussione la validità delle sue argomentazioni. Murray aveva riportato
le prove procurate dai difensori durante i processi alle streghe, omettendo
ciò che riteneva irrilevante perché probabilmente inventato sotto tortura,
e conservando quella che pensava essere la nuda ossatura della verità, la
descrizione delle celebrazioni rituali e dei festeggiamenti presieduti da un
uomo conosciuto come il Diavolo. Ma come dimostra Cohn, i passaggi
omessi contengono dettagli fantastici, come le trasformazioni, il volo, la
creazione di cavalli da un fuscello e così via, che metterebbero in dubbio
tutte le altre informazioni ricavate da quelle confessioni. Ora, si tratta di
quel tipo di imprese che venivano rivendicate dagli stregoni nelle comu­
nità sciamaniche pagane, ad esempio «il viaggio magico in Islanda» dei
Lapponi per conto del norvegese lngimund, ed è abbastanza probabile che
le persone autenticamente seguaci di una religione magica potessero aver
confessato queste cose apparentemente impossibili pensando di affermare
la verità. Arno Runeberg, ad esempio, tiene in considerazione questi "det­
tagli fantastici" . Perché Margaret Murray li aveva omessi? La risposta più
plausibile è che intendesse deliberatamente distorcere le prove.
Perché avrebbe dovuto farlo? Norman Cohn sostiene che Murray, in­
sieme agli altri autori menzionati, era mossa solo da un profondo bisogno
personale di credere nella continuazione della religione pagana, così ha
creato le prove a sostegno della sua causa. Ma, in realtà, non ci fu bisogno
di nessun altra prova della continuazione delle abitudini pagane: il lavoro
di Sir James Frazer, che aveva profondamente influenzato il lavoro di Mar­
garet Murray e Arno Runeberg, insieme a quello di molti altri ricercatori
del XIX secolo, le aveva già messe a disposizione. Quello che Runeberg
aveva frainteso e che Murray sembra aver voluto provare con la sua selezio­
ne, era l'esistenza di un sacerdozio, un ministero pagano che si opponeva
ufficialmente alla religione ufficiale. Dopo le crociate baltiche, non ci fu al­
cuna resistenza pagana al cristianesimo dell'Ovest. Quello che rimase fu la
persistenza delle pose pagane e degli oggetti locali di venerazione, e ciò che
sorse in modo indipendente fu l'affermazione, tra persone colte, dell'antica
cultura pagana e, tra alcuni, delle sue divinità protettrici. Dopo la caccia
alle streghe seguì un'epoca di razionalità e durante quel periodo, intellet­
tualmente sicuro, iniziarono a riaffermarsi gli ordini sacerdotali pagani.
La riaffirmazione del paganesimo 267

l.; età della ragione e la ricomparsa degli ordini sacerdotali

La persecuzione delle streghe, tuttavia, segnò uno spartiacque nella sto­


ria europea occidentale. È coincisa con la Riforma ed è stata vista come
effetto collaterale di quest'ultima. Tuttavia, forse, corrispose in modo più
significativo alla comparsa del razionalismo, la liberazione dello spirito
umano dai "legami inquietanti" della superstizione, che, così si pensava,
l'avevano tenuto sotto controllo. La caccia alle streghe era vista dai pensa­
tori razionalisti, forse correttamente, come un'ultima esplosione di irrazio­
nalità, sia da parte dei fanatici protestanti che volevano abolire la seconda
componente del complesso "papato e superstizione" , sia dei cattolici che
volevano affermare la prima. La gente comune, che abitualmente accusava
i vicini di essere malintenzionati, era stata liberata semplicemente da cam­
biamenti della legge che, fino al XV secolo, aveva punito gli accusatori che
non riuscivano a provare le loro affermazioni: 20 ora le denunce potevano
aver luogo senza problemi. La persecuzione finì alla fine del XVII secolo
perché la società della ragione non credeva più alla stregoneria e in molti
paesi furono approvate leggi che lo dichiaravano.
L'ascesa delle scienze matematiche nel XVI e XVII secolo portò una
nuova e fiduciosa fede nel potere dell'uomo sulla natura. Gli scommet­
titori non dovevano più togliersi il cappello di fronte ai capricci della "si-

Disegno rinascimencale che raffigura la divinità romana Luna


268 Storia dei pagani

gnora Fortunà' . Ora potevano prevedere i suoi cambiamenti attraverso il


calcolo matematico delle probabilità. Gli astronomi potevano calcolare le
eclissi, gli esperti balistici la meta di un lancio, i fisici potevano dimostrare
che il colore era soltanto uno "spettro" causato dal riflesso della luce. La
vecchia fede in un universo simbolico ordinato dalla provvidenza divina
(per i cristiani) , o che esprimeva la natura della divinità immanente (per
i neoplatonici) , lasciò spazio alla fede in un universo meccanico senza si­
gnificato, governato deterministicamente da leggi matematiche. Queste
producevano risultati esatti e prevedibili che non potevano accordarsi né
con la preghiera né con la magia. Luniverso diventò meno animato, ma
l'egocentrismo umano crebbe esponenzialmente.
Questi cambiamenti furono più marcati nel vecchio Impero d'Occiden­
te. A est lo stato moscovita usò questi stessi sviluppi tecnici quando lvan
il Terribile ( l 533- 1 584) mise gli occhi sulla costa baltica, chiedendo per
la Moscovia il nome dell'originario stato di Kiev: la Russia. Negli ultimi
anni del XVII secolo, Pietro il Grande riuscì a estendere l'impero fino alla
costa, dove fondò una nuova capitale, un centro di cultura e commercio,
San Pietroburgo, vicino la vecchia stazione di scambi di Ladoga. I russi di
Kiev in realtà erano stati amalgamati alla Lituania-Polonia nel 1 386, ma
si ribellarono unendosi a Mosca nel 1 648. Il loro territorio divenne noto
come Ucraina, o "territorio più esterno" , in netto rovesciamento rispetto
alla sua supremazia storica. Nel 1 795 la stessa Lituania etnica fu ceduta
alla Russia, così come accadde successivamente all'Estonia e alla Livonia
( 1 72 1 ) . Gli stati che avevano come religione l'ortodossia orientale non
subirono la grande caccia alle streghe, anche se in Russia nel XVIII secolo
ci sono state accuse di semplice malevolenza (senza sfumature diaboliche)
nei confronti di novantanove persone, di cui solo un terzo erano donne.21
In tutti questi stati i riformatori protestanti incoraggiavano l'uso delle lin­
gue native, usandole per predicare il Vangelo in vernacolo, e furono tenute
vive e persino recuperare sotto i vari imperi colonizzatori dai movimenti
nazionalistici.
Nei territori slavi del sud l'impero dei turchi ottomani si espanse finché
nel 1 683 essi non furono respinti alle porte di Vienna. Nel 1 699 la par­
te turca dell'Ungheria, insieme alla Transilvania, fu ceduta agli austriaci e
l'Ucraina e la Podolia alla Polonia. Nel 1 774 Caterina la Grande estese il
dominio russo a sud fino al Mar Nero, annettendo la Crimea. Dopodi­
ché l'Impero ottomano in Europa rimase relativamente stabile fino alla
La riaffirmazione delpaganesimo 269

metà del XIX secolo, quando la politica panslava della Russia incoraggiò
insurrezioni che mutarono i Balcani da mondo ufficiale dell'Islam a mon­
do ufficiale del cristianesimo. I.:architettura, l'arte e la letteratura presero
ispirazione dalle tradizioni folcloristiche nazionali e, quando riemerse, in
alcuni luoghi, come la Lituania, il paganesimo era legato alla consapevo­
lezza nazionalistica.
Nel nord-est dell'Europa alcuni studi archeologici di siti megalitici alla
fine del XVII secolo divennero popolari, portando a una nuova consape­
volezza del paganesimo tra i colti. Nel 1 676 nel suo Britannia Antiqua
Illustrata, Aylett Sammes scrisse che i druidi credevano «nell'immortalità
dell'anima, alla quale aggiungevano la sua trasmigrazione, secondo le opi­
nioni di Pitagora» (p. 1 0 1 ) . Nel suo The Description ofthe Wéstern Islands of
Scotland ( 1 703) Martin Martin scrisse a proposito dei cerchi di pietre di
Orkney a Stennes e Brodgar: «SÌ ritiene che siano state posizionate per of­
frire sacrifici al tempo dell'idolatria pagana; e per questa ragione le persone
le chiamavano gli antichi templi degli dèi» (p. 365) . In Germania Johann
G. Keysler scrisse Antiquitates Selectae Septentrionales et Celticae (Hanno­
ver, 1 720) , descrivendo i resti dell'antico paganesimo in certi luoghi della
Germania, dell'Olanda e anche della Gran Bretagna.
Durante il XVIII secolo si è sviluppata una crescente consapevolezza
dell'eredità ancestrale della Gran Bretagna, che era considerata druidica.
Secondo l'architetto John Wood il Vecchio ( 1 704- 1 754) , Bath, sua città
nativa, era la sede metropolitana dei druidi e il luogo in cui si venera­
va Apollo. Egli portò avanti un attento studio dei siti megalitici, inclu­
so Stonehenge, la cui geometria sacra riprodusse nel Circus a Bath, con
l'obbiettivo di restituirla alla sua antica grandezza pagana. Nel suo Choir
Gaure, pubblicato nel 1 747, scrisse che Stonehenge era «un tempio eretto
dai druidi britannici». Nel XVIII secolo la consapevolezza druidica pene­
trò in molti settori. Sir James Clerk nel 1 763 eresse la statua di un druido
all'ingresso di Penicuik House, Midlothian, Scozia. Le monete da un pen­
ny di rame, emesse dalla Parys Mine Company sull'isola di Anglesey nel
1 787, ritraevano la testa di un druido circondata da ghirlande di foglie di
quercia. Essa alludeva, per Anglesey, al sacro patrimonio della santa isola
druidica. 22
In Galles la rinnovata consapevolezza del retaggio druidico risultò da
molti libri influenti. Il reverendo Henry Rowlands di Anglesey pubbli­
cò nel 1 723 Mona Antiqua Restaurata. Il paganesimo druidico non era
270 Storia dei pagani

Piantina di Bath, 1715

considerato dannoso, m a una benigna consapevolezza dell'armonia con la


natura.
Il testo Christianity not Mysterious del druido John Toland negava la
necessità di credere nell'unicità della rivelazione giudaico-cristiana; succes­
sivamente William Blake scrisse: «l'antichità di ogni nazione sotto il cielo
non è meno sacra di quella degli ebrei. Esse sono la stessa cosa».
Nel 1 792 il druidismo si diffuse a livello nazionale grazie a un'assemblea
bardica che si tenne a Londra a ottobre. Quell'anno il Gentleman's Maga­
zine riportò: «essendo oggi il giorno in cui ricorreva l'equinozio autunnale,
alcuni bardi del Galles residenti a Londra si sono riuniti in congresso sulla
collina Primrose, secondo l'antica usanza». Il promotore di questo evento
druidico fu Ialo Morgannwg (Edward Williams) . Fu creato un cerchio di
pietre a circondare il Maen Gorsedd, un altare di pietra, su cui giaceva una
spada. Ialo Morgannwg era un mistico ispirato il cui contributo al druidi­
smo non può essere sottovalutato. Le interpretazioni romantiche dell'an­
tico druidismo non sono più o meno valide delle mitologie equivalenti di
La riajjèrmazione delpaganesimo 27!

altre agiografie. I critici materialisti del druidismo che criticano lolo non
applicano gli stessi criteri che usano per i profeti di altre religioni, che pure
hanno lavorato nello stesso modo.
Durante la seconda metà del XVIII secolo e all'inizio del XIX si pub­
blicarono molti libri significativi sul druidismo. Tra questi An Enquiry into
the Druidica/ and Patriarchal Religion di William Cooke ( 1 754) ; Celtic
Researches ( 1 804) e The Mithology and Rites of the British Druids ( 1 809)
di Edward Davies; Monuments Celtiques ( 1 805) di Jacques Cambry; Cos­
tume of the Originai Inhabitants of the British Islands ( 1 8 1 5) di Samuel
Rush Meyrick e Charles Hamilton Smith. Il druidismo trovò posto anche
nell'Opera: la Norma di Bellini, messa in scena alla Scala di Milano nel
1 83 1 , è di argomento druidico e la scenografia originale includeva uno
sfondo di Stonehenge. Fu popolare in Inghilterra per alcuni anni a seguire,
eclissata alla fine da un cambiamento nella moda musicale più che nella
materia in questione.
Le storie leggendarie dei movimenti esoterici, come Wicca e massone­
ria, rivendicano spesso una continuità ininterrotta con l'antichità. Senza
la documentazione, che resta segreta, ammesso che esista, è impossibile
confermare o confutare tali affermazioni. Tuttavia, nel 1 979 Colin Murray,
dell'Ordine della Sezione Aurea, pubblicò un documento contenente la
ricerca di Michel Raoult sulla storia dei druidi nelle isole britanniche e in
Francia. Secondo Raoult, i druidi inglesi fissarono la propria discendenza
nel boschetto di Mount Haemus di Oxford sotto il bardo Philip Bryddod,
nel 1 24 5 . Genuino o no, il druidismo successivo è intimamente connesso
con l'ascesa della massoneria. Nel 1 670, John Aubrey fondò un nuovo
boschetto di Mount Haemus. In seguito, John Toland, suo successore, isti­
tuì l'Ordine dell'antico druido, che si riunì per la prima volta nel 1 7 1 7,
l'anno in cui fu formalizzata la massoneria. Nel 1 78 1 , Henry Hurle istituì
a Londra un altro gruppo, l'Antico ordine dei druidi, una società esoterica
strutturata sulla base di lineamenti massonici. Nel 1 833 una separazione
tra mistici e coloro che volevano una società amichevole condusse la mag­
gioranza a costituire l'Antico ordine dei druidi unito, che prospera ancora.
Il partito mistico proseguì con la Loggia di Albione dell'Antico ordine dei
druidi di Oxford, che diceva di discendere dal boschetto di Mount Hae­
mus. Nel 1 908 Winston Churchill era un iniziato di questa setta.
Il bardismo gallese, a partire dal quale può essere tracciato un altro filo­
ne del druidismo, è documentato dal 1 1 76, quando Lord Rhys ap Grufydd
272 Storia dei pagani

prese parte al primo Eisteddfod storico a Cardigan. Nel


1 5 94 venne convocato senza successo un Eisteddfod,
ma fu alla fine del XVIII secolo che ebbe luogo un
recupero significativo, in parallelo con sviluppi
in Inghilterra. Nel 1 789 si tenne a Corwen, nel
1 790 a St Asaph, nel 1 79 1 a Llanwrst e nel 1 792
a Benbigh. Sempre nel 1 792, e in modo assai
significativo per gli sviluppi successivi, Iolo
Morgannwg tenne un Gorsedd di bardi gallesi
a Londra sulla collina Primrose nell'equinozio
d'autunno. Gli Eisteddfodau successivi diven­
nero sporadici, ma a Camarthen, nel 1 8 1 9,
Iolo Morgannwg fondò il proprio cerchio di
pietre Gorsedd, integrando le proprie idee con
quelle del tradizionale Eisteddfod. Nel 1 838
H. de la Villemarque tenne un Eisteddfod a
Abergavenny. Il primo Eisteddfod nazionale
gallese si tenne a Llangollen nel 1 860 e da al­
lora è stato una parte centrale della cultura del
Galles. Le tuniche dei druidi erano disegnate
da Sir Hubert Herkomer, RA, e i regalia (scet­
tro, corona, spada e corno Hirlas) da Sir Go­
scombe John. Il druidismo gallese in questo
Woden dipinto su una vetrata
periodo era molto eclettico, attingendo dal
del castello di Cardiff, Galles, paganesimo europeo storico e passando per le
XIX secolo strade secondarie dello gnosticismo e del pa-
ganesimo non europeo proveniente dall'im­
pero inglese. Durante l'Eisteddfod a Pontypridd nel 1 878 l'arei druido offrì
preghiere alla dea indù Kali. L'Eisteddfod prospera oggi in una forma piut­
tosto secolarizzata. Il druidismo continentale fu fortemente influenzato
dalla pratica gallese. Nel 1 869 Nicolas Dimmer istituì l'Antico ordine dei
druidi unito a Parigi, riaffermando il druidismo francese. Trent'anni dopo
M. Le Fustec ricevette l'investitura di druido in occasione dell'Eisteddfod
gallese. Nel 1 900 si autoproclamò primo grande druido di Bretagna, fon­
dando un'organizzazione che esiste tuttora.
Per molti secoli la cremazione dei morti è stata illegale in G ran Breta­
gna perché considerata pratica pagana. Ma nel 1 873 Sir Henry Thompson
La riajjèrmazione delpaganesimo 273

portò avanti questa idea da un punto di vista utilitaristico. Fu fortemente


contrastato dagli uomini di chiesa. Il banco di prova che alterò lo status
legale fu quello del druido Dr William Price di Llantisant ( 1 800- 1 893) .
Fu processato presso l'assise di Cardiff per aver cremato suo figlio, morto
all'età di cinque mesi nel 1 884. Fu assolto e quando morì fu anch'egli
cremato secondo lo stile paganoY Da allora la cremazione è diventata una
pratica comune in Gran Bretagna, ma fu un druido a ristabilirla, su basi
specificamente religiose.

Il p aganesimo romantico

Parallelamente alla restaurazione del druidismo, il paganesimo classico


attraversò una nuova fase nel Nord Europa. Fu attraverso la traduzione
di Thomas Taylor dell' Inno Orfico a Pan ( 1 787) che i poeti romantici ci­
scoprirono l'anima di tutte le cose. I poeti romantici svilupparono una
nostalgia per le epoche perdute, come nel Gotter Griechenlands di Schiller.
In Inghilterra essi avevano un rispetto reciprocamente condiviso per il pa­
ganesimo. Dopo la morte e la distruzione della Rivoluzione francese e le
guerre napoleoniche venne "l'anno senza l'estate" ( 1 8 1 6) , quando la care­
stia invase l'Europa, accompagnata da rivolte per il cibo. Dopo la disinte­
grazione dell'antico regime, i poeti romantici videro il paganesimo come
l'unico rimedio alle pieghe errate assunte dal cristianesimo e dall'indu­
strializzazione. In una lettera a Thomas Jefferson Hogg (22 gennaio 1 8 1 8)
Leigh Hunt scrisse:

spero che abbiate pagato la vostra devozione come sempre alla religio loci
e appeso un sempreverde. Se voi tutti proseguite così ci sarà una speranza
un giorno [ ] si ascolterà una voce lungo l'acqua dire «il grande dio Pan
. . .

è ancora vivo>>, grazie alla quale i cittadini non moriranno più di fame e
canteranno inni profani, e ricominceranno a danzare. 24

In queste lettere, Thomas Love Peacock si firmava «nel nome di Pan,


con affetto, tuo>>.25 Nell'ottobre 1 82 1 , Percy Bysshe Shelley scrisse a Tho­
mas J . Hogg:
274 Storia dei pagani

mi rallegra apprendere che non ignori i riti della vera religione. La tua
lettera ha risvegliato le mie devozioni dormienti e la sera stessa ho asceso
da solo la montagna dietro la mia casa e appeso una ghirlanda, ed eretto
un piccolo altare d'erba a Pan che passeggia per le montagne. 26

Più tardi, nel XIX secolo, Edward Carpenter ( 1 844- 1 929) si rivelò in­
fluente nel movimento pagano. Era membro di molti gruppi socialisti, tra
cui la Lega socialista di William Morris e la Compagnia della nuova vita,
da cui nacque il fobianesimoY Abbandonando il suo ministero anglicano
nel 1 87 4, promosse il neopaganesimo come ritorno alle forme essenziali
della vita. Nel 1 8 83, creò una comunità autonoma a Millthorpe, tra Shef­
field e Chesterfield. In Civilization, Its Cause and Cure scrisse:

i significati delle antiche religioni torneranno [ ] Sulle alte cime, riuni­


. . .

te ancora una volta, egli celebrerà con danze nude la gloria della forma
umana e le grandi processioni di stelle, o saluterà il corno luminoso della
giovane luna che ora dopo cento secoli torna carica di tali meravigliose
associazioni - tutti i desideri e i sogni e lo stupore di generazioni di esseri
umani - il culto di Astarte e di Diana, di Iside e della Vergine Maria;
ancora una volta nei boschi sacri riunirà la passione e la delizia dell'amore
umano con i suoi più profondi sentimenti sulla santità e la bellezza della
natura; o, all'aperto, in piedi scoperto davanti al sole, adorerà l'emblema
dello splendore infinito che brilla da dentro. 28

Oscar Wilde gli fece eco scrivendo:

Oh dio dal piede caprino d'Arcadia!


Il mondo moderno ha bisogno di te!

Altri movimenti idealistici sulla natura, come la Social Credit Party


(che fa parte della legislatura canadese dal 1 980) , e la sua diramazione,
il Woodcraft Folk (un movimento giovanile attivo ancora oggi) , hanno
origine in questo periodo. In Germania i Wandervogel (''i girovaghi") espri­
mevano un'iniziativa equivalente.
Nel suo Pagan Papers ( 1 904) Kenneth Grahame si definiva uno dei «fe­
deli pagani» continuatori dell'antica religione: «il sangue danzava al suono
del flauto di Pan proveniente da lontani campi felici» . Il settimo capitolo
de Il vento tra i salici, intitolato <dl pifferaio alle soglie dell'alba» , descrive
una visione del grande dio Pan. Il biografo di Grahame, Peter Green, de-
La riajjèrmazione del paganesimo 275

Il Walhalla a Regensburg, Baviera, Germania

finì questa visione «I' esempio supremo del misticismo neo pagano del XIX
secolo», 2 9 frutto probabilmente di un'intensa esperienza visionaria dello
scrittore.30 In questo periodo e in questo milieu intellettuale si ebbe la
sensazione che stesse per nascere una nuova religione: «una religione così
splendida e globale che la gerarchia alla quale darà vita, unendo intrinse­
camente l'artista e il sacerdote, soppianterà e distruggerà completamente
la nostra epoca commerciale».31 Non era altro che «la creativa accettazione
pagana della vita», promossa dallo scrittore di teatro Eugene O'Neill.3 2
Durante il XIX secolo le leggende germaniche furono raccolte dai fra­
telli Grimm e trasformate in un mito potente da Richard Wagner. Come
scrisse lo stesso Wagner nel suo saggio Che cosa vuoi dire tedesco?: «nelle
foreste rocciose, nel lungo inverno, nel calore del fuoco del camino della
sua camera nel castello, che torreggia sospeso nell'aria, egli indulge a lungo
ai ricordi dei suoi antenati, egli trasmuta i suoi miti locali degli dèi in leg­
gende molteplici e inesauribili». La dedizione di Wagner alla costruzione
di un'identità nazionale per i tedeschi attraverso il mito nativo era sincera,
e un altro tema costante nella sua arte era la tensione tra l'ascetismo cri­
stiano, che aveva ereditato, e l'affermazione pagana della vita, alla quale era
devoto in quanto artista. La riconciliazione tra «Parnaso e Paradiso», nella
«Canzone da maestro» che conclude l'opera I maestri cantori di Norimber­
ga, è uno dei momenti più alti di questa ricerca. L'impegno di Wagner nel
ricreare la catarsi emotiva e spirituale della tragedia greca nel suo tempio
dell'Opera a Bayereuth fu incoraggiato e in parte plasmato dal suo amico
276 Storia dei pagani

Hermes, dio del commercio, scultura in pietra di Hildo Krop, Amsterdam, 191 1

Nietzsche. Quest'ultimo però si allontanò da Wagner quando egli inglobò


i miti cristiani nella sua opera finale: il Parsifol.
Lo studio antiquario delle rune, specialmente nei paesi di lingua tede­
sca, portò a una riscoperta del loro uso, oltre che della loro dimensione
spirituale. Liscrizione runica incisa da William Kermode, l'antiquario di
Manx, sulla tomba del suo cane di famiglia, è parte di tale sensibilizzazione
riemergente.33 In Germania gli elementi mistici della tradizione nordica
erano usati in architettura, più in particolare da Bernhard Hoetger ( 1 874-
1 949) . Hoetger rispettava il genius foci dei luoghi in cui costruiva. Nel
1 925, usò elementi pagani del nord della Germania nel Worpswede Café
e nella GroEe Kunstschau, tenutasi a Worpswede nel 1 927. Il suo lavoro
più importante fu lo sviluppo della Bottcherstrasse a Brema ( 1 923- 1 93 1 ) ,
patrocinato da Ludwig Roselius. Chiamata "Haus Adantis" , era un edificio
altamente tecnologico, il primo a essere stato costruito utilizzando i rulli
d'acciaio. Una facciata presentava la scultura di Odino sull'albero, in mez­
zo a una ruota di rune. Altrove si trovavano alberi della vita della tradizione
La riaffirmazione delpaganesimo 277

nordica, immagini solari e una Sala celeste ispirata al Valhalla. Purtroppo,


anche se la strada fu ricostruita negli anni Cinquanta a seguito dei danni
della guerra, la rappresentazione di Odino fu l'unico elemento escluso dal
restauro.
In Gran Bretagna, James Frazer ( 1 854- 1 94 1 ) , un socio del Trinity Col­
lege di Cambridge, prese parte a un programma che intendeva dimostrare
come il mito cristiano del Dio morto e risorto fosse semplicemente un
esempio di una storia pagana universale: il dio della natura che muore e
rinasce come esemplificato nel mito babilonese di Tammuz. Il Ramo d'Oro,
pubblicato in due edizioni tra il 1 890 e il 1 9 1 5 , fu il risultato incredibil­
mente influente di questa ricerca. Non ebbe un largo consenso, ma docu­
mentò una ricchezza di pratiche folcloristiche sopravvissute, mise a dispo­
sizione un programma di interpretazione e di osservazione dei significati
religiosi nascosti di tali pratiche e ispirò un programma di ricerca (la scuola
di antropologia di Cambridge) e un proselitismo popolare che trattò le
ipotesi dello studioso come prove.

Il neop aganesimo

Il termine "neopaganesimo" è spesso applicato a tutti i praticanti paga­


ni contemporanei, specialmente dagli studiosi americani. Tuttavia, inizial­
mente, era usato, con un'accezione piuttosto dispregiativa, per gli artisti
del movimento dei preraffaelliti. In seguito ci fu in effetti un gruppo che si
attribuì il nome di "neopagani" . Fondato a Cambridge nel 1 908, includeva
l'artista Gwen Raverat e il poeta Rupert Brooke. Ma i neo pagani appa­
rentemente non ebbero una vera direzione spirituale. I membri facevano
lunghe passeggiate in campagna e dormivano sotto le tende, ma non face­
vano nessun tentativo serio di restaurare la religione pagana. Dopo il 1 9 1 1
Francis Conford continuò il neopaganesimo a Cambridge, ma durante gli
anni Venti del Novecento il movimento svanì.
Cornford fu tuttavia un discepolo di Jane Ellen Harrison ( 1 850- 1 928) ,
il cui programma di dimostrare il substrato "primitivo" della religione
olimpica, le pratiche folcloristiche sottese dall'arte sofisticata e dalla ra­
zionalità della civiltà greca, mostrò come da usanze popolari si potesse
sviluppare una struttura intellettuale elaborata. La studiosa descrisse il
processo di «epurare la religione dalla paura)). Nutriva un interesse parti-
278 Storia dei pagani

colare per il misticismo orfico, che considerava come la purificazione e la


consunzione dei precedenti sanguinari riti dionisiaci. A suo parere l'idea
sacramentale delle religioni più altamente misteri che, come l' orfismo, nelle
quali il fedele per un breve periodo diventava la divinità nel momento in
cui veniva posseduto sciamanisticamente da quest'ultima, era un'influenza
nobilitante la razza umana. Il suo ispiratore originario era Sir James Frazer
e parte del suo lavoro (per esempio 7hemis) e di quello dei suoi seguaci era
influenzato dall'insistenza sull'universalità del dio morto e risorto. Altre
sezioni del suo lavoro, tuttavia, dimostrano il reale percorso evolutivo che
lega i riti estremamente primitivi alle filosofie più sofisticate delle religioni
misteriche.
La ricerca di una religione della fertilità in stile frazeriano, possibil­
mente con segnali di un "nucleo esoterico", non portò soltanto alla scuola
di antropologia di Cambridge, ma anche ad altre iniziative che fiorirono
all'inizio del XX secolo.
La teoria dell'egittologa Margaret Murray è già stata sottoposta a criti­
che. Fino agli anni Settanta, tuttavia, fu accettata da molti studiosi esterni
al campo ristretto degli studi sulla Riforma. Quindi le streghe moderne,
che emersero in Gran Bretagna dopo l'abrogazione dell'Atto sulla strego­
neria nel 1 9 5 1 , ne furono molto influenzate. Si consideravano rustiche
pagane benintenzionate, che seguivano i misteri interiori di una religio­
ne semplice della natura, che era stata crudelmente distorta dalla propa­
ganda nera della Chiesa. Nel 1 92 1 Jessie Weston, specializzata in lettera­
tura romanza all'Università di Parigi, pubblicò un autorevole studio dei
romanzi sul Graal, affermando che essi documentavano un'iniziazione ai
più profondi misteri che utilizzavano il simbolismo dell'antica religione
celtica della fertilità, per com'era, seppur debolmente, ricordata all'epoca
in Europa. Weston si affidò fortemente alle informazioni circa la ritua­
le ed esoterica interpretazione dell'antica mitologia contenute all'interno
della moderna magia cerimoniale (l'ordine dell'Alba dorata, della quale
il suo informatore era membro, era stato fondato nel 1 8 88) , ma anche ai
frammenti orfici e gnostici che proprio in quel periodo erano stati raccolti
dagli studiosi. Chiaramente, a quel punto del XX secolo, alcuni occidentali
civilizzati stavano cercando una religione esoterica che potesse allo stesso
tempo esaltarli spiritualmente e radicarli nella pratica contadina popolare.
Una delle scuole che rispondevano a queste esigenze era Wicca.
La religione Wicca, che emerse nel 1 9 5 1 dopo l'abrogazione dell'ulti-
La riaffirmazione del paganesimo 279

mo Atto sulla stregoneria in Gran Bretagna, ricevette la prima immagine


di sé dall'interpretazione proposta da Margaret Murray circa la tradizio­
ne medioevale nordeuropea, così come era proposta dal fondatore della
religione, Gerald Gardner, nel suo secondo romanzo High Magic's Aid
( 1 948) . Venne trasformata da una miscuglio di religione greca classica,
specie quanto all'importanza accordata alla dea, il principio femminile
della divinità, che fu modellata inizialmente a partire dalla greca Mrodite,
come descritto nel primo romanzo di Gardner, A Goddess arrives ( 1 94 1 ) .
Quest'interpretazione derivava forse dalla descrizione della dea lside for­
nita da Apuleio nell'Asino d'Oro e fu apparentemente influenzata anche da
un'esperienza visionaria dello stesso Gardner.34 Mani successive aggiunsero
altri tocchi classici. Parte di un'ode di Pindaro è stata citata per rivelare
la natura nascosta dell'umanità, la quale è rivelata dall'iniziazione. Una
versione ellenizzata della discesa di Ishtar negli inferi è una parte tipica di
alcuni successivi riti d'iniziazione; e si usa un inno sumero per pregare per
il ritorno del raccolto a primavera. La mano nascosta di Sir James Frazer ha
modellato questa reinterpretazione moderna del mito antico.

La riaffermazione delle divinità germaniche

È stato affermato più volte che il regime di Hitler in Germania ( 1 933-


1 945) era d'ispirazione pagana, ma ciò non è del tutto vero . .Lascesa al
potere di Hitler fu possibile perché il gruppo cattolico supportò i nazisti
nel Reichstag nel l 933, permettendo loro l'accesso al potere. Molti uomini
di chiesa, sia protestanti che cattolici, erano sostenitori attivi del regime
nazista. La credenza che avesse una concezione pagana proviene dalla pro­
paganda portata avanti durante la Seconda guerra mondiale. Come propa­
ganda antitedesca, l' occultista Lewis Spence scrisse:

l'antica fede della Germania e della Scandinavia, popolarmente nota


come "la religione di Odino e lhor" , è stata oggetto di molti encomi let­
terari. Ai miei occhi di studioso di folclore e mitologia esercita un fascino
non più grazioso o stimolante di ogni altra religione di culto inferiore, e
persino molto meno di quelle della Polinesia o dell'antico Perù.
È certamente solo il fatto che sia stata resuscitata da nazisti estremisti
fanatici che la rende importante, e anche così merita solo un'attenzione
280 Storia dei pagani

temporanea, perché con la caduta di Hitler e del suo partito farà la stessa
fine di tutte le eterodossie riportate in vita artificialmente.35

Himmler e Hess furono due nazisti estremisti fanatici e pare che fosse­
ro seguaci attivi del misticismo ariosofico e promuovessero la regola della
razza superiore. Ma lo stesso Hitler disse nel 1 94 1 : ((mi sembra che non
ci sarebbe niente di più assurdo del ristabilire il culto di Wotan. La no­
stra antica mitologia ha smesso di essere attuabile quando si è stabilito il
cristianesimo». 36
Spence associò erroneamente il rituale nazionalsocialista, derivato dalla
tradizione militare prussiana e austriaca, con il paganesimo, una sorta di
"chiesa pagana nazistà'. Ricerche recenti di John Yeowell37 hanno eviden­
ziato che, l ungi dall'essere influenti, nella Germania nazista i pagani erano
perseguitati. I capi pagani venivano oppressi e arrestati dal regime nazista.
Ad esempio, nel 1 936 il celebre esperto di rune Friedrich Bernhard Marby
fu arrestato e passò nove anni nei campi di concentramento. Non era il
solo. Nel 1 94 1 , per ordine di Heinrich Himmler, molti gruppi pagani ed
esoterici furono banditi (tra i quali i seguaci di Rudolf Steiner, gli arioso­
fisti e gli adepti della religione di Wotan) . Come altre vittime del nazismo
molti pagani morirono di conseguenza nei campi di concentramento.
Intorno al 1 930 uno dei primi libri odinisti in inglese, The Cali ofOur
Ancient Nordic Religio n dell'australiano Tasman Forth (A. R. Milis) , fu pub­
blicato negli Stati Uniti dalla Lega delle dinamiche culturali.38 In Islanda
la religione indigena, o piuttosto quella importata nella terra disabitata
dai coloni norvegesi nel X secolo, è stata conosciuta grazie alla letteratura.
Le saghe sono state lette come parte dell'eredità letteraria islandese. Nel
1 973 Asatru ("alleanza con gli JEsir") fu ufficialmente riconosciuta come
religione consolidata con il diritto di effettuare, ad esempio, matrimoni
legalmente validi e attribuzione dei nomi ai bambini. Tra i suoi membri vi
sono persone d'affari d'alto rango e diplomatici, in usuale per una religione
che è stata recuperata solo pochi anni fa.39 In Gran Bretagna il comitato
odinista fu fondato nel 1 973, trasformandosi in Rito odinico nel 1 980.
Nel 1 988 fu registrato come associazione di beneficenza con i British Cha­
rity Commissioners. Prima di questa registrazione si riteneva generalmente
che la legge inglese concedesse solo ai credi monoteisti lo stato di asso­
ciazione di beneficenza sotto la rubrica della promozione religiosa. Perciò
il Rito odinico divenne, nelle sue stesse parole, ((il primo corpo pagano
La riaffèrmazione delpaganesimo 281

politeistico a essere riconosciuto» .40 Gli seguì nel 1 989 odinshof, un'altra
organizzazione Asatru.

La situazione attuale

Alla fine del XX secolo quindi, le religioni indigene d'Europa, politei­


ste, che venerano la natura e riconoscono divinità di entrambi i generi,
sono riemerse e stanno trovando posto nel mondo moderno. Alcune si
fondano direttamente sulle pratiche folcloristiche sopravvissute, come nei
paesi baltici; più a ovest le religioni germaniche cercano di adattare i miti
documentati nell'epoca vichinga all'uso contemporaneo. Il druidismo cel­
tico è stato influenzato da tradizioni pitagoriche (massoniche) e poi tibeta­
ne (teosofiche) del paganesimo orientale; e l'ultima forma di paganesimo
rinascente, Wicca, fa derivare la sua filosofia dal programma della scuola
di antropologia di Cambridge, oltre che dall'ispirazione veneratrice della
dea del suo fondatore. Da Wicca ha preso origine un paganesimo più am­
pio e lungimirante, dedicato alla riaffermazione di quelli che sono valori
femminili, incarnati nella figura di una Grande dea (spesso senza nome)
e nella santità della Terra, che si vede distrutta da una tecnologia scatena­
ta. In questo pantheon non rigidamente definito si prende come partner
della dea un dio della natura, un'immagine di mascolinità incorrotta, ed
entrambe queste figure presiedono ai rituali sopravvissuti. Altri dèi e dee
non sono altro che aspetti di questi due principali. La loro interazione offre
un'immagine di polarità eguale e complementare, piuttosto che gerarchica
e dominante. Questo tipo di paganesimo guarda al futuro, offrendo una
nuova filosofia, più di quanto non guardi alle proprie radici passate.
Resta da vedere se le varie branche del paganesimo contemporaneo di­
venteranno influenti nel mondo del futuro. Il paganesimo è una filosofia
religiosa possibile per una società pluralistica e multiculturale, ma qui non
ci occupiamo della sua utilità. Ciò che abbiamo cercato di fare in questo
volume è mostrare la continuità del paganesimo moderno rispetto alle for­
me degli inizi. Una nuova crescita ha bisogno di fiori e radici, e speriamo
di avere estirpato un po' di quelle erbacce che hanno intrappolato l'attuale
rinvigorimento di una materia antica e onorevole.
Gli ultimi druidi, François Guizot, 1 88 3
Paganesimo e Neo p aganesimo
di Alessandro Testa

Fino a non molti anni fa numerosi osservatori, tra cui degli illustri stu­
diosi, avrebbero dato per certi ed irreversibili i fenomeni di "secolarizzazio­
ne" o "desacralizzazione" dell'Occidente (Europa ed America Settentriona­
le) . Questa previsione, l ungi dall'essersi realizzata, si rivela ai nostri giorni
in buona misura errata. Oggi come ieri, infatti, l'Occidente è in pieno
fermento religioso. Semmai, esso si è "scristianizzato", anche se solamente
in parte ed in modo non affatto uniforme, ma l'esigenza del "sacro" , come
ad alcuni piace dire, non si è di certo eclissata con l'avvento del nuovo sae­
culum. I nuovi movimenti religiosi sorti sulle due sponde dell'Atlantico nel
Novecento, ed in particolare quelli direttamente provenienti dalle - o che
hanno rielaborato - correnti esoteriche, teosofiche o occultistiche del XIX
secolo, non solo hanno conosciuto un crescita inarrestabile ed un successo
a dir poco insospettabile, ma negli ultimi decenni sono diventati dei veri e
propri fenomeni di massa, in ciò coerenti ed in linea con altre manifesta­
zioni culturali della società industriale e tecnocratica.
Tra i figli maggiori della temperie religiosa (post)moderna vi è il Ne­
opaganesimo, la cui definizione di primo acchito sembrerebbe, più che
un paradosso, un vero e proprio ossimoro. Chi sono, oggi, i "neopagani"?
Definire cosa un pagano sia stato nel passato è cosa relativamente sempli­
ce, visto che si tratta di una costruzione terminologica e semantica do­
cumentabile, e di conseguenza verificabile sul piano storiografico; molto
più complessa risulta invece una delimitazione semantica di "neopagano"
e "Neopaganesimo", termini che, seppur documentabili, mutuano in larga
parte il loro valore dalla contemporaneità. Colti nel loro plasmarsi, essi
sembrano perdere il loro senso in una polisemia incontrollabile. Del resto,
la mancanza di profondità storica impedisce spesso una efficace definizione
284 Storia dei pagani

concettuale. Quanto alla realtà a cui questi termini dovrebbero riferirsi,


essa è, se possibile, ancora più problematica. Il Neopaganesimo, infatti, è
uno tra i fenomeni più "aperti" e poliedrici dei nostri tempi. Esso trova i
suoi modelli e ne raccoglie copiosamente nell'intera storia europea antica,
com'è ovvio, ma non solo: vi confluiscono elementi tanto dalle tradizio­
ni orientali ed estremo-orientali che da quelle teosofiche, dall'"animismo"
degli Amerindi o di altri popoli di interesse etnologico alla cultura pop,
dall'immaginario collettivo sul fantasy a quello fantascientifico e sugli
extra-terrestri.
Per quanto riguarda la presenza di tratti effettivamente riconducibili
all'antichità, che è ciò che in questa sede a noi dovrebbe maggiormente
interessare, nel Neopaganesimo si rintracciano non tanto i cosiddetti "sur­
vivals" delle teorie di folkloristi e demologi, ma piuttosto delle vere e pro­
prie operazioni di "revival", una consapevole riesumazione (ermeneutica)
di qualcosa che in realtà è morto da secoli: l'insieme delle antiche religioni
politeistiche. Non solo "revival", anzi: probabilmente, non sarebbe sbaglia­
to parlare di vera e propria "invention", l'invenzione degli dèi, soprattutto
se si fa riferimento alla Wicca o a movimenti consimili, i quali hanno
ben pochi scrupoli nei riguardi del passato storico e della verosimiglianza
delle proprie credenze. In più negli ultimissimi anni, soprattutto grazie ad
internet, il Neopaganesimo sta avendo una straordinaria diffusione, visto
che la maggior parte delle credenze neo pagane non sono legate all'etnia di
appartenenza, e non fanno distinzioni di genere, età o classe sociale pro­
prio in ragione del loro sistematico, connaturale sincretismo, accentuato
d'altronde dalle possibilità che i nuovi media offrono per l'interscambio e
la condivisione di informazioni anche a lunghissime distanze. Per questo,
il Neopaganesimo è stato anche definito, soprattutto nella sua versione
on-line, una religione open source. 1 Insomma, un fenomeno culturalmente
vorace, in continuo movimento e restìo a qualsivoglia sistemazione tasso­
nomica. Francesco Dimitri ha scritto:

Il Neopaganesimo è un fenomeno di enorme complessità, più una di­


sordinata galassia che un movimento ben definito: per dare conto in
un modo esauriente di tutte le anime che lo compongono servirebbe
un'enciclopedia. 2

Questa considerazione non deve però intimorire, visto che per noi ha
Paganesimo e Neopaganesimo 285

un interesse solo relativo. È chiaro infatti che in questa sede non verranno
trattate sottigliezze terminologiche o fenomenologiche, e cioè se il Neopa­
ganesimo sia una nuova religione, un movimento esoterico, una filosofia,
una forma d'arte, un imbroglio o una bubbola, anche se è bene tenere a
mente che in quanto fenomeno culturale di grande diffusione (ed in co­
stante espansione) esso merita di essere attentamente indagato dalla socio­
logia, indipendentemente dalla sua storia. D'altronde studi sull'argomento
vengono pubblicati ormai da decenni, ed una bibliografia ricca esiste già.3
Questo breve contributo non abborda quindi tematiche di carattere socio­
logico o psicologico, ma è invece dedicato ad un problema prettamente
storico-culturale: quello della lettura (storica) neopagana di alcuni tratti
del Paganesimo, inteso come insieme delle religioni o più in generale dei
sistemi di pensiero - delle Weltanshaaungen, direbbe uno studioso tedesco
- dei popoli dell'Europa pre-cristiana. In ciò Storia dei pagani mi orienta
grandemente, perché in esso si trovano alcuni dei problemi che più caratte­
rizzano il dibattito neopagano sulla propria storia ed alcuni degli stessi pi­
lastri ideologici che sorreggono l'edificio intellettuale del Neopaganesimo e
della "Neostregonerià' . Parlerò a breve di questi elementi ideologici, prima
però, proprio a causa della natura estremamente articolata e complessa di
questo fenomeno culturale, è doveroso precisare che il Neopaganesimo di
cui è questione in queste pagine non è quello generico e multiforme a cui
fanno riferimento le opere di divulgazione, bensì quello ricavabile dalle
idee espresse dagli autori di questo libro, Prudence Jones e Nigel Pennick.4
Le loro biografie e bibliografie sono eloquenti, ma lo sono soprattutto le
evidenti matrici religiose rintracciabili in questa History ofPagan Europe.5
In essa, il Neopaganesimo è presentato come una religione legata da un
rapporto filiale diretto con il Paganesimo antico. Un discendente legitti­
mo, non un prodotto spurio e sviluppatosi da libere ed a-storiche inter­
pretazioni, cosa che invece, in grandissima parte, esso è. Bisogna però dire
che il valore ermeneutico di una interpretazione ha un intrinseco valore
legittimante, e per questo nessuno oggi potrebbe decidere, magari sulla
base di ragioni storiche, chi può e chi non può auto-definirsi neopagano a
buon diritto. Ciononostante, al di là del valore legittimante di ogni inter­
pretazione, resta la constatazione storica che il Paganesimo antico è stato
soppiantato in Europa dal Cristianesimo, ed è scomparso, e che il Neopa­
ganesimo attuale non è altro che una nuova religione (meglio sarebbe dire
un insieme di religioni e di correnti magico-esoteriche) che ha un rapporto
286 Storia dei pagani

non storico, ma "filosofico/ermeneutico" con il passato. I seguaci delle va­


rie credenze, ed in particolare gli adepti di quelle congreghe che richiedono
un'iniziazione, tendono a non fare differenza tra loro (neopagani) e pagani,
cosa che d'altronde risulta chiara anche dalla lettura di questo libro. Di
più, è molto probabile che per un wiccan (seguace del multiforme coacer­
vo della Wicca) , ad esempio, le analogie tra i termini "stregà' , "pagano" ,
"neopagano" e "wiccan" siano molto più importanti delle differenze. Tra i
più "eclettici" (e "post-moderni", direi) differenze non esistono affatto.
La ricerca dei due autori di questo libro, che sono, come già detto,
attivamente impegnati nel milieu neopagano, è però una ricerca colta,
consapevole ed anche rigorosa, e di certo spicca tra le numerosissime pub­
blicazioni di ciarpame "esoterico" e di prontuari magici per adolescenti
introspettivi.
Una cosa sia chiara già da ora: in queste pagine conclusive non si inten­
de confutare alcun parametro interpretativo delle moderne religioni neo­
pagane, siano esse quelle più rigide e tendenti ad una aderenza "ricostru­
zionistica" alla realtà storica a cui si rifanno (come Àsatrù o i gruppi che si
riconoscono nella "Via romana agli Dei") o quelle più "aperte", eclettiche
e sincretistiche, come la già ricordata Wicca, per fare solo il più importante
esempio. Ogni religione (sia essa antica, moderna, politeistica, monotei­
stica, ecc.) produce o ha prodotto i propri miti, i propri riti, ed inventa le
proprie tradizioni. Ogni religione scrive ed interpreta la propria storia in­
dipendentemente da preoccupazioni di ordine scientifico, preoccupazioni
che concernono invece la ricerca accademica, che non è né potrebbe essere
motivata da ragioni fideistiche. Latteggiamento dei nuovi movimenti re­
ligiosi nei confronti della storia è in sé, indipendentemente dalle conclu­
sioni a cui porta, alquanto interessante e meriterebbe degli studi specifici.
Esso è caratterizzato principalmente da una grande libertà e noncuranza
metodologica, che spesso sfocia in aperto discredito di ogni verosimiglian­
za: chi conosce la "storia dell'invenzione della storià' della Wicca da parte
di Gerald Gardner nel suo Witchcraft Today (London, Rider & Company,
1 954) sa di cosa sto parlando. Tenterò dunque di spiegare e di mettere in
evidenza alcuni scarti differenziali che sono rintracciabili tra la lettura ide­
ologica e neopagana della storia del Paganesimo, e quella che invece è stata
la realtà storica delle religioni antiche, ricostruibile grazie alle moderne
scienze storiche; in poche parole: tra ermeneutica e verità storica.
Dopo questa necessaria introduzione, abbandoniamo dunque le giova-
Paganesimo e Neopaganesimo 287

ni streghe metropolitane ai loro grimori, e dedichiamoci ad una presenta­


zione dei lineamenti minimi di una genealogia della "paganità'' .

A leggere i primi capitoli di questo libro, si sarà probabilmente rimasti


sorpresi dalla pressoché totale mancanza di accenni alla letteratura cristiana
antica. Ciò è tanto più sorprendente se si tiene conto che il concetto di
"paganità'' è stato propriamente inventato dagli apologeti e dai polemisti
del Cristianesimo delle origini. Lunga è la sua storia. Nel 1 53 Giustino di
Palestina scriveva:

Anticamente i demoni avevano fatto delle apparizioni, e adulterarono


donne e corruppero fanciulli e mostrarono spauracchi agli uomini, per
atterrire quelli che senza raziocinio giudicavano gli avvenimenti che ac­
cadevano, ma presi da paura e non sapendo che i demoni erano malvagi
li chiamavano dèi e chiamavano ciascuno col nome che ciascuno dei de­
moni si era posto (tr. di l. Giordani) .6

Questa è una delle primissime eziologie sulla causa dell'idolatria degli


antichi, di quelli che ancora non erano "pagani" de nomine (Giustino scri­
veva in greco) ma che in realtà lo erano già de facto. Per chi conosce le fi­
nezze intellettuali della filosofia e della retorica greca, la posizione espressa
in questo passo potrebbe sembrare un po' ingenua o na'if, eppure è proprio
in questo modo che è nata la polemistica cristiana, che tanta parte avrà in
seguito nella storia della cultura occidentale. Pochi decenni dopo Giusti­
no, Settimio Fiorente Tertulliano, il campione degli apologeti di lingua
latina, profondeva la sue eccelse doti di prosatore per spronare gli animi
alla tolleranza religiosa, che in quegli anni di persecuzioni non poteva che
giovare al Cristianesimo:

Sia dunque lecito che l'uno adori Dio, l'altro Giove: l'uno tenda le mani
supplici al cielo, l'altro all'altare della fede. Altri, se voi credete che sia
così, vadano contando, mentre pregano, le nuvole del cielo, altri invece i
pannelli del soffitto. Altri consacrino a Dio la propria anima, altri la vita
al capro (tr. di A. Resta Barrile) .7

Se, in seguito, gli sforzi degli apologeti - soprattutto di quelli di prove­


nienza orientale (Antiochia, Cesarea) - furono spesi principalmente nella
confutazione delle dottrine eretiche, è solo con Agostino (354-430 a.C.)
288 Storia dei pagani

che la letteratura patristica, raggiunto il suo apogeo, definisce una volta


per tutte la sua posizione nei confronti delle religioni ormai surclassate.
Il Cristianesimo è la religione vincente, la religione dell'Impero, indurita
dallo scontro dottrinale ma anche fisico con gli eretici e con i pagani. Ago­
stino può dunque affermare, facendosi portavoce dell'intera comunità dei
fedeli: «deorum falsorum cultores paganos vocamus»8 ("chiamiamo pagani
coloro che venerano i falsi dèi"); ecco che "pagano" diviene a tutti gli ef­
fetti sinonimo di "idolatrà' . Isolata e quasi romanzesca, si colloca proprio
in questo periodo la vicenda di Flavio Claudio Giuliano, l'imperatore che
invano tentò di restaurare gli antichi culti e che a causa del suo fallimento
divenne il simbolo della sconfitta del Paganesimo. Giuliano è passato alla
storia con un epiteto che tradisce la sua origine cristiana: l'Apostata. Non
è un caso che tra i neopagani che si rifanno alla tradizione classica, egli sia
considerato un eroe.
Con quello che si è soliti chiamare "Alto Medioevo", le cose cambiano
radicalmente. rEuropa si cristianizza velocemente e, in alcuni casi, vio­
lentemente. Per l'uomo alto-medievale, tutto immerso nel suo mondo di
demoni, spiriti e santi, il pagano divenne uno spauracchio dei tempi lon­
tani, oppure, nel peggiore dei casi, uno dei giganti biondi che, venuti dalle
brume del profondo Nord, razziavano le coste dell'Europa settentrionale
sotto il segno di Mjollnir, il martello del dio lhor. Pure quel tempo, tutta­
via, stava per finire, ed anche se in ritardo, la croce arrivava infine nei paesi
scandinavi, tanto che nel 1 023 (ca.) Canuto, Re d'Inghilterra, Norvegia e
Danimarca poteva affermare:

Heathendom is, that men worship idols; that is, that they worship hea­
then gods, and the sun or moon, fire or rivers, water-wells or stones,
or forest-trees of any kind; or love witch-craft, or promote morth-work
[death spells] in any wise; either by sacrifice, or divining, or perform any­
thing pertaining to such delusions9• ("Paganità è il culto degli uomini per
gli idoli; vale a dire il culto per gli dèi pagani, per il sole o la luna, il fuoco
o i fiumi, o per gli alberi d'ogni genere che stanno nei boschi; ma anche
l'amore per le opere stregonesche o l'ingegno in arti mortifere d'ogni
guisa; siano esse intraprese coi sacrifici o con la divinazione o agendo per
altri e consimili inganni") .

Con il tempo però la dottrina cattolica e le varie branche della teologia


si perfezionarono. La demonologia e l'escatologia, in particolare, conob-
Paganesimo e Neopaganesimo 289

bero un grande sviluppo. Come il grande storico Jacques Le Goff ha effi­


cacemente detto, "nacque" il purgatorio, 10 e l'inferno acquistò un'essenza
ed un'immanenza che mai aveva avuto prima. Durante gli anni della su­
premazia della Chiesa, l'inferno incombette sull'uomo occidentale, e l'In­
quisizione cominciò la sua trista opera contro streghe ed eretici (o meglio
contro quelle e quelli che sono passati alla storia come tali) , e senza troppi
scrupoli, soprattutto nei primi anni della sua istituzione, quando cioè il
suo modus operandi era ancora incerto, ed i prontuari contro idolatri e ma­
lefiche ancora non molto diffusi. Lo stesso Francesco di Assisi andò molto
più vicino al salire su una pira di quanto non si ritenga comunemente.
A partire dal XII secolo e soprattutto nel XIII, la Chiesa Cattolica vis­
se il suo apogeo politico, ciò che significò, prima di tutto, un'imponente
stagione di espansione verso l'Oriente e di "messa in ordine" in Europa.
Ogni figura, ogni posizione di dissenso o di opposizione interna ed esterna
alla Chiesa Cattolica cominciò ad essere dapprima tacciata di falsità, poi
apertamente demonizzata, e l'accusa di stare dalla parte di "Quello con le
cornà' costituì anche un'arma politica di notevole efficacia. È l'era delle
crociate, delle persecuzioni ami-eretiche, dei processi per stregoneria. An­
che le antiche pratiche e credenze non furono più considerate dei relitti
fasulli e fuorvianti di culti ormai morti, bensì divennero le manifestazioni
del Maligno in terra e condannate come tali. Eretici, streghe, pagani (anche
gli Ebrei ed i Musulmani venivano ormai ritenuti tali) vennero tutti messi
nello stesso calderone e trattati alla stregua di nemici dell'ordine, cioè della
Chiesa: soprattutto nelle zone rurali, ogni forma di pensiero religioso al­
ternativo fu perseguitata come una forma di sovversione anti-cristiana. Gli
dèi, laddove ancora venerati - anche se sotto diverse spoglie o come mere
"sopravivenze" dei tempi perduti - furono oggetto delle speciali attenzioni
delle gerarchie ecclesiastiche, e divennero creature infernali.
Solo grazie all'Umanesimo italiano ed alla rivoluzione culturale del Ri­
nascimento si ebbe una rivalutazione della cultura e dei valori classici che
portò anche ad una riconsiderazione della religione degli antichi, la quale
veicolava quei valori. 1 1 Ma ciò accadde presso le classi colte, ed il fenomeno
ebbe un'importanza solo relativa presso il "popolo" e men che meno nelle
zone rurali, dove invece l'Inquisizione continuò il suo ufficio fino al Set­
tecento inoltrato. Tuttavia, a dispetto dei moniti e delle persecuzioni della
Chiesa, nei piccolissimi borghi, sui monti, nelle zone più inaccessibili ed
inospitali d'Europa le popolazioni rimasero in parte legate alle antiche tra-
290 Storia dei pagani

dizioni, e così è stato fino a non molti decenni or sono, quando ciò che non
riuscì alla Chiesa in secoli di lotta contro "il demonio" è stato al contrario
egregiamente compiuto dalla tecnologia. Non è però il caso di intervenire
in questa sede sull'ormai secolare dibattito sulla natura e la storia della
stregoneria e soprattutto su quanto di originalmente "pagano" fosse pre­
sente in essa o in alcune eresie. Qui basti tener presente che, se è sbagliato
ricercare il senso e la funzione di un fatto culturale esclusivamente nel suo
passato, è altrettanto sbagliato cercare di analizzarlo ed indagarne le ragioni
senza tener conto delle sue radici. Del resto, molti attenti studiosi hanno
dato contribuiti specifici importanti su questa dibattutissima storia, 12 e
qui non prenderò parte nell'ormai secolare querelle tra i partigiani della
fazione secondo la quale la stregoneria sarebbe "una forma 'sopravvissutà
ed alterata di Paganesimo o addirittura di un'antica religione eurasiatica­
sciamanicà', quelli della "stregoneria come superstizione sostanzialmente
inventata dagli Inquisitori" e quelli della "stregoneria come effettiva ed
autonoma forma di satanismo magico popolare" . Al contrario, con questo
accenno alla storiografia della stregoneria abbandoniamo il Medioevo e
l'Età Moderna, e ci volgiamo direttamente al momento che, da un punto
di vista storico-culturale, è il più importante per il Neopaganesimo con­
temporaneo: il Romanticismo.
Definiamo convenzionalmente Romanticismo quella complessa tem­
perie storica durante la quale molti dei paradigmi culturali (politici, eco­
nomici, letterari, estetici, religiosi) europei furono radicalmente rimessi in
discussione, spesso in aperta contrapposizione alle posizioni razionalistiche
e meccanicistiche che dalla rivoluzione scientifica del Seicento all'Illumini­
smo avevano profondamente cambiato le attitudini intellettuali degli Eu­
ropei. Con la nuova sensibilità per l'esotico, il primordiale, l'arcano, e la
rivalutazione tutta romantica dei tempi antichi (soprattutto se "germanici"
o "barbarici") e del Medioevo in particolare, anche l'orizzonte generalmen­
te religioso visse un momento di radicale cambiamento. Per la maggior
parte dei romantici i tempi antichi sarebbero stati caratterizzati da una
costante, genuina tensione verso il sacro, la natura ed il sublime, tensione
di cui solo le tradizioni popolari rurali, in Europa, avrebbero serbato una
ormai fievole traccia. Non è un caso che proprio in questi anni sorgano le
prime congreghe ed associazioni esplicitamente neopagane, soprattutto di
matrice celtica o germanica, né è un caso che il genere letterario roman­
tico caratterizzato da tematiche magiche, misteriose ed anticheggianti sia
Paganesimo e Neopaganesimo 29 1

detto "gotico" . Questo fenomeno di rilettura di un passato che sembrava


obliterato dalle dottrine cristiane e dalle speculazioni dei lumi settecente­
schi fu però lento e disomogeneo. Ancora in pieno Romanticismo tedesco,
Goethe, nel suo Faust ( 1 83 1 ) - e precisamente nelle due celebri Walpurgi­
sniichte, "notti di Walpurgà' e nella scena del "Gran Salone" - fa di spiriti,
dèi ed altre figure della letteratura, della mitologia e del pantheon classici
i compagni di sabba di Mefistofele, cristallizzando in una sublime forma
poetica ciò che aveva suggerito - ma non poteva più imporre - l'ideolo­
gia cristiana. Questo non è che un caso, altri si potrebbero citare. Per ciò
che concerne l' occultismo ed il Neopaganesimo, comunque, gli sviluppi
dell'epoca romantica e dell'Ottocento arriveranno a loro compimento solo
nel Novecento.
La storia del concetto di paganità nell'era contemporanea è argomento
troppo vasto perché possa esser affrontato qui, tanto più che questo tema è
ben presentato nell'ultimo capitolo di questo libro. Ci basti tenere a men­
te che il Neopaganesimo di oggi è figlio di una sensibilità essenzialmen­
te romantica, nell'accezione storica del termine. Bisogna però dire che la
maggior parte dei neopagani rifiuta questa filiazione. Essi ritengono infatti
di essere, molto più semplicemente, i continuatori delle antiche tradizioni
indipendentemente dalla storia culturale che ha reso possibile questo stesso
loro "recupero" . Come forma di auto-legittimazione i neo pagani hanno
"creato" una storia molto caratterizzante, nella quale essi cercano delle ri­
sposte ad esigenze esistenziali e religiose che sono invece attualissime e
che non potrebbero condividere, per ovvie ragioni di carattere storico e
culturale, con quelli che furono i "veri" pagani. Nonostante le affermazio­
ni dei neo pagani, infatti, non c'è né potrebbe esserci nessuna continuità
tra le antiche religioni "europee" e quelle odierne, se si escludono le "so­
pravvivenze" nel folklore delle popolazioni rurali, che però non sono mai
coscientemente pagane o neopagane, visto che esse, ovunque sussistano in
Europa, sono praticate e sopravvivono in un sistema religioso generalmen­
te cristiano (non importa se cattolico o protestante) .
Cosa si evince dunque da questo veloce excursus sui sensi della "pagani­
tà'' nei secoli? A mio avviso, due cose, principalmente: l ) che è impossibile
scrivere una storia del Paganesimo se non si tiene conto, contemporanea­
mente, della storia del Cristianesimo; 2) che una "religione pagana" strictu
sensu non è mai esistita, neanche, ahimé, nell'accezione usata dagli auto­
ri di questo libro: a differenza degli attuali neopagani, nessun "pagano"
292 Storia dei pagani

(nel senso storico) si è mai definito tale; questa definizione è stata imposta
dall'ideologia cristiana all'inizio (III-IV sec.) per fini dottrinali ed apologe­
tici, in seguito (V-XI sec.) per fini discriminatori, infine (XII-XVIII sec.)
per fini persecutori. Va da sé che per culture anteriori al Cristianesimo
o che non sono mai venute in contatto con questo il concetto stesso di
"paganità'' perde completante il suo valore: un Greco del V secolo a.C.
non avrebbe mai compreso neanche il senso - o l'utilità - di tale concetto.
Nell'accezione che grossomodo ci è familiare ancora oggi, il Paganesimo è
dunque - uso l'efficace formula di Dario Sabbatucci - "un prodotto cultu­
rale cristiano" 1 3 e cioè una concettualizzazione storica che non ha senso al
di fuori della dialettica cristiano/ non-cristiano.
Con la scomparsa degli ultimi veri pagani dalle terre d'Europa, i pagani
sono diventati col tempo ciò che si vuole siano stati. Gli autori di questo
libro, partendo da un'ottica neopagana, utilizzano - dunque legittimano -
una delle concettualizzazioni storicamente più efficaci (e "discriminatorie")
dell'intera storia del Cristianesimo proprio nei confronti di coloro ai quali essi
stessi si richiamano. Ciò potrebbe sembrare paradossale, e per l'appunto que­
sto termine semplicistico e generalizzante è invece condannato da tanti altri
neopagani - che per l'appunto non si definiscono in questo modo -, e forse a
miglior diritto, o almeno più coerentemente. Infatti, uno degli atteggiamenti
che da sempre caratterizza i neopagani è un anticristianesimo a volte manife­
sto, altre volte malcelato, causato dalla convinzione che il Cristianesimo abbia
in passato perseguitato le loro stesse religioni ed i loro antenati spirituali.
Il processo di identificazione di un gruppo umano - a maggior ragione
se legato da una comune credenza religiosa - passa sempre per l' elaborazio­
ne di una propria memoria e di una propria storia, elaborazione che è, in
ultima istanza, un processo di mitopoiesi; in questo, la religione neopagana
non è diversa dalle altre. All'interno di questa "storia mitologicà' che fonda
la realtà del Neopaganesimo di oggi, i neopagani hanno appunto ritenuto
di trovare delle risposte alle loro (attualissime) domande sul mondo ed alle
loro urgenze esistenziali e religiose. Del resto la teologia e la loro mistica
non potrebbero prescindere da una significativa ancorché spregiudicata
lettura di alcuni canoni del Paganesimo antico. Tra i vari elementi "dot­
trinali" che sono chiaramente rintracciabili nella letteratura del e sul Neo­
paganesimo, due risultano di grande interesse, a mio avviso, e su questi si
concentreranno le ultime pagine di questo saggio : l ) la teoria della "Deà' ;
2) quella del "misticismo della Naturà' .
Paganesimo e Neopaganesimo 293

* * *

La teoria della "Dea" (o della Grande Dea o della Grande Madre) , am­
bigua figura teologica che per gli autori di questo libro andrebbe chiamata
«con la D maiuscola per distinguerla dalla molte dee particolari» (p. l O) è
uno dei miti neopagani di maggior successo. Molti sono stati gli studiosi
che, da diverse prospettive, hanno contribuito alla storia di questa teoria
- tra i più celebri ed importanti, Johann Jakob Bachofen e Marija Gimbu­
tas14 - e ciò ben prima che il Neopaganesimo facesse proprie queste istan­
ze interpretative. Di più, per i neopagani il «principio divino femminile»
(ibidem) sarebbe di importanza pari a quello maschile, o addirittura supe­
riore (in particolare, va da sé, per le moderne "streghe") : «molti neopagani,
soprattutto nei paesi anglosassoni, non seguono un percorso strutturato
ma aderiscono a una visione generalmente politeista, incentrata sulla vene­
razione della natura e la centralità della divinità femminile» (p. 1 2) . Questa
posizione è, da un punto di vista fideistico, un vero e proprio assioma per
la maggior parte dei neopagani e delle neopagane, ed è paragonabile ai
dogmi del Cattolicesimo. In Storia dei pagani, questa teoria è presentata
già nell'introduzione, ed in tutti i capitoli si rintraccia un velato tentativo
di porre in "concorrenza" le figure di divinità maschili e quelle femminili.
Le interpretazioni della mitologia e della teologia dei vari politeismi sono
dunque veicolate in molti casi dall'esigenza di dimostrare l'importanza e la
potenza delle figure femminili, riconducibili alla matrice meta-storica della
"Deà', delle quali le varie divinità femmina sarebbero manifestazioni, "te­
ofanie" . Come è stato spesso messo in luce e dimostrato da molti studiosi,
l'influenza dei gender studies (''studi sul genere [sessuale]") è stata fonda­
mentale, così come gli apporti alla teoria del femminismo militante, che
non a caso gode di particolare credito soprattutto nella Wicca e nei nuovi
movimenti di caratura "stregonesca". Già questi accenni basterebbero a
tradire la natura p rettamente ideologica di questa teoria, che è stata svilup­
pata con l'evidente intento di opporre resistenza allo strapotere degli "dèi"
(maschi) e soprattutto del Dio unico del Cristianesimo, religione ritenuta
dalla maggior parte delle neopagane androcentrica se non maschilista tout
court.
Ora, se è giusto affermare che le religioni politeistiche riconoscono
«divinità di entrambi i generi» (p. 28 1 ) , anche se l'affermazione parrebbe
un'ovvietà o una semplice constatazione, è invece una evidente forzatu­
ra il volersi affannare nella ricerca del "principio femmineo primordiale",
294 Storia dei pagani

anche là dove non risulta o non risulta nei termini proposti dalle dottrine
neopagane. Anche in questo caso il Neopaganesimo, soprattutto quello
sviluppatosi negli anni Cinquanta e Sessanta, e cioè durante gli anni della
contestazione, della rivoluzione culturale e sessuale e dei movimenti fem­
ministi, ha rappresentato un catalizzatore di tensioni ed aspettative sociali,
ed ha cercato nel passato degli elementi per legittimare una lettura (ed una
critica) della società contemporanea, la quale ha in effetti poco o nulla da
condividere con quelle dell'Europa antica. La teoria della "Grande Deà'
è stata discussa da numerosi studiosi ed in buona parte confutata dalla
relativa letteratura. 1 5

Quanto al "misticismo sulla Naturà', l o stato della questione è più


complesso e richiede una disamina maggiormente articolata.
A p. 1 1 gli autori affermano:

Negli ultimi anni molte persone di origine europea [sic] hanno edificato
una nuova religione per il XXI secolo attingendo dalle antiche tradizioni
indigene. Questa nuova religione, chiamata Neopaganesimo o sempli­
cemente Paganesimo è, da un punto di vista più ampio, una forma di
misticismo della Natura [corsivo mio] . È un credo che vede la Terra e tutte
le cose materiali come una teofania, un'espressione della presenza divina,
generalmente personificata nella figura delle Grande Dea [ . . . ] .

Anche i n questo caso P. Jones e N. Pennick impiegano significativamen­


te la lettera maiuscola (''Natura"); d'altronde in questo passo il tema della
natura è indivisibile da quello della Grande Dea, di cui si è già detto.
In primis, è necessario evidenziare il non lieve scarto semantico che esi­
ste tra: l ) la definizione scientifica (occidentale e consapevolmente relati­
va) di natura, che dovrebbe presumibilmente e grossomodo corrispondere
all'universo fisico, o all'insieme della realtà e dell'interazione di tutte le
cose; 1 6 2) la definizione comune, per non dire "popolare" , secondo la quale
"naturà' è qualcosa che sta tra il boschetto a pochi km da casa e gli scenari
dei documentari della lV (spesso detta anche "natura incontaminatà') ;
3 ) l a concezione religiosa neopagana della natura, più vicina alla seconda
ed alquanto critica nei confronti della visione "naturalisticà' e scientifica,
la quale è spesso rifiutata in blocco ed apertamente. Un caso chiarirà for­
se l'importanza di queste diverse prospettive: la discrepanza tra la visione
Paganesimo e Neopaganesimo 295

scientifica e quella popolare e neopagana si manifesta anche solo tramite


l'utilizzo di una semplice espressione, e cioè il "rispetto della naturà', il
quale è spesso invocato anche in questo libro e che è uno dei pilastri di
tutte le concezioni neopagane. Questa espressione, infatti, non solo non
può aver alcun senso nella concezione materialistica occidentale di natura
(non avrebbe senso "rispettare" , ad esempio, una tegola o la fusione nucle­
are) , ma, ciò che è più importante ai fini del nostro discorso, non avrebbe
potuto averne alcuno neanche per un pagano dell'Europa antica. Sarà bene
tenere a mente questa differenziazione nelle pagine che seguono.
I neopagani aderiscono ad una visione ieratica, sublime e panteistica
della natura, di matrice sostanzialmente romantica. Come l'influenza dei
gender studies è chiaramente rilevabile nel "mito" della Grande Madre, così
l'influenza del moderno movimento ecologista (che si è sviluppato pressap­
poco negli stessi anni dei gender studies) lo è nel "misticismo della Naturà'
neopagano. Questa caratteristica religiosa ed ideologica è proiettata, con
una singolare operazione ermeneutica, anche su coloro che i neopagani
considerano i loro antenati spirituali: i pagani appunto. Inutile ricordare
che per le culture europee pre-cristiane meglio documentate, e cioè quelle
classiche, i termini che solitamente si ritengono corrispondenti al nostro
"natura" (natura in latino, cpuaLç in greco) non sono esattamente sovrap­
ponibili né alla definizione di natura come si è sviluppata dopo la rivolu­
zione naturalistica e scientifica del Seicento, né, tanto meno, a quella dei
moderni neopagani. Ma allora perché richiamarsi ad un presunto antico
"rispetto per la Naturà' da parte dei pagani?
Nel terzo libro del suo Bellum civile (o Farsaglia) Lucano tratteggia una
descrizione a fosche tinte di un lucus, di un boschetto sacro dei Celti nei
pressi di Marsiglia: muffe, sinistri altari, draghi avviticchiati ad alberi e
memorie di sacrifici umani, grottesche statue di idoli barbarici scolpite
malamente nel legno. 1 7 Tacito, nella Germania, descrive invece un lucus
dei germani Semnoni, mettendo in risalto la venerazione quasi maniacale
di quelle popolazioni per il nume che vi risiedeva. 1 8 Entrambi i casi, presi
dalla letteratura dei romani sui loro vicini "barbari", concernono gli intatti
ed intangibili boschetti delle divinità, luoghi che oggi verrebbero proba­
bilmente definiti "natura incontaminatà', e di cui, come nei casi citati, i
Celti ed i Germani avevano grande timore ed in alcuni casi orrore, e solo
in secondo luogo rispetto. I brani di Lucano e Tacito a cui ho accennato,
tra i tanti che si potrebbero citare, suggeriscono inequivocabilmente che
296 Storia dei pagani

per alcuni "pagani" la natura era sacra non intrinsecamente, ma perché


legata ai numina. È sostanzialmente vero, infatti, ciò che viene detto a p.
l O di questo libro, e cioè che i pagani, a differenza di Ebrei, Cristiani e
Musulmani, vedevano «la natura come una teofania, una manifestazione
della divinità, non come una sua creazione». Le selve sacre, fossero tetre e
squallide oppure luminose ed amene, non erano venerate in quanto tali,
ma solo ma in quanto sedi della divinità.
Il caso delle popolazioni celtiche e germaniche non è però più signifi­
cativo di quello delle culture che ce ne hanno tramandato le prime notizie,
e cioè quelle classiche, anche se è pur vero che, non avendo mai avuto una
cultura urbana paragonabile a quella dei Greci o dei romani o delle civiltà
del Vicino Oriente, è normale che i popoli dell'Europa continentale vives­
sero in regime di maggior dipendenza nei confronti di fattori puramente
ambientali: tra le popolazioni antiche, Celti e Germani furono coloro che
intervennero meno e meno profondamente sul loro territorio, o almeno
in misura incomparabile alle culture del Mediterraneo, dove invece fu la
cultura della città ad affermarsi con l'inizio della storia, con l'inizio della
"civiltà'' (civitas, non a caso la stessa parola dalla quale proviene "città'') .
Ciò che accomuna e caratterizza, nella storia antica, l e città della Meso­
potamia, dell'Egitto e delle coste fenicie, le TIOÀE Lç di Grecia e Magna
Grecia, i centri etruschi e latini, è infatti il grandioso e mai sopito tentativo
dell'uomo di sottrarre il proprio spazio alla natura, e di renderlo umano,
dunque culturale. E sarà bene qui ricordare che il politeismo è una formula
religiosa che nasce e si sviluppa proprio con le prime civiltà storiche della
città, dell'agricoltura e della scrittura. 19
Giulia Piccaluga descrive minuziosamente, in un bel libro sulla reli­
gione romana, la necessità culturale di cui si è detto, e cioè quella di se­
parazione, distinzione e messa in ordine dello spazio da parte dell'uomo,
e lo fa da una prospettiva storico-religiosa. 2° Cosa si evince dalla lettura
dell'excursus comparativistico su varie culture e dalla parte specifica sulla
religione romana di questo libro? Principalmente, che tanto per ciò che
concerne la strutturazione delle città quanto per la divisio agrorum ("ripar­
tizione dei campi coltivabili") , l'uomo antico (il "pagano") tentò sempre e
prima di tutto di intervenire sullo spazio naturale per renderlo umano, o
meglio - nello specifico della cultura estremamente etnocentristica che fu
quella di Roma - "romano" . Similmente hanno fatto (e fanno) tante altre
culture antiche o di interesse etnologico, ed altrettanto facciamo noi stessi
Paganesimo e Neopaganesimo 297

oggi, seppur in un mondo che, almeno in Occidente, è di gran lunga più


antropizzato di quanto non lo fosse in passato. I confini politici, i limiti
dei Parchi Nazionali, i tracciati dei nostri piani regolatori, ma anche le
recinzioni dei campi o il "cerchio magico" delineato nel bosco dalla mo­
derna wiccan: tutte operazioni che rispondono ad un'ottica analoga, e cioè
quella di distinguere ciò che è sottoposto al dominio diretto dell'uomo da
ciò che non lo è.
Per tornare ai nostri pagani, la natura (intesa come "natura incontami­
natà' o come spazio non antropizzato) era per loro quanto di più estra­
neo ed a volte ostile potesse esserci. Essa coincideva a volte con l'ignoto,
altre con l'al-dii-là o il non raggiungibile, l'interdetto, l'incontrollabile,
in breve, con ciò che sta al di fuori della cultura, con il non-umano. Le
manifestazioni violente della natura come le tempeste e il gelo, il deserto,
le profonde selve inospitali, gli animali non domestici e feroci, le calamità
"naturali" come i terremoti e tanti altri elementi pienamente "naturali"
erano tutte cose che erano di certo più temute e detestate che venerate
o rispettate. Ciò che di male poteva venirne all'uomo (la distruzione dei
raccolti in seguito ad eccessive piogge, un attacco dei lupi dalle montagne,
ecc.) era ritenuto molto più una punizione degli dèi o un signum del loro
corruccio che non qualcosa con cui "vivere armoniosamente" . La pace con
gli elementi naturali era una conferma della pax deorum (benevolenza degli
dèi) , non una condizione ricercata in virtù di una qualsivoglia forma di
prato-ambientalismo. Ciò non toglie, tuttavia, che per ovvie ragioni ma­
teriali l'uomo antico vivesse seguendo maggiormente i cicli stagionali, ed
in rapporto più stretto con lo spazio "non culturale" che lo circondava, e
che dunque anche nelle sue religioni e nelle sue mitologie fossero presenti
dei fattori maggiormente legati al piano naturale. I sistemi di pensiero dei
gruppi umani si sviluppano sempre in regime di interdipendenza con il
contesto ambientale (geografico, morfologico, climatico, ecc.) nel quale
essi vivono ed operano, contesto che quindi influenza ed insieme è influen­
zato dall'uomo. Le produzioni simboliche (e quelle religiose in particolare)
non possono che rispondere alla stessa logica. Quest'ultima considerazione
ci permette di abbordare l'ultima questione sul tema del rapporto tra neo­
pagano "misticismo della Natura" e realtà storica del paganesimo.
Le culture antiche possono senza alcun dubbio essere comprese nella
macra-categoria delle società pre-industriali. Se esse furono meno invasive
e deleterie di noi nei confronti della "natura incontaminatà' e del territorio
298 Storia dei pagani

non (ancora) antropizzato, ciò fu dovuto a motivi legati essenzialmente


alla cultura materiale, e non - o forse solo in minima parte - a ragioni
spirituali. Il numero ridotto della popolazione e degli individui effettiva­
mente impegnati in attività lavorative (nonostante l'uso di schiavi) , la pos­
sibilità di operare su un territorio immenso e poco abitato, una tecnologia
non raffinata come quella odierna, metodi per l'appunto non industriali
o solo prato-industriali di sfruttamento delle risorse e di produzione dei
beni: sono questi i fattori che ci fanno sembrare i popoli antichi più "ver­
di" di quelli di oggi, e sono questi i fattori che in buona parte distinguono
il mondo di oggi da quello antico. Se volessimo usare un metodo di va­
lutazione contemporaneo basato sul parametro dell'"impatto ecologico",
diremmo che gli uomini antichi furono a "bassa o bassissima impronta
ecologicà', intendendo per "impronta ecologica" la capacità di alterazione
del territorio, di sfruttamento delle risorse rinnovabili o non rinnovabili, e
la produzione di beni e dei relativi rifiuti. Tutto ciò non costituì una loro
libera scelta, né dipese da ragioni metafisiche: fu, semplicemente, la loro
realtà storica. Per fare un esempio concreto, se i romani avessero potuto
fronteggiare la sistematica e puntuale mancanza di grano che li affliggeva
(ed alla quale sopperiva, con gran dispendio di denaro, il grande granaio
che era l'Egitto) con dei metodi più efficaci ma meno rispettosi dell'am­
biente, essi l'avrebbero fatto senza troppi scrupoli, così come, per il proprio
diletto, non esitavano a strappare animali di ogni genere dal loro habitat e
ad ingabbiarli, in attesa che venissero trucidati nell'arena.
Oggi, sono principalmente i popoli senza scrittura - e che un tempo
erano definiti "selvaggi" o "primitivi"- a vivere in quella che agli occhi di
un occidentale potrebbe sembrare una maggiore "armonia con la naturà' .
Ciò è in parte una banalizzazione del problema, in parte un abuso operato
dall'immaginario occidentale, in parte una constatazione che ha indub­
biamente un fondo di verità. Di fatto, è solo il sistema capitalistico ed
industriale ad essere costituzionalmente, intrinsecamente e programmati­
camente antiecologico, anche quando tenta di tingersi di verde.21
È stata la rivoluzione industriale, ed il conseguente affermarsi delle dot­
trine del liberismo economico ad allontanarci definitivamente e radical­
mente dai popoli di interesse etnologico e dai popoli antichi, una congiun­
tura storica arrivata a compimento non più di sessant'anni fa in Occidente
- grossomodo negli stessi anni della nascita del moderno ambientalismo
- e favorita anche da fattori religiosi: come è stato magistralmente dimo-
Paganesimo e Neopaganesimo 299

strato da Max Weber in un suo noto studio, 22 a differenza delle religioni


antiche o di altri modelli religiosi, il Cristianesimo, in particolare nella
sua versione protestante, si è dimostrato un sistema ideologico-religioso
altamente adattabile a quello democratico, liberale e capitalistico, che è
esattamente il tipo di contesto, mai conosciuto dai pagani, dove vivono i
neo pagani. 23
Per tutte le ragioni sopra esposte, non è credibile ritenere i pagani degli
ambientalisti ante-litteram, cosa che invece Prudence Jones e Nigel Pennick
credono fermamente - ed insieme a loro gran parte dei moderni neo pagani
- e che affermano apertamente alle pp. 9- 1 2 di questo libro.

* * *

Abbiamo visto quanto il Neopaganesimo proietti le proprie categorie e


le proprie esigenze esistenziali e religiose nel passato. Allo stesso tempo, tut­
tavia, esso non può sottrarsi alla constatazione che il mondo dei pagani ed il
nostro sono profondamente diversi, e separati da una distanza incolmabile.
Allora, romanticamente attratti dal fascino di un immaginario storico che
loro stessi hanno contribuito a creare, sovente i neopagani vi si perdono del
tutto, cercando di ignorare gli anacronismi le contraddizioni che ne risulta­
to. Che questo atteggiamento porti a delle aporie esistenziali e a veri e pro­
pri paradossi comportamentali è una conseguenza evidente ed irrefutabile: i
neo pagani professano l'amore per la "Naturà' (incontaminata) e per gli dèi
superni nelle nostre città mostruose, dove neanche le stelle sono visibili, e
cercano di esser rispettosi dell'ambiente pur essendo coinvolti - più o meno
indirettamente - nei meccanismi di consumo e produzione dei beni della
società capitalistica. Come poi un novello adepto delle più rigorose ed esote­
riche congreghe possa credere ad Hermes pur essendo avvezw ai telefilm ed
ai social networks, oppure praticare la magia pur andando dal medico, non
saprei dire: sono questi misteri a cui solo la sociologia delle religioni potreb­
be dare una risposta. Forse però questi problemi sono più presunti che tali,
forse i neopagani non fanno tragedia del vivere in perenne contraddizione
con loro stessi; del resto, come acutamente nota Francesco Dimitri, «per un
fisico cristiano [ma anche per un cristiano qualsiasi, direi piuttosto] non è
un problema ipotizzare che l'Universo abbia avuto inizio dal Big Bang e nello
stesso tempo esser certo che l'ha creato il suo dio in sette giorni». 24
A mo' di conclusione, valgano ancora, seppur datate, le acute conside­
razioni di Mircea Eliade sulle cause delle "mode culturali" dell' occultismo e
300 Storia dei pagani

della stregoneria; scriveva Eliade nel 1 976: «Il coinvolgimento nell'occulto


rappresenta una delle forme più efficaci di critica e rifiuto dei valori religio­
si e culturali dell'Occidente»25• Per il celebre storico delle religioni rumeno,
in quegli anni il successo della magia e dell'occultismo presso i giovani era
dovuto principalmente ad esigenze religiose frustrate, ed era quindi spiega­
bile con una «insoddisfazione nei confronti della tradizione cristiana»26• Ad
Eliade sfuggì però che quelle "mode culturali" si stavano trasformando (o
si erano già trasformate) in vere e proprie religioni, diffusissime in Europa
ed America, estremamente articolate e che di lì a poco sarebbero spesso
state ufficialmente riconosciute. Ciononostante, l'idea di fondo, e cioè che
il Neopaganesimo sia, a suo modo, un'ideologia (moderna) del rifiuto della
spiritualità (o della mancanza di spiritualità) moderna ed in particolare
della modernità occidentale, è, a mio avviso, ancora sostanzialmente va­
lida. Se esiste una costante in pressoché ogni neopagano, infatti, questa
è proprio il richiamo ad una tradizione che, verosimile o inverosimile, si
rifaccia ad un passato più o meno remoto. Le diverse forme di Neopagane­
simo o stregoneria contemporanea tradiscono sempre - prendo in prestito
un'altra espressione eliadiana - una manifesta nostalgia delle origini, siano
esse origini storiche oppure origini inventate di sana pianta.
Note

Capitolo I

' Chuvin ( I 990) , p. 1 7.


2 D.H. Lawrence, lettera a Frederick Carter, l ottobre 1 929, da Collected Letters ofD. H.
Lawrence, a c. di Harry Moore, London, Heinemann ( 1 962) , p. 1 20 5 .
3 Mookerjee ( 1 988) , pp. 4 7 , 7 1 .

Capitolo II

1 Si trovano resoconti in diverse opere antiche, tra cui l' Odissea (XIX. l 72 ss.); l'Iliade
(XVI I I . 5 9 1 ) ; Ovidio, Le metamorfosi (VII . l 59).
2 Vedi Burkert ( I 985), Introduzione.

3 Parai ( I 967) , cap. l .


4 Burkert ( 1 985), p. 89.
5 Ibidem, pp. 25-26.
6 Vedi, per esempio, Cambridge Ancient History, 3a edizione, vol. II, parte 2 ( 1 975), p.
161 .
7 Burkert ( 1 985), p. 1 5 .
8 Ibidem, pp. 1 36- 1 39.

9 Harrison ( 1 906) , cap. 2.


1 0 Vedi Cambridge Ancient History, 3a edizione, vol. II, parte 2 ( 1 975), cap. XXII, a, III
(a) , p. 1 72.
1 1 Burkert ( 1 985), pp. 63-64.

12 Athenaeus (IX. 78) .

13 Dettagli delle pratiche a Rajasthan si trovano in Kothari ( 1 982) . Vedi anche Harrison
( 1 903) , cap. l e 2, e Burkert ( 1 985), parte II, sugli altari di Olimpia, sul dio della terra
"escharas" e su quello dell'aldilà "megaras".
14 Harrison ( 1 903) , pp. 1 6 e ss.
15 Porfìrio, De Abst. (II. 56) .
302 Storia dei pagani

16 Burkert (I 985), p. 73.


17 Vedi a questo proposito la ricerca esaustiva di Lane Fox ( 1 986) .
1 8 Erodoto (II. 54-58).
19 Pausania (X. 1 2. 1 0) ; Strabone (VI I.329) ; Aristeide, Or. (XLV. 1 1 ) .
20 Platone, citato in WR. Lethaby ( 1 969, 1 892) , p. 79.
21 Bi:itticher ( 1 8 56), p. 486.
22 Rutkowski ( 1 986) , p. 1 0 1 .
23 Botticher ( 1 8 56), p . 1 4 .
2 4 Hersey ( I 988) .
25 Ibidem.
26 Burkert ( 1 979) , p. 40.
27 Kothari ( 1 982) .
28 Boardman et a!. ( 1 99 1 ) , p. 336.

Capitolo III
1 Resoconti della società etrusca si trovano in Scullard (I 967), Keller (I 975) and Ogilvie
( 1 976) .
2 Zosimo, Historia Nova (V.4 1 ) .
3 Cicerone, De Divinatione (XXIII. 50) .
4 Scullard ( I 967) , p. 228.
5 Si trovano cenni in Santillana e Dechend (I 969, 1 977) , Jones ( 1 989) .
6 De Lingua Latina (V.46) .
7 De Die Natali, parafrasando un'opera perduta di Varrone.
8 Life ofRomulus (XI).
9 Boardman et al. ( I 99 1 ) , p. 400.
10 Warde-Fowler ( 1 9 1 1 ) , lezione VI, pp. 1 1 8 e ss.
1 1 Laing ( 1 93 1 ) , p. 1 6.
1 2 Trede ( 1 90 1 ) , vol. II, p. 2 1 0.
13 Harusp. Resp. ( 1 9) .
14 Warde-Fowler ( 1 9 1 1 ) , p . 237.
1 5 De agri cultura ( 1 37) .
1 6 Vedi Palmer ( 1 974) , cap. l .
17 C. Bailey in Cambridge Ancient History, 2a edizione, vol. VIII, cap. XIV ( 1 970) , p.
446.
18 Rose ( 1 948) , p. 77.
19 De Russorum, Muscovitorum et Tartarorum Religione, Sacrificiis, Nuptiarum, Funerum
ritu ( 1 5 82) .
20 La traduzione è di Frazer's (Loeb, 1 93 1 ) . Abbiamo cambiato qualche parola.
21 Rose ( 1 948) , p. 5 1 .
22 Lydus, De Mensibus (III.22) .
.
23 Cfr. i Fasti di Fulvius Nob ilior, 1 89 a.C. ca.
Note 303

24 Vedi Warde-Fowler ( 1 9 1 1 ) , cap. XII.


25 Resoconti sull'espansione di Roma possono essere trovati in Cambridge Ancient Hi­
story, 2a edizione, voli. VII ( 1 969) e VIII ( 1 970), e in forma condensata in Boardman
et a!. ( 1 99 1 ) , cap. 1 6- 1 8 .
26 Rose ( 1 948), pp. 1 20- 1 2 1 .
27 Tusc. Disp. (1. 1 6.36 ss.)

Capitolo N

1 Un resoconto dettagliato dell'influenza di Ottaviano si trova in Syme ( 1 939, 1 97 1 ) .


2 Wissowa ( 1 9 1 2) , App. Il.
3 Warde-Fowler ( 1 9 1 1 ) , pp. 439-447.
4 Baring and Cashford ( 1 993) , p. 270.
5 Rose ( 1 948), pp. 1 34- 1 3 5 ; Wissowa ( 1 9 1 2) , p. 356.
6 Wissowa ( 1 9 1 2) , p. 353.
7 Vedi Wissowa ( 1 9 1 2) , § 59; Cumont ( 1 9 1 0) .
8 Questi sei punti sono tratti dall'Introduzione d i Lane Fox ( 1 986) .
9 Vedi Lane Fox ( 1 986) per un resoconto dettagliato della loro persistenza.
10 Aureliano, Historia Augusta (25).
11 Cipriano, De Lapsis, (7-9) .
12 Codex Gregorianus (XV 1 3 . 1 ) , citato in Smith ( 1 976) , p. 26.
13 Ibidem.
14 Lattanzio, De Mortibus Persecutorurn (46) .
15 Citato in Smith ( 1 976) , p. 48. I dettagli riguardo all'evoluzione della conversione
di Costantino sono tratti dalla versione di Holland Smith, così come molti dettagli a
seguire.
16 Frend ( 1 984) , p. 5 54.
17 Smith ( 1 976) , p. 99, citando Socrate, Ecclesiastica! History, (11.47) .
18 Gregory of Nazianus, Invettive against julian (1. 58.6 1 ) .
19 Sozomen, Ecclesiastica! History, (VII. 1 5) , citato i n Trombley ( 1 993) , pp. 1 26- 1 27.
20 Per esempio Eunapio, Lives ofthe Philosophers, pp. 475-476, Claudio Claudiano, De
Bello Gothico, pp. 1 73 e ss., De Raptu Proserpine (l. l ss.), quoted in Smith ( 1 976) , pp.
1 89- 1 90.
21 Smith ( 1 976) , p. 229.
22 Ibidem, pp. 32 1 -323.
23 Laing ( 1 93 1 ) , p. 2 1 7.
24 Ibidem, p. 93.
25 Duchesne ( 1 904) , p. 288.
26 Per esempio il Concilio di Autun, cap. IX; Statuto di Bonifacio, XXI .
27 Nelli ( 1 963), pp. 29-30.
28 Tille ( 1 899) , p. 1 20.
29 Wallace-Hadrill ( 1 952) , p. 4 1 .
304 Storia dei pagani

30 Petrie ( 1 9 1 2) , p. 1 1 2.
3 1 Salway ( 1 98 1 ) , p. 736.
32 J.C. Robertson ( 1 874- 1 875), vol. IV, p. 1 1 8.

Capitolo V
1 Vedi un qualsiasi resoconto di storia celtica, come Cunliffe ( 1 992) .
2 Strabone (IV.4. 1 -2).
3 Lucano, (1.453-454) ; H. Usener, Scholia in Lucanem, Leipzig, 1 869, p. 33.
4 Dio Cassius (LXII.6.7) .
5 Strabone (Xll . 5 . 1 ) .
6 Tacito, Anna/es (XlV.30) .
7 Revue Archéologique, vol. 2, 1 959, p. 5 5 .
8 De Bello Gallico (VI. 1 6) .
9 Strabone (IV.4. 5).
10 Svetonio, Divus Claudius (XXV. 5 ) ; Plinio, NH. (XXX. 4) .
1 1 Per esempio Tacito, Anna/es (XlV.30).
12 Strabone (IV.4.6) .
13 Ross ( 1 974) , p . 267.
14 Scholl ( 1 929) .
I 5 M. Green ( 1 986), pp.78-79.
16 Erodiano (VIII.3.8) .
17 De Bello Gallico (VII. l 8) .
1 8 M. Green ( 1 986), p . 79.
19 M. Green ( 1 99 1 ) , pp. 1 26- 1 28.
2° Campbell ( 1 890) , vol. 2, p. 373.
21 Kaul et al ( 1 99 1 ) , passim.
22 Reinach S . , Cultes, Mythes et Religion, citato in Anwyl ( 1 900) , pp. 24-2 5 .
23 Powell ( 1 980), p. 1 48.
24 Kinsella T. (ed.) , lhe Tain, London, Oxford Paperbacks, 1 970, p. 27.
25 Binchy ( 1 959).
26 Kendrick ( 1 927) , pp. 1 1 6- 1 1 9.
27 Dinan W., Monumenta Historica Celtica, London, David Nutt, 1 9 1 1 .
28 Strabone (111. 1 .4).
29 Ibidem (11. 1 5) .
3 ° Citato i n Smith ( 1 976) , p . 242.
31 Agricola (2 1 ) .
32 Ibidem ( 1 6) .
33 Dio Cassius (LXXI I .2) .
·14 Tacito, Hist. (IV. 54) .
31 Ross ( 1 986a) , p. 1 1 6.
36 Logoi (VIII.8).
Note 305

Capitolo VI
1 Salway ( 1 98 1 ) , cap. 1 0, 1 1 .
2 Inscriptions from Roman Britain, London Association of Classical Teachers Originai
Records no. 4, ed. M.C. Greenstock, London, LACT Publications, 1 972, 1 987, p.
1 29.
3 Canon Mahé, «Essai>>, pp. 333-334, citazione da Histoire du Maine (1. 1 7) , tratta da
Evans-Wentz ( 1 9 1 1 ) , p. 435.
4 Nance ( 1 935), pp. 1 90-2 1 1 .
5 Gildas ( 1 938) , p. 1 52.
6 Wallace-Hadrill ( 1 967) , p. 69.
7 McCrickard ( 1 986) , p. 27.
8 Jocelin MS, cap. 23, p. 227, in Pinkerton, Lives of the Scottish Saints, vol. II, 1 889,
pp. 1 -96.
9 Skene ( 1 876) , p. 1 56.
10 Nennius, Genealogy (X) .
1 1 Quattro Libri di Wales (11.455).
12 Baring-Gould e Fisher ( 1 907- 1 9 1 4) , vol. Il, p. 237.
13 Dr Ellis Prys, Commissario generale di Thomas Cromwell per la diocesi di sant'Asaf,
lettera datata al 6 aprie 1 538, in Baring-Gould e Fisher ( 1 907- 1 9 1 4) , vol. I, p. 333.
14 Leland, Collecteana, citato in Baring-Gould e Fisher ( 1 907- 1 9 1 4) , vol. l, p. 2 1 7.
' 5 Wedeck ( 1 975), p. 1 57.
16 Il reverendo T.M. Morgan, citato in Evans-Wentz ( 1 9 1 1 ) , p. 390.
17 Baring-Gould e Fisher ( 1 907- 1 9 1 4) , vol. I, p. 1 64.
18 Ibidem, p. 1 65 .
19 Ibidem, vol. III, p . 1 69.
20 Dixon ( 1 886) , App. F.
21 Hadingham ( 1 976) , p. 1 83.
22 Walker ( 1 883), p. 1 86.
23 Kermode e Herdmans ( 1 9 1 4) .
24 11 reverndo F.J. Lynch, citato i n Evans-Wentz ( 1 9 1 1 ) , p . 79.
25 Mitchell ( 1 862) , pp. 6, 1 4.
26 Reeves { 1 86 1 ) .
27 Mitchell ( 1 862) , p . 253.
28 Dixon ( 1 886), p. 4 1 1 .
29 A Tour in Scotland and voyage to the Hebrides, 1772-4, parte II, p. 330.
30 Dixon { 1 886), p. 1 57.
31 Rodd ( 1 892) , pp. 1 65 , 1 76, citato in E.S. Hartland, <<Pin wells and rag bushes», Folk
Lore, vol. 4, 1 893, pp. 457-458.
32 Hartland, «Pin wells and rag bushes>>, p. 458.
33 Ibidem, p. 452.
34 Ibidem
35 Bord e Bord ( 1 985), p. 66.
306 Storia dei pagani

36 Baring-Gould e Fisher ( 1 907- 1 9 1 4) , vol. II, p. 440.


37 Rhys ]., «Holy wells in Wales>>, Folk Lore, vol. 4, 1 893, p. 74.
38 Walker ( 1 883), p. 207.
39 Bord e Bord, p. 1 1 9.
40 0'Connor, Ordnance Survey Letters, p. 368, citato in Bord e Bord ( 1 985), p. 39.
41 Evans-Wentz ( 1 9 1 1 ) , p. 1 1 8 .
42 Ibidem, pp. 92-93; osservazioni personali dell'autore.
43 Henderson ( 1 9 1 0) , p. 1 0 1 .
44 Evans-Wentz ( 1 9 1 1 ) , p . 200.
45 Ibidem, p. 93.
46 MacNeill ( 1 962) , pp. 223-224.
47 Ibidem, p. 68.
48 Ibidem

Capitolo VII
1 Per esempio Davidson ( 1 987) .
2 Schutz ( 1 983), pp. 1 35- 1 36, and Cambridge Ancient History, vol. IX ( 1 966) , cap. III,
Cambridge Medieval History, vol. I ( 1 967) , cap. VII .
3 vedi Tacituo, Germania (6) , riguardo alle armi dei primi germani.
4 1hompson ( 1 966) , p. 29.
5 Tacito, Germania (40) , e n. 5 delle edizioni Loeb.
6 Ibidem ( 1 0. 1 -3).
7 Ibidem (7.2) .
8 Stazio, Silvae (I.IV.89) .
9 Rosenberg ( 1 988) , p. 5 1 .
10 "notae': Germania ( 1 0. 1 -3).
11 "ut minor et potestatem numinis prae se ferens": Germania (39.3) .
12 Historiae Contra Paganos (V. 1 6.4).
13 De Bello Gallico (VI)
14 Ammianio Marcellino (XXXI .2), citato in Diesner ( 1 978) , p. 7 1 .
1 5 Landndmabok (2. 1 2) .
16 Magnusson ( 1 90 1 ) , pp. 348 e ss.
17 Buck, Cartularium Saxonicum (603) .
18 Gameli, David, <<Rosaring and the Viking Age cult road>>, Archaeology and Environ­
ment, vol. 4, 1 98 5 , pp. 1 7 1 - 1 8 5 , University of Umea, Sweden.
19 Marstrander C., <<Thor en Irlande>>, Revue Celtique, vol. 36, 1 9 1 5- 1 9 1 6, p. 24 1 .
20 Wilson e Klindt-Jensen ( 1 966) , pp. 1 3 5- 1 36.
21 Tille ( 1 899) , p. 2; vedi anche Chaney ( 1 970) , pp. 57 e ss. Le traduzioni di Bede e
dell' Heimskringla a seguire sono di Tille.
22 Tille ( 1 899) , p. 45.
23 Walter of Henley, Husbandry, E. Lamond, London, 1 890, p. 97.
Note 307

24 Cfr. Concilio di Cloveshou, 747, cap. XVI .


2 5 Osservazioni personali dell'autore.
26 Tille ( 1 899) , p. 1 94.
27 Bede, De Mensibus Anglorum.
28 Jarnieson ]., An Etymological Dictionary of the Scottish Language, Yule, n. VII , 1 879,
Paisley, Gardner.
29 Goulsrone ( I 985), p. 7.
30J.C. Roberrson ( 1 874- 1 875), vol. III, p. 1 1 2.
3 1 Borezio, Capitularia Regum Francorum 1.59.
32 J.C. Robertson ( 1 874- 1 875), vol. III, p. 1 1 4.
33 Chaney ( 1 970) .
34 Ibidem, pp. 25-28.

35 Wolfram ( 1 988), p. 2 1 0.
36 St Bernard, Vita Sancii Ma/achiae (8. 1 6) , citato in Bartlett ( I 993), p. 22.
37 Bede, Hist. Ecci. (11. 1 5) .
38 J.C. Roberrson ( 1 874- 1 875) , vol. III, p . 64.
39 Ibidem, vol. III, p. 66.
4° Conc. Germ, I, c. 5; Conc. Liptin, c. 4; Conc. Suession, c. 6, citati in J.C. Roberrson
( 1 874- 1 875), vol. III, p. 72.
41 Zach., Ep. 1 0, col. 940, citato in J.C. Roberrson ( 1 874- 1 875), vol. III, p. 80.
42 G.R. Owen ( 1 98 1 ) , p. 1 65 .
43 J .C. Robertson ( 1 874- 1 875), 330-33 1 .
44 Landndmabok (95, 97).
45 Brent (I 975) , p. 63.
46 Stento n (I 97 1 ) , p. 586.
47 Saga ofHakon the Good, cap. 1 9.
48 Ibidem, cap. 32.
49 Saga ofO/afTryggvason, cap. 59; Saga ofSt 0/af, Heimskring/a, cap. 1 1 3 e ss.
50 Stromback ( 1 975), pp. 1 5, 3 1 .
51 Citato da Adolf Schiick, Den iildre medertiden, Sveriges historia genom tiderna, vol. I,
p. 1 69.
52 Reuter ( 1 987) , p. 8 .

Capitolo VIII
1 Citato in G.R. Owen ( 1 98 1 ) , p. 1 0 1 .
2 Keysler ( I 720) , p . 339.
3 Johnson ( 1 9 1 2) , p. 437.
4 Ibidem, p. 438.
5 Ibidem
6 Ibidem, p. 435.
7 Sepp ( 1 890) , p. 267.
308 Storia dei pagani

8 Schwebel ( 1 887) , p. 1 1 7.
9 Bachtold-Staubli ( 1 927 - 1 942) , vol. VI , p. 1 672.
10 Ibidem, vol. V, p. 1 673.
11 Kemble ( 1 876) , vol. Il, p. 429.
1 2 Bachtold-Staubli ( 1 927- 1 942), vol. V, p. 1 673.
13 Notes & Queries, la serie, vol. V, p. 274.
14 Ibidem, 6a serie. , vol. l, p. 424.
I 5 Gomme ( 1 883), pp. 34-37.
16 Evans ( 1 966) , p. 1 98.
17 Citato in Porter ( 1 969) , p. 1 8 1 .
18 Sepp ( 1 890) , pp. 1 65- 1 66; Bachtold-Staubli ( 1 927- 1 942) , vol. VI, p. 1 672.
19 Evans ( 1 966) , p. 200.
20 G.R. Owen ( 1 98 1 ) , pp. 43-45.
21 Johannessen ( 1 974) , p. 1 30.
22 Anwyl ( 1 906) , p. 34.
23 Megaw e Megaw ( 1 989), p. 33.
24 Tacito, Germania (3) .
25 Davidson ( 1 964) , pp. 79, 86-89.
26 Reuter ( 1 934) , vol. Il, cap. V, p. l .
27 H.M. Chadwick ( 1 900) , pp. 268-300.
28 Grdgds, K 84. Vedi Johannessen ( 1 974) , p. 59, per un commento.
29 Morris e Magnusson ( 1 89 1 ) , pp. XXVIII-XLII.
30 Landndmabok ( 1 1 0) .
31 Le citazioni seguenti sono tratte dalla traduzione d i Hermann Palsson e Pau! Edwards,
London, Hogarth Press, 1 978.
32 Picardt ( 1 660) .
33 Landndmabok (289) .
34 Tacito, Germania (3) .
35 Tacito, Anna/es (XIV.30) .
36 Citato in Wallace-Hadrill ( 1 967) , p. 57.
37 Brent ( 1 975), p. 38.
38 Flateyjarbok ( 1 .63) .
39 Atlamdl (9 1 , 96) .
40 Hallowell ( 1 926) , p. 2.
41 For example, see Nioradze ( 1 925), p. 40, e Hallowell ( 1 926) , p. 2.
42 Danielli ( 1 94 5).
43 Davidson ( 1 964) , p. 99.
44 Cramp ( 1 957).
45 Beck ( 1 965) .
4 6 I l testo s i trova i n Thorpe ( 1 840) , vol. I l , pp. 32-33.
47 11 testo si trova in Thorpe ( 1 840) , vol. Il, p. 1 90 .
48 Testo e traduzione i n Thorpe ( 1 840) , vol. II, p. 249.
Note 309

49 Testo e traduzione in lhorpe ( 1 840) , vol. I, p. 379.


50 Borchardt ( 1 97 1 ) , p. 282.
5 1 Herrmann ( 1 929) , p. 66.
52 1huringian Chronicle, citato da Baring-Gould ( 1 967) , p. 2 1 1 .
53 lhonger ( 1 966) , pp. 1 5- 1 8 .
54 Informazioni dai Abbots Bromley Horn Dancers, 1 987.
55 Grimm ( 1 880- 1 888), vol. III, p. 2.
56 Brewster, Sir David, Edinburgh Encyclopedia, vol. XVI , Edinburgh, n.d., p. 5 .
57 Hadingham ( 1 976) , p . 1 83 .
5 8 Ibidem
59 C.G. Jung ( 1 963) , pp. 344-345 .
60 Reuter ( 1 934) , p. 80.
61 Rochholz ( 1 870) , pp. 1 6, 1 8, 1 00.
62 Sto ber ( 1 892) , vol. II, p. 283.
63 Lohmeyer ( 1 920) , p. 2 1 .
64 Heyl ( 1 897) , n . 52, p . 236; Graber ( 1 9 1 2) , n . 58, p. 50.
65 Montelius 0., <<lhe Sun-god's axe and lhor's hammer>>, Folk Lore, vol. XXI , 1 9 1 0,
pp. 60-78.
66 Hamkens, Freerk Haye, «Heidnische Bilder im Dome zu Schleswig», Germanien,
giugno 1 938, pp. 1 77- 1 8 1 .
67 Rancken A. W , «Kalkmaningarna i Sibbo gamia kyrka», Finskt Museum, vol. 42,
1 93 5 , p. 29.
68 Cavallius ( 1 863) , vol. l , p. 230.
69 Laing ( 1 93 1 ) , pp. 247-248, citando Leroy-Bri.ihl, La Religion dans l'Empire des Tsars,
p. 1 1 3.
70 Borchardt ( 1 97 1 ) , p. 1 1 7.
71 Landndmabok (3. 1 29.
72 Kalund ( 1 907) ; Flowers ( 1 989), p. 34.
73 Moltke ( 1 984) , p. 493.
74 Grimm ( 1 880- 1 888) , vol. II p. 653; Bachtold-Sraubli ( 1 927- 1 942) , vol. III, p.
1 653.
75 Bachtold-Staubli ( 1 927- 1 942) , vol. III, p. 1 654.

Capitolo IX

1 Ptolemy, Geography (III. 5 ) .


2 Noonan T. S . , i n Ziedonis et a!. ( 1 974) , pp. 1 3-2 1 .
3 Giovanni Magno (IV.4).
4 Ibidem (IV. 5) .
5 Ibidem (V.2) .
6 Ibidem (Vl22) .
7 Gesta Hammaburgensis (II.30).
31O Storia dei pagani

8 Saks ( 1 98 1 ) , p.4 1 .
9 Heimskringla ( 1 .6) .
10 Enrico di Livonia (7. 1 ; 14. 1 -5); Sassone il Grammatico (XIV.40.3) .
1 1 Bartlett ( 1 993) , pp. 303-304.
12 Citato in Fisher ( 1 936), pp. 203-205 .
13 J.C. Robertson ( 1 874- 1 875) , vol. IV, p. 90.
14 Tacito, Germania (39) .
1 5 Sassone il Grammatico, 484-485.
16 Schuchhardt ( 1 926) , passim.
17 Christiansen ( 1 980) , p. 3 1 .
18 Albrecht ( 1 928) , pp. 45-56, fig. 6.
19 Resoconti dei Wends si trovano in Sassone il Grammatico; Vyncke ( 1 968) , vol. l, pp.
32 1 e ss.; Oavidson ( 1 98 1 ) , p. 1 23; e Pettazzoni ( 1 954), pp. 1 5 1 - 1 63.
2° Christiansen ( 1 980) , p. 32.
21 Neal Ascherson in Independent on Sunday, 1 9 settembre 1 993.
22 Cfr. Saks ( 1 98 1 ) .
23 Per esempio Adam o f Bremen, Gesta Hammaburgensis (IV.23) : "la terra chiamata
Semland, al confine con la Russia e la Polonia, ma abitata dai sembi o prussi"; Cronache
di Nestor tradotte da A.L.V. Schlozer, 1 802, p. 5 5 , citato in Saks ( 1 9 8 1 ) , pp. 25-26:
"Prussia - nazione a lungo conosciuta come Aestia, dove morì san Adalberto".
24 Tolomeo, Geography III. (5.2 1 ) .
25 Saks ( 1 98 1 ) , cap. l , passim.
26 Carston ( 1 954), p. 5 . .
27 Prutz H. Preu�ische Geschichte, vol. l, Berlin, 1 900, p. 40.
28 Bardett ( 1 993), p. 296.
29 Ibidem, p. 3 1 2; Christiansen ( 1 980) , p. 1 36.
30 Citato in Christiansen ( 1 980) , p. 1 37.
31 Zaprudnik J., in Ziedonis et a!. ( 1 974) .
32 ]urgela ( 1 948), p. 4 1 .
33 Vedi Wright C., «Pagans in Lithuania», The Wiccan, n . 1 0 1 ; <<A Special Correspond­
ent>>, <<Old Lithuanian Faith revived», The Wiccan, n. l 09; vedi anche le lettere personali
dalla Lituania.
34 Jurgela ( 1 948) , pp. 40-4 1 .
3 5 Per esempio Christiansen ( 1 980) ; Bartlett ( 1 993) .
36 Budreckis, A.M. (ed.) , Eastern Lithuania: A collection of historical and ethnographic
studies, Lithuanian Association of the Vilnius Region, 1 980, 1 985, p. v.
37 Janis ( 1 987) .
38 Rutkis ( 1 967) , p. 50 1 .
39 Velius ( 1 989) .
40 McCrickard ( 1 990) .
41 Rutkis ( 1 967) , p. 50 1 .
42 Janis ( 1 987) .
Note 31 1

43 Il paganismo baltico è descritto in Enthoven ( 1 937) , pp. 1 82- 1 86; Jurgela ( 1 948);
Gimbutas ( 1 963) ; Dunduliene ( 1 989); e Searle ( 1 992) , pp. 1 5- 1 7.
44 Wixman ( 1 993), p. 427.
45 Schefferus ( 1 704) .
46 Manker ( 1 968) , p. 39.
47 Rabane, Peter, «The Jiiri66 Mass Rebellion of 1 343>>, in Ziedonis et al. ( 1 974) , pp.
35-48; Christiansen ( 1 980), pp. 204-205 .
48 Saks ( 1 98 1 ) , p . 1 2.
49 Saga ofOlafTriyggvason 78, 79.
50 Gesta Hammaburgensis (IV. 1 6) .
51 Plinio (IV.90) .
52 Diodoro Siculo (II.47) .
53 Orosius, Life ofAlfred the Great, R. Pauli, London, 1 893, pp. 253-257.
54 Enrico di Livonia 24.8.
55 Moora e Viires ( 1 964) , p. 239.
56 McCrickard ( 1 990) , cap. 1 3 .
5 7 Manker ( 1 968) , p . 36.
58 Raudonikas ( 1 930) , p. 78.

Capitolo X
1 Descrizioni degli sciti si trovano in Erodoto e Plinio.
2 Dettagli da Fisher ( 1 936) .
3 Fisher ( 1 936) , p . 383.
4 La paroal lituana balta significa "bianco", da qui la traduzione di Russia baltica in
"White" Russia: Russian belo.
5 De Russorum, Moscovitorum et Tartarorum Religione, Sacrificiis, Nuptiarum, Funerum
ritu ( 1 582) .
6 Fisher ( 1 936) ; Cambridge Medieva/ History, vol. I V ( 1 966- 1 967) .
7 Ciò che segue è preso da McCrickard ( 1 990) , cap. 9.
8 Resoconti del paganesimo russo sono disseminati in varie opera su sciamanesimo,
totemismo, ecc. Qualche informazione si trova in J.C. Robertson ( 1 874- 1 875), vol. V,
cap. 7.
9 0ddo ( 1 960) .
10 Gunda ( 1 908) , pp.4 1 -5 l.
1 1 Erodoto (IV.33) .
12 Leicht ( 1 925), p. 249.
13 Beza ( 1 920) , passim.
1 4 Trombley ( 1 993) , cap. l, passim.
15 Ibidem, pp. 98-99, 1 47- 1 68.
16 Cambridge Medieval History, vol. IV ( 1 966- 1 967) , p. 44.
17 Bibliotheca, codex 239.
312 Storia dei pagani

18 Rodd ( I 892) , p. 58, traduzione non attribuita.


19 Ibidem, p. 1 4 1 , ma vedi anche i commenti in Trombley ( 1 993) , p. 98, n. 4.
20 Rodd ( 1 892) , pp. 1 48- 1 49.
21 Ibidem, p. 1 39.
22 Ibidem, pp. 1 38- 1 40.
23 Ibidem, p. 1 1 6.
24 Chuvin ( 1 990) , pp. 1 -2.

Capitolo XI
1 Bartlett ( I 993) , p. 236.
2 Vesey-Firzgerald ( 1 973), p. 7.
3 Ibidem, pp. 30-3 1 .
4 Ibidem, p. 207.
5 Liégeois ( 1 986) , passim.
6 Pizan (I 489).
7 Borsi ( 1 989), p. 96.
8 Valturio, Roberto, De Re Militari, vol. XII, Paris, 1 532, p. 1 3 .
9 Ricci ( 1 925), pp. 1 66- 1 99.
10 Notizie personali degli autori, e cfr. Hutton ( 1 99 1 ) , n. 37, p. 370.
1 1 Scarre ( I 987) , p. 1 9.
1 2 Per esempio Levack ( 1 987) , p. 2 1 , con 60,000 morti in due centenari, and Hutton
( 1 99 1 ) , n. 37, p. 370, che parla di 40,000.
13 Citato in Scarre ( 1 987), p. 20.
14 Levack ( 1 987) , p. 1 2; Scarre ( 1 987) , pp. 27-28, 53.
1 5 Arntz (I 935), p. 268.
16 Flowers ( I 989) , passim.
17 Vedi Cohn ( 1 975), cap. 9 e 1 0, riguardo alla trasformazione della magia in
stregoneria.
1 8 Cohn ( 1 975), pp. 232-233.
19 Runeberg ( 1 947) , p. 239.
2° Cohn ( 1 975), pp. 1 6 1 - 1 62.
21 Scarre (I 987), p. 22, table l , p. 2 5 .
22 Anthony ] . , <<A guide to tokens and allied "coins">>, Coin Year Book, Brentwood, Nu­
mismatic Publishing Company, 1 992, pp. 70-72.
23 Piggott ( 1 968) , pp. 1 78- 1 79.
24 Citato in Scott WS., The Athenians, London, Golden Cockerel Press, 1 943, pp. 43-
44.
25 Scott WS., ed. , Shelley at Oxford, London, 1 944, p. 6 1 .
26 Merivale ( 1 969) , p. 64.
27 Walter ( 1 98 1 ) , p. 9.
28 Carpenter ( I 906) , pp. 46-47.
Note 313

29 P Green ( 1 959), p. 252.


30 Ibidem, pp. 1 39- 1 47.
3 ' Eric Gill a William Rothenstein, 5 dicembre 1 9 1 0, Clark Library, University of Cali­
fornia, Los Angeles.
32 Clark ( 1 947) .
33 Hayhurst, Yvonne, «A recent find of a horse skull in a house at Ballaugh, Isle of Man>>,
Folk Lore, vol. I OO, n. I , 1 989, p. l 05.
34 Bracelin ( 1 960) , pp. 1 53- 1 54.
35 Spence (n.d., 1 94 1 ca.) , p. 43.
36 Hitler's Secret Conversations, 1941-1944, N. Cameron and R.H . Steven, London,

1 953, p. 5 1 , citato da Yeowell ( 1 993) , p. I O.


37 Yeowell ( 1 993) .
38 Odinic Religion Bulletin, n. 40, novembre 1 984, p. 8.
39 Notizie da John Yeowell e Ralph Harrison sul rito di Odino, Dr Ronald Hutton of
the University of Bristol.
40 The Moot Horn, n. l , septembre 1 992, p. 2.

Postfazione
1 Cfr. D. Cowan, Cyberhenge. Modern Pagans on the Internet, Roudedge, New York e
London 2004.
2 F. Dimitri, Neopaganesimo. Perché gli dèi sono tornati, Castelvecchi, Roma 2005, p.
I O.
3 Oltre al succitato studio di Dimitri ed alla relativa bibliografia, si consulti anche R.
Hutton, Triumph ofthe Moon. A History ofModern Pagan Witchcraft (Oxford University
Press, Oxford 1 999), ma anche l'accattivante e fashionable raccolta di interviste Modern
Pagans: An Investigation ofContemporany Pagan Practices (V Vale e J. Sulak, Re-Search,
San Francisco 2006) , che mostra uno spaccato inedito e molto interessante del Neo­
paganismo negli States. Di un certo interesse, anche perché scritto con spirito critico
ma allo stesso tempo da un'ottica neo pagana, il libro di F. Faraoni, Il Neopaganesimo. Il
risveglio degli dèi (Aradia, Brescia 2006)
4 Prudence Jones è stata President ofthe Pagan Federation ed un membro di spicco della
Association of Professional Astrologers; la sua opera più importante è Creative Astrology.
Experiential Understanding of the Oroscope (Capa!! Bann, Milverton 2000) . Nigel Pen­
nick è invece un biologo prestato all' occultismo, autore, tra le altre pubblicazioni, di
Runic Astrology (Capa!! Bann, Milverton 1 995) e The Oracle ofGeomancy (Capa!! Bann,
Milverton 1 997) . Capa!! Bann è il più importante editore inglese di astrologia, esoteri­
smo e "stregoneria".
5 Quello che state sfogliando è un libro religioso ben prima di essere un libro sulla re­
ligione. Esso è uno prodotto culturale di una determinata temperie culturale - quella
del Neopaganesimo - e dunque un oggetto di studi per lo storico delle religioni, più che
uno strumento.
314 Storia dei pagani

6 Giustino, Prima Apologia (5-6) .

7 Tertulliano, Apologeticum, (XXlV, 3-6) .


8 Agostino, Retractationes, (II, 43) .
9 Traggo il testo e la traduzione in inglese da B. Thorpe, Ancient Laws and lnstitutes of
England (vol. I , Londra 1 840, p. 379) . Il lettore accorto ricorderà di aver già incontrato
questo esemplare brano (a p. 205, precisamente) , che per la sua rilevanza non ho rite­
nuto inutile citare nuovamente.
10 Ci t. J. Le Goff, La naissance du purgatoire, Gallimard, Parigi 1 98 1 .
1 1 Su questo tema molto visitato dalla storiografia, ancora imprescindibili sono i nume­
rosi studi di Eugenio Garin (qui ricordo solo: La cultura del Rinascimento, Il Saggiato re,
Milano 1 988) e di Pau! Oscar Kristeller (La tradizione classica nel pensiero del Rinasci­
mento, La Nuova Italia, Firenze 1 969) . Per una disamina di tematiche più in linea con
quelle di questo saggio, invece, si veda Paola Zimbelli, L'ambigua natura della magia.
Filosofi, streghe, riti del Rinascimento (Il Saggiatore, Milano, 1 99 1 ) .
1 2 Gli studiosi che si sono occupati e che si occupano di stregoneria sono legione. La bi­
bliografia sul tema è oceanica, e nessuno seriamente intenzionato ad interessarsi a que­
sto tema troverà difficoltà a reperire delle buone pubblicazioni. Qui ricordo alcuni tra
gli studi più diffusi, aggiornati e significativi, senza citare i classici, una buona parte dei
quali sono segnalati nell'ultimo capitolo di questo libro: alcuni bei lavori di B. P. Levack
sono stati tradotti in italiano; valido l'esperimento di J. Barry, M. Hester, G. Roberts (a
cura di) , Witchcraft in Early Modern Europe: Studies in Culture and Beliif (Cambridge
University Press, Cambridge 1 998) . Tra la letteratura italiana, non si può non citare
l'agile libro di Fabio Troncarelli, Le streghe (Newton Compton, Roma 1 983) , il bel
libro di Carlo Ginzburg l benandanti, (Einaudi, Torino 1 966) ed il suo molto dibattuto
"seguito", l'ormai classico Storia notturna. Una decifrazione del sabba (Einaudi, Torino
1 989) , che ad un'erudizione e a una capacità di sintesi notevoli affianca affascinanti tesi
che definire audaci è il meno che si possa fare. La maggior parte della bibliografia di
riferimento si trova negli studi citati.
1 3 Cfr. Dario Sabbatucci, Sommario di storia delle religioni, Bagatto Libri, Roma 1 99 1 .
1 4 Cfr. J.J. Bachofen, Das Mutterrecht (Il Matriarcato), Stoccarda 1 86 1 ; M . Gimbutas,
1he Civilization ofthe Goddess: 1he World oJOld Europe, Harper & Row, San Francisco
1 9 9 1 e M. Gimbutas, 1he Language ofthe Goddess, Harper & Row, San Francisco 1 995;
ma anche M. Stone, When God Was a Woman, Barnes & Noble, New York 1 976 e L.
Rangoni, La grande madre. Il culto del femminile nella storia, Xenia, Milano 2005. La
Rangoni è la più celebre wiccan italiana, autrice di una vasta bibliografia su pressoché
ogni argomento concernente magia, stregoneria, erbe magiche e cucina.
1 5 Cfr. il bel libro di C. Eller, 1he Myth ofMatriarchal Prehistory: Why An lnvented Past
Will Not Give Women a Future (Beacon Press, Boston 200 1 ) , che abborda il problema
da un punto di vista sociologico, e N. Mapelli, «L invenzione di Madre Terra. Natura,
religioni e colonialismo simbolico>>, in A. Cerri, N. Mapelli, D. Visca, Oltre il New Age.
Ilfuturo della religione e le religioni delfuturo (Bulzoni, Roma 2008) , che invece lo fa da
un punto di vista generalmente antropologico. Per un'analisi di carattere storico, invece,
Note 315

s i attenda l a pubblicazione degli atti del convegno «Storia delle Religioni e Archeologia»
tenuto a Roma nel giugno del 2008, in cui sarà presente il contributo di Paola Pisi «Il
mito della Grande Madre>>.
16 Cito dalla voce "naturà' del Grande Dizionario della Lingua Italiana (Utet, Torino) : «
Complesso degli esseri animati ed inanimati, delle forze, dei fenomeni e delle relazioni
che costituiscono l'universo, considerato come totalità organica in divenire regolata da
leggi intrinseche [ . . . ] >>.
17 (III, 398-425).
18 (39, 2) .
19 Cfr. A. Brelich, Ilpoliteismo, Edizioni dell'Ateneo, Roma 1 95 8 .
20 G. Piccaluga, Terminus. I segni di confine nella religione romana, Edizioni dell'Ateneo,
Roma 1 974.
21 Ecco una breve lista degli elementi che caratterizzano l'approccio all'ambiente dell'ide­
ologia del libero mercato: l'uso di più risorse di quante siano disponibili e rigenerabili
sulla terra al fine di accumulare masse di beni che sono per la maggior parte futili, per
giunta prodotti e distribuiti con metodi invasivi e - quelli sì - selvaggi; un borioso e
miope antropocentrismo, incurante della biodiversità e del fondamentale diritto di ogni
essere vivente alla sopravvivenza; l'infausta e suicida tendenza ad occupare tutti gli spazi,
a ritenere l'uomo custode e padrone del pianeta, rendendolo in questo modo sempre
più inospitale, e brutto.
22 In Italia esistono dozzine di edizioni di L'etica protestante e lo spirito del capitalismo (M.
Weber, Die Protestantische Ethik und der Geist des Kapitalismus, Munaco 1 904- 1 905).
23 Sull'analisi differenziale - anche sincronica e non necessariamente legata ad esigenze
interpretative che si muovano sul piano diacronico - delle diverse culture e sui rapporti
tra storia, cultura ed interazione dei gruppi umani tra loro e con l'ambiente circostante,
ancora attuali ed illuminanti sono i due saggi di Claude Lévi-Strauss Race et histoire (in
Anthropologie structurale deux. Librairie Plon, Parigi 1 973) e Race et culture (in Revue
internazionale des sciences sociales, n. XXIII, vo. 4, 1 97 1 , UNESCO) .
24 F. Dimitri, op. cit. , p. 78.
25 Mircea Eliade, Occultismo, stregoneria e mode culturali. Saggi di religioni comparate,
Sansoni, Milano 2004 [trad. it. di Occultism, Witchcraft and Cultura! Fashions, The
University of Chicago Press, Chicago 1 976] , p. 63. Alle parole di Eliade sul carattere
intrinsecamente critico ed alternativo del "coinvolgimento nell'occulto" in Occidente
sembrano far eco queste righe, scritte trent'anni dopo nel già citato libro di V. Vale e
]. Sulak: « Paganism is the perfect religion for anarchists. lt also suits feminists, envi­
ronmentalists, futurists, artists, surrealists - all who dream of social change, live for
creativity, not for the profìt motive, and hate dogma and authoritarianism >> (Modern
Pagans, p. 7) . I.:accento che lo studioso americano contemporaneo pone sull'indole
contestataria, politica ed "eversiva" dei seguaci del "Paganism" è probabilmente dovu­
to ai differenti sviluppi del Neopaganesimo (e della controcultura) negli Stati Uniti
d'America negli anni '80 e '90.
26 Eliade, op. cit. , p. 65
Tempio druidico a Avebury, Inghilterra
Biblio grafia

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[Impero Romano al tempo della sua massima espansione


332 Storia dei pagani

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Il Baltico e l'Europa centrale dal X al XII secolo


Indice dei nomi

aborriti, popolo 2 1 9 angli, popolo 1 44, 1 57, 1 70, 1 74


Absolom, arcivescovo 2 1 9 Anna, santa 1 46
Accademia di Atene 74, 76, 259 Annibale 5 1 , 7 1 , 79, 1 1 6, 1 32
Accademia Imperiale delle Scienze 225 Ansters, John 1 46
Adalberto, vescovo di Praga 222 Antioco di Ascalone 76
Adamo di Brema 26, 1 66, 2 1 6, 232 Apollonio di Filostrato 96
Adriano, imperatore 90, 1 32 Apollonio di Tiana 9 1 , 77, 9 1
Agamennone 1 2 1 Apuleio, Lucio 84, 1 62, 279
Agostino di Duccio 257 Arbogast 1 3 9
Agostino, missionario romano 1 43, 1 72 Arderyd, battaglia d i 1 44
Agostino, santo 1 06- 1 07, 1 09, 288 ariani, popolo 1 0 1 - 1 02, 1 05 , 1 08, 1 1 1 ,
Al-Ghazali 203 1 32, 1 42, 1 75 , 256
alani, (as o asii) popolo 1 63, 1 85 , 237- Arianna, figlia di Minosse 17
238 Aristofane 3 1 , 35, 73, 243
Alarico l, re dei goti 43, 10 l, l 05- 1 06, Aristotele 39, 74, 1 08
1 1 0, 1 40, 243 Armenidi 284
Alarico Il, re 1 75 Arnarson, lngulf 1 98
Alberto di Brema, vescovo 222 Arpad, re magiaro 242
Alberti, Leon Battista 257 AsatrU 280-28 1 , 286
Alemanni, popolo 1 33, 1 37, 1 6 1 , 1 7 1 , Athil, re 206
1 75 Attila, re 17 5
Alessandro Magno (il Macedone) 39-40, Aubrey, John 27 1
74, 83, 1 1 6, 243 Aud, moglie del re di Dublino 1 79
Alessio I di Bisanzio 248 Augusto, imperatore 57, 79-83, 90, 93,
Alfredo il Grande 1 80 1 1 7, 1 33
Allecto 1 37 Aureliano, Ambrosio 1 42
Ammonio di Alessandria 9 1 Aureliano, imperatore 92, 97, 1 56
Anco Marzio 49 Aurinia, profetessa 1 59
Anderson, James 1 52
Andrew, J.B. 1 06 Bachofen, Johann Jacob 293
334 Storia dei pagani

Bacon, Roger 256 Capella, Marziano l 07-l 08


basileus 56 Caracalla, imperatore 1 27
Basilio, santo 247 Caratacus 1 23
Basinio da Parma 257 Carausio 1 37
Battaglia di Stiklastad 2 1 1 Carlo II d'Inghilterra 259
Beda (il venerabile) 1 67 Carlo il Semplice 1 80
Beiloknazi (sacerdoti bianchi) 24 1 Carlo IV, imperatore 1 88
Béla IV, re magiaro 242 Carlo Magno, imperatore I I I , 1 5 8,
Bellini, Vincenw 27 1 1 73- 1 74, 1 76- 1 80, 1 83, 1 96- 1 97,
Beltane (Cétshamhain, l maggio) festivi- 2 1 8, 242
tà 1 29- 1 30, 1 69 Carlo VI, imperatore 255
Bertoldo, vescovo 222 Carlo VI , imperatore 255
Bibbia 244, 246 Carneade 74, 76
Blake, William 270 Carpenter, Edward 274
Boezio 1 08 cartaginesi, popolo 4 1 , 1 1 6, 1 32
Bogliouski, Andrew 239 Cartimandua, regina 1 34, 1 40
Bonifacio, vescovo di Northumbria I l O Cassiodoro 1 08, 23 1
Bonifacio, vescovo di York 1 77 Catone 44, 5 1 , 57, 1 1 7
Boudicca 1 23, 1 28, 1 33- 1 34, 1 40 Catullo 1 1 7
Bretoni, popolo 1 1 9, 1 28, 1 42, 1 63, cavalieri della Spada 222
1 79 Celso I O, 9 1 , 93
Brigida, santa 1 30, 1 43 Censorino 49
Brooke, Rupert 277 Cesare Costanzio 1 38
Bryddod, Philip 27 1 Cesare di Arles 209
Brynhild, regina 1 75 Cesare, Giulio imperatore 49, 63, 66,
buddismo I I 79, 82, 97, 1 02, 1 1 9, 1 2 1 - 1 22, 1 26,
burgundi, popolo 1 75 1 28, 1 32- 1 33, 1 5 5 , 1 59, 1 62, 208-
Burkert, Walter 37 209,
Bysshe Shelley, Percy 273 Chaney, William A. 1 73
Chaucer, Geoffrey 200
Cabala 77, 247 Chauvin, Pierre 250
Caedwal Il, re 1 72 Chi Rho, segno 97-98, 1 43
Caligola, imperatore 82 Churchill, Winston 27 1
Cambry, Jacques 27 1 Cicerone 43-44, 56, 63, 66, 76-77
Campbell, J.H. 1 26 Cirillo e Metodio, emissari romani 246
Canaan, terra di 1 6 Claudio, imperatore 4 1 , 46-47, 52, 82,
canaaniti, popolo 1 6, 22 1 23 , 1 33, 1 79, 288
Candlemass (2 febbraio) , mercato 1 69 Clerk, James 269
Cannegeiter, Henrik di Arnhem 1 90 Clodoveo, imperatore 1 56, 1 7 5
Canuto, re 1 74, 1 80, 1 84, 207-208, 288 Cloro, Costantino 96
Indice dei nomi 335

Cohn, Norman 266 dori, popolo 2 1 -23, 28, 33


Commodo, imperatore 86 druidismo 1 2, 270-273, 28 1
Concilio di Celchyth 1 88 Duguesclin, Bertrand 1 89
Concilio di Nicea 99
Concilio di Toledo (terzo) 1 43 Easg Siant (pesci santi) 1 50
Conford, Francis 277 ebrei, popolo 90, 1 1 3, 253-254, 257,
Cooke, William 27 1 270, 289, 296
Costantino, imperatore 47, 96- 1 0 1 , Ecfrith di Northumbria, re 1 77
1 37- 1 39, 1 8 1 , 1 83, 1 9 1 Edgar, re 207
Costanzo, imperatore l 02 Editto di Rotari 202
Crisostomo, Giovanni l 04 Edwin di Northumbria, re 1 72
Cristianesimo 9, I l , 87-88, 90-9 1 , 94, Ekaterinoslav 1 74
1 00- 1 0 1 , 1 03, 1 09- 1 1 0, 1 1 2, 1 20, Ekkehard III 1 88
1 37- 1 39, 1 4 1 - 1 43, 1 67, 1 69- 1 72, Elagabalo (El Gabel, Eliogabalo) 92
1 77- 1 85, 1 92, 1 99, 206-208, 2 1 3, Elena, moglie di Cesare Costanzio 1 38
220-225 , 23 1 , 238-239, 244, 246, Eleuterio, santo 249
248, 25 1 , 253, 256, 262, 265, 269, Eliade, Mircea 299
273, 279, 285, 287-288, 29 1 -293, Eligio di Noiona 1 70
299 Ellis Davidson, Hilda 206
cumani, popolo 222, 242 Emilio Paolo 84
Enrico di Livonia 2 1 6, 234
Daia, Massimino 96-97, 1 02 Enrico I di Sassonia 242
Davies, Edward 27 1 Enrico II d'Inghilterra 2 1 3
De haruspicum responso 56 Erachtheus 2 1 -22
de La Tène, cultura 15 5 Erik di Danimarca, re 1 82
de Pizan, Christine 257 Erik il Vittorioso 2 1 6
de Vries, Adrien 259 Ermanerik, condottiero 2 1 6
Dedalo 1 5 Erodiano 1 25
Detdic e Dierolf, capitani frisoni 1 77 Erodoto 2 1 , 84, 1 58, 2 1 5 , 243
Dimitri, Francesco 284, 299 Eschilo 29-3 1 , 34, 38
Dimmer, Nicolas 272 Esioso 20-22, 33
Diocleziano, imperatore 93-98, 1 0 1 , Eugenio, imperatore 1 04- 1 05 , 1 3 9
1 37 Euripide 2 3 , 73
Diodoro Siculo 233 Evans-Wentz, WY. 1 5 1 - 1 52
Dione Cassio 1 1 9, 1 27
Dionigi di Alicarnasso 42, 57 Fabius Pictor 52
Dionigi l'Aeropagita 77, 247 Fairhair, Harald 205
Dionisio di Siracusa 1 1 6 Fatuae (o Fatidicae) 1 46
Dittmar, vescovo di Merseburg 228 Federico da Montefeltro 257
Domenico di Guzman 256 fenici, popolo 4 1 -42, 1 3 1
336 Storia dei pagani

Ffynnon Elian, Jac 1 50 Giuliano, cugino di Costanzo


Filimer, re 1 59, 202, 2 1 6 Imperatore l 02
Filippa, regina 2 1 4 Giuliano, Flavio Claudio, imperatore
Filone di Megara 77 67, 1 02- 1 05 , 1 38- 1 39, 288
Filostrato 96 Giuseppe di Arimatea 2 1 3
Flamen Dialis 56-57 Giustiniano, imperatore 1 07, 1 1 1 , 1 33,
Flavia Frigida, battaglia 1 39 1 56
Floriano, santo 229 Giustino di Palestina 287
Forth, Tasman (A.R. Milis) 280 Glossario di Cormac 1 2 5
Francesco di Assisi, santo 289 Goethe, Johann Wolfgang 29 1
franchi, popolo 1 1 1 , 1 33, 1 39, 1 42, Gormsson, Harald 1 84, 1 9 1
1 44, 1 56, 1 7 1 , 1 73- 1 78, 1 80, 2 1 8, Goscomb, John 272
224, 242 goti, (visigoti, ostrogoti) popolo 9 1 ,
Jrates arvales 6 1 1 05 - 1 06, 1 08- 1 09, 1 1 1 , 1 1 7, 1 33,
Fratres Militiae Christi 222 1 37, 1 42, 1 44, 1 56- 1 57, 1 59, 1 6 1 -
Frazer, James 277-279 1 63, 1 67, 1 75 , 1 78- 1 79, 1 83, 1 95 ,
Frederick William I 255 202-203, 2 1 5-2 1 6, 22 1 , 238, 243,
265
Galerio, imperatore 95, 98 Gotrijk, condottiero 2 1 6
Gallieno, imperatore 93 Gotrik, re 1 83
Gallo, cugino di Costanzo Imperatore Gottschalk, re 2 1 8
1 02 Grahame, Kenneth 274
Ganna, veggente 1 59 Grange, Benty 206
Gardner, Gerald 279, 286 Graziano, imperatore l 03
Garland Sunday, festività 1 52 Green, Peter 274
Georg II, elettore 255 Gregorio di Nissa 254
Gerolamo, santo l 09 Gregorio di Tours 1 95
Gertrude, santa 1 69 Gregorio I, papa 1 09, 1 1 2
Gesù Cristo 77, 84, 89, 98, 1 0 1 , 1 1 0, Gregorio III, papa 1 88
1 70, 1 76, 1 97, 2 1 2 Gregorio, santo 247
Giambologna, pittore 259 Grimm, fratelli 276
Gildas 1 42- 143, 1 72 Grimm, Jacob 209
Gimbutas, Marija 293 Guardia Varangiana 238
Giorgio, santo 229 Gudimin e Olgerd, capi lituani 239
Giovanni Magno 2 1 6 Gudimin, re 224
Giovanni, re d'Inghilterra 1 88, 2 1 3, 2 1 6 Guglielmo il Conquistatore (Roberto il
Giovanni, santo 1 7 1 , 253 Diavolo) 1 80
Giuda Maccabeo 88 Gundahar, re 1 7 5
Giulia Domna (moglie di Settimio Guthrum, Earl 1 80
Severo) 9 1 Gwendolleu, re 1 44
Indice dei nomi 337

Hael, Rhydderch 1 44 Jagellon I di Lituania 239


Hakon, il Buono 1 70, 1 8 1 Jarke, Karl-Ernst 265
Hallstat, cultura 1 1 5- 1 1 7, 1 5 5 Jefferson Hogg, Thomas 273
Haraldson, Olaf 1 82 Jeffries, Richard 1 9 1
Harrison, Jane Ellen 277 J6msviking, comunità 1 84
Hartjìeld, battaglia di 1 72 Jordanes, storico 1 56, 1 6 1 - 1 62, 2 1 6
Heiden (Heidenjachten, zingari) 254- Jung, Carl Gustav 2 1 0
255 Jiirioo Mass, rivolta della 23 1
Heidenkirchen (chiese pagane) 2 1 1
Helgi il Magro 2 1 2 Kalita, Ivan 239
Hengist e Horsa 1 42 Kasimir, Friedrich 1 89
Herkomer, Hubert 272 Keinnrifi, Eyvind 1 82
Hermann (Arminius) condottiero 1 73 Kelde, Eyvind 1 82
Hess, Rudolf 280 Kermode, William 276
Hilditonn, Harald 203 Kertingern, missionario 1 44
Himmler, Heinrich 280 Keysler, Johann G. 269
Hipparchos 24 Khanato dell'Orda d'Oro 239
Hitler, Adolf 279 Kirk Sessions 1 48
Hoetger, Bernhard 276 Kraki, Hrolfs Saga 204-205
Holinshed 200 Krum, re bulgaro 245-246
Holland Smith, John 97 Kugu Sorta, movimento 23 1
Horn Dance 209 Kurt, re bulgaro 245
Hring, Sigurd 203
Hunt, Leigh 273 I.:Estrange Ewen C., 266
Hurle, Henry 27 1 Ladislav IV, re ungherese 242
Landndmabok {registro stanziamenti
Ibn Fadlan 1 87- 1 88, 233 islandesi) 1 64
Ierocle, governatore di Bitinia 96 Landvoettir {spiriti della terra) 1 64
Imbolc (l febbraio) festività 1 30, 1 43 lararium 54
Inge il Vecchio 1 85 Lares fomiliaris 54
Ingimund il Vecchio, re 235 Lasicius, Johannes 62
Innocenw II, papa 256 Lasisius Oàn Lasicki, vescovo) 229-230,
Inquisizione 256, 264, 289 240
lnterpretatio romana 1 27, 1 58, 1 62, 1 93 Lattanzio 97
Ipparco d'Atene 37 Lawrence, D.H. I O
Ippolito 253 Le Fustec, M. 272
Irish Folklore Commission 1 53 Le Goff, Jacques 289
Istaevoni, popolo 1 5 8 lectisternium, banchetto 7 1
Ivan il Grande 240 Lepido, imperatore 79
Lex Domitia 65
338 Storia dei pagani

Lex Olgunia 65 Merope 1 74


Libanio 1 04- 1 05 Merovingi 1 42, 1 74- 1 75 , 1 77
Libri Sibillini 50-5 1 , 62, 68, 70-7 1 , 1 06 Meyrich, Samuel Rush 27 1
Licinio 96, 99 Mhor-Ri, antichi riti 1 47- 1 49
Livio, Tito 48-49 micenei, popolo 1 5 , 20-2 1 , 23-24, 28
Lodbrok, Ragnar 1 80, 1 83 Miezsco l , principe 2 1 8
Lohtra, Ruadhandi 1 43 Mindagaus 224
Enrico di Dublino, arcivescovo 1 43 Minosse 1 5, 17, 1 9
longobardi, popolo 1 1 1 , 1 56 Mitchell, A. Sir 1 49
Love Peacock, Thomas 273 Mone, Joseph Franz 265
Lucano 1 1 9, 295 Morcant, re 1 44
Luciano 1 6, 25-26 Morgannwg, Iolo (Edward Williams)
Lucrezio 75 270, 272
Lughnasadh (Bron Trograin, l agosto) Morris, William 274
festività 1 30 Mostrarskegg, Th6r6lf 1 66
Lupercalia, cerimonia 6 1 , 67 Mostrarskegg, Th6r6lf 1 66, 1 98
Mozart, Wolfgang Arndeus 243
Mackenzie, Cirstaine 1 48 Murray, Colin 27 1
Magnenzio 1 0 1 - 1 02, 1 38 Murray, Margaret 265-266, 278-279
Magno Massimo, imperatore 1 44 Mussolini, Benito 45
Malatesta, Sigismondo 257
maleficium (stregoneria) 264 Naharvali, popolo 1 62
Mani, maestro persiano 92 Nerone, imperatore 88, 98
mantis, vedi sciamano Niall l 4 1
Maometto 1 1 1 - 1 1 3 Nicophorus, imperatore 245
Marby, Friedrich Bernhard 280 Numa Pompilio 49
Marco Antonio, imperatore 80 Nyklot, duca 2 1 9
Marco Aurelio 76
Marco Postumo 1 3 7 Omero 20-26, 1 2 1
Martin, Martin 269 on-ugri (popolo delle dieci frecce) 242
Martino di Braga 1 1 O Ono rio, imperatore l 06
Martino, santo 1 1 9, 1 32, 1 39, 1 67- 1 69 Ordine Teutonico 222
Massenzio 97, 1 38 Origene 254
Massimo di Tyre 1 3 5 Ota, moglie di re Turgeis 1 90
Masyas, re 1 59 Ottaviano, imperatore 79, 84
May Eve, celebrazione 265 Otto di Bamberg, missionario 220
McCrickard, Janet 240 Otto l , imperatore 1 76, 1 90, 2 1 8
Mecklenbur, vescovo 2 1 8 Ottone I 242
Mellito, assistente di Agostino 1 72 Ovidio 53, 67
Mendelssohn 265
Indice dei nomi 339

Paolo, santo 1 72, 247 Rebold, re 1 77


Parys Mine Company 269 Redegais, scita l 06
Patrizio, santo 1 1 9, 1 4 1 , 1 5 1 Reuter, O.S. 2 1 0
Patrodo 1 2 1 Rex nemoremis 60
Pausania 25-26, 35, 38 rex sacrorum (regina sacrorum) 45, 56,
Pax Augusta 56, 80 60
Pax deorum 56, 63, 297 Rhys ap Grufydd 27 1
Pax Romana 56 Rhys, John 1 49
Penda, re 1 72 Riccardo di Devizes 2 1 3
Pennant, lhomas 1 48- 1 49 Robertson, J.C. 248
Persefone 3 1 -32, 70 Rodd, Rene!! 248-249
Petrarca 208 Romolo 49, 52, 57-58
Phoronis 36 Roselius, Ludwig 276
Photius, patriarca 247 Rowlands, Henry 269
Piccaluga, Giulia 296 roxolani, tribù 237
Piccola Cumania (enclave etnico pagano) Runeberg, Arno 265
242 Ruric, condottiero svedese 238
Piers, Alice 2 1 4 Rus (vichinghi svedesi) 1 84, 1 87- 1 89,
Pio II, papa 257 2 1 6, 233
Pipino I d'Aquitania 2 1 8 Rysbrack, John Michael 26 1
Pipino, re 1 77
Pitagora 74 Sabbatucci, Dario 292
Platone l O , 1 9, 29, 34, 38-39, 76 Sacro Romano Impero 1 3, 1 1 1 , 1 76, 2 1 5 ,
Plinio 1 22, 1 5 8, 1 93, 1 95 , 1 97, 233 218
Plotino 9 1 -92 Saga di Erik il Rosso 2 0 l
Plutarco l O, 24, 52, 68, 1 07, 206 Saga di 0/afil Santo 1 69, 2 1 1
Polibio 46 Saga di Viga-Glùm 1 95
Porfìrio 9 1 , 93 Saga Njd/ 1 83
Poseidonio 1 23 Saga Orval-Odds 20 l , 205
Praetorius, Matthaus 230 Samhain (l novembre) festività 1 28-
Priapo 37 1 30, 1 5 1 , 1 67, 1 70
Price di Uantistat, William 273 Sammes, Aylett 269
Procopio 2 1 5 samogizi, popolo 2 1 6, 224, 228-229
Pseudo-Dionigi l'Aeropagita 77 sarmati, tribù 1 95 , 237-238
Sàssone Grammatico 2 1 6
Raedwald, re 1 76 sassoni, popolo 1 42- 1 44, 1 57, 1 64,
Raffaello (Sanzio) , pittore 259 1 7 1 - 1 77, 1 80, 1 90- 1 9 1 , 1 97, 2 1 8-
Raoult, Michel 27 1 2 1 9, 242, 255, 26 1
Raud, il forte 1 82 Saturnalia, cerimonia 60, 67, 1 1 0- 1 1 1 ,
Raverat, Gwen 277 1 70
340 Storia dei pagani

Saxred, Sigebert l, Sewald, figli di Sebert Syagrius, condottiero 1 75


1 72
Scaldaspiller, Eyvind 1 82 Tacito 85, 92, 1 23, 1 32, 1 34, 1 44, 1 5 5-
Schefferus, Johannes 23 1 , 235 1 63, 1 67, 1 73, 1 95 - 1 96, 1 99, 2 1 5,
sciamano (sciamanismo) 27, 33, 1 46, 23 1 , 233
1 49, 1 6 1 , 1 63, 200, 206, 23 1 , 235, Tacito, Probo e Caro 92
24 1 -242, 266, 277, 290 Tages, figlio di Genius 44, 47
Scipione Emiliano 75 Talete 38
Scotkonung, Olave 1 8 5 Tarquinio il Superbo 50-5 1 , 68
Seachlainn, Mael 1 66, 1 96 Tarquinio Prisco, Lucio 47, 50
Seanchus Mor, leggi 1 4 1 Taylor, Thomas 273
Sebert, re 1 72 Telemaco 26
Sementivae, cerimonia 67 Teodosio, imperatore 1 03- 1 05 , 1 08,
semnoni, popolo 1 59, 1 6 1 , 2 1 9 1 33, 1 39
Servio Tullio 50, 60 Teofilo di Alessandria l 05
Settimio Severo 9 1 Tertulliano, Settimio Fiorente 9 1 , 287
Shakespeare, William 49, 200 theoi, spiriti 1 3 1
Sigrid la Superba 203 Thiota, veggente 1 59
Sigurd, re 1 8 5 Thompson, Henry 272
Silla 5 1 Thordis Spakona, sibilla 1 59
Simmaco l 03- 1 04 Thorgeirr, legislatore 1 83
Sinodo di Whitby l 09, 1 7 6 Thorhadd il vecchio, sacerdote 1 66
Siriano 1 07 Thorleif, veggente 1 82
Skegge, lron 1 82 Thorstein il rosso, figlio di Aud 1 79
Smith, Charles Hamilton 27 1 Tiberio, imperatore 82, 1 23, 1 33
Social Credit Party 274 Tille, storico 1 1 O, 1 70, 1 96
Socrate 38-39 Toland, John 270-27 1
Sopatro, sacerdote 99 Tolomeo I d'Egitto 40, 83
Spence, Lewis 279 Tolomeo, geografo 2 1 5
Steiner, Rudolf 280 Traiano, imperatore 46, 90, 1 32
Stilicone l 05- 1 06 Trattato di Christburg 2 1 7
Strabone 1 1 6, 1 1 9, 1 2 1 , 1 23 , 1 3 1 - 1 32 Tryggvason, Olaf 1 69, 1 82, 1 89, 2 1 6,
stregoneria 1 90, 1 99, 207, 262, 264, 232
278, 285, 289-290, 300, 3 1 3-3 1 5 Tullo Ostilio 49
Sturluson, Snorri 1 8 5 , 1 92 Turgeis, re 1 90
Styjokowski, Maciej 225
supplicatio, divinazione 70 Uriens, re 1 44
Svetonio Paolino 1 1 9, 1 33, 202
Swein, Harald 1 84, 203 Valdemar l, re 2 1 9
Switzer, Stephen 260 Valentiniano, imperatore l 04
Indice dei nomi 34 1

Valturnio, Roberto 257 Waluburg 1 59


Vizrgamor, veggenti 1 59 Wedmore, battaglia di 1 80
Varro 46-47 Weston, Jessie 278
Varrone 53 Wicca 1 2, 1 6 1 , 27 1 , 278, 28 1 , 284,
Vébjorg, paladina 203 286, 293, 297
Veleda 1 59 Widukind, condottiero 1 73
Vergine Maria 2 1 3, 26 1 , 274 Wilde, Oscar 274
Vespasiano, imperatore 1 59 Wilfrid, vescovo di York 1 77
vichinghi 1 7 1 , 1 78- 1 8 1 , 1 90, 1 96, 203, Williamson, Cedi 262
2 1 6-2 1 7 Wood, John il Vecchio 269
Vince Luna (eclissi d i Luna) festività 1 45 Woodcraft Folk 274
Virgilio 59, 1 1 7 Wulfstan di York, arcivescovo 208, 233
Vladimir di Bulgaria 238, 246
Volkhv (sciamano} 24 1 Yeowell, John 280
Vortigern, re 1 42 Ynglinsaga 1 70
Vulcatius, aruspico 49 Yule, festa 1 67, 1 70, 226
Vurschayten (sacerdoti) 229
Zaccaria, papa 1 77
Wagner, Richard 1 75, 275 zoroastriani 39, 87, 243
Waizganthos, festività 229 Zosimo, storico 80-8 1 , 95, 1 06
Pietra druidica in Persia in una stampa del 1 84 5
Indice degli dèi

Mrodite 23-24, 26, 3 5-36, 49, 59, 72, Atena 1 6, 20, 22-23, 26, 35
237, 278 Atesmiius 1 27
Ahura-Mazda 86 Attar 1 1 2
Ainee e Fennel 1 49 Attis 1 7, 83
Aisne (Axona) 1 1 8 Auguriellu (piccolo augure) 54
Akka 234-235 Ausceutus (Asklepios) 230
Akko 234 Auseklis {Ausrinè) 226
Al-Uzzah 1 1 2
Al'lat 1 1 2 Baal 1 6- 1 7
Albiorix {re del mondo) 1 27 Baba-Yaga 24 1
Ambisagrus (il persistente) 1 27 Baldur (San Michele) 2 1 1
Ana't 1 7 Barstuccae 230
Aneisidora 30-32 Béél 1 29
Antrimpas 228 Beino 1 46
Antrimpus 230 Belenos 1 29
Api 237 Belenus 1 2 5
Apis, toro divino 83 Bendis 243
Apollo e Latona 7 1 Bhairon, (Gora Bhairon, Kala Bhairon)
Ares 26, 72, 1 27, 243 27, 37
Argimpasa (Mrodite celeste) 237 bhootha, spirito inquieto 27
Artemide 23, 25, 35, 48, 60, 1 79, 243 Biegg-Olbmai 235
Artio 1 28 Boann 1 29
Artogeno 1 28 Brannogenos 1 28
Artù, re {anche leggenda) 1 42 Brenhines-y-nef 1 46
Asatrù 1 2 Brigida {Brighde, Bride, Brigantia) 1 43
Asclepio 99 Brigit 1 30
Ash ed Elm 1 57
Asherah 1 6 Caletos 1 27
Atargatis 1 6 Castore e Polluce (Castor e Pollux) 62,
Atargatis, vedi Era 70, 99, 1 62
344 Storia dei pagani

Caturix (re della battaglia) 1 27 Erodiade 2 1 1 , 244


Cerere 58, 67, 70, 72 Estia 24, 26, 54
Cernunnos 1 27
Charun 48 Falacer 5 8
Cù Chulainn 1 30 Fauno 5 5
Fortuna 60, 96, 99, 1 1 1
Daghda 1 29 Fosite 1 77
Darnona 1 28 Frey 37, 1 63, 1 89, 1 92- 1 95, 1 97- 1 98,
Dana, poppolo di (Tuatha de Danaan) 200, 206, 240
1 25 Freya 1 63, 1 92- 1 95, 200, 206, 2 1 1 -2 1 2
Darvel Gadarn 1 46 Frigga 1 92, 1 94, 2 1 1 -2 1 2
Dee (Deva) 1 1 8 Furrina 58
Demetra 26, 28, 3 1 -32, 3 5 , 70, 84, 1 23,
1 30, 249 Garmangabis 1 25
Dervonnae (folletti delle querce) 1 24 Gerovit 2 1 9
Devana (Ddiiwica, Dziewona) 24 1 Giano 36, 54-56, 66, 68, 80
Diana 50, 60, 7 1 -72, 1 09, 2 1 1 , 230, Giove 47, 50, 56-58, 6 1 -62, 66, 70, 72,
274 8 1 , 83, 85, 93, 1 00, 1 26- 1 28, 1 34-
Diana e Ercole 7 1 1 35 , 1 39, 1 4 1 , 145, 1 58, 1 68- 1 69,
Dievs 228 1 96, 2 1 2, 2 1 4, 260, 287
Dievturi 228 Giove Feretrio 58
Dioniso 1 8, 20 Giove Latiaris 62
Dis (signore dell'aldilà) 1 26 Giunone 47, 56, 58-6 1 , 63-64, 66, 72,
Dite (Plutone) 80 81
Dius Fidius, vedi Giove Grainne e Diarmat 1 27 .
Dogoda 240 Granno Febo 1 27
Domovoi (folletti della casa) 24 1 Gwein Teirbron 1 47
Dunatis (dio delle fortezze) 1 27
Hildisvìn 206
Eileitia 1 8 Horagalles (Thor, Tooru-Taara, Torym)
Emer 1 30 234
Enea di Troia 49, 59
Epona 1 24- 1 25 , 1 28 Irmin 1 73
Era 1 6- 1 7, 20 Iside 40, 83-85, 88, 1 0 5- 1 06, 1 09, 1 58,
Ercole 62, 7 1 , 93, l 04, 1 58, 1 96, 259- 243
260
Erisvorsh 240 Jahvè 1 6
Ermes 26, 36-38, 43, 63, 72, 80, 1 03- Jumala (Taevataat, Jumo, Inmar, Ibmel)
1 04, 1 95 234
Erodiade (Diana) 2 1 1 ]uras Mate 227
Indice degli dèi 345

Kali 1 2 Minerva 47, 6 1 -62, 72, 1 1 8, 1 27, 1 32,


Kalvaitis 227 1 35, 256-257
Khors (Dazhdbog) 240 Minotauro 1 5- 1 6
Kolyada 240 Mitra (mitraismo) 86-87, 92-93, 1 00,
Kronos vedi Saturno 1 02, 1 1 0, 1 27
Krukis 240 Moccos 1 27
Kupala 24 1 Monacello (piccolo monaco) 54
Kybele o Kabyle 243 Morena 24 1
Morrigan 1 29
Lada 24 1 Mullo 1 28
Laima 228 Muri 1 28
Lei-Olami, dio-renna 23 1 Myesyats 240
Leshy (spiriti del bosco) 24 1
Leucetius (dio dei fulmini) 1 27 Nektar, Neckinger 1 1 8
Liber e Libera 70 Nemet 1 1 8- 1 1 9, 1 24
Loky 1 92 Nerthus, madre terra 1 62- 1 63, 1 95
Lugh 1 30 Niskai (dee dell'acqua) 1 24
Lycurgos 226 Norne vedi Tre parche
Lytir 1 95 Nortia (Arthrpa) 47
Lytuvonis 227 Nuada Argentlàm 1 1 8, 1 4 1

Maan-Emo 234 Obin-murt 235


Macha 1 24 Odino 1 35 , 1 48, 1 52, 1 8 1 , 1 88, 1 92-
Majas kungs (Zemepatis, Zeminkas) 1 95, 1 97- 1 99, 20 1 -203, 209-2 1 0,
227 2 1 2, 234, 276, 279
Manannan 1 5 1 Odisseo 26
Manat 1 1 2 Oetosyrus (Apollo) 237
Mantus 48 Osiride 40, 83-85
Marcoppolus 230
Marte 49, 5 5-59, 68, 72, 1 24, 1 27, 1 35 , Pacollus 230
1 38, 1 6 1 , 260 Pallas, vedi Atena
Marte e Nerio 58 Pan (Pawajo) 20
Mehneiss {Mènueo) 226 Pandora 30-32, 72
Mercurio 62, 70, 72, 85, 1 04, 1 07, 1 1 9, Papaeus 237
1 27, 1 45, 1 58, 1 93 Pargnus 230
Mersey 1 1 8 Parom 24 1
Metsik e T6nn 235 Penninus (Poeninus) 1 2 5- 1 26
Mhor-Ri, (San Maree, Mourie, Mael­ Pergrubius 229
rubha) 1 47 Perkunas (Pehkons, Perun, Varpulis)
226
346 Storia dei pagani

Pernun 240 Striborg 240


Perun 240 Svaixtix 226
Perun-Ares 1 27 Svantovit 2 1 9
Phol 2 1 2 Svarog 240
Pilvitis (Plutone) 230
Polevik 24 1 Tabiti {Estia) 237
Portunus 58 Tiiltiu 1 3 0
Poseidone 1 5- 1 6, 1 9-20, 22-23, 26, 29, Tammuz 1 7
36, 83, 1 05, 237, 248, 250 Taranis 1 96
Praboh 24 1 Taranis e Uxellimus (il più in alto) 1 27
Proserpina 80-8 1 Taranucus {produttore di tuoni) 1 27
Proven 240 Tarvos 1 28
Proximae (divinità congiunte) 1 24 Tellus, Madre Terra 72, 8 1
Puskaitis 228 Tereia 243
Pwyll 1 29 Teutates 1 27
Thagimasadas (Poseidone) 237
Quirino 56, 58-59 Thor (Sant'Olaf) 2 1 1
Thor 1 34, 1 48, 1 59, 1 66, 1 79- 1 83, 1 86,
R.aden Kiedde 236 1 92- 1 93 , 1 96- 1 99, 203, 209, 2 1 1 -
R.adien-ahttje 235 2 1 2, 2 1 6, 226, 23 1 -232, 234
R.adien-akka 235 Thunor 1 96
R.adien-pradne 235 Tiresia 33
Ramman 1 6 Tre parche {Nome, Strane Sorelle) 240
R.ana-neida 235 Triglav 2 1 9
Rhiannon 1 29 Tuisto 1 57
Rota 234 Tyr 1 63

Saturno 58, 60, 70 Ukus 235


Saturno e Lua Mater 58 Uni, vedi Giunone
Saule Motul 226 Uroda 24 1
Seaxnot 1 73 Utrennyaya 240
Seine 1 1 8
Semele 227 Vttn ir 206
Serapide, (Osiride) 83-85, 1 05, 1 09 Vanth 48
Seth 88 Varaden-Olmai 235
Shango 226 Varpulis 240
Shannon 1 1 8 Venere 49, 59, 72, 99, 1 32, 1 46, 2 1 4,
Silvano 5 5 260
Sin 1 1 2 Venere Victrix 2 1 4
Spakor {Volva) 20 l Verena 2 1 1
Indice degli dèi 347

Vesta 54-57, 63, 72, 1 03, 1 43 Wotan 2 1 0


Vintius (dio del vento) 1 27
Vitucadrus (brillante in energia) 1 27 Yann-An- O n 1 52
Vodanyoi (spiriti violenti dell'acqua) Yarilo 24 1
24 1
Volla 2 1 2 Zaltys, serpente della casa 226, 230
Vu-Murt 235 Zemyna 223, 227, 229-230
Vu-Nuna 235 Zeus 1 6- 1 7, 20, 26, 28, 3 1 -36, 40, 83,
Vulcano 72 96, 1 02, 1 35 , 237, 250
Zisa 2 1 1
Walburga 2 1 1 Zivena 24 1
Walgino 24 1 Zorya 240
Woden 1 93 Zorya Verchernyaya 240
Woden 8 5 , 1 44- 1 4 5 , 1 58, 1 72- 1 73, 1 88, Zuarasiz (Redegost) 2 1 9
1 93 , 2 1 0-2 1 2, 272
Stampato per conto di Odoya
da Gesp - Città di Castello (PG)
nel mese di ottobre 2009

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