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CAPITOLO QUATTRO

La supremazia dello stato di Qin venne favorita dal fatto che questo stato aveva il suo centro nella
valle del Wei, che presentava alcuni vantaggi strategici.
L’unica via di accesso alla valle era una stretta lingua di terra situata tra le colline e il Fiume Giallo,
in tal modo era facile difendersi.
Inoltre si trattava di una zona periferica, che permise ai Qin di estendersi sia a nordovest che a
sudovest, sottomettendo le popolazioni barbare e meno sviluppate.
I Qin sottomisero nel 318 gli stati barbarici di Shu e Ba, nel Sichuan.

LE RIFORME DI SHANG YANG

Un altro motivo del successo dello stato di Qin fu la nuova impostazione politica e militare, che
adottò le teorie legiste.
Il maggior esponente di tali politiche fu Shang Yang, che fu funzionario dello stato di Qin dal 361
al 338, quando cadde in disgrazia e morì.
Stabilì un rigido sistema di pene e ricompense, costrinse la popolazione a svolgere lavori produttivi,
introdusse il sistema della mutua responsabilità e della reciproca delazione e sostituì la classe
dominante aristocratica con una nuova classe di membri scelti per meriti militari.
Ma la più importante delle sue riforme fu quella di portare tutto il territorio sotto il controllo del
potere centrale.
Per fare ciò, divise l’intero territorio in 31 prefetture e pose a capo di esse dei funzionari dipendenti
dal governo centrale, noti come prefetti.

L’unificazione del territorio cinese fu compiuta da un giovane re Qin che salì al trono nel 246.
Nei primi anni del suo regno, lo stato venne amministrato da Lu Buwei, e dopo la sua caduta nel
237, l’amministrazione passò nelle mani di Li Si, che era stato discepolo di Xunzi.
L’unificazione della Cina avvenne nel 221 a.C., e il nuovo sovrano adottò il nome di Qin Shi
Huangdi (Primo Sublime Imperatore di Qin).
Il territorio venne diviso in 36 comandi militari, a loro volta suddivisi in prefetture.
Alla testa di ogni comando militare vennero posti un governatore civile, un governatore militare e
un terzo funzionario con funzioni ispettive che aveva il compito di equilibrare i rapporti tra i primi
due.
L’imperatore unificò anche il sistema monetario, i pesi e le misure, lo scartamento dei carri e la
scrittura, causando l’estinzione di tutti i sistemi di scrittura locali e dialettali.
Sotto l’influenza del legismo, tutti i testi antichi vennero giudicati pericolosi per la sicurezza dello
stato, e così, nel 213 Li Si ordinò il cosiddetto “Rogo dei libri”, in cui tutte le opere vennero
distrutte, a eccezione dei testi medici, di divinazione, di agricoltura e degli annali dello stato di Qin.

L’imperatore realizzò inoltre un ampio sistema di strade e canali per favorire le comunicazioni in
tutte le parti dell’impero.
Per difendersi dalle incursioni dei barbari del nord, vennero impiegati enormi quantità di lavoratori
coatti per realizzare un’imponente muraglia difensiva, unificando le mura dei vecchi stati di Qin,
Zhao e Yan, che prese il nome di Grande Muraglia.
Essa si estendeva per 1400 miglia, dal Gansu nordoccidentale fino alla Manciuria meridionale.

LA CADUTA DELLA DINASTIA QIN

Il successo della politica di accentramento del potere adottata dai Qin contribuì alla fine prematura
della dinastia.
Nel 210, quando l’imperatore morì durante uno dei suoi viaggi nello Shandong, Li Si e il capo degli
eunuchi, Zhao Gao, diffusero la notizia del decesso solo dopo che il corpo dell’imperatore venne
portato a Xianyang e aver costretto al suicidio il principe ereditario e il generale militare Meng
Tian.
Essi posero quindi sul trono un giovane e inesperto figlio del defunto sovrano, che prese il nome di
Secondo Imperatore.
Due anni dopo, Li Si cadde vittima degli intrighi di Zhao Gao e venne condannato a morte, e
l’impero, persi gli uomini che lo comandavano, si sgretolò rapidamente.
Zhao Gao si sbarazzò anche del Secondo Imperatore, ma venne ucciso dal successore di questi.
Così, nel 206, la dinastia Qin era completamente estinta.

LA LOTTA TRA XIANGYU E LIU BANG

Nel 209 scoppiò un ammutinamento tra i soldati di stanza nel vecchio territorio dello stato di Chu,
che portò a una serie di ribellioni in tutto il paese.
Tra i ribelli, emerse l’aristocratico Xiang Yu, che sconfisse l’ultimo esercito lealista e pose fine per
sempre alla dinastia.
L’anno precedente, la capitale Xianyang si era arresa ad uno dei suoi generali, Liu Bang, e poi
distrutta e saccheggiata dallo stesso Xiang Yu.
Egli dapprima mise sul trono un membro dell’aristocrazia di Chu e proclamò sé stesso Re Egemone.
Ma poiché i Qin avevano distrutto il vecchio ordine preunitario, esso non poteva più essere
restaurato.
Così Xiang Yu esautorò l’imperatore e iniziò una lotta violenta contro il suo vecchio alleato Liu
Bang per il completo controllo del paese.
Nel 202 Liu Bang riuscì a sconfiggere Xiang Yu, assunse il titolo di imperatore e spostò la capitale
a Chang’an.
Chiamò la propria dinastia Han, dal nome della valle del fiume Han, in cui aveva ricevuto da Xiang
Yu il titolo di re di Han.
Liu Bang, a differenza di Xiang Yu, era di origini contadine, e aveva ricoperto incarichi di
funzionario in un villaggio della Cina dell’est; successivamente era diventato un bandito e poi si era
unito a Xiang Yu.
A causa delle loro origini umili, i nuovi governanti si dimostrarono più pratici e trattabili dei loro
predecessori, furono più cauti nel consolidare il loro potere, non gravarono i contadini di tasse e
corvè, e concessero molto più spazio alle filosofie diverse da quella legista.
Liu Bang è meglio noto con l’appellativo postumo di Gaozu (Alto Progenitore).
Egli dovette affrontare tutta una serie di dissensi interni e attacchi esterni per consolidare il suo
potere.
I primi sovrani Han non fecero che continuare il sistema centralista dei Qin, con la differenza che
ristabilirono i regni vassalli e i marchesati.
Gaozu dedicò gran parte dei suoi anni di regno all’eliminazione di sette re che egli stesso aveva
creato, e che non erano membri della casata imperiale, e prima della sua morte nel 195, decretò che
solo i membri del clan imperiale potevano avere tale rango.
I suoi successori indebolirono il potere dei re, obbligandoli a cedere i loro territori a tutti i figli,
riducendoli.

La dinastia Han dovette inoltre affrontare fin dall’inizio una seconda minaccia, quella delle mogli
degli imperatori.
Quando un figlio dell’imperatore veniva riconosciuto come erede al trono, la madre di questi
diventava imperatrice, e quindi la figura dominante della corte.
Questo accadde per la prima volta con l’imperatrice Lü Zhi, che facendo da reggente per il figlio
piccolo, sembrò usurpare il trono, dominando la scena politica fino alla sua morte nel 180.
Dopodiché, uno dei vecchi luogotenenti di Gaozu massacrò l’intera famiglia Lü e mise sul trono
uno dei figli di Gaozu, Wendi (Imperatore Colto).

La terza minaccia che l’impero dovette affrontare fu quella dei nomadi alle frontiere settentrionali.
Essi furono chiamati Xiongnu, da cui derivò il nome occidentale di Unni.
Nel III secolo a.C., si costituì una federazione di tribù Xiongnu che si estendeva dalla Manciuria
occidentale fino al Turkestan cinese e al Pamir.
Gaozu pensò di poter arrestare la loro avanzata dando in sposa una principessa cinese al loro
imperatore, chiamato Shanyu.
Ciononostante i Xiongnu continuarono a compiere scorrerie nell’impero, e avanzarono fino alle
porte della capitale.

IL REGNO DI WUDI

I primi sessant’anni di regno degli Han servirono a rafforzare e consolidare il potere ottenuto, che fu
seguito da una grande espansione dei territori, soprattutto durante il regno dell’imperatore Wudi,
che si protrasse dal 141 all’87.
Egli intervenne personalmente al funzionamento dell’apparato governativo, servendosi di un
segretario di palazzo.
Trattava duramente i suoi generali e i funzionari, inasprì il sistema legislativo e amministrò la
giustizia con maggior rigore dei suoi predecessori.
Inoltre diede inizio a guerre contro i Xiongnu, sia a scopo difensivo che di espansione.
Nel 52, il capo del ramo meridionale dei Xiongnu si sottomise e andò a Chang’an a rendere
omaggio all’imperatore.
Wudi non si limitò solo a combatterli, ma si preoccupò anche di stringere alleanze contro di loro:
nel 139 mandò un ufficiale, Zhang Qian, presso alcune popolazioni dell’Asia Centrale chiamati
Yuezhi, che erano stati cacciati dal Gansu occidentale dai Xiongnu, per stringere alleanza con loro.
Ma Zhang Qian cadde per anni prigioniero dei Xiongnu, e quando riuscì a raggiungere gli Yuezhi,
essi erano ormai al sicuro dalla minaccia Xiongnu e rifiutarono l’alleanza.
Nel 126 Zhang Qian tornò a Chang’an senza alleanze, ma con una grande conoscenza dei territori
dell’Asia Centrale.
Nel 115 venne nuovamente inviato presso i Wusun, un popolo della valle dell’Ili, neanche questa
missione ebbe successo, ma contribuì a estendere i contatti tra la Cina e queste regioni lontane.

Un altro obiettivo di Wudi fu quello di aggirare i Xiongnu, e ciò portò nel 108 alla conquista dello
stato coreano di Choson, che si estendeva dalla Corea del nord alla Manciuria meridionale.
Nella sua capitale Pyongyang venne fondato il comando militare di Luolang.
A occidente, la Grande Muraglia venne prolungata fino a Yumen, la Porta di giada, ossia fino al
Gansu, che era una zona di contatto tra la Cina e l’Asia Centrale.

Sul campo filosofico, grande influenza ebbero in questo periodo le dottrine sullo Yin e lo Yang dei
Naturalisti, e nacque la credenza che i fenomeni naturali eccezionali fossero le conseguenze del
comportamento del sovrano o dei presagi del futuro.
I concetti del Taoismo del Daodejing e del Zhuangzi si persero tra le credenze primitive che
avevano da sempre costituito il sottofondo, e l’intera filosofia si ridusse alla ricerca dell’immortalità
fisica.
I maghi taoisti erano convinti che si potesse raggiungere l’immortalità sia attraverso un elisir di
lunga vita a base di cinabro, in realtà un veleno, sia attraverso rigidi regimi dietetici ed esercizi di
respirazione simili allo yoga.

Nel 191 il bando che proibiva la lettura dei Classici, risalente all’epoca Qin, venne abrogato dagli
Han.
Così vennero riportate alla luce tutte le opere che erano state nascoste dagli eruditi per evitare che
venissero distrutte, e ci si accorse che alcuni erano scritti in una grafia anteriore a quella del periodo
Qin.
Molte di queste opere non erano più immediatamente comprensibili, e così gli studiosi dovettero
provvedere ad una dettagliata opera di commento, curandosi però di separare i loro commenti dal
testo dell’opera originale.

Gaozu ebbe sempre grande disprezzo per il formalismo dei letterati, ma avvertì la necessità di
affidare il governo a uomini di cultura.
Così con un decreto invitò gli eruditi confuciani a prestare servizio a corte, e due letterati che in
questo modo acquisirono una posizione di preminenza furono Gongsun Hong e Dong Zhongshu.
Quest’ultimo scrisse un’opera, il Chunqiu Fanlu (La rigogliosa rugiada degli Annali delle
Primavere e degli Autunni), in cui espose la dottrina pseudoscientifica sulle relazioni tra i “cinque
elementi” e determinati avvenimenti storici, un pensiero quindi molto lontano da quello di Confucio
e di Mencio.
Una grande innovazione fu la creazione nel 124 di un’università imperiale dedicata alla formazione
dei funzionari statali.

LA POESIA: IL “FU”

In questo periodo iniziò a svilupparsi una nuova forma poetica, nota col nome di fu, che ebbe
grande successo alla corte di Wudi e di cui Sima Xiangru fu il massimo esponente.
Si tratta di una forma poetica caratterizzata da versi lunghi con rime e ritmi irregolari, che
presentano un linguaggio molto astruso e trattano argomenti come le capitali della Cina, i paesaggi
naturali o le grandi cacce imperiali.

SIMA QIAN E LA CULTURA STORICA

Gran parte dell’antica letteratura cinese era composta da opere storiche, ma in questo periodo
apparve un’opera storiografica molto più vasta e culturalmente evoluta, ovvero lo Shiji (Memorie di
uno storico) di Sima Qian.
Sima Qian deteneva la carica di astrologo di corte, ed ebbe quindi la possibilità di accedere agli
archivi imperiali.
Scrisse apparentemente la sua opera per continuare un’opera storica iniziata dal padre, ma in realtà
il suo vero fine era quello di continuare il progetto di Confucio di preservare le memorie del
passato.
Nel 99 a.C. prese le difese di un generale che era stato costretto ad arrendersi ai Xiongnu, Wudi lo
accusò di insubordinazione e lo fece evirare.
L’opera di Sima
Qian divenne il modello principale per le opere storiografiche future, ed era basata su una
descrizione oggettiva dei fatti, evitando drammatizzazioni spesso inventate.
L’opera è costituita da 130 capitoli:

1. I primi 12 capitoli sono detti “Annali fondamentali” e raccontano gli avvenimenti accaduti
durante i regni delle dinastie cinesi principali.
2. Seguono 12 capitoli di tavole cronologiche dedicate alle famiglie nobiliari del periodo Zhou,
alla famiglia imperiale e a quelle dei funzionari statali.
3. La terza parte comprende 8 saggi su argomenti quali riti, musica, calendario, astronomia,
astrologia, sacrifici, fiumi e canali, pesi e misure.
4. I successivi 30 capitoli sono resoconti sulle casate principesche ereditarie del periodo Zhou.
5. Gli ultimi 70 capitoli comprendono biografie di personaggi famosi dell’antichità.

La seconda opera storica più importante che seguì lo Shiji fu lo Han Shu, redatto da una famiglia di
studiosi di epoca Han.
Essa venne iniziata da Ban Biao, continuata dal figlio Ban Gu, e portata a termine dalla sorella Ban
Zhao.
Poiché i Ban scrissero durante la dinastia Han Posteriore, si limitarono a trattare la storia della
dinastia precedente, ovvero gli Han Anteriori.
La struttura dell’opera segue molto da vicino quella dello Shiji, tuttavia Ban Gu trascurò l’intera
parte quarta, quella sulle casate principesche, e aggiunse dei saggi giuridici, geografici, letterari e
scritti sulla pseudoscienza dei cinque elementi.
Il saggio sulla letteratura è in realtà un esame bibliografico delle collezioni imperiali basato sul
lavoro di due studiosi precedenti: Liu Xiang e il figlio Liu Xin.
Lo Hanshu divenne il modello per tutte le storie dinastiche successive, infatti si maturò il principio
secondo il quale ogni nuova dinastia che saliva al potere doveva pubblicare una storia della dinastia
precedente.
Gli eruditi della nuova dinastia redigevano l’opera, che poi veniva ufficializzata con un decreto
imperiale.

LE RIFORME FINANZIARIE DI WUDI

Il progetto di Wudi per costruire canali e per condurre guerre esterne portò la dinastia Han
Anteriore al culmine della sua potenza, ma provocò in seguito una crisi fiscale.
Presto si avvertì il bisogno di nuove entrate per far fronte alle nuove spese di governo.
La più importante riforma economica operata da Wudi fu la reintroduzione dei monopoli statali e
delle licenze per la produzione e la vendita di alcune derrate da cui si poteva trarre il massimo
profitto senza sforzo.
Inoltre venne ristabilito il monopolio statale sulla coniatura di monete di rame, che unificò anche la
circolazione monetaria e costituì una nuova fonte di entrate.
Nel 119 Wudi introdusse il monopolio sul sale, sul ferro e sulle bevande alcoliche.
Un altro provvedimento fu il sistema di “compensazione”, secondo cui il governo acquistava le
eccedenze prodotte in zone ricche in tempi di abbondanza per poi rivenderle in zone povere in
tempi di carestia.
Sia questo sistema che quello dei monopoli furono sempre oggetto di dibattito durante la storia
cinese.
Già nell’anno 81 a.C. si tenne una conferenza per discutere sulla loro opportunità, e le opinioni
negative furono raccolte in un documento intitolato Yan tie lun (Discussioni sul sale e sul ferro).

Nel frattempo si era creato il problema più serio che la popolazione era aumentata, e i contadini
avevano meno terra a disposizione da coltivare.
Inoltre aumentò il numero di contadini che lavoravano nelle tenute dei grandi proprietari terrieri,
esenti da imposte, e quindi quei contadini che lavoravano nelle terre statali erano soggetti a grandi
quantità di tasse.
Così si assistette ad una grossa serie di rivolte, soprattutto dei lavoratori schiavi delle ferriere
governative, che diedero inizio alla decadenza della dinastia.
L’USURPAZIONE E LE RIFORME DI WANG MANG

Fu in questo contesto che Wang Mang si impadronì del potere e tentò di risalire la corrente.
Egli è condannato dagli storici cinesi per due motivi, per essere un usurpatore, e per aver dato un
alone di pietà confuciana allo Stato per accattivarsi la burocrazia composta da funzionari
confuciani, anche se è più probabile che egli credeva sinceramente di aver creato il perfetto Stato
voluto da Confucio.
Egli usò gli antichi titoli dei Zhou e creò istituzioni che si avvicinavano a quelle dell’antica dinastia.
Con l’aiuto dell’erudito Liu Xin, Wang Mang si fece promotore di un ritorno all’interesse per gli
antichi testi, quali lo Zuo Zhuan, i Riti di Zhou, il Classico delle Poesie e il Classico dei Documenti.
In realtà il nuovo sistema di Wang Mang si limitava all’uso di antichi nomi e dottrine, poiché le sue
riforme erano di stampo chiaramente legista.
Cercò di rafforzare la burocrazia, istituì monopoli statali, reintrodusse il sistema di
“compensazione” e creò un nuovo sistema di prestiti statali per i contadini più bisognosi, che
avrebbe aumentato notevolmente le entrate statali.
Ma la sua riforma più importante avvenne nel 9 d.C. con la soppressione delle grandi tenute private,
che venne nazionalizzata e divisa tra i contadini che pagavano le tasse.
Ma il governo non era abbastanza potente per introdurre una riforma del genere, e così tre anni dopo
egli fu costretto ad abrogare la riforma.

Con questo tentativo, Wang Mang perse il sostegno delle grandi famiglie a cui aveva tentato di
strappare le terre, e a ciò si aggiunse un periodo di carestia e cattivi raccolti, causata dalla rottura
degli argini del Fiume Giallo che incanalò una parte delle acque in un nuovo corso a sud della
penisola dello Shandong, e il dissesto idrico della valle del Wei, che ebbe come risultato una
carestia dell’intera zona della capitale.
Dappertutto scoppiarono rivolte, e la più famosa è quella scoppiata nel 18 d.C. nello Shandong ad
opera di un gruppo di ribelli chiamati “Sopraccigli Rossi”, dal nome del simbolo di riconoscimento
che avevano adottato, e che provenivano da una società segreta di stampo taoista.
Nel frattempo le linee difensive lungo i confini settentrionali si erano sgretolate, i Xiongnu invasero
le regioni di frontiera, e nel 23 d.C. i ribelli misero a sacco la capitale e uccisero Wang Mang.
Il grande stato fondato da Gaozu si era dissolto nel più completo caos.

LA DINASTIA HAN POSTERIORE

L’uomo che si impadronì del trono dopo la caduta di Wang Mang fu Liu Xiu, e poiché discendeva
dai sovrani della dinastia precedente, chiamò anche la sua dinastia Han, e scelse come capitale
Luoyang.
Egli dedicò gli anni del suo regno al consolidamento del potere e alla “restaurazione”, ovvero la
ripresa del governo centralizzato dopo un periodo di disordini e insurrezioni.
Sotto il suo regno venne riconquistata la Cina del sud e il Vietnam del nord, e sotto il suo
successore Mingdi venne riconquistata l’Asia Centrale e i nomadi settentrionali vennero sottomessi.
Poiché il fondatore della dinastia e i suoi collaboratori provenivano dalla classe dei proprietari
terrieri, la posizione di questa classe era inattaccabile.
Il governo, per mantenersi, impose tasse gravose verso i contadini della Cina del nord, e molti di
loro decisero di fuggire verso sud, dove l’imposta era più bassa, o di rifugiarsi nelle tenute.
La conseguenza fu un inasprimento delle imposte sui contadini che erano rimasti nel nord, che
furono costretti a darsi al banditismo o alla ribellione, e questo indebolì le finanze della dinastia.

Nel 184 scoppiarono due grandi rivolte nella Cina orientale e nel Sichuan, entrambe guidate da capi
religiosi di sette taoiste.
La rivolta nella Cina orientale fu guidata da Zhang Jue, e poiché i ribelli al momento della rivolta
portavano dei copricapi gialli, la rivolta venne detta dei “Turbanti Gialli”.
Zhang Jue fu ucciso nel 184, ma i Turbanti Gialli continuarono ad essere una minaccia per più di
due decenni.
La rivolta del Sichuan è detta “Delle cinque staia di riso”, per i tributi pagati ai sacerdoti del loro
culto.
Fu guidata da Zhang Xiu e Zhang Lu, e il secondo venne corrotto nel 215 da Cao Cao, uno dei
generali più importanti dell’epoca Han.
Le ribellioni taoiste durarono per più di trent’anni e la dinastia Han non riuscì mai a riprendersi dal
duro colpo che esse le infersero.

Furono però i generali a mettere fine per sempre al dominio della dinastia.
Il crollo del sistema fiscale ebbe come conseguenza la rovina del sistema del lavoro coatto, che
portò alla fine degli eserciti reclutati con arruolamento nelle campagne.
Entrarono in scena gli eserciti di mestiere, alle dipendenze dei generali che le comandavano.
Nel 189 uno di essi sterminò gli eunuchi nella capitale e un suo collega, Tong Zhao, mise a sacco la
capitale.
Così il territorio cinese venne diviso fra tre dei generali più influenti: Cao Cao nel nord, Liu Bei nel
Sichuan e Sun Quan nella regione del basso Yangzi e nel sud.
Dopo la morte di Cao Cao nel 220, il figlio Cao Pi usurpò il trono e diede vita alla dinastia Wei.
L’anno successivo Liu Bei assunse il titolo di imperatore chiamando la sua dinastia Shu-Han, e Sun
Quan fondò la dinastia Wu.
Il periodo durante il quale la Cina restò divisa in questi tre stati è detto periodo dei Tre Regni (San
guo).

Questo periodo è ricordato dai cinesi come un’epoca romantica e affascinante, e nacquero molte
leggende semistoriche intorno a questi sovrani, che trovarono la loro espressione letteraria nel
“Romanzo dei Tre Regni”.
Fu un periodo di guerre incessanti, nel 263 lo stato di Wei riuscì ad annettere quello di Shu-Han.
Ma il potere di Wei era passato dagli eredi di Cao Cao ai grandi generali, e nel 265 uno di essi,
Sima Yan, usurpò il trono, fondando la dinastia Jin.
Egli conquistò lo stato di Wu nel 280, unificando di nuovo la Cina per un breve periodo.
Infatti alla sua morte nel 290, la dinastia crollò nel corso di una guerra civile chiamata “Ribellione
degli otto re”.
In questo modo, la Cina si trovò nuovamente indebolita di fronte alle invasioni dei barbari, che
penetrarono nella Cina del nord costringendo gran parte della popolazione cinese a fuggire nel sud.
Le bande di Xiongnu misero fine alla dinastia Jin nel 316, e l’anno dopo un principe Jin si proclamò
imperatore a Nanchino, fondando la dinastia Jin Orientale.
Ma il governo era debole e alla mercé dei suoi generali, che iniziarono a contendersi il potere e
sembrarono sul punto di rovesciare la dinastia.

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