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GEOGRAFIA E RICERCA VISUALE

Elisa Bignante

Capitolo 1, la ricerca nelle scienze sociali e in geografia


Come le immagini sono strumenti utili nell’indagine della realtà?
L’uomo è da sempre costantemente immerso in una cultura visuale, le
immagini giocano un ruolo fondamentale nella nostra vita, ci influenzano, ci informano,
ci permettono di osservare la realtà…
- L’indagine visuale è sempre stata comune a molte discipline, ma con l’avvento
degli anni 90 si assiste ad un generale intensificarsi di studi e riflessioni con
oggetto “la ricerca visuale”, merito anche dell’incidere di alcune correnti di
pensiero:
 Critiche post-moderne e post-strutturaliste, cultural turn
 Writing culture debate: a partire dagli anni 60 si mette in
discussione il concetto di oggettivo.
 Approccio fenomenologico allo studio della realtà: ogni individuo
dà senso alla propria conoscenza attraverso il suo inserimento in un
ambito preciso.
 Costruzionismo sociale: la realtà è socialmente costruita dalla
conoscenza collettiva del mondo.
Con la crisi dei modelli positivistici, basati sulla rappresentazione quantitativa, si
cerca di dare importanza anche alla dimensione qualitativa (esperienziale e
sensoriale). Viene quindi data una maggior importanza a strumenti di analisi nuovi in
grado di rendere nella maniera più completa l’immagine del mondo.

Le immagini nell’indagine geografica, cenni del passato


Osservazioni e descrizioni visuale hanno da sempre fatto parte degli strumenti del
geografo: la geografia infatti usa da sempre differenti forme di rappresentazione visiva
nella descrizione, ad esempio il paesaggio e la carta, fondamentali in geografia, hanno
una forte componente grafica e visiva. (associazione che rimane ancora oggi, ex: GPS)
La predisposizione al visuale è data dall’interesse per il territorio, allo spazio…
ma ha assunto caratteri diversi a seconda del ruolo dell’osservazione.
- La fotografia è a lungo stata uno strumento di analisi affidabile, in grado di
raccogliere oggettivamente dati, permetteva di ricostruire con verità e
trasparenza.
Oggi la geografia parte dal presupposto che la realtà non è una, descrivibile
oggettivamente, ma dipende da chi la osserva, anche la fotografia quindi è molto
soggettiva nella rappresentazione della realtà. La rappresentazione della realtà è più
importante della realtà stessa.
C’è una perdita di fiducia nell’osservazione appunto per la soggettività (ad esempio le
visioni colonialiste).

Come utilizzare le immagini nella ricerca geografica


Più che mostrare il mondo, le immagini ne propongono tante interpretazioni, e a
seconda di come le utilizziamo ci permettono di analizzare la realtà con modalità e
finalità differenti. Harper ne individua 4:
1. SCIENTIFICA
Modalità usata più frequentemente. Le immagini sono utilizzate come contenitori di
dati, le immagini sono un ottimo modo di catturare il maggior numero possibile di dati
(che altrimenti sfuggirebbero) da riutilizzare poi nell’analisi. È utilizzata anche per
studiare i cambiamenti e le trasformazioni sociali che avvengono.
Le immagini non sono la rappresentazione oggettiva del mondo, ma solo uno strumento
di analisi.
2. NARRATIVA
Privilegia l’uso delle immagini per studiare e descrivere i fenomeni sociali nel loro
naturale dispiegamento. Le immagini e i video sono utilizzati per dare conto di
determinati momenti della vita sociale, i cui dettagli sfuggirebbero senza.
3. RIFLESSIVA
Ci si concentra su come le immagini possano far sentire coinvolte le persone
partecipanti all’indagine, ad esempio attraverso il commento di queste. Permette di
costruire narrazioni più ricche e polifoniche allo stesso momento.
4. FENOMENOLOGICA
Le immagini rappresentano la nostra personale esperienza, le immagini che
produciamo sono influenzate da pratiche, conoscenze ed esperienze pregresse.

Sentieri metodologici
Gli studi visuali operano in due ambiti fra di loro interconnessi:
1. Analisi delle immagini, ricerca sulle immagini.
2. Produzione delle immagini, ricerca con le immagini.
Tuttavia è una distinzione più teorica che pratica, spesso i ricercatori si avvalgono di
entrambi i metodi.
In entrambi i casi l’immagine non è un documento oggettivo (la realtà può essere
modificata prima di venire fotografata), è usata come strumento attraverso cui
produrre delle conoscenze, tenendo conto della relazione con il contesto sociale.
Attraverso l’utilizzo di immagini il geografo riesce a dare profondità alle proprie
capacità di osservare. Ad esempio come fulcro di un’indagine può esserci la funzione
emotiva, ci si concentra su aspetti differenti della fotografia.
Ricerca sulle immagini
Analizza le funzioni di foto, video e altre rappresentazioni visuali prodotti da terzi, da
un altro gruppo sociale per comprendere ed analizzare la società stessa.
In quest’indagine l’attenzione si concentra su 4 dimensioni diverse:
a. Contesto in cui l’immagine è stata fatta
b. Il suo contenuto
c. Contesti e dimensioni soggettive attraverso cui le immagini vengono osservate
d. Il loro materiale.
Ricerca con le immagini
Il ricercatore in questo caso porta con sé videocamere e macchine fotografiche.
Può essere egli stesso a produrre materiale visivo o i partecipanti all’analisi.

Sulla base di queste due prospettive, le tecniche di analisi sono distinte secondo chi
produce l’immagine.

Capitolo 2, l’indagine geografica sulle immagini


Come analizzare le immagini fisse, da chi sono prodotte? Come? Perché? Come
interpretarle?
Sono tutti aspetti che incidono sulle informazioni, sulle emozioni e sui messaggi.
Come osservare un’immagine?
Gli aspetti sui quali bisogna concentrarsi sono:
- Cos’è raffigurato
- Che cosa questo suggerisce
Come suggerisce Wright bisogna esaminare la fotografia, attraverso la fotografia e
dietro la fotografia. È importante tenere conto del contesto in cui l’immagine è
prodotta, l’immagine non è solo il contenuto di facciata.
Gilian Rose sottolinea come interpretando un’immagine ci si confronti con tre
sfere di analisi:
1. Il suo contenuto, aspetti compositivi, cosa è stato ritratto, qual è
l’organizzazione spaziale degli elementi e il loro legame…
2. La sua produzione, aspetti tecnologici. Tecniche utilizzate, perché
della loro scelta, effetti prodotti…
3. La sua audience, aspetti sociali. Relazioni economiche, politiche e
sociali che stanno dietro ad un’immagine. Una volta prodotta,
l’immagine assume una sua autonomia e indipendenza. Acquisisce una
pluralità di interpretazioni, diversi pubblici in diverse circostanze
possono darne un’interpretazione diversa. L’interpretazione di
un’immagine dipende dal contesto.
Tutto questo chiaramente considerando gli aspetti tecnologici, sociali e compositivi.
In questo tipo di analisi quindi l’attenzione si concentra su:
- Contenuto dell’immagine
- Contesto in cui è stata prodotta
- Contesto e audience a cui è presentata
- Aspetto materiale.

Fasi di un’indagine sulle immagini


1. Definizione delle domande guida
Individuazione dei contenuti a cui si vuole dare una risposta, che permettono di scernere
le immagini (già acquisite o da acquisire)
2. Selezione delle immagini
Raccogliere le immagini sulla base delle domande stesse, stabilire a quali fonti attingere
e come entrarne in possesso. Il campione deve essere vasto e variegato, che abbia tutte
le informazioni ma che non siano ridondanti, vige il principio dell’esaustività.
Una volta selezionato, il campione va catalogato.
3. Individuazioni di temi specifici di analisi
4. Analisi delle immagini e interpretazione dei risultati
Selezionato il campione di ricerca e formulate le ipotesi, l’analisi viene fatta anche
attraverso l’uso di variabili, che individuano gli aspetti su cui si basa la comparazione.
devono essere:
- esaustive (ogni aspetto che la ricerca vuole indagare deve essere coperto da una
categoria)
- esclusive (non sovrapponibili, i caratteri di ciascuna devono essere separati).
Molto dipende dalla tecnica di analisi utilizzata e dagli obiettivi dell’indagine. Si può
analizzarle individualmente o di gruppo, su carta o affidandosi a sotftware…

Analisi del contenuto visuale


Utilizza la tecnica della visual content analysis, metodo di ricerca strettamente
quantitativo, comparando le immagini si vanno ad indagare le frequenze con cui
compaiono i diversi elementi.
È usata per confrontare contemporaneamente più immagini, privilegia quindi l’aspetto
comparativo. Consente di rilevare relazioni spesso troppo sottili perché siano
rintracciate nel corso di ispezioni casuali. Si tratta di analizzare quantitativamente tutte
le variabili prese in considerazione per poi procedere con il conteggio delle frequenze.

Analisi semiotica dei segni visivi


La semiotica è la disciplina che si occupa di studiare la natura, l’organizzazione, il
funzionamento e il significato dei segni.
Applicare la semiotica all’analisi visuale significa studiare ed interpretare i diversi
segni visivi e capire i significati veicolati da essi, chiedersi quali specifici significati e
letture preferenziali della realtà siano trasmessi attraverso i segni contenuti nelle
immagini.
Differenza fra analisi del contenuto visivo (content analysis) e semiotica:
- Content analysis: si basa sulla comparazione di immagini.
- Analisi semiotica si concentra soprattutto sull’analisi dettagliata della
composizione della singola immagine, scomporre i significati attraverso l’analisi
dei segni.
Il segno è inteso come aliquid stat pro aliquo, qualcosa che sta per qualcos’altro.
È composto di tre facce: il significante (ciò che è percettibile del segno, l’immagine, il
suono…), il significato (ciò che significa), e l’oggetto, ciò che il segno rappresenta.
Il legame fra significante e significato non è univoco, non segue una motivazione
logica, ma è frutto di una convenzione. Ad esempio per esprimere lo stesso concetto
usiamo diverse parole a seconda della lingua in cui ci esprimiamo.
Perice distingue tre tipi di segni:
- segni iconici  il significato rappresenta il significante grazie ad una somiglianza
oggettiva. (fotografia, quadri… la foto di un fiore rappresenta un fiore)
- segni indicali  c’è un rapporto fisico con l’oggetto, il rapporto fra significante e
significato si gioca sulla base di codici culturali, che richiedono quindi maggiore
allenamento. (immagine della donna sui bagni, bandierina che segnala il vento).
- segni simbolici  relazione arbitraria fra significante e significato, in loro assenza
non sarebbe possibile tracciare nessun legame fra significante e significato, le
motivazioni del legame sono convenzionali, di natura storica e sociale.
La relazione fra significante e significato è cruciale anche nell’analisi di contenuti visivi:
ad esempio una foto raffigurante un gruppo di persone sorridenti può avere diverse
interpretazioni, foto di famiglia, foto di amici… anche se i segni sono polisemici (con
più significati), determinati pubblici tendono a darne letture preferenziali,
culturalmente mediate. (esempio: età = innocenza, sesso = caratteristiche fisiche…)
Le fotografie vanno studiate come indicatori di forze culturali, è importante
distinguerne quindi:
- denotatori: è preciso, serve a descrivere qualcosa. È un concetto relativamente
fisso, su cui c’è accordo. (esempio: definizione di copricapo sul dizionario).
- connotatori: sono legati al contenuto emotivo e psicologico dell’immagine.
Cambia a seconda del contesto, della forma, della dimensione in cui l’immagine
appare (esempio: un cappello può voler dire eleganza, povertà…).

Come condurre l’analisi semiotica di un’immagine?


Bisogna inizialmente definire le domande guida e il campione iniziale.
Ogni immagine sarà analizzata secondo i segni che sono rappresentati, analizzandone la
composizione, la disposizione, i legami fra loro e con l’immagine…
In geografia l’analisi semiotica di un’immagine offre ampie possibilità di analisi, si
può analizzare una città un contenuto pubblicitario…

Analisi del discorso applicata alle immagini


per Foucault quindi la costruzione ed interpretazione del mondo si consolida tramite
stimoli che ci raggiungono in varie forme (immagini, musica, testi scritti…) e
attraverso più vettori e che, nella loro interazione, veicolano un insieme di idee,
posizioni e azioni.
Le strutture discorsive delineano i limiti di ciò che un gruppo sociale pensa in un dato
momento storico imponendo un rigore e una normalità a cui è difficile non rapportarsi.
L’analisi del discorso applicata alle immagini pretende una conoscenza più
approfondita del contesto; consiste nell’individuazione ed esplorazione dei significati di
un gruppo di affermazioni che strutturano il modo in cui un argomento, una questione,
un oggetto viene considerato, e il modo in cui le persone agiscono in conformità con
questi significati: ogni società esprime la propria interpretazione della realtà tramite
discorsi costruiti e fatti circolare attraverso testi e rappresentazioni, producendo
specifiche comprensioni del mondo.
la soggettività umana si costruisce nel confronto con gli stimoli provenienti dal sistema
culturale in cui viviamo: i discorsi sono quindi prodotti socialmente le immagini hanno
quindi una fondamentale importanza nella diffusione dei discorsi.

Tutti gli atti di registrazione (fotografia, filmati…) sono influenzati da valori economici,
sociali e culturali. Nel momento in cui la foto viene prodotta c’è già una consapevolezza
del pubblico che la guarderà, la si scatta quindi per ottenere un consenso sociale.
Analizzandole si può quindi capire cosa viene considerato giusto o sbagliato…
Non esiste uno specifico quadro metodologico per analizzare un discorso, il primo
passo è però capire di cosa ci si vuole occupare, per trovare poi le fonti da indagare.
Una volta catalogate le fonti esse verranno analizzate secondo le domande guida. In un
discorso si intrecciano diverse prospettive, è necessario trovarle tutte per rendere conto
del discorso nella sua complessità.
Capitolo 3, fare ricerca con le immagini
Il capitolo è organizzato intorno a due questioni:
- Quali ragioni e quali obiettivi rendono opportuno e utile che il geografo produca
immagini durante la sua ricerca?
- Com’è possibile farlo? Attraverso quali strumenti e percorsi?
La ricerca attraverso la produzione di materiale visuale è utile per due motivi,
perché permette di raccogliere informazioni sui luoghi, sul loro funzionamento e sui
fenomeni che li riguardano. In secondo luogo perché permette di restituire visivamente
i risultati ottenuti, cercando forme alternative di coinvolgimento dell’audience.
Tuttavia le immagini non sono usate con una concezione positivista di “magazzino
oggettivo”, ma permettono di dare un senso alla realtà, che varia a seconda del
contesto.
La scelta fra fotografia e filmato
Ci sono metodologie di indagine che per loro natura richiedono l’uso o della fotocamera
(photo essay) o della videocamera (filmato di ricerca).
Altre metodologie invece implicano la scelta del ricercatore.
Le immagini fisse e in movimento offrono potenzialità diverse:
- LA MACCHINA FOTOGRAFICA permette in un unico scatto di registrare una
molteplicità di aspetti materiali e spaziali dei luoghi e dell’interazione umana,
coglie attimi separati.
- Anche la VIDEOCAMERA permette di fare fotografie, ma questo è solo un uso
limitato, che ne appiattisce le potenzialità. Un video non è solo la somma di
immagini fisse o di scene. La videocamera consente di fare interagire immagini
e parole, e di seguire i fenomeni nel loro dispiegamento naturale.
(l’introduzione di strumenti digitali, facili da trasportare e utilizzare ed economici, ha
permesso di poter produrre materiale visivo anche a ricercatori non esperti registi,
anche se spesso, proprio per la loro accessibilità, non permettono un’analisi adeguata
dello strumento di ricerca).
Non in tutte le indagini e ricerche l’introduzione del materiale visivo è utile.

L’indagine video/fotografica
È un lavoro sistematico, attraverso il quale si dà risposta ai quesiti che la ricerca si
pone. Non si tratta di documentare semplicemente una ricerca con materiale
multimediale, per renderla più evocativa. Le immagini sono prodotte per indagare il
fenomeno oggetto di studio.
La fotografia e la ripresa danno la possibilità di rivedere, analizzare e reinterpretare più
volte i dati, il ricercatore si trova fra le immagini il materiale attraverso cui operare la
propria analisi.
Passaggi da seguire nel condurre l’analisi, di Malcom Collier:
- Individuare temi e sottotemi di ricerca
- Individuare schemi di classificazione
- Accortezze nella produzione di immagini, scattare o riprendere da diversi
angoli, altezze, distanze… può permettere di arricchire le informazioni raccolte.
- Prendere appunti
- Analizzare le immagini prodotte
(esempio: analisi sulla gentrification di città come Amsterdam o Chicago)
Produzione di immagini come attività complementare
Nell’indagine video/fotografica, le immagini possono essere usate dal ricercatore
anche per arricchire di informazioni l’indagine, senza rappresentare lo strumento
principale di analisi.
In questi casi si ricorre a foto e video per immagazzinare dati e informazioni che
altrimenti non si registrerebbero (solo con audio e appunti), che rimangono quindi
sempre disponibili per un’analisi.

LA RI-FOTOGRAFIA, indagare il cambiamento


L’analisi geografica spesso si confronta con i cambiamenti intercorsi in un luogo nel
tempo, in questo tipo di indagini può essere utile servirsi della ri-fotografia.
- Fotografare a distanza di tempo, lo stesso luogo o fenomeno per indagare le
trasformazioni intercorse in quel periodo.
La fotografia permette di riconoscere con fedeltà le trasformazioni con una fedeltà
che la sola descrizione scritta non permetterebbe, dà infatti la possibilità di
indagare cambiamenti sia dal punto di vista qualitativo, che quantitativo.
o Quantitativo, indaga quanti cambiamenti sono intercorsi (quanti negozi
hanno aperto…) è necessario quindi che le immagini siano sovrapponibili,
foto devono essere estremamente accurate. Se le immagini sono
approssimative allora permettono valutazioni più generali. (l’importante è
che consentano qualche tipo di confronto
o Qualitativo, come sono cambiate le tecniche di produzione, la
distribuzione degli spazi, rapporto fra spazi pubblici e privati, luoghi di
aggregazione…
Può essere utile per monitorare le trasformazioni urbane prodotte da politiche
territoriali o interventi di cooperazione.

Descrivere con le immagini: la fotografia come NARRAZIONE VISIVA PARALLELA


La fotografia e il video costituiscono validi strumenti anche per presentare i risultati
della ricerca.
Tuttavia nel presentare i risultati tramite la fotografia si pone un problema, l’immagine
da sola si presta ad una pluralità in interpretazioni, lasciando all’osservatore la
facoltà di attribuire il significato.
Proprio per questo quando la fotografia viene presentata ha bisogno di un testo di
accompagnamento. Esistono diverse modalità di interazione immagine-testo:
- Fare esplicito riferimento all’immagine, descrivendone il contenuto.
- Lasciare che la foto introduca e accompagni un argomento senza esplicitarne il
legame.
Si sviluppano così due narrazioni parallele, una testuale e l’altra visiva, l’osservatore
viene guidato nell’analisi delle foto, ma con un margine di soggettività.

PHOTO ESSAY
Consiste nell’organizzare una sequenza di fotografie, solitamente accompagnate da un
testo, in modo tale da trasmettere uno o più messaggi definiti a priori dal
ricercatore.
Deve quindi essere dotato di una fonte narrativa che leghi il testo e le immagini in
sequenza. (bisogna studiare bene la sequenza delle immagini, le loro interazioni, i testi)
Può essere organizzato in due modi:
- Prevalenza di immagini con testi brevi.
- Prevalenza di testi, intervallati da immagini
L’utilizzo di questo strumento non significa tuttavia limitarsi al racconto di qualche
vicenda, ma si tratta di avvalersi delle immagini per trasmettere informazioni
affinché possano essere colte più efficacemente.
Fasi di produzione di una photo essay:
1. Definire con chiarezza la storia/il messaggio che si vuole trasmettere
2. Raccogliere le immagini da utilizzare
3. Confrontare vantaggi e svantaggi di immagini rispetto al testo
4. Decidere se usare in prevalenza immagini o testi.
5. Organizzare la presentazione, definendo bene ordine delle immagini e del testo.

FILMATO DI RICERCA
Così come le foto, anche il video può essere utilizzato per trasmettere i risultati di
una ricerca. Il filmato è così un modo sia per condurre l’analisi, sia per raccogliere ed
elaborare informazioni, che per restituire i risultati della ricerca.
Nel momento della ripresa il ricercatore cerca risposta ai suoi quesiti, interpreta la
realtà. Al momento della restituzione, con il montaggio, li trasmette all’audience.
Il momento del montaggio è una fase delicata perché la realtà può essere
modificata, l’obiettivo è quello di trasmettere informazioni, non di raccontare una
storia.
Ci sono due modi di montare il filmato:
- Per riduzione, cutting, non modifica il senso delle riprese, ma ne taglia parti
superflue.
- Per assemblaggio, assembling, assembla le scene, esportandole dal loro contesto.

GENTRIFICATION
Tutte le città come Disneyland
Giovanni Semi

Gentrification: artificiosa riqualificazione che consiste nel risanamento di aree


popolari e nell’espulsione degli abitanti originari a favore di classi più agiate

- È un rinvestimento che interessa edifici e quartieri, spesso nel centro città, che
hanno perso il proprio valore.
- Muta sia l’economia (i nuovi prezzi sono insostenibili per i vecchi abitanti) che
l’estetica dei vecchi quartieri. I quartieri gentrificati producono copertura
mediatica, rilanciano l’economia, MA si assomigliano tutti, secondo un modello
riconoscibile universalmente.
- Si crea un’immagine della città moderna, affascinante e globale (spariscono i
piccoli negozietti a conduzione familiare, sostituiti dalle grandi catene…)
Capitolo 1, una piccola storia della gentrification
La gentrification è uno degli elementi fondanti delle fasi di urbanizzazione, è una
delle forme classiche e principali del progetto urbano della modernità.
Le città sono in continuo cambiamento, si impoveriscono e arricchiscono, e la
gentrification ne è un indicatore.
PARIGI, CAPITALE DELLA MODERNITÀ
La prima trasformazione urbana gentrificata è stata l’haussmanizzazione di Parigi
(1853-1870).
Sotto il governo di Napoleone 3, Haussman rase al suolo parte del centro storico della
capitale con due motivi principali:
- Eliminare le fasce più basse della società, le aree fatiscenti della città.
- Costruire i grandi boulevard per ridefinire la circolazione e l’immagine di Parigi.

Tuttavia proprio per la violenza della ricostruzione, l’abbattimento forzato, la


costruzione millimetrica e maniacale, l’esodo forzato di alcune popolazioni, spesso
quella di Parigi viene definita come una ricostruzione post bellica, non è stata quindi
una modifica della città, ma una ricostruzione totale.
Più in generale la gentrification pone un metro di paragone fra le città. Parigi sarà
infatti di esempio alle altre capitali dell’Europa Occidentale.
- Per produrre una trasformazione sociale è necessario agire sullo spazio fisico,
architettonico e urbanistico, modificando non solo le facciate dei palazzi, ma
anche il progetto urbano nel suo complesso, alterando forma e significato della
città.
- Le trasformazioni delle città europee sono imperialiste, legate al governo e ai
loro finanziamenti.

IL GREENWICH VILLAGE DI NEW YORK NEGLI ANNI ‘30


Nei centri città si verifica un ricambio di residenti, attratti sia dalle possibilità di svago
che la città offre, che dai prezzi molto bassi di una città in espansione. Il ricambio di
persone e della popolazione di determinati quartieri è quindi spontaneo.
Il Greenwich Village, sebbene non inizi un nuovo filone di modifiche e studi urbani,
rappresenta un’interpretazione del cambiamento urbano non in sintonia con
l’approccio dominante dell’epoca, ovvero quello della prima Scuola di Chicago.

SULLA COSTA D’ORO DI CHICAGO


Uno dei modelli di crescita urbana era quello elaborato da Burgess e Park all’interno
della prima scuola di Chicago.
 Secondo questo studio le persone occupavano inconsapevolmente (guidati
spesso dalla vicinanza geografica ai luoghi di interesse) le aree della città,
prendendo inconsapevolmente parte alla creazione delle aree naturali (spazi
urbani come slums o quartieri alti dove c’è un’importante segregazione). Ogni
area della città ha la storia segnata dal succedersi di ondate migratorie, quindi
caratterizzata dalla progressiva frammentazione e ricomposizione dello spazio.
Sono 4 gli stadi che caratterizzano l’entrata in città di una popolazione:
competizione, conflitto, compromesso e assimilazione.
La Golden coast di Chicago non ha subito grandi cambiamenti, al contrario degli slums,
dove il valore sociale e immobiliare si adatta ai “nuovi arrivati”.
Zorbaugh studia la città di Chicago, le diverse attività economiche, culturali e politiche.
Egli descrive la città come un mosaico, in cui i tasselli si sovrappongono ma senza
mescolarsi.
La gentrification è descritta come la produzione di aree giovanili, innovative della città

SOBBORGHI, CITTÀ-GIARDINO E RITORNI IN CITTÀ


Parigi, New York e Chicago sono i primi esempi di gentrification, e mostrano come le
città sono caratterizzate da un continuo mutamento, non va pensata come un luogo
dato, con una popolazione data, con relazioni economiche invariate… la città vive,
quindi può anche morire.
Questo dinamismo è dato sia dalla gentrification che da un fenomeno
complementare, la suburbanizzazione.
SUBURBANIZZAZIONE  decentralizzazione della città, espansione al di fuori dei
confini originari che produce quindi una crescita urbana nei dintorni della città
originaria. È legata all’aumento della popolazione, quindi degli spazi abitativi richiesti,
che all’inizio può tradursi con il sovraffollamento, ma poi con le “uscite dalla città”
(promossa anche dai mezzi di trasporto pubblici e privati che facilitavano gli
spostamenti).
LA FUGA DALLA CITTÀ VERSO IL GIARDINO
Le classi medie vogliono allontanarsi dalla città, che è sinonimo di degrado, di
abbandono e di sovraffollamento.
Due tipi di suburbanizzazione (entrambe riguardano le classi medie):
- Inglese: inizia durante la fine del’800, ha dei connotati più di classe sociale che
non di razza, nasce in reazione all’industrializzazione massiva delle città.
- Americana: nasce in reazione all’urbanizzazione di popolazioni con la pelle scura
(neri, italiani, immigrati in generale). Il sobborgo statunitense rappresenta i valori
della cultura americana (famiglie bianche principalmente).

COME SONO CONNESSE LA SUBURBANIZZAZIONE E LA GENTRIFICATION?


La fuga verso l’extraurbano è anche una fuga di capitali e di investimenti che si
concentrano non più sul rinnovamento della città ma sulla costruzione delle
periferie.
Le città dovranno attendere gli anni 70 per vedere il back-to-the-city-movement.
Fra la fine della seconda guerra mondiale e gli anni 70 si assiste ai 30 gloriosi,
caratterizzati da un’egemonia economica e militare degli USA, declino delle città
industriali e sviluppo della suburbanizzazione di massa. (sarà proprio la disponibilità di
aree abbandonate e disprezzate a far ricomparire i capitali in città!!!!).
Dagli anni 70 a ritornare in città saranno solo gli investimenti, non le persone
(la suburbanizzazione durerà ancora a lungo).
Da questo momento la gentrification non sarà solo il frutto di investimenti di piccole
famiglie, ma di banche, investitori nazionali e internazionali, costruttori…

LONDRA NEGLI ANNI ‘60


La trasformazione di Londra avvenne in senso opposto rispetto alle altre città
industriali, come quelle americane. L’uscita delle fabbriche dal centro urbano ha
lasciato molto spazio, riempito da attività commerciali ed economiche non
industriali, che ha contribuito ad un ripopolamento del centro urbano, aiutato anche
dalla politica laissez-faire del mercato edilizio, i prezzi aumentarono e con essi cambiò
anche la composizione urbana, classi medio-alte andavano stabilendosi in città,
gentrification.
In questa prima fase (le case vanno ad assomigliarsi, si cerca di ridurre il traffico
nelle proprie vie…) le critiche sono assenti, le classi alte sono le detentrici della cultura.
Con Londra assistiamo al primo caso di gentrification.

Le ondate di gentrification
A partire dagli anni 70 in poi aumentano esponenzialmente i casi globali di
gentrification.
La gentrification è stata suddivisa in quattro ondate: tre nel modello originale si
Hackworth e Smith, e la quarta aggiunta poi da Lees, Slater e Wyly.
1. La PRIMA ONDATA è definita gentrification sporadica (caso londinese). È
caratterizzata da un ritorno non sistematico dei capitali in città, spesso legato
alla diffusione di politiche locali che serviranno da stimolo per gli investimenti.
Il modello proposto da Hackworth e Smith interseca fasi di gentrification a fasi di
latenza, chiamate transizioni. La transizione che seguirà la prima ondata di
gentrification è caratterizzata dalla diffusione dell’opera, condotta da alcuni
pionieri, che entravano in città attraverso l’affitto di alloggi. È una fase di
stabilizzazione, dove anche i vecchi quartieri di Londra conoscono una fase di
miglioramento.
2. La SECONDA ONDATA, detta di ancoraggio, è caratterizzata da un sempre più
solido legame fra la gentrification e il settore finanziario, immobiliare, con
politiche di riqualificazione culturale.
3. La TERZA ONDATA di gentrification è diffusa anche al di fuori dei centri urbani e
dall’incorporazione di riqualificazione anche pubblica, non solo sponsorizzata
da privati.
4. La QUARTA ONDATA corrisponde al periodo fra il 2000 e il 2006, un periodo
caratterizzato dalla più grande bolla speculativa della storia. È una speculazione
immobiliare, finanziata dalle famiglie tramite il pagamento dei mutui. La città
che quindi esce da questa quarta fase di gentrification è una città a misura di
famiglia, che riempiono la città post-fordista.

Capitolo 2, mattoni, capitali e politica


A partire dagli anni 60 del 900 le città hanno visto fiorire al loro interno un gran
numero di quartieri, prima in disuso e le cui caratteristiche si erano
improvvisamente riscoperte come zone ideali per investire in architettura. Abitate
dalla classe media, che ristrutturava selettivamente zone decadenti della città.
Perché se le persone rimangono profondamente segnate dai processi massivi di
urbanizzazione e suburbanizzazione, c’è sempre un ritorno di capitali e persone?
Per rispondere alla domanda usiamo il modello delle ondate di gentrification.
Prima vediamo il quadro storico-politico
Il controllo politico ed economico dello spazio è in continua evoluzione, e la città è il
prodotto e il produttore di questo cambiamento.
La maggior parte degli studiosi divide la storia delle città in “fordiste” e
“postfordista”.
- Città fordista: opera nei paesi occidentali a partire dalla fine della depressione
del ’29 fino agli anni 70, con il massimo esponente dopo il secondo dopoguerra. Il
dopoguerra è un periodo di ricostruzione che varia a seconda del paese, per
quanto riguarda le politiche interne. La cosa comune a tutti i paesi è l’ascesa di
potere progressiva della fascia media (sebbene negli USA con qualche
connotazione di segregazione raziale).
È la città dell’avvento dei consumi di massa, di quartieri costruiti in poco tempo
e abitati sia da operai che dalla classe media.
- Città postfordista: crisi petrolifera, crisi economica di molti stati, che non
riescono a completare le opere di ristrutturazione. Ritorno a politiche
economiche neo-liberiste.

1. approcci critici e teoria urbana


La gentrification è sempre stata vista come uno degli aspetti più problematici dal punto
di vista del “diritto alla città” e alla “città giusta”.
- È infatti una trasformazione urbana che avvantaggia alcune classi sociali a
discapito di altre, mettendo in luce le disuguaglianze sociali. prospettiva
interna
Molti studiosi urbani si sono occupati di studiare le città come Castells, Harvey, Neil
Smith…
Smith (allievo di Harvey) condivideva un approccio marxista,
“ALTALENA DEL CAPITALE”  cicli di investimento economico in determinate aree
urbane, come ad esempio la fase fordista di città come Londra o New York, con le
fabbriche al loro interno, che si alternano con disimpegni di capitale, che lasciano
territori svuotati di lavoro, ricchezza e vita urbana.
In questa fase la gentrification è in reinvestimento di capitale su altre aree
all’interno della città.
Con la teoria del RENT GAP, Smith illustra come gli investimenti ritornino in città
dopo un tot.
Nelle principali città quando furono investiti i primi capitali, si assistette ad una
industrializzazione della città con conseguente proliferazione dei servizi (ospedali casi…)
frutto dei primi investimenti. Seguì poi il reinvestimento in altre aree e settori della
città, e questo viene chiamato “circuito primario del capitale”. Una transizione a volte
morbida (ammortizzatori sociali), altre volte molto violenta (licenziamenti di massa),
dipendentemente dal periodo storico. In tutti questi casi quindi a rimanere in città era
la popolazione più povera, le classi sociali più basse, producendo così una sorta di
segregazione. (ad esempio negli USA la relazione fra quartiere e disuguaglianze era
molto stretta).
A partire dagli anni 60 la spirale si inverte, ed alcuni investimenti tornano nelle città
e nelle aree centrali, inizia la prima ondata di gentrification.
Il processo di gentrification si può scomporre in quattro elementi necessari
(Hamnett):
1. Offerta di aree appropriate da gentrifcare
2. Offerta di potenziali investitori
3. Esistenza di ambiti urbani attrattivi
4. Preferenza della classe media ad abitare in città.

Smith si occupa dei primi tre punti, in particolare del primo, è necessario infatti contare
su aree e investitori disponibili, secondo lui la relazione fra produzione e consumo è
simbiotica, i produttori della gentrification si attivano quando si accorgono che si
amplia il differenziale di rendita, il rent gap. (differenza fra quanto si potrebbe
guadagnare in un’area, rendita potenziale del terreno, e quanto si guadagna prima degli
investimenti, rendita capitalizzata del terreno).
Chiaramente la rendita capitalizzata del terreno è al massimo per ogni edificio nuovo
costruito, e si abbassa naturalmente con il passare del tempo, è una curva
tendenzialmente decrescente, e può riguardare sia il singolo edificio che l’intero
quartiere. Il valore dei quartieri interessati è cresciuto fino al 2000%.

È una teoria che, sebbene ampiamente condivisa, presenta due limiti:


- Non è chiaro perché alcune aree vengono gentrificate e altre no, anche se
hanno le possibilità.
- È una teoria basata sul contesto americano, che ad esempio differisce molto dal
contesto inglese. Bisogna considerare tre dimensioni, identificate da Lees:
 il diritto di proprietà di terreni e immobili (c’è il proprietario a
tempo indeterminato, quello a tempo determinato, categorie che
sono in conflitto fra loro sul processo di gentrification),
 le pratiche di conservazione urbana, alcune aree degradate
possono assumere connotazioni positive, ci sono invece altre aree
che devono mantenere un alto livello di interesse, come le zone
vittoriane. I tempi, le norme sul patrimonio architettonico sono però
diverse da stato a stato.
 le frontiere di profittabilità locale, variabili sui prestiti, chi
anticipa i capitali? Le banche? Variabili dipendenti dalle politiche
interne.

LE GROWTH MACHINES
Le due grandi dimensioni che collaborano nei processi di gentrification sono quella
economica e quella politica, Molotoch è il primo a cogliere questa collaborazione.
Il valore di un immobile non è un valore intrinseco, ma cambia varia a seconda degli
“accessori” che possiede, ad esempio la vicinanza a zone di interesse. I luoghi di
interesse sono così difesi dai cittadini per non far perdere valore alla propria abitazione,
e gli stessi cittadini saranno molto interessati al place-making, la produzione di luoghi.
I luoghi sono quindi il frutto di una continua costruzione sociale da parte dei
cittadini e dei produttori di spazio (place entrepreneurs), che sono distinti in
“imprenditori per caso”, ereditieri, “imprenditori attivi”, partecipano alle scelte
residenziali, “speculatori strutturali”, producono attentivamente le scelte, per ottenere
ad esempio modifiche alla viabilità…, hanno quindi necessità di una stretta
collaborazione con la sfera politica.
- La teoria della growth machine di Molotoch e Logan sostiene quindi che per
sfruttare economicamente il valore dei luoghi e produrre crescita, alcuni
attori si coalizzano e creano le “macchine della crescita”, meccanismi di
produzione del consenso economico e politico che fanno incamerare i benefici
della trasformazione urbana a spese dei non membri della coalizione e delle aree
non interessate.
C’è quindi una sorta di competizione interna per accaparrarsi la crescita.
Fanno parte della coalizione uomini politici, media locali, dirigenti delle
infrastrutture pubbliche, e le istituzioni di rilievo, come le università, i
commercianti… hanno tutti interessi diversi ma convergenti nella crescita di una
determinata area, richiede una collaborazione di discipline solitamente non unite.
Diversi interessi portano sul piano decisionale, diversi argomenti, come:
 Benessere fiscale, riqualificazione per migliorare il bilancio pubblico
 Tasso di impiego, con il lavoro edilizio, nelle nuove infrastrutture…
 Consumistica, nuovi residenti più ricchi, più consumi (giustificazione
a favore del ricambio di popolazioni).
 Eliminazione dei problemi e delle fasce sociali che non qualificano
positivamente un territorio.
 Sostenibilità ambientale

Come si unisce la teoria della GM con la gentrification?


Esempio del quartiere Tenderloin a San Francesco. Fra gli anni 50 e 60 nella città di
San Francesco cominciarono le opere di gentrification, che portarono a far confluire
gli abitanti delle vecchie zone del centro nel quartiere Tenderloin, che divenne
sempre più sovraffollato, povero, quindi malfamato. Furono adottate politiche che ad
esempio non permettevano di affittare gli alberghi a turisti ma solo a famiglie con
problemi economici locali.

I regimi urbani
Clarence Stone individua l’approccio del “regime urbano”, per molti tratti simile alla
teoria della GM, ma che a differenza di quest’ultima assume che il governo della città
sia rivolto semplicemente al place-making. Secondo Stone gli attori si coalizzano per
governare la città attraverso una modalità che chiama appunto regime urbano.
I RU sono delle coalizioni che consentono un salto di livello qualitativo in
termini di possibilità di intervento e quindi possono incidere maggiormente, ma non
c’è necessariamente un disegno politico forte prima della nascita della coalizione.
Il RU non si occupa solamente della costruzione di luoghi, ma anche di un insieme molto
vasto di politiche e tematiche.
Un elemento fondamentale della teoria è l’agenda, ovvero l’insieme degli obiettivi che
un RU si pone, essi infatti possono essere di diverso tipo, di mantenimento, di
espansione per le classi inferiori, di sviluppo…
La teoria dei RU offre alcuni insegnamenti importanti:
1. Le trasformazioni urbane sono frutto di decenni di gestazione, la pianificazione
richiede molto tempo.

Le politiche di rigenerazione urbana e le nuove geografie globali


L’autonomia che si pensa avere le città, è spesso limitata ad alcuni campi.
Non è raro vedere quindi fenomeni che accomunano città separate fra loro, e in questa
interazione globale circolano le idee. Le trasformazioni urbane quindi avvengono a
livello territoriale, ma sono concepite ad altri livelli di scala.
Il gioco di attori e politiche mobili è ben rappresentato dal campo delle
“rigenerazioni urbane”.
Compaiono alla fine degli anni 60 con l’obiettivo di farsi carico dei vuoti urbani
derivanti dalla deindustrializzazione (fabbriche, quartieri di operai…).
Sono quindi le arene all’interno delle quali si articolano i discorsi e si
definiscono le politiche di risposta alla crisi economica e politica e dove
prendono voce tutti gli attori della cooperazione.
Un fatto che le ha accumunate è stato il fatto di localizzarsi su scale sempre più
ridotte, vengono chiamate “politiche urbane localizzanti”.
La casistica degli interventi può essere ridotta a tre grandi categorie:
1. Rigenerazione fisica, progetti che intervengono sulle ferite del fordismo
(industrie, edilizia popolare…)
2. Rigenerazione economica, creazione di strutture che servano a sviluppare
economicamente il territorio (aeroporti…)
3. Rigenerazione culturale, promozione di un modello post-fordista.

Che relazione c’è fra le politiche di rigenerazione urbana e la gentrification?


Un caso emblematico è quello dell’area industriale e portuale di Bilbao. Un quartiere
che è stato rimesso a nuovo anche grazie alla rigenerazione economica, e la
gentrification è solo una conseguenza inevitabile.

Capitolo 3, aperitivi, capitali e cultura


Il concetto culturale di gentrification è molto diffuso in America, dove se ne parla con
naturalezza e dove gli elementi del cambiamento, della rottura con il passato sono più
visibili, quindi l’atteggiamento da forza colonizzatrice che ha caratterizzato la seconda
e la terza ondata di gentrification.

La gentrificazione non è solo una questione immobiliare


Se nei capitoli precedenti abbiamo considerato la gentrification come un fenomeno
tipicamente urbano, ora la guarderemo dal punto di vista dei consumi e della cultura.
Due argomenti cautelativi di premessa:
- Relativista, sostiene che guardando i consumi e le culture dei gentrificatori più
vistosi (come pionieri, gli hipster…) vengano enfatizzate solo le fasce più visibili
della società a discapito dell’insieme più vasto dei comportamenti e delle
scelte delle persone medie che vivono in territori gentrificati.
- Di campo, riguarda le conseguenze della presa in esame dei comportamenti che
sembrano a prima vista essere marginali ma che sono simbolicamente ed
economicamente dominanti, il repertorio della classe media dominante deve
fare i conti costantemente con “gli altri”.

Generazioni, valori e culture urbane


Le diverse generazioni di gentrificatori sono diverse fra loro? In che modo si giustifica
una relazione fra il mutamento di valori e la trasformazione urbana?
Si fece strada una tesi controversa, che prese rapidamente piede: le
trasformazioni industriali del 20° secolo hanno portato al declino del settore
secondario e alla crescita del terziario. Questo spostamento comporta una
trasformazione della struttura sociale: aumenta il peso delle classi medie e
soprattutto dei lavoratori tecnicamente più competenti e istruiti. La conoscenza
è quindi un pilastro fondamentale, soprattutto se si pensa alle trasformazioni
tecnologiche.
Veniva quindi restituito alle classi sociali un primato nella configurazione della città,
cercando di dare una spiegazione al perché stavano mutando gli abitanti della città e
con essi i loro consumi e il comportamento sociale.

L’approccio postindustriale
L’avanzata delle nuove classi sociali, produttrici e consumatrici allo stesso tempo della
città, è un fiume in piena, in concomitanza con la nascita dello stato fordista.
Crescono a dismisura i servizi offerti, e con essi i posti di lavoro, è il boom
economico.
Più lavoro  più reddito  più consumi, che cambiano rispetto alle generazioni prima.

Con la società post industriale, e quindi il passaggio dal settore secondario al


terziario, c’è bisogno di nuove figure specializzate, manager, economisti… ad esempio
cambia anche l’istruzione, non c’è più bisogno solo di mano d’opera, ma di lavoratori
qualificati.

Baby boomer e Generation X alla conquista dell’atlantico


Le nuove classi medie mutano profondamente anche dal punto di vista dei valori.
 La GENTRIFICATION è l’adattamento dello spazio della città ai bisogni della
nuova classe, la generazione dei baby boomer (individui nati dopo la 2 guerra
mondiale, diventati adulti negli anni 70). Generazione concettualmente più
liberista (‘68). I nuovi valori che promuovono sono meccanismi di selezione, fra
coloro che hanno i mezzi per raggiungerli e chi no, profonda discriminazione
(contrapposizione con valore liberale).
Reagiscono alla generazione fordista reclamando il diritto alla differenza e al consumo.
Come abbiamo visto le città si imborghesiscono, grande importanza del settore
immobiliare, e progressivo allontanamento delle classi più povere.
I nuovi abitanti sono i garanti della zona gentrificata nella quale vivono, attivismo
politico, spesso opponendosi alla violenza di un’ulteriore getrificazione, per
preservare le classi più deboli (ancora contraddizione)
In parole povere è una generazione fake liberale, anchfe se si fa promotrice di valori liberali,
come la scelta di consumo o l’attenzione alle fasce più deboli, spesso fanno distinzioni che per
prime escludono certe fasce della società.

Le città, una volta colonizzate si adattano ai gusti e agli stili di vita dei propri
cittadini.
Le classi medie filtrano a Londra
Un approccio simile a quello di Ley (), è quello di Hamnett, che analizza Londra. La
capitale britannica, come le altre città industriali è stata caratterizzata dallo
spostamento della centralità del settore industriale, a quello del settore finanziario.
Crescita esponenziale dei professionisti, i ricchi si arricchiscono sempre di più, i poveri
invece vanno assottigliandosi  imborghesimento di Londra
Londra è una città che come molte altre, essendo ricca e piena di capitali in
circolazione, subiscono sia la seconda che la terza ondata di gentrification, L. è infatti
diventata un polo finanziario globale (da polo manufatturiero che era).
Le classi più povere vengono allontanate dal centro di Londra, e con essi il lavoro
operaio, tendenza alla terzizzazione.
- Non è solo la città a trasformare la sua componente sociale, ma anche il
contrario, i cittadini infatti modificano la città a loro volta, in funzione di
interessi, luoghi di interesse…
I figli della generazione postindustriale allo stesso modo lavorano per trovarsi una zona
nella quale vivere con i loro simili, con i luoghi di interesse vicini.
Londra diventa così una scacchiera di gioco, ambita da molte persone, anche i migranti
lavorativi.
Creativi di tutto il mondo
La classe dei migranti lavorativi, detta anche classe creativa, ha una forte influenza
nell’organizzazione della città.
Tesi di FLORIDA: l’ascesa della creatività, anche quella individuale, è il motore
propulsore del cambiamento sociale, culturale ed economico della città.
La creatività è una proprietà degli individui, quindi è condivisa da una classe, appunto
la classe creativa, che si divide in:
- Nucleo super creativo (scienziati, ingegneri, docenti, artisti, designer…)
- Professionisti creativi, impegnati nell’applicazione di ciò che il nucleo super
creativo ha ideato e proposto.
Questa nuova classe è attirata in città dalle 3T: Tecnologia, Talento e Tolleranza, che
hanno permesso di stilare una classifica delle città più “creative”.
È una tesi che è stata molto criticata, soprattutto dal punto di vista scientifico.
Ma va ricordata perché ha mostrato che l’invocazione di politiche urbane alla classe
creativa è una richiesta di gentrification.

L’approccio dell’economia della cultura


Lo studio della cultura è da sempre connesso a quello della città.
Economia simbolica = economia della cultura
Se prima le città maggiori erano specializzate nella produzione e poi diffusione di beni
materiali, ora c’è anche un commercio (interno ed esterno) di immagini, testi, arte,
conoscenza, design, entrertainment… le città si trasformano anche dal punto di vista
spaziale per rendere possibile la produzione e il consumo dell’economia simbolica.
I consumi della cultura evidenziano ulteriormente le disuguaglianze sociali.

Laghi, opera e bar guidano lo sviluppo?


Fra i servizi urbani locali, Clark distingue:
- Natural ameniteies, parchi, luoghi naturali…
- Contructed amenities, teatri, supermercati, eventi sportivi…
E si chiede come la presenza di essi sul territorio possa influire sull’economia.
Chiaramente hanno un impatto positivo sulla crescita economica, ma sulla
gentrification?
È un nodo cruciale per la gentrification contemporanea, la terza e la quarta
ondata infatti si caratterizzano per l’interventismo pubblico nel place-making.
La costruzione e la presenza di luoghi culturalmente interessanti è vantaggiosa per le
città, contribuisce infatti alla presenza di turisti e quindi ricavare profitti economici.
L’area diventa così un embrione di gentrificazione, che induce all’allontanamento
delle classi minori.
Le città si dividono quindi in:
- Compiutamente creative, città globali, la cui forza è la nuova economia
culturale.
- Wannabe creative, che cercano di attrarre gli investimenti e popolazioni
selezionate.
Le città sembrano aver perso la speranza di creare ricchezza dall’interno, e sperano
di ricavarla dall’esterno.

Cultura e città per chi?


La cultura va distinta in “industriale”, prodotta e venduta, e “popolare”, che fa parte
della società. Le due non sempre si conciliano, la cultura popolare appartiene anche
alle fasce basse della società, quelle che si tende ad allontanare proprio per fare
spazio alla cultura industriale e alla sua economia.
I nuovi spazi del consumo sono strettamente legati alla gentrification, gli attori coinvolti
nell’economia edile sono gli stessi che producono il consumo pubblico.
L’interconnessione fra stili di vita, forme culturali e produzione di spazio, poggia
sicuramente sui mutamenti generazionali, delle economie (che producono sempre più
beni immateriali), e su altre due trasformazioni:
1) sviluppo di una cultura postmoderna
2) crescente differenziazione delle metropoli a causa dell’intensificarsi di
migranti e turisti, le città sono sempre più multiculturali (enfasi per le cucine
etniche…) con una invisibile critica alla normalità, tipica della classe media che
rifiuta di essere considerata una classe sociale.
Le pratiche di consumo sono considerate un diritto della classe media, vengono
quindi estetizzate, sia perché il luogo in cui avvengono va progettato e costruito, sia
perché alimentano la spirale dei consumi invisibili. Un quartiere è considerato alla moda
se la sua trasformazione è ben visibile, se ne parla…
Il problema che investe queste trasformazioni è che pur volendo essere accessibile a
tutti (etnie e fasce sociali), la città non è aperta a tutti i cittadini. Sia dal punto di
vista economico, che da quello culturale: la città offre una moneta di scambio
culturale, e solo chi è in grado di utilizzarla può accedere alla città. È un linguaggio che
rappresenta una forma di potere, disegna mappe di disuguaglianza che lasciano ai
margini gli anziani, immigrati, e in generale “le persone non al passo”.
La gentrification quindi rappresenta la manifestazione immobiliare e
commerciale dell’avanzata dell’economia simbolica, allontana gli abitanti
precedenti, stabilisce un linguaggio esclusivo quindi discriminante…

Quartieri, negozi e gallerie d’arte


La città contemporanea è uno sviluppo di produzione e consumo dell’economia
simbolica, le persone che la producono sono le stesse che poi la consumano. Sono
spirali localizzate soprattutto a livello di quartiere, e ciò rende i quartieri di lusso o
poveri.
Se sono gli abitanti a creare i propri quartieri, allora nascono una moltitudine di
quartieri caratteristici delle persone che li vivono.
Ciò rende indispensabile, per le classi che possono permetterselo, scegliere con
cura il quartiere in cui abitare. Di cosa si compone l’adeguatezza di un quartiere? Quali
sono gli elementi che mi permettono di reputarlo accogliente o meno?
- La risposta che dà Florida è offrire amenities.

I consumi, materiali e simbolici, dei cittadini sono sempre più differenziati, quindi
c’è bisogno di un’offerta differenziata. La città è il luogo di incontro fra le aspirazioni
individuali a consumare in maniera legittima, e l’offerta globale per farlo.
Nel panorama urbano Zukin individua tre tipologie commerciali e quindi di
capitale, sia economici che sociali (variano a seconda del cliente interessato:
- Capitale neoimprenditoriale per le boutiques
- Capitale transnazionale per le catene
- Capitale fortemente locale che caratterizza il commercio tradizionale (in via
d’estinzione).
Si tratta di GENTRIFICATION COMMERCIALE, corrisponde ad una sostituzione della
popolazione commerciale precedente, che talvolta viene espulsa (come quella
residente), caratterizzata dall’essere più benestante (catene commerciali) o elitaria
(boutiques).
Una volta gentrificato commercialmente, il quartiere acquisisce una lingua tutta sua,
spesso incomprensibile ai vecchi cittadini. Cambia sia l’apparenza spaziale che i ritmi
temporali (cosa fanno tutti i giovani di notte qua? Che bevono? Perché hanno i tatuaggi?)

Cultura, valori e cambiamento urbano


Come si spiega la particolare geografia della rivitalizzazione della città?
La risposta più semplice è relativa all’andamento dei prezzi (rent gap), si usano i
quartieri con frontiere di profittabilità più elevate. Ma non è sempre così: spesso si
continua ad investire sugli stessi quartieri, lasciandone inalterati altri.
Tentano di dare una risposta al quesito Molotoch e Treskon, che analizzano il
mercato di nicchia delle gallerie d’arte.
Il valore di un’area è associato anche al suo utilizzo in un dato periodo. Bisogna quindi
tenere conto delle preferenze dei cittadini.
I mutamenti dei gusti immobiliari ad esempio variano a seconda di diversi aspetti, il
costo, la vicinanza ad esempio al luogo di lavoro.
Vivere in città adesso piace di più che in passato, la città è diventata il luogo della
riproduzione sociale.

Capitolo 4, i protagonisti della gentrification


Il processo di gentrification non è l’esito di mani invisibili, ma è il frutto dell’azione
congiunta di diversi attori che collaborano.

LE IMPRESE, costruire materialmente la gentrification


Una componente fondamentale della città è l’ambiente costruito, quello materiale,
fatto di palazzi, cemento…
Gli imprenditori che si occupano di questo aspetto sono i costruttori edili, che
dipendono dalla politica locale (per poter costruire occorre l’assenso delle autorità
locali  non esistono imprese costruttrici che operano a livello globale), che lavorano
quindi a stretto contatto.
Solitamente i muratori sono visti essenzialmente come macchine da costruzione,
nessuno ci dà troppo peso. Tuttavia il loro ruolo fa di loro degli speculatori, che non
sanno esattamente come sarà la domanda del bene prodotto, e inoltre non possono
affermarsi come monopolisti, proprio perché la costruzione della città è ciclica .
Il rischio in cui corrono è la sovrapproduzione rispetto alla domanda effettiva,
causando edifici non venduti o non terminati. I mercati finanziari e immobiliari urbani
sono strettamente legati fra loro.
La relazione fra autorità locali ed imprese edili, è reciproca. Anche le prima si
appoggiano sulle seconde soprattutto nella riconversione urbana, creazione di città più
belle. A causa proprio della dimensione locale il settore edile ricopre diversa
importanza da città a città.
Gli imprenditori edili sono stati lo strumento di una politica urbana condivisa di
progressiva costruzione e ricostruzione spaziale, un caso di questi è la new build
gentrification.
LA NEW BUILD GENTRIFICATION
È una gentrification che non passa attraverso la ristrutturazione di edifici/quartieri,
ma le costruzioni nuove vengono già pensate per un determinato pubblico élitario.
(ad esempio la costruzione di quartieri economicamente raggiungibili da classi medio-
alte).
Trattandosi di nuove edificazioni non si può dire che abbiano causato un allontanamento
della popolazione residente, si può parlare quindi di “allontanamento indiretto”.
La new build gentrification non si esprime solo attraverso i residenti, ma anche
attraverso le costruzioni pensate per classi medie. (ex: quartiere Elephant and castle di
Londra).
Se la prima ondata di gentrificazione si era posta di rimodellare la città con riferimenti
al passato, con questa terza ondata si può procedere da una tabula rasa che permette
alla città di crescere senza compromessi con i suoi abitanti.

I professionisti dell’intermediazione, GLI AGENTI IMMOBILIARI


Intermediari del mercato immobiliare, fra costruttori e acquirenti. Sebbene siano in
grado di far dialogare fra loro mondi completamente differenti (sono traduttori
culturali, proprio perché la gentrification ha a che fare con delle trasformazioni)
anch’essi sono stati posti ai margini dell’attenzione.
L’agente immobiliare infatti deve convincere i nuovi acquirenti, mediare i loro desideri
con l’offerta, mediare gli effetti della gentrification.
Sono loro che hanno tracciato i confini della gentrification (poiché sono essi che
stabiliscono il prezzo di acquisto delle case), che decidono quindi quali case possono
entrarci e quali no.
Hanno un ruolo di costante adattamento, nelle prime fasi della gentrification hanno a
che fare con gusti e sensibilità estetiche molto diverse, bisogna far piacere un’area
che prima non piaceva.

LE MUNICIPALITÀ: produrre una città vivibile


Il comune ha un ruolo di grande responsabilità.
Fa parte del network di governo che coinvolge attori a livelli di scala differenti.
VIVIBILITÀ: creare ordine sociale nei quartieri degradati.
Esempio Rotterdam, mentre in Italia l’interventismo edile è a livello locale, nei Paesi
Bassi è a livello statale. Si ha quindi cercato di rendere vivibile un quartiere
costruendo case unifamiliari con lo scopo di diminuire la densità abitativa e mutare il
profilo dei residenti.
- La gentrification è un mezzo quindi per attrarre classi medie nelle aree
svantaggiate, con l’obiettivo di civilizzarle e controllarle  la gentrification non
è quindi solo un esito, ma anche parte integrante di un processo con altri
scopi.
La gentrification è una delle più diffuse politiche urbane. La gentrification come
politica urbana si basa su alcune forme retoriche di cui la vivibilità è uno dei pilastri.
Per essere vivibile un territorio deve promuovere il social mix, una composizione
sociale differenziata permette la creazione di legami sociali, grazie alle classi medie.
Tuttavia il social mix non avviene, lasciando spazio al fenomeno delle tettoniche
sociali, gruppi sociali che coesistono senza relazione.

LE FAMIGLIE, circuiti dello schooling e del ruolo dei figli


Frase di Spike Lee “madri bianche che stanno spingendo passeggini alle 3 del mattino
sulla 125esima”, evidenzia i mutamenti anomali della gentrification, che hanno
ridefinito quindi la normalità.
I nuclei familiari sono portatori di gentrification, si avvicinano alla città per i servizi
(anche la scuola) che offre, e a loro volta la modificano secondo i loro interessi,
arrivando in città infatti le famiglie portano con sé titoli di studio, posizioni
occupazionali e visioni del mondo differenti.
Ci sono due modi per analizzare la relazione fra scelte residenziali, scolastiche
e gentrification:
- Circuito dello schooling (Ball, Bowe, Vincent), le famiglie scelgono la scuola dei
figli in virtù delle possibilità che questa può offrire. Questo tema risente però
fortemente delle differenze nazionali tra sistemi educativi e meccanismi sociali.
- Un altro modo è quello di osservare gli arrivi in città delle famiglie e le pratiche
sociali messe in atto (non necessariamente scolastiche) per consolidare la
propria posizione di classe. (Lia Karsten). La scelta più funzionale presa dalle
famiglie è stata quella di trasferirsi dove c’erano più famiglie simili, per creare un
legame solido alla base. Ciò che ha contribuito a creare il legame è stata la
presenza dei bambini, fulcro delle relazioni sociali. Anche questa unione è stata
segno di discriminazione verso le famiglie di classe più bassa.

La GAY GENTRIFICATION
Esempio quartiere Le Marais a Parigi, quartiere LGBTQ.
L’unione fra politiche pubbliche e investimenti privati ha comportato in molte città la
nascita anche di quartieri Gay, della cosiddetta “pink economy”, che diventano
anch’essi un consumo, distretti culturali e di divertimento.
La città ha da sempre rappresentato un rifugio per le minoranze, e la nascita di quartieri
dedicati è la normale conseguenza.
La gay gentrification ha posto sotto i riflettori una contraddizione: se la
gentrification ha sempre teso a escludere le fasce invisibili e marginali, la gay g. è
un’eccezione, una fascia marginale è diventata il centro di un quartiere gentrificato.
(è comunque molto criticata sia da membri interni, come intellettuali, che da esterni,
probabilmente per una presunta superiorità etica).

Serate ERASMUS E LOCALI ALLA MODA: la gentrification si vede di notte


La notte costituisce una frontiera temporale che viene man a mano raggiunta e
conquistata dal bisogno di consumo e produzione. La notte non rappresenta più il
sonno. O meglio, i lavoratori di stampo fordista la concepiscono ancora così, ma i giovani
lavoratori e gli studenti no.
(gentrification commerciale  gamma molto vasta di offerte, dalla piccola diffusione di
piccole boutique alla grande espansione di marche multinazionali…).
Gentrification notturna
La mutata composizione degli abitanti della città, essa si deve adattare ai loro gusti e
bisogni. Così un quartiere con vita notturna può essere preso in considerazione come
un quartiere che sta cambiando, e quindi essere preso in considerazione come meta di
svago.
È data da una convergenza fra pubblico e creatore.
La comparsa di locali alla moda è un marchio dei quartieri che stanno subendo la
gentrification perché ne esprime i mutati bisogni ed esibisce la facciata.
“Studentification”
Quartieri giovanili, alla moda sono attrattivi per le fasce giovani della società, giovani
lavoratori e soprattutto studenti. I numeri in costante crescita di studenti hanno avuto
un forte impatto sia dal punto di vista culturale (offerta di servizi dedicati agli
studenti), fisico (immobili in affitto), economico.
Gli studenti diventano così la classe media gentrificatirce, portatrice di valori della
classe media.
Essi sono nel momento in cui vivono in città fonte di squilibrio (pensa a tutti i
proprietari di case, proteste contro la movida…).

Capitolo 5, il caso italiano


Prima si concentrarci sulle città di Genova, Milano, Roma e Torino, dobbiamo vedere
alcuni aspetti che riguardano le città, le famiglie e le classi sociali italiane.

Classi, case e città


Prima della gentrification delle città, ci sono stati alcuni cambiamenti comuni nella
struttura politica, sociale ed economica delle città italiane.
Come il resto delle città, le città italiane si sono trovate negli anni 70 in mezzo al
dualismo che voleva europeizzare le città da un lato, e dall’altro invece mantenerne
la “località”.
A partire dagli anni 90 però le città italiane hanno affrontato alcuni problemi come la
deindustrializzazione, la terziarizzazione delle economie urbane, perdita di
popolazione dei comuni urbani e il loro progressivo invecchiamento… dinamiche
spesso interrelate.
La ricomparsa delle città italiane sullo scenario nazionale è legata sia a cambiamenti
strutturali che a una mutata concezione della loro gestione.
Le politiche territoriali hanno dovuto quindi fronteggiare il rapido mutamento delle
città, adottando diversi registri d’azione.
La gentrification all’italiana non è però solo il frutto di decisioni politiche, esse
si devono infatti amalgamare con i gusti e le tendenze del pubblico. Per rendere un
quartiere gentrificato non basta costruire una piazza o una strada pedonale, bisogna
che le persone comprino e quindi gradiscano la zona.
Dentro e fuori le mura, il declino dei mondi operai e l’ascesa della classe media
A partire dagli anni 70 la tendenza era quella di perdere popolazione nei centri
urbani, legato alle trasformazioni storico-demografiche
deindustrializzazione e terziarizzazione, meno bisogno di mano d’opera
ma più qualificata + scarsa attenzione alle politiche di sostegno alle
famiglie = spopolamento progressivo

Le città hanno quindi vissuto il doppio progresso  assottigliamento della classe operaia
e bassa, consolidamento della classe media.
Le città sono meno segregate del passato, ma con un amalgama di cittadini di classe
medio-alta, la cui distanza fra loro è andata sempre più diminuendo, città sono il
palcoscenico dove avvengono le relazioni fra classi.
La casa degli italiani.
La gentrification italiana, figlia di una crescita generalizzata, va messa in relazione con i
comportamenti residenziali delle nuove classi cittadine.
Non si intende solo il back-to-the-city-movement, il ritorno in città, ma anche la
dinamica e progressiva mutazione della composizione della città. Sono rimasti
all’interno i figli delle classi medie, beneficiari di titoli di studio che permettono
l’accesso lavorativo al mondo terziario.
Come gli abitanti si sono appropriati della città, attraverso quali pratiche di accesso
alla casa?
la casa è un bene posizionale, di cui vedremo le caratteristiche. La gentrification dei
centri urbani è stata segnata dalla proprietà della casa, dalla corsa al mattone (dagli
anni 70 in poi gli investimenti si spostano dalle industrie al settore edilizio), seppure con
qualche differenza. I cittadini sud-europei (Italia, Grecia, Spagna…) sono il 85%
proprietari dell’immobile in cui vivono, percentuali molto diversi dai paesi nordici (60%).
Ad esempio in Italia avere la propria casa è sinonimo di sicurezza, le famiglie in
affitto sono le più vulnerabili socialmente. MA a livello urbano, centro città, la
percentuale diminuisce parecchio.
Le disuguaglianze sociali nell’accesso alla casa segnano geografie molto chiare,
delineate anche dall’azione pubblica che ora tende a tutelare solo le fasce più deboli.

GENOVA: turisti e studenti alla conquista del centro storico


a partire dagli anni 90, a Genova sono stati identificati tutti e tre i cambiamenti della
gentrification (ricambio sociale, riqualificazione edilizia e localizzazione centrale).
LA TRASFORMAZIONE È STATA DATA DA DUE FATTORI:
- Arrivo di 650 milioni di euro tra il 1993 e il 2005 per le rigenerazioni urbane.
- Trasformazione della composizione sociale del centro storico, abbandonato
dalla borghesia nel dopoguerra e poi ripreso, più un arrivo costante di nuovi
cittadini, sempre di fascia borghese (studenti, nuove coppie…).
Questo ha comportato un mutamento nell’immaginario complessivo del centro di
Genova, dove prima ad esempio i vicoli erano da evitare e ora sono una “scelta di
vita”.
La studentification è sicuramente uno degli elementi trainanti della gentrification
del centro storico.
L’acquario e il manganello
Sicuramente l’acquario è la più grande attrazione turistica del capoluogo ligure.
Il g8 del 2001 ha sicuramente contribuito a diffondere a livello globale un’immagine
di Genova modernizzata, dove il manganello ha sostituito per 4 giorni i delfini. La città
è stata così proiettata verso pubblici globali, nel bene e nel male.
Consumare Le Courbusier
Anche l’istituzione universitaria ha giocato un ruolo fondamentale nel processo di
gentrification, soprattutto per il centro storico. Gli insediamenti universitari hanno un
ruolo decisivo della ridefinizione dell’identità urbana.
L’arrivo di università non contribuisce solo ad aumentare quel mercato “soft” di
cultura, ma anche risvolti economici più pratici (colazioni al bar, aperitivi, pranzi
veloci…)
La città cambia radicalmente, sia dal punto di vista dei residenti (studenti, e anche
nuovi a basso reddito) che degli utenti, e ciò porta alla fuoriuscita di alcuni segmenti
della popolazione precedente.

Milano: l’Isola, la Stecca e l’emiro


L’Isola è l’ultimo dei quartieri che è stato trasformato per utenti progressivamente
più ricchi, dagli anni 70 fino ad ora. Conseguenza  come avvenne per Londra c’è un
filtraggio dei residenti, il centro è sempre più largamente abitato da classi superiori.
Complice del filtraggio dell’unica città globale italiana, è sicuramente la
terziarizzazione.
la fine di un’Isola
a causa di barriere urbane (come la stazione di Milano-Garibaldi), l’Isola ha potuto
giovare di una sorta di isolamento urbanistico, diventando una sorta di villaggio
urbano.
L’Isola ha sempre giovato di un tessuto produttivo misto, dalle grandi multinazionali
alle piccole boutique, ma la componente residenziale ha cambiato via via con il
tempo, a favore di un profilo d’abitante giovane ed acculturato.
Questo filtraggio residenziale si è riflettuto anche della composizione edilizia, le
ristrutturazioni interne ed esterne hanno fatto aumentare esponenzialmente i prezzi.
La stecca degli artigiani
È il secondo dopoguerra, e l’ultimo edificio delle Tecnomasio viene occupato da un
gruppo di artigiani dell’Isola, che quindi lo tramuta nella Stecca degli artigiani.
È un edificio che ospita una miriade di attività culturali e non, indipendenti e promosse
dalla cittadinanza.
A partire dagli anni 2000 il comune imprime una svolta pro-growth, sviluppando il
progetto della Città della moda, e in quegli anni la Stecca viene occupata
definitivamente da associazioni e abitanti. Tutt’attorno si cerca di mettere in atto un
filtraggio delle persone.
In seguito al fallimento dei molti progetti (fra i quali anche la città della moda) che
erano attorno alla stecca, essa venne demolita, ponendo fine al passato di artigiani
dell’Isola.
L’emiro e l’Isola
Un ulteriore progetto che indurisce la gentrification della zona è il progetto Porta
Nuova. Il bosco verticale. Un progetto che ha origine nei vuoti urbani e nei decennali
conflitti sulle destinazioni dell’area nord di Milano.
La spirale di investimenti coinvolge molte multinazionali, ma ha una svolta decisiva
quando nel 2013 entra anche il fondo Quatar investment Authority.

ROMA, patrimonio pubblico e spazi privati


La gentrification di Roma è stata caratterizzata da una progressiva riscoperta delle
zone del centro da gruppi di intellettuali, in particolare negli ultimi decenni. Questa
desiderabilità del centro si scontra però con processi di speculazione abitativa.
L’urbanizzazione di Roma, legata alle massicce migrazioni verso la capitale, ha avuto
un andamento di crescita molto sostenuto, caotico e progressivo verso la fascia esterna.
In questo contesto lo spopolamento sembra paradossale, la fuga dal centro è stata
molto rilevante tra gli anni 50 e 70. Le ragioni della grande espulsione sono 4:
- Fisiologica, sovraffollamenti quindi degrado abitativo del primo dopoguerra.
- Grande espansione del settore terziario, erode case per sostituirle con uffici.
- Grande importanza del turismo, le abitazioni si trasformano in strutture ricettive.
- Il mercato immobiliare centrale è stato quindi privatizzato in favore di mercati
turistici.
Inoltre anche la studentification ha avuto un forte impatto sugli alloggi per le famiglie
residenti, e questo ha comportato ovviamente un cambio di residenti, e un cambio di
servizi offerti.
Come a Milano la borghesia è sempre stata presente all’interno della città, ma con 3
differenze:
- Si è sempre mescolata con la piccola borghesia.
- Era presente anche in alcune zone fuori dal centro.
- Durante la gentrification hanno resisto alcuni quartieri popolari, come Trastevere.
Monti: la suburra diventa trendy
Il rione Monti, nato fra il 500 e il 600, era un quartiere di operai e artigiani,
caratteristica che insieme al fatto che essendo costruito in mezzo a due colli aveva
stradine piccole e in discesa, avevano fatto della zona un territorio degradato e
popolare.
Il quartiere, noto anche come Suburra, come l’Isola di Milano, pur essendo in centro,
rimaneva isolato e marginale.
Cambiano alcune variabili, valorizzazione economica delle aree del centro,
mutamento nei bisogni e negli stili di vita dei cittadini…  il quartiere ritorna ad
essere interessante, i suoi appartamenti, le sue vie prima strette e da evitare, si
trasformano come quelle di Genova.
Particolare importanza della nuova vita notturna.
Uno dei problemi è stata la privatizzazione di luoghi prima pubblici, come Piazza
Madonna de’ Monti, prima parcheggio, e ora zona turistica.
Il Pigneto, colpa di Pasolini?
Diversamente dal quartiere Monti, il Pigneto è stato costruito di recente, meno
centrale. Frutto sia di un progetto, che di costruzioni abusive, dove si rifugiavano gli
sfollati dalla gentrification dei centri urbani. Il comune di Roma sempre cercò di sfollare
gli abusivi del quartiere, finché non si insediarono definitivamente i nuovi gentrificatori
(attirati dalla popolazione multiculturale) e le popolazioni straniere, che ovviamente si
insediarono in due modi completamente diversi
Anche questo quartiere diventa una sorta di villaggio urbano.

TORINO: pirotecnica, debito e licenze commerciali


Ad un certo punto della propria storia, che si fa coincidere con la cosiddetta “marcia dei
40 mila”, Torino ha dovuto ristrutturare la propria economia locale.
È una marcia degli impiegati FIAT che chiedono la fine degli scioperi, segna il punto di
rottura fra la classe operaia e il ceto medio.
Successivamente Torino, come le altre città, assiste alla crescita dei residenti
appartenenti alla borghesia. Il passaggio alla terziarizzazione è lento.
Vengono identificate tre linee di sviluppo:
- Torino policentrica, ridefinizione del sistema di infrastrutture, trasporti e
sviluppo urbanistico.
- Torino politecnica, adeguamento di strutture accademiche e di ricerca, sviluppo
e innovazione. Università e Politecnico.
- Torino pirotecnica, la più mediaticamente promossa, dalla città del lavoro alla
città degli eventi, dell’intrattenimento e della cultura. (giochi olimpici del 2006)

La rinascita del Quadrilatero Romano


La differenza fra la seconda e la terza ondata di gentrification, sebbene in entrambe
sia molto importante il pubblico, è che la terza si concentra anche su aree non
centrali, in particolare quelle deindustrializzate (new-build-gentrification).
Il quadrilatero romano si pone fra le due ondate, ha elementi della seconda nel periodo
della terza.
L’interesse per la zona data degli anni 70, quando nasce una partnership pubblico-
privata. 10 anni dopo inizieranno effettivamente i lavori, che non procedono bene a
causa dell’instabile politica locale.
L’impresa inoltre rileva e amministra molti locali commerciali nelle vie principali,
praticando una selezione. Ancora furono allontanate le popolazioni marginali.
Quartiere notturno, rilancia la sua immagine, valorizza l’aspetto commerciale.
Il quadrilatero romano ha beneficiato dell’azione combinata di pubblico e privato
(singoli che hanno comprato le licenze del quartiere).
San Salvario, dalla voglia di spranghe a quella di vino biodinamico
Negli anni 90, mentre il quadrilatero godeva dei primi interventi di riqualificazione, San
Silvestro stava attraversando una fase di degrado.
Da sempre una zona multiculturale e tollerante, messa in difficoltà dall’eccessiva
presenza della popolazione immigrata.
Altri fattori di crisi: eccessiva visibilità degli immigrati, crisi commerciale dell’area,
degrado fisico degli edifici, diffusione di spaccio.
L’intervento urbanistico è stato sporadico, a differenza del quadrilatero.
Tuttavia fu presente una gentrification commerciale, che lo accomuna con il
quadrilatero, in entrambi i casi ci fu un utilizzo strategico e selettivo delle licenze.
San Salvario fu posto sotto attenzione grazie all’euforia post-olimpica, che voleva
guardare verso le aree limitrofe al centro. Valorizzazione commerciale + mediatica
(articoli che ne parlavano, studenti, vita notturna…).
Come per Genova e Roma il punto di svolta del quartiere è stata la
costituzione di un distretto legato alla vita notturna. Conformazione fisica + locali +
pubblico universitario.
La gentrification di San Salvario non è tanto a livello immobiliare (prezzi non troppo
aumentati) o di residenti, ma è un cambio a livello commerciale, con la progressiva
scomparsa dei tradizionali commercianti di prossimità, sostituiti da negozi bio.

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