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IL DOPPIO SPAZIO DELL’ARCHITETTURA

Il problema con cui i progettisti devono fare i conti è costituito dalla “gente” il cui rapporto con lo spazio
costruito non può più essere dato per scontato. Il progettista deve capire la gente, la loro domanda e le
nuove culture.

CAP.1 SPAZIO E TEORIA SOCIOLOGICA


La sociologia ha sempre dimostrato scarso interesse verso la necessità di situare spazialmente l’oggetto
delle sue analisi; la sociologia non è invece interessata al “luogo”.

1.LO SPAZIO FISICO IN 3 AUTORI: DURKHEIM, WEBER, SIMMEL


Mostrano interesse verso lo studio dell’organizzazione delle relazioni sociali in termini di spazio.
DURKHEIM: lo spazio è una forma di categorizzazione sociale e come tale esprime “aspetti differenti delle
società che a loro volta li hanno anche prodotti”. Lo spazio si deve intendere come categoria prodotta
socialmente. Considera lo spazio un fatto sociale totale.
MAX WEBER: tentativo di coniugare analisi storica e analisi urbana. Descrive l’evoluzione della forma-città
nella storia. Per lui ciò che definisce la città è la possibilità dello scambio e del commercio.
GEORG SIMMEL: pone le basi per un analisi sociologica della vita nella città contemporanea, il soggetto
intrattiene liberamente relazioni-prestazioni mediate dal denaro, e produce ricchezza attraverso di loro.
L’individuo urbano è più libero.

2.EMPLACEMENT E PLACEMAKING: 2 DIREZIONI DI RICERCA


Più recentemente, si ha una sociologia dell’architettura: lo spazio come “cornice strutturata e strutturante”
dell’agire sociale. Per autori più recenti lo spazio fisico è un campo di contesa sociale. È il contenente ma
anche il contenuto del conflitto sociale.
Lo spazio progettato è qualcosa di “attivamente passivo”, poiché è fatto ed è capace di fare.
Sull’asse determinato dal rapporto persona-spazio la ricerca ha esplorato le 2 possibili direzioni del PLACE-
MAKING(il soggetto fa lo spazio) e dell’EMPLACEMENT(lo spazio fa il soggetto). La ricerca ha mostrato come
i soggetti determinano lo spazio che vivono e abitano e come lo spazio determina i soggetti. La ricerca sul
place-making si articola su 3 grandi aree tematiche:
- 1. Lo studio dei processi che producono l’assetto complessivo dello spazio, cioè come le forze
sociali plasmano la forma dello spazio su larga scala;
- 2. La ricerca sui processi a piccola scala che determinano localmente effetti in termini di spazio
progettato: è qui che si studiano le pratiche che costituiscono il dispositivo di attuazione delle
trasformazioni strutturali;
- 3. Studia la vastità di pratiche attraverso le quali i soggetti abitano lo spazio, trasformandolo così in
un luogo. È qui che sono analizzate le 2 modalità principali di rapporto tra soggetto e spazio: la
percezione e l’attribuzione di significato.
Mappe mentali: lo spazio imprime nelle menti dei soggetti figure stabili che permettono loro di orientarsi e
di intrecciare con lo spazio un rapporto significativo.
Lavorare sull’emplacement significa affrontare il problema di come lo spazio, ne costituisca le condizioni,
contribuendo a fare i soggetti. Ciò accade attraverso la collocazione(emplacement) delle differenze e
gerarchie che caratterizzano i rapporti sociali. La ricerca sull’emplacement può essere ricondotta a 3 grandi
aree:
- 1. Gli studi che analizzano come la struttura dello spazio costruito incorpori il potere e l’asimmetria
con cui esso è distribuito tra i soggetti sociali. La struttura della parentela è spazializzata, cioè
rappresentata sotto forma di spazio. L’organizzazione dello spazio concretizza e favorisce la
riproduzione dello spazio sociale
- 2. L’area che prende come oggetto di studio lo spazio in quanto matrice dell’azione pubblica e del
comportamento politico
- 3. Infine, il problema della relazione tra corpo e spazio. lo spazio è il medium nel quale e attraverso
il quale avvengono le relazioni sociali, e come tale, lo spazio può inibirle o favorirle, può cioè essere
spazio che tende all’estrangement o all’engagement.
CAP.2 CONOSCENZA SOCIOLOGICA E AGIRE PROGETTUALE
1.LO SPAZIO COME CORNICE DELL’AGIRE SOCIALE
Lo spazio fisico definisce la cornice dell’agire sociale: spazio naturale, quando l’intervento dell’uomo è
assente o minimamente apprezzabile, ma spazio progettato, modificato cioè intenzionalmente dall’uomo,
spazio costruito.
Le discipline progettuali mancano di porsi il problema di studiare la vita che abita uno spazio progettato una
volta che esso sia messo a disposizione dei suoi destinatari. La sociologia dell’architettura mette al centro
del proprio programma di ricerca il problema del rapporto tra soggetto e spazio. l’architettura va intesa
come realizzata solo quando è abitata da una vita: la porta cioè al suo compimento.

2. DUE ESEMPI DI DISTANZA TRA INTENZIONI PROGETTUALI E INTENZIONI DEGLI ABITANTI


- La residenza Frank, o House VI, di peter Eisenmann: i Frank, una volta consegnato loro il progetto, trovano
la casa “inabitabile”, e attraverso una forma di autoprogettazione(alterazione) riconducono quel luogo alla
familiarità del letto matrimoniale come spazio privato di coppia.
- Maghreb: si ha il fallimento di interventi ispirati dalle “buone intenzioni colonialiste”, che viene però
rifiutato dalla popolazione destinataria. L’ottusità dei pianificatori era dovuta all’incapacità di comprendere
lo stretto rapporto tra spazio fisico e spazio sociale per cui una modifica del primo implica necessariamente
anche un riassetto del secondo.

3. CONOSCENZA SOCIOLOGICA E AGIRE PROGETTUALE: UN MODELLO DI INTERAZIONE


Uno dei motivi che ispirano l’agire architettonico è produrre le condizioni spaziali per la realizzazione di
mondi sociali immaginati. Rapporto tra Architettura e scienze sociali sempre problematico.
Il modello che rappresenta le possibilità di rapporto interdisciplinare tra sociologia e agire progettuale è
composto da 3 fasi:
- Fase “EX ANTE”(un momento di elaborazione teorico-metodologica)
- Fase “IN ITINERE”(un momento di agire congiunto nella progettazione allargata)
- Fase “EX POST”(un momento di valutazione degli esiti progettuali).
La fase 1 “EX ANTE” è da ricondurre all’interno di un modello di economia della conoscenza e di divisione
del lavoro intellettuale, per cui la conoscenza prodotta nel campo sociologico(output) può servire ad
arricchire la sensibilità del progettista, cioè diventare un input per il progetto. Ciò può accadere in 3 modi:
-1a: le scienze sociali producono conoscenza nella forma di teorie generaliste ad ampio raggio; queste sono
assunte dal progettista come base conoscitiva del suo agire
-1b: le scienze sociali producono conoscenza in termini di teorie specialistiche a medio raggio che operano
su oggetti circostanziati. Qui il rapporto tra conoscenza prodotta e agire progettuale è stretto: la
progettazione fa uso di questa conoscenza per orientare e motivare alcune scelte specifiche. Questi studi
permettono di conoscere più dettagliatamente le proprietà del destinatario degli esiti progettuali.
-1c: le scienze sociali possono fornire all’agire progettuale gli strumenti metodologici per la ricerca empirica
per l’analisi di contesto e la programmazione progettuale.
La fase 2 del rapporto tra scienze sociali e progettazione riguarda la collaborazione operativa in termini di
progettazione allargata: essa si realizza nel passaggio da una concezione monocratica del progetto, dove un
designer agisce come unico decisore, ad una pratica d’equipe che vede coinvolti progettisti e scienziati
sociali dove il designer gioca il ruolo di “primus inter pares” in un impresa collettiva.
La fase 3 rappresenta il momento in cui le scienze sociali collaborano alla valutazione degli esiti del
progetto, in particolare alla congruenza tra intenzioni progettuali e interpretazioni, usi e bisogni del
destinatario.

4. NECESSITA’ DI IMMAGINAZIONE METODOLOGICA


Si deve arricchire la strumentazione concettuale lasciando che sull’ impianto delle categorie classicamente
sociologiche si innesti una varietà di concetti provenienti da altri campi del sapere.
Poi, bisogna attingere al più vasto assortimento di strumenti metodologici. Si deve far leva sulle numerose
modalità attraverso le quali si fa esperienza del circostante.
5. CONCEZIONE DIALOGICA DELL’ARCHITETTURA
Si avverte la necessità di favorire presso i designers il consolidamento di una cultura progettuale “culturally
responsive”, cioè ottenuta alla risposta che suscita nei destinatari, e sensibile al livello di congruenza che il
progetto mostra nei confronti della cultura di cui gli abitanti sono portatori. L’analisi del rapporto tra spazio
potenziale del progetto e spazio effettivo dell’abitante è un contributo alla valutazione dell’architettura.
Obbiettivi interni ed esterni dell’architettura: un’architettura cui si fa esperienza attraverso tutti i sensi, e
che si sottopone ad un uso, e un architettura che si pone come oggetto distante da contemplare, di cui si fa
esperienza estetica attraverso la vista.
La sociologia dell’architettura è interessata inoltre a favorire una concezione dialogica dell’architettura. Un
oggetto architettonico va inteso come un momento di una pratica discorsiva in cui l’architetto non afferma
una proposizione, ma piuttosto emette un’enunciazione, che contiene sempre una domanda in attesa di
risposta. Essa contiene cioè sempre in se 2 soggetti, il cosiddetto minimo dialogico. Trova la sua specifica
compiutezza ne “l’alternanza dei soggetti del discorso”, ”nella possibilità di rispondere”, “di assumere nei
riguardi dell’altro una posizione responsiva”. Un architettura, produce senso solo quando realizza il minimo
dialogico, e permette l’incontro tra progetto e suo abitante.

CAP.3 SPAZIO COME CORNICE DELL’AGIRE SOCIALE


1.AFFORDANCE E SIGNIFICATO NEL RAPPORTO SOGGETTO-SPAZIO
Il soggetto si mette in relazione con lo spazio circostante seguendo il moto di 2 forme di interesse: un
interesse per le opportunità offerte per l’azione, e un interesse per la possibilità di rintracciare un
significato nello spazio circostante.
Lo spazio abitato(spazio effettivo) ha duplice natura: una manifesta, relativa al piano delle azioni mediate
dallo spazio, ed una latente, cioè non immediatamente osservabile, perché relativa al piano dei significati.
Lo spazio fisico si offre ovunque all’agire sociale attraverso 2 modalità: fornendo affordance (quel che
percepiamo quando osserviamo gli oggetti sono le loro affordance, non le loro qualità), cioè opportunità
per l’azione mediate dallo spazio, e supporti per significati. I comportamenti manifesti (routines) acquistano
un loro senso solo se sono anche associati ad un universo di significati. Lo spazio fisico e in particolare
quello progettato, si presta all’attività di attribuire senso. La dinamica tra soggetto e spazio si esprime
attraverso una produzione sociale di significato ancorato allo spazio. alla presenza di affordance, la
popolazione ancora un significato.
I soggetti agiscono verso le cose sulla base di ciò che esse significano per loro e questo significato emerge
dall’interazione sociale che l’attore ha coi suoi simili. Questi significati si modificano attraverso un processo
interpretativo che coinvolge gli altri soggetti e l’ambiente, così il significato si consolida nel processo di
interazione. Alla situazione, corrisponde sempre una definizione della situazione.

2.GLI ESPERIMENTI DI MASLOW E MINTZ


Affrontano il problema del rapporto soggetto-ambiente in termini di “significato”. Idearono un esperimento
col quale studiare gli effetti di ambienti semanticamente determinati, ovvero di ambienti molto connotati
esteticamente: 2 gruppi di soggetti venivano invitati ad eseguire un classico test proiettivo in 2 stanze
differenti, una “beautiful room”, arredata con gusto e ricca di elementi decorativi e una “ugly room”,
poveramente allestita. L’arredamento, dal punto di vista di affordance, è lo stesso. L’obiettivo
dell’esperimento è studiare se e come l’ambiente contribuisce a formare i loro giudizi. I soggetti
assegnavano sistematicamente punteggi più bassi alle foto osservate nella stanza “brutta” e
sistematicamente più alti a quelle osservate nella stanza “bella”, nonostante le foto fossero identiche.
È la stessa struttura semantica dicotomica associata ai 2 ambienti ad essere riprodotta nei giudizi sulle foto.

3.UN PRIMO LIVELLO DI SCALA: LA CASA COME LUOGO DELL’ADDENSARSI DI SIGNIFICATI


Lo spazio è dunque per l’abitante un’opportunità per inscrivere o leggere un significato. L’abitante codifica
e decodifica contenuto semantico nello spazio che lo circonda. Le scienze sociali applicate allo spazio
progettato devono aiutarci ad analizzare quei descrittori della situazione inscritti nello spazio fisico.
Lo spazio progettato va considerato dalla sociologia come una funzione che organizza un sistema di
relazioni tra soggetti e tra soggetti e oggetti.
Il luogo privilegiato per l’addensarsi di significati è la casa. Si assiste a molti casi di primato esclusivo del
significato sulla funzionalità della forma, per cui i significati inscritti dominano gli aspetti funzionali. Lo
spazio costruito è primariamente uno spazio sociale e culturale prima che funzionale.
- La casa(BERBERA) è organizzata secondo un insieme di opposizioni omologhe
- La casa(ATONI) è la progressiva divisione di insiemi in parti
Nello spazio domestico si sovrappongono significati privati e significati sociali: è il luogo dove il controllo
personale sullo spazio circostante è massimo ma è anche più prossima al soggetto la presenza di strutture e
vincoli sociali, ed è il luogo dove avviene quel “lavoro incessante” di costruzione sociale del mondo.
La casa va intesa così come un passaggio obbligato dell’analisi dello spazio progettato dal punto di vista
sociologico. È una “macchina per significare”.

4.SIGNIFICATO INSCRITTO SU SCALA PIU’ AMPIA


Si tratta di considerare il paesaggio urbano e rurale come il risultato di un costante animarsi di
comportamenti e di significati ad essi associati.
Il paesaggio può essere inteso come un segno complesso per la comunicazione dell’identità. Questa
distinzione può avvenire “orizzontalmente”, cioè affermando una differente appartenenza di gruppo o
etnica(esorcizzando il rischio della “perdita dell’identità”) o “verticalmente”, nel senso di inscrivere nello
spazio fisico lo status di un gruppo sociale e di sancirne la sua posizione dominante rispetto ad altri gruppi.
Ad un livello di scala ancor più alto, cioè a scala territoriale, anche il disegno complessivo di un area vasta
può essere considerato un macro-segno intenzionalmente posto.
Due studi a loro modo classici: il primo è un saggio sull’organizzazione territoriale dell’impero Maya, il
secondo è un analisi del sistema delle chiese di Positano in Campania
- Il caso dei Maya è un esempio della corrispondenza che si può dare tra cosmologia e struttura
insediativa. Avevano un universo quadripartito. Anche a questo livello di scala, osserviamo un
significato inscritto nella forma, a scapito della funzionalità.
Central-Place Theory: questa teoria prevede che intorno ad un centro maggiore si dispongano
centri minori secondo uno schema esagonale.
- Le 19 chiese sparse a ridosso della piccola baia tra Positano e Paiano sembrano rispettare uno
schema insediativo né casuale né esclusivamente funzionale. Nessun ordine, nessuna trama
evidente lega la posizione degli edifici sacri. L’autore giunge alla conclusione che l’orientamento di
tutte le chiese della baia di Positano segue uno schema determinato, inscrivendo nel paesaggio un
sistema di esatte relazioni. Il criterio che genera il loro orientamento è riconducibile ad una seria di
relazioni interne all’area di pertinenza. C’è la manifestazione di un “agire simbolico”, che ha portato
gli antichi abitanti di Positano a disporre segni sul territorio che rimandano ad un significato.

5.IL PRIMATO DEL SIGNIFICATO SULLA FUNZIONE


Primato cioè del rimando ad un contenuto semantico a scapito della “capacità di risposta all’uso” dello
spazio. questi casi sono evidence assai significative.
Sono privilegiati con regolarità elementi della forma che hanno natura identitaria, e che inscrivono
significato, anche a scapito di elementi funzionali. Il bisogno di esprime un identità sociale (di significare un
posizionamento sociale) è così rilevante da indurre i soggetti anche a trascurare aspetti funzionali.
In alcuni contesti si arriva a scelte costruttive costosissime pur di permettersi di comunicare un significato
simbolico. Scelte in termini di spazio sono dispositivi per l’affermazione di un’identità e per il
posizionamento sociale di questa identità: materiali adottati, scelte stilistiche ecc, sono mezzi per riferirsi al
un contenuto semantico piuttosto che, per raggiungere un obiettivo funzionale.
Si ha il conflitto relativo al monopolio sull’autorità di gestire i dispositivi semantici, che. permettono
all’abitante di inscrivere un significato allo spazio progettato
- CBS building, di Eero Saarinen, New York, 1964: al momento della consegna del progetto ai suoi
destinatari si aprì un apro contenzioso intorno alla possibilità di personalizzare gli interni secondo le
preferenze dei futuri abitanti dell’edificio. Questi conflitti si producono quando i destinatari non
detengono piena autorità sul luogo che abitano, e si vedono impedire alterazioni o
personalizzazioni, da parte dei “custodi dello spazio”.
Le case dello studente sono un caso esemplare in questo senso: i segni di personalizzazione e alterazioni
che loro inscrivono in questo spazio che è loro solo temporaneamente sono combattute dalle autorità. Si
configurano come battaglie simboliche. Sono essenziali per garantire il modo in cui i soggetti stabiliscono un
significato(stabiliscono un luogo).

6.LA VISIBILITA’ COME FATTORE DETERMINANTE NELL’OPERARE INFERENZE SULL’AMBIENTE


La visibilità, la probabilità di un elemento di essere percepito come distinto. Gli elementi visibili sono la
fonte informativa principale attraverso la quale noi operiamo le nostre inferenze sull’ambiente che ci
circonda.

7.UN TENTATIVO DI TEORIZZAZIONE: COMPLESSITA’ SOCIALE E SEGMENTAZIONE DELLO SPAZIO


Spazio fisico e spazio sociale intrecciano una stretta relazione, e sono uno causa dell’altro: la città è al
tempo stesso rappresentazione simbolica dell’organizzazione sociale da cui scaturisce ma anche matrice
che permette la sua continua riproduzione. Un caso esemplare è dato da società relativamente semplici
come quelle tribali, i cui insediamenti presentano un elevato grado di flessibilità.
Presso le popolazioni tribali Mbuti dell’africa centrale, si ha la relazione dinamica tra spazio fisico e spazio
sociale. Lo spazio fisico si adatta allo spazio sociale.
Nel 1990 l’archeologa Susan Kent avanza l’ipotesi per cui la complessità sociale determina l’organizzazione
dello spazio e dell’ambiente costruito, perciò quando una società diviene più complessa socio-
politicamente il suo uso dello spazio e la sua architettura divengono più segmentati e articolati. Questa
ipotesi permette di articolare il principio di corrispondenza tra spazio sociale e spazio fisico, ponendo le
prime basi per una teoria della “logica sociale dello spazio”, per la quale non solo i “fatti sociali sono formati
nello spazio”, ma anche “i fatti sociali formano lo spazio”. complessità sociale e segmentazione dello spazio
si influenzano reciprocamente. All’aumentare della complessità sociale, aumenta la complessità dello
spazio progettato.

8.DIREZIONI PER LA RICERCA: LE FORME DEL SIGNIFICATO NELLA CONTEMPORANEITA’


Vi è una perdita complessiva del contenuto simbolico dello spazio progettato. Il contenuto simbolico è
sostituito da significati a basso livello di astrazione. È necessario andare alla ricerca di questi significati
consapevoli della loro non immediatezza. Si è sempre posto il problema di chi fosse in possesso dei codici
necessari all’interpretazione dei significati inscritti nell’architettura: l’ipotesi più plausibile è quella di una
stratificazione sociale del possesso dei codici e, una stratificazione sociale nell’accesso ai significati. La
disomogeneità della popolazione della città contemporanea implica che molti dei codici comunicativi
comunemente a disposizione dei soggetti non siano più pensabili come condivisi, ma come molto
frammentati. Lo spazio costruito torna quindi a acquisire rilevanza primaria come sistema di trasferimento
di significato socialmente prodotto.
Anche in un moderno ambiente di lavoro è possibile rintracciare una rappresentazione di una
“cosmologia”, nel senso di uno spazio sociale ordinato da una visione del mondo. Tutto insieme determina
uno specifico “universo di significati”.

CAP.4 SPAZIO COME PROBLEMA DI RICERCA


1.AGIRE PROGETTUALE E PUNTO DI VISTA SOCIOLOGICO
L’osservazione, una tecnica propria delle scienze sociali, da un contributo alla comprensione dell’agire
progettuale.
Un’architettura dovrebbe essere sempre intesa come il risultato dell’intersezione tra due insiemi di
intenzioni. Prima di tutto, le intenzioni inscritte nello spazio dal progetto stesso. L’attività di progetto va
considerata come un continuo formulare ipotesi su effetti di scelte: il designer ha la responsabilità di
anticipare le conseguenze delle proprie soluzioni, risolvendo congetture. Nell’organizzazione dello spazio
troviamo inscritte aspettative definite. Queste aspettative sono STRUTTURALI (hanno cioè a che fare con la
coerenza e la capacità performativa della forma progettata) e COMPORTAMENTALI (riguardano le modalità
di vita e d’uso dello spazio progettato).
All’ insieme di queste intenzioni progettuali corrisponde l’insieme delle intenzioni dei destinatari dello
spazio progettato, un insieme di intenzioni che si manifestano in pratiche relative allo spazio. Nel momento
in cui uno spazio progettato giunge al suo compimento, quando cioè i destinatari se ne appropriano
diventando gli abitanti, uno spazio prima solo potenziale, diventa effettivo. Gli abitanti rendono quello che è
solo uno spazio come opportunità uno spazio messo in pratica come realtà. Gli abitanti realizzano la vita
che anima la forma progettata.

2.SPAZIO POTENZIALE DEL PROGETTO E SPAZIO EFFETTIVO DEGLI ABITANTI


Si da un arco ampio di possibilità di intersezione tra lo spazio potenziale definito dalle intenzioni progettuali
e lo spazio effettivo realizzato dalle intenzioni degli abitanti. Le cause di variabilità del grado di congruenza
tra intenzioni progettuali e pratiche d uso appartengono a 3 ordini distinti:
- DEFICIT PROGETTUALI: errori del progettista, per incompetenza o mancanza di sensibilità;
- DISINTERESSE DELL’ARCHITETTO VERSO GLI ESITI DEL SUO PRODOTTO;
- DIVERSO RAPPORTO COL TEMPO: cambiano cioè i bisogni sociali, gli stili di vita, la cultura abitativa.
Lo SPAZIO EFFETTIVO, è profondamente temporale. La forma progettata è al contrato a-temporale: è fuori
dal tempo.

3. SPAZIO INAGITO, SPAZIO AGITO, SPAZIO PRODOTTO SOCIALMENTE.


L’intersezione tra lo spazio potenziale e lo spazio effettivo, genera quindi necessariamente 3 sotto-insiemi:
- 1°: intenzioni progettuali che non vengono colte come opportunità di azione dai soggetti. Uno
spazio, cioè, che resta “lettera morta”, cioè INAGITO.
- 2°: intenzioni inscritte nel progetto che gli abitanti decodificano e accolgono come tali. Gli abitanti
agiscono le intenzioni del progetto e lo spazio rappresenta il successo del progetto. I soggetti
accettano le proposte del designer e le trasformano in opportunità per l’azione: spazio AGITO.
- 3°: rappresenta quella totalità di azioni cui gli abitanti danno corpo per supplire alle esigenze che
restano insoddisfatte dal progetto. Cioè lo “spazio prodotto socialmente” , cioè l’insieme di pratiche
adattive che costituiscono il tentativo da parte degli abitanti di modificare, alterare e AUTO-
PROGETTARE uno spazio conforme alle proprie esigenze. Pratiche cioè “ideatrici di spazio”, dove si
esprime un massimo grado di libertà.

4.L’OSSERVAZIONE COME TECNICA PER L’ANALISI DELLO SPAZIO EFFETTIVO


L’osservazione è la tecnica di ricerca più efficace per lo studio della relazione tra spazio potenziale e spazio
effettivo. Il sociologo che sceglie come suo oggetto d’analisi lo spazio progettato si trova ad affrontare 2
ordini di problemi: scientifico e pragmatico. Deve prendere atto della natura inconscia del rapporto
persona-ambiente. La relazione con l’ambiente va considerata come una pratica che, per l’abitante, non è
mai riflessiva. In generale i soggetti coinvolti e competenti in una pratica “sono incapaci di dire quello che
fanno effettivamente”, anzi “solitamente sanno più di quanto siano in grado di dire” perché la loro
competenza si esprime in maniera tacita. Tutto ciò pone una seria ipoteca sulla possibilità di invitare un
soggetto a parlare del proprio rapporto con uno spazio costruito.
Problema dell’integrazione della conoscenza prodotta dalle scienze sociali all’interno del ciclo progettuale.
Adottare cioè la visione. Scienze sociali e progettazione procederanno così su un terreno comune. È cruciale
considerare la ricerca dello spazio costruito anche come pratica disciplinare di confine, che si mette al
servizio della progettazione.

5.GLI INDIZI AMBIENTALI COME INDICATORI


4 forme di elementi direttamente osservabili, cioè indizi ambientali:

6.LA TASSONOMIA DEGLI INDIZI AMBIENTALI: TRACCE, ALTERAZIONI, ADATTAMENTI, SEGNI E ROUTINES
Il rapporto tra spazio potenziale e spazio effettivo, si presenta dunque al ricercatore sotto forma di
indicatori organizzabili in 5 tipi di elementi osservabili
- TRACCE: sono effetti non intenzionali di comportamenti , sono cioè il prodotto inconsapevole
dell’azione situata nello spazio dei soggetti che abitano un luogo. L’uso costante e prolungato nel
tempo dello spazio lascia delle tracce. Le più evidenti tra le tracce sono le erosioni, che sono il
risultato di comportamenti ripetuti che ledono l’integrità del progetto, come il camminare. Possono
servire come indicatori d’uso e di percorrenze non progettate. Accade frequentemente che il
progetto preveda delle barriere, che vengono aggirate dagli abitanti per soddisfare meglio le
proprie esigenze e per appropriarsi di spazi negati o protetti dal progetto.
Alcune delle attività compiute dagli abitanti nei luoghi lasciano poi dei residui, che sono i
sottoprodotti non intenzionali delle attività stesse. Sono indicatori di alcune specifiche attività e
possono essere utili per analizzare comportamenti sanzionati negativamente, o difficilmente
osservabili direttamente. Un tipo di residuo interessante è costituito dai rifiuti, per le ipotesi che
permette di avanzare su abitudini e comportamenti. Ci sono infine le deformazioni che sono
cedimenti della forma progettata dovuti a comportamenti non previsti dalle intenzioni progettuali.
- ALTERAZIONI: sono modifiche semi-permanenti e auto-progettate allo spazio. Sono interventi di
riprogettazione dello spazio attraverso cui gli abitanti, prendendo possesso di un luogo, cercano di
adattarlo ai propri bisogni in termini di spazio. vi sono 4 grandi famiglie: connessioni e barriere,
modiche cioè che alterano la relazione tra regioni dello spazio progettato, che sono espressione di
bisogni espressi. In alcuni casi si tratta di connettere porzioni di spazio che il progetto prevede
invece separate; in altri casi di separare ciò che il progetto connette. Un'altra forma è il risultato del
trasferimento a fini adattivi di un soggetto o manufatto da una sede ad un'altra. Questi
riposizionamenti mostrano il tentativo di modificare direttamente le opportunità che uno spazio
offre per l’azione, come il riposizionamento delle sedute.
- ADATTAMENTI: sono il risultato di un interpretazione non banale del significato di una forma,
piuttosto che di una sua trasformazione: sono, cioè, realizzazioni di affordance non progettate.
Adatta in modo inedito una forma ai propri fini contingenti. Si va perciò avverando l’auspicio di
Gibson, cui si deve la nozione di affordance. Gli adattamenti costituiscono un importante
descrittore del rapporto tra spazio potenziale e spazio effettivo
- SEGNI: i segni sono aggiunte alla forma che non ne modificano la funzione, ma ne alterano il valore
comunicativo. Sono “qualcosa che sta in luogo di qualcos’altro”, nel senso che sono addizioni alla
forma che rimandano ad un contenuto. Sono elementi osservabili, che rimandano al bisogno di
attribuire un significato allo spazio e di comunicare questo significato. Un primo tipo è costituito
dalle territorializzazioni, che scaturiscono dal bisogno di affermare i propri diritti su una porzione di
spazio. è un segno molto antico. Attraverso essi, il migrante, colui cioè che inizia un processo di
insediamento in un luogo, comincia a trasformarsi in abitante, prende cioè possesso di un luogo e
inizia a radicarvisi. Si può manifestare attraverso il marcamento dei confini. Vi sono anche segni di
individualizzazione e personalizzazione. Le individualizzazioni sono segni che interrompono
l’uniformità di un luogo: distinguono alcuni caratteri e spezzano la serialità anonima segnalando la
presenza di una soggettività. Le personalizzazioni inscrivono l’identità dell’abitante nello spazio:
tentano di comunicare la presenza di una singolarità che abita uno spazio, dei suoi bisogni,
atteggiamenti, valori, collocando nello spazio una porzione del proprio capitale simbolico.
- ROUTINES: sono regolarità di comportamento localmente situate e non indifferenti allo spazio. sono
comportamenti molari e non occasionali che caratterizzano un luogo: sono ciò che gli abitanti fanno
in un luogo. È utile che siano sempre intesi come sistemi di routines che accadono in sistemi di
settings (spazio definito da una routine che in esso ha luogo),ovvero intesi come elementi di un
sistema. I sistemi di routines sono culturalmente determinati: 2 sequenze molto diverse possono
assolvere alla stessa funzione. Le routines sono l’evidence più esplicita e significativa, quella che più
compiutamente descrive il rapporto tra spazio potenziale e spazio effettivo. Tracce, segni,
alterazioni e adattamenti sono effetti di routines. Però sono difficili da osservare: impongono la
presenza simultanea di osservatore e osservato, il che può implicare lunghe sessioni di
appostamento o l’uso di sistemi di monitoraggio. Alcune routines sono sanzionate socialmente, e
pertanto il soggetto mette in atto strategie di dissimulazione per impedire di essere osservato.
Documentano l’estensione e la qualità dello spazio agito, e hanno un luogo di primo piano nella
valutazione post-occupativa del costruito. Permettono poi di mettere in evidenza la produzione
sociale di spazio e di catalogare e apprezzare attività specifiche che gli abitanti attuano in un luogo.
In molti casi le intenzioni progettuali sono esattamente quelle di lasciare uno spazio parzialmente
indeterminato, cioè il progetto offre delle opportunità di ordine astratto, che solo grazie all’effettivo
comportamento degli abitanti diventano concrete. Permettono di esprimere un giudizio sul grado e
sulle modalità di compimento di un architettura. Attraverso esse si possono apprezzare le più
diverse espressioni dei comportamenti adattivi allo spazio. permettono di valutare i modi del
“comportamento sociale in pubblico”, o i deficit progettuali. Infine, valutano la relazione prossemica
tra corpo e spazio costruito.

12.BILANCIO METODOLOGICO
Ogni tecnica, presenta criticità. L’osservazione degli indizi ambientali permette una ricognizione
limitata del significato che i soggetti attribuiscono all’ambiente che li circonda: gli indizi ambientali
ci permettono di ricostruire come i soggetti riconoscono direttamente nell’ambiente le affordance
che esso offre. Bisogna poi considerare 2 possibili limiti degli indizi ambientali: la loro
indeterminatezza(quando risulta impossibile ricostruire il processo che ha portato alla sua
determinazione) e la loro qualità auto-accrescitiva(se ogni spazio progettato offre una resistenza
agli indizi, questa resistenza tende rapidamente a degenerare all’aumentare degli indizi).

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