Sei sulla pagina 1di 70

Jacques Chailley

SAGGIO SULLE STRUTTURE MELODICHE


Essai sur les structures mlodiques, pubblicato originariamente in
Revue de Musicologie XLIV, dc. 1959, pp 139 - 175

Introduzione, traduzione e note di Carlo Serra


Carlo Serra
Morfologie dello spazio tra curvatura melodica e linearit scalare
Introduzione a Essai sur les structures mlodiques di Jacques Chailley

Il saggio di Jacques Chailley che presentiamo in traduzione apparve per la


prima volta nella Revue de Musicologie XLIV, dc. 1959 , pp. 139 - 175.
Si tratta di un testo in cui una serie di riflessioni musicologiche sulla
strutturazione dello spazio musicale della melodia si intrecciano ad una analisi
sull'evoluzione linguistica dello stile musicale, nell'intento di presentare una
interpretazione teorica della funzione delle strutture intervallari nella
costruzione della scala.
Il testo ha un forte valore programmatico, la cui impronta si fa avvertire nello
stile, asciutto e schematico con cui i vari motivi della ricerca vengono evocati.
In alcuni paragrafi, l'autore si limita ad accennare ai temi che intende
sviluppare in modo talmente rapido da suggerire al lettore la sensazione di
trovarsi di fronte ad uno schizzo, o a una mappa tracciata con un sol gesto,
quasi a fissare la direzione di future ricerche. Motivi quali il carattere
strutturale dell'abbellimento o la metamorfosi della struttura melodica
nell'armonia moderna rimangono cos semplicemente enunciati, o richiamati
come termini che attendono sviluppi in una fase pi matura della ricerca,
dando al lettore del Saggio l'impressione di addentrarsi in una sorta di
laboratorio di ricerca, pi che nella struttura consolidata di un testo del tutto
autosufficiente.

Dal punto di vista della storia del testo, vi sono elementi che suffragano questa
ipotesi: esso si colloca come una prima riflessione conclusiva che raccoglie il
portato di due lavori complementari: il Trait historique d'analyse musicale, del
1951, e la stesura del corso del 1953-54, Formation et transformations du
langage musical, dedicato all'analisi dell'intervallistica. In questi testi Chailley
cerca di rendere complementari gli aspetti legati allo studio dell'armonia con
quelli relativi alla scala, che assumono un valore fondazionale. Il Saggio cos
una tappa necessaria, per la messa a punto dei problemi che
accompagneranno l'autore nella stesura delle opere successive. Al tempo
stesso, il progetto che il Saggio elabora accompagner la speculazione teorica
dell'autore per quasi un trentennio.
Esso pu quindi fungere da succinta introduzione ad una speculazione teorica
sulla quale, da troppo tempo, grava un silenzio immotivato.
Dal punto di vista dei contenuti, il nucleo della ricerca un' indagine sulle
strutture melodiche, ossia sulle relazioni che legano le altezze nella melodia e
sulla funzione strutturale che gli intervalli svolgono nella architettura delle
linee melodiche, attraverso la disposizione spaziale delle note.
Tale analisi affrontata assumendo un punto di vista molto ampio e mette in
relazione contesti d'analisi legati ai temi tradizionali della storiografia musicale
con tematiche generali di ordine etnomusicologico.
Come in molte indagini di derivazione comparativistica, non mancano richiami
al modello del canto infantile o al mondo primitivo, che suggeriscono l'idea di
una ricerca che tende ad uscire dall'ambito della musicologia, per radicarsi sul
terreno di una riflessione filosofica sul rapporto fra scalarit, melodia e spazio
musicale.
Per poter offrire una panoramica meno incompleta del quadro teorico in cui il
Saggio inserito, ricorreremo spesso ad esemplificazioni tratte da lments de
Philologie Musicale (1985), l'opera che porta a maturazione le tematiche che
percorrono in modo gi differenziato, ma non ancora risolto, il testo che
presentiamo.
1
I contenuti dell'Essai
Allo scopo di rendere pi agevole la lettura di questo testo, dall'andamento
molto denso, proponiamo una sintesi schematica dei suoi contenuti.
L'oggetto del testo la formazione delle scale, che si sviluppano in modo
progressivo secondo strutture a complessit crescente. Dapprima, esse
assumono l'aspetto di sistemi, che raccolgono tra loro strutture tetracordali: in
seguito, tali sistemi divengono dei modi. L'assetto di queste strutture
continuamente sollecita da due principi, che confliggono tra loro: la
consonanza, principio che garantisce stabilit alle altezze all'interno di una
struttura intervallare, e l'attrazione, un principio che tende a modificare gli
assetti consolidati nell'organizzazione delle altezze, attraverso l'attrazione che

le altezze che occupano nella struttura melodica gradi forti esercitano su quelli
meno stabilizzati. Tolleranza ed equalizzazione completano il quadro dei
principi che entrano in gioco nell'evoluzione della scalarit.
L'origine delle forme scalari viene analizzata dall'autore, in riferimento alle
musiche primitive e al canto infantile:, secondo uno schema che vede un
passaggio dal movimento continuo della voce nelle prime forme di canto ad
una prima articolazione dello spazio attraverso la selezione di punti sonori,
delimitati da intervalli d'incerta intonazione. Il punto d'arrivo di questa fase
coincide con il raggiungimento dell'intervallo di quarta (l'estensione del
tetracordo), in cui si distinguono dei suoni fissi, che coincidono con gli estremi
dell'intervallo e dei suoni mobili, che scorrono al suo interno, caratterizzandolo
melodicamente. All'interno della cornice della quarta, il conflitto tra consonanza
e attrazione mette capo ai generi diatonico (pi stabilizzato), che funge da
base per il cromatico e l'enarmonico (deformazioni del modello diatonico
determinate da fenomeni attrattivi). Per Chailley, tale modello non vale
soltanto per la musica greca, ma pu assorbire molti modelli provenienti dalle
culture pi disparate. L'evoluzione modale dei sistemi porta all'individuazione
della finalis, su cui si chiude il modo.
Le strutture melodiche si evolvono seguendo l'ordine stabilito dal circolo delle
quinte, formando scale a due, tre, quattro suoni, fino all'eptatonica. Le varianti
dell'eptatonica o di altre scale a complessit inferiore sono connesse a
fenomeni cromatici che non hanno valore strutturante: si tratta di semplici
variazioni dell'organizzazione diatonica.
Nel processo di inclusione reciproca che guida la formazione delle scale, dalla
meno complessa a quella a sette suoni, vengono mantenute le gerarchie
strutturali legate alle funzioni costruttive dei singoli intervalli. L'evoluzione
della scala si sviluppa grazie a funzioni strutturali primitive, cui si affiancano le
relazioni determinate dall'introduzione progressiva di nuovi gradi.
Tra gli intervalli che hanno forte peso strutturante, la quinta ha un'evoluzione
particolarmente complessa: dal punto di vista della strutturazione melodica ha
propriet diverse che da quella della suddivisione armonica. La conseguenza
pi importante del differenziarsi delle potenzialit morfologiche dell'intervallo
un modificarsi del modo d'intendere la melodia. La melodia pre-armonica ha
riferimento ad un'organizzazione spaziale di tipo orizzontale che non si adatta
alla ristrutturazione dell'ottava determinata dall'armonia. Questo aspetto
ampiamente analizzato nel testo, che presenta le varie tipologie di
congiunzione melodica e armonica, soffermandosi in particolare sull'analisi
della finalis gregoriana, e del suo trasformarsi in tonica.
L'Essai si conclude analizzando la rinascita delle tendenze melodiche, che
indeboliscono l'organizzazione armonica basata sulla terza, con un paragrafo
dedicato ad una critica alla morfologia spaziale su cui si organizzano le
strutture dodecafoniche.
2
Le strutture melodiche tra circolo delle quinte e risonanza.

Ogni autore ha presupposti ideologici, che orientano le sue ricerche. Nel caso di
Chailley tali presupposti sono particolarmente ingombranti e dichiarati
esplicitamente fin dall'inizio del Saggio, mettendo, per cos dire, il lettore di
fronte al fatto compiuto.
Il presupposto ideologico del musicologo francese una interpretazione di tipo
storico - evoluzionistico del fenomeno fisico della risonanza, in termini di una
teoria della relazionalit intervallare.A questo tema si affianca un rimando,
sulle prime piuttosto problematico, ad una teoria generale sulla formazione
della scala, che presuppone un'interpretazione, sempre evoluzionistica, del
circolo delle quinte. I richiami al termine evoluzione sono quindi molto esibiti, e
richiedono di essere approfonditi, come, del resto, merita di venir chiarita la
relazione che intercorre fra risonanza e circolo delle quinte. Cercheremo allora
di esporne in modo succinto i fondamenti, rimandando alle note presenti nel
testi i primi approfondimenti tecnici.
In primo luogo, distinguiamo fra nota e suono musicale: prendiamo una stessa
nota, ad esempio un Do che vibri a 440 Hertz e 880 Hertz oppure ripetiamola
ad un intervallo di 1200 cents (entrambe le misure indicano l'ottava): avremo
una sola nota e due suoni.
In generale, i suoni musicali, non sono suoni puri: ogni suono musicale un
inviluppo fra una frequenza principale e un corteggio d'armonici che
l'accompagna.
Fra la frequenza della fondamentale e quelle dei suoi armonici esiste un
rapporto matematico, che fissa il valore numerico delle frequenze come
multipli di quello della fondamentale. Si tratta di una legge fisica, scoperta dal
fisico Saveur, che aveva portato Rameau nelle Generations Harmoniques
(1737) ad affermare che l'origine della perfezione delle consonanze sia legata
al fatto che esista un ordine numerico che permetta di attribuire loro un valore
numerico fisso.
Possiamo aggiungere che tale aspetto, che permetteva di coniugare gli aspetti
matematici alle componenti fisiche del suono, ha grandemente affascinato i
teorici moderni: mediante questa teoria, Rameau aveva potuto collegare le
componenti cartesiane di tipo matematico al modello fisico della risonanza,
offrendo una cornice coerente alla propria teoria del basso fondamentale,
anche se fin dai primi passi il modello fisico degli armonici si imbatte in alcuni
rompicapo caratteristici, quale l'altezza del settimo armonico.
Sul piano musicale, i multipli delle frequenze indicano delle altezze, che
stabiliscono con la fondamentale dei rapporti intervallari: esiste perci, nel
risuonare di ogni nota, una serie di multipli della frequenza n, pari a 2n, 3n e
cos via. A tali multipli corrispondono, sul piano musicale, degli intervalli fra
l'altezza della fondamentale e quella determinata dal suo multiplo: avremo cos
un intervallo d'ottava, seguito da uno di quarta, una quinta e cos via, fino
all'intervallo di dodicesima. La teoria della risonanza trascura gli armonici che
succedono alla dodicesima, in quanto non avvertibili: esso si collocano in una
dimensione amorfa tra il timbro e il rumore.

Ora, nell'interpretazione di Chailley, la teoria degli armonici mostra che tutto il


linguaggio musicale dominato dalle relazioni intervallari, in quanto il suono
musicale , per essenza, relazione fra altezze. Per il musicologo francese, la
componente fisico-matematica della teoria degli armonici solo il lato visibile,
e misurabile, di una pi generale affinit relazionale che lega tutti i suoni
musicali e trova un primo fondamento nel vibrare del suono musicale nello
spazio.
Gli indici numerici, di per s, non indicano nulla: acquistano invece senso in
una teoria relazionale dell'intervallo, e quindi, in senso lato, in una teoria della
spazialit, delle organizzazioni discrete che l'intervallo musicale proietta
all'interno della continuit dello spazio musicale.Ci che viene in primo piano,
al contrario, la tendenza relazionale fra suoni, che si connette, fin dall'origine,
alla loro natura fisica, che la consonanza traduce in dimensione percettiva.
La relazionalit quindi il presupposto della traduzione matematizzante: la
riprova, per il nostro autore, sta nella vicenda della ricettivit della coscienza
nei confronti dell'intervallistica musicale.Sul piano storico, l'attivit del
compositore attratta in modo decisivo dall'analisi intervallare, che costituisce
la grammatica segreta di ogni pratica compositiva e che ha un fondamento
nascosto nella coscienza umana: allo stesso modo, l'ascoltatore individua nelle
relazioni intervallari l'essenza di uno stile musicale. A fungere da intermediario
fra il livello della costruzione e della fruizione, stanno le relazioni spaziali che
l'intervallo traduce in termini musicali, attraverso la selezione delle
consonanze. Per dar ragione di questi parallelismi, Chailley deve dare
un'interpretazione della funzione delle relazioni intervallari all'interno di una
sorta di analisi della ricettivit musicale nell'ascolto.Tale posizione implica che
le componenti operanti nella formazione dei vari idiomi musicali secondo un
modello di complessit crescente che trova la propria radice nel fenomeno
fisico della risonanza degli armonici.
Cos, nella teoria del nostro autore, al fenomeno fisico della risonanza
corrisponde il fenomeno della consonanza, che traduce su piano psicologico
l'intuizione del rapporto preferenziale che esiste fra intervalli che tengono in
contatto suoni affini: due suoni in un rapporto di quinta avrebbero, sul piano
recettivo, un'affinit maggiore di due suoni in rapporto di sesta, perch la
quinta un intervallo che viene individuato nella successione degli armonici
prima della sesta. Di conseguenza, la consonanza traduce sul piano psicologico
e musicale quei rapporti che la Risonanza descrive nella successione degli
armonici sul piano fisico. La consonanza perci un principio statico che
garantisce rapporti stabilizzati, sui quali si esercita il gioco delle tendenze
attrattive, legato all'introduzione di nuovi intervalli.
Il rapporto fra una nota fondamentale ed i suoi armonici ha conseguenze anche
sul piano funzionale, ossia su quel piano che cerca di organizzare le relazioni
possibili che i suoni possono avere tra di loro: ogni fondamentale ha il valore di
tonica, rispetto alla quale si organizzano tutti i suoi armonici: il rapporto fra
suono fondamentale e gli armonici che da essa derivano cos, fin dall'inizio,
un sistema di relazioni ordinate, matematicamente esprimibili in termini di
multipli rispetto ad un valore di riferimento.

Ma il termine tonica ha dei significati che risalgono ad una tradizione musicale


consolidata. Se apriamo un dizionario musicale, ci verr subito detto che il
termine tonica generalmente si indica la prima nota di una scala maggiore o
minore nel sistema tonale. Tale nota individua la tonalit di un brano musicale,
la nota fondamentale, che funge da riferimento per tutte le altre in senso
armonico.Chailley usa, in realt, il termine in una accezione molto pi ampia,
anche se potremmo osservare che un richiamo cos forte al sistema tonale e
alla funzione della triade crea qualche imbarazzo terminologico.
Secondo Chailley la finalis dei modi ha gi una funzione di tonica. In questo
senso, qualunque nota abbia il significato di chiudere un sistema ha questa
funzione. L'equivocit sematica tradisce una componente ideologica
dell'autore: ricordiamo che con l'indebolimento della nozione d'accordo
perfetto, si pu parlare un concetto di tonalit molto allargato che guida
l'evoluzione della musica europea.. Sembra che lo scopo del testo sia quello di
liberare la tonalit dal presupposto funzionale della triade, per fluidificarne le
componenti grammaticali.
Si tratta di un atteggiamento familiare anche al contesto culturale che
circondava Chailley:esiste tutta una tradizione musicale francese, da Maurice
Emmanuel a Ravel, da Poulenc a Messiaen (cui Chailley dedicher il suo Trait
Historique d'analyse harmonique), per non parlare, fuori della Francia di
Strawinskij, Bartk, Hindemith che percorre queste vie fino a compositori quali
Enesco o Martinu.Tuttavia, in Chailley non vi un interesse teso a giustificare
pratiche compositive, ma una ricerca teorica, che si avvale anche dei contributi
dell'etnomusicologia, sulle strutture relazionali dello spazio musicale.
In effetti, il suono risuonante della fondamentale , in questa prospettiva, il
punto di partenza, da cui prendono forma gli elementi che organizzano la linea
melodica o l'ambientazione armonica delle varie forme musicali. Lo sviluppo
delle relazioni orizzontali e verticali quindi retto dallo stesso principio: il che
non impedisce che i due criteri d'orgaizzazione dello spazio musicale si
avvalgano di funzioni strutturali diverse nell'utilizzo dei medesimi intervalli.
Applicare la funzione di tonica permette di dar ragione a morfologie spaziali
diversificate. Nella musica primitiva, la nota fondamentale di un canto a due
note, generalmente posta nella regione pi grave, funge da pedana
d'appoggio, ha cio una funzione di tonica per un elementare sviluppo
melodico, mosso solo ritmicamente.Potremmo indicarla come il piolo cui si
appoggia la voce quando comincia ad organizzare una strutturazione melodica
dello spazio in cui si muove: tale spazio, che ha come riferimento un suono pi
o meno fisso, ha una strutturazione melodica, anche se molto elementare. La
tonica potr essere, ad esempio ribattuta ritmicamente o presentata quasi di
sfuggita, come se la voce vi si appoggiasse sopra dopo aver fatto le proprie
escursioni lungo l'estremo pi alto dell'intervallo.. Vi sar cos una prima
interazione fra ritmo e melodia, che mi presenter delle variazioni apprezzabili
nelle relazioni di durata fra questi due suoni, modificandone l'espressione.
All'interno di questo quadro, come abbiamo gi visto, la funzione della
consonanza opera come mediatrice fra l'opera del compositore, che
storicamente ne seleziona un creto numero per costruire il proprio

linguaggiocompositivo, per ambientare un suono nella architettura del proprio


spazio musicale, dove giocano le componenti espressive della musica.
Il fondamento nascosto di tutto questo discorso, naturalmente, sta nella
coscienza, che da sempre condizionata dalla strutture intervallari, che sono la
linfa nascosta del suono musicale. La coscienza conforme alla natura del
suono: nel suo inconscio giacciono, appena sopite, tutte quelle relazioni
intervallari che innervano il rapporto fra fondamentale e armonici. E' evidente
che il percorso evolutivo tutto basato su questa forma di ricettivit, che sigilla
l'attivit della coscienza musicale.
Chailley trae da tutto ci una conseguenza di tipo evoluzionistico:lo sviluppo
armonico del linguaggio musicale si adegua storicamente alla natura
relazionale del suono. Cos, la funzione degli intervalli assume valore epocale:
esiste un periodo primitivo in cui la consonanza pi importante l'ottava, poi
una fase melodica giocata sulla quarta e la quinta, una fase moderna legata
alla terza. In ognuna di queste sezioni, l'intervallo che caratterizza la fase
storica assume significati grammaticali fondamentali nell'elaborazione del
linguaggio e della spazialit musicale del periodo in questione.
Esiste quindi la possibilit di costruire una grammatica storica della funzione
delle consonanze nel linguaggio musicale.
E' possibile rappresentare questa catena di relazioni in una tavola,
suddividendola in sezioni che ci permettano di individuare i rapporti fra
fondamentale ed armonico. In una prima sezione, si incontra l'unisono
(principio d'identit) e l'ottava, (intervallo basato sul principio d'identit) in una
seconda sezione la quinta e la quarta, e cos via, seguendo l'ordine di
apparizione degli armonici.
Tale constatazione viene tradotta in direzione di una reinterpretazione storica
del concetto di consonanza: secondo Chailley, nell'evoluzione del linguaggio
musicale si assiste ad una assimilazione istintiva della tavola, come se
ciascuna delle sezioni si aggiungesse alle precedenti per formare delle
consonanze di base. Esse verranno dapprima utilizzate in senso melodico,
successivamente, verrano leggermente modificate dalla polifonia, ove
cominciano ad ambientare verticalmente l'intrecciarsi di linee melodiche
diverse e infine, solo nella tradizione occidentale, avranno un peculiare
sviluppo in senso armonico.
L'evoluzione segue un andamento processuale in cui l'utilizzazione di un
armonico suppone sempre la presenza, espressa o sottintesa, di tutti quelli che
lo precedono. Si tratta di un processo evolutivo irreversibile: la conseguenza di
tutto ci che pi si avanza nel terreno dell'evoluzione armonica, tanto pi gli
armonici antecedenti sul piano storico e strutturale, si radicano ed assumono
una funzione di rinforzo dal punto di vista della consonanza. L'interpretazione
del fenomeno fisico della risonanza si trasforma prima in una struttura
psicologica, si risolve in una storia della ricettivit musicale per diventare un
motore dell'evoluzione storica del linguaggio musicale.

Osserviamo quest'immagine e vediamo come funziona il processo storico di


acquisizione e consolidamento di una consonanza: prendiamo come esempio la
consonanza di terza.

La base del triangolo rappresenta la fondamentale: i vari triangoli indicano le


varie consonanze, legate all'emissione degli armonici. La figura indica
l'evoluzione storica del linguaggio delle consonanze.
La consonanza di terza appare in B, dove ancora una consonanza debole,
appena formata. Ma la consonanza di terza si rinforza in EF quando il processo
evolutivo della consonanza, arriva alla settima, in C. La terza si stabilizza
ancora di pi in rispetto a GH, quando la consonanza, in D, raggiunge la nona.
In tali modificazioni, diviene la base per nuove evoluzioni linguistiche. In tutte
queste trasformazioni il nostro autore si appella al concetto d'abitudine: ogni
consonanza si installerebbe nella grammatica del linguaggio musicale grazie al
consolidarsi d'abitudini d'ascolto.
Tale argomentazione suona, a dire il vero, piuttosto equivoca, dato che lo
schema sviluppato da Chailley ha di mira un'analisi delle strutture e della loro
morfologia.
L'esame della funzione strutturante della consonanza ha legami tenui con il
concetto soggettivo d'abitudine, di evidente derivazione empiristica. Esso non
riesce a spiegare come si arrivi ad inserire una nuova consonanza, n le
componenti grammaticali che permettono di modificare le strutture che si
connettono ad una nuova ambientazione sonora dei suoni musicali.
Esiste poi un altro problema teorico, che illumina solo parzialmente le
osservazioni sui nessi abitudinari: in questo schema, infatti non si parla mai di
dissonanze, ma di intervalli pi o meno consonanti. La dissonanza solo un
fenomeno negativo, che consiste nel rifiuto di includere un intervallo nella zona
di fusione ammessa globalmente dall'orecchio: ma tutte le dissonanze sono

all'interno di una zona mobile storicamente parlando, dai confini incerti, che
dipendono da fattori soprattutto culturali.
Non esistono dissonanze in assoluto, esistono dissonanze a cui l'orecchio pu
progressivamente abituarsi, attraverso una progressiva contestualizzazione in
un tessuto di consonanze variabili. Il linguaggio musicale assorbe i vari tipi di
consonanza, da quelle pi morbidi a quelle meno semplici (dissonanze),
secondo una linea che accelera sensibilmente, mentre si avvicina all'epoca
moderna, dove le dissonanze pi complesse vengono avvicinate dal linguaggio
musicale, che permette all'orecchio dell'ascoltatore di familiarizzarsi sempre
pi con esse. Tale accelerazione certamente sospetta.
Il processo conflittuale. Nella costruzione teorica di Chailley la funzione della
dissonanza proprio quella di diventare un confine mobile, in uno spazio
musicale percorso da tensioni consonanti. La dissonanza, o meglio la minor
consonanza, un elemento che deve entrare nel ciclo, stabilire relazioni
funzionali con gli intervalli, ed infine integrarsi.
Alle consonanze, come alle dissonanze, ci si abitua, mentre i linguaggi musicale
dissolvono tale distinzione: una attitudine soggettiva, che viene
rinforzatadall'evoluzione, in grado di assimilare forme di spazialit sempre pi
evoluta. Come questo accada, tuttavia, rimane in sospeso: il musicologo
parigino presenta una ricca serie d'esempi che mostrano il modificarsi delle
relazioni strutturali fra consonanze e fa quindi ricadere tutto questo processo
all'interno di un'evoluzione linguistica.
Se questo schema regge lo sviluppo del linguaggio armonico, che dire della
scala musicale, l'elemento che sta, originariamente, alle spalle di qualunque
sintassi musicale? Un criterio come quello della risonanza deve trovare una
conferma all'interno di una teoria della scalarit. Da qui, la necessit di fondare
un percorso analitico che dia ragione della formazione delle scale. Da, qui, il
richiamo al circolo delle quinte. Cos per quanto riguarda scale emelodie, al
criterio d'ordine legato alla risonanza se ne deve integrare un altro, quello
connesso al circolo delle quinte. Il Saggio parla proprio di questa vicenda,
ipotizza un modello in cui i due criteri interferiscono fra loro nella costruzione di
un linguaggio musicale.
E' evidente che enunciare una simile teoria ad apertura di Saggio potrebbe
avere un effetto scoraggiante: sembra che questa impostazione orientata ad
una interpretazione della filosofia della storia della musica in termini cos
perentori, possa far venir voglia di chiudere subito Saggio, scuotendo la testa.
Al tempo stesso, potremmo subito chiederci cosa ne sia del timbro, del ritmo,
delle distinzioni fra rumore e suono, insomma di tutte quelle tematiche cui
deve guardare una teoria relazionale della musica. Tuttavia, prima di
interrompere la lettura, conviene forse cercare di cogliere l'obbiettivo che si
nasconde dietro a queste dichiarazioni, cos generali e, in fondo, lontane,
dall'attuale modo di intendere le componenti analitiche nel discorso
musicologico. Potremmo, anzi, essere colti da un certo imbarazzo di fronte a
teorie che non si vergognano di esibire portate cos generali, e lontane dalla
neutralit che permette al musicologo l'esercizio dell'analisi.

Tuttavia, se teorie generali come quelle che stiamo enunciando hanno il difetto
d'essere strumenti di lavoro ingombranti, esse presentano il pregio di una
grande chiarezza, e, soprattutto, di tentare d'aprire un discorso ampio e ricco di
teoria, come vedremo tra poco.
Venendo al Saggio, potremmo chiederci che cosa si intenda per struttura
melodica. Sostanzialmente, quei modelli di melodia che riportano a tipologie
significative di scalarit. Questa definizione, molto generica, ricca di
implicazioni: la prima che esistano dei tipi melodici che diventano
paradigmatici per l'elaborazione i modelli scalari significativi, ed altri che lo
sono meno. E' chiaro che dobbiamo definire in che modo una struttura
melodica pu diventare indice di una organizzazione scalare incisiva.
Secondo il nostro autore, il criterio a cui si deve guardare la funzione degli
intervalli nella melodia e il destino storico di quelle strutturazioni intervallari
nella vicende storiche connesse all'evoluzione del linguaggio musicale, che qui
viene inteso come un fenomeno unitario di portata universale, in grado di
obbedire alle stesse regole in qualunque contesto culturale. Siamo quindi di
fronte ad una posizione che ha molte analogie con le ricerche
etnomusicologiche volte alla individuazione di universali musicali, in una
prospettiva infraculturale.
In generale, in una melodia non tutte le altezze hanno il medesimo peso: la
funzione strutturante degli intervalli determinata dalla loro capacit di
attrarre attorno a s le altre altezze e di selezionare delle posizioni nello spazio
musicale della curva melodica che verranno occupate da quei suoni che hanno
una funzione strutturale pi debole. Tali meccanismi attrattivi sono destinati a
trasformarsi, con la selezione di nuovi intervalli che modificheranno l'assetto
melodico, e, di conseguenza, l'assetto scalare che potr esserne dedotto.
Per questo motivo, l'attenzione di Chailley volta sopratutto all'architettura
lineare della melodia, al modo in cui essa si costituisce attorno alle posizioni
fissate dagli intervalli di quarta e di quinta, che sono inteso come un tronco da
cui si dipartono le varie efflorescenze melodiche. Tutti gli aspetti, ritmici,
timbrici e cromatici dell'elaborazione melodica passano attraverso questo filtro:
la scelta esclude, di principio, tutte le melodie ad una sola nota, che assumono
consistenza solo grazie all'aspetto ritmico, o quelle componenti timbriche che
riportano all'onomatopea. L'interesse evidentemente di tipo architettonicointervallare.
Tradizionalmente, il circolo delle quinte, la procedura attraverso cui si cerca di
costruire la scala attraverso l'intervallo di maggior consonanza: l'intervallo di
quinta viene proiettato all'interno dell'intervallo d'ottava per dedurre
l'ampiezza delle altezze. Questa procedura, di origine pitagorica, in realt
diffusa in molte culture e l'etnomusicologia ha analizzato vari metodi di
concatenazione delle quinte nelle varie culture. Questa sua generalit fa s che
il musicologo francese la interpreti come un modello che mostra la direzione di
strutturazione diatonica dell'ottava attraverso la selezione degli intervalli
appropriati. Il circolo delle quinte, garantendo il modello diatonico della scala,
va assunto come un modello universale, attraverso cui si possa, storicamente,
dar ragione della selezione delle tipologie scalari.

Il circolo, nella tradizione occidentale, non si chiude: una volta che vengono
definiti gli intervalli della scala diatonica, esso prosegue cogliendo le
alterazioni: in tal modo, esso presenta la struttura continua dello spazio
musicale. Questo dato, secondo il musicologo parigino va interpretato, come
l'indice delle tendenze attrattive e deformanti che alterano gli intervalli
dell'ottava in senso melodico. Il portato teorico di questa interpretazione che
lo spazio musicale sia sostanzialmente spazio della melodia, che altera e
deforma gli estremi degli intervalli che la inquadrano. In altri termini, il magma
dei suoni e delle alterazioni sempre pi piccole che vengono colte, dell'ordine
della frazione di tono, indicano quel curvarsi della melodia su nuovi intervalli,
che verranno corretti ed integrati nella scala. In quanto tali, le alterazioni degli
intervalli non hanno carattere strutturale. Tuttavia, sono indicatori dell'attivit
attrattiva che modifica continuamente gli assetti stabilizzati della consonanza.
Ecco perch l'interesse teorico della vicenda melodica porta una immediata
uscita dalla prospettiva offerta dal temperamento equalizzato.
L'intepretazione del circolo delle quinte vorrebbe dare un fondamento
relazionale al tema della continuit dello spazio musicale: l'alterazione , in
sostanza, fenomeno melodico, portato dell'intonazione e di altri fattori
deformanti.
I presupposti di questo discorso sono fortemente ideologici e ci interessano per
la loro rivendicazione di una analisi dello spazio musicale in cui la continuit
implica sempre componenti vettoriali.
Per questo motivo la scala, oltre che una struttura formale, un precipitato
culturale in cui si condensano i risultati di scelte espressive, con cui una pratica
musicale ha selezionato intervalli, determinandone l'ampiezza. Ogni tradizione
cerca un movimento espressivo nello spazio musicale, in cui si riconosce.. Se il
criterio vale per ogni cultura musicale, necessario indagare sulla base di quali
fondamenti grammaticali si opera sullo spazio musicale, indicare i fattori
comuni che operano nelle suddivisioni.
Fin dai primi paragrafi, Chailley presenta una serie di diagrammi che devono
dar ragione della genesi delle strutture melodiche, prima dal flusso informe
della voce, e poi dall'uso degli intervalli, secondo un modello a complessit
crescente: si va dalla scala pi semplice, una ditonica modellata su una
melodia a due suoni, sino alla scala diatonica. Ad ogni passaggio, la struttura
melodica si fa pi complessa, assorbendo un maggior numero di gradi, e
trasformando al suo interno le relazioni fra intervalli, che mostrano sempre
nuove funzioni. Diagramma per diagramma, Chailley mostra lo specializzarsi
delle funzioni intervallari, i nuovi aspetti dell'ottava che esse mettono in mostra
con nuove suddivisioni.
Sul piano metodologico, Chailley fissa alcuni parametri preliminari
(consonanza, attrazione, tolleranza, equalizzazione), che entrando in conflitto
fra loro nell'elaborazione della melodia, danno luogo a profili in cui possibile
distinguere fra gradi forti, ben stabilizzati, come la quarta o la quinta, in gradi
di costituire dei portanti attorno cui si stabilizzano i gradi pi deboli, che, in
modo progressivo, vengono assorbiti dalla struttura scalare, modificandola.

Lo spazio musicale tutto attraversato dalla tensione bipolare che fa scontrare


i movimenti attrattivi che avvicinano i suoni con la tendenza alla staticit
propria della consonanza. Il gioco reso pi complesso dall'interferire della
tolleranza, ossia la possibilit di poter stabilire l'assimilazione soggettiva del
suono, che sempre variabile, a suoni definiti in modo esatto (limando le
differenze fra componente soggettiva e misura oggettiva) e con la tendenza
all'equalizzazione, cio ad una correzione dell'intonazione naturale per
adattarla alle varie codificazioni matematiche dei sistemi musicali che si
susseguono storicamente. Il temperamento musicale nasce come mediazione
fra i due principi.
L'interagire continuo di questi quattro principi, modificando la importanza dei
gradi e la sensibilit nei confronti delle consonanze, riorganizza gli assetti
scalari nello spazio sonoro e guida dall'interno l'evoluzione del linguaggio
musicale. La nozione di spazio musicale si organizza per continui contrasti
interni.
Se all'inizio si incontrano i semplici movimenti della voce nella continuit dello
spazio musicale, l'articolazione della melodia legata al fissarsi degli intervalli,
che, come compassi tracciano strutture attraversate dal continuo conflitto tra i
parametri nella ricezione della melodia e dalla magmaticit attrattiva fra
direzioni vettoriali nello spazio musicale. Il conflitto tra attrazione e consonanza
perci il pi importante.
Sul piano teorico, la costituzione delle prime strutture melodiche si lega ad una prima
organizzazione della continuit musicale grazie a quattro fasi principali. All'inizio vi sar
semplicemente una modulazione continua, secondo un andamento glissante che non seleziona gradi.
Lo spazio musicale sostanzialmente inteso come movimento in uno spazio omogeneo, in cui non
viene selezionato alcun grado di riferimento. Lo spazio , in qualche modo, privo di
differenziazioni, e la voce vi si muove con la massima libert. Siamo, in fondo, nella preistoria della
forma : la predominanza della continuit e della omogeneit viene definita come fase dell'attrazione
pura.
Successivamente, nel modello teorico elaborato dal nostro autore, si fa avanti
una introduzione di elementi discontinui nel canto. Tale fenomeno di
discretizzazione rompe l'omogeneit dello spazio musicale, selezionando dei
gradi. Avremo cos una prima articolazione per salti, intorno a dei gradi di
riferimento. Si tratta di una forma di differenziazione e di selezione di segmenti
privilegiate, che rompe l'omogeneit e l'indifferenziazione originaria dello
spazio. In questo modo si rompe la continuit direzionale che caratterizza la
fase precedente. Lo spazio comincia ad avere una prima organizzazione e delle
discontinuit interne.
Segue la fase in cui viene scelta una nota fissa, intorno a cui oscillano suoni
indeterminati. Questo introduce nella struttura discreta un ulteriore elemento
di gerarchizzazione, in quanto possibile selezionare all'interno delle aree
privilegiate un punto determinato ed organizzare intorno ad esse delle strutture
mobili, che si appoggino sulla nota scelta. Abbiamo cos una articolarsi della
suddivisione spaziale che assume una prima strutturazione in cui sono
chiaramente individuabili dei punti di orientamento interni, ed una distinzione
fra elementi primari e secondari. Ma la distinzione non deve far dimenticare

che alcuni suoni che oscillano intorno alla nota fissa hanno comunque una
capacit attrattiva, e cos possono assumere un peso crescente. Fin dall'inizio,
possiamo allora riscontrare una dinamismo relazionale fra suono principale e
suoni indeterminati, che vengono attratti e possono esercitare una loro
influenza.
L'agganciarsi di due note su di un intervallo determinato rappresenta il
raggiungimento l'ultimo momento di una efficace suddivisione dello spazio
musicale dell'ottava e lo sviluppo di una serie di reazioni che si articoleranno
attraverso il rapporto gerarchico fra intervalli.La posizione nello spazio implica
una staticit, un arrestarsi del movimento della voce intorno a punti privilegiati,
gli estremi dell'intervallo. Da questo momento si pu introdurre una distinzione
fra nota e intervallo: l'intervallo uno spazio, un segmento fra due punti,
mentre la nota ci che delimita i due punti. Le note sono gli estremi
del'intervallo.
La scelta di questa strategia argomentativa sottintende, per Chailley, una
decisione importante: l'analisi di una struttura formale qual' quella della scala
deve svilupparsi dalla fase di massima fluidit dei materiali, nel momento in cui
non esiste ancora una forma, ma soltanto delle direzioni nello spazio musicale,
percorse da una voce che , per essenza, trascinata da un movimento di tipo
continuo. Al tempo stesso, non si pu negare l'influsso del modello delle storie
naturali, che si fa avvertire in modo consistente sull'elaborazione metodologica
del problema della scalarit, proponendo una sorta di storia modello che deve
giustificare presupposti teorici di un metodo analitico.
In questo modo di approssimare le relazioni fra spazio musicale e scalarit si fa
avanti una opzione teorica legata in modo trasparente alla concezione
aristossenica dello spazio musicale come struttura continua cui la voce
attribuisce forma ritagliando un'area discreta, attraverso la selezione di un
intervallo da riempire attraverso un disegno melodico.
Per comprendere meglio come funziona il modello proposto da Chailley,
commentiamo brevemente i diagrammi che descrivono il passaggio da scala
ditonica a scala tritonica. Il modello delle circolo delle quinte permette di
disporre le note per quinte o per quarte, per assistere alla formazione di scale a
complessit crescente, che si presentano in progressione gerarchica, dalla
ditonica all'eptatonica.
Partiamo dal Fa. La prima scala che possiamo costruire una ditonica: il Fa
incontra il Do come prima nota nel circolo delle quinte.
Tra le due note si stabiliscono subito relazioni molto semplici: se partiamo dal
Fa, avremo una quinta Fa - Do, mentre partendo dal Do, si ottiene una quarta,
Do - Fa. Si possono disporre gli intervalli secondo un ordine che va dalla quarta
(Do - Fa ) alla quinta Fa Do all'ottava superiore, individuando due tipi d'ottava a
tre note: Do - Fa -Do e Fa - Do - Fa. La prima forma di organizzazione scalare
esibisce, anche a livello superficiale, una immediata corrispondenza fra gli
aspetti dell'ottava (due) e la cifra del sistema, che in questo primo caso a due
note. Ovviamente, va approfondita l'individuazione delle propriet che il

sistema scalare pu esibire, attraverso il progressivo farsi avanti delle sue


articolazioni costitutive.
Il sistema pu svilupparsi in senso ascendente attraverso la quinta, ed in senso
discendente attraverso la quarta. Ma l'esistenza dell'ottava non il rapporto
caratteristico che pone due suoni in relazione fra di loro. I veri rapporti su cui
stiamo costruendo sono la quinta e la quarta. Otteniamo una prima
discretizzazione nello spazio musicale e due componenti vettoriali, ascendenti
e discendenti. La pregnanza delle struttura si fa evidente rispetto al modello
delle linee di canto che si possono costruire con questi primi elementi.
L'ottava, ad esempio, viene ora intesa attraverso un arricchimento procedurale
che la individua in due modi diversi: attraverso la dislocazione della stessa nota
sull'intervallo, oppure come somma di una quinta ad una quarta, e viceversa.
Rimane tuttavia la sua funzione di spazializzazione, di ambientazione sonora
dello sfondo che l'interazione di quinta e di quarta organizzano strutturalmente

Seguendo il circolo delle quinte (nella forma quinta sopra/quarta sotto) al Fa ed


al Do si giunger al Sol. Possiamo passare ad un'ulteriore suddivisione dello
spazio musicale, attraverso una scala a tre toni (tritonica).
I tre suoni: Fa - Do - Sol, disposti sull'ottava, la dividono secondo l'ordine Do Fa
Sol Do Fa Sol (all'ottava superiore). Individueremo cos tre tipi d'ottava: a
partire da Fa, avremo un tono + una quarta + una quarta (Fa - Sol = 1 tono; Sol
- Do = 1 quarta; Do - Fa = 1 quarta). Allo stesso modo, partendo da Do, avremo
Do- Fa cio una quarta + Fa -Sol, cio un tono, e poi Sol - Do, che ancora una
quarta. Incontreremo, proseguendo in questo modo, tre aspetti d'ottava (a
quattro note: Fa - Sol - Do - Fa eccetera, due aspetti di quinta a tre note ed un
nuovo intervallo melodico, il tono (204 cents), che risulta essere un intervallo
melodico di base, non composto, e non la somma di due semitoni, come
accade all'interno del temperamento equalizzato.

Nella prima organizzazione gerarchica fra due scale presa in considerazione da


Chailley viene conservato ci che era anteriore, ed in qualche modo arricchito
sul piano relazionale, quanto alla sua individuazione (si osservi come cambia il
modo in cui si costruisce la quinta).
La nostra ricostruzione deve prendere le mosse dal piano concreto delle
esemplificazioni musicali. Il passaggio da ditonica a tritonica, posto come un
semplice allargamento del circolo delle quinte, non ci d ragione di come il
tono, cio il Sol, possa essere assorbito all'interno della ditonica, e mutarne la
struttura.
Per dar ragione di come questo nuovo elemento entri in gioco, e per giustificare
in generale il passaggio da una scala meno complessa ad un'altra pi
strutturata , Chailley ricorre alla nozione di pien: il pien una nuova nota che
muta l'aspetto della scala. Si tratta di un grado debole, che si manifesta in
modo piuttosto incerto all'interno delle melodie, tanto sotto il profilo ritmico
che sotto quello melodico, fin quando non assume un valore strutturale,
modificando in modo irreversibile la gerarchia intervallare della scala. La
mutazione dell'assetto scalare graduale: il nuovo suono si presenta, sul piano
melodico, in modo timido, sotto forma ornamentale, con incertezze
d'intonazione. . L'idea, sviluppata dagli studi etnomusicologici di Constantin
Briloiu complementare alla valorizzazione della funzione strutturale
dell'abbellimento in senso melodico. La stabilizzazione del pien ed il suo
assorbimento quindi un procedimento per tentativi ed errori, ed in questo
caso la stabilizzazione del concetto di tono che deve acquistare sempre pi
forza, resistendo al combinarsi degli influssi di attrazione, consonanza ed
equalizzazione.
Ultimato questo processo, che orienta teleologicamente la valenza strutturale
all'abbellimento allo sviluppo di una struttura scalare, il pien (ed il tono) ci
presentano un quadro relazionale molto diverso. La funzione dell'abbellimento
che possiamo ricostruire dall'analisi della melodia, ha valore strutturale che si
radica nell'ambito della spazializzazione musicale: esso pu indicare una
tendenza o una opposizione alla curva melodica che prepara il terreno ad un
modificarsi degli assetti scalari per l'introduzione d'un nuovo grado. Insomma,
anche un piccolo fregio come l'abbellimento porta con s le tracce della
conflittualit che incurva i percorsi melodici.
L'organizzazione gerarchica della scala non si limita a cogliere nuovi intervalli,
pi o meno composti, ma tende ad arricchire le possibilit relazionali di ogni
intervallo attraverso la sua posizione spaziale.Le ricadute di questa
trasformazione strutturale non si faranno attendere: passiamo infatti dalla
divisione dell'ottava in quinta + quarta, ad una divisione dell'ottava secondo
l'ordine Do Fa Sol Do, ovvero una quarta (Do - Fa), un tono (Fa - Sol), ed ancora
una quarta (Sol - Do). L'ottava risulta divisa attraverso quattro note, che in
direzione discendente si dispongono fra di loro secondo due intervalli di quarta:
Do - Sol e Fa - Do. Secondo Chailley, questo indica una organizzazione dello
spazio dell'ottava secondo gli estremi di due tetracordi (gradi forti che attirano
su di s i gradi pi vicini).

La nuova suddivisione tetracordale dell'ottava, la valorizza in senso melodico:


infatti il tetracordo diventa l'unit di divisione melodica dell'ottava in due
gruppi discendenti, perfettamente omogenei tra di loro, che possono quindi
essere ricombinati in vari modi. I due tetracordi possono essere separati
nell'ottava in modo perfettamente simmetrico, secondo l'ordine discendente
(Mi Re Do Si La Sol Fa Mi), due tetracordi verranno definiti come disgiunti
oppure venir fusi assieme su di un tono (Re Do Si Bem. La Sol Fa Mi), con la
perdita del carattere di ottava, che viene sostituita da sette note.
Una conferma di questo atteggiamento ci viene offerto dal modello con cui
Chailley propone l'evoluzione delle strutture scalari nel mondo greco. Le fasi in
cui si articola tale processo sono quattro:
1) glissare intorno ad intervalli arbitrari
2) un soffermarsi intorno ad un unico suono fisso, attorno cui si raccolgono
delle note deboli
3) il determinarsi di un intervallo attraverso due suoni fissi, che diventano i
limiti di uno spazio musicale al cui interno possono muoversi alcune note, fisse
o mobili (tetracordi) fino al
4) congiungersi dei tetracordi per congiunzione o per disgiunzione in un
sistema (termina che in greco indica la scala).
L'operare attraverso un filtro cos forte trova un contrappeso nella una grande
variet empirica di scale, tratte da melodie, che si possono ricondurre a questa
modellizzazione. L' ambizione dichiarata del Saggio poter ridurre la variet
empirica delle molteplici strutture melodiche a pochi modelli, determinabili
attraverso un numero esiguo di parametri. L'aspetto teorico della ricerca
quindi molto pi ricco di quanto la vastit del tema non faccia intendere, anche
perch Chailley connette lo sviluppo della dimensione orizzontale ad
un'accrescersi progressivo della sensibilit musicale.
Abbiamo gi notato che il nostro autore ha una concezione teleologica della
storia del linguaggio musicale che presuppone l'esistenza di una struttura
preordinata, che dovrebbe guidare tutta l'evoluzione dei linguaggi musicali,
appoggiata alla vicenda dell'evoluzione gerarchica degli intervalli nella
strutturazione delle scale e nell'evoluzione della tavola degli armonici. Lo
schema che sostiene tale sviluppo si chiarisce solo attraverso l'analisi delle
funzioni delle consonanze nei vari linguaggi musicali che si susseguono dal
punto di vista storico.
Sappiamo che il Saggio, rispetto a questo schema, vuol fare un passo indietro,
collocandosi sul piano dell'analisi della funzione della melodia nel tracciare la
scala. Avremo allora la possibilit di guardare alla suddivisione del medesimo
intervallo, secondo due criteri che lo individuano strutturalmente in modo
diversi: dal punto di vista della Risonanza, la quinta viene divisa dalla terza
minore, mentre viene individuata come la somma di un tono ad una quarta
(ricordiamo che nella musica greca, il tono viene individuato come differenza:
tono = una quinta - una quarta).

In questo modo sar possibile distinguere fra costruzione melodica armonica e


non armonica, cui appartiene, ad esempio, la musica gregoriana. L'evoluzione
della musica gregoriana, il cui nucleo modale, si lega ancora alla struttura
determinata dalla tensione fra i due estremi fissi: avremo una direzione
ascensionale che va verso la repercussio, la nota cio attorno a cui si sviluppa
la melodia che pi tardi diverr la dominante, ed una progressiva
tonicizzazione dell'estremo inferiore, in cui la finalis su cui si chiude la
composizione assumer sempre di pi la valenza di tonica.
Anche in questo caso, l'attrazione fra gradi si coordina all'aspetto spaziale: non
si tratta esclusivamente di una fatto direzionale, ma di tendenze alla
risoluzione che connettono un suono fondamentale (il grado del modo) alle
attrazioni che lo attirano verso l'estremo della quinta, per consonanza.
L'evoluzione successiva, in cui la quinta verr determinata come somma di una
terza maggiore ad una terza minore, cio in direzione esplicitamente armonica,
vedr l'inizio di una lenta assimilazione delle componenti melodiche a quelle
armoniche. Da questo momento, l'evoluzione melodica dovr sempre pi
strettamente commisurarsi con quella armonica, e si svilupperanno conflitti di
ordine diverso fra organizzazione verticale ed orizzontale.
Gi a questo primo livello di lettura, possiamo cominciare a sottolineare una
dualit che tormenta il testo che stiamo analizzando. La dualit fra il
movimento curvilineo della melodia, che individua le relazioni fra consonanze e
l'andamento regolare della scala. Chailley sollecita il lettore ad andare oltre la
regolarit melodica della scala, per leggervi all'interno le torsioni nascoste,
quei movimenti continui che possono fissarsi stabilmente all'interno degli
estremi intervallari, o spingere verso una deformazione della struttura. Ma i
movimenti possono anche essere interni alla struttura dell'intervallo, facendo
loro assumere la funzione di una cornice all'interno della quale la linea
melodica si muove cromaticamente.
Tali considerazioni suggeriscono che la scala, struttura melodica caratterizzata
da una forte regolarit, capace di cantare anche se la dimensione armonica
tende a far trascurare questo aspetto, il punto d'arrivo e di rettificazione di
movimenti molto meno lineari. Il movimento della melodia, infatti, avviene per
congiunzione melodica: tende a coprire un intervallo ampio, attraverso un salto
e poi a tornare indietro, per recuperare i gradi lasciati indietro, secondo un
moto per torsione.
Per il nostro autore diventa cos necessario ricostruire un modello teorico
dell'evoluzione storica dell'intervallistica musicale, guardando soprattutto al
modo in cui gli intervalli e le loro funzioni architettoniche vengono definiti dal
modello teorico del circolo delle quinte. L'ordine con cui gli intervalli si
concatenano per dar luogo all'organizzazione diatonica della scala deve essere
lo stesso che guida l'utilizzo delle consonanze nell'evoluzione della vicenda
storica di tutta la musica. In questo modo, anche il circolo delle quinte racconta
la storia cifrata dell'evoluzione del linguaggio musicale, evoluzione che
conduce implacabilmente alla forma diatonica.

Come abbiamo gi detto, lo schema, cui stiamo accennando in termini molto


generici, si presta immediatamente a molte critiche, nel suo riproporre una
sorta di inveramento storico del modello fisico della sequenza degli armonici. Il
tentativo di coprire con una analogia di ordine funzionale l'equivocit
dell'accostamento potrebbe spingerci fin dall'inizio ad abbandonare un discorso
che si presenta debole sul piano strutturale.
Il ricorso al circolo delle quinte sposta solo il problema, ma condivide con lo
schema appena evocato la stessa, pericolosa genericit e l'idea che esista una
sorta di grande coscienza musicale collettiva che scrive, in qualche modo la
sua storia a partire dalla traduzione musicale di dati fisici e matematici.
Non a caso, quando Chailley parla dei conflitti storicamente verificabili nell'uso
degli intervalli melodici all'interno del linguaggio armonico, non resiste all'idea
di chiamare in causa un concetto fumoso qual' quello di subcosciente. Allo
stesso modo, parla di un istinto armonico, espressione che ha forti margini di
ambiguit. N meno problematica la scelta di ridurre la grande morfologia
delle scale letta attraverso la funzione melodica ad un modello di tipo
diatonico. Tutti gli altri modelli scalari sono deformazioni di quella impronta
generale, deformazioni per attrazione.
Ma cosa dire, ad esempio, di una scala melodica che incorpora elementi
cromatici che sollecitano una forte cantabilit, qual' la scala musicale indiana?
Pu essere davvero considerata una deformazione della struttura diatonica o
siamo di fronte ad una melodicit che, fra le sue irregolarit, implica un potente
richiamo alla cantabilit del modello scalare, grazie alle efflorescenze
melodiche che alternano piccole aree dove predomina una continuit di tipo
melodico, che entra a pieno titolo nei caratteri strutturali di quella scala?
Non si tratta di opporre ad un modello generale una critica che rintracci nella
letteratura etnomusicologica tipologie scalari che lo schema generale di
Chailley esclude come ha fatto, ad esempio, Jean Jacques Nattiez nel suo Il
discorso musicale. Per una semiologia della musica, proprio nel momento in cui
riconosceva al nostro autore la dignit d'una grande speculazione sulle
strutture scalari: si tratta, invece, di contrapporre un modello a cui la
definizione di modificazione attrattiva di un andamento diatonico risulta poco
illuminante per quanto riguarda i meccanismi funzionali connessi
all'increspatura melodica del piccolo intervallo. L'andamento melodico a piccoli
passi, piccoli intervalli di quella scala va davvero piallato e riportato al modello
del diatonismo? Qui, forse, la teoria di Chailley, lascia aperti degli spiragli per
una riflessione diversamente orientata sul significato strutturale di un
andamento melodico, fatte salve le osservazioni sul cromatismo che andremo
ad analizzare tra poco.
D'altra parte l'intuizione che vi sia la necessit di un'analisi delle varie forme di
scalarit sottintese nella costruzione delle melodie davvero felice. Ogni
tradizione musicale, secondo Chailley, utilizza una propria morfologia dello
spazio musicale: le relazioni intervallari e la loro capacit di costruire
suddivisioni gerarchicamente organizzate dello spazio musicale nascono da
esigenze espressive, tentativi di razionallizzazione della grandezza degli
intervaali, vari modi d'intendere il conflitto fra consonanza e dissonanza

apparente, all'interno del meccanismo d'assorbimento della dissonanza, che


sembra nascondere pi di un motivo polemico nei confronti del concetto di
emancipazione della dissonanza. Lo spazio musicale, sembra suggerire
Chailley, pu essere rimodellato, fino ad assorbire i conglomerati accordali pi
spinosi. Basta mantenere l'ampiezza, la fluidit del movimento nell'ottava. Le
implicazioni teoriche connesse al problema del concatenarsi delle quinte in un
circolo che non riesce mai a chiudersi verranno utilizzate proprio per sviluppare
una polemica in questa direzione.
.3
La neutralizzazione delle strutture melodiche in ambiente armonico. Il
cromatismo
All'interno dell'evoluzione del linguaggio musicale, gli intervalli melodici che
svolgono una funzione strutturale sono ottava, quarta, quinta, tono, terza
minore, terza maggiore, semitono e tritono: i limiti spaziali dei loro estremi
possono venir sollecitati e spostati da fenomeni attrattivi o da forme
d'equalizzazione, che accompagnano lo svilupparsi delle strutture scalari
secondo architetture sempre pi complesse. Parallelamente, la morfologia delle
linee melodiche pu mutare anche all'interno delle strutture intervallari.
Anche a una prima lettura che la ricerca intrapresa da Chailley si differenzia
profondamente da una semplice analisi comparativa di dati o da una semplice
ricognizione di tipo storico: la tensione che percorre tutto il testo volta
all'individuazione di regole strutturali che possano indicare delle costanti
nell'elaborazione musicale dell'organizzazione intervallare nella melodia.
Siamo cos di fronte ad un'indagine sullo strutturarsi di quell'insieme di
relazionali funzionali che presiedono all'evoluzione delle varie scale, e quindi
all'organizzazione dello spazio musicale dell'ottava, in particolar modo nelle
forme pre-armoniche. Se questa prospettiva corretta, potremmo concluderne
che il vero oggetto di questo Saggio la strutturazione dello spazio musicale,
rispetto alle gerarchie intervallari che si susseguono nell'evoluzione della
melodia, e, di conseguenza, delle scale. Lo spazio musicale , nella sostanza,
tutto percorso da un fremito melodico legato all'azione attrattiva degli
intervalli, e dal loro bilanciamento.
Lo studio dei modelli scalari non certo una novit: lo stesso Maurice
Emmanuel, maestro di Chailley, si era dedicato allo studio delle strutture
melodiche,e l'ambiente della Schola Cantorum, che Chailley conosceva bene,
era percorso da un vivace interesse nei confronti dello studio comparativo delle
scala. Ci che differenzia Chailley rispetto a questa tradizione, e a quella di
Sachs, proprio nel volgere una particolare attenzione alle variet
morfologiche dello spazio musicale: per questo motivo, il richiamo
all'osservazione dell'apprendimento infantile della musica centrale e si
accosta ad un ricco terreno di esperimenti musicali, che Chailley andava
sviluppando in quel periodo. Di questi aspetti, il Saggio conserva molte tracce.
L'ambito dell'analisi melodica, e dei modelli scalari che da questa si possono
trarre deve riconquistare un terreno originario, in cui l'insieme di relazioni che

strutturano lo spazio musicale dell'ottava possano essere analizzate astraendo


dalle morfologie che l'analisi armonica mette in gioco. A tal scopo, Chailley
prende le mosse dal livello pi elementare possibile, quello della direzionalit
della voce nelle forme di canto meno elaborate, dal suo oscillare attorno ad
alcuni intervalli privilegiati, creando le prime aree di discretezza nella
continuit del movimento glissante, per svilupparsi poi in direzione dell'analisi
delle prime teorie intervallari, connesse alla strutturazione pitagorica
dell'ottava.
Nel mondo greco, ad esempio, il movimento dei gradi interni, che d origine ai
generi, connesso al modo in cui viene affrontata la costruzione dell'arco
melodico fra gli estremi delle note fisse. I punti su cui si muove la voce
all'interno degli estremi del tetracordo, cio all'interno della quarta giusta, nel
tracciare il disegno melodico, vengono avvicinati o allontanati, generando una
ulteriore suddivisione dell'intervallo in sottointervalli pi piccoli, a seconda
della plasticit della linea di canto. Pur rimanendo fissi i limiti della cornice
offerta dagli estremi del tetracordo, il modo di riempirlo muta sotto la spinta di
nuove esigenze espressive.
L'influsso di questi fattori si fa avvertire anche nel passaggio da sistema a
modo, su cui Chailley si sofferma per poter affrontare il delicato nodo teorico
della funzione dell'ottava e quella della tonica melodica, che coincide con
l'affermarsi della funzione conclusiva della nota finale che chiude l'ottava:
questa strutturazione dell'ottava si fa avvertire soprattutto nell'organizzazione
della struttura modale, che segna un'evoluzione rispetto al sistema
tetracordale, dove cominciano a mettersi in luce la funzione di finalis e di
dominante.
In queste trasformazioni del sistema scalare, e della organizzazione melodica,
muta naturalmente anche il modo di avvertire il peso dei singoli intervalli
nell'elaborazione delle linee di canto, specie in riferimento alla polifonia, dove il
modo di ambientare i suoni impone uno specializzarsi della funzioni della
quinta, rispetto allo spazio sigillato dagli estremi dell'ottava. Da qui le
deformazioni caratteristiche di questo intervallo rispetto alla quarta, anche
rispetto all'emergere del tritono. Un' ulteriore evoluzione sar quella connessa
all'evoluzione della terza, in senso armonico.
E' possibile osservare che l'aver sviluppato la propria ricerca in direzione della
costituzione delle strutture melodiche che stanno a fondamento della scala,
permette a Chailley di recuperare alcune nozioni generalmente trascurate
dall'analisi verticale delle strutture musicali. Il valore strutturale della
direzionalit all'interno della costruzione della scala, basata su quinte
ascendenti e quarte discendenti. Viene cos riproposta l'antica procedura che
permetteva al pitagorismo antico di definire la correttezza dell'intonazione
attraverso la proiezione sull'ottava della concatenazione delle quinte. Inoltre,
all'interno di questa prospettiva il tono essenzialmente un intervallo
melodico, prodotto dalla differenza di quarta e quinta, e non unione di due
semitoni.
Il riferimento alla funzione del tono pitagorico nell'elaborazione della tipologia
tetracordale della musica greca emblematico di un approccio che ha di mira

la natura melodica della scala, il suo proporsi come struttura che, in qualche
modo, gi canta.
La funzione melodica del tono nell'elaborazione del sistema musicale greco
estende la portata melodica della scala all'intervallo d'ottava, raggiunto
mediante il disgiungersi dei tetracordi. Chailley insiste molto nel mostrare il
carattere non originario dell'intervallo d'ottava: lo scopo duplice: mettere in
mostra il tema della suddivisione per quarta e quinta, e delle direzionalit ad
essa collegate e valorizzare il tema delle ricadute espressive che si legano alla
selezione di un determinato sistema scalare.
Tale stile d'analisi verr fatto valere anche per il concetto di polifonia, pensato
in stretta relazione alla costruzione di una sorta di ambiente sonoro il cui fulcro
sono ancora le consonanze di quarta, quinta e ottava. Simili osservazioni, che a
tutta prima possono persino apparire ovvie, hanno in realt la funzione di
attirare l'attenzione del lettore sull'aspetto orizzontale dell'intervallo, cercando
cos un radicamento su un terreno pi originario di quello dell'armonia classica.
Il nostro autore non si impegna a stilare giudizi di valore sulle varie tradizioni
musicali che va presentando: gli interessa, piuttosto, cercare di chiarire come
le relazioni intervallari modifichino l'assetto scalare, ricadendo pesantemente
all'interno della pratica musicale. Nella sua interpretazione, ogni tradizione si
ritaglia un proprio ambito musicale, attraverso la selezione espressiva e
funzionale degli intervalli: il concetto di filiera ha qui un significato tecnico, che
si riferisce al tessuto di pratiche attraverso cui ogni tradizione musicale mette a
punto una propria nozione d'ottava.
Come abbiamo visto per la quinta, la doppia strutturazione dello spazio
musicale, in senso armonico e prearmonico, modifica tutti i comportamenti
degli intervalli. Cisi fa avvertire in modo particolare nell'evoluzione della terza,
da intervallo melodico (terza minore) del circolo delle quinte a intervallo
armonico (terza maggiore), che implica una serie di riaggiustamenti nella
posizione delle altezze all'interno della scala, connessi al tema del
temperamento. Il temperamento, a sua volta, nasce dal bisogno di una
razionalizzazione matematizzante della posizione delle altezze, che non ha pi
un legame diretto con la natura delle relazioni spaziali originarie. Esso occulta,
attraverso una nuova definizione dell'ampiezza degli intervalli, l'originaria
funzione di tutti gli intervalli melodici.
Chailley cerca cos di riportare alla luce temi molto tradizionali, che nella sua
ricostruzione acquistano un significato decisamente originale. Se il
temperamento decide solo dell'esattezza della posizione di un'altezza
musicale, esso si fa carico di una mitizzazione matematizzante della nozione di
natura. Un problema pratico qual' quello della accordatura degli strumenti
tende cos, nell'interpretazione del nostro autore, a trasformarsi in una
struttura ideologica non indagata, il cui esito definitivo sar l'idea di serie
dodecafonica. Questa posizione, certamente molto forte, ha il merito di
riportare la nostra attenzione sulle componenti speculative non dichiarate che
una fetta consistente del fisicalismo musicale eredita dalla tradizione ramista.

Dello stesso tenore, sono le osservazioni che il Saggio dedica a Platone e alla
speculazione pitagorica. Si tratta di una rivendicazione, non sempre limpida,
delle componenti intuitive contro una intepretazione meramente
matematizzante delle componenti relazionali del discorso musicale: da questo
punto di vista, nell'intepretazione di Chailley esiste un unico filone, che
comincia con il pitagorismo e finisce con Xenakis, che ripropone continuamente
la centralit del tema della misurazione, trascurando gli aspetti intuitivi della
pratica musicale. E' evidente che questa posizione tende tende ad
estremizzarsi nel mondo moderno, in particolare dopo Rameau. La stessa
idealizzazione delle componenti intuitive nella teoria aristossenica, partecipa
del tono di questa polemica.
Di fronte a questi problemi, il nostro autore cerca di trovare un appoggio per la
rivendicazione della centralit delle strutture intervallari nella vicenda storica
dell'evoluzione della musica in una reinterpretazione della storia del concetto di
cromatismo.
I fenomeni cromatici, e le alterazioni, sono in generale legate a fenomeni
d'attrazione e di consonanza: si tratta di spostamenti di gradi deboli nell'area d'
influenza di un grado pi forte, un estremo di un intervallo, ad esempio,
rispetto ad un grado debole o di scarso valore strutturale, all'interno della scala
o del modo. In questo senso, il cromatismo non ha valore strutturale nella
costruzione di una scala o di una melodia: esso un fenomeno secondario.
La teoria musicale moderna, basata sui presupposti fisico-matematici che
trovano la loro origine nell'interpretazione ramista dell'accordo perfetto, ha
individuato nella successione di due semitoni temperato il paradigma del
movimento cromatico. In questo modo, secondo Chailley, essa ha immaginato
che la continuit cromatica fosse il fondamento non dichiarato da cui viene
ritagliata la struttura scalare, mettendo in secondo piano l'evoluzione legata
agli intervalli. Per il nostro autore, si tratta di una autentica neutralizzazione
delle componenti melodiche dall'elaborazione teorica dello spazio musicale
dell'ottava. Se la vicenda delle strutture melodiche ci mette di fronte a scale
che sono il prodotto di una serie di operazioni non neutrali, legate alla forza con
cui l'intervallo si impone all'interno della linea di canto o dell'ambientazione di
un suono musicale, la suddivisione matematica dell'ottava in semitoni cancella
in un sol colpo una vicenda secolare, applicando un semplice criterio numerico,
basato sull'idea di esattezza, al terreno sempre cangiante dell'ottava melodica.
In realt, osserva Chailley, il movimento cromatico non sinonimo di
movimento per semitoni: la stessa teoria greca, che vuol misurare il
movimento attrattivo all'interno del tetracordo, prende in considerazione
l'intera struttura tetracordale, che si espande oltre il semitono.
In effetti, se diamo un'occhiata ai diagrammi tracciati da Chailley relativi al
circolo delle quinte, per incontrare il semitono Fa - Mi, partendo da Fa dobbiamo
salire di 5 quinte. Inoltre, il Mi che incontriamo sar diverso, tendenzialmente
pi ampio di quello temperato a cui siamo abituati. L'individuazione del
semitono, nell'ambito del circolo delle quinte, risulta legata alla differenza tra la
quarta e la terza maggiore o tra la terza minore ed il tono. Nel mondo Greco, il
semitono veniva cos indicato dall'espressione limma, che significa resto, in

quanto differenza fra due intervalli preesistenti. Questa espressione conferma,


secondo il nostro autore, che si tratta di un intervallo complementare ed
irrazionale, cio privo di una sua caratterizzazione strutturale.
In tal modo, Chailley non attribuisce alcun valore strutturale al semitono: ci lo
spinge a sostenere che il cromatismo non ha una funzione strutturale per la
formazione delle scale, almeno in forma diretta. La sua azione si trova a
dipendere dalla possibilit attrattiva degli altri intervalli.
L'osservazione ha conseguenze notevoli. In primo luogo, il cromatismo avr
origine dallo spostamento interno dei gradi per attrazione, non sar quindi un
fenomeno che determina la suddivisione dello spazio musicale nella scala, ma
una sua conseguenza.. In una prospettiva legata all'evoluzione della scala, in
senso melodico, il cromatismo appare un criterio di misura dell'intervallo. Ma
l'intervallo che viene misurato, dipendendo dall'attrazione, solitamente pi
ampio del tono diatonico. Quando poi si incontra il semitono, dobbiamo
ricordare che nel mondo musicale greco il cromatismo riguarda gli intervalli
determinati dall'attrazione esercitata dai gradi esterni (forti) del tetracordo su
quelli interni (deboli): in questo senso, il cromatismo esprime una misura dello
spostamento degli intervalli, e non un criterio di successione.
Originariamente il grande intervallo appartiene al cromatismo non meno del
piccolo. Il cromatismo non influenza in modo diretto la suddivisione scalare,
anche se un fenomeno che ha a che vedere con modificazioni qualitative
connesse a dinamismi interni alla melodia.
Questa variabilit della componente cromatica, questa permeabilit estrema al
mutamento, ha delle ricadute storiche: nella musica medioevale e fino al
sedicesimo secolo l'intervallo cromatico molto pi ampio, in modo conforme
alla teoria pitagorica, che fissa l'ampiezza del semitono cromatico come
maggiore di quello diatonico. Molte progressioni cromatiche che si incontrano
nella polifonia medioevale, ad esempio, sono semplicemente movimenti
melodici che terminano su un'altezza e ricominciano su quella adiacente. In
questo caso, non vi continuit fra nota ed alterazione, ma la chiusura di un
movimento discreto, seguita dall'apertura di un nuovo movimento. Qui il
cromatismo una semplice conseguenza dell'attrazione melodica.
Di conseguenza, l'interpretazione strutturale della funzione del semitono
all'interno del circolo delle quinte una semplice illusione ottica. In realt,
anche il semitono temperato il prodotto artificiale d'una pratica
d'accordatura. Lo stesso cromatismo wagneriano un fenomeno attrattivo che
tende a indebolire i nessi cadenzali della tonalit, alla stessa stregua dei
contromovimenti melodici che costellano le sonate di Mozart (18). Tuttavia,
proprio perch legato alla componente melodica, che si fa largo attraverso
l'appoggiatura che altera la simmetria nell'ordine cadenzale della triade, il
cromatismo del compositore tedesco indebolisce il linguaggio tonale. E lo fa
con la forza della melodia, con il ripresentarsi delle tendenze centrifughe e
tensive dell'intervallo melodico. Il passaggio legato alla ricerca d'una nuova
qualit d'espressione, che si differenzia da quella del linguaggio classicista.

La ricostruzione teorica di questa vicenda storica permette a Chailley di far


valere due istanze, fra loro collegate: a livello pi superficiale egli pu
attaccare i presupposti teorici che vedono nel semitono l'elemento strutturante
lo spazio musicale dell'ottava: in s, il semitono solo il prodotto di un'opera di
razionalizzazione e suddivisione dello spazio musicale, e non ha una funzione
costruttiva. In secondo luogo, ad un livello pi profondo, egli pu rivendicare i
caratteri attrattivi di uno spazio musicale, popolato di gradi ipnotizzatori e di
gradi ipnotizzati, come scriver ventidue anni dopo, contro una evoluzione
discretistica, come quella della dodecafonia. Se il grande intervallo appartiene
al cromatismo fin dalle origini, e la sua sistematizzazione in senso armonicotonale come successione di semitoni un'illusione ottica legata alla tastiera del
pianoforte, si pu aprire un'indagine sulla continuit dello spazio musicale,
astraendo dalle varie forme di razionalizzazione che valgono come semplici
presupposti teorici, per tornare a cercare il senso dell'azione strutturante
dell'intervallistica nell'elaborazione delle varie morfologie dello spazio
musicale.
Va quindi rivendicato il peso strutturale della figura melodica sulla semplice
suddivisione dello spazio musicale. La posta in gioco la vettorialit e tutte le
varianti intervallari che la riduzione dell'andamento cromatico alla semplice
successione di due semitoni comporta.
Non meno equivoca , per il nostro autore, la concezione moderna
dell'armonia, qualora sia privata di una interpretazione teorica che sappia fare i
conti con le teorie pre-armoniche. Sappiamo, infatti, che il nostro autore vede il
fulcro della evoluzione intervallare, che condurr alla suddivisione armonica
dell'ottava, nel continuo conflitto fra la posizione dell'altezza nella continuit
dello spazio musicale e la tendenza della stessa ad essere attratta e spostata
da alcuni intervalli caratteristici.
Tale sviluppo procede cos attraverso metamorfosi e deformazioni, mediante il
fissarsi di alcuni modelli che, anche per contingenze storiche cedono e si
ripresentano sotto forme nuove. Il conflitto pi evidente fra armonia e modalit
si lega al modificarsi del modo d'intendere la terza, perch ha una pesante
ricaduta sulle funzioni intervallari di quarta e di quinta , la cui morfologia viene
a mutare anche per quanto attiene la natura delle relazioni teoriche: esiste crisi
e discontinuit fra le relazioni intervallari orizzontali e il sovrapporsi della
funzione della terza nell'accordo perfetto. In altre parole, il concetto di accordo
perfetto su cui si appoggia la tradizione ramista va reindagato a partire da tutte
quelle strutture attrattive e intervallari che il linguaggio tonale tende a
cancellare, per sviluppare la propria grammatica della consonanza.
L'evoluzione dell'armonia, che Chailley definisce come armonia della risonanza,
porta ad una vera rivoluzione nel modo d'intendere ed analizzare
l'intervallistica. Se la verticalit non pi il prodotto dell'aggregazione
determinata dall'incontro fra le direzioni di due o pi movimenti melodici, ma
viene considerata come blocco sonoro omogeneo, che emana dal risuonare
del basso fondamentale, tutta la strutturazione dello spazio melodico, e del
modo d'intenderne la forma, muta di senso. Il nuovo criterio di costruzione
s'articoler guardando alle relazioni analitiche fra acccordo e basso sottinteso.
Ne deriva un nuovo atteggiamento analitico, per cui, ad esempio, tutte le

ottave si equivalgono, a differenza dei sistemi precedenti ove la dislocazione


d'ottava mutava le relazioni intervallari nella struttura melodica. Il movimento
viene cos ristretto, deve commisurarsi con nuove regole nella disposizione
delle voci.
Il movimento melodico s'impoverisce, riducendosi ad una emanazione del
basso fondamentale. La storia dell'armonia cos, nella concezione del
musicologo parigino, la storia di un progressivo staticizzarsi delle componenti
melodiche attorno alle ossificazioni della triade fondamentale: la rinascita di
queste componenti interna al linguaggio tonale, e non compare solo durante
la crisi della tonalit, ma si fa avanti come un rovello fin dalle forme pi
canoniche del linguaggio classico. Ma il peso della strutturazione melodica si fa
riavvertire pi compiutamente quando cominciano a corrodersi i fondamenti
del sistema tonale.
Questa vicenda, secondo Chailley, impone un nuovo studio sistematico di
quelle funzioni accordali particolarmente instabili, che, secondo il nostro autore
non possono essere semplicemente catalogate come dissonanti. Nascoste tra
le pieghe della loro irriducibilit armonica alla triade, si nascondono tutte le
tendenze attrattive che la selezione della terza come intervallo privilegiato ha
cancellato. La conseguenza implicita che ne trae il musicologo francese che
vi sia un profondo conflitto fra il modo d'intendere la musica in senso verticale
o in senso orizzontale, un conflitto che il concetto di modulazione neutralizza
solo in parte. In tal modo viene indebolita la distinzione fra accordo e
aggregato, puntando l'indice contro la problematicit della nozione di accordo
perfetto sul piano teorico, specie per quanto attiene il problema della terza
minore.
Al tempo stesso, la dodecafonia elaborando il concetto di serie che attribuisce
valore strutturale al semitono, e mettendo al bando l'ottava, discretizza lo
spazio musicale in modo eccessivo, operando su strutture irrigidite e depurate
da qualunque fenomeno attrattivo fra altezze. Certamente difficile
condividere il livore polemico con cui Chailley bersaglia la teoria dodecafonica,
nel suo insieme, in quanto costruzione assolutamente artificiale sul piano delle
relazioni fra altezze, intellettualistica e quindi priva di qualunque possibilit di
sviluppo o di correzioni sulla base del modello d'articolazione dello spazio
musicale, condiviso dalla tradizione occidentale. Qui la presa di posizione
clamorosa e anticipata dalla ricostruzione della vicenda del cromatismo: negare
al semitono potenzialit strutturali implica che l'equiparazione dei semitoni non
possa garantire un felice criterio costruttivo.
Non ci soffermeremo su tali componenti polemiche, che sollevano comunque
una discussione teorica storicamente chiusa in maniera troppo frettolosa,
abbandonando in modo brutale la partita sulla natura delle relazioni fra altezze
e conclusasi con una tacita emarginazione dell'autore dall'orizzonte
musicologico contemporaneo.
Tale discussione, al contrario meritava di essere approfondita, senza entrare
necessariamente in una valutazione estetica dell'opera dei viennesi: non un
caso se il problema delle altezze ritorner a sollecitare la curiosit di autori
dall'approccio molto diverso, certamente non tutti amati dal nostro autore,

quali gli spettralisti, l'ultimo Schaeffer o, con ricca articolazione teorica, Olivier
Messiaen, per riferirci solo all'ambito francese. Fra l'altro dobbiamo notare che
negli stessi anni, un teorico come Costre cercava di trovare una fondazione
dell'atonalit proprio in una rifluidificazione dei portati teorici della risonanza,
non trascurando affatto la posizione del nostro musicologo.
Lo sforzo di Chailley non si concentra unicamente nel dare fondamento teorico
ad una battaglia, che oggi considereremmo assai datata, contro l'impianto
teorico della Scuola di Vienna. Il senso della sua polemica quello di una
rivendicazione della dignit di tutte quelle pratiche musicali che fanno della
componente melodica l'elemento portante di una ricerca delle propriet
attrattive dello spazio musicale: l'oggetto nascosto di questa polemica
proprio la messa in mora degli aspetti teleologici che stanno coperti dentro
l'evoluzione dell'armonia classica. Il fondamento teorico della discussione si
appoggia alla morfologia contratta dell'ottava cui mette capo la speculazione
teorica di Schnberg. Insomma, esiste per il nostro autore un'asse che
congiunge la polifonia della dissonanza, cio la musica dodecafonica, con i
portati statici dell'ambientazione a tre suoni. E questo forse il vero oggetto
polemico, ancora una volta teoricamente orientato, del nostro autore.
Se cerchiamo di inquadrare la questione all'interno di tale angolatura, allora la
polemica di Chailley non va pi ricollegata ad un miope atteggiamento di tipo
conservatore, sulla falsariga delle tante polemiche, di fatto fossilizzate, che
accompagnano ancora oggi il dibattito sulla seconda scuola di Vienna. La
critica di Chailley volta contro la rigidit strutturale, il procedere zigzagante,
per usare l'espressione presente nell' Essai, e spigoloso che assume la
profilatura melodica in quel contesto.
Anche se lo stesso Schnberg raggruppa sottogruppi melodici nella serie,
isolandoli con delle graffe, il movimento che le traccia sar brusco, i contorni
assumeranno la forma di un duro ritaglio dai contorni troppo netti, perdendo
quel carattere di continuit che il torcersi della melodia su se stessa attraverso
la congiunzione melodia riesce a garantire dopo lo scosssone ricevuto
dall'armonia a tre suoni. Qui viene avanti il teorico continuista ad oltranza, il
cultore del riempimento melodico di tipo aristossenico, che fa della continuit
dello spazio musicale la risorsa segreta della pratica compositiva. Il fatto che il
mondo poetico espressionista, connesso alla musica dodecafonica non possa
nutrirsi di tali suggestioni, non sfiora Chailley. D'altra parte, ancora oggi, il
problema rimane aperto, specie dopo le penetranti analisi di Perle.
Se pensiamo che Chailley mostra la medesima indifferenza nei confronti
dell'analisi schenkeriana, da lui studiata negli anni trenta e rapidamente
abbandonata, possiamo dedurne che l'esigenza continuista l'ultimo strato
ideologico del nostro autore, che dedicher ad Aristosseno una parte
consistente del suo testo storico sulla musica greca, enfatizzando forse con
troppa vivacit l'aspetto intuitivo nell'opera del teorico greco. Anche l vi sar
un profondo fraintendimento del pitagorismo, ed una penetrante analisi della
natura melodica della musica greca, polifonia compresa, posizione gi
adombrata nell'Essai.
4

Morfologie spaziali e Filologia Musicale


Le varie morfologie dello spazio musicale e sulla loro ricaduta su linguaggi
storicamente determinati sono importanti anche per quanto riguarda il tema
dell'espressione della musica. La ricerca va cos assumendo i caratteri di una
analisi delle forme della ricettivit musicale. Tutti questi aspetti, per il nostro
autore, dovranno diventare oggetti di una disciplina specifica in grado di
affrontarli in modo unitario, la filologia musicale, alla cui delineazione verr
dedicata nel 1985 la sua opera pi ambiziosa, lments de Philologie Musicale.
Per poter mantenere un metodo d'indagine unitario, Chailley non si affida solo
alla sua vasta erudizione musicale, ma fa proprie alcune metodologie elaborate
dalla etnomusicologia a lui coeva, una disciplina che mirava, come abbiamo
visto, all'individuazione di universali linguistici in grado di dar ragione del
comportamento delle strutture musicali nella loro generalit.
Rivelatrice di tale atteggiamento la scelta di introdurre il tritono fra le
strutture melodiche fondamentali, a causa dell'instabilit espressiva ad esso
connessa: negli anni successivi, la sua ricerca di storico della musica
medieoevale lo porter a rifiutare come mitica la proibizione del tritono, di cui
parlano, guarda caso, gli storici della musica post-ramisti senza che, a suo dire,
si possano trovare nei testi teorici medioevali espressioni quali diabolus in
musica o simili. Al contrario, l'instabilit del tritono non implica dissonanza, ma
semplice tensione alla risoluzione: si tratta quindi di un intervallo dal
particolare valore espressivo, che altre tradizioni utilizzeranno in modo pi
sistematico. Insomma, sembra che la storia dell'armonia a tre suoni abbia
gettato una sorta di cono d'ombra sul modo in cui il linguaggio dei secoli
precedenti stato inteso.
L'idea di una dialettica fra funzione strutturale della scala, che si esplicita
mediante l'elaborazione di componenti discrete che disegnano e organizzano
una configurazione gerarchizzata dello spazio musicale, che confligge con la
tendenza continuista del cromatismo, mediante fenomeni attrattivi fra le
altezze, implica infatti che sussista sin dalle prime elaborazioni del linguaggio
musicale un conflitto, connesso alla posizione delle note nello spazio, tale
conflitto ha evidenti ricadute di ordine espressivo e concettuale.
L'analisi delle strutture melodiche funziona quindi come una sorta di
cartografia, in grado di descrivere l'orizzonte di scelte che si nasconde
all'interno di ogni singola scala, struttura discreta che ritagliando una propria
organizzazione architettonica nel continuum dello spazio musicale in primo
luogo espressione di un gusto e di una mentalit.
L' approccio di Chailley quindi di grande interesse per chi voglia trattenersi su
una indagine sulle strutture scalari ricca di spunti fenomenologici e di
connessioni con una sorta di psicologia storica, sul modello di Meyerson. La
scala musicale non mai una strutturazione neutra dello spazio musicale: essa
un oggetto culturale, di cui l'analisi storica delle strutture melodiche mette a
nudo le strutture formali e le componenti legate al gusto, all'espressione,
insomma ad un tessuto di scelte che l'analisi musicologica deve ricostruire per
comprenderne la funzione rispetto alla ricettivit musicale di che ne fa,

storicamente, uso. Non sorprender quindi che l'esito di queste ricerche sar,
negli anni successivi, una indagine sulla funzione delle strutture simboliche in
musica.
Potremmo assimilare l'atteggiamento di Chailley a quello di un cartografo che
deve indicare punti di convergenza nel conflittuale rapporto che lega gli
intervalli alle trasformazioni delle strutture scalari: l'idea di una sorta di cifra
(signature) stilistica, che dobbiamo dedurre dalle scale, implica
un'approfondimento sulla genesi delle melodie,e sui protagonisti della
metamorfosi nella posizione delle altezze.
Su questo terreno, che Chailley traccia in evidente analogia con le teorie
aristosseniche, nascono poi le decisioni della teoria musicale, operante sempre
in stretta relazione ad una pratica. Il nucleo nascosto dell'ideologia del nostro
autore si fa avvertire attraverso una forte sensibilit al continuo interscambio
tra teoria e praticache guida la vicenda delle relazioni strutturali che
discendono a cascata dalla selezione degli intervalli. Tale aspetto ha un
rilevante interesse filosofico, per una indagine sulla funzione espressiva delle
strutture e della grammatica dello spazio musicale.
In tutte queste analisi, che spesso nel Saggio vengono appena abbozzate, il
concetto di attrazione fra suoni il riferimento fondamentale da cui muovono
tutte le analisi del nostro autore. La continuit dello spazio musicale si
manifesta grazie al brulicare di fenomeni attrattivi che costituiscono il sostrato
dell'analisi melodica. Da qui, la continua ricerca di assi di simmetria,di funzioni
di compensazione interne alle melodia che possano giustificare la derivazione
di una scala specifica. Ed a questa tensione che guardano le pratiche
compositive, nel loro continuo tentativo di usare gli intervalli della tradizione
come assi di costruzione e nel necessario indebolimento di tali strutture a fini
espressivi. Una figura emblematica per descrivere tale atteggiamento, , nella
prospettiva del nostro autore, quella di Claude Debussy, che utilizza la scala
per toni interi allo scopo di neutralizzare i vincoli del funzionalismo tonale (cfr.
19).
In questo modo, il compositore francese pu giocare contemporaneamente con
due diverse forme di organizzazione dello spazio musicale. La ricaduta sul
piano espressivo di tali procedimenti evidente: indebolendo i legami attrattivi
che fanno capo all'organizzazione tonale, possibile fluidificare il discorso
melodico, attraverso un fine ordito di piccole trame melodiche. Nasce cos un
raffinato gioco linguistico che guarda alla struttura dello spazio musicale da
due punti di vista differnziati. In questa operazione non c' eclettismo, ma una
serie di scelte compositive che vanno progettando una neutralizzazione di
relazioni consolidate all'interno di un linguaggio, da sempre appoggiato ad una
interpretazione dello spazio musicale che pone come centrale il riferimento alla
tonica.
Tale strategia assume efficacia solo se riesce a ricostruire un nuovo modo
d'ambientare il suono musicale. Un simile approccio alla grammatica dello
spazio musicale, che Chailley individua come un nastro che collega fra di loro le
variet delle filiere, il nucleo pi interessante della teoria della risonanza,
nell'interpretazione del nostro autore. A questo modo di proporre

un'interpretazione reticolare del concetto di spazio musicale, e non ai suoi


presupposti evoluzionistici, si pu guardare con forte interesse teorico. Forse
l'unica analogia possibile, nelle profonde differenze d'approccio, con l'opera
teorica di Hindemith, e con la teoria delle gerarchie intervallari che, per il
compositore tedesco, vanno inquadrati in una ricerca generale, che li tratti
come universali linguistici.
Abbiamo ricordato che il Saggio ha il carattere dello schizzo, di un testo
provvisorio, caratterizzato da forte densit teorica. Chailley avverte il bisogno
di esemplificazioni nitide, che possano sostenere l'argomentazione nel modo
pi chiaro possibile.Per questo motivo, il Saggio articola le componenti teoriche
attraverso una ammirevole capacit esemplificativa. Gli esempi musicali
presentate da Chailley, infatti meriterebbero una analisi pi approfondita di
quanto non sia stato possibile fare: spesso, infatti, nei commenti che le
accompagnano il teorico si fa piacevolmente prendere per mano dal
compositore. I commenti i richiami in nota sono stati ridotti all'essenziale, per
non appesantire un testo che fa della agilit della riflessione una cifra stilistica
inconfondibile.

Indice
1 Principi ispiratori
2 Struttura teorica del circolo delle quinte
3 Ruolo dell'attrazione
4 Ruolo dell'equalizzazione
5 Il principio di congiunzione
6 Il sistema
7 Sistemi semplici e multipli
8 Gli esempi annotati della musica greca
9 L'unificazione dei sistemi multipli
10 La nozione di tonica melodica
11 Il modo primitivo e la sua struttura
12. La struttura modale per finale e dominante
13 Ruolo degli abbellimenti
14 Ruolo della terza
15 Polifonia della consonanza
16 La cifra tonale
17 L'armonia di risonanza
18 Il cromatismo
19 Riemergere delle strutture arcaiche
20 Conseguenze melodiche dell'estensione della consonanza
21 La polifonia della dissonanza

22 L'atonalit schnberghiana
23 La serie dodecafonica
24 Conclusione
1.
Principi ispiratori
La formazione delle scale, che si organizzano progressivamente e in forma
spontanea prima in sistemi, poi in modi, sembra sottoposta alle interferenze di
due principi, essenziali e contraddittori:
1. Un principio di stabilit, la consonanza, che si esprime attraverso la nota tavola della
Risonanza (armonici). Ma tale tavola viene usata solo eccezionalmente in forma grezza.
Essa interviene, almeno all'inizio, e senza dubbio in maniera non mediata, solo nelle sue
manifestazioni primarie, le quali, non mettendo in azione null'altro che i rapporti forniti
dalle sue due prime sezioni[1], si traducono essenzialmente, almeno per la melodia, nel
circolo delle quinte. La terza, in quanto armonico 5, si integra pi tardi e solo in fase pi
avanzata intervengono talvolta, sotto delle restrizioni molto strette, gli armonici successivi.
2. Un principio di dinamismo e di mobilit, l'attrazione, che si esprime attraverso spostamenti
dei gradi, nel senso della direzione melodica e attraverso l'attrazione dei gradi deboli da
parte dei gradi forti vicini (in quanto la forza dei gradi dipende principalmente dalla
consonanza).
Dato che non entra in gioco un unico principio, ma almeno due, stato
possibile che, da punti di partenza identici, abbiano potuto svilupparsi nel
tempo e nello spazio linguaggi assai diversificati, le cui leggi tuttavia possono
essere ridotte a dei principi comuni.
Al gioco delle reazioni multiple tra questi due principi viene a mescolarsi quello
dei fenomeni secondari.
3. La tolleranza, che ammette, in modo variabile, a seconda delle societ e degli individui,
l'assimilazione soggettiva di suoni approssimabili a suoni rigorosamente esatti. Inoltre la
tolleranza influenzata da fattori esterni che si cominciato a studiare metodicamente:
altezza, timbro, intensit ecc.
4. L' equalizzazione, favorita dalla tolleranza. Essa pu essere tanto istintiva, quanto, al
contrario, determinata dal razionalismo nelle fasi culturalmente pi evolute: in effetti queste
ultime non esitano a correggere dei fatti reali per farli coincidere con dei diagrammi
razionali.
A tali elementi si pu sovrapporre, senza confonderla, l'imitazione diretta e non
interpretata di modelli naturali, come il canto degli uccelli, risonanza di
strumenti a suoni parziali rinforzati, ecc. Tale fattore, che sembra intervenire
soprattutto nelle fasi di civilizzazione meno evoluta, appare privo di
discendenza propria. Non ne parleremo qui.
Non studieremo nemmeno le strutture armoniche. Se affrontassimo questo
studio, rintracceremmo gli stessi principi fondamentali di consonanza, di
attrazione e di tolleranza, ma applicati diversamente, pi altri che sono loro
propri.
Formazione delle scale primitive
Non affronteremo la discussione di un problema ancora molto controverso.
Tuttavia, l'analogia con lo sviluppo dell'istinto vocale durante tutti i primi anni

dell'infanzia permette di ipotizzare alcuni stadi di cui le prime fasi di


civilizzazione ci offrono molto fedelmente l'equivalente:
1) Modulazione continua, per glissando, senza gradi preferenziali
(attrazione pura).
2) Trasformazione del canto continuo in canto discontinuo, a grandi
intervalli ancora indeterminati (generalmente pi ampi del tono).
3) Scelta di una nota fissa preferenziale, intorno a cui oscillano dei suoni
indeterminati.
4) Agganciarsi di almeno due note su un intervallo determinato. Se
questo intervallo la quarta, come succede spesso, si avvia il processo di
consonanza. Esso proseguir implacabilmente, attraversato in parte nel
suo cammino da deformazioni determinate da altri elementi, soprattutto
dall' attrazione e dall' equalizzazione, che daranno l'impressione, talvolta
a torto, di contrastarlo.
Ridotto alla sua pura forma di consonanza, senza l'intervento di altri fattori,
tale processo si esprimer essenzialmente sotto la forma del circolo delle
quinte, studiata spesso (Touz, Handschin, ecc.) . Di conseguenza
l'esamineremo per prima, non senza sottolineare che, se di frequente i suoi
effetti si manifestano proprio sotto questa forma pura, tuttavia essi vengono
spesso contaminati dagli altri principi e quindi si possono applicare a numerosi
casi solo attraverso dei correttivi necessari.
2.
Struttura teorica del circolo delle quinte*
La struttura di un sistema di quinta o di ottava non pu essere l'accordo
perfetto, poich completamente al di fuori della influenza armonica (e
quest'ultima si manifesta sempre molto tardivamente); a fortiori accade la
stessa cosa in un sistema di quarta. Tutta la struttura anteriore all'invasione
dell'armonia a tre suoni proviene, secondo un processo che noi abbiamo
tentato di spiegare altrove, da una serie di forze che interferiscono tra cui una
delle pi potenti , come si detto, il circolo delle quinte:
Tavola 1

esclusivamente determinato dalla sezione 1-4 della risonanza


Tavola 2

grazie all'uso dei suoi tre elementi: ottava (1-2), quinta (2-3) e quarta (3-4).
Limitato fino ad un nuovo ordine ai 7 primi suoni, esso dar origine al genere
diatonico.

La tavola delle quinte obbedisce allo stesso principio di gradualit nella


formazione delle strutture come accade alla tavola della risonanza
nell'evoluzione della consonanza (cfr. il nostro Trait Historique d'Analyse
Musicale) [2]. A seconda che si utilizzino le sue sezioni1-2, poi 1-3, 1-4 ecc., si
ottengono delle strutture successive d'ottava, nelle quali gli intervalli che si
sono formati prima conservano una supremazia proporzionale alla loro
anteriorit.
Ad ogni stadio di questa formazione, si ottiene un sistema diverso (detto a torto
defettivo in quanto non dipende dalle 7 note dell'eptatonica finale) in cui i
nuovi gradi si appoggiano sui gradi anteriori.
Tavola 3

Sezione 1 della tavola (ottava): un solo aspetto

Ottava
Sezione 1-2 = 2 note (fa-do) = ditonico
Due aspetti d'ottava (a tre note).

Ditonica
Sezione 1-3 = 3 note (do - fa -sol) = tritonica
Tre aspetti d'ottava (a 4 note)
Due aspetti di quinta ( a 3 note)

Tritonica
Sezione 1-4 = 4 note (fa - do - sol - re) = tetratonica
Quattro aspetti d'ottava (a 5 note)
Un aspetto di quinta (a 4 note)
Due aspetti di quarta ( a 3 note)

Tetratonica
Sezione 1-5 = 5 note (fa - do - sol - re - la) = pentatonica
Cinque aspetti d'ottava ( a 6 note)

Due nuovi aspetti di quinta (a 4 note)

Pentatonica
Sezione 1-6 = 6 note (fa - do- sol - re - la - mi) = esatonica (scala senza tritono)
Sei aspetti d'ottava (a 7 note)
Due aspetti di quinta (a 5 note)
Tre aspetti di quarta (a 4 note)

Esatonica
Sezioni 1-7 = 7 note (fa - do - sol - re - la - mi - si) = eptatonica
Sette aspetti di ottava (a otto note)
Tre nuovi aspetti di quinta (a 5 note)
Un nuovo aspetto di quarta (a 4 note)

Eptatonica
Qui compaiono per la prima volta la falsa quinta (diminuita) e la quarta
superflua (aumentata).Si ottiene, dunque, a seconda delle scale, i seguenti
aspetti d'ottava, quinta e quarta a partire dal suono di partenza:
T = tono, S = semitono, 3 = trisemitono non composto (terza minore), 4 =
quarta, 5 = quinta.
Scala

Numero e nota Ottava


di partenza
1. fa

Ditonica

Quinta

Quarta

5- 4
4 -5

2. do
Tritonica

1. fa
2. do

T44
4T4
44T

T4
4. T

T4T3
T3T4
4 T 3 T.

= tritonica 1
T3T
= tritonica 3

3. Sol
Tetratonica

1. fa
2. do

non esiste

Non esiste
Semplice
Semplice
Non esiste
T3
Semplice

3. sol

3T4T

non esiste

3T

TT3T3
T3TT3
T3T3T
3TT3T
3T3TT

TT3
= tetratonica2
= tetratonica 3
3TT
Non esiste

Non esiste
= tetratonica
= tetratonica
= tetratonica
= tetratonica

TT3TTS
TTSTT3
T3TT3T
TSTT3T
3T T S T T
STT3TT

= pentatonica
1
=TTST
= pentatonica
3
=TSTT
=pentatonica
5
Non esiste

Non esiste
TTS
= pentatonica
3
=TST
= pentatonica
5
=S T T

TTTSTTS
TTSTTTS
TTSTTTS
TSTTTST
TSTTSTT
STTTSTT
STTSTTT

TTTS
= esatonica 2
= esatonica 2
= esatonica 4
= esatonica 4
STTT
S T T S (falsa
quinta)

T T T (tritono)
= esatonica 2
= esatonica 2
= esatonica 4
= esatonica 4
= esatonica 6
= esatonica 6

4. re
Pentatonica

1.
2.
3.
4.

fa
do
sol
re

5. la
Esatonica

1.
2.
3.
4.
5.

fa
do
sol
re
la

6. mi

Eptatonica

1.
2.
3.
4.
5.
6.

fa
do
sol
re
la
mi

7. si

Possiamo osservare che se il numero degli aspetti d'ottava corrisponde alla


cifra del sistema (ad esempio 5 aspetti per la pentatonica), le sole che
possiedono un aspetto caratteristico sono le quinte e le quarte dei sistemi che
seguono:

Quinta

Quarta

tritonica 1,2.
tetratonica 2.

tetratonica 2, 4.

pentatonica 1, 4.
esatonica 2, 4.

esatonica 2, 4, 6.

eptatonica 1, 6, 7.

eptatonica, 1.

2
2
4
4

Il circolo delle quinte s'arresta dopo il numero 7. Non sembra che esista, salvo
errore, l'ottotonica:

che deriverebbe dalla sezione 1-8

nemmeno sotto la forma

perch, se spesso vi si incontrano di fatto Si bemolle e Si bequadro, essi non


sono mai giustapposti; abbiamo sempre l'uno o l'altro: si tratta sempre dello
stesso grado spostato a seconda del caso (congiunto del sistema greco, Si
bemolle o maggiore del Medio Evo e cos via...).
Il cromatismo non affatto nato nel circolo delle quinte, ma dallo spostamento
dei gradi per attrazione, e non ha perci seguito la medesima ripartizione.
Da ci che precede, prende forma, per la diatonica, la struttura di numerosi
sistemi pre-armonici, attraverso la combinazione delle divisioni ottenute in
questo modo:
Ottava = quinta + quarta o viceversa (o due quarte con diazeusi secondo il
modello di tritonica 2).
Quinta = Quarta + tono o viceversa.
Quarta = tono + Terza minore o viceversa.
Terza minore = tono + semitono o viceversa.
Da tutto questo si deducono, secondo l'ordine gerarchico di struttura, le
differenti intelaiature melodiche che compaiono nella tavola proposta sopra.

Osservazioni sugli intervalli del circolo delle quinte.


Si osservi che, in relazione a quanto precede, l'ordine gerarchico delle strutture
(che verr profondamente trasformato pi tardi dall'armonia a tre suoni)
dapprima il seguente:
1 Ottava, teoricamente data per prima dalla risonanza. Per questo motivo,
viene utilizzata raramente da sola, ma l'intuizione della sua equivalenza per
fusione si trova indotta in certe condizioni dalle ulteriori modalit
dell'evoluzione.
2 Quinta e quarta, di valore equivalente tanto nella tavola n 2 della risonanza
(sezione 1-4) che nella tavola n1 delle quinte (sezione 1-2). Sembra che si
debba rinunciare ad interpretare questa tavola come formata da quinte
ascendenti, raccolte una volta per tutte all'interno di una ottava prestabilita
(come si insegna correntemente): si procede direttamente per quarte e per
quinte ab libitum, che la stessa cosa, ma indica una diversa concezione.
Inoltre, la tavola n1 ci mostra che se la generazione si appoggia certamente

sulla quinta in senso ascendente, sulla quarta lo fa in senso discendente. Si pu


quindi avere equivalenza, solo tenendo conto di tale differenza d'orientamento.
Quinta e quarta sono cos, e lo dimostreremo, i primi elementi della struttura
delle future scale basate sulla consonanza. Unici elementi comuni tanto alla
tavola della risonanza (sezione 1 - 4) che alla tavola delle quinte (sezione 12),esse conservano, in virt della risonanza, nella melodia armonica, il valore
strutturale che esse assumono nella tavola delle quinte per la melodia prearmonica. Al contrario, la gerarchia diverger a partire dall'intervallo di un tono
che, se entra a far parte molto presto alla tavola n1 delle quinte, non appare
che molto tardi in quella della risonanza (numeri 8 e 9) e non pu dunque
derivare da quest'ultima il suo valore strutturale melodico.
3 Tono. Intervallo unitario melodico di base, non composto, e non
giustapposizione di due semitoni, come suppone la teoria dodecafonica.
4 Trisemitono, terza minore non composta, e non la giustapposizione di un
tono e di un semitono, come suppone la teoria classica, dato che non vi nulla
fra il fa ed il re nella tavola 1. Da questo suo carattere non composto e dalla
sua anteriorit rispetto alla terza minore nella tavola delle quinte, derivano la
sua frequenza nelle melodie primitive, la facilit d'intonazione e la preminenza
delle melodie di aspetto minore nelle musiche anteriori all'armonia a tre suoni,
(che imporr al contrario la preminenza del maggiore, sezione 1 - 6 della
risonanza).
5 Ditono (terza maggiore). Contrariamente al trisemitono, sempre composto
(c' un sol tra il fa ed il la nella tavola 1). Esso quindi non mai considerato
all'inizio come un intervallo congiunto prima dell'armonia a 3 suoni, che dovr
del resto modificarne la definizione ( essa lo considerer come l'armonico 5) e
l'altezza (all'inizio incontriamo la terza crescente detta pitagorica). Da qui la
difficolt nell'intonarla nella pedagogia infantile. Naturalmente, tutto cambia se
la terza maggiore viene originata da uno spostamento attrattivo (come accade,
ad esempio nel genere enarmonico greco).
6 Semitono - Non ancora, allo stadio del circolo delle quinte, la divisione del
tono in due, ma il resto (limma per i Greci) tra la quarta e la terza maggiore
definite prima, o tra la terza minore ed il tono. Non ha dunque alcun valore
strutturale (smentendo le tesi dodecafoniche).
7 Tritono - Sopraggiunto per ultimo nel circolo, da cui le ben note resistenze
alla sua integrazione dalla maggior parte delle musiche a base di consonanza
pura (ad esempio il Si molle medioevale).Esistono tuttavia delle eccezioni, ben
note all' etnomusicologia. Esse pongono un problema attualmente in fase di
studio e sul quale sarebbe prematuro pronunciarsi.
Passaggio da una scala all'altra. I Pien
Allo stato attuale delle ricerche, tracciare una teoria d'insieme non ancora
possibile. Tuttavia, sembra acquisito che tutte le scale di cui abbiamo parlato
sopra, compresa l'esatonica (contestata da alcuni) abbiano un'esistenza reale
[3] e che la loro successione obbedisca ad un coerente sviluppo evolutivo.

Le scale all'inizio sembrano formarsi di preferenza in sistemi piccoli (quarte e


quinte), in quanto l'ottava unitaria rappresenta un stadio ulteriore molto
evoluto (si veda pi avanti lo studio dei sistemi semplici e multipli.).
Lungo un periodo importante della loro formazione, le scale sembrano
procedere grazie ad un sviluppo graduale, in cui un nuovo livello appare
quando i precedenti si siano sufficientemente stabilizzati, e che conserva una
certa inferiorit di struttura fino a quando non si sia, a sua volta,
definitivamente stabilizzato .
Sembra che l'ordine di questo sviluppo segua abitualmente una delle due filiere
[4] seguenti:
- la prima, che deriva direttamente dal circolo delle quinte, porta sul grado che,
in tale circolo, prenderebbe posto normalmente a seguito di quelli gi formati:
in questo modo, dopo la quarta do-fa della ditonica, si presenta, con le riserve
che definiremo, la nota che diventer il sol della tritonica.
- la seconda, che deriva allo stesso modo da tale ciclo , ma con un correttivo
dovuto alla forza strutturale della quarta tetracordale: cos, dopo la quarta do fa della ditonica, invece di approdare al sol della tritonica, si cercher il nuovo
suono nel quadro della quarta tetracordale, che lo divider in tono + terza
minore se il circolo delle quinte non viene invertito, in quanto attrazione o
equalizzazione possono alle volte modificare la messa in posizione del nuovo
grado. Si potr dunque ottenere do-re-fa o do-mi bem.-fa prima di do-fa-sol.
Allo stesso modo per la terza minore, che tender nelle stesse condizioni a
dividersi in tono + semitono (teoria della "mobilit"). Da qui l'importanza del
tono, che nelle melodie molto primitive, appare tanto sovente in assenza della
quarta. Questo fenomeno, giocando su dei tetracordi che formano una unit
strutturale indipendente pu mettere capo a dei raggruppamenti che,
considerati nel loro insieme, possono sembrare indipendenti dal circolo delle
quinte. Quest'ultimo sembra essere non di meno alla base del fenomeno, senza
il quale non si comprenderebbe l'universalit dei suoi concetti dei tipi
d'intervallo, mentre sar possibile giustificare pi avanti le eccezioni apparenti
(quarti, 3/4 di tono, eccetera).
In generale, il nuovo grado si introduce con una timidezza che si rende
evidente grazie alla sua debolezza ritmica, la sua relativa rarit e a
indeterminazioni d'altezza che possono arrivare fino all'incertezza della
intonazione (Brailoiu ha generalizzato per questo tipo di gradi l'uso del termine
cinese pien). Pi tardi il pien si stabilizza e si fissa fino a quando non venga
completamente integrato.
Durante questo lavoro di stabilizzazione, sottoposto a forze contrastanti: la
consonanza, che tende a collocarlo nella sua posizione all'interno del circolo
delle quinte; l'attrazione, che tende ad riaccostarlo al grado pi vicino secondo
il profilo melodico; l'equalizzazione, che tende a mantenerlo in mezzo
all'intervallo da riempire. Possono quindi sopraggiungere soluzioni diverse
secondo che ceda ad una o all'altra, o che si stabilisca un compromesso in virt
della tolleranza.

La nostra musica occidentale deriva principalmente dalla filiera diatonica, che


corrisponde alla vittoria della consonanza, vale a dire del circolo delle quinte:
quest'ultimo rappresenta, sovente dopo lunghe esitazioni, la soluzione pi
generalizzata. Non si dovr dimenticare tuttavia che altre musiche hanno
adottato altre soluzioni che andremo ad esaminare.
Quale che sia, questo processo spiega perch la tavola sopra esaminata non
determini soltanto un ordine di presentazione cronologica (quanto meno
probabile), ma soprattutto una gerarchia strutturale che sussiste a livelli
diversi, anche dopo la stabilizzazione delle scale definitive. Tale gerarchia, ben
diversa da quella determinata dall'ordine armonico (l'unica studiata dai trattati
scolastici), anteriore a quest'ultimo e ordina da sola le strutture anteriori alla
generalizzazione dell'armonia a tre suoni (grosso modo[5], intorno al XVI secolo
nel mondo occidentale). Di qui tra l'altro la frequenza dei residui di scala
anteriori, per esempio delle congiunzioni esa o pentatoniche in una eptatonica
(cfr. pi avanti).
3
Ruolo dell'attrazione
L'attrazione pu esprimersi da sola, in modo completo come nel canto in
glissando, prima manifestazione dell'istinto musicale nel bambino che
canticchia; successivamente, ad uno stadio pi avanzato, si fanno avanti
raggruppamenti di glissando o di intervalli mal determinati e e talvolta
piccolissimi attorno ad un unico suono preferenziale, (tale tipologia si incontra
in Islam). Ma pi frequentemente, si manifesta sugli intervalli gi ordinati dal
circolo delle quinte.
Cos, mentre si manifesta dopo la formazione della quarta strutturale ed agisce
sulla nota di riferimento mobile in cerca della sua posizione definitiva, essa
potr impedire di raggiungere l'assetto regolare di tale circolo (ad un tono da
uno degli estremi) per avvicinarlo maggiormante all'estremo imposto dalla
tendenza melodica. In tal modo gli intervalli diventano spesso irrazionali, per
quanto essi si fissino per analogia circa ad un semitono dell'estremo che
esercita l'attrazione: si rintracciano cos nella musica greca dei tetracordi
defettivi semitono + ditono (approssimativamente) che spiegheranno la forte
attrattivit discendente del sistema e l'analogia del ditono enarmonico. Il pelog
di Java potrebbe essere spiegato in un modo simile.
Comunque sia, evidentemente l'attrazione che trasforma gli intervalli del
tetracordo diatonico greco secondo il profilo discendente

nel riavvicinare dalla parte dell'estremo inferiore i due suoni mobili, che in
questo modo diventano per esempio:

Del resto si potrebbe ipotizzare in modo ugualmente appropriato che


l'attrazione abbia giocato a favore dell'enarmonico e che sia stato in seguito il
circolo delle quinte (aiutato in questo dal razionalismo pitagorico, che calcolava
questo circolo sul monocordo) a ridurre successivamente il tetracordo alla sua
forma diatonica. I Greci stessi discutevano su questo punto, e sostenevano,
volta per volta, l'anteriorit di una o dell'altra delle due forme.
In una struttura tetracordale, sono gli estremi del tetracordo che attirano verso
di loro le altre note, nel senso della tendenza melodica. Di qui nel diatonico a
profilo discendente, la preminenza dello schema

sesta forma nella tavola 3 e base del diatonico greco e di numerose musiche
popolari orientali.
Una attrazione rafforzata sposta i gradi mobili al di l delle posizione diatoniche
determinate dal circolo delle quinte: da questo derivano, come si visto, i
generi cromatico, enarmonico e le innumerevoli sfumature (nuances) che li
accompagnano.
L'attrazione gioca un po' su tutti i sistemi. Cos in una pentatonica 4

si osserver che frequentemente le note deboli vicino ad un suono forte si


spostano sotto l'effetto della attrazione (spesso nel corso dello stesso pezzo)
fino a diventare, per esempio, sol o do diesis. Ma si tratta sempre dello stesso
grado e bisogna guardarsi dal controsenso che consiste nel rilevarne la
presenza materiale per concludere ad una scala inesistente che le differenti
forme verrebbero a contrapporre. Si distinguer fra gradi mobili (che mutano
d'altezza nello stesso brano) e gradi spostati, fissati per attrazione in una
posizione irrazionale in rapporto al circolo delle quinte.
4.
Ruolo dell'equalizzazione
Nella fase istintiva, essa prodotta dall'attrazione, quando, essendo
quest'ultima uguale in senso ascendente e discendente, le due tendenze si
neutralizzano. Il grado si colloca allora a met dell'intervallo da riempire. Nella

fase razionalista, essa traccia dei diagrammi, ricerca la simmetria e corregge


all'occorrenza la realt per farla rientrare entrare in schemi che vengano
giudicati razionali. In tal modo, a Java, si equalizzeranno i 5 gradi della
pentatonica per ottenerne una suddivisione dell'ottava in cinque parti uguali
tra di loro (slendro). In Thailandia, si equalizzeranno i 7 gradi d'ottava da cui
verr in seguito estratta la pentatonica usuale (il che faciliter la trasposizione
su strumenti ad accordatura fissa come lo xilofono). A ci si debbono numerosi
intervalli orientali, presi dividendo in maniera uguale l'intervallo da riempire,
costruito preliminarmente in maniera regolare (proprio ci che tende a
dimenticare l'Occidentale che cerca di copiarli senza comprenderne la natura).
In questo modo si trover:
- intorno alla quinta, la terza neutra (un tono 3/4)
- intorno alla quarta, il tono allargato (un tono 1/4)
- intorno alla terza minore, lo spondiasmo (3/4 di tono) [6]
- intorno al tono, il 1/2 tono uguale, diverso dal semitono del circolo delle
quinte o limma, che pi serrato. Lo si incontra in particolare nei
diagrammi del cromatico.
- intorno al 1/2 tono, o pi esattamente del limma, il quarto di tono o
diesis, che tende a diventare unit di misura nell'enarmonico.
Possiamo osservare che il nostro sistema temperato, nato nel diciottesimo
secolo, si formato grazie ad un analogo razionalismo, il che non ha impedito
alla musica classica occidentale, che ha rifiutato le altre forme d'intervallo, di
essere costruita unicamente sulla base del diatonismo regolare del circolo delle
quinte.
5
Il principio di congiunzione
Senza essere assolutamente universale (sembra mancare, ad esempio, nella
musica giapponese) tale principio cos diffuso che sembra essere uno dei
principali denominatori comuni fra le musiche pi diverse. Del resto non altro
che una applicazione particolare del principio d'attrazione.
Tale principio implica che ogni suono emesso si avvicini spontaneamente al
suono pi prossimo all'interno del sistema di cui fa parte; la successione che ne
risulta ha carattere di risoluzione nella misura in cui traduce l'attrazione dei
gradi deboli verso i gradi forti pi vicini, e ci vale in funzione della forza di
questi gradi. L'arrestarsi su di un grado debole dunque tanto pi sospensivo
quanto pi tale grado vicino ad uno pi forte, di modo che si attenda invano
che gli si ricongiunga.
a) Anteriormente all'armonia di risonanza, la congiunzione si esercita
soprattutto tra note vicine della scala. Ma tra le scale determinate dal circolo
delle quinte, si insinua [7] molto spesso un residuo della struttura anteriore,

che provoca ad esempio una congiunzione della terza minore (tale quale si
troverebbe nella tetratonica o nella pentatonica: cfr. tavola 3) oppure della
quarta (incorporata nella tritonica o nella tetratonica), pi raramente della
quinta ( che risale alla ditonica). La terza maggiore non mai incorporata come
un intervallo non composto nel sistema del circolo delle quinte (vedi tavola):
essa compare tuttavia, (raramente) quando la si superi per dirigersi verso la
quinta (molto raramente verso la quarta, esclusi i casi di note scappate
analizzati pi avanti); gli studi in corso cercano di stabilire se si tratti di una
riduzione melodica che sottintenda un grado o di un primo fenomeno di
liberazione della risonanza a tre suoni: ancora prematuro rispondere.
La congiunzione di quarta o di quinta, residuo di tutta la prima struttura, si
presenta soprattutto all'inizio delle frasi (Epitaffio di Seikilos, Factus est
repente gregoriano, eccetera) dove gioca un ruolo d'affermazione della
struttura, contrariamente alla melodia armonica, ove ella si esprime in modo
diverso (cadenza per prossimit armonica) e dove preferisce concludere la
frase (J'ai du bon tabac).
Abitualmente, quando un grado viene saltato (non il caso dei residui
incorporati), la nota che lo ha scavalcato tende quasi inarrestabilmente a
ritornare, sia direttamente come nella nota scappata classica[8], sia dopo un
nuovo salto (doppia scappata):esempio

con il superamento del sol, impone la tendenza

oppure con doppia scappata

Ad esempio, nella cadenza del quinto tono gregoriano:

:
La frase accusa un residuo pentatonico, scala fa-sol-la-do. La-do dunque
congiunto, ma non fa-la, n sol - do. Note scappate semplici in *, doppie in **.
La disgiunzione viene risolta dovunque.

La tensione massima (cadenza sospensiva) si manifesta soprattutto nell'arresto


sul grado vicino al grado forte, come quest'ultimo che sottolinea la distensione
conclusiva: esempio:
Stile Gregoriano, modo di re
Inno Nunc sancte nobis spiritus

Sospensione - Conclusione

Il principio dunque differente da quello della melodia armonica, dove la


stessa coppia tensione - distensione viene prodotta dal gioco delle armonie di
dominante e di tonica, che si comunicano alla melodia a seconda che tali note
richiamino l'uno o l'altro degli accordi in causa : nell'esempio sopracitato, la
tensione armonica proverr dall'appartenenza del mi all'accordo di la
sottinteso; ora nulla del genere gioca nella melodia pre-armonica.
b) L'armonia di risonanza aggiunge alle congiunzioni melodiche sopra citate
delle particolarit che non potevano essere immaginate prima del suo ingresso.
Considerando due note che appartengono allo stesso accordo come
l'emanazione di uno stesso basso fondamentale, essa ne deduce queste
conseguenze:
1) Identit della funzione melodica che permetta la sostituzione dell'una
all'altra. Cos, all'intonazione di quarta

della ditonica strutturale, essa pu sostituire l'intonazione di sesta, dato che sol
= sol si re, quindi sol = si = re[9]:

2) Congiunzione d'ordine armonico fra due suoni che partecipino ad un


medesimo accordo, o se si preferisce d'uno stesso basso fondamentale,
espresso o sottinteso che sia.

Dopo una congiunzione di ordine armonico, si ritrova abitualmente una


congiunzione melodica, presa a partire indifferentemente da l'una o dall'altra
delle note della congiunzione armonica (in conseguenza dell'identit del 1).
Le graffe indicano la congiunzione armonica, le frecce la congiunzione
melodica.

3 ) Disgiunzioni melodiche apparenti giustificabili grazie alle altre parti, e


particolarmente in rapporto al movimento del basso fondamentale.
Nell' esempio tratto da Bach, il basso sottinteso [10]:

Tra A e B, congiunzione armonica nel basso sottinteso, e melodica tra re e mi


equivalente armonico del sol; tra B e C, congiunzione melodica nel basso
sottinteso; tra C e D, congiunzione melodica normale; all'interno di un
medesimo accordo virtuale, abbiamo dappertutto congiunzione armonica. Qui,
di nuovo, le disgiunzioni non sono che apparenti e non esistono che in rapporto
alla insufficiente definizione scolastica della nozione di congiunzione.
4) Importanza crescente del valore della interpunzione [11]per quarte e quinte
del basso fondamentale. Queste ultime cessano di essere comprese come un
residuo di ditonico o tritonico (cfr.5) ma diventano un cammino armonico pi
breve (Costre), derivato direttamente dall'ordine della risonanza.
Abbandono quasi totale, dal XVII al XIX secolo, di residui dei sistemi anteriori
determinati dal circolo delle quinte. Sulla loro riapparizione pi tarda, vedi pi
avanti il paragrafo Riemergere delle strutture arcaiche [20].
6
Il sistema
Prima del modo, organizzazione razionale degli intervalli dell' ottava-tipo a
partire da una tonica, sembra che sia stato conosciuto quello che i Greci
chiamano il sistema, raggruppamento degli intervalli, fissi o mobili, appoggiati
su uno o due suoni fissi che ne mantengano la struttura, senza giocare ancora

il ruolo che noi attribuiamo alla tonica. Possiamo ragionevolmente supporre una
evoluzione di questo tipo, che resta, tuttavia, ancora da verificare:
a. prove a partire da intervalli arbitrari, continui (glissanti) o discontinui.
b. un suono fisso unico intorno a cui si raggruppano delle note deboli, spesso ornamentali,
d'intonazione a volte regolare, a volte fluttuante, di frequente inferiori al semi-tono.
c. due suoni fissi che determinano i confini in cui si suddividono delle note deboli, fisse o
mobili. Nei sistemi regolari, i due limiti sono consonanze, molto spesso quarte. Gli altri
suoni sono attirati tanto verso il limite superiore quanto verso quello inferiore, secondo il
profilo melodico. Pi frequentemente verso il basso, a causa della propensione delle melodie
primitive per il profilo discendente (si attacca una nota con forza, e poi la si lascia
scivolare).
Il numero delle note deboli incorniciate fra i due estremi della quarta, sembra
essere stato all'inizio soltanto di una , in seguito di due. Non pare che si sia
superato questo numero se non eccezionalmente. Tali note hanno assunto
posizioni variabili, a seconda che cedessero in misura maggiore o minore ai
principi conflittuali del circolo delle quinte, dell'attrazione o della
razionalizzazione.
La struttura per tetracordi
Intimamente legata al circolo delle quinte, si appoggia sui limiti pi vicini che
vengono offerti dalla sezione 1 - 2: le due note della quarta. In questo caso il
tetracordo diviene l'unit. Con la consueta eccesione , come sempre, di
aggiunte ornamentali, una nota va colta essenzialmente in rapporto al suo
tetracordo. L'ottava qui non gioca ancora alcun ruolo.
Il tetracordo, struttura iniziale, suggerita dalla combinazione del circolo delle
quinte (sezione 1 -2) e del principio d'estensione (che fa incontrare la quarta
prima della suo equivalente teorico la quinta) all'inizio sembra delimitare la
struttura: in questo caso ci si accontenta di un unico tetracordo, difettivo o
meno, senza rifiutare l'eventualit di superare occasionalmente un grado
debole - fatto che spiegher perch il movimento della quarta tenda a utilizzare
il tono che, nel circolo delle quinte, presuppone il superamento della quarta
stessa. Successivamente, verranno raggruppati due tetracordi, sia in
congiunzione che in disgiunzione. Pi tardi, altri tetracordi potranno espandere
ulteriormente il sistema (cfr. il sistema completo dei Greci, sviluppato
progressivamente sino a due ottave).
E' il sistema disgiuntivo, appoggiato sulla sezione 1-3 del circolo delle quinte

= tritonica 2,
che sar la base dello sviluppo ulteriore nel trasformare la struttura per
tetracordi nella struttura d'ottava.
La presenza materiale dell'appoggio sulla quarta, del resto, non sempre
necessaria. Una volta formatisi i due concetti di tono e di terza minore - che
sembra difficile spiegare fuori dal circolo delle quinte - li si incontra di
frequente, soprattutto nelle musiche primitive, utilizzati direttamente senza
altro riferimento, ad esempio in melodie di due note che utilizzino sia l'uno che
l'altro, o di tre note che non oltrepassino la terza minore- pi raramente la terza
maggiore, per giustapposizione di due toni. Rimarr da studiare in quale misura
tali strutture ridotte corrispondano ad una scala completa o ad una scala pi

sviluppata (raggiungendo in particolare la quarta) di cui non vengono utilizzati


tutti i gradi.
In una struttura tetracordale rigorosa non c' un principio di tonica in senso
stretto. Gli unici riferimenti della struttura sono gli estremi del tetracordo, e
particolarmente quello verso cui si orienta il profilo melodico. I riferimenti
mutano quando si cambia il tetracordo.
Tuttavia, il profilo melodico tende spesso a dare preminenza all'estremo verso
cui si dirige. La predominanza del profilo discendente tender dunque ad
attribuire questa predominanza all'estremo inferiore, germe della futura tonica
nei sistemi ad ottava unificata.
Queste note forti assumono facilmente un carattere di finale conclusiva. Ma si
tratta di una regola che lontana dall'essere generale. Le musiche primitive
spesso ignorano la nozione di finale. L'artista si interrompe, non importa dove,
quando ne ha abbastanza. Al contrario, nelle civilt raffinate come quelle
orientali si considerer banale e "piatto" finire su una nota forte, e si preferir
lasciar indovinare quest'ultima, terminando su di un grado vicino.
Nei sistemi primitivi, l'ottava non un intervallo unitario. Non vi nessuna
identit di funzioni tra due note poste alla distanza di un'ottava l'una dall'altra.
Esse non portano nemmeno lo stesso nome e in realt possono essere
caratterizzate, nella traduzione nel solfeggio occidentale, da alterazioni
differenti. Tale , ad esempio, il sistema greco congiunto, di cui diamo la forma
diatonica (si omette spesso l'ultimo tetracordo nell'acuto):

Tavola cinque
7
Sistemi semplici e multipli
Il sistema pi primitivo sembra quello a suono fisso unico. In seguito si sviluppa
il sistema a due estremi [12], che non sorpassa l'ambito di tali estremi, quinte o
pi frequentemente quarte - ad eccezione di una nota debole d'abbellimento
che spesso va aldil degli estremi, che i Greci chiameranno proslambanomene
o nota aggiunta (essa viene definita solo nel grado grave del grande sistema
completo, ma il fenomeno si manifesta a qualunque livello).
Il sistema che si limita a due estremi detto semplice. L'ampliamento della
scala si attua attraverso la giustapposizione di molti sistemi semplici, che si
articolano fra di loro mantenendo l'individualit della loro struttura,
principalmente in due modi:
a. per congiunzione (in greco synaph) sulla stessa nota fissa:

b. per disgiunzione (in greco diazeuxis) o inserimento di un intervallo


disgiuntivo, perlopi un tono, che stabilisce una consonanza d'ottava fra i due
limiti estremi:

Il congiungersi dei sistemi semplici forma allora un sistema multiplo (o doppio


se si tratta di due), ma ogni nota giustificabile solo attraverso la struttura del
sistema semplice di cui fa parte. Tuttavia si attribuisce alla mese, la nota dove
ha luogo la synaphe, una sicura funzione di unificazione, ancora confusa,
perch essa mantiene la sua posizione centrale. Tale ruolo sembra essere stato
soprattutto di ordine pratico, dato che la mese serviva come riferimento per
l'accordatura della lira.
Tali sono il sistema greco completo (systema teleion) della tavola 4 e quello
di numerose musiche ancora vive in orientei.
8
Gli esempi annotati della musica greca
I teorici della musica greca consideravano soltanto il sistema di mi, quello in cui
si manifesta la maggiore attrazione discendente. Su sette esempi coerenti di
musica annotata che ci rimangono, cinque sono conformi a questo sistema, il
primo difficilmente analizzabile, avendo perduto due delle sue tre cadenze
caratteristiche; soltanto uno sembra distaccarsene, l'epitaffio di Seikilos, che
sembra suggerire la struttura seguente [13]

Traduzione delle didascalie


1. Affermazione
del pentacordo
strutturale

2. Sospensione
sotto il re
strutturale

3.
4. Struttura
Proslambanomen
e del (tetracordo)
sospensivo sotto il
sol

La sua ottava ha dunque l'aspetto di re, che una volta era detto frigio (tavola
3). Si tratta, a nostro avviso, del solo argomento serio a favore di una sicura
realt musicale degli aspetti (pseudo-modi) della nostra tavola 3, tanto pi che
Tralli, dove stata trovata l'iscrizione, si trova in Frigia. Una volta ho fatto parte
di questa riflessione Alain Danielou [14]che ha familiarit con le strutture
indiane, ove si presentano dei problemi identici, ma in questo caso all'interno di
una musica ancora viva: egli mi ha risposto che un musicista orientale
potrebbe cantare molto bene questa melodia avendo nell' animo la struttura
del mi. Effettivamente, i gradi d'arresto (do, fa, re grave) sono tutti vicini agli
estremi inferiori si e mi dei tetracordi - o, se si preferisce, degli estremi della
quinta mi - si. Nell'ottica orientale, mi diceva, lasciare intuire in modo sospeso il
grado forte arrestandosi al limite senza enunciarlo artificio frequente fra i
cantanti migliori, che lo considerano una raffinatezza estremamente
apprezzata. Si coglie, da una simile osservazione, quanta prudenza si imponga
nell'analisi libresca delle musiche estranee alla propria ancestralit.

Fra gli altri esempi, il pi antico (stasimo d'Oreste) tetracordale: gli altri,
dell'inizio dell'era cristiana, sembrano marcare la transizione tra il sistema
tetracordale ed il sistema d'ottava; quest'ultimo particolarmente netto nel
primo inno delfico, spesso articolato in quarta + quinta, con debolezza molto
marcata - spesso con elisione - del grado che precede l'estremo superiore:

o, congiunto

Accade la stessa cosa nel secondo inno delfico, dove si rilevano le strutture:

Un passaggio cromatico congiunto del primo inno (frammento B) offre


ugualmente la scala

che ha spinto Gevaert a battezzare come neo-cromatico il primo tetracordo


con una seconda aumentata, di cui non parla alcun teorico; questa analisi
stata contestata, ma non rimpiazzata.
9
L'unificazione dei sistemi multipli
Lo stadio che segue sembra essere intermedio tra il sistema ed il modo. Ogni
elemento (sistema semplice) mostra le sue particolarit, ma al di sopra delle
strutture individuali si sviluppa una gerarchia d'insieme. La lotta dell'influsso si
sviluppa, in generale, fra due estremi consonanti che non appartengano pi
allo stesso sistema elementare. Cos nella disgiunzione dei tetracordi

la quinta (mi - si o la - mi), pur non trascurando che essa stessa una
consonanza che possiede lo stesso grado di consonanza della quarta (sezione
1-4 della risonanza), far avvertire la sua struttura a fianco a quella delle
quarte mi - la, si - mi. Si trover sullo stesso livello dell'ottava, forte questa
volta della sua supremazia nella risonanza (sezione 1-2).

Da qui una tendenza a considerare il raggruppamento d'ottava come un


sistema unitario nel suo insieme, i tetracordi come dei sistemi parziali, ed una
delle due quinte come sostegno interno della suddivisione. Tale tendenza, che
marca un'importante evoluzione su quella precedente e si manifesta gi in
Tolomeo, prepara alla futura nozione di modo medioevale.
La struttura d'ottava
All'origine sembra una trasformazione della struttura tetracordale disgiunta. In
quest'ultima, la quarta non pi l'unica consonanza in causa: ne appaiono altre
due, quella di quinta e quella di ottava:

Nel prendere coscienza di queste nuove consonanze, si tende a debordare dal


quadro del tetracordo, dato che delle consonanze esistono solo all'interno di
tetracordi diversi. Prima o poi, la quarta, prima venuta nella concretezza della
posizione, - proprio da questo deriva la sua anteriorit nella struttura - ma
superata nella consonanza assoluta dall'ottava, e nella posizione di risonanza
dalla quinta, deve cedere davanti a queste ultime.
Nel conflitto di struttura che ne consegue, la vittoria di una di queste quinte ha
l'effetto di relegare su di un secondo piano l'appoggio degli estremi
tetracordali, da cui le due forme seguenti, base teorica della divisione
medioevale in autentici e plagali, in cui la finale preferenziale si appoggia alla
base della quinta (do in A, struttura autentica, fa in B, struttura plagale).

Al punto che, in certe strutture ind, per esempio, si assiste in A ad una


attrazione della quarta attraverso la quinta

La nuova struttura diventa cos un sistema unitario d'ottava divisa in


pentacordi + tetracordi o viceversa, secondo che la quinta inferiore o la quinta
superiore acquisisca la preminenza.
La trasformazione si avverte gi negli inni delfici al debutto della nostra era.
[15]

Si noter che nel quadro di questa nuova struttura, che ha potuto svilupparsi
la nuova concezione della terza esposta pi avanti, comportando una nuova
modificazione, nella struttura del pentacordo (do fa sol sostituito da do mi sol ).
E' appena il caso di ricordare che la struttura tetracordale, ancora insegnata in
alcuni solfeggi, completamente scomparsa dalla musica occidentaleda
almeno cinque secoli .
10
La nozione di tonica melodica
Questa nozione la conseguenza dell'unificazione dell'ottava esposta poco
sopra. L'ottava diventa un'unit e i suoni tendono ad organizzarsi in questo
nuovo quadro. Gli estremi del tetracordo perdono il loro valore di struttura, la
quinta tende a prevalere sulla quarta, ed il suono di base di tale quinta, favorito
contemporaneamente dalla risonanza e dalla frequenza con cui si incontra la
tendenza melodica discendente, tende a diventare l'unico centro di riferimento.
Questa nota spesso la finale conclusiva. Ma l' osservazione gi fatta al
riguardo di tale argomento rimane ugualmente valida.
11

Il modo primitivo e la sua struttura


Il modo presuppone che la scala utilizzata si riferisca ad una tonica, vale a dire
ad una nota (ed una sola) che faccia avvertire la sua preminenza strutturale
sulle altre e giochi il ruolo, reale o virtuale, di unica nota conclusiva.
Tale fenomeno, virtuale nella musica greca, diventa realt cosciente verso il IX
secolo, e trova la sua formulazione definitiva nel XI secolo. Dapprima semplice
procedimento di classificazione delle formule cadenzali, la finale finisce per
acquistare la supremazia che unificher il modo in una forma definitiva.
Il modo si determina allora:
a. grazie alla sua finale, reale o virtuale
b. grazie alle cadenze che la preparano (eredit del modo formulare)
c. attraverso la posizione tetracordale della finale stessa.
Soltanto il punto a conserver, e contemporaneamente rafforzer fino ai nostri
giorni, il suo valore determinante. I punti b e c perderanno sempre pi
d'importanza, ma prima di scomparire, il punto b dar l'origine ad una nozione
capitale, quella di dominante. Il punto c, che giustifica la divisione in modo
autentici e plagali, ceder di fronte all'identit di funzione delle note all'ottava,
di cui costituisce la negazione.
12
La struttura modale per finale e dominante
Essa si sviluppa in modo empirico parallelamente alla formazione della
struttura d'ottava, non senza entrare talvolta in conflitto con quest'ultima, a
partire dalle basi formulari ricordate sopra.
Tali formule prendono spesso appoggio su note estranee agli appoggi teorici
della quinta o della quarta. Da qui la tendenza a classificare queste formule in
funzione

a. della loro finale reale, che si identificher prima o poi con la tonica evocata al paragrafo
precedente - sebbene alcune musiche mostrino una relativa indifferenza alla finale.
b. della nota che serve da appoggio melodico reale alla formula cadenzale, ed per suo tramite a
tutta la melodia. Bisogner studiare in quale misura tale nozione deriva dalla cantilena
(salmodie). Essa verr denominata nel Medioevo tenor, nel XVII secolo dominante. Tale
dominante potr essere indipendente dalla struttura teorica studiata poco sopra. Essa
ugualmente indipendente dalla forma dell'ottava: una stessa ottava, con una stessa finale e
con la stessa struttura teorica, pu generare delle differenti formule-tipo ed appoggiarsi su
dominanti differenti: la si considerer allora come formante dei modi diversi. Da ci deriva
il numero molto elevato di modi in numerose musiche orientali e l'impossibilit di definirli
unicamente attraverso l'analisi delle ottave. In alcuni raga ind, ad esempio, la dominante
pu essere alla seconda della tonica. Nei modi medioevali plagali, essa si trova alla terza o
alla quarta. Nei modi autentici e nella musica classica occidentale, si trova alla quinta (alla
sesta nel terzo modo, ma con un ulteriore slittamento (glissement)).
In tal modo possibile avere delle divergenze tra le strutture reali e
quelle teoriche. Il modo medioevale si appoggia in teoria su di una ottava
modale, divisa in quarta + quinta per i plagali, in quinta + quarta per gli
autentici ( pi proslambanomne). Ma questa concezione rimane tutta
teorica ed stata costruita a cose fatte (solo nell'undicesimo secolo). In
realt esso non si appoggia che sulla tonica ( = finale) e sulla dominante,
che varia. Accade la stessa cosa nella maggior parte dei modi orientali,
per i quali, tra l'altro, la nozione di finale pu essere molto diversa da
quella delle note d'appoggio.
13
Ruolo degli abbellimenti [16]
Questi ultimi sono scomparsi dalla pratica attuale del cantus planus. E'
probabile che essi giocassero un ruolo importante nell'esecuzione primitiva
(quilisma, ecc.) come la giocano ancora, ai giorni nostri, in molte musiche
orientali.
Tale ruolo non soltanto ornamentale. Interviene spesso nella struttura stessa
del modo, tanto che si tratti d'artifici di ornamentazione, di un procedimento
d'intonazione speciale di alcune note, o, alla stessa stregua di spostamenti
d'altezza che possano giocare un ruolo espressivo o affettivo. Cos, in alcuni
modi del Viet-Nam, la tristezza si evidenzia attraverso uno spostamento di
altezza dei gradi iniziali della pentatonica ed attraverso una intonazione
tremante; in India, rafforzare o indebolire alcuni intervalli considerato come
elemento inseparabile dall'espressione che si intende dare al brano.
14
Ruolo della terza
Secondo la tavola del circolo delle quinte (tavola 3), la divisione della quinta do
- sol non do - mi - sol, ma do - fa - sol o do - re - sol, struttura determinata dal
circolo, anteriore alla divisione do - mi - sol imposta pi tardi dalla suddivisione
armonica. Si osservi, nelle tavole 3 e 4, che se la terza minore gioca un ruolo
relativamente importante, e sovente sotto una forma semplice [non composta] (oggi la definiremmo come un "intervallo congiunto", vale a dire
privo di grado intermedio, ugualmente sottinteso), la terza maggiore, che

sempre un intervallo composto, con un grado intermedio (espresso o


sottinteso) gioca invece un ruolo trascurabile.
Questo ruolo cambia progressivamente quando al sentimento della consonanza
delle quinte e delle quarte (sezione 1 - 4 della risonanza) si aggiunge - ci
accade sempre dopo- l'istinto della consonanza della terza maggiore
(espandendosi alla sezione 1-6 della risonanza).
A questo punto, grazie anche all'azione esercitata dalla tolleranza, la terza
maggiore del circolo delle quinte

si identifica con la terza maggiore della risonanza

che leggermente pi bassa (differenza pari al comma sintonico) e la terza


maggiore, in precedenza intervallo assolutamente secondario, diviene
intervallo essenziale per la struttura. Nello stesso tempo tale consapevolezza
implica spesso una rettificazione della scala per dare alla terza maggiore la sua
misura esatta (nella nostra cultura musicale, questo aspetto, avvertito da
Ramis de Pareja nel 1482, si generalizza nel XVI secolo grazie al prestigio di
Zarlino). Si fanno cos avanti due tipi di terza maggiore, una pi alta secondo le
quinte (terza pitagorica), l'altra pi bassa secondo l'armonico 5 (terza
zarliniana), e di conseguenza due diversi intervalli per il tono: il grande tono
secondo il circolo delle quinte, il piccolo tono, differenza fra la terza diretta ed il
grande tono. Queste differenze spariranno nel XVII secolo, con il temperamento
equalizzato.
N.B.- Si sconsiglier l'uso, una volta per tutte, delle espressioni "giusta" o
"naturale" applicati all'insieme di un sistema, perch in tutti si mescolano, in
proporzione variabile, degli elementi naturali, vale a dire modellati tali e quali
sulla risonanza e degli elementi artificiali, forniti molto spesso a partire da essa,
ma non direttamente sotto la forma adottata.
La terza minore, per parte sua, subir una trasformazione analoga. Molto
importante nel circolo delle quinte, dove segue il tono in dignit come
intervallo melodico, essa non ha rilievo di per s nella risonanza a tre suoni. In
effetti, si tratta essenzialmente di un intervallo differenziale, prodotto per inciso
(come rapporto) fra il n 5 ed il n 6, e la risonanza non si interessa molto agli
intervalli differenziali: essa lavora a partire dal generatore o dalle sue ripetizioni
all'ottava. Ma, poich essa gioca il medesimo ruolo melodico della terza
maggiore nei modi che la comprendono, si tende cos ad adottarla
armonicamente come consonanza analogica alla terza maggiore. Questo

accade ancora di pi, poich la rettificazione degli intervalli, nel XVI secolo, se
abbassa la terza maggiore, fa risalire la terza minore, e cos appiana le
differenze.
Si ottengono cos due accordi perfetti, l'uno maggiore, l'altro minore:

Ma contrariamente all'ordine pre-armonico, in questo caso il maggiore che


predomina in dignit. Pi avanti rincontreremo le conseguenze strutturali di
tale trasformazione.
Per quanto riguarda la musica europea, l'evoluzione cui abbiamo accennato si
sviluppa poco a poco dal XII al XVI secolo. Solo a partire dalla met del XVI
secolo la vittoria definitiva della terza armonica eliminer tutte le strutture
anteriori. Queste ultime riprenderanno ancora vita alla fine del XIX secolo.
Una volta che la terza (maggiore o minore) sia stata assimilata, tanto a partire
dalle quinte che dalla risonanza, possiamo davvero osservare che prende
luogo, parallelamente al circolo delle quinte, un circolo di terze che si
sovrappongono a queste ultime nello stesso modo in cui le quinte si sono
sovrapposte - tanto da sole che mescolate alle quinte ed alle quarte? L'ipotesi
stata presentata per l'India, da A. Danielou. Anche qui rimangono da effettuare
delle ricerche complementari.
15
La polifonia della consonanza
Nella concezione iniziale, che fu quella dell'Occidente fino al XVI secolo circa, la
polifonia non interviene nell'analisi strutturale. E' una ornamentazione del
canto principale (more festivo - dice un trattato del IX secolo)
Sia che si tratti di parallelismo, di moti contrari, o pi tardi di combinazioni
imitative o di combinazioni di linee d'origine indipendente, si considera
unicamente la struttura melodica di ciascuna linea in causa, la cui giunzione
garantita, ad intervalli pi o meno ravvicinati, da rapporti di consonanza che
non intervengono per nulla nella struttura.

In realt tuttavia, questa polifonia interviene nella struttura melodica per il


fatto che favorisce ed a volte impone delle alterazioni di consonanza e di
attrazione sempre pi numerose (musica ficta) che corroderanno poco a poco
le particolarit di ogni modo, e condurranno cos all'unificazione modale.
Inoltre, quando si componeva una melodia di duplum o di triplum [17] di due
voci o di tre voci destinata a sovrapporsi ad una melodia data, le sue basi di
tonica e soprattutto di finale (ad esempio quando essa deve concludersi sulla
quinta della prima) si trovano indebolite. Sovente tali melodie vengono
successivamente isolate dal loro contesto e divengono cos a loro volta melodie
ad un modo quasi- indistinguibile (un caso frequente per il mottetto del XIII
secolo) [18]
La musica concepita melodicamente sotto il segno esclusivo della consonanza
della sezione 1-4 (ottava- quinta - quarta), ignorando la consonanza di terza, si
presta particolarmente bene a questa armonia di consonanza, proprio perch
essa resiste all'armonia di risonanza concepita sotto il segno dell'accordo
perfetto a tre suoni. Questo uno dei motivi pi importanti per giustificare
l'infruttuosit dei tentativi orientali d'incorporare nel loro repertorio melodico
una armonizzazione basata sui trattati europei d'armonia classica.
Tutta la polifonia medioevale si riferisce a questo concetto, cos come fa quasi
tutta la polifonia non europea. Ma la quasi-totalit della musica del XVI secolo
non altro che l'adattamento ad una consonanza 1-6 a 3 suoni (ottava- quinta
- terza) e non si riferisce ad alcuna struttura armonica propriamente detta. Ne
consegue che le concatenazioni apparenti di accordi, non sono in realt che
concatenamenti di consonanza a partire da una melodia conduttrice.
Esempio tratto da Orlando di Lasso

16
La cifra tonale
Verso la fine del XIV secolo si sviluppa nella parte del basso (contra tenor) la
nozione di un rinforzarsi della puntuazione [19] per l'inserimento di una
cadenza melodica di quarta o di quinta, prima alla fine della frase, poi sempre
pi frequentemente. Quest'ultima attira poco a poca l'attenzione sul ruolo del
basso nella determinazione della tonica occasionale della frase.
La cadenza armonica

prende poco a poco la preponderanza sull'antica cadenza melodica

oppure
E prepara cos il cammino all'armonia di risonanza.

17
L'armonia di risonanza
Sviluppata nel corso del XVII secolo ed introdotta da Rameau nella teoria grazie
alla coeva scoperta degli armonici, questa nozione la sola insegnata ai nostri
giorni, per quanto essa abbia cessato da pi di cinquanta anni d'essere
praticata come riferimento esclusivo e sia stata ignorata dalla totalit delle
musiche non occidentali cos come dall'occidentale prima dell'epoca classica.
Essa consiste nel considerare l'aggregazione verticale consonante non pi
come l'incontro occasionale di due o pi suoni d'origine melodica connessi da
un rapporto di consonanza, ma come un blocco sonoro omogeneo che emana
dalla risonanza di un suono unico, il suo basso fondamentale, espresso o
sottinteso.
In questo modo per Rameau, la vecchia cadenza

non pi l'incontro di due melodie, ma l'emanazione implicita di un basso

Da ci derivano delle nuove nozioni che modificano completamente gli


elementi della struttura:
1) Predominanza analitica del basso.
2) Necessit di concatenamenti del basso conformi alla nuova struttura tonale.
3) Integrazione del basso, poi di tutta la polifonia, nell'analisi strutturale, sulla
base di una identit di funzione di tutti i suoni con lo stesso nome, quale che
sia l'ottava.
4) Come corollario, la scomparsa di tutti gli interventi a carattere melodico,
(ambitus,[20], collocazione della tonica nella melodia ecc.) nella
determinazione della struttura.
5) Possibilit di note di riempimento senza origine melodica a titolo di
complementi di sonorit o di accordi.
6) Apparizione di una nuova nozione fondamentale: quella dell'accordo.
Nello stesso tempo, l'integrazione alla consonanza della sezione 1-7 della
risonanza, bench sia stata analizzata a torto come la sovrapposizione
arbitraria di una terza dissonante sull'accordo perfetto, sviluppa dopo la sua
vittoria sulla difficolt di assimilazione dovuta all'ampliarsi della tolleranza, una
consonanza di settima naturale che, in modo provvisorio, non pu appartenere
che ad un solo grado, il quinto della tonica (da cui il suo nome settima di
dominante, giustificato nel linguaggio classico, inesatto altrove) e, di l, d
forza all'unificazione della tonalit.
La struttura armonica della melodia
Sotto queste influenze congiunte, le strutture melodiche si modificano
considerevolmente dal XV al XVII secolo. Precedentemente, ed
indipendentemente dal ruolo strutturale della dominante, la gerarchia del
grado di un modo determinato dal do, sarebbe stata la seguente, secondo il
circolo delle quinte:

Il rafforzamento del mi, per un'altra via, comporta cos, nel n3, un conflitto con
questa struttura: Il nuovo dato iniziale diventa in effetti

Secondo l'ordine diretto degli armonici 1-6 e non pi secondo il circolo delle
quinte (per il quale l'utilizzazione degli armonici si arresta dopo il n 4).
Sul V grado, dove si sviluppa la risonanza, a partire dal XVIII secolo, fino alla
sezione 1 - 7, la struttura diventa:

ed ugualmente, a partire dal XIX secolo, (sezione 1-9 della risonanza)

Lo stesso fenomeno si ricalca per analogia sui modi a mediante minore


un esempio: in Do minore

per l'armonia di tonica, ma per l'armonia di dominante, ritroviamo la stessa


struttura che per il modo maggiore (tranne che per la nona, maggiore o
minore, secondo il senso dell'attrazione, visto che il VI, in minore, un grado
mobile).
Queste nuove forme sostituiscono completamente, fino alla fine del XIX secolo,
l'antica struttura quinta = quarta + tono. Esse dominano completamente la
tematica classica (si confronti l'analisi della dominante dei paragrafi
precedenti).

18
Il cromatismo
La parola cromatismo ha preso molto tardi e solo per derivazione, l'attuale

significato di successione di due o pi semitoni [21]. Nella concezione


arcaica, conservata fino al XVIII secolo, il criterio non la successione, ma la
misura degli intervalli. Abbiamo uno spostamento per attrazione dei gradi
deboli all'interno del tetracordo, in cui i gradi rinserrati, o pycnon, raggiungono
il semitono:

Il grande intervallo appartiene dunque al cromatismo allo stesso titolo di quelli


piccoli.
Nel Medioevo, abbiamo ancora lo spostamento attrattivo dei gradi deboli nella
"musica ficta". Cos un intervallo re- sol diesis

in cui il sol si trova spostato per attrazione verso il la, considerato cromatico.
La scrittura, del resto , trae in inganno: il sol diesis cromatico subisce una forte
attrazione e sorpassa di molto il semitono: Marchetto (XIV) lo situa ai 4/5 del
tono, e non alla sua met. Per il Medioevo il cromatismo il trionfo del grande
intervallo. Va ricordato che quest'ultimo conforme alle misure pitagoriche,
dove il semitono (1/2) cromatico pi largo del semitono diatonico.

Il Medioevo talvolta pratica la successione dei semitoni

spesso su voci differenti. Tale necessit non ha mai valenza determinata:


nell'esempio precedente, essa significa che il primo fa, non spostato, si lega di
nuovo al contesto che lo precede o che l'accompagna, mentre il secondo
prepara per anticipazione il sol che lo segue e l'attira; si crea cos una rottura
fra i due fa. Succede la stessa cosa nel XVI secolo al di fuori del cromatismo
deliberato degli umanisti (cromatismo d'attrazione o attrattivo).
Quanto al resto, le alterazioni sono dovute all'attrazione o alla consonanza:
queste ultime non hanno valore di struttura nella scala o nel modo - compreso
il Si gregoriano mobile, la cui qualificazione di bemolle o bequadro non tocca
certo la struttura del modo. Gli umanisti del XVI secolo hanno voluto imitare
l'antico tetracordo cromatico del quale leggevano presso Boezio la descrizione
semplificata per razionalizzazione (terza minore + due semitoni): Ne
derivavano "un cromatismo" a terza minore:

che a volte diventa per necessit

Costoro lo armonizzano per consonanza, eliminando tutto il valore attrattivo dei


suoi gradi:

Effettivamente, i nuovi intervalli zarliniani avevano molto ridimensionato


l'attrazione. Nel pitagorico, si intendeva

Con il re bemolle e il do basso. Gli umanisti traducevano do diesis grazie alla


traduzione di Boezio (terza minore + due semitoni) e leggevano nella nuova
scala

il che restringe [22] il pycnon La stabilizzazione delle strutture tonali si basa


esclusivamente sulla scala diatonica senza altro spostamento di grado che i
due gradi mobili del tetracordo minore, di cui anche la forma

ha cessato di essere considerata come forma cromatica. Il cromatismo vi


interviene tanto con lo spostamento attrattivo dei gradi

tanto come traduzione ornamentale sulla tastiera del glissando delle musiche
antiche (le note di passaggio).

Il cromatismo di Wagner non si distingue dai precedenti. Il celebre debutto del


Tristano analizzato pi avanti non si distingue da un esempio come:

se non per il fatto che presenta due appoggiature al posto di una, che esse si
appoggiano pi a lungo, rafforzando la tensione attrattiva, e introducono cos
un intenso clima espressivo e passionale che Mozart non aveva mai cercato.
Il cromatismo non ha dunque nulla a che vedere con la continuazione del
circolo delle quinte, quale i fisici lo hanno stabilito in astratto.

E' solo per l'aspetto materiale della tastiera e per il compromesso del
temperamento che l'ottava si divide in dodici semitoni. Nella realt musicale,
l'ottava si divide in sette gradi diatonici. All'interno dei toni di questi ultimi
vengono combinati dei semitoni di sostegno, necessari allo spostamento dei
gradi, ai cromatismi del glissando o delle trasposizioni. Tali semitoni, ridotti al
temperamento per approssimazione dopo il XVIII secolo, non hanno alcuna
realt strutturale e rimpiazzavano per tolleranza gli intervalli corrispondenti
delle scale reali, tutti irrazionali, come il limma delle quinte, (letteralmente
"residuo", che significa resto irrazionale tra la terza minore ed il tono) o il suo
equivalente zarliniano. Contrariamente al postulato "atonale" e coerentemente
al loro nome, essi non giocano alcun ruolo unitario.
19
Riemergere delle strutture arcaiche
Verso la fine del XIX secolo, le strutture determinate dal circolo delle quinte
fanno la loro ricomparsa nella melodia, dapprima a titolo d'arcaismo,
d'esotismo o di folklorismo. Gi in Beethoven, Pastorale

Successivamente, la loro "naturalit" le impone al subcosciente, e si fanno


sempre pi numerose, senza alcuna intenzione particolare. Esse dominano la
tematica di Debussy (pentatonismo), di Ravel (quinta =quarta + tono e tutte le
strutture che ne derivano), di Bartok, del primo Strawinskij eccetera. Allo stesso
tempo l'armonia di consonanza riprende i suoi diritti:

L'abitudine ramista di ricondurre l'analisi tonale all'esame del basso ha fatto


prendere a torto per atonalit quella che la struttura melodica per
consonanza, liberata dal peso delle concatenazioni "razionali" del basso, la cui
tirannia durava ormai da duecento anni.
20
Conseguenze melodiche dell'estensione della consonanza
Si visto come l'estensione della consonanza alle sezioni 1-7, poi 1-9,
compatibili con la tonalit classica esclusivamente sul quinto grado, aveva
influenzato la struttura melodica senza causare alcun conflitto con la tonalit
fintanto che tale estensione si limitava al quinto grado.
Si constata dalla fine del XIX secolo:
1 L'estensione di queste consonanze a dei gradi diversi dal quinto, da cui
sorge un conflitto con la struttura tonale. Cos la settima naturale (che cessa di
meritare il nome di settima di dominante) viene utilizzata gi da Chopin sul
primo grado (fine del preludio in fa maggiore), le sequenza di accordi di settima
naturale da Csar Franck (notturno), le sequenze di accordi di nona naturale da
Debussy.
2 L'estensione di tali consonanze aldil della sezione 1-9, che introduce dei
gradi che sono incompatibili con la gamma diatonica tonale. Dapprima utilizzati
nelle note estranee (Debussy, la Balcon), le consonanze di risonanza vengono
poi usate come accordi di risonanza nel quadro di una armonia di consonanza,
che lasciano unicamente alla melodia conduttrice il compito di mantenere la
struttura. Successivamente esse introducono, a loro volta, delle nuove
strutture. Una di queste la scala per toni interi. Diffusa da Debussy dopo
numerosi tentativi da parte di precursori, e considerata generalmente come
"atonale", essa sembra derivare dall'estensione della consonanza alla sezione
1-13, contemporanea alla sua introduzione

essa ha dunque una forma tonale, appoggiata su una quinta giusta:

Il che non impedisce a Debussy di privarla di questa quinta giusta per


sommergere il tono[23].

Questa nuova sezione di consonanza introduce egualmente la politonalit.


Da

appena modificato in

Strawinskij nel 1912 trae il celebre

di Petrouchka, ed allarga in seguito il principio cos avviato, tanto che Ravel, lo


stesso anno, si basa su di una sonorit d'appoggiatura del Pelleas

per trarne (Valses Nobles)

Pur non avendo qui l'intenzione di studiare l'armonia, segnaliamo questi fatti
solo per la loro influenza sulla struttura tonale, che essi hanno contribuito a
trasformare, ma non ad indebolire.
La stesso accade per il famoso cromatismo del Tristano, basato sulla massima
utilizzazione dell'appoggiatura attrattiva

Vale a dire di un rafforzamento delle attrazioni espressive nel quadro pi tonale


che ci sia (un semplice accordo di settima). Non siamo ancora riusciti a
comprendere come abbia potuto diffondersi l'idea strampalata che questo
passaggio fosse all'origine di una atonalit distruttrice di ogni attrazione. Non
ritorneremo pi sulle nuove strutture modali ugualmente reintrodotte in un
quadro armonico: sono gi state segnalate sopra.

21
La polifonia della dissonanza
Introdotta da Schnberg all'inizio del XX secolo, tale polifonia si reclamizzata
con un'atonalit. che ne costituisce solo un aspetto minore. Essa si sviluppa
grazie ad un ragionamento elaborato da una persona o da un gruppo di uomini
che ne precede la realizzazione, e non da una 'evoluzione istintiva che venga
pi o meno trasformata successivamente in una teoria, portata a termine a
costo di alcuni ritocchi, come nella maggior parte dei fatti, precedentemente
analizzati.
In questo caso bisogna distinguere tra il sistema atonale propriamente detto
e la procedura seriale o dodecafonica che in seguito vi si sovrapposta.
22
L'atonalit schnberghiana
Sul piano orizzontale, l'abolizione di tutta l'ossatura, a qualunque sistema
essa appartenga. I 12 semitoni dell'ottava sono "emancipati", vale a dire privati
di tutta la gerarchia e di ogni funzione strutturale. Si evitano particolarmente
gli intervalli che possano evocare anche una di tali funzioni anteriori.

Sul piano verticale, vi un ritorno all'antica concezione dell'armonia di


consonanza - che implica una rinuncia all'armonia di risonanza - ma priva della
sua base essenziale, che sarebbe propriamente la consonanza stessa.
L'emancipazione della dissonanza accompagna dunque nel senso verticale,
mentre quella delle funzioni strutturali lo fa nel senso orizzontale. Non
rimangono che "suoni" da utilizzare in combinazioni tematiche o ritmiche,
mentre si evita tutta la consonanza che evocherebbe anche solo una delle
strutture ricusate. Si spiega cos l'ulteriore scivolamento di questa estetica
verso combinazioni di rumori non musicali introdotti sotto il nome di musica
concreta o elettronica.
23
La serie dodecafonica.
Si tratta di un procedimento compositivo destinato, nello spirito del suo
inventore, a rendere l'atonalit del paragrafo precedente una struttura che
rimpiazzi proprio quelle che aveva eliminato, senza ritrovare per questo le
gerarchie che formavano la base dei sistemi anteriori, gerarchie di cui si vuole
mantenere l'abolizione.
Il principio adottato consiste nel disporre i 12 semitoni dell'ottava temperata in
un ordine che viene determinato in anticipo. Si ottiene cos una "serie"
numerata d a cui si dedurranno tutte le combinazioni che formeranno la
composizione. Il sistema "dodecafonico" quando i dodici semitoni sono tutti
presenti, semplicemente "seriale" nel caso contrario.
Poco dopo ci si sforza di estendere lo stesso principio a tutti gli elementi in
causa: durate, silenzi, intensit, successioni di timbri eccetera, di modo che lo
stesso pezzo all'ascolto possa sembrare privo di qualunque coerenza e sulla
carta derivare dai calcoli pi sottili e minuziosi. E' naturalmente possibile
presentare questa constatazione nell'ordine inverso: delle esperienze precise e
metodiche hanno mostrato in effetti che ben poche strutture concepite in
questo modo potrebbero venir percepite dall'ascoltatore, anche esperto.
Un preciso numero di postulati, spesso in contraddizione tra di loro,
accompagnano ci che precede. L'ottava viene rifiutata come principio di
costruzione, da ci deriva indifferenza rispetto al luogo occupato da una nota di
numero dato in questa o quella ottava: essa serve nondimeno come base per
l'identificazione dei numeri fra nota dello stesso nome collocate su ottave
diverse. Viene "proibito" di principio di far intendere una seconda volta una
nota cui stato attribuito un numero prima dell' esaurimento della serie,
vale a dire prima che gli 11 altri siano stati utilizzati (questo per evitare che
essa non acquisti nell'ascolto una seppur fuggevole supremazia), ma
possibile combinare fra di loro molteplici frammenti o molteplici forme della
serie (ricorrenza, inversione, trasposizione, ecc.), proprio ci che introduce su
una base fortuita quelle prossimit rifiutate in modo deliberato. La verticalit
rifiutata sulla base delle consonanze, fenomeno naturale, reintrodotta sotto
forma di ascolto simultaneo (non necessariamente contrappuntistico) dei
numeri della serie richiamati nell'ordine adottato, cosa che introduce tra
l'ordine verticale e l'ordine orizzontale una confusione che la percezione uditiva
non sembra pi capace di dominare. Il principio melodico della congiunzione, le

cui applicazioni sono variate, ma che sembra comunque costante in tutte le


strutture, viene ugualmente eliminato in quanto suscettibile di introdurre delle
relazioni estranee al sistema in causa: da ci prende forma un aspetto
stereotipato di "zig-zag" melodico a grandi intervalli (soprattutto nella
discendenza di Webern) che non collega alcuna struttura percepibile - bench
quest'ultima esista spesso nello spirito del compositore sulla base di numero
nella serie.
Ecco perch, senza emettere alcun giudizio di valore, e astraendo da
sentimenti di piacevolezza o spiacevolezza, possibile stupirsi del fatto che il
sistema seriale sia stato cos volentieri presentato come il risultato logico e la
conseguenza inevitabile della evoluzione. Mi scuso per non aver potuto trovare
nulla che fino ad oggi possa suffragare questa affermazione.
24
Conclusione
Le note che precedono, fortemente condensate e frammentarie, non mirano ad
esaurire la questione, n ad apportare delle soluzioni definitive. Esse
sottolineano, al contrario, quanti problemi rimangano ancora in sospeso e
quante delle suggestioni qui presentate non possano ancora essere considerate
che come delle ipotesi di lavoro. Tuttavia , vorremmo che esse possano fornire
un punto di partenza per utili discussioni, quali quelle che prepareranno il
convegno del prossimo Maggio organizzato all'Istituto di Musicologia sulla
Risonanza nella formazione delle scale musicali [24]. Sembra davvero che oggi
si possa applicare alla musica quello che scriveva nel 1620 Francesco Bacone
nel suo Novum Organum L'attenzione degli uomini nelle ricerche di storia
naturale, deve seguire direzione opposta a quella che oggi l'orienta . Fino ad
oggi, ci si dedicati soprattutto a osservare con curiosit la variet delle
cose...Fra tali conoscenze ve ne sono alcune piacevoli, e che servono anche
nella pratica. Ma esse hanno valore insignificante o nullo se vogliamo
penetrare nei segreti della natura. Per arrivarci, bisogna che lo spirito indaghi
con molta attenzione, per scoprire e osservare somiglianze e analogie tra le
cose, nella loro totalit come nel dettaglio, perch sono quelle che
costituiscono i nessi e l'unit nella natura, e danno inizio alla costruzione delle
scienze[25]

Jacques Chailley

Note
[1] Ci limitiamo a ricordare che con la tavola della risonanza si descrive un fenomeno di fisica
acustica, ovvero l'emissione da parte di una fondamentale di una serie di armonici, fenomeno
studiato in modo sistematico dal fisico Saveur nel 1701. Tale fenomeno connesso al fatto che
i suoni musicali sono suoni non puri, ossia caratterizzati da un intreccio di frequenze, tra cui si
distingue una frequenza dominante, e delle frequenze secondarie, che danno origine ad una
onda complessa. Attribuendo un valore unitario (=1) alla frequenza della vibrazione pi lenta,
cio la frequenza fondamentale o dominante, quella delle altre componenti, ossia del corteo di
armonici che la accompagna, viene sempre data da multipli della fondamentale, secondo una
progressione aritmetica: 1 , 2 ,3...n. Il fenomeno fisico mostra che ogni armonico ha una
frequenza che pari a un multiplo della frequenza della fondamentale. In altre parole, viene
definito un ordine d'emissione degli armonici, che pu essere indicato attraverso dei multipli
calcolati a partire dal valore della frequenza della fondamentale.
La tavola di Risonanza interpreta sul piano musicale tale fenomeno, evidenziando come il
rapporto fra armonici e fondamentale possa essere ricondotto a delle consonanze: preso come
riferimento un Do, avremo che l'armonico due, vibrando ad una velocit doppia, individua lo
stesso Do un'ottava sopra (intervallo di ottava), poi incontreremo l'armonico che vibra 3 volte
la frequenza della fondamentale, e viene colto un sol, individuando un intervallo di quinta, e
cos via. L'ordine in cui tali armonici vengono generati dalla fondamentale indica il livello di
affinit fra la fondamentale e gli intervalli che si vengono a costituire. Tale ordine pu essere
indicato attraverso dei multipli calcolati a partire dalla frequenza della fondamentale. Avremo
cos una successione ordinata che ci indica l'intervallo rispetto all'ordine d'emissione
dell'armonico. Chailley si riferisce alle prime due sezioni generate dall'ordine degli armonici
definito dalla tavola di Risonanza, che sono l'ottava e la quinta. L'elaborazione concettuale di
tale dato, connesso alla fisica acustica, diventa nel teorico francese un potente criterio
esplicativo dell'evoluzione nella percezione degli intervalli. In altri termini, secondo il
musicologo francese, parallelamente al fenomeno della Risonanza si rafforza, sul piano
soggettivo, il fenomeno della consonanza, ossia il fatto che individuiamo delle relazioni stabili
all'interno dello spazio musicale. A un primo livello, potremmo descrivere lo spazio musicale
come una struttura stabile, tutta definita dalle relazioni di consonanza, per cui ogni intervallo si
ordina rispetto ad un altro in modo fisso, secondo delle affinit che trovano la loro ragion
d'essere nella struttura fisica del suono.
Chailley, prendendo le distanze dalla interpretazione ramista degli esperimenti di Saveur, tesa
ad individuare delle strutture analogiche fra componente matematica e strutture delle
recettivit, tende ad indebolire le componenti fisiche di tale fenomeno, utilizzandole in modo
metaforico, per individuare le propriet relazionali dello spazio sonoro. Al tempo stesso,
l'attenzione del teorico francese attirata dalle strutture operazionali connesse a tale
problema, pur non chiudendosi all'interno di un discorso esclusivamente strutturalista. Il
discorso pu essere cos sviluppato tanto in senso orizzontale che verticale. La tavola degli
armonici non ha soltanto un significato acustico ma indica, come vedremo, l'emergere delle
consonanze di riferimento che vengono usate nella evoluzione del linguaggio musicale.
L'ottava, all'interno della ricostruzione teorica di Chailley, la consonanza a cui fa riferimento
la musica primitiva mentre la quinta il tipo di consonanza a cui fa capo la musica greca. Tali
dati storici sono inseriti in una storia ipotetica delle strutture melodiche. Chailley propone di
utilizzare il circolo delle quinte come interpretante della tavola della Risonanza. In questo modo
vengono selezionati quinta e quarta, che, assieme al tono, permettono di individuare il genere
diatonico. Tale scelta permette di dare un ordine degli intervalli che ne organizzi le relazioni, in
vista di una gerarchizzazione strutturale fra le scale (nota del traduttore).
[2] Jacques Chailley, Trait Historique d'Analyse Musicale, Alphonse Leduc, 1951 (nota di
Chailley). Confrontare, in particolare, pp.13-14 (nota del traduttore).

* Nel corso dell'intero saggio, tutti gli esempi senza indicazione di chiave sono da intendersi in
chiave di violino.
[3] Ci si riferisce,ad esempio, allo studio di C. Brailoiu, Sur une mlodie russe, e alla dispensa
del nostro corso Formation et transformations des chelles musicales (C.D.U: 1954-55).(Nota di
Chailley). [ Lo studio di Constantin Briloiu (1893 - 1958), Sur une mlodie russe, pubblicato
originariamente in Musique Russe, II, Parigi, P.U.F. 1953 reperibile in traduzione italiana in:
Constantin Briloiu, Folklore musicale, II, a cura di Giorgio R. Cardona, Roma, Bulzoni 1982,
pp.7 - 59. Nota del traduttore]

[4] Il richiamo al termine filiera ha un significato metaforico: da un lato esso si riferisce alla
concatenazione storica che lega le vicende di un determinato sistema musicale, dall'altro ha
una valenza tecnica:la filiera una piastra d'acciaio con fori di diversa grandezza, disposti
ordinatamente attraverso cui vengono fatte passare verghe sottili di metallo duttile per
ricavarne fili, pi o meno sottili. Quello che l'uso del termine adombra che ogni tradizione
musicale effettua delle scelte, selezionando relazioni intervallari che organizzano la tipologia
scalare, ritagliandosi un proprio modello nello spazio musicale (nota del traduttore).
[5] In italiano nel testo (nota del traduttore).
[6] Intervallo che porta il tono a tre quarti (Plutarco: De Musica, Capitolo 11, capoverso 1135b
sullo spondiasmo acuto) Cfr. Liddel -Scott Dizionario illustrato Greco-Italiano Le Monnier Firenze
1975. (nota del traduttore).

[7] Chailley utilizza il verbo glisser, da cui deriva glissement: si tratta di un gioco di parole che
potremmo tradurre con scivola, ma questo andrebbe a detrimento della comprensione del
testo. Il passaggio fondamentale per comprendere la dialettica interna ai gradi della scala, ed
il dinamismo interno alla dimensione melodica, in cui vi un gioco continuo fra le tendenze
imposte fra i gradi anteriori della scala e le tendenze attrattive dei gradi forti che si introducono
nell'evoluzione della linea melodica. Si tratta di processi lunghi, in cui si giunge a lente
stabilizzazioni, che sono il prodotto di continui aggiustamenti (nota del traduttore).
[8] Il termine indica una nota che esercita una vera e propria controtendenza del profilo
melodico, che crea una tensione verso la risoluzione del profilo. Si noti che Chailley propone
subito una differenziazione fra questa dinamica e quella tonale, riferendosi a due modi distinti
d'intendere le funzioni delle strutture, nel passaggio da modalit a tonalit (nota del
traduttore).
[9] Intesa armonicamente, la quarta qui assunta come intervallo interno all'accordo Sol Si Re.
Nella misura in cui gli intervalli adombrano una funzione armonica (accordo), intervalli
appartenenti alla stessa struttura accordale sono funzionalmente equivalenti e quindi
sostituibili tra di loro (nota del traduttore).
[10] Nell'esempio si rileva la coesistenza di due andamenti: quello melodico e quello armonico.
Quello melodico lineare si esprime qui nel movimento indiretto Re diesis - Mi e nel movimento
diretto La diesis Si, alla voce superiore. Tale movimento contessuto con l'andamento
armonico. Per comprendere meglio l'esempio di Chailley, possiamo osservare ad esempio che
entro l'accordo mi sol si (il secondo accordo dell'esempio musicale), il mi ed il sol sono
armonicamente equivalenti, appartengono alla stessa struttura armonica e sono pertanto
intercambiabili. Tale situazione giustifica armonicamente la disgiunzione melodica apparente
che sussiste, ad esempio, tra il Re diesis ed il Sol diesis della linea melodica superiore. Abbiamo
qui la compresenza di due forze costruttive, che mettono capo a delle strutture relazionali, che
interagiscono, secondo modalit qualitativamente differenziabili all'interno dell'intero che funge
da esempio. Il fatto che l'evoluzione orizzontale della tendenza melodica venga a confrontarsi
con l'organizzazione armonica, determina uno spostarsi sullo sfondo della profilatura melodica
e di un emergere in primo piano del percorso tracciato dall'armonia risulta dall'interagire di due
dinamismi, che esprimono differenti grammatiche dello spazio. Al tempo stesso emergono due
modi diversi di relazionarsi al medesimo oggetto sonoro (Nota del traduttore).

[11] Letteralmente ponctuation, punteggiatura: l'espressione indica semplicemente che il


movimento del basso prevalentemente scandito attraverso intervalli di quarta e di quinta
(nota del traduttore).
[12] Con questa espressione Chailley continua a riferirsi alla struttura tetracordale, con due
note estreme che incorniciano due note mobili. La descrizione che segue vuole definire come si
passa da questo sistema semplice a dei sistemi multipli attraverso congiunzione e
disgiunzione. Si tratta qui di una tendenza relazionale, legata allo sviluppo delle consonanze, in
cui i limiti del tetracordo appaiono insufficienti ad assorbire la complessit della consonanza
d'ottava , rispetto alle sue parti, intese come quarta e quinta. Nasce cos il modello di
scala.Proprio questo intrecciarsi direzionale di connessioni fra intervalli, questo presentarsi
dell'ottava come nodo, indica chiaramente quale concetto Chailley vada elaborando quando
usa l'espressione "gerarchia strutturale fra le scale". Una articolazione dello spazio sonoro ne
prepara una nuova, in cui le funzioni connesse agli intervalli antecedenti assumono una diversa
consistenza strutturale, attraverso un adattamento all'emergere dei nuovi intervalli. Tale
emergenza, dapprima debole, si solidifica sempre di pi, comportando una riorganizzazione
dell'intero che si viene modificando.
[13] O ancora due tetracordi congiunti.

In questo caso, il re della quinta iniziale che sar sospensivo ed il do finale del primo inciso
conclusivo. N. B. Correggere nell'esempio l'ultimo do in si. (nota di Chailley)
[14] Alain Danielou (Parigi 1907- Losanna 1994) musicologo ed orientalista francese, ebbe
contatti approfonditi con Chailley, sviluppando delle indagini approfondite sulla musica
orientale ed indiana.Le indagini di Danielou che afferiscono alla semantica della musica ed al
valore espressivo dell'intervallo incuriosirono molto Chailley, che lo invit al Colloque La
rsonance dans les chelles musicales.(nota del traduttore).
[15] L'intrusione nello studio di questo fenomeno dei numeri presi al monocordo a partire dalla
divisione geometrica e della divisione aritmetica dell'ottava, che si trova in Platone,
naturalmente una pura speculazione dovuta ai filosofi pitagorici e senza rapporto con la realt
musicale. (Nota di Chailley)
[16] Questo breve paragrafo allude succintamente al tema della funzione strutturale
dell'abbellimento, ed ha, sostanzialmente, un valore programmatico: va messo in relazione alle
osservazioni sul pien. L'abbellimento ha valore strutturale soprattutto in due sensi: in primo
luogo risulta un completamento della struttura melodica, ed indice della dialettica fra
tendenze e controtendenze nella direzionalit melodica. In secondo luogo, attraverso
l'abbellimento e la posizione ritmica debole si introducono modificazioni strutturali, attraverso
l'inserimento ed il progressivo inglobarsi di elementi nuovi nel linguaggio musicale. Tale
problema avvertito in modo sensibile da Chailley in varie opere, particolarmente nella prima
sezione del Trait historique d'Analyse Harmonique, Leduc, Paris, 1976 (nota del traduttore).
[17] Duplum e triplum, nel senso della polifonia medioevale, ossia dell'aggiunta di una o due
voci (nota del traduttore).
[18] Il sovrapporsi di una melodia secondaria rispetto ad cantus firmus originale, comporta un
indebolimento delle strutture relazionali interne della seconda melodia, in quanto la sua ragion
d'essere, ovvero l'arricchimento armonico del cantus firmus, fa s la identit modale e lineare
della linea aggiunta sia messa in ombra dalla funzionalit armonica della linea stessa (nota del
traduttore).
[19] Ponctuation: il termine puntuazione assume qui il valore di scansione, interpunzione. L'uso
dell'espressione ponctuation ha probabilmente il valore di un omaggio al teorico belga Jrme

- Joseph De Momigny , che lo aveva utilizzato per analizzare le relazioni che intercorrono fra
armonia ritmo e metro nella sua opera La seule vraie thorie de la musique, Paris, 1821 e nelle
voci della Encyclopdie Methodique ou par ordre de matires, 1818, Paris. (nota del
traduttore).
[20] Si tratta del limite del modo inteso come estensione (nota del traduttore).

[21] Per Chailley l'allontanamento dai principi organizzativi della struttura melodica, implica un
imbrigliarsi delle possibilit relazionali del linguaggio musicale. La nozione di basso
fondamentale, che alla base della teoria ramista, viene considerata come non fondata sul
piano teorico. All'impostazione ramista vengono riferite critiche sul piano fondazionale, mentre
vengono sviluppate osservazioni non meno roventi per quello che riguarda l'assunzione acritica
del modello ramista per quello che riguarda l'attuale studio dell'armonia. Il discorso di Chailley
sembra voler sottolineare che la nozione di armonia va ampliata, a dispetto del concetto di
basso fondamentale e di rivolto: sembra cio che vi sia stata una interpretazione ideologica del
concetto d'armonia, che invece pre-esistente all'impostazione ramista. Questo atteggiamento
spinge Chailley a guardare con grande interesse non solo all'ambito della modalit, ma a tutte
quelle forme moderne di ripensamento dell'armonia, da Strawinskij a Bartk, attraverso
Chopin, Liszt, Berlioz, Debussy, Ravel, Hindemith, Messiaen, che egli considera un disvelarsi
delle latenze spaziali del suono all'interno dello spazio sonoro, attraverso un fluidificarsi delle
relazioni intervallari. Al tempo stesso, alcuni. aspetti teorici dell'interpretazione della
consonanza del teorico belga De Momigny, sembrano incuriosirlo in modo molto vivo. Per
l'aspetto teorico del problema, e per le relazioni della posizione ramista con l'impostazione
cartesiana del problema dei suoni gravi che accompagnano quelli acuti, come accade,ad
esempio in Expliquer l'harmonie ?, 1967, Ed. Rencontre. Questo aspetto ha delle pesanti
ricadute anche sul piano della concezione del dinamismo interno ai sistemi, nel passaggio da
modalit a tonalit. In questo senso, l'evoluzionismo di Chailley si rivela una nozione molto
tormentata al suo interno da una continua riflessione sulla conflittualit fra struttura melodica
ed intelaiatura armonica, tra architettura modale e suddivisione armonica (nota del traduttore).
[22] L'osservazione di Chailley va chiarita: il termine pycnon connesso alla tematica della
definizione dei generi cromatico, diatonico ed enarmonico, generi fondamentali della musica
greca. I generi davano il colore espressivo alla struttura melodica, senza modificarne il profilo,
ma arricchendone le possibilit espressive attraverso una serie di inflessioni cromatiche. Il
genere cromatico era studiato a partire dal tetracordo meson, in cui i due suoni interni
(lichanos e parhypate) potevano distare l'uno un tono e l'altro un semitono da quello pi grave.
Il problema viene variamente interpretato all'interno della discussione dei generi, che
Aristosseno elabora nel II libro degli "Elementi di Armonica", che ne propone un'interpretazione
all'interno della discussione sulle posizioni delle note interne del tetracordo, offrendone una
interpretazione topica, che ha il suo modello nella interpretazione continuista dello spazio
sonoro, secondo la nozione di continuit come continuit nel movimento, elaborata nella Fisica
aristotelica. In realt, il genere cromatico presentava numerose varianti, tanto che lo stesso
Aristosseno proponeva come criterio di misurazione che all'interno del tetracordo il pycnon
venisse definito dalla riunione di due intervalli che, riuniti, potessero abbracciare un intervallo
pi piccolo dell'intervallo residuale nella quarta: ci trovava fondamento nel rinserrarsi degli
intervalli all'interno del tetracordo, in presenza dei fenomeni cromatici connessi alla attrazione
che il suono pi grave esercitava su quelli interni. La stessa teoria delle sfumature, ossia il fatto
che i tre generi valevano come semplici tipologie all'interno delle possibilit offerte dalla
infinit di posizioni possibili della lichanos, indica che il tema del cromatismo veniva pensato
nella teoria greca con una grande ampiezza di tipologie possibili. La soluzione proposta da
Aristosseno poneva come centrale il riconoscimento sensibile, basato sulla sensazione uditiva,
pi che sulla misurazione dei rapporti fra intervalli, come aveva proposto il pitagorico Archita,
definendo delle tipologie fisse del rapporto fra lichanos e parhypate. La proposta boeziana,
chesegue un orientamento pitagorico, viene cos definita una razionalizzazione di un problema
molto ampio, in quanto propone una interpretazione di una tipologia fra le molte possibili. In
questo senso, la esemplificazione offerta da Boezio schematizzava in parte la complessit del
fenomeno cromatico, che un fenomeno che si ripercuote sull'intero tetracordo in forme
variabili. Il teorico francese ne conclude che il cromatismo nella musica greca si riferiva al
grande intervallo. Dalla schematizzazione di Boezio deriva la particolare interpretazione del

cromatismo, che incontriamo oggi su molte storie della musica e che all'origine della
concezione moderna della struttura cromatica. Ma l'osservazione teorica di Chailley si connette
anche ad una modificazione nella elaborazione del concetto topico delle relazioni fra le altezze
in questa nuova interpretazione del fenomeno cromatico. L'esemplificazione tratta da Boezio
intendeva comunque mantenere un criterio di misurabilit che permettesse di definire in modo
univoco le dimensioni del fenomeno: in questo senso viene colta univocamente una
caratterizzazione direzionale alla attrazione cromatica, che orienta le note essenzialmente
verso un estremo discendente, cercando di non soffermarsi sul problema dell'addensamento
connesso al pycnon.La rielaborazione proposta dal teorico francese, con la sottolineatura della
restrizione del pycnon,sottolinea la presenza di due tendenze possibili nel fenomeno
cromatico:una, verso l'estremo pi basso, che attrae, l'altra, in direzione opposta, che avvicina
i gradi intermedi. Tali direzioni sono una conseguenza della continuit dello spazio musicale: al
loro interno, le note possono assumere qualunque posizione. In tale caratterizzazione Chailley
coglie bene il senso della nozione di continuit dello spazio sonoro in Aristosseno, una nozione
con cui si confronter spesso e che considera paradigmatica rispetto al tema dell'intendere
musicale (nota del traduttore).
[23] Utilizzando il frammento dall'armonico 7 a quello 13, elidendo il Sol*: la scala esatonale
risulterebbe costruita sugli armonici 7-13, elidendo il Sol, 12 armonico (nota del traduttore).
[24] Cfr. Colloque La rsonance dans les chelles musicales, Paris 9-14 Mai 1960, d. C.N.R.S.
1963 tudes runies et prsentes par dith Weber. Si tratta di un congresso organizzato dallo
stesso Chailley, allo scopo di creare un confronto fra musicologi di estrazione diversa e
scienziati sul problema della scala e degli equivoci interpretativi legati alla nozione di risonanza
(nota del traduttore).
[25] Francis Bacon, Novum Organum, 1620, II, 27 (Nota di Chailley). Chailley cita il passo in
forma incompleta. Presentiamo una traduzione completa del passo:"Infine, ci che si deve
raccomandare e ricordare pi spesso che la diligenza degli uomini in ogni indagine e in ogni
raccolta di storia naturale dovr d'ora in poi certamente mutare, per volgersi nella direzione
contraria di quella seguita finora. L'operosit degli uomini, infatti stata mossa da una grande
curiosit nel notare la variet delle cose e nello spiegare accuratamente le differenze fra gli
animali, le erbe e i fossili [...].Cose di questo genere procurano certamente diletto e servono
talvolta anche alla pratica, ma poco o nulla a penetrare nella natura. Per questo si deve
rivolgere tutta la nostra opera a ricercare e a rilevare le somiglianze e le analogie fra le cose,
sia nella totalit che nelle loro parti. Esse sono infatti ci che unisce la natura e cominciano a
costituire le scienze" Francesco Bacone, La Grande Instaurazione. Parte seconda, Novum
Organum, i ntroduzione, traduzione, note e apparati di Michele Marchetto,Rusconi, Milano,
1998, pp.352 - 353. Chailley riproporr tale citazione baconiana all'inizio di una delle sue opere
pi impegnative lments de Philologie Musicale, proprio nella sezione in cui si analizzano i
principi che stanno alla base della formazione degli elementi costitutivi del linguaggio musicale
- Ringrazio Andrea Melis per i suggerimenti tecnici e per gli stimoli teorici che mi ha fornito in
questo lavoro (nota del traduttore).

Potrebbero piacerti anche