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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI FIRENZE 

FACOLTA’ DI ARCHITETTURA 
Magistrale in Pianificazione e progettazione della città e territorio    
 

Corso in Radici, teorie e modelli della pianificazione territoriale


Prof. Arch. Giancarlo Paba 
 

Le radici della partecipazione

Studente
Mendola Giovanni Luca
Matricola: 5014032

Anno Accademico 2009 - 2010


INDICE 
 
CAPITOLO 1 
Definizioni 
1.1 Democrazia e partecipazione; 2
1.2 La scala della partecipazione di Arnstein; 3
Il potere ai cittadini

CAPITOLO 2 
Pianificare dal basso 
2.1 La città a scala d’uomo; 5
Il tessuto sociale
2.2 Il ruolo della società per i bambini e per l’ambiente; 6
La partecipazione per bambini e ragazzi
Principi di sostenibilità

CAPITOLO 3 
Christopher Alexander  
3.1 Christopher Alexander 8
3.2“A Pattern language” come modello
Un esempio di sequenza incrementale
La sequenza di pattern
3.3 - Il modello scientifico ed il processo di partecipazione 11

CAPITOLO 4 
Giancarlo De Carlo 
4.1 Giancarlo De Carlo 12
4.2 Un progetto a scala di quartiere: il villaggio Matteotti di Terni 13

CAPITOLO 5 
Diritto alla partecipazione 
3.1 Cenni sul caso di Firenze 15
Dall’alluvione del 1966 alla Legge Regionale n°69 del 2007
Articolo 1 - Principi

CAPITOLO 6 
Conclusioni  
6.1 Identità e città: un sopralluogo per il tessuto sociale di Palermo; 17
Il sopralluogo
Dall’immaginazione alla realtà
6.2 Le periferie e la società nella città contemporanea 19
 
CAPITOLO 7 
Conclusioni  
7.1 La prospettiva per un’auto-costruzione 20

BIBLIOGRAFIA, DOCUMENTI E SITOGRAFIA 22

1
CAPITOLO 1  
Definizioni 

1.1 – Democrazia e Partecipazione


Secondo lo studioso Ernest R. Alexander nel libro “Introduzione alla pianificazione. Teorie,
concetti e problemi attuali ” esistono diversi tipi di pianificazione una delle quali a differenza di
altri tipi di pianificazione non dipende dal potere di regolare azioni ma dalle indicazioni di soggetti
esterni al progetto, essa è la pianificazione indicativa. Ad esempio la pianificazione allocativa e di
sviluppo dipende dal potere di allocare risorse. La pianificazione indicativa dipende dal potere di
persuasione: la persuasione di solida informazione e analisi, di proiezioni fondate di tendenze e
previsioni di condizioni future, di scenari futuri attraenti e di strategie alternative e di criteri
valutativi coi quali si giudica il piano. Questi piani confidano nel potere della persuasione per
influenzare le decisioni di imprese, organizzazioni o famiglie. La partecipazione di importanti
interessi come la Camera di Commercio, le istituzioni finanziarie locali e gli appaltatori, sindacati
organizzati, le organizzazioni di quartiere, i gruppi volontari che rappresentano ideologie e interessi
specifici e i cittadini in genere, possono essere essenziali per l’accettazione ed il successo del
piano.1 La pianificazione indicativa è la più utilizzata in pianificazione, permette di partire dal basso
avendo nel quadro progettuale la partecipazione intesa come carattere distintivo della comunità, la
modalità con cui la comunità si autogoverna ed assume le proprie decisioni, lo strumento con cui
pianifica e prefigura il proprio futuro2. Il termine “partecipazione” si riferisce generalmente ai
processi di condivisione delle decisioni che riguardano problemi di quotidianità delle persone cui si
riferisce. Praticando la partecipazione, si fa anche pratica di lavoro di gruppo, di regolamentazione,
di critica e di proposta e si scopre l’altra faccia del diritto, che è la responsabilità; e questo porta alla
cittadinanza consapevole e democratica.
Sorge spontaneo un piccolo sorriso quando si parla di democrazia in Italia, come anche in altri
paesi del mondo. Come cantava Giorgio Gaber “la libertà è partecipazione”, essere liberi vuol dire,
in un certo senso, vivere in uno Stato che garantisca la libertà ed avere la capacità di sfruttare la
propria. La difficoltà di racchiudere il termine "democrazia" in una definizione che sia
sufficientemente esaustivo, è da attribuire alle contraddizioni prodotte dalle teorie sviluppate nel
corso della storia. Etimologicamente 'demokratia' coniato venticinque secoli fa in Grecia, definisce
un sistema di governo basato sulla libertà, sull’uguaglianza dei cittadini, sul rispetto per la legge e la
giustizia, in cui «il demos deteneva il potere sovrano, cioè la suprema autorità di esercitare le
funzioni legislative e giudiziarie»3. La storia ci insegna che quando in un determinato territorio,
sussiste fortemente una crisi, la società è portata ad unirsi in gruppi per cercare di migliorare il
proprio status e risolvere problemi vitali. Prendendo ad esempio gli attivisti ed i sindacalisti del
dopoguerra italiano, si nota come la ricerca continua del senso democratico e partecipativo nel
modo di agire era assai vivo, si recavano di casa colonica in casa colonica, organizzando assemblee
serali, trasformando le veglie in occasioni di incontro politico. Un sindacalista ha ricordato
successivamente i vantaggi straordinari di queste riunioni:

“In queste grandi cucine che molte case coloniche avevano tu avevi la presenza della famiglia al
completo: dei giovani delle donne, del capofamiglia e di altri familiari. S’avea delle assemblee che
era una partecipazione più numerosa ed era una più facile partecipazione anche al dialogo da
parte di questa gente, perché in quel periodo c’era una certa timidezza, all’infuori di quelli diciamo

1
Ernest R. Alexander, “Introduzione alla pianificazione. Teorie, concetti e problemi attuali ” a cura di F.D. Moccia,
CLEAN Editore, 1986.pag. 105 ; 106
2
G. Fera, “Comunità, urbanistica, partecipazione. Materiali per una pianificazione strategica comunitaria” Franco
Angeli 2008;
3
Cit. Held D, (1997), p. 32 (http://www.eddyburg.it/filemanager/download/196/106%20CRinzafri%20TESI.pdf)

2
più avveduuti, che pratticavano unn’attività piùù impegnatiiva. Ecco questo tipo ddi riunione rendeva unn
forma di partecipazi
p ione più democratica
d perché erra vicino a quella trradizione di d modo dii
4
incontrarsii, una cosa più
p loro, piiù in casa innsomma”

La capacitàà di un poppolo ad autoo-organizzarrsi prende vita


v dal probblema comuune a tutti, non n sempree
facile sapeere organizzzarsi nel giuusto modo e per le giuuste ragioni,, ma pur sem mpre essennziale per lee
regole di sopravviven
s nza, o nel nostro
n caso, per miglio orare la proopria qualittà di vita. I termini inn
questione democrazia
d e partecipaazione, in quuesto senso,, vanno di pari
p passo.

1.2 - La sccala della partecipazioone di Arnsstein


La scala della
d parteciipazione chhe segue è un diagram mma che coonsente di ddescrivere un u pensieroo
iniziale inttorno alla partecipazionne nei proggetti che li riguardano.
r La metaforra della scalla è presa a
prestito daa uno studioo sulla partecipazione, sebbene
s nuoove categorrie siano staate sviluppaate per essa..
(Arnstein, 1969).
Il caos attoorno al conncetto di "paartecipazionne" e alle su ue diverse modalità
m appplicative (d
dipende dall
grado di innfluenza eseercitato dai cittadini neei processi decisionali),
d , ha dato vita a numero osi tentativii
di interpreetazione e classificazioone del proocesso. Un no dei più interessantii resta la "scala
" dellaa
partecipaziione civica"" elaborata alla fine degli anni 60 0, da Sherrry R. Arnstein, a cui molti
m autorii
fanno ancoora oggi rifeerimento.
Partendo dall’analisi
d delle relaazioni di potere
p instaaurate in alcune espeerienze stattunitensi dii
elaborazionne e impleementazionee delle deccisioni5, Arrnstein ha classificatoo sulla basee di criterii
qualitativi piuttosto chhe quantitattivi le praticche partecip
pative, distiinguendole in otto diveersi gradini,,
di una ipottetica scala che
c porti add una crescitta sostanziaale della respponsabilità dei cittadin ni.

Figura 1 : Scala
a di partecipazione civica di Sherry
S R. Arnsteein
Il
I potere ai cittadini
L responssabilità proogettuali e decisionalii
Le
vengono
v paartecipate trra chi detien ne il poteree
e il popolo.
La
L delegaziione dei potteri (delega ated power))
fa
f sì che, nel
n caso di uno specifiico piano o
programma
p , si coonceda ai cittadinii
un’autorità
u tale da poter rico oprire unaa
maggioranz
m za di posti nei comittati o nellee
commission
c ni volontariiamente isttituite. Ciòò
consente
c dii esercitare un effettiv vo controlloo
sulle
s sceltee dell’amm ministrazionee, e quindii
sull’intero
s p
processo deecisionale. Il controlloo
dei
d cittadinni (citizen ccontrol) atttribuisce aii
partecipanti
p i o ai resideenti un livelllo di poteree
(o
( controlllo) tale dda poter gestire unn
programmaa o un’istituuzione, neggoziare le condizioni
c con
c i poterii forti, non avere interrmediari traa
loro e la foonte dei finaanziamenti, anche se, molto
m spesso
o le forze poolitiche e soociali esisten
nti riesconoo
6
in ogni casso a fare preessione sullee loro sceltee .
4
Paul Ginsboorg, “Storia d’Italia dal doppoguerra ad ogggi”,Piccola biblioteca
b Einaaudi, 1989, paag. 143
5
«To encouurage a more enlightened dialogue,
d a typpology of citizzen participattion is offeredd using examp
ples from treee
federal sociaal programs: urrban renewal, anti-poverty and Model Ciities» (Arnsteiin, 1969, p. 2116)
6
Inoltre, esiistono molti argomenti
a conntro questo modello
m di conntrollo: si rivvela meno effficiente e più costoso, puòò
autorizzare l’adozione
l dii atteggiamennti opportunisstici e "sprezzzanti", è inccompatibile ccon i sistemi di merito e
professionaliità; e qualoraa i cittadini riiuscissero ad avere il conttrollo, potrebbbero non averre le risorse sufficienti add
esercitarlo (A
Arnstein, 19699, p. 224).

3
In conclusione, Arnstein afferma che la partecipazione smette di essere un "rituale vuoto", privo di
senso, per assumere una dimensione non formale, quando il popolo non è manipolato e non è
dipendente dai funzionari per la determinazione degli esiti.
Un processo di pianificazione e i suoi risultati sono nel pubblico interesse se tutti i gruppi coinvolti
hanno avuto accesso al processo di pianificazione e sono stati coinvolti nel prendere le decisioni
rilevanti. Da quando la pianificazione locale venne istituzionalizzata la partecipazione è stata
invocata per dare alla pianificazione la qualità del “processo dovuto”7.

7
Ernest R. Alexander, “Introduzione alla pianificazione. Teorie, concetti e problemi attuali ” a cura di F.D. Moccia,
CLEAN Editore, 1986

4
CAPITOLO 2 
Pianificare dal basso 

2.1 - La città a scala d’uomo

Il tessuto sociale
In molte nostre città cresce sempre più il grado di violenza, non si può non parlare dell’autunno del
2005 a Parigi esplose una rivolta nel dipartimento della Seine-Saint-Denise, propagandosi poi per
circa 200 città francesi; a seguito di questo avvenimento, recentemente una rivolta nelle povere
periferie di Parigi si dilaga con fiamme e feriti8. Le periferie urbane italiane non sono da meno da
Scampia a Napoli e dallo Zen a Palermo, a Corviale a Roma. Si ci domanda cosa stia succedendo ai
contorni delle nostre città storiche. Italo Calvino nel suo splendido libro “Le città Invisibili” parla di
una città attorniata di immondizia; va sicuramente crescendo sempre di più nei nostri panorami.
Dove le situazioni sono lontane dall’avere trovato un soluzione, la Caritas insieme alla Facoltà di
Sociologia Università Cattolica di Milano, ha svolto una ricerca sui quartieri degradati di dieci città
del nostro Paese. Di questi cinque sono periferie in senso geografico: Begato a Genova, Scampia a
Napoli, San Paolo a Bari, Librino a Catania e lo ZEN a Palermo; altri cinque pur non essendo
lontano dal centro risultano essere corpi estranei alla città9, a motivo del loro degrado sociale.
È nato un nuovo modo di concepire l’abitare, in seguito allo smembramento del territorio ed al
massiccio arrivo di immigrati e dalla crescente divaricazione tra ricchi e poveri. Interi quartieri sono
ormai ridotti a veri e propri “dormitori”. È una situazione molto preoccupante, dove gli scopi
principali dell’architettura cessano di esistere per dare posto a soluzioni abitative per gli sfollati ex
carcerati e tanti altri che hanno avuto e continueranno ad avere dei problemi con la società.
Dare speranza e tutto l’aiuto possibile sembra la soluzione più plausibile; la speranza che molte
associazioni e comunità autogestite danno ad altri nel proprio spazio vitale, l’aiuto pratico e
strutturale che non danno molti comuni occupati in altri tipi di missioni; insomma, l’unica cosa da
fare non resta che partire dal basso e ricominciare da capo ( non abbattere e ricostruire).
Una delle soluzioni sembra quella di avvicinare il più possibile la forze pubbliche a quelle private.
Si è reso per l’appunto necessario individuare e promuovere un alternativo approccio progettuale e
comunicativo la pianificazione partecipata e condivisa che prevedesse la collaborazione dei cittadini
alla costruzione di politiche pubbliche, in particolare urbanistiche. Negli ultimi anni, queste pratiche
"innovative" stanno diventando sempre meno sporadiche, grazie anche all’iniziativa di alcuni istituti
culturali (come l’INU) e universitari (come il "Laboratorio Ombrello" dello IUAV e il "Laboratorio
di progettazione ecologica degli insediamenti" dell’Università di Firenze) che hanno sollecitato un
dibattito costruttivo attorno a questi temi, e incoraggiato l’attuazione di processi di partecipazione
nelle politiche urbane, come confermano le numerose rassegne sulle esperienze partecipative
presenti nella letteratura di settore.

8
PARIGI- Un bilancio parziale e provvisorio dei violenti disordini iniziati il 27 ottobre 2009 nella periferia povera di
Parigi e che si sono aggravati nel corso dei giorni successivi, in base ai dati forniti quotidianamente dalle autorità
francesi. VITTIME - Alcune decine di feriti leggeri tra abitanti, poliziotti e vigili del fuoco. VEICOLI INCENDIATI -
Sono circa 3.500, la maggioranza dei quali nella regione parigina. PERSONE FERMATE - Oltre 800 i fermati, la
maggior parte dei quali giovani. Il più piccolo ha solo 10 anni. CONDANNE - Una ventina di adulti sono stati
condannati e pene detentive (massimo un anno), nella regione di Parigi.FORZE DELL' ORDINE - Sono stati dispiegati
2.300 poliziotti anti-sommossa, appoggiati da sette elicotteri nella sola Parigi . cit.speranzaerivoluzione.spaces.live.com
9
Aggiornamenti Sociali a cura di Bartolomeo Sorge – Editoriale gennaio 2007

5
2.2 – Il ruolo della società per i bambini e per l’ambiente

La partecipazione per bambini e ragazzi


In una società in cui il concetto di democrazia è legato all’estensione della possibilità dei suoi
cittadini di esercitare attivamente la propria cittadinanza, i più giovani (bambini e ragazzi)
dovrebbero avere occasioni di partecipazione. Il livello di partecipazione che i bambini e i ragazzi
possono avere nei processi che li riguardano è argomento di grande discussione. Alcuni intendono i
bambini come i “salvatori" della società, purtroppo oggi la diminuzione del tempo libero e del
gioco è un prodotto della nostra società industriale.
A volte risulta impossibile educare ad una buona educazione civica, se si è figli di un’epoca malata
non si può essere altro che contaminati da modi e stili di vita irrazionali e senza regole.
Ci sono invece una moltitudine di esempi di auto-organizzazione di bambini e ragazzi, senza alcuna
mediazione da parte degli adulti ad esempio capanne costruite sugli alberi, di giochi organizzati
insieme, dove ci sia partecipazione e coinvolgimento emotivo.
“Se ai bambini si riescono a porre nei giusti termini i vari livelli di un progetto che li coinvolge (e
trovare questi “giusti termini” è compito degli adulti!), essi potranno dimostrare competenza. Il
coinvolgimento infatti genera motivazione, che genera competenza, che di nuovo aiuta la
motivazione stessa per ulteriori progetti”10.
La partecipazione, si insegna in primo luogo con la pratica, per questo ha senso parlare di
partecipazione anche per i bambini, sempre che si tenga presente i loro quotidiani compiti.

Principi di sostenibilità

Premessa: Il localismo
La parola sviluppo a volte sembrerebbe prendere significati differenti, dipende molto dagli
accoppiamenti che ha il vocabolo con altre parole; l’idea dello studioso Serge Latouche in
riferimento allo sviluppo- sostenibile, sta in una contraddizione in termini di accumulazione del
capitale con tutti gli effetti positivi e negativi che conosciamo: concorrenza senza pietà, saccheggio
sfrenato della natura. E questo nocciolo duro che tutti gli sviluppi hanno in comune è legato ai
“valori” di progresso, di universalismo di controllo alla natura, di razionalità quantificante. Questi
valori sono legati alla storia dell’Occidente, e hanno ben pochi riscontri nelle atre società animiste
che, ad esempio, non condividono la fede nel controllo della natura.
Lo sviluppo realmente esistente può essere definito come un processo che porta a mercificare i
rapporti tra gli uomini e tra gli uomini e la natura. Lo scopo è sfruttare, valorizzare, ricavare profitto
dalle risorse naturali ed umane. L’armonia naturale dei diversi interessi11.
Indubbiamente, tanto la mondializzazione quanto il dopo-sviluppo ripropongono la questione del
locale. <<Localismo> > costituisce un elemento fondamentale di qualsiasi soluzione alternativa allo
sviluppo e alla mondializzazione, peccato che venga accoppiato alla parola <<sviluppo>>.
In Francia negli anni settanta già si diceva che le strade costruite a caro prezzo, con i fondi dei
dipartimenti destinati a sostenere gli agricoltori, con il pretesto di far uscire dall’isolamento le zone
rurali, in realtà servivano all’ultimo agricoltore a traslocarsi in città e al primo parigino installarsi
nella fattoria liberata e trasformata in casa di campagna. E lo stesso è accaduto in molti altri paesi.

La crescita di sistemi locali che risponde a logiche globali non può essere chiamata sviluppo
locale, e sicuramente non corrisponde ad una rivitalizzazione del tessuto locale, a un “progetto
locale”12.

10
The Partecipation Ladder - Roger Hart
11
Cit. di Serge Latouche
12
Cit. Serge Latouche, Come sopravvivere allo sviluppo. Dalla decolonizzazione dell’immaginario economico alla
costruzione di una società alternativa, Torino 2005, Editore Bollati Boringhieri

6
I diversi studi effettuati sul problema in Italia, riportano all’approccio territorialista13, il quale
persegue le forme di sostenibilità territoriali, economiche, sciale e politica, e assume come elemento
chiave della sua azione la promozione di sviluppo locale ed autosotenibile, dove il termine “locale”
vuole mettere in evidenza la valorizzazione delle risorse territoriali e l’identità di un luogo, mentre
per “auto sostenibile” si indica la ricerca di regole insediative, e gli equilibri a lungo periodo tra
ambiente naturale, costruito e antropico14.

Agenda 21 locale
Agenda21 locale è un programma intrapreso dall'Onu (Organizzazione Nazioni Unite) nel 1992 e
dedicato allo sviluppo sostenibile, nel programma si è determinata la pianificazione completa delle
azioni da intraprendere, a tutti i livelli di governo e di amministrazione del territorio, da quello
mondiale a quello comunale in ogni area e in ogni attività in cui la presenza umana ha impatti
sull'ambiente15. Il riferimento al ventunesimo secolo connota Agenda21 come un piano d’azione per
lo sviluppo sostenibile da attuarsi nel corso del secolo. L'esecuzione dell'Agenda 21 è stata
programmata per includere interventi a tutte le scale, a livello internazionale, nazionale, regionale e
locale. In alcuni stati le autorità locali hanno preso iniziative per la realizzazione del piano
localmente, come raccomandato nel capitolo 28 del documento. Questi programmi locali sono noti
come 'Local Agenda 21'.16
La sua forma partecipativa prende spunto dal “Forum” di Agenda 21: uno strumento di
partecipazione per la definizione di politiche di sviluppo sostenibile a livello locale. Coinvolge tutte
le organizzazioni e i soggetti interessati ai problemi della realtà sociale, culturale, ambientale ed
economica del territorio.
All'interno del Forum i partecipanti hanno uguale importanza e possibilità di intervento. Il Forum
ha funzione di validazione dei Piani di Azione e delle proposte elaborate dai Gruppi di Lavoro o da
singoli stakeholders e partecipanti. Gli stakeholders sono tutti gli interessati agli interessi per il
rispetto a un determinato argomento che agisce sul territorio. Possono essere:
Enti e aziende pubbliche e private, comunità scientifiche ed accademica, associazioni, imprese,
ordini professionali; rappresentanti dei lavoratori, istituzioni religiose; le circoscrizioni del Comune,
le commissioni consiliari del Comune e singoli cittadini.
Unico scopo diventa risolvere i problemi legati all’ambiente antropizzato e non, traducendo gli
aspetti ambientali e trasformandoli da complessi in comprensibili, ad esempio sapere quanti rifiuti
ciascuno di noi produce annualmente, o quanta acqua potabile consumiamo/sprechiamo. Capire
quale sia l'andamento nel tempo di questi consumi, ci consente di capire quale sia il nostro
contributo personale nei confronti dell’ambiente. Sapere che esiste un problema è il primo passo per
risolverlo. Bisogna infine avere una visione della sostenibilità sotto tutti i suoi aspetti economici,
sociali e ambientali in modo che porti lo sviluppo verso obbiettivi condivisi, attraverso le molte
forme possibili di protagonismo delle persone e delle comunità17.
In una visione più globale del problema possiamo quindi dire che non basta soltanto studiare un
passato ed un presente ma bisogna avere una proiezione rispetto ad un futuro18, un futuro che
possa essere eco-sostenibile e più attento alle generazioni future.

13
La scuola territorialista è nata all’inizio degli anni ’90 in Italia di alcuni professori e ricercatori di urbanistica e
sociologia: A. Magnaghi (Università di Firenze), G. Ferraresi (Politecnico di Milano), A. Peano (Politecnico di Torino),
E. Trevisiol (IUAV), A.Tarozzi (Università di Bologna), E. Scandurra (Università di Roma ‘La Sapienza’), A.
Giangrande (Università RomaTre), D. Borri (Università di Bari) e B. Rossi Doria (Università di Palermo).
14
Riferimento a Magnaghi A., Il territorio dell’abitare, Franco Angeli, Milano 1990.
15
Per la consultazione integrale riguardo agli ambiti del programma di Agenda21 locale si riporta al capitolo 28 di
A21locale. “INIZIATIVE DELLE AMMINISTRAZIONI LOCALI A SUPPORTO DI AGENDA 21”
16
http://it.wikipedia.org/wiki/Agenda_21
17
In riferimento all’approccio territorialista; A. Magnaghi, G. Paba.
18
http://www.comune.modena.it/a21/ - Sito del Coordinamento Italiano Agende 21 Locali

7
CA
APITOLO
O 3 
Christo
opher Ale
exander 

3.1 - Chrisstopher Aleexander


Figura 2 : Chriistopher Alexan
nder
Christopher Alexander
C A nato nel 19936 a Viennna, è un architetto resoo
nooto per le sue teorie sul designn, e per piiù di 200 progetti dii
coostruzione in Californ nia, Giappoone, Messicco e in altrri paesi dell
m
mondo. Alexxander dop po aver stuudiato mateematica e chimica,
c sii
laaurea in archhitettura a Cambridge
C e lavora coome ricercattore tecnicoo
suulla coordinnazione mod dulare19. Haa preso il doottorato ad Harvard (ill
prrimo dottorato di ricercca in Archittettura mai aassegnato alla
a Harvardd
U
University). Nel 1958 si trasferì negli Stati Uniti, e haa vissuto a
B
Berkeley, inn Californiaa, dal 1963 fino ad ooggi. Nell’aautunno dell
1958 iniziaa il curricullum del dotttorato di riccerca ad Haarvard nel nuovo
n progrramma creatto da Sergee
Chermayefff. Nel 19559, durante l’elaborazione della sua s tesi colllabora con il suo pro ofessore perr
diversi proogetti. Nel 1964
1 pubbliica “Notes on the Syn nthesis of Foorm” tradottto solo duee anni dopoo
per la distrribuzione inn Italia. Neel 1975 si cimenta
c nellla sperimenntazione deel modello fondato suii
“pattern”, The Oregonn Experimeent, presso l’universitàà dell’Oregoon, dopo l’aapplicazione, nel 19777
scrive il famoso
f librro “A Patttern Languaage” che lo l renderà ancora piùù celebre e stimabile..
Continueràà le sue pubbblicazioni fino
f al 20044 con i quatttro book “The Nature oof Order Book”.
Ad Alexannder sono statis assegnaati premi ed onorificen nze per la sua carrieraa tanto genniale quantoo
ammirabilee. Nel 19722 gli è stato assegnato il i primo preemio per la ricerca delll'American Institute off
Architects.. In seguitoo, nel 1996, è stato elettto membro dell'Accadeemia Ameriicana delle Arti e dellee
Scienze peer il suo coontributo alll'architetturra. Nel 200 06 è stato uno
u dei duee riceventi del premioo
Athena, daal CNU (C Congress New
N Urbaniism). Il 5 novembre 2009, duraante una cerimonia a
Washingtoon DC presee l’ennesimoo premio Viincent Scullly.

3.2 - “A Paattern langguage” com


me modello
Figura 3 : A Pa
attern Languagee 1977
Chrristopher Alexander
A durante
d la sua
s splendiida carrieraa nel 1977,,
scriive il libroo “A Patteern Languaage” dove descrive un u sistemaa
archhitettonico in maniera scientifica, attraversoo 253 patterrn (modelli,,
moduli, motivi, schemi, combinazion
c ni, configurrazioni) ch
he risolvonoo
prooblemi com muni delle città; ognii pattern ddescrive un n problemaa
ricoorrente nel nostro
n ambiente ed esppone il noccciolo della soluzione a
talee problemaa, in modo tale che possa p esserre applicato
o in modoo
ricoorrente. Pooiché per definizione
d nessun paattern è iso olato moltii
patttern costituiiscono una struttura, laa prima defiinizione chee Alexanderr
fornnisce di patttern è “relaazione”. Le relazioni chhe si creanoo tra di loroo
sonno matematiicamente co orrette e fannno in modoo di risolverre problemii
nellla progettazzione di qu ualsiasi cosa e a qualssiasi scala. Si ci ponee
quindi la dom manda: è posssibile proggettare o rriprogettaree lo spazioo
dovve si vive?
Parrtendo dal fatto
f che il lavoro nascce dalla connstatazione che le cittàà
meddievali eranno attraenti e armoniosee (a scala dii uomo), qu uesto perchéé

19
I Classici dell’urbanistic
d ca moderna, Donzelli
D Editoore, 2002; pag
g.279

8
sono state costruite a priori dellee regole preecise. Prendere in seriaa considerazzione l’ambiente in cuii
si vive. Il libro descriive i metoddi esatti per la costruziione di moddelli pratici, sicuri a tu utti i livelli,,
città, quarttieri, giardinni, edifici, stanze, inffissi ecc.. Ill metodo è stato adottaato dalla Unniversity off
Oregon, coome descrittto in The Exxperiment Oregon.
O
Sono moltti i principi che Alexxander ponee alla base del linguaaggio dei ppattern e deel suo uso:
partecipaziione, processo di cresccita per parrti, ordine organico
o diaagnosi e cooordinazion
ne. I patternn
idonei a trrasformare una determ minata area,, vengono utilizzati
u peer vari mottivi: 1) la necessità
n dii
riqualificarre senza dovver costruirre ex novo, onde evitarre l’ulterioree consumo di territorio o e limitare,,
il fenomenno dello spprawl urbaano20, che ha h ingigantito le città--metropoli contemporaanee fino a
renderle inngovernabilii, come ancche per limiitare il consumo di matteriali ed ennergia; 2) l’esigenza dii
risolvere i numerosi problemi dei d quartieri periferici nati
n dallo zooning e dalll’abusivismmo invasivo,,
quartieri ogggi marginaali o addiritttura diventtati quartierii dormitorioo, per la carrenza infrasstrutturale e
per la carennza di serviizi.

La sequenza di patterrn
Figuraa 4: Uuna soluzionee
progetttuale per unu interventoo
urbanoo in terminii di patternn
(tratto da C.Alexander.
Esperiimento di progettazione
p e
democcratica. L’universitàà
dell’Orregon, 1979)21
2
.

Alexaander descrivee
l'applicazione dei
d patternn
all’intterno di unn processoo
progeettuale nel capitolo dii
“A Pattern Language””
"Sceggliere un linguaggioo
per il vostro soggetto""
(Chooosing a lan nguage forr
your subject pag g. 35 - 11)..
Le fassi sono sem
mplici:

1. Occorre sceegliere, deii


253 elementi, quelli piùù
rilevaanti per i prroblemi dell
soggeetto consid derato chee
costituirannno i patternn principalii del linguagggio progettuale;
2. Successiivamente occcorre esam minare i patttern elencati all'inizio, ma sopratttutto alla fin
ne del testoo
che illustraa i pattern principali;
p
3. Occorree aggiungerre all'elencco quelli piiù appropriiati in un dato d contestto, o perch hé sono giàà
presenti, e da miglioraare, o perchhé sono da realizzare.
r
Il linguagggio scelto costituisce
c u "sequennza", ovverrosia una seelezione deei pattern da utilizzaree
una
(generalmeente non più di 10 o 12) 1 unitameente alle rellazioni (loggico- temporali, spaziali ecc.) chee

20
Lo sprawll urbano si ricconosce dalla crescita disscontinua, a saalti, e lascia alle a proprie sspalle vuoti in nedificati, chee
mobilita e coompromette un u territorio asssai più vastoo di quello neccessario, costrringendo una dispersione ed estensionee
delle infrastrrutture e attrezzzature a appaarentemente illlogica per i co
osti e lo sprecoo di risorse deel nostro suolo
o.
21
Immagini tratte dalla dispensa dell Master Pism m 2007, arch hitetto Phd Fausta
F Mecarrelli; A Patteern Languagee
(ChristopherrAlexander, 19977) Comuniccare i principii della progetttazione sostenibile

9
devono inntercorrere tra
t i patterrn per assiccurare al progetto
p unno sviluppoo coerente nel tempo..
Secondo Alexander
A l sequenze generativee sono la chiave per il
le i buono rissultato dei processi dii
trasformazzione nelle strutture,
s quuali quelle urbane;
u Aleexander sosttiene che laa sequenza consente dii
poter verificare pratticamente ogni
o patternn, consenteendo la suua adattab bilità ad osservazioni
o i
successive.

Un esempiio di sequen nza incremeentale


Nell'illustrrazione sottoostante sonoo raccolti allcuni passi di
d una sequeenza increm mentale, chee Alexanderr
considera esclusa da ogni contraddizione, (backtrack - free), dissegnata perr un'area deella città dii
Pasadena, in Californnia, dove erra presente un netto deegrado. L'obbbiettivo deel lavoro erra quello dii
creare una guida per l'abitante
l e il progettistta per la reaalizzazione di nuovi eddifici che abbbiano cortii
e spazi verrdi con denssità relativaamente basse. Per far ciò c è stato definito
d un llinguaggio dei
d pattern,
tramite unna sequenzaa generativaa costituita da undici passi, con un minimoo di re-interrpretazionee
d parte deggli abitanti e progettistii22. Gli undiici passi dellla sequenzaa sono:
possibile da
1. Realizzaate una mapppa del conttesto e dell'iintorno;
2. Decidette l'organizzzazione baase del proogetto e lo o spazio essterno per miglioraree i progettii
dell'intornoo e del vicinnato;
3. Decidetee l'organizzzazione basee e la posiziione del gia ardino princcipale;
4. Calcolatte i parameetri numerici;
5. Localizzzate il parchheggio e l'acccesso autoo;
6. Decidetee la localizzzazione delll'impianto dell'edificio
d e definite laa forma di m
massima dei volumi;
7. Rifinite la forma deel giardino ini relazionee all'edificioo ed ai giarddini adiacennti;
8. Disegnaate nel dettaaglio i parchheggi;
9. Divisionne degli apppartamenti;
10. Posizioonate e datee forma allee entrate delll'appartamento;
11. Progetttate nel dettaglio il giaardino23.
Figura 5: Alccuni passi dellla sequenza inncrementale

22
da The Natture of Order..The Process of
o Creating Liife, Christopher Alexander pag. 307-311
23
Fausta Mecarelli; A Paattern Language (ChristoppherAlexandeer, 1977) Com municare i prrincipi della progettazione
p e
sostenibile

10
3.3 - Il modello scientifico ed il processo di partecipazione

Si può sottolineare il fatto che questo modello scientifico nato alla fine degli anni ‘70, ha avuto e
continua ad avere l’intensione di stravolgere i classici meccanismi di progettazione a tutte le scale;
nei vari campi, è importante scegliere un’angolazione precisa, nella parte finale del lavoro, prendere
in seria considerazione l’ambiente in cui si vive, e maturare nel tempo la procedura progettuale in
ogni campo d’ applicazione, in modo dà approfondire sempre di più l’approccio scientifico e non
dare nulla al caso.
Alexander è uno dei principali ricercatori aspiranti a “rimodellare” il mondo e le leggi umane che lo
governano, secondo principi ed argomenti che possono essere oggi riconosciuti come sostenibili24.
Bisogna dire che una delle tendenze dell’“azione sostenibile” è quella di integrare i diversi aspetti
ambientali, urbanistici, sociali, economici e funzionali, tutto questo attraverso l’individuazione delle
linee di sviluppo locale e delle strategie in atto, col supporto della partecipazione di tutti gli
stakeholders locali25. Il principio della partecipazione degli abitanti è infatti un elemento basilare
per la concretezza delle strategie e dei progetti di recupero, per individuare con precisione quali
siano le problematiche più gravi ed urgenti e le reali necessità locali sfruttando le conoscenze
contestuali di chi vive quei posti ogni giorno, ma anche perché diviene possibile sostenitore di un
nuovo senso di comunità, identità, consapevolezza ed appartenenza26.

24
I casi di applicazione dimostrano come il dettaglio del metodo porti a soluzioni progettuali sostenibili, si veda ad
esempio i Pattern bioclimatici.
25
Milena De Matteis, Riqualificazione sostenibile e partecipata delle periferie: nuove proposte processuali e progettuali
nelle teorie di C. Alexander ed applicazione al caso studio Quartaccio, Roma, Tutor Alessandro Giangrande
(www.tesionline.it)
26
Sul tema della rinascita della “comunità” si veda ad esempio Z. Bauman“Voglia di Comunità”, Laterza 2001

11
CA
APITOLO
O 4 
Gian
ncarlo De C
 Carlo 

«Per usciree dalla sterille situazionee di isolamennto in cui sii trova l’architettura, è importante che c la gentee
partecipi aii processi did trasformazzione delle città
c e dei territori
t ma è anche impmportante che la culturaa
architettoniica si interrooghi su comee rendere l’aarchitettura intrinsecame
i ente partecippabile; o, in altre
a parole,
come cambbiare le cooncezioni, i metodi e gli strumeenti dell’arcchitettura pperché diven nti limpida,
comprensibbile, assimilaabile: e cioè flessibile,
f addattabile, sig
gnificante in ogni sfaccetttatura. Dunq que io credoo
che non serrve una teoriia della parttecipazione mentre
m invecce occorre l’eenergia creaativa necessaaria a usciree
dalle viscossità dell’auttonomia e a confrontars rsi con gli interlocutori reali che ssi vorrebberro indurre a
parteciparee. » Giancarrlo De Carloo

4.1 - Giancarlo De Carlo


Figura 6 : Giancarlo De Carlo
Nato a Genova nel 1919, nel 1939 si iscrrive al Polittecnico di Milano
M dovee
si laureea in ingeggneria nel 1943,
1 nel 1948 riprendde gli studii all'Istitutoo
Univerrsitario d'Arrchitettura di
d Venezia dove
d si laureea nel 1949
9 e nel 19500
apre unn proprio sttudio a Milaano, città inn cui moriràà il 4 giugno del 2005..
Uno degli arrchitetti italiani piiù conoscciuti e apprezzatii
internaazionalmente. Osservattore e testim mone di priimo piano, per mezzoo
secolo, delle viccende archiitettoniche e urbanisttiche del MovimentoM o
modernno. Dal 19952 al 196 60 è stato membro
m deel gruppo italiano
i deii
CIAM (Congressii Internazio onali di Arrchitettura Moderna), di cui eraa
rappresentaante per l’’Italia, ed è stato unno dei fon ndatori del Team Tenn, formatossi dopo loo
scioglimennto dei CIA AM, che opperò la prim ma vera ro ottura con ili Movimennto modern no e le tesii
27
funzionalisste di Le Coorbusier .

“Dalle teoorie razionaaliste sono emersi i limiti:


l nella
a traslazionne dell’apprroccio, chee De Carloo
riconosce utile e progressivo
p per trattaare la ressidenza, sii sono inssinuate inef efficienze e
responsabiilità della zoonizzazionee che, dopo aver rinvigo ”28.
orito l’urbaanistica, l’haa logorata”

Dal 1976 al
a 1978 si deedica alla crreazione dell’ ILA&UD D, Laboratoorio Internaazionale di Architettura
A a
e Urbanistiica, un proggetto sul connfronto e laa collaborazzione di conntesti culturaali diversi, nello
n stessoo
periodo fonda rivista “Spazio e Società”
S atttraverso la quale per più
p di vent'aanni manterrrà attiva laa
rete di relaazione creaatasi col Teeam Ten e garantendo o una alternnativa nel sscenario arcchitettonicoo
europeo. I temi trattaati dall'ILA&UD sono anche quelli dell'elabborazione teeorica di De D Carlo: laa
29
partecipaziione, il riusso, la letturra del conteesto e la “p
progettazionne tentativaa” come strumenti dii
conoscenzaa e trasform mazione. GliG stessi tem mi vengono o affrontati e diffusi iin altre direezioni dallaa
rivista “Spazio e Socieetà”, che Giiancarlo Dee Carlo dirig ge dal 1978 al 2000, annno di chiusura. È statoo
tra i primi a sperimenntare ed appplicare in architettura
a la partecipazione da pparte degli utenti
u nellee
fasi di proogettazione. Per quannto concernne le innum merevoli oppere, archittettoniche e letterarie,,
compiute dad Giancarllo De Carloo, si può dirre che lo po ortano ad unn livello nonn classificaabile, che loo

27
Nativo dellla Svizzera, LeL Corbusier era un intelleettuale razionaalista. Le casee che progettaava le chiamav va “macchinee
per abitare”. L.C. viaggiò in Germania e Olanda ed era e ben noto a tutti i conveggni, congressii, simposi e taavole rotonde..
Il suo Vers une
u arhitecturre divenne subbito un testo sacro. Nei su uoi progetti noon era consenntito al clientee di apportaree
modifiche, bisognava acceettare le formee da loro impooste.
28
Sulla temaatica della rottuura dal Movimmento modernno e le ormai diverse
d opiniooni di De Carloo riguardo allee idee dei
“vecchi” raziionalisti. P.Dii Biaggi , I Claassici dell’urbbanistica mod
derna, Donzellli Editore, 20002; pag.244
29
http://wwww.darc.benicullturali.it

12
distingue da altri architetti, aveva un personalittà che lo rendeva scomodo nell'ambitoo
dell'architeettura italianna, non è mai
m sceso a compromes
c si che potevvano modifficare la coeerenza dellee
proprie ideee. Per quessto motivo ha h dovuto rinunciare
r alla
a realizzaazione di moolti progettii, come perr
esempio il Piano Reggolatore di RiminiR elim
minato per volontà
v delll’apparato bburocratico del Partitoo
Comunistaa, che era stato s intimiddito dalla violenta
v reaazione dellee forze economiche co on la qualee
sperava di stringere allleanze.
In continuua lotta e laavoro, ha continuato
c a elaborarre progetti geniali e inn continua evoluzionee
ad
scrivendo una
u serie innnumerevolee di articoli e saggi.
Era un’ arcchitetto chee amava proogettare in funzione
fu dellla gente chhe vive i luooghi, credev
va che “faree
una buonaa architetturra debba cooincidere coon la realizzzazione di spazi di libbertà”.30 Migliorare
M laa
qualità dellla vita e nonn formalizzarsi ad una semplice arrchitettura che
c evidenzia solo volu umi.
[…]“per caapire le suee architetturre bisogna percorrerle
p ; perché siaano <<belle>>> hanno bissogno dellaa
gente dentrro che si muuova, quella stessa chee di solito viene
v allontaanata al moomento dellee fotografiee
31
di architetttura”[…] . De Carlo, dopo le innnumerevoli esperienze svolte in Ittalia e all’eestero, dopoo
avere lavorato peer mezzo seecolo non si vantava deei suoi modeelli o anchee
dell’im
mmagine deld Team Teen, non tenntava certo di creare scuole, stili,,
movim menti o alttro, la vogllia di lavorrare verameente bene, lo rendevaa
sicuraamente unicco.

"...la liberazione
l d vincoli della
dai d gloriosaa statica possitivista e la costruzionee
di unaa geometriaa complessa si sono inccontrate. L'iincontro è avvenuto a nell
senso che ho conttinuato a pro ogettare teneendo conto ddi tutte e duee le direttricii
allo sttesso tempo e ho cercato di farle conffluire in queella che è sem mpre stata laa
radicee dei miei peensieri: la foorma architeettonica depu urata da dichiarazioni è
così penetrata
p neella sostanzza del probllema da divventare capa ace di daree
signifi
ficato a tuttee le sue corriispondenze""; le forme ddel progetto si s liberano e
si attoorcigliano inn torri, penno
oni, in sceltee "stilistiche" ricercate e inusuali, inn
un rinnnovato interresse per il linguaggio, penetrando a fondo la realtà dellee
cose..
Figura 7 : schizz
zzo di G. De Carloo Da Conversazzioni con Giancarlo De Carlo” di Franco Bunccuga, editore Elèuthera,
E 2000

4.2 Un proogetto a scaala di quarttiere: il villlaggio Mattteotti di Teerni


Figura 8 : Villagggio Matteotti, Terni
T
A Terni, per
p la progeettazione deel complesso o Matteotti;;
tra il 19669 e il 19774, Giancarrlo De Carrlo affrontòò
un’esperieenza di paartecipazionne diretta costandogli
c i
molta eneergia ma con risultati m molto intereessanti. Nell
processo did partecipaazione si prrevedevano discussionii
interminab bili e iniziative per cchiarire i problemi daa
discutere, mostre doocumentariee, continua presenza e
ne con i futuuri abitanti ddel quartieree, De Carloo
interazion
dice: diffiidenti all’innizio a un ccerto punto fiduciosi e
poi sgorgo o creativo inarrestabile
i e. Non neg ga che, quall
caso fu l’unico perchhé “Terni eera ancora una u societàà
che vivev va grazie all'industria
a siderurgicaa, con unaa
composiziione di cllasse definnita, una popolazione
p e
omogeneaa, una cosciienza di claasse ancora solida. Glii
abitanti che
c si preddisponevanoo a vivere nel nuovoo

30
“Conversaazioni con Giaancarlo De Carrlo” di Francoo Buncuga, ed
ditore Elèutheera, 2000, pag 8
31
Franco Buuncuga in“Connversazioni coon Giancarlo DeD Carlo”

13
insediamento avevano una concezione comune dell’abitare, avevano più o meno lo stesso reddito e
lo stesso stile di vita. Partecipare alla progettazione delle proprie case era costruire un destino
comune in uno spazio condiviso32.
Il progetto ben riuscito, dice De Carlo in un intervista rilasciata a Marco De Michelis durante la
Triennale di Milano del 1995, dà un ruolo rilevante alla partecipazione, anche se il contributo degli
abitanti è stato marginale. “Esisteva sicuramente un aspetto romantico, sentimentale, una quota di
speranza e di illusione in quelle esperienze. […] Le cose sono cambiate dal tempo dell'esperienza di
Terni ad oggi, e certamente le esperienze di partecipazione del passato non sono replicabili, in
modo meccanico. La città è oggi un congegno diverso e più complicato: un congegno fisico diverso,
un congegno politico e sociale diverso” 33.
L’aspetto politico di Gian Carlo De Carlo rimane una sorta di scelta obbiettiva delle azioni, ne
anarchica ne strettamente legata alla correnti politiche, ciò non significa che la posizione di De
Carlo sia estranea a un orientamento politico della società, ma i motivi di maggiore interesse e gli
spunti di riflessione più pertinenti, rispetto al tema della partecipazione, si colgono a partire dal suo
modo di intendere e di fare architettura. Così l’esperienza del villaggio Matteotti a Terni assume un
valore esemplare e istruttivo non solo per gli esiti che ne derivarono, ma perché permette di vedere
De Carlo all’opera con una forma partecipata di progettazione, di fronte ai dilemmi, agli imprevisti
e alle potenzialità che un processo partecipato può sollevare per un progettista. Ne emerge una
figura che si avvicina al profilo di “progettista integrato”, come esperto capace di portare a sintesi le
dimensioni tecnica, politica, sociale e interattiva del progetto d’architettura.34 La
multidisciplinarietà in pianificazione urbanistica e in architettura, sembra essenziale per lo
svolgimento e la realizzazione di un Piano, anche per questo, De Carlo è sempre stato convinto che
<<l’architettura fosse troppo importante per essere lasciata solo agli architetti>>; <<la pianificazione
urbanistica a livelli minori, più articolati e particolareggiati, assume il ruolo di coordinamento
delle altre discipline che intervengono nell’atto di pianificazione>>35.

32
Giancarlo Paba in A.Giangrande, L’approccio territorialista allo sviluppo sostenibile, A.A 2006/07, Università degli
studi di Roma Tre Facoltà di Architettura.
33
Ibdem
34
laboratoriorapu.it - Partecipazione. Un tema nuovo o classico? Traccia - Paola Savoldi - 26 marzo 2007
35
Individuazione dei nuovi requisiti del piano: Giancarlo De Carlo in P.Di Biaggi , I Classici dell’urbanistica moderna,
Donzelli Editore, 2002; pag.247

14
CA
APITOLO
O 5 
Diritto alla parteccipazione 

5.1 Cenni sul caso di Firenze

Dall’alluviione del 1966 alla Leggge Regionaale n°69 dell 2007


Figura 9: Copeertina depliant: 40° dal’alluvione
La partecipazio
p one a Firenzze è nata a partire dalll’alluvionee
del 1966,
1 cominnciando cossì dai Centrii di Soccorsso nacqueroo
i Coomitati di Quartiere,
Q n nel 19776 (Firenze è la primaa
nati
cittàà in Italia neella quale si svolgono le elezioni a livello dii
quarrtiere). Un’importante esperienzaa storica ch he parla dii
aggrregazione, di d volontariato, dei m movimenti di d quartieri;;
così in occasio one del 40°° Anniversario dell'Alluvione, ill
Com mune di Firenze,
F l’A
Assessoratoo alla Parrtecipazionee
Dem mocratica e alla Culturaa, i Consiglli di Quartieere insiemee
all'A
Archivio Mo ovimento di Quartiere e la Region ne Toscanaa
hannno organizzzato una mostram (il 244 novembree del 2006))
pienna di immaagini suggeestive e innterventi, in n memoriaa
dell’’alluvione deld 1966 e del sacrifiicio della popolazione
p e
rialzzatasi da unaa situazionee per lo più tragica.
Nel corso degli anni sono stati s avviatii molti lavorri di ricercaa
e inn particolaree il Laboraatorio di prrogettazionee ecologicaa
deglli insediameenti dell’Unniversità di Firenze, dalle attivitàà
in Toscana
T deella Rete dei Nuovi Municipi,, le primee
scheedature36 efffettuate peer la ricerrca “Parteccipazione e
costruzionee sociale deid piani urbbanistici e territoriali”” svolta perr conto dellla Regione Toscana37.
Inoltre a paartire dal 20006 ci sono stati i primi sviluppi di d una ricerca di interessse nazionalee finanziataa
dal MIUR per il biennnio 2006 e 2007, è staato avviato il Piano deella Provinccia di Prato, il Piano dii
sviluppo locale del Circondario
C o di Empolii, il recupeero dei cenntri urbani dei comunii di Montee
Amiata, Foollonica e Dicomano,
D l progettazzione parteccipata di quuartiere a Fiirenze, Prato, Pistoia e
la
38
Scandicci, la progettazzione parteccipata nellee scuole di Firenze
F , e altri casi anncora, che fino
f ad oggii
sono rimasste attive grazie
g alla consapevollezza che ill territorio toscano puuò ancora crescere c daa
queste esperienze. Neel 2007 la Toscana
T è la prima Reegione italiaana ad avere approvato o una leggee
che riconosce e garanttisce a tutti il diritto allla partecipazzione.

La Regionee Toscana garantisce


g i diritto allaa partecipazzione
il
Una tappaa storica chhe attraverssa una lungga strada di d sacrifici che vannoo dalla parrtecipazionee
all’autogovverno, dall’attivazione di processii partecipattivi all’investimento peer la qualitàà della vita,,
delle relaziioni sociali,, dei diritti di
d cittadinannza, dell’incclusione socciale.
La legge n°69
n è stataa approvata dal Consigglio regionaale il 19 diccembre 2007. Ora, con n la nominaa
dell'Autoriità, è pienam mente operaativa. Graziie a questa legge i cittaadini, le asssociazioni e istituzionii
toscane pootranno pressentare richiieste sui graandi interveenti e progeetti, regionaali e locali, si aprano i

36
Le schedee sono riunite in quattro “sscatole” interppretative, colo
orate in modoo diverso che richiamano sinteticamente
s e
governance, democrazia deliberativa,
d prrogettazione partecipata,
p au
uto-organizzazzione.
37
Progetto euuropeo Interreeg RestauroNeet
38
Fonti dal Seminario
S inteernazionale deel 19 maggio 2006
2 “Le vie della partecippazione nell’essperienza tosccana”

15
processi di Partecipazione.39 Si riporta di seguito l’articolo 1 della legge riguardante le Norme sulla
promozione della partecipazione alla elaborazione delle politiche regionali e locali :

Articolo 1 - Principi
AL PUNTO 1
1. La partecipazione alla elaborazione e alla formazione delle politiche regionali e locali è un
diritto; la presente legge promuove forme e strumenti di partecipazione democratica che rendano
effettivo questo diritto.
AL PUNTO 3
La presente legge persegue altresì gli obiettivi di:
a) contribuire a rinnovare la democrazia e le sue istituzioni integrandola con pratiche, processi e
strumenti di democrazia partecipativa;
b) promuovere la partecipazione come forma ordinaria di amministrazione e di governo della
Regione in tutti i settori e a tutti i livelli amministrativi;
c) rafforzare, attraverso la partecipazione degli abitanti, la capacità di costruzione, definizione ed
elaborazione delle politiche pubbliche;
d) creare e favorire nuove forme di scambio e di comunicazione tra le istituzioni e la società;
e) contribuire ad una più elevata coesione sociale, attraverso la diffusione della cultura della
partecipazione e la valorizzazione di tutte le forme di impegno civico;
f) contribuire alla parità di genere;
g) favorire l’inclusione dei soggetti deboli e l’emersione di interessi diffusi o scarsamente
rappresentati;
h) sollecitare e attivare l’impegno e la partecipazione di tutti alle scelte e alla vita delle comunità
locali e regionale;
i) valorizzare i saperi, le competenze e l’impegno diffusi nella società;
j) promuovere la diffusione delle migliori pratiche di partecipazione e dei relativi modelli;
k) valorizzare le esperienze partecipative in atto.

39
www.regione.toscana.it , autore Laura Pugliesi

16
CAPITOLO 6 
Identità e Città: un sopralluogo per il tessuto sociale di Palermo 

6.1 Basta raccontare per capire: Palermo e il “quartiere razionale” ZEN 2

Dall’immaginazione alla realtà


Posto fantastico con giardini che circondano le abitazioni, fiori ed alberi emanano una fragranza
irresistibile che ti fa pensare, sognare a quei bei momenti possibili da trascorrere con gli amici, e al
futuro che sembra così lontano grazie alla fantasia ed alla creazione di posti favolosi dove poter
oziare in tranquillità, dove i bambini giocano in spazi appositamente creati per loro. I colori delle
facciate creano un’armonia con l’ambiente circostante donando luminosità. Tutto ciò ti porta a dire
“è qui che voglio vivere, avere il mio futuro, creare un qualcosa”.
Ma purtroppo non è il caso dello ZEN 2 sigla, divenuto il nome di quella periferia, fredda e
desolante dove il verde che dona vita in un luogo, è inesistente, dove i bambini non giocano nei
parchi, ma per le strade, la gente non esce di casa. Sono dei ghetti, tutti uguali tra loro nulla li
differenzia l’uno dall’altro, neanche i colori, che lì creano un ambiente freddo e desolante,
trasformando una giornata di sole e di possibile allegria in un qualcosa di freddo e lugubre, sono
delle masse abbandonate in mezzo ad un campo in attesa della loro distruzione temporale, nessuno
se ne cura, neanche gli abitanti stessi, che hanno occupato abusivamente quelle abitazioni, che
magari dovevano essere completate.
La delinquenza regna, è più forte di un’esplosione che fa paura, facendo vivere nell’incertezza di
un qualche futuro sano e tranquillo, dove la generazione futura apprende solo un concetto “la legge
del più forte” .
C’è vergogna negli sguardi e nelle parole di coloro che vi vivono, ma non solo, anche i parenti
stessi provano vergogna ad andare a trovare i propri cari e a confessare la loro parentela, non c’è
cosa peggiore di essere abbandonati o meglio esiliati.
Ma la gente dice che bene ci vive, e che non importa loro se i palazzi cadono per terra, se i vari
appartamenti si distanziano tra loro di pochi metri, quasi comunicanti, ormai è la loro casa, e
nessuno gliela dovrà togliere.
Sembra assurdo, ma … purtroppo tutto ciò è più che reale, e sarà piuttosto difficile dimenticare la
rabbia che ti trasmettono determinate situazioni.

Il sopralluogo
Giorno 21 ottobre 2006 ci siamo diretti verso lo Zen, espansione nord di Palermo, cominciando a
pensare chi e cosa dovevamo incontrare. Attraversiamo San Lorenzo una delle borgate del
capoluogo siciliano, parliamo con l’autista dell’autobus, e ci confida che non tutti i ragazzi
sfortunati che vivono allo Zen sono da considerare delinquenti, secondo lui:
- << se si prendessero singolarmente sarebbero bravi ragazzi, è il branco che li porta “ alla
mala sctrata” >>( in brutte vie).
Scendiamo allo Zen 21img, passeggiando ci ferma subito un ragazzo in moto (era uno spaccino),
onde evitare mali intesi ci presentiamo subito, dicendo che siamo studenti e non “turisti per caso”
lui cambiando espressione gentilmente ci avvisa dicendo che le macchine fotografiche era meglio
tenerle conservate. Facciamo un giro passiamo per il lungo atrio interno2img di questi immensi e
monotoni edifici residenziale di edilizia popolare. Incontriamo una famiglia, chiediamo loro con
quale sicurezza i loro figli vivono in quel quartiere, anche loro ci aiutano a capire che quando
comitive di ragazzi sono in giro rendono la vita difficile a tutti, parlano anche dell’abusivismo, che
dagli anni ottanta ad oggi ha completamente coperto lo Zen 2.
Ci dicono:

17
- << anche noi eravamo abbusivi, ma siamo s tra lee poche famiiglie a conddurre una viita miglioree
perrché la voglliamo, stiam mo iniziandoo a metterci in regola >> > .
Piccole parrti di societtà che vivonno in questto contesto, cercano di condurre uuna vita più ù tranquilla,,
non tanto per
p loro, maa per i proprri figli.
Continuiam mo il nostroo giro passaando per la chiesetta3im mg
di confinne che dividde in due paarti lo Zen 1
e lo Zen 2,, uno stranno confine caratterizzat
c to da un praato dove tree mucche brrucano tranq quille in unn
4
4img
recinto stille Western . Un bassso fabbricaato, compleetamente degradato, e ddei vestiti usati u gettatii
per terra daall’altro latoo della stradda, lasciati per
p chi prob babilmente ne
n ha di bisoogno.
Superandoo la chiesa, arriviamo a San Filipppo Neri ( Zen Z 1 ), giàà la sistemaazione deglli edifici haa
meno monnotonia, ognnuno ha un discretod verrde privato5img
5
, anch’essso caratteriizzato di tan nto in tantoo
da qualchee roulotte lassciate lì chiissà da quannti anni, ed alcuni
a spazzzi mai usatii6img, o per volere
v o perr
paura; benn diverso dallo Zen 2 dove ci siiamo resi conto c che laa realtà è bben diversaa, tanto chee
parlando con un anziaano, viene evidenziato
e come il com mportamentto sociale ddegli abitantti dello Zenn
1 è più cossciente e civvile, non ci nasconde
n chhe ha perfinno vergognaa ad andare a trovare i suois parentii
che abitanoo dall’altra parte
p della chiesetta
c e ci
c dice:
- << dovrebberro buttare tuutto a terra è una situa azione che non
n si può rreggere; vedete questoo
spaazio di verdde7? Lo abbbiamo fattoo con le nosstre mani, siamo noi a renderci la vita piùù
facile, i politicci ci fanno promesse
p chhe non manttengono mai >>.
E’ quasi orra di pranzoo, ci sediam mo a mangiaare qualcosaa, anche lì notiamo
n quaanto sia “co onveniente””
venire a farre la spesa, è tutto ben diverso dall centro.
S
Si respiraa un pòò
l’atmosferaa di paesee
di provincia, in giroo
non c’è nesssuno, sonoo
quasi lee 15:00,,
ammiriamo o qualchee
facciata, non
n sembraa
essere stataa
8img
ristrutturataa dii
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futuro. Ci si s rifiuta dii
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restare.

18
6.2 Le periferie e la società nella città contemporanea
La gente che si trova lì, in periferia, dopo essere uscita dalle carceri, perché sfrattati dalle proprie
case del centro storico, per dare spazio al terziario e quindi il confluire della nuova classe (il caso
“centrification” di Palermo è emblematico). Nelle periferie piene di gente senza speranza ne
prospettive, da un’ottica sociale, sembra essersi costituito un problema “identitario” che trasforma
gli individui, li porta a commettere degli atti per niente civili40. L’identità individuale finisce per
perdere i propri confini e confluire in un’identità di gruppo basata sulla “legge del branco”. Un
branco che apparentemente dimostra di essere forte ma che fondamentalmente ha un’anima debole
sovrastata dalle problematiche di ordine sociale, economico, culturale che caratterizzano le vite di
ogni singolo individuo, membro di un sistema, un contesto che funziona male perché vengono a
mancare i parametri del saper vivere nel sociale e il rispetto delle regole che governano una
comunità41. I processi di volontariato, di partecipazione di comitato, di auto-costruzione, nel caso di
Palermo ed altre città italiane, sono in uno stato di immobilità. I problemi che confluiscono nello
ZEN 2 richiamano l’architettura e lo spazio fisico, ma realmente c’è molto di più dietro l’apparenza.
Sono tante le tematiche da affrontare che evidenziano la netta crisi delle periferie oggi, dove il
convegno nazionale INU affronta il ruolo del progetto urbano nella riqualificazione nella città
contemporanea, si ha in prospettiva un progetto urbano per la rigenerazione della periferia di
Palermo. Le periferie, che costituiscono la quota prevalente della città contemporanea, offrono
spunti di riflessione significativi, dove la si possa considerare spesso come luogo marginale alla
città consolidata. L’esempio di Palermo ci mostra come la periferia, cresciuta a partire dal
dopoguerra, non ha generato né “spazio di qualità” né spazi in armonia col sistema urbano. Nel
ridisegno della recente politica urbana di Palermo sono stati proposti dei progetti di
riqualificazione: Borgo Nuovo, S. Filippo Neri e Sperone. I programmi di riqualificazione in
oggetto si articolano in azioni riguardanti prevalentemente gli spazi aperti, le infrastrutture e il
patrimonio edilizio, ponendosi come obiettivo l’incremento degli standard minimi per garantire
vivibilità e qualità urbana42.

40
L’esempio eclatante dalle periferie parigine c’è ne da conferma, c’è chi già parla di una trasposizione del problema in
Italia. Il problema sociale è uno dei più terribili del 21° secolo.
41
dal blog dell’autore www.laficudinia.blogspot.com/
42
A. Giampino, Il ruolo del progetto Urbano nella riqualificazione della città contemporanea, Genova, 22-23 Giugno
2006, Università degli Studi di Palermo Dipartimento Città e Territorio Dottorato di Ricerca in Pianificazione Urbana e
Territoriale

19
CAPITOLO 7 
Conclusioni 

“Lavora come se non avessi bisogno di soldi”


Autore anonimo
7.1 La prospettiva per un’auto-costruzione

Nell’ultimo quarto del secolo scorso la diffusione incontrollata delle città ha assunto una nuova
struttura nella forma della crescita delle metropoli del Terzo Mondo, alimentate da una massiccia
migrazione rurale. Controllare questa crescita trasformando queste città in ambienti vivibili è una
sfida alla quale la pianificazione deve ancora a rispondere in modo efficace43 sulla povertà e
diseguaglianza sociale e sui sintomi ampiamente diffusi in slum44, degrado, nelle malattie e nel
crimine della città. Luoghi, dove le condizioni di vita e dove l’equità sociale e solo utopia, esistono
migliaia di famiglie disagiate dove la presa di coscienza di un’ uomo lo porta a scegliere cosa è
giusto fare per la collettività e cosa per se stesso. Le associazioni di volontariato che aiutano questi
luoghi tentano in tanti modi e in alcune condizioni, di guidare quella determinata società a
risollevarsi, tramite un politica che parte dal basso (PPdb45), portandoli ad una logica più
partecipativa, dove una soluzione sembra appunto essere l’auto-costruzione e l’aspirazione all’auto-
governo responsabile; i futuri abitanti di quella casa che riusciranno, materializzano le proprie idee
stimolando altri abitanti di un villaggio mettendo così a disposizione la propria forza tecnica o
semplice che sia, a costruire un semplice edificio di interesse comune. Da questo concetto, in
alcuni paesi del mondo si da vita all'auto-costruzione ed all’auto-govervo, che in Italia, ad esempio,
è passato da oggetto di interesse di pochi specialisti a fenomeno cui si rivolgono le attenzioni di
molti, fino ad arrivare alla logica dell'autocostruzione associata ed assistita; risultato dato da un
approfondito innovativo e da un percorso di ricerca sorto all'interno del Dipartimento di
Progettazione della Facoltà di Architettura di Firenze46.
La speranza dovrebbe essere quella di incentivare soluzioni strategiche in modo da salvare parti di
territorio lasciate a se stesse. Politiche urbane capaci di organizzare veri e propri piani di intervento
mirati alla giusta distribuzione economica, alle proprie risorse umane e materiali, in modo da poter
mettere a disposizione tutte le forze a loro possibili. Piani che prendano in considerazione le logiche
partecipative ma non solo in ambito sociale ma anche in ambito economico. Quest’ultimo risulta
essere complicato e impensabile, quando in alcuni sistemi amministrativi non esiste alla base una
vera e propria pianificazione economica, che al contrario, li porterebbero ad avviare soluzioni
fattibili e realizzabili. Un buon esempio italiano ci mostra come nello scorso gennaio del 2010 la
Giunta regionale pugliese ha approvato il protocollo d’intesa, da sottoscrivere con il Comune di
Barletta e l’Associazione Fraternità per il Diritto alla Casa, per la realizzazione di un cantiere

43
Ernest R. Alexander, “Introduzione alla pianificazione. Teorie, concetti e problemi attuali ” a cura di F.D. Moccia,
CLEAN Editore, 1986
44
Quartieri poveri e malsani dove i pochi successi delle politiche di intervento mirato, a seconda delle occasioni e dei
periodi, sono state ricondotte a interventi denominati site and service, upgrading, enabling strategies: politiche,
elaborate soprattutto dalla Banca Mondiale e da altre agenzie internazionali, che prevedevano diverse forme di
intervento volte al miglioramento in situ degli slum: infrastrutturazione dei lotti in aree di nuova espansione (site and
service), riqualificazione dei quartieri illegali esistenti (upgrading), sostegno all’autocostruzione e a tutte le possibili
forme di mutuo sostegno attraverso sui anche chi, escluso dal mercato formale della casa, era riuscito a procurarsi un
riparo. ( http://www.lessisless.it/html/materiali%20univ/sfida_slum.pdf)
45
PPdB Politiche Pubbliche dal basso; hanno la responsabilità di prendere delle decisioni in tema di giustizia sociale e
spesso anche problemi decisivi.
46
http://www.edilportale.com/libri/architettura/autocostruzione-associata-ed-assistita-in-italia_7420.html
Progettazione e processo edilizio di un modello di Housing Sociale.

20
sperimentale47 di autocostruzione che per questo è stata una forma d’intervento di assoluta novità
per la Puglia. In Italia e in più in generale nella cultura del sud l’importanza nel individuare caratteri
specifici, è altrettanto importante per sostituire strategie economiche di alcune amministrazioni
locali fondate esclusivamente sul bilancio, con fasi in cui si potrebbe anche individuare o per lo più
riflettere sullo spreco; spreco di territorio, di intelligenza di umanità e di risorse in genere, che
renderebbe facile capire una particolare situazione, qualsiasi essa sia, potere elaborare una strategia
collettiva lavorativa che metta in luce le potenzialità locali per cosi cominciare a porre rimedio allo
spreco. (rimando al libro, Spreco: documenti e inchieste su alcuni aspetti dello spreco nella Sicilia,
1960, di Danilo Dolci e le sue esperienze siciliane su questo dibattito)48. Per questo non esiste
problema che possa essere risolto con le strategie normali di contrapposizione e conflitto, ma al
contrario, ogni disagio sociale profondo può essere contrastato soltanto favorendo l’incontro tra le
persone e i loro stessi problemi49. A volte però, come nelle comunità siciliane, viene difficile far
rinascere la cura e la cultura del territorio per cui sarà indispensabile fare società locale, mediante la
capacità d’autorganizzazione del territorio, e dare forza ai soggetti che vivono e producono nel
territorio. Solo in alcuni casi la Arcidiocesi Di Palermo e la Caritas Diocesana sono riuscite ad agire
in modo efficace, alle difficili dinamiche della Palermo nord .

L’auto-organizzazione dello Zen non viene toccata fin tanto che non dà fastidio al resto della città.
La lontananza delle istituzioni si traduce in una sfiducia radicale. Il quartiere sa di essere utilizzato
come bacino di voti. La polizia è vista come un’agenzia di repressione ingiusta. Il sistema
informale e illegale garantisce almeno un ordine e una sopravvivenza che lo stato invece non è in
grado di offrire. Nel passato non sono mancate le attenzioni dalla Chiesa, dalle istituzioni, da
mobilitazioni popolari. Di quella stagione oggi rimane ben poco. La speranza di modificare la
situazione viene meno, gli operatori migliori del pubblico e del privato sociale se ne vanno, rimane
solo qualche sacca di resistenza e di testimonianza che lavora in modo sostanzialmente isolato,
privo di collegamenti sul territorio. Quel poco che rimane in piedi si frammenta e si disperde. E lo
Zen ha di nuovo la sensazione di ritrovarsi da solo a gestire i suoi problemi.50

Sembra anche difficile inclinare la gente e sensibilizzare il popolo ad un politica più sociale e
comunitaria che porti a creare una logica auto-organizzativa; che parti dal basso e che riesca ad
ambire a risultati più efficaci e realizzabili. Tutto sembra poggiare in una prospettiva molto
utopistica e lontanamente realizzabile per molte amministrazioni comunali, che ancora oggi, anno
2010, non riescono ad uscire dagli stereotipi e dai vecchi sistemi politici, a dir poco complessi;
imprigionati in una logica poco democratica e che poco rassomiglia alla vera politica solidale e
locale. Preoccupato di una tale situazione, si ci augura in una prospettiva migliore e che tenda ad
una necessaria pianificazione ad una scala senza precedenti.

47
Iniziativa volta a garantire l’accesso a persone e famiglie a basso reddito, disposte anche a partecipare direttamente
alla realizzazione delle proprie abitazioni con l’assistenza tecnica di professionisti.
48
Danilo Dolci sull'argomento scrive un libro di fama ormai nazionale per la sua attualità e per la sua dettagliata
indagine: Spreco: documenti e inchieste su alcuni aspetti dello spreco nella Sicilia, Danilo Dolci, 1960
49
Giancarlo Paba e altri, Partecipazione in Toscana : interpretazioni e racconti. Firenze, Firenze University Press, 2009
50
Caritas Italiana – La città abbandonata: dove sono e come cambiano le periferie italiane – Il Mulino, Bologna 2007
(http://www.caritasitaliana.it/caritasitaliana/pdf/Pubblicazioni/Libri_2007/lacittaabbandonata/palermo.pdf)

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BIBLIOGRAFIA  

- Franco Buncuga “Conversazioni con Giancarlo De Carlo” di Franco Buncuga, editore Elèuthera, 2000.
- Ernest R. Alexander, “Introduzione alla pianificazione. Teorie, concetti e problemi attuali ” a cura di F.D.
Moccia, CLEAN Editore;
- Paola Di Biagi, “I Classici dell’urbanistica moderna”, Donzelli Editore, 2002;
- Paul Ginsborg, “Storia d’Italia dal dopoguerra ad oggi”,Piccola biblioteca Einaudi, 1989;
- Serge Latouche, “Come sopravvivere allo sviluppo. Dalla decolonizzazione dell’immaginario economico
alla costruzione di una società alternativa”, Torino 2005, Editore Bollati Boringhieri;
- Christopher Alexander, “A Pattern Language”, 1977;
- Giancarlo Paba, Anna Lisa Pecoriello, Camilla Perrone, Francesca Rispoli, Partecipazione in Toscana :
interpretazioni e racconti. Firenze, Firenze University Press, 2009;
- Z. Bauman“Voglia di Comunità”, Laterza 2001;

DOCUMENTI articoli da rivista e saggi da volumi: 

- Roger Hart, The Partecipation Ladder.


(http://www.arciragazzi.it/index.php?option=com_docman&task=doc_download&gid=17&Itemid=8)

- Christopher Alexander, “A Pattern Language”, 1977; Master Pism 2007, architetto Phd Fausta Mecarelli;
A Pattern Language (ChristopherAlexander, 1977) Comunicare i principi della progettazione sostenibile;
Cit. The Nature of Order.The Process of Creating Life, Christopher Alexander;

- Milena De Matteis, Riqualificazione sostenibile e partecipata delle periferie: nuove proposte processuali e
progettuali nelle teorie di C. Alexander ed applicazione al caso studio Quartaccio, Roma, Tutor Alessandro
-Giangrande (www.tesionline.it)

- Giancarlo Paba in A.Giangrande, L’approccio territorialista allo sviluppo sostenibile, A.A 2006/07,
Università degli studi di Roma Tre Facoltà di Architettura. ( laboratoriorapu.it)

- Paola Savoldi Partecipazione. Un tema nuovo o classico? Traccia - 26 marzo 2007

- Seminario internazionale del 19 maggio 2006 “Le vie della partecipazione nell’esperienza toscana”

- A. Giampino, Il ruolo del progetto Urbano nella riqualificazione della città contemporanea, Genova, 22-
23 Giugno 2006, Università degli Studi di Palermo Dipartimento Città e Territorio Dottorato di Ricerca in
Pianificazione Urbana e Territoriale

- Aggiornamenti Sociali a cura di Bartolomeo Sorge – Editoriale gennaio 2007;

- cit. Held D, (1997), p. 32


(http://www.eddyburg.it/filemanager/download/196/106%20CRinzafri%20TESI.pdf)

- G. Fera, “Comunità, urbanistica, partecipazione. Materiali per una pianificazione strategica comunitaria”
Franco Angeli 2008; (http://www.francoangeli.it/Ricerca/Scheda_Libro.asp?CodiceLibro=1118.8)

- Caritas Italiana – La città abbandonata: dove sono e come cambiano le periferie italiane – Il Mulino,
Bologna 2007
(http://www.caritasitaliana.it/caritasitaliana/pdf/Pubblicazioni/Libri_2007/lacittaabbandonata/palermo.pdf)

SITOGRAFIA 

http://www.eddyburg.it
http://it.wikipedia.org/wiki/Agenda_21

22
http://www.comune.modena.it/a21/ - Sito del Coordinamento Italiano Agende 21 Locali
http://www.darc.beniculturali.it
http://www.regione.toscana.it
http://www.lessisless.it/html/materiali%20univ/sfida_slum.pdf
http://www.edilportale.com/libri/architettura/autocostruzione-associata-ed-assistita-in-italia_7420.html
http:// www.laficudinia.blogspot.com/
http://www.cit.speranzaerivoluzione.spaces.live.com

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