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LEONARDI - LEZIONE 2 - 24/03/2021

ARCHEOLOGIA DEI MEDIA cos’è?

È una disciplina, come può esserelo la storia dei media per esempio o la
storia della del cinema, la storia della fotografia… quindi è una disciplina
con i suoi confini, con il suo statuto, con le sue diverse metodologie.
Diciamo che su questo non c'è consenso fra gli studiosi: infatti gli stessi
autori dell'archeologia dei media sostengono che questa disciplina non si
possa considerare tale ma sia piuttosto un metodo, un modo di pensare,
di lavorare e agire sui media e con i media.
Il primo aspetto importantissimo dell' archeologia dei media è che
l’archeologia dei media prevede una componente pratica molto molto
forte, quindi può essere utilizzata da uno storico del cinema, una
fotografia può essere utilizzata da un artista, da un filmmaker.
Altro aspetto molto importante dell'archeologia di media: ha una
componente politica perché sovverte le narrazioni dominanti e quindi in
qualche modo si presta ad essere utilizzata nel contesto di un agire
collocato.
Possiamo dire che l'archeologia dei media è una metodologia, una
prospettiva, un modo di pensare e di praticare i media.
È una metodologia già da più di due decenni (forse anche tre). I primi
studi, le prime teorizzazioni, in questo senso sono dell’inizio metà degli
anni 90 con i primi saggi.
Alcuni teorici l'hanno definita una disciplina indisciplinata cioè una
disciplina che fugge, che evita ogni sorta di teoria totalizzante o di
interpretazione, ogni comprensione.
L'idea di base dell' archeologia dei media è quella di rifiutare una teoria
precostituita e impacchettata, e quindi di presentarsi come un qualcosa
che è anarchico e antiaccademico. Uno degli aspetti più rilevanti della
teologia dei media è che l'archeologia in primis non è soltanto un
discorso, una pratica, un modo di pensare che si dipana a livello teorico
dagli studi e nell'ambito di quello che è la ricerca degli studiosi dei media
MA è anche una forma di attività pratica.
Essendo la teologia di media anche parte del clima culturale del nostro
tempo un altro dei punti fondamentali dell' archeologia dei media è la
domanda: qual è rispetto al tempo storico la sua linearità?
Altro punto fondamentale: la problematizzazione del rapporto fra vecchio
e nuovo —> L’archeologia dei media guarda al passato nella prospettiva
del presente

Uno dei teorici principali di questa metodologia è Siegfried Zielinski, un


teorico dei media tedeschi.

RIVOLUZIONE DIGITALE —-> l’idea di rivoluzione è un'idea antitetica


rispetto alle nozioni e principi di base dell' archeologia dei media perché,
la cronologia dei media guarda al passato per recuperare i legami e il
presente a col passato, quindi guarda il passato nella prospettiva del
presente, cercando le radici di quelli che sono gli strumenti media del
presente proprio nel passato.
Quindi l'ambito dell'Archeologia dei media per quello che riguarda per
esempio la storia della fotografia, il digitale è non è considerato
necessariamente una rivoluzione, un taglio netto rispetto al passato.
Per esempio tutta le produzioni di realtà in cui si vive di realtà virtuale o di
realtà aumentata sono fortemente legate alla gli spettacoli ottici che a
partire dell'epoca barocca vengono prodotti in ambito delle culture
occidentali come strumenti di intrattenimento, che appunto vanno dalla
lanterna magica, le fantasmagorie, i panorami, i diorami… sono tutti i
dispositivi che serviranno poi alla rivoluzione digitale ma che si basano su
una spettatorialità di natura immersiva. Esattamente come la realtà
virtuale, la realtà aumentata è t un certo tipo di esperienza e di
spettatorialità legata al digitale.
Primo tema è quello del rapporto fra vecchio e nuovo e del tempo
profondo dei media, cioè della ricerca delle radici dei media.

Elemento importantissimo dell' archeologia dei media è l'elemento


dell’immaginazione.
Altra cosa fondamentale è che l'approccio archeologico prevede una una
dimensione transmediale e transdisciplinare, cioè prevede che i media
vengono messi in dialogo fra loro.
Nell'ambito dell'Archeologia dei media tutte le discipline dialogano fra loro
perché l'approccio è quello proprio di mettere insieme in dialogo in una
prospettiva sistemica. Quindi non più singolo medium ma il sistema dei
media.
Altro aspetto fondamentale è l'interesse verso gli aspetti materiali. Si parla
tanto della smaterializzazione dovuta il digitale, ma il digitale ha una
componente materiale perché anche un software è materiale.
L'archeologia dei media si interessa molto alla materialità dei media e alla
loro funzionalità tecnica, ai contesti reali d'uso degli oggetti (oggetti che
hanno avuto successo ma anche quelli che non hanno avuto successo,
che sono stati dimenticati, che sono diventati obsoleti, che sono diventati
spazzatura e quindi non sono presenti dentro le collezioni museali per
esempio). Quindi il lavoro della archeologia dei media e anche quello di
recuperare oggetti di studio nei mercatini delle pulci, su eBay, presso
antiquari… di recuperare scarti destinati alle discariche.
Vedremo come per esempio Guido Guidi, un fotografo contemporaneo e
pioniere della nuova fotografia Italiana di paesaggio, ha lavorato in una
prospettiva che è assolutamente sovrapponibile a ciò che è l’archeologia
dei media e si è costruito nel tempo macchine fotografiche utilizzando
strumenti come fotocopiatrici che stavano per essere buttate via, per lui le
fotocopiatrici avevano degli obiettivi che potevano essere ricollocati nella
costruzione di macchine fotografiche. Lui recupera tutti questi oggetti di
scarto, poi smontati, ricostruiti e riutilizzati per costruire delle macchine
fotografiche.
L'archeologia dei media è anche legata a un pensiero ecologico di
recupero dello scarto. Come attività pratica l'archeologia dei media lavora
ricostruendo o recuperando macchine, manufatti tecnologici del passato e
interagendo fisicamente con questi, quindi l'idea è anche quella di
prendere degli oggetti materiali del passato e metterli nelle esperienze
contemporanee: l'esperienza reale nell'esperienza visiva, l’esperienza
multisensoriale nell'esperienza fisica…
Ciò si chiama reenactment (rievocazione storica) concetto molto
importante. L'archeologia dei media è anche molto interessata a
un'indagine sul modo in cui i media costruiscono le esperienze degli
spettatori, cioè sull'esperienza reale.
Perchè l'archeologia dei media ha una dimensione politica? Perché
recupera tutto ciò che è stato scartato, che non fa parte della storia
ufficiale, delle narrazioni dominanti della storia, tutto ciò che è stato
escluso…
Guardare ai margini è funzionale a mettere in crisi le narrazioni dominanti.

Non si agisce solo con il pensiero ma anche con le mani, col fare pratico,
non soltanto prendendo, recuperando e manipolando ciò che fa parte del
dimenticato, della spazzatura, dello scarto, e quindi dispositivi
obsolescenti, dispositivi che non hanno avuto la meglio sul mercato… Ma
l’archeologia dei media prevede anche la manipolazione, quindi
l’intervento su dispositivi nuovi.
Esempio di Bruno Munari, molto eloquente in questo senso. —>
manipolazione della diapositiva. Munari le usa per far giocare i bambini
che si appropriano di questo strumento in maniera creativa, ci mettono
mano. Modifica lo strumento modificandone l’uso e quindi anziché inserire
la fotografia all’interno della diapositiva, vengono inseriti pezzi di foglie,
pezzi di carta… che poi ingranditi e proiettati contro una parete creano
effetti sorprendenti (perché l'idea è anche quella di sorprendere).
Altro aspetto molto importante è proprio quello della sorpresa.
Altro esempio: Munari e l’uso della fotocopiatrice —-> La fotocopia è solo
un mezzo per comunicare dati, notizie, relazioni? No, può riservarci molte
sorprese se useremo la macchina fotocopiatrice per esprimere le nostre
fantasie. «Non bisogna mai copiare per imbrogliare, bisogna copiare per
capire. In questo caso copiare vuol dire imparare a fare. Ma ognuno di voi
deve realizzare una propria idea personale che non sia copiata»9 . Munari
inizia questo laboratorio come un gioco: fa indossare una mascherina
nera a un bambino per imitare un falsario, che usa lʼapparecchio per
riprodurre una banconota! Dopo aver elencato gli usi normali della
macchina fotocopiatrice, rivela che essa «può riservarci molte sorprese»,
e chiede ai bambini di poggiare le mani: «Mettete le manine insieme qui!
Passa la luce, che legge le vostre mani». E, tra lo stupore generale, ecco
uscire la fotocopia della «composizione˗mani». Munari poi appoggia la
fotografia di un animale sulla lastra della fotocopiatrice. «E proviamo a
muoverlo... La fotocopiatrice legge il movimento». Ed ecco apparire uno
stranissimo cane «liquido», unico nel suo genere. Poi con un foglio a
pallini neri si ripete lʼoperazione: cosa viene fuori? Non si sa, ma proprio
questo smuove lʼimmaginazione. Si prova ancora delle foglie: «dal foglio
alle foglie». Si aggiunge una reticella bianca, ma bisogna inserire un foglio
scuro a coprire la retina, altrimenti la macchina non riesce a catturarla. La
composizione si complica con una foto di un cane, un rametto con foglie,
uno straccetto: un cane dietro ad un cespuglio che vuole saltare lo
straccetto? Si passa dal fare, allo sperimentare, al pensiero narrativo. I
bambini provano pieni di entusiasmo, perché il risultato è sempre una
sorpresa.
Anche in questo caso siamo di fronte ad un'azione che ha dei profili
politici: idea di recuperare oggetti obsolescenti e cercare un modo di
contrastare l'obsolescenza programmata.
Munari era un archeologo dei media.
Altro aspetto fondamentale del lavoro di Munari: bisogna distruggere il
lavoro una volta terminato, questo perché l'opera collettiva che si crea
non deve diventare un modello da imitare. Non è l’oggetto che va
conservato ma il metodo progettuale, il processo, l'esperienza
modificabile pronta a produrre.

Obsolescenza programmata (definire il ciclo vitale di un prodotto).


Un Medium non muore mai, non diventa mai obsoleto, non esistono i
cosiddetti media, esistono gli zombie media —-> un media è
sostanzialmente un morto vivente del passato e del presente. Quindi è un
un rifiuto mediale che non è morto del tutto e che può sempre essere in
qualche modo recuperato per poi riapparire, che può resuscitare, quindi in
questo caso la nozione di Bruce Sterling “intermedia” è considerata dagli
archeologi dei media in qualche modo sbagliata perché gli archeologi dei
media si basano sull’idea secondo la quale i media non muoiono mai ma
rimangono latenti nella società, che si possono sempre recuperare, sono
semplicemente fuori uso ma possono essere sempre riadattati, possono
risorgere.

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