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APPRENDIMENTO E METACOGNIZIONE
La Metacognizione è diversa dalla Consapevolezza -> si può essere consapevoli della prestazione del proprio
comportamento ma non dei processi sottostanti.
Flavell coniò il termine deficit di produzione per indicare che il bambino (in età prescolare) possiede una data
competenza ma non la mette in atto quando è necessario.
- tipo di contenuto (sapere che alcuni argomenti sono più difficili di altri);
- tipo di compito (sapere che è più facile ripetere con parole proprie che usando parole del libro);
- attributi personali (ad esempio sapere che si riesce meglio in matematica che in italiano);
- strategie (sapere che una strategia è più impegnativa ma facilita il ricordo mentre un’altra è meno
impegnativa ma anche meno efficace).
Brown + Flavell hanno individuato 4 aspetti del controllo dei processi metacognitivi :
2. Predire la propria prestazione: prima di affrontare un problema ne stimiamo la difficoltà. In caso positivo lo
affrontiamo e decidiamo di assegnare una certa quantità di risorse all’obiettivo di risolverlo, altrimenti rinunciamo;
3. Pianificare le attività cognitive in base a un certo criterio: una volta deciso di affrontare un problema pianifichiamo
le azioni da svolgere in relazione alla loro presunta efficacia;
4. Registrare e guidare l’attività cognitiva verso la soluzione del compito: processo di monitoraggio per cui a ogni
passo si valuta se ci si sta avvicinando alla soluzione finale si può valutare di cambiare il percorso.
Flavell ha descritto un modello che integra quello sopra descritto, in quanto considera sia la conoscenza
metacognitiva che i processi metacognitivi di controllo. Questo modello prevede 4 componenti:
caratteristiche e sviluppo
@ Un elemento messo molto in risalto dalla letteratura è che la comprensione del testo non coinvolge la ricerca
passiva del significato del testo, ma un’interazione tra gli schemi di conoscenza del soggetto e il contenuto del testo
= interazione costruttiva che porta alla formazione di nuovi significati non presenti in precedenza nel testo e neppure
nelle strutture di conoscenza del lettore.
@ Evidenziata l’interazione tra il grado di competenza del lettore e le caratteristiche di complessità e coerenza
del testo. I lettori abili sono più bravi con testi meno coerenti e più complessi, i lettori meno abili sono più bravi con
testi più coerenti e meno complessi. I lettori più abili sono maggiormente in grado di imporre coerenza al testo
tramite i loro schemi mentali, quelli meno abili si pongono in modo più passivo di fronte al testo. La comprensione di
un testo non è data dalla comprensione delle parole o delle frasi ma coinvolge la costruzione di una
rappresentazione mentale del suo contenuto (modello mentale) che dipende dall’interazione tra le conoscenze e
competenze del lettore da un lato e le caratteristiche del testo dall’altro; considerando anche che si può leggere un
testo avendo vari obiettivi: coglierne il significato generale, comprenderlo a fondo, individuarne le parti importanti.
1. Caratteristiche del testo; i testi possono essere più o meno difficili in base a diversi parametri:
a) difficoltà lessicali: i testi più difficili sono quelli che coinvolgono parole poco frequenti e con un numero
maggiore di componenti semantiche;
b) complessità sintattica: risultano più complesse le frasi che non iniziano con la preposizione principale, frasi
collegate da una relazione avversativa (sebbene), rispetto a quelle collegate da relazioni causali o di tempo
(perché, dopo), frasi passive rispetto a quelle attive;
c) esplicitazione dei legami tra le frasi
d) presenza o meno di una struttura facilmente identificabile: per i punti c e d entra in gioco la coerenza
testuale; quanto più un testo è coerente tanto più è facile costruire un modello del suo significato.
Coerenza locale = fa riferimento a quanto sono esplicitati i legami tra le frasi;
coerenza globale = fa riferimento al testo nella sua interezza.
2. Conoscenze precedenti: un lettore ad es riesce a capire testi poco coerenti se riguardano la disciplina in cui è
esperto. Il possesso di conoscenze in un certo ambito consente di compiere inferenze sugli elementi
mancanti. I cattivi lettori si differenziano anche per le loro difficoltà nel rispondere a domande che
richiedono di fare inferenze.
3. Processi inferenziali: la comprensione di un brano è un processo attivo nel quale il lettore costruisce il
significato integrando le informazioni contenute nel brano con le proprie conoscenze. Questa interazione
coinvolge una serie di processi inferenziali che svolgono diverse funzioni:
a) Collegare parti diverse del brano
b) Recuperare il significato di una parola sconosciuta basandosi sul contesto
c) Cogliere informazioni implicite.
Il processo inferenziale non interviene solo nel processo di comprensione della relazione tra frasi ma nella
comprensione più generale del testo.
4. Memoria di lavoro: l’unica parte di memoria coinvolta nella comprensione è quella attiva o di lavoro mentre
quella passiva o a breve termine ne è praticamente esclusa. La differenza tra i buoni / cattivi lettori sembra
legata all’efficienza dei meccanismi della memoria di lavoro e nella difficoltà nei cattivi lettori nell’attivare e
rielaborare le informazioni importanti presenti nel testo. Un altro aspetto importante della memoria di
lavoro è legato alla capacità di inibire le informazioni meno importanti
5. Metacognizione nella comprensione del testo: sono state indagate sia le conoscenze metacognitive che i
processi di controllo coinvolti nella comprensione del testo.
Per quanto riguarda la conoscenza metacognitiva -> i cattivi lettori si differenziano x’ tendono a dare
maggiore importanza agli aspetti decifrativi rispetto a quelli di comprensione del testo; hanno una minore
consapevolezza delle proprie capacità e sono meno capaci di prevedere i tempi di studio. La loro difficoltà
sembra legata all’incapacità di applicare le strategie in modo flessibile.
Per quanto riguarda il controllo metacognitivo -> i cattivi lettori incontrano maggiori difficoltà rispetto ai
buoni lettori nell’individuare incongruenze, errori e omissioni in un testo , è come se non si accorgessero di
non capire.
ABILITA’ DI SCRITTURA
caratteristiche e sviluppo
a. Logografica :la scrittura si basa su una associazione tra una configurazione grafica e un significato; il bambino
può leggere o scrivere diverse parole ma non comprende l’associazione fonema-grafema, non è in grado di
modificare le parole cambiando i grafemi.
b. Alfabetica: il bambino comprende che la parola è composta elementi più piccoli (sillabe e poi fonemi) ed è in
grado di associare a questi elementi i grafemi.
c. Ortografica : memorizza le eccezione alla regola della corrispondenza grafema-fonema (importanti nelle
lingue non trasparenti, come l’inglese) e, diviene più rapido nella trasformazione in quanto opera su unità
più complesse dei singoli grafemi, cioè sulle sillabe e i morfemi.
d. Lessicale: il bambino legge o scrive direttamente le parole, senza doverle ricodificare nelle singole
componenti fonologiche.
Accanto alla componente ortografica che è indipendente dal fatto che si usi una penna o una tastiera, è da
considerare un’altra componente, legata alla realizzazione grafica delle lettere, che coinvolge sia il recupero delle
forme grafiche dalla memoria si ala coordinazione dei movimenti della mano. Le due componenti sono indipendenti
e possono essere selettivamente danneggiate. La competenza testuale riguarda la capacità di tradurre un significato
in un insieme organizzato di frasi e, la capacità di tenere in considerazione in destinatario del testo. Sono stati
proposti diversi modelli in questo ambito, raggruppabili in due principali famiglie teoriche:
Processo di scrittura
Memoria a lungo
termine pianificazione Trascrizione Revisione
Rilettura
Correzione
Tra i modelli cognitivisti quello che ha ricevuto il maggiore interesse è quello formulato da Hayes e Flower. Gli autori
distinguono 3 blocchi interconnessi:
- contesto del compito = fa rifermento non solo all’argomento del testo e agli scopi per il quale viene scritto
ma anche alla parte di testo che è già stata prodotta.
- memoria a lungo termine = coinvolge sia conoscenze dichiarative, legate all’argomento sul quale si scrive e
ai destinatari ai quali ci si rivolge, sia conoscenze procedurali, legate al modo in cui si costruisce un piano per
la stesura del testo.
- processo di scrittura = a sua volta coinvolge 3 processi:
° pianificazione: prefigura le azioni che saranno messe in atto nel processo di scrittura e coinvolge 3
sottoprocessi:
+ generazione di idee = recupero di idee dalla memoria a lungo termine o da fonti esterne
+ organizzazione del materiale prodotto = organizzazione delle idee che vengono selezionate
e inserite in un piano di scrittura
+ porre obiettivi = definizione degli obiettivi, di tipo generale e specifico
° trascrizione o traduzione direttamente osservabile, consente di tradurre i piani in forma
linguistica, mettere i pensieri in parole non è un’operazione meccanica, bisogna tener conto dei
vincoli che si pongono riguardo la grammatica e a livello lessicale, ortografico, ma anche testuale.
° revisione -> scopo di migliorare la qualità del testo prodotto o il piano che ne sta alla base.
Coinvolge due sottoprocessi:
+ rilettura che possono avvenire a livello più superficiale o più profondo
+ correzione ripensando anche l’impostazione del testo
Un importante contributo successivo è venuto da Bereiter e Scardamalia i quali hanno descritto le modalità di
comprensione degli scrittori principianti e di quelli esperti.
PRINCIPIANTI ESPERTI
Si limitano a raccontare le cose come elenco di fatti, Distinguono modi diversi di scrivere in relazione alle
recuperando dalla memoria a lungo termine tutto loro intenzioni comunicative, che vengono definendosi
quello che risulta pertinente rispetto a un dato nel corso della stesura.
argomento.
Elaborano sia le informazioni relative ai contenuti, sia
Non si pone il problema di esporre le cose in modo quelle relative agli scopi comunicativi in modo da
diverso in base all’interlocutore con cui si ha a che fare costruire un testo efficace.
e agli obiettivi che si hanno nei suoi confronti.
Hanno inoltre individuato le principali difficoltà degli scrittori principianti. Difficoltà che sembrano legate ad almeno 5
aspetti:
1) per il bambino è difficile gestire il passaggio da una situazione dialogica, proprie della conversazione orale, a
una situazione di sostanziale monologo, propria del testo scritto, che richiede una maggiore autonomia.
Infatti il bambino deve scrivere un testo che è in qualche modo indipendente da un contesto condiviso con
uno specifico interlocutore.
2) I bambini o scrittori inesperti impegnano gran parte delle risorse della loro memoria di lavoro nella
generazione e raccolta di idee su un certo argomento e così non possono occuparsi di altri aspetti legati
all’analisi più approfondita delle richieste del compito.
3) I bambini della scuola primaria tendono in genere a non distinguere tra pianificazione e trascrizione e fanno
coincidere la scrittura con la trascrizione delle loro idee. Solo nelle fasi successive dello sviluppo i ragazzi
divengono in grado di pianificare gli obiettivi, le strategie e l’organizzazione di un testo.
4) La revisione nelle prime fasi dell’acquisizione della scrittura risulta limitata al testo come prodotto; non tiene
conto dell’impostazione del testo e della relazione tra il testo prodotto e quello che si intendeva produrre.
5) Nelle rime fasi di sviluppo di questa abilità, gli aspetti meccanici e strumentali consumano molte risorse
cognitive e, quindi, rimane poco spazio per attività più sofisticate e consapevoli di pianificazione e revisione.
ABILITA’ NUMERICHE
caratteristiche e sviluppo
- competenza numerica ( sistema dei numeri e delle procedure di calcolo) , che coinvolge l’automatizzazione di
procedure che vengono poi svolte meccanicamente
- capacità di risolvere problemi matematici: coinvolge processi controllati, competenze metacognitive, infatti i
programmi di intervento in questo ambito sono rivolti principalmente alla conoscenza metacognitiva e ai
processi di controllo.
Un contributo importante alla comprensione dei meccanismi di calcolo in ambito neuropsicologico è stato dato da
McCloskey, Caramazza e Basili, che hanno proposto un modello modulare:
in base a questo modello l’elaborazione numerica viene svolta da 3 sistemi o moduli indipendenti:
a) comprensione: trasforma la struttura superficiale dei numeri, che possono essere scritti in base al codice
arabico (3) o al codice verbale (tre), in una rappresentazione astratta di quantità
b) calcolo e produzione: fornisce le risposte numeriche.
interconnessi da un sistema di
c) rappresentazione astratta della quantità.
comprensione produzione
Esiste la possibilità, in pazienti con lesioni, di una dissociazione tra la capacità di identificare i numeri scritti in codice
arabico e quella di identificare i numeri scritti in codice verbale. Pazienti che possiedono la prima capacità e non la
seconda o viceversa.
I meccanismi sintattici comprendono le regole relative al valore posizionale delle cifre; consentono di attivare il
corrispondente valore di ogni cifra in base alle potenze del 10 ( decine, centinaia, migliaia, …). Non è in gioco quindi
la capacità di codificare le singole cifre, ma quella di stabilire i rapporti tra le cifre. Molti errori dei bambini sono di
transcodifica ( dal codice arabico al verbale e viceversa) oppure errori di conteggio , inadeguata comprensione del
valore dello zero, errori con gli elementi miscellanei …
I meccanismi di calcolo manipolano la rappresentazione astratta di quantità del numero attraverso tre componenti:
° i segni delle operazioni -> espressi in codice arabico ( +, -, x, : ) o verbale, vengono elaborati per primi, in quanto
servono a definire la natura delle operazioni da effettuare.
° i fatti aritmetici -> riguarda il recupero in memoria di semplici risultati matematici, senza il ricorso a procedure di
calcolo, ad es tabelline o semplici addizioni. Quando non è presente in memoria il risultato bisogna accedere alla
terza componente, relativa alle procedure di calcolo, che consente di alleggerire il carico della memoria = procedure
di calcolo
° le procedure di calcolo -> riguarda sia il calcolo scritto che quello mentale. Nel calcolo a mente è possibile
scomporre i numeri x semplificare, proprietà dissociativa, strategia di arrotondamento della decine … mentre in
quello scritto le conoscenze riguardano aspetti grafici, incolonnamento …
3 tipi di discalculia:
4) .
Meccanismi di calcolo
DALLA VALUTAZIONE ALL’INTERVENTO: due casi di bambini con difficoltà di studio
DANIELE ESTER
caratteristiche generali
Daniele è un bambino che frequenta la quarta Ester è una bambina che frequenta la quarta
elementare e data la collocazione della scuola si elementare e data la collocazione della scuola si
presume un livello sociale medio o medio-alto. presume un livello sociale medio o medio-alto.
Il suo punteggio alla prova di studio evidenzia una Il suo punteggio risulta decisamente basso, al di
deviazione standard al di sotto della media. Si tratta di sotto di due deviazioni standard della media per la
una condizione di difficoltà anche se è interessante prova totale. In particolare è al di sotto di una
notare che le difficoltà di Daniele riguardano solo le deviazione standard dalla media per la prova titoli e
domande aperte e quelle vero/falso e non la scelta quella a domande aperte; mentre è al di sotto di due
titoli. deviazioni per la prova vero/falso.
L’esame del punteggio avuto nel questionario I punteggi del questionario di approccio allo studio
dell’approccio allo studio non evidenzia nel evidenziano come punti di forza un atteggiamento
complesso difficoltà particolari; anzi il punteggio tendenzialmente positivo verso la scuola, una certa
complessivo è al di sopra della media. capacità di organizzazione e un grado ragionevole di
gestione dell’ansia. D’altra parte, Ester non sembra
Se si fa attenzione, accanto a punteggi decisamente aver una forte motivazione nei confronti dello
alti in alcuni ambiti (motivazione, studio, è poco incline a un’elaborazione
organizzazione,flessibilità di studio, atteggiamento approfondita dei testi e non eccelle nella capacità di
verso la scuola) ve ne sono altri decisamente più bassi concentrazione.
che richiedono una certa attenzione. In particolare
appare basso in punteggio relativo alla
concentrazione. -> Daniele manifesta ( sul piano
dell’autovalutazione) una notevole difficoltà nel
mantenere l’attenzione sul compito e quindi sul testo
che sta studiando. Il punteggio basso nella
concentrazione sembra associarsi a una qualche
difficoltà nell’elaborazione profonda, dove un esame
delle risposte ai singoli item evidenzia una tendenza a
leggere tutto ad alta voce e una scarsa propensione a
concentrarsi sulle cose più importanti. L’alto
punteggio di ansia potrebbe derivare dalle difficoltà di
attenzione e autoregolazione. Non riuscendo a
pianificare il suo lavoro in anticipo Daniele potrebbe
vivere l’esperienza scolastica con ansia. Nel
complesso Daniele mostra una forte motivazione,
buona competenza strategica e un buon rapporto con
la scuola.
Convinzioni e attribuzioni
L’esame delle convinzioni evidenzia risultati I risultati sulle convinzioni evidenziano punteggi
decisamente positivi per quanto riguarda la teoria piuttosto bassi e tra loro coerenti. Ester sembra
dell’intelligenza e la fiducia nella propria intelligenza, possedere una teoria statica dell’intelligenza, intesa
mentre risulta nella media il punteggio relativo agli come caratteristica non modificabile. Peraltro risulta
obiettivi di apprendimento. Daniele sembra avere avere scarsa fiducia nella sua intelligenza e degli
decisamente una teoria incrementale dell’intelligenza obiettivi di apprendimento decisamente rivolti alla
e un grado di fiducia nella propria intelligenza; al
contempo sembra propendere per obiettivi di
padronanza piuttosto che di prestazione, anche se in
modo meno netto. Il quadro decisamente positivo che
emerge dai questionari sulle convinzioni non sembra
però confermato da quanto emerge nel questionario
sull’attribuzione. In questo caso vediamo che tra le
cause per l’attribuzione di successo prevale l’abilità prestazione e non alla padronanza. Si comprende
mentre il punteggio per l’impegno risulta quindi la scarsa ansia e l’atteggiamento positivo nei
decisamente al di sotto della media. In caso di confronti della scuola. Ester non ha un’alta
insuccesso invece l’attribuzione prevalente è al motivazione scolastica e non pensa di migliorarsi,
compito o all’impegno. Questi risultati possono pertanto non ha neanche un rapporto difficile o
delineare un quadro diverso da quello che sembrava conflittuale con il contesto scolastico. I punteggi al
emergere. Colpisce l’apparente contrasto tra la questionario di attribuzione risultano abbastanza
concezione incrementale dell’intelligenza e positivi e coerenti per le situazioni di successo e
l’attribuzione del successo all’abilità, che viene insuccesso. In entrambi i casi prevalgono le
generalmente considerata una causa interna, stabile e spiegazioni basate sull’impegno seguite da quelle
incontrollabile. L’associazione di un’alta fiducia in se basate sul caso. Ester ha poca fiducia nella propria
stesso con la tendenza ad attribuire il successo alla intelligenza e attribuisce all’impegno il successo che
propria abilità e l’insuccesso al compito può risultare ottiene. D’altra parte anche l’insuccesso è attribuito
svantaggiosa, in quanto rende il comportamento all’impegno, mentre l’abilità e il compito non sono
rigido. Daniele potrebbe essere portato a cercare mai citati come possibili cause.
tutte quelle situazioni e quei compiti che gli
confermano la propria abilità e rifuggire da quelli che
non consentono di manifestare la propria capacità.
In generale la propensione verso obiettivi di
padronanza piuttosto che di prestazione e il possesso
di una teoria incrementale dell’intelligenza sembrano
dei buoni antidoti rispetto a questo esito.
Daniele sembra evidenziare da un alto una forte Ester evidenzia diversi punti di forza, una certa
capacità di organizzazione, atteggiamento positivo
verso la scuola, scarsa ansia o iperattività,
importanza data all’impegno nella spiegazione sia
motivazione verso lo studio, una buona competenza
dei successi che degli insuccessi. D’altra parte i punti
strategica e un buon rapporto con la scuola, dall’altro
di debolezza fanno riferimento alla scarsa
difficoltà di una certa entità nello studio che
motivazione e all’elaborazione piuttosto superficiale
sembrano dovute a problemi di autoregolazione,
dei testi, unita a un substrato motivazionale
associate a un profilo motivazionale che potrebbe
caratterizzato da una teoria statica dell’intelligenza,
comportare una certa rigidità, scarsa propensione ai
scarsa fiducia nella propria intelligenza e prevalenza
cambiamenti e un notevole grado di ansia scolastica.
degli obiettivi di padronanza su quelli di prestazione.
Allo stato attuale si suggerisce un intervento
Sul piano dell’intervento si propone un programma
metacognitivo centrato sulle seguenti aree: stile
metacognitivo che coinvolga le seguenti attività:
cognitivo impulsivo-riflessivo; concentrazione;
motivazione allo studio; elaborazione attiva del
selezione degli aspetti principali; capacità di
materiale; autovalutazione; sensibilità
autovalutazione; ansia scolastica; attribuzione e
metacognitiva. Soprattutto risulta importante
impegno. L’intervento dovrebbe durare almeno 5-6
insistere su attività che possano aumentare la fiducia
mesi e impegnare il bambino per 1 o 2 ore a
in se stessa, come base perché possa rimettersi in
settimana.
gioco, porsi obiettivi più elevati e impegnarsi in
elaborazioni più approfondite, puntando a obiettivi
di padronanza e non solo di prestazione.
Problemi di interiorizzazione (difficoltà emotive ch si tramutano spesso in sintomi di malessere come ansia,
timidezza, depressione..) e di esternalizzazione (disturbi del comportamento che influenzano anche i benessere dei
pari, aggressività, iperattività, comportamento distruttivo).
problemi di interiorizzazione
disturbi che coinvolgono stati d’animo ed emozioni negative, come tristezza, paura, preoccupazione, e che si
manifestano con ansia, depressione o somatizzazione.
I bambini con problemi di interiorizzazione spesso hanno difficoltà a regolare l’emotività in maniera appropriata .
Hanno origine genetica, anche da genitori ansiosi o depressi hanno più probabilità di sviluppare le stesse
caratteristiche parentali. Esistono anche influenze di tipo ambientale = l’ansia può essere appresa o indotta da stili
genitoriali che enfatizzano gli aspetti pericolosi della vita o che inducono paura..
Il legame tra disturbi di interiorizzazione e determinati tratti temperamentali è molto influenzato dalle norme e dai
valori della comunità sociale di riferimento. Es. se la timidezza e l’inibizione sono considerate possibili fattori di
rischio per problemi di interiorizzazione nella cultura occidentale, ciò non è stato riscontrato in una cultura
collettivista come quella cinese, secondo la quale sono considerate indice di adattamento, maturità e competenza, e
non sono collegate a depressione, bassa competenza sociale o immagine di se negativa.
A differenza dei problemi di esteriorizzazione sono le femmine ad essere maggiormente colpite da quelli di
interiorizzazione, l’educazione loro impartita potrebbe enfatizzare maggiormente la dipendenza, la sottomissione, la
timidezza e, rinforzare in modo negativo la loro aggressività, assertività o antisocialità.
problemi di esteriorizzazione
comportamenti ostili e aggressivi verso altre persone, impulsività e iperattività, inosservanza delle regole stabilite
dagli adulti o dai pari, problemi di apprendimento, disturbo della condotta, disturbo da deficit di attenzione, disturbo
oppositivo/provocatorio, relazioni sociali immature, delinquenza e criminalità e psicopatologia.
Questi tipi di problemi sono associati a 4 tipi di fattori di rischio, che contribuiscono tutti al loro sviluppo.
1- Fattori legati al temperamento del bambino (irritabilità, resistenza al controllo, iperattività) o a disturbi
clinici.
2- Rischi di tipo socioculturale come la povertà, le caratteristiche della famiglia, l’isolamento sociale.
3- Lo stile educativo genitoriale nella cura del bambino costituiscono un ulteriore fattore di rischio. Questo tipo
di problemi sono associati a un disciplina severa, ad aggressività e violenza a casa, a conflitto genitoriale, ad
abuso. I problemi di esteriorizzazione sono più presenti nei maschi.
4- Legato alle esperienze con i pari , nel vicinato e a scuola, come per esempio il rifiuto sociale.
Nonostante la potenziale gravità di tali disturbi (disturbi da comportamento dirompente) e la loro precoce
manifestazione 3-4 anni di età, in realtà diagnosi sicure vengono fatte solo dopo l’ingresso nella scuola elementare.
entrambi i problemi sono predittivi di un cattivo adattamento. L’aggressività, per esempio, è una delle maggiori
cause del malessere, che si può esprimere con l’abbandono scolastico, la delinquenza la criminalità. Ma anche un
comportamento asociale, inibito o ansioso può condurre a indici di mal adattamento, come bassa capacità di prole
solving, rifiuto e isolamento, bassa autostima.
Il passaggio alla scuola elementare costituisce un momento stressante nella vita dei bambini e il modo in cui questi lo
affrontano determina anche il benessere futuro. Comportamenti iperattivi o antisociali vengono messi in atto
specialmente dai bambini che poi saranno rifiutati dai compagni, mentre sembra che i bambini poco iperattivi e che
mettono in atto raramente comportamenti antisociali risultino popolari e manifestano in modo più dirompente dei
sintomi che magari erano sopiti o espressi raramente. La scuola è un luogo di apprendimento ma potrebbe anche
essere un luogo che crea disagio per bambini con difficoltà, soprattutto all’ingresso:
Tendono a ritirarsi in se stessi, ansia, depressione o disturbi Potrebbero mettere in atto condotte di tipo oppositivo o
psicosomatici.. aggressivo.
Il più delle volte entrambe i bambini presentano difficoltà scolastiche e un basso rendimento.
Bambini che fin da piccoli mostrano segni di ansia, solitudine I problemi con i pari potrebbero fungere anche da mediatori
e sono esclusi dai pari vanno incontro a un rischio maggiore tra l’aggressività in età prescolare e problemi di condotta nel
di depressione, sembrerebbe avere un peso determinante il secondo ciclo della scuola elementare. A sua volta sembra
rifiuto da parte dei compagni. che il rifiuto porti i bambini non accettati a legare con altri
bambini esclusi che apprezzano le loro qualità aggressive,
cosa che + esternalizzazione -> delinquenza e criminalità.
Problemi comportamentali o emotivi predicono il benessere a scuola e le relazioni con i coetanei. Es. mostrare uno stato
d’animo triste = vittimizzazione, aggressività = comportamento antecedente al bullo, i difensori delle vittime presentano bassi
livelli di iperattività.
La scuola elementare = ambiente privilegiato per individuare eventuali problemi comportamentali o emotivi.
misurare con le valutazioni da parte di un adulto: il questionario sui punti di forza e di debolezza
O Strengths and Difficulties Questionnaire (SDQ): può essere compilato sia dagli insegnanti che dai genitori. Ne
esistono 3 versioni: per bambini dai 3-4 anni (compilata da adulti), per bambini e ragazzi dai 4-16 anni(compilata da
adulti), di autovalutazione per adolescenti 11-16 anni(compilata dai ragazzi). Qui parleremo soprattutto di quella per
bambini e ragazzi dai 4-16 anni.
Creato per ovviare ai problemi dei questionari precedenti: usa un minor numero di item (25) che fa rientrare l’intero
questionario in una pagina e renderlo facilmente somministrabile. Può essere usato sia nella ricerca in psicologia
dello sviluppo o di tipo clinico, sia nella pratica clinica o educativa, per fare screening nelle scuole e individuare i
bambini a rischio o per ottenere info su bambini già segnalati.
Valuta 5 dimensioni: sintomi emozionali, problemi di condotta, iperattività/disattenzione, rapporti con i pari e
comportamento pro sociale. Quest’ultima scala è stata inserita per ottenere anche informazioni sulla capacità di
integrazione nel gruppo e sulla competenza sociale, visto che la prosocialità è un precursore di un buon
adattamento.
Ad ogni scala corrisponde un valore percentile che indica il livello di gravità del problema: un percentile minore di
80 indica l’assenza di difficoltà, percentile compreso tra 80/90 indica un problema di lieve entità, un percentile
maggiore di 90 indica un problema ormai a livello clinico. ( i valori cambiano in base alla scala e al questionario
usato) [www.sdqinfo.com]
Vantaggi Svantaggi
@ fa riferimento a tratti positivi, che sono o gli estremi @ data la su brevità non valuta tutti i problemi di tipo
opposti di tratti psicopatologici oppure componenti di psicologico a cui un bambino può andare incontro.
una dimensione positiva come la prosocialità. @ come ogni altro strumento di valutazione va
@ in questo modo il questionario diventa più utilizzato con cautela. Dovrebbe essere utilizzato solo
accettabile per insegnanti e genitori, che rispondono per lo screening o per una valutazione iniziale dei
non solo a domande che indicano punti di debolezza o disturbi, per mettere in moto ulteriori indagini più
disagi ma anche punti di forza, permette di ottenere -> specifiche e approfondite, condotte da personale
risultati più attendibili = il genitori potrebbe esitare esperto.
nell’esplicitare i reali problemi del figlio.
@ è anche un modo per valutare i punti di forza di
ogni bambino che possono fungere da fattori di
protezione nei confronti di eventuali situazioni di
rischio.
@ breve: 25 item in un’unica facciata, i soggetti sono
più invogliati a finirlo, non si stancano, non danno
risposte influenzate dalla ripetitività della modalità di
risposta.
@ usa un ‘unica forma di compilazione da parte dei
genitori, degli insegnanti e in caso, degli adolescenti
stessi. Ciò lo rende più semplice e permette il confronto
tra punteggi dati da diversi informatori in diversi
contesti.
1. Motivazione: comprende tutto ciò cui si attribuisce un valore positivo o negativo. Questa dimensione ci
spinge ad un’azione orientata a fare quello di cui si è capaci.
2. Senso di autoefficacia: percezione che si ha della possibilità di ottenere il successo nell’esecuzione di un
compito, cioè il senso di competenza,di potercela fare.
3. Autostima: comprende i giudizi, le percezioni e le sensazioni di valore/soddisfazione su se stessi, risultanti
dalle azioni, dai messaggi che si ricevono e dalla personale autovalutazione e, a sua volta, fornisce energia e
direzione alla motivazione.
4. Stile di attribuzione: fa riferimento agli atteggiamenti e alle convinzioni che si possiedono rispetto all’ulilità
dell’impegno attivo e dell’uso di strategie e azioni. Le attribuzioni possono essere considerate come
valutazione che l’individuo mette in atto spontaneamente per capire chi o casa sia responsabile degli aventi
che gli accadono
COS’E’ L’AUTOSTIMA?
Dare una definizione di autostima non è facile. Però nelle diverse definizioni ricorrono costantemente 3 elementi
fondamentali: la presenza negli individui di un sistema capace di autosservarsi, cioè un sistema di autoconoscenza
che fa uso di termini descrittivi per delineare le proprie caratteristiche; l’aspetto valutativo che permette un giudizio
generale di se stessi; l’aspetto affettivo che permette di valutare in modo positivo o negativo gli elementi descrittivi.
L’autostima è un’insieme di giudizi valutativi che l’individuo dà di se stesso, è una valutazione del concetto di sé.
Concetto di sé e autostima risultano quindi 2 dimensioni integrate ma fondamentalmente diverse e distinte: il
concetto di sé è l’insieme di elementi cui una persona fa riferimento per descrivere se stessa; l’autostima è una
componente specifica della rappresentazione di sé che coincide con una valutazione delle informazioni contenute
nel concetto di sé.
L’autostima è basata sulla combinazione di informazioni oggettive riguardo a se stessi e valutazioni soggettive di
queste informazioni. Le informazioni oggettive e soggettive che partecipano al processo di formazione dell’autostima
si riferiscono principalmente a 2 componenti:
il sé percepito: corrisponde a una visione oggettiva delle proprie abilità, caratteristiche e qualità che sono
presenti o assenti;
il sé ideale: si riferisce a come l’individuo spera,desidera o vorrebbe essere, alle caratteristiche che vorrebbe
possedere e alle situazioni che vorrebbe realizzare.
L’autostima scaturisce dai risultati delle nostre esperienze confrontati con le aspettative ideali. Avere alta
autostima significa possedere una visione “sana” di sé, cioè riconoscere di avere realisticamente sia pregi che
difetti, non essere ipercritici nel valutarli,impegnarsi per migliorarle proprie aree di debolezze,apprezzando nello
stesso tempo i propri punti di forza; al contrario avere bassa autostima significa riconoscere esclusivamente le
proprie debolezze e trascurare i propri punti di forza, reagendo con comportamenti di falsa sicurezza per
dimostrare a se stessi e agli altri di essere all’altezza oppure con evitamenti delle situazioni per paura del rifiuto
da parte degli altri. L’a. è qualcosa che dipende dagli individui stessi, è un modo di sperimentare se stessi
quando si utilizzano bene le risorse personali. Al riguardo si distinguono 2 visioni dell’autostima:
modello incrementale. L’autostima deriva dal modo in cui ci si sente quando ci si stia impegnando con
entusiasmo in attività che vengono valutate importanti; è data dai vissuti personali durante l’impiego
massiccio delle proprie abilità al servizio di ciò cui si dà valore e viene alimentata dal confronto con
situazioni che richiedono sforzo e abilità.
modello entitario. L’autostima è qualcosa che si possiede o non si possiede e che può essere data
dall’insegnare agli alunni dicendo loro che sono intelligenti e assicurandoli che raggiungeranno il
successo.
Questi 2 modelli hanno importanti implicazioni educative sul rendimento scolastico e sull’atteggiamento verso i
compagni.
Il concetto di autostima nel corso del tempo ha subito una notevole evoluzione.
Il motivo dell’autostima
Il bisogno di a., da parte di se stessi e da parte degli altri, è uno dei bisogni fondamentali dell’individuo. Tale bisogno
sembra essere il più prominente e potente tra i motivi del sé e, se non viene appagato, ostacolerà lo sbocco positivo
dei bisogni più elevati di autorealizzazione. La figura sottostante mostra le rappresentazioni di sé che possono essere
espresse dal soggetto ma anche dagli altri.
Le percezioni di sé sono importanti fonti motivazionali. Possono esservi discrepanze fra le diverse percezioni di sé,le
emozioni,l’autostima…
LE FONTI DELL’AUTOSTIMA
Le concezioni possedute da una persona relativamente a se stessa su cui impara a conoscersi e quindi ad unto
valutarsi e a stimarsi sono dovute fondamentalmente a 3 processi:
1. assegnazione di attributi da parte di altre persone, in forma esplicita e diretta o in forma implicita e indiretta
tramite stili educativi e comportamenti. Abbiamo a che fare con le valutazioni riflesse. Sembra che gli
individui alimentino la propria autostima sulla base della fiducia nelle opinioni di chi li giudica a
favorevolmente; tali opinioni risultano soprattutto influenti quando le persone sono giovani o si trovano in
situazioni non familiari e quindi quando devono ancora strutturare le concezioni che li riguardano o quando
devono adattarsi a un nuovo ambiente che richiede una ristrutturazione delle stesse concezioni. Nell’ambito
delle valutazioni riflesse, bisogna fare attenzione anche alle valutazioni indirette ovvero la possibilità di
imparare a valutare se stessi a seconda del comportamento degli altri nei propri confronti.
2. Identificazione di attributi tramite il confronto sociale. Cioè il confronto con gli altri che lo circondano e la
successiva valutazione del risultato di questo confronto. Nel processo di autovalutazione sia il confronto
sociale, che porta a utilizzare norme di riferimento sociale, sia quello intraindividuale, che porta a utilizzare
norme di riferimento individuale, sono risvolti del focus attenzionale delle persone: gli altri o se stessi. Sono
quindi momenti dello sviluppo e della maturazione che si presentano in modo diverso nell’arco esistenziale o
momenti di una pressione culturale che impongono una particolare direzione dell’attenzione.
3. Identificazione di attributi tramite autosservazione . La complessità dell’autosservazione ha dato origine a
varie teorie. L’individuo può valutarsi anche autosservandosi e riconoscendo le differenze tra lui e gli altri;
ciò serve ad aumentare la coscienza di una particolare caratteristica e diviene un mezzo d’identificazione e
valutazione personale.
L’autovalutazione viene mediata dalle valutazioni riflessive e dal confronto sociale, e anche dal processo
attribuzionale. L’attribuzione è un processo cognitivo mediante il quale si cerca di spiegare un evento
collegandolo a una causa. In genere le attribuzioni assumono la forma di autoaffermazioni, in quanto si tende a
spiegare il verificarsi di un evento rilevante che ci riguarda attribuendone la causa a ciò che si ritiene più
significativo. Le attribuzioni hanno origine dal bisogno che ogni individuo ha di comprendere il mondo e possono
essere intese come processi attraverso cui interpretiamo le cause degli eventi.
Weiner propone un modello motivazionale, cioè pone l’accento sul fatto che il tipo di attribuzione causale fatta
dall’individuo influenza il suo comportamento futuro. Il modello afferma che le attribuzioni possono essere
distinte a 3 dimensioni:
Locus of control: per cui è possibile distinguere fra cause interno o esterne alla persona, 2° la prospettiva
individuata originaria-mente da Heuder;
Stabilità: per cui le cause indipendentemente dal locus, possono essere tendenzialmente stabili nel
tempo e nelle differenti situazioni o instabili e variabili a seconda dei contesti;
Controllabilità: per cui è possibile distinguere cause controllabili dal soggetto e cause incontrollabili.
Alcuni studi hanno messo in evidenza come il bisogno di proteggere la propria autostima possa indurre le persone, in
particolare bambini e adolescenti, a scegliere strategie disfunzionali per fronteggiare situazioni-problema,
introducendo delle difficoltà che ostacolano il raggiungimento della meta. L’obbiettivo di ogni individuo è proteggere
il valore di sé. Quando la scelta di affrontare o meno una situazione è facoltà del singolo,l’individuo ha più possibilità.
Quando l’individuo non può stabilire in modo autonomo il livello di difficoltà del compito e degli obbiettivi da
raggiungere, allora c’è il rischio che sia messo in dubbio il valore di sé perché si può incorrere in un fallimento.
L’alunno deve trovare una soluzione in cui l’esigenza di dimostrarsi bravo e impegnato risultino soddisfatte. Una di
queste soluzioni si concretizza nell’adottare strategie di autodifesa, quali appunto quelle di self-handicapping o di
auto sabotaggio. Le strategie di autosabotaggio consistono nell’anticipazione di ostacoli reali o presunti alla
prestazione, attraverso espressioni verbali o comportamenti precedenti all’esecuzione del compito. Lo scopo
fondamentale di queste strategie è di preservare la propria immagine di competenza e di sostenere un’immagine
positiva di sé. la prestazione scolastica non appare favorita all’uso di queste strategie.
LO SVILUPPO DELL’AUTOSTIMA
Il livello di autostima è soggetto a continue modificazioni in quanto è strettamente dipendente sia da generali fattori
evolutivi,sia da fattori specifici propri di ciascun individuo, il quale confronta costantemente il suo comportamento
reale con quello ideale. Le variazioni dell’autostima sono in relazione principalmente con lo sviluppo cognitivo-
emotivo nel corso dell’infanzia; nell’adolescenza e per tutta l’età adulta dipendono soprattutto dall’esperienza. Lo
sviluppo cognitivo ha un ruolo centrale sia nell’acquisizione e organizzazione del concetto di sé, sia sul tipo di
confronto sociale che il bambino è in grado di operare, in quanto con lo sviluppo si modificano le categorie che il
bimbo utilizza per descrivere se stesso e gli altri. 2° anno di vita: primi segni della coscienza di sé. nella seconda e
terza infanzia vi è la consapevolezza di sé che cresce fino a diventare un insieme complesso e relativamente stabile di
percezioni e sentimenti riguardo a se stessi. Questa evoluzione nella descrizione di sé riflette la progressiva
maturazione cognitiva: il bambino passa da un pensiero assolutistico ed egocentrico, a un pensiero possibilistico e
decentrato che permette , tra i 6 e gli 11 anni, di operare distinzioni relative alle situazioni e di compiere valutazioni
di sé attraverso il confronto sociale, per approdare nell’adolescenza alla maturità del ragionamento formale ed
astratto che conferisce versatilità e flessibilità al pensiero e quindi permette al soggetto di ragionare su problemi
ipotetici e di considerare diversi punti di vista. Via via che si forma un concetto di sé, il bimbo comincia ad assegnare
un valore positivo o negativo alle proprie qualità. Negli adolescenti e negli adulti l’autostima è generalmente
differenziabile in varie aree nel bimbo piccolo è ancora differenziata. Lo sviluppo dell’autostima può essere descritto
come un processo di progressiva differenziazione e di progressiva integrazione delle varie dimensioni in una
valutazione generale e gerarchizzata del proprio valore. Con l’ingresso nella scuola elementare l’autostima del
bambino subisce un drastico ridimensionamento dovuto al fatto che egli elabora un giudizio del proprio valore
fortemente slegato sia dai giudizi degli altri, sia dalla valutazione delle prestazioni che effettivamente è in grado di
produrre. Con l’adolescenza vi è una riduzione dell’autostima.
In conclusione, ciò che favorisce un’alta autostima cambia in funzione della fase evolutiva considerata. In età
prescolare, i fattori importanti sono rappresentati dall’approvazione sociale intesa come accettazione da parte dei
genitori e dei compagni, dalle competenze cognitive e dalle capacità fisiche. Nella seconda infanzia si giungono altre
abilità. Nell’adolescente divengono importanti l’accettazione sociale da parte dei coetanei,il livello d’integrazione in
famiglia,a scuola e con gli amici.
L’autostima nelle relazioni interpersonali dipende dal livello di positività percepito nella relazione con le altre
persone, rispetto al sentirsi accolto e accettato e al modo in ci gli altri lo riconoscono capace d’interazioni sociali
positive. La competenza di controllo dell’ambiente fa riferimento alla percezione del proprio valore nelle risoluzioni
di problemi, nel raggiungere obbiettivi e nel favorirne situazioni desiderate; i soggetti che possiedono una bassa
autostima in questa dimensione possono presentare attribuzioni di tipo esterno con riduzione dell’impegno e della
motivazione, evitamento delle situazioni e isolamento. L’ autostima scolastica prende forma a partire da tutte le
esperienze che il soggetto vive in questo ambiente e soprattutto dai successi e dagli insuccessi cui va inevitabilmente
incontro. L’autostima familiare è il livello di accettazione e di integrazione vissuto all’interno della famiglia. Infine, le
persone ricevono feedback diretti e indiretti sulla loro bellezza, bravura fisica,abbigliamento,peso. Le reazioni altrui
contribuiscono alla sua autostima corporea.
In conclusione le cause dell’autostima e le sua manifestazioni non sono stabili nel corso dello sviluppo e l’analisi della
letteratura evidenzia una diversa distribuzione dei valori dell’autostima nelle specifiche dimensioni che la
compongono in funzione dell’età.
Relativamente alla misurazione dell’autostima è corretto porsi la domanda se, in funzione dell’età dell’individuo,
l’autostima sia una caratteristica unitaria o al contrario muti per i diversi ambiti di attività. Alcuni ricercatori hanno
sostenuto una differenza al riguardo tra le diverse età. Un aspetto significativo di cui tener conto nella misurazione
dell’autostima è che in funzione dell’età cambiano progressivamente i comparti del sé rilevanti per la considerazione
del proprio valore.
Si possono utilizzare diversi strumenti per la rilevazione dell’autostima. Una possibile tecnica è l’utilizzo
dell’osservazione. Osservare un bambino nel suo contesto naturale è forse il modo migliore per analizzare le sue
capacità. Per la registrazione dei dati, l’insegnante potrebbe compilare una check-list di comportamenti osservabili a
scuola relativi all’autostima globale e alle diverse dimensioni che la compongono e indicare la presenza o meno del
comportamento. È importante precisare che non si può improvvisare un’osservazione, ma che per garantire la
validità e l’attendibilità del metodo e quindi dei dati ottenuti è necessario preventivamente:
Un altro strumento è il colloquio , che ha lo scopo di indagare sia il modo in cui il bambino sia percepisce e si auto
valuta rispetto alle proprie capacità e competenza, sia il grado di contingenza tra sé percepito e sé ideale. Per
garantire la validità e l’attendibilità del metodo è necessario che l’insegnate segua alcune regole metodologiche,
quali definire preventivamente e in termini operazionali che cosa vuole rilevare, definire in un insieme
predeterminato di domande e il loro grado di strutturazione, definire la modalità di codifica delle risposte. Questo
metodo ha una scarsa applicabilità con bambini di basso livello intellettivo e/o linguistico e la possibile influenzabilità
del soggetto.
Gli strumenti fino a qui presentati hanno il limite di non essere strumenti standardizzati; quindi è consigliabile
affiancare al loro uso la somministrazione di test e questionari standardizzati per ottenere una valutazione oggettiva
del livello di autostima del soggetto in diverse aree.
I TEST DELL’AUTOSTIMA
I test permettono di raccogliere molte informazioni con poco dispendio di tempo, possono essere proposti
collettivamente, la somministrazione è uguale per tutti e quindi la standardizzazione è più sistematica; lo svantaggio
è di non essere in grado di cogliere il comportamento spontaneo del bambino; difficilmente utilizzabili con i bambini
più piccoli. Quindi i test possono essere usati con soggetti di una certa età, di solito con bambini dagli 8 anni in su.