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Esistono tanti tipi di interviste differenti, ma quello della esplicitazione mira alla
verbalizzazione dell’azione, e ha l’obiettivo di accedere ad una serie di preziose
informazioni, ma non è sempre così semplice. Spesso le azioni che mettiamo in atto
vengono messe in atto in modo automatico, come delle sorte di automatismi che dei
quali non ci rendiamo conto, spesso frammentare un’azione in sotto azioni conduce
ad una pratica che non siamo abituati a svolgere, la memoria e la qualità dei ricordi
possono rendere più difficile questa azione e spesso sappiamo fare, ma non
sappiamo verbalizzare in modo dettagliato le azioni che abbiamo messo in atto.
Verbalizzare un’azione non è una pratica usuale, nessuno ha mai pensato di insegare
a farlo, ma farlo permette il raggiungimento di 3 obiettivi fondamentali: informarsi,
aiutare l’altro ad autoinformarsi, aiutare l’altro a imparare a informarsi.
Spesso riusciamo a verbalizzare un’azione grazie alle tracce, agli indizi materiali più o
meno permanenti prodotti nel corso dell’attività. Le tracce costituiscono una fonte
assai significativa di informazioni. A volte le azioni non lasciano tracce osservabili e
visibili ed è più difficile ed è più difficile accedervi.
Fino agli anni 70 si considerava che il docente non avesse nulla da apprendere dal
discente e questa tecnica di verbalizzazione non veniva messa in luce, avere riscontri
Verbalizzare ciò che facciamo non è un’azione spontanea, affinchè questo abbia
luogo occorre che l’intervistatore sappia porsi come guida, come canalizzatore della
verbalizzazione riconducendo l’intervistato agli ambiti della verbalizzazione.
Gli ambiti della verbalizzazione sono gli ambiti strettamente legati all’esperienza e
alla relazione che il soggetto ha con essi. L’intervistatore quando conduce un
colloquio deve sapere identificare con chiarezza a quale ambito della verbalizzazione
si fa riferimento. Esistono 3 ambiti specifici:
Ambito descrittivo-> sussiste una realtà particolare del soggetto che può essere
interna o esterna al soggetto che prova a descriverla nel modo più preciso possibile.
La verbalizzazione descrittiva degli aspetti del vissuto emozionale viene appoggiata
dall’approccio rogersiano (Carl Rogers), la tecnica è concentrata sulla persona, sul
coinvolgimento personale e la dimensione emozionale del vissuto. È molto usata nel
settore terapeutico come aiuto alla presa di coscienza del soggetto in rapporto al
mondo. Consente un accesso alle emozioni, i rilanci dell’intervistatore dovrebbero
la logica verticale si sposta dai contesti (precise informazioni su ciò che si è fatto,
sull’azione messa in atto) alle procedure (la verbalizzazione della propria azione nei
dettagli coinvolgendo il soggetto in prima persona dando informazioni di tipo
esecutivo, informativo. Le fonti di info sul procedurale possono essere le tacce, gli
osservabili ecc ), ai giudizi (la verbalizzazione dei giudizi è un modo per evitare il
coinvolgimento personale, è una valutazione soggettiva su ciò che ha fatto, come,
cosa è stato impo per lui.)
nella logica orizzontale il rapporto tra obiettivo e iter procedurale sussiste una
nuova simmetria: il procedurale consente di inferire l’obiettivo effettivamente
raggiunto dal soggetto, immanente l’azione, mentre la sola verbalizzazione
dell’obiettivo rischia di rivelarne solo l’aspetto cosciente, di cui non è dato sapere a
priori se corrisponda all’obiettivo reale.
L’azione può essere verbalizzata così come si manifesta nel preciso istante in cui la si
vive, ma nel momento in cui si effettua la trasposizione in parole il soggetto si
colloca necessariamente a posteriori, fuori dal vissuto dell’azione. Occorre che il
soggetto sia quindi in grado di rivivere, di evocare in modo concreto la situazione di
riferimento.
Rallentamento del ritmo della parola→ pause interruzioni silenzi indicano lo sforzo
nel cercare le parole giuste per esprimere ciò che si ha dentro
Un soggetto che mentre parla gira la mano all’altezza dell’orecchio o si tocca il naso
o sfiora lo zigomo con l’indice, può inconsapevolmente rivelare che si sta
rappresentando una realtà usando una determinata modalità sensoriale.
La memoria concreta si basa su una creazione guidata che non è identificabile con
l’invenzione o l’affabulazione. È piuttosto la trasformazione di un materiale in un
altro: il percorso va quindi dal vissuto al rappresentato.
Nell’intervista occorre rispettare i ruoli esplicitarli bene prima che l’intervista abbia
inizio, evidenziare la relazione asimmetrica che si verrà a concretizzare (una
interroga guida e canalizza l’altra si lascia guidare nella propria esperienza passata).
tener conto dei ritmi di parola dell’interlocutore, rispettare i silenzi, le pause poiché
corrispondenti ai tempi di elaborazione mentale. L’intervistatore dovrà adattarsi
inducendo gradualmente una decelerazione progressiva e per lo più inconscia.
Anche i movimenti oculari ci spiegano molte cose riguardo l’intervistato. Nel caso di
un’evocazione con immagini visive gli occhi si rivolgono verso l’alto, direzione
orizzontale è una codifica uditiva, sguardo in basso è da associare alla sfera intima e
interna.
I rilanci dell’intervistatore possono essere considerati come uno stimolo che orienta.
La scelta del tipo di rilancio è regolata da molti fattori.
Una volta che si inizia può essere utile focalizzare, insieme all’intervistato, il
momento l’aspetto destinato ad essere oggetto di scambio.
8)Elucidare
Non tt gli intervistati sono in grado di verbalizzare le azioni svolte con dettagli e
particolari, per questo risulta importante l’azione svolta dall’intervistatore che
attraverso i suoi rilanci deve essere in grado di incoraggiare la descrizione, il
coinvolgimento, proponendo domande descrittive che evitino i perché e che si
concentrino sull’appercezione .
I rilanci proposto saranno ad eco, limitandosi a ripetere una parola o una frase
dell’intervistato egli ragionerà sulle sue parole e si addentrerà su ciò che ha detto
riformulando e ripensando.
Quando siamo di fronte ad atteggiamenti di resistenza come ‘non ricordo’ ‘non so’
occorre considerare tali enunciati come giudizi che rinviano ad una informazione
implicita che può diventare oggetto di rilanci ulteriori es ‘come sai di non sapere?’ e
quando non sai cosa fai?
3)Il terzo è scomponibile in elementi ancora più fini sempre rimanendo su un piano
comportamentale.
Tra il secondo e il terzo livello vedranno frazionarsi azioni che sono concatenate tra
di loro e che a primo impatto non vengono prese in considerazione come per
esempio 300 gr di farina comporta sapere dov’è la farina dove la bilancia, prendere
un recipiente per pesare la farina, sapere come funziona la bilancia ecce cc. Questo
è un esempio di come un’azione elementare può essere scomposta in altre sotto
azioni che ne determinano l’esecuzione.
9)Regolare lo scambio
10)Realizzazione dell’esplicitazione
Avere una moltitudine di strumenti e strategie non impone di doverli usare tutti in
ogni momento durante l’intervista, ognuno ha strategie più adatte, più efficaci,
rilanci che gli funzionano meglio che è più in grado di adattare al contesto al
soggetto alla situazione concreta, all’ambito di verbalizzazione.