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Nuovi strumenti per la formazione e la ricerca: l’intervista di esplicitazione

1) Tecnica di intervista ed esplicitazione dell’azione

Largamente diffusa nei paesi dell’area francofona, le tecniche dell’intervista di


esplicitazione permette di comprendere come lo svolgersi dell’azione costituisca la
modalità privilegiata per diagnosticare la natura e le cause di una difficoltà, per
spiegare prestazioni, azioni ben riuscite, per perseguire scopi, per favorire lo
sviluppo di nuovi apprendimenti. In ambito scientifico è stato dimostrato come la
presa di coscienza cognitiva delle proprie modalità di azione sia indispensabile per lo
sviluppo di nuovi apprendimenti e competenze professionali. Questo tipo di
intervista mira a permettere agli individui di colmare il divario di coscienza che esiste
tra il compiere un’azione e la consapevolezza della moltitudine di atti impliciti messi
in atto per realizzarla.

Questo testo ira a facilitare e ad accompagnare la verbalizzazione di un azione per


insegnanti formatori, animatori educatori che possono trovare utile questo
strumento per raccogliere info, fare ricerca, aiutare le persone o autoformarsi..

Esistono tanti tipi di interviste differenti, ma quello della esplicitazione mira alla
verbalizzazione dell’azione, e ha l’obiettivo di accedere ad una serie di preziose
informazioni, ma non è sempre così semplice. Spesso le azioni che mettiamo in atto
vengono messe in atto in modo automatico, come delle sorte di automatismi che dei
quali non ci rendiamo conto, spesso frammentare un’azione in sotto azioni conduce
ad una pratica che non siamo abituati a svolgere, la memoria e la qualità dei ricordi
possono rendere più difficile questa azione e spesso sappiamo fare, ma non
sappiamo verbalizzare in modo dettagliato le azioni che abbiamo messo in atto.
Verbalizzare un’azione non è una pratica usuale, nessuno ha mai pensato di insegare
a farlo, ma farlo permette il raggiungimento di 3 obiettivi fondamentali: informarsi,
aiutare l’altro ad autoinformarsi, aiutare l’altro a imparare a informarsi.

Spesso riusciamo a verbalizzare un’azione grazie alle tracce, agli indizi materiali più o
meno permanenti prodotti nel corso dell’attività. Le tracce costituiscono una fonte
assai significativa di informazioni. A volte le azioni non lasciano tracce osservabili e
visibili ed è più difficile ed è più difficile accedervi.

Fino agli anni 70 si considerava che il docente non avesse nulla da apprendere dal
discente e questa tecnica di verbalizzazione non veniva messa in luce, avere riscontri

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dal discente significava avere valutazioni prove feedback che aiutavano il docente ad
orientare la propria azione educativa, a comprendere il funzionamento cognitivo del
soggetto. Con l’emergere di questa tecnica si mette al centro in colloquio e
l’approccio interrogativo rivelando così nuovi obiettivi:

aiutare l’intervistatore a informarsi-> e poter disporre di informazioni per adeguare


l‘intervento didattico. Il colloquio è determinato dell’intervistatore.

Aiutare il soggetto ad autoinformarsi-> aiutarlo ad acquisire una presa di coscienza


che permetta all’intervistato di descrivere un’azione riconoscendo le difficoltà
emerse e gli errori commessi. La presa di coscienza delle proprie risorse cognitive
non trova spiegazione nel procedimento messo in atto, nella sequenza di azioni
agite, ma nella presa di coscienza che esiste un procedimento, che è possibile
conoscerlo, scomporlo, condividerlo con gli altri attraverso la parola, che può non
essere lo stesso per tutti, valorizzando l’esplicitazione dei processi intellettuali,
permettendo di pensare ad un livello più metacognitivo e non solo descrittivo.

Imparare ad imparare-> il livello più alto e difficile dove la presa di coscienza si


sposta da come faccio a fare una cosa e come faccio a imparare, come faccio a
sapere…

2)Canalizzare la verbalizzazione verso il vissuto dell’azione

Verbalizzare ciò che facciamo non è un’azione spontanea, affinchè questo abbia
luogo occorre che l’intervistatore sappia porsi come guida, come canalizzatore della
verbalizzazione riconducendo l’intervistato agli ambiti della verbalizzazione.

Gli ambiti della verbalizzazione sono gli ambiti strettamente legati all’esperienza e
alla relazione che il soggetto ha con essi. L’intervistatore quando conduce un
colloquio deve sapere identificare con chiarezza a quale ambito della verbalizzazione
si fa riferimento. Esistono 3 ambiti specifici:

Ambito descrittivo-> sussiste una realtà particolare del soggetto che può essere
interna o esterna al soggetto che prova a descriverla nel modo più preciso possibile.
La verbalizzazione descrittiva degli aspetti del vissuto emozionale viene appoggiata
dall’approccio rogersiano (Carl Rogers), la tecnica è concentrata sulla persona, sul
coinvolgimento personale e la dimensione emozionale del vissuto. È molto usata nel
settore terapeutico come aiuto alla presa di coscienza del soggetto in rapporto al
mondo. Consente un accesso alle emozioni, i rilanci dell’intervistatore dovrebbero

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permettere all’intervistato di entrare maggiormente in confidenza con i propri
sentimenti dolorosi. In psicologia si distingue il termine percezione (tramite l’uso
degli organi di senso), dall’appercezione che riguarda il funzionamento mentale, la
capacità di evocare immagini mentali ed è intesa come una modalità sensoriale a
parte. L’intervista di esplicitazione fa leva su questo secondo tipi di percezione che
consente di informarsi con molta precisione degli atti mentali, evocando l’azione,
codificandola sensorialmente. L’appercezione ci da una serie di informazioni che ci
permettono di verbalizzare il pensiero privato e il soggetto impara a fare esperienza
del proprio pensiero.

Ambito concettuale-> la priorità viene data alla razionalità e fa riferimento a singole


situazioni concrete più o meno decontestualizzate.
nella verbalizzazione concettuale i rilanci dell’intervistatore devono basarsi sulla
produzione di astrazione e verso l’espressione delle ragioni che giustificano
razionalmente le azioni. Le domande dirette saranno orientate ai perché alle
causalità e ai saperi teorici.

Ambito immaginario-> assumendo un punto di partenza si accolgono tt le produzioni


che il soggetto presenta spontaneamente.
Per Le verbalizzazioni dell’immaginario viene fatto un piccolo esempio viene posto il
soggetto in un atteggiamento passivo di osservazione di un esperimento di
laboratorio dove dei gas si mescolano tra loro e viene poi successivamente richiesto
al soggetto cosa questa immagine evoca, rinviando a immagini coinvolgenti sul
piano emotivo. Lavorare sulla base dell’immaginario significa comunque
incrementare la creatività e gestire l’emotività.

Nel corso dell’intervista possiamo quindi accedere a diversi tipi di informazioni


satellite dell’azione che ci possono orientare. Queste info possono essere
schematizzate ponendo

al centro l’azione reale, l’azione vissuta, le operazioni messe in atto, le realizzazioni, i


saperi pratici . ricondurre l’intervistato verso l’azione equivale a orientarlo verso la
realtà del suo vissuto, la verbalizzazione sottoforma di giudizi, opinioni, commenti
consente di sviluppare un metadiscorso e distanziarsi dall’evocazione della realtà
vissuta. Descriverla da un altro punto di vista non più oggettivo e descrittivo ma più
meta e di giudizio.

sull’asse verticale tutte le info sui contesti, le circostanze, l’ambiente

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sull’asse orizzontale i saperi teorici, le info procedurali

la logica verticale si sposta dai contesti (precise informazioni su ciò che si è fatto,
sull’azione messa in atto) alle procedure (la verbalizzazione della propria azione nei
dettagli coinvolgendo il soggetto in prima persona dando informazioni di tipo
esecutivo, informativo. Le fonti di info sul procedurale possono essere le tacce, gli
osservabili ecc ), ai giudizi (la verbalizzazione dei giudizi è un modo per evitare il
coinvolgimento personale, è una valutazione soggettiva su ciò che ha fatto, come,
cosa è stato impo per lui.)

nella logica orizzontale il rapporto tra obiettivo e iter procedurale sussiste una
nuova simmetria: il procedurale consente di inferire l’obiettivo effettivamente
raggiunto dal soggetto, immanente l’azione, mentre la sola verbalizzazione
dell’obiettivo rischia di rivelarne solo l’aspetto cosciente, di cui non è dato sapere a
priori se corrisponda all’obiettivo reale.

L’azione può essere considerata a diversi livelli di generalizzazione, è il formatore


che decide che carattere dare al dialogo, entrando nel dettaglio della singola azione
o spostando il discorso su concetti più astratti e generali non troppo dipendenti
dall’azione. Le info che si verbalizzano non sarebbero verbalizzabili dall’intervistato
spontaneamente o in modo autonomo. È il formatore che guida in base agli obiettivi
che si è prefissato.

3)La posizione di parola

L’azione può essere verbalizzata così come si manifesta nel preciso istante in cui la si
vive, ma nel momento in cui si effettua la trasposizione in parole il soggetto si
colloca necessariamente a posteriori, fuori dal vissuto dell’azione. Occorre che il
soggetto sia quindi in grado di rivivere, di evocare in modo concreto la situazione di
riferimento.

Possono verificarsi due posizioni di parola:

1’posizione di parola è formale astratta distante poco coinvolgente e separato dal


vissuto soggettivo, restituisce informazioni imprecise generiche prive di contenuti
significativi

2’posizione di parola è implicata parla della situazione specifica, restituisce vissuti


intrinseci è un pensiero incarnato una parola incarnata dove la persona rivive ritrova
ed entra in contatto con la situazione passata

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È importante considerare il valore di entrambe le posizioni e saper passare da un
pensiero formale decontestualizzato ad un pensiero incarnato e viceversa.

Per interpretare se il soggetto sia in una posizione di parola incarnata esistono


diversi indicatori non verbali che ce lo possono far capire come:

staccare lo sguardo→ i gesti oculari infatti indicano spesso l’attività cognitiva in


essere. L’atto di distogliere lo sguardo è indicatore privilegiato del fatto che il
soggetto rivolge la propria attenzione verso la sua esperienza interiore (spostare lo
sguardo in una direzione dove non vi sono info da raccogliere).

Rallentamento del ritmo della parola→ pause interruzioni silenzi indicano lo sforzo
nel cercare le parole giuste per esprimere ciò che si ha dentro

Congruenza verbale e non verbale→ spesso è proprio la comunicazione non verbale


che ci da più info della verbale perché è una comunicazione inconscia, non
intenzionale e difficilmente camuffabile.

Indicatori linguistici→ quando il coinvolgimento è alto il soggetto verbalizza al


tempo presente parlando in prima persona.

Occorre quindi osservare questi indicatori e proporre delle azioni all’intervistatore


che possano guidare l’intervistato verso la parola incarnata. Tali indicatori possono
essere:

rallentare il ritmo della parola→ si può rallentare la parola facendo da eco, o


formulando domande al quale il soggetto nn può rispondere senza evocare la
situazione passata ed è quindi costretto a fare una ricerca nella memoria, guidare il
soggetto verso una situazione concreta e specifica o interrogare sotto modalità a
situazioni vicine alla situazione di riferimento.

Riformulazioni ericksoniane→Per riuscire a canalizzare la comunicazione verso la


parola incarnata esiste una via più difficile da padroneggiare che consiste nel
rilanciare direttamente la persona sul suo vissuto, la tecnica consiste nel parlarne
senza nominare il contenuto. Per fare tali riformulazioni occorre avere un punto di
partenza che viene usata e rilanciata ad eco. Questa formulazione può servire ad
aiutare il soggetto in difficoltà a ritrovare dettagliatamente ciò che stava facendo.

Usare pseudo-connettori di vissuto→ costrutti che si trovano all’inizio delle frasi di


rilancio come: e quando.. nel frattempo… continuando a .. durante.. nel momento in

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cui…. Questi costrutti hanno la funzione di orientare l’attenzione sull’esperienza
presente e sulla sua continuità. L’attività di guida viene realizzata con rilanci sempre
più specifici.

Un soggetto che mentre parla gira la mano all’altezza dell’orecchio o si tocca il naso
o sfiora lo zigomo con l’indice, può inconsapevolmente rivelare che si sta
rappresentando una realtà usando una determinata modalità sensoriale.

4)Dimensione ante-riflessa dell’azione

Un ostacolo che può presentarsi è quello di considerare l’azione come una


conoscenza autonoma che la persona non sempre ha bisogno di sapere che sa.
L’azione è una conoscenza autonoma che contiene un certo numero di conoscenze
di cui il soggetto non ha coscienza. Tale presa di coscienza no si produce per
automatismo, ma per un vero e proprio lavoro cognitivo. Il soggetto non è sempre
cosciente del suo vissuto , questo è normale non patologico, appartiene ad un
concetto di coscienza preriflessa. Il soggetto si rende conto che da una parte non era
cosciente, ero presente a quello che facevo ma non riesco a raccontarlo. L’intervista
esplicativa ha l’obiettivo di rendere sempre più coscienti i soggetti in questa pratica
Vermesch evidenzia come spesso i soggetti all’inizio dell’intervista rispondono
affermando di non sapere il perché o come hanno fatto una cosa e man mano che
l’intervista prosegue forniscono dettagli sempre più fini e particolareggiati
scoprendo simultaneamente i dettagli del proprio vissuto. La verbalizzazione
avviene per una presa di coscienza provocata da elementi che il soggetto non sa di
conoscere o è addirittura convinto di non conoscere affatto.

Nei confronti dell’azione un uomo si trova in una posizione di grande dicotomia:


- da un lato esistono conoscenze già concettualizzate e coscienti come i saperi
esperienziali che non creano problemi di verbalizzazione
-dall’altro esistono saperi in atto che il soggetto non sa di possedere per cui non è in
grado di verbalizzarli senza un aiuto esterno.

In base a questa dicotomia si impongono due principi fondamentali:


- non porre domande su ciò che già concettualizzato, evitare richieste di spiegazioni
dirette ed evitare i perché. Sarebbero contro produttive e le risposte fornirebbero
spiegazioni, giustificazioni, scuse, valutazioni o razionalizzazioni ben distanti
dall’obiettivo dell’intervista di esplicitazione
– formulare domande che orientino verso il non riflesso e inducano risposte puntuali

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e descrittive. Chiedendo ‘descrivimi cosa hai fatto’ o ‘ come hai fatto a fare quella
cosa?’ creo un colloquio descrittivo che serve proprio a documentare al dettaglio la
mia azione, e raggiungo l’obiettivo in maniera indiretta se invece chiedo ‘perché
l’hai fatto?’ sposto l’attenzione sulle motivazioni.

5)Memoria concreta e domande di tipo sensoriale

Il colloquio di esplicitazione è costituito da un’intervista a posteriori quindi è


necessariamente basata su ricordi e sulla memoria. Le tecniche per favorire il
ricordo degli eventi passati fanno riferimento a modelli teorici della memoria
affettiva, memoria involontaria, memoria concreta.

La memoria concreta si basa su una creazione guidata che non è identificabile con
l’invenzione o l’affabulazione. È piuttosto la trasformazione di un materiale in un
altro: il percorso va quindi dal vissuto al rappresentato.

6)La dimensione relazionale

Per ottenere la verbalizzazione del vissuto dell’azione le difficoltà legate a tale


processo possono essere superate attraverso la sollecitazione della memoria
concreta e per farlo è necessario soffermarsi sulla dimensione relazionale
dell’intervista.

L’intervista non si risolve nell’uso di tecniche, ma tiene conto della dimensione


relazionale per questo è importante tenere in considerazione due aspetti:

1)il soggetto deve acconsentire a essere intervistato e guidato, un vero e proprio


contratto comunicativo deve essere formulato in maniera esplicite a discreta.

Nell’intervista occorre rispettare i ruoli esplicitarli bene prima che l’intervista abbia
inizio, evidenziare la relazione asimmetrica che si verrà a concretizzare (una
interroga guida e canalizza l’altra si lascia guidare nella propria esperienza passata).

Il principio fondamentale della comunicazione è la pertinenza. Ogni informazione


rilasciata è ritenuta pertinente purchè consapevole. L’intervista di esplicitazione
presuppone il rispetto di numerose condizioni per poter mirare con successo alla
raccolta delle info legate al vissuto dell’azione.

L’intervista di esplicitazione penetra nell’intimità del soggetto facendo emergere


una sorta di pensiero privato e per farlo occorre chiedere l’autorizzazione al
coinvolgimento del soggetto che sarà volontario ed eventuali rifiuti verranno

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rispettati. L’intervista deve essere rispettosa del soggetto intervistato e dei limiti che
egli impone. Il contratto viene formulato a seconda delle circostanze in modo
colloquiale ‘è d’accordo se…’, ma non è da ritenersi mai definitivamente acquisito,
va rinnovato ogni volta lo si ritenga necessario. Il rinnovo può aiutare l’intervistatore
a percepire come legittima la prosecuzione del colloquio e a riconoscersi il diritto di
continuare.

2)Occorre mettere in atto tecniche di sincronizzazione sviluppate dal


Programmazione Neurolinguistica, tecniche che apportano un notevole contributo
all’intervista e che aiutano a sincronizzarsi sulle modalità di comunicazione.
Occorrerà quindi:

tener conto dei ritmi di parola dell’interlocutore, rispettare i silenzi, le pause poiché
corrispondenti ai tempi di elaborazione mentale. L’intervistatore dovrà adattarsi
inducendo gradualmente una decelerazione progressiva e per lo più inconscia.

Assumere posture corporali non di troppo distacco ne troppo amichevoli, ma


sincronizzarsi con la postura altrui e imitarla anche solo parzialmente. Considerare
che la gestualità costituisce una fonte di informazioni non verbali veramente
preziosa perchè testimonia, all’insaputa del soggetto, informazioni non riflesse che
si manifestano ancor prima di affiorare alla coscienza. Attuare un’imitazione non
significa caricaturare la persona, ma riprendere in modo discreto ed evitare
imitazioni nei casi che le gestualità siano troppo accentuate o esuberanti.

Il linguaggio sensoriale deve adattarsi alle modalità sensoriali più esplicitate


dall’intervistato. Un soggetto può accedere ai ricordi attraverso sensi come l’udito,
la vista, l’olfatto. (‘come si vede’ è un tipo visivo).

Anche i movimenti oculari ci spiegano molte cose riguardo l’intervistato. Nel caso di
un’evocazione con immagini visive gli occhi si rivolgono verso l’alto, direzione
orizzontale è una codifica uditiva, sguardo in basso è da associare alla sfera intima e
interna.

Tutte queste informazioni non verbali risultano importanti da saper riconoscere e


gestire da parte dell’intervistatore, una volta che si è in possesso di questi dati è
opportuno usarli per sintonizzare il proprio linguaggio su quello dell’intervistato.

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7)Inizializzare e focalizzare

I rilanci dell’intervistatore possono essere considerati come uno stimolo che orienta.
La scelta del tipo di rilancio è regolata da molti fattori.

All’inizio occorrerà orientare l’attività e rendere possibile la comunicazione


attraverso l’inizializzazione. È difficile quanto importante realizzare una buona
partenza. La regola più importante è privilegiare le formulazioni dirette e positive
(positive non in senso morale, ma ciò che mettono in luce il fare, l’azione attiva) es
propongo… vorrei.

-Usare verbi che lascino la possibilità di esprimere un eventuale disaccordo formule


direttive e positive: ti va bene se? Sei d’accordo?

-Evitare le formule con inferenze negative. Il semplice fatto di nominare la cosa da


evitare produce l’effetto di farla attivare es ‘non abbia paura’ produce l’effetto
opposto.

- Non insistere sull’eventuale non possibilità evitare di sollecitare o di sforzare.


-Evitare di imporsi usare termini come ‘mi indichi precisamente’ risuonerebbe come
una sfida.

-Non formulare inizialmente richieste troppo complesse, ma progressivamente


giungervici.

Una volta che si inizia può essere utile focalizzare, insieme all’intervistato, il
momento l’aspetto destinato ad essere oggetto di scambio.

Focalizzare significa delimitare insieme all’intervistato la situazione passata che sarà


oggetto dell’intervista. È un lavoro arduo che può prevedere di ripercorrere tutte le
azioni e tappe svolte secondo una sequenza logica e temporale. Occorre che questa
focalizzazione abbia come obiettivo la pertinenza ai fini degli obiettivi prefissati. Il
delicato problema della pertinenza può essere svolto dallo stesso intervistato, al
quale va indirizzata una proposta iniziale ampia, tale da invitarlo a manifestare la
propria scelta es. ‘qual è la prima cosa che le viene in mente riguardo…’lasciando la
scelta alla persona che parla spesso questa si orienta in mood autonomo e inconscio
verso un punto che riveste molta importanza.

Nell’incertezza riportare il discorso sull’inizio dell’azione per verificare se è a quel


livello che si colloca l’eventuale difficoltà, altrimenti la focalizzazione va centrata

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sulla fase antecedente, per verificare cosa il soggetto abbia fatto o non fatto pe
prepararsi all’azione.

Dopo questa fase di focalizzazione sarà opportuno elucidare cioè evidenziare lo


svolgimento dell’azione a un determinato grado di finezza di descrizione e a un
preciso livello di completezza, tenendo conto dell’etica professionale, in piena
coerenza con gli obiettivi prefissati.

In tutte le situazioni e in ogni momento appaia necessario è importante regolare


affinchè siano rispettate le condizioni idonee alla verbalizzazione dell’azione

8)Elucidare

Si tratta d stabilire, nel modo più particolareggiato possibile, la successione delle


azioni elementari che la costituiscono in modo da ottenere una descrizione
completa, rendendo così intellegibile lo svolgimento di una certa azione, al fine di
comprendere gli eventuali errori ed evidenziare gli elementi di efficacia.

Non tt gli intervistati sono in grado di verbalizzare le azioni svolte con dettagli e
particolari, per questo risulta importante l’azione svolta dall’intervistatore che
attraverso i suoi rilanci deve essere in grado di incoraggiare la descrizione, il
coinvolgimento, proponendo domande descrittive che evitino i perché e che si
concentrino sull’appercezione .

I rilanci proposto saranno ad eco, limitandosi a ripetere una parola o una frase
dell’intervistato egli ragionerà sulle sue parole e si addentrerà su ciò che ha detto
riformulando e ripensando.

Quando siamo di fronte ad atteggiamenti di resistenza come ‘non ricordo’ ‘non so’
occorre considerare tali enunciati come giudizi che rinviano ad una informazione
implicita che può diventare oggetto di rilanci ulteriori es ‘come sai di non sapere?’ e
quando non sai cosa fai?

Ogni diniego rinvia ad un’informazione fattuale positiva non espressa.

La verbalizzazione dell’azione seguirà una granularità della descrizione che rinvia al


termine granello quindi dettaglio elemento sempre più piccolo e prevederà una
descrizione sempre più particolareggiata. Verranno quindi a crearsi delle sorte di
livelli di descrizione:

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1)La prima descrizione sarà di sequenza temporale delle azioni più elementari svolte
che possono essere scomposti in altri compiti.

2)Il secondo livello può a sua volta scomporsi in azioni elementari

3)Il terzo è scomponibile in elementi ancora più fini sempre rimanendo su un piano
comportamentale.

4)Il quarto rappresenta la descrizione più molecolare, dove l’azione sarà


estremamente frazionata.

Tra il secondo e il terzo livello vedranno frazionarsi azioni che sono concatenate tra
di loro e che a primo impatto non vengono prese in considerazione come per
esempio 300 gr di farina comporta sapere dov’è la farina dove la bilancia, prendere
un recipiente per pesare la farina, sapere come funziona la bilancia ecce cc. Questo
è un esempio di come un’azione elementare può essere scomposta in altre sotto
azioni che ne determinano l’esecuzione.

In questa fase di elucidazione l’intervistatore dovrà seguire lo svolgimento


temporale delle azioni, seguire la granularità della descrizione, identificare le azioni
complementari che mancano e non sono state verbalizzate, verificare il carattere
completo e preciso della verbalizzazione , conservare la memoria esatta di ciò che si
è detto in modo da poterla riferire rilanciarla per poi desumerne nuovi dettagli,
rilanciare basandosi su indicatori verbali dell’implicito, le informazioni implicite
occorre riconoscerle e facilitarne l’elucidazione, rilanciare anche in base ai gesti e
alla comunicazione non verbale che riconosciamo. Occorre tenere in considerazione
tutte le info e gli aspetti che riusciamo a desumere.

9)Regolare lo scambio

La regolazione può essere attivata in qualunque momento perché ha lo scopo di


recuperare gli scarti che si sono verificati nel rispetto delle condizioni che facilitano
la verbalizzazione dell’azione. La regolazione è una risorsa potenziale. Per
canalizzare questa regolazione senza provocare reazioni di rigetto o rifiuto, senza
compromettere la fiducia o compromettere possibili giudizi, la regolazione deve
essere direttiva. Senza questa direttività il discorso resterebbe generico non
descrittivo si fermerebbe ad ogni ‘non ricordo’.

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La capacità di guida costituisce dunque una delle abilità tecniche essenziali alla
realizzazione dell’esplicitazione: non saper guidare, non saper intervenire per
canalizzare la verbalizzazione rende del tutto impossibile aiutare l’altro a esplicitare.

Spesso si può riscontrare la difficoltà ad accedere ad una certa situazione e si potrà


procedere in vari modi:

-condurre l’esplicitazione proprio dove il soggetto sembra bloccato


-cercare nel passato una situazione simile riuscita
-cercando un esempio attuale di situazione riuscita. Paradossalmente chiedendogli
di smettere di pensare alla situazione specifica, lo si mette nelle migliori condizioni
di successo su un altro argomento.

Occorre sempre cercare di guidare il soggetto verso la posizione di parola incarnata.


Un altro modo attraverso il quale si può aiutare l’interlocutore è di prenderlo in
contropiede, invece di accertare ciò che è avvenuto, si può lavorare su ciò di cui si
può dubitare ‘quando non riesci a capire cosa capisci già?’ ‘niente? Allora cosa sai
che non c’era?’

La regolazione porta anche alla rinegoziazione dell’obiettivo cercando di capire dove


sia l’ostacolo che blocca l’intervistato.

Elucidare è un attività di problem solving , dove sta all’intervistatore reperire gli


elementi che è più opportuno dettagliare.

10)Realizzazione dell’esplicitazione

Nell’attuare l’intervista di esplicitazione è difficile capire e mettere in pratica un


livello più avanzato se le competenze relative allo stato precedente nn sono
sufficientemente integrate.

Avere una moltitudine di strumenti e strategie non impone di doverli usare tutti in
ogni momento durante l’intervista, ognuno ha strategie più adatte, più efficaci,
rilanci che gli funzionano meglio che è più in grado di adattare al contesto al
soggetto alla situazione concreta, all’ambito di verbalizzazione.

Nella tecnica del colloquio l’intervistatore non può assumere un atteggiamento di


esteriorità: egli stesso è e diventa uno strumento. È necessario quindi conoscersi,
imparare ad adattarsi al contesto, essere in grado di formulare domande pertinenti.
L’intervista è fondata su una psicologia della condotta riflessiva.

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Nel 1990 GREX (gruppo di ricerca sull’esplicitazione e la presa di coscienza) riunisce
persone di vari orizzonti e professioni che hanno integrato nella propria pratica
professionale l’intervista di esplicitazione. L’intento è quello di mettere insieme
diverse realtà territoriali e ambiti di intervento per incrementare gli studi sulla
fattibilità e il potere elucidatore dell’intervista di esplicitazione. Il grex ha 3 tipi di
attività principali: organizzare incontri scientifici bimestrali con discussioni analisi
ecc, istituire corsi di formazione all’intervista di esplicitazione, realizzare una rivista
propria.

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