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Master Itals di I Livello

Modulo La letteratura nella classe di lingua


Giovanna Pelizza

4. Letteratura: tra comunicazione e interpretazione

Abbiamo sottolineato in precedenza come il passaggio alle forme comunicative


della lingua scritta possa rappresentare una difficoltà per gli studenti di lingua che
spesso vi percepiscono una mancanza di continuità rispetto alle forme del parlato.
Ma abbiamo anche messo in rilievo come una maggiore attenzione all’interazione
tra testo e lettore possa diventare uno strumento per superare le difficoltà e come le
modalità di approccio e le abilità acquisite nella comunicazione orale possano
essere trasferite anche a quella scritta.
I testi letterari rappresentano la voce particolare dello scrittore tra le tante della
propria comunità e fanno quindi anche appello alla particolarità di ogni lettore che
viene sollecitato a ricercarne e a svilupparne una propria all'interno della comunità
straniera. Attraverso la messa a fuoco delle differenze i testi letterari offrono
opportunità per una negoziazione dialettica dei significati.
La scoperta di quelli che Widdowson chiama: “contesti alternativi di realtà” (cfr.
Kramsch 1993:134) può prendere le mosse dalle reazioni e dalle risposte al testo
dei lettori che saranno così portati a confrontarsi anche con la natura culturale del
linguaggio e prendere atto di come ogni significato sia una costruzione sociale.
Spesso gli insegnanti usano i testi scritti come punto di partenza perché gli studenti
esprimano se stessi e colleghino quanto leggono all’esperienza personale. La loro
percezione della realtà passa in questo modo attraverso il testo e difficilmente vi
scopriranno autonomamente nuovi significati e perderanno di vista quella «realtà al
di là del realismo» che i testi esprimono. Per fare in modo che questa realtà, basata
su un'esperienza umana comune, emerga in tutta la sua ricchezza, gli studenti
dovranno avvicinarsi alla lettura in modo diverso.

4.1. La scelta dei testi

Piuttosto che scegliere un testo in base a un interesse tematico e alla semplicità


linguistica l'insegnante può considerare anche altri criteri domandandosi se il testo
si presta maggiormente a una lettura efferente o a una lettura estetica, se la struttura
narrativa è prevedibile o meno, se le allusioni culturali e i silenzi del testo sono
comprensibili ai lettori stranieri.
Una struttura narrativa lineare su un tema familiare, i cui silenzi siano facili da
riempire, permette una risposta più immediata da parte di un lettore straniero ma
può anche facilmente portare verso una lettura efferente. Un livello linguistico
semplice si può accompagnare a una narrazione sofisticata con cui gli studenti
hanno poca familiarità ma che può far nascere un interesse di carattere estetico.

4.1.1. La reazione del lettore e il lavoro preparatorio dell’insegnante

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Prima di proporre un testo in classe l'insegnante dovrebbe esaminare le proprie
reazioni al testo: che cosa ha apprezzato e che cosa lo ha colpito in positivo e in
negativo. Qualunque sia la sua reazione (emozioni, esperienze estetiche o
intellettuali) questa è la risorsa più importante per presentare il testo, il punto di
partenza migliore. Teoricamente un insegnante non dovrebbe mai insegnare
qualcosa cui è totalmente indifferente, l'avversione costituisce spesso un punto di
partenza preferibile all'indifferenza.
È importante che, all’interno del processo di comprensione dell’esperienza
comunicata dal testo, gli studenti sviluppino una risposta personale. L’insegnante
deve quindi domandarsi quale esperienza umana il testo esprima al di là del
contenuto direttamente parafrasabile. Oltre che individuare il proprio approccio e
la propria interpretazione del testo, l'insegnante può cercare di conoscere quella di
altri lettori (colleghi, amici, critici letterari) e quindi leggere altri testi dello stesso
autore e fare confronti, raccogliere informazioni sulla biografia, sul periodo storico
e culturale. Le reazioni, come pure le informazioni intorno al testo, non devono
costituire un contenuto da fornire agli studenti, ma serviranno a seconda delle
necessità, a individuare possibili obiettivi, a fornire stimoli, ad ampliare o ridurre il
campo di indagine. Per evitare invece che le discussioni sul testo si perdano in
considerazioni generiche bisogna individuare quegli aspetti che ne veicolano
l'argomento. Infatti uno degli obiettivi è quello di aiutare gli studenti a dare una
risposta al testo e non fare libere associazioni o esprimere una serie di impressioni
superficiali.
L'insegnante dovrà anche scegliere non più di due punti nodali del testo su cui
focalizzare l’attenzione in classe. Questi devono essere pertinenti sia a livello della
storia che a livello del discorso, vale a dire che saranno anche e soprattutto le
modalità espressive e narrative, in altre parole l’interazione tra forma e contenuto,
a dettare e guidare il dialogo personale con il testo. Bisogna quindi liberarsi
dall'illusione di poter affrontare e sviscerare tutto di un singolo testo, ciò che non è
possibile fare oggi sarà fatto in un altro modo, in un altro momento o con un altro
testo. Le risposte degli studenti devono passare attraverso il testo e devono essere
il frutto di un’interazione critica con il testo e con gli altri lettori. Pur con la dovuta
flessibilità, bagaglio indispensabile nel momento in cui osservano le reazioni degli
studenti al testo, il compito dell’insegnante è quello di mediare queste istanze,
sapendo operare anche scelte drastiche e riduttive rispetto alla ricchezza del testo.

4.2. Prima della lettura

L’insegnante deve sempre esplicitare gli obiettivi didattici e spiegare agli studenti,
a grandi linee, come sarà articolato il lavoro. È possibile, soprattutto per guadagnare
tempo, consegnare il testo da leggere a casa. Solitamente si tratta di un lavoro di
lettura tendente a chiarire le difficoltà lessicali ma può anche essere un lavoro più
mirato: la ricerca di termini ed espressioni chiave, una semplice ricostruzione della
storia e dell’intreccio, una riflessione sulle prime reazioni da farsi anche attraverso
la stesura di appunti.
È importante che l'insegnante spieghi che cosa sarà fatto nelle fasi successive in cui
il lavoro sarà incentrato su come il testo esprima una certa esperienza, sull’analisi

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dell'interazione tra il testo e l'esperienza degli studenti, tra il testo e l'esperienza di
altri lettori, ecc.
Un’attività che da sola può rappresentare sia la fase di motivazione che diventare,
con poche integrazioni, la totalità del lavoro da fare su un testo è la sensibilizzazione
nei confronti di una lettura estetica. Spiegare alla classe la differenza tra una lettura
diretta a raccogliere informazioni e una lettura che enfatizzi l'esperienza di leggere
è già un primo passo verso l’interpretazione. Si esemplifica cioè come, durante una
lettura focalizzata sulla ricerca di informazioni, lo sguardo del lettore percorra il
testo in tutte le direzioni, dall'alto al basso, da sinistra a destra e viceversa,
ritornando spesso indietro per controllare le vecchie informazioni e trovarne altre.
Mentre nella lettura estetica lo sguardo segue un movimento più lineare fatto di
pause che permettono alla mente di fare associazioni, evocare testi letti in
precedenza, controllare e riflettere sull'uso di una parola o di una espressione.

4.3. Prima lettura in classe

In generale è sempre auspicabile lasciare il tempo per una lettura silenziosa da parte
di ogni studente. Dopo che il lessico difficile è stato chiarito (anche a coppie o a
gruppi), l'insegnante rilegge il brano ad alta voce. Una tecnica utile in alcuni casi è
quella di fermarsi dopo ogni frase incoraggiando i singoli studenti a intervenire con
possibili commenti, domande, associazioni, ecc. Possono così succedersi domande
legate alla previsione di cosa accade dopo, domande dirette, commenti sulla
struttura (“E' un inizio ben strano!”), commenti sul proprio comportamento
(“Davvero non capisco!”), conferma delle previsioni (“Allora avevo ragione!”),
riferimenti a informazioni precedenti (“È vero, ha detto proprio così!”), deduzioni
(“Deve essere successo questo…”), riferimenti a conoscenze generali (“E'
interessante, è successo anche a me, spesso sento così anch'io.”).

4.4. Dentro e oltre il testo

Abbiamo accennato in precedenza che l’insegnante quando introduce la letteratura,


dovrebbe seguire ciò che il testo invita a fare. Compito dell’insegnante sarà quindi
quello di scegliere, all’interno del vasto repertorio di attività e di tecniche condivise,
quelle che meglio permettono di rendere giustizia al testo scelto. Quindi nel
momento in cui si sceglie di proporre un percorso, anche breve, con un testo
letterario, occorre che gli obiettivi che si intendono perseguire partano dal testo e
vadano nella direzione di una sua interpretazione. In caso contrario abbiamo visto
come possano esistere alternative altrettanto percorribili senza nuocere alla
letteratura.
I tentativi di identificare e variare una delle sei dimensioni qui elencate possono
servire a esplorare le opzioni narrative e quindi a chiarire i termini della
comunicazione, del dialogo che il testo instaura con il lettore.
Variare il medium o il genere
Per illustrare il modo in cui il medium dà forma al significato può essere utile
servirsi della tecnica della transcodificazione, ovvero la trasformazione del testo in
un altro medium. Sia che si chieda di illustrare graficamente un aspetto del testo,

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che di «tradurlo» in un film o in una rappresentazione teatrale oppure di
trasformarlo in un articolo giornalistico, un’epigrafe, una lettera, una traduzione in
altra lingua, ecc., quello che conta non è tanto la qualità del risultato quanto il
confronto tra l’originale e le diverse interpretazioni. Quindi ogni trasformazione del
testo è il mezzo e non il fine del lavoro in classe mentre l’obiettivo dell’attività sarà
quello di chiarire e mettere in rapporto dialettico l’originale e le sue «traduzioni».
Le considerazioni, le precisazioni e le discussioni che ne deriveranno andranno a
costituire la fase di analisi e di conseguenza aiuteranno nel costruire quella di sintesi
del lavoro svolto sul testo.
Variare il punto di vista
Chiedere agli studenti di ricomporre, ricostruire il testo in altra forma spesso aiuta
a vedere più chiaramente come il punto di vista scelto dal narratore o dall’autore
influenzi la comprensione della storia. Il confronto con un breve e semplice
riassunto, anche preparato dall’insegnante, o con più riassunti preparati dagli
studenti, servirà a prendere atto di come i diversi punti di vista rappresentino letture
e interpretazioni diverse e non semplici e ininfluenti variabili. Immaginare,
ipotizzare o riscrivere la storia, o parti di questa, dal punto di vista di un altro
personaggio del racconto permetterà di attivare altrettante strategie di lettura.
Variare il tempo del testo
Molti sono i modi in cui attirare l’attenzione degli studenti sull'effetto che ha sul
lettore una determinata sequenza degli eventi. Può essere utile confrontare i tempi
della storia e quelli della narrazione con lo spazio effettivo che occupano nel testo
(fabula e intreccio). È possibile quindi narrare la storia partendo da un altro punto
nel tempo, o continuarla oltre il tempo in cui è inserita, oppure riempire i vuoti
temporali. Più semplicemente variare i tempi già presenti nel testo o limitarsi ad
osservare la loro funzione testo, ne metterà in risalto le scelte e le modalità narrative.
Molte di queste attività sono molto usate in glottodidattica ma lo sono come esercizi
puramente linguistici con lo scopo di far praticare strutture. Qui sono invece usate
per sollecitare una riflessione consapevole sul valore della sequenza degli eventi e
per analizzare come i cambiamenti richiesti non sempre contribuiscano a una
migliore comprensione del testo ma piuttosto a trasformarlo in qualcos’altro.
Variare il tipo di lettore o il pubblico
È possibile incoraggiare una lettura alternativa assumendo il ruolo di un lettore
particolare, fortemente caratterizzato: un appassionato di musica rap, una
femminista, un no-global, un prete, un intellettuale, un appassionato di romanzi
gialli, un tifoso di calcio, un appassionato di soap-opera, ecc. Calibrando quindi le
reazioni al testo in base all’identità scelta con le reazioni del pubblico permetterà di
far emergere ancora una volta le diverse opzioni discorsive. Per sensibilizzare gli
studenti alla nozione di pubblico è possibile chiedere loro di immaginare e/o
scrivere conclusioni o versioni differenti della stessa narrazione per pubblici però
diversi: studenti di una scuola media, un gruppo di anziani, un gruppo di amici
appassionati di videogiochi, critici cinematografici, ecc.
Variare il mondo referenziale della storia
Per apprezzare il processo di costruzione di schemi che ha luogo durante la lettura
gli studenti dovrebbero essere in grado di confrontare i loro schemi mentali con le
aspettative che avevano in precedenza e con le aspettative che il testo costruisce

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attraverso la sua struttura. Fornire un testo di cui manca la conclusione (ma anche
l’inverso: fornire solo la conclusione) e chiedere agli studenti di immaginarne una
alternativa può essere un’occasione per paragonare la loro logica con quella che il
testo li invita a sviluppare. Il confronto dei possibili finali o sviluppi della storia con
l’originale porterà la discussione sui diversi effetti sul lettore e sottolineerà come
questi portino a influenzare la lettura del testo che precede. Anche analizzare il
titolo, una frase o un’espressione del testo che si ritengono particolarmente
significative, o ambigue, o addirittura di importanza apparentemente secondaria
prima di leggerlo servirà agli obiettivi appena indicati.
Individuare le voci nel testo
Per aiutare gli studenti a identificare le varie voci del testo sono stati avanzati diversi
suggerimenti tra cui la proposta del “teatro del lettore”. Un'altra alternativa può
essere quella di far sentire le voci più silenziose. Mettere in scena una conferenza
stampa, un dibattito in cui uno studente assume la parte del narratore, o una
controversia tra due narratori, può dare visibilità alla prospettiva onnisciente del
testo, portarla al centro dell'attenzione e renderla così più facilmente analizzabile.
Prima di concludere vogliamo sottolineare ancora una volta come molte delle
attività proposte o solo abbozzate non costituiscano delle modalità generiche o delle
tecniche applicabili in modo indiscriminato a ogni testo letterario. Alcune delle
strategie di manipolazione dei testi sono solo degli strumenti per favorire un
avvicinamento al testo e promuovere una sua interpretazione. Perché non diventino
unicamente delle versioni divertenti, motivanti e qualche volta originali di una
lettura efferente è importante che siano accompagnate e seguite da riflessioni che
non perdano di vista il testo e le reazioni degli studenti.
Sottolineiamo infine come la quasi totalità delle attività appena prospettate (come
quelle che verranno suggerite nel prossimo capitolo) si svolgano a gruppi e/o
coppie, e facciano quindi riferimento all’apprendimento cooperativo (cfr.
Introduzione al cooperative learning, Modulo Master Itals). Mentre i modelli
operativi di riferimento sono gli stessi suggeriti per la didattica della lingua (cfr.
Principi di glottodidattica, Modulo Master Itals), al cui interno svolgono un ruolo
fondamentale i principi derivanti dalle nozioni di bimodalità e direzionalità (cfr.
Nozionario di Glottodidattica http://venus.unive.it/italslab/nozion/nozindic.htm).
Nell’approccio al testo letterario la dimensione affettiva legata alla modalità destra
svolge un ruolo essenziale non solo nella fase legata alla globalità ma in ogni altra
fase del percorso in cui non sarà difficile notare come prendendo le mosse da
reazioni affettive si oscilli in continuazione tra queste e quelle maggiormente legate
alla modalità sinistra. In questo senso la «lettura estetica» starebbe a esemplificare
l’aspetto più macroscopico delle modalità celebrali individuate dalla
neurolinguistica. Mentre i continui oscillamenti di prospettiva, di ragionamento e
di accomodamento, sia all’interno di questo tipo di lettura che nella attività
correlate, ne esemplificherebbero gli aspetti e i movimenti microscopici.

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5. Percorsi di lavoro

Nei capitoli precedenti abbiamo visto come l’incontro con la letteratura possa essere
definito come un percorso di «avvicinamento» che inizia, come si è visto, fin dal
primo contatto con la lingua straniera anche quando la letteratura può non essere
direttamente presente. All’interno di questo percorso sono presenti fattori che
contribuiscono a diversificare, anche in modo significativo, sia i modi che i tempi
di questo avvicinamento. Le distanze da colmare sono quindi rappresentate
dall’insieme di variabili che interagiscono proprio come accade all’interno di ogni
evento comunicativo. Esaminiamo quindi quelle variabili che ci permettono di
«leggere» meglio gli esempi di percorsi con la letteratura qui presentati che sono: il
livello di competenza linguistica degli studenti, il tempo a disposizione, la tipologia
degli studenti e la tipologia del curricolo.
Il livello di competenza linguistica rappresenta una variabile importante ma
estremamente elastica. Una discriminante può essere data dalla familiarità con la
letteratura nella L1 e dalla tipologia della lingua di partenza, come nel caso di lingue
neo-latine. In questi casi le competenze già presenti, siano esse di carattere più
marcatamente linguistico o metalinguistico o matetico possono tradursi in un
incontro «precoce» rispetto a quello previsto. Inoltre il grado di competenza
linguistica può venire colmato dall’uso sporadico della L1 sia da parte
dell’insegnante che da parte degli studenti soprattutto quando si devono esprimere
concetti articolati nella lingua straniera o nel caso in cui la semplice traduzione di
un termine o di un concetto può risolvere molti problemi. Attraverso l’atto
comunicativo esemplificato della letteratura non si pratica solo la lingua ma la si
scopre. Crediamo che queste considerazioni possano mitigare l’ansia che spesso
prende in ostaggio noi insegnanti di lingua portandoci a creare, sempre e comunque,
momenti di pratica diretta (sia orale che scritta).
Lo stesso vale anche per il tempo a disposizione. Si tratta di un’opzione importante
che va vista e interpretata nel contesto in cui la si realizza. In generale in una classe
di lingua, soprattutto ai primi stadi di apprendimento, le priorità sono dedicate alla
pratica delle abilità di base che prendono corpo all’interno di situazioni
comunicative che si definiscono di prima sopravvivenza. All’interno di questa
prospettiva il tempo costituisce una variabile da cui è impossibile prescindere se si
vuole portare gli studenti a un livello accettabile di familiarità con la lingua (A1/A2
del Quadro comune europeo). Detto questo, il concetto di elasticità applicato alla
variabile tempo può prendere le forme di brevissimi e sporadici incontri in cui il
testo letterario è indagato solo in minima parte, e gli obiettivi espliciti ridotti
all’osso: leggere e capire come l’evento comunicativo possa realizzarsi. Anche in
questo caso comunque le opportunità di creare occasioni per comunicare non
mancano, gli obiettivi legati al curricolo strettamente «linguistico» saranno
comunque perseguiti e i tempi potranno quindi allungarsi senza che questo crei
particolari ansie.
Anche la tipologia degli studenti può giocare a nostro vantaggio. Come nel caso di
studenti adulti che hanno scelto di studiare la lingua italiana in quanto espressione
di una cultura estetica (espressione e mezzo per conoscere un’arte, un’architettura,
una musica, un design e anche una letteratura che sono apprezzate a livello

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mondiale) che amano e che vogliono approfondire. In questo contesto la
motivazione già presente negli studenti può costituire una solida base di partenza.
Anche la nazionalità o comunque il contesto socio-culturale di provenienza
costituisce una discriminante importante che riguarda tra l’altro anche la percezione
e lo status sociale della letteratura.
Una variabile importante è data anche dall’età degli studenti. Per quanto riguarda i
bambini delle scuole primarie, i loro incontri con la letteratura straniera non
possono essere che indiretti e propedeutici. La maggior parte del lavoro con la
letteratura verrà svolto infatti con l'insegnante della lingua materna. In ogni caso è
possibile sfruttare la propensione dei bambini a giocare con i suoni e le parole della
lingua straniera per sottolineare concetti quali la rima e il ritmo. La memorizzazione
di semplici conte e filastrocche, di cui non è necessario conoscere il significato di
ogni singola parola, porterà a concentrarsi sull'effetto divertente, giocoso ed
evocativo, di suoni e termini particolari. Inoltre l'ascolto di semplici narrazioni fatte
dall'insegnante a commento di immagini raffiguranti una favola conosciuta o eventi
relativi alla storia della classe o di qualche bambino (sempre su base di immagini o
mimati), possono costituire una buona base di partenza per affrontare nei cicli
superiori narrazioni più complesse di prima mano. Durante l'adolescenza
l'avvicinamento alla letteratura in lingua straniera può prendere le mosse da
tipologie testuali ad essa vicine come le canzoni o può avvenire attraverso la scelta
di testi che affrontano tematiche vicine a quell’età. Punta estrema di questo
percorso, sia anagrafico che curricolare, è rappresentato dagli studenti universitari
delle facoltà umanistiche che sono da considerarsi dei veri e propri professionisti
della letteratura (cfr. Balboni 2004: 36). In questo caso la progettazione didattica
della letteratura in lingua straniera deve basarsi sulle competenze acquisite in
precedenza che vanno a innescarsi con percorsi necessariamente estesi e
approfonditi all’interno dei quali il metalinguaggio della critica, i suoi strumenti e
le sue tipologie trovano ampio spazio.
Infine le tipologie curricolari, presenti all’interno delle varie istituzioni che si
dedicano all’insegnamento linguistico, possono fare o meno riferimento in modo
esplicito alla letteratura. In questo caso le variabili tempo a disposizione, scelta dei
testi e modalità didattiche si diversificano significativamente.
È proprio a partire da quest’ultima considerazione che i percorsi di lavoro presentati
in questo capitolo possono tradursi in percorsi più ampi e articolati e quindi anche
più lunghi. Se da un lato il grado approfondimento è determinato, per ovvi motivi,
anche dal livello di competenza linguistica, dall’altro si deve prendere atto di come,
nei contesti in cui la letteratura fa parte del «programma», le opzioni crescano in
modo significativo. Ecco allora che l’incontro con la letteratura può inserirsi in
percorsi più strutturati, in «moduli» come quelli individuati da Paolo Balboni
(2004: 38-39)

a. moduli basati su un gruppo, movimento, periodo;


b. moduli basati su un autore;
c. moduli basati su diversi generi letterari;
d. moduli basati su un tema.

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Le unità di lavoro che seguono rappresentano unicamente degli esempi di possibili
realizzazioni didattiche partendo da testi letterari; non possono ancora definirsi dei
veri e propri «moduli» ma sono piuttosto degli incontri, delle “unità di
apprendimento” (Balboni 2004: 38) che possono però trasformarsi in moduli
articolati in rapporto a tutte le variabili analizzate in precedenza. All’interno di
queste proposte di lavoro sono anche previste delle alternative. Quelle che si danno
per scontate e quindi non sono quasi mai direttamente esplicitate riguardano
soprattutto due fattori interdipendenti.
Il primo va nella direzione della forma «modulo» citata: inserire e raccordare il
brano scelto all’interno di un discorso più ampio sull’autore, il periodo, il genere,
ecc. Il secondo riguarda l’approfondimento delle conoscenze metaletterarie, cioè
l’introduzione di un linguaggio specialistico e l’uso di categorie proprie della critica
sia dal punto di vista della loro evoluzione storica che programmatica. Crediamo
che gli esempi che seguono non si distanzino da questa prospettiva, e se una
distanza può essere individuata è piuttosto di grado che di sostanza.
La durata minima prevista per ogni percorso dovrebbe essere di un paio d’ore
(presumibilmente all’interno di un unico incontro), fino ad ampliarsi anche oltre le
quattro ore.
Le scelte dei testi sono state dettate:

- dalla relativa semplicità lessicale e strutturale in concomitanza con la brevità,


che se anche non è sempre sinonimo di semplicità, ha comunque il pregio di
limitare nel numero le difficoltà;
- dalla presenza di elementi testuali particolarmente stimolanti quali la sorpresa
nel finale, una certa ambiguità, uno stile di per sé accattivante, una densità
psicologica non difficilmente individuabile;
- dal rimando a tematiche interessanti e pregnanti in prospettiva di un pubblico
vario e per forza di cose non particolarmente connotato.

All’interno dei percorsi proposti non vi è riferimento esplicito né agli obiettivi né a


una fase dedicata alla valutazione e alla verifica. Crediamo che per tutte le unità di
lavoro presentate, come all’interno del percorso globale di avvicinamento al testo
letterario che si è prospettato in questo modulo, si possano applicare sia
alternativamente che simultaneamente (naturalmente a diversi gradi e operando
selettivamente) tutti gli obiettivi che sono sottesi nei titoli dei paragrafi del terzo
capitolo e all’interno delle sezioni del quarto. Anche per la fase di valutazione si
può operare in modo sostanzialmente simile: si ripercorrono molto brevemente con
gli studenti le tappe di avvicinamento, le modalità operative, le strategie di lettura
e interpretazione, analizzando perché e come sono state proposte. Di solito il
confronto delle prime reazioni al testo con quelle cui si è giunti al termine del
percorso, costituisce un’importante base di discussione. Il grado di apprezzamento
del lavoro svolto dà luogo a un ulteriore momento di valutazione formativa. Infine
il domandarsi se e come gli strumenti impiegati possono applicarsi ad altri testi può
costituire il momento di passaggio verso una fase di valutazione sommativa in cui
si chiede di procedere alla lettura e interpretazione autonoma di un altro brano
servendosi di alcune delle strategie già incontrate.

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Gli apparati tecnologici (riproduttori audio e video, lavagna luminosa) e soprattutto
le nuove tecnologie costituiscono un bagaglio prezioso che nell’incontro con la
letteratura non va abbandonato. Ci limitiamo qui solo a ricordare come la rete
telematica possa rappresentare sia uno strumento (ricerca di testi e informazioni di
ogni tipo), che un oggetto di indagine e studio che permette agli studenti di
districarsi, anche criticamente, tra le mille opportunità che essa offre.

5.1. Telefonate a Simone

Simone telefona a Laura. Ma lei non risponde. C'è invece una voce registrata su nastro, che dice: “È
il 592241, lasciate un messaggio dopo il segnale acustico e sarete richiamati”. Simone parla. La
implora di perdonare. Di farsi viva. Dice parole d'amore. Il secondo “bip” lo costringe a riattaccare.
Laura non richiama. Simone ritelefona. Ancora quella voce. Aspetta, poi lascia un altro messaggio,
accorato. E poi uno ogni ora, per dieci giorni, anche di notte. Tanto non dorme, Simone, perso
d'amore per Laura. La cerca a casa, al lavoro. Sparita. Resta solo un numero di telefono. E una voce
registrata. Dopo la quale inizia un breve vuoto da riempire di parole. Parole preparate in precedenza,
per utilizzare meglio quello spazio.
Un numero e quella voce. Non quella di Laura, a ben pensarci. La voce di una donna diversa.
Strana, incorporea. Simone la sente ancora a lungo. Continua a telefonare a Laura per settimane. Ma
a intervalli più lunghi. Poi una volta al giorno, infine guarisce, dimentica. Non telefona più. Passano
altri giorni, settimane. È notte quando il telefono squilla, Simone risponde, il cuore in gola. Una
voce strana, incorporea e supplichevole: “È il 592241, lasciate ancora un messaggio dopo il segnale
acustico”.

Gabriele Romagnoli, Navi in bottiglia, Milano, Mondatori, 1993.

Livello: a partire da un livello A1/2.

Fase 1: Motivazione e lettura estensiva


Le attività di motivazione possono essere molteplici, ecco alcuni schematici esempi
tra cui scegliere il più adatto ai propri studenti:
A. Facciamo ascoltare agli studenti il messaggio iniziale da noi precedentemente
registrato :“È il 592241, lasciate un messaggio dopo il segnale acustico e sarete
richiamati” (con tanto di beep). Il mezzo diverso per introdurre il lavoro con la
letteratura potrebbe creare una certa curiosità, e offrire inoltre la possibilità di
produrre uno spidergram intorno all’espressione “segreteria telefonica” con tutto il
campo semantico connesso e fornire quindi agli studenti lessico utile per la
comprensione del racconto (segnale acustico, lasciare un messaggio, riattaccare,
richiamare, registrare, ritelefonare, ecc.).
B. Ascolto della canzone di Nek “Laura non c’è” (suggerita da Gabriela
Bongiovanni e Kaja Brecelj durante il sesto ciclo del Master). Anche se attirare
l’attenzione su un altro testo prima di aver affrontato quello in questione potrebbe
essere elemento di distrazione, in questo caso (con gli studenti adatti, adolescenti
ma non solo) potrebbe essere un’idea simpatica per iniziare rilassandosi, la canzone
di Nek è gradevole. Scopo dell’attività non è quello di analizzare la canzone, gli
studenti coglieranno senza difficoltà “Laura non c’è, è andata via, Laura non è più
cosa mia (sic), ecc.”. Laura, proprio come la protagonista del racconto che stiamo
per leggere…

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C. Anche il titolo, con la sua doppia lettura («telefonate» sostantivo/verbo
all’imperativo) può costituire un buon elemento motivante. Possiamo quindi
chiedere agli studenti di trovare i due significati possibili e partire da qui per fare
previsioni sul contenuto del racconto.
D. Chiediamo agli studenti di parlare del loro rapporto con la segreteria telefonica,
propria e/o altrui. Sarà utile per discutere in seguito dello strano finale. Si possono
invitare agli studenti a fornire qualche esempio dei messaggi delle loro segreterie o
di altre che hanno ascoltato. Sarà utile a capire subito il messaggio della segreteria
nel brano.
E. Con studenti più avanzati, una buona attività di motivazione potrebbe essere
quella di mostrare sulla lavagna luminosa il racconto, senza leggerlo ma attirando
l’attenzione esclusivamente sulla lunghezza e la struttura (si potrebbe sfocare
l’immagine per impedire la lettura). Sicuramente noteranno (forse con piacere) la
brevità e la divisione in due parti. A questo punto si potrebbe chiedere di riflettere
sul significato del termine “microracconti” (così Romagnoli definisce i racconti
della raccolta) e sul titolo del libro da cui il testo è tratto “Navi in bottiglia”. Per
quanto riguarda la divisione in due parti è sufficiente che venga notata, se ne
discuterà a racconto letto.
Ora gli studenti sono pronti, e si spera motivati, per una lettura silenziosa del testo
e il successivo lavoro di chiarimento dei termini difficili.
F. Al fine di motivare ulteriormente gli studenti e di spronarli a fare ipotesi e
inferenze è anche possibile fornire il racconto privo del finale (“È notte quando il
telefono squilla, Simone risponde, il cuore in gola. Una voce strana, incorporea e
supplichevole: “È il 592241, lasciate ancora un messaggio dopo il segnale
acustico”). In questo caso si consiglia di raccogliere le previsioni degli studenti che
saranno poi confrontate con il finale proposto dall’autore. Con studenti a partire dal
livello superiore al B1 potremmo chiedere, in fase di sintesi, di riscrivere un
possibile finale con lo stesso numero di parole usato dall’autore: 29.
Fase 2: Lettura intensiva e analisi
A. Abbiamo preso atto che il brano è breve e semplice, perché non giocare questa
carta e lanciare una sfida agli studenti: scommettiamo che il racconto è molto più
complicato di quanto sembra? Probabilmente lo hanno già capito, ma possiamo
contare sul fatto che forse, dopo solo una prima lettura, non hanno ancora avuto il
tempo di riflettere a sufficienza, quindi l’effetto sorpresa dovrebbe funzionare.
Le sfide potrebbero essere queste (gli studenti lavorano a coppie).
- Una coppia deve cercare i personaggi; la vostra consegna dice che devono essere
tre (Laura, Simone, la voce registrata).
- Un’altra coppia deve cercare le espressioni temporali (non potranno non notare
che i tempi non si dilatino affatto, infatti dovranno fare i conti con “Poi una volta
al giorno”).
- Una coppia ha il compito di cercare la voce di Laura (sarà difficile decidere se
si tratta veramente di Laura: “C’è invece una voce registrata…”).
- Una coppia ha il compito di confrontare il messaggio iniziale con quello finale
(c’è un “ancora” di troppo nell’ultimo messaggio).
- Un’altra coppia ancora ha il compito di trovare una differenza nel
comportamento di Simone tra i due paragrafi (possibile aiuto se avessero

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difficoltà: Simone lascia messaggi nel secondo paragrafo? La risposta con tutta
probabilità sarà negativa infatti Simone nella seconda parte del racconto “…la
sente ancora a lungo”, ma non si fa riferimento a messaggi lasciati nel secondo
paragrafo. Nel primo Simone parla, nel secondo pare solo ascoltare).
Una volta raccolte, condivise e discusse le informazioni gli studenti saranno più
consapevoli della pregnanza del racconto e l’ambiguità, che durante una prima e
distratta lettura poteva essere sfuggita, apparirà adesso in tutta la sua evidenza. Il
lavoro dello scrittore, che ha disseminato il testo di aporie, sarà maggiormente
visibile e il testo risulterà ora più «inquietante». Sarà anche più chiaro come ciò che
appare in un modo è in effetti diverso se lo si osserva più da vicino. L’apparente
semplicità e oggettività del racconto si allontaneranno gradatamente: a ben guardare
Laura è assente fin dall’inizio, non ci sono riscontri testuali a supporto del fatto che
si tratti veramente della voce di Laura, il messaggio della segreteria è impersonale
fin dalla prima riga, “è il numero 592241” che risponde fin dall’inizio. Poco importa
se qualcuno potrebbe ribattere che molti messaggi delle segreterie sono fatti così: è
vero, ma ciò che conta per noi è questo messaggio, in questo contesto, vale a dire
in questo racconto, quello che accade «normalmente» potrebbe non essere poi così
«naturale». La lingua/letteratura è anche soprattutto questo, può apparire semplice
ma non lo è, ci costringe a guardare la «realtà» con occhi più attenti. In altre parole
mette in primo piano ciò che è il linguaggio: la creazione della realtà.
B. Come proposto da Maria Angela Gatti (forum del sesto ciclo del Master)
quest’intera fase di analisi può essere costituta dalla richiesta di riscrivere il
racconto “normalizzandolo”. Dopo che si sono notate le frasi brevissime, la
mancanza quasi assoluta di ipotassi, la presenza di frasi senza soggetto, di frasi
nominali e la scarsa aggettivazione , chiediamo di riscrivere il racconto usando frasi
più articolate e coordinate. Questo lavoro può essere svolto anche a coppie o a
gruppi, in questo contesto le discussioni (e le interpretazioni) per la costruzione del
nuovo testo saranno senz’altro più ricche. Il confronto fra i vari testi ottenuti con
l’originale non mancherà certo di portare in primo piano la costruzione del racconto
e ne emergeranno aporie e ambiguità. Anche questo è un modo per «dialogare» con
il testo. Con questa attività è chiaro come si è già scivolati nella fase successiva.
Fase 3: Sintesi
Possiamo ora chiedere agli studenti quale potrebbe essere una chiave di lettura del
racconto. L’insegnante raccoglie le varie ipotesi o fornisce una breve lista da cui
scegliere quella che ogni studente ritiene più “giusta” cercando di motivare la
propria risposta con esempi dal testo.

5.2. Le parole tra noi leggere

«Io gli giro intorno: con circospezione, con impazienza, con rabbia.
Adesso, gli giro intorno; un tempo invece lo assalivo. Ma anche adesso ogni tanto - raramente -
sbotto. Allora lui mi guarda con la sua famosa calma e dice: - Tu mi manchi di rispetto!
La mia collera di ora dev'essere un residuo delle antiche battaglie, quando io reagivo come se lui
fosse una parte di me che tradiva se stessa, e dunque mi tradiva. Ai miei assalti e assedi ormai più
che altro ammirativi, lui oppone freddezza, noia, e perfino gentilezza (distratta). Ma soprattutto io
non rinunzio a tentare di conoscerlo, discorsivamente voglio dire. So bene che le domande sono un
sistema sbagliato; ma ci ricasco. Lui è seduto davanti a me, immerso in un libro (magari un fumetto).

11
Io provo a incominciare un discorso, e per di più su temi generali. Senza alzare il capo risponde:-
Non so. »

Lalla Romano, Le parole tra noi leggere, Torino, Einaudi, 1969. Il brano è l’incipit del romanzo. (Il
titolo romanzo deriva da un verso di Eugenio Montale)

Livello:il testo, data la relativa semplicità lessicale, potrebbe essere proposto anche
a studenti di livello A2, è compito dell’insegnante decidere quali delle attività che
seguono possono essere proposte a quel particolare livello.

Fase 1: Motivazione e lettura estensiva


A. L’insegnante può decidere di proporre l’approccio al brano come una sorta di
sfida, scoprire cioè che tipo di rapporto lega i due personaggi (madre-figlio, padre-
figlio, moglie-marito o altro). La consegna è quella di scoprire il tipo di rapporto
cercando esempi nel testo e motivando il risultato a cui si è arrivati. Non forniamo
nessun’altra informazione sul testo. Una volta terminata la discussione all’interno
dei vari gruppi un portavoce riporta alla classe i risultati ottenuti e si confrontano le
varie opzioni.
Il fatto che si tratti di un rapporto madre-figlio non è dato in modo assolutamente
incontrovertibile dal breve testo ma dal fatto che il brano è tratto da un romanzo
incentrato su quel tipo di rapporto (esattamente il rapporto della scrittrice con
figlio). Quindi le altre opzioni sul tipo di legame che possono venire dagli studenti
non sono da scartare ma semmai da valorizzare e discutere partendo dal testo e dalle
ragioni portate dagli studenti allo loro opzione. Nel brano inoltre non vi è evidenza
del fatto che il narratore sia uomo o donna (i pronomi e gli aggettivi possessivi
presenti rimandano unicamente al personaggio maschile che non è il narratore).
Quindi un ulteriore elemento di sfida potrebbe essere quello di fare ipotesi sul sesso
del narratore. Isolare gli aggettivi e i pronomi per cercare evidenze sul genere del
narratore è un’operazione che diventa anche un esempio di come si possano
indagare le categorie grammaticali non tanto per studiarle o esercitarle, bensì per
servirsene per capire meglio il testo, per fare inferenze, per interpretarlo. Ecco delle
possibili domande stimolo prima della lettura: a. Conosciamo il genere del
narratore? b. Conosciamo il genere del suo interlocutore? c. Come possiamo
definire il loro rapporto? Difficile, facile, pacifico, litigioso, ecc.
B. In alternativa (tenendo conto della tipologia dei propri studenti e degli obiettivi)
l’insegnante può proporre una breve discussione sul rapporto tra genitori e figli (in
questo caso si sarà però deciso di fornire precedentemente qualche informazione
basilare sul testo, anche solo che si tratta del rapporto madre-figlio). In seguito,
dopo la lettura silenziosa, si chiede agli studenti come e se il brano rispecchi una
situazione vissuta o conosciuta anche da loro.
C. In alternativa informiamo gli studenti che stanno per leggere la parte iniziale di
un romanzo dal titolo Le parole tra noi leggere del 1969 in cui la scrittrice Lalla
Romano parla del suo rapporto con il figlio. Segue lettura silenziosa e chiarimenti
sul lessico sconosciuto.
D. Prima di passare alla fase successiva chiediamo agli studenti di scrivere o di
riferire brevemente alla classe i pensieri, le sensazioni, i sentimenti, le reazioni, che

12
il brano ha suscitato in loro. È sufficiente anche solo un aggettivo, una semplice
frase. Si prende nota di queste prime reazioni al testo per poi tornarvi in seguito.
Fase 2: Lettura intensiva e analisi
A. La modalità migliore di interazione in classe in questa fase è senz’altro il lavoro
di gruppo. Agli studenti viene chiesto di cercare tutti i verbi presenti nel brano: un
gruppo cerca i verbi che collocano le azioni nel presente mentre l’altro cerca quelli
che le collocano nel passato. L’insegnante raccoglie alla lavagna i risultati divisi in
una tabella a doppia entrata e insieme si notano i due piani temporali del brano.
B. Sempre a gruppi gli studenti devono ora compilare la griglia che segue usando
diverse modalità, se ne individuano qui solo tre tra quelle possibili:
- a un gruppo viene consegnata unicamente la parte relativa alla madre e all’altro
la parte del figlio (con la sottodivisione passato/presente);
- un gruppo deve compilare la parte dedicata al presente, mentre l’altro gruppo si
dedica al passato (sempre con la sottodivisione tra madre/figlio);
- la tabella può essere consegnata per intero a tutti i gruppi.
Chiariamo agli studenti che il testo dovrà essere presente nella sua interezza, pur se
spezzettato nelle varie sezioni della tabella.
Al termine dell’attività gli studenti dovrebbero aver compilato qualcosa di molto
simile alla griglia completa che segue. (cfr. tabella 1)
LA MADRE IL FIGLIO
Presente Passato Presente Passato
Io gli giro intorno: con
circospezione, con
impazienza, con rabbia.
Adesso, gli giro intorno; un tempo invece lo
assalivo.
Ma anche adesso ogni tanto -
raramente - sbotto. Allora lui mi guarda con la
sua famosa calma e dice: -
Tu mi manchi di rispetto!

La mia collera di ora


dev'essere un residuo delle antiche
battaglie, quando io
reagivo come se lui
fosse una parte di
me che tradiva se
stessa, e dunque mi
tradiva.
Ai miei assalti e assedi ormai
più che altro ammirativi, lui oppone freddezza, noia, e
perfino gentilezza
Ma soprattutto io non (distratta).
rinunzio a tentare di
conoscerlo, discorsivamente
voglio dire. So bene che le
domande sono un sistema
sbagliato; ma ci ricasco.
Lui è seduto davanti a me,
immerso in un libro (magari
Io provo a incominciare un un fumetto).
discorso, e per di più su temi
generali.
Senza alzare il capo
risponde:- Non so.

13
Tabella 1
C. Raccogliamo e osserviamo i risultati dell’attività e notiamo subito come il testo
non ci dice nulla del figlio in passato.
D. Cominciamo con l’analizzare il presente. Notiamo le “azioni” della madre: gira
intorno al figlio, raramente sbotta, prova a cominciare un discorso. L’insegnante
scrive alla lavagna questi due termini: circospezione/ammirazione fornendo per
entrambi la definizione del dizionario e chiede se appartengono allo stesso campo
semantico. La risposta potrà essere affermativa: solitamente si usa circospezione
nel rapportarsi con qualcuno che si ammira e/o si teme.
Ora chiediamo di cercare due termini che si possono riferire alla guerra. Risultato:
“assalti e assedi”. Chiediamo come sono questi “assalti e assedi”; risposta: “più che
altro ammirativi”. Possiamo quindi notare che si tratta di una guerra sui generis (al
presente almeno), e notiamo anche che gli attacchi e gli assedi sono fortemente
mitigati dal momento che sono “ammirativi” (quasi un ossimoro…). Domanda: Chi
sta fermo? Chi si muove invece? (evidenze nella griglia, notare che il figlio non
alza nemmeno la testa per rispondere, è immobile). A cosa (che sia immobile) si
gira intorno di solito con ammirazione? (a una statua, a un monumento).
Osserviamo ora le “azioni” del figlio: si limita a guardare la madre e a parlare in un
paio di occasioni ma non per rispondere direttamente o per partecipare al dialogo
che vorrebbe la madre, bensì per chiudere o addirittura impedire la comunicazione.
Il figlio si rifiuta cioè di combattere, reagisce agli assalti con indifferenza e distacco,
non vuole cogliere quelle che per lui sono le provocazioni che possono trascinarlo
in una battaglia, in una guerra.
Rivolgiamo ora l’attenzione ai “modi”, ai “sentimenti” : chiediamo agli studenti di
evidenziare con colori diversi i sentimenti della madre e quelli del figlio. (Madre:
circospezione, impazienza, rabbia, collera, ammirazione. Figlio: famosa calma,
freddezza, noia, perfino gentilezza (distratta), indifferenza (non alza nemmeno il
capo dal fumetto).
Infine analizziamo le parole del figlio. La frase “tu mi manchi di rispetto” in risposta
agli sbotti della madre non può essere proprio definita la risposta che ci si
aspetterebbe da parte di un figlio. Anzi, nelle discussioni tra genitori e figli è senza
dubbio più comune che una frase simile venga pronunciata dai genitori. Anche se
non ci è dato sapere esattamente l’età del figlio la sua risposta viene percepita come
una nota stonata, come se fosse idealmente contrapposta alla frase fatta “non si
manca di rispetto a una madre (o a un padre)”. Questa contrapposizione implicita
(o extratestuale) non fa che sottolineare il distacco, il rifiuto del figlio di rapportarsi
in qualsiasi modo con la madre. Questo rifiuto raggiunge il suo apice nella laconica
e inappellabile risposta finale: “Non so”. Frase ancora più crudele in quanto risposta
a una domanda “su temi generali”, quindi su un campo neutro in cui normalmente
si risponde se non altro per gentilezza.
Il quadro è quasi completo: la madre si muove intorno al figlio che è immobile come
una statua, una statua che si ammira e intorno alla quale ci si muove con
circospezione e impazienza di conoscere i segreti della sua forma. Si può anche
provare a interrogarla, ma la domanda resta inevasa, viene rigettata al mittente come
a dire che questo tentativo potrebbe anche tradursi in una mancanza di rispetto. La
statua non può che restare indifferente quasi annoiata da tanta attenzione: distante

14
e distratta non risponde. L’aggettivo “famosa” riferito alla calma del figlio non fa
che precisare il tipo di rapporto tra i due. La calma è definita “famosa”, non “solita”
come sarebbe più usuale implicando una maggiore conoscenza del figlio da parte
della madre. La calma è “famosa”, universalmente conosciuta (come le opere
d’arte), la madre quindi fa parte di questo universo esterno al figlio, la madre è sullo
stesso piano di tutti gli altri ammiratori, non gode (come forse dovrebbe) di una
posizione di prestigio, più vicina e intima.
Nonostante questo la madre riconosce “io non rinunzio a tentare di conoscerlo,
discorsivamente voglio dire. So bene che le domande sono un sistema sbagliato; ma
ci ricasco”. Perché l’ammissione di cercare di conoscere il figlio (desiderio
legittimo per una madre) ha bisogno qui di essere precisata dalla modalità di questa
conoscenza? Conoscere attraverso il dialogo. La precisazione rimanda al ricordo di
una conoscenza che nel passato era stata sicuramente più fisica. Il rapporto con un
figlio neonato durante i primi anni di vita è sicuramente un rapporto maggiormente
fisico: allattamento, cura del corpo, gioco, manifestazioni di affetto. Ora invece,
con il figlio cresciuto che non dipende più dalle sue cure, la madre sa di dover
instaurare un rapporto più basato sulla parola ma il rifiuto del dialogo da parte del
figlio fa sì che la madre si ritrovi sola a fare domande: “un sistema sbagliato”.
Analizziamo ora il passato. Chiediamo agli studenti di cercare ed evidenziare nella
griglia le «azioni» della madre: assaliva il figlio e questi assalti si tramutavano
spesso in “battaglie”. È evidente il riferimento al campo semantico della guerra, una
guerra che però nel presente si è tramutata in una sorta di «guerra fredda», di un
assedio silenzioso mitigato dalla circospezione e dall’ammirazione. Qualcosa di più
viene però detto dei sentimenti della madre: durante queste “antiche battaglie” lei
reagiva “come se lui fosse una parte di me che tradiva se stessa, e dunque mi
tradiva”. Certo queste parole ci parlano della simbiosi madre-figlio, è normale
infatti per una madre sentire e percepire un figlio come una parte di sé, ma qui si è
di fronte a una simbiosi talmente forte che il tradimento viene percepito come quello
di una parte del sé verso un'altra parte dello stesso sé. Un sentimento quindi
fortissimo che impedisce letteralmente di vedere e sentire il figlio come qualcosa
di diverso, staccato da sé. Questa lacerazione infatti non è il distacco graduale e
«normale», seppur doloroso, di una madre dal figlio: si tratta di una lacerazione
letteralmente vissuta nella stessa persona.
Fase 3: Sintesi
A. Chiediamo ora agli studenti di riprendere gli appunti iniziali e di confrontarli con
la visione che hanno ora del testo. Possibili domande: “La vostra visione del testo
è cambiata? Il vostro modo di percepirlo è lo stesso? Che cosa, nelle attività
precedenti, vi ha aiutato a confermare e approfondire la vostra risposta al testo? Che
cosa, invece, può avervi fatto cambiare opinione?”
B. Spunti e domande per un’ulteriore discussione (da usare in alternativa o meno a
seconda della tipologia degli studenti): “La madre è riuscita a trovare una modalità
di rapportarsi con il figlio che non siano le parole? Dalla vostra esperienza (o da
quello che considerate auspicabile) sareste in grado di dare consigli alla madre su
come instaurare adesso un rapporto con il figlio ormai adulto? E’ possibile per una
madre un rapporto diverso da quello originario (lo si potrebbe anche chiamare
rapporto “naturale” dal momento che la madre porta dentro di sé il figlio per nove

15
mesi durante i quali il figlio è materialmente una parte della madre)? Avevate mai
pensato a quanto difficile sia per una madre staccarsi da un figlio, considerarlo
qualcosa di “separato” da se stessa, un altro individuo? Credete sia facile e naturale
per il figlio comportansi come il figlio del brano? Non è che forse egli sta,
dolorosamente, trovando una via verso l’indipendenza, e questa deve passare
necessariamente attraverso calma, indifferenza, noia, gentilezza (distratta)?
C. (in alternativa al punto precedente) Dopo questa analisi ravvicinata del brano è
possibile «rileggerlo» servendosi di alcune spie interpretative emerse durante
l’analisi. Chiediamo quindi agli studenti di isolare una delle immagini principali
che affiorano «visivamente» dal brano unitamente ad alcune idee forti per le quali
non si è trovata una spiegazione immediata. L’immagine principale potrebbe essere
quella della madre che gira con circospezione e ammirazione intorno al figlio
immobile, indifferente e annoiato. Si è paragonato il figlio a una statua, che cos’è
una statua se non un’opera d’arte? Il figlio visto come un’opera d’arte dalla madre.
Ora è possibile ricostruire alcuni parallelismi tra opera d’arte e figlio, tra madre e
artista. Non possiamo non notare come il testo funzioni alla perfezione all’interno
di questa nuova ottica, come il linguaggio usato, le metafore e i sentimenti possano
adattarsi al nuovo contesto, al difficile rapporto dell’artista con la sua creazione.
Ecco allora il dolore della madre come quello dell’artista che non riesce ad accettare
il distacco, l’indipendenza, ormai compiuta della sua opera. Ciò che un tempo era
completamente suo, ciò che è nato da lei è ora qualcosa di compiuto e autonomo su
cui ha perduto ogni potere, compreso quello conoscitivo. Chi meglio del suo autore
dovrebbe conoscere e poter dialogare con la propria opera? Eppure ciò non avviene,
le battaglie della creazione sono impossibili ora che l’opera vive di vita propria
indifferente al suo autore. Restano ammirazione e circospezione e vani tentativi di
dialogo. Altre persone ora, i lettori, la nostra classe di studenti, potranno leggere e
dialogare con la sua opera. Un dialogo che sembra precluso all’autrice.
C’è ancora una riflessione finale che la nostra lettura del brano ci invita fortemente
a fare proprio a partire dal parallelismo figlio/opera d’arte intesa ora come il testo
che abbiamo appena letto. Il “non so” finale del figlio/testo non è tanto da
interpretarsi solo come una reticenza o rifiuto del dialogo, ma piuttosto come un
tentativo di rimandare a se stesso, un suggerimento a cercare le risposte nel testo e
non al suo esterno (esemplificato dalla “famosa calma”, da leggersi forse come
“risaputa reticenza”). Cercare quindi le risposte che sono già presenti al suo interno,
nel (suo) corpo del testo e nel tipo di rapporto cui questo testo invita i lettori a
instaurare con lui.

5.2.1. Proposta per il “teatro del lettore” (cfr. 3.6.)

La sceneggiatura che segue rappresenta quello che potrebbe essere il risultato del
lavoro degli studenti, non è da intendersi quindi come un testo da usare ma solo
come esempio. Ricordiamo che non esiste la sceneggiatura “giusta”, esistono delle
sceneggiature possibili, quello che davvero conta è il lavoro, le discussioni che
accompagnano la stesura. Dramatis personae:
A: narratrice nel presente (in prima persona)
A’: narratrice nel presente che racconta

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B: narratrice nel passato (in prima persona)
B’: narratrice nel passato che racconta
C: personaggio maschile

A: Io gli giro intorno


A’: con circospezione, con impazienza, con rabbia. (gira intorno a C mimando
sia con la voce che con il corpo le parole “circospezione”, “impazienza”,
“rabbia”)
A: Adesso, gli giro intorno (gira intorno a C)
B: un tempo invece
B’: lo assalivo. (mima l’assalto anche nel tono della voce)
A: Ma anche adesso ogni tanto
A’: - raramente –
A: sbotto. (mima un moto di rabbia)
A: Allora lui mi guarda
C: (si gira verso A’ e la guarda)
A’: con la sua famosa calma e dice:
C: Tu mi manchi di rispetto!
A: La mia collera di ora dev'essere
B: un residuo delle antiche battaglie, quando io
B’: reagivo come se lui fosse una parte di me che tradiva se stessa,
B: e dunque mi tradiva.
A: Ai miei assalti e assedi
A’: ormai più che altro ammirativi, (guarda C con ammirazione)
A: lui oppone freddezza, noia, e perfino gentilezza
C: (allontana da sé A’ senza alzare gli occhi dal fumetto, poi alza gli occhi,
guarda A’ con indifferenza e gentilmente la allontana riprendendo poi a leggere)
A’: (distratta).
A: Ma soprattutto io non rinunzio a tentare di conoscerlo,
A’: discorsivamente voglio dire. (si siede vicino a C e mima un discorso)
A: So bene che le domande sono un sistema sbagliato;
A’: ma ci ricasco. (si alza per andarsene poi si risiede e inizia di nuovo a
parlare)
A: Lui è seduto davanti a me, immerso in un libro
A’: (magari un fumetto).
A: Io provo a incominciare un discorso,
A’ e per di più su temi generali. (ricomincia a mimare un discorso)
A: Senza alzare il capo risponde:
C: - Non so.

5.3. L’avventura di una moglie

La signora Stefania R. stava rincasando alle sei del mattino. Era la prima volta.
L'auto non s'era fermata davanti al portone ma un po' prima, all' angolo. Era stata lei a pregare
Fornero che la lasciasse lì, perché non voleva far vedere alla portinaia che mentre il marito era in
viaggio lei rincasava all'alba accompagnata da un giovanotto. Fornero, appena spento il motore, fece
per cingerle le spalle. Stefania R. si tirò indietro, come se la vicinanza della casa rendesse tutto

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diverso. Scappò dall'auto con una fretta improvvisa, si chinò a far cenno a Fornero di rimettere in
moto, d'andarsene, e s'avviò a piedi, coi suoi passetti veloci, il viso sprofondato nel bavero. Era
un'adultera?
[…]
Stefania capì che era successo qualcosa da cui non poteva più tornare indietro. Questo suo
nuovo modo di stare in mezzo agli uomini, il nottambulo, il cacciatore, l'operaio, la faceva diversa.
Era stato questo il suo adulterio, questo stare sola in mezzo a loro, così, alla pari. Di Fornero non si
ricordava neanche più.
Il portone era aperto. Stefania R. rincasò in fretta in fretta. La portinaia non la vide.

Italo Calvino, Gli amori difficili, 1970, Torino, Einaudi, pp. 113-121; si tratta dell’inizio e della fine
del racconto.

Livello: La relativa semplicità lessicale e sintattica del testo permette di proporlo a


partire da un livello B1.

Fase 1: Motivazione e lettura estensiva


A. Scriveremo alla lavagna la parola “avventura” elicitando associazioni
semantiche e possibili definizioni. Emergerà senza dubbio la carica polisemica del
termine: «avventura» come “episodio avventuroso”, imprevisto, vicissitudine, ecc.,
«avventura» come scappatella, flirt, incontro di una notte, adulterio. In seconda
battuta sottoporremo all’attenzione degli studenti il titolo del racconto. Molto
probabilmente il termine «avventura» associato a «moglie» farà propendere per
un’interpretazione maliziosa che verrà confermata e nello stesso messa in dubbio
dalla domanda finale del primo paragrafo. Naturalmente si verificheranno le ipotesi,
e si risponderà alla domanda del narratore, a lavoro ultimato. Un ulteriore spunto di
discussione può essere fornito dal titolo della raccolta da cui è tratto il racconto Gli
amori difficili.
Per aumentare l’effetto di suspense è possibile proporre anche la prima frase del
secondo spezzone “Stefania capì che era successo qualcosa da cui non poteva più
tornare indietro.” Dopo aver scritto la frase alla lavagna si potranno raccogliere
commenti e anticipazioni.
In alternativa dopo le elicitazioni sul termine «avventura» si potrebbe fornire agli
studenti il primo paragrafo del testo: “La signora Stefania R. stava rincasando alle
sei del mattino. Era la prima volta.”chiedendo quali elementi contribuiscono a
suggerire l’idea che forse si tratta veramente di un’avventura/adulterio. Da non
dimenticare che, oltre l’ora tarda e la laconica (nonché maliziosa) affermazione del
narratore “Era la prima volta”, anche l’uso della sola iniziale del cognome con i
suoi rimandi a uno stile giornalistico introducendo nel contempo l’idea di
discrezione, contribuiscono ad aumentare l’aspettativa: di che prima volta si parla?
Tradimento o «semplicemente» nottata trascorsa fuori casa?
In questa fase potrebbe essere utile attirare l’attenzione degli studenti sull’anno in
cui il racconto è stato pubblicato, il 1970. Cosa è cambiato, in questi ultimi decenni,
rispetto al comune sentire nei riguardi di matrimonio, morale sessuale e ruolo della
donna nella società? Cos’hanno rappresentato gli anni 70 nella società occidentale
anche riguardo a questo argomento?

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B. Possiamo scegliere di consegnare agli studenti solo la prima parte del testo per
la prima lettura silenziosa. Si chiariranno i termini sconosciuti ed eventuali
difficoltà di comprensione.
Fase 2: Lettura intensiva e analisi
A. Si scrive alla lavagna la domanda con cui si conclude la prima parte del testo:
“Era un’adultera?” chiedendo di rintracciare nel testo quegli elementi utili per
rispondere alla domanda (sono le sei del mattino, Stefania non vuole essere vista
dalla portinaia, il marito è in viaggio, la vicinanza della casa rende tutto diverso,
Stefania scappa, ha fretta e fa cenno a Fornero di andarsene, si nasconde il viso nel
bavero). Non vi è alcun dubbio che questi elementi contribuiscono a rinforzare
l’idea dell’adulterio.
Prima di continuare la lettura possiamo anche attirare l’attenzione sulla modalità
narrativa. Chi fa questa domanda? Provate a individuare le varie possibilità: il
narratore al lettore, Stefania a se stessa, o entrambe le possibilità? Crediamo che
entrambe le opzioni siano possibili, questo aspetto può essere ripreso in seguito per
chiarire le scelte narrative dello scrittore.
B. Possiamo ora consegnare la seconda parte del testo dedicando qualche minuto al
chiarimento dei termini difficili. La domanda ora non può che essere questa: di che
tipo di adulterio si è trattato secondo voi? A quali nuovi personaggi si fa
riferimento? Cosa significano le frasi “Questo suo nuovo modo di stare in mezzo
agli uomini” e “…questo stare sola in mezzo a loro, così, alla pari.” Qual è quindi
stato il vero adulterio? La notte con Fornero di cui non conosciamo i particolari e
che quindi potrebbe essere stata anche casta, o il nuovo modo di state in mezzo agli
uomini cui si fa cenno? Cosa può essere accaduto nella parte mancante che ha messo
in relazione Stefania con il nottambulo, il cacciatore e l'operaio? Gli studenti
possono condividere con la classe le loro supposizioni oppure farlo a coppie o a
gruppi per poi discutere in plenum e scegliere le idee più convincenti.
Per quegli studenti che non sentiranno il bisogno di leggere da soli il racconto per
intero o per quelli cui il livello di competenza lo renderebbe troppo difficile
possiamo ora fornire un brevissimo riassunto della parte mancante.
Stefania è quasi costretta a passare la notte fuori perché ha dimenticato a casa le chiavi del portone
principale e non riesce a decidersi di tornare prima che venga chiuso perché incontra delle amiche
che non vedeva da tempo in compagnia di altri giovanotti tra cui Fornero. Passerà quindi la notte
girando in macchina in compagnia di Fornero in attesa del momento in cui il portone di casa sarà
riaperto, non vuole infatti suonare alla portinaia per non farle sapere di aver passato la serata fuori
da sola in assenza del marito. All’alba, trovato ancora il portone chiuso, nell’attesa si reca in un
vicino bar dove incontra e scambia qualche parola con il nottambulo, il cacciatore e l'operaio.
C. Chiediamo ora di trascrivere nella tabella che segue l’intero testo che hanno
davanti con le seguenti modalità: (cfr. tabella 2)
Passato remoto Imperfetto, trapassato prossimo (e altri
modi verbali)
La signora Stefania R. stava rincasando alle sei
del mattino.
Era la prima volta.
L'auto non s'era fermata davanti al portone ma
un po' prima, all' angolo.
Era stata lei a pregare Fornero che la lasciasse
lì, perché non voleva far vedere alla portinaia

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che mentre il marito era in viaggio lei rincasava
all'alba accompagnata da un giovanotto.
Fornero, appena spento il motore, fece per
cingerle le spalle.
Stefania si tirò indietro… …come se la vicinanza della casa rendesse
tutto diverso.
Scappò dall'auto con una fretta improvvisa, si
chinò a far cenno a Fornero di rimettere in
moto, d'andarsene, e s'avviò a piedi, coi suoi
passetti veloci, il viso sprofondato nel bavero.
Era un’adultera?
Stefania capì che … …era successo qualcosa da cui non poteva più
tornare indietro.
Questo suo nuovo modo di stare in mezzo agli
uomini, il nottambulo, il cacciatore, l'operaio,
la faceva diversa. Era stato questo il suo
adulterio, questo stare sola in mezzo a loro,
così, alla pari.
Il portone era aperto.
Stefania R. rincasò in fretta in fretta.
La portinaia non la vide.
tabella 2
Gli studenti dovrebbero ottenere una tabella non dissimile dalla precedente.
L’insegnante può quindi iniziare a porre le seguenti domande:
- Cosa indicano i verbi al passato remoto? Le azioni dei protagonisti, dei
personaggi.
- Qual è quindi il ruolo del narratore in questa sezione del testo (colonna di sinistra)?
(Presentare i fatti in modo più o meno oggettivo, senza commenti ma registrando
una possibile scena reale.
- Qual è l’unico verbo che non indica un’azione esteriore ma un cambiamento nella
protagonista? Capì.
- Perché il narratore ha usato “capì” e non “aveva capito”? Capì esprime non tanto
il processo della comprensione ma l’effetto di questa, una sorta quindi
«illuminazione improvvisa», si vuole quindi sottolineare l’importanza del risultato
più che del processo. Inoltre questa sottolineatura dell’atto e non tanto di quello che
lo ha determinato ci rimanda alla presa di coscienza della protagonista che fino a
quel momento della narrazione aveva più che altro subito gli avvenimenti. Le sue
azioni erano state più che altro delle risposte agli stimoli esterni piuttosto che non
il frutto di un progetto consapevole. Inoltre l’uso del passato remoto rafforza
l’importanza di quello “da cui non poteva più tornare indietro”, di “questo suo
nuovo modo di stare in mezzo agli uomini”. Possiamo quindi affermare che questo
“capì” sta ad indicare lo scioglimento finale del racconto, la nuova consapevolezza
raggiunta, “il suo adulterio”.
Iniziamo poi ad analizzare le frasi in cui non compare il passato remoto e a cercare
il perché delle scelte. Osservandole con attenzione gli studenti noteranno che non
si tratta tanto di azioni ma nemmeno di descrizioni, bensì di spiegazioni, di
chiarimenti, che rimandano a una conoscenza più profonda dei fatti e anche dei
pensieri della protagonista.

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- Perché “stava rincasando” e non “rincasò”? La sottolineatura della durata
dell’azione ne accentua senza dubbio l’importanza, il lettore viene quasi invitato ad
osservare, spiare, Stefania che rincasa a quell’ora sconveniente per una signora.
Per snellire l’analisi possiamo anche porre subito una domanda secca:
- Quale colonna sta ad indicare ciò che è davvero importante nel racconto? Ciò che
determina la crescita umana di Stefania? A questo punto è sufficiente una breve
occhiata per trovare la risposta.
- Qual è quindi il ruolo del narratore in questa sezione del testo? Spiegare,
comunicare con il lettore, forse anche ammiccare (“Era la prima volta.” “Era
un’adultera?”), far conoscere alcun aspetti della psicologia della protagonista,
commentare.
D. Al fine di focalizzare meglio le modalità narrative e di trovare conferme per le
osservazioni fatte finora chiediamo agli studenti di raccogliere i vari modi con cui
il narratore nomina la nostra protagonista. Una volta raccolte le informazioni
invitiamo a riempire la seguente tabella in cui sono state precedentemente raccolte
le informazioni richieste (si tratta della colonna di sinistra, la colonna di destra
naturalmente sarà vuota): (cfr. tabella 3)
Modi in cui è nominata la protagonista Cosa comunicano al lettore
Prima parte
La signora Stefania R. “Signora” informa sullo stato civile della
donna, la sola iniziale del cognome rimanda a
una oggettività quasi giornalistica unita a un
certo distacco. Inoltre l’omissione del cognome
rimanda alla normale reticenza mista a pudore
nel nominare una presunta adultera.
Stefania R. Ora non è più “signora” in parte perché
l’informazione sullo stato civile è già stata data
e in parte perché si vuole forse insinuare ciò che
qualche lettore potrebbe pensare, cioè che il
comportamento di Stefania non è molto da
signora.
Seconda parte
Stefania Maggiore vicinanza del narratore (e dei lettori)
al personaggio, maggiore empatia e
comprensione (siamo stati testimoni delle sue
avventure). Inoltre l’assenza del patronimico ci
induce a considerare il personaggio solamente
come donna indipendente da mariti o padri, in
questo modo viene sottolineata anche
l’indipendenza e la maturità raggiunte dopo
l’avventura notturna.
Stefania R. Ritorno all’inizio, dopo aver partecipato e
condiviso le sue avventure la protagonista si
stacca nuovamente dal narratore e lettori per
tornare a essere Stefania R per il mondo esterno
(la portinaia) che nulla sa e deve sapere delle
sue avventure (la portinaia non la vede).
Tabella 3
Come viene invece nominato l’uomo che accompagna a casa la nostra protagonista?
Fornero: si tratta indubbiamente di un cognome, la mancanza del nome di battesimo
indica quindi impersonalità e distacco, durante la narrazione rimarrà sempre quasi

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uno sconosciuto, Stefania quasi si scorda di lui (“Di Fornero non si ricordava
neanche più.”). Fornero è anche chiamato “giovanotto”, termine non più usatissimo
ma sicuramente più comune ai tempi del racconto, che sta a indicare, con vena
scherzosa e familiare, un giovane uomo. Quindi abbiamo una “signora” (donna
sposata) in compagnia di un giovanotto (presumibilmente celibe e forse anche più
giovane della signora). Da notare il momento in cui viene usato il termine
“giovanotto”, cioè in concomitanza con l’incontro con la portinaia che avrebbe
quindi visto la signora in compagnia non di un uomo ma di un “giovanotto”.
Come sono invece nominati gli altri uomini, perché attraverso l’uso di categorie? È
chiaro che ciò su cui vuole attirare l’attenzione il narratore non è tanto la
soggettività dei personaggi, ma la loro esistenza solo in rapporto alla protagonista.
Inoltre le categorie nominate rappresentano una vasta area sociale, si va dal
nottambulo e dal cacciatore, che potrebbero appartenere ad ogni classe sociale,
all’operaio. Ciò che importa nel racconto quindi è l’incontro di Stefania con gli
uomini in generale, la loro specificità sociale non fa altro che arricchirne
l’avventura.
Fase 3: Sintesi
Mostreremo infine come il lavoro di avvicinamento delle fasi precedenti ci abbia
permesso di mettere a fuoco anche le scelte narrative di Calvino. Chiederemo quindi
agli studenti quale delle modalità narrative individuate dal critico letterario G.
Genette (1997: 237) riportate nella tabella 4 e spiegate di seguito, possiamo
osservare nel racconto. Gli studenti potranno osservare come le frasi contenute nella
colonna di sinistra della tabella 3 oscillino tra focalizzazione zero ed esterna, mentre
quelle della colonna di destra possano appartenere sia a una focalizzazione interna
(Stefania) ma anche a una focalizzazione progressiva. Quest’ultima sarà ancora più
evidente se si prederanno in esame le due colonne in modo alternato.
1. a focalizzazione zero a. fissa
Racconto 2. a focalizzazione interna 2. b. variabile
3. a focalizzazione esterna c. multipla
4. a focalizzazione progressiva

tabella 4
La focalizzazione secondo Genette indica il luogo (la persona) nella cui prospettiva
la narrazione è condotta. 1. In cui non si assume mai la prospettiva dei personaggi.
2. In cui si assume la prospettiva dei personaggi: a. quando tutto è visto da un solo
personaggio; b. quando la prospettiva è assunta di volta in volta da più di un
personaggio; c. quando lo stesso avvenimento è visto da più di un personaggio. 3.
Quando il narratore non mostra mai di conoscere pensieri e sentimenti dei
personaggi. 4. In cui i narratori presentano i personaggi dall’esterno e poi
lentamente si accostano alla loro individualità, penetrano i loro pensieri e sentimenti
(cfr. Segre 1985: 27). La tabella 4 potrà poi servire in futuro per altri testi.

5.3.1. Una modalità alternativa: “lettura a scaglioni”

Presentiamo ora una fase, la seconda, del percorso di lavoro che si adatta molto
bene al testo di Calvino. Riteniamo che la tecnica di lettura proposta, che la sua

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autrice, Anna Maria Giuffrida ha sottoposto come verifica di questo modulo durante
il V ciclo del Master, chiama “a scaglioni”, si possa adattare a qualunque tipo di
testo letterario (non troppo lungo ma solo per ragioni di tempo). Si tratta una sorta
di “lettura ravvicinata” (close reading) che cattura e guida gli studenti, fornendo
una modalità di lettura applicabile autonomamente anche ad altri testi.
Servendosi di una presentazione in Powerpoint l’insegnante presenta alla classe il
brano in modo «progressivo» (introduce scaglioni di narrazione uno alla volta
aggiungendoli alla parte di storia già visualizzata) e li legge ad alta voce chiarendo
il significato di eventuali termini sconosciuti. Tra una slide e l’altra sollecita gli
studenti attraverso quesiti mirati ad interpretare il testo, a fare congetture e
anticipazioni sui possibili sviluppi della storia. Quindi, dopo avere mostrato
l’enunciato successivo, li invita a tornare sulle precedenti ipotesi a conferma o meno
della loro plausibilità. Li invita inoltre a registrare la traccia della progressiva co-
costruzione del racconto attraverso un diagramma di flusso.
Fase 2: Lettura intensiva e analisi
(per la Fase 1 è previsto un brainstorming sul termine “avventura”, (cfr. 5.3. Fase
1 A.) (interventi e stimoli dell’insegnante)
(slide 1) “La signora Stefania R. stava rincasando alle sei del mattino. Era la prima volta.”
Era la prima volta che:
▪ Rincasava alle sei del mattino?
▪ Che aveva un’avventura?
▪ Che passava la notte da sola?
▪ Che insieme al marito o ad amici trascorreva un’intera notte fuori
casa?
(slide 2) …“L’auto non si era fermata davanti al portone ma un po’ prima all’angolo.”
Di quale auto si tratta?
▪ Del marito? (no, perché non avrebbe avuto ragione di fermarsi all’angolo,
prima del portone)
▪ Di un tizio che segue la signora?
▪ Di un accompagnatore occasionale?
▪ Di un uomo col quale ha avuto un’avventura?
▪ Di un taxi?
(slide 3) …. “Era stata lei a pregare Fornero che la lasciasse lì,”
Chi non è Fornero? (non è uno sconosciuto, dunque né un possibile pedinatore, né
il tassista)
Chi è Fornero?
▪ Il marito?
▪ Un amante?
▪ Un compagno occasionale?
(slide 4) “…perché non voleva far vedere alla portinaia che mentre il marito era in viaggio lei
rincasava all’alba accompagnata da un giovanotto.”
Qui l’insegnante sottolinea con una pausa più lunga che si è giunti a una tappa
importante che fa scoprire al lettore molti tasselli del racconto. Andando a ritroso
ora sappiamo che: era la prima volta che, mentre il marito era fuori, la signora
Stefania rincasava all’alba accompagnata da un altro uomo di nome Fornero.
Si tratta di un amante? Di un accompagnatore casuale?
(slide 5)… “Fornero, appena spento il motore, fece per cingerle le spalle.”

23
Sembrerebbe trattarsi di un amante: si?…no?
Cosa accadrà adesso?
▪ I due si scambieranno un ultimo abbraccio ?
▪ La signora rifiuterà l’abbraccio?
▪ Sopraggiunge il marito?
(slide 6) …“Stefania R. si tirò indietro,”
Perché S. rifiuta l’abbraccio?
▪ Teme di essere vista?
▪ È a disagio per quel che ha fatto?
(slide 7)… “come se la vicinanza della casa rendesse tutto diverso.”
Stefania rifiuta l’abbraccio perché la vicinanza della casa (il contesto di vita
abituale) le fa vedere l’uomo che ha accanto come “estraneo” e le fa percepire la
situazione come “strana”.
(slide 8) …“Scappò dall’auto con una fretta improvvisa, ….e s’avviò a piedi…il viso sprofondato
nel bavero.”
Ora sappiamo da chi fugge ma non verso dove sia diretta: A casa? Altrove?
(slide 9) …“Era un’adultera?”
A questo punto l’insegnante fa notare che finisce qui la parte introduttiva del
racconto e che quanto seguirà ne costituisce la conclusione. Fa notare inoltre che la
domanda che la signora pone a se stessa, l’autore sembra rivolgerla anche al lettore
e sollecita gli studenti a ricercare il significato/i significati della parola «adultera»
dal latino ad-alterum: “chi va ad altri” (senso lato)
1. donna che, violando la fedeltà coniugale, si dà carnalmente ad altri (senso
specifico)
2. chi manca alla fede promessa divenendo “falso”, “bugiardo” (senso figurato)
(slide 10) …“Stefania capì che era successo qualcosa da cui non poteva più tornare indietro. Questo
suo nuovo modo di stare in mezzo agli uomini, il nottambulo, il cacciatore, l'operaio, la faceva
diversa.”
In quale senso/in quali sensi, tra quelli elencati prima, la signora S. può (o meno)
considerarsi adultera?
L’insegnante invita gli studenti a tirare fin qui le somme: alla luce dell’ultimo
enunciato, l’essere adultera nel senso più comune (interpretazione 2) appare
riduttivo, ma non da escludere. Appare più plausibile e più importante la prima
accezione, e significativa è anche la terza (la signora S. si sente «falsa» cioè
«diversa» rispetto a quella che il marito e i vicini o la portiera conoscono) Dunque
tutte le accezioni sono possibili e hanno senso nel testo. Resta da chiarire
l’accezione che l’epiteto ha per la protagonista:
1. In che senso considera se stessa un’ “adultera”?
2. Chi sono quegli “altri”, quegli uomini? Altri amanti? Esempi di umanità che
vive in una dimensione temporale diversa/insolita perché lavorano di notte?
3. Qual è il nuovo modo…? Perché l’ha resa diversa?
(slide 11) … “Era stato questo il suo adulterio, questo stare sola in mezzo a loro, così, alla pari. Di
Fornero non si ricordava neanche più.
Il portone era aperto. S. R. rincasò in fretta in fretta. La portinaia non la vide.”
L’insegnante invita gli studenti a discutere sull’accezione che a questo punto danno
al termine «adultera». E’ chiaro che, alla luce di quanto detto, il significato letterale
e più banale, (l’avventura amorosa) ha un peso irrilevante e secondario. Si tratta
dunque di un’accezione nuova, insolita (e dotta) del termine adultera: “quella che

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uscendo per un certo lasso di tempo dal proprio ruolo di moglie (donna congiunta
in matrimonio, vincolata, che ha un’identità di coppia) “va ad altri” cioè si accosta
ad “altri” “uomini” nel senso lato del termine, individui facenti parte di un’umanità
“diversa” e non semplicemente a “individui dell’altro sesso” o possibili «partner».
Nello stesso tempo Stefania scopre una realtà interiore «altra», «diversa» e acquista
un’identità nuova.
Fase 3 Sintesi e riflessione meta-letteraria
Gli studenti osservano il tracciato della narrazione (diagramma di flusso), da cui
emerge una struttura ad albero molto ramificata, e rispondono al quesito:
Quale delle due tecniche, secondo voi, utilizza lo scrittore: punta l’attenzione del
lettore direttamente sull’elemento chiave, ovvero lo conduce attraverso la trama del
racconto facendogli esplorare le molteplici possibilità interpretative? Mira ad
interrogare o ad interpretare la realtà?
L’insegnante invita gli studenti a definire l’avventura di cui parla il racconto,
tenendo presenti le definizioni date inizialmente alle quali aggiunge “l’avventura
come esperienza della lettura”
▪ Di quale avventura vi sembra che ci parli il racconto?
▪ E’ possibile darne una descrizione univoca, semplice?
▪ E’ possibile invece che l’autore voglia suggerirci un’avventura in tutte le
accezioni date prima?
▪ Motivate le vostre risposte basandovi sul testo.
▪ E’ possibile, tra le altre accezioni, aggiungere l’avventura come lettura?
▪ Vi siete sentiti partecipi di un’avventura leggendo il brano? Perché?
▪ Credete che il metodo di lettura proposto abbia esaltato il carattere avventuroso
della vostra esperienza di lettori?
Fase 4 Ulteriori spunti di riflessione e sistematizzazione
L’insegnante fornisce del materiale tratto dal saggio di Calvino Una pietra sopra,
per un riscontro di quanto emerso fino a questo punto, mettendo in risalto
l’importanza e la maggiore pregnanza dell’intreccio rispetto alla fabula. Invita
quindi gli studenti ad un’ulteriore riflessione:
È possibile che anche la scrittura possa essere concepita come “avventura”? Perché?
Attraverso la compilazione di una tabella, propone l’accostamento avventura-
lettura-scrittura. A gruppi gli studenti discutono se le caratteristiche indicate nella
prima colonna possono applicarsi o meno a tutte e tre, ed eventualmente
propongono altri elementi di contatto. (cfr. tabella 4)
AVVENTURA LETTURA SCRITTURA
Fatto intimo, personale,
“solitario” ma anche collettivo
e condiviso
Esperienza “segreta” non
immediatamente “visibile” ma
che rende diverso chi la vive
Evento straordinario che ci
porta al di fuori della vita di
tutti i giorni

Tabella 4

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