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Introduzione
Concetto di approccio didattico per competenze in ambito scolastico. -> occasione persa per riflette
su come incrementare il valore dell’esperienza scolastica se si considera il problema della
promozione di competenza come l’ennesimo cambiamento più lessicale che sostanziale. -> come si
può preparare, organizzare, condurre l’insegnamento per aiutare gli studenti a costruire
competenze?
STUDIO DI BERNARD REY: gli alunni vengono sottoposti a tre tipi di prove, con livello di difficoltà
decrescente: nel primo caso si richiede lo svolgimento di compiti complessi e relativamente nuovi,
che esigono la mobilizzazione integrata ed autonoma di un numero significativo di procedure, poi si
richiedono compiti più semplici, in cui si deve lo stesso interpretare il compito ma esso evoca
apprendimenti più specifici e non richiede di combinare più operazioni, alla fine si richiede di
eseguire le operazioni di base implicate nel compito complesso in forma decontestualizzata.
➔ Risultati: la maggior parte degli alunni di fronte ai compiti complessi ha vere e proprie
difficoltà, mentre i tassi di successo crescono a mano a mano che si passa alla seconda e alla
terza fase.
2. Integrazione = integrare i saperi appresi per affrontare compiti complessi
Non si tratta di un’operazione di semplice transfert (transfert = conoscenza portabile, utilizzabile
cosi come è stata appresa nell’ambito di situazioni con forte analogia con quella d’acquisizione), le
conoscenze nel momento dell’integrazione devono essere trasformate, non solamente spostate.
Distinzione tra transfert:
• Orizzontale: applicazione di apprendimenti in contesti nuovi ma simili e di pari complessità
• Verticale: impiegare apprendimenti relativamente semplici in forma combinata per
affrontare compiti di difficoltà superiore
È importante che gli apprendimenti acquisiti siano in sé trasferibili orizzontalmente, ma il vero e
proprio esercizio della competenza avviene attraverso la connessione tra più apprendimenti
stabilmente acquisiti e trasferibili che interagiscono influenzandosi tra loro in funzione della
situazione da risolvere.
La competenza infatti non è una somma di saperi e apprendimenti ma è una combinazione di essi che
diventa un sistema in cui ogni elemento è modificato dagli altri.
Distinzione tra integrazione e sintesi degli apprendimenti:
• Integrazione degli apprendimenti = un soggetto è in grado di rendere interdipendenti diversi
elementi che all’inizio erano dissociati (interdipendenza) per farli funzionare in maniera
articolata (coordinazione) in funzione di un obiettivo dato (finalizzazione).
L’integrazione mira ad affrontare una situazione precisa, e può raggiungere anche un certo
grado di realizzazione automatica. L’integrazione è sempre finalizzata in relazione ad una
situazione o ad un compito.
• Sintesi degli apprendimenti = un soggetto è in grado di individuare legami tra differenti
contenuti in modo da rielaborarli in un tutto complessivo attraverso un approccio originale e
personale. La sintesi scaturisce sempre da un atto volontario e cosciente, ma non sempre
questo processo intellettuale è finalizzato, può essere a volte anche gratuito.
Uno dei maggiori motivi a favore dell’introduzione del paradigma della competenza è il favorire la
motivazione degli alunni, restituendo significato ai saperi scolastici in quanto finalizzati ad arricchire
le possibilità di azione degli allievi, non solo in senso strettamente pragmatico, ma anche in
relazione a problemi interni al sapere stesso. -> ma… una concezione della competenza
esclusivamente centrata sull’utilizzabilità presenterebbe delle difficoltà: perché non sempre è facile
far cogliere agli studenti l’uso sociale del sapere (es. storia) e si rischierebbe così di escludere
dall’insegnamento ciò che non evidentemente utile nella pratica (es. validazione di teorie,
operazioni di ricerca ecc.), rischiando di non riconoscere pienamente le valenze intrinsecamente
formative dei saperi.
Inoltre sarebbe difficoltoso stabilire quali sono le competenze da considerare socialmente utili, data
la mutevolezza della società.
➔ Occorre invece soffermarsi sulla natura dei saperi come aggregati di competenze (ogni campo
del sapere implica competenze ad esso specifiche) -> ogni ambito di conoscenza è costituito
da enunciati, non disgregati tra loro, ma in relazione, che formano la struttura del sapere.
➔ Ogni sapere richiede l’acquisizione di competenze di base fondamentali per l’attivazione di
competenze di livello complesso.
➔ Occorre restituire agli studenti l’idea del sapere come risorsa per risolvere problemi.
Testualità come orizzonte d’azione -> la dimensione testuale distingue le competenze scolastiche
da quelle extrascolastiche, a scuola infatti l’apprendimento che si realizza ha la caratteristica di
essere messo in parola -> l’alunno deve tener conto sempre di un certo destinatario a cui l’azione
deve essere presentata in forma trasparente ed esplicita grazie all’adozione del linguaggio.
Esempi didattici di Rey:
scuola dell’infanzia -> la bambina indica il biscotto, la maestra vuole che lei formuli una frase
scuola primaria -> occorre considerare sempre la componente testuale di un problema matematico,
anche quando esso rinvia ad una esperienza extrascolastica
Agire in situazione
Nell’ambito delle posizioni che riconoscono nel potere di agire un elemento centrale nella
definizione della competenza, si assume la competenza come potenziale di trattamento efficace in
una situazione appartenente ad una famiglia di situazioni e si individuano cinque dimensioni
costitutive di questo agire:
1. Quadro situazionale: precisa la famiglia della situazione, definendone le proprietà comuni
con altre situazioni e precisa le circostanze costituenti di quella situazione (dati, vincoli,
ostacoli)
2. Campo d’esperienza: azioni svolte dal soggetto in situazioni più o meno simili e conoscenze
pregresse possedute dal soggetto
3. Quadro delle risorse mobilizzabili: risorse personali (cognitive, conative, fisico-corporee),
risorse specifiche proprie della situazione e risorse esterne (sono risorse che devono essere
utilizzate per risolvere la situazione ma non sono incluse in essa)
4. Quadro di azione: precisa le categorie d’azione, le azioni concrete, un trattamento che
articola gli elementi della situazione ad un certo numero di risorse disponibili
5. Quadro valutativo: precisa il trattamento competente o atteso e i criteri che ne permettono
la verifica
Questa rappresentazione cristallizzata e generale descrive globalmente come una persona gestisce la
propria azione in situazione sviluppando una competenza. -> ma è importante non dimenticare che
ogni competenza messa in atto da un soggetto è unica, e all’interno alla stessa famiglia di situazioni
le competenze sono difficilmente isomorfe (struttura simile) ma sono quasi-isomorfe.
Attraverso questo quadro concettuale è possibile però identificare gli elementi fondatori
dell’esperienza .
➔ Esigenza di instaurare nella scuola un nuovo paradigma per reintrodurre nelle aule il senso
degli apprendimenti affinché gli alunni costruiscano competenze: approccio situato alla
competenza -> pone al centro dell’attenzione la costruzione della competenza enattiva
(costruita da una persona, in situazione, nel corso dell’azione) -> il fondamento dei
programmi di studio non è più il contenuto disciplinare ma si concretizza attraverso le classi
di situazioni.
A scuola ci si può attendere che i bambini imparino facilmente ad eseguire compiti semplici e
decontestualizzati, al contrario però è molto probabile che una buona parte presenti difficoltà nel
risolvere compiti che richiedono l’impiego di conoscenze, di logiche, di procedure non replicative,
dove occorre combinare apprendimenti diversi.
Di fronte a queste difficoltà a livello teorico è opportuno distinguere livelli o gradi diversi di
competenza, che non vanno visti in termini di “tutto o niente”, ma che si raggiungono per tappe.
➔ Distinzione di livelli di competenza in relazione al contesto e al momento
dell’apprendimento:
1. Competenze di base -> sono quelle competenze necessarie da padroneggiare per affrontare
gli apprendimenti successivi. Il numero delle competenze di base da apprendere previste per
anno per disciplina deve essere 5-6, non di più. Le competenze di base servono anche per
stabilire la soglia di riuscita minima per la valutazione.
2. Competenze di perfezionamento -> sono quelle competenze non necessarie per l’acquisizione
degli apprendimenti successivi, possono essere competenze aggiuntive oppure competenze di
base con livelli di padronanza più elevati.
3. Competenze d’integrazione -> il discente non solo padroneggia le singole competenze ma è
anche in grado di integrarle tra loro, tale livello è detto obiettivo terminale d’integrazione,
ma esistono differenti forme possibili di integrazione degli apprendimenti:
• Specializzazione disciplinare: integrazione di saperi all’interno di un campo disciplinare
• Integrazione situazionale: integrazione massima tra capacità sviluppate in maniera
sistematica, conoscenze puntuali e situazioni, implica quindi quella che viene chiamata
“intelligenza delle situazioni” -> rispetto all’esperto di integrazione disciplinare, si
possiedono minori conoscenze ma si è in grado di agire sempre in maniera adeguata.
Secondo Michele Pellerey, l’acquisizione di una competenza non è questione di “tutto o niente”, va
quindi considerata la natura composita di una competenza, che può attivare conoscenze, abilità e
attitudini, che il discente può possedere secondo diversi gradi di sicurezza e profondità. Le
competenze quindi possono essere caratterizzate da una minore o maggiore vastità e profondità
delle conoscenze necessarie, da una minore o maggiore complessità e generalizzabilità delle abilità,
da una minore o maggiore incisività e pervasività degli atteggiamenti.
Secondo Jacques Tardif lo sviluppo della competenza andrebbe visto il puù possibile come conquista
progressiva e nei contesti educativi formarli è necessario disporre di strumenti per poter leggere
questa progressione ovvero modelli di sviluppo di una specifica competenza.
(esempi: sviluppo della competenza comunicativa, sviluppo della competenza nella ricerca, sviluppo
della competenza etica personale).
I quadri di sviluppo che Tardif propone, afferma lui stesso, non devono essere considerati modelli
rigorosi, idealmente sarebbe opportuno disporre di quadri che derivano da ricerche mirate a
comprendere lo sviluppo della competenza.
Tardif consiglia di adottare una scala in sei tappe: debuttante, novizio, intermedio, competente,
maestro, esperto, in cui a ciascun livello corrisponde un apprendimento particolare che segna il
passaggio al livello successivo. Con questa gradualità la scala di Tardif ha il pregio di non fermarsi al
livello competente ma di proseguire fino all’esperto, appropriato nei contesti di apprendimento in
età adulta.
2. Utilizzare le conoscenze
Esistono altri processi logici, di complessità maggiore, che ogni allievo dovrebbe possedere per
riuscire a manipolare le conoscenze e anche se a scuola vengono messi in atto spontaneamente, il
loro insegnamento non può essere dato per scontato. Le operazioni logiche di secondo livello di
cui la scuola dovrebbe promuovere lo sviluppo sono:
- Processi decisionali -> applicare criteri per operare scelte fra alternative apparentemente
equivalenti, è importante perché per operare essa esige un’ampia conoscenza dei contenuti e
quindi promuove la costruzione di una solida e ampia base conoscitiva
- Processi di problem solving -> superare vincoli o condizioni restrittive nel perseguimento di
obiettivi, esige il possesso delle conoscenze necessarie e la motivazione ad acquisire nuovi
apprendimenti.
- I processi di invenzione -> sviluppare e creare prodotti originali in risposta a bisogni o per
superare ostacoli, la libertà e la creatività distinguono l’invenzione dal problem solving. A
scuola è importante proporre agli studenti compiti che prevedano la messa in gioco di
processi di attivazione riferiti a contenuti disciplinari. Non è solo importante che gli studenti
imparino a mettere in atto tali processi, ma anche come e quando attivarli.
- I processi di indagine sperimentale -> generare e testare spiegazioni circa fenomeni osservati,
a scuola permette di partire dalle proprie conoscenze per spiegare fenomeni in maniera
valida secondo il ragionamento scientifico (osservazione fenomeno, formulazione di
un’ipotesi, elaborazione di previsioni future, prova sperimentale), in ambito scolastico questo
metodo non piò essere applicato solamente all’ambito scientifico, ma anche a quello
umanistico.
- I processi di investigazione -> trovare e utilizzare informazioni che permettono di mettere a
fuoco aspetti oscuri o per acquisire elementi di conoscenza mancanti, a scuola si mette in
atto attraverso ricerche e indagini.
- La logica sistematica -> cogliere la realtà secondo la prospettiva che individua nella
complessità interconnessa il principale tratto qualificante, a scuola è opportuno per
avvicinare i ragazzi all’interpretazione di fenomeni (sociali, economici ecc.) tenendo conto
degli aspetti dinamici ed evolutivi.
È importante insegnare questi anche questi processi logici di secondo livello coinvolgendo più ambiti
del sapere, benché non si escluda un loro uso monotematico. L’insegnamento deve partire sempre da
esempi concreti, poi si passa all’analisi della struttura dei processi logici e infine si passa alla
sperimentazione. Occorre guidare sempre gli studenti a riconoscere i punti di criticità, avvalendosi di
supporti diversi e proponendo esercizi di consolidamento dapprima più strutturati e poi sempre più
liberi.