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A SCUOLA DI COMPETENZE

Introduzione
Concetto di approccio didattico per competenze in ambito scolastico. -> occasione persa per riflette
su come incrementare il valore dell’esperienza scolastica se si considera il problema della
promozione di competenza come l’ennesimo cambiamento più lessicale che sostanziale. -> come si
può preparare, organizzare, condurre l’insegnamento per aiutare gli studenti a costruire
competenze?

INTERPRETARE GLI APPRENDIMENTI, AGIRE IN SITUAZIONE


Un concetto da affinare
Competenza come criterio-guida -> problema del passaggio dalla delimitazione di un concetto di
carattere generale alla definizione di un costrutto.
➔ La competenza è quindi una forma di apprendimento che a scuola può essere conseguita in
relazione e attraverso i saperi disciplinari, mentre in situazioni informali essi possono essere
minori o addirittura assenti.
Insegnare per promuovere la competenza a scuola implica muoversi in un orizzonte formativo
tendenzialmente più ampio (“a tutto campo”), implica fare scelte didattiche all’insegna di una
maggiore continuità scuola-vita, proponendo ai ragazzi esperienze di apprendimento immersive,
garantendo uno spazio di ritorno riflessivo sul proprio agire e apprendere, con possibilità costruttive
di errore.
Esistono due proposte di lettura del costrutto di competenza:
• I cognitivisti vedono la competenza in relazione alle operazioni mentali coinvolte, quindi
enfatizzano la nozione di mobilizzazione integrata di apprendimenti
• I costruttivisti-piagetiani vedono la competenza in quanto azione, si riferiscono quindi ad una
matrice interpretativa socio-costruttivista e si focalizzano sulla dialettica soggetto-contesto

I cognitivisti: mobilizzazione integrata di apprendimenti


➔ Competenza = mobilizzazione integrata di apprendimenti che una persona è in grado di
operare in autonomia per risolvere problemi di una certa complessità.
➔ Un soggetto è competente quando sa attingere dal proprio patrimonio di acquisizioni quelle
richieste dal compito ala fine di costruire una strategia risolutiva.
L’esercizio di una competenza implica tre dimensioni: l’attivazione, l’integrazione e la
focalizzazione.
1. Attivazione = capacità di attivare per scelta autonoma quanto si è acquisito per affrontare
problemi complessi.
La difficoltà negli studenti sta nel riconoscere “quado”, “come”, “perché” attivare ciò che hanno
acquisito, a causa del progressivo allontanamento tra la scuola, con i saperi puntuali e distinti e la
vita con le esperienze, nelle quali i saperi vanno impiegati in maniera consapevole e finalizzata.

STUDIO IN BELGIO: valutazione dell’acquisizione di competenze matematiche in due metodi diversi e


in tempi diversi. Prima in una situazione di risoluzione di problemi complessi in cui lo studente
doveva attivare autonomamente gli apprendimenti e in seguito in maniera decontestualizzata, in
compiti più semplici che già indicavano esplicitamente le conoscenze da richiamare.
Risultati prima esperienza: il tasso di omissioni di ogni operazione da operare è stato sempre
notevolmente superiore al tasso d’errore.
Risultati seconda esperienza: tasso di omissione minore rispetto al tasso di errore.
➔ Più la situazione è complessa e la situazione di lavoro aperta o indiretta tanto maggiore è la
difficoltà a riconoscere le operazioni da attivare.

STUDIO DI BERNARD REY: gli alunni vengono sottoposti a tre tipi di prove, con livello di difficoltà
decrescente: nel primo caso si richiede lo svolgimento di compiti complessi e relativamente nuovi,
che esigono la mobilizzazione integrata ed autonoma di un numero significativo di procedure, poi si
richiedono compiti più semplici, in cui si deve lo stesso interpretare il compito ma esso evoca
apprendimenti più specifici e non richiede di combinare più operazioni, alla fine si richiede di
eseguire le operazioni di base implicate nel compito complesso in forma decontestualizzata.
➔ Risultati: la maggior parte degli alunni di fronte ai compiti complessi ha vere e proprie
difficoltà, mentre i tassi di successo crescono a mano a mano che si passa alla seconda e alla
terza fase.
2. Integrazione = integrare i saperi appresi per affrontare compiti complessi
Non si tratta di un’operazione di semplice transfert (transfert = conoscenza portabile, utilizzabile
cosi come è stata appresa nell’ambito di situazioni con forte analogia con quella d’acquisizione), le
conoscenze nel momento dell’integrazione devono essere trasformate, non solamente spostate.
Distinzione tra transfert:
• Orizzontale: applicazione di apprendimenti in contesti nuovi ma simili e di pari complessità
• Verticale: impiegare apprendimenti relativamente semplici in forma combinata per
affrontare compiti di difficoltà superiore
È importante che gli apprendimenti acquisiti siano in sé trasferibili orizzontalmente, ma il vero e
proprio esercizio della competenza avviene attraverso la connessione tra più apprendimenti
stabilmente acquisiti e trasferibili che interagiscono influenzandosi tra loro in funzione della
situazione da risolvere.
La competenza infatti non è una somma di saperi e apprendimenti ma è una combinazione di essi che
diventa un sistema in cui ogni elemento è modificato dagli altri.
Distinzione tra integrazione e sintesi degli apprendimenti:
• Integrazione degli apprendimenti = un soggetto è in grado di rendere interdipendenti diversi
elementi che all’inizio erano dissociati (interdipendenza) per farli funzionare in maniera
articolata (coordinazione) in funzione di un obiettivo dato (finalizzazione).
L’integrazione mira ad affrontare una situazione precisa, e può raggiungere anche un certo
grado di realizzazione automatica. L’integrazione è sempre finalizzata in relazione ad una
situazione o ad un compito.
• Sintesi degli apprendimenti = un soggetto è in grado di individuare legami tra differenti
contenuti in modo da rielaborarli in un tutto complessivo attraverso un approccio originale e
personale. La sintesi scaturisce sempre da un atto volontario e cosciente, ma non sempre
questo processo intellettuale è finalizzato, può essere a volte anche gratuito.

3. Focalizzazione = vedere il problema, riconoscendone gli ostacoli e le sfide che esso


comporta.
Per agire in maniera adeguata in una situazione occorre costruirsi una rappresentazione,
una rappresentazione infatti permette di generare inferenze che sostengono la comprensione
della situazione e l’impiego delle conoscenze necessarie.
La rappresentazione di una situazione infatti è un elemento attivatore di schemi di risposta
(schema di risposta = organizzazione invariante di attività riferite ad una classe di situazioni
date) -> lo schema subirà delle variazioni per adattarsi alle diverse situazioni appartenenti
alla medesima categoria, lo schema svolge la funzione di elemento guida nella selezione e
costruzione delle combinazioni da attivare.
La focalizzazione si struttura in due fasi: prima il soggetto si rappresenta la situazione in
maniera intuitiva, in secondo momento esamina le rappresentazioni prima evocate e le
analizza su base logico-razionale per comprendere le caratteristiche e la portata del
problema.
➔ Rappresentazione operatoria: è una rappresentazione che scaturisce da un processo di
astrazione che prende in considerazione soltanto ciò che è utile all’azione, privilegiando
solamente le caratteristiche della situazione che gli sono utili a risolvere il problema.
Quali sono in prospettiva didattica le situazioni problematiche in grado di attivare la competenza?
Per Roegiers la situazione deve essere relativamente nuova per sviluppare una competenza, occorre
quindi identificare un ambito relativamente ristretto di situazioni, con una varietà che è limitata
dalla presenza di caratteristiche strutturali simili. Secondo Roegiers inoltre le competenze non sono
trasversali, la stessa competenza può in qualche caso riguardare discipline diverse ma essa si esplica
in modi diversi.
Per Crahay la competenza è attivata dalla soluzione di situazioni complesse, ma occorre anche
prestare attenzione a non promuovere una “pedagogia del limite” in cui contano di più le situazioni
di crisi di quelle ordinarie.

I costruttivisti: potenzialità di azione


➔ Un soggetto è competente quando possiede un potenziale d’azione che gli consente di
intervenire per modificare una famiglia di situazioni che sono tipiche di un certo campo
d’esperienza.
➔ Il principale fondamento per concettualizzare una competenza è quindi la dialettica soggetto-
contesto
➔ Nel momento in cui si stabiliscono gli obiettivi formativi e le attività didattiche non può venir
meno il riferimento ai contesti che danno significato all’esperienza

Svolgere efficacemente un compito scolastico


• Competenza = saper mettere in campo un’azione tesa ad un fine ed avente un significato per
l’attore e per il contesto in cui egli si muove.
• Una competenza può essere articolata se si considera dal punto di vista delle sue
componenti, ma è omogenea in relazione alla sua finalità -> è il compito che conferisce alla
competenza la sua unità.
• Può esserci un rapporto inclusivo tra competenze: quando competenze più generali si
articolano in competenze che rinviano a compiti parziali, ma l’importante è che compito e
competenza siano sempre unità funzionali.
Nell’approccio per obiettivi vi è il rischio di forte parcellizzazione e di perdita di significatività, gli
alunni faticano a comprendere il senso degli apprendimenti -> differenza tra mirare a raggiungere
obiettivi e mirare a promuovere una competenza: lavorando per apprendere una competenza i
compiti proposti hanno un forte significato globale e la loro funzionalità è evidente per l’allievo.
Apprendendo per competenze si sottolinea poi la disposizione a fare -> vera e propria
mobilizzazione del soggetto, di ordine mentale o fisico, per perseguire un fine.

Uno dei maggiori motivi a favore dell’introduzione del paradigma della competenza è il favorire la
motivazione degli alunni, restituendo significato ai saperi scolastici in quanto finalizzati ad arricchire
le possibilità di azione degli allievi, non solo in senso strettamente pragmatico, ma anche in
relazione a problemi interni al sapere stesso. -> ma… una concezione della competenza
esclusivamente centrata sull’utilizzabilità presenterebbe delle difficoltà: perché non sempre è facile
far cogliere agli studenti l’uso sociale del sapere (es. storia) e si rischierebbe così di escludere
dall’insegnamento ciò che non evidentemente utile nella pratica (es. validazione di teorie,
operazioni di ricerca ecc.), rischiando di non riconoscere pienamente le valenze intrinsecamente
formative dei saperi.
Inoltre sarebbe difficoltoso stabilire quali sono le competenze da considerare socialmente utili, data
la mutevolezza della società.
➔ Occorre invece soffermarsi sulla natura dei saperi come aggregati di competenze (ogni campo
del sapere implica competenze ad esso specifiche) -> ogni ambito di conoscenza è costituito
da enunciati, non disgregati tra loro, ma in relazione, che formano la struttura del sapere.
➔ Ogni sapere richiede l’acquisizione di competenze di base fondamentali per l’attivazione di
competenze di livello complesso.
➔ Occorre restituire agli studenti l’idea del sapere come risorsa per risolvere problemi.

Testualità come orizzonte d’azione -> la dimensione testuale distingue le competenze scolastiche
da quelle extrascolastiche, a scuola infatti l’apprendimento che si realizza ha la caratteristica di
essere messo in parola -> l’alunno deve tener conto sempre di un certo destinatario a cui l’azione
deve essere presentata in forma trasparente ed esplicita grazie all’adozione del linguaggio.
Esempi didattici di Rey:
scuola dell’infanzia -> la bambina indica il biscotto, la maestra vuole che lei formuli una frase
scuola primaria -> occorre considerare sempre la componente testuale di un problema matematico,
anche quando esso rinvia ad una esperienza extrascolastica

Agire in situazione
Nell’ambito delle posizioni che riconoscono nel potere di agire un elemento centrale nella
definizione della competenza, si assume la competenza come potenziale di trattamento efficace in
una situazione appartenente ad una famiglia di situazioni e si individuano cinque dimensioni
costitutive di questo agire:
1. Quadro situazionale: precisa la famiglia della situazione, definendone le proprietà comuni
con altre situazioni e precisa le circostanze costituenti di quella situazione (dati, vincoli,
ostacoli)
2. Campo d’esperienza: azioni svolte dal soggetto in situazioni più o meno simili e conoscenze
pregresse possedute dal soggetto
3. Quadro delle risorse mobilizzabili: risorse personali (cognitive, conative, fisico-corporee),
risorse specifiche proprie della situazione e risorse esterne (sono risorse che devono essere
utilizzate per risolvere la situazione ma non sono incluse in essa)
4. Quadro di azione: precisa le categorie d’azione, le azioni concrete, un trattamento che
articola gli elementi della situazione ad un certo numero di risorse disponibili
5. Quadro valutativo: precisa il trattamento competente o atteso e i criteri che ne permettono
la verifica
Questa rappresentazione cristallizzata e generale descrive globalmente come una persona gestisce la
propria azione in situazione sviluppando una competenza. -> ma è importante non dimenticare che
ogni competenza messa in atto da un soggetto è unica, e all’interno alla stessa famiglia di situazioni
le competenze sono difficilmente isomorfe (struttura simile) ma sono quasi-isomorfe.
Attraverso questo quadro concettuale è possibile però identificare gli elementi fondatori
dell’esperienza .
➔ Esigenza di instaurare nella scuola un nuovo paradigma per reintrodurre nelle aule il senso
degli apprendimenti affinché gli alunni costruiscano competenze: approccio situato alla
competenza -> pone al centro dell’attenzione la costruzione della competenza enattiva
(costruita da una persona, in situazione, nel corso dell’azione) -> il fondamento dei
programmi di studio non è più il contenuto disciplinare ma si concretizza attraverso le classi
di situazioni.

Il sistema PAS (persona-azione-situazione) serve per intendere la competenza come il risultato di un


processo in cui, persona, azione e situazione formano un tutto contestuale. -> la competenza quindi
va colta nel processo di transazione tra soggetto e situazione attraverso l’azione.
La situazione non esiste “prima”, ma esiste soltanto attraverso la persona, le sue azioni e le sue
esperienze.
Quando la persona considera il trattamento della situazione temporaneamente riuscito allora la
competenza enattiva si sviluppa. In seguito essa può evolvere, distanziandosi dal processo messo in
atto, ricostruendolo e mettendolo in parola la competenza diviene competenza esplicitata e
attraverso questo processo il soggetto interiorizza il trattamento competente e lo fa proprio. Una
competenza esplicitata può allora essere generalizzata e applicata a situazioni nuove.
SINTESI:
1. la competenza è ancorata nella situazione, la persona agisce e riconosce il trattamento come
valido -> competenza enattiva
2. la competenza è riferita alla situazione, ma viene riflessa al di fuori attraverso
l’esplicitazione e l’interiorizzazione -> competenza riflessa ed esplicitata
3. il soggetto adatta la competenza ad altre situazioni della stessa famiglia -> competenza
generalizzata

PROCESSUALITA’ E LIVELLI DI COMPETENZA

A scuola ci si può attendere che i bambini imparino facilmente ad eseguire compiti semplici e
decontestualizzati, al contrario però è molto probabile che una buona parte presenti difficoltà nel
risolvere compiti che richiedono l’impiego di conoscenze, di logiche, di procedure non replicative,
dove occorre combinare apprendimenti diversi.
Di fronte a queste difficoltà a livello teorico è opportuno distinguere livelli o gradi diversi di
competenza, che non vanno visti in termini di “tutto o niente”, ma che si raggiungono per tappe.
➔ Distinzione di livelli di competenza in relazione al contesto e al momento
dell’apprendimento:
1. Competenze di base -> sono quelle competenze necessarie da padroneggiare per affrontare
gli apprendimenti successivi. Il numero delle competenze di base da apprendere previste per
anno per disciplina deve essere 5-6, non di più. Le competenze di base servono anche per
stabilire la soglia di riuscita minima per la valutazione.
2. Competenze di perfezionamento -> sono quelle competenze non necessarie per l’acquisizione
degli apprendimenti successivi, possono essere competenze aggiuntive oppure competenze di
base con livelli di padronanza più elevati.
3. Competenze d’integrazione -> il discente non solo padroneggia le singole competenze ma è
anche in grado di integrarle tra loro, tale livello è detto obiettivo terminale d’integrazione,
ma esistono differenti forme possibili di integrazione degli apprendimenti:
• Specializzazione disciplinare: integrazione di saperi all’interno di un campo disciplinare
• Integrazione situazionale: integrazione massima tra capacità sviluppate in maniera
sistematica, conoscenze puntuali e situazioni, implica quindi quella che viene chiamata
“intelligenza delle situazioni” -> rispetto all’esperto di integrazione disciplinare, si
possiedono minori conoscenze ma si è in grado di agire sempre in maniera adeguata.

➔ Bernard Rey ipotizza una progressione in tre livelli di competenza:


1. Competenze elementari: saper eseguire un’operazione in risposta ad un segnale.
2. Competenze elementari con inquadramento: saper svolgere un compito che richiede
interpretazione e comprensione per scegliere la competenza da attivare.
3. Competenze complesse: saper svolgere un compito che inoltre richiede la combinazione
di diverse procedure, che devono essere modificate e adattate le une alle altre.
La distinzione in gradi di competenza va comunque sempre posta in relazione alle
caratteristiche e all’esperienza dei discenti.

Secondo Michele Pellerey, l’acquisizione di una competenza non è questione di “tutto o niente”, va
quindi considerata la natura composita di una competenza, che può attivare conoscenze, abilità e
attitudini, che il discente può possedere secondo diversi gradi di sicurezza e profondità. Le
competenze quindi possono essere caratterizzate da una minore o maggiore vastità e profondità
delle conoscenze necessarie, da una minore o maggiore complessità e generalizzabilità delle abilità,
da una minore o maggiore incisività e pervasività degli atteggiamenti.

Michele Pellerey, rifacendosi sostanzialmente a quanto proposto da B. Rey, propone di considerare


almeno tre fasi di progressione per l’acquisizione della competenza:
1. Consolidamento: acquisizione sufficientemente autonoma degli apprendimenti di base
2. Trasferimento: saper evocare gli apprendimenti all’occorrenza quando richiesto dalla
situazione
3. Integrazione: saper orchestrare più apprendimenti insieme, costruendo una vera e propria
strutture o rete di risorse
Ognuna di queste tappe, a sua volta, può essere percorsa con gradualità da uno studente e
l’insegnante può dotarsi di strumenti per leggere tale progressione.

Secondo Jacques Tardif lo sviluppo della competenza andrebbe visto il puù possibile come conquista
progressiva e nei contesti educativi formarli è necessario disporre di strumenti per poter leggere
questa progressione ovvero modelli di sviluppo di una specifica competenza.
(esempi: sviluppo della competenza comunicativa, sviluppo della competenza nella ricerca, sviluppo
della competenza etica personale).
I quadri di sviluppo che Tardif propone, afferma lui stesso, non devono essere considerati modelli
rigorosi, idealmente sarebbe opportuno disporre di quadri che derivano da ricerche mirate a
comprendere lo sviluppo della competenza.
Tardif consiglia di adottare una scala in sei tappe: debuttante, novizio, intermedio, competente,
maestro, esperto, in cui a ciascun livello corrisponde un apprendimento particolare che segna il
passaggio al livello successivo. Con questa gradualità la scala di Tardif ha il pregio di non fermarsi al
livello competente ma di proseguire fino all’esperto, appropriato nei contesti di apprendimento in
età adulta.

I PRESUPPOSTI DELLA COMPETENZA: LA COSTRUZIONE DI CONOSCENZA


Secondo il quadro europeo delle qualifiche, una competenza è la capacità di usare conoscenze,
abilità e capacità personali, sociali e/o metodologiche, in situazioni di lavoro/studio, e nello
sviluppo professionale/personale.
Guy Le Bolterf afferma che perché si possa agire con competenza occorre la presenza di un insieme d
condizioni favorevoli che riguardano il saper agire, il voler agire e il poter agire. Per la competenza
occorre quindi l’instaurarsi di una sinergia tra risorse interne o personali e risorse esterne o
contestuali.
Risorse interne:
saper agire -> occorre promuove l’acquisizione di una base solida e articolata di acquisizioni,
l’acquisizione di schemi, lo sviluppo di capacità logico-riflessive e meta-cognitive
voler agire -> la dimensione conativa che coinvolge la motivazione, l’attribuire senso alle situazioni,
le disposizioni emotivo-affettive, la fiducia, il coraggio, il perseverare, le disposizioni socio-
relazionali che permettono l’interpretazione di problemi con altri e l’integrazione mente-corpo.
➔ Quali sono quindi i criteri per scegliere contenuti scolastici coerenti con l’esigenza di
promuovere negli studenti il potere di agire?
Dai contenuti alle conoscenze
Uno dei compiti principali della scuola è favorire negli alunni l’acquisizione di conoscenze.
Conoscenza = insieme delle rappresentazioni del mondo che il soggetto si forma integrando le proprie
esperienze con gli stimoli conoscitivi del sapere codificato.
Occorre far riferimento a dei criteri di scelta e di organizzazione dei contenuti disciplinari? Un
criterio da seguire consiste nel valorizzare i saperi che hanno una particolare valenza metodologica o
di base:
• Saperi finalizzati: presentano una chiara utilità per affrontare le situazioni di vita
• Saperi metodologici: non servono direttamente nelle situazioni correnti, ma servono per
costruire i saperi finalizzati
Il docente deve definire unità/strutture di sapere disciplinare da proporre, tenendo conto delle
azioni mentali e corporeo-operative che sollecitano e le conoscenze che vanno acquisite, includendo
una certa consapevolezza delle circostanze e dei modi attraverso cui questi saperi possono essere
impiegati.
I docenti possono trovare supporto in concettualizzazioni fondate sullo studio dei processi di
apprendimento. Secondo la categorizzazione classica delle conoscenze esse vengono distinte in:
• Conoscenze dichiarative, corrisponde al “sapere che”, sono conoscenze di ordine fattuale,
riferite a dati o fenomeni
• Conoscenze procedurali, corrisponde al “sapere come”, sono conoscenze che permettono la
realizzazione dell’azione, come procedure, principi pratico-operativi ma anche logico-
cognitivi
• Conoscenze condizionali, riguarda le condizioni in cui una data azione può avvenire
Queste sono tre tipi di conoscenze indipendenti tra loro ma strettamente connesse nel momento
in cui sono attivate nell’ambito della competenza.
Secondo dei ricercatori statunitensi (Robert Marzano, Debra Pickering e collaboratori) per i docenti
deve essere centrale l’impiego che gli studenti possono fare di quanto hanno appreso e questo
secondo loro dipende proprio dal grado di integrazione tra conoscenze dichiarative e procedurali. Per
comprendere un esperimento infatti occorre comprendere i passaggi logico-operativi ma è essenziale
anche possedere una conoscenza dell’argomento.
I ricercatori statunitensi ritengono sia importante proporre le conoscenze dichiarative in forma
organizzata, essi hanno identificato quindi sei tipoloogie di schemi a cui l’insegnante può fare
riferimento per promuovere un’acquisizione.
1. Descrizione di persone, luoghi, idee o eventi
2. Sequenze temporali che pongono in relazione due eventi o più eventi
3. I processi e le relazioni di causa-effetto, che organizzano le informazioni attraverso una rete
causale
4. Episodi o eventi specifici, partendo da riferimenti alla collocazione spazio-temporale, agli
attori, alla durata, ai protagonisti, alla sequenza di eventi ecc.
5. Generalizzazioni, da cui possono essere ricavati esempi o principi oppure per mettere in
relazione luoghi o classi di situazioni specifiche
6. Concetti indicati con termini che evocano una o più classi di persone/luoghi/essere viventi/
eventi ecc.
È importante distinguere: conoscenza dichiarativa di un concetto è diverso da conoscenza
dichiarativa di un termine, la prima infatti indica una conoscenza ampia e approfondita della parola
e include la capacità di individuarne le caratteristiche chiave e di fare esempi, mentre con la
seconda si intende una generale ma precisa comprensione del termine.

Strategie per favorire l’acquisizione di conoscenze dichiarative, da integrare tra loro:


1. Costruire significato: gli studenti devono essere nella condizione di attivarsi, e spesso questo
avviene spontaneamente attraverso l’utilizzo delle proprie preconoscenze, che durante
un’esposizione (es. documentario), permettono di prevedere i contenuti, di modificare le
conoscenze pregresse attraverso il confronto.
È opportuno che l’insegnante sostenga questa attività spontanea attraverso delle strategie:
• Aiutare gli studenti a comprendere che cosa significhi costruire il significato: aiutando gli
studenti a riconoscere il significato delle diverse strategie adoperate per favorire
l’acquisizione attraverso la loro esplicitazione.
• Utilizzare la “pausa dei tre minuti”: ogni dieci/quindici minuti interrompere l’attività
didattica per dei momenti di riflessione in piccoli gruppi, attraverso stimoli piuttosto aperti
oppure più strutturati.
• Aiutare gli studenti ad appropriarsi dei contenuti utilizzando una varietà di sensi: più
numerosi sono i sensi attivati attraverso l’utilizzo di immagini, film, registrazioni, analisi di
odori ecc., più gli studenti ricorderanno meglio.
• Aiutare gli studenti a costruire il significato dei termini: prima si fa fare agli studenti
esperienza del significato, poi si chiede di descriverlo partendo dall’esperienza personale, si
chiede di farsene un’immagine mentale, la si fa ripetere a se stessi rappresentandola in
forma scritta, si fa rivedere sistematicamente il significato aggiungendo o eliminando
informazioni.
• Presentare agli studenti la strategia K-W-L: rappresentazione in tre colonne di che cosa si
pensa di sapere riguardo un argomento, che cosa si vuole sapere e che cosa si ha scoperto
una volta che l’attività è terminata.
• Creare occasioni affinché gli studenti possano scoprire da soli nuove informazioni: usando
approcci induttivi con domande e indagine, occorre prima all’insegnante dare esempi e non
esempi di un concetto per poi far verbalizzare allo studente una descrizione del concetto in
sé.
• Insegnare strategie di apprendimento da impiegare prima, durante, dopo l’acquisizione delle
informazioni: secondo l’insegnamento reciproco, prima lo studente-insegnante deve
sintetizzare quanto letto, poi pone domande alla classe, chiarisce i concetti non chiari, fa
previsione su quanto si andrà a leggere dopo e poi si cambia studente conduttore e il
processo ricomincia daccapo. Secondo l’approccio SQ3R invece prima partendo dal titolo ci si
domanda cosa si sa sul testo e cosa si vorrebbe sapere, poi si osservano le illustrazioni e si
legge il primo e l’ultimo paragrafo, si cerca poi di trasformare il titolo, i sottotitoli, i grafici e
le illustrazioni in domande e poi si fa una prima lettura in cui si cerca di rispondere alle
domande, attraverso la ripetizione ad alta voce poi si cercano di memorizzare le risposte alle
domande trovate e si fissa in particolare la risposta alla domanda fondamentale del testo,
alla fine si sintetizzano le informazioni apprese attraverso diagrammi o sommari,
partecipando a gruppi di discussione.
2. Mettere in relazione: aiutare l’allievo a individuar gli elementi più importanti di un tema e
le possibili relazioni tra essi
• Far cogliere agli studenti l’importanza di organizzare le informazioni: mettendo in evidenza
che degli schemi rendono più facile ordinare il nostro pensiero e riconoscere le informazioni.
• Far impiegare organizzatori sistematici per identificare la struttura delle conoscenze: per
ogni categoria di conoscenze dichiarative può essere utilizzato un organizzatore sistematico
appropriato come linee del tempo, ideogrammi con parola-chiave al centro, processi causa-
effetto, modalità grafico-rappresentative ecc.
• Fornire domande che favoriscano un’organizzazione anticipata dei contenuti: è opportuno
porre le domande opportune in base alle quali si voglia che le informazioni vengano
organizzate.
• Insegnare a prendere appunti in maniera strategica: per esempio suddividendo la pagina in
due parti con una linea verticale e lasciando una striscia di fondo, a sinistra si prende appunti
nella maniera classica, a destra si fa uno schema grafico del messaggio e in forndo un piccolo
sommario del contenuto.
• Far realizzare modelli tridimensionali: per permettere agli allievi di “manipolare” concetti e
conoscenze (atomo, sistema solare ecc.).
• Impiego di carte e grafici: come strumenti per l’organizzazione di conoscenze, non solo in
ambito logico-matematico
3. Memorizzare: occorre trasmettere agli studenti l’idea che il tempo dedicato alla costruzione
e all’organizzazione dei significati favorisce la memorizzazione e ed è opportuno non far
passare troppo tempo tra esso e la memorizzazione. Per la memorizzazione si possono
utilizzare diverse strategie come l’uso di simboli, creare legame di carattere narrativo,
l’impiego di rime, di codici numerici ecc.

Le conoscenze procedurali rappresentano un fondamento indispensabile per l’attivazione della


competenza. Quando il bambino possiede una competenza significa che ha acquisito uno schema,
che può essere di ordine cognitivo, motorio, percettivo ecc.
Schema = operazione interiorizzata del soggetto, stabilizzata nel suo patrimonio di acquisizioni,
caratterizzata da un potenziale di azioni che permette di agire in forma fisica e mentale sugli
oggetti. È inoltre trasferibile a più contesti.
• Uno schema può essere o meno elemento costitutivo di una certa competenza, ma una
competenza attiva necessariamente schemi. Più la competenza è complessa, più schemi
attiva.
• Alcuni schemi possono essere abitudini, tuttavia non tutti gli schemi si riducono ad essere
abitudini, lo schema infatti non condanna ad una ripetizione dell’identico.
• L’insieme degli schemi costituisce un sistema di disposizioni durature e trasferibili
• Per promuovere l’acquisizione di una competenza è importante favorire il consolidamento di
schemi, attraverso condizioni di apprendimento che propongano situazioni simili ma non
ripetitive
• Gli schemi quindi sono conoscenze procedurali, che possono essere categorizzati in: skill
(procedure standard di passi o azioni relativamente automatici) e conoscenze procedurali
vere e proprie (che richiedono consapevolezza, attenzione e l’attivazione di determinati
skill).
➔ Suggerimenti per l’interiorizzazione di conoscenze procedurali, il processo di acquisizione si
divide in tre momenti:
1. Costruire modelli d’azione: rappresentandosi mentalmente la sequenza dei passi da
compiere (attraverso la performance d’altri o un manuale d’istruzioni)
Strategie didattiche: la verbalizzazione dei pensieri, l’uso di rappresentazioni grafiche, l’uso
di scalette ecc.
2. Provare sul campo: attività detta “shaping”, ovvero si prova a tradurre in azione il modello,
apportandogli modifiche e adattamenti per renderlo proprio. Fase cruciale per correggere
errori che altrimenti vengono interiorizzati.
Strategie didattiche: insegnamento diretto dell’importanza della prova sul campo, creazione
di opportunità per sperimentare variazioni della stessa procedura, evidenziare le comuni
possibilità di errore, verificare ed eventualmente integrare le conoscenze dichiarative di
base.
3. Interiorizzazione attraverso la pratica: per giungere all’automatismo quando possibile o
comunque ad un’adeguata fluidità attraverso la pratica intensiva.
Strategie didattiche: far comprendere agli studenti l’importanza dell’interiorizzazione per
rafforzare la base motivazionale, proponendo esempi dalla propria esperienza personale e
facendo comprendere che molti apprendimenti scolastici sono strumentali allo svolgimento di
altre attività, scolastiche e non, inoltre è importante far rendere conto dell’importanza di
mantenere l’esercizio, incrementando man mano la velocità dell’esecuzione incentivando
tenendo un registro dei progressi.

I PRESUPPOSTI DELLA COMPETENZA. IL POTENZIALE PERSONALE DI RISPOSTA.


L’acquisizione di una competenza, non si limita al raggiungimento della riproduzione dei saperi, ma si
arriva ad essere in grado di estendere ciò che si ha appreso. Dalla letteratura emerge che i compiti
della scuola e dell’insegnante devono seguire sostanzialmente due indicazioni:
• Promuovere il potenziale personale senza limitarsi alla sfera cognitiva, ma estendersi anche
alla sfera emotivo-affettiva, socio-relazionale, fisico-manipolativa, per promuovere lo
sviluppo integrale della persona.
• Riconoscere diversi livelli di generalità nei processi di cui promuovere l’acquisizione,
distinguendo operazioni più analitiche da altre più generali ad altre disposizioni personali.
Domenico Masciotra e Denise Morel segnalano l’importanza di sviluppare disposizioni personali di
carattere generale:
- L’intelligenza posizionale: per padroneggiare le situazioni
- L’intelligenza gestuale: per realizzare l’azione attraverso la gestualità
- L’intelligenza disposizionale: per disporsi mentalmente per realizzare una situazione
Gilbert Paquette elabora una tassonomia per le abilità da sviluppare nella scuola, le ritiene
importanti perché esse, insieme alle conoscenze, costituiscono il materiale base delle competenze,
si declina in quattro categorie di base: ricezione, riproduzione, produzione e autogestione, poi
divise in uno o più livelli analitici.
- Ricezione: percezione sollecitata da stimoli esterni. Si divide in prestare attenzione
(esprimere una forma di risposta a fatti provenienti dall’esterno) e integrare (stoccaggio in
memoria di nuove conoscenze).
- Riproduzione: richiamo di procedure conosciute per mobilizzare conoscenze. Si divide in
precisare (illustrare conoscenze), trasporre (ridefinire le conoscenze, producendo nuove
definizioni) o tradurre e applicare (specializzare modelli conosciuti).
- Produzione: permette di creare nuove conoscenze, nuovi modelli e nuovi comportamenti
sociali. Si divide in analizzare (scomporre un modello preesistente, individuando relazioni e
produrre nuove conoscenze), adattare (modificare un modello in funzione del risultato di una
valutazione) e sintetizzare (costruzione di un nuovo modello di riferimento partendo da
istanze e componenti parziali).
- Autogestione: esercitare dei valori su conoscenze disponibile per avviare azioni e controllare i
propri comportamenti. Si divide in valutare (riferire un valore-criterio ad una conoscenza) e
autocontrollarsi (saper influenzare sé stessi o gli altri, partendo dalle proprie conoscenze, in
relazione ad uno scopo).
Questa categorizzazione è integrata, perché applicabile al dominio cognitivo, psicomotorio, affettivo
e sociale.

Processi logici di base e complessi, abiti mentali, atteggiamenti e percezioni


Un’altra categorizzazione mette in evidenza la necessità della didattica di agire su un insieme di
dimensioni che rappresentano un potenziale apprenditivo essenziale:
- Precisare ed estendere le conoscenze
- Utilizzare le conoscenze
- Sviluppare abiti mentali costruttivi
- Stare bene in classe e sentirsi coinvolti nei compiti

1. Precisare ed estendere le conoscenze


Un apprendimento profondo scaturisce dall’estensione e dall’affinamento degli
apprendimenti inizialmente acquisiti, che avviene grazie al padroneggiare di processi logici
più complessi rispetto a quelli impiegati per la costruzione di conoscenze.
Esistono otto tipi di processi logici:
- Processi di comparazione -> individuare somiglianze e differenze tra elementi, applicando
questo processo ai contenuti studiati gli studenti imparano a vedere oltre le conoscenze.
- Processi di classificazione -> effettuare raggruppamenti secondo categorie in funzione di
precisi attributi, in classe, se applicato alle conoscenze, consente di aumentare ed arricchire
il contenuto informativo di esse.
- Processi di astrazione - > riconoscere ed articolare schemi generali di organizzazione delle
informazioni, a scuola comporta un’analisi profonda dei dati e ne migliora quindi la
comprensione, inoltre è alla base della comprensione e dell’impiego di metafore e analogie.
- Processi di induzione -> arrivare a conclusioni generali partendo da dati specifici, a scuola
permette di cogliere aspetti della realtà e dei fenomeni studiati che non sono espliciti o
osservabili, occorre però tenere a mente i limiti dell’induzione, le conclusioni raggiunte
infatti possono essere vere come no.
- Ragionamento deduttivo -> utilizzare generalizzazioni per inferire conclusione su una
specifica situazione, a scuola è importante perché consente di trasferire le conoscenze da
una situazione a un’altra
- Argomentazione -> individuare e costruire argomenti a sostegno di opinioni, in ambito
scolastico permette di affinare ed arricchire l’apprendimento per mezzo di esperienze di
discussione orale e scritta.
- Riconoscimento e analisi d’errore -> giudicare la correttezza o meno di un ragionamento, a
scuola permette di assumere un atteggiamento attento e partecipe rispetto ai processi di
conoscenza ed è indispensabile per un impiego consapevole e produttivo dei contenuti
acquisiti.
- Riconoscimento di molteplici prospettive -> sospendere un ragionamento per prendere in
esame altre possibilità risolutive o per considerare prospettive alternative, a scuola è
importante perché fa comprendere la necessità di cercare di comprendere le ragioni sottese
a una certa posizione e induce a scavare in profondità nelle fonti di informazione.
Questi processi vengo impiegati inconsapevolmente durante l’attività didattica, ma è opportuno
invece che i docenti si prendano l’impegno diretto dell’insegnamento di questi processi logici, che
possono essere insegnati a studenti di tutte le età, adottando ovviamente ritmi e metodi diversi.

Ogni processo può essere insegnato attraverso una sequenza:


1. Esporre le caratteriste e le modalità di impiego del processo logico, partendo da esempi
concreti e riflettendo sull’importanza che esso assume
2. Presentare la struttura del processo e creare opportunità di esercizio
3. Aiutare a individuare i punti critici e di maggiore difficoltà del processo logico e a individuare
i punti-chiave per una buona riuscita
4. Fornire organizzatori grafico-iconici per aiutare gli studenti a visualizzare il processo
5. Affronto delle esercitazioni proposte dall’insegnante, all’inizio guidando gli studenti da vicino
con compiti strutturati per consolidare l’acquisizione e poi progressivamente in maniera più
autonoma

2. Utilizzare le conoscenze
Esistono altri processi logici, di complessità maggiore, che ogni allievo dovrebbe possedere per
riuscire a manipolare le conoscenze e anche se a scuola vengono messi in atto spontaneamente, il
loro insegnamento non può essere dato per scontato. Le operazioni logiche di secondo livello di
cui la scuola dovrebbe promuovere lo sviluppo sono:
- Processi decisionali -> applicare criteri per operare scelte fra alternative apparentemente
equivalenti, è importante perché per operare essa esige un’ampia conoscenza dei contenuti e
quindi promuove la costruzione di una solida e ampia base conoscitiva
- Processi di problem solving -> superare vincoli o condizioni restrittive nel perseguimento di
obiettivi, esige il possesso delle conoscenze necessarie e la motivazione ad acquisire nuovi
apprendimenti.
- I processi di invenzione -> sviluppare e creare prodotti originali in risposta a bisogni o per
superare ostacoli, la libertà e la creatività distinguono l’invenzione dal problem solving. A
scuola è importante proporre agli studenti compiti che prevedano la messa in gioco di
processi di attivazione riferiti a contenuti disciplinari. Non è solo importante che gli studenti
imparino a mettere in atto tali processi, ma anche come e quando attivarli.
- I processi di indagine sperimentale -> generare e testare spiegazioni circa fenomeni osservati,
a scuola permette di partire dalle proprie conoscenze per spiegare fenomeni in maniera
valida secondo il ragionamento scientifico (osservazione fenomeno, formulazione di
un’ipotesi, elaborazione di previsioni future, prova sperimentale), in ambito scolastico questo
metodo non piò essere applicato solamente all’ambito scientifico, ma anche a quello
umanistico.
- I processi di investigazione -> trovare e utilizzare informazioni che permettono di mettere a
fuoco aspetti oscuri o per acquisire elementi di conoscenza mancanti, a scuola si mette in
atto attraverso ricerche e indagini.
- La logica sistematica -> cogliere la realtà secondo la prospettiva che individua nella
complessità interconnessa il principale tratto qualificante, a scuola è opportuno per
avvicinare i ragazzi all’interpretazione di fenomeni (sociali, economici ecc.) tenendo conto
degli aspetti dinamici ed evolutivi.
È importante insegnare questi anche questi processi logici di secondo livello coinvolgendo più ambiti
del sapere, benché non si escluda un loro uso monotematico. L’insegnamento deve partire sempre da
esempi concreti, poi si passa all’analisi della struttura dei processi logici e infine si passa alla
sperimentazione. Occorre guidare sempre gli studenti a riconoscere i punti di criticità, avvalendosi di
supporti diversi e proponendo esercizi di consolidamento dapprima più strutturati e poi sempre più
liberi.

3. Sviluppare abiti mentali costruttivi


Esistono poi processi logici di terzo livello, ovvero abiti mentali costruttivi, essi sono tre:
- Pensiero critico: permette di essere chiari e cercare chiarezza
- Pensiero creativo: permette di vedere nuove prospettive anche al di fuori delle convenzioni
e degli orientamenti comuni
- Pensiero autoregolato: permette di rispondere in maniera appropriata a feedback ricevuti e
di valutare in maniera adeguata le proprie azioni

Quattro categorie di strategie didattiche volte all’insegnamento diretto e all’attivazione sistematica


di questi abiti mentali durante l’attività di classe:
1. Conoscere e comprendere le caratteristiche degli abiti mentali attraverso: discussione in
classe, uso di esempi tratti dalla letteratura o da esperienze personali, condivisione di
aneddoti, riflessione comune, identificazione di esempi ricavati dall’esperienza personale con
rappresentazione grafica e attraverso disegni che mostrino quanto gli allievi hanno appreso
rispetto ai differenti abiti della mente.
2. Identificare e sviluppare strategie in relazione a ciascun tipo di pensiero.
3. Creare una cultura di classe e di scuola che incoraggi lo sviluppo di abiti mentali produttivi,
adottando attività che richiedano e valorizzano l’impiego di pensiero critico, creativo e
autoregolato.
4. Predisporre rinforzi positivi per gli studenti, chiedendo loro di auto-valutarsi, restituendo dei
feedback attraverso report dei loro progressi.

4. Stare bene in classe e sentirsi coinvolti nei compiti


L’insegnante deve fare in modo che gli allievi sentano di essere accettati dall’insegnante e dai
compagni e sperimentano senso di ordine e confort attraverso alcune direzioni di azione:
- Cercare attivamente di stabilire una relazione con ciascun studente
- Prendere atto dei propri atteggiamenti e delle aspettative che si nutrono nei confronti degli
alunni e che possono influenzare, negativamente o positivamente, il loro apprendimento
- Riconoscere e tener conto fattivamente delle differenze personali tra gli allievi
- Reagire adeguata mente di fronte a risposte scorrette o alla mancanza di risposte, inviando
messaggi di apertura all’errore e di accettazione anche quando il ragazzo è in difficoltà
- Variare la tipologia di rinforzi positivi
- Prevedere opportunità di esperienze positivi di lavoro con altri
- Offrire opportunità per conoscersi e sperimentare l’accettazione reciproca
- Insegnare vere e proprie strategie per guadagnare l’accettazione da parte degli altri
È importante che l’allievo sperimenti un senso di ordine e confort in classe, sia dal punto di vista
fisico, che dal punto di vista psicologico ed emozionale.
- Dal punto di vista fisico: sono importanti le condizioni ambientali degli spazi, inoltre
l’insegnante deve prevedere delle attività che implichino il movimento
- Dal punto di vista psicologico ed emozionale: occorre fare in modo che gli studenti imparino a
concentrarsi e a non lasciarsi distrarre, imparando ad affrontare un pensiero per volta
(braketing = tecniche per allontanare dalla mente pensieri motivo di distrazione)
- L’insegnante deve occuparsi dell’identificazione di ruoli e della routine
- L’insegnate deve curarsi della sicurezza fisica e psicologica dell’ambiente di apprendimento
- Il docente deve insegnare a individuare e perseguire i propri standard in merito al confort e
all’organizzazione del lavoro

Un altro fattore che influenza positivamente l’apprendimento è lo sviluppo di disposizioni positive


circa il lavoro scolastico e conta su:
- l’attribuzione di valore ai compiti posti dall’insegnante ->
aiutare a comprendere il senso dei compiti proposti (spiegazione diretta, riferimenti
all’utilità futura, privilegiare compiti autentici, limitare attività ripetitive e meccaniche, far
sentire il proprio entusiasmo);
tener presente gli interessi e gli obiettivi degli studenti in modo che essi possano cogliere
le possibili relazioni fra questi e le attività scolastiche;
- la percezione che si possiedono le risorse per farvi fronte ->
offrire appropriati feedback;
far passare lo studente da un eventuale giudizio negativo sulle proprie capacità ad una
visione realistica;
aiutare a riconoscere le risorse di cui si dispone indicando espressamente quali sono gli
apprendimenti da attivare in un compito complesso;
far comprendere che avere le risorse per portare a termine un compito significa anche
contare sulla propria capacità di chiedere aiuto;
- una rappresentazione chiara delle consegne ->
verifica di una corretta comprensione da parte dell’insegnante;
provare a spiegarsi la consegna tra compagni;
proporre esempi dell’attività che si vuole fare;
il discente deve essere consapevole dell’apprendimento richiesto e del livello di competenza
atteso e il docente dovrebbe trovare il modo di esplicitarlo chiaramente.

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