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TRANSITI POETICI
Volume XXVI
Antologia
a cura di Giuseppe Vetromile
Gli Autori
Silvana Blandino
Piero Carbone
Corrado Di Pietro
Filippo Giordano
Antonino Magrì
Gero Miceli
Margherita Neri Novi
Alfio Patti
Renato Pennisi
Santo Privitera
Flora Restivo
Patrizia Sardisco
Marco Scalabrino
Rosalda Schillaci
Introduzione
Nel tentativo di fornire un quadro più o meno esaustivo della poesia italiana
contemporanea, dopo escursioni nel campo delle voci emergenti (Vol. VIII), dei poeti
miei compagni di viaggio nei vari concorsi letterari (Vol. XII), delle voci più
significative del panorama poetico napoletano (Vol. X), di alcuni amici poeti scomparsi
(Vol. XXI), non poteva mancare una attenzione particolare alla poesia siciliana attuale:
Percorsi dialettali siciliani di inizio millennio è infatti il titolo di questo ventiseiesimo volume
dell’Antologia Virtuale Transiti Poetici, realizzato con la collaborazione di Marco
Scalabrino, dedicato appunto al dialetto, o forse lingua – è il caso di dire – siciliano.
La ricchezza di questa poesia, che porta con sé echi millenari di tradizioni, di storie, di
culture, di immagini e di costumi, mi ha sempre affascinato, come del resto anche la
poesia napoletana, di cui sono grande lettore appassionato pur non possedendo gli
strumenti, la giusta sintonia e l’ispirazione per esprimermi in vernacolo partenopeo.
Perché ritengo che la poesia dialettale, e in primis senz’altro quella napoletana e
siciliana (non me ne abbiano a male i poeti delle altre culture vernacolari, che pur
sempre rimangono altari preziosissimi della conservazione di quei valori culturali
storici e popolari di immensa importanza), siano effettivamente le espressioni più
schiette, più genuine, più vicine ad una realtà territoriale ricchissima di cultura che va
preservata, custodita, ma anche soprattutto fatta conoscere, specialmente alle nuove
generazioni, sottoposte purtroppo (devo dire purtroppo) ad una generalizzazione, ad
una unificazione e omologazione dei comportamenti e della lingua (perché, ad esempio,
non riservare qualche ora settimanale allo studio delle parlate locali più importanti,
come il siciliano e il napoletano, nelle scuole?...).
Per la selezione degli Autori di questo volume, non essendo personalmente esperto e
competente in materia, mi è stato di validissimo aiuto il poeta e critico Marco
Scalabrino, amico di vecchia data, incontrato più volte in occasione di eventi e concorsi
letterari di rilievo. Chi meglio di lui, che oltretutto è uno studioso attento e puntuale,
severo, oltre che esperto traduttore di diverse raccolte poetiche di autori esteri, poteva
sottopormi un elenco di poeti siciliani attuali (di inizio millennio, per l’appunto) di
comprovato talento e notorietà?
Certo, l’elenco è forse opinabile e certamente non esaustivo, ma in questa sede non
sarebbe stato possibile inserire un numero elevato di autori, e comunque non è escluso
Giuseppe Vetromile
SILVANA BLANDINO
Silvana Blandino è nata a Modica nel 1964 ed ivi risiede. Appassionata di poesia da
sempre, si occupa di dialetto da circa trenta anni. E in dialetto ha pubblicato ‘Na
maccitedda ‘i carrua (1999), Naca a bientu (2009), Sangu e meli (2014) e Senza tiempu (2021).
In lingua italiana ha pubblicato: Settembre (1992), Sassi e gerani (2008) e Ponte tibetano
(2018).
Sin dalla sua fondazione (2005) Silvana Blandino fa parte del Caffè Letterario
Quasimodo di Modica (presidente Domenico Pisana), con il quale contribuisce a
diffondere anche tra i giovani l’amore per la poesia ed il dialetto. Negli anni scorsi ha
partecipato a numerosi concorsi di poesia ottenendo vari premi. Inoltre alcuni suoi
testi sono pubblicati su riviste e antologie (Lo specchio, Poesia, Premio Marineo, Nuovi Salmi
ed altre). Di lei hanno scritto: Lina Riccobene, Domenico Pisana, Salvo Miccichè,
Lucia Trombadore, Pippo Di Noto, Tino Franza, Emanuele Schembari ed altri.
“Il piatto della Blandino diventa ben servito perché dotato e arricchito di elementi necessari alla giusta
resa di un servizio del prelibato cibo poetico: la sua parlata modicana ineccepibilmente colorita,
rispettosa dei termini più desueti e dunque originali, accattivante. Parlata che rende giustizia ai
contenuti lirici. E quando la poesia tocca le corde dell’anima, essa scuote l’essere e lo aiuta ad uscire
dall’apatia che caratterizza i nostri tempi”. (Lina Riccobene)
“Nei versi di Silvana Blandino c’è impresso tutto lo scenario che ci appartiene: c’è inquietudine, c’è
speranza, c’è sogno, c’è ansia e riflessione; il suo linguaggio lirico conosce gli slanci di un sentire interiore
che sa sperare e stupefarsi, cogliere i valori etici dell’itinerario umano, intrecciare armonie e ricordi,
emozioni e silenzi, caducità ed eternità, mito e realtà, bellezza e povertà, denuncia e sdegno”.
(Domenico Pisana).
LU VIENTU
IL VENTO – Dove si posa il vento/ quando è stanco?/ forse qua, sulla roccia/ come me/ o forse
non si posa mai / e mentre dondola le foglie / chiude gli occhi e corre / corre per non vedere
niente / di questo mondo malato / di questo sporco mondo./ Corre il vento e unisce / colline e
valli / scopre la polvere/ e cade sopra i roccioni./ Corre il vento e stanco/ si posa sopra un albero/
macchiato di sangue.
***
A PEPPINO I.
Palori:
petri r’intagghiu
vuçi pi vastuniari
cutieddu pi fiddiari
manu p’accarizzari
‘a facci ri ‘na matri.
Palori:
peddi ri valuri
raggiu ri suli
arma pi l’anuri
spata ri libbirtà
contru lu tirruri.
A PEPPINO I. – Parole:/ pietre d’intaglio/ voce per bastonare/ coltello per affettare/ mano per
accarezzare/ il volto di una madre/ Parole:/ pelle di valore/ raggio di sole /arma per l’onore /
spada di libertà/ contro il terrore.
***
‘U VIAGGHIU
‘Na truscitedda
appisa ‘nta spadda
abbastassi
pi girari lu munnu.
Rintra misi
‘u libbru ri Diu
p’arrivurdari
l’Amuri Supremu,
‘n fuogghiu ri carta
pi firmari
li boni pinzieri,
lu ritrattu ri matri e patri
pi nun scurdarisi
r’unni viniemu
e nu zucchitieddu
r’abbruçiari
pi ripinzari
ca çinniri erumu
e cinniri addivintamu.
IL VIAGGIO – Un piccolo fagotto/ appeso sulla spalla/ basterebbe/ per girare il mondo. /
Dentro messi/ il libro di Dio/ per ricordare l’Amore Supremo/ un foglio di carta/ per fermare/ i
pensieri buoni/ il ritratto dei genitori/ per non scordarsi/ da dove veniamo/ e un piccolo tronco/
da bruciare/ per riflettere (sul fatto) / che cenere eravamo/ e cenere diventeremo.
PIERO CARBONE
Piero Carbone è nato nel 1958 a Racalmuto (AG), vive e opera a Palermo dove
insegna. Scrive e pubblica in lingua e in dialetto siciliano. Diversi suoi testi sono stati
musicati ed eseguiti. Ha curato mostre di artisti siciliani e promosso iniziative per
valorizzare le tradizioni popolari. Nel 1985, con un gruppo di studenti universitari, ha
ideato e curato Zmaragdos. Arti in coordinamento e ricerche etnografiche. Nel 1988 ha
rappresentato Nivuretta. Storii di carrittera e lavanneri con una rievocazione di antichi
mestieri. Nel 2014 ha curato con Marco Scalabrino il raduno regionale
“Poeti@Racalmuto”. Recentemente ha contribuito alla riscoperta del gesso in Sicilia
nei suoi vari aspetti culturali. Cura il blog “Archivio e Pensamenti”.
Tra le pubblicazioni: A lu Raffu e Saracinu (1988); Sicilia che brucia (1990); Il mio Sciascia
(1990), Eretici a Regalpetra (1997); Dialogo nel bosco, (2001); Il giardino della discordia (2006);
Pensamenti (2008); Venti di sicilinconia (2009); The Poet Sing For All / Lu Pueta canta pi tutti
(2014). Nel 2019 ha pubblicato il racconto L’uomo che ebbe due funerali da cui è stato
tratto un Atto unico. Nel 2020 suoi testi musicati sono stati inseriti nel CD Lu Paradisu
è ccà di Ezio Noto & Disìu e nel film Il mio sogno, le mie ali di Cristina Marchione.
Per Salvatore Di Marco “la sicilinconia di Piero Carbone… è una categoria tutta poetica della
sua liricità, capace di agire sulla creatività e sui suoi impianti di scrittura”. Per Salvatore C.
Trovato “soggettiva e oggettiva insieme, la memoria che coagula nella lingua, il dialetto del suo paese,
di Racalmuto. Un dialetto due volte vero e su due piani diversi”. Marco Scalabrino, nella
recensione a Lu Pueta canta pi tutti / The Poet Sing for All, sottolinea le ragioni della scelta
linguistica e le possibilità del dialetto: “tramite il quale, basta che voglia, il poeta siciliano può
levarsi negli spazi infiniti dell’estro e del sogno”.
SCILOCCU DI L’ARMA
SCIROCCO DELL’ANIMA
Il vento di scirocco mi accarezza / È un seno di seta vellutata / Che riveste come un guanto l’alma
mia. // Fiato d’amante ardente che alita / Se si discosta voglio che ritorni / Ritorni come serpe tra
le pietre. // Acqua di mare tiepido mi culla / Nell’amaca naturale di mia madre. / Punto. // Un
giorno o due dura, poi termina. / Un acquazzone, e tutto si attenua. / Scccciiiiiii
***
NFUSCU
FOSCO
Fosco mi è parso il cielo a gennaio / Fosco mi è parso il cielo a febbraio // Attendo sempre che
venga un bel mese / Fosco a me sembra sempre il paese // Fosco l’ho visto, plumbeo lo vedo / O
cambio occhiali o cambio… mese.
***
FERMATI, VIRUS!
Cruna virus?
Cruci crucis
T’â chjamari.
Nun sapiemmu
D’unni vinni
Sta muschitta.
Prima trasi
Muta muta
Di na hiacca
C’addiventa
Tiempu nenti
Porta aperta.
Cancia nomu
Di cuntinuu
E fa minnitta.
L’omu cerca
chi pò fari lu mischinu? –
L’omu cerca
E po’ trova
Lu vaccinu.
Ma quannu lu rimediu
è attruvatu
Cancia di furma
E siemmu
Puntu e a capu.
Rimediu?
Curpa?
Davanti a chiddru
Un c’è né tò
Né miu.
Fermati, Virus,
N nomu di Diu.
CORRADO DI PIETRO
Corrado Di Pietro è nato a Pachino nel 1946, vive e opera a Siracusa. Poeta, saggista,
critico letterario, studioso di etno-antropologia, per molti anni è stato direttore artistico
del Festival dell’Opera dei Pupi di Sortino e membro di numerose giurie di poesia e
narrativa. Per la sua attività professionale è stato insignito con il titolo di Cavaliere al
Merito della Repubblica dal presidente Ciampi nel 2000.
Per la sua attività culturale gli sono stati conferiti numerosi riconoscimenti fra cui:
Premio “Sicilia - Il Paladino”, Siracusa 1997; Premio Ciane, Siracusa 2002; Premio
Cultura Siciliana, Pachino Marzamemi estate 2011. Inoltre ha vinto numerosi premi
letterari. Molto varia è la sua produzione letteraria e saggistica con pubblicazioni di
poesia in dialetto e in lingua, saggi di etno-antropologia e libri di narrativa. Ricordiamo
solo alcune opere:
Poesia in dialetto: Fra terra e Celu (1986); Vela Vichinga (1990); Canto d’Alfeo. Poemetto
(2001); Ànapos. Canzuna ppi la Sicilia. Poemetto (2011); Lingua lippusa. Antologia della
poesia siciliana contemporanea (1992); Poesia in lingua: Tu, Laser (1983); Abbà, Padre
(2006); Come albero nel cuore (2012); Pneuma (2015); Saggistica etnoantropologica: Il
Paese del Vento, Società cultura tradizioni a Pachino (2002). Ampio saggio sulle tradizioni
popolari di Pachino e della Sicilia; Narrativa: La Terra sopra Scibini. Romanzo, 2014;
Gli esagoni di Borges. Racconti 2017; Cassandra. Nel nome il mio destino. Romanzo, 2019.
Munnu ha statu e munnu è (con Vittorio Lucca). La saggezza della Sciabbica. Proverbi
siciliani tradotti e commentati (2011); L’Amore nei canti popolari siciliani (2015); Festa e
Rito e altri saggi di cultura popolare in Sicilia (2018).
PUPA RI CIARERA
PUPA D’ARGILLA - Certe volte prendo la penna e scrivo: / non so come, non so cosa. / Scrivo
/ ma non credo ai pupi che fabbrico / storpi e muti / come la mia fantasia. / Scrivo / ma non so
se queste parole antiche / sono vestite di menzogna o verità, / se nella lavagna del tempo / la vita è
uno sgorbio / di un Dio capriccioso. // Io credo alla poesia / ma essa è pupa d’argilla: / se piove
si deforma / se c’è il sole si spacca. / Che vale allora creare immagini / se le parole si vestono di
creta / che sporca le mani? // Poesia: pupa d’argilla… / Ma quali altri pupi / si fabbrica un poeta?
/ Scrivo e mi confondo / perché il mondo / mi gira all’incontrario.
***
È TARDI, S’È FATTO BUIO! - È tardi, s’è fatto buio! / Altre stelle si accendono nelle strade. /
In cielo la luna non racconta più favole. // È tardi, s’è fatto buio! / Che stanchezza, che tristezza!
// Siamo figli della notte / noi che svegliavamo l’alba / e alla gloria del sole / cantavamo le nostre
litanie / di lavoro e pena. / Siamo figli della notte… / orbi del giallo piccolo delle margherite /
sordi al canto dolce degli uccelli / Siamo figli della notte… / serrate porte e finestre / il cuore
nostro si consuma. / La libertà ha confini stretti, / la ragione soffoca, i desideri / muoiono tra
palpebre chiuse. // È tardi, s’è fatto buio! / È il mio giorno / Tremore di lampara / E mi annego
nel mare della notte.
FILIPPO GIORDANO
CU NNI SAPI…?
CHI LO SA? - Chi ne sapeva allora di questo mondo / tondo che in aria gira senza sosta? /
Chiusa dentro la mia testa di ragazzo / c’era solamente la gioventù. / La sera, quando tramontava il
sole / era segno che dovevo andare a letto / ma solo per riposare il fiato: / che no, quel giorno non
era tempo passato / e neanche vento che spegne le candele. // Chi ne sapeva allora di questo
mondo / quando piccolino giravo per le strade / dopo che a scuola, ogni mattina, / sentivo parlare
di epoche lontane, / di Garibaldi e degli antichi romani / e mi sembravano tutti soldati / dello
stesso lontano regno di giornate. // Quant’era lungo il tempo ancora da passare, / che misuravo
col mio piccolo palmo, / dalla gioventù fino alla vecchiaia; / dalla mia faccia liscia e quella dei
compagni / svolazzanti in ogni dove / fino a quella rugosa della vecchia: / la signora Peppina
seduta sulla pietra smussata dal tempo. / Chi ne sapeva di quante generazioni di persone, / una
sospingendo l’altra, sono trascorse! // Chi ne sa, ora, di questo mondo / che come padre ci porta
in spalla / e come “maestro” ci da pensare /quello che di noi vuole, infine, fare… / Se, allo
asciugarsi della brina, / ci manda l’anima in cielo oppure ci abbandona a terra?
***
LA FESTA DEL SANTO PATRONO - La luce questo paese se la gode due settimane, / quelle
che hanno l’aureola del Santo Protettore / d’estate / quando di nuova gente si colma la piazza. //
Luce di lampadine collocate a iosa, / la luce degli ambulanti e quella dei bar. // Luce di gente
emigrata che torna per incontrare / l’amico sul corso / e salutare il vicino che affaccia alla finestra.
// Straniero dove lavora, viene qui a cercare / l’acqua per le sue radici, la carta d’identità // E…
sapete dove la trova? / Davanti a quella chiesa quando esce il Santo / e lui per nascondere / la
grande commozione / prima grida “viva” / e poi batte le mani.
ANTONINO MAGRÌ
Antonino Magrì è nato a Catania il 6 febbraio 1955. Egli crede, e fermamente afferma,
che la poesia è, tra le forme d’arte, la più sublime che sia stata concessa all’uomo in quanto
egli ritiene che essa sia «figlia del pensiero, madre della cultura e linfa ai sacri valori dell’umana
civiltà», e da anni si batte a sostegno di questa tesi. Ha al suo attivo la pubblicazione di
18 libri di poesia, sia in siciliano che in italiano, ed uno di novelle, oltre a diversi saggi.
È stato promotore, fondatore e presidente della Conf.A.C. (Confederazione di
Associazioni Culturali) e dell’A.N.A.P.S. (Associazione Nazionale Artisti Poeti e
Scrittori).
È fondatore e presidente dell’Associazione Culturale MarranzAtomo, che porta avanti
dal 1991.
È stato fondatore ed editore della rivista di cultura siciliana “MarranzAtomo” (diffusa, oltre
che in Italia e in tremila scuole siciliane, in ben 28 Paesi esteri) e del giornalino di cultura
locale “Catania Nostra”.
È socio onorario dell’A.S.A.S. di Messina (Associazione Siciliana Arte Scienza).
Da attivo organizzatore, tramite le sue Associazioni e coadiuvato da validi e autorevoli
collaboratori, in trent’anni di attività ha dato vita a centinaia di manifestazioni culturali,
dalla presentazione di libri alle conferenze di vario genere, dai raduni poetici ai concorsi
nazionali di poesia, dalle mostre artistiche alle serate musicali, dall’organizzazione di
mostre museali ai recital poetici, ecc., prendendo contatti e attivando vari operatori
culturali in tutta l’Italia e all’estero.
È stato promotore culturale nelle scuole e membro e presidente di Giuria in vari
concorsi letterari.
LI STIDDI
Li stiddi... li stiddi...
doppu tant’anni li rivitti,
’ccussì,
a la ’ntrasatta,
jisai l’occhi a sbagghiu
e m’arristanu ’ncarammati
’nta ’ddu sbrilliu d’immensu...
fu ’n lampu
e attornu
chiù nenti,
sulu ju
e li stiddi... li stiddi...
LE STELLE - Le stelle… le stelle… / dopo tanti anni le ho riviste, / così, / all’improvviso, / ho alzato gli occhi
involontariamente / e mi sono rimasti impigliati / in quel brillar d’immenso… / è stato un lampo / e attorno / più
niente, / solo io / e le stelle… le stelle...
***
ASCUTA
Ascuta
lu scrusciu di lu tempu,
ti parra d’infinitu.
Iddu havi sonu d’ummira
e li culuri di l’arcubalenu,
camina tra cimi e sbalanzi
e spargi
lu ciatu di Diu.
ASCOLTA - Ascolta / il rumore del tempo, / ti parla d’infinito. / Esso ha suono d’ombra / e i colori
dell’arcobaleno, / cammina tra vette e precipizi / e sparge / il soffio di Dio.
’STU CORI
’Stu cori
aggirbatu,
carruvazzoriu
comu petra sicca
sutta a ’n suli a picu,
non n’assuppa acqua
e non senti amaru
né gileppu di li dei,
iddu
è accussì lisu,
accussì fermu,
accussì inutili,
accussì mortu... Ahi!...
QUESTO CUORE - Questo cuore / inselvatichito, / arido / come pietra secca / sotto un sole a picco, / non ne
assorbe acqua / e non sente amaro / né nettare degli dei, / lui / è così consumato, / così fermo, / così inutile, / così
morto… Ahi! // Quanto darei per un fremito...
***
LI ME’ PAROLI
Li me’ paroli
su’ fatti di silenziu
e perciunu lu scuru di la notti;
quannu si svigghiunu
hannu ’ddu sonu d’acqua
ca scinni di lu celu e vasa l’erva
e la friscura di lu ventu ca ciata
supra li cimi auti di li munti.
Li me’ paroli
caminunu ’nta la rina
LE MIE PAROLE - Le mie parole / sono fatte di silenzio / e forano l’oscurità della notte; / quando si svegliano
/ hanno quel suono d’acqua / che scende dal cielo e bacia l’erba / e la frescura del vento che alita / sopra le cime alte
dei monti. / Le mie parole / camminano sulla sabbia / e sono bagnate dalle onde, / esse non fanno rumore, / ma
aspettano porte aperte / dove lasciare, / piene di luce, / il quieto tremolio della mia anima.
GERO MICELI
Gero Miceli è nato ad Agrigento nel 1985 e vive a Grotte (AG). Autore
inscindibilmente legato alla propria terra, Accademico de “Il Convivio” e
dell’Accademia di San Bernardo, membro per l’Italia del World Poets Society con
sede in Grecia, presepista popolare e tematico, membro di giuria in alcuni premi e
concorsi letterari tra i quali il “Premio Racalmare – Leonardo Sciascia”, responsabile
comunale dei “Poveri Cavalieri di Cristo” (associazione privata di fedeli riconosciuta).
Sue poesie sono state pubblicate in varie riviste letterarie e inserite in numerose
antologie nazionali e alcune estere. Figura tra gli autori in dialetto siciliano, scelti per il
progetto scolastico della regione Sicilia L.I.R.E.S. (Lingua Identità Ricerca e Sviluppo)
nel 2007/2008 e per “Antologia dei Poeti Siciliani” in 4 volumi (Ed. ANAPS, 2010).
Ha pubblicato Kori, (Ed. Medinova, 2006), destinando i proventi ad un progetto
UNICEF in favore dei bambini del Libano. Due suoi testi sono stati messi in musica:
nel 2007 Vampiru (Vampiro) trasposta in canzone dal cantautore Marco Bartolo Leone
e nel 2010 la poesia religiosa Sittanta voti setti (Settanta volte sette) ad opera del
cantautore Sal Marchese che ne ha inciso un CD singolo a tiratura limitata del quale
Miceli ha donato la prima copia al Santo Padre Benedetto XVI, che ha fatto pervenire
attraverso la Segreteria di Stato Vaticana, i propri ringraziamenti e la Benedizione
Apostolica.
Dell’autore si sono occupati o ne hanno apprezzato i testi, tra gli altri: Alessandro
Quasimodo, Davide Rondoni, Alda Merini, Ignazio David Buttitta, Giorgio Barberi
Squarotti, Pacifico Topa, Giuseppe La Delfa, Nino Bellomo, Antonio Liotta e Marco
Scalabrino.
PIZZINI DI ZITI
Sparpagliu
carti spariggi,
arriscedu
paroli d’amuri.
Pizzini di ziti
chi ni lu ricordu
tiddicanu la
corda di lu cori
***
FAIDDA ETERNA
Passa lu scuru
di la nuttata e
torna lu lustru
a prima matina,
doppu lu Mmernu
accumencia Primavera.
Ogni cosa mori
pi rinasciri.
Figli figlianu figli e
siddu la vita passa comu
‘n sciusciuni di ventu,
l’omu nni lu ricordu
resta,
faidda eterna.
SCINTILLA ETERNA - Passa il buio / della nottata e / torna la luce / all’alba, / dopo l’Inverno
/ inizia Primavera. // Ogni cosa muore / per rinascere. // Figli generano figli e / se la vita passa
come / un soffio di vento, / l’uomo nel ricordo / resta, / scintilla eterna. //
***
CASTEDDU D’AMURI
Oji è maju e
c’è ‘n suli splinnenti
Mi vasi e la filicità
Mi ‘ngaglia lu cori.
Mi sentu re
nni sta casuzza
casteddu d’amuri
ca nuddu po’ abbinciri.
***
Signuri,
surgiva di paci senza funnu
ca muristi ‘n cruci pirdunannu
e nun n’abbannunasti risuscitannu,
cuncedimi d’amari a tutti
ricchi e puvireddi,
unesti e farabutti.
Sempri fammi vuliri
beni cu mi voli mali
e stenniri la manu p’un salutu
a cu mi vulissi ‘mpussunatu.
Adduma, Signuri, la paci
‘nni li famigli spartuti,
tenimi luntanu di lu piccatu,
cumminci a parlari d’amuri
quanti hannu tinturia dintra li petti,
jinchimi di la to misericordia,
pirdunami e fa’ ca iu
pirduni sittanta voti setti.
SETTANTA VOLTE SETTE - Signore, / sorgiva di pace illimitata / che moristi in croce
perdonando / e non ci abbandonasti resuscitando, / concedimi d’amare tutti / ricchi e poveri /
onesti e farabutti. / Sempre fammi volere / bene chi mi vuole male / e stendere la mano per un
saluto / a chi mi vorrebbe sotterrato; / accendi, Signore la pace / nelle famiglie disgregate, /
tienimi lontano dal peccato, / convinci a parlare d’amore / quanti hanno cattiveria dentro ai petti, /
riempimi della tua misericordia, / perdonami e fa che io / perdoni settanta volte sette.
Zìttiti ca sì fimmina!...
Me nannu lu dicìa a so mugghieri
quannu p’un cuntu e ‘n’autru s’ammiscava,
macari si gridava a li carusi,
o si spinneva assai pi la casa.
Zìttiti ca sì fimmina!...
È veru ca p’amuri ti spusaiu,
ma i pantaluna li portu sulu iu,
t’arraccumannu nun ti lu scurdari,
quannu piscia a gaddina tu hâ parrari.
Zìttiti ca sì fimmina!...
Penza a li to duvira, fai la matri,
agghiutta lacrimi e strica lu sularu,
mustrati surridenti nun ciatari,
puru se ô funnu lu calici è amaru.
Zìttiti ca sì fimmina!...
Ccu ‘sti cridenzi crisceru i nostri matri,
muti, omirtusi,
figghi di lu silenziu, suttamisi,
viti a lu scuru, cori tumurtusi.
L’occhi ‘ncantati, assicutannu sonnira e chimeri,
strincennu tra li pugna li suprusi,
veli i tristizza mustrati ‘nta lu visu,
vucchi sirrati privi di surrisu.
Zìttiti ca sì fimmina!...
ZITTA TU, NON SEI CHE UNA DONNA! - Zitta tu, non sei che una donna /mio nonno lo
diceva a sua moglie / quando s’intrometteva per un motivo qualsiasi, magari se sgridava i bambini
/ o se spendeva troppi soldi per la casa. Zitta….
È vero che t’ho sposato per amore / ma i pantaloni li porto soltanto io / ti raccomando, non lo
dimenticare, devi parlare solo quando la gallina fa la pipì (cioè mai). Zitta…
Pensa ai tuoi doveri, fai la madre / ingoia lacrime e pulisci il pavimento / mostrati sempre
sorridente, non fiatare, anche se il fondo del calice è amaro. Zitta…
Con questi principi sono cresciute le nostri madri / mute, omertose / figlie del silenzio, sottomesse
/ vite al buio, cuori tumultuosi / gli occhi incantati / inseguendo sogni e chimere / stringendo tra i
pugni soltanto soprusi / veli di tristezza mostrati sul viso / bocche chiuse, serrate, prive di sorriso.
Zitta tu, non sei che una donna!…
***
TERRA NIURA
TERRA NERA - Terra di Sicilia, nera come il catrame, nera la pietra che erutta il Mongibello
(Etna), nera l’oliva in mezzo ai rami saraceni attorcigliati, nera l’uva che consola l’animo con il suo
nettare dolce e prelibato. Nere le madri, le nonne e le bisnonne, sempre vestite a lutto mentre
sgranavano chicchi di rosario, nero come un tizzone il cuore di chi lascia le tue braccia in cerca di
pane amaro, sogni tinti di povertà e umiliazioni, nera e fredda la notte, senza luna e senza stelle,
lontano dal tuo respiro. Terra nera come il carbone, nera la mano che trafisse le tue carni
strappando grida di dolore, nera di polvere e fumo la strada che inghiottì uomini assetati di
giustizia. Terra nera e bella come una donna che ti fa perdere la testa, calda come il sole, occhi
colore del cielo, fattezze come l’onda del mare, bocca come chicco di melograno, capelli neri sciolti
al vento, profumati di zagara e gelsomino. Terra bagnata di lacrime e sudore, impastata con l’amore
della gente, terra che mi hai rubato il cuore e ne hai fatto ciò che hai voluto.
ALFIO PATTI
SONO SERIAMENTE PREOCCUPATO – (Rifletto, non avendo che fare…) – Questo corri-
corri m’affanna e mi avvilisce. / Questo vento africano mi stordisce / e pianto pedate. / Lo so /
sono una pìspisa contro creature vuote. / Non è facile combattere con i fantasmi / si ci perde
l’essere / ed “essere non si può più di una volta”. / Certo che avere coscienza / e non poter far
niente… è cosa che avvilisce, / che umilia, che distrugge. / Se mi uccido faccio loro un favore / se
vivo gliene faccio un altro. / Pensateci fratelli miei / di un cappotto non possiamo fare / nemmeno
un berretto. / “Quando tira vento fatti canna”. / Sempre così? / Siamo canne al vento o uomini
piantati / a terra? / La poesia / pomata per ferite che non sanano, / me la spalmo con la mano
destra / e con quella sinistra. / Mi inebrio di niente / e faccio finta di non aver capito.
***
CALURA
Si sminnittiàru i matri
si sdisussàru l’omini
si sdirrubbàru cantuneri
si nni calàu ’u munnu
e tuttu finìu sdeisdei
quannu ‘u Fungiu
ci niscìu ‘a lingua a Diu.
CALURA – Si sono consuntate le madri / si sono sdisossati gli uomini / si sono distrutte strade e
vie / se ne è calato il mondo / e tutto è finito nel nulla / quando il Fungo / ha fatto linguaccia a
Dio.
***
COME FACCIO AD AVERE PIETA’ – Come faccio ad avere pietà / se mi viene negata la
parola. / Schiacciato come pidocchio / calpestato da stivali di boria: / come faccio ad avere pietà. /
Cravatte al vento / giacche aperte / camicie fuori dai pantaloni / pantaloni neri / scarpe nere /
occhiali neri / denti bianchi. / Riscatto / e scatto d’orgoglio... / (Certo che ce ne vuole di fantasia)
/ Il vento astrale / non sai mai da dove arriva / e se arriva. /
RENATO PENNISI
Renato Pennisi è nato nel 1957 a Catania, dove esercita la professione di avvocato.
Vincitore del “Premio Eugenio Montale” nel 1986 per la poesia inedita con la raccolta
Letture senza spartito, poi inserita nell’antologia 7 Poeti del Premio Montale (Scheiwiller,
1987), ha successivamente pubblicato i libri di poesia La correzione del saggio (nella
collana “Quaderni di Letteratura” diretta da Sebastiano Addamo; nota di Arnaldo
Colasanti; Tringale, 1990), Mai più e ancora (premessa di Silvana La Spina; Edizioni
l’Obliquo, 2003), La notte (presentazione di Giovanni Tesio; Interlinea, 2011) e
L’impazienza (Interlinea, 2019).
È anche autore dei libri di poesia in dialetto siciliano Allancallaria (premessa di Corrado
Peligra; Prova d’Autore, 2001), La cumeta (premessa di Franco Loi; Edizioni l’Obliquo,
2009), e Pruvulazzu (nota di Giovanni Tesio; Interlinea, 2016); e dei romanzi Libro
dell’amore profondo (Prova d’Autore, 1999), La prigione di ghiaccio (Prova d’Autore, 2002)
e Romanzo (nota di Gualtiero De Santi; Prova d’Autore, 2006). Per il teatro ha scritto
Oratorio di resurrezione (Edizioni Novecento, 2015) e Alcibiade (Edizioni Novecento,
2019).
TAMMURIATA
Scugna e sfarda,
sbampa e scica,
la to strata
non agghica.
Stramma e scusi,
scica e sbampa,
ca stu celu
non mi scampa.
Sfarda e sminna,
strazza e scassa,
sta svintura
non mi passa.
RULLO DI TAMBURO - // Scappa e devasta, / divampa e lacera, / la tua strada / non porta in
nessun luogo. // Confondi e scuci, / lacera e divampa, / che questo cielo / non torna sereno. //
Devasta e distruggi, / strappa e scassa, / questa sfortuna/ non va via.
***
ÇIAURU
***
NA CHIAVI
Haiu na chiavi arruggiata
(l’arriminu)
nna la sacchetta.
O morti ca v’arrusbigghiati
ntuttuna nna li nostri pinseri,
ca ni parrati e ni scantati
quannu la notti è àuta,
o morti ca dati cunortu
quannu la luci è leggia,
e nui non vulemu veniri
ddocu unni siti,
e videmu l’anni nostri tutti sfilazzati
squagghiati arreri sonnira di jelu,
nui ci muvemu na sti casi
unni cci fustivu vuatri
rispirannu lu stissu pruvulazzu,
apremu li stissi manigghi di li cammiri,
taliamu li stissi arvuli,
grapemu casciola e cantarani
unni c’era ddu pocu d’oru
ca si sparteru, ca vui
non arriniscistiru a purtatri.
O morti, m’addunu
ca staiu jiucannu a carti ccu vui,
e taliu la pinna ferma
‘n menzu a lu quadernu,
non ci siti vui dintra lu specchiu,
e l’aria è ferma e dura.
È picca la distanza a la firmata
unni vui, mutanguli,
non aspittati cchiù.
UNA CHIAVE – Ho una chiave arrugginita / (la tormento con le dita) / in tasca. // O morti che
vi svegliate / improvvisamente nei nostri pensieri, / che ci parlate e ci spaventate / quando la notte
è alta, / o morti che ci confortate / quando la luce è fioca, / e noi non vogliamo venire / lì dove
voi state, / e vediamo i nostri anni tutti sfilacciati / sciolti dietro sogni di gelo, / noi ci muoviamo
in queste case / dove un tempo ci siete stati voi / respirando la stessa polvere, / apriamo le stesse
maniglie delle stanze, / guardiamo gli stessi alberi, / apriamo cassetti e armadi / dove c’era quel
poco d’oro / che si sono divisi, che voi / non siete riusciti a portare. // O morti, mi rendo conto
/ che sto giocando a carte con voi, / e osservo la penna ferma / in mezzo al quaderno, / non ci
siete voi dentro lo specchio, / e l’aria è immobile e dura. // È breve la distanza alla fermata / dove
voi, muti, / non aspettate più.
SANTO PRIVITERA
TURNO’ LA PACI
TORNO’ LA PACE - Nubi nere si addensarono cupe/ sopra la Terra che fu minacciata/ e la
tempesta strisciante e dannata/ in sordina si faceva strada. / Ma l’uomo che affacciò la testa sopra il
cielo/ per conoscere il proprio destino/ non trovò più vita e neanche un futuro. / Pregò con cuore
e devozione/ combattendo vizi e tentazioni. / Il sole ritornò intenso e risplendente/ la Terra si
riappropriò dei suoi colori/ niente più guerre, niente più terrore/ sorridente la pace abbracciò
l’amore.
***
FIMMINA
Oh…fimmina tu sì
santa criatura
ju ‘nciuriddu a tia
vògghiu dunàri.
Tu di lu munnu sì
‘n’àmma gintili
e sti du’ versi
ti vògghiu didicari.
Non c’è ricchizza
non ci su rinàri
su sta uccuzza to’
putissi vasàri.
FEMMINA - Oh…femmina tu sei/ santa creatura/ io un fiorellino a te/ voglio donare./ Tu del
mondo sei/ un’anima gentile/ e questi due versi voglio dedicarti./ Non c’è ricchezza/ non ci sono
denari/ se la boccuccia tua/ potessi baciare.
***
FILASTROCCA ‘I CALAMATTA
FILASTROCCA DI CALAMATTA - Nel giardino di Calamatta c’è una pecora e una gatta/ una
allatta l’altra si gratta nel giardino di Calamatta./ Sara era alla finestra che guardava la ginestra,/
lascia stare la minestra per studiare da maestra./ C’era acqua, tanta acqua, era cupo il cielo/ Sara
appende il suo velo ma ha cuore gelido./ Passa a fare le faccende di casa, non ha voglia di fare
niente/ mette nell’orecchia due orecchini e Marlyn ora si sente./ Scopa e canta, canta e scopa,
sposta la sedia/ e poi una pupa;/ raccoglie la carta che c’è per terra e sistema la fioriera./ Nel
giardino di Calamatta c’è una pecora e una gatta/ una allatta, l’altra si gratta nel giardino di
Calamatta!
***
MATRI
MADRE - Un cuore che batte, una lacrima, una penna,/ due scarabocchi in un foglio bianco;/
quanto mi manchi non si può comprendere/ perché la benevolenza non si piega agli anni./
Madre,/ tu sei stata la mia poesia,/ il migliore verso per la mia gioia;/ attraversasti profondamente
la mia anima/ lasciandole la luce delle stelle/ e il calore di tutto il sole./ Madre è parola che non si
cancella/ soffio di vita che si materializza;/ resterai eterna anche quando non ci sarai più.
FLORA RESTIVO
MAZZAMAREDDU
Fu dda ghiotta
di pisci
carrica d’agghia e spezzi
ddu mari di vinu e minchiati
chi ni sacciu…
Strata strata
truppicava nna fantasimi
nsivati di tossicu
e fumeri
sintìa ieni scaccaniari
squartariannu
caddozzi di ragiuni ancora viva…
Poi
nna lu scuru di chiusi stiddi
l’occhi
di tutti li nnuccenti
sacrificati bistimiannu omu e Diu
scuppiaru
e foru botti luci culuri
masculiata di jocufocu.
Sulu tannu
vitti la Pietà:
sugghiuzzava
aggiuccata
davanti a la so porta
comu na vecchia buttana.
***
NZAMADDIU
Luna bazzariota
dilizia di nnamurati
lanterna di pueti
stanotti nun semu nenti.
Pi li manu
aju
un sirvizzu camurriusu:
sàrciri vita
a retipuntu fittu
nzamaddìu s’allascassi…
Lu sacciu comu va a finiri
mpegnu
sacrifizi
occhi abbuttati…
Cumpenzu?
A la scurdata.
***
UN JORNU DI MARZU
Era scrittu
nun ti pigghiari pena:
finu a quannu
m’abbasta lu ciatu
matina pi matina
mi ci nsaccu
nna dda cammisa
stritta e scòmmira
chi m’accullasti
un jornu
di Marzu.
PATRIZIA SARDISCO
U cielu mi jittau
– ‘u ricìa puru tu, ci pensi? –
m’un sempri appara ‘a terra,
ricu iu.
Non mi hai lascato molto:/radici quasi marce/un nodo d’uomini in croce.//Chi mi battezza/le ali,
chi fa il mio nome//dove mi appoggio, ape/senza un fiore ostinato?//Il cielo mi ha gettato/- lo
dicevi anche tu, ricordi? -/non sempre terra accoglie/aggiungo io.
***
Paraddisa a pizzudda
affirrata ‘o cchiù leggiu
cu manu e peri ‘i signa
siddu ‘un s’arrenni ‘u Cielu
sugnu arma jittata
si’ si n’adduna sugnu
siddu ‘un mi lassu ìri
siddu mi lassu ìri
risirenza di Ddiu.
***
La voce che non è mai/soltanto la mia voce/ne è pastoia il mio nome// e il nome non sono io/ e
neppure il viso./Se sto volando, come//faccio a congiungere le mani?/Persino in cielo non è
sempre/che c’è chi presti ascolto.
***
Se non fosse stato per le tue mani/non avrei acciuffato l’anima per i capelli/sarei scivolata come
seta/pettinata dalle dita della notte//Se non fosse stato per le tue mani/non avrei spogliato gli
occhi dalle ragnatele/sarei rimasta presa come moscerino/inciampata nel mastice della notte// Se
non fosse stato per i tuoi piedi/non avrei trovato terra e radici/sarei stata sabbia, leggera e
smossa/dal vento che denuda le semine
***
Sei al buio e emetti luce, dal tuo mare dolce/ancora senza crosta, Dio e umano/ancora non sei
uomo e già ti chiamo/come pensiero senza ancora voce//Dentro di me, se penso a te sei sole/che
sale fino a dove scende sera/quando il vespro s’insinua tra le case/e tinge di rosso il vicolo e lo
placa//Si è placato il vento che urtava la persiana/e la mia anima smette di stridere
MARCO SCALABRINO
Marco Scalabrino è nato nel 1952 a Trapani. Ha pubblicato Palori (1997); ha tradotto
e pubblicato Poems - Puisii, di Nat Scammacca (1999); ha tradotto testi scelti di Duncan
Glen pubblicati in THREE TRANSLATORS OF POEMS by D. G. (Scotland 2001);
tradotto Feast of the Dead di Anthony Fragola pubblicato col titolo Festa dei morti e altre
storie (2001); pubblicato Tempu palori aschi e maravigghi (2002); tradotto Eu vivo só Ternuras
di Nelson Hoffmann pubblicato col titolo Io vivo di tenerezze (2002); tradotto Bagunçando
Brasília di Airo Zamoner pubblicato col titolo Scompigliare Brasilia (Brasile 2004);
pubblicato Canzuna di vita di morti d’amuri (2006); tradotto Parto di Inês Hoffmann
pubblicato col titolo Parto (2007); adattato in italiano la riedizione di Quattru sbrizzi di
Salvo Basso (2008); pubblicato La casa viola (2010); pubblicato Parleremo dell’arte che è più
buona degli uomini (2013); tradotto Raisins with Almonds di Stanley H. Barkan, pubblicato
col titolo Passuli cu mennuli (U.S.A. 2013); pubblicato Na farfalla mi vasau lu nasu (2014);
scritto e pubblicato il saggio Giovanni Meli - La vita e le opere (2015); scritto e pubblicato
il saggio su La racina di Sant’Antoni di Alessio Di Giovanni (2016); tradotto The Divine Kiss
di Carolyn Mary Kleefeld (U.S.A. 2018); pubblicato La puisia di / The Poetry of Marco
Scalabrino (U.S.A. 2018); scritto e pubblicato il saggio Ignazio Buttitta dalla piazza
all’universo (2019).
È stato componente della equipe regionale del progetto L.I.R.eS. promosso dal M. I.
U. R. Ufficio Scolastico Regionale per la Sicilia, per lo studio del dialetto siciliano nella
Scuola.
Ha scritto tre commedie in dialetto siciliano: Lu carrubbu di Titta (1993), L’affari busillis
(1994), B. B. & B. Paradisu (2019). Ha organizzato e curato dal 2017, unitamente a
Rosaria La Rosa, la rassegna culturale denominata Galleria Letteraria.
Si susseguono le stagioni con suole di cuoio sempre nuovo / e allungano, una botta dopo l’altra, /
la processione di giudici, manette, casse da morto. / Io nullità io parassita io disoccupato /
io a rischio Aids io cicisbeo io drogato / io mafioso io delatore io disperato / io... non smetto mai
di bestemmiare. / Anche oggi qualcuno perderà il lavoro. / Questa febbre fiacca le mie membra / e non un solo
ponte s’intravede per superarla. / Mastro Lunedì, dispettoso, s’attarda / e spetta a me non ho scampo. /
Madre sa di alloro, sorba, malvasia / il fiore scaturito dal tuo rovo e il suo profumo / nelle narici,
nel sangue, nei sensi persisterà in eterno.
***
BATTARÌA
***
PETRI
Allavancu.
Allavancu.
“Senza fini”.
Mill’anni e chiù
camiannu
la muntagna:
“Oh,
rinesciri
vastedda!”
“Musica
musica
e ciauru
ciauru di rosa
e celi
celi di luci
e luci
di sempri
e pi sempri”.
PIETRE - Dirupo. / Rovina. / “Senza fine”. // Mille anni e più / riscaldando / la montagna: /
“Oh, / diventare / pane!” // “Musica / musica / e profumo / profumo di rosa / e cieli / cieli di luce / e luce /
da sempre / e per sempre”.
ROSALDA SCHILLACI
… Di Rosalda Schillaci mi colpì subito la sua valenza poetica. […] Notai che le sue
poesie non erano di facile e istantanea comprensione, il linguaggio usato era
particolare, unico, alto, a volte ostico, ma scuoteva l’anima in un turbinio di sensazioni
intense e indescrivibili […] Quando ebbi tra le mani il plico con le poesie, non mi sarei
mai aspettato che stavolta fossero in siciliano. Pensai subito al rischio di una caduta di
stile che un cambio di registro linguistico avrebbe potuto comportare, e invece, ancora
una volta, l’autrice mi ha piacevolmente sbalordito. Ho riscontrato nei testi quell’istinto
grezzo e primordiale che caratterizza noi siciliani: “Istintu di jinestra”, quel nostro
magnifico fiore che troviamo in abbondanza lungo le pendici dell’Etna ed ha la
caratteristica di crescere sulla lavica pietra; un fiore forte, che si attacca tenace alla
roccia e resiste alle intemperie pur nelle avversità di un terreno impervio; un fiore che
sa creare contrasto (quasi a simboleggiare la caratteristica ricchezza di contrasti insita
nel cuore di noi siciliani) tra lo scenario brullo e desolato della nera roccia lavica ed il
verde ricco di vita dei suoi steli e il giallo solare dei suoi petali […] Scorrendo i testi,
anche l’ortografia siciliana mi ha sorpreso; la Schillaci alla parlata locale ha preferito il
linguaggio classico e tradizionale del siciliano aulico, quel siciliano che ci viene
tramandato da secoli dai nostri migliori scrittori e poeti, autori che hanno reso grande
la nostra lingua e la nostra letteratura, e che lei adopera con maestria. Particolare la
sintassi, come d’altronde lo è nelle sue opere in italiano, e, nel dettaglio, ricercato l’uso
dei periodi e dei termini linguistici. […]
Dalla prefazione di Antonino Magrì - “Istintu di jinestra” di Rosalda Schillaci.
ISTINTU DI JINESTRA
fatati.// Mentre la luna è calma tra le stelle,/ lei vermiglia scende tra miserie, / fonde la pietra e
piante trasforma in scintille/ sbigottendo oggi come ieri.// Quando scheletro zoppo è fermo e
muto,/ un umile fiore alza la sua testa/ tra l’aspra terra ed emana il suo profumo denso/sopra
sciara distruzione di tempesta.// Istinto di ginestra in quegli istanti/ di febbre esce fuori e si fa
vanto,/ dipinge di giallo montagna festante,/ risorge da dolore e ne fa canto.
***
LA SCHIGGHIA
L’URLO - Spasima, saetta, prega; il pianto/ è urlo senza latte e senza miele, / tuono sopra nuvole
d’incanto. // Mentre aspetto una voce che comanda, / come ombra lenta mostra le ragnatele, / mi
inchioda distrattamente e mi condanna, // impeto di grandine insidia a certezza, / confino tra la
fantasia e i giorni, / scorticatura d’ali dentro timidezza. // Anelo ammutolita, restando pietra /
asciutta di acqua limpida alla fontana, / restando nuda pietra sopra pietra// respinta dalle ramaglie
e dalle ore. / Oh, sì, il cielo è muto, e senza suono/ ha lo stesso mio spavento e tremore, // noi
portiamo il peso del mondo / insieme, e quando ogni cosa gioca, / passatempo di luci si risveglia in
fondo; //ma se non cambia discorso il tormento, / l’anima vagabonda non dorme/ tra gli alberi,
tra lo sbadato vento.
***
DDOCU MORU
LÌ MUOIO – Senza di te la luna è una candela spenta. / Il desiderio è un papavero / che si sciupa
a un tocco delicato, / però io non ho paura e te lo offro intatto / mi perdo nelle tue mani e lì
muoio.
Giuseppe Vetromile
Giuseppe Vetromile è nato a Napoli nel 1949. Attualmente svolge la sua attività
letteraria a Sant'Anastasia (Na), città in cui risiede dal 1980. Ha ricevuto riconoscimenti
sia per la poesia che per la narrativa in importanti concorsi letterari nazionali.
Numerosissimi sono stati i primi premi.
Ha pubblicato più di 20 di libri di poesie, gli ultimi dei quali sono Cantico del possibile
approdo (Scuderi, 2005), Inventari apocrifi (Bastogi, 2009), Ritratti in lavorazione (Edizioni
del Calatino, 2011), Percorsi alternativi (Marcus Edizioni, 2013), Congiunzioni e
rimarginature (Scuderi, 2015), Il lato basso del quadrato (La Vita Felice, 2017), Proprietà
dell'attesa (RPlibri, 2020), ed il libro di narrativa Il signor Attilio Cìndramo e altri perdenti
con (Kairos, 2010).
Ha curato diverse antologie, tra le quali, recentemente, Percezioni dell'invisibile, L'Arca
Felice Edizioni di Mario Fresa, Salerno, 2013; Ifigenia siamo noi (2015) e Mare nostro
quotidiano (2018) per la Scuderi Editrice di Avellino. È il fondatore e il responsabile del
Circolo Letterario Anastasiano. Fa parte di giurie in importanti concorsi letterari
nazionali. Organizza incontri ed eventi letterari, tra cui le rassegne letterarie Il London
Park Letterario a Sant'Anastasia, in collaborazione con Vanina Zaccaria, e Un caffè da
Mancini presso la Libreria Mancini di Napoli in collaborazione con lo scrittore Gennaro
M. Guaccio.
È l’ideatore e il coordinatore del Premio Nazionale di Poesia “Città di Sant’Anastasia".
È presente in rete con diversi blog letterari (Circolo Letterario Anastasiano, Transiti
Poetici, Taccuino Anastasiano, Selezione di Concorsi Letterari), ed inoltre collabora
attivamente con altre associazioni e operatori culturali del territorio nella realizzazione
di eventi letterari di rilievo, prodigandosi anche nella ricerca di nuovi “talenti” poetici.
Indice
Introduzione Pag. 4
Silvana Blandino “ 6
Piero Carbone “ 10
Corrado Di Pietro “ 14
Filippo Giordano “ 18
Antonino Magrì “ 22
Gero Miceli “ 26
Margherita Neri Novi “ 30
Alfio Patti “ 34
Renato Pennisi “ 38
Santo Privitera “ 42
Flora Restivo “ 46
Patrizia Sardisco “ 50
Marco Scalabrino “ 54
Rosalda Schillaci “ 58
7 giugno 2021