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Transiti Poetici – Volume XXXIV

TRANSITI POETICI
Volume XXXIV

Antologia
a cura di Giuseppe Vetromile

I Quaderni del Circolo Letterario Anastasiano


nr. 64

Copertina di Ksenja Laginja

I Quaderni del Circolo Letterario Anastasiano – nr. 64 Pag. 2


Transiti Poetici – Volume XXXIV

Gli Autori
Patrizia Baglione
Emilia Barbato
Giovanni Bracco
Felicia Buonomo
Laura Cingolani
Gabriella Grasso
Silvia Rosa
Carla Sautto Malfatto
Antonella Sica
Simona Volpe

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Transiti Poetici – Volume XXXIV

Introduzione

Esiste ancora un posto dove gente indisciplinata ed egoista versa, anzi sparpaglia, la
spazzatura ad un angolo di strada, senza peraltro operare nessuna selezione ma
ammucchiando insieme rifiuti organici, carte, contenitori e lattine varie. Esiste ancora,
in qualche punto della mia zona rurale, come certamente in altre parti del nostro
amato/odiato meridione, la possibilità di cogliere nell’aria la fragranza del pane che sta
per uscire dai vecchi forni a legna di qualche contadino che, nonostante tutto, continua
imperterrito la sua attività/passione di fornaio artigianale: la domenica mattina è tutto
un tripudio di aromi, di fragranze, di profumi provenienti dalle masserie rurali; lì,
lontano dai rioni di cemento della città metropolitana, è tutto un mondo che ancora
resiste all’opprimente frenesia dell’usoegetta, dell’accaparramento a tutti i costi di
qualsiasi bene e di qualsiasi comodità, più o meno utile.
E da qualche parte ancora una donna subisce e perisce, sottomessa e imbrigliata in
abitudini secolari, che la vogliono inferiore e limitata, priva di ogni diritto. Eppure,
abbiamo eroine e scienziate, ricercatrici e astronaute, donne che con la loro
intraprendenza e la loro determinazione, hanno cambiato il mondo e dissolto ogni
pregiudizio su di loro.
Ci sono posti e tempi ancora gretti, oscuri, in cui qualcuno si prodiga per denigrare,
umiliare, torturare, offendere e persino uccidere un altro, un suo simile, un suo parente,
la moglie, l’amante, il padre, la madre, gli zii; c’è ancora chi tradisce, da qualche parte,
chi trama nell’ombra per sopraffare l’altro, per prendersi meriti non suoi; e c’è ancora
chi calpesta la libertà e i diritti degli altri, chi pretende il pizzo da onesti commercianti,
chi rapina, chi sa manipolare e plagiare il suo simile per trarne vantaggio personale. C’è
chi istiga, chi inculca sensi di colpa per ottenerne buona possibilità di gestione
personale. Esiste sempre, da qualche parte, qualcuno che ti impone subdolamente
modi di agire e linee di pensiero convincendoti che è giusto e sacrosanto, per il bene
di tutti. Esiste l’inganno, l’ipocrisia, la malafede.
Ma esiste anche, da qualche parte, ancora la bontà d’animo, il prodigarsi per gli altri,
l’aiutarsi a vicenda, l’essere consapevoli dei propri talenti, l’essere coerenti e schietti nei
confronti di tutti, il saper condividere le ricchezze della natura e rispettarle.
L’augurio è che tutti possano acquisire consapevolezza della propria umanità e del
grande valore della vita, aborrendo ogni crimine e ribellandosi ad ogni azione che possa
provocare conflitti umani e sociali.
Parole grosse, per una cultura e per una considerazione dell’essere umano che ancora
non c’è, e che forse non c’è mai stata e mai ci sarà, dacché l’uomo è animale sociale ma

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Transiti Poetici – Volume XXXIV

che tende a prevalere sempre sugli altri, per timore che proprio l’altro possa a sua volta
sopraffarlo, per invidia, per gelosia, per antipatia, per ignoranza. È dall’assassinio di
Abele che l’uomo è in guerra. E non c’è giustificazione che tenga.
Parole grosse, certamente! Dovrà sorgere un’umanità migliore, più consapevole della
propria preziosa esistenza su questo pianeta, più incline alla convivenza e alla
condivisione dei valori e dei beni. Parole grosse, sì, forse retoriche e inutili, disperate.
Tentiamo di ricucire qualcosa, qualcosa che tenga insieme il tutto, dalla vita alla morte,
dalla fragranza del pane appena sfornato al gesto di abbandonare su un marciapiede
un cumulo di spazzatura alla rinfusa, dalle lacrime di gioia che ti dona un figlio appena
nato, al pianto di rabbia nel vedere una città bombardata e gente assolutamente
innocente, novelli Abele, soccombere ai prepotenti.
La poesia può essere questo legame, questo canto sublime e accorato che lega ogni
cosa e che mostra la nostra vera umanità.
Per questo, ringrazio ancora tutti i poeti che hanno aderito a questa mia iniziativa, e in
particolare i dieci autori di questo volume. Buona lettura!

Giuseppe Vetromile

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Transiti Poetici – Volume XXXIV

PATRIZIA BAGLIONE

C’è un’inquietudine romantica nei versi di Patrizia Baglione, giovane poetessa del
frusinate ma già determinata nel voler farsi apprezzare grazie ad un bagaglio culturale
e poetico di indubbia consistenza. E questa inquietudine, o meglio insofferenza,
emerge dalla consapevolezza dell’asperità del mondo circostante, e finanche dei
sentimenti, quando il sogno di una realtà illuminata e avvolta dal sole dell’amore e della
schiettezza nelle relazioni umane, si scontra con il mondo dei pregiudizi e degli
stereotipi. La sua determinazione di volare in questi sogni, nonostante le burrasche della
quotidianità, prefigura il suo obiettivo personale, e poetico, costruito con un procedere
laconico ma intenso dei versi.

Ho paura del bacio

Ho paura del bacio


non del cielo
o del fuoco. Amore
non te la prendere
se sono un uccello
capace di volare, nonostante
la burrasca.

***

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Transiti Poetici – Volume XXXIV

Croce

Il filo che mi lega a te


è lo stesso che inchioda i morti
alla croce.
Dalla carne, oramai lacerata
fuoriesce
la polvere rossa dei papaveri.
Sono un cencio di ossa
sopra
questa trave di legno
in un giorno qualunque
di un mese qualunque.

***

A che serve un cielo di stelle

A che serve un cielo di stelle


quando, già nel tuo ventre
riesco a vedere l’alba
e udire
con note angeliche
le voci delle fate. Dimmi
cosa me ne faccio delle stelle
se poi
vivo solo di te
e appena te ne vai
torna il buio nella stanza.

***

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Transiti Poetici – Volume XXXIV

Notte di luna

Veglierò in silenzio sul tuo respiro


mai disturberò
quel ritmo frenetico.
Nella lunga notte dei desideri
ho cercato di rapire
il tuo odore.
Come un libro, mi sono
aperta a te. Hai sfogliato
per bene la mia anima.
Poi
ho catturato le tue membra
e le ho mostrate
al mondo dell’impossibile.

***

Il sasso è più vivo di me

Il sasso è più vivo di me:


calmo e sereno
passa la vita senza porsi
troppe domande
apprezza, quello che viene
prova pazienza e fiducia nel giorno.
Io me ne sto
qui ad aspettare
un amore di cui, non si sa l'esistenza.
Non provo gioia, piuttosto rancore
del tempo passato
così malamente - come una spina
dura e costante
capace di solcare
tutto il terreno.

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Transiti Poetici – Volume XXXIV

EMILIA BARBATO

Della milanese Emilia Barbato, di origini napoletane, piace l’immediatezza del dire
poetico, essenziale nei brevi versi che, tra l’altro, custodiscono una forte allegoria nei
confronti della vita, anzi di una vita da ricostruire, un’esistenza che rinasca dai semi e
dalla terra ben preparata e nutrita. Ricorre spesso, infatti, a metafore che si rifanno alle
necessarie potature ai fini di rendere i virgulti più sani e più produttivi, in una terra
prevalentemente smossa e disordinata, se non addirittura avvelenata. Questo desiderio
di spoliazione da ogni surplus inutile, di mettere a nudo le verità e di sfrondare, potare,
gli animi affinché risorgano più schietti e genuini, è trasposta dunque nella quotidianità
delle azioni e delle relazioni, ove è proprio con la poesia che è possibile una traccia,
un’indicazione, una speranza, un rinnovamento.

Capogatto

Separo tutto,
asporto il ricordo
dell’ultima propaggine
delle tue mani nel mio corpo
moltiplicato da ulteriore nudità
e qualche menzogna,
dissipo finanche la voglia e l’ipotesi
di un uomo che mi risolva.

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Transiti Poetici – Volume XXXIV

Sotto le cattive stagioni


mi incurvo, mi interro
– ho un taglio – protendo
alla fine dei sarmenti stanchi,
tuttavia, nella terra
modulo un vagito – attecchisco -
fuori di me schiudo
gemme, cresco una figlia.
Qui – dove separano –
stringo dipendenze
e autonomia, morte e vita:
l’archè.

Potare è un movimento sapiente,


la cruenza necessaria dell’agronomo
sui capi a legno perché
i tralci gemmino,
recidere è il tono ubbidiente
della mia voce
all’impeto della mente
affinché il cuore, tremando, taccia.

Vedi, così come il pampino usa


i colori strepitando tutto
il suo bisogno di nutrizione
e la misura esatta d’acqua per i frutti,
io trattengo l’eco di una parola,

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Transiti Poetici – Volume XXXIV

l’amplifico nella voce delle cose,


allontanandomi quel poco dalla perfezione,
per non turbarla, per coltivare la felicità.

La strada del germoglio tra i nodi


è affollata di indugi,
di fratture, soccorrono
le gemme di controcchio,
premi qui,
sulla bocca, forte sul petto,
conduci nella mano questo tremito di speranza,
nel calore le mie temibili muffe.

Disponi le mie gemme dormienti


nel verso giusto,
dipana il verde dei germogli
sul tuo soggetto vigoroso, rispecchiando
affinità e epoca dei bocci,
segno teneramente la tua corteccia
con un’impronta trasversale e una longitudinale
traccio la sacralità in cui mi innesto.

(da Capogatto, Puntoacapo Editrice, 2016)

***

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Transiti Poetici – Volume XXXIV

Minutissimi relitti alla deriva,


le teste canute nel sonno
inclinate su un lato,
naufragano qualche parola.
Si distingue una litania,
resta sospesa nella sua imperfezione
eppure propaga il senso e il suono che tuona
nell’aria immobile della stanza.
– Gesù Giuseppe e Maria
vi dono il cuore e l’anima mia –

(da Il rigo tra i rami del sambuco, Pietre Vive Editore, 2018)

***

L’uomo che veniva dal mare,


una coppa Oribe per Orsola
“nuda, bianca, imposseduta”
nei collage di Bodini, la fame
di poesia, pomo, ponte sia
da te a me lingua, parola,
bocca, aspirazione roca
di una bacca intradotta.

(da Nature Reversibili, LietoColle Edizioni, 2019)

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Transiti Poetici – Volume XXXIV

GIOVANNI BRACCO

Di Giovanni Bracco, giornalista e musicista salernitano di Polla, residente a Roma, è


da apprezzare la morbidezza di un afflato poetico lirico e ben modulato e strutturato
attraverso un percorso sostanzioso e intenso di emozioni e stati d’animo. In questo
breve poemetto, che fa parte di una raccolta pubblicata da La Vita Felice, nota editrice
milanese, la pacatezza del suo dire si accompagna verosimilmente ad un grande e
controllato trasporto emotivo, quasi erotico, in giusta misura come delicata
piccantezza degli enunciati. L’evidenza di una passione forte che si dipana nei gesti
calmi di una quotidianità di piccole cose, come il fumare una sigaretta, si manifesta
nell’intimo desiderio di interiorizzare, quasi di indossare, gesti e corpo dell’amata, in
una mutua e sublime congiunzione di sensi.

Otto poesie d’amore

Le grandi mani calme.


Un’altra sigaretta
fuma tra le tue dita
lunghe come il volo di un airone.

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Transiti Poetici – Volume XXXIV

Mani che indosserei come un maglione


caldo del tuo sangue e del tuo odore.
Lontani dall’inverno bianco e azzurro,
una stanza segreta
e mani grandi calme lunghe dita.

II

Se il tuo viso apparisse per incanto


anche in una notte così calma,
potrei chiederti con gli occhi soltanto
di respirarmi addosso, respirarmi
dentro la bocca e nel mio respiro
stesso, per trattenerti ancora, come
il pensiero purissimo dell’aria.

III

Tremo all’idea della tua presenza.


Vertigine l’assenza.

IV

Di notte aspetto
come albero a Levante
i tuoi occhi.

Nel mio pensiero sei la pura bocca.


Il bacio che si ferma sopra il filo

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Transiti Poetici – Volume XXXIV

del tuo respiro è l’idea di un bacio


accostato all’idea della tua bocca.
Ma il fremito sottile della foglia
arresa a un soffio, calda in trasparenza:
così, dischiusa e assorta,
se bacio il tuo respiro, più vicino.

VI

Febbraio

Che notte strana, calda. Lo scirocco


ha imbrattato di lacrime sabbiose
le aiuole miserabili, il cortile
del condominio e tutte le automobili.
Come a una gogna appendo le passioni
all’arancio svogliato dei lampioni
perché tu possa riderne
e io farti tornare
una donna tra tante.

VII

Di notte nella stanza luci rosse


di radiosveglia tracciano
ai pensieri la pista di atterraggio:
ma io li ricaccio in volo
nella profondità folle dei sogni.
Dovrei farlo stanotte che mi manchi
dentro la pancia, nel mio nero cuore.
Ma è un grumo nero il cuore
e tu farfalla vento verde neve.

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Transiti Poetici – Volume XXXIV

VIII

Aprile

Ora aspetto che passi per suo conto


questa notte, mentre ai pini di Roma,
impassibili come il Vittoriano,
a due passi da una porta a me chiusa,
ho spiegato che tu sei il mio dolore.
Ho incrociato un turista solitario
che prendeva la sua felicità
da una birra, seduto sulla strada
dei Fori, come io feci sulla spiaggia
di Colonia sul Rio de la Plata.
Forse il varco è dissolversi, stranieri,
come nel temporaneo oblio di un viaggio.

(da Le grandi mani calme, La Vita Felice, Milano, 2015)

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Transiti Poetici – Volume XXXIV

FELICIA BUONOMO

Felicia Buonomo, da attenta osservatrice dell’odierna società, ne trascrive con la sua


esperienza giornalistica di prim’ordine, supportata però da una grande vena poetica, i
contrasti e le ambiguità, sovente celate da mielosi compromessi e ipocrite
omologazioni di comportamenti. La denuncia è velata ma evidente, traspare in filigrana
dai versi nervosi e impietosi come lo sono i fatti narrati. Un corpo poetico che reclama
giustizia e comprensione, unione e amore, in un consesso civile dilaniato e irriverente,
sovente egoista. E la poesia è questo canto contro ogni negatività che possa
disarmonizzare l’umanità, quando si è consapevoli di avere in sé i geni della violenza.

Sangue corrotto

In principio fu il sangue corrotto


dall’alcol di A. – mio fratello. Siate
fecondi e moltiplicatevi, la
maledizione. Mamma e la paura:
«Ho in me i geni della violenza».
Si pensa come rea mai confessa.

***

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Transiti Poetici – Volume XXXIV

Merletto

Babbo c’è un assassino,


non lo fare bussare
Babbo c’è un indovino,
non lo fare parlare […]
E c’è un forte rumore di niente.
Francesco De Gregori

«Aspetto papà», ha detto. Aveva


quattro anni, due di chemioterapia.
Papà, due di immotivati sensi di colpa.
Era mia sorella. Se n’è andata tra le lenzuola
con il merletto in pizzo di mamma, che ha scelto
la morte per aprire il corredo avuto in dote.
«Non è stata la malattia a portarsela via»,
dice papà. «Non ho saputo proteggerla».
Papà si crede Dio, che di vita e morte decide.

***

Oppressore

L’oppressore si diletta.
Ha battuto la mia bocca.
Non ho un compagno nella vita.
Per chi posso essere dolce?
Nadia Anjuman

Lo dico al passato?
O al domani
sempre uguale alla mia pena,
che l’entusiasmo facile
è un tentativo fallito,

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Transiti Poetici – Volume XXXIV

quando l’oppressore si diletta.


Vivo alla periferia dei pensieri altrui.
Lui dice che faccio la vittima.
La dottoressa dice che lo sono.
Ho dimenticato la parola io.

***

Ostia

Non è leggerezza di fiore questa condanna.


Come un masticare di ostia che chiede redenzione.
Si scioglie in fretta, taglia il tempo necessario
a passare in rassegna l’elenco dei peccati
che mi getti addosso. Eppure sarei dovuta partire,
lanciarmi vuota nella libertà che pesa. Non aspettare
una benedizione, un segno di croce che allarghi
alla vita. Eppure rimango, mi punisco, mi rinnego.
Potrei silenziarmi, ma canto un urlo. Tu non senti.

***

Offerta

Degli anni in cui si disegna


la primavera dell’esistenza
rimane ancora
la mia mano cucchiaio:
offerta
senza ricevuta.

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***

Carcassa

Come una iena apro lo spazio


tra pareti di stomaco vorace.
La carcassa dei miei fallimenti
attende di essere divorata.
Famelica ingurgito i resti.
Sopravvivo di carogne, non rido.

(da Sangue corrotto, Interno Libri, 2021)

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Transiti Poetici – Volume XXXIV

LAURA CINGOLANI

La poesia è a volte apertura improvvisa dell’inconscio da cui scaturiscono immagini,


intenzioni, sogni, riflessioni e considerazioni che si sovrappongono, si attorcigliano gli
uni agli altri, si manifestano in dualità o in molteplicità contrastanti e addirittura
annichilanti reciprocamente; il poeta con la sua esperienza e il suo stile mette ordine,
cerca di conferire un senso al magma che ribolle interiormente, studia con arte il giusto
telaio su cui ricomporre organicamente il tutto. Laura Cingolani sa bene tutto questo
e lo evidenzia in modo davvero eccezionale in questi versi a catena, che si susseguono
apparentemente svincolati l’uno dall’altro ma che in realtà puntano tutti sulla
problematica dello straniamento sociale ed esistenziale, dei sogni dimidiati tra realtà e
desiderio di cambiamento (Le speranze sempre quelle…), e soprattutto della
consapevolezza di un vincolo ineluttabile che ci costringe ad una quotidianità dettata
da altri (Andare per conto di) e che aliena la nostra capacità di scelta e di critica.

Andare per conto di

Vado per conto di


Nere cascate di stelle
Crescono immense ai bordi della strada
Le speranze sempre quelle
Di preservarsi intatti
Di non cambiare nulla
Non disturbare il destino
Lasciandolo dormire
Però questo piano ci cade spesso addosso
E noi lo salutiamo

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Transiti Poetici – Volume XXXIV

Diciamo - Benvenuto
Vuoi un caffè
Aspettiamo che si sieda
Per sederci insieme a lui
Ci spiegherà le sue ragioni
Tiene molto a noi
Ha sempre saputo come prenderci
Dove portarci

Parliamo del più e del meno


Senza tirare le somme
Crediamo sia meglio così
Ne percepisco il senso
Semplicemente chiudendo gli occhi
E ricordando la strada
Ripercorrendola altrove
Riassaporandone i frutti
Andando di nuovo per conto di

Terre a cui sono promessa


Mondi a cui sono connessa
Appoggiando le palme dei piedi una dopo l’altra
Osservando le cose normali
Producendo azioni senza scopo
Sacrificando tutto

No non posso – disse


Cercando di tornare al passato
Poi si riprese
Bagnò il suo viso con acqua fredda
Sapeva che era arrivato il momento
Allora tornò di un poco avanti
Si voltò

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Transiti Poetici – Volume XXXIV

Ci guardò addosso sparandoci con gli occhi la sua paura


Mentre nel frattempo si trasformava
Sciogliendosi in lacrime
Scendeva come pioggia
Credeva non potesse mai accadere
Poi con uno scatto si ricompose
Guardò di qua e di là
Accennò un breve sorriso
Posso – disse
Adesso posso
I suoi occhi si aprirono fino allo stremo
Ci incamminammo insieme
Per giorni e giorni
Senza badare allo sforzo
Senza dormire la notte
Senza pensare al passato

E adesso che è quasi giorno


Andiamo incontro al mattino
Doniamo felicità a chi la vuole
Andiamo ogni giorno lontano
Non abbiamo bisogno di niente
Perdiamo soltanto le cose
Godiamo di foglie che luccicano
E nel frattempo andiamo
Andiamo per conto di

Quello che passa attraverso


Quello che ci cade addosso
Tutto quello che accade
In tutti i momenti del mondo
In tutti i pensieri del tempo

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Transiti Poetici – Volume XXXIV

GABRIELLA GRASSO

È profondo il sentimento per la terra e il senso di appartenenza ad essa, in Gabriella


Grasso, poetessa siciliana che si è fatta apprezzare dal mondo letterario nazionale per
i notevoli premi ottenuti in concorsi letterari importanti come il Lorenzo Montano.
Questa sua predilezione nei confronti della natura e in particolare per il suo universo
siciliano così ricco di colori, calori e fragranze, si delinea lungo il tessuto poetico dei
suoi versi, sempre aperti e luminosi, caldi di una passione quasi atavica, che fa
germogliare nei cuori semi di amore e di speranza. Sono versi che cantano la gioia di
vivere abbracciati idealmente alla terra, desiderandone la presenza coinvolgente fino
ad occuparne, con le proprie cose, ogni anfratto, ogni tana. Il richiamo alla genuinità
di una vita scevra da ogni sorta di inutile sovrastruttura (ti aspetto qui…) è evidente e la
poesia di Gabriella Grasso può essere anche interpretata come una complessa e grande
metafora dell’esistenza, da trascorre qui, su una terra schietta e amica, vera culla di vera
umanità.

Ti aspetto qui

Ti aspetto qui
sono un po’ stanca io
non vado oltre
È stato un viaggio
questo radente al muro

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Transiti Poetici – Volume XXXIV

di sciara a secco
roveti innocui
lucertole beate
nella loro indifferenza secolare
Tu vai
a conquistare il mondo
ad affrontare il drago
che senti mugugnare
nell’antro del vulcano
e vincere quella medaglia antica
che spetta a chi ha coraggio
a chi non teme pioggia né fatica
Io resto e qui mi troverai
se vuoi tornare
e ti offrirò dal mio grembiule
le more che ho raccolto lungo il muro
nelle ore silenziose del mio stare

(da Quale confine, edizioni Kolibris, 2019)

***

Zolla tra zolle

Vorrei una tenda


in ogni angolo buono che mi ha dato
fiato
La pianterei puntando al cuore
di quella terra che mi è stata nido
e ci verrei
ci tornerei per ritrovare

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Transiti Poetici – Volume XXXIV

sentore della vita


Mi scaverei una tana in ogni luogo
dove ho provato pace
per ritornarci col pensiero
e risucchiare
la linfa buona delle sue radici
Sparpaglierei i miei oggetti in ogni buco
in cui vorrei lasciare impronte e giochi
inutili trastulli
tracce opache
incomprensibili agli altri
evaporate
dagli alvei della storia
Mi illuderei d’avere avuto casa
nelle case degli altri
e dentro i covi degli animali amici
Sì, d’essere rimasta
foglia tra foglie
zolla tra le zolle
di una terra materna
illimitata

(da Il Generale Inverno, Il Convivio ed., 2021)

***

Gli adolescenti

Nelle ore in cui il contorno


delle cose si sfaceva

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Transiti Poetici – Volume XXXIV

lasciate le biglie e le bici


seduti appartati sul bordo affilato
di una panchina di ferro
nervosi e con mani casuali
sfasciavamo le rose
senza mai alzare il viso
e guardarci negli occhi
quei petali sparsi
tra i laterizi scartati
e le basole nere
ci indicavano a sera la strada
per ritornare a casa

(da Sciott, inedito)

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Transiti Poetici – Volume XXXIV

SILVIA ROSA

C’è un viaggio da fare, ma è piuttosto un percorso, una linea progressiva di movimento


appena appena tradita da una blanda (o solidissima?) metafora della vita. È ciò che
traspare dai versi di Silvia Rosa, validissima e nota poetessa torinese che si prodiga per
la diffusione della cultura letteraria attraverso svariate pubblicazioni e presenze su siti
internet di settore molto qualificati. E sono dunque versi che si susseguono con la
giusta misura di enigmi e di certezze, anche minime, come lo sciabolare dei fari antinebbia
e gli improvvisi abbagli delle luci di fuori. C’è in tutto ciò un senso di insicurezza, che
richiama la precarietà dell’esistenza, la redenzione del tunnel, che ci sia cioè finalmente
salvezza all’uscita. È questo sentirsi sospesi, tra una notte sicura sulla destra e il chiaro del
nuovo giorno che si annuncia subito dopo, che caratterizza la poetica di Silvia Rosa nei
brani che qui propone; una struttura poetica che riflette sul senso di appartenenza a
questa realtà, per quel poco che possediamo e su cui fare affidamento: l’autenticità
d’essere, cioè quel poco di reale e consolidato che ci resta.

Dentro una pozza di cielo


i pendagli degli alberi tremolano
in questo giorno che un calendario
ha nominato Primavera,
e risucchia in uno slargo acceso
tutta la terra che ci resta

I Quaderni del Circolo Letterario Anastasiano – nr. 64 Pag. 28


Transiti Poetici – Volume XXXIV

Dove siamo, mentre la notte


entra sicura sulla destra e vira
al chiaro che svanisce? Dove vanno
le cose che si illuminano,
quando lasciamo un punto piccolo
di fuga per non dimenticare
di fiorire lungo la strada
del ritorno?

All’estremità della notte le occhiaie


ci confortano, piccole chiazze di lune
piene sul volto. La redenzione del tunnel,
con i suoi boati corvini e le falene-bussole,
è una strada d’alluminio che accoglie
i nostri fantasmi, a 150 km orari.
Il roseto di abbagli ed errori resta fuori
da questa griglia di Hermann: le fucilate
degli antinebbia e i rimpianti sono espunti
da un elenco di cifre binarie, o bianco o nero.
Manca profondità a questo andare,
uno sguardo d’insieme, il talento
di sopravvivere alle lesioni del buio

Non è chiaro se dopo nebbie fossili


e giorni di Nigredo, se dopo tutti
gli abbandoni in cui ci siamo persi,
arriveremo alla zolla dell’aurora
o al margine radioso d’un suburbio

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Transiti Poetici – Volume XXXIV

con blocchi di edifici in successione,


una schiera di giganti cenerini
che roteano l’occhio dei balconi
verso l’antenna 5G puntata a Est
L’impasto di paure nello stomaco
e gli sguardi strabici, un’infinita nausea
a orientare i nostri passi ondivaghi:
sapessimo trovare una stazione
di servizio, almeno, dove mettere
a sedere ciò che resta del presente,
dargli un alibi per colazione,
mentre cerchiamo di inviare
a chi è rimasto indietro le coordinate
esatte della nostra posizione
(siamo a 74 centimetri circa
da qualsiasi morte capiti in sorte)

Perforando la fibra sintetica


che oscura l’orbita del sole
scendiamo a precipizio lungo
il rivo amniotico, con la brina
degli inizi addosso e le palpebre
incollate, portiamo l’impronta artica
di monadi inscritta sulla pelle,
il freddo come una condanna
così veniamo al mondo
˗ o scompariamo? ˗
soggetti all’azzardo degli eventi
fra scorie di arenile e uranio
improvvise fluorescenze, scheletri

I Quaderni del Circolo Letterario Anastasiano – nr. 64 Pag. 30


Transiti Poetici – Volume XXXIV

antropoidi e Intelligenze Artificiali,


assomigliamo alle falene Saturnia
e Cobra che infuriano le ali, confuse,
quando scambiano la luce al neon
per un destino luminoso d’astri

(da Tutta la terra che ci resta, Vydia Editore, 2022)

I Quaderni del Circolo Letterario Anastasiano – nr. 64 Pag. 31


Transiti Poetici – Volume XXXIV

CARLA SAUTTO MALFATTO

Attenta osservatrice della realtà esterna e dei mondi segreti dell’inconscio, la ferrarese
Carla Sautto Malfatto, poetessa e artista di grande valore, vincitrice di numerosi e
importanti premi letterari, sa entrare con la sua arte, il suo sguardo e il suo cuore, nel
panorama che la circonda e l’avvolge, sia che si tratti di immagini naturali, come l’abete
vecchio, che suscita in lei sentimenti di meraviglia e di compassione, sia che si tratti dei
rapporti familiari. In tutto questo, il suo impianto poetico si fonda essenzialmente sul
mistero dell’esistenza, sull’imponderabilità delle vicende umane e del destino: la
sensibilità artistica dell’autrice rafforza questa amara sensazione, invitando a
traguardare oltre la sottile filigrana della futilità delle cose e della natura, rispetto alla
consistenza e all’autenticità dell’uomo.

Gente di nebbia

Dimmi cosa vedi


quando penetri le nostre nebbie
che si affollano
corvi al pasto
di luci, strade e umori
e a banchi si affastellano
in densi muri

I Quaderni del Circolo Letterario Anastasiano – nr. 64 Pag. 32


Transiti Poetici – Volume XXXIV

d’angoscia e d’abbandono
o ad improvvisi veli
spettri ad altezza di naso.
Noi siamo lì
insondabili
gente di nebbia
dalle bocche a taglio
ermetici ricci indaffarati
sornioni e maledetti
come i gatti neri.

(da Troppe nebbie, Edizioni Il Saggio, 2019)

***

L’abete vecchio

L’ho visto tante volte piegarsi, quel pennone


alle bufere da temere di trovarmelo in casa
spuntato e rinsecchito come chi non cede
nemmeno davanti all’evidenza di braccia scrostate
da non essere più riparo per i nidi,
figuriamoci utile per se stessi.
Se ne ciondolava così, i rami più bassi sulla strada
tagliati uno e due e tre – pericolo per i passanti –
e sempre più nudo, tranne che di protervia
il re dei boschi montani, ad un tiro di schioppo dal Po,
a reggere la neve con conati di schiocchi.
Ma il suo dovere lo faceva, vecchio alpino
ultimo avamposto ad un sole umido che schianta
anche i pensieri in apnea della bassa,
e poi così un giorno a ritrovarselo
brunito d’aghi al tramonto – ma non per quella ragione –
e prendere accordi per abbatterlo.
Se avesse potuto si sarebbe portato via con le radici

I Quaderni del Circolo Letterario Anastasiano – nr. 64 Pag. 33


Transiti Poetici – Volume XXXIV

per andare a morire altrove e invece urlava


nella mia testa mentre lo sezionavano, a falde,
a tocchi, a tonfi, e rabbrividiva al solletico della sega.
L’ho già bruciato, secco com’era, nel camino
ma con certi sibili, botti, sputi di linfa e lanci
incandescenti – e la pelle rugosa a trasfigurare
in interni di brace – come un’anima dannata,
e ho giurato di non piantarne più, al suo posto,
per rispetto e dispiacere, e ne tengo
un legno, per ricordo, che si unge circolare al cuore,
ma dubito sia balsamo del suo perdono.

(dall’Antologia del Premio Voci Verdi, Editrice Artistica Bassano, 2018)

***

Tenerezza

La stretta leggera e fugace


di mio figlio, stamattina
sulla mia curva dell’omero:
– Come va? –
al profumo di doccia e intenzione
mentre mi era alle spalle
lo so
che mi deve bastare al suo riserbo
esagerato – e ogni tanto buttargli
le braccia al collo dicendogli
che ne ha bisogno –
è un buon risveglio
lo spiraglio di una soluzione
per quel suo destreggiarsi su un’asse d’equilibrio
illudendosi d’andare avanti così,
all’infinito.
Se mi desse la sua pena, saprei
come sbrogliarla, negli anni canuti d’esperienza

I Quaderni del Circolo Letterario Anastasiano – nr. 64 Pag. 34


Transiti Poetici – Volume XXXIV

appunti accumulati di cui i figli non si servono,


mi chiedo
se non farei più danno
e possa bastare lasciargli stringere appena
la mia spalla vecchia e ardita
che ancora c’è – hai presente, lo scoglio
appena affiorato e incrostato nella tempesta? –
e alitare per rinnovare lo stoppino di un faro
quasi esaurito
calmo solo in apparenza
nell’attesa che trovi da solo il porto
e mi lasci da lontano
guardarlo prender riva, salvo.

(inedita)

I Quaderni del Circolo Letterario Anastasiano – nr. 64 Pag. 35


Transiti Poetici – Volume XXXIV

ANTONELLA SICA

È forte e perentoria, la poetica di Antonella Sica in questi versi tratti da L’ira notturna
di Penelope. La poetessa genovese, peraltro impegnatissima anche in campo
cinematografico e ideatrice e curatrice di diversi festival e rassegne artistiche e letterarie,
non lascia dunque spazi inutili nel suo dire deciso e schietto, e i versi sono modulati su
questo suo accorato dichiarare tensioni e dissidi, sgretolamenti e dissoluzioni, in un
mondo che appare calpestato e offeso, un mondo di cui fa parte anche l’umanità con
la sua carne e persino il suo spirito corrotti dal tempo e dalle ignominie che l’uomo
stesso provoca e ritorce contro la natura stessa. Ma proprio in questa realtà, dove ogni
cosa sembra inquinarsi e guastarsi, resiste la metafora di Penelope, che imperterrita
continua a tessere la sua esistenza, nonostante ogni ferita e ogni avversità, ma dando
uno sguardo di sottecchi (nella coda dell’occhio) ad un possibile futuro di riscatto.

Dissoluzione n. 1

Tagli sui confini sordi del corpo


gravità spezzata in varchi
per l'incanto sonoro del merlo
mangiatore di vermi
del tordo bottaccio, del fringuello.
Scivola il sangue nelle grondaie
pettirosso dissolto nella pioggia d'aprile
si guasta la pelle all'acqua che cade
battono il tempo le ossa lavate
liberate dal cuore al biancore dell'alba.

I Quaderni del Circolo Letterario Anastasiano – nr. 64 Pag. 36


Transiti Poetici – Volume XXXIV

***

Dissoluzione n. 2

Sola splendo d’ogni ferita il sole


che spacca i semi nella culla del sangue;
radici tenaci di gramigna corrono
sotto la pelle, si spezzano alla luce
i bulbi di ranuncoli azzurri
nel cavo degli occhi, sbocciano
ai piedi papaveri dai morbidi steli
coi petali curvi, la gialla calendula
ricama le mani lenite e il cuore è terra
che batte alla pioggia che cade.
Non essere. Non essere più
se non qualcosa che si lascia essere
ciò che è.

***

Si è complici di un sintomo
un comune dolore d'essere
periferia abbandonata, arsa
da cemento e sterpaglia.
Amore è solo un segno
posto troppo in alto
per le mani.

Ho slacciato i passi al tempo

I Quaderni del Circolo Letterario Anastasiano – nr. 64 Pag. 37


Transiti Poetici – Volume XXXIV

estinte le radici fino al sangue


ora dondolo le gambe sul vuoto
fra le grida limpide del volo
un vociare infantile sale, c'è aria
di mare che solleva le gonne
ridono le donne in crisalidi di seta
in questo angolo terso della vita
svestita d'ogni sguardo mi sposto
fuori campo, nella coda dell'occhio

(Da L’ira notturna di Penelope, Prospero Editore, 2022)

I Quaderni del Circolo Letterario Anastasiano – nr. 64 Pag. 38


Transiti Poetici – Volume XXXIV

SIMONA VOLPE

La consapevolezza del tempo che scorrendo ineluttabile vanifica le impronte di vita


che si delineano momentaneamente sul tessuto della propria anima, della propria
esperienza, e un’attesa incerta, più spasmodica dell’attesa stessa: sono queste le
caratteristiche fortemente simboliche che conformano la struttura poetica dei versi di
Simona Volpe, validissima autrice di Martina Franca ma originaria di Molfetta. Sono
versi che vibrano di malinconia, di estraneazione, di abbandono, ma nello stesso tempo
vi è traccia di un forte sentimento nei confronti della natura, al cui ritmo vitale aderisce
sincronico l’anima e il cuore: “E divento battito, / chiaroscuro di notti / interminabili e assetate
/ che indugiano / al pontile fino all’alba”. Un pontile che è in effetti il punto d’osservazione
avanzato dell’autrice, che si protende metaforicamente sulla pericolosità e
sull’incertezza dell’esistenza, attendendosi albe colme di speranza.

Alba sul pontile

L’incertezza
dell’attesa nell’attesa,
la delirante speranza
riposta nell’onda breve
che immortale si sussegue.
Ridursi a (re)stare,
professando il divino
ubriaco presagio
che si fa pelle con me.
Senza più peso specifico,

I Quaderni del Circolo Letterario Anastasiano – nr. 64 Pag. 39


Transiti Poetici – Volume XXXIV

forma, contorni,
divengo anima nebulizzata
dissolta nell’afa
di un agosto comprato,
così mi perdo
tra le doghe verniciate
gonfie di stagioni.
E divento battito,
chiaroscuro di notti
interminabili e assetate
che indugiano
al pontile fino all’alba.

***

Giro intorno all’isolato

E poi succede
che tenti solo un abbandono.
Parti senza un dove
e sai che in quell’andare
vorresti posare i pensieri
in un giardino pensile
vista mare
tra i rampicanti che scivolano
lungo le facciate di graffiato
di una qualche appartenenza.
Lasci loro acqua e cibo
gli insegni
a prepararsi la cena
a respirare da soli.
Sollevandoti dal Dovere

I Quaderni del Circolo Letterario Anastasiano – nr. 64 Pag. 40


Transiti Poetici – Volume XXXIV

ti sorprendi a rinascere
dalla roccia carsica
rotta dal seme
e torni ad appartenerti
in modo primordiale.
Mastichi con denti nuovi
l’aria spessa
che profuma di scelte..
scaricando l’orologio
contando solo i passi.

***

Sogno

La bellezza infinita
dell’abitarti dentro;
sei quel senso
ristretto e profumato
di un sorso di caffè
che risveglia dai torpori
di un sonno leggero
sublimando il soffitto.
Così
mi slego dal tuo Io
e stringo forte
questo lembo di mattino
che mi tremola nel palmo.
Ti accarezzo
ma non sei velluto..
piuttosto
agrifoglio pungente di rubino,
mi ammacchi il respiro

I Quaderni del Circolo Letterario Anastasiano – nr. 64 Pag. 41


Transiti Poetici – Volume XXXIV

scivolando
dentro un abbraccio fermo
che mi chiude a chiave il cuore,
mi dona un altro sogno
e se ne va.

(da Occhi salvia e zafferano, Bertoni Editore, 2021)

I Quaderni del Circolo Letterario Anastasiano – nr. 64 Pag. 42


Transiti Poetici – Volume XXXIV

Ogni cosa ripiglia il suo grigiore e si dispone aderente al limbo


s’incastra nel reticolato dello spazio fino al confine
dove l’ombra non c’è
perché è già stata diluita al di qua
mescolata alle divagazioni di luce a seconda
del nostro umore
Che altro siamo mia cara
se non infingimenti e volti desolati
appiattiti e sbiancati dal canovaccio del giorno idem
che altro
se non abitudine e amen e a tutto-non-si-può-obbedire
Così ogni cosa ha l’ombra del diavolo dietro o sotto
nascosta dall’apparenza
come una pietra innocente che celi il verme
o come una mano che si prepari ad uno schiaffo
sconvolgente ed inatteso
Stabilisci tu mia cara dove proseguire in questo panorama
dove tutto è già predisposto fino alla fine
e mai un grido o un boato di cielo
s’alzerà sulla rigida planimetria
dell’assodato nostro cosissìa
(dalla sezione “Planimetria del crepuscolo inverso” in Percorsi alternativi, Marcus
Edizioni, 2013)

Giuseppe Vetromile

I Quaderni del Circolo Letterario Anastasiano – nr. 64 Pag. 43


Transiti Poetici – Volume XXXIV

NOTE SUGLI AUTORI

Patrizia Baglione

Patrizia Baglione è nata ad Arpino, in provincia di Frosinone, nel 1994. Ha composto


la sua prima poesia all'età di tredici anni. Diplomata in “Tecnico della Grafica
Pubblicitaria” nel 2013. La mia voce, edito da Quid Edizioni nel 2019, è il suo libro di
esordio: una raccolta di poesie, scritte durante la sua adolescenza. Nel febbraio del
2020 pubblica con la Casa Editice Kimerik Malinconia delle nuvole, la sua seconda raccolta
di poesie, nella quale non sfugge alle problematiche sociali, ma anzi le individua, le
scova e le disintegra con la sola forza della parola che tocca, nella regola della coerenza,
quasi con un ago sottile, il punto nevralgico della sensibilità umana. Quest’ultima
raccolta è stata presentata anche sulla nota radio Nazionale “RAI Radio Live”. Ha
vinto il Premio alla Cultura al “KALOS 2020 - Premio Internazionale di Arte e
Letteratura”, a cura del Prof. Massimo Pasqualone. Da quasi tre anni si dedica anche
alla pittura, creando una serie di dipinti in stile moderno denominata "Collezione di
bambole". Ha avuto modo di esporre in diverse personali e collettive, tra queste la
“Venice Art Gallery” di Venezia a cura del Prof. Giorgio Grasso. Con il dipinto Jole,
ha vinto il Premio Creatività, Palermo Artexpo 2020. Personale della Collezione nel
marzo 2021 all'interno del “Centro Culturale Meridian” a Mosca, in Russia. Trofeo
Leone d'oro per le Arti Visive, Venezia 2021. Giurata del Concorso artistico letterario
"Autori italiani 2021", a cura del giornalista Fiore Sansalone. È laureanda alla facoltà
di Scienze dell'educazione e arteterapeuta in formazione presso Sipea Onlus, Roma.

Emilia Barbato

Emilia Barbato è nata a Napoli nel 1971 e risiede a Milano. I suoi testi sono apparsi in
diverse antologie, sulla rivista Il Segnale, Poezia di Bucarest, Immaginazione delle Edizioni
Manni e sull’Aperiodico ad Apparizione Aleatoria delle Edizioni del Foglio
Clandestino. Geografie di un Orlo (CSA Editrice, 2011) è la sua prima raccolta. Seguono
Memoriali Bianchi (Edizioni Smaher, 2014), Capogatto (Puntoacapo Editrice, 2016), Il rigo
tra i rami del sambuco (Pietre Vive Editore, 2018), Nature Reversibili (LietoColle, 2019).

I Quaderni del Circolo Letterario Anastasiano – nr. 64 Pag. 44


Transiti Poetici – Volume XXXIV

Giovanni Bracco

Giovanni Bracco, nato a Polla (Sa) nel 1961. è giornalista, poeta e scrittore. Laureato
con lode in lettere all'Università di Napoli con la prima tesi assoluta sulla musica di
Nino Rota, diplomato in pianoforte al Conservatorio di Potenza. Vive a Roma dove è
capo della redazione dell’agenzia di stampa “Il Sole 24 Ore Radiocor.” Con l'editore
La Vita Felice ha pubblicato le raccolte di poesie Le grandi mani calme (2015) con
prefazione di Elio Pecora e Il nostro tempo (2017) con prefazione di Annelisa Alleva.
Ancora per La Vita Felice sono usciti, nel 2019 il libro di poesie Il mare mi ha deposto
dalla croce – Mediterraneo, nel 2020 Sull’orizzonte dei binari in fuga - Carme famigliare e, nel
2021, Urne. Con Cyberwit.net ha pubblicato Nocturnes (2021) con poesie nelle versioni
in inglese e in italiano. Ha pubblicato poesie sulla rivista Nuovi Argomenti, sotto la
direzione prima di Enzo Siciliano e poi di Dacia Maraini, e su Poeti e Poesia, diretta
da Elio Pecora. Tradotte in inglese, sue poesie sono state accolte da Blue Moon
Literary and Art Review (California) e Taj Mahal Review (India). Tradotte in spagnolo,
sono state pubblicate da Revista Literaria Alborismos (Venezuela), da Katabasis
(online), Revista Almiar (Madrid) e dalla rivista Zéjel (Siviglia).

Felicia Buonomo

Felicia Buonomo è giornalista e autrice. Inizia la carriera giornalistica nel 2007,


occupandosi principalmente di diritti umani. È giornalista presso Mediaset e fa parte
della redazione di Osservatorio Diritti. Alcune sue poesie sono state pubblicate su riviste
e blog letterari in Italia, Stati Uniti e Francia. Pubblica il saggio Pasolini profeta (Mucchi
Editore, 2011), il libro-reportage I bambini spaccapietre. L'infanzia negata in Benin (Aut Aut
Edizioni, 2020), la raccolta poetica Cara catastrofe (Miraggi Edizioni, 2020) e la raccolta
poetica Sangue corrotto (Interno Libri, 2021). Dirige la collana di poesia sociale/civile,
“Récit”, per Aut Aut Edizioni.

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Transiti Poetici – Volume XXXIV

Laura Cingolani

Laura Cingolani, nata ad Ancona, vive a Roma. Si esprime integrando classicismo e


sperimentazione, praticando poesia lineare, sonora, visiva e performativa. Dal 1998 i
suoi testi compaiono in varie antologie e riviste. Nel 2019 pubblica la sua opera prima:
Mangio alberi e altre poesie, Edizioni del Verri, Milano.

Gabriella Grasso

Gabriella Grasso, nata a Catania nel 1971, vive ad Acireale e insegna lettere. Si è
occupata di linguistica della LIS, Lingua Italiana dei Segni (Zanichelli, 1998, Del Cerro,
1999), di cui è interprete. Scrive per diversi spazi letterari, nazionali e internazionali.
La sua opera prima, Quale confine, pubblicata nel dicembre 2019 per le Edizioni Kolibris
(Ferrara), ha ricevuto un attestato di merito al Premio Lorenzo Montano 2020 e il
premio della critica nell’edizione 2020 dell’Etnabook. Un suo inedito ha vinto il primo
premio al Sonetto d’argento-Premio Jacopo da Lentini 2020.
Nel novembre del 2021 è uscito il suo secondo libro di poesie, Il Generale Inverno (ed.
Il Convivio, Castiglione di Sicilia).
Suoi testi sono stati inclusi in antologie e tradotti in inglese (trad. di Gray Sutherland,
di Ana Ilievska, di Chiara De Luca) e in spagnolo (trad. di Emilio Paz, di Antonio
Nazaro). In Secolo Donna 2021 (ed. Macabor, 2021) sono presenti sue poesie e un
contributo critico sulla sua poetica, a cura di Davide Zizza. Alcuni suoi testi, tradotti
da Ana Ilievska, faranno parte di Guide to Contemporary Sicilian Poetry: an Anthology, a cura
della Stanford University, in corso di pubblicazione.

Silvia Rosa

Silvia Rosa nasce a Torino, dove vive e insegna. Laureata in Scienze dell'Educazione,
ha frequentato il corso di storytelling della Scuola Holden. Suoi testi poetici e in prosa
sono presenti in diversi volumi antologici, in riviste, siti e blog letterari e sono stati
tradotti in spagnolo, serbo, romeno e turco. Tra le sue pubblicazioni: le raccolte
poetiche Tutta la terra che ci resta (Vydia Editore, 2022), Tempo di riserva (Giuliano Ladolfi
Editore, 2018), Genealogia imperfetta (La Vita Felice, 2014), SoloMinuscolaScrittura (La Vita
Felice, 2012), Di sole voci (LietoColle Editore, 2010 - II ediz. 2012); il volume antologico

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Transiti Poetici – Volume XXXIV

Confine donna: poesie e storie di emigrazione (Vita Activa Nuova, 2022), di cui è ideatrice e
curatrice; l'antologia foto-poetica Maternità marina (Terra d'ulivi. 2020), di cui è
curatrice e autrice delle foto; il saggio di storia contemporanea Italiane d'Argentina. Storia
e memorie di un secolo d'emigrazione al femminile (1860-1960) (Ananke Edizioni, 2013); il
libro di racconti Del suo essere un corpo (Montedit Edizioni, 2010). È vicedirettrice della
rivista digitale "Poesia del nostro tempo", redattrice della testata online
"NiedernGasse", collabora con la rivista "Margutte", con l'annuario di poesia “Argo”
e con il quotidiano “Il manifesto”. Si è occupata del progetto di traduzione poetica e
interviste di alcuni autori argentini, dal titolo “Italia Argentina ida y vuelta: incontri
poetici", pubblicato nel 2017 in e-book (edizioni Versante Ripido e La Recherche).
La sua attività completa, qui:
https://www.larecherche.it/biografia.asp?Utente=silviarosa&Tabella=Biografie

Carla Sautto Malfatto

Carla Sautto Malfatto è nata a Ferrara nel 1954. Ha conseguito numerosi premi di
podio e riconoscimenti per la poesia, la narrativa, la pittura e la grafica, tra cui la Targa
d’Argento della Presidenza della Camera dei Deputati, la Medaglia del Senato, la
Medaglia del Pontefice Francesco I, il Premio Consiglio dei Ministri, il Premio
Ministero per i Beni e le Attività Culturali, il Premio Unesco, Premi alla Cultura, della
Critica, della Giuria; il Premio Terme di Salsomaggiore 2002 per la pittura. È membro
di Giuria in Concorsi Letterari e lo è stata in Concorsi Artistici. Collabora con
associazioni e riviste di cultura; i suoi testi sono pubblicati su Antologie e siti culturali;
cura recensioni, prefazioni, articoli d’attualità (curiosità, folklore). In campo artistico è
apprezzata per i suoi tipici “simbolismo-surrealismo” e “reale personalizzato e
comparato”, così definiti dal critico Antonio Caggiano; diverse sue opere d’arte fanno
parte di collezioni pubbliche e private e sono riprodotte su copertina e all’interno di
riviste culturali e libri. Per molti anni ha compiuto volontariato fornendo materiale e
insegnamento artistico in scuole materne e primarie pubbliche e private, in pediatria
oncologica a Bologna, in corsi per disabili psichici. Ha pubblicato Farfalle e Scorpioni,
racconti (Este Edition, 2015) e Troppe nebbie, poesie (Edizioni Il Saggio, 2019), entrambi
pluripremiati. www.carlasautto.it

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Transiti Poetici – Volume XXXIV

Antonella Sica

Antonella Sica, genovese, è laureata in Lettere Moderne. È regista e manager culturale


in ambito audiovisivo e cinematografico. Ha fondato e co-diretto il Genova Film Festival
dal 1998 al 2015. Ha diretto e realizzato cortometraggi di fiction e documentari
selezionati e premiati in diversi Festival.
Tra i lavori realizzati Ballata Trash, cortometraggio con il poeta Edoardo Sanguineti.
Ha ideato e organizzato festival e rassegne cinematografiche, tra cui “X_Science:
Cinema tra Scienza e Fantascienza” e FIDRA (Festival Internazionale del Reportage
Ambientale). Nel 2014 vince il premio per la miglior silloge del concorso indetto dalla
casa editrice Prospero Editore (pubblicata dal medesimo editore nel 2015 col titolo
Fragile al mondo). Nel 2017 vince il Premio Internazionale di Poesia Città di Milano con
la silloge La memoria nel corpo, pubblicata l’anno seguente da Rayuela Edizioni. Nel 2019
vince il Premio come Miglior Silloge al XX° Premio di Scrittura Femminile "Il Paese
delle donne" con la silloge L’ira notturna di Penelope pubblicata nel 2022 da Prospero
Editore con la prefazione di Donatella Bisutti. Suoi testi sono stati pubblicati su diversi
blog e riviste fra cui Inverso-giornale di poesia, Versante Ripido, Transiti Poetici, Poesia del nostro
tempo, La rosa in più, Le parole di Fedro. Da gennaio 2022 cura la rubrica di videopoesia
“Lanterna magica” su Versante Ripido.

Simona Volpe

Simona Volpe, nata a Molfetta nel 1973, attualmente risiede a Martina Franca,
trascorrendo la sua vita tra la Puglia e la Toscana.
Dopo il liceo classico, si iscrive alla Facoltà di Giurisprudenza a Pisa, città densa di
stimoli intellettuali, dove entra in contatto con gruppi universitari di poesia e scrittura
creativa per lei molto incoraggianti.
Nella vita si occupa da circa 20 anni di management e comunicazione nel settore
medico e odontoiatrico.
Ha sempre coltivato la poesia sotto forma di potentissima terapia dell’anima, capace
di slegare dai ritmi spigolosi del quotidiano per tornare alla sera, quando il vento s’arruffa
e pesca a strascico pensieri e foglie, e si riprende il proprio tempo.
Nel 2021 ha pubblicato la raccolta poetica Occhi salvia e zafferano con Bertoni Editore.

I Quaderni del Circolo Letterario Anastasiano – nr. 64 Pag. 48


Transiti Poetici – Volume XXXIV

Giuseppe Vetromile

Giuseppe Vetromile è nato a Napoli nel 1949. Attualmente svolge la sua attività
letteraria a Sant'Anastasia (Na), città in cui risiede dal 1980. Ha ricevuto riconoscimenti
sia per la poesia che per la narrativa in importanti concorsi letterari nazionali.
Numerosissimi sono stati i primi premi.
Ha pubblicato più di 20 di libri di poesie, gli ultimi dei quali sono Cantico del possibile
approdo (Scuderi, 2005), Inventari apocrifi (Bastogi, 2009), Ritratti in lavorazione (Edizioni
del Calatino, 2011), Percorsi alternativi (Marcus Edizioni, 2013), Congiunzioni e
rimarginature (Scuderi, 2015), Il lato basso del quadrato (La Vita Felice, 2017), Proprietà
dell'attesa (RPlibri, 2020), ed il libro di narrativa Il signor Attilio Cìndramo e altri perdenti
con (Kairos, 2010).
Ha curato diverse antologie, tra le quali, recentemente, Percezioni dell'invisibile, L'Arca
Felice Edizioni di Mario Fresa, Salerno, 2013; Ifigenia siamo noi (2015) e Mare nostro
quotidiano (2018) per la Scuderi Editrice di Avellino. È il fondatore e il responsabile del
Circolo Letterario Anastasiano. Fa parte di giurie in importanti concorsi letterari
nazionali. Organizza incontri ed eventi letterari, tra cui, attualmente, la rassegna Il
London Park Letterario a Sant'Anastasia.
È l’ideatore e il coordinatore del Premio Nazionale di Poesia “Città di Sant’Anastasia".
È presente in rete con diversi blog letterari (Circolo Letterario Anastasiano, Transiti
Poetici, Taccuino Anastasiano, Selezione di Concorsi Letterari), ed inoltre collabora
attivamente con altre associazioni e operatori culturali del territorio nella realizzazione
di eventi letterari di rilievo, prodigandosi anche nella ricerca di nuovi “talenti” poetici.

I Quaderni del Circolo Letterario Anastasiano – nr. 64 Pag. 49


Transiti Poetici – Volume XXXIV

Indice

Introduzione Pag. 4

Patrizia Baglione “ 6
Emilia Barbato “ 9
Giovanni Bracco “ 13
Felicia Buonomo “ 17
Laura Cingolani “ 21
Gabriella Grasso “ 24
Silvia Rosa “ 28
Carla Sautto Malfatto “ 32
Antonella Sica “ 36
Simona Volpe “ 39

Giuseppe Vetromile “ 43

Note sugli Autori “ 44

3 maggio 2022

I Quaderni del Circolo Letterario Anastasiano – nr. 64 Pag. 50

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