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ANGELA SPOTO

INTERNO 86
Silloge

Premio Silloge Transiti Poetici 2022

3° premio

Collana
I Quaderni del Circolo Letterario Anastasiano
n. 69
a cura di Giuseppe Vetromile

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Motivazione

Ad una prima lettura, il titolo di questa interessante silloge, alla quale è stato attribuito con
grande merito il terzo premio, sembrerebbe suggerire storie e aneddoti relativi ad una parte
del tessuto cittadino di una Sicilia attuale, o di un condominio locale, al numero civico 86.
In realtà non è proprio così, anche se il riferimento al territorio siciliano resta, ed è qui
utilizzato come sorgente di fondo, riferimento da cui attingere il pretesto di esporre un
certo pensiero, una certa riflessione su alcuni importanti argomenti. Una linea di partenza,
dunque, dove l’interno 86 non è altro che la propria intimità, il proprio intimo impulso (non
a caso l’86 è l’anno di nascita dell’autrice) che urge e genera poeticamente un discorso ben
strutturato nell’insieme delle dieci composizioni, aderente al tema che la stessa autrice si
era proposta di trattare.
L’interno 86 è dunque il nucleo fondamentale del pensiero poetante di Angela Spoto, da
cui l’autrice prende l’abbrivio per un itinerario particolarmente spigoloso e a volte anche
amaro, narrando di stereotipi e pregiudizi, abitudini radicate da tempo in una società
prevalentemente (ancora) maschilista e patriarcale, in cui la donna è sempre vista con
malcelata superiorità e sempre condannata ad una vita di generale sottomissione: “le donne
cose / (murate vive)”. Ma qui non è soltanto l’aspetto esteriore di un mondo siciliano immerso
in questa realtà dolente, che peraltro è ancora largamente diffusa nella nostra cultura, bensì
è un archetipo importante dal punto di vista sociale e culturale, intelligentemente preso a
prestito dalla nostra autrice per generalizzare un tema importante che investe ancora gran
parte del nostro consesso civile, che è appunto il problema del mancato riconoscimento
dell’uguaglianza in tutti gli ambiti tra uomini e donne. Angela Scoto, con il suo Interno 86,
costruisce una raccolta poetica incentrata su questo tema utilizzando la metafora della
“donna-cosa” siciliana per denunciare queste ingiustizie, questi pregiudizi, questi squilibri
sociali, suggerendo e indicando una realtà nuova, di riscatto, pungente e provocatoria: “E
mi dichiaro: / non mi occorre il tuo consenso, / né il tuo fianco accanto, / sono solo uno sporco sabotatore
/ che s’innamora / perdutamente / una o più volte al giorno.”
L’amarezza dei versi, a volte nutriti con punte di sarcasmo, sembra suggerire una sorta di
rassegnazione, di resa di fronte alla durezza e all’insuperabilità di certe problematiche
sociali, ma c’è comunque su tutto una luce di speranza, una speranza che si diparte dalle
radici profonde e incorruttibili della e per la propria terra, per le proprie origini, per una
Sicilia che appare sempre, incuneata tra i versi, nella memoria e nel cuore dell’Autrice: “Le
case siciliane / le case cupe / le case chiuse / le case vecchie / le case chiese / le case di paese / le case
antiche / le case amiche…”.
Una luce di speranza, dicevo, che viene accentuata, non a caso, dall’ultimo testo, dedicato
a Giulio Regeni, martire della coerenza e della sincerità come tanti altri, in questa nostra
società a volte perversa, contraddittoria e cinica. La poesia di Angela Spoto abbraccia tutto
questo, in particolare la denuncia delle storture e delle ingiustizie e, come ogni progetto
poetico di buona resa e di significativo coinvolgimento, indica obiettivi e valori da
recuperare, per una umanità più nobile e schietta.

Giuseppe Vetromile

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I

Le case siciliane
le case cupe
le case chiuse
le case vecchie
le case chiese
le case di paese
le case antiche
le case amiche
le donne cose
(murate vive)
le mani case:
che sono anni che aspetti una carezza per starci dentro senza invito
e senza peccato.
27 Ottobre, forse piove.

***

II

Lei resta
da qualche parte
in disparte.
Che le parole diano voce a qualunque disagio è una bugia grande, quasi immensa.
I talenti piccoli sono felici
i grandi solo infelici.

***

III

Aderisco ai tuoi sapori:


quelque chose d’absent.
Te lo dico:
mi travalico, mi depisto, mi assedio,
mi depravo, mi arrangio – non saprai mai quanto –
mi sconfino, mi batto, mi vinco e
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girogirotondo casco a terra con tutto il mondo.
E mi dichiaro:
non mi occorre il tuo consenso,
né il tuo fianco accanto,
sono solo uno sporco sabotatore
che s’innamora
perdutamente
una o più volte al giorno.

***

IV

A Maria e Giacomo, a Giacomo e Maria

Ma la mia Sicilia non esiste


non è più
arena colore dell'infanzia,
tappeto su cui giocavo da bambina
in lontananza
mio padre col suo passaporto mediorientale
e perle bianche, le più belle, sul vestito di mia madre
allo specchio:
i suoi occhi ricamati di oro verde:
l'arena colore dell'infanzia
che non esiste
non è più
nel sotterraneo umano dei miei occhi
al mio fianco
dove non sei
in questo spazio che avanza tra me e tutto il resto.

***

Io che non esisto

perdona il mio io narrante che entra ed esce


dal tuo tu veggente che fuoriesce e sbanda:
perdona il mio io migrante che chiede asilo sulla tela
o a tempo giusto tra le braccia e tra le dita
mentre fumi e sudi e tratteggi un viaggio
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dalla punta del mio naso
alla sottogonna bianca
del nostro noi che non esiste
ma entra ed esce e fuoriesce e sbanda.

***

29 Luglio 2017

sei fragile in un punto tra le scapole:


il mio regno per questo naso,
il mio regno per questo gesto,
che non fai,
che non farai,
che non hai mai fatto.
Il mio regno anche per questo:
sono fragile in un punto tra le scapole:
io che ti aspetto:
tutti gli altri ti avranno amato per i pregi
io
per ogni difetto.

***

23 Dicembre

Le solitudini prenatalizie
le digressioni festive
quei buchi larghi
da affondarci senza stivali
a corpo nudo contro la parete
bianco su nero
polvere siamo e polvere ritorneremo
a mani nude
dentro buchi larghi
in cui non si può nuotare.
Le solitudini natalizie
le regressioni estive
quei tagli stretti

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sul cuore largo
da morire lento anche senza sale
a mani nude contro il corpo nudo
bianco su bianco
dieci anni di meno
non basterebbero
per imparare a nuotare.

***

Nevermind

gli spazi bianchi tra i sogni sospesi


non mi riesce mai di riempirli
se non di peccati obbligatori
a cui mi dedico con dovizia di particolari
la mia vita è lontana, animale e anonima:
riassunto e apologia dei miei complessi:
me li porto a spasso nei locali migliori
non posso più scrivere tanto mi pesano le mani.

***

A cosa stai pensando?

Ti voglio bene
anche se a distanza si sente poco e male.
Ti voglio bene
anche se le bugie hanno le gambe corte
anche se camminano sulle tue gambe lunghe.
Ti voglio bene
anche se discretamente
sottotenda sottoterra sottozero sottosopra
sottovoce.
Ti voglio bene
anche se da tempo non mi faccio di te
e mi controllo con educazione e rehab.
Ti voglio bene
anche se ti ascolto quando non parli

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e smetto di farlo quando straparli.
Ti voglio bene
anche se nessuna vuole essere la prima
perché tutte vogliono essere l'unica.
Ti voglio bene
anche se sarà un male.
Ti voglio bene
anche se hai perso sogni e cassetto.
Ti voglio bene
anche se non mi capisci perché abito sotto un ponte
di parole in almeno tre lingue.
Ti voglio bene
anche se non so quanto vale il passato
– a giù per la scarpata c'è sempre una vecchia fidanzata –
e la mia ora d'aria l'hai già fumata.
Ti voglio bene
anche se prima o poi ritorna
quella mano di cemento sulla spalla
e si scappa dal letto, dal petto, dalle tue ginocchia su cui adesso mi fermo.
Ti voglio bene
anche se.

***

Giulio

A Giulio Regeni

Noi siamo
i ragazzi che vogliono memoria che ricordi giustizia
Noi siamo
la generazione trapassata e prossima
Noi siamo
i ragazzi che vogliono verbi da coniugare al futuro
parole da non mettere a tacere
storie da raccontare senza paure
paure da affrontare senza paura
Noi siamo
i ragazzi nati negli anni ottanta,
quelli che hanno due lauree e parlano più lingue
e servono ai tavoli un caffè con in testa un sogno
Noi siamo
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i ragazzi che si tirano fuori dal branco,
Noi siamo
i ragazzi che vogliono fare la storia che impari dalla storia:
la verità è un fiume bianco, cagliato e lungo
Noi siamo i corpi che lo attraversano
quelli che non affondano
a palpiti, a sorrisi, a lacrime,
Noi siamo
i ragazzi che resistono,
quelli che vogliono memoria
che ricordi giustizia.

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Angela Spoto nasce ad Agrigento nel 1986. Ultima di tre figli, si dedica presto alla lettura
grazie alla moltitudine di libri presenti in casa, e all’età di quattordici anni inizia a comporre
le prime poesie. Fondamentale per la sua formazione poetica e letteraria sarà l’incontro
con le opere di Cesare Pavese, autore che continuerà a studiare negli anni e che rimarrà,
per molto tempo, un riferimento importante. Durante l’adolescenza approfondisce la
conoscenza dei grandi classici; in quel periodo decide di iniziare a studiare spagnolo da
autodidatta per poter leggere le liriche di Neruda in lingua originale. Lo studio dello
spagnolo è un’attività che prosegue ancora oggi per meglio addentrarsi nella letteratura
latinoamericana e spagnola che da sempre ritiene fonte di ispirazione non solo per la
propria ricerca letteraria ma anche per la vita. Laureata in ingegneria, è stata docente presso
un istituto penitenziario e si è occupata di ricerca scientifica.
In ambito letterario ha ottenuto i seguenti riconoscimenti: Premio Speciale della Giuria in
qualità di “Autrice segnalata” al Premio Nazionale di Poesia Inedita “Ossi di seppia”
(2019); Premio Regionale di Poesia in Lingua Siciliana “Giuseppe Serroy” III edizione
(2017); Premio Nazionale “Alessio Di Giovanni” XVIII edizione, sezione racconti con
“Fuori Campo” (2015); pubblicazione della lirica “Sono miele” nell’antologia Teorema del
corpo edita da FusibiliaLibri (2015); Premio Nazionale “Alessio Di Giovanni”, sezione
racconti con “La mattanza” (2014); finalista al concorso letterario “Il tuo racconto per
Malgrado Tutto – Edizione 2013” con il racconto “Bolero Mediterraneo”, pubblicato
nell’antologia del premio (2013).

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Circolo Letterario Anastasiano


Madonna dell’Arco (Na), 4 agosto 2022

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