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LE ANTOLOGIE DI TRANSITI POETICI

incontra
il GAP
Volume Speciale
a cura di Lucilla Trapazzo e Giuseppe Vetromile

I Quaderni del Circolo Letterario Anastasiano


n. 41
GAP – Transiti Poetici

Transiti Poetici incontra il GAP, Gruppo Amici Poeti


a cura di Lucilla Trapazzo | Giuseppe Vetromile

Pubblicato da
Circolo Letterario Anastasiano, 2021

Facebook:
Circolo Letterario Anastasiano | GAP

Revisione editoriale e impaginazione


Lucilla Trapazzo

Brevi note di presentazione


Maurizio Lioniello

2
GAP – Transiti Poetici

GAP
Scriviamo!
Fino a far sgorgare sangue
dall'intrico delle vene
e a prosciugare
l'inchiostro digitale.

Buttiamo giù qualunque idea


non tratteniamo le parole che non stanno più nel petto
o i pensieri senza luogo
persino quelli sghembi che forse
non parleranno mai da un libro
e non daranno peso a uno scaffale.
Non è bello lasciarli chiusi in una stanza
e spegnere loro la voce:
lasciamoli cantare.

Scriviamo qualsiasi cosa


sporchiamo la carta
con bazzecole che facciano perdere la coda alle lucertole
e storcere il naso ai Soloni.

Raccontiamo di porte spalancate


e cambiamenti di rotta.
di vicoli senza uscita
che diventano piazze
se di colpo respiri
e senti danzare nell'aria
qualcosa che prima non c'era

Abbiamo scelto i meravigliosi versi di Ermanno Dodaro per introdurre l’avventura giocosa di un gruppo
di amici-poeti costituenti il GAP (GAP significa Gruppo Amici Poeti) che hanno voluto misurarsi, con
le loro poesie, con il pubblico e soprattutto tra di loro. Il senso di GAP è più o meno riassumibile in
queste poche, semplici righe.

Tutto è nato, per caso, da un gruppo Telegram, dove abbiamo iniziato a condividere tra di noi i nostri
versi. GAP è quindi “condivisione di parole” che, una volta scritte, non ci appartengono più, ma
diventano proprietà dell'anima in cui s’insinuano (cfr. più avanti la tesi estrema di Vic Nonsonìo).

Vi auguriamo buona lettura, sperando che in questo momento storico di lontananza le nostre riflessioni
possano smuovere le vostre anime e regalarvi qualche attimo di risonanza.

Corrado Credentino

Ringraziamo l’amico Giuseppe Vetromile che ha voluto dare veste alle nostre parole su “Transiti
Poetici” e Maurizio Lioniello che ha cercato di presentare un pochino i componenti del GAP ai lettori.

3
GAP – Transiti Poetici

GAP
Caterina, Maurizio, Vic Nonsonìo,
Lucilla, Ermanno, Corrado, Luca

Fantasma

Non oltre i tre grammi il suo peso.


Un nome e cognome poco distinti.
Una voce tuonante.
Un passo certo e riconoscibile.

Invisibile e presente
come l'acqua
scorre tra corridoi
intrisi di scricchiolii.

Intangibile, pericoloso.
Se decide lui ti avrà:
con attacchi circolari
avanti e indietro muovendo
tre grammi del suo peso.

La sua voce è un deserto.


Un paesaggio infinito.
Si fa carne nel vento
il suo grido di aiuto.

Il fantasma latita.
Aspetta dietro le tende del salotto,
sotto le sedie, nei termosifoni.
Tre grammi di esplosioni
E i suoi tentacoli inerti
in attesa delle tue emozioni.

In attesa delle tue emozioni


nel vuoto - sempre pieno
In divenire.

4
GAP – Transiti Poetici

In genere parla poco.


O affatto.
Gli basta essere presente
anche con la sua assenza
a turbare.

“Sono emblema di ogni erranza,


simulacro di parvenza.
Puoi vedermi dentro l'alito del vento,
nel ricordo di una stanza,
una di quelle visitate,
quando il viaggio diceva tutti gli echi
e raccontava la speranza
del palpito che è vita
e non assenza”.

“La gente crede che io


la guardi
attraverso quei buchi
in un candido lenzuolo.

Ma come potrebbe
una stoffa
aderire a un qualcosa
che non è?”

5
GAP – Transiti Poetici

Corrado (Halo) Credentino

Corrado Halo Credentino: conosci Pierino… che fai? Lo eviti?

Corrado è Pierino.
Ve lo ricordate Pierino, quello di Alvaro Vitali, per intenderci?
Ecco: Corrado è il Pierino del GAP. Irruente, irrispettoso, dispettoso ma solo per partito preso, senza peli
sulla lingua (tralascio le battute che egli farebbe).
Scrive versi difficili da leggere. Il suo verso è irriverentemente breve: sembra un tamburo nervosamente
nervoso. Sempre sul “chi va là?”
Le sue poesie sono gradini: la senti spesso. Una scala che prima scende (o viceversa) e che poi sale (o
viceversa) o che scende solo o che sale solo. Raramente la sua poesia è pianeggiante e molto raramente
non è sorprendente nelle sue evoluzioni ed invenzioni.
Il suo inventarsi è un respiro. Un respirare sincopato. La sua irriverenza – lo si comprende – è modo che
conosce di difendersi, di marcare il territorio, di dire “qui non si entra se non lo dico io e alle mie
condizioni: leggimi! Leggimi come fa un’anima che singhiozza o che affanna. Come fa il cuore che batte
talvolta lentamente, talvolta a mille, talvolta… metà e metà”.
Ecco dunque chi è Corrado: quello che spesso sintetizza in una frase irriverente, scherzosa ma mai
offensiva, tipica di un Pierino, il lavoro degli altri e che si mostra nudo nella sua poesia e che quindi, se
lo conosci, non lo eviti ma lo abbracci.
Corrado è infatti un abbraccio veloce ed irrequieto che devi saper cogliere, abbracciare e tenere stretto
a te.

6
GAP – Transiti Poetici

Ego-istmo

Una sottile striscia di terra


Un confine tangibile
Preciso al centro dell'io
Vai dritto in mezzo
Guardando a destra e a manca
Cercando l'equilibrio
Due mari immensi si estendono
Due contenitori di magnificenza
Mentre continui imperterrito
Passo dopo passo
Nella tua deficienza
A percorrere quel lembo
Quel microcosmo che unisce
La bellezza
Ci vorrebbero gli occhi del ghiozzo
Per guardare contemporaneamente
Entrambi i lati
Ma gli orizzonti sarebbero
Troppo vasti comunque
Nel frattempo ti fermi
Fai un tuffo a destra
E godi
Asciughi e vai avanti
Poi di nuovo
Fai un tuffo a sinistra
E godi
Quanto è lungo l'istmo?
Quanto è grande il suo ego?
Sarà mai una formula matematica
Che regge le sorti di questa Storia infinita?
Di questa battaglia tra meraviglie?
O è solo il frutto del tuo ego-istmo?

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GAP – Transiti Poetici

Gravity

Stasera
Al tramonto
L'ho fatto di nuovo
Ho guardato
La luna
Era inevitabile
Immensa all'orizzonte
E purtroppo
Quando lo fai
Scatta qualcosa
Che tu sia artista
Poeta, scultore, dottore
O Nessuno
Parti con la mente
Perché è inconcepibile
Che dei giganteschi ammassi
Di materia
Fluttuino tra loro
Nel vuoto
Legati
da una forza
Invisibile
apparentemente
Inesistente
Col nulla
Il sole riesce
A gestire
Enormi masse
Che a loro volta
Trattengono
A sé
Sferici
Oggetti
tutto questo
Nel vuoto
Nel silenzio
La Chiamano
Gravità
E infatti
È grave
Non riuscire
A comprendere
Però poi
Inizi a ragionare
E non puoi

8
GAP – Transiti Poetici

Che pensare
All'amore
A quando
due persone
sono legate
Da quel
che pensano
Sia
chissà cosa
ma poi
soffermandoti
Cercando
la fisica
Che può
esserci
Alla base
Del sentimento
Non troverai nulla
Allora
Ti domandi
l’amore cos'è?
Probabilmente
Non è altro
Che
Attrazione
E gravità
E possiamo
Solo viverlo
Fin quando
Un giorno
qualcuno
Non ne faccia
Un'equazione
E lo renda
tangibile
e lo mostri
In tutta
La sua
Complessità
Alla lavagna

CVD

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GAP – Transiti Poetici

Quel silenzio

Vorrei scomporre quel silenzio


Per scoprire da quanto rumore
È composto
Al momento mi spetta pieno
Nel suo momento migliore
Di camera anecoica
Tant’è che ormai
Mi rassegno all’idea
Che possa sentire rumore
Neanche un piccolo fruscio
Potrebbero salvarmi
Gli acufeni
Illudendomi con piccoli
scricchiolii e sibili
E pare che adesso
Io voglia dormire
In questo mondo ovattato
Perché il silenzio assoluto
È più triste del frastuono
Dal volume ci si può
proteggere
Puoi mettere le mani
sulle orecchie
I tappi
Per il silenzio non vi è
Protezione
Ma sono tranquillo
Perché ho programmato
La sveglia
Il cuore
Con i suoi battiti
Lui è il primo a sentire
Lui sa
Se qualcosa dovesse
Rompere quel silenzio
Sarà il primo a entrare
In azione

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GAP – Transiti Poetici

Un pensiero al pensiero

Pensavo a quando
Ci si pensa
Il bello del pensarsi
Sta proprio
Nel pensiero stesso
Perché pensi
Che lei
Ti stia pensando
Mentre lei pensa
Che tu la stia pensando
Oppure tu non la pensi
E pensi a come non pensarla
Sei pensieroso
Mentre
Lei invece non ti pensa
E pensa a come non pensarti
È pensierosa
Allora le scrivi un pensierino
Ti risponde con un pensierino
O pensi possa essere il contrario
E pensate insieme
A prescindere
Nonostante tutti i pensieri
Ci si pensa sempre
Nel bene e nel male
Perché il pensiero
Rende vivo
Ciò che è morto
E quindi in conclusione
A volte penso
Che sia lecito
Pensare
Che a volte
Basta il Pensiero
E quindi finché
C’è pensiero
Penso
Ci sia speranza

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GAP – Transiti Poetici

18 novembre 2017

Due giorni bastano


Perché mi salti addosso
Sussurrandomi papà
Friggo
Le sensazioni perverse
Che possa provare
Un uomo che ha tutto
E fugge
In cerca di un altro tutto
Ma il tutto allora cos’è?
Se è tutto perché
Non può stare insieme?
Se prendo il dizionario
Alla voce tutto
C’è tutto
Ma io ne ho più di uno
Allora inizio a comprendere
E interpretare il senso
Di un multiverso
Una serie di universi
Che intrecciano tra loro
materia oscura e stelle
Mi domando allora
Se soffra anche lui
E subito afferro
Un ulteriore concetto
I buchi neri
Ecco cosa sono
Sono enormi ulcere
Causate dalla tristezza
Dell’universo
Così soffriamo in silenzio
Io e l’universo
Nel multiverso
Coi buchi allo stomaco
E forse io sono
Più fortunato
Perché posso tamponare
Col Maalox
Povero multiverso
Povero me

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GAP – Transiti Poetici

GAP
Lucilla, Luca, Ermanno, Vic Nonsonìo, Corrado

Nel paese dei segni e dei suoni

Sono nata in un paese senza lettere


solo segni crescevano sugli alberi.

Le note erano l'unica parola,


la voce un dio da consacrare.
Anche gli arbusti, i piccoli licheni
tradivano principi e ispirazioni.
Ognuno il proprio, come un regno perduto di emozioni
immenso
e rumorosamente muto.

Sono rune le foglie nel cadere


e labirinti in espansione.

Sono nata in un paese,


in cui la lingua canta
e nel respiro fa pause di calore,
arrotondandosi in vocali
disegna nuove rotte
scolpisce consonanti
sfolgora in nuovo sole.

Il mio Paese adora santi


che sfuggono al calendario;
si sgomenta al sangue liquido
del martire Januario.
A volte è brusco e a stento ti saluta,
poi scrive canzoni al mare,
le affida alla rena muta.

Il paese senza lettere


culla questo mio smarrimento.
I licheni abbracciano il mio viscerale umore.

Viaggio tra mura e tronchi, vivi


di linfa silenziosa e potente,
e a mezz'aria di notte volo

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GAP – Transiti Poetici

come lucciola impertinente sfido


le stelle e la luna
e gioco col destino
certa solo del fatto
che tutto ciò che importa è essere amato.

Al resto pensa Dio


il dio delle lettere smarrite
in cerca di voce.

Non mi nasconde
mi abbraccia
presentandomi puntualmente
prima di stampare un sorriso.

Cosa potevo fare se non amarlo?


Avevo tutte le informazioni:
altre scelte erano impossibili.

Eccomi dunque a confessare.


A spiegare il mio restare.

Del resto sono nata


E che io qualcosa
lo faccia o no
Respiro
Il fato diventa fiato
E mi accompagna
Enigmistico
Nel definire
L'indefinibile verticale
Nell'attesa
Di incroci e
Dell'ultima
Parola da incasellare
Sei
Orizzontale

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GAP – Transiti Poetici

Caterina Costanzo

Caterina Costanzo - La sirena

Caterina è una sirena.


Dato che Corrado si è impadronito di colui che sta scrivendo queste righe e che il daimon (che
presenteremo meglio più avanti) sta scorrazzando, affermo la definizione di Caterina: la sirena
spiaggiata.
Ella canta ed ammalia chi la ascolta ma non ne ha voglia.
Dobbiamo punzecchiarla, spingerla, minacciarla di fare chissà cosa (ma in realtà nessuno le farebbe del
male) tanto che lei alla fine concede il suo canto.
Molto spesso doloroso, molto spesso giocoso, talvolta sensuale oltre ogni limite.
Chi conosce Caterina direbbe “ma è stata Caterina a scrivere queste cose?”
Ebbene sì. Ella è stupefacente come ogni sirena.
Le sue amiche sirene stanno a mare, su uno scoglio: lei sta qui, sulla sua spiaggia, dove la puoi incontrare,
seduta sotto un ombrellone.
La vedi: è là che si fuma ogni tanto una sigaretta; spesso dormicchia (o fa finta); altre volte gioca a fare
la dura, la sirena senza cuore, quella con i denti, che mangia.
In realtà è semplicemente una sirena, con un grande passato di sirena di mare, ed un meraviglioso futuro
di sirena di terra.

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GAP – Transiti Poetici

Come il vento

Il vento gioca coi capelli.


Si rincorrono sogni ormai svaniti.
Le foglie animate
formano cerchi intorno a me.
L’aria, pungente, si scaglia contro di me
mi penetra dentro e negli occhi:
una lacrima scende solcando una sola guancia.
Fa freddo, per strada non c’è più nessuno.
Siamo soli, io ed il vento.
Poi, d’improvviso si placa,
una brezza gentile ora mi accarezza,
non più fredda, non più pungente,
non irrita più gli occhi...
... allora perché continuo a piangere?
Eccomi ora, priva del vento, sono proprio sola.
Una stella in cielo brilla solitaria,
una notte fredda e malinconica è iniziata.
La Luna immobile osserva me e la Terra.
Lei è inesorabile, continua nel suo movimento cosmico.
Una ragazza dorme, vuole sognare il suo perduto amore.
Un raggio di Luna si infila dalla finestra ed illumina il suo volto:
è la carezza di una madre.
Una nuova lacrima mi brilla sulla guancia arrossata
Testimone di un dolore d’amore.
Una vita come tante, una storia come tante...
Il vento continua ad agitare le foglie.

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GAP – Transiti Poetici

Eva io, Adamo tu

In una parvenza
che è di neve
si scioglie la memoria
si scioglie la speranza lieve.

Fiamma di camino ipnotica


cattura lo sguardo mio
mentre nel baloon
scaldo fuoco liquido.

Tra le dita sorseggio memoria,


ricordi lontani,
intrecci di corpi e sorrisi,
perduti sentori di amore
lontano, smarrito.

Dal cucchiaio cola con altra fiamma


fuso caramello in assenzio proibito
Eva io, Adamo tu
La conoscenza non fu salvezza
ma mia perdizione.

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GAP – Transiti Poetici

Scalza ancora cammino

Distante è il vento, lontano il tramonto.

Camminando scalzi ci accorgiamo dei granelli che segnano


le nostre orme che non vogliono essere cancellate.

Può il destino essere un’orma?


Può un’orma essere il destino?

Perché la nostra anima vuol sempre


tornare indietro per recuperare
cose perdute, oggetti
smarriti, sensazioni
vissute e ormai andate?

Perché i nostri occhi guardano


dietro alle nostre spalle
e cercano vecchie novità?

Sappiamo di essere grazie al passato


ma non sarà un ricordo a tenerci in vita.

Vorrei che le mie orme fossero argilla, scolpite


nel tempo solo per la presunzione di esistere
e di lasciare un segno di me, dietro di me
che gli altri possano guardare e mirare.

Se lenta è la processione di tutti i miei sensi,


qualcuno voglio che segua per me quel dolce andare
verso l'etereo come un sogno a pel di acqua
che mai si tuffa per intero
aspettando che qualcuno lo catturi con lo sguardo.

Scalza ancora cammino,


importa poco per quanto,
importa poco per dove,
davanti un tramonto che diventerà alba.

Intanto mi aspetta il mio buio, la notte


sorella o nemica, quella di sogni soavi
o maldestri pensieri, di lacrime amare
o sorrisi mielosi.

Vorrei accogliere tutti i profumi del mondo


intorno a me per sentirmi meno sola
per annusare, nel mio girotondo,
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GAP – Transiti Poetici

gli odori ancestrali, il mare, il cielo,


le stelle, la luna; profumi inventati
ma mai così eterni, profumi di terra
che si sbriciola nelle mie mani,
che si alza maestosa e diventa
polvere senza colore, senza rumore.

Solo dolore che si genera in me


che soffre e si avventa con denti taglienti
su una vita sfuggente.

Al desiderio mio domando:

“Cosa ci fai tu qui?


Cosa ti ha spinto a tornare?
Cosa ti aspetti da me?
Vorresti forse essere il primo a giungere
alla mia anima? Vorresti essere
la risposta ai miei tanti perché?”

Bendandomi mi rendi cieca dalla realtà


perché pensi che io non possa vedere
il tuo effimero fuoco,
la tua maledetta fiamma.

Forse abbandonandomi pensi di avermi?


Perché non mi cerchi in altri frangenti?
Tu parli di me con parole sentite e consumate,
Posso essere io la prescelta e volerti in un’unica parvenza?

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GAP – Transiti Poetici

Quando mi stavi vicino

Giorni che scivolano tra le mani,


un oceano d'inchiostro lascia salsedine di parole.
Ti perdono per averti tradito.
Mi stavi vicino ed io sentivo l’odore del mare,
con umide labbra sfioravo la tua pelle
e le onde mi baciavano.
Te ne sei andato per sempre,
mi hai lasciato questo odore di mare
che senza te è un mare asciutto.
Ti perdono per averti tradito
Ti perdono per averti fatto mille domande
Ogni alba diventava tramonto passando attraverso i tuoi occhi
che mai assorbivano il delicato lasciare del tempo.
Tempo che bussava piano alle tue spalle per dirti solo che andava via
Tempo che ti sfiorava i capelli e li tingeva di pensieri trascorsi chissà dove
Tempo che voleva diventare musica, un ricordo tale da colorare la tua fantasia
Tempo che avvolgeva nel silenzio le tue mille voglie dipinte di blu
Avevo dimenticato cosa era l'estate
ma le tue labbra me lo hanno ricordato.
Ti perdono per averti tradito.
Ti perdono per averti fatto mille domande.
Ti perdono per averti mille volte perdonato.
Vedo la luna che bacia il mare,
parole ella sussurra per addormentarlo:
lui, maestoso, se ne infischia!
Continua ad agitare onde schiumose sbuffando un po’.
Vedo la luna accarezzare l'acqua e giocare con ciocche bagnate,
labbra salate che cercano di toccare l'infinito
sfuggendo a sogni più grandi di noi.
Mi perdoni per avermi tradito.
Mi perdoni per avermi fatto mille domande.
Mi perdoni per avermi mille volte perdonato.

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GAP – Transiti Poetici

Ci sono nomi

Ci sono nomi e nomi tra i tanti del calendario.


Ci sono nomi appropriati alla persona,
altri, invece, del tutto inappropriati.

C’è un Antonio
che già t’aspetti la faccia che ha

e conosci una Camilla


che può sorprenderti con la sua determinazione
mimetizzata da tanta educata mitezza.

Già, forse è tutto qui, il carattere dentro un nome:


il tuo destino in un nome da altri e non da te scelto
e che devi portare addosso
malgrado te.

Nomi, persone.
Mi viene in mente Giulietta ed il suo Romeo

“Oh Romeo, Romeo perché sei tu Romeo?

qual destino crudele legato ad un nome,


la vita piuttosto che la morte se invece di quel nome, di quella famiglia,
Romeo fosse nato
altrove.

Eppure lo sai quando un nome ha il suo stampo


dentro te, a caratteri indelebili, cubitali.
Quando lo pronunci sai che è la fine di tutto.
Oppure l’inizio.

Ci sono nomi che restano appesi ad un sogno


e altri che lo infrangono.
Ci sono quelli che ti sorridono sul viso
e altri che sono lacrime di ghiaccio.
Ci sono nomi che sono carezze
e altri pugni nello stomaco.

Alcuni sono brevi e durano nel tempo,


altri troppo lunghi e di tempo non ne danno.
Nomi femminili e maschili che si intrecciano
in storie senza fine.
Perché la fine è sempre un nuovo inizio.
Ci sono nomi che hanno il profumo dell’amore
quelli che sanno di amicizia
21
GAP – Transiti Poetici

e poi c’è il tuo.


Il tuo nome sa di buono.

Ha il gusto del cioccolato e del peperoncino.


A volte è come il grano che scoppietta nel microonde.
È fresco e buono come un cono gelato
sostanzioso e saporito come una pizza quattro stagioni.

Il tuo nome è come il mare in tempesta.


È il sole a picco a mezzogiorno,
è un fuoco che non si spegne,
un lenzuolo di seta.

Ci sono nomi che sono memoria


e nomi che sono futuro
segni di una vita che è passata
preludio di una che si affaccia
al nuovo giorno.

Ci sono nomi che vorremmo dimenticare


ed altri che non possiamo.
Ciascuno chiama a sé cicatrici
lasciate nell’anima o profumo di rosa
tra le pagine dei ricordi.

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GAP – Transiti Poetici

GAP
Luca, Ermanno, Maurizio, Lucilla

Si respira aria malsana

Si respira aria malsana.


In questo periodo.

Aria fatta di metallo pesante


e gocce di furti di vita.

Aria filtrata.
Avanzi di alito.
Avanti ed indietro:
finta purezza.
Riciclo polmonare.

È il mondo che ci saluta attraverso un vetro.


La sento da tempo, fratello
fa male.

Ti cerco nell'invisibile,
atomico e molecolare
tu, unica e indivisibile,
motrice di questo vagare.

Poi colgo un sentore d'aromi,


quasi un calmo richiamo all'andare,
un sentiero si schiude al cammino,
è promessa di mare e di sale.

Sottopelle i meridiani si arrendono


alla luce
a una vampa, a un’eco, al sole
immoto, al fiume
a un seme.

e così il nostro andare, respirare, cercare

Si arrende alla vita.

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GAP – Transiti Poetici

Ermanno Dodaro

Ermanno Dodaro: il meraviglioso.

Ebbene sì. Posso parlare di Ermanno Dodaro: ne ho avuto facoltà.


Ermanno è un valente e noto musicista e compositore e, fra le altre cose che scaturiscono ogni giorno
dalle sue vene artistiche, c’è la “sua poesia”. Sappiamo anche che egli non morirà dissanguato.
Come possiamo definire la poesia di Ermanno?
La possiamo definire con affermazioni di tipo negativo e affermazioni di tipo positivo e dato che la
modalità espositiva sì proposta mi intriga, procederò con almeno tre e tre.
Le prime. Ermanno non è un “poeta improbabile”: non parla di “bambine nude che uscendo da scuola
lo prendon per mano e gli danno la viola” (sto citando Roberto Vecchioni)… Al contrario! Ciò che
dipinge è reale anche se spesso sideralmente lontano da mani umane.
Le seconde. Non parla di cose impossibili: ciò che è impossibile non rientra nel suo vocabolario dove
dolcezza terrena e dolcezza siderale diventano la stessa realtà.
Le ultime. Non è uno di quei poeti che amano… si può dire? Lo dico?
Ermanno non è uno di quei poeti che si fanno le pippe: Ermanno è reale, musicale; Ermanno è un
contrabbasso… il suo contrabbasso. Ermanno è anche uno spartito. Ermanno è meraviglia continua.
Ermanno è semplice da comprendere: Ermanno è il meraviglioso.

24
GAP – Transiti Poetici

Kατάβασις/ Discesa

Ho visto il posto di frontiera


in cui ti sei fermata
negli occhi avevi
miele e pane caldo
sulle labbra zenzero e limone.
Io perso in un altrove
di crome e semiminime col punto
tenevo il dito sulla mappa,
compivo riti di passaggio,
cercavo un metro che cantasse del tuo nome,
cercavo un battito che ti tenesse sveglia.
Tu persa nella nebbia,
baccello e latte denso la pianura,
chiedevi un segno che svelasse,
un ver sacrum che desse luce al tempo.
Un raggio buca il cuore di caligine,
il suono fa da araldo e testimone.
Rimango fermo mentre screzio le parole,
ti dico lo stupore.
Ti offro questo canto.

25
GAP – Transiti Poetici

Per far ridere la Luna

Lo sai ?
Mi metto a scrivere una musica
che faccia ridere la luna
chiedo le note agli alberi
quando s'accendono senza parole
e cantano le mille lingue
del popolo volatore.
Stavolta non lascio fogli in bianco
né sospendo il verbo
e quanto al ritornello
ce l'ho già in mente.
Contiene un accordo che ti prende all'improvviso.
A dirti che sei bella
sarà la musica
non io
È già deciso.

26
GAP – Transiti Poetici

Shurhùq

L'inchiostro è un'edera di pietra


che innalza siepe di parole
e a una a una le arrampica sul foglio
mentre la carta ti culla i bei pensieri
e il tuo sentire si fa segno e runa.
Mi scopro vento
prendo il nome di Shurhùq
divengo caldo soffio
in forma trasparente
sposto l'accento
respiro liquido tra turbini e corrente
mi sogno anch'io importante.
Se un atomo di luce crea chiarore
e nella nebbia un solco appare.

27
GAP – Transiti Poetici

Il giorno della Luna

È battito leggero
codice di legno antico
sfiorato dalla mano
le dita a percussione
come un tamburo che sia eco
come un ricordo lontano.
La corda aggiunge nota che abbia nome
dipana vibrazione
disegna la stanza di cui dici
sottende il canto
fa bacio con la voce
e cuore con la vita.
Nel petto eterna danza
slega gli atomi
modula il sogno
agita rami e radici
ti culla.
Resto.
Nel giorno della luna

28
GAP – Transiti Poetici

ἀνάβασις/risalita

Stanotte
ogni piega d'onda
è libro bianco
su cui senza voce
traccio screzi.
La vela appunta il viaggio
e fa pensieri
sull'acqua tumultuosa
s'alza in spire di vento
sinuosa
legge tracce di rotta
sorride alle correnti.
Stanotte
non ho ciurma che mi leghi
all'albero maestro
ma non per questo metterò tappi di cera .
Navigo calmo al riflesso di stella.
È il giorno di Mercurio.

29
GAP – Transiti Poetici

GAP
Caterina, Maurizio

L’anima grida stasera

Di te conosco qualche dolore.


Ti stuzzico sul nervo nudo.
Sul braccio senza cute.
Sul cuore senza gabbia toracica.
Sul corpo che gridava e che grida ancora.
Sulle mani vedove.

Perché non è più possibile


non parlare in una lingua
perennemente ignorante
ignorantemente muta.

E non è giusto
decidere di dover non graffiare
un altro solo perché “altro”.
E forse è giusto smettere
di essere buoni
e pugnalare decisi
anche solo per vedere di nascosto ...
L'effetto che fa.

Scusami.
L'anima grida stasera
Colpa mia ... Colpa tua ...
Colpa!
Una parola maledetta.
La parola colpa
sia maledetta!

Io come te
troppo educati e corretti
troppo attenti a non provocare dolore
Eppure uccidere sembra sia bellissimo!

30
GAP – Transiti Poetici

Divaghiamo: la paura
di assaporare il sangue
attrae
temendo o sperando
che possa piacere.
Il cuore batte, siamo vivi.

Vendetta!
Se uno odiasse,
si vendicherebbe e volterebbe registro.
Invece non si può che amare,
se nati per questo.

31
GAP – Transiti Poetici

Maurizio Lioniello

Maurizio Lioniello - Moltitudini

È nato a Napoli. Perché dire l’anno? È indispensabile?


Scrive poesie – lui afferma.
È un poeta – sempre lui a ribadirlo!
Sarà vero o forse no?
Forse parla troppo o troppo poco nelle sue poesie: ha paura di non essere chiaro?
Il suo problema è, in realtà, il foglio.
Come diceva in una discussione con gli amici del GAP, “il foglio è una tela”.
Se scrivi le tue poesie su dei piccoli fogli, quelli per appunti per intenderci, la poesia sarà “rinchiusa,
ristretta, delimitata” da quello spazio.
Certo! Se uno si impegna, potrà scrivere con una grafia più piccola del normale e così, se uno vuole,
partorire un verso più lungo: se uno non lo fa, tu, il tuo pensiero, il tuo “tutto” resta recintato.
Questa è la sua personale idea.
Il foglio A4 è diventato – oggi – il suo standard personale.
Prima la sua pagina standard era quella dei quaderni scolastici, quella dei blocchi per appunti (con i quali
passeggiava per strada) o quella dei quadernoni che una volta venivano usati presso gli Istituti
Commerciali (si chiamavano quaderni di computisteria commerciali) e che non si trovano più da anni. O
almeno lui non li trova più.
Ma di cosa parla codesto individuo?
Del più e del meno.
“La poesia non può essere sempre e/o “solo” personale. In pratica non puoi parlare sempre di te stesso:
diventi noia. Se sei un poeta, devi parlare e dire quello che gli altri non sanno dire. E dire con le parole
quello che gli altri non sanno, non vogliono o non possono dire a parole. E se è vero che in ogni poesia
ci sei tu (o una parte di te), quel tu o quella tua parte deve cercare di essere di accordarsi alla parte di
un altro, di un’altra, o anche di molti-molti.
Lui ignora se la cosa gli riesca – questo lo dice con sincerità.

32
GAP – Transiti Poetici

Colloquio con Mario numero sette


(dalla Raccolta “Colloqui con Mario”)
Lui gridava
Lui alle quattro del mattino gridava:
“notte, notte, ascolta
Immergi la tua faccia nelle mie guance
tagliami la lingua a forza di baci
sommergi la mia saliva con carta oleata
adagiami sul letto e spogliami
arrostisci la mia gelosia con immaginari amanti
di modo che io con maggior forza ti possa odiare ed amare
mettimi un fiore in bocca e coprimi con del vino
lavami con il tuo latte
lega il tuo cuore al mio.
E questo è tutto per il momento”.

Dopo meno di un’ora ritornava a lamentarsi:


“notte, notte, ascolta
mangiami un poco alla volta l’anima
mostrami il lato nascosto delle tue gambe:
la mia fragile bocca alle tue piccole e grandi labbra
regalerà baci intensi e lussuriosi.
Resteranno incerte tutte le mie fotografie
con le quali inutilmente
cercherò un tronco di albero in grado di accecare Scilla
tanto poi – lo so – confinerò io ogni mio abisso dentro di me
per toccare l’erba di ogni mio fondale
uomo figlio di uomo che ottiene il perdono.
E questo è tutto per il momento”.

Rimase in silenzio per ore prima di urlare


in modo definitivo al giorno sopraggiunto:
“notte, notte, non mi hai ascoltato
il mio addome si è gonfiato ed ho partorito
una sola anima, la mia anima
ora giace a terra piena di rapida paura
ed io arresto il respiro sebbene non passi
il ricordo della traversata, del mio primo passo verso te.
Dimmi cosa non ti trattenne dall’uccidermi
quale arma hai usato per recidere i fili
senza tregua ti amai ed ad ogni costo…”

Ma non rimase (restava) respiro per terminare.


E questo è tutto e per davvero.

33
GAP – Transiti Poetici

Alla porta
(Dalla Raccolta “QMFM”)

Alla porta del tuo il mio cuore si mette a battere


chiede di entrare e di mettersi in disparte ad osservare
della tua e mia folle gelosia il gioco fatto di carezze, baci e abbracci misteriosi
della tua e mia folle gelosia il gioco fatto di parole, sussurri e sguardi desiderosi:
dopo un attimo, però, non ricordiamo più i nostri nomi.

La notte buia li ha presi e nascosti nella sua rassicurante quiete


nel suo grembo di noi ora gravido ella li riscalda e li fa diventare uno solo
nella sua profonda oscurità li accoglie e li consegna all'eternità
e tutto questo in una sola carezza.

Adesso, lo vedo, la porta del tuo cuore ha aperto i cancelli dei suoi giardini
ha sciolto le briglie delle sue paure
ha dissolto i dolori della sua disperazione
inondando non solo la tua ma anche la mia anima di puro amore
distruggendo in una sola folata di vento tutti gli anni passati senza di “noi”.
dando nuovo senso ad ogni respiro.

Il mio respiro, il tuo respiro


la felicità di un attimo, la gioia delle piccole cose
la serenità del nostro essere noi.
È forse giunta l'alba?
Si è compiuto il nostro destino?

34
GAP – Transiti Poetici

William Chester Minor il pazzo


(dalla Raccolta “Jenny la pazza”)

Riconosco il dolore da una sola smorfia


ho difficoltà maggiori con la serenità
sin da sempre la felicità non mi è mai stata chiara
sin da quando ero bimbo.

Leggo spesso a voce alta i pensieri delle persone


restano spesso ammutolite, confuse
qualcuno ha detto di me che sono un mago.

Riconosco i passi maturi da quelli dei giovani


non ho difficoltà a dire quale emozione li guida
nemmeno non riesco a starmene zitto
a tutti il mio sorriso mostrando.

Bestemmie non ne ho avuto


semmai rabbia da chi si è sentito denudato
poi anche amicizia
di quella che nasce nel fieno in campagna, d’estate
sul finire del mese di giugno.

Non dirò il segreto che mi permette di fare questo


ed anche altri segreti resteranno cuciti, si spera, dentro
perché dire la soluzione peggiorerebbe l’opinione che hanno di me.
Adoro infatti essere chiamato pazzo o, al minimo, bizzarro.

Adoro essere lodato come tale.

Le mie mani son note a poche


se non a pochissime altre dita
intrecciate in passato
a caldo come colla sulle mie
in verità vi dico che tutto ciò solo in parte è vero
se non del tutto corretto.

Così rifletteva anche lei il giorno che mi vide:


mi soppesò e decise il mio prezzo.
Una sterlina.
Poi vide che leggevo il suo cuore e si ricredette
troppo tardi per tornare indietro
sui suoi timidi e timorosi passi.

35
GAP – Transiti Poetici

A voi rilevo il segreto: io riconosco un particolare


un tipo di smorfia
che finge dolcezza e serenità da un lato all’altro
delle labbra. Da quello intendo
di avere di fronte un mio simile.
Un torturato.

Ecco dunque la pienezza del tempo che mi fu dato


colori alla mia parola per tappezzare il cuore di doni;
con un salto avvolgerò ogni vostra debole paura
per renderla terrore e quindi morta.

Ribadisco un concetto già noto ai nostri padri:


solo chi ha sofferto conosce il dolore.
Ed al mondo non esiste uno che non abbia sofferto.
Almeno un poco.

36
GAP – Transiti Poetici

Frammento di Hystoria n. 77
(ovvero ciò che resta di 777 versi)

Lei dunque restò a bocca aperta


alla scoperta dell'isola che io ero
delle verdi pinete e degli ananassi
incapace di dire “ah”
monca di frasi
ricca di una sola lacrima che le attraversò il sorriso.

Noi dunque restammo a guardarci l'anima


la sua era nuda e lei nuda mi appariva
stanca come non mai con un coltello dentro
e più in là un altro e più in là un altro ancora
e più in là un altro ed un altro ancora
tanti che non riuscii a contarli
ed io ero nudo e io nudo le apparivo
stanco come non mai con un coltello dentro
e più in là un altro e più in là un altro ancora
e più in là un altro ed un altro ancora
tanti che non riuscì a contarli.

Erano così tanti che non riuscimmo a contarli.

Poi le nostre anime dovettero rivestirsi


nonostante tutto dovemmo rivestirci
nonostante noi avessimo intravisto tutto ed i nostri coltelli
dovemmo rivestirci.

37
GAP – Transiti Poetici

Quinta poesia salata (V)


(Dalla Raccolta “Dieci poesie salate”)

La mia prima donna aveva solo due finestre


un quadro appeso nella sua unica stanza ed un comodino
un libro che ella non riusciva a leggere
e delle carte che diceva di saper agitare.
Ha lasciato tutto dentro una valigia blu:
due scarpe, due mandorle amare, due fiori
prima di rinchiudersi in un mondo tutto suo.
Ogni tanto mi manda dei saluti e dice che mi vuole bene.
Io no, non le mando i miei saluti.
Io no, non le dico che le voglio bene.
Perché so di averla uccisa ed in malo modo.

La mia seconda donna aveva una casa ed un’anima


una cucina dove lei amava cucinare le mie labbra
un giardino con degli uccelli non migratori
chiusi in una gabbia fatta apposta
e poi davvero tantissimi libri di filosofia.
Umidiccia, però.
Lei parlava di dio padre ma a vanvera
tanto, talvolta, da non sembrare nemmeno una donna:
certo la bontà non le difettava.
Prima di rinchiudersi in un mondo tutto suo.
Ogni tanto mi manda una cartolina e dice di amarmi ancora.
Io no, perché uccisi anche lei ed in malo modo.

Della mia terza donna ricordo poco.


Aveva una età di gran lunga superiore ai miei giovani capezzoli
ed una vagina troppo secca.
Di suo usava parole ribelli non inerti
con scarpe strane con delle tasche appese.
Capace di sgusciare un peso morto di uovo e di farlo diventare sodo
indegna di leggere Petrarca e buona sola a sparlare di Jung
aveva un modo di fare chiassoso di essere “non angelico”.
Prima di partire per non so dove.
Ogni tanto dice di odiarmi ma è impossibile.
E’ morta e lo so bene: la uccisi ed in malo modo.

Della mia quarta donna racconterò del suo essere regina.


A suo modo incontrastata di una favola portata a compimento.
La gente che piagnucola e che si avvilisce per pochi spiccioli
tra il pianto di una lavatrice che muore folgorata dallo sporco
abitava la sua mente ed il motore della sua automobile.

38
GAP – Transiti Poetici

Ed una scala a chiocciola che porta i suoni in alto


nella sua camera da letto tutta pronta era quello che appariva di certo.
Tutta pronta e contenta di essere appetibile, edibile,
mangiabile, gustabile, comprabile, vendibile.
Non mi manda saluti perché non mi perdona.
Riposa in qualche fossa da una qualche parte.

Della mia quinta donna dirò che era innocente.


Nata ed artatamente costruita con mani innocenti
mai ella uccise un uomo, una donna, un bambino, un cagnolino…
un essere qualunque… insomma!
Non si ricorda più di me perché è ancora vivo il suo cuore.
E batte, batte il suo cuore pensieri non più miei
la sua mente soffre per dolori non più miei,
la sua bocca favella favole non più mie
le sue mani si cimentano in carezze non più mie.
Ed ogni tanto sebbene io faccia capolino nel suo ventricolo sinistro
ella mi ricaccia in qualche remoto angolo del suo intestino crasso
a maledire me e la mia eterna stirpe.

39
GAP – Transiti Poetici

GAP
Corrado, Ermanno, Maurizio

Forbici

Al singolare,
sono forchetta che separa,
divario che s'allarga,
e che evidenzia,
distanza e dismisura.

Se femminile e se plurale,
sono attrezzo che ritaglia
sostantivo che smeriglia,
scorcia mustacchi e spiana siepi,
e alla censura s'attaglia.

Decapito capelli e spunto lingue,


recido linee tratteggiate,
sono un goal sui piedi del calciatore
che segna a gambe rovesciate

Ma io
Cacciatore di tagli
Penso alle forbici
Che lasciano
Solchi profondi
Immateriali
Dolenti
Nell'anima

Come
Quando lei
Chiuse
Le sue palpebre
Tagliandomi fuori
Dalla sua vista

Come
Quando lei
Chiuse la porta
Nell'ultimo incontro

40
GAP – Transiti Poetici

Tagliandomi fuori
Dalla sua vita

Un colpo di forbici
E la mia anima
Spartita in quel che ero
E in quel che non sarei stato
Mai più

Al singolare maschile
Dente che duole
Dente animale
Che dilata un cardiaco ventricolo
Liquefa materiale cerebrale
Anch'esso ventricolare.

Al plurale maschile
Denti mancanti
manducanti anima
Coltelli, rasoi, lana intrisa
Sangue non lavabile.
Polpette di maiale.

Enormi quantità di calorose calorie


Aspettiamo di riferire a qualsiasi altro essere umano
Ancora vivo diverso da noi.

Posillipo è stupenda.

41
GAP – Transiti Poetici

Vic Nonsonìo

Vic Nonsonìo – Il daimon allo stato puro

Vic Nonsonìo è un caso clinico molto interessante. Lo stiamo ancora studiando.


Professionista di grande valore e successo, egli è noto nell’ambiente come un gran rompiscatole.
In realtà il concetto di rompiscatole è un concetto molto soggettivo.
In qualsiasi contesto di tipo dittatoriale, infatti, la voce di quello che si batte per i diritti degli ultimi e di
quelli che non hanno voce, viene artatamente etichettata come quella di un rompiscatole.
A parte questa digressione (che comunque getta una luce divina sul soggetto oggetto del nostro parlare),
il Vic è un buongustaio che ama il vino e la buona tavola.
Se potessimo e dovessimo paragonarlo ad un dio, sarebbe certamente Bacco.
Eppure la sua poesia di Bacco ha poco o nulla: è una poesia molto intima, molto chiusa che si apre solo
su certe note e su certe corde vocali e corali.
Ed è anche molto dolorosa: c’è spesso sangue dappertutto e visceri di dolore sono in bella mostra.
Eppure, oltre il dolore, c’è sempre la rinascita: questo sembrano spesso gridare i suo versi oltre che
l’accettazione e il superamento del dolore stesso.
Vic ci dona una poesia che egli definisce “non sua, partorita da un altro che prende la mano, la penna,
e che parla”. In tal senso Vic afferma che il poeta che parla non è lui, ma un altro; è per questo che Vic
dice “io non sono io” o come lo ha battezzato Corrado “nonsonìo” con l’accento sulla i. Il concetto di
daimon che detta è un concetto molto comune fra i poeti ma in Vic è un concetto estremo ed estremizzato.
Le mie poesie – egli afferma – in realtà non sono mie: sono di quell’altro e quindi, una volta scritte,
smettono di essere di quell’altro e diventano di tutti. Io non le posseggo perché non sono mai stato io a
partorirle: io ho solo prestato il mio hardware (la mano, il PC, la voce, le dita sulla tastiera, i miei
neuroni, il centro della parola, etc. ect.) all’altro.
Come si vede, una tesi interessante nel suo estremismo.
Stiamo cercando di convincere Vic a dichiarare al mondo le sue generalità ma si tratta di un lavoro lungo
e complesso: già è tanto che abbia accettato di comparire, in veste di etereo “non-sono-io-che-parlo-ma-
il-daimon-attraverso-me”.

42
GAP – Transiti Poetici

Dove sei sono

Dove sei?
Ah, si!
Sei dove sei.
Dove fai, lì sei.
In quello che fai, e come lo fai, sei.
Vento lontano e complicità attesa, sei.

Mi perdonerai, allora, se ho amato per te


il vento
che di me ha disperso ossa zuppe d'umori
quel vento
che nel giorno in cui mi trovò
aveva gli occhi tuoi dolcissimi
dentro i quali trovai i miei
arrossati, stanchi e desiderosi
di labbra e di folti capelli
di bianca nuca di luna, eterna.

Sicché ti cerco
ad occhi aperti e braccia tese
in questa stanza buia
come buio è un buco nero
scuro tumultuoso ingorgo di sangue, e
lingua tesa, intenzione vera.

Non rispondermi, non disperdermi


come il vento fa
coi pupazzi di sabbia
e lasciami del tempo da solo
in compagnia di te
solo, in te
a godere come fa la vela
che si riempie con il sentimento
e le labbra che si fanno
sazie di sale
nell'onda e nel sole
e nel delizioso vento.

43
GAP – Transiti Poetici

Semolino e vino all'angolo della bocca

Latte e semolino cotti


alla bocca, ad addolcire
profumo di limone, e
volo di rondine ad imitare
taurasi, agricolo, ad accompagnare
labbra macchiate e la lingua impertinente a giocare con questa gustosa rugiada rossa
Di Intenso legno e tannino brillante al sole.

Il sole!
La sua giovane goduta gioia,
su calde lastre di travertino in soglie,
è primizia di primavera
ad asciugare
l'anima
il midollo
il cuore
così, all'angolo della bocca resta
un punto di migliaccio ad ovest,
un dove umido di rosso
saporita delizia grassa
vera umana prediletta perdizione.

Come lo stare qui ad amare


questo sole, e la luna, nell'azzurro cielo
con la gobba a levante
e il desiderio crescente
all'ombra del rosmarino fiorito, sornione.
e… (te)

44
GAP – Transiti Poetici

Neo del mio esserci


(Se la morte è partorita dalla speranza,
salutiamoci con la carezza di un sorriso
ed una lacrima sapida come un sauvignon
A M.D. 20.11.1968- 10.02.2021)
Vesto il volto mio
di gialline foglie macchiate
di sbiadito e consunto verdino

Nascondo l'imbarazzo
per il vuoto che mi strangola
Per la disumana semplicità
della vittoria spensierata della morte
sul nostro essere stati noi.

Vacilla
la sicurezza delle mie ossa
sì ché sciocchi muscoli si raggomitolano
ridotti a serpi e crollo senza dignità, informe.

Io che qui sto


di fronte ad occhi che non ridono più
non specchiano più il sole ed il mare
spettatore io, senza parola sensata
zuppo di pensieri e lacrime secche
scappate anche loro, codarde!

Sotterro sentimenti
che si rincorrono in questo cranio
ridotto oggi a cortile sciatto
spazzato da mulinelli di vento, padroni di spazi monumentali
per sconcertante inquietudine
e sostanziale impotenza.

Incrocio con lo sguardo


il neo sul tuo labbro, ed i lisci capelli biondi
la bocca di sirena divenuta
gabbia, senza porta, per l'anima.

La pelle cerea è mano gelida sul mio collo


Il lenzuolo disegna il corpo smagrito
sconquassato giardino proibito
che i miei giovani desideri
vagheggiarono spensierati.

Questa vana àncora


che il corpo tuo è ora per l'anima
trascende
insulto insultante, e
spillo nell'iride, chiodo nella lingua.
45
GAP – Transiti Poetici

Avverto la macelleria di ricordi


Di sguardi teneri
che si rincorsero sotto le stelle di mezzanotte
a cui voltasti le spalle ma non gli occhi.

Mi restano oggi
ceneri di parole ed abbracci mancati, coltelli
nel cuore adolescente.

Vado
perché solo questo ora ha senso compiuto:
tu – già folate di capelli e terra nuda a coprire –
io – narici riempite di polvere asfissiante –
costretto a respirare
allo stesso ritmo dei tuoi definitivi
senza un poi lasciato a sperare.

Io, che ho rinunciato ad ascoltarti fino alla fine,


porto via il tuo silenzio e abbandono
e le parole tue sottese
inventano in me un mondo
che seppellisco
in caverne irraggiungibili
a qualsiasi lama dell'oblio
per me miele e fiele
fino a che giunga il turno mio.

Sul sentiero alberato da cui ti vedo


con l'occhio della mente
il sole calante (accecante e tiepido)
disegna l'angoscia e la tristezza mia,
e la voglia di te, estranea.

Questa mia fuga è dimora


che mi ritorna a te
pensiero mio lungo
e bacio mai arrivato.
Sorrido
affinché la speranza partorisca la morte
come fosse una risata, e
l'abbraccio inutile a te
diventi per sempre
umanissima calda piena presenza.
Ciao, allora a te
e a questa notte senza luna e senza stelle
che si sta mangiando
te riflessa in me
e me di fronte a te.
46
GAP – Transiti Poetici

Strati, imperdonabili Strati

Lastra sopra lastra


ossidiana su granito in lastra
strati su strati
di malintesi e distanza,
di indifferenza cresciuta a strati
di prescrizioni e diffidenza
e sguardi
appesi che ti mangiano
desideri e conseguenze a strati
materia umana e calda
diabolica ed imperdonata.

Strati di metallica estraneità


azzannati da occhi ribelli
strati su strati
affinché il cuore taccia
si smarrisca, e mai più sappia
Ceda la sua ansia di volere.

Ma il cuore
si è fatto forte degli strati di solitudine
si è fatto scatola di stelle nella notte
scatola di torrone, cioccolato, e nocciole.
Si è farcito di more
selvatiche, semi-glassate e deliziose
zuppo di spesso sangiovese, come di amore
si è difeso e poi perduto
e si è fatto vagabondo
strati
di carne dolce-salata
di tenera voluttà
del buon sapore che ha
il profumo di te.

47
GAP – Transiti Poetici

Trasformo, e son contento

Lanciàti pugnali in sputi


e sputi in saporiti baci
trasformo.

Dolori urenti
di lame ingoiate figli
trasformo
in cioccolato gianduia
per la gioia mia.

Il sangue colato a fiotti


raccolgo
con mani attonite e porto alla bocca

con la lingua spaccata dalla sete


trasformo
in vellutato e pieno negroamaro.

La fame di luce, orfana di stelle


il crampo allo stomaco
urlante e prepotente
rigato di rigurgitata bile
trasformo
in un pasto da re – saziante! –
il giorno che chiusi gli occhi
con la mente impregnata di ventosi pensieri.

Mi abbandonai alla cura


dell'odore e della forma del tuo ventre
e trasformai tutto in delizioso sogno
e la bocca che saggiò la pelle giovane e tesa
divenne gaudente mano carezzante la tristezza mia.

Tramutò così, trasformata in sublime felicità


durata un tanto, meno di un po'
perché troppo piena di sé e del tempo
in cui sono stato sospeso e contento
del piacere che mi dava
il piacere che eri con me

48
GAP – Transiti Poetici

GAP
Luca, Ermanno, Maurizio

Ho letto che non è poeta

Ho letto che non è poeta chi usa il come.


Chi nella sua faretra trasparente
non ha niente di più di ciò che vede
o sente
chi non è audace.

Il bello è che a me piace


e lo sostengo e lo rinnego, in vece mia.
Per ogni istante,
Per ogni voce che non piego all'arte
Rarefatta delle mie mancanze.

Mi hanno detto “bugiardo”


perché canto in vece altrui
grida ed affermazioni non mie
solo perché presuntuoso.
Io affermo di essere premuroso.

Mi hanno bruciato i quaderni


mi hanno avvisato e detto di smettere
perché non avrebbe senso il mio poetare.
Il bello è che a me piace.
Baciare gli altri in questo modo
abbracciare, fare l'amore.
Non potrei vivere senza abbracci e senza amore.

Mi hanno detto:
“se ciò che hai scritto ti commuove,
quello è cattivo segno
cambia strada,
fallo a pezzi
o guarda altrove!”

Ma io non mi assoggetto
al credo di chi mette briglie al cuore
camminando algido, senza lacrime o affetto,
di fronte

49
GAP – Transiti Poetici

al miracolo del mare.

Per cui mi tengo parallelo all'acqua.


Che scenda dagli occhi
o sia eco di tempesta
poco importa.
Non cambia il concetto:
salso sapore resta.

E questa mia poesia è, lo so, alla portata di pochi


che mi onorano degli occhi della loro mente
e della loro anima.

Ed è un onore
provare a chiudere pensieri non elettronici in una gabbia
che abbia un senso.

Io mi imbattei in lei
e mi sembrò giusta, fin dal primo momento.

Sicché, la lascio qui


a voi:
io mi lascio a voi.

A vostro pasto
un paio di foto di lei
che mi son sembrate giuste
a loro modo.
Ed una versione in musica
Mi risuona in testa.

“Ché le parole son vagabonde e menzognere!


Ché le parole sono stanziali e sempre veritiere!”

50
GAP – Transiti Poetici

Lucilla Trapazzo

Lucilla Trapazzo, la limpida

Lucilla Trapazzo è la più difficile da presentare. Basta dare una occhiata alla rete per scoprire che
compare in un numero impressionante di antologie poetiche. Tradotta nelle lingue più strane, ha vinto un
numero considerevole di premi.
E continua a macinare successi su successi.
Cosa ha la sua poesia di così bello da riscuotere tanto successo?
I motivi sono tanti.
Innanzitutto il suo verso è misurato: non è breve, non è lungo.
La lunghezza delle sue poesie è quella giusta.
Che significa lunghezza giusta?
Significa che nel momento in cui una sua poesia finisce, ti rendi conto che non poteva essere né più breve
né più lunga.
Il suo verso è danzante. Lei parla e la vedi danzare da una parola all’altra, da un verso all’altro.
Il suo verso è spesso nudo, semplice, altre volte ricercato: a volte è una distinta signora (me la immagino
come avvocato del tema scelto), a volte è una poetessa chiusa in una biblioteca, o in uno scantinato, o
anche in una cucina che cerca la parola giusta.
Il suo verso è malleabile in quanto specchio del suo pensiero italo-svizzero-tedesco-anglofono.
Infine, ma ci sarebbero tante altre cose da dire, la sua è una poesia limpida, una poesia che attiva svariati
neuroni e che stimola diversi neurotrasmettitori i quali a loro volta ne stimolano altri e poi altri.
Per questo motivo la sua poesia rotola sulla corteccia cerebrale, soprattutto quella visiva.
E rotolando e catapultando una idea, genera emozioni a livello dei lobi frontali e occipitali.
Va sottolineato che l’amigdala ed il cervello rettileo non ne sono risparmiati.

51
GAP – Transiti Poetici

Jenny e le stelle
(ad un amico)

Strappa i quaderni Jenny


oggi falli a pezzetti.
Ingoia insieme a me i pizzini
gli angoli dei libri
straccia le stelle.

Oh le stelle!
M’infiammarono un giorno
e una notte
e poi un anno - quasi due
di sangue che genera versi
sghembi e rigonfi.

E poi dimmi
che sono le stelle
se non lacero suono
armonico
stuprato vecchio
di viscere e bolo?
Le stelle
– emozioni senza codice

Jenny! Dà fuoco alla lingua stanotte


poi uncinami carne adipe ed ossa
rosicchia sbrandella
quello che resta
proprio qui sullo sterno c’è un grammo
di luna bianchissima.

Il verbo è incompleto
estetico avviso.
Cogli piuttosto forma
e sostanza nel gesto.

Mangiami
Jenny! E già che ci sei chiudi

la finestra.

52
GAP – Transiti Poetici

Ho dimenticato oggi

Ho dimenticato oggi
di mangiare
ho dimenticato di nascondere il sogno
(erano megattere e sirene)
ho dimenticato anche di bere
e poi ho dimenticato...
che cosa? D’essere corpo che esulta o azione
qualcosa – importante o forse per nulla -
ma non so più cosa.

Siamo elettroni e fotoni che ondeggiano


in cerchio di vita di figli di case
acquisite e dietro la porta il fondo
pensione. Balliamo stornati nel vuoto
in dissonanza di vetro.

Dall’oblò un richiamo di rosso


ancora uno slancio di luce
resiste al principio
dell’ombra.

Ricordami solo una volta

53
GAP – Transiti Poetici

Un tempo assolto

Stanotte t’immagino felice


un campo aperto e gonfio di consapevolezza.
Trattieni questo istante con apertura d’ali
vivi per te e per me. Scrivi lettere
d’amore. Mangia il pasto rosso della vita
respira l’universo. Datti il permesso
della luce e del pensiero ampio.

E poi alle volte sarai anche triste


perché è così che accade.
In assenza di colpe il senso della tregua
adombra la forza del diaframma
perché di carne siamo ancora vivi. E tu
accogli ad occhi chiusi il ramo rotto
perché ogni cosa è benedetta.

Mancano tre minuti a mezzanotte


all’attimo in cui da quello che era ieri
sgorga il foglio bianco di domani.
Fai la tua realtà crea adesso
il tempo tuo - anche senza nome
tra le mani. Senza riserve sii
di ruota raggio.

54
GAP – Transiti Poetici

Oggi tra i messaggi quante volte

il tuo nome è spuntato con un beep


e qualche vibrazione.

Vorrei domani anch’io dirti con i timbri


e coi punzoni poi disegnarti in versi
con le crome coi colori le mie stelle
i miei universi – potrei cantare a tutti
il vento senza nome
(scirocco forse, sì, è uno scirocco)
che scompiglia i segni mi confonde
Racconterei di semi e sole nell’addome
espanso dei fondali inquieti e di un lago calmo
ma non trovo neanche una parola
le hanno portate via gli uccelli.

Se solo avessi il dono della musica o dei numeri


ti costruirei una scala - una spirale.

55
GAP – Transiti Poetici

White Room

C’è una stanza tutta bianca sul fondo


dell’acquario. Le pareti sono
bianche. E l’armadio
e il comodino sono bianchi.
Ecco, ti presento il letto
bianco ed ecco il gatto bianco.
Si riconosce appena tra le pezze candide
- se muove il muso zenzero

Ecco una donna morbida.


Si spoglia e lascia sulla soglia
pantaloni neri.
Candido il seno enorme
(forse un po’ cadente)
valli e montagne bianche
e cumuli di zucchero

Si spoglia - si espone nuda a te


che guardi
dall’altra parte dell’acquario
intatta indivisibile e resta
seduta sul margine sottile
della tua mano bianca
poi alla luce alza testa e collo
(ca va sans dire – in bianco)
la luce – la luce
un lampo di chiarezza e diventa
bella

E io sono un qua di pietra


scrivo segni orfani
e non so più perché.

56
GAP – Transiti Poetici

GAP
Caterina, Maurizio

Le donne sanno perdonare

La donna lo sente
Quando arriva il momento del perdono.
In ogni piega della sua natura umana
Lei lo sa.

Soffoca con disinvoltura il dolore,


e l'urlo della sua stessa anima.
Glielo hanno insegnato bene
e sin da piccola: alla fine
esternamente
un uomo non vede nulla.

Una donna ferita


Porta un danno con sé
Non potrà sanare né dimenticare
La renderà bella o strega, dipende.
Da cosa ne farà se grazia o vendetta.
Eppur nella vendetta trova la sua assoluzione,
il perdono

Senza apparente fatica sorride.


Senza dolore cammina e da sola.
Dice “ti amo” ad ogni cosa.
Raramente insegna queste cose ad un uomo.

La donna che perdona è maestosa


Semplice o complicata che sia,
mostra sé stessa, non spiega
ma si lascia intuire:
guardala negli occhi se vuoi comprendere
la sua essenza.

57
GAP – Transiti Poetici

Solo così!

Un pugnale dentro te potrai accogliere


se ti dovesse capitare
soffocare un fiotto di sangue
abbracciare il tuo personale dolore
comprendere una donna
perdonarla
come solo sa fare una donna.

58
GAP – Transiti Poetici

Luca Viviani

Luca Viviani, quello che si strugge

Luca è difficile da presentare.


In lui ci sono almeno tre personalità (ed in questo senso è più stabile di qualsiasi altro stabile presente in
questa raccolta).
Una è quella del lavoratore. A Napoli (ma Luca non è napoletano) si dice che “il lavoratore è la rovina
della casa”. Troppo lungo da spiegare.
Egli lavora guadagnando il pane quotidiano per sé e per i suoi nonché per i suoi dipendenti, che sono
“dipendenti” nel verso senso della parola: dipendono da lui e lui è pater.
Ecco dunque la prima personalità di Luca: lavoratore pater.
Pater della sua bellissima bimba, pater della sua piccola azienda, pater della sua amata compagna. Pater
è la parola giusta.
E il concetto di pater compare spesso nella sua poesia: in quelle che dedica alla figlia e che ogni pater
può far sue.
In quelle che dedica alla sua donna e che ogni uomo può far sue.
La seconda personalità è più complessa e qui la citeremo di sfuggita. Luca è quello che, in modo errato,
viene definito un paroliere.
Egli ha scritto e scrive molti testi per canzoni e scrivere testi per canzoni non è come scrivere una
presentazione come questa o una poesia. E’ qualcosa di diverso.
Il termine paroliere è altamente offensivo e riduttivo anche se, effettivamente, molti di quelli che scrivono
testi per canzoni sono parolieri.
Luca no. Luca scrive testi poetici per canzoni. Non è un paroliere: Luca è un poetiere.
Infine c’è il Luca poeta. I suoi estimatori lo definiscono struggente mentre i suoi detrattori lo definiscono
struggente.
Ecco Luca, nella sua terza personalità, è quello più struggente del GAP.

59
GAP – Transiti Poetici

Storia

Resti di frasi senza partiture


sul pavimento, scarabocchi e fogli
ovunque, zattere di naufragi non ancora salvati;
sul tavolo di sala, sbriciolate,
bocconi di parole spezzettate,
quadri spogli
dipinti dalla noia,
dalle pieghe slabbrate dei pomeriggi
più lunghi.
Ecco, e qualcuno dietro la porta che
dondola, senza peso, sulla memoria
da chissà quanto tempo.
La storia ha il passo lento,
cadenzato.
Sfiora l'evento senza mai raggiungerlo.
Noi qui, siamo il passaggio
sonnolento del merlo, rifugiato
tra i rami verdi e radi dell’alloro

60
GAP – Transiti Poetici

26 marzo

Il vento si è stancato di buttarci


Come bimbi impauriti nella sua
Giostra di foglie e luci rumorose.
La notte ha ripreso a correre
Libera in mezzo alla strada
Nelle piazze.
Sulle facciate delle vecchie case di paese
È un minareto di noia.
È una notte di attesa e di note
Che non raggiungono nessuno.
Le case parlano lingue morte da tempo
Ognuna con le sue posate innamorate
Con i soprammobili attenti
Con le poltrone bianche e senza peso.
Ognuna con le luci accese
A illuminare un mondo addormentato.
Io, lontano da mia figlia, le stringo la mano
La cerco, incarcerato e senza corpo,
per comprarle il gelato
Per comprarle un gelato

61
GAP – Transiti Poetici

Un’immagine

Il tempo accoccolato come un gatto


sulle nostre ginocchia:
gli artigli aguzzi:
gli occhi spogli da matto.

L'universo, intorno, nei dettagli:


l'inserto di “Sorrisi”,
il caminetto spento;
battaglie di voci da altre stanze.
Tutto volto al centro
come risucchiato. Io
non più riflesso, dentro, perso, Dio

62
GAP – Transiti Poetici

Neve

In televisione è ancora morte.


Le parole travolte dagli eventi
lasciano tracce di fango sull'asfalto;
noi beviamo la notte che perseguita
la coda zuccherina delle stelle;
l'inverno accoglie con passamanerie di lusso
il nostro buon senso
(la bimba dorme adesso).
Mentre nevichiamo lentamente
sul calore delle abitudini
rossi pensieri danno un'impressione di festa.

63
GAP – Transiti Poetici

La parola è dura come pietra

La parola è dura come pietra, si diceva.


Ma non è. E' carne incancrenita. Dentro
noi ci muoviamo esatti;
i contorni perfetti. Ma non è.
Alberi si arrampicano su alberi.
Confondono argomenti.
E' il lento inerpicarsi della fretta
sulla fretta ma neanche questo è.
La parola (si diceva) è, a tratti,
consuetudine: mentre incendia le mura
e scarnifica le ossa
e mostra la lingua ai passanti.
Altri ne diranno. Un altro anno
ha appena attraversato l'autostrada;
noi, per la mano, misuriamo i coltelli
del giorno.

64
GAP – Transiti Poetici

Dentro

Al proprio posto. Dentro.


Quasi. L'inalterato speculare.
Poi il resto. Avvolto tutto.
Sul momento non vi ho fatto attenzione.
Ma è tempo. Adesso è tempo
e tutto è intatto.:
la bimba in braccio. Tutto.
Come un esame. Tutto.
Il braccio, la coperta. Tutto. Torna:
il tempo è il nostro intento. Avanti
il noi benedetto. L'ho detto.
Ho liberato il senso.
Non ho altra spiegazione

65
GAP – Transiti Poetici

GAP
Maurizio, Corrado, Luca, Ermanno

Lucilla

Un nome-programma
da proporre
propaganda ideale
di un amore fatto
da gatta per i gatti
felino
tessuto
non tagliato a dadini.

Felpata.
Attraversa strade
di concetti
e, investita
di luci abbaglianti,
asfalta di parole
sette vite.

Affascina
affabula
ammalia parole
fatte velluto
solo da lei:
poesia di pelo
parole di raso in seta.

Lucilla prende il suono della voce


lo mette a navigare sulla carta,
fa fili di parola
segrete rotte esplora
visita porti
tra una lingua e un'altra.

Indaga un verbo

66
GAP – Transiti Poetici

esplorandone l'azione
chiede lumi
- a un felino curioso -
su una regola
o un'eccezione.

L'inchiostro asciuga punti controversi


fuga ogni dubbio
conferma l'accezione.

Il verso che celava il suo mistero


ora lo svela.

Lui - che le ha letto l'anima -


non riesce quasi a respirare
dice frasi quasi di circostanza
ammaestrando quasi
il proprio dolore.

“Non ho parole! Non ho parole”


- si giustifica... ammette:
“un secondo secolo non mi basterebbe
un terzo occhio nemmeno”.

Lucilla,
libro aperto, illuminato.
Con la tua anima ludica
inventi un tango insieme alle parole

che lo avvolge e lo annienta

“Non ho armi simili! Non ho seno simile al tuo


cuore non crudele, mani di carne!”

67
GAP – Transiti Poetici

GAP
Corrado, Maurizio

Incontro con uomo non bianco

Soffia forte! Scirocco! Africa!

Le porte scorrevoli del pronto soccorso si aprono.


Lasciano passare
sabbia e vento tiepido.

Eccolo qua
il segnale.
Inizio!
Incontro!

In un angolo – al buio
una sagoma fuori misura:
una barella standard caucasica non lo contiene.

La lettiga è anziana
(chissà quante ne avrebbe da raccontare!)
ed infatti geme sotto l'insofferenza di questo povero Cristo.

Per prima cosa chiedo a me stesso


se un razzista è tale
anche di fronte a questi occhi spalancati
nero su bianco
su ulteriore nero.

Ci studiamo.

Lui mi lancia occhiate per comprendere


se può fidarsi.
Sa bene che gli occhi
di chi da lui cerca notizie cliniche per motivi a lui incomprensibili

68
GAP – Transiti Poetici

Non è stata trovata alcuna voce d'indice. dicono molto più che una pletora di sigle e valori
incomprensibili a volte
anche per gli indigeni di un ospedale.

Io?
Nel frattempo cerco parole
meno incomprensibili che possano rassicurare
almeno in parte lo spirito suo e il mio.

Cerco di rinsavire dalla pena


riversando in parte i pensieri sulla clinica.

E tra cascate di grassi


di enzimi impazziti che sguazzano
tra arterie aride
pronte a coagularsi in un unico aggregato piastrinico
arrivo alle sue metastasi piegato
come avessi quel dolore anch'io.

Mi domando perché Dio


abbia questa abilità suprema di infierire
su chi già non se la passa bene.

Faccio il possibile: mi sostituisco a Lui.


Provo a guarirlo.
Provo a guardarlo.
Provo a considerarlo umano.
Inizio a chiamarlo Lazzaro
Un nome. Un programma
e lo interrogo:
“Amico mio, come va?”

Non capisce: miliardi di tossine lo hanno imprigionato.


Nuovi negrieri.

Cerco di resuscitarlo
almeno dal sopore
d'altronde non è mica il terzo giorno? Penso.
Non mi chiedo perché.

69
GAP – Transiti Poetici

Ora: terzo giorno.


Lo rivedo mi rivede
Abbozziamo timidi sorrisi

Avanguardia animale ovvero dell'anima

Incontro breve: Un minuto, cinque forse.


Durata? La nostra eternità!
Non ci lasceremo mai!

70
GAP – Transiti Poetici

GAP
Luca, Corrado, Lucilla, Maurizio,
Vic Nonsonìo, Ermanno

Ispirati dalla poesia “Ad alcuni piace la poesia” di Wisława Szymborska


L’omaggio del GAP alla immensa poetessa

Ad alcuni piace – lei afferma.


A pochi – lei mi precisa.

Il resto di ciò che resta dopo una sua invasione


sembra pesante.
In genere a chi scrive manca
alla fine il respiro, l'abbraccio.
Si capisce perché siamo in pochi? – mi dica!

Posso annodarle sulla fronte il mio foulard di seta?


– mi dica!
Siamo figli della stessa madre?
– mi dica!

Che suono ha la placenta quando cade.


Quando dal niente si partorisce un suono.
E poi mi canti ancora!
Dell’albero la corteccia e di sangue
il cielo.

La poesia ci cade sui fogli – lei concorda?


Prende a pugni gli spazi bianchi. Non esiste forse
(oppure) la sua voce mette di lato.
Quando chiamata.

Lega bene il nodo alla cravatta. Si guarda


si trucca. Prende tempo per parlare.
A volte inciampa: si lascia
in un angolo inascoltata.
Ti guarda in faccia in ogni tua paura.

Noi? Le ordiniamo fiori, le ricordiamo i tempi, i luoghi.


A volte, sfiorandola. A volte, credendole appena.
A volte, cedendole in pieno.

71
GAP – Transiti Poetici

Nel suo nome. Malavita per malavitosi, paravento per esibizionisti


silenzio che spacca timpani, parole di troppo, ingannevole
piacere della presa in giro, spazio
incaprettato sine libertà, occhi in-disperatamente aperti
in una tempesta di sabbia, zavorra per chi disperato lotta
(e non sa nuotare) contro l’onda.
Varco, lama e via! Spioncino, occhio indiscreto
mano lesta (che aggiusta la frangetta!),
sistema il foulard, pettina capelli, accarezza guance
pizzica sorniona: tanto non è suo, il problema.
Lei è solo una bella figa o un bel maschio – dipende.
Tu incluso ma non sei parte:
sei il pezzo di carne in brodo, e
che tu dica che ti piaccia
o tu dica che ti scoccia
la poesia è la più bella bugia
in cui puoi dire che tu sia.
Piacere punto – mi dica lei.

Se le posso le dico la mia.


Il problema non sussiste.
La carta regge bene il peso dell'inchiostro:
decolla lieve.
Del calabrone un tedesco
- per cui il tutto era un relativo - disse:
“La bestia non è fatta per volare, ma intanto non lo sa”
(se ne fotte - aggiungo io).

Non mi chiedo cosa siano le parole sul foglio


né se dunque abbiano specifica funzione.
Le assorbo e mi stacco da terra:
faccio come il calabrone.

Il ronzio accompagna il volo


Dice “guardami, sto arrivando, potrei pungerti”.
Cosa è la poesia? – glielo posso chiedere?
Non è proprio un suono che arriva l'anima pungendo?
Scatenando reazioni anafilattiche?
Parole che si riversano nel torrente circolatorio
infiammando l’esistenza
di chi la possiede?

La poesia è malattia vitale


tumore dell'anima.
L'unico chemioterapico esistente
È la carta. E solo ad alcuni piace.

72
GAP – Transiti Poetici

Indice

- GAP (Introduzione) Pag. 3

- GAP (Caterina, Maurizio, Vic Nonsonìo, Lucilla, " 4


Ermanno, Corrado, Luca)

- Corrado (Halo) Credentino " 6

- GAP (Lucilla, Luca, Ermanno, Vic Nonsonìo, Corrado) " 13

- Caterina Costanzo " 15

- GAP (Luca, Ermanno, Maurizio, Lucilla) " 23

- Ermanno Dodaro " 24

- GAP (Caterina, Maurizio) " 30

- Maurizio Lioniello " 32

- GAP (Corrado, Ermanno, Maurizio) " 40

- Vic Nonsonìo " 42

- GAP (Luca, Ermanno, Maurizio) " 49

- Lucilla Trapazzo " 51

- GAP (Caterina, Maurizio) " 57

- Luca Viviani " 59

- GAP (Maurizio, Corrado, Luca, Ermanno) " 66

- GAP (Corrado, Maurizio) " 68

- GAP (Luca, Corrado, Lucilla, Maurizio, Vic Nonsonìo, " 71


Ermanno)

73
GAP – Transiti Poetici

Nota editoriale

Transiti Poetici incontra il GAP, acronimo di Gruppo Amici Poeti, da una singolare idea, anzi intuizione
bellissima, di Lucilla Trapazzo, non nuova in questo genere di sorprese. Già realizzammo pochi mesi fa,
infatti, un volume analogo, “Transiti Poetici incontra Voci dal Mondo”, un volume antologico
particolarmente ricco di contributi poetici da parte di autori internazionali. Ora, con questo secondo
volume speciale curato interamente dalla poetessa e performer Lucilla Trapazzo, si dà voce ad un gruppo
di artisti e poeti ben affiatato, anzi così ben accordati, da produrre testi poetici di qualità, sia
singolarmente che in modo “collettivo”, come le classiche sonate al pianoforte eseguite a quattro mani:
ma qui le mani a volte sono più di quattro, rendendo la composizione ancora più articolata, polifonica,
convincente e coinvolgente.
Un esperimento davvero ben riuscito, e per questo sono lietissimo di accoglierlo nelle Antologie di
Transiti Poetici!

Giuseppe Vetromile

28 aprile 2021

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