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20 E OLTRE
Silloge
Collana
I Quaderni del Circolo Letterario Anastasiano
n. 55
a cura di Giuseppe Vetromile
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Introduzione
La poesia, come l’arte in genere, è una sorta di malattia, naturalmente benigna, che può
prenderti a fasi alterne; può rimanere “in silenzio”, latente, per un periodo di tempo
indeterminato, durante il quale si è impegnati in altre attività, diciamo prioritarie, come il
lavoro, la famiglia, necessità di vita contingenti e altre situazioni che rendono il pensiero
creativo meno urgente e impellente. Poi magari basta una scintilla, un episodio, una diversa
collocazione esistenziale, a volte persino un flash, una rapida riflessione o una frase che
emerge come per incanto nella mente, per far rifiorire il flusso creativo, rendendolo ancor
più veemente e inarrestabile. L’attività creativa è insita in noi, e cerca il suo spazio e il suo
tempo, sempre. C’è chi ha la sfortuna (o fortuna?...) di non accorgersene mai, perché la
sua vita è tutto un duro impegno razionale e pragmatico, ci sono altri che accolgono,
parzialmente e temporaneamente, questo segreto talento, ci sono altri ancora che, alla fine,
si “arrendono” alla loro innata inclinazione artistica e non possono più farne a meno. È il
caso, questo, di Mauro Barbetti, poeta sicuramente fin dalla sua prima gioventù, ma che
ha dovuto “subire” poi, come dice egli stesso, il reflusso di una vita tutta dedita alla famiglia
e al lavoro, che poco o nessuno spazio gli hanno concesso all’attività creativa. Ma non c’è
niente da fare: l’impellenza del dire poetico, la progettualità creativa in anime sensibili
come quelle del Barbetti, cova sotto la cenere di una vitalità artistica mai spenta del tutto,
e si manifesta nel momento opportuno. Mauro Barbetti ne è consapevole, e con una
tenacia ammirevole, nonostante l’amarezza di una constatazione scoraggiante (nessuno se ne
è accorto, nessuno ha avvertito la mia mancanza…), porta avanti il suo progetto poetico
traendone risultati lusinghieri, apprezzamenti, segnalazioni e vittorie in vari concorsi
letterari nazionali.
Ed è giusta cosa: indubbiamente la poesia di Mauro Barbetti ha una sua connotazione
particolare, si eleva al di sopra della media per quanto concerne la bontà, lo stile, e la
potenzialità del suo dire poetico; fare poesia, infatti, non è soltanto un dedicarsi ai propri
scritti, bensì è anche un lavorare per gli altri, come collaboratore di riviste letterarie, come
traduttore e redattore.
La sua maturazione poetica si evince, tra l’altro, dalla sua capacità di organizzare sillogi che
abbiano un alto grado di omogeneità e un discorso abbastanza completo e organico da
offrire, come è giusto che sia; in particolare la presente silloge, che è risultata tra le prime
in classifica nel concorso, e alla quale molto volentieri dedichiamo il nostro premio
speciale.
20 e oltre, titolo originalissimo e sicuramente emblematico, vuole essere in definitiva un
percorso non soltanto cronologico e consequenziale di buona parte dell’esperienza
esistenziale dell’autore, ma anche affettivo e psicologico di fasi alterne e persino
contrastanti, di una quotidianità che va proiettandosi oltre i confini del domani.
In quattro sezioni, che definirei più appropriatamente “atti” (“20 e oltre”, “Qualcosa ne resta
dopo 30”, “Poi pian piano decade”, “Predisposizioni per il finale di partita”), Mauro Barbetti
costruisce, anzi ri-costruisce, la sua esistenza, attraverso una lunga e complessa metafora
del comportamento umano lungo le fasi cronologiche della vita, a partire dalla acquisita
maturità giovanile, fino alla quasi rassegnazione o piuttosto consapevolezza di un
approssimarsi di quella età in cui bisogna fare i “conti” con il proprio vissuto, il bilancio
delle esperienze maturate, i ricordi, i sogni, i progetti, i sentimenti, le relazioni e tutto
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quanto abbia contribuito all’arricchimento del tempo fin qui trascorso: “Un riflesso vacuo di
me / si muoverà ancora per poco / vicino alla tua strada / senza più incontrarla / né più perforerai il
diaframma / a offrirmi spalla o fuoco. / A te sia ancora una bella giornata” (“Testamento”).
Il suo è dunque, prevalentemente, un discorso riflessivo, aderente alle fasi cronologiche in
cui si sviluppa man mano, e sovente rivolto ad un’immaginaria compagna con la quale
condivide il sentimento d’amore: amore che si snoda evidente in tutta la raccolta e che il
Barbetti misura e connota a seconda dell’età: quasi innocente nella prima parte (“Chiamo
respiri appena /sotto le coperte”), poi erotico e avvolgente (“…mentre suda la carne suda / quando
giro rigiro ti mordo / e lentamente sospiri sospiro, / fino a un piacere cieco e sordo”), e ancora nella
terza parte, più misurato, più controllato: “Un braccio che si sposta / Un piede freddo al tatto /
La spalla ora scoperta.”, per terminare nell’ultima fase, con un sentimento delicato e
affettuoso: “Dormi che posso / ancora / indovinarti a sera / dietro il profilo del lenzuolo”.
20 e oltre si presenta dunque come una silloge intuita e progettata con grande competenza
poetica, volendo l’autore raccogliere in versi il suo pensiero su un argomento così ricco,
articolato e complesso, come lo è ogni percorso cronologico dell’uomo, nel suo progredire
lungo gli anni, con le sue esperienze emotive ed affettive, con i suoi impulsi, visioni,
prospettive, sogni e ogni altro significativo aspetto della sua quotidianità che va
procedendo nel tempo. La poesia, come certamente in questa poetica del Barbetti, riesce
a sintetizzare anche in poche decine di versi, in una silloge completa e omogenea, la
meravigliosa storia di un uomo e il suo protagonismo nella vita di tutti i giorni.
Giuseppe Vetromile
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20 E OLTRE
Poi
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II
(prima stanza)
Avvicinàti
i bisogni del mio corpo avvinghiati come tralci di viti
i bisogni del tuo corpo segni non del tutto capiti
io un affacciarmi stupito tra specchi e cavità
tu pozzo con luna e superfici tremanti
Fasi di notte piena guizzi movimenti c’era la tua voce
l’area del tuo corpo moltiplicata alla mia
e uno scialle bianco sopra la pelle bruna
(seconda stanza)
Orizzonte da sempre
fermo a guardare
sequenze di moti armonici
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III
…aprirono porte
illuminarono stanze
visitarono pagine
furono anarchia
corsero nell’ironia
e nel “De profundis”
…tornando
Tu non so
Io sorridendo
ho aspettato
l’alba
…non si replica
Così dicono i libri
l’orologio il metro
l’acqua che scende dal vetro
e dietro una tua fotografia
la minuta grafia di nebbie sottili
che avvolgono passati prossimi
passati remoti e trapassati
come fili
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QUALCOSA NE RESTA DOPO TRENTA
Solo un attimo
Ti avvolgo
scivolo su di te sotto
mentre zitto mi sciolgo
in teorie senza contenuti
occhi prima al soffitto
poi perduti dentro i tuoi
e tu bruna Maya desnuda
ciclo delle maree e schiuma
mentre suda la carne suda
quando giro rigiro ti mordo
e lentamente sospiri sospiro
fino a un piacere cieco e sordo
ove l’urlo ferino che reco
sa già di separazione
declino e fine.
Presto
ti addormenterai di spalle
in una tua lontana dimensione
da cui io resto clandestino
respinto ormai oltre confine.
Percorsi
Sei qui
trasportata nei dintorni
delle sere a sgocciolarsi
torni quale acqua alla terra
come ti ho affermata - pensavo -
dovrò ora imparare a negarti
da che ognuno tende al mondo
come a un’ombra incompleta
che si fa seta a sera
nel fondo d’una mano accattona.
Dell’incavo che resta
ne riparleremo poi
fuori dal coro
finita la festa.
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Rimasugli
Già ieri
Segretamente
indovinare l’ora
a finestre chiuse.
Non sfugge ai sensi vicari
la curva dei tuoi seni
in binari di giorni uguali
e alfabeti stranieri
o sguardi orientali.
Appoggio la mia testa
contro la tua
quasi a spiare
il ronzio dei tuoi pensieri.
Ed è già ieri.
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Comparse
Matematica di un amore
Sei definita
in un mio spazio
da dimensioni e rapporti certi
da relazioni
con ciò che ho conosciuto
o mi è ancora ignoto.
Susciti già
perimetri di memoria
e aree sensibili
ad ampliarsi in infiniti.
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Prima di Itaca
Com’erano belli
i tuoi occhi
verso l’oceano Atlantico
e il tuo sorriso lontano
come un luogo di nascita
o un richiamo semantico.
C’era l’urlo
di approdare e poi riperdersi
c’erano conchiglie a dondolare
sulla battigia in madreperla.
Ma non verrai stanotte
a trovarmi dentro la pelle
peraltro il cellulare
è senza credito
senza gemito le stelle.
Fatti minimi di vita
come d'un uomo
che passa rasoterra
con il suo dubbio cogito
e una rotta
al di qua di Gibilterra.
Farfalla
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Tender is the night
Tregua
Stanotte dormirai
l'atmosfera non avrà peso
sarai lana di pioppo
adagiata nei viali a primavera
in sospeso ti tengo
un posto tra le magnolie
e le penombre del retro casa
per non trovarmi zoppo
e a mani sgombre
quando tornerai
tra l’erba appena rasa
che sfiora le caviglie.
Sia tregua
questo rifugio a fine giorno
a te con cui ancora indugio
mentre ogni luce attorno
si dilegua.
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POI PIAN PIANO DECADE
Leggi di sopravvivenza
Non so se basti
il bisogno di omeostasi
la carenza di calore a sera
e il breve riequilibrio
di corpi che ne segue
a giustificarci l’esistenza
Distanze
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Racconto per novembre
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PREDISPOSIZIONI PER IL FINALE DI PARTITA
Confronto privato
Ne convieni
ci si ritrova per minimi pensieri
qui dove è tardi per nuovi schemi
e il meridiano è già ieri
Eri e sei
a te mi annoda
la vena al braccio
che ti preme contro a sera
lo sfilaccio d'affetto
che lieve approda
sebbene ancora insieme
ai silenzi riservati
di paludi stigie
Presenza è la sua
che compare a volte
in un confronto privato
ove non può toglierci
che uno scampolo di tempo oltre
srotolato a definirsi altrove
non ciò che è già realizzato
o che si porta a resoconto
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Affronto il lento compiersi
ma tu sappi
che lieto è stato
il cammino con te
a me
che ho lasciato un fagotto
nel portico di sotto
come a dirti
di non dimenticare
Ultima goccia
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Maturità
Testamento
Un riflesso vacuo di me
si muoverà ancora per poco
vicino alla tua strada
senza più incontrarla
né più perforerai il diaframma
a offrirmi spalla o fuoco.
A te sia ancora una bella giornata.
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Sono nato tra le colline marchigiane nel pieno del boom economico, in ritardo per vivere
il ’68, ma non per subirne fascinazioni, schegge impazzite e postumi.
Ritengo che in adolescenza la poesia e la musica (cantavo e scrivevo testi in qualche band)
mi abbiano salvato da situazioni difficili.
Poi l’inizio del cosiddetto “riflusso”, il matrimonio, i figli e il lavoro, mi hanno costretto a
mettere la testa a posto e tirar la carretta.
Sono tornato a scrivere dopo vent’anni circa (nel frattempo nessuno ha sentito la mia
mancanza, in verità) e ho avuto la fortuna di vincere vari premi sia di poesia che di narrativa
in giro per l’Italia.
Alcuni miei testi compaiono su Poetarum Silva, la Recherche.it, Poesiaultracontemporanea,
Argonline e Versante Ripido.
Ho all’attivo le raccolte in versi Primizie ed altro (La scuola di Pitagora ediz., 2011), Inventorio
per liberandi sensi (Limina Mentis ediz., 2013) e Versi laici (Arcipelago Itaca, 2017), con cui
mi sono classificato 3° al Premio Pratopoesia 2018.
Ho realizzato traduzioni di poeti di lingua inglese quali John Berryman e Keith Douglas.
Ho recentemente vinto il Premio Pagliarani, sez. inediti.
Quando ho qualcosa in testa lo scrivo sul magazine letterario di “Arcipelago Itaca”, di cui
sono redattore.
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© Circolo Letterario Anastasiano, 8 settembre 2021
Quaderno n. 52
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