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I Quaderni di “ConVersiamo”

a cura di Giuseppe Vetromile

n. 32

Incontro del 8 dicembre 2020

-o0o–

Cristiana Buccarelli
Sara Capoccioni
Vittoria Caso
Teresa Commone
Carmina Esposito
Cristiana Buccarelli

Sta cominciando qualcosa di nuovo, so di essere abbastanza viva, abbastanza felice.


Quando torno nella stanza da letto non sento più quelle piccole fitte al petto, non soffro
più.
<<Quel tempo è finito ed è morto >> dico a me stessa. So di essere davvero sola e mi
viene da sorridere. Mi sorprendo a sorridere in una delle due ante a specchio dell’armadio
Liberty, scostando le ciocche ramate dal volto. Riconosco il mio solito modo di farlo, però
se chiudo la bocca compare una piega leggera su entrambi i lati in basso, un nuovo vissuto
si insinua nell’espressione, uno sguardo lucido che è rimasto acceso. Qualche notte dopo
faccio un sogno che mi resta impresso. Mi trovo all’interno di casa di mia nonna. Negli
stipi, nelle ante, nei cassetti è rimasto il tempo scavato all’interno di una casa disabitata.
L'odore che sento è quello della perdita, delle cose sottratte, dell’assenza. Annuso, come
da piccola, il legno dei cassetti, apro gli armadi chiusi, pieni di vestiti e di oggetti rimasti
dentro da decenni, devo avere solo il coraggio di abbandonare i vecchi appigli, i vecchi
mobili, i pavimenti, le tende, i lampadari, di lasciar morire le cose così come sono. Mi
sveglio con un sapore secco in gola, un poco delusa di non essere rimasta in quel luogo.
Eppure qualcosa si è trasformato: le cose sottratte o perdute non mi spaventano più, anzi,
quegli oggetti sognati, quegli ambienti familiari, mi fanno ritrovare un’audacia, una fiducia
nella vita, un senso di liberazione. E anche quell’amore, che oramai esiste solo come
un’aura o un fantasma che si aggira nelle vicinanze, non mi spaventa più: si è conficcato
all’interno come una crisalide, senza compromettersi, senza ingabbiarsi negli obblighi e
negli schemi delle regole, si è salvato trasformandosi in qualcosa di simile a un cristallo.

(dal romanzo Il punto Zenit, La Quercia editore, 2017)

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Sara Capoccioni

Mani analfabeta

Qualcuno di quelli
Che vennero prima
M’offrì belle mani
Dai gesti eleganti
Cigni farfalle
Capaci di volteggiare
Mani delicate tenere forti
Mani Offerte
Senza mai
Il ben che nulla a pretendere
Quel che si dice il dono
Non le ho allenate
Sui tasti di un piano
Né a far scivolare
La gradita piuma
Nemmeno per piantare
Il ben che più Minimo seme
Né a pescare in fiumi o mari
Non hanno tenuto l’ago
Per teneri ricami sentimentali
O il crochet per pizzi e merletti
Ho belle mani analfabeta
Che uso senza guanti
Per pulire piatti
In cui mangiammo
I panni che tutti sporcammo
I pavimenti che calpestammo
Mani appassite
Di donna comune

3
***

Di te conservo

Di te mia cara ape


Conservo una traccia viva
In un sacchettino di velo
Di centimetri 2 x 3

S’è fatto sbiadito


Al passo dei nipoti
Che cambiavano taglia

C’è dentro
Un resto d’origano
Che raccogliesti d’estate
Essiccato per tue cure
Conservato
Non custodito
Lo ritrovo
Nel buio perso
Dell’armadio

***

Nel Vaso Rosso


E nella buona maniera
Nel Vaso Rosso Dovevi stare attenta
Van schiudendosi A non reagire
Le sue promesse Tu con impazienza
Profumano di Sarebbe stato meglio
Speranze nuove Non fiatare
Non è certo violenza Ma tu ancora vuoi replicare
Aver perso un po’ di pazienza Sì, non lo farà più
Basta più obbedienza È pentito davvero
Dovevi stare attenta Non come l’altra volta
A non spostargli le sue cose Vedrai che cambierà
A capire quel voleva Nessun carnefice di donna
Nel giusto tempo Giunge con la maschera del boia

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Vittoria Caso

8 dicembre - donna

Era amore?
Fumosa e leggera
si leva una nebbia sottile
di parole sospese nel vuoto.
Fra sguardi smarriti
su labbra bugiarde,
s’infrangono i sogni.
Un inganno, si,
era solo un inganno!
Cosa resta di te?
Briciole sparse,
mani vuote,
assordanti silenzi.
La maschera è caduta.
Sogni e chimere
si disperdono nel vento
con l’eco sottile delle tue promesse.
Era amore?

***

L’orco

L’orco non c’è nelle favole, è qui, tra noi!


Incubo dei sogni infantili, emerge dalla notte
delle coscienze,
afferra con le unghie adunche l’anima, se ne impadronisce,
la violenta con freddo e razionale inganno,
annulla ogni volontà, lugubre vampiro
ne risucchia la forza vitale.
Assatanato mistificatore, l’orco circuisce la sua preda,
la ghermisce e la fa sua.
Non c’è sensibilità, non c’è intelligenza che regga!
Ladro del tempo, dei sogni, prende senza ritegno,
senza pudore.
Avido, famelico, predatore mai sazio,
domina la vittima,
gode dei suoi meschini trionfi, delle sue trame.
L’orco ride, ride, spavaldo della sua squallida vittoria,
allunga la sua mano vogliosa,
sporca di immeritati successi, grondante sangue
innocente.

E tu, tu che gli hai creduto,


tu, sua prigioniera, non sai più chi sei,
privata della tua identità.
La sua orma infame resterà indelebile
nel tuo cuore graffiato, devastato,
inaridito

***

Nulla spes

Parole, un mare di parole…


Tenere, dolci, violente, pungenti
hanno accompagnato i passi di un lungo fatale cammino.
Sincere? Mai!
Parole false, volutamente false, figlie dell’ipocrisia;
una recita continua
per manipolare quest’anima innocente, calda, sognante,
sincera.
Un gioco perverso, fiore spezzato, petali gualciti
dall’inganno, dalla menzogna.
Tu, meschino e infido ladro di sogni,
oscena maschera senza volto, senz’anima,
camaleontico baro, hai calpestato la vita,
hai strappato la speranza
in un’assurda, oscena finzione.
Solo rami secchi nel giardino, non un filo d’erba…

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***

Inganno

Suadente e gentile la sua voce inebriante


penetra nell’anima bramosa d’amore;
oh ingannevole suono,
illusoria effimera sensazione,
fatale trappola di un lucido e razionale inganno,
progettato con cura…
Il carnefice irretisce la sua vittima
in una trama orchestrata senza vie d’uscita…
Freddo, lucido, razionale egoismo, dissimulato,
camuffato con la destrezza di un illusionista…
l’ultima ebrezza, sinistra, insincera, bugiarda
figlia di un gioco perverso,
ha distrutto ogni speranza, ogni sogno,
ogni futuro…

***

Ferite sull’anima

Sogni sfumati
alle prime luci
di un sole bugiardo.
Trema il pensiero
Sillabe cancellate di versi incompleti,
di pensieri mai formulati.
Si spegne la candela
ibrido ricordo di una pallida stagione.
Lacrime mute rigano le guance
accompagnano i solchi sull’anima,
ferite indelebili, nascoste, assassine,
invisibili ai più.
L’anima spenta
ormai fantasma girovago,
non ha sete d’infinito
non soffre,
nessun palpito di vita
nemmeno nei sogni
Non si vedono le ferite sull’anima
ma… uccidono

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Teresa Commone

Nel margine incavato

Scolorano in questo mondo immoto


fra il grigio del cielo gli ultimi ciuffi di ricordi
Mutano nella valle dell’anima
Diventano massi e poi pietre e le pietre polvere
La vita in agguato li ghermisce
li ingloba nella mutevolezza delle sue evoluzioni.
Una sola nota, un mi sopracuto
non più udibile lega in uno stesso incantesimo
i ricordi al colore gelido del cielo.
Qui dove nulla vive, nulla può cambiare
I pensieri annegano In una beatitudine inerte:
la certezza - il non Accadere -
la pace - il non Vivere -
In un attimo troppo breve per l’eternità
sono infranta, cristallizzata in pausa d’attesa
Un vento gelido spinge le brume
Vacillano speranze infrante su rocce
da violenti marosi. Stanca annodo le membra
Un raggio di luna ascolta il mio canto
Sui clamori dei flutti dell’anima
grido tendendo le braccia
- O luna se vedrai una lieve luce
che si inclina, proteggila per me
Aspetto nel margine incavato
il primo raggio di sole riflettere il velo d’acqua
che il cielo vi ha versato a rischiarare la rada.

***

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Arriva il meno… (La vecchiaia)

È duro il viaggio per sentieri pietrosi


quando sali per scabri declivi
dove attecchiscono secchi cespugli.
Copri gli affanni, ma al primo rumore
come uccelli s’alzano con frullo vigoroso.
Una folata d’ali aguzze passa fulminea
così vicina da batterci il capo.
Ci s’interna per strade incassate in burroni,
un torrente romba tra ghiaie,
le pareti scendono a picco.
Il viaggio prosegue fra muraglioni d’abisso
In vasti schienali ti perdi in crepacci,
in frantumi di rocce
che si ingolfano in sanguinanti ferite.

***

Sub Noctem
(durante il tramonto)

Stanca di subir vomiti di fuoco,


attendo te,
figlio della notte,
alla fonte d’Ippocrene.
Il canto delle Muse
penetra nell’animo
e allevia ogni affanno.
In mano stringo le briglie,
domo le mie pene e
mi libero da fiamme avvolgenti.
Il giorno volge alla fine,
raggi dorati come lingue di fuoco
muoiono pian piano all’orizzonte.
Velato dall’oscurità delle tenebre,
Arrivi Tu ultimo raggio di sole e
illumini il mio cuore.
Con te volo lontano e
spicco gli ultimi frutti proibiti
dai cespugli della mia passione.

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Carmina Esposito

E come nel vento girandola il gallo

Al balcone del mondo


ho affidato i miei pensieri
come in un mattino le parole trovano posto
nel blupigmento di un cielo
che odora di silenzio.
Quello stesso silenzio che placa le battaglie di un giorno
inutilmente trascorso nel clamore delle ore ballerine.
E come nel vento girandola il gallo
che non sa da quale parte fermerà il suo giro
mi volto a un cielo inconsueto
e attendo
Attendo una risposta che nemmeno nel fondo
mi da certezze e mi sazia.

***

Inavvertitamente

La gente percorre vie


che non conosce
Trama l'aria che respira
senza freni senza briglie
Naufraga la goccia di sale
asciugata al sole
Regina dell'onda
bianca cristallina
Si fa bella
si lascia cadere nella schiuma
Grembo umido di giglio
sfida al silenzio della costa bruna.
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Inavvertitamente
per altro cielo girerai
Nuvola ti farai nuvola
ravvolta in turbine d'ambra e di corallo.

La campana richiama pace al mezzogiorno.

***

L’uomo dalle mani in tasca

Passerà questo lungo silenzio


tra brividi di freddo
e l’abbandono di foglie autunnali.
Passerà trascinato alla deriva
verso l’ultima sponda
come un veliero in bottiglia
che del mare non ha mai
visto niente.
Passerà anche questo giorno
e resterà segreto
il sogno del gabbiano
sullo scoglio.
Di questo inutile giorno
resterà soltanto
quell’uomo dalle mani in tasca
che s’accampa tra le ombre nere
del cortile e il profumo
delle foglie strizzate
dal suo passo incerto.

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Gli Autori

Cristiana Buccarelli è una scrittrice di Vibo Valentia e vive a Napoli. È dottore di ricerca
in Storia del diritto romano. Ha vinto nel 2012 per la sezione del racconto la XXXVIII
edizione del Premio internazionale di Poesia e letteratura ‘Nuove lettere’ presso l’Istituto
italiano di cultura di Napoli.
Conduce annualmente laboratori e stage di scrittura narrativa su vari aspetti tematici a
Napoli e in Calabria.
Ha pubblicato la raccolta di racconti Gli spazi invisibili (La Quercia editore) nel 2015, il
romanzo Il punto Zenit (La Quercia editore) nel 2017 ed Eco del Mediterraneo (IOD Edizioni)
nel 2019, presentati tutti in edizioni diverse al Festival di Letteratura italiana
Leggere&Scrivere.
Con il libro Eco del Mediterraneo (IOD Edizioni) ha vinto per la narrativa la V edizione del
Premio Melissa Cultura 2020 e la IV edizione Premio Internazionale Castrovillari Città
Cultura 2020.
È uscita in stampa a sua cura nel 2020 la raccolta Sguardo parola e mito, (IOD Edizioni)
realizzata all’interno del suo laboratorio di scrittura Lo sguardo e la parola.

Sara Capoccioni (alias Maria Rosaria Capoccioni) nasce a Pozzuoli (Na) ma ben presto
la famiglia si trasferisce in Francia, da cui parte poco dopo per rientrare in Italia. Tuttavia
in Francia continuerà ad effettuare frequenti soggiorni, per ragioni familiari.
Inizia ben presto ad insegnare in Italia. Dopo alcuni anni, superato il concorso per
l’insegnamento all’estero, si trasferisce con i figli in Belgio dove attualmente risiede.
Insieme al marito, da oltre un decennio, ha creato la TRE-A galerie che si occupa di arte
contemporanea.
Nei continui cambiamenti di vita, tra un Paese e l’altro, la poesia resta un filo onnipresente,
una passione che l’ha sempre accompagnata, fin da bambina, in una dimensione rimasta a
lungo «privata».
Al suo attivo, nonostante gli incitamenti ricevuti da giovanissima a pubblicare, sono
presenti esclusivamente testi inediti.

Vittoria Caso, di Casavatore (Na) è docente di materie letterarie e ha ricoperto incarichi


di responsabilità nella scuola. È poetessa, scrittrice, critico letterario.
Nel 2013 ha fondato l’Associazione culturale “Clarae Musae”, di cui è presidente, allo
scopo di continuare a promuovere la cultura, come sta facendo e fa dal 1992 sui territori
a nord di Napoli. Attualmente è anche Presidente dell’Associazione ex alunni del liceo
Garibaldi.

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Teresa Commone, laureata in Filosofia all’Università degli Studi di Napoli Federico II,
ex Dirigente Scolastico della Scuola Secondaria di II° grado, vive ad Orta di Atella (CE).
Ha pubblicato due libri: La Porta Socchiusa (Terra del Sole Edizioni) e Mi riprendo la Vita
(prosimetro, PubMe). È risultata vincitrice di vari concorsi Nazionali ed Internazionali.
Componente di Giuria in molti concorsi Letterari. Responsabile Culturale del Centro Studi
Documentazione e Ricerca “Massimo Stanzione” di Orta di Atella. In collaborazione con
la Presidente dell’Associazione Culturale “Clarae Musae” Vittoria Caso, ha organizzato il
Premio Nazionale di Letteratura “Atella Scribens”.

Carmina Esposito, di Afragola (Na), è insegnante di Arte e Immagine nelle scuole medie;
artista a tutto tondo, ha all’attivo diverse pubblicazioni, l’ultima delle quali è I miei colori
scalzi. Ombrature e chiarie (2020), Ladolfi Editore, con prefazione di Armando Saveriano.
Suoi testi sono pubblicati in riviste culturali e diverse antologie.
Nel '98 ha costituito il gruppo-teatro "L'Artefatta" con l’attore e regista Biagio Zanfardino,
per la messa in scena di spettacoli di poesia-teatro.
Organizza diversi eventi culturali e rassegne d’arte sul territorio.

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