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STEFANIA BORTOLI

IL GIARDINO DELL’ ATTESA


Silloge

Premio Silloge Transiti Poetici 2022

1° premio

Collana
I Quaderni del Circolo Letterario Anastasiano
n. 67
a cura di Giuseppe Vetromile

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Motivazione

C’è qualcosa di indefinibile che colpisce e coinvolge il lettore quando si trova dinanzi ad
un’opera d’arte considerevole e che, appunto, ha tutte le buone caratteristiche, formali,
tecniche e di contenuto, in base alle quali si può dire che è effettivamente un lavoro
significativo, valido, importante. Questo qualcosa deve essere un’onda anomala in grado
di investire totalmente chi sta di fronte all’opera d’arte, interessandone i segreti anditi del
cuore, della mente e possibilmente degli altri sensi. In poesia questo coinvolgimento del
lettore è essenziale, e non parliamo solo di contenuti e significati, ma anche delle modalità
espressive, della padronanza del lessico e delle figure retoriche, dell’originalità e della
potenzialità del dettato poetico.
La Giuria di questa seconda edizione del Premio Silloge Transiti Poetici ha dunque
individuato, tra i 229 lavori pervenuti, proprio la silloge Il giardino dell’attesa, risultata poi
della poetessa vicentina Stefania Bortoli, ritenendola meritevole di ottenere il primo
premio.
Si nota subito la compattezza del lavoro, suddiviso nei dieci testi che, pur autonomi nei
contenuti, contribuiscono a realizzare un insieme poetico di grande resa, e di pensiero e di
dettato concettuale e stilistico. L’io narrante si pone al di fuori del quadro complessivo,
pur rimanendo attento alla realtà che lo circonda e lo attraversa: non si tratta di
estraneamento o distacco dal contingente, bensì di una presa di posizione precisa e
altamente escatologica: “In un’altra parte del tempo / aspettava una rosa purpurea d’aprile”. Il filo
conduttore che tiene saldamente collegate tra di loro le dieci composizioni è dunque
questo soffermarsi in uno spazio metaforicamente rappresentato dal giardino, per
antonomasia luogo di serenità e di gioiosità pervaso da umori, sentori, profumi, luci e
colori che inondano di pace l’anima, dove c’è da “attendere” che cosa? La lettura attenta
della silloge porta a realizzare che questa attesa non è una passiva e rassegnata
considerazione dell’inanità di certe azioni o di certi tentativi di “cambiare il mondo”
(“Dietro le dune, / spostate dal vento notturno, / non c’era più orizzonte.”), bensì suggerisce
elementi di riscatto e di incitamento verso (ancòra) possibili mete di bene-essere, stante
l’attuale situazione di alta e generale ignavia nei confronti di un’umanità continuamente
denigrata e umiliata. Per il recupero di tali valori è necessario uno scavo coraggioso nel
proprio io, che l’autrice attua in una poesia che può essere esemplare per il lettore e per
tutti noi, come efficace via da seguire, partendo ognuno di noi dal proprio fatidico giardino
dell’attesa: luogo dell’anima eccelso, dove il silenzio filtra ogni scabrosità sonora ed ogni
frastornante disturbo proveniente dalla realtà esterna, così pedissequamente monotona da
distrarci deviando il nostro perenne cammino verso l’equilibrio e il miglioramento: “Libera
i tuoi occhi che vedono / l’ombra più scura / dove è intensa la luce”. La parola poetica è il tramite
fondamentale e direi quasi l’unico in grado di rivelarci la profondità magmatica e informale
del nostro pensiero e del nostro subbuglio interiore, che acquista chiarezza e potenzialità
espressiva nel silenzio meditativo, quasi ascetico, senza tempo e senza spazi, del “giardino
dell’attesa”: “Finalmente il giardino dell’attesa / è solitario – vuoto / Custodisce la mia solitudine /
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allargando le braccia”.
Ricco di rimandi e di citazioni coerenti e autorevoli, Il giardino dell’attesa si presenta come
un poemetto altamente propositivo per i contenuti, espressi con un dettato poetico intimo,
confidenziale e liricamente gradevole.

Giuseppe Vetromile

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IL GIARDINO DELL’ATTESA

Affidatevi sempre di più a tutto ciò che è difficile


ed alla vostra solitudine.
Per il resto lasciate fare la vita.
Credetemi; la vita ha sempre ragione.

Rainer Maria Rilke


(da Lettere a un giovane poeta)

Si era addormentata
fuori dal tempo l’anima perduta
Dentro l’inconscio sogno
come profondo sonno
cieco
senza sogni

Nelle vene esangui


l’eco remoto
del mio cuore desolato

In un’altra parte del tempo


aspettava una rosa purpurea d’aprile

***

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In lontananza,
lo sguardo attonito della madre
depose le lacrime
e strinse la Paura dei figli.

Dietro le dune,
spostate dal vento notturno,
non c’era più orizzonte.

In quel deserto ignoto, dopo di te,


noi moriremo.

Nella luce assolata del deserto


solo una redenzione di sabbia
- sconfinata.

Senza un abbraccio
lasceremo qualche segno d’artiglio sulla sabbia.

Qualche segno d’artiglio sulla sabbia: il corsivo rimanda al verso della poesia Grande Numero
di Wislawa Szymborska, (La vita dura qualche segno d’artiglio sulla sabbia), da La gioia di scrivere.

***

Libera i tuoi occhi che vedono


l’ombra più scura
dove è intensa la luce

A gennaio
il seme è fiducioso
e riposa nel gelo della notte
sotto la neve

Finalmente il giardino dell’attesa


è solitario – vuoto
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Custodisce la mia solitudine
allargando le braccia

Ai luoghi imprevedibili
si radica la parola poetica
immergendosi - nell’avventuroso intreccio -
alle voci della terra

***

A una donna sconosciuta

Sul far della sera sei uscita


in pantofole e vestaglia.
Forse cercavi la gatta nera
che s’aggira silenziosa per campi e orti.

Forse inseguivi la forma delle nuvole


che il vento freddo separa
e disperde
verso lontananze rosse – viola.

Sul viso notturno veniva da te il gelo.

Il soffio di un respiro
come una lama tagliava
l’ultimo silenzio di neve…

***

Terra umida di pioggia


odorosa di muschio e foglie del mattino,
tutto il silenzio s’avvolge intorno ai nidi.
Sotto una cova di radici e foglie
nascono primule gettate sul prato dell’infanzia.

Quando ci siamo dimenticate


di interrare i bulbi di tulipano?

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***

Non cammini davanti a me


e ti volti sempre
a osservare bene le stesse cose.
Mi ripeti – ah, come sei sentimentale
cerchi ancora sassi alberi e fiori
ascolti il Canto degli uccelli
e non dimentichi mai
l’inverno delle rose.

***

Amica mia
dei nostri trent’anni liberi e confusi,
a lungo ti ho attesa.
Talvolta nei sogni notturni
venivi a trovarmi
ma l’immagine si ritraeva
dissolvendo al risveglio
i passi dell’assenza.

Mi lasciavano la promessa dei tuoi occhi.

Nel mezzo esistono quasi trent’anni.


Per noi non misuro le cose immaginate
l’oscurità ferita che non guarisce.
Eppure mi chiedo se
avrei ritrovato parole sincere – amiche –
per dirti che mi sei mancata.

Nei giorni del disgelo è tempo che accada


è tempo che ora accade.

***
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a S.S.
1marzo 2022

Il primo giorno di marzo


camminiamo a passi leggeri
dove sale il bosco sull’Altipiano di luce.
Nella neve orme di cervo
s’imprimono –
lambiscono una radura di bianchi crochi.
In questo luogo benedetto dal cielo sereno,
noi siamo ancora qui
(nella gioia di ritrovarci)
dove c’è il silenzio naturale delle cose amate

Vicino al nostro sguardo


il Sacrario del Leiten custodisce
i resti di 54.286 uomini - caduti
nella Prima guerra mondiale.
Non troppo lontano da qui
sulla terra è in atto lo sfacelo del mondo.
Il crimine di un’altra guerra
è dentro al vólto demoniaco del potere
e alla nostra storia
maestra di distruzione, resistenza
e morte.

***

Tra la realtà umana


e il mondo vegetale – animale
vivo il presente
negli anni dolorosi del coronavirus.

Essere consapevole delle cose


quando diventano buie.

Alcune rimangono immutabili

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inghiottite nei pregiudizi
nel gorgo d’acqua opaca.

Altre scendono – scorrono


come ore di luce
sperdute sul mio fiume.

Se ogni giorno può esistere


nella luce intraducibile
che muta tra le fessure

(e l’incrociarsi delle fronde dei salici


sull’argine d’acqua)

ciascun giorno è un dono da respirare

Fronde dei salici: il corsivo rimanda alla poesia Alle fronde dei salici di Salvatore Quasimodo,
da Giorno dopo giorno.

***

Dalla terra arida


è spuntata una Rosa quaresimale
L’elleboro orientale - fiore sacro a Dio
e agli antichi - leniva la pazzia,
i nomi dei démoni che non cercano il sole

Cara gratitudine,
nei giorni del tardo inverno
ti rigeneri in ombra

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Stefania Bortoli è nata a Thiene (Vi). Laureata in Pedagogia all’Università di Padova con
una tesi di Estetica e Psicoanalisi, ha insegnato Lettere al Liceo Artistico di Nove. Vive a
Pove del Grappa (Vi).
Ha pubblicato le sillogi poetiche: Voci d’assenza (Editrice Artistica Bassano, 2012), opera
segnalata al Convegno Internazionale di Poesia a cura di “Anterem” e Menzione di merito
al Premio Nazionale di poesia “Achille Marazza” (2013). Con la promessa di dire (Book
Editore, 2016) con la quale ha ottenuto la Menzione d’onore al XXXII° Premio Lorenzo
Montano (2018).
Ha avuto diversi riconoscimenti in concorsi letterari di rilievo: segnalazione per “Una
poesia inedita” al Premio Lorenzo Montano, nelle edizioni XXI°, XXIV°, XXXI° e
XXXV°.
1° Premio Silloge Transiti poetici 2022 con “Il giardino dell’attesa”.
Partecipazione a vari reading tra i quali “Panorami Poetici” a cura di Samuele Editore
(2021) e “Notturni DiVersi” a cura di Porto dei Benandanti (2022).
Alcune poesie sono state presentate in occasione di reading e sono presenti su siti web:
“Blanc de ta nuque”, “Perìgeion”, “Di Sesta e di Settima Grandezza - Avvistamenti di
poesia”, a cura di Alfredo Rienzi, “Le Antologie di Transiti Poetici”, curate da Giuseppe
Vetromile.
Ha partecipato alla realizzazione dei seguenti Libri d’artista: Orizzonte terraaqueo -
laboratorio di Lettura e Scrittura Poetica di Artémis – Pittori in Acqua. (2008); Il colore del
disgelo, con Graziella Da Gioz (2017); Scrive come la luce dentro l’oscurità del bosco, con Anna
Bello per Libri di versi 14 (2022).

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Circolo Letterario Anastasiano


Madonna dell’Arco (Na), 30 luglio 2022
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