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Poco tempo fa, discutendo con un esponente della


cultura “alta”, mi sentii raccontare che dopo
Campana, non c’era più stata poesia. Saltando a
piè pari quel che penso di chi fa un’affermazione
del genere mi accontento di sottolineare che è
molto improbabile che risponda a verità. Noi del-
la Biblioteca Clandestina Errabonda siamo con-
vinti che, dal 1932, anno in cui Campana morì, a
oggi, un po’ di Poesia (la maiuscola non è un re-
fuso) sia stata scritta. E anche un buon quanti-
tativo di prosa di livello. Ma è vero che, proba-
bilmente, tu non l’hai letta. E con te la gran
parte dei lettori. Nessun complotto. Non c’è nes-
suno che tenta di tenere nascosta la buona lette-
ratura contemporanea. Semplicemente le leve del
controllo stanno nelle mani (anche giustamente,
ci mancherebbe) di persone che si sono degnamente
formate su Dino Campana. E che non saprebbero
riconoscere qualcosa di nuovo (che tutti i grandi
autori sono stati nuovi una volta). Poi c’è la lo-
gica del mercato e delle vendite e chi me lo fa
fare di pubblicare un ignoto che non è nemmeno
caldeggiato da qualcuno che conta quando posso
pubblicare un bel libro di un comico o di un can-
tautore che perlomeno sono sicuro che vende. E
dovendoci, il nostro personaggio, in termini pro-
saici, mangiare, chi può dar lui torto. Per cui è
tutto un gioco perverso, in cui noi, lettori, ci
perdiamo la possibilità di scoprire se c’è qualco-
sa di bello in giro.
Questo non lo possiamo fare, dirvi se c’è qualcosa
di bello in giro intendo. Ma possiamo provare a
mostrarvi qualcosa di nuovo. Poi è tutta una que-
stione di gusto. E quello è un problema tuo.
Samiszdat è questo: una collana di roba nuova
(che poi a noi piace altrimenti mica la pubbli-
cheremmo).
Il nome ha dettato anche la veste grafica e lo
stile. Realizzeremo i nostri libri, che potrete
comprare in rete o cercandoci su
www.bceparma.splinder.com/.

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Samiszdat
Amilga Quasino
Àlgebra
copyright © dell’autore

Collana Samiszdat
Prima edizione

Grafica, elaborazione e impaginazione


Biblioteca Clandestina Errabonda Parma

La riproduzione anche solo parziale, di


questo testo, a mezzo di copie fotostatiche
o con altri strumenti, senza l’esplicita
autorizzazione dell’Autore, costituisce
reato e come tale sarà perseguito
Amilga Quasino

Àlgebra
NUMEROSE COSE

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8
MILO

togliersi le braccia
di dosso

uguale

sbracciarsi
d'amore

tornare a fare
piroette solinghe
trottole di fango e
ocarine di terracotta

siffler

je m'en fiche
merde_

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LE CITTA' MIRABILI

Topazi piovono
sulle dune come occhi
fra biglie di ginepro
nell'antica città di Marix.

Abbacalabra
è la città della tenebra
ove tra i rovi
l'unico appiglio è un morso
all'incanto di ragna.

Guendalina:
la città dei gatti
rampicanti sui tronchi
e sui colli a scialle
di freddolosi abitanti.

C'è una città che a volte


fulgida si esibisce
e altre volte si nega
selvatica alla vista:
è Berenix_ la città che gioca
fra il sogno e il ricordo
_a intermittenza.

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Iole è la città ordinaria di dio
Lui entra dentro tutte le cose
[come dalla porta di casa]
e la cosa entra dentro lui
come da finestre e da serrature buche
dal comignolo rotto
sia padre o figlio o spirito sacro
che incesta.

Macherida
la città matrona delle fate catalane
dal ventre passito e il fado tra le
gambe

le trine fra i crini e le gonne galan-


ti.

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L’OLIVO

volevo fare a tutti vedere


come fa i fiori l'olivo
a piccoli grappoli e un bianco
ed un giallo e i raspi con gli acin'ol-
iva minuti
e l'acido olezzo al limone_

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LE CHAT

lei era un'acrobata


lui non l'ama più
lei beve
lui trova un gatto e del gatto ne fa di
culto oggetto
lei uccide il gatto
lui va a pensione dall'amica
diane simca talbot
parco panchina
lui torna senza parola
borsa mele esproprio di casa
vecchia tappezzeria e cantiere
45 giorni
le chat
parle moi_

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TRITTICO

ahimè_

ahm'inchiodi
e crocifiggi
al muro del Pianto

m'im_picchi prono [hang]


al albero

ar beit ar beit ar beit

nicht frei nach liebe_

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TRANS FIGURA

trans_formazione
di corpi inversi
guaiti dispersi
sguainate le arti'col'azioni
frammenti temporali in esercizio
la percezione
la volizione
la coscienza
la rivoluzione
frida, la rivoluzione
frida, la rivoluzione
viva la revolution_
osservare il silenzio
osservare in silenzio

vedere sta a guardare


come
udire sta a ascoltare
verbo all'in_finito

trans figura
trans formazione
corpi in versi
guaiti dispersi
sguainate le_

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X

E torno nel tuo diletto


lanciando ritmiche fusa
attorcigliate ai gambali
arranco sul muscolo
con falangi armate
di sesto acuto
di fica chiavarda
sospesa nel vuoto
di fica propensa
a sorreggerti muto
esausto e combusto
e di proprietà
ma tu sfotti di dita
e veleggi di lingua
lunga e assorta
al sapore di
Guuustoooolungooooooo
e alimenti e ventili e bruci
e ardo e gaso e volteggio
bianca cenere in circonvoluzione
cerebrale
modica di spasmi assolta
assoluta e drastica
sciolgolalingua
divento sintagma infinito.
Blatero e chiasmo.

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GREY

il tuo occhio cade troppo corto -


giovane-
come se già domani dovessi morire

e il ricordo di un sogno mai stato


t'appassisce snello

a qual frutto sarai mai capace


di dar colore?

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FIOR DI LISO

quel mazzolin di fiori


s'appresta a interpretare
il ruolo colorato
del bel gesto d'amore
puntato al centro tavola
nel vaso di cristallo
rende la dimora
uno splendido castello
afrore di passione
calore del colore
vermiglio è il suo petalo
speranzia mia d'amore
domani accorcio i gambi
scolorerà il colore
s'afficheranno i petali
trepiderà il mio cuore
il giorno dopo ancora
l'acqua è da cambiare
il profumo ormai è olezzo
abbisogna funerare
escludesi la tazza
si opziona per l'organico
fra germogli di patata e bucce di

banana, arancio, mela,

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limone e mandarino
tra fondi di caffè e torsoli del cavo-
lo
la differenza, e tu_

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II

gambe rosa hai


e poi -sopra-
un vigoroso tulle

scivola lungo il collo


il tuo capino levio
e col becco insinuante
sconquassi il fango

gambe rosa hai


gambe rosa sei

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90

non l'afferro quella porzione di va-


ghezza
che alita intorno al circoscritto
eppure c'è lo spunto
ma mi sfugge di continuo

e mi propago all'intorno
con tutta la me stessa a spicchi sfac-
cettati
con la vaporizzazione efelidica
con la dilatazione porifera

tento l'emulsione

ma mi sfuggi
conclamato

non t'afferro
neanche a te
pur se penetrata e inapprensiva
in ogni tuo atomo

scivoli_

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SPLEEN DELLA MUCCA

deleng deleng
deleng deleng
deleng deleng

o amati pascoli
oh fieni vivaci
o giocosi recinti
ai quali era sì lieto
il mesto ritiro siriale!

o laudato pastore
la cui ruvida mano
afferrava le rigogliose ciuccie
oramai inerti e smunte

e il gaio vitellino
i cui piccoli corni
sbocciavano dal bubbone occipitale

e l'orrido muggito
del toro straziato d'amore!

la mucca trista e vagabonda


verso i brulli pascoli d'inverno ripie-
ga
dondolando la zucca abnorme
farcita di bontà inane

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PIOVE

piove sul tetto


sulle tegole desolate
piove

piove sulle campane


il suono floscio

piove
piove il grigio dell'aria
sui monti

piove sui verdi


sui prati distesi

piovono fitti piombini sul mare


piove a raffica sulle baracche

piove
piove sui cavoli nell'orto
piove sui tendoni del circo
piove sui sassi

piove sugli argini del reno


piove

piove, senza perdono_

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ECLIPSE

la luna di oggi è un disco di carta


nel cielo di un presto pomeriggio

ostia su un panno di zucchero e


il mondo mi ha perso vincenzo tarkowski_

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CAPO COMINO

Passavamo sulle sabbie leggeri


come serpi sbisciavamo tra i giunchi
per poi radunarci sotto ai ginepri
montando grezze tende

accampate sulle dune del capo al tra-


monto
le notti generavano musiche al quarto
di luna
e i negri con noi suonavano i bonghi

longobardi e fenici portavano i fiati


d'ottone

e babele intonava le sue mille lingue

poi tutti scendevamo a amare


nell'alba_

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SPLEENTIME LAKE

quel ramo del lago d'iseo


che volge le spalle all'approdo
accoglie i colli all'indietro
di ceruli cigni accigliati

il pontile risciacqua suoni di passi


pedalate anfibie e lente
e l'intreccio di piume e di ali
è quasi un incesto velato
battezzato dal cielo spiovente

chi dal nido fra le rupi scende


per giungere ai tiepidi scogli
chi dal mare lungo i navigli sale
per trovare riposo del nido
una balla di fieno di montagna
fra cosce immense di primavera

su cuscini di piuma a
far la cova dei pensieri
schiudendo fra le dita
guance e labbri
e il viso

sete negli occhi e fionde


pensieri tentacoli iridescenti
dai cigli alle pupille elastici
come vermi fra due becchi languidi

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LEI FA L’ATTRICE (ma non la Duse)

mi piace stare
a gambe larghe
come le vecchie
dinnanzi al camino

(sulla seggiola bassa)

accovacciata cucio
un paio di strappi agli spacchi

"je me sens seul"


il y avait écrit sur la table
deshabillée

la mer d'en face


les escargots
les poissons dans l'eau verte
et moi

toute seule aussi

mi nutro di musiche in
stereofonia irripetibile
mentre penso al tuo polso
fasciato stretto dall'ora

cucio strappi

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-non sembrano neanche cicatrici-

(lei fa l'attrice -ma non la duse-)

ho dato ascolto al mio


ventre mammifero

penso ancora a quel luogo d'incontro


nessun luogo / da nessuna parte
ma non mi placo

benché satura del tuo albore.

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3

la luna è di un tondo perfetto stanotte


proprio come la mia voglia da lupa sul
petto
la fiamma danza nel suo cerchio
dal ventre paralizzato
posso chiedere alla luna tutto quello
che voglio
e me lo darà:
un bilico di euri -direi-
per raggiungere i miei tanti amori
dall'italia all'america
dal reno al simeto
e aggiungo un giro di boa alle faul-
kland
voglio la luna
la sua rotondità
i suoi esorcismi
la sua intellettività
voglio allunare
toute petite princesse
toute en soucie
pour mes petits moutons
là bas.

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CARNEVALE AMBROSIANO

stasera la luna ci mostra il sedere


irridente
sarà il rito ambrosiano
a scoprire un volto di donna
dirigibile alata che cala fra guglie
in un bagno di folla
nella piazza gremita del duomo
spargendo abbracci arancioni
con riso piano a lungo e evidente
saranno le macchine-uccello di leo-
nardo
dai lumi a petrolio oscillanti
che aprono ciclici valichi
nella padania a pedali
saranno i draghi dagli occhi di fuoco
e le nari fumanti
a cibare i cristiani
o la gentile farfalla gigante
e dai ragni corposi le lungherrime
gambe
o i circensi dal cielo che come lievi
zavorre
slegati discendono accesi
e un nuovo bolero
ricorda domani.

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ALLA FUCINA REDENTRICE

Alla fucina si giunge ruzzolando giù


per la tromba delle scale
appoggiandosi a mano a mano
lungo la colonna d’aria trapelante
-ma conchiusa di caramella-
in chiaro vetro confittato

la parete tagliafuoco ha l’apertura a


spinta
per la proiezione all’istante nel tu-
multo
un ruggito di tamburi / un ringongo di
piatti
diversi rimbalzi di grasse corde di
basso
d’un lato la prospettiva magnifica
di un piede del redentore e noi
stanti sotto intrecciando –umani- bi-
settrici

la fucina cuoce a fuoco lento


materia grigia e impasti di colore
e contro il soffitto si evolve la cappa
di esalazioni etiliche e fumi rampi-
canti
i trattamenti alcolici e i diluenti

sforna all’incanto quadri


quadrati occhi in arancio

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e chiazze fiorite di rosso

fantasmi imbambolati appiattiti sulle


tele
ospiti di figure in bianco e nero
foto di parole condite da accenti stra-
niti

tappeti speziati
fogli di cartone
resi spessi dai profumi
colorati sottoterra.

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LOL VS/GINGER

ha il muso corrucciato
l'infanta disperata dal capriccio
e occhi bagnati di cane lascivo
incide coi denti
si strappa a lembi la bocca
lol svogliata incrocia la sua mira
assertiva
adorabile e assertiva
da come le punge il sentimento la vescica
e tira e spinge
e dà fondo al gioco dalla secca rotula
al polpaccio
i bicchieri trasudano sul tavolo /
cerca di entrare dai vetri la pioggia
il pavè alla toilette è un cocktail im-
maginario
mentre asciuga i polsi rinfrescati
entrano uomini dai cappelli bagnati
abbozzano sorrisi dalle labbra pronun-
ciate
frivole promesse
ginger limone e cubetti
il timore del ghiaccio
stuzzica, tergiversa all'orlo
la musica in fondo fa da motivo
lol è inchiodata ai calzari di clarissa
gli uomini le prendono sottobraccio
e le portano via _

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L’APPRODO

Io lei
spesso la guardo
per quanto cerchi
di spalancare gli occhi
siamo al buio
non la posso toccare
eppure mi trovo
a itinerare lungo la schiena
a auscultare l´ascella
non lontano dal cuore
dei paesaggi
delle fiabe fantesche
delle storie di paglie
mi affaccio sul ventre
e temo ch´esploda
d´un parto mostruoso
ancheggio sui fianchi
assecondata mi pare
un barlume di dea
mareggia sui flussi
Io / lei / l´approdo.

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SENILITA’

t’ho ravviato –nonno-


con le mie falangi ardite
i bianchi capelli
ora grigi ora crespi
in realtà bianchi e lisci
come i tasti del piano nero
tuo imbelle
-dentro la cassa armonica
tante corde da pizzicare-

e mi appresto alle tue ginocchia


exuperiana al leviatan
come giona nella balena
fantastica e si allena

-prego d’essere inghiottita al più pre-


sto-

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88

la femmina che ho visto oggi bere


beve da un orcio
negra
dalle genuine fattezze mediterranee in
pelle d'ebano intonsa
beve
capo riverso all'indietro
cinta alla stretta vita da un filo di
conchiglie a gnocco bianco smaltato
beve
e generosamente empie
i suoi due orci in pelle
nutre i suoi fianchi a quore
reintegra riserve d'acqua
bisacce in vece di natiche
senegalese mi sento
contornata da statue in vero legno maschio
- les hommes qui pensent-
ma-se-ghe-pensu-alùa-rivedu-ù-màa
tramonto l'africa
il suo sole nero
viaggio in piroga
cerco moby dick e non
l'uomo e il mare di hemingway

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fiori di mandorla
e merli - amara-
neri su petali -rosa-
suona il mio nome -diverso-
suonato dal tuo color becco giallo
goniometro
torni a quaranta
riversi gli occhi -tortora-
al tuo amare gorgheggio un canto
stasera per cena
impaglio fioretti inevasi -ridendo-
(sottintendo fiori di loto
e pose naturali a innesco
precipito in panacea romanza
e tu m'abbracci
ramificata)
devolvo ogni gemma in bacio
e spétalo incurante di sgocciolii brinati
e fiocchi fradici pioppanti
never more/never more/never more
e mi affiglio inoculata corteccia
d'intaglio a due cifre eguali esse
stesse
linfa e resine e corbezzoli mori
steccato e fasciato l'innesto fra i petti
germoglia

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NEW GREEN

"Mi sento inaridita"


disse la pianta al fiume
che lento le scorreva accanto

"Vuoi un po' d'acqua?"


le chiese il fiumiciattolo

"No, grazie,
preferisco pioggere"

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MARY LYNN

come hai messo


le mani fra i capelli
ho visto la cintura linda
sulla pelle bianca
sporgersi
per curare il taglio

un ovale da madonna
il trucco / il mento
appunto:
una voglia di fragola
-incline all'amare-
la piega da ferro dei riccioli
- la smorfia-

il rasoio / il pettine / le dita


l'angolo ottuso dell'inguine
il palmo steso
perso sul fianco
la divisa bianca
e il neo di un sorriso

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ORATIO

performo sulla tua bocca


un bacio che sa di mucca

viscido rumino l'amore nostro


spaesato e spostato nel tempo, illeso

coniugati e dis.giunti amanti


d'alternati respiri alimentato il tor-
pore che segue agl'incastri scomposti

un sonno appoggiato alla spalla


annuso

appropriata

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AMADO MIO

fra patacche di unto


libro le dita
e accarezzo con lo sguardo
il tuo ingobbire lento

quella finta miopia


che tramuta in strabismo
quando rapido avvolgi
la mantella attorno al capo

e l’andatura elastica
che si fa passo strascicato
e la saliva lenta
che cola giù pel mento

un vago risuonar zigano


l’entrata in vigore intende
che un'ora clandestina t’ho concessa
amado mio

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LA CAVIA

è come una tana di topi


-un nido tipo di trucioli e cotone-
il posto dove mi rannicchio

ti aspetto da immemorabile tempo


da quando giravi nel labirinto
senza poi una valevole motivazione

ma solo a consumare le unghie sul tapis


rodendo dentro

beh, hanno aperto le gabbie dall'alto


ma non sei affatto spaesato
mentre balzi sulla ruota dea fortuna
e la sbendi srotolandone la torah.

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BACI SULLE ROVINE DI SASSAI

non mi basta farcirti la bocca di baci


-traduci-
la voglio anche dipinta e pertanto
la macchio di un rosso slabbrato
-sei tu il mio conato-

singhiozzo e ti bevo tutt'in un sorso


a morsi di brace t'abbraccio incapace

e tu sei capiente ma pungoli ancora se


t'amo
mentr'io non so dirti più niente e tac-
cio -assoluta-

sei tiepido e liscio e cauta ti sfioro


capillari e capelli
fiori su candida pelle
la pancia che tira per il verso giusto
e combacia siamese

demente in agguato mi vedo accoppiata


moto scultoreo agreste tra folate di
nevischio e rovine

al castello di sassai m'aspergi di brina


di fresca rugiada odorosa di taglio

sei mia, natura incestuosa

43
GOMORRA

la investe di mille baci sul dorso


dopo il coito la ricopre
di rubini e diamanti
fermo e incantato nell'ultimo suo agìto

è lei che si reca al rifugio


e attraversa l'abside silenziosa e lenta
è lui che la raggiunge alle spalle
rotolando nell'abito gessato

con gestualità dettate dal caso l'ab-


braccia
seppur circondato dai fidi
sgattaiolando verso le cucce

il letto è una rotonda di rose


a lato la vasca grandiosa sbuffa
l'acqua riversa da fauci di leone

champagne che non ama i colori


e non prova la fame
il brivido del sottosuolo
delle guardie a vista
lo sprezzo delle forze armate

Lol è convessa in slavati vestiti sfio-


riti
due bianchi calzini mantiene
che lui le vuole sfilare

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tranne la cinta che la lega al kimono

le fa in su i capelli
la morde sul collo
l'acchiappa mastino
la gira su sè
la bacia di ore

la vasca ha la forma di cuore

a volte suona l'allarme


e lui deve fuggire

45
FRAGOLE

sono fragole che ho sulla punta delle


dita
se vuoi

sono punta di dita senza fragole


sono un’inezia una fantasia una mac-
chietta
un minuscolo sole un fischio di merlo

non ho altri cristi per la testa


ma solo per passione stare al tuo canto
innocua profondermi d’istinto
e darti il becco da farcire a saliva

voglio costruire una zona franca


dove io nica potere incontrare il tuo
nome
senza risonanze d’inopportunità
una leggera legalizzata psicoterapia

P A Z Z A !

eppure sono in armonia con la mia na-


tura
e se avverti le maree in basso signifi-
ca che
un po’ sono luna - nevvero?

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non è maremoto né ritorno di streghe
è pallida espressione di un bacio ap-
passionato
contenuto consentito discreto riservato

è un urlo trattenuto / un gemito si-


lenziato /
di compulsione un giudizioso posticipo
/
una co-promessa premessa /
un’intenzione di striscio /
un’intuizione di struscio / un palpeg-
giamento a mani congiunte

il contrario di una preghiera / un or-


dine sussurrato fra le labbra
me la dài me la dài me la dài la tua
bocca
che già lo sai è tua come io dalle tue
pendici pendo
e azzardo a restare a mezz’asta in re-
sta

ti reggo ti regolo e ti regalo


in cambio di un’anima che m’assalta a
pelle
simile assai alla mia di me
che dentro tanto vanto

per questo po’ / di già t’amo

47
prima ancora ch’io mi invaghisca del te
espresso

public&private allontano a specchio

non voglio farmi tangere dall’idea


dell’ombra
voglio te re nudo su di me srotolato
come svestito hai la mia statuina i-
naugurando
sabato in pagoda un’altra stagione

48
IL MANAGER

ho i globuli bassi
si muovono poco e_
nonostante l'unghia lunga
al freddo m'intirizzisco
cerco un androne diabolicamente caldo
dove accomodare me e le ritenzioni al-
coliche
me la dai questa sensazionale gambata?
non mi paventare distese finlandesi
mettendo avanti le mani a prolunga
tanto atterro lo stesso
topo pisquano dei miei stivali
quanto morbido pensi sia
il mio deretano?
un breve letargo convulso
ho programmato nel corso del
management
uno stage di quattro prevedibili ore
e stai già a procastinare l'inesorabi-
le legge del mio t'umido quore?
legarti coi fili sottili della pancia
e iniettarti il sesto mistero
parola di Q

49
PETIT PRINCE

l'uomo dei sogni è


ancora vivace nei miei
reconditi pensieri
la notte mi viene incontro
mano nella mano
a passeggio mi bacia
svolgendo nella bocca
timido tutta la lingua a pene
risucchiami l'anima angelo mio
ribalta me
marionetta adagiata e concupiscente
i miei alari
il tuo ludibrio
coccole riccioli
e lune di seta blu
fiancheggia le mie costole
spugna con saliva le mie pareti
guarda le mie radici sfogliate
mentre m'assaggi
ho abrasioni e ustioni
a cerchietto su tutti i petali
ho un cuore afficato
e una fica d'oro lustra
a bottoni
oggi pomeriggio il sonno mi lecca
le palpebre con insistenza

50
cui cerco di oppormi assai blandamente
in tutta verità avrei voglia di
subire qualche agguato
da vittima ti concedo pochi metri
al massimo fino al sedile di un'auto
poi faccio il boa
e t'inglobò
mon petit prince

51
FLIGHT

nel tabernacolo delle pie lacrime


ostie di viso si recano a piangere

gli occhi rivolti su al cielo


paesi che brillano stelle
torbide terre si mischiano all'acque
che nere richiamano fosse

a fianco nessuno si turba


nè nota un singulto o un capriccio
infatti si scorgono abissi
nel minimo spazio al bracciolo

52
ARITZO

dal punto di vista di una quercia


al meriggio le ombre son frattaglie

alla luce della luna arabeschi


proiettati su pareti di camino
sotto lo sguardo severo e compiaciuto
di antenati ridolini

53
MONTE ACUTO

E’ un prato
un prato piatto
una distesa di terra a fazzoletti

un breve accampamento
di tovaglie annodate ai rami
di ombrelli a colori conficcati

attorno_ monti mozzi


asini zingari e cavalli

manca il fiato

e tu appari _

54
LAWRENCE PORTRAIT

pecore sparse su un prato verde sbia-


dito
sbadate brucano fili antichi intrec-
ciati a tappeto

donne silenti a guardia di vecchi te-


lai
ordiscono trame tremende

il sole abbassando fa lunghe le ombre


e rotelle di paglia si affrettano al
covo

tracce di lapis chiudende incorniciano


i luoghi_

55
LA STRADA DI OSSI

faccio la strada degli ossi tamarì


per venire su da te

tornanti nella gola secca


sprofondati tra seni frondeggianti

grondano di gocce tropicali


di tiepidume alare

è una promessa d’amore mamma


una mammifera prodessa

ventriloqua_ ripeto versi


e canto l’amore

sotto l’insegna prossima


delle domeniche d’avvento

festa gioia palle


regalini pendenti

ai lobi tuoi
drammaturghi

56
NON FARTI IMPRESTARE LA VOCE

voce che quando suona dentro


ha la perfezione dei toni
dove l’accento si pone per magia
e l’esclamazione incanta e sospende
tutta disinibita e sciolta
al buio

voce che quando la metti sul tavolo


diventa stridio che si dà alla luce im-
pietosa
io che non muove neanche il labiale
io cingolato e tarpato a strappi
su di un tovagliato di tela grezzo
rossa

non farti imprestare la voce


lavora la gola

incidi una grassa chiave di violino


fra i righi del sentimento
il ritmo è nel tempo che intercorre
fra gli spazi
nell’assenza composta fra due note
nell’incoerenza fra due parole uguali

non farti imprestare la voce


lavora il miocardio

57
diluisci la densità del sangue tra il
cervello
e il petto in tachicardia sul centrosi-
nistra-
una boule di rosso tipo scansano

del proprio orchestrare che ognuno


fosse direttore
e che andasse a interagire con le vi-
brazioni e le corde
che più gli son proprie

ho la percezione della perfezione


-metti cinti-
non farti imprestare la voce
lavora la gola

58
L'IKEBANA

la trasformazione di una sigla


in ideogramma presuppone uno
sradicamento dalla propria terra
e lo sposalizio con altra coltura

le gambe in gambi
la testa in punto pieno
l'insieme raccolto in un tondo
fecondato da un germe di soia

un fascio più che un mazzo

non di clorofilla
ma di secchezza
di essenze
di pensieri svaporati
di fragili reti
colori severi
e bianche malie

proporzioni ortottiche
e raggi di luce inclinati
alternati respiri
in composizione lenta

lenta remissiva passione.

59
NOTTURNO DI VEGLIA AI CORPI

*_*

60
GAVOI

è il paese delle ortensie


che mi cuce i petali
sulla gonna

sono i capelli di ortensia


che mi sorridono
le bocche e gli occhiali di leone
le liane sotterranee di palermo
i nidi di ragno delle storie
elette

le pergamene e i fiati
le corde che legano i fili di juta

_dea madre poppea


la gioia del sole sui tacchi
d'ogliastra

le ninfe barbaricine
si bagnano

a gavoi

61
L’APPESO

l'appeso ha la faccia del cherubino


due ali presumibilmente finte
e un sorriso dolcificante

raggiunge la parete
con un destro colpo di reni
dove si placca con le ventose

sfreccia sguardi laterali e piatti


scocca un dardo sulla cima
e amorevole s'inerpica
molleggiando i casti boccoli

Ë caduto cento volte


-le ali sono finte ma-
dea fortuna non l'abbandona
pende dalle sue labbra a mandorla

si riposa coi piedi aggrappati


ritirandosi in un abbraccio nero
socchiude le palpebre e ascolta
il cuore a basso regime ronfare

62
8

temo che sia troppo tardi


quando ti bevo
che non calzi più agli occhi tuoi
-poi-
l’immagine di me su di te
frammento
mi giri la testa su un lato
discreto
non torci un capello
e servi il tuo pasto
poso il capo nell’iliaco alveo
e resto senza dormire
senza posa d’attesa
respiro la pelle di te
che si lascia adagiare
Ti bevo_
tu non mi bevi perché
non vuoi piegare la parte di te che mi
attrae
-la schiena-
(questo a me parere peccato
più che peccare di
qualchecosa)
fontane alle quali ti appresti
con la bottiglia vuota

63
potresti spillare da me
tramite i vari fori
appositamente previsti
Non t’abbeveri_
eppure di me hai fatto anfratto
depositando un fioretto
tolta la schermatura
non sarà che hai un filo di dietro
agganciato per l’ombelico?
e poi -togliendo quello- che conse-
guenze ne avrete?
cadrà il sedere?
temi la scomposizione
-le vertebre-
la verticalità dell’equilibrio a perde-
re
la labirintite
ti ho chiesto un filo da legare al mio
polso
potrebbe servire da garanzia
temo che sia troppo tardi
quando ti bevo

64
AFFITTASI QUORE PER SCAMPAGNATE SEN-
TIMENTALI ALL’OMBRA DI UN QUALSIASI
PINO MARITTIMO

darsi farsi spazi incondizionati


giardini dove coltivare bocciuoli di
rose rose
disegnare un montone per mangiarne le
spine ine
estirpare i baobab prima che le sue
radici frantumino il
piccolo pianeta-terreno
prepararsi all’Amore
mordersi e inumidire le labbra
pizzicarsi le natiche
esordire con un piccolo fiore carnivo-
ro e
custodire sottopancia il baratro di li-
bidine dove
far riposare il guerriero stanco e
dargli nuova vita
una gravida.nza-
attendere i primi fievoli battiti -
ancora-
attendersi che il ritmo attecchisca in
crescendo
fox trot / galop
al traguardo sfrenato in derapata
di cuore polposo
farsi poi cogliere in flagranza di reato

65
colposi e dormienti
teneramente abbracciati
ristorati e ristoratori

66
LATTE LA NOTTE

e tu che mi chiedi
come diavolo apro
la busta del latte la notte
non so, come mi è sempre venuto di fare
fin troppo razionale apertura totale
da angolo a lato fino alla fine
dal cono del primo gesto
articolato
cascami dentro con un tuffo esemplare
carpiato
sorbisci il bianco e
se non vuoi affogare
bebi
leggi:
assicurati un filo attaccato al bec-
cuccio
in caso di ritirata
- è un consiglio di sicurezza dato dal
fondo -

poi ci si prende a voci


nel buio del tuo confezionare

67
IL GEOMETRA

quel modo che hai


di inclinare la testa d’un lato
come a variare la prospettiva
intersecando fra loro
piani / coni / fasci di luce
ruotando me
le rotondità
lo spigolo del naso
le braccia / il collo / i lobi
mi decomponi in frammenti perché
forse
mi vuoi ri.posare
secondo la tua
determinazione
ti vuoi appropriare
seguendo un intimo catastale
delle particole
delle porzioni
ecco perché mi misuri a mezz’asta a di-
stanza
prendendo col pollice le
ti avvicini
ti accosti
mi porgi un ginocchio
cui io vado incontro col mio

allunghi un braccio sul tavolino

68
fra le tazzine
e con le ditine
mi sei più accanto
ma io sbilancio
indietreggio la schiena
lascio l’aria colmare quel vuoto
poi torno a portare
le labbra al caffè
e tu
dopo un esito sbirci
presbite
mi domando la bocca le mani
le mani
la pelle
gli angoli ottusi ottusi la pelle
contiguità
l’orizzonte ottico dal mio balcone
i monumenti / castello / le case
voglio comprare un binocolo cinese
o meglio polacco
poi scendere in strada
prendere il perimetro dell’isolato
e fare
topografia di questa città
non tua/non mia
un bacio di superficie
x e y sono assi da sfiorare
lungo le ascisse del tempo

69
–dieci minuti-
la punta del mento
l’angolo della mascella
un petalo d’orecchio fra le dita
il cilindro del collo
compassi
il tempo è scaduto
ti cade lo sguardo sulla mia mano
sulle mie dita impegnate
proprio lì lo punti in
corrispondenza della
mia fica centrale

70
FMR

michele al taMatete ti apre il cuore di


bologna
come un guitto dall'affresco sulle vol-
te dell'alcova
giù per gli angoli di rose dalle la-
crime commosse
ti conduce fra la Callas e Medea con
Pasolini
fra i sensi del percorso e il barocco
bolognino
i cristalli teatrali e piroette balle-
rine
di dante le commedie e gli inferni cle-
ricali
i pater noster in babele recitati dal
conclave

e l'ufficio di milena insegna l'ora

magistrale monumento di beltà

71
16

E’ la posizione della bocca all’ingiù


che vorrei sollevare agli angoli
con una leggera pressione in punta di
pollici
diretta verso il fuso della nuca
e un alito di scirocco sui lobi così,
come quando sorridi per una fotografia
apparentemente dormi in maschera
stoica
è che come fessuri le palpebre
e incroci la luce al mattino è
un abbaino gaio a farti cucù
e inonda quel liquido raggio di felicità
che è il mio sorriso
se tu vedessi il mutare delle righe
delle rughe

per ogni mia mossa

a riconoscere avresti il volto di un
uomo in amore
e scacciata la macchia di un’ombra che
fugge
è il suono vigoroso di campane in festa

che inonda i rettangoli nelle piazze
del popolo
è un uscio in chiusura a due battenti 

che riapre per te e per me 


72
su gentile concessione di preti indaffarati
è lo spolvero dei chicchi di riso

frantumati dal calpestìo dei giorni scorsi

e i nostri passi vigorosi e accelerati
scandiscono il ritmo dei frastuoni
gioiosi
come di pasque dopo la passione


è come lo scorrere profondo dei fiumi
che stringono ai fianchi
e l’innalzarsi dei ponti travertini

e delle facciate senza pudore

che si imbattono presentandosi irriverenti

coreografie squadrate e labirinti di selcia-
ti 

che come una ragnatela simpatica
riportano al centro 
 sbavandoci a-
sciutti tutto attorno
non una mano nella mano
non un bacio romantico e appassionato
non un violino straziato
a incorniciare questo amore:
solo quando cala la notte 
 e il ding-
dong si ritira vespertino

le spoglie del giorno scivolano
nell’oblio a pavimento

e noi si sale sulla culla del mare
pochi i motti tra i flutti


73
nel respirare arcano delle onde



è allora che gli arti si svestono dei
fili da marcia

le bocche riposano
e lasciano cantare le membra scomposte

in caotica armonia
si apre la danza dei ventri e dei bacini
dei piedi e delle mani
le teste si insinuano sotto alle ascelle
si scende nel buio dei polmoni

si affluisce nel sanguigno
si riaffiora negli sguardi

si esala dalle labbra

si tappa con i baci

si stura con i nomi ripetuti a lunghi
intervalli di apnea


è l’amore

74
LADY MADONNA

cristo – ti lavo i piedi


sotto la frangia / gli occhi in cascata
sotto braccia ascisse / gambe ordinate
orbite iniettate di rosso inciampato

afona premo il palmo


lungo la sindone bisunta

75
D’AMORE OSSESSO

tu lo sai sì
che non sei capace d’amore
se il tuo desiderio maggiore
è quello dell’incatenare

è una derivazione ossessiva


dalla certezza netta
del non essere stato
amato mai

ma come farai a lasciarti amare


se dell’amore hai spavento

se pensi l’amore di donna


sia uno specchio del tuo - uomo

non è l’amore lombrico


l’amore è terra
che si fa attraversare
dalla punta della bocca all’orlo

dell’ano

nessun dolore nelle aperture


le infiammazioni son rodimenti

di culo.

76
32

l'andare via lento


del treno che a beffa
nasconde il vesuvio
mi straccia la pancia a lacci
e annoda le corde di voci sotto cute

ho le radici a pendolo
e spenzolo sotto la coltre
delle nubi a novembre

77
RENI, GUIDO

basta un colpo di reni


e spicco il volo
per fuggire all'oppressione
dei vicoli chiusi

una verticale a tre piani


parallela alle facciate
-è così semplice il distacco-
e poi a lente bracciate
salgo a quota più o meno costante

osservo solo senza giudizio


un fantastico balzo in assenza
a vedere quegli altri
con gli occhi ammirati
e le labbra stupite

il labirinto gli incroci


le vie senza uscita e i taxi costosi
sali e tabacchi le cinecittà
all'occhio son solo circuiti

si inserisce assopito
il pilota automatico
e dormo un istante
-il tempo di un colpo di sonno-
e le palpebre disubbidienti
mi sento cucite

78
ho troppo presunto
e dio mi punisce

al mattino faccio sempre fatica


a prendere il volo

79
LE BAMBOLE DI CARTA

le bambole di carta
si fanno nodi al dito
s’intridono di lemmi
sospirano d’arare

le chiome sono nidi


di paglia fra cespugli
di lauro e ceppi d’uva

liturgiche

letargiche

lisergiche

danzano
valzer messicani
milonghe di saline

e niente è più_

80
QUELLO SPETTACOLO DEI NASODOBLE

Avanti a tutto la voce di Alessandro


Carta
La voce di Carta è vera voce di carta
discinta
strumento placenta _fatto di plasma
alcolico e stupefacente
è voce di mente
ruggito soffio giacula spira fiato pan
albero aspersore di schizzi di gocce
d’umori
untore a cuncordia di suoni atavici
fallici e germani

Lo spettacolo dei Nasodoble segue una


traccia
Come un’ombra che macchia il vetro e lo
fa spesso
E torna ogni volta a lasciare impronte
sulla fronte
Sporcherie di carbone sul grugno e una
camminata
Arcadica balorda e zampettante
Pregna di sessuale e saffico bodale

Carletto Sezzi carico di percussioni


oltre il petto
mamuthona reggendo il peso che grava
sulle spalle a ogni passo

81
esplode dal terreno per cause connatu-
rate al sottosuolo
e la mimica del capro è la sua faccia
che s’aliena a rintoccare i piatti

Geco trasformista alle tastiere Simone


Sassu
applica i membretti articolati in fa-
langi e spande atmosfere
concerta echi di pigiature con trilli
di terrore e muggiti vaccini
inietta e infetta armonico e contami-
natore
addobbato in mantiglia _classico

Visto di profilo in controluna sul


ponte
Alessandro Zolo è un essere lupo
_sconcertante
Perno fulcro crocevia tessitore etnico
bradipo
Custode di indolente poEtica nel ventre
Dal suo strumento basso e divino suona
AmorAle

Giocano genuine le corde di Andrea


Fanciulli
Mitico alcione alle chitarre
Tuffi dalle falesie in tempesta a Capo
Caccia

82
Con tocchi elettrici esalano vapori
d’oltremare
volate d’assolo pindariche
e immersioni nelle valli dell’oblivione
e ritorno _al nido sullo scoglio

Un abbozzo I contorni di un violino


Una bozza la materia prima di Peppino
Anfossi esce silenzioso da un fumetto
fra il capo e le code estrae l’archetto
strofinando all’incanto il suo stru-
mento
fa comparire a voci lo spirito del bel
lamento

Lo spettacolo dei Nasodoble è una di-


scesa nei vicoli di Bosa
Sfrenata e ubriaca malvagìa di bambole
bambocci e puppe di legno
carnevale di carni e di succhi
d’attitti e d’inganni
satiri per il tragitto di una suonata
-ballando non Temo-
finchè non giunge il bianco mascherato
della luce
a condonare i reati della notte.

83
21

Non mi impegno
per fare il verso al verso

e per rifare il verso


non mi ingegno

mi adopero per dare


un verso al senso
per dare luce
a un senso inverso

diversi sensi intensi

mi riservo
mi riserbo
mi riverso

con occhio basso


leggo le stelle
miro
e capovolgo l'universo

il punto di vista
di un granello di sabbia
a perdere

84
MOLINEDDU

è una boscaglia fagolosa


il posto dove puoi trovare i nasi
d'estate
la notte

compaiono alla spicciolata


fra i pruni carichi
e i massi di granito ingabbiati nel
tondino
fra gli alberi del pane
e le pelli di capra affacciate
da un acquario di cristallo addormen-
tato
nell'attesa dei baci di stelle candenti
la notte di san lorenzo

parlano i grilli
luccicano i trilli
calze di lana appese
e lampadari fra i rami
frutti di pura fantasia
ripresi o rappresi nei colori

poesia tra le foglie degli archi in-


trecciati
musica il vento rapito dal ruscello
gallerie in verzura e un ponticello
di legno -sai - è per le galline

85
menhir di ginepro alle spalle
il tramonto è arrivato al fondo valle
gradinate di travi miste a sassi
e raggi di granito a pavimento

questo è lo spettacoloso centro


sotto al chiaro di una mezza luna

è buio
e una tartaruga avanza mesta
silenziosa
iniziando pertanto il suo lamento
sottile e sommesso_

86
DEUX ARABESQUES

c'è una terra


verso la quale mi spingo
per attingere idrofoba e verde
alle lussureggianti liane
abbarbicata
fra i crepacci rocciosi
rintanata la memoria mi assale
imbragata dai lacci in silenzio
il nulla mi assolve
attendo l'ora del buio
il fermo biologico delle carni
per risalire sui tronchi a pelle
strusciando sugli occhi dei rami cedu-
ti / increduli al risorgimento

uno spiraglio di luna sorveglia


le zampe dalle dita lunghe
le evoluzioni della scimmia pagana
che musica in arabeschi chiama

ripete le note funeste del piano


agreste le pesta rincorrendo quel suono
quel suono arrabbiato e virtuoso
e le cascate e le scale
fin su a quel respiro che teme di fare
e la bocca che ringhia nel muso serrato

87
e la vita stretta nei fianchi dolenti
arranca

88
GROTT’ART

parla ed ha voce di donna maschiata


presenta una fonte squarciata
grottesca umida e secca
impolverata laddove bagnata non è

finta la rosa
e vera la foto antiquée

nei corti fori illeggibili


biglietti arrotolati fan mostra di sé

un albero voluttivo
carrubo e spaccato
ha gemme di vetro
finte di blu

una morte bagnata di se

uh, la seduta è davvero invitante


religione e autodafé

la grotta piscia d'acqua commossa

l'opera parla da sè_

89
90
SAGA PARADOX

Parte 2

A Amarita

91
92
1.

Femmine elettre voglio impalmare


e non schiave d'amore
per questo t'amo a singhiozzo
quando tu squittendo singhiozzi
e non quando guaisci -con licenza par-
lando-
addomesticata
quando dismetti il grembiule di mae-
strina
e gli occhiali finti dimentichi sotto
la panca
ammirarti mentre soffri
oh divina!
coi nervi scoperti
nuda come nessuno ti vede mai
se spogliandoti dagli agghindi
di te rimane solo pelle lustrata a fe-
sta
neanche brilla mi piaci
mi piaci spennata spiumata e stanca
mi piaci a ferro e fuoco
di.battuta in procinto di divenire
fiamma
ma poi ti spegni -punta nel secchio-
stemperata e sfebbrata non brilli più

93
fra le mie stelle
e torna in pollaio a brucare ovaiola
la gallina che s'offre.
a m'a r'cord_

94
2.

mai vista un'oca così puhritana


se non un'oca come l'adelina
tant'oca da un lato
e dall'altro tanto gallina
fai la civetta e dopo ti metti
una mano sugli occhi e poi tendi l'o-
recchi
poi una sulla tetta e copri lo scollo
non ci metto il dito, non te lo smollo!
pio pio pio
fai il verso e beccheggi
alluni su sferiche tonde
e tiri pallette
ricordi ?
hai a che fare con la covatora
e vieni a ridire che son perversa
ma non sei tu la casta oliva
sei snocciolata nell'intimo e pornodiva
santerellina
piccola ria
non metterti a fare tappezzeria
parole parole parole ad arazzo
son convinta
non servono
mi sa che t'ammazzo.

95
3.

fagolosa papera bionica


che scodelli wonder-uova
le tue invettive non stagnano
servono per galleggiare
quando si va di liscio
nell'apatica pozza
è un lusso snobbare i galletti
che vogliono ergersi a re del pollame
che solo le lingue d'oca
si possono permettere di fare
qua qua e qua
vò dunque di taglio di piatto e di fon-
da
la lama trincia i miopi polli
facciamoci un occhio di bue
per la prima ripresa un piccolo rogo
spiumante
che sentano odor di bruciato e
mettiamolo poi a libro giornale

LE PAPERE SI DISFANNO DEI POLLI

in attesa di
tornare a spollinare in primavera

e poi, come al solito

96
io di qua
tu di là
in attesa di diapason
nessun_

97
4.

Holà hermana querida


Oca Germana
mai ti zittisci?
-tanto poi facciamo pace-
vuoi forse darmi a intendere che hai
il coňo gelato?
-devo star bene attenta
c’è ancora molta pruderie fra ‘l pub-
blico-

Ho la presunzione
-di questo devo rendere atto-
in due parole di inquadrare le persone
e vò a stenografare biografie

imbastisco un discorso e lascio andare:


lorsignor mi espongono in bella mostra
tutti i frutti
e appunto di tanto in tanto un nodo
per poi creare l’occasione su un profi-
lo

-in quest’istante ho un g’orgoglio in-


testino-

fammiTi seguire da vicino –dico-


senza tema di b’analizzare
i miei punti sono radi dal diritto
fitti fitti sotto sotto

98
mi meretrisco per un’industria tessile
d’alto bordo
cucitrice dietro alle quinte di un a-
vanspettacolo
cui gli snob avranno presto
l’intuizione per l’accesso

si andava con la vecchia ricca zia


all’orfanatrofio di rapallo
-vedete le bambine che non hanno mam-
ma-
e mi ponevo, sorella fortunata,
a giocar con le gonnelle in divisa kilt
scozzese

memoria non tiene fede alle scorriban-


de attese
e come il gioco degli scacchi è riser-
vato ai maschi
e l’intellettualità al sesso femminile
pavento il giorno in cui
i froci vinceranno la partita
e il terrore eterogenito si spanderà
nella platea

tutto questo te lo dico rammendando


con un mozart adagio divertimento
K287 edizione Von Karajan

99
5.

ah ma allora è saffoluna che vuoi carìta


lesbicare con l’altra tua metà
frigida
mica tanto ardire dimostri
a fartela con te stessa
-alluni sulla tua ombra-
io sono un pochito vaqueira, indeed
non mi temi perché indosso le galosce
-non mi vesto da puttana-
e giochi al sole
gioconda
gioconda e frigida dunque
monti sul tuo razzo e lazzi
bella faccia che mostri
mostra
mentre io mi allaccio al palo e
ululo (in sordina c’è una tromba)
calaMiTi J non era che una macchietta
se messa a paragone col mio lazo
orsù, tesora
facciamo fiesta
-liberate i tori in ovulazione per le
strade-
e voi –mi raccomando-
state accorti dietro alle trans N

100
6.

la rava e la fava -tesora-


i nostri avanzi ho nel piatto
pasta integerrima e zucchine a qua-
dretti

scaglie di quore a carpaccio


crepe sulla mia faccia
-la maschera per la pelle-

oggi tu come ti acconci?

io una banana in testa


e vesto di nero
-così risalta-

tu furoreggi in fuxia
calzata a strisce
-nè bianco nè nero-

alternanza di colori
neve mista a bacche
cade di fuori

abbello passo certo


arrivasti -treccina-
nella calda dimora
confusa tra baffi diamanti
io con un'unghia fra i denti

101
(ex equo la venderemo)

la rava e la fava -tesora-


è quel che ci contano ancora
spicchi che mancano al mondo
per farne un'arancia
meccanica per la nostra pancia

embe'
a starli a guardare fan rabbia
nei loro occhi monti di sabbia
onde sfracellano sul magro costato
sono i morbidi seni che hanno ammalia-
to

102
7.

(ancora più naive sorella forbice)


ho voglia di mondo croccante
di bacche miste piccanti
carne al sangue e acque di ruscello
_e ringhio
non addomesticabile, capisci?
ballo con la febbre nella panza
mi ritiro in letargo
esco per la stagione degli amori
-faccio provviste per l'inverno-
folleggio, mi ubriaco e torno a dormire
sulle paglie ricce
e mi sogno di esserTi importante
e poi
e poi ti scordo nel covone in mezzo a-
gli altri
qual'eri? il montanaro il frate la fat-
tucchiera il mitomane
l'amico indigesto il filosofo i l prete?
no, il pittore lo scrittore il trombet-
tista? o suonavi il
piano o l'armonica a bocca, forse?
cos'altro può essermi rimasto impresso?
la forma del mazzo?

103
il profumo dei pori?
la marca dei biscotti, o forse l'aniset-
ta? il profumo dei
lobi, il pelo muschiato?
sono una donna di picasso
adatta a venir dipinta
sulla pancia di un baso da flores.
saltasti ostacoli senz'asta
ogni traguardo un'inchiodata
vorrà pur dir qualcosa
quel senso d'inadeguatezza al gran finale
non se ne fa niente della conta degli
esami
e delle facoltà - la vita senza sforbi-
ciata
borioso, sei una mezza tacca:
hai imparato a scrivere e a scopare
che altro, ora, ti resta da fare?
senza gusto e senza olfatto
e nemmanco un po' di tatto
cercati una femmina di pari dimensione
fica larga e gamba corta
col cervello che arzigogoli interno
alla bella scatolina e non ne sappia
fuori-uscire
e ora, ecco il medaglione.

104
8.

naive e gioco d'azzardo col q

anche l'occhio vuole la sua parte -


baby-
te, che te ne pare?
ho un velo bianco sul capo
e un viso da uomo cattivo di mente
un congregato
t'arrizza le penne oca badessa?
getto uno sguardo di misericordia:
la gran messa fu funerale
-fu onesta vicenda-
(lei lo raggiunse nel cielo, tempo dopo)
lui era un uomo che amava la madonna
lei era una donna che amava gesù
uh, che sposi!
sarà lo stesso di noi
gallette da combattimento?
te lo chiedo con ancora il velo sul capo
(non paurare, siamo entrati nel carnevale)
eucarestia del buon senso
l'arte del perdono delle aspettative
mancate
ella more, mia concubina di lingua e di
fatto,
mio diletto!

105
perdona me stessa
io continuo a peccare con orgoglio
cinque misteri mi hanno sciorinato
lungo le ave maria
ma del sesto mistero neanche l'ombra
per la miseria della candelora
che almeno si accenda un cero!
uno per uno me li sono sgranati
tutti in fila i miei piccoli omini
e il mistero torna sempre a me
da sciogliere
piccole rose di legno scolpito appallottolo
mentre tu m'additi: maritati!
tanto suocera mi sei?
neanche un orango mi terrebbe a bada
qual razza d'animale dovrei cercare
se non un uccello di fuoco
mio ardimento!
e lasciami meretrire
lo faccio con non-chalance
o trovami una lingua che usuri la
pancia
fino a raggiungere la fica centrale
mentre tu fischi in sordina quel coso
e io cazzeggio infischiandomene d'uno
sposo per bene
come-on baby
lay my fighter

106
9.

tutto ciò è surreale

E come mi piace trovare –bislacca-


il nome tuo bono alternativa del mio
opposto e contrario
apposta contrario
come quello di tinta avversaria
Respingente
teniamo in mano la stessa stoffa
tu la cuci a tailleur
io la cucio a saio
tu ti pungi protetta da ditali
io non ti pungi più – m’impunto.
E’ l’amore a voler essere confezionato
entra le parti nel ruolo di sarte
e tenta costrizioni alla snaturalità di
me
ma non alla tua snaturatezza
lasciamela cardare
e le tessere comporre a mio dominio
stato dell’arte always in progress
spola vagante da non mantenere
filosophia sposa impalmata
io volli a contraltare

107
Invero tu suggi a parole
che del tatto purtroppo non son pal-
liativo
né lenitivo dei miei diti rotti
non è ditale né fallo falso
ad arrestare le fuoriuscite
a contenere le esuberanze
spastiche
impotenti e disabili alle necessità ci
siamo entrambe
senza mai intrecciare le nostre gambe
ho un cuore grande, lo vedi, che tal-
volta vorrei costretto
come un uovo di quaglia
piccino da far rotolare fra grani di
calda sabbia
e tu lo imperlineresti di rosa
io lo squaglierei al sole
cosa che ci divarica è la rabbia
ma non ci apre l’una dentro all’altra.

108
10.

Canto d’amore mio congiunto


Amore indaffarato in un casca-pianto
Arraffi banane al volo
Mani in resta ricoperte da bucce di
carni pendenti
Come guanti
Guardo un’Anima bucata da spighe fora-
sacco

Dolcino amorino tesoro


Raccolgo te in un abbraccio tiepido
Sul costato sfrigolio di cuore di brace
Amore mio tenero
incapace

vederti spellare le mani applaudendo


ai miei fianchi
vedere la pelle tua ritirarsi fino al-
la base
lasciandoti lustro e privo di scorza
a.a.a. a tendere un bacio a gocce di sa-
liva in modalità

espansa

gioia immaginarti godere di me


e domani dimenticarti
finto d’amore di cuore di ore

109
di cosa hai bisogno se non dei miei
sensi?

Vieni sorella accanto al mio fianco


Le tue chiome alle mie frammiste
Intrecceremo
Trame di vendetta servita su un piatto
di ghiaccio

Come ostriche o chele aragosta.

110
11.

ti ho detto che fra un po’ mi rapo a ze-


ro
e tingerò la crescita in un bel color
turchino?
addio mie lunghe chiome, addio
addio bionde chiome lunghe
addio lunghe more chiome!
non lancerò più trecce
per farti abbarbicare
dovrai tanto saltare
salltar su piedi a molla
per elevarti in cima
in cima su la torta
indossare lo sparato
e correre a venire
fin su la mia faccia
fin su la mia bocca
per un solo bacio
di non-amore
allora saremo pari
ex equo la vedremo
chi più ce l’ha d’acciaio
con l’anello al naso
o la marca sull’orecchio
un toro o una mucca
dipende cosa guardi
non sono fatti solo

111
di ciucce e contropalle
ma di panna ben montata
montata dentro a lungo
come la natura
per tradizione crea
siamo salt_in_banchi
e ci sollazziamo
alla faccia di quegli altri
che scandalizzeremo
due sono le bambole
a fare il teatrino
gonfiabili e sgonfiabili
sbuffanti e insofferenti
pompanti e innamorate
una, fischia -svuotandosi dell’aria
l’altra, canta -empiendosi le nari
questo è il contrappasso
a suon di controcanto
quando vien dal basso
la gana de vivir
tu prendimi le braccia
e morsicami il cuore
fammi sgorgare a fiotti
il triste canto dell’amore.

112
AQUA E FOCO
Parte 3

113
114
LESSICO FAMIGLIARE

Voja de ti
Chela mi prinda ye no melassa
Ne noci - nichte dia paralel
Giò suffra
Etàtendo mi paradì

Sta culando slavinia


Lacrymandi me façon
Cupola nom’entriga sin tigo

T’effe minata, te paseo atricia utera


Matissa y terrei combacia andera
(ma multa, multa en copa)
Multa magnassa b’aria surglissa
Beni de mi yo tecoja embrassa
At’strinzi e stag’ben
(ben ben diaber)

Trasaliscu selling afrasir


(mammori mammori mammori
lappimillì lappimillì
-etnafricanding cassio-)

Tribut’urbino clap clap


Saint Mary Secours (chapel Intel)
I spost’andero florentia
Veneranti sbocciuoli mersì
Comitiva sbellicazia hock
(musica meda cheval ansant bokù)

115
E chi partièn?

Ti no tzera micon,
sola m’allissìa en lech
frida e giaculanda
ciurlabbi underground in dreams tru

Wherelasti, putëina? Wherelasti?

Mella/gemma/soro
ciaurusa tuja lastimasti con omo
pittalonga spakoine noci?

Kalì, kalì, kalì


Spera managa piovrandi
Nicta octopussy will be

Sazi’ki a mmi
-Pueseja-
e conturbabimus illa!

116
LA RUSSA

la russa è bionda
e ha la faccia un po' di legno

slabbrata nel passo


scavalca le aiuole
e scansa i palazzi

tracima col seno


e s'impianta al portone
sul vetro il riflesso

è di samarcanda

la cabina si chiude
e mi stringo in un canto

lei preme il pulsante


ricorda il mio piano
divarica i passi
e posa la spesa

mi arrendo alle spalle suntuose


sbandiero un timido accenno

ha un uomo di perle sul petto


e rimbalza come un cretino

tra le mani il pendaglio dilegua


_mi trasformo in icona

117
AAA CERCASI

ti ho incubato mon amour


ti ho scodellato in un paniere
e in cambio ricevetti
battibecchi sul sedere

gracidasti poi il tuo volere di volare


e ora sono io a fare pio pio
e piagnis_tei

118
LA GIOVINEZZA

se tu mi passi innanzi
con quelle belle bocce tonde
dimmi, che ne posso fare?

e se mi guardi
e con fessure brillanti e birichine
m'inviti al nascondino

da che parte debbo stare?

devo darti una lezione


devo darti un bel esempio
o rincorrerti nel prato

occhieggiato da farfalle?

119
THE RING

il recinto sono pareti che al buio non


vedi
e dal buio è bendata la vista

è il movimento dell'aria che rivela


l'approssimarsi mite della minaccia

il primo impercettibile contatto


la presenza che affanna le nari
e offusca occhio e fronte
_la parte di sopra

le gambe / i piedi / insieme


compiono cerchi irregolari
cercano / mimano danza

ti vorrei toccare

un urto di gomiti
il primo fremito

si torna nel buio al sicuro


_circolare

su per i calzari si arrampica cosa


alle ginocchia / ai lombi
il baricentro dondola

circospetto si porge il fianco

120
sconfina altrove

dove sei

la risposta è un lamento sfuggito


un lembo di affanno
muggito fra il naso e la gola
rimbalzato dal petto

il digrignare dei denti


_scomposti
e il mulinare della lingua

Annunciazione.

121
LA BOXEUSE

moi, je l'adore la boxeuse


quando mi viene incontro
con le braccia chiuse e la poitrine
riparata dall'avambraccio

i seni a ventosa
ha la boxeuse
il ventre convesso
e l'addome respingente

arretra con sguardi


prossimi all'attacco
i guanti in guardia
a pendolo lancia fessure

fendenti attraverso cui entrare


tento l'approssimazione

122
36

oggi sei afasica

appiccico le labbra sulle tue labbra


per sigillarne i contenuti
INRIverente balocco di braccia
e bave sul petto
sciolto in saliva sull'addome
spendolo
flaccido ombelico di pallida mezzosan-
gue apatica

capovolgo i pensieri in natiche paffu-


te, prono

tuo Vladimir

123
MATER DEI

Ti ho riconosciuta
come hanno brillato gli occhi
chiari e trepidi
appena apparsa al tuo cospetto

venivo dal riverbero del mare


e tu dal trono immobile
indicavi tutte le stelle

la corsa delle pupille


il sussulto delle ciglia
accoglievano il passo
supplici

luce dei tuoi capelli


seno del tuo seno
in ginocchio ho preso la mano
e accarezzato i nodi
accostato la guancia
ascoltato i silenzi

il tocco delle mani sulle spalle


arrampicarsi sul collo le dita
per carezzare il viso
e i polsi farsi a coppa
per respirare il tuo profumo
dolce e intenso di fiore

124
hai un aspetto inglese -mammana-
o forse americano
-danzavi sul titanic
la prima volta che ti ho incontrata-
ne hai i lustrini ancora
come una fata dal petto morbido
e le braccia che fermano il tempo
in un arcobaleno candente per i miei
occhi
giochi artificiali di fuochi e lapilli

il drusciare della pelle


sotto ai baci minuti
non ha suono alcuno
se non labbra che si schiudono brevi
in un percorso senza ostacoli

su per il gomito
l'attacco del seno
i promontori dei fianchi
il cuscino del ventre
le snelle cosce e i piedi
scalzati

mi rattrappisco sulla nuca


per svolgermi planando
vertebra su vertebra fra le scapole
e al coccige m'impianto

e ti adoro_

125
14/2

push-up & perizoma sono /


per imbrigliarsi_ femmine

espongono e sovra-spingono
e mettono in gabella
mercanzie da pluriuso

innalzano le vette
invitano alle fosse
allo strizzar guanciali
al battimani avulso

san valentino è alla porta

affrettatevi coppiette
e lasciatevi svettare_

126
L’ASINA

E' una corolla di labbra


la fattura della sua bocca
e i baci che ruba
un ladrocinio assistito:

sequestra l'anima a pezze


disseminando vuoti
a rendere tra i pori

è una piccola ladra


dorata e furtiva
una gazza radiosa e giuliva

t'incanta la sua litania nei racconti


e le dolci promesse di gola

l'incedere lento del suo passo alato


sfiora le foglie ed i rami

tra nidi di paglie covate


un'asina raglia là in fondo al cortile
nella fattoria dei desideri

127
7

ho visto nasi importanti


applicati a volti sconosciuti

nasi da prendere tra le mani


e tastare a lungo, confidenzialmente
senza dover spogliare per questo
i portatori

il naso è una cosa importante


da soppesare con estrema considerazio-
ne

un naso importante necessita


di adeguata corporatura
di struttura portante
di carismatico imprinting

un naso la dice lunga


sulla consistenza del cervello
sulla profondità della materia
sulla disposizione genetica
sulla disponibilità filosofica

il naso è un tartufo
un’esca per porci intenditori
il naso è un aspirapolveri
il naso è un pisello
una pulce sull’occhiello
il naso è un divaricatore

128
il naso è un rostro
il naso è una punta da baci
il naso è un punto d’imbarco

un naso ben sviluppato


attrae e risucchia i cervelli

scendete dai tacchi a spillo –femmine-


e rincorreteli, scalze

129
202

vorrei che tu ascoltassi


il respiro della mia casa
quando non ci sono
i muri si inarcherebbero
per venirti a raccontare
dei solitari giorni
-muri traditori-
che gli schiocchi e gli scricchiolii
di assestamento ti dicessero
la profondità del suono del silenzio
e il rombo degli elicotteri
ti svegliasse di mattina
mitragliante fra sogni di guerra
che lo specchio ti riflettesse
la mia immagine stanca
e lo scontento delle cuperose
alla conta di un altro giorno grigio
che da sotto al letto spuntassero pagliacci
a ridere di gusto delle ansie
proprie dei risvegli
e le zoccolette da sotto il tavolino
ti venissero incontro candide
nel loro tacchettare
e il mio ologramma ti baciasse in viso
muggendo_

130
14

vieni bello che ti spiego come funge:


bisogna avere grandi mani innanzitut-
to
naso lungo e bere vino -tanto vino-

usare il ventre per strisciare sulla


terra
e una bocca assai capace
-serve a inghiottire prede intere-
orecchie sottili e occhi sprofondati
nel terriccio
un grande grande quore con profonde
cicatrici

bisogna avere sangue nelle unghie


e ali di drago per le circonvoluzioni
non temere di cadere
e godere degli azzardi di ventura

ficcarsi negli abissi dissoluti


e riprendere la quota
un anemone tra i denti
e labbra strette in risalita

non paurare delle vulve


e nemmeno desiderare
d'annientarsi fra le tube

non ritenersi grandi se si è piccini:

131
grande testa e grande uccello vanno
in conflitto d'interessi
se le gambe sono corte

non si indossano diversi abiti


per occasioni differenti
è la propria pelle che si muta
o si mutua di colore

le membra si assottigliano
per ricoprire un fiore
e sanno farsi spesse
per proteggere un amore

i pugni –forti- non danno colpi bassi


ma sollevano i miei fianchi
per salire in groppa a te

132
A-DOLESCENZA

_e poi le bambine si mettono addosso


quel modo di fare da piccole donne
e perdono istinto e purezza d'amore

truccano il viso e i baci


sù il petto e giarrette
e si danno quell'aria da zia
più matura

invecchiano bisbetiche e tristi


zampogne di fiele in ristagno
e vanno incontro alla morte
col velo pudìco da sposa

133
BIANCANEVE

la favola di Lol
è una fiaba nera
come la foresta

i nani sono meno di sette


ma inquieti
uno sopra tutti
la invita a turno al talamo
troppo corto agli avambracci
e le bocche lubriche

quando Lol si adagia


concupisciente
le spoglie sul pagliericcio
sono frigide
e più è il senso di freddezza
e più sale l'eccitazione nana

una distesa di pomi da letto


nella camerata dei diamanti
dove Lol sprofonda
sordidamente

sul corpo di lei aduso


rimbalzano i nani alterni
le piccole mani
e i nasi a patata
gioiosi e brillanti
di pomata

134
poi si rialza
dispiega la gonna
il grambiule
la crestina

traccia di rosso due labbra umettate

corvini i capelli
intorno

graziosi usignoli
gorgheggiano

135
FACCIA DA RATZINGER

ma non vi sembra un panda


questo papa
con la canna di bambù
davanti al naso schiso

canta per i topi


una lenta litanìa

e le orecchie tonde
e il dorso curvo all’uopo
porto all’ospite fedele
intimo di turno

ma è distinto
in bianco e in nero

136
ODISSEA NELLO SPAZIO

seni in delirio
preparàti al decollo
puntano sul pianeta venere

inadeguata l'atmosfera terrestre


alla suzione spirtospaziale
necessita immediato ricovero
sulle altre sfere di giove

insopportabile pornografia di marte

incorreggibile emotività lunare

insostenibile bipolarismo plutonico

nettuno calamita agli abissi mentre


saturno mostra miraggi di zattere in
bianco
e un'eclissi di sole oscura
i topless più arditi

137
SATURNO CONTRO

un'ora sola l'hai tolto di torno


faccia pallida di luna alata

ritorna la nausea al beccheggio


di un'altra nottata sul ponte di sotto-
coperta

la nave vaga disastrata di luce


e tra gli astri inondati deraglia

la bella disarcionata
le gambe a cavalcioni in mostra

mostra_

138
65

ho sognato di un baciare armonico


lento e persistente
il percuotere e il lambire
i tasti chiusi nello spazio tra gengive
tra le remore del cuore
e la chiave della pancia
ai limiti il respiro
replicava sotto il petto
conducendo poi le mani
su di un nido caldo e bruno

139
127

la concepisce meglio senza baci

una penetrazione finnica, algida


glacialmente lenta

una deriva di corpi senza sangue


su coltri di pelliccia di foca
e teste d'orso polare

un ghigno abbozzato fa quasi la tene-


rezza
fra i baccalà stesi a essiccare

giacere all'addiaccio è
prolungare il piacere
del calore in letargo

140
27

arida è la bocca
dell'avaro di baci
e avido è il cuore
del miope amare
corte le braccia
senza slancio d'affetti
e breve è il passo
che li conduce alla fine
non si leva lo spirito
se il mantello è infangato
se il piede calza
villano
e spaiato
non sa prendere il volo
chi ha l'animo meschino

ammal'aria ritorna
capriccio infecondo
di uno sperma bambino

141
LA P. RESPECTUEUSE

Quand dans le ciel


tu t'est perdu
alors la bonne Pluie
tombe quelque fois
sur les hauts pins
entre le bras des pensées:

dalle radici in rivoli


raggiungono le gocce
gravine
a bagnare un guanciale di muschio

_rammenti?

142
AUTUMN LEAVES

sta appesa la foglia


la voglia di rosa
la figlia di cosa
la fossa setosa
la musa succosa
la polpa sciccosa
la mussa spumosa
la rosea hermosa

sta appesa e riposa


pensosa spersuasa
giocare al cavallo
o puntare all'alfiere
lasciarsi cadere
e poggiarsi a sedere
prostrarsi in ginocchi
e stare a guardare
i denti a rastrello
del giardiniere

143
TRASH RELATIONSHIP

che relazione puoi immaginare


d'un uomo che calza spaiato
che divide i conti equamente e a razio-
ne
e in dono ti porta etichette
dal contenuto ben ponderato?

qual genere d'animo reca seco


un magistral revisore di bozze
sbavato di nero di muffe e di inchio-
stri?

un timbratore un ciarlatano un camer-


lengo
incapace e burocrate dentro
un insulso perfezionista del caso
romantico plastificato
trash

perchè candeggiare l'intimo d' uomo


e a che pro infilar l'ago per suturare
succhiare dita e fare bave sulla sua
panza

non so, tamarinda


perchè tu sia sì madonna.

144
11

si chiama tentata vendita


e l’oggetto è un cono di cristallo
con dentro un bacolo
di velluto rosso furore

di smeraldo il sorriso
bouquet d’un indiano

sporgente

145
IL BARBONE

so che non ve l’ho mai detto


ma c’è un uomo al semaforo
al quale elemosino spesso un sorriso

penserete ch’è uno zingaro


ma non è vero: è un ebreo
ha un naso camuso
e porta occhi di donna malizia

la barba è di gesù
e con quella chiede ospitalità
di sbieco

gli perdono l’impudenza


-ch’è povero e senza prole-
l’impudenza di promettersi mio sposo

a un altro semaforo
a un altro incrocio
domani

146
GITA AL FARO

a dorso di improbabili muli grigi


fra i costoni folti di lecci e
pini d'aleppo

da lassù i bordi del mondo all'orizzonte


si calano per congiungersi all'estremi-
tà inferiore
di una forma soda e sferica

la spiaggia delle vacche bianche


ha ciuffi da brucare lentamente
sotto l'occhio vigile al meriggio

un impassibile toro nero il fascio di


luce illumina

147
LOL IN THE SQUARE

Lol è in quella piazza grande, squadra-


ta
ne percorre il perimetro geometrica-
mente

segnato dai punti degli alberi sotto-


passaggio
compie un quadrato e mezzo
si appiccica sulla panchina in ferro
freddo
accavalla le gambe / solleva al ginoc-
chio la gonna
al fianco destro le poste
al fianco sinistro la cappella dalle
vetrate illuminate
e attende
in attesa di una sigaretta

si avvicina una donna


una donna grande
con una busta / una busta grande
ricolma di stracci
la porta alla sua casa
le lava la pancia con la lingua
l'affonda nei seni
l'allatta
l'incornicia di capezzoli rosa
su un divano a damaschi di velluto

148
Lol torna alla panchina
in attesa di una sigaretta da bruciare
accavalla le gambe / solleva al ginoc-
chio la gonna

si avvicina un uomo giovane


folti capelli e occhi berberi
le offre da fumare
Lol fuma dondolando la gamba
come la coda di un gatto

l'uomo le offre una stanza


una stanza per prenderne conoscenza
Lol -con la pancia lavata- lo segue
e vanno a piedi in alcova

spoglia nel letto


le spoglie in ombra sul soffitto

l'uomo giovane la prende col fine di


consumarla
e si consuma

la lava più giù della pancia


ma Lol si sente sporca

all'alba ritorna alla panchina


vede la cicca spenta
e il dondolio della gamba

poi torna a casa

149
ÀGATA

alla faccia della luna


una donna piscia
sotto un ulivo

i capelli savana
carezzano il mento
e parla dell´uomo
ch´é lama
per il suo petto

150
LOL HA SUL LETTO UN UOMO GIGANTE

Lol ha sul letto un uomo gigante


Un'ombra sul muro dal cielo alla terra
Si piega al polpaccio e al traliccio
del petto
La lumina bassa la spinge la sporge
sull'orlo
Angola una caviglia col polso la leva
La issa in potenza bussandola addentro
S'aggrappa allo spigolo del materasso
Trovando rifugio affondando nel crine
le dita
Le unghie piegate cercando un lamento
e lo trova
Bigotta la bocca sbocca linguacce trepide
Tremula in gola si viene la voce roca e
arranca alla fuga
La schiena percorsa dal battimani
Al buio la doccia gela le piante
A parete la schiena si agghiaccia
Divaricando le articolazioni
I palmi il sedere
Tende abboccata al soffitto
Il fiato alitato sul muso
Manette di carne ai polsi affrancati
sul muro
Orina puntando sul ventre

151
Una manciata di fiches e zampilla
Ordina una roulette / un rivoltamento
Implorare un gettito ancora
Dalle natiche in alto sui reni
Rovente
Ridono i denti nel buio
Fra i serpenti d'orina dorata
L'olezzo
La volta di nuovo la inforca la punta
all'interno
La piscia ancora insinuato e la sturba
La bacia all'orecchio e lento l'invita
sul letto
Accalappia il tallone fra le grandi
mani
E il naso all'alluce impunta
Slingua nel centro inarcato del piede
E succhia coppie di diti
Lol non ha voce
Vladimir sì
A gran voce le dice la urta sospinge
S'appoggia una nicchia protegge il suo
volto
L'abbraccia la cinge avvolge il rettan-
golo del deretano
La fascia costretta fincandone il tronco
Ne prende con ritmo i colpi del quore
A guaire in sordina chiamandol'a more

152
6

Oggi piove di una pioggia gentile,


una pioggerellina che si poggia antica
sul davanzale del mio presbite balconcino.
Goccioline imperlate
come tante minuscole note in cascata di
una fantasia,
sonata per pianoforte.
Un ritmo, piccolo e bigio,
conduce il tamburellare delle dita sul
vetro
e spoglia la pelle dall’ansia
regalando al petto
vaporoso tepore
(fitto fitto e intensamente calmante
per membra serrate in compostura)
Briose arie raccontano di vaghe rassi-
curanti fantasie
-percettibili approssimazioni di vo-
luttà-
Effervescenza di stelline candenti
al soffice pigiare di polpastrelli di-
letti
edulcorante zampettìo
di impronte
d'Amore

153
GILFENKLAMM

S.ciava tua
goccia d'acqua
alla quale m'unisco
seguendo la corte
d'un torrentizio turbinìo
in limpida chiarezza

nell'orrido estivo

154
*

che confusione le ondine nel mare


sculacciate dai flutti argentini

mormore abboccano in frotte


al guizzare dei raggi di luna

-sebbene il giorno sia pieno


è pur sotto a una rete di stelle-

celeberrima la palma addocchia la tor-


re
e fa scacco al re dei tritoni
giocato da fata ermelinda supina
invasata fra mille bocconi

dalla tela di ragno è addobbata


investita da gemme e rugiada
nel sapido regno dei pescatori_

155
WANDA

il pesce rosso
non sapeva di niente
nonostante la mostra
e il gran vanto di se'

156
Claude Monet
Laghetto con le ninfee, 1907

quando la superficie è agitata


non ha alcun senso riflettere sui din-
torni
ma tendere ai contorni
sulla linea in allungo
verso orizzonte
quando la superficie è calma
il nitido tutto si riflette da sé:
è l’ora di porgere i bei frutti d’oro
sul vassoio argentato
all’incline narciso
non tutte le poesie sono
come ninfea
ma petali accomunati
su specchi di gelatina
al volo d’uccello
una tappezzeria di corolle
al salto di rana
un ombrello
all’occhio di pesce
la foresta di liane
s’intreccia alle gambe di me
-dice narciso-.

157
LA RANA

Per te scelsi la rana, principe di gio-


ia

il tuo reame è vasto sopra e sotto,


sotto-sopra e, sopra a tutto, sotto

seduto su una foglia / saggi l'acqua


circospetto
strizzi l'occhio sotto al ghiaccio e ti
salvi dal crepaccio
scoprendo che al perchè non c'è mai fine

ben ti sta quella corona


e il ventre imbrillantato
ricco di dolcezze

quasi quasi ti dò un bacio_

158
LO SQUALO

Per te, squalo, ho trovato un pesce


spada
sarà per via del naso, la protuberanza
che s'incaglia
e fa macello a tutto spiano

d'altro canto, fungere potrebbe da ti-


mone
o da deriva, rincorrendo discalculabi-
li le rotte
e gai i dementi

d'altr'onde la buona fortuna aiuta gli


audaci_

159
IL GRANCHIO

Per te, ma non con te, ho preso un


granchio
di milo e con le braccia

gli occhi fuor dall'acqua


e il carapace immerso a tratti

conosci la parola e resti muto a denti


stretti,
risate

oh, granchio che cammini avanti indie-


tro
e di lato, a lato e lateralmente!
a volte un capitombolo
un tuffo improvvisato
e limpido sei a riemergere di nuovo
sulla terra!

160
IL POLPONE

la testa è molla e grande


gli occhioni languidi
tanti i bracci appiccicosi e bradi

s'inabissa furtivo e rapace

spacca col becco capace


sputa nero se tu preda
la presa perdi

si tratta di un invertebrato
a tutti gli effetti un mollusco
ammalato di sé e per sé_

161
IL PESCE PARAPIGLIA

il pesce ParaPiglia
ha una bocca smisurata

& cammina & cammina_


e cammina da sinistra a destra
e da destra verso sinistra
improvvisando
col fine oscuro di placare
l'appetito smisurato
del suo picciol cuore

162
M’AMEBA

toglimi la mamma di dosso


quella buccia soda e carnale
chè sono itterica

svestimi dallo spessore del sughero


che tutto attutisce

corteccia similpelle smorza vagiti


crostaceo senza crosta
senza vibrisse
chele molle
senza tinta rubizza

medusa voglio s.parire

monoforo tuttofare
dissennato
chiedo d'essere allettata
letteralmente

sorprendimi
e
con santità
bucami

163
L’OLOTURIA

e nel più fulgido momento di gloria


ei si calò a picco
ma non m'orse
nè ora nè allora

s'è arreso zampogna vegetale


spugna marina ubriaca e bucolica
ondivago fra le praterie di nettunia

oloturia espelle visceri


in caso di necessità

poi si rigenera
e torna a campare_

164
RAN’OCCHI

per te dipingo
pesci quasini
tutti all'incirca
capocchie di spillo
Infeconde

-Appunto- direi
su labbra squamate
le dita a compasso
ellittiche ombelicali
piazze rotonde
grandiosi sederi

è flok che ai ferri


confeziona una sciarpa a farfalla
con nodo alla gola

- Tienimi a bada.

165
ISMAELE

la dolcezza è cosa prelibata:


non la si può snocciolare per strada
ne sfagiolare all'occorrenza

affiora come capo di focena


quando quella prende respiro
e sfiata

coglierla è fortunosità
essere sulla lancia in tempo
e agganciarla alla propria plancia

prelevarne la coltre e raffinarla


rendendo al mare i resti d'avanzo
ai pescecani e agli avvoltoi marini

così lascio la mia carcassa


alla rapacità del mondo

e la mia dolcezza
a te

166
CASSANDRA

tu sei il mare
sul quale mi spalmo
come cresta d’onda sfinita

sfinita schiumo
dagli occhi alle guance_ polena
tra risa e stantuffi
di greco e di maestrale

in posizione prona
con la pancia piatta
sfioro il pelo
increspato dell’acqua

a bocconi
ne bevo i flutti
e prendo l’odore salmastro
l’odore salmastro nelle frogie

borbotto.

167
ISMAELE 2

caro ismaele,

tutto sommato
può essermi capitato
un giramento di testa

o urlare di fuori
uno squarcio d'ugola

ma non fino al punto


da perdere i sensi:

un colpo di coda e
il capo grasso s'immerge
imo in un tramonto

dall'oceano indiano
all'antartide fredda

168
CANTO DI GALATEA

mi manchi in tutte le versioni


- una sopra tutte -
d'essere cosparsa delle
tue spore tra le scapole

un'immagine carpiata fra gli scogli


abbarbicata cozza
e tellina a ventosa
e baci a risucchio

lingua di foca_ spruzzi e gorgogli ca-


vità

sgusciamo trichechi delfini e pinguini

laguna di mare
nutro i tuoi ricci rococò
e di sirena m'incantano
le froge in costa al lobo destro

invertebrati ansando in verde glassa


glissando correnti mitiche
ti appendo al ventre in un abbraccio
e
-mentre ciucci-
ti porto in salvo fra le scaglie

169
NO SOUND SORROUNDING

ginestra etnea settembrina


ovatta l’orecchio in salita
senso unico superstite
per giungere fino alla sapienza
rifugio s.lavato
dagli echi del globo

170
COLATA 1992. FRONTE SUD-EST

Il piazzale deserto, due panchine al


sole, un altarino con la candida ma-
donna, piccina. Due ombrelli a strisce
bianche e blu a custodia del banchetto
di miele dell'Etna, al limone. Mellifluo
succo ambrato, dolce e insinuoso, sen-
suale. Due efebi a guardia dell'altare.
Da quel punto preciso inizia la pro-
cessione, io in testa, in coda mille oc-
chi, i fantasmi sospingono passo dopo
passo, pietra dopo pietra. Mora dopo
mora. Respiro dopo respiro. Sospiro do-
po affanno. L'erta si dipana a curve e
dossi. Neri sassi. Grumi. Bombe. Sbri-
ciolamenti. Cremolate. Passo dopo passo,
cadenzato, preciso, regolare, ripetuto,
obliterato. Ogni passo una parola, po-
chi passi un pensiero, un ricordo, una
promessa, forse un voto. Il recente la-
stricato si snoda a fianco del fronte
del fiume di lava ferma, pietrificata.
Rozze spugne negre, pugnette, blocchi
picconati con bolle vetrificate. Stron-
zi altiformi, intestini, budelli, ernie
iatali di un'ingorda Madre Terra. Uno-
due, uno-due, uno-due, curva, passo,
ginestra, gialla farfalla su ocrino
cardo occhieggia uno sfottò a ogni
battito d'ali.

171
Le spine. Passo. Due piccine candide
farfalle giocano a rincorrersi in as-
senza di gravità, salendo la grumosa
via senza uscita. Nè scampo. Si arriva
fino in fondo. Mi giro, resto indi di
sasso. Il mare, la piana di Catania di
là, Polifemo, la Grecia. A fianco il ne-
gro spavaldo fiume, un fronte imper-
territo nel tempo come le sue anche
impietrite. I tronchi inglobati. La vi-
ta avvinghiata alle sue anse, freme,
respira, palpita, il fogliame mormora
al passaggio dei venti di pioggia. Il
cielo scurisce, d'incanto. Un cancello
rigattiere. Per il paradiso o l'inferno
non so, non mi tange. Allargo le brac-
cia-detector per captare energie con-
crete. Il riverbero del calore sale e
scioglie le mie suole prive di senso.
Divarico indice e medio tesi, entrambe
le mani. Vittoria, Viva, Evviva. Accosto
i polpastrelli a ventaglio giungendo
le mani al mento. Il fiume, statua di
donna negra coricata, immobile termina
a valle, e nel verde delle fronde, si
muore. Io vivo. Lo sento dalle lacrime
tepide e sorde. Il magma ribolle dentro.
C'è quiete tutto intorno.

172
CUPIDO

Attraverso Trinacria
come:
un dardo
-avvelenato d'amore-
il cuore
trafigge

Spartiacque
del mio ventre
Rompighiaccio
del mio quore
- attossicato

173
PANORMUS

palermo si spacca
come una melagrana
in cupole vermiglie

dai quattro Canti


quattro spicchi
macerati
spalancano voci a vista

frodano il senno
e tirano la panza.

SIGNORA!
UN EURO!
BELLE BANANE!
CERASELLE!

tuonano voci
da bocche di putto

saette di sguardi
a seguire

un'eco
precede il cammino

cui tu giungi
già annunziata

174
offro
occhi-capelli
lembi di pelle
in cambio
di vuccirìa.

175
Palermo offre agli occhi delle genti
cupole bizantine laccate di rosso. Dal-
la piazza dei quattro cantoni si apre
il centro della città storica, dividen-
dola in quattro fatiscenti quartieri,
squartati dal tempo, dalle razzie e
dalle calamità, devastati dai moti,
squarciati dalle guerre. Sembra che le
vie urlino strazi senza tempo ingan-
nando il raziocinio, intrecciando e
annodando le viscere nel ventre.
Parole in stampatello gridate a forti
voci dai mercanti, nascondono nella
direttura del vocabolo il motto insof-
ferente, il desiderio di esplosione co-
stretto, tarpato, represso. Parlano gli
occhi, gli sguardi come coltelli tra-
figgono la coltre d’ovvietà e si insi-
nuano e penetrano fra le tende, le
pezze, le stoffe, le tese dei cappelli,
le frutte gli spada e le panelle. I
picciriddi con la stessa voce urlante
degli adulti, e la stessa bramosia ne-
gli occhi già cresciuti. Mentre attra-
versi il fiume in piena di bancarelle
straripanti di uova, carni e pesci,
verdure spezie e paste di grano duro,
ti trascinano ondeggianti il pungere
degli odori e degli occhi aguzzini, di
rimbalzo fra le pareti maiolicate e i
banconi refrigerati, e il vociare di

176
rimando da un urlatore all’altro che
ripete come un eco in progressione
carne buona… carne buonaa… carne
buonaaa….

Non posso far altro che offrire, a mia


volta, occhi, capelli, quarti di manzo
sotto alla pelle. In cambio di tanto
vociare.

177
178
Appendice

Geometria Linguistica Applicata

OrtoGrafia, accorgimenti di

Ecco alcuni appunti di “economia dome-


stica” ispirati da un manuale dei pri-
mi del ‘900 -ritrovato nella bibliote-
ca di un villino signorile appartenuto
a tal Donna Ada Ritzo nel corso del suo
restauro- utili per affrontare non
solo i tempi di crisi ma, altresì im-
portante, per provvedere al fabbisogno
vega-alimentare di una famiglia che
intenda ritornare a una cibazione na-
turale e, al contempo, sana e control-
lata.

Volendo impiantare quindi una domesti-


ca coltivazione di ortaggi, è suffi-
ciente ricavare una piccola porzione
di terreno da destinare a un orto di
piccole dimensioni, strappandolo
all’incuria dell’arco tempo-spaziale,
osservando religiosamente la seguente
premessa, di notevole importanza, al
fine di salvaguardare la vita dei sog-
getti che ruotano stagionalmente at-
torno all'ortofattore:

179
Devesi prestare specifica attenzione
all’attacco dei cosiddetti “parassiti”;
laddove, per p. si intende certuni in-
dividui che profittano de’ frutti del
proprio lavoro, in particolare delle
primizie.

Dopo avere bene dissodato il terreno


con una vanga, si procede con l’asporto
dei detriti quali: sassi di conglomera-
ti artigianali, residui ceramici indu-
striali (mezzi piattini, manici di taz-
zina, pomelli), scaglie di scisto, fram-
menti di tegole, frantumi di vetro di
varie specie (vetro antico, vetro opaco,
vetro marron birra, trasparente gasso-
sa, verde bottiglia, blu amuchina),
boccette di Vitamina H, Betotal, tappi
di Soluzione Schoum, ferri del mestiere
arrugginiti (filo spinato, chiodi di
Albenga, maniglie di frigorifero, bos-
soli, cacciaviti, graffe, monconi di
zappa, sarchiello rotto, sarchiello in-
tegro), gambe di bambola, calci di ri-
voltelle, caricatore 12 colpi, cartucce
da caccia esplose, ossa di brontosauro,
astucci di cuoio completi di forbicine,
pinzetta e limetta per unghie, penna
Bic, una Corvina, pettini, carte di ca-
ramelle (ambrosoli, eucalipto, moro),
nonché numerosi alluminii di ciocco-

180
latini, mollette per bucato, cerchi di
botte, dinamo, asta per pedale, forcine,
biglie cecchino (un’anima azzurra e
un’anima verde in punti opposti
dell’appezzamento), palline di varie
differenti fogge e dimensioni, bocce
colorate, spezzoni di tubo da irriga-
zione, rete di culla, vasetto omoge-
neizzato ripieno di terra (senza coper-
chio), regolatori di gas, fascette
stringitubo, rubinetti esausti, gusci
di tartaruga, bulbi d’aglio e di bietola
selvatici, radici di ailanto, pianta
infestante, nota come “l’albero del pa-
radiso”: è infernale l'esalazione di
tanfo procurantesi e perdurantesi per
mezzo della di lei rimozione.

E’ consigliabile, per ottenere una mi-


gliore proiezione del terreno, effettu-
are due rastrellature, di cui la prima
a rebbi larghi onde pareggiare il cam-
po grossolanamente al fine di decidere
le dimensioni della particola da colti-
vare, e quali ortaggi saranno destina-
ti a seconda delle peculiarità geome-
triche dell’appezzamento ottenuto, te-
nendo in opportuna considerazione il
tempo a disposizione da dedicare
all’attività contadina e alle proprie
capacità e attitudini agricole, nonché

181
relativamente alla stagione che si va
incontrando e alle condizioni di al-
ternanza di luce e buio, di ombra e so-
leggiatura, e disponibilità idriche nei
diversi e successivi stadi di coltiva-
zione: frequenti innaffiature durante
la semina, diradando non appena la
pianta inizia a prendere vigore, in
quali orari conviene dare acqua in mo-
do da razionare economicamente le ri-
sorse (prevedendo magari una sorta di
serbatoio a lento rilascio di umidità
nelle zone circostanti o sottostanti
all’appezzamento), evitando di dare pos-
sibilità al sole di bruciare le piante
per rifrazione da goccia o da specchio
stagnante.

La migliore pratica di irrigazione è


ritenuta quella dell’annaffiare al
mattino presto (“e mai troppo” amano
ripetutamente consigliare gli esperti);
ma su terreni particolarmente aridi e
secchi e polverosi, senza avere risorse
di terriccio fertile a portata di van-
ga, è bene utilizzare i residui del ta-
glio erbaceo da frammistare alla terra
e alle pigne secche (mi raccomando che
abbiano già perso i pinoli, diversa-
mente si corre il rischio di impianta-
re un bosco di conifere) nella speranza

182
di riuscire a trat-tenere più a lungo
l’umidità del suolo.

Personalmente consiglio (a chi si trova


ad avere a che fare con terreni di ri-
sulta sui quali crescono rigogliosi gli
alberi puzzoni, prolifici più dei coni-
gli trattati con terapie intensive di
cellule staminali attive) di annaffia-
re anche la sera, ovvero nel tardo po-
meriggio -o comunque quando i raggi
del sole non sono più in posizione per-
pendicolare- tanto da permettere al
terreno sterile di imbibirsi lungo
tutta la durata della notte , grazie
agli avanzi di natura che avremo avuto
l’accortezza di miscelare (reperita ju-
vant: tagli d’erba e pigne secche). In
questo modo, e per tutta la durata del
giorno, il sottosuolo (sollecitato dai
raggi solari che agiscono in superfi-
cie) procede con l’effetto a lungo rila-
scio dell’umidità e, nel contempo, le
radici dei nostri ortaggi operano in
senso verticale verso il basso alla ri-
cerca dell’acqua, rafforzando la stabi-
lità della pianticella, mentre le cime
e i nuovi germogli si spingono alla
ricerca di paradisiache altezze.

183
Una zappatura superficiale periodica –
soprattutto per i terreni duri e aridi,
tipici delle zone di alta

siccità- è consigliata al fine di rom-


pere lo strato impermeabile che provo-
ca lo scivolamento dell’acque di irri-
gazione anziché la penetrazione finni-
ca nel sottosuolo atta al godimento
dell’apparato radicale.

184
a lilli hofer
(mater ja)

185
186
VIPITENUM (Poemetto)

entro nella valle di dentro


-racines per la precisione-
percorro il sentiero ogni anno da die-
ci
scoppio di gioia fra le punte dei pini
mongolfiera a 365 gradi-colore
m’irroro iridescente
il campetto adiacente alla chiesa
ha quadri di millefiori per terra
e ovali di viso di reiner o haller
in bianco e nero antico
nelle scaglie verticali di marmo
il campanile-matita punge il cielo
scendono semini di pioggia
e apriti cielo se il mio amore ritorna
ma piove oggi e ancora domani
lunedì -forse- variabilità
faccio passi da cerbiatto
grandi orecchie / occhi a palla
prima di tornare allodola o pispola
falcheggiare è una risorsa che
denota equilibrio e sagacità
e io per le saghe ci sono portata
volo alto / picchiata / volo rasente e
ritorno
volo.

187
- pausa pranzo -

nella baita di peter formaggio grigio


e boccali di birra
bretelle di tirolo m’inducono in
meditazione
la discreta presenza vicina delle muc-
che riporta il pensiero al pelo di si-
ster da accarezzare, le sue orecchie e
la ciocca di crine tra le fettucce di
cuoio, il sottopancia abbracciato fino
ai talloni / la dirigibilità
i gerani vermigli luccicanti di lacri-
me adagiate su fogli di velluto scri-
vono messaggi criptati diretti ai miei
petali che corrispondono in tutta
franchezza
sono sincera / mi sento un fiore
appassionato
non sono da taglio
non muoio giorno per giorno
non avvizzisco

se c’è siccità faccio piovere


qualcuno dal cielo scenderà
per innaffiare
domani la seggiovia è in funzione
risalgo tutti i piloni

188
-più in alto vai e meno ricevi-
voglio far senza di tutto
e ritorno
volo.
- pubblicità -
bitte eine bit
kaminwurze e rafano
pane con sesamo
strudel di mele mit shane.

oggi la meta è la valletta di flading


da fare tutta in solitario
il percorso è piano
poi su a picco tra pietre e rododendri
silenzi assolati
per poterti incontrare con il pensiero
oltre il mare
e tu che sei lì -dietro-
per ascoltare
come uno gnomo nel giardino
cento bocche di leone
papaveri giganti e mammole
dov’è la mia passione?
nelle rose selvatiche
nelle bacche di ribes
tra le foglie di mirtillo
tra i rovi di more e di lamponi

189
nello yogurt del mattino
nei pentagoni dei cristi
nel cascame dei ruscelli
nelle pizze di sterco secco
il mio amore giace.

- in escursione -

sotto sforzo non riesco a fare due cose


alla volta:
o cammino o penso
e il pensare mi è vietato
camminando a quattro zampe su per il
costone fra le capre
nel pianoro tornano a fluire i pensie-
ri e con essi l’immaginazione
e il mio amore torna palpabile
è uno zaino probabile avvenibile ad-
dossabile
che mi sospinge a valle
sono innamorata / un’altra erta

torna a mancare l’imago


i pensieri si riducono ai fatti
probabilmente sono cornuta ma
sotto sforzo non riesco a fare due cose
alla volta: o cammino o penso

190
e il pensare mi è vietato camminando a
quattro zampe su per il costone fra le
capre
sarà per via delle stelle alpine
che mi sento una margherita senza la
maglia d’angora
e delle genziane
che ho l’iride spenta
e dei rododendri gonfi
che ho le labbra aride
l’imperativo è: oublier.

la neve è compatta e sporca


- tu mi pensi / io non ci sono più-
seguo la guida per la strada e rin-
corro il cane sul sentiero
ci faremo una grappa alla malga
/mi innamorerò/
io ti penso e tu non ci sei più
/ci faremo un’altra grappa/
ci innamoreremo

l’acqua di montagna è buona


chiara dolce e fresca acqua
come non ne ho mai bevuta
mi abbevero come le capre
in apertura a ragno sopra il ruscello

191
io, un camoscio alle tue spalle
t’innamorerai.

-ritorno in berghotel -

è fra i legni della sauna che


raccolgo tutti i pensieri in gocce
scivolano giù dal petto al costato
unendosi l’uno all’altro in rivoli
a confluire nel lago in piazza
dell’ombelico
e da lì tiepidi a cingere i fianchi
a far sindone delle natiche
mi appello a un mantra per restare so-
la coi miei casper nell’aria rovente
hanno code impalpabili e avvolgono a
turno psycho e amor in un concerto
trasudante

scelgo la posizione più alta


dove un uomo ha lasciato l’ingombro
sdraiato
posso ancora per pochi minuti
fantasticare con la mancia dell’aria
sua rimasta
lo incontrerò di nuovo per cena
riservando un sorriso -viele danke-
al buffet di verdure

192
l’imperativo è: oublier.

- pensamenti -
The-Other-Side-is-in-Me ripeto passo
a passo
questo anche ho scritto nel guest-book
della croce
sui tremilaetre
in cima alla ferrata
L’altra metà è dentro di me
così dev’essere altrimenti le mie spalle
non sarebbero così forti, il fatto è che
ho problemi a voltare il capo sul di-
dietro e non raggiungo i 360 gradi no-
nostante stia bevendo prosecco a cola-
zione
oggi escursione con Pfeifer Huisele
le dreizinnen di lavaredo mit misurina
see
portare fotoapparat
mi manchi quando non ci sei e quando
ci sei mi manchi se / se non ti ho a
portata di sguardo / cerco di te nei
dintorni / penna bianca sempre in vet-
ta mi rispunti / ti ho incrociato /
porta fortuna un timido petalo clonato
per te
The-Other-Side-is-in-me

193
ripeto a passo a passo
metto il paraocchi
per la concentrazione
schiena a valle e seni a monte
pago dazio ogni zolla che calpesto
respiro come il vecchio che mi passa
mi scanso
mi scanso e penso
alla montagna e all’umiltà
alla tenacia e all’ortica
al viso rosso imperlato di sudore
di Pfeifer Huisele
alla passione e alla vanità
alla grappa e a mike buongiorno
a messner e allo yeti
come stambecco ammicchi mi dribbli mi
doppi mi aspetti
questo immagino della mia altra metà
quando il mezzo giano che sono arranca
come un mulo testardo senza altro ca-
rico se non
se non il proprio peso
il proprio peso specifico che grava sui
fianchi
c’è sempre quell’indiano che mi guarda
da lontano

non fosse per il menisco capriccioso


sarei in vetta come zorro

194
anziché una fiammiferaia in punizione
ho sempre una palla al piede che mi
lega alla terra
qualche volo pindarico
il resto è razionalità al limite della
speleologia
non fosse per la repulsione ai gollum
eccetera

- j’ai oublié -
ho trovato un compagno
di sauna e di prosecco
The-Other-Side-is-in-Me
ripeto passo a passo
l’orologiaio ha messo
a posto il campanile

The-Other-Side-is-in-Me
il cielo splende / il sole ride
The-Other-Side-is-in-Me
ripeto mentre mantro
e per mano con l’indiano
nel letto a baldacchino
m’addentro
nella valle di racines.

195
196
Amilga Quasino nasce e cresce e vive
nella Grande Milano degli anni '70, '80
e '90.
All’età di quattordici anni -da Bir-
mingham- scrive romantiche lettere
d’amore porno al suo fidanzato. Nel
2000, sfregando la lampada di internet,
esce fuori il genio poetico. Ricchi
premi e cotillons. Poi incontra l'Amu-
sica. Le piace giocare a Sassari con
gli stumenti. Elle aime jouer a Sassari

197
avec les instruments. She loves to play
in Sassari with some instruments.

198
199
200

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