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RIASSUNTO DON QUIJOTE DE LA MANCHA – MIGUEL DE CERVANTES

Parte prima
Prologo: Il narratore si presenta come patrigno, non padre del romanzo (fa riferimento alle opere
cavalleresche: si prefigge di raccontare qualcosa che era già stato. Se l’opera è brutta non è colpa sua). È
attanagliato dai dubbi, proprio per quanto riguarda il prologo: non sa quali sonetti inserire, quali autori
citare, quali note mettere a piè pagina. I suoi dubbi vengono dissipati da un amico: dice di inserire sonetti
scritti da lui e poi attribuirli a grandi autori, per quanto riguarda gli autori gli consiglia di prendere un libro e
di inserirli dalla A alla Z; per quanto riguarda le note le aggiungerà lui. Lo stile della sua opera sarà come lui,
semplice e privo di fronzoli e il fine ultimo sarà quello del piacere della lettura (come era per i romanzi
cavallereschi). Capitolo 1 In un luogo non precisato della Mancha, vive il nobile Alonso Quijano, grande
appassionato di romanzi cavallereschi che ad un certo punto della sua vita non riesce più a comprendere la
distinzione tra realtà e finzione. Così adorante della figura del cavaliere decide di diventare a sua volta un
cavaliere errante con il compito di proteggere i deboli e gli oppressi e di tener fede ai valori dell’onore e
della cortesia tipici di un cavaliere. Ha in mente grandi imprese, che lo porteranno un giorno a diventare
imperatore di Trebisonda, ma per farlo ha bisogno di:

• Armatura: essendo di origine nobile ne possiede una, vecchia ed arrugginita che lui sistema come meglio
può. All’elmo manca una parte della visiera che lui ricostruisce con del cartoncino: in una settimana la
costruisce, con un colpo di spada la distrugge (decide di rifarla inserendo dei sostegni in ferro per renderla
più resistente, ma decide di non provare la sua resistenza).

• Cavallo: possiede un ronzino pelle ed ossa. Ai suoi occhi non è inferiore né a Bucefalo né Babieca (del Cid).
Decide di chiamarlo Rocinante (rocìn+ante). Decide di darsi un nome anche per conto suo e opta per Don
Quijote, aggiungendo anche il luogo di origine, ovvero de la Mancha.

• Donna: deve trovare una donna a cui dedicare le proprie imprese e la individua in Aldonza Lorenzo, una
contadinotta di cui si era invaghito tempo prima ma che non aveva mai ricambiato il suo interesse
(probabilmente non lo conosceva nemmeno) ma decide di rinominarla Dulcinea del Toboso.

Capitolo 2 In uno dei giorni più caldi dell’anno, senza dire niente a nessuno, decide di partire per la sua
prima impresa. Poco dopo gli sovviene che non è ancora stato armato cavaliere: è così sconvolto che quasi
pensa di dover tornarsene a casa. La sua pazzia lo porta però a non lasciarsi prendere dallo sconforto: si
farà armare cavaliere dalla prima persona che troverà sul suo cammino. Durante la cavalcata inizia ad
immaginare di quando un SABIO narrerà le sue avventure, immaginandosi un prologo in linguaggio tipico
dei romanzi cavallereschi. Il sole era così alto nel cielo che gli si sarebbe sciolto il cervello, se solo ne avesse
avuto uno. Alcuni autori dicono che la sua prima avventura fu quella di Puerto Làpice, per altri quella
contro i mulini a vento; ma ciò che io ho potuto accertare e che ho trovato scritto negli annali della
Mancha, fu che quel giorno non fece altro che avventurarsi a cavallo sotto il sole. Passa tutto il giorno a
cavallo e alla sera, quando da lontano vede un’osteria, gli pare un castello; gli sembra che il suo arrivo
venga annunciato (in realtà si tratta di un porquero che richiama il suo branco di maiali) e che sull’uscio ci
siano delle donne ad attenderlo (in realtà si tratta di prostitute). Viene deriso per come è vestito ma non
per questo non viene invitato dall’oste ad entrare per rifocillarsi e per passare la notte. È un venerdì e
quindi per cena c’è solo pesce: Quijote spera ce ne sia in abbondanza. È molle e il pane che lo accompagna
è ammuffito, ma in realtà è il bere a dargli i maggiori problemi: infatti non si era tolto l’elmo perché tenuto
insieme da nastri e quindi per bere ha bisogno dell’aiuto di una delle due donzelle (crea una sorta di
cannuccia bucando una canna). Il cavaliere non è ancora tranquillo perché non è stato ancora armato.
Capitolo 3 Il cavaliere implora l’oste, visto come un gran signore, di fargli l’onore di armarlo. L’oste accetta:
anche lui negli anni giovanili si era dato a quella occupazione, girando in lungo e in largo, facendo torti,
corteggiando le vedove o deshaciendo donzelle. L’oste chiede a Don Quijote se ha denaro con sé: lui
risponde di no, visto che nei romanzi cavallereschi non erano mai stato nominato, così come non aveva
camicie di ricambio e nemmeno unguenti per medicare le ferite. L’oste gli dice di non partire se non ha
tutto con sé; inoltre, non essendo presente una cappella gli dice di fare la veglia alle armi in un cortile
adiacente all’osteria. Rientrato nell’osteria, l’oste racconta a tutti della pazzia del suo ospite e i commensali
si affacciano per vederlo. Un harrieros deve far abbeverare i suoi animali e si avvicina al luogo dove Don
Quijote è in veglia. Sposta le sue armi ma viene colpito; un altro sta per fare la stessa cosa e viene colpito
pure lui. A questo punto il resto dei commensali esce ed inizia a tirargli pietre; un po’ per le urla del
cavaliere, un po’ per le urla dell’oste (che li ricordava che si trattava di un pazzo) questi smettono e Don
Quijote torna alla veglia. L’oste è stufo di questo suo ospite e decide di armarlo il più presto possibile, prima
che avvenga un’altra disgrazia: gli dice che la veglia è durata quattro ore e che può essere armato anche in
mezzo ad un campo. Don Quijote crede ad ogni parola. L’oste è il cerimoniante insieme a due donzelle e ad
un ragazzo rendono Alonso Quijano un vero cavaliere. Ora può partire veramente per le sue avventure.
Capitolo 4 Parte di buon’ora dall’osteria: decide di tornare a casa per prendere un po’ di denaro e trovare
uno scudiero. Durante il tragitto, Don Quijote compie la sua prima impresa: libera un giovane, Andres, da
un contadino che, per punirlo, lo stava percuotendo. Tuttavia, anche se egli si è rivolto con autorità
all’uomo, non appena Don Quijote riprende il cammino, egli ricomincia con le botte. Proseguendo sulla via
del ritorno si trova ad un incrocio e lascia a Rocinante decidere quale strada prendere: sulla via scelta
incontra un gruppo di mercanti di Toledo ai quali intima di fermarsi e decantare della bellezza di Dulcinea. I
mercanti sono disposti a fare ciò che dice il cavaliere ma chiedono di vederne almeno un ritratto; Don
Quijote si sente offeso da queste loro richieste e decide di partire all’attacco. Rocinante però cade e porta
con sé il padrone che, a causa del peso dello scudo e della lancia, non è in grado di rimettersi in piedi. Uno
dei servitori dei mercanti inizia a prenderlo a pugni e a calci; non riesce ad alzarsi. Capitolo 5 Don Quijote
non sa come rialzarsi e inizia a pensare a cosa avrebbero fatto i cavalieri dei suoi amati romanzi: mentre
recita alcuni versi dei poemi viene trovato da un contadino delle sue terre, che però non viene riconosciuto
da Alonso. Viene caricato dal contadino sul suo asino e viene riportato a casa dove, nel panico, ci sono la
nipote, la governante, il barbiere ed il curato. Vedendo lo stato in cui era ridotto decidono di risolvere il
problema alla radice, ovvero liberandosi di tutti quei libri che avevano portato Alonso alla pazzia Capitolo 6
Mentre cavaliere riposa nelle sue stanze, il curato e il barbiere chiedono alla governante la chiave della
stanza dove sono riposti i libri: una volta entrati rimangono stupiti dalla quantità dei volumi. La governante
vorrebbe liberarsene subito, mentre i due amici decidono di visionarne almeno il titolo. Sono pochi i libri
che vengono salvati dal rogo e tra questi figura la Galatea di Miguel de Cervantes: il curato dice di essere
amico dell’autore. Si tratta di un libro acerbo ma interessante e decidono di salvarlo perché l’autore aveva
intenzione di farne un seguito. Capitolo 7 Alonso si sveglia di colpo e tutti accorrono al suo capezzale: tutti i
libri ancora da visionare finiscono nel mucchio di quelli da bruciare. La sua pazzia sembra peggiorata. La
stanza dei libri viene fatta murare e una volta ripresosi ad Alonso viene detto che la stanza è scomparsa
dopo che un incantatore era arrivato su una nuvola e aveva portato via tutti i libri. Per quindici giorni
Alonso sembra aver superato il momento di pazzia; in realtà stava convincendo un contadino ad unirsi a lui
e partire per le varie avventure. Il contadino è Sancho Panza che lascia moglie e figli senza dire loro una
parola (così come fa Don Quijote, parte senza dire una parola alla governante e alla nipote). Partono per la
seconda impresa di notte, senza farsi vedere da nessuno, Don Quijote in groppa a Rocinante, mentre
Sancho Panza in groppa ad un asino (che non si era mai visto in un libro di cavalleria). Sotto consiglio
dell’oste ha camicie pulite e un po’ di denaro con sé. Ripercorrono la stessa strada che Don Quijote aveva
attraversato durante la prima impresa. Capitolo 8 Su una pianura ci sono trenta\quaranta mulini a vento
che Don Quijote vede come giganti contro cui combattere: Sancho prova a metterlo in guardia, ma niente
può impedire al cavaliere di combattere contro i suoi primi avversari. Parte alla carica ma la lancia si blocca
in una delle pale, si rompe e il cavaliere viene buttato a terra. Ripartono per Puerto Làpice ma Don Quijote
è pensieroso perché è senza lancia e racconta di un cavaliere che, essendo rimasto anche lui senza, se la
crea da un ramo di un albero. Anche lui è intenzionato a fare così. Passano la notte sotto un albero e Don
Quijote non fa altro che pensare a Dulcinea (tipico per i cavalieri che non riuscivano a dormire, come aveva
letto nei libri di cavallereschi). La mattina seguente ripartono e sulla strada si imbattono una brigata che
accompagna una dama a Siviglia, Don Chisciotte, credendo che la nobildonna sia stata rapita dal suo
seguito, cerca di liberarla. Sta per scoppiare una lotta tra Don Quijote e uno dei servitori dei frati quando la
narrazione si interrompe. Il primo autore della storia dice di non aver trovato altro riguardante le avventure
di Don Quijote; un secondo autore non vuole credere che la storia sia lasciata in balia della dimenticanza e
quindi ne cerca la prosecuzione. - Capitolo 9 Al secondo autore pare impossibile che nessuno si sia
interessato di narrare le imprese di Don Quijote: dall’elenco dei libri presenti nella sua biblioteca ce ne erano
alcuni abbastanza recenti, quindi il secondo autore si chiede se magari le gesta di Don Quijote si possano
essere svolte in tempi abbastanza recenti e quindi potevano essere nella memoria delle persone. Decide
quindi con diligenza a cercare il seguito di questa storia e la trova in un mercato di Toledo. Viene attratto da
un libro scritto in arabo e fa tradurre una parte a caso ad un ragazzo, un morisco. Quando lui nomina
Dulcinea del Toboso, il secondo autore capisce che si tratta della storia del Don Quijote. Leggendo l’autore si
scopre che è Cide Hamete Benengeli, uno storico arabo. Compra tutte le carte e paga il ragazzo affinché le
traduca tutte, in modo accurato, senza omettere o aggiungere informazioni. E in poco tempo. In un mese e
mezzo fu tradotta tutta la storia che viene riferita da qui in poi. Lo storico arabo non gode di grande stima
da parte del secondo autore; non è la storia a peccare di veridicità, ma l’autore stesso. Inoltre, a suo avviso,
spesso omette le grandi imprese ma sottolinea le sconfitte. A questo punto riprende la narrazione: Il
biscaglino e il cavaliere si scontrano e stranamente è proprio quest’ultimo ad avere a meglio. Permette alla
brigata di ripartire facendoli promettere di andare a Tolosa e narrare delle sue avventure a
Dulcinea.Capitolo 10 Sancho si rialza e vede il suo padrone tornare vittorioso in groppa a Rocinante: crede
che con lo scontro abbia guadagnato l’isola che gli aveva promesso. Don Quijote gli spiega che da questi
scontri non si guadagna altro che lividi e ferite, ma gli dice di non disperare che l’isola l’avrà, e forse anche
qualcosa in più. Tutto contento Sancho sale in groppa al mulo e segue il suo padrone. Rimane un po’
indietro e Don Quijote lo aspetta: a questo punta Sancho dice che secondo lui sarebbe meglio rifugiarsi in
una chiesa per paura che gli altri della Santa Fratellanza li accusino della rissa e che il padrone verrà
imprigionato. Don Quijote gli chiede se ha mai letto di cavalieri erranti che siano stati accusati e processati
per le loro imprese: Sancho dice che no, non ne ha mai letto perché non sa né leggere né scrivere. Si offre
per curare le ferite del padrone. Don Quijote parla di un balsamo speciale capace di curare qualsiasi ferita:
Sancho è disposto ad abbandonare l’idea dell’isola in cambio della ricetta che, con solo 3 reali, se ne
possono creare 50 once. La ricetta deve aspettare perché prima deve essere curato l’orecchio e poi c’è
bisogno di mangiare. Sancho tira fuori il poco cibo che aveva con sé e si rammarica di non poter offrire di
più; Don Quijote gli spiega che i cavalieri erranti a volte non mangiano per un mese e si cibano di quello che
trovano in natura; non c’è scritto da nessuna parte che ogni sera partecipassero a banchetti. Sancho si
rammarica nuovamente di non saper leggere ma consumano il pasto in tranquillità. Rimontano in sella per
trovare un riparo per la notte, che arriva troppo presto, e si vedono obbligati a dormire nelle capanne di
certi caprai. Capitolo 11 I caprai sono molto ospitali e organizzano la cena in una di queste capanne: Don
Quijote viene fatto sedere su un trogolo rovesciato, mentre Sancho rimane in piedi a servire il suo padrone
che lo invita a sedersi accanto a lui e mangiare dal suo piatto. Sancho prova a rifiutare ma Don Quijote lo
tira per un braccio e lo costringe a sedersi accanto a lui. Dopo aver mangiato e bevuto in abbondanza
ringrazia i caprai con un lungo discorso: pur non sapendo che lui fosse un cavaliere errante il cui compito
era difendere le donzelle, proteggere le vedove, soccorrere gli orfani e i bisognosi, loro li hanno accolti nella
loro case e rifocillati dopo le grandi avventure che hanno vissuto, senza conoscerne l’obbligo. Uno dei
pastori gli dice di voler far divertire il cavaliere: sta per arrivare un loro amico molto innamorato e capace di
suonare la ribecca (strumento a tre corde). Poco dopo arriva questo pastore, Antonio, che inizia a cantare.
Alla fine della canzone Don Quijote chiede di poter sentire altro, mentre Sancho è più propenso a dormire. I
cavalieri fanno miglior figura a vegliare, anziché dormire, quindi che lui trovasse un luogo dove riposarsi.
Prima però gli chiede di medicargli nuovamente l’orecchio: uno dei caprai dice di avere un rimedio migliore
che non richiederà altre medicine. E fu vero. Capitolo 12 Arriva un pastore e informa gli altri che è morto
Grisòstomo e che il giorno seguente si terrà il funerale. Si tratta di un giovane astrologo, ben voluto da tutti
che si è consumato d’amore per Marcela, una contadina del luogo. Ha messo in subbuglio la città perché ha
fatto richieste particolari per la sua sepoltura, tra cui essere deposto sotto un albero di sughero, dove dice
che vide per la prima volta la sua amata (non si tratta di un tipo di sepoltura abituale perché essere sepolti
in aperta campagna era tipico dei Mori). Il pastore che racconta la storia compie molti errori (es sarna
invece di Sara) e Don Quijote lo corregge in continuazione: dice che se continua a correggergli ogni parola ci
impiegherà un anno a raccontare tutta la vicenda. Racconta la storia di Marcela: la madre, una donna molto
bella, morì dandola alla luce e Guglielmo, il padre, morirà anche lui poco dopo lasciando alla figlie grandi
ricchezze. La bambina cresce con lo zio sacerdote e di anno in anno si fa sempre più bella, molto più della
madre. La maggior parte dei giovani sono innamorati della ragazza e lo zio è molto prudente: sa che è in età
di marito, ma sia per la bellezza sia per la ricchezza non vuole affrettare i tempi e soprattutto non vuole
farlo senza il suo consenso. Lei non si sente pronta per il matrimonio lo zio non le mette fretta. Da un giorno
all’altro decide di diventare “pastora” e inizia a girare liberamente per la campagna: ora tutti la vedono e
tutti se ne innamorano, facendo dichiarazioni su dichiarazioni, senza mai ledere il suo onore. Anche
Grisòstono fa parte di questa cerchia. Iniziano le proposte di matrimonio ma lei non ne accetta nemmeno
una. Probabilmente il ragazzo è morto per il rifiuto. Il pastore che sta raccontando la storia coniglia al
cavaliere di recarsi al funerale il giorno seguente. Ora è arrivato il momento di dormire, per la felicità di
Sancho che non sopportava più il parlare del pastore. Capitolo 13 È mattina, Sancho e Don Quijote si
preparano insieme ai pastori per andare ad assistere ai funerali di Grisostomo. Sulla via incontrano altri
pastori e insieme si recano verso il luogo stabilito; dopo aver narrato a Don Quijote nuovamente la storia
dello sfortunato innamorato, il pastore Vivaldo chiede al cavaliere come mai sia vestito così. Don Quijote gli
parla del suo essere un cavaliere errante e di tutto ciò che comporta. Vivaldo ritiene che sappia un po’ di
paganesimo questo loro affidarsi e raccomandarsi alle dame con tanta devozione anziché a Dio. Don
Quijote protegge le sue convinzioni ma Vivaldo non è d’accordo e chiede chi sia la sua dama e il cavaliere
inizia a parlare di Dulcinea, la più bella tra le dame, la principessa di Toboso. Vivaldo non ha mai sentito
parlare di questa donna, pur provenendo da una zona vicina la Mancha e quindi è molto scettico. Mentre
stanno ancora discutendo vedono arrivare un gruppo di uomini: si tratta della processione per il funerale
dello sfortunato pastore che viene portato nel luogo che ha indicato per la sua sepoltura. Nel frattempo che
viene scavata la fossa il pastore Vivaldo decide di leggere l’ultimo scritto di Grisostono per far vedere a tutti
le cattiverie a cui è stato sottoposto da Marcela. Capitolo 14 Si tratta di una canzone piena di tormento e
mentre i pastori stanno per leggerne un’altra arriva Marcella che racconta la storia dal suo punto di vista:
Dio le ha donato la bellezza e lei non può farci niente se tutti gli uomini si innamorano di lei, se non bloccare
sul nascere i loro sentimenti. Infatti, lei non ha mai illuso nessuno, ha sempre messo in chiaro che non
intende legarsi né ora né mai, a nessuno. È indipendente e così vuole rimanere. Don Quijote ritiene che sia
una donna di grande onore e vuole renderle i suoi servigi: infatti dopo il funerale non si reca a Siviglia come
gli era stato consigliato da alcuni viandanti ma decide di offrire a lei i suoi servigi. - Capitolo 15 SI
immergono nella radura dove poco prima si era diretta ma dopo due ore di ricerca non riescono a trovarla.
Visto che si sta avvicinando il momento più caldo della giornata decidono di riposarsi all’ombra, lasciando
Rocinante e l’asino di Sancho in libertà. Il cavallo, che era sempre stato calmo e mansueto, si allontana per
la prima volta e si trova in mezzo ad una mandria di cavalle e i guardiani iniziano a prenderlo a bastonate.
Don Quijote e Sancho intervengono (due contro venti, ma Don Quijote vale per cento) ma vengono pestati
duramente. Don Quijote si sente responsabile e dice che, essendo andato contro l’ordine cavalleresco,
ovvero aver sguainato la spada contro qualcuno che non era cavaliere, è stato sconfitto per forza. L’unico a
non aver subito ferite è stato l’asino di Sancho dove viene fatto salire Don Quijote e insieme se ne vanno. In
lontananza avvistano un’osteria che per il cavaliere, anche in questo caso, ha le fattezze di un castello.
Capitolo 16 Don Quijote viene curato dalla moglie e dalla figlia dell’oste, aiutate da una serva, alle quali
viene riferito da Sancho che le ferite sono dovute alle cadute da una rupe: anche lo scudiero ha le stesse
identiche ferite, ma a suo dire sono la conseguenza dello spavento che ha avuto a veder cadere il suo
padrone. Vengono fatti riposare in una stanza dove al momento si trova anche un mulattiere, uno dei più
ricchi di Arevalo: viene specificato questo da Cide Hamete perché si tratta di un suo parente. Al mulattiere è
stato promesso da Maritornes, la sguattera, di venire raggiunto non appena si fa sera. I tre riposano in
camera: il mulattiere attende l’asturiana, Sancho non riesce a riposare bene a causa dello scomodo giaciglio
mentre Don Quijote inizia a fantasticare. Si immagina che la figlia dell’oste (che lui considera una gran
signora) si sia innamorata di lui e che gli abbia promesso di giacere con lui quella notte; lui però non vuole
tradire la sua Dulcinea. Giunge la notte e Maritones entra in camera per andare dal mulattiere, ma invece
finisce tra le braccia del cavaliere che si scusa di non poter giacere con lei sia per le ferite riportate sia per la
fedeltà nei confronti della sua amata; l’asturiana non sa come liberarsi di lui; il mulattiere è in ascolto e
sente tutte ciò che Don Quijote sta dicendo alla giovane e si sta ingelosendo per il fatto che lei abbia
mancato la parola. Ad un certo punto si stufa ed inizia a menare il cavaliere; la giovane si rifugia nel letto di
Sancho che, svegliato di colpo, inizia a picchiare la donna, che non evita di renderle. L’oste, svegliato dal
fracasso va al piano di sopra e inizia a punire la sua sottoposta. Ad un certo punto si spenge la candela e
nessuno sa più chi stia colpendo. Ad un certo punto arriva un altro ospite che, tenendo tra le braccia Don
Quijote svenuto, e credendo che si tratti di un morto, dice di chiudere la locanda perché devono essere
individuati i colpevoli. La zuffa si interrompe e tutti tornano nelle proprie stanze, tranne gli sventurati
cavaliere e scudiero. Capitolo 17 Don Quijote e si riprende e inizia a raccontare a Sancho la più mirabolante
delle avventure che è appena successa in quel castello: di lui si era innamorata la signora del castello, ma
non potendo tradire la sa Dulcinea, affronta dolcissimi e amorosissimi ragionamenti fino a quando un
gigante inizia a picchiarlo. Qualche moro incantato deve essere di guardia alla giovane! Anche Sancho dice
di essere attaccato, da non meno di quattrocento mori. Venuto a

sapere di questo Don Quijote decide di creare il balsamo miracoloso. Nel frattempo, rientra l’altro ospite, il
commissario, per vedere il morto: vedendo che si è ripreso e conversa amabilmente si avvicina per
sincerarsi delle sue condizioni di salute, ma in seguito alle rispostacce del cavaliere gli tira una lanterna in
testa e se ne va. Sancho e Don Quijote lo credono il moro incantatore. A questo punto Sancho viene
mandato a cercare gli ingredienti per il balsamo e una volta trovati torna dal suo padrone che inizia la
preparazione corredata da varie preghiere, a cui assiste Sancho, l’oste e il commissario. Il balsamo non è
altro che una purga che fa star male il cavaliere per poi rinvigorirlo poco dopo, tanto che vuole provarlo
anche Sancho che, il non essere cavaliere, sortisce l’effetto opposto, lasciandolo in condizioni peggiori di
prima. Don Quijote vuole ripartire subito per le sue avventure e una volta che sta per congedarsi chiede al
castellano, per sdebitarsi della sua accoglienza, se c’è qualcuno di cui si vuole vendicare: l’oste dice che non
c’è nessuno di cui si vuole vendicare, vuole solo che gli ospiti paghino il soggiorno alla locanda. Visto che
non è tipico dei cavalieri pagare, Don Quijote se ne va; viene preso Sancho e, dopo essere stato avvolto in
una coperta, viene lanciato per aria da alcuni ospiti. Don Quijote richiamato dalle urla va in soccorso del suo
scudiero, ma ammaccato com’è non riesce nemmeno a scendere da cavallo; una volta stancatisi, gli ospiti
rimettono Sancho in groppa all’asino e Maritones si avvicina per dargli un po’ d’acqua, ma lui predilige il
vino che la giovane decide di portare. Sancho se ne va credendo di averla fatta franca e non aver pagato
niente. In realtà l’oste si è tenuto le sue bisacce. Capitolo 18 Sancho raggiunge il suo padrone che si
giustifica, per il mancato intervento dicendo che sicuramente l’osteria era un castello incantato in cui
operavano folletti e fate: infatti lui non era potuto scendere da cavallo perché bloccato da un incantesimo
per aiutarlo. Sancho dice che gli uomini non erano fatine ma uomini in carne ed ossa e probabilmente il suo
non poter scendere da cavallo è dovuto ad altre motivazioni. Dice che più che avventure stanno vivendo
disavventure e si chiede se non sarebbe meglio tornare indietro. Don Quijote dice a Sancho che lui ne sa
così poco in fatto di cavalleria e di portare pazienza perché al mondo non c’è cosa più bella che vincere una
battaglia. Sancho non è convinto visto che lui è solo un mero scudiero e le fortune non lo assistono (come
nel caso del balsamo miracoloso, che l’ha fatto stare peggio di prima). Mentre continuano a parlare vedono
alzarsi sulla strada davanti a loro un gran polverone: Don Quijote crede si tratti di un grande esercito e non
vede l’ora di scontrarsi per dimostrare il suo valore; Sancho dice che devono essere due eserciti perché
anche dall’altra parte si sta alzando il medesimo polverone. In realtà si tratta di due gruppi di pecore, ma
per Don Quijote sono gli eserciti di due re, che si contendono una fanciulla (figlia del re cristiano che vuole
essere sposata da quello pagano). Sancho è pronto a combattere contro i pagani e deve lasciare l’asinello.
Salgono su un’altura perché il padrone deve illustrare allo scudiero quali sono i più temibili guerriere dei
due eserciti. Sancho non riesce a vedere niente a causa del polverone e dice inoltre di non sentire suonare
le trombe e il rumore dei tamburi, ma solo il belare di pecore e montoni. Per Don Quijote questo è dovuto
alla sua paura che fa sì che non oda e che non veda direttamente il pericolo; decide quindi di andare da solo
e lascia Sancho a disperarsi sulla collinetta. Parte all’attacco dei greggi ma viene preso a sassate dai pastori.
A questo punto decide di bere qualche sorso del balsamo miracoloso, ma altre sassate gli rompono
l’ampolla e lo colpiscono in viso rompendogli parecchi denti. Quando gli “eserciti” se ne sono andati,
Sancho va a sincerarsi delle condizioni del padrone che, a causa del balsamo ha un conato e vomita sulla
barba di Sancho, il quale resosi conto di cosa fosse, vomita anche lui addosso al suo padrone. Sancho va
verso il suo asinello per prendere le sue bisacce ma si rende conto che non ci sono: tutto sconsolato viene
raggiunto da Don Quijote che gli dice che dopo tanti brutti avvenimenti adesso il buon dio avrà in serbo del
bene per loro. A questo punto vanno alla ricerca di un luogo dove passare la notte e mettere qualcosa sotto
i denti... almeno quelli rimasti. Per tirare su di morale il suo padrone, Sancho inizia a raccontare… Capitolo
19 Sancho dice che è colpa per il suo mancato giuramento di non trastullarsi con la regina e mangiare pane
alla tavola apparecchiata finché non avesse tolto l’elmetto malandrino: Don Quijote conviene che è vero e
l’episodio della coperta è capitato a Sancho perché non ha ricordato il giuramento al suo padrone. Arriva la
notte e non hanno trovato un luogo dove ripararsi e dove mangiare, quando incappano in un'altra
avventura: vedono in lontananza dei lumi che si avvicinano piano piano sulla strada, che non sono altro che
torce portate da alcuni incamiciati. Don Quijote vede anche quella che lui identifica come una barella dove
sopra, secondo la sua immaginazione si trova un cavaliere morto o ferito. A questo punto attacca e uno dei
primi, e a cadere dalla cavalcatura è Licenziato, un baccelliere che insieme agli altri sacerdoti stavano
portando il cadavere di un cavaliere a Segovia. Don Quijote si informa su come sia morto, e la causa è una
febbre: può risparmiarsi la fatica di vendicare la sua morte. Per il baccelliere più che un cavaliere di ventura
si tratta di una sventura averlo incontrato. Gli chiede aiuto per liberare la gamba ferita e Don Quijote
chiama Sancho per farsi aiutare il quale però è impegnato ad accaparrarsi le provviste presenti sulla mula
dei sacerdoti. Una volta finito va in aiuto del suo padrone e dopo averlo rimesso in sella gli indica la strada
che hanno preso i suoi compagni, dicendo di dire loro che li ha ridotti in questo stato il Caballero de la
Triste figura. Don Quijote chiede perché abbia scelto quel nome e Sancho dice che, alla luce delle torce
aveva l’aspetto più triste che avesse mai visto, forse dovuto allo sfinimento della battaglia. A questo punto
risalgono in sella e trovano un luogo dove rifocillarsi con il cibo rubato ai sacerdoti. Disgraziatamente non
avevano né vino né acqua, e Sancho vedendo il prato piena di erbetta fresca e disse... Capitolo 20 Che per
essere in così buono stato deve esserci nelle vicinanze un corso d’acqua. Decidono di andare alla ricerca di
questo corso d’acqua ma dopo poco passi sentono un rumore infernale. Don Quijote è, come al solito,
convinto che si tratti di nemici che deve sconfiggere; Sancho è preoccupato sia per le sorti del suo padrone
sia per le sue, nel caso in cui ne dovesse andare (è notte fonda). Decide di procedere con lui. Prima di
lasciare il suo padrone, Sancho racconta una storia riguardante un pastore, ma quando Don Quijote perde il
conto delle pecore la interrompe perché non ha più senso andare avanti. Giunge il giorno e si avvicinano al
pericolo ma viene fuori che non si tratta altro che di magli di gualchiera. A Sancho viene molto da ridere ma
non si azzarda; quando vede Don Quijote fare un sorrisino scoppia in una risata fragorosa che non riesce ad
arrestare. Don Quijote alla fine si arrabbia e gli tira un colpo che lo fa smettere; non gli piace venir preso in
giro. Sancho dice che non è il modo di comportarsi ma Don Quijote ribatte che in nessun libro di cavalleria
uno scudiero aveva certe confidenze con il padrone; Sancho vuole sapere se sui suoi libri c’era scritto
quanto prendeva di stipendio uno scudiero. Don Quijote dice che non prendevano niente, lui è fortunato di
essere stato inserito nel testamento, in caso dovesse succedergli qualcosa. Capitolo 21 Mentre hanno
ripreso il cammino, da lontano si vede arrivare quello che a Don Quijote sembra un cavaliere con un elmo
scintillante in testa, che riconosce essere l’elmo di Mambrino; in realtà si tratta di un barbiere che è anche
medico, che si sta recando in un villaggio vicino e per evitare, in caso di pioggia, di bagnarsi il cappello
nuovo, ha deciso di mettersi il catino di rame in testa. Don Quijote parte all’attacco e il barbiere, spaventato
scappa, lasciando dietro di sé il suo asino e “l’elmo”. Don Quijote si accorge che manca un pezzo,
probabilmente è stato fuso a suo avviso per ricavarne denaro, e quindi ci sarà bisogno di un fabbro che la
sistemi. Sancho e Don Quijote ripartono e Sancho chiede se non sarebbe meglio mettersi al servizio di un
signore e diventare cavalieri sotto il suo servizio in modo tale da avere una rendita garantita; Don Quijote
dice che è vero, ma prima di poter compiere questo passo devono vivere avventure e farsi un nome. Dopo
potranno andare al servizio di un signore, magari innamorarsi di una bella principessa, vivere avventure,
tornare a corte e chiedere la sua mano, che verrà accettata solo quando il re scoprirà che il cavaliere è figlio
di un re lontano e magari poi il padre della principessa morirà e lui regnerà in maniera giusta e valorosa.
Tutto questo viene raccontato mentre si trovano per la strada, e alzando gli occhi… Capitolo 22 Racconta
Cide Hamete Benengeli che mentre stavano parlando di questo videro una fila di galeotti che Don Quijote
decide di liberare perché suo mestiere è abbattere le prepotenze e soccorrere i deboli. Inizia a parlare con i
galeotti e a chiedere loro quale fossero le loro colpe e uno dei dodici è quello che colpisce maggiormente: si
tratta di Ginesio di Passamonte che prima di lasciare il carcere ha scritto un libro delle sue memorie,
intitolato per l’appunto Vita di Ginesio di Passamonte. Dice che sia un libro così pregevole che, al diavolo il
Lazarillo de Tormes e di quanti ne siano stati scritti di quel genere e di quanti ne scriveranno. Don Quijote e
Sancho riescono a liberarli; chiedono loro di andare al Toboso e di narrare le sue gesta a Dulcinea. Capendo
che si tratta di due pazzi, i galeotti iniziano a prenderli a sassate e li derubano. Capitolo 23 Sancho, il più
saggio e assennato dei due, non vuole aspettare che i carcerieri tornino a cercarli e punirli per aver fatto
scappare i galeotti: chiede al suo padrone di ritirarsi. Non si tratta di una fuga di fronte al pericolo come
asserisce Don Quijote, ma si tratta di sopravvivenza. Loro non potranno mai riuscire a sconfiggerli. Don
Quijote accetta ma dice a Sancho che non dovrà mai dire quello che stanno facendo ad anima viva. SI
dirigono verso un luogo della Sierra Morena Trovano un luogo appartato e mentre si riposano passa da lì
Ginesio di Passamonte che senza alcuna remora sottrae l’asino a Sancho e se ne va. Al risveglio lo scudiero
è disperato ma vien consolato da Don Quijote che afferma che gliene troverà un altro. Rincuorato, Sancho
si carica di tutti i bagagli che avrebbe dovuto portare il suo asino e si incamminano. Ad un certo punto
trovano per la strada una vaglia, in cui oltre a denari ed abiti, trovano un libricino pieno di sonetti e testi
riguardanti un amore disperato. Don Quijote decide di ritrovare questo autore. Si incamminano e da
lontano vedono un giovane uomo vestito di stracci e con la barba lunga che il cavaliere è sicuro sia l’autore
dei versi. Cercano di raggiungerlo ma si muove troppo velocemente per le deboli membra di Rocinante;
inoltre vedono una mula morta ed un cuscino e sono sicuri che il tutto, anche la valigia, appartenga allo
stesso uomo che avevano visto poco prima. Ad un certo punto vedono un gregge di pecore e un capraio che
chiede loro perché si trovano in queste lande desolate. Don Quijote gli dice che ha trovato la valigia e ha
visto un uomo aggirarsi per quelle zone e voleva sapere se si trattava della persona che aveva scritto quelle
poesie. Il capraio afferma che sì, la mula e la valigia appartengono all’uomo che hanno visto: tempo prima
aveva chiesto proprio a lui quale era il luogo più isolato e più difficile da raggiungere e il capraio gli aveva
indicato proprio quella zona della Sierra Leone: lui,

liberatosi da tutto ciò che possedeva, si era rifugiato in quella zone e aveva contatto con le persone solo per
chiedergli (o rubargli) del cibo. Si tratta di un pazzo che non sempre riesce a controllare i suoi istinti: benché
si trovi lì per fare ammenda per non si sa quali peccati, i pastori sono intenzionati a portarlo nella città più
vicina perché è un pericolo sia per sé stesso sia per gli altri. A questo punto entra in scena proprio l’uomo
definito el Roto de la mala figura e con fare mansueto si avvicina ai tre uomini e inizia a raccontare Capitolo
24 Chiede di non essere interrotto per tutta la durata del racconto perché è una storia troppo triste: il suo
nome è Cardenio e proviene da una delle famiglie più ricche dell’Andalusia. Fin da giovane ha sempre
provato un amore profondo, e corrisposto, per una certa Luscinda. Decide di chiederla in moglie, ma il
padre della giovane gli dice che è suo padre, visto che è ancora in vita, a dover fare la proposta. Arriva a
casa tutto trafelato e il padre lo informa che è stato richiesto alle dipendenze del duca Riccardo e dovrà
partire da lì a pochi giorni. Cardenio chiede a Luscilla e a suo padre di aspettarlo, di non farla maritare ad un
altro e loro accettano. Parte e va a casa del duca dove diventa molto amico di suo figlio Fernando: lui è
innamorato di una contadina, bella intelligente e ricca di qualità, ma molto povera, talmente povera che il
padre non accetterebbe sicuramente l’unione. Dopo aver passato del tempo di nascosto con lei, ed essendo
sfumata la passione amorosa, convince Cardenio di portarlo per qualche tempo a casa sua: ottengono
l’approvazione dal duca e Cardenio è entusiasta di poter rivedere la sua su Luscinda, che viene vista anche
da Fernando che se ne invaghisce. Sta raccontando di quando Luscinda gli chiese di leggergli un libro di
cavalleria di Amadigi di Gaula quando Don Quijote lo interrompe per accennare al romanzo; Cardenio
sembra distante e il suo successivo commento riguarda la regina protagonista del libro, commento poco
apprezzato dal cavaliere e dalla quale discussione scaturisce una lotta. Quando la lotta si interrompe
Cardenio si ritira nei boschi, ma Don Quijote, curioso di sapere come prosegue la storia, decide di seguirlo.
Capitolo 25 Inizia la salita sui monti senza sentieri per ritrovare Cardenio e Sancho è stanco, vuole tornare a
casa perché non ha più nemmeno ola possibilità di parlare con qualcuno (gli era stato intimato da Don
Quijote di non disturbarlo e Sancho si confidava con i suo asinello): il cavaliere gli dice che per questa
avventura potrà parlare con lui e Sancho gli espone i suoi dubbi: non sarebbe stato meglio lasciar parlare
Cardenio senza farci a botte, lasciar perdere i commenti sulla regina visto che le sue erano parole di un
pazzo? Don Quijote dice di no perché la regina in questione era una delle più grandi dame e lui doveva
difendere il suo onore. Don Quijote chiede a Sancho se ha ancora lui l’elmo di Mandrino e Sancho dice di sì
e dice anche che se lo porterà a casa, lo farà sistemare perché tutto ammaccato e poi lo userà per farsi la
barba: Don Quijote continua a dire che lui lo vede come una bacinella solo perché è sotto l’influsso degli
incantatori. Arrivano in una grande pianura e Don Quijote decide che lì farà penitenza per la sua sofferenza
amorosa. Chiede a Sancho di potare una lettera a Dulcinea (che Sancho conosce, ma la conosce con il nome
di Aldonza Lorenzo, una contadina poco elegante e molto “socievole” e di cui non riconosce come
magnifica principessa) e alla nipote per far sì che lo stesso Sancho abbia tre asini dato che il suo è stato
smarrito. Prima di congedarsi in groppa a Ronzinante, viene fermato dal suo padrone che si spoglia e inizia
a fare capriole per dimostrare la sua pazzia che dovrà essere descritta alla sua amata. Capitolo 26 Dopo
essere rimasto solo Don Quijote pensa a come esprime la sua pazzia, se imitare quella dirompente di
Orlando o quella più malinconica di Amadigi: è proprio quest’ultimo che decide di imitare, anche se non è
stato rifiutato e respinto da Dulcinea, basta la sua lontananza a renderlo pazzo. Si crea un rosario con l’orlo
della veste e incide sugli alberi versi dedicati alla sua amata. Passa il tempo a sospirare a invocare le
creature dei boschi e a cercare erbe che lo sostentassero fino al ritorno dello scudiero. Nel frattempo
Sancho passa di fronte all’osteria dove era avvenuto l’episodio della coperta: è indeciso se entrare o meno
ma a questo punto viene avvistato dal curato e dal barbiere che erano alla ricerca di Alonso. Chiedono a
Sancho dove si trova e dopo qualche tentennamento glielo dice, ma gli dice anche dei suoi compiti, ovvero
di doversi recare da Dulcinea e a casa della nipote per prendere i tre asini che gli sono stati promessi. Il
problema è che le lettere sono rimaste al suo padrone e Sancho se ne dispera, ma i due lo rassicurano
dicendogli che gli daranno tutto ciò che era stato richiesto. Inoltre, decidono con uno stratagemma, di
riportare don Quijote in città, travestendosi uno in una donzella che doveva trovare un cavaliere che le
aveva fatto un torto. don Quijote non si sarebbe mai tirato indietro e l’avrebbe aiutata e loro lo avrebbero
condotto in città per vedere se potevano porre rimedio alla sua pazzia. Capitolo 27 Il curato e il barbiere,
aiutati dalla moglie dell’oste, si agghindano da donzella in pericolo e da suo scudiero; una volta pronti
partono e dopo averli ragguagliati sull’altro pazzo che vive sulle montagne, raggiungono tutti e tre il luogo
in cui si troverebbe il cavaliere. Decidono di mandare Sancho per primo, dicendoli di riferire al cavaliere che
Dulcinea, la quale non sapeva né leggere e né scrivere, gli aveva dato una risposta a voce, ovvero di
raggiungerla subito.

A loro avviso già questo poteva convincerlo a lasciare le montagne. Viene mandato mentre loro aspettano
lì, in una zona fresca accanto ad un ruscello (era agosto, ed erano le tre di pomeriggio). Ad un certo punto
sentono una voce che intona una canzone e poi sentono recitare un sonetto: si avvicinano all’uomo che le
sta eseguendo e, dalle descrizioni di Sancho, credono che si tratti di Cardenio e cercano di farlo uscire da
quel bosco e di ritornare alla civiltà: Cardenio, che in quel momento è lucido, risponde che non può
andarsene, deve scontare la sua solitudine e chiede loro se vogliono sapere la causa di questo suo male. I
due pregano che gli narrasse la storia: arriva fino al punto in cui si era interrotto a narrarla a don Quijote,
ovvero alla lettura del libro di Amadigi. Nel libro Cardenio trova un biglietto da parte di Luscinda in cui lo
incita a far chiedere la propria mano da parte del padre di Cardenio. Cardenio è preoccupato perché è
convinto che il padre non vorrà, sia perché non è a conoscenza delle grandi virtù di Luscinda, sia perché non
vorrà che il figlio si sposi prima di aver visto quali piani aveva per lui don Riccardo. Cardenio si confida con
Fernando il quale si dichiara pronto a parlare con suo padre. Cardenio è estremamente grato e non può
fare altro che accettare quando Fernando gli chiede di andar, il giorno in cui parlerà con suo padre, in un
villaggio vicino a comprare dei cavalli. La trattativa dura più del previsto e dopo quattro giorni gli viene
portata una lettera da parte di Luscinda che lo informa che don Fernando non ha mantenuto fede alla sua
promessa, anzi, è andato dal padre di Luscinda a chiederla in moglie, e lui ha accettato. Sconvolto Cardenio
riparte per il villaggio e arriva pochi minuti prima del matrimonio. Riese a parlare con Luscinda che lo
informa che ha con sé un coltello e si ucciderà piuttosto che ledere il suo onore. Al momento dello scambio
delle promesse però Luscinda dice di sì e si trova sposata, per poi svenire un secondo dopo. La madre le
slaccia il corpetto forse troppo stretto e ci trova una lettera che viene letta da don Fernando. A questo
punta Cardenio se ne va e durante la traversata quasi giustifica Luscinda per le sue scelte, dato che
Ferdinando è molto più abbiente di lui. Arriva nella Sierra Morena dove si trova ora a passare la sua
penitenza. Non vuole tornare nella civiltà senza la sua Luscinda. A questo punto il curato sta per dirgli
qualche parola di conforto, ma una voce lo fa restare in sospeso. Qui termina la terza parte Cide Hamete
Benegeli. - Capitolo 28 La voce appartiene ad una ragazza vestita da uomo; a detta del curato e del barbiere
si trattava di una delle più belle donne, ma per Cardenio è molto bella ma inferiore a Lucinsda. Inizia a
raccontare la propria storia ai tre: si tratta di una contadina di nome Dorotea di cui un giovane molto
abbiente si era innamorato. Cerca di conquistarla in tutti i modi fino a quando una sera si intrufola nella sua
camera e promette di sposarla, donandole addirittura in suo anello d’oro. Il giorno seguente però questo
don Fernando se ne va e poco dopo la ragazza viene a sapere che si è sposato con una giovane di un
villaggio vicino. Lei parte con un suo servo e quando arriva nel villaggio chiede dove si trova la casa della
sposa. Il contadino al quale ha posto la domanda le dice più di quanto richiesto, ovvero che subito dopo il
pronunciamento del sì la ragazza è svenuta ed è stato trovato un biglietto in cui diceva di essere già sposata
con Cardenio e che ha sposato Fernando solo per volere dei suoi genitori. Era pronta ad uccidersi e questo
viene confermato da un pugnale vicino a lei. A questo punto Fernando, sentendosi preso in giro si scaglia
con Luscinda con l’intenzione di ucciderla ma viene bloccato e offeso se ne va dalla città. A questo punto
Dorotea pensa che non essendosi sposato con l’altra, possa diventare lei la moglie, rispettando la parola
data, solo che la sua assenza a casa ha dato via ad un passaparola con i villaggi vicini e ora si sente in
trappola. Con il servo si rifugia nei boschi; lui prova ad attuare un tentativo di violenza ma lei riesce a farlo
cadere in un dirupo per poi diventare pastore ai servizi di un capraio che ha incontrato lì. Questo, venuto a
sapere della sua identità cerca di fare lo stesso che aveva intenzione di fare il servo, ma non avendo avuto
un burrone lì vicino, Dorotea è costretta a fuggire e a nascondersi in quei boschi dove loro l’hanno trovata.
Capitolo 29 Adesso Dorotea vuole solo rimanere in quel luogo senza farsi trovare da nessuno perché è
troppa la vergogna che prova. A questo punta Cardenio si presenta a Dorotea e la informa che era lui che
Luscinda diceva di essere sposata Si propone di mettersi al servizio della donna e di rimanere con lei fino a
quando don Fernando non avrà tenuto fede alla sua parola. Dorotea accetta e i due uomini li vogliono
portare al villaggio per poi partire alla ricerca ma in quel momento udirono delle grida di Sancho che li stava
cercando. Non è riuscito a convincere il suo padrone a scendere dal monte perché prima di andare da
Dulcinea vuole essere degno di lei, vivendo grandi avventure. A questo punto Dorotea si propone di fingersi
una principessa in grave pericolo, bisognosa dell’aiuto di un grande cavaliere. Lei e il barbiere si recano da
don Quijote mentre il curato (la cui presenza non era necessaria) e Cardenio (che sarebbe stato
riconosciuto) rimangono indietro. Dorotea, utilizzando linguaggio cavalleresco, convince don Quijote a
lasciare il suo isolamento ed aiutarla a sconfiggere un certo gigante che aveva preso possesso delle sue
terre. Mentre vanno verso il villaggio si uniscono ai quattro anche il curato e Cardenia (travestito per non
farsi riconoscere) che dice a don Quijote che si trovava in quel luogo perché era stato derubato da alcuni
galeotti che erano stati liberati.

Capitolo 30 Don Quijote viene additato come il responsabile di questa liberazione ma la principessa
Dorotea lo blocca, dicendogli che ha promesso di essere fedele a lei e di non immischiarsi in altre lotte:
racconta inoltre la sua storia, di come un gigante di un’isola vicina al suo paese voglia usurparle il trono e di
come suo padre prima di morire l’aveva consigliata in caso di pericolo di cercare il gran Don Quijote che
l’avrebbe senza dubbio aiutata. Sancho, che non si rende conto, semplice com’è, che si tratta solo di una
menzogna ed è felice che il suo padrone finirà per sposare la principessa e lui potrà avere delle terre. Don
Quijote è fedele alla sua Dorotea, ma Sancho è sicuro che nemmeno Dulcinea sia bella quanto lei (rischia di
farsi scoprire, ovvero che non ha consegnato la lettera a Dulcinea, ma si salva in corner dicendo che non ha
avuto modo di osservarla bene. ) Da lontano vedono arrivare un uomo a cavallo di un asino: Sancho lo
riconosce come Ginesio di Passamonte in groppa al suo di asino: lo accusa di furto e gli intima di andarsene,
cosa che in realtà fa e Sancho può riabbracciare il suo asinello. In mezzo ai festeggiamenti Cardenio, il
curato e Dorotea parlano della stravaganza del cavaliere ma allo stesso modo gli riconoscono la lucidità
mentale per quanto concerne le tradizioni cavalleresche. Sancho e Don Quijote parlano della lettera che lo
scudiero avrebbe dovuto portare a Dulcinea ma che era rimasta in mano al padrone. Lo tranquillizza però
dicendo che l’ha dettata a memoria ad un sacerdote. Capitolo 31 Sancho e Don Quijote continuano a
parlare di Dulcinea e di cosa stesse facendo quando Sancho le ha portato la lettera: stava lavorando nei
campi e non ha letto subito la lettera ma l’ha messa in un sacco, inoltre se l’è fatta dire a memoria da
Sancho perché non sa né leggere né scrivere. Il suo primo desiderio è stato quello che il suo cavaliere
venisse lì al Toboso. Don Quijote ora non si può recare là (prima il dovere e poi il piacere) e inoltre si
stupisce del fatto che Sancho abbia percorso la strada fino al Toboso e ritorno in solo tre giorni. Deve
esserci stato necessariamente l’intervento di un incantatore. Inoltre Sancho gli chiede se è così sicuro di
non voler sposare la principessa. Ad un certo punto si fermano ad una fonte per rifocillarsi e per mangiare
un boccone quando da lì passa un ragazzo che riconosce Don Quijote: si tratta di Andreas, il ragazzo che
aveva incontrato nella sua prima uscita e che aveva liberato e fatto pagare dal suo padrone che lo stava
punendo. Andreas dice che la storia non è andata proprio così visto che quando se ne era andato il padrone
aveva ricominciato a picchiarlo (tanto da farlo andare all’ospedale dal quale era appena uscito) e non lo
aveva nemmeno pagato. Don Quijote sta per lasciare il gruppo per trovare quel contadino mascalzone
quando viene fermato da Dorotea che gli ricorda la sua promessa, ovvero di dover portare a termine prima
la sua impresa. Andreas è più che contento di non essere aiutato nuovamente e gli chiede semmai lo
rincontrerà in futuro, di lasciarlo stare. Presa una fetta di formaggio e una di pane se ne va, lasciano Don
Quijote mortificato e tutti gli altri in preda alle risa. Capitolo 32 Giungono all’osteria dove Sancho non vuole
entrare, memore degli ultimi avvenimenti, mentre Don Quijote viene accolto con gran riguardo dall’oste,
dalla moglie, dalla figlia e da Maritones che gli preparano un letto nel solaio. Mentre c’è una cena in cui
tutti gli avventori sono colpiti dalla bellezza di Dorotea e dalla bella presenza di Cardenio, vengono
raccontate le imprese del cavaliere che fanno sganasciare dalle risate tutti. Il curato e il barbiere dicono che
la colpa è tutta dei libri di cavalleria e da lì ne nasce una discussione: tutti nella famiglia dell’oste amano
quel genere di letture. Chiedono di poter visionare i libri che sono tre: Don Cirongillo di Tracia, Felixmarte
d’Incarnia e la storia del capitano Hernandez de Cordoba. I due esperti dicono che i primi due sono da dare
alle fiamme perché pieni di bugie e farneticanti. Ne nasce una discussione perché l’oste crede, come Don
Quijote (come viene fatto notare da Cardenio e Dorotea), che le avventure dei cavalieri siano reali. Sancho
è scioccato da questa possibilità. Mentre l’oste sta rimettendo i libri nella valigia in cui erano contenuti, il
curato fa caso ad un manoscritto intitolato Novela del curioso impertinente che decide di leggere a tutti
coloro che si trovavano al tavolo. Capitolo 33 e Capitolo 34 Anselmo e Lotario erano due ricchi e giovani
scapoli, talmente amici da essere soprannominati “i due amici”. Anselmo, più incline alle avventure
amorose, un giorno confessa a Lotario di essersi innamorato di una signorina nobile e bellissima, Camilla.
Da grande amico quale era, Lotario va a chiederla in sposa ai genitori e conclude la trattativa. Per Anselmo
l'onestà di una donna era proporzionata all'insistenza della corte che le veniva fatta, quindi una donna non
poteva essere onesta se nessuno la induceva in tentazione. Chiede così all'amico di corteggiare la moglie
per dimostrare la sua fedeltà. Lotario, dapprima contrario, accetta per convincere l'amico che il suo onore
non correva nessun pericolo. Anselmo lascia così i due soli in casa assentandosi fintamente per lavoro e
ogni volta che tornava chiedeva all'amico come si era comportata Camilla. Non convinto delle sue risposte
(continuava a lodare la sua onestà e la sua serietà) decide di spiarli e vede che per tutto il tempo non si
parlavano. Lotario, sentendosi dare del bugiardo dall'amico, gli giura che da quel giorno in poi avrebbe fatto
di tutto per accontentare la sua curiosità. Durante un'assenza appropriata di Anselmo, Lotario si accorge
che non poteva più fare a meno di guardare Camilla: si faceva forza per respingere la gioia che provava
ogniqualvolta stava con la donna, lottava per non ammettere che era innamorato di lei. Cominciò così a
corteggiare Camilla con tanto turbamento e discorsi infuocati, che lei dovette fare un'enorme sforzo per
impedire agli occhi di mostrare la compassione e l'affetto che Lotario aveva risvegliato in lei. Ma le lacrime,
le preghiere e i regali dell'uomo fecero in modo che la donna si arrendesse ai propri sentimenti. Tornato a
casa, Anselmo viene a sapere però dall'amico che la moglie era la più virtuosa delle donne mai esistite. Il
marito non contento, pensa che se Lotario avesse spostato la sua attenzione su un'altra donna, Camilla si
sarebbe infuocata dalla gelosia. Fece così leggere all'amico delle poesie dedicate a una certa Clori, ma in
realtà la moglie sapeva benissimo che era solamente una “donna schermo” e che la destinataria di
quell'amore era in realtà lei. La domestica Leonella, che sapeva della tresca tra Camilla e Lotario, decide di
sfruttare quella situazione per poter portare liberamente in casa il suo amante durante la notte. Lotario,
vedendo uscire l'uomo di Leonella, pensa che si tratti di un altro amante di Camilla, che nel medesimo
modo in cui si era abbandonata a lui, lo avesse fatto anche con altri. Va dunque a raccontare al suo amico
che la moglie si era arresa alla sua corte e, per dimostrarglielo, gli chiede di nascondersi nel guardaroba per
vedere di persona che Camilla amava lui. Quando però seppe che in realtà quell'uomo era l'amante della
domestica, Lotario e la sua amata devono trovare un modo per rimediare ed escogitarono un imbroglio:
sapendo bene che Anselmo era nascosto, Camilla incominciò a lamentarsi con Leonella sul fatto che gli
occhi sfrontati e disonesti di Lotario avevano visto in lei un segno di cedimento. Chiunque l'avesse sentita
l'avrebbe presa per la ragazza più pietosa e fedele. Non contenta di ciò finse di pugnalarsi per aver imbratto
l'onore del marito in modo così reale ed appassionato che Anselmo si persuase che fosse tutto vero.
Capitolo 35 La storia viene interrotta da Sancho che informa tutti che il suo padrone sta battagliando contro
i giganti, che in realtà non sono altro che botti di vino. Infatti, Don Quijote è profondamente addormentato
e sta vivendo l’avventura in una sorta di sonnambulismo. Tutti ridono dell’avventura del cavaliere contro il
gigante tranne l’oste disperato per la perdita del vino e la moglie che già la volta scorsa era stata fregata dal
cavaliere di ventura che non aveva saldato il conto. Il curato promette di ripagare ogni cosa, cosicché tutti
possano finire di leggere la storia del curioso impertinente: Una notte però, Anselmo scoprì l'amante di
Leonella: per non farsi licenziare la domestica gli promise che la mattina seguente gli avrebbe rivelato un
segreto di cui lui era all'oscuro. Quando la stessa notte Camilla lo seppe, immaginò che il segreto fosse la
tresca con Lotario e decise così di fuggire da lui. Il suo amato la condusse in un monastero per nasconderla
e anche lui fuggì dalla città. Anselmo, svegliatosi senza moglie, amico, domestica e onore, decise di
uccidersi. Camilla rimase chiusa nel monastero e quando seppe dopo alcuni mesi della morte di Lotario in
guerra prese i voti. Capitolo 36 All’osteria arriva un gruppo di forestieri composto da quattro servitori ed
una donna, molto silenziosa che non fa altro che sospirare: Dorotea si avvicina per tentare di dare un po’ di
conforto ma in un momento di trambusto generale, cadono le maschere della donna e di un o dei servitori
che non sono altro che Fernando e Luscinda. Dorotea si getta ai piedi dell’amato e con un discorso
lacrimoso gli chiede di poter essere ripreso con lei in qualità di sua sposa, o al limite anche si sua serva.
Commosso dalle sue parole Fernando la abbraccia lasciando andare Luscinda che può ricongiungersi con il
suo Cardenio. A questo punto vengono raccontate le parti della vicenda ancora oscure al lettore, ovvero
cosa successe a Fernando e Luscinda dopo il mancato matrimonio: lui ero molto adirato con la giovane
tanto da volerla uccidere. Il giorno dopo Luscinda scompare e Fernando viene a sapere che si trova in un
monastero in aperta campagna dove la rapisce con tre servitori e per la strada si fermano all’osteria dove si
trovano ora. Capitolo 37 e Capitolo 38 Tutti sono felici per il risolvimento delle varie questioni, ad eccezioni
di Sancho che informa il suo padrone riguardo gli ultimi avvenimenti e del fatto che Dorotea si è
trasformata in un’umile contadina mentre il gigante non era altri che Fernando. Don Quijote va a parlare
con Dorotea la quale, in accordo con tutti gli altri di portare avanti la sceneggiata in modo da poter
condurre il cavaliere a destinazione, lo informa che niente è cambiato dal giorno precedente e lei è ancora
la principessa Micomicona e deve ancora renderle servizio. Don Quijote se la prende con Sancho che diche
che sì, può essersi sbagliato sulla principessa, ma sicuramente non si è sbagliato sul gigante e i 75 litri di
vino sono lì a dimostrarlo. A quel punto entra all’osteria un cristiano che si capisce essere appena tornato
da un paese morisco insieme ad una giovane, la quale sembra mussulmana (come poi si scoprirà). La
donna, che si chiama Maria, viene invitata a dormire con loro da Luscinda e da Dorotea Durante la cena don
Quijote, con i suoi discorsi da uomo assennato non assomiglia per niente al pazzo che ha attaccato le botti
credendo che si trattasse di un gigante. Finita la cena chiedono tutti allo sciavo di raccontare la propria
storia, e lui accetta.
Capitolo 39, 40, 41 Il prigioniero ci racconta di come suo padre avesse diviso la sua hacienda in tre parti da
dividere tra i suoi tre figli. Ognuno di loro avrebbe dovuto concentrarsi in diversi ambiti, uno alle armi, un
altro alle lettere e l'altro al commercio. Il prigioniero dice che fu lui a dedicarsi alle armi e che dopo alcuni
viaggi fu catturato e fatto prigioniero dal re di Algeri. Dopo essere stato rinchiuso in una prigione per molto
tempo, riceve denaro da una finestra della prigione e una lettera in cui una donna dice di volerlo sposare e
fuggire insieme a lui. Con i soldi della ragazza il prigioniero riesce a scappare dalla prigione e con alcuni
amici va a cercare la ragazza e lì trovarono un forziere che conteneva scudi d'oro. Dopo molte avventure,
tra cui aver perso gran parte del tesoro sulla strada per Maiorca, riescono a raggiungere le montagne
Leonesi per scoprire se uno dei suoi parenti fosse ancora sopravvissuto. Capitolo 42 Finita di narrare la sua
storia, lo schiavo riceve i complimenti da tutti quanti, sia per l’avventura, sia per il modo in cui è stata
raccontata. A questo punto entra un nuovo ospite nell’osteria, un uditore accompagnato da una giovane di
incredibile bellezza, sua figlia. I padroni cedono a lui la loro camera, quindi deve trattarsi di un uomo molto
importante. Viene accolto con grande riguardo da tutti anche se rimane sconvolto dai modi di Don Quijote.
A questo punto lo schiavo è convinto che si tratti di uno dei suoi due fratelli, ma ha paura a farsi riconoscere
a causa della sua povertà. A questo punto interviene il curato e dice che ci penserà lui. Quando le donne e
lo schiavo si ritirano, il curato inizia a raccontare la storia di questo suo compagno d’armi e racconta
all’uditore tutta la sua storia che inizia a piangere perché crede si tratti, per l’appunto, del fratello.
Vorrebbe tanto ritrovarlo anche per il padre che ha paura di morire senza aver prima rivisto il proprio figlio.
A questo punto il curato va a riprendere lo schiavo che si ricongiunge con il fratello. Tutti vanno a dormire e
poco prima dell’alba sentono una voce melodiosa che sta cantando fuori. Si tratta del mulattiere. Capitolo
43 Dorotea si sveglia per ascoltare la canzone del ragazzo e decide di svegliare anche Clara per farla sentire
anche a lei: udendolo, Clara si rende conto di conoscere quella voce. Si tratta di don Luis, amico d’infanzia e
da sempre innamorato di lei. Una volta appresa della partenza della giovane, don Luis decide di seguirla e di
cantare alla sua finestra ogni volta che avrebbe potuto per farle sapere che continuava ad amarla. Clara è
molto spaventata per la reazione che avrebbe potuto avere il padre ma Dorotea la rassicura,
promettendole che avrebbe parlato con suo padre. Maritones e la figlia dell’oste decidono di fare uno
scherzo a don Quijote: gli fanno credere che, attraverso un buco nel muro del fienile, provenisse una voce
di una principessa imprigionata che stava dichiarando il suo amore per lui. Don Quijote si arrampica per
stringerle la mano e dopo averla infilata dentro una fessura nel muro, le due giovani la legano e se ne
vanno. Don Quijote era in piedi su Rocinante e ad un certo punto scivola dalla sella rimanendo attaccato
per un polso Capitolo 44 All'alba Maritones decide di slegarlo e una volta libero cade davanti a quattro
cavalieri che erano appena arrivati alla locanda: si tratta di uomini del padre di Luis che, per ordine del
padre di lui, devono riportarlo a casa. Poco dopo, Dorotea fa da mediatrice e il padre di Clara riconosce il
figlio del suo vicino di casa e accetta di farlo sposare con la figlia. Decidono di andare in Andalusia,
rimandando alcuni servi per chiedere al padre di Luis se fosse d’accordo con il matrimonio. Arriva alla
locanda anche il barbiere a cui don Quijote aveva rubato la bacinella credendo che si trattasse dell’elmo del
Mambrino: inizia una brutta lite dove Sancho si dimostra molto valido nel difendere il suo padrone, tanto
da guadagnarsi la promessa da don Quijote di diventare a sua volta un cavaliere Capitolo 45 Dopo varie
discussioni sul fatto che la bacinella fosse o no il famoso elmo, il curato decise di ripagare il barbiere
derubato (all’insaputa di don Quijote) di otto reali, il prezzo della bacinella. alla locanda arrivano alcuni
cavalieri della Santa Fratellanza e, riconoscendo in don Quijote colui che aveva liberato i galeotti, decidono
di arrestarlo. don Quijote si difende citando i codici della cavalleria. Capitolo 46 Dopo che il curato aveva
spiegato loro che don Quijote era completamente pazzo, i cavalieri accettano di non imprigionarlo. Dopo
che questo pasticcio viene risolto, don Quijote decide di ricominciare le sue avventure e condurre
finalmente la principessa Micomicona nel suo regno: comunica a Sancho le sue intenzioni ma questo dice
che è stato imbrogliato, che la donna è principessa quanto lo era sua madre e lo informa di averla vista fare
con don Fernando cose non degne di una regina. Don Quijote inizia ad insultare il suo scudiero, definendolo
un imbroglione e un cattivo servitore: quello che ha visto è sicuramente dovuto ad un incantesimo! Sancho
chiede scusa per il suo errore di interpretazione. A questo punto, vedendo che la pazzia del loro amico non
fa che aumentare, il barbiere e il curato decidono di farlo tornare a casa, ovviamente usando un inganno:
mettono una gabbia su un carro e di notte si recano nella stanza del cavaliere (con maschere sul viso per
non farsi riconoscere) e con voce spettrale lo informano che deve montare sul suddetto carro per portare a
termine l’impresa con la principessa. Don Quijote non è per niente spaventato, e anzi, ringrazia per la
profezia, anche se al tempo stesso è molto confuso perché non ha mai letto di imprese che sono avvenute
dentro ad una gabbia. Sancho segue, anche se spaventato, il suo padrone perché è molto interessato alla
ricompensa che lo aspetta. Capitolo 47 Durante il viaggio incontrano vari personaggi tra cui il canonico di
Toledo, che si avvicina e chiede il motivo per cui quell’uomo viene trasportato in una gabbia: don Quijote
risponde che doveva farlo se voleva portare a termine la missione per cui aveva prestato giuramento. Il
curato prende da parte l’uomo che hanno appena incontrato e gli spiega della follia del suo amico che, una
volta ricevuto tutte le spiegazioni, inizia un’aspra critica per i libri di cavalleria. Capitolo 48 I due uomini
continuano a parlare di romanzi cavallereschi: ad un certo punto il canonico confessa che una volta aveva
avuto intenzione di scriverne lui stesso uno. Ad un certo punto si era però reso conto, dopo aver scritto
varie pagine, che se avesse continuato probabilmente non sarebbe più riuscito a distaccarsi da quel mondo.
Continua la critica comunque da parte dei due uomini, che definiscono questo tipo di romanzi inutili e
insensati. Nel frattempo, Sancho si avvicina al suo padrone per informarlo che quella che stava vivendo non
era un’avventura, ma era solo un imbroglio organizzato dal barbiere e dal curato per riportarlo finalmente a
casa. Capitolo 49 Questo capitolo inizia con Sancho e don Quijote che discutono se l'incantesimo fatto sul
cavaliere sia vero o no. Quando si fermarono per riposare, Sancho disse al sacerdote di lasciar uscire Don
Chisciotte per poter fare una passeggiata: una volta fuori il canonico cerca di convincere don Quijote che i
libri di cavalleria non sono altro che racconti senza senso, ma le risposte del cavaliere gli fanno capire che
ormai la sua follia è totale ed è impossibile discutere con lui. Capitolo 50 Prosegue comunque la discussione
tra il canonico e don Quijote riguardo i libri di cavalleria; una volta terminata Sancho e il suo padrone
iniziano a parlare della ricompensa che era stata promessa. Sancho è spaventato perché cosa avrebbe fatto
se non si fosse dimostrato un buon governante? A questo punto il gruppo incontra un pastore che sta
rimproverando una capra che era scappata, anche se a dire la verità non gliene fa una colpa visto che è
femmina e quindi più incline all’agitazione. A questo punto il pastore, incitato da tutti, inizia a raccontare
una storia. Capitolo 51 La protagonista della storia è Leandra, una giovane di cui tutti erano innamorati
(anche lo stesso pastore), a cui però il padre aveva deciso di darle la libertà di scegliersi autonomamente il
proprio marito. Un giorno appare in città un soldato che, raccontando storie di battaglie e guerre, incanta la
giovane che decise di scappare con lui, dopo aver preso con sé tutti i suoi gioielli e risparmi. Qualche giorno
dopo viene però ritrovata, sola, abbandonata e senza più niente; il padre, per dare una lezione alla figlia,
decide di chiuderla in convento. una volta terminata la storia, il pastore dice che il motivo per cui crede che
la capra sia femmina è perché il suo comportamento è pazzo e senza senso come quello di Leandra.
Capitolo 52 Don Quijote informa il pastore che se non avesse già una missione in corso, sarebbe andato a
cercare Leandra e l’avrebbe portata da lui; il pastore chiede agli altri chi sia quell’uomo che sta parlando in
maniera così strana. Sicuramente è un pazzo perché nessuno si esprimerebbe come fa lui. Una volta venuto
a sapere di queste calunnie, don Quijote inizia ad insultarlo dicendo che il pazzo era lui. Ne scaturisce una
piccola lotta in cui alla fine il cavaliere decide di terminare. Il pastore se ne va. Poco dopo il gruppo vede
sfilare una processione che per invocare la fine della siccità, porta con sé un’immagine vestita a lutto:
credendo che si tratti di una donzella in pericolo, don Quijote parte all’attacco anche se viene colpito con
un bastone da un uomo che stava trasportando la figura. don Quijote stramazza al suolo e Sancho crede
che il suo padrone sia morto: in realtà si riprende ma dice al suo scudiero che vuole andare a casa e
aspettare un po’ prima della prossima avventura. Ripartono e in poco tempo arrivano al villaggio dove
vengono accolti dalla governante e dalla nipote che gli assicurano riposo e tranquillità. Sancho è felice delle
avventure che ha vissuto e non vede l’ora che il suo padrone si rimetta per ripartire nuovamente insieme.

Seconda Parte Prologo In questo prologo Cervantes mette le carte in tavola: lui sa di un’altra opera in cui
vengono continuate le avventure del suo personaggio, che non condivide. Decide quindi, con il benestare
del conte di Lemos, di continuare le avventure del suo cavaliere, dal momento in cui è stato riportato a
casa, fino alla sua morte, per mettere così fine alle sue avventure e impedire che altri ne scrivano. Dice che
a breve pubblicherà anche un’opera detta Persile e la seconda parte de La Galatea. Capitolo I Racconta
Cide Hamete in questa seconda parte che il curato e il barbiere non videro il cavaliere per circa un mese,
per non ricordargli con la loro presenza le avventure passate; andavano a trovare però la nipote e la
governante che li informano dei suoi grandi miglioramenti, tanto da sembrare a posto a livello di testa. Dati
i miglioramenti decidono di andare a trovarlo e lo trovano seduto su un letto con un berretto rosso e un
camiciotto verde, tanto magro da sembrare una mummia: parla però di vari argomenti con tale saggezza da
far credere agli interlocutori di essersi pienamente ristabilito. A questo punto il curato decide di testare la
sua sanità mentale parlando di un certo turco che si trova ora in Spagna e di come potrà essere sconfitto, al
che don Quijote dice che il re, per bloccare l’invasione, sarebbe dovuto ricorrere ai cavalieri erranti. Il
barbiere inizia a raccontare di un pazzo di Siviglia il quale, comportandosi e utilizzando un linguaggio
normale, si fa credere da tutti guarito (più o meno il comportamento che sta tenendo Don Quijote); il
cavaliere inizia a ribattere dicendo che i cavalieri erranti sono sempre esistiti ma sono i tempi ad essere
cambiati e che non gli accetto più. Anche i giganti, contro i quali aveva creduto di combattere nella prima
parte, sono realmente esistiti, tanto da essere inclusi nelle sacre scritture e tanto da esserci dei resti in
Sicilia. Il barbiere e il curato capiscono che non ha abbandonato le sue idee cavalleresche anche per come
difende le identità di vari cavalieri, in maniera estremamente documentata. Ad un urlo in cortile accorrono
il barbiere e il curato. Capitolo 2 Ad urlare sono la nipote e la governate contro Sancho che è venuto a
vedere il suo padrone: gli era stata promessa un’isola per le avventure che avevano compiuto insieme. Il
curato e il barbiere lasciano soli i due, tanto si rendono conto che la pazzia di Alonso è definitiva. Don
Quijote è rammaricato del fatto che Sancho abbia detto che è stato portato via dalla sua casa, quando in
realtà sono due parti di un’unica entità. Sono capo e membra, e il primo soffre se soffre il secondo. Sancho
ribatte che nel momento in cui era stato lanciato in aria nella coperta era lui a soffrire mentre il padrone
era a guardarlo al di là del muro. Interrompono momentaneamente il discorso perché don Quijote vuole
sapere cosa si dice di lui e delle sue imprese: il popolo lo ritiene pazzo, i nobili credono si sia appropriato del
don che non gli appartiene, i cavalieri non vogliono che si metta in relazione con loro. Don Quijote se lo
aspettava, anche i personaggi del passato erano stati calognati dai maligni. Sancho gli dice che le calunnie
non sono finite: la sera prima è tornato da Salamanca il figlio di Bartolomeo Carrasco che lo informa che la
storia di Don Quijote, Sancho e Dulcinea è stata scritta e pubblicata con il nome El ingenioso Hidalgo don
Quijote de la Mancha. Dell’autore Cide Hamete Berenjela, di cui don Quijote riconosce le origini di moro.
Manda Sancho a prendere Sansón Carrasco. Capitolo 3 Don Quijote non si capacita che siano già state
scritte le sue imprese, visto che non si era ancora asciugato il sangue dei suoi nemici dalla sua spada. Ha
paura anche della reazione che potrà avere la sua Dulcinea perché non si fida di ciò che è stato scritto da un
moro. Arrivano Sanson e Sancho: il baccelliere ha un aspetto che induce alla burla e alla malizia. Gli dice che
è onorato di trovarsi dinnanzi ad un così famoso cavaliere di cui le imprese sono state scritte in arabo e poi
tradotte in castigliano; tende a sottolineare che sia lo scrittore sia il traduttore si impegnano a fare un
ritratto il più rispettoso possibile delle sue imprese. Vengono descritte tutte, dai mulini a vento ai galeotti,
niente è stato tralasciato nemmeno l’episodio della coperta. Don Quijote avrebbe preferito che taluni
episodi fossero tralasciati (anche enea non era stato tanto pio quanto lo si dipinge), ma per Sanson c’è
differenza tra i racconti di uno storico e quello di un poeta: il poeta può parlare e raccontare di ciò che
avrebbe potuto essere, mentre lo storico deve riferire i fatti come realmente furono, senza togliere o
aggiungere niente. Di Sancho viene detto che dovrebbe reclamare l’isola che gli è stata promessa; vengono
fatte critiche ai racconti intercalati che sono lunghi e sono lontani dalla vicenda principale; vengono criticati
buchi nella trama, come ad esempio da chi è stato rubato l’asino di Sancho e di come ne sia tornato in
possesso poco dopo, oppure cosa ne abbia fatto sempre lo scudiero dei cento reali che aveva trovato
dentro la valigia. Sancho è disposto a raccontare ma prima vuole andare a casa a rifocillarsi; dopo il pranzo
e la siesta torna a casa del suo padrone e inizia a raccontare. Capitolo 4 Racconta ciò che era stato richiesto
da Sanson e chiede se ci sono altre inesattezza: se ci sono non sono niente di importante. A questo punto
don Quijote chiede se è prevista una seconda parte e Sanson risponde di sì, anche se per ora non si sa
niente, se sia già stata scritta o meno. A questo punto sentono nitrire Rocinante e lo reputano un segno

buon augurante per uscire e intraprendere un’altra avventura: chiede al baccelliere di scrivere un sonetto
per salutare la sua donna amata ma trova difficoltà a causa del numero dei versi (dovevano essere
diciassette, in maniera tale che ogni prima lettera di ogni verso componesse il nome Dulcinea del Toboso).
Decidono di partire da lì a otto giorni, ma prega Sanson di non dire niente alla nipote o alla governante.
Capitolo 5 Il traduttore di questa storia tende a sottolineare che a suo avviso questa parte è apocrifa perché
Sancho parla e si rivolge in maniera strana rispetto al suo personaggio. Sancho va dalla moglie e le dice che
sta per partire per nuove avventure con il suo padrone: spera di ricavare nuovi scudi e finalmente l’isola da
governare. La moglie gli dice di non dimenticarsi di lei e dei suoi figlioli; Sancho dice che farà maritare sua
figlia con un uomo di così alto lignaggio che dovranno darle l’appellativo di donna; la moglie dice che no, è
meglio farla sposare con un suo pari per non farla sentire a disagio. Ne segue una lunga discussione in cui
alla fine, a causa delle lacrime della moglie, Sancho accetta di aspettare il più possibile per far chiamare la
figlia contessa. Capitolo 6 La nipote e la governante, temendo che don Quijote tornasse alle vecchie
abitudini, cominciano a dirgli che sarebbe stato meglio se avesse servito il re e smesso di essere un
cavaliere errante. Don Quijote, sentendo ciò, inizia a fare un confronto tra i cavalieri erranti e i cavalieri
cortigiani. La nipote gli dice che i cavalieri erranti sono sciocchezze e che i veri cavalieri sono i nobili, cosa
che lui non è. Il cavaliere le dice che lui è nato sotto l’influenza di Marte e che quindi è di natura il suo
dedicarsi alle armi; era lo stesso destino che gli ordinava di essere cavaliere. A questo punto arriva Sancho e
si chiudono in camera a parlare di ciò che succederà da lì a breve. Capitolo 7 All’arrivo di Sancho, la
governante va alla ricerca di Sanson che a suo avviso è l’unico che potrebbe bloccare l’imminente partenza
del suo padrone; lui le dice di calmarsi e di andare in casa che lui la raggiungerà presto. Sotto consiglio della
moglie, Sancho decide di chiedere al suo padrone un salario; don Quijote dice che non ha mai letto nei libri
di cavalleria una cosa del genere e lui non se la sente di rompere la tradizione cavalleresca. Dice se così non
gli sta bene, lui non avrà difficoltà a trovare un nuovo scudiero. A questo punto entra Sanson che incoraggia
(con grande stupore della nipote e della governante) a continuare le sue avventure, offrendosi persino
come scudiero. A questo punto Sancho inizia a piangere dicendo che ha chiesto uno stipendio solo per
compiacere la moglie. Don Quijote accetta e così decidono di partire da lì a tre giorni. Partono per la terza
impresa, alla volta del Toboso. Capitolo 8 Cide Hamete prega il lettore di concentrarsi sulle avventure che
stanno per avvenire e non su quelle passate: decidono di andare ad incontrare Dulcinea al Toboso per
ricevere il suo permesso e la sua benedizione per intraprendere le nuove avventure. Sancho gli dice che
non ricorda bene la fisionomia della donna perché l’ultima volta stava raccogliendo il grano ed era
circondata da un polverone; Don Chisciotte non riconosce nella sua donna questo comportamento. Sancho
inizia a fare congetture sul fatto che lo scrittore del libro lo abbia trattato bene nonostante i suoi difetti. Nel
frattempo, Don Chisciotte inizia a manifestare il suo desiderio di raggiungere la fama e finisce per spiegare
come i cavalieri erranti sono in grado di dominare i peccati mortali. Sancho dice a don Chisciotte che se
vuole raggiungere la fama sarebbe meglio dedicarsi alla vita santa, dal momento che un uomo di chiesa
diventa più famoso di un cavaliere errante. All'imbrunire arrivarono al Toboso e Don Chisciotte decide di
entrare di notte, quindi si riposarono per un po’ vicino alle querce. Sancho è preoccupato perché non aveva
mai visto Dulcinea e quindi non avrebbe saputo riconoscerla. Capitolo 9 Don Quijote chiede a Sancho di
portarlo nella magione di Dulcinea, in quell’ora tarda della notte; Sancho risponde che Dulcinea l’aveva
trovata in una piccola abitazione e che non sarebbe cortese presentarsi a quell’ora tarda, come un comune
amante. Non sanno dove andare e chiedono informazioni ad un contadino che vedono passare per la
strada: si tratta di un forestiero ma dice che sicuramente saprà dove si trova questa principessa o un
sagrestano del paese o il curato. Sancho si propone di andare a cercare la donna per tutto il paese mentre il
suo padrone rimarrà nascosto in una radura. Capitolo 10 L’autore si dice indeciso se mettere o meno
questa parte dato che la pazzia di Don Quijote supera l’immaginabile. Prima di lasciare andare Sancho alla
ricerca di Dulcinea, gli ordina di porre bene attenzione alle reazioni che avrebbe avuto la donna sapendo
che il suo cavaliere era lì per ricevere la sua benedizione. Sancho, senza farsi vedere dal suo padrone, si
siede poco distante e si mette a riflettere e idea un piano: non importa chi porterà al suo padrone perché a
causa della sua follia gli farà credere che si tratti della sua donna sotto un incantesimo. Al crepuscolo vede
passare tre labradoras e va subito a chiamare il suo padrone per avvertirlo che Dulcinea si sta avvicinando
con due delle sue schiave, descrivendo vestiti e cavalcature immaginarie. Quando si avvicinano alle tre
donne queste iniziano ad inveire contro queste due strane figure e una volta allontanatesi, saranno don
Quijote e Sancho (trattenendo le risate) ad inveire contro gli encantadores che lo avevano privato di poter
ammirare la bellezza della sua amata. A questo punto decidono di dirigersi a Zaragoza. Capitolo 11 Sulla via
per Salamanca appare loro un carro con a bordo personaggi terrificanti come la morte o altri personaggi
malvagi; dato il terrore dimostrato da don Quijote e Sancho, questi personaggi si presentano come una
compagnia teatrale che aveva appena rappresentato Las Cortes de la Muerte e non avevano ancora avuto
modo di togliersi i vestiti di scena. Una volta calmatosi però don Quijote viene avvicinato da uno strano
personaggio che con un bastone, colpisce Rocinante facendo cadere il cavaliere che una volta alzatosi in
piedi è pronto a combattere contro la compagnia. Sancho, che aveva visto gli attori armarsi di pietre,
convince il suo padrone a lasciar perdere, ricordandogli che loro non sono cavalieri come lui e che quindi si
tratterebbe di uno scontro impari. Finalmente Don Quijote si calma e possono ripartire per nuove
avventure. Capitolo 12 Dopo la precedente avventura, Sancho e il suo padrone trovarono un luogo poco
lontano da lì dove passare la notte (all’aria aperta, sotto un albero); Don Quijote inizia a paragonare la
commedia con la vita, tutti sia i furfanti che gli imperatori alla fine (della vita o dello spettacolo) perdono gli
abiti che gli distinguevano gli uni dagli altri e tutti sono uguali. Per Sancho si tratta di un paragone saggio
anche se già sentito. Sancho confessa al padrone di essere ora molto più esperto di cavalleria di quanto lo
era in passato, grazie a tutte le avventure che sta vivendo; sa molto di più delle usanza dei romanzi
cavallereschi, della cultura. Don Quijote inizia a riposarsi in un prato quando sente che nella radura sono
arrivati due uomini, un cavaliere e il suo scudiero: il cavaliere errante El caballero del bosque è triste perché
la sua donna amata Casildea de Vandalia non gli corrisponde il suo amore. Don Quijote si avvicina e iniziano
a parlare di questioni cavallereschi mentre i due scudieri parlano tra di loro riguardanti argomenti di
scudieri. Capitolo 13 In questo capitolo ci raccontano le conversazioni che Sancho e lo scudiero del
caballero del bosque custodiscono. Entrambi cominciano a parlare dei premi che i rispettivi gentiluomini
hanno offerto loro: lo scudiero del caballero del bosque dice che lui riceverà un canonicato, quindi Sancho
arriva alla conclusione che il cavaliere è un uomo di chiesa. Iniziano poi a parlare delle rispettive famiglie:
Sancho dice di avere due figli e la figlia diventerà contessa una volta che si sarà sposata. Dopo alcuni
commenti inappropriati del suo collega, Sancho lo informa che non è il modo di parlare per coloro che
accompagnano i cavalieri erranti. Più tardi iniziano a parlare delle caratteristiche dei propri padroni: una di
quelle del caballero del bosque è senza dubbio il coraggio, anche se spesso si comporta in maniera
malvagia. Sancho ribatte che invece il suo padrone è molto buono e incapace di nuocere a qualcuno. Alla
fine, entrambi gli scudieri cominciano a mangiare e bere alcune squisite prelibatezze che l’altro scudiero
aveva con sé. Dopo aver mangiato e bevuto, entrambi gli scudieri si addormentarono. Capitolo 14 Nel
frattempo, il Caballero del Bosque e Don Chisciotte parlano delle loro avventure e dei loro cari: il primo
afferma che durante le sue avventure aveva sconfitto molti cavalieri importanti, tra cui il celeberrimo don
Quijote de la Mancha! Don Quijote rimane stupito da questa affermazione e crede che costui sia un pazzo;
è sicuro che in seguito confesserà la sua stessa bugia- quando vede che in realtà non confessa niente, ma
anzi prosegue con i racconti, don Quijote lo affronta a duello e decidono che chi sarebbe stato sconfitta
avrebbe dovuto obbedire al vincitore. Entrambi i cavalieri informano gli scudieri del loro duello e iniziano a
prepararsi: qualche momento prima della battaglia Sancho si arrampica su un albero perché ha paura della
furia dell’altro cavaliere (a causa dei racconti dello scudiero). Per un caso estremamente fortuito don
Quijote disarciona l’avversario e risulta vincitore. A questo punto Sancho e don Quijote si rendono conto
che in realtà il caballero del bosque è Sanson Carrasco e lo scudiero è il vicino di Sancho Tomè Celial. A
questo punto don Quijote dice a Sanson di andare al Toboso e riferire le sue imprese a Dulcinea. A questo
punto il cavaliere e il suo scudiero riprendono la strada per Saragozza. Capitolo 15 Sanson era d’accordo
con il barbiere e il curato di far uscire per la terza volta il loro amico: ad un certo punto lo avrebbe sfidato e
sconfitto per obbligarlo a tornare a casa. A questo punto però, in seguito alla sconfitta, decide di sfidare
nuovamente don Quijote, mentre il suo finto scudiero decide di tornarsene a casa sua e smettere di
comportarsi da pazzo. Capitolo 16 Don Quijote è molto fiero della sua vittoria; ad un certo punto
incontrano sulla strada un cavaliere, vestito interamente di verde, con cui decide di fare un pezzo di strada.
Sentendolo parlare, il cavaliere inizia a pensare che non sia totalmente a posto di cervello. L’uomo dice di
chiamarsi Diego de Miranda, ricco borghese che passava il tempo ad intrattenersi con buone azioni.
Chiedendogli della sua famiglia il cavaliere si rabbuia: infatti il figlio, che

aveva appena terminato gli studi di legge a Salamanca, non voleva proseguire la carriera legale perché
voleva dedicarsi a pieno tempo alla poesia. Don Quijote dice che un padre non deve vergognarsi di simili
inclinazioni, non c’è niente di male nella poesia, tanto da iniziare a lodarla per fargli capire il suo punto di
vista. Ad un certo punto vedono arrivare un carro pieno di bandiere e don Quijote si rende conto di star per
affrontare una nuova avventura. Capitolo 17 Vedendo quella strana carrozza, don Quijote richiama Sancho
all’ordine, che nel frattempo si era messo a mercanteggiare per alcuni formaggi con dei contadini: preso
dalla fretta li mette all’interno dell’elmo che il suo padrone indossa. I formaggi iniziano a scioglierglisi in
testa e lui crede che si tratti del suo cervello. Dà la colpa agli incantatori. Il cavaliere chiede all’uomo che sta
guidando il carro quale fosse la merce che sta trasportando: si tratta di due leoni, un maschio ed una
femmina, dono per il re da parte di un generale e il custode informa tutti che in questo momento sono
molto affamati e quindi maggiormente pericolosi. Don Quijote ordina però al guardiano di farlo entrare
perché ha intenzione di sfidarli: cercano tutti quanti di farlo desistere ma inutilmente. Entra nella gabbia ma
il leone non gli presta attenzione, anzi, si gira dall’altra parte dopo un’occhiata. Il cavaliere vorrebbe che i
leoni venissero stuzzicati dal loro guardiano ma questi rifiuta, dicendo che Quijote è stato fin troppo
fortunato. Lo rassicura dicendo che parlerà della sua impresa, definendolo el caballeros de los leones Don
Diego non riesce ad inquadrare don Quijote: in certi momenti sembra il più pazzo tra gli uomini, in altri
momenti sembra il più saggio: a questo punto iniziano a disquisire sulla differenza tra cavalieri dell’esercito
e cavalleria andante. Capitolo 18 A mezzogiorno Don Chisciotte, Sancho e Don Diego arrivarono a casa di
quest'ultimo dove rimangono per alcuni giorni. Don Diego chiede a suo figlio Lorenzo di giudicare la follia
del cavaliere. Don Quijote inizia a parlare con il giovane, stupendolo sia per il modo in cui si esprime sia per
le sue idee. Don Lorenzo arriva alla conclusione che don Quijote era pazzo ma aveva molti momenti di
totale sanità mentale. I due iniziano a parlare ben presto di poesia e chiede al giovane di leggerli alcune
delle sue opere: dopo averle ascoltate con attenzione gli dice che è un grande poeta. Dopo alcuni giorni,
don Quijote decide di andarsene perché secondo lui un gentiluomo non poteva stare troppo tempo senza
avventure: Sancho è molto triste per questa decisione perché a casa di don Diego mangiava molto bene.
Capitolo 19 Per la strada incontrano due studenti che, dopo aver parlato a lungo, invitano Sancho e il suo
padrone al matrimonio tra Camacho e la contadina Quiteria. Gli studenti credono che durante la funzione si
presenterà anche Basilio, un giovane che era innamorato della ragazza: l’amore era corrisposto ma il padre
di Quiteria non aveva approvato perché Basilio non possedeva molto. Una volta raggiunto il luogo in cui si
sarebbe tenuta la cerimonia, don Quijote decide di passare la notte all’aperto, come era di consuetudine,
senza l’approvazione di Sancho. Capitolo 20 All’alba Quijote è già sveglio e pensa al sogno del suo servitore.
Più tardi Sancho si sveglia e pregusta già le prelibatezze che mangerà durante i festeggiamenti: si avvicina
ad un tavolo per assaggiare qualcosa e il cuoco gli dà l’approvazione di mangiare ciò che vuole. Inizia la
cerimonia nunziale… Capitolo 21 Una volta arrivati gli sposi, il cavaliere dice di non aver mai visto una
donna così bella. Appare però all’improvviso Basilio che con uno stratagemma (finge di pugnalarsi e chiede
un ultimo desiderio) riesce a sposare Quiteria. Cercano tutti di farle annullare il matrimonio, ma la giovane
insiste a definirlo valido, sostenuta anche da don Quijote. A questo punto i due sposi, i loro amici, Sancho e
il cavaliere se ne vanno come se nulla fosse. Capitolo 22 Don Quijote viene elogiato da tutti per aver difeso i
novelli sposi nel momento critico del loro matrimonio e per tre giorni rimane ospite a casa di Basilio, al
quale raccomanda di arricchirsi per mantenere la sua sposa, sempre però attraverso affari legali. Parlano di
vari argomenti, come povertà, onestà e bellezza femminile. Don Chisciotte è stato fortemente elogiato
perché ha difeso i nuovi mariti nei momenti critici del loro matrimonio. Don Chisciotte rimase per tre giorni
a casa di Basilio. A questo punto decide di farsi accompagnare alla cueva de Montesinos da uno studente
che era presente al matrimonio, che conosceva la cultura cavalleresca. Si fermano ad un villaggio per
riposare e acquistano della corda che sarà utile per la loro avventura. Alle due del giorno seguente arrivano
alla grotta e don Quijote viene calato nella grotta da Sancho e dallo studente: quando dopo poco tentano di
ritirare su il cavaliere si rendono conto di non sentire peso e Sancho inizia a disperarsi; ad un certo punto
iniziano a sentire peso e trovano il cavaliere profondamente addormentato. Dopo averlo svegliato inizia a
raccontare le avventure che ha appena vissuto.

Capitolo 23 A quanto pare all’interno della grotta di trova Durandarte, cugino di Montesinos, che giace in
una tomba a causa di un incantesimo di mago Merlino; anche Belerma, signora di Durandarte era presente
nella grotta. Sancho non crede al racconto del suo padrone, soprattutto quando dice di aver visto Dulcinea.
Don Quijote è convinto che Sancho non possa credere ai suoi racconti perché non ha esperienza del
mondo, ma un giorno gli avrebbe dimostrato che è tutto vero. Capitolo 24 Lasciata la grotta di Montesinos
incontrano per strada un uomo carico di lance, che cammina molto rapidamente e che dice a Don Quijote
che se avesse voluto, gli avrebbe detto il motivo del suo comportamento, non appena fossero arrivati ad
una locanda. Nel frattempo, parlano del trattamento riservato ai cavalieri non più giovani. Quando
raggiungono la locanda, stranamente, don Quijote la riconosce come tale e non per un castello come era
successo le volte precedenti. Capitolo 25 Una volta accomodati all’interno, don Quijote è impaziente di
conoscere la storia sul perché trasportava tutte quelle armi- Tempo prima era andato su per un monte
insieme ad un amico a cercare un asino che si era perso: decidono di dividersi e per richiamare l’attenzione
dell’animale, iniziano a ragliare. Alla fine, trovano l’animale morto, ucciso dai lupi, ma si complimentano a
vicenda per la bravura nel fare quei versi. Iniziano ad essere derisi nel loro paese, tanto da creare faide e
duelli. Le armi servivano proprio per i duelli. A questo punto nella locanda entra un certo Mease Pedro, con
il suo teatro dei burattini e la scimmia che a quanto pare poteva rispondere alle domande sul passato ma
non predire il futuro. Lui si dice certo che l’avventura vissuta da Quijote nella cueva fosse reale. Capitolo 26
A questo punto inizia lo spettacolo dei burattini e viene raccontata la storia di come Don Gaiferos liberò la
sua sposa Melisendra, figlia di Carlo Magno, prigioniera dei mori. Durante la rappresentazione, don Quijote
è convinto che si tratti di un dramma reale, che sta avvenendo sotto i suoi occhi; estrae quindi la spada e
inizia ad attaccare tutti i burattini, creando un grande danno al burattinaio. È costretto a rimborsarlo
economicamente, e la mattina dopo Maese Pedro se ne va alla svelta perché non vuole incontrare il
cavaliere. Capitolo 27 Cide Hamete giura come cattolico di dire tutta la verità su quell’uomo, Maese Pedro
in realtà è Ginesio di Pasamonte, galeotto liberato da don Quijote nella prima parte del libro: si era
travestito da burattinaio e girava per i villaggi imbrogliando tutti grazie alla scimmia (prima andava in
ricognizione per scoprire i vari segreti degli abitanti) Riparte il viaggio di Sancho e Quijote e dopo due giorni
di viaggio si trovano in mezzo allo scontro tra i due eserciti del raglio. Dice che non ha senso farsi la guerra
tra di loro e Sancho fa un commento sulla sua presunta abilità nel ragliare, ma credendo che si tratti di una
presa in giro, viene attaccato. Don Quijote vuole vendicarlo ma viene bloccato e fugge; quando Sancho
recupera i sensi rimonta sull’asino e segue le orme di Rocinante. Capitolo 28 Una volta riunitosi, Sancho si
lamenta di essere stato abbandonato e che al suo padrone importi poco delle bastonate che ha ricevuto;
inizia a parlare male della cavalleria errante e pretende di ricevere un salario per i suoi servigi: don Quijote
rigira il discorso e fa sentire in colpa il povero scudiero che scoppia a piangere, ammettendo di essere un
asino. Sancho promette di essergli da ora in avanti fedele e di non lamentarsi più. Il giorno successivo
riprendono la strada per Zaragoza. Capitolo 29 Dopo due giorni, raggiungono la riva del fiume Ebro dove
don Quijote vede una barca incantata (perché senza remi o vele) e decide si salirci, essendo convinto che
sia stata messa lì proprio per lui. Partono per una nuova avventura; ad un tratto la barca si avvicina alle
ruote di un mulino che il cavaliere riconosce come un castello in cui ci sono dei prigionieri. La barca viene
distrutta e i due sono costretti a ripagare il suo costo ai contadini, ben cinquanta reali, e decidono di
abbandonare l’avventura perché ci sono gli incantatori che remano contro di loro. Capitolo 30 Il giorno
seguente a questa avventura, mentre i due stanno proseguendo il loro viaggio, si imbattono in una donna
bellissima: Don Quijote manda Sancho a lodarla in nome suo e a chiederle se può avvicinarsi a baciarle le
mani. La donna accetta più che volentieri, visto che ha letto il primo libro e li conosce bene, così come il
marito. Decidono di farli avvicinare e di farli venire con loro al castello, di assecondarli in ogni loro follia e
prendersi gioco dei due. Capitolo 31 Vengono accolti nella residenza dei duchi come è tradizione
cavalleresca, in grande stile, con tutti gli onori che si confacevano ad un così importante personaggio;
Sancho però si fa subito riconoscere perché inizia a litigare con una cameriera perché non vuole occuparsi
del suo asino. Intervengono i duchi e gli promettono che avrà il miglior

trattamento possibile. Don Quijote viene invitato ad un banchetto in cui viene posto a capotavola: Sancho
mette nuovamente in imbarazzo il suo padrone a causa di una storia che racconta, ma la duchessa viene in
soccorso del cavaliere ponendoli domande su Dulcinea. Allo stesso tempo un sacerdote inizia ad inveire
contro i due dicendo che Quijote è un pazzo e che dovrebbe tornarsene a casa e smetterla di immaginarsi
tutte quelle cose e smettere di prendere in giro sé stesso. Capitolo 32 Don Quijote si difende con un lungo
discorso sulla cavalleria: le sue imprese sono tutte vere. Il prete chiede conferma a Sancho sulla sua identità
e lui dà prova di sé iniziando a recitare proverbi; a questo punto il duca promette allo scudiero un’isola da
governare. Sancho impazzisce dalla gioia. Finita la cena arrivano delle cameriere e iniziano ad insaponare e
lavare la barba e la faccia di Quijote, dicendo che era consuetudine del luogo, ma in realtà era solo un
modo per prenderli in giro; Sancho però si arrabbia perché non gli viene riservato lo stesso trattamento. A
questo punto la duchessa e don Quijote si ritirano a parlare di Dulcinea. Capitolo 33 Mentre don Quijote
dorme la duchessa si intrattiene con Sancho, trovando la sua compagnia estremamente divertente. Gli
chiede chiarimenti sul suo padrone e Sancho le dice che è pazzo: per esempio Dulcinea non è altro che una
semplice contadina. La duchessa si fa burla dello scudiero e lo convince che Dulcinea esiste veramente e lui
crede alle sue parole. A questo punto, dopo aver congedato Sancho si confronta con il marito per decidere
quali scherzi fare ai due. Capitolo 34 e Capitolo 35 Qualche giorno dopo i due ospiti vengono invitati dai
duchi ad una battuta di caccia: dopo essersi accampati per la notte iniziano a sentire rumori strani e vedono
arrivare vari carri su cui sopra si trovano molte figure particolari, tra cui anche il diavolo: il carro più grande
è trainato da una grande scheletro che si presenta come lo spirito del grande Merlino, venuto per spiegare
come liberare Dulcinea dall’incantesimo. Per essere liberata Sancho deve darsi 3300 frustate: il diretto
interessato non è d’accordo, ma viene convinto dal duca che gli dice che se non si fosse frustato non
avrebbe ricevuto la sua isola. A questo punto Sancho è costretto ad accettare. Ovviamente si tratta di uno
scherzo ideato dai duchi. Capitolo 36 Tornati al castello Sancho scrive una lettera alla moglie per informarla
delle novità. A questo punto arriva un uomo che si presenta al duca come Trifaldino dalla bianca barba,
scudiero della contessa Trifaldi, detta dama tribolata, che ha urgenza di parlare con don Quijote a causa di
tematiche cavalleresche. Si tratta di un altro scherzo da parte dei duchi; viene fatta accomodare nella
reggia. Capitolo 37, Capitolo 38 e Capitolo 39 Entra la dama accompagnata dal suo scudiero, preceduta da
12 ragazze: cerca subito don Quijote che si dice al suo completo servizio. Inizia a raccontare la storia della
principessa Antonomasia, bellissima e ammirata da tutti, era innamorata di un cavaliere, un certo don
Cavicchio ma non si potevano sposare a causa del rango inferiore di lui. Avvenuto però il matrimonio, la
madre della principessa muore dal dolore e suo cugino, il gigante Malumbro decide di vendicarla,
trasformando la principessa in una statua di scimmia e il cavaliere in un coccodrillo, lasciando per iscritto
che per essere poterli liberare doveva essere sfidato da don Quijote; inoltre fa crescere alla contessa e alle
sue dame una lunga barba per punizione. A questo punto le fanciulle si tolgono i veli che avevano davanti il
volto per mostrare che la storia era reale. Capitolo 40 A questo punto la contessa chiede al cavaliere di
andare a combattere il gigante per annullare l’incantesimo: sarà lo stesso Malumbro ad inviargli un cavallo
di legno volante, detto Clavileño, per raggiungere il regno lontano. Sancho inizialmente non è convinto, ma
poi accetta. Capitolo 41 Di notte don Quijote e Sancho vengono bendati e fatti salire sul presunto cavallo
volante, che in realtà non si muove da terra. Viene fratto credere loro di trovarsi in aria dalle dame che gli
fanno aria e poi caldo per far credere loro di aver attraversato la sfera dei venti e del fuoco. Ad un certo
punto il cavallo viene fatto esplodere e i due si ritrovano al punto di partenza, dove però viene detto loro
che l’incanto è stato sciolto. Sancho dice che ad un certo punto si è tolto la benda e ha visto la terra
piccolissima e di aver osservato per quasi un’ora la costellazione delle capre del cielo. Tutti ridacchiano a
questa confessione. Capitolo 42 e Capitolo 43 Finito questo nuovo scherzo, i duchi devono trovare nuovi
modi per prenderli in giro: il duca informa Sancho che il giorno seguente lo avrebbe condotto all’isola che
avrebbe governato e lo prepara dandogli vestiti, sia civili che militari. Sentendo tutto questo, don Quijote
prende da parte il suo scudiero per dargli alcuni consigli, come ad

esempio di non vergognarsi delle sue umili origini, di essere virtuoso, compassionevole e di non lasciarsi
trascinare dalle passioni. Gli dice anche che non deve essere sciattone, ma sempre pulito e ordinato, che
non deve mangiare senza ritegno o troppo in fretta: tutte queste nuove regole gli vengono scritte dallo
stesso cavaliere perché Sancho non riesce a tenere tutto a mente. Capitolo 44 Sancho parte per la sua isola
e viene accompagnato dal maggiordomo del duca, che aveva interpretato la contessa Trifaldina; don
Quijote ora è solo e la duchessa gli offre alcune dame per fargli compagnia. Lui rifiuta categoricamente
perché non vuole tradire la sua Dulcinea: sotto la sua finestra però due dame si mettono ad intonare un
canto d’amore per don Quijote. Capitolo 45 Sancho arriva all’isola di Barataria in cui viene accolto con
grande affetto: lo portano in chiesa, gli danno le chiavi della città e lo riconoscono subito come
governatore. Inizia subito ad esercitare il suo ruolo quando viene portato in tribunale per discutere di tre
casi, che risolve con molta astuzia e intelligenza. Capitolo 46 I duchi decidono di continuare con gli scherzi e
questa volta utilizzano dei gatti che servivano solo a spaventarlo ma che in realtà finiscono per graffiarlo
completamente. Capitolo 47 Nell'isola di Sancho era arrivato il momento del pranzo ma Sancho non è per
niente soddisfatto: infatti vicino a lui è seduto vicino ad un medico che fa portare indietro tutti i suoi piatti
perché deve stare attento alla sua salute. Arriva inaspettatamente una lettera da parte del duca che lo
informa di una cospirazione nei suoi confronti: prevede un attacco di quattro persone a lui vicine che erano
intenzionate ad ucciderlo. Capitolo 48 Don Quijote sto dormendo placidamente quando sente qualcuno
entrare silenziosamente nella sua stanza: si tratta di donna Rodríguez che gli chiede di riparare un torto. La
figlia a quanto pare era stata sedotta e abbandonata dal figlio di un servo del duca: aveva chiesto al duca di
imporre il matrimonio tra i due ma il duca non aveva accettato. Ad un certo punto, nel bel mezzo del
discorso vengono interrotti da qualcuno che entra nella stanza e inizia a dare pizzicotti e frustate a don
Quijote e donna Rodríguez. Capitolo 49 Sancho continua a stupire tutti per la sua intelligenza e per il suo
modo di amministrare l’isola. Dopo aver cenato, decide di fare una ronda serale e incontra due uomini che
si sfidano con una spada: uno di loro ha vinto mille reali al gioco e l’altro vuole la sua parte in quanto l’ha
aiutato. Sancho dice che deve avere cento reali ma deve abbandonare l’isola. Inoltre, fa dare trenta reali ai
carcerati. Incontra poi una ragazza vestita da uomo che racconta di essere stata rinchiusa in casa dal padre
per dieci anni e di essere appena fuggita insieme al fratello, vestita da donna, per vedere finalmente il
mondo. Sancho decide di ricondurla a casa sua. Capitolo 50 I duchi decidono di mandare una lettera a
Teresa Panza in cui le raccontano le imprese del marito, mandandole inoltre alcuni regali. Quando Teresa la
riceve è estremamente meravigliata di tutto quanto e diffonde rapidamente la voce che arriva anche alle
orecchie di Sanson e il curato che sono totalmente scioccati. Teresa manda una risposta al marito e una
lettera alla duchessa per ringraziarla. Capitolo 51 Sancho è alle prese con i suoi doveri da giudice: si trovano
due città divise da un ponte su cui bisognava dichiarare dove si stava andando, pena la forca. Un uomo
giura di star attraversando la città perché stava andando alla forca. I giudici non sanno cosa fare (se lo
lasciano andare e lui se ne va stava dicendo una bugia, se lo mandano alla forca ma era sincero avrebbero
commesso un crimine). Sancho, ricordando i consigli di don Quijote, decide di essere misericordioso e
lasciarlo andare. Alcuni giorni dopo Sancho riceve una lettera dal suo padrone in cui sono presenti altri
consigli per il governo, ma Sancho risponde di star patendo la fame e di essere accerchiato da persone che
attentano alla sua posizione. Capitolo 52 Nella casa dei duchi don Quijote si dice pronto per trovare il figlio
del contadino che aveva ingannato la figlia di donna Rodríguez: il duca si propone di mandare un messaggio
al contadino per far sì che il duello si svolga al palazzo. Poco tempo dopo arrivano le lettere di risposta di
Teresa Panza che non vede l’ora di visitare l’isola del marito.

Capitolo 53 È notte e Sancho viene svegliato e gli viene detto di armarsi perché stavano invadendo l’isola: si
lascia armare e poi va in battaglia, contro il finto nemico mandato dai duchi. Una volta in battaglia viene
pestato e malridotto tanto da svenire. Una volta ripresosi dice che lui non era nato per governare e decide
di lasciare l’isola. Capitolo 54 I Duchi sono consapevoli che il contadino aveva lasciato le loro terre e quindi,
affinché la sfida possa essere celebrata, istruiscono un altro giovane che si chiama Tosilo e annunciano che
la sfida si sarebbe tenuta da lì a quattro giorni. Nel frattempo, Sancho, sulla via per la casa dei duchi,
incontra alcuni pellegrini tra cui Ricote, un suo compaesano morisco (adesso travestito perché i mori erano
stati cacciati dalla Spagna): vive in Germania ma adesso si trova qui perché è venuto a dissotterrare un
tesoro che aveva nascosto. La sua intenzione era di andare ad Algeri con moglie e figlia e chiede aiuto a
Sancho che però rifiuta. Ognuno continua per la sua strada. Capitolo 55 Sancho cerca un posto dove
riposarsi per un po’, ma al buio inciampa e scivola con il suo mulo in una grotta profonda da cui non può
uscire senza aiuto: percorre la grotta e trova un’altra via d’uscita, ma anche questa è posta troppo in alto. A
questo punto Sancho inizia ad urlare e in suo soccorso arriva lo stesso don Quijote al quale racconta tutte le
avventure che ha vissuto: don Quijote se ne va e torna poco dopo con molte persone e riescono a tirarlo su
grazie ad una corda. I duchi promettono di dargli in futuro un’altra isola, magari più tranquilla. Capitolo 56
e Capitolo 57 Don Quijote e Sancho si preparano quindi per la sfida contro il contadino che però, una volta
vista la ragazza, se ne innamora perdutamente e si arrende. Vedendolo in faccia, le donne si rendono conto
che non si tratta del contadino ma don Quijote assicura che si tratta di lui, se non lo riconoscono è a causa
degli incantatori. Dopo questa nuova avventura don Quijote e Sancho decidono di andarsene da casa dei
duchi e di riprendere il loro viaggio, con il benestare dei duchi, per Zaragoza. Capitolo 58 Sulla strada per
Saragozza Don Chisciotte e Sancho si raccontano cosa hanno fatto durante tutto il periodo in cui sono stati
separati; ad un certo punto incontrano dei contadini che mostrano loro delle statue di cavalieri santi. Don
Quijote lo vede come un buon augurio e inizia a raccontare la storia di ogni santo. Ad un certo punto
incappano in una rete e credono che siano stati intrappolati dagli incantatori: in realtà si tratta di trappole
per uccelli poste lì da due giovani donne. Ad un certo punto vengono investiti da una mandria di tori.
Capitolo 59 Sancho e don Quijote si fermano a riposarsi in una locanda e il cavaliere sente che nella stanza
accanto stanno parlando del secondo libro delle avventure di don Quijote, scritto da un certo Avellaneda: è
pieno di sciocchezze, tra cui il disinnamoramento di don Quijote per la sua Dulcinea. Ci sono altri fatti
sbagliati, come ad esempio il nome della moglie di Sancho, che qui viene chiamata Marì Gutierrez. I due
uomini, don Geronimo e don Giovanni, riconoscono don Quijote e lo invitano a mangiare con loro,
chiedendo notizie vere sulle loro avventure. Scoprono che i falsi don Quijote e Sancho erano già andati a
Zaragoza e quindi, per smentire il libro apocrifo, decidono di non andarci più. Capitolo 60 Sancho e don
Quijote si fermano in una foresta e don Quijote è intenzionato a far frustare Sancho per far sparire
l’incantesimo su Dulcinea ma Sancho non vuole. Al mattino dopo vengono circondati da quaranta banditi
che li derubano; successivamente però arriva il capo Roque Guinart che conosce la fama del cavaliere e
quindi fa restituire tutto ai suoi uomini. Dopo poco arriva una ragazza che chiede al capo di fala fuggire
perché aveva scoperto che il suo permesso sposo le era stato infedele e quindi gli aveva sparato. Vanno
tutti dal giovane morente che dice di non averla mai tradita. Per penitenza personale decide di chiudersi in
convento. I ladri che erano con Roque iniziano a derubare i vari passanti, ma vedendo i loro volti tristi
decidono di restituire la maggior parte del bottino. Ora Sancho e don Quijote sono liberi di proseguire per
Barcellona. Capitolo 61 Dopo pochi giorni, arrivano in un luogo dove possono osservare il mare per la prima
volta e non credono ci sia al mondo una visione migliore; dopo poco vengono avvicinati da alcuni
gentiluomini, tra cui don Antonio Moreno, amico di Roque, che lo invita a trascorrere qualche giorno a casa
sua. Capitolo 62 Sancho e Don Quijote passano alcuni giorni a casa di don Antonio; il primo giorno li mostra
in una stanza segreta una statua che risponde alle domande che gli vengono poste. Promette di fargliela
provare l’indomani. Nel pomeriggio i tre vanno a fare una passeggiata e tutti riconoscono in don Quijote il
grande cavaliere (anche grazie a un cartello che gli avevano messo sulla schiena che diceva “questo è don
Quijote de la Mancha). Tutti lo riconoscono e lo acclamano per le sue imprese. A questo punto don Antonio
prepara lo scherzo della statua che inizia a rispondere alle domande che gli vengono poste: quello che era
successo nella cueva era in parte vero e in parte realtà e che se Sancho si fosse punito Dulcinea sarebbe
tornata quella di prima (in realtà è un ragazzo nascosto a rispondere). Pochi giorni dopo don Quijote entra
in una tipografia e vede che stavano correggendo il libro di Avellaneda e lui lo critica nuovamente perché
era totalmente falso. Capitolo 63 Don Quijote e Sancho si recano a visitare le galee per vedere come
venivano trattati gli schiavi: assistono ad una caccia durante la quale viene catturata una nave turca. Il
viceré vuole impiccare il giovane e bellissimo capitano che si scopre poi essere una donna cristiana di
origine moresche. Ana è la figlia di Ricote (compaesano di Sancho alla ricerca del tesoro) ed era stata
costretta a dare informazioni del tesoro al re di Berberia e che era stata costretta a montare su quella nave
che doveva essere un dono per il sultano. A questo punto la vita della giovane viene risparmiata. Capitolo
64 Un giorno don Quijote esce di casa e durante una passeggiata incontra un cavaliere che lo sfida ad
ammettere che la sua donna è la più bella oppure a combattere: se don Quijote viene sconfitto deve ritirarsi
dalle armi per almeno un anno e tornare a casa. I due combattono davanti al viceré e don Quijote viene
sconfitto. Il cavaliere in realtà è Sanson Carrasco. Capitolo 65 Don Antonio sapeva che in realtà il cavaliere
era Sansone Carrasco e che voleva far tornare a casa don Quijote per curare la sua follia. Don Quijote è a
cavallo mentre Sancho è a piedi perché il suo asino è carico delle armi. Capitolo 66 Passano per un luogo in
cui don Quijote aveva subìto una sconfitta e si rattrista immediatamente: Sancho cerca di tirarlo su di
morale dicendogli che lui era felice, anche se non aveva più un’isola da governare. Dopo alcuni giorni,
Sancho è stanco di camminare a piedi e propone di lasciare le armi su un albero ma don Quijote lo
rimprovera. Fanno vari incontri sulla via di casa, tra cui Tosilo che racconta loro tutto ciò che è successo alla
casa dei duchi mentre loro non c’erano, come il fatto che lui è stato punito per la sua condotta e la sua
innamorata è stata fatta monaca. Capitolo 67 Quando passano attraverso un prato nel quale vede alcuni
pastori, decide di diventare un pastore anche lui per tutto l’anno in cui non potrà essere cavaliere: decide di
coinvolgere anche tutti i suoi amici e parenti inizia a dare loro nomi pastorali molto bizzarri. Capitolo 68 Nel
bel mezzo della notte don Quijote sveglia Sancho e gli dice di darsi delle frustate per far finire l’incantesimo
su Dulcinea: Sancho si rifiuta ancora una volta e dice di lasciarlo dormire. Poco dopo vengono investiti da
una mandria di maiali: Sancho vorrebbe vendicarsi ma don Quijote dice che si merita questa vergogna
perché ha fallito come cavaliere. Il giorno seguente vengono catturati da una decina di uomini e
accompagnati alla casa dei duchi. Capitolo 69 A casa dei duchi è stata inscenata la morte di Altisidora (una
dama che faceva finta di essere innamorata di don Quijote), dovuta alle pene d’amore: viene detto che può
essere resuscitata solo se Sancho prenderà 24 sberle, 12 pizzicotti e 6 punture di spilli dalle dame di
compagnia. Fatto ciò la ragazza si risveglia e i due vengono fatti accomodare. Don Quijote propone a
Sancho di darsi qualche frustata per disincantare Dulcinea ma lui rifiuta. Vanno a letto e poco dopo
vengono raggiunti da Altisidora che confessa che lei non è mai stata innamorata di don Quijote ma che è
stata tutta una messa in scena. Sancho e don Quijote ripartono quello stesso pomeriggio. Capitolo 71
Sancho e don Quijote si fermano in una foresta e il cavaliere convince Sancho a darsi delle frustate,
promettendoli denaro per ognuna: dopo poco Sancho inizia a frustare gli alberi, lamentandosi ogni tanto
per far credere che fossero reali. Dopo poco don Quijote intima a Sancho di smetterla perché ha paura che
a suon di frustate si ammazzi. Capitolo 72 Dopo qualche giorno, arrivano ad una osteria che lo stesso don
Quijote riconosce come tale (non la vede come un castello) e incontrano don Alvaro Tarfe, personaggio del
seguito apocrifo scritto da Avellaneda e gli fa capire che i personaggi reali sono loro, non quelli di
Avellaneda: gli chiede di fare una dichiarazione secondo cui i veri don Quijote e Sancho Panza sono loro e
don Alvaro accetta. Capitolo 73 Sulla strada per il villaggio, don Quijote e Sancho incontrano Sanson
Carrasco e il curato che sono molto contenti del ritorno del loro amico. Sancho va subito dalla moglie a
portarle i soldi, mentre don Quijote va dalla nipote e dalla governante e le informa che per il prossimo anno
vuole fare il pastore e i suoi amici lo accompagnano per paura che possa tornare alle vecchie abitudini.
Viene però colto da una forte febbre che lo fa svenire.

Capitolo 74 Quando il medico arriva a casa del cavaliere dice che sarebbe meglio se si fosse confessato
perché non gli rimane molto da vivere: don Quijote chiama a raccolta tutti i suoi amici e dice che era
consapevole di tutti i pericoli in cui si cacciava, ma ora era guarito ed era nuovamente Alonso Quijano.
Cercano tutti di incoraggiarlo dicendogli che Dulcinea sarebbe stata disincantata e cose del genere ma lui
dice che non vuole essere preso in giro. Dopo aver fatto testamento e di aver lasciato tutti i suoi beni alla
nipote (a patto che non sposasse qualcuno che conosce i libri di cavalleria) inizia a criticare nuovamente
Avellaneda per il falso che ha scritto. Alonso Quijano muore. Cide Hamete conclude dicendo che la storia
non può essere più ripresa da nessuno perché è lui che l’ha scritta e che il suo desiderio era quello di
mostrare le falsità e le stramberie delle favole cavalleresche.

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